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Spedizione in abb. postate/50
In caso di mancato recapito
si prega restituire a:
via Pio V, 15-10125 Torino
L’Editore si impegna a
corrispondere il diritto di resa.
ORMA
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE BATTESTE. METODISTE, VALDESI
venerdì 25 FEBBRAIO 1994
IL FURTO DEL «GRIDO» DI MUNCH
PROFETISMO
0 FANATISMO?
ITALO BENEDETTI
Sabato 13 febbraio un gruppo di antiabortisti norvegesi (luterani) sembra abbia rubato alla Nasjonalgalleriet di
Oslo il famoso dipinto di Edvard Munch, Grido. Il motivo
era di richiedere, come riscatto, alla televisione nazionale
norvegese la trasmissione in
prima serata di un film antiabortista. Il fatto appartiene alla
cronaca minima, ma tutti i
giornali ne hanno dato ampio
risalto. L’ex pastore Borre
Knudsen non è nuovo ad azioni di questo genere. Anni fa
andava a cantare i salmi davanti alle cliniche che praticavano l’interruzione volontaria
della gravidanza. La Corte Suprema norvegese l’anno scorso
gli ha tolto la parrocchia. Alcuni, commentando a caldo
l’avvenuto, hanno detto che
quello era il gesto volutamente
clamoroso per avere un’udienza altrimenti negata dai media.
La scelta stessa del quadro era
giudicata molto simbolica: il
grido di chi vede messa in
pericolo la vita. Un gesto che
per il suo clamore e simbolismo è riuscito a porre il problema della vita all’attenzione
della gente. Il furto del Grido
sarebbe un’azione profetica.
Altri hanno commentato il
fatto dicendo che si tratta del
gesto folle di fanatici religiosi,
un gesto violento, prepotente,
irrispettoso delle leggi dello
stato e della volontà popolare,
che va condannato. Ma come
possiamo distinguere un’autentica azione profetica da una
follia dettata dal fanatismo
religioso? Spesso fede e follia
sono molto vicine, i profeti ce
lo insegnano. Gesù stesso,
nell’episodio della cosiddetta
purificazione del Tempio, agì
da folle 0 da profeta? Alcuni
sociologi della religione dicono che fondamentalmente esistono due modi dei cristiani di
essere presenti nella società;
quello sacerdotale e quello
profetico.
Il primo è quello più congeniale alle chiese di maggioranza. La chiesa che ha una visione sacerdotale della sua missione dà molta importanza
all’istituzione, che è usata per
confortare la gente. È la religione deir«ora di religione» a
scuola, del crocifisso nelle aule; è la religione del partito
cristiano. È la religione, insomma, che sostiene lo stata
guo: i valori umani hanno una
grande importanza e la vita è
uno di questi valori.
Opposto a questo c’è l’atteggiamento profetico: questo
è più congeniale alle chiese di
minoranza. In questo caso la
chiesa non cerca di confortare
la gente nelle sue idee, ma
piuttosto tende a far risaltare
lo spirito critico, a mettere in
guardia l’opinione pubblica
contro i lati negativi delle
scelte umane. L’atteggiamento profetico preferisce essere
una presenza critica che costruisca le cose sul dialogo
piuttosto che sul consenso.
Questo è il modo che prevede
la separazione tra chiesa e stato, che non accetta concordati,
che non prende soldi dallo stato, che ritiene di poter essere
presente nella società tramite i
partiti laici, che non mette i
crocifissi neppure in chiesa,
che fa scegliere liberamente se
diventare cristiani o no. Qui
conta la fede personale che interagisce con le scelte politiche personali. I valori umani
vengono svalorizzati rispetto
alla parola di Dio, quindi è la
qualità della vita che viene
privilegiata.
Quello degli antiabortisti
non è profetismo, ma fanatismo. Infatti essi sono sempre
degli insiders, appartengono
alle chiese di maggioranza,
sono cattolici in Italia, anglicani in Inghilterra, luterani in
Norvegia e battisti negli Usa.
Difendono la vita come valore, ma non sono interessati alla qualità della vita. Il loro è il
gesto disperato di chi sa di
trovarsi in una società così
matura dove un ritorno indietro in materia di diritti delle
donne non è neppure proponibile. Inoltre il loro gesto è un
ricatto. Il gesto profetico invece è un gesto compiuto a proprie spese. Nel profetismo la
follia è un costo del discepolato, nel gesto di Knudsen il costo lo pagano le donne.
La conoscenza della storia passata non sostituisce l'esperienza della fede
Cristo è un interlocutore scomodo per noi
CLAUDIO TRON
«Interroga quelli più vecchi di noi, rifletti sull’esperienza dei loro padri! Noi
siamo nati ieri e non sappiamo niente,
perché passiamo in fretta come un’ombra, ma i vecchi ti potranno raccontare e
insegnare quel che hanno imparato: papiri e canne non crescono dove l’acqua
scarseggia, seccano prima di ogni altra
erba, anche senza essere tagliata»
(Giobbe 8, 8-12)
I consigli amichevoli sono, in una comunità cristiana, uno dei doni più belli ma possono trasfonnarsi in certi casi in
una delle peggiori maledizioni. Le parole
di Bildad al suo amico Giobbe sono
espressione al tempo stesso di fraterna
solidarietà e di verità scomoda. Bildad è
vicino a Giobbe sofferente. Gli dà il suo
tempo, il suo affetto, la sua parola consolatrice, la sua intelligenza sulle situazioni
umane. Questo non toglie che Bildad
metta Giobbe di fronte alle sue responsabilità. Non c’è niente di peggio che assecondare in tutto e per tutto i depressi. Rischiano di trovare il senso della loro vita
nel leccarsi le ferite - vere o presunte e, quindi, di non cercare neppure più vie
di uscita dalla loro depressione.
Bildad lo sa; è un fine psicologo. Per
ciò manifesta il suo affetto a Giobbe che
ha perso tutto; ma al tempo stesso lo invita ad essere lucido e a cercare le cause
delle sue disgrazie. Tra le fonti della nostra lucidità umana c’è senz’altro la nostra storia, le passate generazioni, i nostri
vecchi. Se facciamo tesoro delle loro
esperienze, del loro sapere, senz’altro sapremo interpretare meglio le nostre esperienze. Così Bildad invita Giobbe a interpretare le sue prove attraverso l’esperienza degli avi.
Il fatto è che la sapienza delle generazioni passate non spiega le prove di
Giobbe, non spiega la scommessa fatta
da Dio con Satana, per dimostrare che un
uomo può rispondere alla vocazione di
Dio «per nulla», cioè per amore, come
dice Roland De Pury. E allora la chiesa
tratta con spregiudicatezza beffarda il discorso di Bildad. Gli dice che ha ragione,
ci mancherebbe. È giusto interrogare le
generazioni passate. La saggezza atavica
dice la verità. Ma Giobbe ha vissuto
un’esperienza che non rientra nella verità. E allora i vecchi dicono cose che
non c’entrano, e se lo capissero non direbbero nulla.
E brutto quando il massimo che possiamo fare di fronte alla sofferenza è non
dire nulla. Ma non si può bluffare. Se
non hai nulla da dire, taci. In febbraio i
ANNO 2 - NUMERO 8
valdesi interrogano, giustamente, le passate generazioni. Da queste vengono un
esempio ineguagliabile, un messaggio
evangelico coraggioso, una coscienza
vocazionale tali che oggi ce li sogniamo;
ma non viene tutto. La parola fatta carne
è il Cristo, non ciò che rispondono le generazioni passate alle nostre domande. Il
Cristo è un interlocutore scomodo, che
non risponde sempre alle domande che
sono più pressanti per noi. Ha anzi a volte il cattivo gusto, invece di rispondere
alle nostre domande, di interrogare lui,
sia le generazioni passate, sia la nostra.
Malgrado questo, la saggezza di Bildad è fondamentale. Noi possiamo superare la cultura dell’interrogazione del
passato, ma non possiamo ignorarla.
Possiamo interrogare il Cristo risorto,
ma non possiamo rifiutare il Gesù
dell’infanzia che si sottopone a tutte le
norme della tradizione ebraica. La cultura è quello che rimane quando si è dimenticato tutto quello che si è imparato,
ma bisogna averlo imparato. La fede è
quello che rimane dopo che si è dimenticato il catechismo, l’insegnamento tradizionale, la chiesa dei padri. Ma occorre
prima esser passati di lì. La parola di Bildad non vale più per Giobbe. Ma se non
la si è sentita, non si capisce il messaggio del libro di Giobbe.
Anniversari
Dieci anni
di Intesa
Dieci anni fa, il 21 febbraio
1984, a Palazzo Chigi (Roma), veniva firmata l’Intesa
volta a regolare i rapporti fra
lo stato e le chiese evangeliche valdesi e metodiste. Si
trattava della prima Intesa stipulata con una confessione religiosa in attuazione dell’art.
8, terzo comma, della Costituzione. All’Intesa con valdesi e
metodisti sono seguite quelle
con le Assemblee di Dio e gli
avventisti (firmate nel 1986),
quella con gli ebrei (1987) e
quelle con i battisti e i luterani, firmate nel 1993 ma non
ancora convertite in legge dal
Parlamento. L’agenzia stampa
Nev ha chiesto all’allora moderatore della Tavola valdese
e firmatario dell’Intesa per
parte delle chiese valdesi e
metodiste, past. Giorgio Bouchard, di commentare quella
firma a dieci anni di distanza.
