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LA BUOMA NOVELLA
GIORNALE RELIGIOSO
A5r,9£'jovTs; Sì iv àfinif
Sc|>ucnilo la \critii nella curila
Efes. IV. 15.
La Direzione della DUONA NOVELLA è
in Torino, casa Bellora, a capo d< l Viale
del Re, N ’ 12, plano 3 '.
Leassuciazioni si ricevono dalla Direzione
del Giornale, e dal Libraio G. SERRA,
contrada Nuova in Torino.
pRiìzxo »' \«(«>ori.4xaoM<;
(.( domicilio)
L.7,00
•i.rjo
Torino, per un anno L. G,00
— per sei mesi » 4,00
Per le provincie e l’eslero franco sino
ai conlini, un anno . . L. 7,20
per sei mesi, » 5,20
Gli Associali delle Provincie potranno provvedersi di un vaglia postale,
inviandolo franco alla Direzione.
Il Cattolicismo primitivo. — Studii Biblici : Profezie del Profeta Daniele. IV. —•
Stampa clericale. — Lettera di Francesco Madiai. — I Cantori di Piazza. — Notizie Religiose: Francia — Gran Brettagna — Cronachetta politica,
II. CATTOIilCBSlfl» PRIMITIVO
Tulle le Chiese cristiane di qualunque denominazione sono unanimi nel
confessare che i tempi aurei della nostra santissima Ileligione furono gli
apostolici. A que’ dì conobbe e ammirò il mondo le dottrine e le pratiche
del puro Evangelo , e chi ama anche
oggi infervorarsi nella fede e nella carità di Cristo ritorna Ispesso col suo
pensiero a considerare lo stalo edificante e felice di quel cattolicismo primitivo.
Non fia discaro ai nostri leltori che
ne scorriamo in breve i caratteri, •
quali ci si offrono nelle divine Scritture. Imparerèmo da questi che battendo noi le orme di quei primitivi fedeli non possiamo fallire, come essi non
fallirono, al porto della eterna salvazione.
11 primo carattere di quel cattolicismo era una persuasione ferma e sicura in tutti, che gli uomini sonopeccalori e di conseguenza debbesi operare in essi una conversione totale e
perfetta, la quale, rigenerandoli a
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nuova vita,*U rende atli ad entrare
nel regno di Dio.
« In verilà vi dico, (sono parole di
« N. Sb Gesù Cristo in saii Matteo
« .XVIIÌ, 5) che se non vi convertiro11 le e noti diveutcrote come fanciulli,
« non entrerete nel regno de’ cieli.
« In verità, in verilà vi dico (paro(I le dello stesso Crislo in s. Giovan(I ni in , 5 ) cliiuntiue non rinascerà
■I da capo , non può vedere il regno
u di Dio. »
Quando vennero alcuni da Cristo a
dargli nuova che Pilato avea Tutto trucidare dei Galilei nel mentre attendevano ai sacrifizi, egli rispose loro;
n Vi pensale voi che que’Galilei fos« sero più gran peccatori di lutti gli
« altri Galilei, perchè sono stati in lai
« guisa puniti ? Vi dico di no; ma se
« non vi ravvedete perirete tutti all’i« stesso modo. Come anche Ijue’ diti ciolto uomini sopra i quali cadde la
« torre presso al Siloe, e li ammazzò,
« credete voi che anchp questi fosse« ro rei più di tutti gli altri abitanti
« di Gerusalemme? Vi dico di no: ma
Il se non vi ravvedete perirete lutti
Il allo stesso modo. » (Lue. XIII, 15).
Se tutti dunque innanzi agli occhi di
Dio siamo rei, lulli colpevoli e peccatori, è chiaro che tutti dobbiamo convertirci 0 andiamo a perdizione. Quesla verilà 1’ avevano fitta in cuore i
pripitivi fedeli, e come anime asseta
le della giuslizia correvano a Cristo
unica fonte d’ogni giustizia perchè li
giusliflcasse. Certo il mondo pagano
non avea giammai udito insegnarsi
questa dottrina elio noi mortali fossimo tutti uua scliiatla di peccatori e di
rei. I filosofi che meglio avevano studiato la natura umana ne compatirono
è vero la infermità e le viziose tendenze , ma niuno avea mai sognalo
che fosse colpevole, e bisognosa di
chi la salvasse dalla punizione meritata. Questa dottrina, benché antica
quanto è antico 1’ uomo divenuto colpevole infino dal tempo del primo padre Adamo, che alla sua discendenza
non lasciò altra eredità che la colpa
e la speranza di un Salvatore che ne
portasse la pena e ne meritasse la remissione e il perdono, giacca pur troppo ignorata e sepolta sotto le tenebre
del paganesimo. Gli stessi Ebrei che
pure la leggevano nei libri divini di
Mosè la interpretavano in un modo affatto carnale, e il promesso Messia
aspettavano più presto in forma d’un
Grande e d'un Polente della terra, che
non in quella d’un Uomo-Dio che vestisse per noi le sembianze di peccatore , e scontasse per noi ogni debito
verso la divina giustizia. Solo al promulgarsi del Vangelo intese attonita
r Umanità il gran mistero della redenzione; si riconobbe colpevole e peccatrice , ma nel tempo stesso rcd«nta e
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salvata dal Figliuolo di Dio. Laonde
credendo in Lui e abbandonandosi interamenle a Lui acquista la propria
giuslifii'-aiione, e compie l’opera della
propria santificazione. Questa verilà
consolante e tutta evangelica confortava i primitivi fedeli, che sapevano,
come dice s. Paolo Rom. Ili, 10-20,
che « siccome è scritto , non v’ è al« cun giusto, non pure uno: non v’ è
« alcuno che abbia iulendimento; non
« v’è alcuno che ricerchi Iddio; lutli
« sono deviati, tutti quanti soiio di« venuti da nulla: non v’è alcuno che
« faccia bene, uon pure uno. La loro
« gola è un sepolcro aperto : hanno
« usala fraude colle lor lingue: v’è un
« veleno d’ aspidi sotto alle loro lab« bra; la lor bocca è piena di maledi« zione e d’ amaritudine; i lor piedi
0 sono veloci a spandere il sangue ;
« nelle lur vie v’è ruiua e calamità, e
Il non hanno conosciuta la via della
« pace; il timore di Dio non è davanti
« agli occhi loro. »
Ma quei primitivi fedeli sapeano a
un tempo, che come dice lo stesso Aposlolo: « La giustizia di Dio è mani« festala, alla quale rendono testimou nian?a la legge ed i profeti: la giut' stilla , dico , di Dio, per la fede in
u Gesiì Cristo , inverso tutti e sopra
« tulli i credenti, perciocché non v’ è
« distinzione. Conclossiacbè lutti abu biano peccato e sieno privi della
« gloria di Dio; essendo graluilaiiien« te giusliOcati per la grazia d’ Esso,
• per la redenzione che è in Cristo
« Gesù; il quale Iddio ha innanzi orti dinalo per purgamento col suo sai.*
Il gue, mediante la fede; per mostrare
« la sua giustizia per la remissione
« de’ peccali che sono stati innanzi
« nel tempo della pazienza di Dio; per
« mostrare, dico, la sua giuslizia nel
<1 tempo presente ; acciocché egli sia
« giusto e giustificante colui che è del« la fede di Gesù. »
•
Confessandosi pertanto que’ primitivi fedeli per peccatori e colpevoli che
non potevano essere nè giusliricali né
perdonali che per la sola fede nei meriti di Gesiì Crislo morto e sacrificalo
per essi, non aveano altro amore ed
altro culto che quello di Crislo , e si
accendevano 1’ un 1’ altro a gara nel
servizio e nell’amore di Cristo. Per tal
modo la persuasione che gli vomini
sono peccatori infervorava i primitivi
fedeli nella fede vera di Cristo, a cui
ricorrevano come ad unico redentore
e salvatore delle anime loro.