«Il fatto importante - ha
detto Bouchard - è che quella
firma ha aperto la stagione
delle Intese; una misura costituzionale voluta dalle forze
progressiste è così uscita dalle
sabbie mobili della trattativa e
dopo quasi trent’anni si è concretata in un patto preciso. E
inoltre importante che il Parlamento abbia poi fedelmente
interpretato lo spirito della
Costituzione, accettando di
non apportare alcuna modifica
agli accordi firmati. La stagione delle Intese dovrà continuare, perché in questi dieci
anni il pluralismo della società
italiana si è molto accentuato.
Occorre innanzitutto che il
Parlamento recepisca le Intese
già firmate nel 1993 con battisti e luterani; mi rallegro del
fatto che siano iniziate le trattative con i buddisti italiani, e
sono certo che il Parlamento e
il governo non vorranno ignorare resistenza di musulmani,
testimoni di Geova, mormoni,
senza parlare delle numerose
chiese evangeliche indipendenti che non sono riconducibili al protestantesimo tradizionale». (Nev)
Ecumene
Ebrei e cristiani
si incontrano
a Gerusalemme
pagina 2
All’Ascolto
Della Parola
La legge del taglione
pagina 6
L’identità
protestante
pagina 8
2
!
PAG. 2 RIFORMA
Ecumene
venerdì 25 FEBBRAIO ;
La Conferenza su «religione e modernità» ha radunato 450 persone venute da 90 paesi
Ebrei e cristiani riuniti a Gerusalemme per
affrontare insieme le sfide della modernità
La conferenza intemazionale tra ebrei e cristiani
che si è svolta a Gerusalemme dal 1° al 4 febbraio ha
avuto un notevole successo.
Oltre 450 persone venute da
90 paesi vi hanno partecipato. Com’è stato sottolineato
dagli organizzatori, la conferenza ha permesso di dimostrare che i problemi del
mondo attuale non lasciano
indifferenti le chiese o le sinagoghe.
Cristiani e ebrei non si sono accontentati di scambiare
le loro opinioni, ma hanno
anche preso posizione insieme di fronte ai problemi che
si pongono alla società moderna. La manifestazione, organizzata dal Centro Bamot
e dall’Istituto ecumenico cristiano di Tantur, riuniva
ebrei e cristiani cattolici, ortodossi, anglicani e protestanti sul tema «religione e
modernità».
Vi hanno preso parte, tra
l’altro, i cardinali Joseph Ratzinger, prefetto della Congregazione per la dottrina della
fede, Carlo Maria Martini,
arcivescovo di Milano, monsignor Michel Sabbah, patriarca latino di Gerusalemme, il delegato del patriarca
ecumenico di Constantinopoli, mons. Damaskinos Papandreo, mons. George Carey,
arcivescovo di Canterbury e
capo della comunione anglicana. La Conferenza ha dibattuto sul ruolo della religione in una società secolarizzata. Da parte ebraica, si è
notato la presenza del presidente della Conferenza dei
rabbini europei, René Samuel
Sirat, e del grande rabbino
del Sud Africa, Cyril Harris.
I vari gruppi di lavoro hanno affrontato problemi quali
l’ingegneria genetica, l’origine della vita, la qualità della
vita, la famiglia tradizionale
sottoposta alla crescente
pressione di una società in
costante cambiamento, la società multietnica e l’educazione religiosa nel mondo di
oggi
Boicottaggio
di personalità ebraiche
I principali rappresentanti
del giudaismo in Israele hanno annullato la loro partecipazione. A fine gennaio, i
grandi rabbini Israel Meir
Lau e Eliahu Bakshi-Doron
hanno lanciato un appello ai
responsabili religiosi ebraici
israeliani per boicottare Fincontro. L’ex gran rabbino
d’Israele, Shlomo Goren, e il
grande rabbino di Gerusalemme, Yitzhak Kolitz, non hanno preso la parola di fronte ai
convenuti, contrariamente a
quanto era stato previsto nel
programma iniziale. Inoltre,
altri rabbini hanno deciso di
non partecipare. Shlomo Goren ha spiegato che le sfide
della società moderna devono
essere discusse dai rabbini tra
di loro. Non vi è, secondo lui,
alcuna ragione di discutere
con dei non ebrei su quali
debbano essere i comportamenti corretti nel mondo attuale. Anche se alcuni rabbini
molto influenti della Francia,
degli Stati Uniti o del Sud
Africa sono venuti a Gerusalemme, l’appello al boicottaggio si è fatto sentire.
Affrontare le sfide
Il cardinale Carlo Maria
Martini, arcivescovo di Milano, ha sottolineato nella sua
relazione di apertura che di
fronte ai grandi problemi di
L’ex gran rabbino d’Israele Shlomo Goren (a destra) non ha partecipato alla Conferenza di Gerusalemme
oggi è importante dare a tali
sfide una dimensione umana.
Di fronte alle carestie e alle
miserie, alle minacce ecologiche e ai crescenti flussi migratori, è impossibile avere
una soluzione per tutti i problemi. È più importante affrontare questi problemi con
una comprensione e con un
affetto basati sulla fede.
Il presidente della Conferenza dei rabbini europei e
gran rabbino francese, René
Samuel Sirat, ha messo in
guardia i dirigenti religiosi
contro un’influenza troppo
grande in campo politico. Se
si legano troppo strettamente
al potere, i responsabili religiosi rischiano di perdere per
lungo tempo la loro reputazione morale, così come è
avvenuto per l’ortodossia al
tempo di Stalin o per la Democrazia cristiana in Italia.
L’educazione morale della
gioventù è invece molto importante. Di fronte all’Aids,
il rabbino Sirat ha rimproverato ai politici di propagare
soltanto la «povera risposta
del preservativo» anziché richiamare maggiormente alla
fedeltà. Si è inoltre lamentato per la mancanza di un negoziato decisivo nel conflitto
nell’ex Jugoslavia. Il gran
rabbino ha chiesto; «Quale
diritto morale abbiamo ancora di esprimerci contro la
violenza in altre parti del
mondo? Non è possibile dire
che non abbiamo saputo nulla del conflitto in Bosnia».
La cancelliere dell’Univer
sità Lakehead del Canada e
ex presidente del Consiglio
ecumenico delle chiese, signora Lois Wilson, ha sottolineato che l’uomo moderno,
malgrado la crisi delle religioni, cerca il senso della vita per se stesso e per là comunità. L’uomo non deve
essere posto come l’unico
punto di riferimento. È necessario rispettare allo stesso
modo la terra e le creature.
L’amore e il rispetto di ogni
essere, vivente o no, è la cosa più importante. I.a Wilson
ha spiegato che l’impegno
delle religioni per la salvaguardia di valori morali non
è sempre facile e che può essere considerato come «sovversivo» da parte dei potenti.
(Spp)
Nei dicembre scorso ha ricevuto la «Croce d'onore» austriaca
Simon Wiesenthal, il cacciatore
di nazisti, ha compiuto 85 anni
BURKHARD SAUL
La vendetta non è stato il
filo conduttore della sua
vita. Simon Wiesenthal, nato
nella Galizia polacca ed etichettato come il «cacciatore
dei nazisti», giudica la sua attività come una «messa in
guardia verso gli assassini i del
futuro». Wiesenthal ritiene
che la storia possa ripetersi e
anche per questo, con il Centro di documentazione ebraica
che dirige a Vienna, nonostante l’età, continua la sua caccia
ai criminali di guerra nazisti.
L’ex architetto, che il 31 dicembre 1993 ha compiuto 85
anni, ne ha portati davanti ai
tribunali oltre 1.100, con un
lavoro infaticabile di raccolta
di dati e di analisi. Fra i criminali da lui individuati ci sono
stati Adolf Eichmann, l’organizzatore dell’olocausto, e
Franz Stangl, comandante dei
campi di sterminio di Sobibor
e di Treblinka. Nel 1963 riuscì
a rintracciare Karl Silberbauer, colui che fece deportare Anna Frank.
Wiesenthal, mite e cortese,
è sopravvissuto a ben 12
campi di concentramento. Gli
americani lo liberarono il 5
maggio 1945 a Mauthausen.
La sua famiglia fu quasi completamente distrutta, 89 persone assassinate. Solo la moglie riuscì a salvarsi grazie a
documenti falsi. Nel 1947
Wiesenthal fondò, insieme ad
altri scampati allo sterminio,
un primo centro di documentazione a Linz dove, con l’aiuto degli alleati, cominciò a
raccogliere una documentazione sulla sorte di parecchi
ebrei e sui loro assassini.
Le sue ricerche infaticabili
non piacevano a molti austriaci ed egli incontrò gravi difficoltà. L’immagine che si voleva accreditare dell’Austria
era quella di «prima vittima»
dell'aggressione del nazionalsocialismo e la scoperta che
fra gli austriaci c’erano diversi assassini nazisti non era
molto gradita.
Wiesenthal si rassegnò e nel
1954 partì per Israele. Trasmise tutte le sue carte al Centro
di documentazione israeliano
e diede un apporto decisivo
Simon Wiesenthal
per rintracciare Eichmann, che
fino al maggio 1960 viveva
nascosto in Argentina. Di colpo divenne famoso come
«cacciatore di nazisti». 11 rapimento spettacolare di Eichmann, operato dai servizi segreti israeliani, lo indusse a riprendere le sue ricerche e a
fondare un nuovo Centro di
documentazione a Vienna.
Wiesenthal ha indagato su
oltre 6.000 casi di possibili
criminali di guerra. Si è fatto
ovviamente molti nemici, soprattutto in Austria, è stato
diffamato e apertamente minacciato. Perfino il cancelliere
federale Bruno Kreisky, nel
1975, in un momento di discussioni e di scontri sul passato nazista di alcuni esponenti politici, lo attaccò accusandolo di praticare una sorta di
giustizia privata e di servirsi
di metodi di tipo mafioso.
Le relazioni fra Wiesenthal
e la Repubblica austriaca sono
state tese per diverso tempo;
solo all’inizio di dicembre
dell’anno scorso gli è stato dato un riconoscimento ufficiale,
la «Croce d’onore», che è la
massima onorificenza austriaca per meriti scientifici e artistici. Nel concedere Fonorificenza il presidente della Repubblica austriaca ha detto
che essa «anche se tardiva, era
una dimostrazione di stima»
nei suoi confronti. (Epd)
VENER
Svizzera: incontro tra
chiese protestanti e cattolica
BERNA — Lunedì 24 gennaio una delegazione della Ctì
renza episcopale svizzera (Ces) e del Consiglio della Fefe
ne delle chiese protestanti della Svizzera (Feps) si sono iS
te a Berna per discutere la questione dell’ospitalità eucÄ
La richiesta di aggiornamento sulla questione era stata esj^
mente formulata dalla Chiesa evangelica riformata del ctì
di Vaud. La delegazione cattolica era presieduta da mons. ^
Mamie, vescovo di Losanna, Ginevra e Friburgo e presìdi
della Ces, quella protestante dal pastore Heinrich Rustet|
presidente del Consiglio della Feps. La posizione da partea
lica sulla questione dell’ospitalità eucaristica è rimasta ini^
ta. Tuttavia le due chiese hanno espresso il desiderio che la '
missione di dialogo interconfessionale affronti la questione
«Communio»; comunione nella fede, comunione delle CI
comunione nell’eucaristia. Le due delegazioni hanno inoltrò
lato delle urgenze sociali in Svizzera, in particolare della i
rizzazione esistente nella popolazione e che si avverte anchò
le chiese. Le chiese stanno per redigere una dichiarazione ci,
ne sulla legge antirazzista che verrà sottoposta a referendutfiì
polare e vogliono impegnarsi in un lavoro pastorale nei luop
cui vivono i richiedenti di asilo. Ambedue le delegazioni
d’accordo sulla necessità di una testimonianza comune. ' l
Stati Uniti: una diocesi
sull'orlo del fallimento
ALBUQUERQUE — L’arcidiocesi di Santa Fè, nello !
del Nuovo Messico, rischia il fallimento se deve pagare l’iiij
nizzo alle vittime di violenze sessuali da parte di sacefl
L’arcivescovo Michael Sheehan ha rivolto un appello ai ^
cattolici chiedendo delle offerte per poter sostenere le speèl
i risarcimenti. I processi civili intentati contro Farcidiocelt
questo motivo sono 41 e si pensa che il totale delle richie^
risarcimento non sarà lontano dai 50 milioni di dollari,ì
1984 i casi noti in cui preti cattolici sono risultati coinvolf
abusi sessuali su minori sono stati oltre 400. 11 che è cost^
nora a diocesi e a ordini religiosi circa 500 milioni di dollaf|
tre 750 miliardi di lire). Coinvolto nella faccenda è anche lol
to del Nuovo Messico, dal quale dipende un centro per laa
di preti «sessodipendenti». Dopo un periodo di cura alcunij
zienti sono stati dislocati nelle comunità circostanti, dove
di nuovo abusato di bambini. L’ordine religioso a cui appi
il centro di cura si è dichiarato disposto a versare m totalei
10 miliardi di lire, a 25 uomini, per indennizzo. Si tratta df¡
soné che da bambini sono state violentate da un sacen
messo dal Centro come «guarito». Il settimanale indipenltí
«National Catholic Reporter» ha affermato recentementéi
d’ora in poi, nelle arcidiocesi di Baltimora e di Milwaul^
candidati al sacerdozio dovranno essere forniti di un attestìi
buona condotta rilasciato dalla polizia, da cui risulti che ncaj
no mai incorsi in infrazioni che hanno a che vedere con il sii
I luterani americani impegnati
nell'evangelizzazione s
ST. LOUIS — La Chiesa luterana del Sinodo del MissS
negli Stati Uniti, ha stanziato 100 milioni di dollari (oltre!
miliardi di lire) per una campagna di evangelizzazione chri
prossimi tre anni porti nella chiesa oltre un milione di nH
membri. Contemporaneamente si apriranno delle missionii
paesi dell’Europa orientale, ex comunisti, e nella Cina.Ì
Chiesa luterana del Sinodo del Missouri, fondata nel l=8ì
conta circa 2 milioni e 600.000 membri ed è considerata«
conservatrice della maggior chiesa luterana degli Usa, la ^
sa evangelica luterana in America. 5'
India: accordo sui matrimoni
interconfessionali
KERALA —11 testo di un «Accordo tra la Chiesa catto®
la Chiesa malankara siro-ortodossa» è stato reso noto rnSp
25 gennaio, giorno di chiusura della Settimana di preghiefal
l’unità dei cristiani. È accompagnato da «Direttive pastol®
approvate dai vescovi cattolici del Kerala, nel Sud delFI®
L’accordo è stato siglato nel novembre scorso durante FuP
incontro della commissione mista di dialogo tra la Chiesa»
tolica e la Chiesa malankara siro-ortodossa, una chiesa autw
rna posta sotto l’autorità del patriarca siriano ortodosso di|
tiochia. L’accordo si basa sulla «Dichiarazione comune»f
papa Giovanni Paolo II e del patriarca siriano ortodosso W
zio Zakka I Iwas di Antiochia, datata 23 giugno 1984. Dal«!
loro fede comune nel mistero della Chiesa e nei sacrameà®
papa e il patriarca prevedevano già, in tale dichiarazione^
possibilità di una collaborazione reciproca circa i sacramrf
penitenza, di eucaristia e di unzione degli ammalati per i n#
bri delle due chiese in caso di bisogno spirituale.
Gran Bretagna: problemi per il
nuovo catechismo cattolico l
LONDRA — Il «nuovo catechismo» cattolico in ling®l
glese non è stato ancora pubblicato. 11 Vaticano infatti noi
dato parere favorevole alla traduzione proposta, che wnf
conto della richiesta dei vescovi britannici di evitare ogni ^
smo e di adottare il termine «umanità» per designare gli uoi^
e le donne. Gesù ad esempio viene chiamato «umano» ® f
«uomo». Tale traduzione di carattere «femminista» viene|||
nuta inaccettabile da Roma che teme un indebolimento
affermazioni della fede.
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Alcuni gruppi di ispirazione cristiana nel corso del 1993 si
sono periodicamente incontrati per riflettere in clima ecumenico sul problema dell’immigrazione, come si presenta oggi
in Italia. Frutto di questa riflessione comune è il presente messaggio rivolto direttamente ai fratelli nella fede, per aiutarli
non tanto a riaffermare i principi, già più volte riproposti dalle
nostre chiese e diventati ormai patrimonio comune, quanto ad
assumere con chiara fermezza una posizione critica e propositiva sulla condizione oggi in Italia degli immigrati.
Preoccupa più di ogni altra cosa la condizione di coloro che
sono irregolari nei confronti dell’occupazione e del permesso
di soggiorno. Siamo per il rispetto della legalità da parte di
E constatazione comune
che in Italia, come in altre parti d’Europa, in questi
ultimi tempi è riservata agli
immigrati una vita sempre più
difficile, e non per sole ragioni economiche. Si vanno raffreddando la comprensione e
la solidarietà degli anni recenti, cresce intorno a loro un
diffuso senso di diffidenza e
di sospetto, di intolleranza e
di rifiuto anche in forme violente e xenofobe, che fanno
ampiamente notizia. Strati
sempre più larghi della pubblica opinione tendono ad attribuire la responsabilità di
molti dei disagi che si vanno
dilatando nella nostra società
a queste nuove presenze. Pesa
sulle pubbliche istituzioni una
specifica responsabilità per ritardi e inadempienze, per non
aver saputo gestire questo fenomeno delle migrazioni.
Le chiese non possono rimanere indifferenti, né possono limitare il proprio contributo a un’attività di supplenza di quanto dovrebbe essere
correttamente assicurato dall’
intervento pubblico, rischiando così di rendere meno visibile l’urgenza di un esplicito
e formale riconoscimento dei
diritti dell’immigrato. Esse
devono levare la propria voce
in difesa di tali diritti per coerenza col messaggio della parola di Dio.
Per le chiese infatti la motivazione più autorevole per
chiedere il rispetto e l’accoglienza degli immigrati e dei
rifugiati nella loro dignità di
persone è costituita da precise
affermazioni contenute nella
Bibbia a partire dall’Antico
Testamento. «Non sfruttate
né opprimete lo straniero,
perché voi stessi siete stati
stranieri in Egitto» (Esodo
22, 20). La memoria della
propria liberazione e, quindi,
il godimento della propria libertà sfociano in un appello
in favore della parità di diritti
dello straniero immigrato:
«Non deviate il corso della
giustizia a danno di uno straniero o di un orfano... non
dimenticate che anche voi
siete stati schiavi in Egitto e
il Signore, vostro Dio, vi ha
liberati di là» (Deuteronomio
24, 17s). Dalla coscienza del
fatto che Dio «ama gli stranieri che vivono con voi e
procura loro cibo e vestiti»
(Deuteronomio 10, 18) discende l’invito ad amare lo
smanierò: «Quando uno straniero si stabilirà nella vostra
terra, non opprimetelo; al
contrario, trattandolo come se
fosse uno dei vostri connazionali, dovete amarlo come voi
stessi. Ricordatevi che anche
voi siete stati stranieri in
Egitto. Io sono il Signore vostro Dio» (Levitico 19, 33s).