Nasceva quindi il secondo carallere
del cattolicismo primitivo che cercando di cancellare la macchia e l’imagine del peccalo mercè la conversione o
vogliam dire )a rigenerazione dello
spirilo, imprimeva nei fedeli un amore ardente di Dio e di Crislo. Toni’ è,
diceva l’Apostolo nella aua seconda ai
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Corinti (V. 14) « La carità di Cristo
i< ci possiede, considerando noi che
« se uno è morto per tutti, tutli adun.1 que erano morti : e per lutti Crislo
« mori: acciocché quelli che vivono,
<c già non vivano per loro stessi, ma
« per colui che per essi morì, e per
« essi risuscitò. »
F. nella sua prima agli ste.ssi Corinti
(XVI, 22.) esclama: « Se alcuno non
« ama il Signore Nostro Gesù Cristo,
« sia anatema, » E in quella ai Romani (Vili. OÌ5-39.) «Chi ci separerà
« daH’amorc di Cristo? Forse la tri« holazione? Forse l'angustia? Forse
« la fame? Forse la nudità? Forse il
n pericolo? Forse la persecuzione?
« Forse la spada? (Siccome è scritto;
Il per amore di te tuttodì siamo fatli
« morire: noisiamo stati riputati come
» pecore del macello). Anzi in tutte
« queste cose noi siamo di gran lun« ga vincitori per Colui chc ci ha aII mali. Perciocché io sono persuaso
<1 che nè morte, nè vita, nè angeli,
« nè principati, nè podestà, nè cose
« presenti, nè cose future, nè altezII za, nè profondità, nè alcun’altra
« creatura non potrà separarci dalli l’amor di Dio, che è in Cristo Gesù
Il Nostro Signore ».
Cotesto amore dei primitivi fedeli
sapeva affrontare persecuzioni, pericoli, e martirio, e s. Paolo scriveva
ai Filippesi, (l. 29.) che a loro come
a lui era stata fatta da Cristo la grazia non solo di credere in lui, ma ancora di patire per lui. Da questo amore derivarono quei tanti miracoli di
carità sull’esempio degU Apostoli operati poi da migliaia di cristiani che
preferirono Gesù Cristo a tutti i loro
beni, all’onore, ai piaceri, alle fulicità
della vita; e per lui solhirono con
trasporti di gioia i più crudeli tormenti.
Da lale e tanto amore di Cristo derivava in essi il 5° carattere del Cattolicismo primitivo consistente nel più
sincero amore dei fratelli. L'ultima
sera che Gesù Cristo cenò coi suoi
discepoli disse loro: 11 comandamento
mio è questo; che vi amiate I nno
l’altro, come io ho amati voi. (Giov.
XV. 12.) Già lo avea loro inculcato
altra volta (Giov. XIH. 55.) con
quelle solenni parole: « Da questo coli nosceranno tutti che voi siete miei
« discepoli se avrete amore gli uni
« per gli altri «.
L’Apostolo s. Paolo ripete spesso
nelle sue lettere questo dolce precetto:
ai Colossesi scrive; (III. 12). « Riveli stitevi adunqcie come eletti di Dio,
>' santi e diletti di viscere di miserili cordia, di benignità, di umiltà, di
Il mansuetudine, di pazienza; comII portandovi gli uni gli altri, e perdo« Dandovi se alcuno ha qualche quell rela contro ad un altro. Come Cri-
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« sio uuforu vi ha i>ei'donato, futo voi
u allresi il simiglianle. E per lulte
« queste cose vcslilevi di carila, die
« è il Itìgame della perfezione ». E ai
Romani (Xlll. 8.) « Non vi resti con
0 cliicchessia altro debito che quello
u dell'amore scambievole : perciocché
« chi ama il prossimo ha adempiuto
« la legge. Conciossiachè questi coli iiiandamenli; non commellere adul« lerio, non uccidere, non rubare, non
« dir falsa leslimonianza, non concu« pire, e se v’è alcun altro comandali menlo, sieno sommariamente conili presi in queslo dello: .Ama il Ino
« prossimo come le stesso. La carità
Il non opera male alcuno contro al
« prossimo: l’adempimenlo adunque
« della legge è la carità ».
S. Giovanni nella sua prima epistola callolica dice; « Io vi scrivo un
Il coinaudameulo nuovo.... Chi dice
« d’esscrc nella luce ed odia il suo
Il fralello, è nelle tenebre.....Chi ama
Il il suo fralello dimora nella luce.....