Anche il Nuovo Testamento
invita con insistenza all’ospitalità, all’accoglienza, al rispetto per la pari dignità di
tutti gli esseri umani e le parole di Gesù «Ero forestiero e
lui avete ospitato» (Matteo
25, 35) costituiscono il giudizio definitivo sui singoli e
sulla storia.
Di fronte ad affermazioni
coinè queste noi cristiani, singoli e comunità, siamo chiamati a riconoscere il nostro
peccato. Sebbene i messaggi
in favore dello straniero costituiscano una linea non
marginale dell’etica biblica,
essi hanno avuto scarsa applicazione nella catechesi e nella prassi. Si può addirittura
ravvisare nella rimozione di
questi testi biblici una delle
ragioni per cui l’Europa «cristiana» è stata ed è così cedevole ai nazionalismi e alla xenofobia. La presenza di immigrati in mezzo a noi ci ricorda che, dal punto di vista
biblico, libertà e benessere
(esodo, terra promessa) sono
doni e come tali possono essere mantenuti solo se condivisi con chi ne è privo.
La luce di questo messaggio si fa strada in una situazione complessa e di non facile lettura, e induce il cristiano a riconoscere che gli immigrati costituiscono una delle fasce più deboli, e per di
più emarginata e discriminata, della nostra società. Si impone un problema di carità
cristiana, ma ancor prima di
equità e di giustizia, laddove
vengono disattesi diritti fondamentali della persona umana, presupposti irrinunciabili
del vivere civile.
Le chiese sono consapevoli
del difficile momento socioeconomico che sta attraversando il nostro paese e in particolare della grave crisi occupazionale, come pure del
faticoso cammino dell’Unione europea verso una maggiore integrazione, che potrà
comportare anche un approccio comune ai problemi migratori. Tuttavia, di fronte alla tragica portata del fenomeno del sottosviluppo e alle
tante responsabilità accumulate in proposito dal mondo
industrializzato, esse ammoniscono a non fondare la politica dell’immigrazione su una
mera difesa del livello di benessere acquisito nella nostra
società, che non tenga in alcun conto le necessità di chi è
drammaticamente costretto a
lasciare il proprio paese. E se,
sul lungo periodo, va incrementata la cooperazione ai
programmi di sviluppo dei
paesi più bisognosi e alleggerito l’insostenibile peso del
debito estero, neH’immediato
va prestata la dovuta attenzione ai problemi dei migranti
che sono tra noi e alla richiesta di inserimento di coloro
che premono alle frontiere
dei paesi ad alto sviluppo industriale.
Non è giustificabile poi la
politica rigidamente restrittiva verso la quale vanno
orientandosi i paesi dell’Unione europea nei confronti
dei rifugiati che fuggono condizioni tali da mettere a repentaglio la loro stessa sopravvivenza.
È necessario che l’Europa,
mentre è impegnata a definire
la sua identità e a consolidare
la sua coesione interna, si
apra a una politica dell’immigrazione coraggiosa e di largo respiro. Sotto questo
aspetto, perciò, la ferma determinazione, in più sedi manifestata, di «ripulire» l’Italia
e l’Europa dalle sacche di immigrazione irregolare suona
come preoccupazione troppo
tutti anche in eampo migratorio, ma chiediamo che sia anzitutto lo stato a muoversi sulla via della legalità, dando efficiente applicazione a quelle leggi che egli stesso si è dato in
tempi recenti.
Siamo infatti convinti che molti immigrati sono condannati
alla condizione di irregolarità proprio dal fatto che la normativa in vigore è stata (hsattesa o non ha avuto applicazione tempestiva e integrale. È doveroso e urgente a rimedio di questa
situazione operare tutti quegli interventi che sono nello spirito
e nella lettera della legge, tanto più che il dilazionare non serve a risolvere ma solo ad aggravare il problema.
Rimettiamo alla competenza degli esperti e alla responsabi
Alcuni bambini stranieri che frequentano corsi di alfabetizzazione
unilaterale e offensiva nei
confronti di tanti che hanno
affrontato i disagi della condizione di clandestinità non
per disprezzo della legalità,
ma per difesa del diritto all’esistenza.
Se per un verso è necessario che l’immigrato sia consapevole dei suoi doveri e delle
norme che regolano la convivenza civile nel paese ospitante, per l’altro vanno profusi massimo impegno e rigore
perché siano combattute tutte
le forme di illegalità di cui
r immigrato stesso è vittima,
quali il traffico clandestino di
manodopera, lo sfruttamento
del lavoro nero, la discriminazione razziale.
La situazione italiana
Nel 1990, con la legge n.
39 (nota come legge Martelli)
sono state poste le basi per
una corretta gestione del problema dell’immigrazione,
evidenziando come, per poter
definire il quadro dei diritti e
dei doveri dell’immigrato, sia
indispensabile che la sua presenza sia conosciuta e riconosciuta dallo stato.
A questo scopo la legge, oltre a stabilire un provvedimento di sanatoria delle situazioni di irregolarità venutesi a creare entro il 1989,
istituiva un canale permanente di accesso regolare al lavoro disponendo che, mediante
decreto governativo, venisse
definita «entro il 30 ottobre di
ogni anno la programmazione
dei flussi di ingresso in Italia
di lavoratori extracomunitari
e del loro inserimento socioculturale» (art. 2 comma 3).
Si dispone quindi di uno strumento legislativo potenzialmente in grado di individuare, anno per anno, un punto di
incontro equilibrato tra la domanda di inserimento lavorativo e l’effettiva recettività
del mercato di lavoro.
La predetta legge, tra gli
elementi da valutare nella determinazione dei flussi, annovera le «richieste di permessi
di soggiorno per motivi di lavoro avanzate da cittadini
stranieri extracomunitari già
presenti sul territorio nazionale con permesso di soggiorno
lità dei politici la scelta delle soluzioni concrete, ma non possiamo dispensarci dal presentare alcune proposte operative,
che ci sembrano derivare non da posizioni opinabili, ma da
principi irrinunciabili per la nostra coscienza di cittadini e di
credenti.
Hanno partecipato alla redazione del presente messaggio.
Associazione coraboniana Servizio emigrati, Caritas italiana.
Centro studi emigrazione di Roma, Comunità di S. Egidio,
Federazione delle chiese evangeliche in Italia - Servizio rifugiati e migranti. Fondazione Migrantes della Cei, Jesuit Refugee Service, Opera sociale avventista. Ufficio centrale studenti esteri in Italia, Young Women’s Christian Association.
per motivi diversi, quali turismo, studio» (art. 2, comma
4c). Si riconosce, cioè, come
rincontro tra domanda e offerta di lavoro, quand’anche
avvenga al di fuori di una rigida programmazione debba essere considerato positivamente in quanto esso facilita, piuttosto che intralciare, il confronto tra immigrazione e
mercato di lavoro. Rientra,
quindi, nello spirito della legge il tener conto di quanti,
avendo trovato la possibilità
di inserimento lavorativo,
aspirano a regolarizzare la
propria posizione, e il subordinare l’autorizzazione di
nuovi flussi in ingresso al soddisfacimento di tali richieste.
Fino ad oggi invece i decreti sui flussi hanno limitato, in
sostanza, al meccanismo della chiamata nominativa le
possibilità di accesso al lavoro per i cittadini stranieri extracomunitari. La chiamata
nominativa riguarda a rigore
lavoratori residenti all’estero
e non consente quindi, generalmente, rincontro diretto
tra lavoratore e datore di lavoro. Risulta perciò del tutto
inappropriata per tutte le attività lavorative a bassa qualificazione (collaborazione domestica, assistenza domiciliare a invalidi, ecc.), fondate su
un rapporto di fiducia che
può instaurarsi solo attraverso
un tale incontro.
Molte di queste attività rappresentano le principali possibilità di impiego per i lavoratori immigrati, essendo accertata per esse l’indisponibilità
di manodopera italiana. L’esistenza di queste possibilità
ha fatto sì die un gran numero di immigrati, entrati regolarmente in Italia, ad esempio
per motivi di turismo, trovassero inserimento nel mondo
del lavoro sommerso, trattenendosi nel nostro paese.
Con l’eccezione di coloro
che alle dipendenze di datori
di lavoro scrupolosi, hanno
potuto trovare regolarizzazione, seppure in modo improprio intraprendendo il
complesso iter burocratico
della chiamata nominativa
(che richiede un temporaneo
ritorno del lavoratore nel
paese di origine), questi lavoratori sono stati condannati all’irregolarità dalle limitazioni imposte dal decreto sui
flussi e, pur contribuendo allo sviluppo economico del
paese, restano totalmente
esposti allo sfruttamento e
privi delle più elementari
forme di protezione.