« Jla chi odia il suo fralello è nelle
Il tenebre, e cammina nelle tenebre,
« e non sa ove egli si vada; perciocII chè le tenebre gli hanno acciecali
<1 gli occhi.....Noi, perciocché amia
« mo i fratelli, sappiamo che siamo
« siali Irasporlali dalla morte alla vili ta: chi non ama il fratello dimora
Il nella morte. Chiunque odia il suo
Il fratello è micidiale: e voi sapete che
0 alcun micidiale non ha la vila tier« na dimorante in sè. In (piesto noi
Il abbiamo conosciuto l’amore di Dif»
Il che esso lia posta l’anima sua per
Il noi; ancora noi dobbiamo porre l’aII nime per !i fratelli. Or se alcuno ha
« de’ beni nel mondo, e vede il suo
Il fralello aver bisogno e gli chiude lu
« sue viscere,come dimora l'amore di
0 Dioinlui?l’igliuoletli miei,nonainia« mo di parola, nè della lingua, mad'o« pera ed in verilà.... Questo è il suo
Il ocmandamentojche crediamo al noli me del suo Figliuolo Gesù Oislo,
Il ed amiamo gli uni gli altri, siccome
Il egli ne ha dalo il comandamento.
Il E chi osserva i suoi comandamenli
Il dimora in lui, ed egli in esso (11.
« 9, 14) ».
In questi principali caratteri del
Cristianesimo primitivo noi speriamo
che i nostri lellori ravviseranno a
chiare noie le dollrine evangeliche anche oggi professale e pubblicate dalla
Buona Novella. E siccome niuno al
mondo dirà giammai che in questi caralleri del Caltolicismo primitivo vi
abbia il menomo seniore di massime
cfjnlrarie alla morale cristiana, siamo
certi che ogni lettore di buona fede
renderà giuslizia al noslro Giornale
riguardandolo come cooperatore, in
quanto può, di quelli che intendono
a migliorare lo stalo morale della socielà. Se la stampa dei Clericali si di-
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Iella (Ji calunniarlo imprestandogli parole e intenzioni che mai non ebbe,
(filai tulli sanno che essa bassamente
serve ad un parlilo, il quale ben lontano dal proporsi il trionfo della veritù, non ambisce, nè sogna, che una
occasione favorevole di riprendere sulle coscienze poco illuminate de’popoli
queirantica tirannide che fu da lui
esercilata per secoli, ma non è, e non
sarà mai cristiana, perchè non conforme ai dettami del Santo Vangelo.
-r
SViJIiEI SSKMIjICI
PROFEZIE
del Profeta Daniele
IV.
Sjiiegaiioiie I-airistica.
Volgiamo qui tosto la nostra atteazioue agU antichi dottori die viveano quattordici, quindici, sedici, o
diciaósettc secoli fu e domandiamo ad
essi come al tempo loro intendevasi
questa profezia di Daniek. Uditeli:
li Noi siamo sollo il dominio della
quarta Bestia veduta dal profeta Daniele. Questa bestia è l'impero Romano; le sue dieci corna sono i dieci
re che lo divideranno. 11 picciol corno
che spunta fra loro è l’uomo del peccato di cui ha parlato s. Paolo, cd è
l’Aiilicristo di cui liu parlato s. Gio
vanni. Quella grande apostasia predetta altresì da s. Paolo gli appianerà
nella chiesa le funeste vie. Egli però
non apparirà prima che l’Irapero Romano oggi così potente non sia stalo
diviso dai dieci re. Appena rimosso
questo ostacolo predetto pur da s.
Paolo verrà il preteso vicario erivaie
di Cristo, operando falsi miracoli,
profferendo molle menzogne, perseguitando i santi, propagando doltrine
da demoni, proibendo le nozze, e l’uso
delle carni, e sedendo come un Dio
nel tempio di Dio, e spacciandosi
quasi Dio in terra ».
Cosi parlano tulli i Padri. Il più
antico di lutli, del quale ci siano rimasti alcuni sentii è Giustino Martire,
lìgli è nato a Sichem di Samaria, 60
anni dopo la morte del divin Redentore, e vivente ancora l’apostolo s.
Giovanni. Si fece cristiano in età di
circa 50 anni. Nel suo dialogo ei dice
a Trifone « che di già quel personaggio che deve proiTerire bestemmie e
grandi parole coniro l’Altissimo Iddio
è alla porta, quegli proprio che secondo la predizione del santo Daniele
porrà ostacolo per un tempo, due
tempi e la metà d’un tempo ». lust,
Mari. Edit. col. 1686, p. 247, 250.
Ascoltiamo ora le parole del famoso Ireneo. Egli aveva avuto la sorte
di potere spesso nella sua prima giovinezza, verso l’auno 122, intenderò
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Policarpo, discepolo di s. Giovanni.
Ireneo vt'nno dalla Grecia in qualità
di missionario nelle Gallie, e fu fatto
vescovo di Lyon. Aveva egli scrilto
un libro in greco coniro le eresie dei
suoi tempi. Oggi non abbiamo più
l’originale di quest’opera, ma solo
una traduzione latina ed incompleta
della medesima,la quale fu fatta quallordici secoli indietro. Il titolo del
capo XXV del lib. v è: a La frode, l’orgoglio e il regno tirannico deU’Anticristo, come sono descritti da Daniele e da
Paolo, Anlichristi fraus superbia, et
tìjranniciim regnum prout a Daniele
et Paulo descripla sunt ». — Questo
solo lilolo basta a farci comprendere
che per lui l’Anlicrislo di Giovanni,
il piccolo corno di Daniele, e l’uomo
del pecciilo di Paolo sono lult’uno
Ma lasciamolo parlare : « L’Apostolo nella sua seconda epistola al
Tessalonicesi parla dell’ Anticristo,
cap. XXII, aclvtrs. Vares, ed. Grab.
Oxford 1702. Più ivanli prosegue;
Il Giovanni nella sua Apociallsse esponendo chi sono le dieci corna vedute
da Daniele ha manifestamente voluto
parlare di questi ultimi tempi e dei
dieci re chc si divideranno fra loro
l'impero che oggi è dominante ».
In allro luogo egli va investigando
il senso di quel numero 666 indicalo
da s. Giovanni pel numero della Bestia, Apoc. Xlll, 18. Ireneo crede pro
babile che questo numero sia quello
del nome greco Laleinos (Lalinus, re
Latino), perchè presso i Greci era invalso l’uso di servirsi sempre delle
leltere alfabetiche per cifre numeriche. Infatti L facea 50
A . 1
T . 500
E . 5
I . 10
N . 50
0 . 70
S . 200
i
666
Dice dunque Ireneo « Il nome Laieinos dà il numero 666, ed è assai
verosimile che vi alludesse l’Aposlolo,
perchè l’ultima monarchia porta questo nome, e sono ora veramente i
Latini che regnano ».
Interpelliamo Tertulliano. Egli era
nato cinquanl’anni dopo la morte di
s. Giovanni nella città di Cartagine.
Tutto il popolo parlava latino, e cosi
Tertulliano scrisse tutti i suoi libri in
latino. Nel suo Apologetico protestando coniro le Imputazioni di slealtà e
perfidia verso de* Cesari, date dagli
avversari ai Cristiani,- esce iti queste
parole: « Ma daH’altro canto abbiamo
noi uu obbligazione anche maggiore
di pregare per l’Imperalore, per l’impero, e per lulli gli interessi di lloma,
ed è che noi sappiafno essere a tulio
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il mondo riservala una calarailà spaventosa nella consumazione de' secoli,
c tulli i patimenti crudeli minacciali
per quell'epoca alle nazioni della terra venire appunto ritardali dalla esistenza e conservazione dell’impero
Romano ». Apolog. xxsi, ir.
Così al cap. xxiv del suo libro;
« sulla Risurrezione della carne, dove
spiega il testo di s. Paolo ai Tessaionicesi II, cap. ii, dice: « E qual è
quest’ostacolo (che ratliene V Anticristo) se non è lo Stalo Romano? Se
quest’ostacolo è rimosso, se l’impero
è diviso in dieci regni, eccoci all’Anticristo. Allora l’iniquo sarà manifestato: quis nisi liomunus Slatus? cujm abscissio in decem reges dispersa
antichrislum superinUucet, et lune
revelabitur iniquus De Resurr. carn.
cap. xxiv p. 540, Edit. Rigult. Paris. 1673.
Lo stesso Padre si è formalo una
idea della profezia dell'Apocalisse ordinando gli avvenimenti secondo la
serie de’ tempi (ordo temporum) che
segue. — <- Prima che abbia luogo il
giudizio e la ricompensa e la vendetta dei sofferti oltraggi che le anime da sotto l’altare chieggono, sarà
dai dieci re distrutta la ciltà meretrice. E sarà distrulla dai flagelli
delle tazze che saranno state dagli
Angeli versale sopra il Romano Impero. Allora comparirà la Bestia, os
sia l’Anticristo per far la guerra alla
Chiesa. Il falso Profeta aggiungerà
una moltitudine innumerevole di vittime ai martiri già trucidali da Roma
pagana. Simile tribolazione durerà
per lutto il tempo della sua tirannia.
Dopo ciò avverrà la distruzione dell’Anticristo, e la rinnovazione della
terra e del cielo, e sarà chiuso il Diavolo nell’abisso. Ecco la prima rissurrezione e il regno millenario con Cristo, ed appresso seguiterà la conflagrazione dell’universo, la rissurrezion
generale, ed infine il giudizio ».
Andiamo adesso dal celebre Origene nato in Alessandria d’Egitto,
l'anno 185, Nel suo libro coniro Celso, egli si esprime così: « E poiché
Celso fa menzione di colui, che si
appellai’Anticristo, e ciò non pertanto
non ha lelto nè quanto ne scrive Daniele nè quanto ne scrive Paolo, bisogna bene che io ne dica qualche
cosa n . S. Paolo parla anch’egli dell’Anticristo, ed ecco ciò che ne dice;
.....» e qui arreca il testo dell’A
postolo nella sua seconda ai Tessalonicesi, cap. Il, appresso continua:
0 In Daniele si leggono le sorti dei
regni avvenire dai giorni di Daniele
fino alia consumazione de’ secoli ».
Finalmente conchiude citando Daniele
al capo vm, v. 23-25.
Ascoltiamo ora s. Ippolito martire,
discepolo d’Ireneo, amico d’Origene,
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dì nazione Arabo, e, a quanto si narra, vescovo d’Adcn airestreraitù dell'Arabia verso l'anno 255. Egli aveva
composto un trattalo suirAnticristo,
arrivato insino a noi, e contiene 70
brevi capitoli. Nel xxv egli dice: « Ed
eccoci una quarta Bestia spaventosa,
tremenda ecc. Dan. vm, 7. E cbe
sono mai costoro se non sono i Romani? È nelle mani loro il ferro,
nelle lor mani l’impero che oggi predomina i;w vo iVESTCOSa. ^xaiXsiOL). Le
sue gambe infatti erano di ferro; a
Daniele d’una maniera misteriosa ha
chiaramente indicalo per le dita dei
piedi i re, cbe dovevano sorgere dai
Romani. Tanto egli ha detto anche
al capo VII, v. 8. lo considerava le’
corna, quand’ecco che un allro piccolo corno spuntò in mezzo a queste
il quale è sialo diinoslrato non essere
altro chc l’Anticristo, il quale deve
venire ». Noi domandiamo se oggi
sarebbe possibile di parlare dell’Anlicristo e del tempo della sua venuta
con maggior chiarezza che non faceva 1600 anni fa quesl'Arabo scrittore e queslo martire?
Consultiamo Cirillo che neli’anno
550 era vescovo di Gerusilemme:
« Questo Anticristo che é sialo prenunzialo, dwe venire quando saranno
compiuti i rempi dell'hnpero de’ Romani , e si avvicineranno gli altri
eventi della fine del mondo. Dieci re
de’ Romani regneranno insieme, in
luoghi senza dubbio divisi, ma forniti
nel medesimo tempo d'una giurisdizione suprema sopra i popoli soggetti
a ciascuno. Dopo di loro sorgerà un
undecimo re, e questi sarà l’Anticristo, il quale con arli malvagie e magiche s’impadronirà della potenza romana ».
Nel capitolo seguente dice: « Or
noi non insegniamo queste cose come
, inventale da noi, ina come apprese
dalle divine scritture, chc si leggono
nelle nostre sante riunioni, e soprattutto dalla profezia di Daniele che
abbiam letta or ora. Stando alla inlerpretazione dell’Angelo Gabriele che
disse al profeta: « La quarta beslia
significa un quarto regno che sarà in
terra, il quale sarà differente da tutti
gli allri^regni »; gli inlerpreli ecclesiastici hanno a noi tramandato che
questo quarto regno è appunto l’impero de'Uoniani » Ciril. lleros. Catec.
XV, c. VI, p, 211. Onon. 1705.