Il fenomeno assume connotazioni ancora più preoccupanti laddove l’assorbimento
di manodopera è affidato ad
attività di lavoro stagionale,
dal momento che lo stato di
irregolarità induce i lavoratori
a non fare ritorno in patria a
stagione conclusa e per lunghi periodi congela la forza
lavoro in condizioni di scarsa
produttività e di esposizione
alla contaminazione criminale. È evidente come l’incancrenirsi di situazioni di irregolarità renda in pratica irrealizzabile la tutela di diritti
fondamentali della persona in
fatto di condizioni di lavoro,
salute e integrità del nucleo
familiare; tutela che non può
essere subordinata alla regolarità della posizione a riguardo del soggiorno.
Non va poi sottovalutato il
fatto che il mancato rispetto
dei minimi salariali e delle
disposizioni in materia fiscale e contributiva, oltre a costituire un danno economico
palese per il lavoratore e per
lo stato, finisce per rappresentare un fattore di concorrenza sleale ai danni dei lavoratori regolari, italiani o stranieri che siano.
Se si tengono nel debito
conto le considerazioni precedenti, e in particolare il fatto
che moltissimi immigrati sono condannati all’irregolarità
da un’applicazione lacunosa
del dettato legislativo, si
comprende come provvedimenti legislativi o amministrativi che favoriscano, pur
senza ricorso a sanatorie generalizzate, l’emersione dalle
condizioni di irregolarità, oltre a costituire una giusta risposta ad esigenze fondamentali del lavoratore immigrato,
si muoverebbero sulla linea
di un più efficace governo del
fenomeno. La concessione
del permesso di soggiorno
consegna infatti all’immigrato un patrimonio di diritti la
cui conservazione è strettamente associata al perdurare
deH’inserimento nel mondo
del lavoro e all’osservanza di
un preciso quadro di doveri.
Proposte concrete
Alla luce di queste riflessioni le chiese ritengono che
l’aggiornamento del quadro
normativo debba adottare le
misure che seguono.
- A tutti i cittadini stranieri,
prescindendo dal loro stato
giuridico, siano riconosciuti i
loro diritti fondamentali e
non legati alla cittadinanza,
ma alla dignità della persona
e alla particolare condizione
(ad esempio di salute, di maternità, di minori in età scolastica o in stato di abbandono,
di tutela legale anche in caso
di reclusione) di determinate
categorie.
- Affinché non sia in alcun
modo ostacolato l’accesso alla procedura di riconosci
mento dello status di rifugiato, vengano istituiti ai posti
di frontiera centri di orientamento in grado di fornire assistenza agli stranieri interessati.
- Si pongano in atto meccanismi che, favorendo in modo
efficace rincontro tra domanda e offerta di lavoro, consentano una concreta programmazione dei flussi di ingresso
di lavoratori immigrati.
- Contestualmente, nello
spirito della convenzione Onu
«sulla tutela dei lavoratori
migranti e delle loro famiglie», si consenta di regolarizzare la posizione relativa al
soggiorno e al lavoro agli immigrati che già esercitano
un’attività lavorativa in condizioni irregolari e si provveda con sollecitudine a regolamentare il lavoro stagionale,
dando in via transitoria precedenza nell’assegnazione dei
permessi di soggiorno a chi è
già presente sul territorio nazionale e chiede di procedere
alla regolarizzazione.
- Si dia il riconoscimento
formale ai ricongiungimenti
familiari, per i quali sussistano i presupposti di legge, già
avvenuti al di fuori delle procedure ordinarie per mancanza di informazione o per l’eccessiva lunghezza di tali procedure.
- Si rivedano le procedure
di accesso aU’alloggio per gli
immigrati e si incoraggino,
anche con sostegno finanziario, le cooperative edilizie e
altre iniziative in materia promosse dagli organismi di volontariato.
- 'Vengano favoriti, nell’ambito dei progetti di cooperazione allo sviluppo, i programmi mirati di rientro volontario di quegli immigrati,
anche irregolarmente presenti, che abbiano acquisito le
capacità tecniche necessarie
per partecipare nel proprio
paese ad attività produttive.
- Si incrementino le forme
di sostegno economico ai cittadini stranieri impegnati in
Italia in attività di studio e di
formazione professionale, così che non siano costretti a
dedicare gran parte del tempo
e delle energie ad attività che
assicurino loro i mezzi di sostentamento.
Le chiese che sono in Italia si appellano ai cristiani
delle loro comunità perché,
fatto proprio il contenuto
del presente messaggio, vigilino sull’adozione di queste misure da parte delle
autorità politiche competenti e perché contribuiscano, ciascuno per la propria
parte, alla loro efficace attuazione. Al medesimo tempo, i cristiani sono chiamati
a promuovere una cultura
di rispetto e di valorizzazione delle diversità, che consenta di vedere gli immigrati come portatori di valori e
di potenzialità. Un’attenzione tutta particolare deve essere da essi prestata, infine,
alle affiliazioni religiose degli immigrati, favorendone i
contatti con le rispettive comunità di fede e di culto che
si trovano sul territorio, e
aprendo spazi al dialogo interreligioso.
4
PAG. 4 RIFORMA
Delle Chiese
VENERDÌ 25 FEBBRAIO i
Il pastore Paolo Spanu parla dei gruppi «multicolori» delle chiese battiste di Milano
La presenza dì fratelli e sorelle dall'estero
è un arricchimento per la comunità
LUISA NITTI
Idue locali di culto di cui
usufruisce la Chiesa battista di Milano non restano mai
inutilizzati; soprattutto durante il fine settimana le attività
si moltiplicano, dato che la
chiesa ospita alcune comunità
di stranieri che celebrano il
culto nella propria lingua e
nei propri modi: la chiesa non
è mai vuota. Si tratta di una
realtà particolarmente interessante: abbiamo chiesto al pastore Paolo Spanu di descrivercela.
«Possiamo ben dire di essere una comunità “avvantaggiata”; i nostri locali, situati in
zone diverse della città, sono
al centro di un’interessante
esperienza di convivenza tra
culture: al culto in lingua italiana si alternano quello tenuto dalla comunità cinese di
lingua mandarina (ogni domenica mattina in via Ponchielli), quello della comunità etiope e quello di un gruppo di
ghanesi e nigeriani, che si incontrano nel pomeriggio della
domenica per avere un momento di culto nella propria
lingua africana. Ancora, circa
una volta il mese, ospitiamo
la comunità luterana svedese
e, a tempi incrociati, la comunità quacchera italiana. Vi sono poi altri stranieri (in particolare latinoamericani) che si
integrano perfettamente nella
vita della comunità, partecipando alle attività varie senza
sentire il bisogno di momenti
di culto nella propria lingua o
assieme ai propri connazionali. È il caso di molti brasiliani,
argentini peruviani, che vivono senza problemi in mezzo a
noi, proprio come se fossero
napoletani o lombardi».
- Come e perché è venuta
strutturandosi, nel corso degli
anni, questa situazione così
ricca e complessa ?
«Non è una scelta nata a
partire da una concezione
astratta della vita della chiesa:
si tratta piuttosto di una serie
di scelte che abbiamo fatto di
tempo in tempo, con molta
consapevolezza, man mano
che ci si presentavano nuovi
bisogni».
Un culto con battesimi nella chiesa battista di Milano
- In quali termini riuscite
ad impostare il problema
dell’ospitalità, tenendo conto
dell’innegabile diversità culturale fra le persone che condividono questa esperienza?
«L’idea di fondo dell’esperienza di questa chiesa è che
l’ospitalità può essere esercitata verso tutti, nei modi più
diversi a seconda dei bisogni
di ciascuno, senza imporre
schemi precostituiti o di natura ideologica né tanto meno
pretendendo una completa integrazione di chi riceve ospitalità. Ci è sembrato essenziale un approccio “pragmatico”
alla questione dell’ospitalità;
questo non significa però che
non ci siano delle linee di tendenza, degli obiettivi che perseguiamo: uno di questi consiste nel cercare di imparare
la fraternità, non quella soltanto “confessata” e astratta,
ma quella praticata e vissuta.
E questo sarà possibile andando alla ricerca di momenti di
incontro, di attività di comune
interesse che possano coinvolgere i diversi gruppi. Un
esempio concreto: stiamo cercando di allargare la scuola
domenicale ai bambini cinesi,
che parlano benissimo l’italiano, spesso meglio del cinese
stesso. Operazioni simili sono
importanti, anche se è chiaro
che devono essere attuate con
cautela e solo laddove la lingua, e soprattutto la cultura,
lo permettono».
- Le comunità che ospitate
(in particolare quelle africane) sono prevalentemente di
tradizione pentecostale. La
diversa sensibilità religiosa
non costituisce un ulteriore
ostacolo al dialogo?
«Certo, sul piano teologico
non si possono tacere le differenze, anche grosse, che ci separano. Ma nel complesso le
differenze denominazionali
pesano meno di quanto si possa supporre. Per certi aspetti
queste comunità sono molto
più avanti di noi: potremmo
definirle “adenominazionali”
perché, pur riconoscendosi in
alcune denominazioni importate dall’Europa e daH’America del Nord, riescono a trovarsi bene dovunque si predichi e si viva l’Evangelo, senza
preclusioni di sorta. Hanno
una concezione unitaria della
chiesa che per noi è difficilissimo comprendere.
La comunità italiana, da
parte sua, era già abbastanza
preparata, avendo alle spalle
una tradizione che sicuramente la predisponeva a una certa
apertura e ospitalità: quando
per esempio si riesce ad avere
degli incontri comuni, la comunità si rende disponibile e
partecipe, mostrandosi soddisfatta degli incontri».