Se noi pertanto avessimo potuto
fare quindici secoli indietro il viaggio
di l’uleslina, e fossimo entrati in un
tempio dovo s. Cirillo faceva il suo
catechismo, avremmo forse inteso
queslo eccellente vescovo (prima che
fosse Roma siala presa dai barbari,
anzi prima che comparissero i Goti,
e vi avessero papi) spiegare la profezia di Daniele ai fanciulli della
10
salila ciltà, come oggi si spiega per
solito il catechismo a Torino? Abbiano i nostri lettori la compiacenza
di Iure essi stessi il confronto tra il
catechismo testé ricordato di s. Cirillo, e ijuelio degli odierni catechisti
della nosira città, e veggano se gl’insegnamenti di questi siano più oramai
conformi agl’insegnamenti purissimi
di s. Cirillo.
Volgiamo ora la nostra attenzione
a s. Girolamo. Scrisse egli un commentario su Daniele nel suo terzo tomo, ma noi servendo alla brevità, la
quale ci siamo proposta non citeremo
che poche parole d’una lettera da lui
dirotta a Donna Algasia, nella quale
spiega ciò che s. Paolo ha dello dell’uomo dei peccato che siede nel lempio di Dio, quasi fosse egli pure Dio.
« Nel tempio di Dio vuol dire, o a
Gerusalemme, come alcuni credono,
0 più presto secondo me nella Chiesa,
dove si spaccia egli slesso pel Cristo,
ossia pel Figliuolo di Dio. Laonde secondo s. Paolo il Cristo non ritornerà
se prima non sia dislrullo il Romano
Impero, e manifestato l’Anticriblo ».
Ed ora, soggiunge s. J’aolo, voi sapete ciò che lo ratliene dal manifestarsi a suo tempo, cioè voi sapete
benissimo qual sia l’ostacolo che di
presente impedisce la venuta dell’Anticristo». L’ Apostolo non voleva dire
apertamente clic l’Impero Romano
doveva essere distrutto, perchè i suoi
governanti lo credevano eterno. « Se
s. Paolo infatti si fosse arrischiato di
dire in pubblico: l’Anticrislo non verrà
finché non sia stato interamente distrutto l’impero Romano, avrebbe potuto temere di fornire una giusta
causa di persecuzione ai nemici della
Chiesa nascente ». Algas. quaist. ii,
col. 209, prior pars, Tom. iv, Edit.
Bened.
Nel suo cornmentario sopra Daniele
egli dice: « Diciamo dunque ciò che
hanno insegnato e trasmesso infino a
noi tutti gli scrittori ecclesiastici, vàie
a dire, che alla consumazione dei secoli, quando sarà distrutto l’impero
de’ Romani, dieci re si divideranno
tra loro il mondo romano, ed un undecimo rtì più piccolo sorgendo in
mezzo a loro finirà a prevalere su tre
de’primi dieci. . . . » llyeron. Com.
voi. Ili, noi, Edit. Bened.
In altra lellera scritta l’anno 409
a Donna Agerucchia, quando le armale dei Goti si rovesciavano da tutto
parti sull’impero, e il terribile Alarico
marciava su Roma, veggendo Girolamo adempirsi la profezia di Daniele
e di s. Paolo ai Tessalonicesi diceva:
« colui che faceva ostacolo, è tolto di
mezzo. E noi non ci acc^iamo che
l'Anticristo si avvicina, quell’Anticrislo cui il Signor Noslro Cristo Gesù
ucciderà collo spirilo della sua bocca!
11
qui iencbat, de medio fil et non intelliyimus antichrislum appropinquare, quem Domims Jesus Christus
interficiel spiritu oris sui. Ad Ageruch.de iMonogain., col. 748, 2' pars,
toni. IV.
Agostino i cui scrini hanno sparso
forse pili luce sulla Chiesa eh« quelli
di lulli gli allri Padri insieme, dice
nella sua Ciltà di Dio, ove cita il capitolo di s. Paolo ai Tessalonicesi,
sull’uomo del peccato: « Nissuno dubita che l’Aposlolo non abbia voluto
qui parlare deirAnlicrislo, e che il
giorno del giudizio chiamalo da lui
giorno del Signore non debba essere
ritardalo Dn a tanto che queslo personaggio non sia prima comparso. K
voi sapete, soggiunge l’Aposlolo, ciò
che fa ostacolo. Molli pensano che
abbia con queste parole voluto disegnare l’impero Romano, e che per
queslo non abbia voluto esprimerai
con maggior chiarezza per tema (come
si vede) d’incorrere l’accusa d’avere
desiderato la sovversione di questo
impero di Roma, il quale speravasi
durasse eterno».De Civil. Dei lib. xx,
cap. 19.
Anche il celeberrimo Giovanni di
Anliochia che si chiamò Crisostomo,
ossia Bocca d'oro, per la sua singolare eloquenza, e fiori verso l’anno
398; disse: « Ma quando la dominazion romana sarà siala lolla di mezzo,
allora verrà l’Anticristo. K ciò di leggieri si comprende, perchè sin a tanto
che si avrà timore di quest’impero,
nissuno al mondo sarà disposto a
sotto mettersi allìiomo del peccalo.
Appena però questo Impero sia distrutto, l’uomo del peccato valendosi
della dominante anarchia si arrischierà a rapire l’impero di Dio e l’impero
degli uomini.
S. Ambi'ogio, Cipriano, Lattanzio,
Atanasio, Eusebio di Cesarea ecc. ec.
tutti parlano ad una voce, e tutti sono
concordi nell’ annunziare la venula
deH’Anticristo immediatamente dojio
la mina del Romano Impero.
STAMPA C1.1:U1C;AIìE
Il Cattolico di Genova scrive sul profeta Daniele un articolo asperso di lutli
quei frizzi che ?raDo di moda presso i
filosofi del secolo passalo. Noi confessiamo d’averlo lelto, non credendo agli
occhi nostri. Se lo stile ironico dello
scherzo è sempre indecente in qualunque
discussione di materia grave, a noi sembra si accosti airempielà e al .sacrilegio
quando si usa parlando della Ditihia e
'dei Profeti. Avendo noi imparato dall'Apostolo s. Pdolo, che oghi parte delle
divine Scritture è stata data a noi per
nostra istruzion salutare, non sappiamo
comprendere come i clericali possano,
alla guisa del Cattolico del 2 marzo,
mettere in deriso quel testo del Profeta
al cap. VII, v. 8, cosi tradotto da nion-
12
signor Martini, come fu da nui liitorlalo;
« lo considerava le corna, quand’occo
« che un altro piccolo corno spuntò in
« mezzo a queste ».