- Sono già in programma
dei progetti specifici di collaborazione fra le comunità?
«Il Consiglio di chiesa ha
avuto degli incontri con i leader di questi gruppi, ma vorremmo adesso andare oltre,
provando ad istituzionalizzare
questi rapporti, nella speranza
che le diverse comunità etniche, anche se molto diverse,
possano usufruire di un maggiore lavoro di coordinazione,
in vista di una crescita comune. Un altro progetto (già realizzato in passato) è di riuscire ad avere un culto mensile o
bimestrale al quale possano
prendere parte tutti, portando
il proprio specifico contributo. E chiaro comunque che
non è facile creare occasioni
di incontro che siano congeniali alla sensibilità di ciascuno. E molto facile che iniziative prese con le migliori intenzioni siano risentite come
“colonialismo culturale”. Bisogna fare molta attenzione a
non proporre o imporre modelli culturali “nostri”, e soprattutto non bisogna avere
fretta...».
Mottola: un'iniziativa della Chiesa battista su un tema di attualità
Società e criminalità nel Meridione
DOMENICO D’ELIA
Si è tenuta a Mottola (Ta),
presso i locali della chiesa
battista, lo scorso 5 febbraio,
una conferenza del pastore
Massimo Aprile sul tema:
«Società e criminalità». La
conferenza è inserita in una
serie di sette incontri, organizzati dal Movimento per la
democrazia «La rete» di Mottola, facenti parte di un corso
di formazione politica al quale sono stati invitati relatori
esperti in diversi campi, da
quello politico a quello sociale, a quello economico.
Il pastore Aprile ha introdotto la sua relazione descrivendo brevemente cosa si intende generalmente con i termini «società» e «criminalità». Partendo da quest’ultimo ha esposto una minuziosa
e particolareggiata trattazione
del fenomeno camorristico in
Campania: dati storici, sviluppo nel corso dei decenni, radicamento progressivo sul territorio, via via fino al balzo de
finitivo verso l’attuale forma
di vera e propria «holding»
economico-politica raggiunta,
dal terremoto dell’80 ad oggi,
grazie all’appoggio di pezzi
delle istituzioni e di esponenti
politici disposti a patti scellerati e a collusioni di ogni sorta. Un esempio di «società parallela», quello camorristico,
alquanto diverso sia per qualità che per quantità, da analoghi fenomeni di criminalità
organizzata presenti in altre
realtà del Sud, dalla Sicilia
(mafia e stidda), alla Calabria
(’ndrangheta), alla Puglia (sacra corona unita).
In seguito il pastore Aprile
ha descritto in che modo la
società si pone di fronte a tale
fenomeno. Accanto a pochi
(ma crescenti) esempi di resistenza, di denuncia e di lotta
la società, nelle sue diverse
componenti, ha assunto un atteggiamento rassegnato, quasi
fatalistico, di sostanziale accettazione, se non di appoggio
quasi incondizionato. La gran
parte delle società civile, tut
Massimo Aprile
tavia, come l’oratore ha evidenziato con dati ed esempi
pratici, si muove in «un’area
di grigio indistinta, in cui il
confine tra legalità e illegalità
risulta del tutto impossibile da
tracciare». Ed è proprio in
quest’area vastissima di confine che, secondo Massimo
Aprile, la camorra e le società
criminali in genere traggono
l’humus ideale che consente
loro di riciclarsi e quindi di
presentarsi come esempio di
sviluppo e benessere.
Il pastore Aprile ha terminato centrando la sua attenzione sull’episodio dell’indemoniato guarito da Gesù
(Marco 5, 1-20); una parafrasi
per sostenere il fatto che un
radicale cambiamento (metànoia), nei confronti della criminalità organizzata, va intrapreso non solo da parte della
società emarginata e collusa
(l’indemoniato) quanto, soprattutto, dalla società civile e
«perbene» (i Geraseni) che
troppo spesso, pur non manifestandolo esteriormente, è
più indemoniata di chi lo dimostra palesemente.
Ha fatto seguito un breve
dibattito con interventi del numeroso pubblico presente; in
conclusione di serata, il pastore Aprile ha ricevuto manifestazioni di affetto e simpatia
non solo dai membri della comunità battista, ma anche da
parte di molti amici e conoscenti che conservano ancora
un vivo ricordo del suo ministero pastorale e del suo impegno civile e sociale a Mottola.
Zurigo: chiesa di lingua italiana
Tiprov)
Anna Diibendorferar
la nostra dìacona
LUCI!
EMIDIO CAMPI
A Pasqua del 1954 una
giovane ticinese, Carla
Diibendorfer, faceva la sua
professione di fede davanti
alla chiesa evangelica di lingua italiana di Zurigo e riceveva, oltre alla consueta Bibbia, un innario su cui il pastore ha scritto questo verso:
«Tieni fermamente quello
che hai, affinché nessuno ti
tolga la tua corona» (Apoc.
3, 11). Se oggi potessimo aggiungerne un altro, saremmo
portati a pensare alle parole
del Salmo 40: «O Dio, non
ho tenuto nascosta la tua
giustizia nel mio cuore, ho
raccontato la tua fedeltà e la
tua salvezza». Questi due
versetti racchiudono in sintesi mirabile la vita terrena di
questa donna umile e grande
al tempo stesso che ci ha lasciati improvvisamente il 28
gennaio scorso.
Era cresciuta in una famiglia cattolica e aveva conosciuto la fede evangelica attraverso il marito Renato. Il
suo rapporto con la chiesa
valdese è stato quindi il risultato di un’adesione liberamente compiuta da adulta. È
venuta da noi sommessamente, con il suo sorriso aperto, e
ha portato alla chiesa il dono
di una fede sicura e serena.
Sia consentito ricordare alcune cose: ignorando le tristi
contrapposizioni tra passione
e routine quotidiana, anzi
con una magnifica successione di innamoramento e attaccamento ha fatto del suo matrimonio un veicolo con cui
procedere nella traversata
della vita. Ha tirato su tre figli: Marinella (il cui nome è
una piccola concessione romantica all’incantamento del
valligiano che vede per la
prima volta il mare), Paola e
Marco. Si preoccupava che
avessero i vestiti in ordine,
ma anche che imparassero i
racconti biblici, del loro rendimento scolastico, ma anche che apprendessero le
melodie degli inni. Ha fatto a
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piego qualsiasi: è stai
servizio diaconale, uni|
gno assunto e svolto peri5uddo
to della comunità. Ha poi
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attiva e disciplinata; ha
to tener testa alle i;
non sempre ragionevdjì
si sono succedute neli
degli ultimi 25 anni
solo metodo efficace:^
fede all’impegno prei
gando di persona. Il
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mento per i membri di
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fratelli di passaggio.
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mente, in punta di pii
umiltà e discrezione.
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di poter testimoniare:
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nizza per il 12/13 marzo l'ormai tradizionale coi Ipvest» ha
gno di primavera delle opere. L'incontro, che é ¿Ha sala
luogo presso il Centro giovanile protestante Gotti ¿1 Semir
Firenze, avrà per argomento principale le nuove |
fessionalità. fumerò
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PROGRAMMA 1 « “nibó
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Sabato 12 marzo: I piato «il 1
ore 9: Studio biblico a cura di Alberto Tacd issi» e Gi
ore 10,30; Relazioni di Nedo Baracani (socidi Appunti
Letìzia Sonunani (presidente del Gl giovanile protestante Gouid) e Mal disco:
Grube (direttore di una scuola per |
tori di case per anziani in Germaniaì J? .
ore 15: Dibattito n partieoi
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Serata libera
Domenica 13 marzo: .»ent
ore 8,30: Relazione del Centro servizi anttì
ore 11,15:
ore 12,30:
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strativi: discussione l Dente nel
Culto
Pranzo e partenze.
Per informazioni e iscrizioni: Centro giovanile
de' Serragli, 49 - 50124 Firenze - tei. 055-212576
055-280274
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^ERDI 25 FEBBRAIO 1994
Vita Delle Chiese
PAG. 5 RIFORMA
rpprovvisa morte di uno dei fondatori del Consiglio ecumenico
ferCarlo Gay, pastore valdese
LUCIANO DEODATO
ella notte del 20 febbraio
è deceduto a Torino il pa■e Carlo Gay. Nato nel
>13 a Perosa Argentina, Car'• suo' Qay frequentò la Scuola lanipotii^ ja di Pomaretto e il Ginnaficien^ ij.jjceo di Pinerolo; nel ’34
'a loro (n gse il diploma in teologia e
igua, itj jiaurea in giurisprudenza,
accenta ^mpletò i suoi studi in teologazzi SQj^ dapprima a Strasburgo
aur tenA4-35) e poi a Basilea (’37I mano.^) dove conobbe Karl Barth
n acconagi legò di amicizia con paide delliri e giovani teologi proveili anni,^nti da vari paesi europei;
di pendami che continuò a coltivaesse ai^ancora, fino a quest’ultimo
i emigr^iodo. Molto ampia la sua
i si cenSvità pastorale: da studente
Tiezzi eSorò nelle chiese di Trieste
, contan^3), Palermo e Milano (’36),
fattorettòrre Pellice (’36), Aosta
il contai?). Consacrato nel ’38 fu
decisivàndato pastore a Riesi (’38>no dell®). Svolse un ampio e difficipre proÌ ministero a Fiume e Abbaovi arri|à dal ’40 al ’47. Fu a Torino
pare tu^ un breve periodo, dal ’47
•r la vitali’48; visse con la chiesa di
di fed^enze dal ’48 al ’61. Si imtanto viferse nell’evangelismo toscala. ricco di riferimenti al
1969 fuiflpoca della Riforma e di fer1 e spalanti evangelici dell’epoca riaria», Itfgimentale. Erano gli anni
3 di cuptusiasmanti della ricostruè stato 1
i: è sta
ale, un iij ;
'oitoper.Su(Jdovest» rivista di Agrigento
ta. Ha p« O O
zione e della costruzione di
Agape; fu poi a Roma (piazza
Cavour) dal ’61 al ’68 e infine
a Torino.
Ma se queste sono grosso
modo le coordinate geografiche dell’attività di Carlo Gay,
ben altre sono quelle intellettuali e spirituali. Gay è stato
un grande dono per le nostre
chiese valdesi e metodiste e
per l’evangehsmo itaUano; un
uomo di frontiera per l’apertura mentale e l’ampio respiro
intellettuale. Comprese Ì’Evangelo come parola di liberazione, senza aggettivi, in assoluto, e seppe tradurre questo
nella predicazione e nell’azione. Questa libertà gli fece capire da un lato le vicende
umane come storie nelle quali
opera la potenza dell’Evangelo; mai esistenze banali, ma riscattate e trasfigurate dalla parola di Dio, illuminate già ora
dalla luce della resurrezione.
Dall’altro gli fece capire la
storia delle chiese come storie
di ricerca e di risposta a una
vocazione.
L’Evangelo era chiamata alla libertà, da far risuonare hberamente ovunque. Gay visse
questa dimensione missionaria
della chiesa non direttamente,
ma tramite la sorella Anita, alla quale fu sempre molto legato, e che lavorò per lunghi an
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IRENE WIGLEY
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zione,
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d Agrigento un gruppo
di intellettuali, interesti al miglioramento della
Inazione sociale e politica
.ella città e di tutta la Sicilia,
due anni pubblica una riista trimestrale intitolata
Suddovest» (il nome si rifece alla posizione geografidella città), che tratta vari
tata la^oblemi e argomenti inerenti SigM| g cultura siciliana.
Jn numero intero è stato decato al problema della malia. «Suddovest» ha anche
I A TjBvuto iniziative come, nell’
*^™prile dell’anno scorso, l’or;anizzazione di un’intervista,
erta al pubblico, a Luciano
iolante, presidente della
immissione antimafia, e la
iresentazione di libri di parcolare interesse in vari
ampi.
Il 10 febbraio scorso «SudIpvest» ha tenuto un incontro
Pila sala «Chiaramontana»
lei Seminario di Agrigento
T la presentazione del quinnumero della rivista, dediata alla religiosità nel Mellone. A questo numero hani collaborato i pastori Mau[0 Pons, con un articolo intilato «Il tempo delle Apoca0 Taci issi» e Giuseppe Platone con
ìociolo 'Appunti sul nuovo catechiMC«
e Mad discorso sulla religiosità
perc8 stato i rodotto dal coordinania^ dell’incontro, Claudio
1 .<a Mattina che, riferendosi
4 ila situazione di Agrigento
. \ Q particolare, è stato alquan< °,^ritico nei riguardi della
^ blesa locale, che si è aperta
amflt .pronunciata solidale
on chi ha costruito abusiva• \ nente nella zona archeologi
B3 della Valle dei Templi e
ra, per legge, sarà costretto a
Crrufiflff“, l’abbattimento del suo
Questa critica alla
«li Illesa locale per aver espres0 solidarietà con chi si trova
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in una situazione illegale è
stata fortemente sottolineata
dal condirettore della rivista,
Tano Siracusa. «Suddovest»
vuol essere fermento nella società siciliana e di spinta al
rinnovamento, ma anche di
richiamo alla correttezza e alla legalità.
Fra i vari interventi è stato
interessante quello di Giuseppe Lanza, garante di «Suddovest» il quale ha ricordato
monsignor Ficarra, sempre
contrario a forme di religiosità folcloristica e festaiola.
Nominato vescovo di Patti
nel 1936 era stato costretto,
dopo un lungo periodo di resistenza da parte sua, a dare
le sue dimissioni nel 1957
perché, dato che si asteneva
da ogni attività politica, nel
1948 la Democrazia cristiana
era stata sconfitta a Patti.
Lanza ha anche ricordato
un’occasione in cui si era trovato in casa di Ficarra con un
gruppo di amici e l’anziano
sacerdote aveva celebrato
l’eucaristia con molta semplicità, con pane e vino distribuito a tutti i suoi ospiti, seduti intorno a un tavolo.
Il pastore Giuseppe Platone, che è intervenuto a questo
incontro, ha dato un messaggio molto chiaro dal punto di
vista protestante. Dal nuovo
catechismo romano si deduce
che esiste una mediazione fra
clero e laicato, e questo non
aiuta il credente a vivere la
sua fede nella libertà e nella
responsabilità personale. È
necessario tornare alla semplicità della fede in Cristo
senza mediazioni. Come scrive anche nel suo articolo «il
Sud ha fame e sete di libertà
dai conformismi e dalle apparenze per trovare uno stile di
vita che responsabilizzi ogni
persona anziché demandare
all’istituzione religiosa la soluzione dei problemi morali e
sociali».
ni con la Missione di Parigi.
Dimensione missionaria della
chiesa voleva dire per Gay dimensione ecumenica. In questo senso l’ecumenismo, vissuto da lui con gioia ed entusiasmo, fu un aspetto importante della sua comprensione
dell’Evangelo. Non a caso
partecipò alla Assemblea costituente del Consigho ecumenico delle chiese (Amsterdam
’48), e fu poi membro del comitato direttivo dell’istituto
ecumenico di Bossey; tra i
suoi interessi particolari v’era
un’attenzione, inconsueta per
noi, nei confronti delle chiese
ortodosse.
Vedeva in esse un collegamento con la chiesa antica, la
possibilità di attingere alle
fonti stesse della riflessione
teologica della chiesa, prima
delle grandi spaccature storiche che hanno diviso la cristianità. Anche in questo caso
riusciva a vedere le chiese non
nelle loro piccole chiusure
confessionali e nei loro settarismi, ma proiettate nella dimensione del Regno. Aveva
vivo il senso della chiesa universale, dove ciò che conta
non è il modo in cui esse si organizzano, ma la sovranità del
Signore che si esprime ben oltre le ristrettezze mentali, i fanatismi, le incomprensioni.
Insomma, la nostra generazione ha imparato da lui l’allegrezza dell’Evangelo e la
realtà della signoria di Dio.
Per la sua buona conoscenza delle lingue rappresentò le
nostre chiese all’estero, in
Scozia, in Svizzera, in Danimarca, in Germania; si occupò
dei profughi nel dopoguerra,
diresse per dieci anni «Gioventù evangelica», fece parte
della redazione di «Presenza
evangelica», di «Nuovi tempi», collaborò a «La luce» e
approvò con entusiasmo l’iniziativa di «Riforma». Gli studenti del ’68 si ricordano del
giorno in cui aprì le porte del
tempio di piazza Cavour, a
Roma, per offrire un rifugio a
quanti cercavano di sfuggire
alle cariche della polizia. Fu,
in un certo senso, un gesto
emblematico: la chiesa si apriva ai problemi della società.
Dal ’61 al’68 fu membro della
Tavola valdese, cercando di
portare in essa il contributo
della sua creatività.
Un paio di settimane fa gli
avevamo chiesto alcune meditazioni per il giornale; alcuni
giorni fa ce le aveva consegnate per la pubblicazione
programmata per le prossime
settimane. È il suo ultimo contributo: non a caso una predicazione, le parabole del Regno, in cui la realtà del Regno
è nascosta ed è data, è data ed
è nascosta, ma già ora trasforma la nostra realtà. A Emma
Rochat, che ne ha condiviso
resistenza umana e l’avventura della predicazione, ai figli
Antonio, Paolo, Marco, Giovanna, Livia e Erica, ai nipotini, al fratello Gianni e alle sorelle Alina e Tilde vogliamo
dire della nostra tristezza e
della nostra simpatia.
Sicilia
Il raduno
delle chiese
«Per una evangelizzazione
comune in Sicilia» è il tema
che il Consiglio del XVI circuito e il comitato della Abs
(Associazione battista siciliana) hanno scelto per l’annuale raduno delle chiese evangeliche siciliane, che normalmente si svolge il 25 aprile.
A meno di grossi imprevisti
il raduno non si svolgerà
quest’anno nella bella e rassicurante cornice del «Villaggio del Servizio cristiano»
di Riesi, bensì in una grande
fattoria alla periferia di Gela,
dove esistono strutture di
servizio della locale comunità pentecostale.
Due elementi hanno pesato
a favore di questa decisione:
la constatazione di un calo
dell’interesse a radunarsi
ogni anno sempre nello stesso luogo; la supposizione
che, cambiando luogo del raduno ed estendendo i contatti
ad altre realtà geografiche,
sociali, religiose, si possa ricreare interesse e nel contempo fare opera di testimonianza esterna. Si suppone
infatti che, nel corso del raduno, possano crearsi momenti di comunione fra i nostri membri di chiesa e i pentecostali del luogo: non fosse
altro che per uno spazio del
culto mattutino che si intenderebbe riservare alla corale
e al pastore pentecostale
Loggia. Indubbiamente appare necessario confrontarsi
con altre realtà, abbandonare
gli steccati esistenti fra credenti che condividono i principi della Riforma, manifestare ma anche riconoscere e
valorizzare i carismi presenti
nelle varie denominazioni.