Conviene che sieno ben pervertite le
idee di (ine! cri.-tiano che si fa lecita la
l)iù j)iucola hcd'a sulla parola di Dio.
L’Akmo.ma c’invita a leggere un saggio
della morale liildica, e chi il credcrehhe.^
Ci racconta il fatto d'un infelice Svedese
ubbriaco clic uccide a colpi di balliliire
la moglie, l’oi soggiunge che ((ue.sto Svedese era prutéstanle, e leggeva laBilibia.
Che direhhe l’Armonia se m i mo
strandulc un elenco di lulli i callolici al
modo suo, condannati per misfatti, le dicessimo, (pie.sti parricidi, p. e., questi
assassini, questi ladri erano cattolici come
voi, e crcdciano lulti come voi alla supremazia e infaililìiiilii del Papa? Appena
essa ci farà conoscere qual sarebbe la sua
ris|iosta, daremo siiliito la nostra.
Lellera di Fi'ar.cegco Mati'ai
l^eggiaino nel Chriman Times del 18
febbraio la seguente lettera :
Volterra 10 gennaio.
Rispettahilissinia signora. — Rispondo
alla sua lettera la quale mi giunse veramente carissima, e sono confuso dal dovere io stesso (larlavc a persona di così
ullo rango. Ma veggo benissiuio di poter
mi prpiidere la liliertà di scriverle due o
tre linee come a sorella in Gesù Cristo. Per
al presente io continuo a stare piuttosto
meglio che peggio. 11 futuro è nelle mani
di Dio ; il mio spiritoc traniiuillo e l'ermo
come una casa edificata sopra una rocca,
lo non odio persona al mondo, ma mi
sento affatto separatio da lui ed ho sottomesso ogni cosa alla santa volontà di Dio
(ino al sacrifizio della mia vita, che è il
|)iù dilTìcile de’ sacrifizi.
Quanto a mia moglie sono dolente che
essa sofTra cosi gravi patimenti per me.
Ma essa sa che ci bisogna abbandonare
marito e moglie, fratelli e sorelle, padre
e madre per amor del nostro Iddio.
Questo dovrebbe rallegrarla e calmarla,
che io soffro volentieri pel nome di Dio,
padre del Nostro Signore Gesù Cristo nostro Salvatore, amico ed unico mediatore tra Dioe l’uomo. Cristo apparve in
carne, nacque di Maria Vergine e morì in
croce per redimere dai peccati coloro
tutti che credessero in lui, e co» cuore
sincero gli domandassero perdono dei
commessi peccati. Cosi io spero voglia
fare con me.
Quando lilla passerà per Lucca, la prego di voler leggere la presente alla povera e alìlitta mia moglie e dirle tutte
queste cose in vece mia. Saluto col più
alto rispetto la signora.... e tutti i miei
conoscenti, implorando sopra di loro le
benedizioni più preziose con ogni bene
spirituale e temporale, non che la pace
del Signore sopra le Famiglie loro e le
loro parentele, la <]uale discenda come
un lino profumato sopra la Gerusalemme terrestre, e non l’abbandoni
giammai, Amen. Se non rispondo alle
sue lettere, né a quella della signora....
è seguo che sto peggio. Stando bene
come al presente nou mancherò mai di
risponderle
Non ho più nulla a dirle per ora.
Col rispetto dovuto a lei e alla signora
13
sua ciipiinn, mi dioliiaro suo devotissimo
fratello in Cristo Nostro Salvator«, Anuiii.
Feìascesco Madiai.
! CAMOUl 1)1 Ì‘ÌAZZ,l
Sotto qiie.«to titolo, il Caltolico di
Gonova pubblicava nel suo numero
1054 un lungo ai’licoio nel quale
dopo amare lagnanze suli’ « alta sa« viezza minislerialc » clic « per in
«I rontrare il genio dei novatori ......
« manda attorno le sue circolari per
« imbietolire l’animo della magistra« tura » (allusione alla circolare agli
Avvocali Fiscaji da noi riprodotta nel
numero 14 della B. N.\ e dopo piti
l’ondate lagnanze contro certi canzonieri amlmlanti « che al suon di mu« sleali islromenti, se non imprecano
« al clero, inneggiano alle passioni, e
« della pudica virtù fanno strazio in« degno », egli ci dà, sopra un’altra
specie di cantori, i seguenti ragguagli,
i quali come ci hanno interessalo, ci
lusinghiamo abbiano da interessare
anche i nostri lettori :
« Or bene ; fra |cotanti argomenti di
giusto dolore, ecco una buona volta fartisi innanzi due menestrelli di nuova
stampa, poetessa c poeta, cbe agli umili
e cortesi modi, al (¡uieto aspetto, al portamento piuttosto civile, al rispetto che
mostrano pel santissimo nome di Dio,
cui non avvien loro di pronunziare senza
cavarsi il cappello o faratto di riverenza,
li diresti due angeli calati giù dab'empireo per venire a consolarci in (jualclie maniera di tante orribili ril)alderie.
Fate largo ai pietosi. Già il pojiolo corre,
s’aflblla, s’accerchili, [leridc dal labbro
dei benedetti ; Intentiquo ora tenehavt.
Non badate alla dizione, al numero, alla
misura: nulla qui per fermo di boccaccevole 0 dantesco. Ponete però niente
al concetto:
Italiani, fratelli diletti,
Son deciso di farvi im sermone
Sdi cristiani del tempo presente
Cbe bestemian così di frequente
Il bel nome dell’alto Signor.
S'a lode al cielo ! non siamo più in
mezzo ai Turchi : ci troviamo in terra
cristiana. Ma la prima canzone, tiitla
ugualmente su quel tenore, è tìnita. Elicone un’alira.
Egli è un Cantico spirituale uscito pei
tipi del Dagnino, che, come ivi è dello,
II deve cantare e meditare ogni buon
Il cristiano sopra i grandi benefizii, chc
Il ha porlato il nostro amantissimo divin
« Saivalore Gesù, ecc. Forse qualche maligno noterebbe quelle parole : « E se
" noi avremo viva fede nei meriti del
« sangue di Gesù Crislo, siamo sicnri
II che, un giorno ci chiamerà a godere
« la fortunata patria, ecc, » Ma alla fintine queste sarebbero sofisticherie. Intanto i gravi tocchi del Basso che accompagna il canto , e più il flebile accento commoventissimo con cui il buon
trovator incomincia ;
Su lieti cantiamo
Ud inno festoso
Al Sangue prezioso
Che il mondo salvò,
14
li stroppa quasi di viva forza le lagrime
e ancor non volendo sei tratto a benedire a quel sangue che il noslro Amor
crocifisso versava per noi fino all’ultima
stilla.
Eppure, chi’l crederebbe? È appunto
per render vano il prezzo infinito di questo snngue Divino, cbe, conscii od inconficii, ciò non monta, questi due ernissarii
del protestantismo vengono tra noi celebrando i portenti dell’iniitiila Bontà e
Misericordia di Gesù Cristo. Ciò che appena è equivocamente accennato in qualche stanza del Cantico, come questa,
E chiunque la fede
In tal Sangue averà,
Appena spiralo
In Cielo entrerà,
s’insegna più di proposilo in un libriccino di IG paginelte, che al prezzo di 10
ccnicsimi raccomandano e vendono in
gran copia i due-cantori, coll’occasione
di quelle canzoncine io apparenza cosi
innocenlie divote. Questo libriccino è un
Dìaloghetto stampato egualmente alla Tipografia Dagnino. Ivi olla facc. 7 s’insegna
' che il peccatore può aver parte ai bcnefizii della redenzione: «A questa sola
« condizione ; una vera fede «. Alla facc.
8; dopo la dimanda : « Preghi tu Dio
solo?» Si risponde: alo prego Dio solo
e nessun allro >>. Facc. H alla domanda:
« Non raccomanda ancora la Scrittura di
confessarsi ad uomini?« si fa questa risposta: « Ella raccomanda la confessione
reciproca tra fedeli, quando è detto nell’Epistola di s. Jacobo; confessate i falli
gli uni agli altri, ed orate ecc ... Quindi
mi confesso non già per averne l’assoluzione, ma affinché il mio fratello, conoscendo le mie debolezza, preghi Dio per
me ». Finalmente facc. allo domanda
da paterini : u Che mangiate i che bevete
nella Sacra Cena » si replica eoo aperta
eresia: ;«Pane e vino: ma per mezzo
della fede l'anima discerne il corpo ed il
sangue di Cristo e se ne ciba ».
arOTlZIE BEIiI&IO§E
Francia Ripetuti attentati alla liberlà dei culti. L’alleanza ognor crescente
tra il potere civile ed il partito clericale
va faeendosi. più manifesia di giorno in
giorno con quei frutti che le sono naturali. In tre diversi dipartimenti, nell’l onfi«, nella Sarthe, e nella Charente, il
culto evangelico che ivi celebravasi da
anoi è stato proibito dalle autorità sotto
pretesto del decrelo di marzo 1832, sulle
pubbliche adunanze. Ma ovunque pastori
e fedeli sono rimasti al loro posto ».spettando che li disperdessero gli stessi gendarmi. I^e cose sono fin d’adesso spinte
a tal segno che i monsignori non si prendono punto soggezione d’invocare l’aiulo
dei magistrati come tali in sostegno degli
anatemi fulminali nelle loro pastorali contro i cosi detti eretici. «Signori maires dei
nostri Comuni rurali » scrivea il vescovo
della Rochelle additando alle vessazioni
di questi magistrali i colportori di Bibbie,
« fissate voi stessi la stima ehe dobbiamo
avere di voi, colla vigilanza e collo zelo
che spiegherete in questo proposito. Lo
spirito irreligioso, immorale o indilTerente
non è pili di stagione in ehi deve difendere I veri interessi de’suoi concittadini.
Arrestate questi vagabondi che vengono
ad infettare le parrocchie coi loro libri
eretici ed osceni (la Sacrs Scrittura!) e
togliets loro ogni volonlA di (ornarvi mai
15
più. I signori curali vi assisleraniin coi
loro lumi, e così uniti voi opporrete nel
vostro Connine iin’argina alla generale,
demoralizzazionen. Così parla monsignore
De la Koclielle, e così ci ci porge nuova
prova, che non è nè colpa sua, nè della
gran maggioranza dei suoi colleglli nell’episcopato, se la s. Inquisizione, quel
mitissimo fra i tribunali, a della del Cattolico, non sortisce fin d’adesso in Francia
e sull’orlìe intiero i suoi salutevoli eiTclti
per la conversione delle anime.
Gba.n Biiettag-Va. Scuole della domenica. Questa benefica istituzione destinata
airinsegnainento religioso dei bambini,
secondo il puro Vangelo ba ottenuto nel
Reyno-Unito un successo veramente portentoso. I maestri cbe insegnano in coteste scuole sommano, dice la Semaine
Iteligieuse, a più di 200,000, e gli scolari
che le frequentano a più di 2,000,000,
solamente in Inghi'lerra. La sola ciltà di
Londra annovera G8I scnole, dirette da
13,220 maestri, e frequentate da 158,891
bambini. La stessa Irlanda, ove sill'atla
istiluzione è di data assai recente, annoverava fin dal 1851 5,004 scuole, •19,753
maestri e 22G,r>12 scolari. Ma egli è in
Iscoziache, avuto riguardo alla popolazione, questaistituzione liaottenuto i risultati
più straordinarii : 2,179 sono le scuole
della domenica che in essa si contano,
dirette da 1^,019 maestri, e frequentale
da 2o3,124 scolari!
I.NCHii.TKRRA.— A tiverpool v'iia molte
contrade abitate esclusivamente da Catto
tolici Irlandesi. Ebbene, si scrive di colà
cbc la Società dei lettori della Bibbia guadagna ogni di proseliti in gran numero.
Martedì 15 febbraio sci persone adulte con
otto giovani figli sqno stati ricevuti nel
greiubo della Chiesa anglicana dopo di
avere soleunemente abiurato gli errori del
romanesimo.
— Il liev. Gio. M. .IcpbsKii di ministro
anglicano erasi alcuni anni indietro fatio
cattolico romano. Una conoscenza ))iù intima del papisijio lolia conunto del commesso errore; avendo fatto istanza di poter essere nuovamente riammesso nelle
sue antiche funzioni, i vesco\i protestanti
di Norwich e di Hipon aderirono alla sua
domanda, e il Kev. Jepbaoii nella domenica 13 febbraio fece da pastore il servizio
religioso nella chiesa di S. Tonnua.so alla
mattina, e iu quella di S. Giacomo alla
sera.
IiiLANDA. — Un giovine seminarista
vicino a compiere i suoi studi teologici
per ricevere l’ordinazione ha nel mese di
febbraio ultimo nella chiesa di S. Tommaso a Dublino abbracciato il cristianesimo evangelico, abbandonando gli errori
del papismo, e partecipando in pubblico
al sacramento della Cena.
Scoria. —11 P. Gavazzi, Barnabita, e
già cappellano delle tru|)pe di Pio IX alla
guerra dell’indipendenza italiana,si trova
a Glascow dove predica con grandi.ssinm
concorso contro gli abusi del Pajiato. Il
Uen, giornalcevangelicodi Francia,esorta gli amici della Biforma italiana a leggere e meditare (|uesti sensi del I'. Barnabita; « Alcune persot>e mi richiedono
se io sono protestante ; rispondo di no. lo
sono cristiano e cattolico romano, cioè
eattolico romano della Chiesa primitiva
di Roma, stabilita da san Paolo, Chiesa
che non aveva nè papi, uè papismo, lo
non voglio divenire proleslante perchè
eleverei con ciò contro dime un’inutile
prevenzione. In Italia (¡iiesto nome rendereblie deserta la mia cattedra, e neglette
le mie missioni. L'Inghilterra ha f suoi
)rotestanti, l'Alemagna i snoi luterani,
a Francia i suoi ugonotti, la Scozia i
snoi presbiteriani, c l'America i snoi puritani. Lasciate che l’Italia abbia i snoi
romani. Io vado troppo altiero di essere
Italiano per adottare un nome straniero.
Ecco, iierchò io sotm, e non voglio essere
cbe un cattolico romano della Chiesa primitiva di Roma, fondiita da san Paolo»,
16
CUONACIIETTA POLITICA
Torino. Camera dei deputati. Dopo approvata la spesa di 1000 franchi per la sorveglianza della strada ferrata da Torino a
Cuneo, si è intrapresa la discussione sull’imposta sopra e vetture pubbliche, la
quale ancora continua.
Milano. Sono state diminuite delianietà
lecontrihuzioniiin|)ostealnuinicipiodopo
i casi del (> febl)raio.
Le notizie sulla guarigione deH’Inipcratore sono sempre uiigliori. Il \'olksalle
però dice che la ferita era tripla: il coltello, dopo aver urtato la calottola ossea
verso la regione dell’occipite, penetrò in
Una posizione pericolosissima del collo,
e fatto inoltre un taglio profondo nelle
carni al!a regione della spalla. Sembra
che il colpo sia stato portato con grande
violenza, produsse una scossa al cervello,
e durante parecchie oreun indebolimento
nella facoltà visiva. La seconda ferita
al collo sarebbe stata mortale se avesse
penetrato più a fondo d’una linea.
Il 25 del corrente sembra che l’imperatore stesse in lil di morte in conseguenza di grandi congestióni, d'una
graiide soppressione ne'polsi e di un
violento delirio. Il celebre professore
.Sclunnleid di Uerlino consultato rispose
di nou considerare la ferita come pericolosa fino a che non si fossero presentati dei iintomi di strabismo; ora questi
sintomi sarebbero apparsi, e alla sera del
23 i medici curanti avrebbero dichiaralo cbe non guarentivano che potesse
durare in vita la notte.
Pare altresì che questo stato non siasi
punto migliorato nei giorni seguenti, cioè
nel 2o e nel 2tì, nei (piali dì l’imperatore
perdette affatto la vista, a seguo che non
riconobbe suo fralello l’arciduca Mas;similiano, quando entrò in camera. Si ha
anche la precauzione, di evitare ogni cosa
che possa destargli la menoma commozione. Per lo spaccio degli alfari fu istituita una reggenza.
I Professori delTUniversità di Pavia
Flarer e Porta vennero chiamati a Vienna
per essere consultati intorno alla salute
dell imperatore, sulla quale regna un
grandissimo mistero, quantunque non
J>ul)l)lichinsi più bullettini.
Mantova. Dei 27 cittadini condannati
per complotti politici nel famoso processo
diMantova, sono stati appicati tre. l nomi
di questi martiri infelici sono: Carlo
Montanara conte, Tito Speri legale, Bartolo Grazioli arciprete mitrato.
Svizzera. — Il Consiglio Federale ha
direno due note energiche al Governo
Austriaco dove prova l’iniquità dell’espulsioue di 6000 Ticinesi dal territorio Lombardo, e dichiai’a di a.spetlarne convenevole e pronla riparazione. Si lamenta ancora del blocco imposto al Cantone Ticino
che non è entrato alTatlo, come asserì il
Governo Austriaco, negli avvenimenti di
Milano del 6 febbraio.
Vienna. — La Gazzella ofTiciale pubblica la condanna a morte di quattro individui Ungheresi per delitti politici, eseguita per Ire sulla forca, pel quarto colla
fucilazione.
Francia. — Si torna a parlare deH’andata del Papa a Parigi al prossimo mese
di maggio per incoronare ¡’Imperatore.
—Il Moniteur smentisce la uotiziadala
da alcuni giornali che il Gabinetto di
Francia si ìbsse unito a quello di Vienna
per protestare coniro l’ospitalilà conceduta dall’Inghilterra a tulli i rifugiali
politici.
— Due membri del corpo legislativo
legittimisti si sono dime.ssi per non voler
dare il giuramento di fedeltà all’Imperatore.
Spagna. — Le Cortes sono aperte, e
Martinez della Uo.ìa è il presidente eletto
dalla Camera. SI aspetta di conoscere la
riforma che intende ¡»roporre il ministero
alla legge fondamentale.
Inghilterra. — Nelle due Camere i
ministri hanno attestato di non avere
ricevuto note dalle Potenze continentali
per l’espulsione dei rifugiati; c l’avessero
anche ricevute, hanno dichiarato che non
vi darebbero ascolto, non potendosi nè
mutare nè migliorare le leggi vigenli
sul diritto d’asilo.
Direttore G. P. StElLLE.
Rinaldo Bacchetta gerente,
TIP. SOC. DI A. PONS E COiMP.