Dal nostro piccolo osservatorio notiamo, con interesse,
come da parte di gruppi
«avanzati» dell’evangelismo
si guardi verso le nostre chiese con occhio più attento di
quello che noi stessi a queste
riserviamo. Può essere emblematica a tale riguardo
l’attività dell’Associazione
cristiana «Nuovi orizzonti»
(fondatori e componenti essenzialmente pentecostali) la
quale sta organizzando, per il
14 maggio a Catania, la terza
conferenza annuale. Su nove
relatori ben sette sono pastori
o laici qualificati dalle chiese
battista, metodista, valdese.
Se, sotto tali aspetti, apparirebbe vero che le nostre
chiese posseggono dei tesori
non adeguatamente riconosciuti, è probabilmente anche
vero che stiamo imparando,
con umiltà, a guardare con
attenzione alle chiese dell’
evangelismo, italiano e non;
queste posseggono delle qualità delle quali occorre considerare l’alto valore.
Novità
Viottoli
MOTTOLA — Lo «Zecchino l’oro», spettacolino della scuola domenicale svoltosi in chiesa il 2 gennaio, è stato presentato il 23 gennaio, compreso di scenette dialettali, presso il Centro polivalente, ritrovo degli anziani del paese.
Immenso il gradimento e grande la nostra soddisfazione
per aver così rallegrato loro la serata.
• Sabato 29 si è concluso con un culto serale e buffet il ciclo di quattro incontri ecumenici tra giovani battisti e cattolici. L’esperienza, non nuova, è stata dialetticamente
partecipata da entrambe le parti.
• Domenica 30 hanno fatto visita alla comunità i coniugi
Rapisarda. Dopo il culto, tenuto dal pastore, abbiamo condiviso insieme il pranzo.
• Domenica 6 febbraio, durante il culto celebrato dal pastore Aprile, abbiamo avuto la gioia di conoscere il piccolo Lorenzo che i coniugi Romanelli hanno presentato alla
comunità. Naturalmente, come nostra abitudine nelle occasioni gioiose, abbiamo organizzato un’agape per ben 8(3
persone; un grazie particolare va alla preziosa cucina dei
nostri cuochi, che ci ha permesso ancora una volta di stare
insieme, e stavolta con il caro Massimo.
• Vogliamo essere vicini ai familiari del fratello Vincenzo
Baia, i cui funerali sono stati celebrati martedì 2 febbraio
dal pastore M. Ibarra Perez.
TORINO — Sabato 5 febbraio, nel tempio battista di via Passalacqua, gremito da oltre 200 persone (membri di chiesa,
parenti e amici) è stato dato l’estremo saluto a Assunta
Galano Matrella, deceduta dopo oltre dieci anni di una
malattia grave che l’aveva bloccata a letto. Ancora una
volta la parola del Signore è stata annunciata come parola
di risurrezione e di vita. Ai figli della cara Assunta va la
solidarietà cristiana di tutti coloro che l’anno conosciuta
ed amata.
VILLAR PELLICE — Le manifestazioni del XVII Febbraio
sono state aperte con l’accensione dei tradizionali falò la
sera del 16. Al mattino una bella assemblea ha ascoltato il
messaggio della parola di Dio e quello che i bambini e i
ragazzi della scuola domenicale ci hanno rivolto con un
programma di recite e canti. Esprimiamo viva gratitudine
a tutti coloro che in vario modo si sono impegnati alla riuscita della celebrazione: in particolare alle monitrici per
aver seguito la preparazione dei canti e delle recite; al
prof. Elio Canale, preside del Collegio di Torre Pellice
che, terminato il pranzo comunitario, ci ha informato sul
progetto di trasformazione degli studi presso il nostro istituto in vista di un «liceo europeo»; al sindaco e insegnante
Paolo Frache per la rievocazione di una pagina di storia
valdese locale; al gruppo ormai affiatato di fratelli e sorelle che ha organizzato, preparato e servito il pranzo comunitario con oltre 140 commensali.
• Diamo un fraterno benvenuto a Nadine di Riccardo Garnier e di Eliana Monnet, nonché a Isabella di Giancarlo Di
Dato e di Nadia Laiolo: felicitazioni ai genitori con l’augurio di ogni bene nel Signore.
• Esprimiamo viva gratitudine alla corale delle chiese di
Bobbio-Villar per l’apprezzato contributo al culto di domenica 20 febbraio.
SAN SECONDO — Profonda emozione ha destato l’improvvisa scomparsa del fratello Ugo Ribet, cassiere della nostra chiesa che, dopo aver partecipato alla festa del XVU
Febbraio veniva colto da malore e decedeva poco dopo;
alla famiglia così duramente provata va la simpatia cristiana della comunità. Il funerale, svoltosi domenica 20 febbraio, è stato celebrato dal pastore Franco Davite e dalla
candidata Gabriella Costabel.
CHIAVARI — Domenica 13 febbraio si è riunita l’assemblea ordinaria della Chiesa battista di Chiavari, che ha innanzitutto accolto con gioia quali nuovo membri due sorelle provenienti da chiese di altre città: Cinzia Campani
e Vera Ferraris Marenghi. L’assemblea ha esaminato
con attenzione la relazione del Consiglio, che ha fatto
un’ampia panoramica sulla vita della chiesa, e ha espresso
il suo ringraziamento al Signore per come l’ha condotta
nello scorso anno che, nonostante la comunità sia al momento priva di cura pastorale, ha visto la chiesa stessa presente nella città in diversi momenti importanti. In particolare sono state ricordate le conferenze pubbliche del past.
Claudio H. Martelli e del prof. Domenico Maselli e il concerto della corale evangelica di Civitavecchia. È stato preso atto anche con soddisfazione della ripresa della riunione
dei giovani, ora ravvivata dalla presenza di alcune persone
nuove. In chiusura è stato rinnovato il Consiglio della
chiesa, ora composto da Carlo Lucarini, segretario. Erica
Naselli, cassiera. Erica Armand-Pilon Martini. Graziella
Cucinotta Camusso, Alba Fabris Zeni e Grazia Mandas
Benazzi, membri.
In questi giorni esce il
quarto numero della rivista
«Viottoli», periodico della
Comunità cristiana di base di
Pinerolo, corso Torino. La riflessione dell’intero fascicolo
è raccolta attorno al tema
«come l’erba del campo».
Stampata e diffusa in 4.000
copie, la rivista può essere richiesta presso la sede della
Comunità cristiana di base.
La redazione è convocata
per domenica 27 febbraio, alle ore 14,30, in corso Torino
288.
Cordiali saluti
per la redazione.
Franco Barbero
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6
PAG. 6 RIFORMA
Della
venerdì 25 FEBBi
LA LEGGE
DEL TAGLIONE
DANIELE GARRONE
La legge «del taglione» è
una delle norme bibliche
più problematiche e anche
più fraintese. Spesso, ad
esempio, si usa la formula
«taglione» per indicare la
rappresaglia o la vendetta
spietata. In realtà, sia che il
«taglione» fosse inteso alla
lettera, sia che esso consistes
se in un risarcimento, appare
piuttosto come una limitazione della vendetta. Se Lamec
(Genesi 4, 23) può vantarsi di
aver ucciso un uomo perché
lo aveva ferito e un giovane
perché lo aveva contuso, il taglione indica piuttosto un limite alla ritorsione, che deve
sempre corrispondere al danno subito; la vita non equivale a una ferita. Tanto più
infondato sarebbe leggere,
come spesso avviene, tutta la
legislazione delTAntico Testamento, e la visione della
giustizia di Dio che in essa si
traduce, come improntate al
principio di una retribuzione
crudele.
La «legge del taglione»
La formula del taglione
non è il principio informatore di tutta la Legge:
compare infatti solo tre volte.
una lite degenerata con passaggio a vie di fatto, come è
invece il caso in 21, 18). Nel
corso di una rissa viene colpita una donna incinta (passa
di lì per caso? tenta di dividere i contendenti? difende il
marito? cfr. Deut. 25, 11). I
colpi ricevuti le provocano
un aborto (e non un parto
prematuro, come altri vorrebbero) e perde la creatura che
ha in grembo. A questo punto
si danno due «sottocasi»: oltre all’aborto, può verificarsi
o non verificarsi un «danno»
ulteriore. A subire il danno è
evidentemente la donna che
ha abortito.
Se la donna non ha conseguenze, colui che l’ha colpita
provocando l’aborto è (soltanto) tenuto a corrispondere
al marito di lei un risarcimento. Può però darsi che la donna riporti un danno, cioè delle
ferite sia curabili, sia mortali.
In questo caso, «tu darai vita
per vita, occhio per occhio...». Si è molto discusso
su chi sia questo «tu»; la soluzione più probabile è che si
tratti dell’autorità giudiziaria
locale, alla quale tocca di imporre la sanzione al responsabile. Secondo molti commentatori, il «taglione» è qui da
«Se alcuni vengono a rissa e percuotono
una donna incinta sì ch’ella si sgravi, ma
senza che ne segua altro danno, il percotitore sarà condannato alVammenda che il marito della donna gli imporrà; e la pagherà
come determineranno i giudici; ma se ne
segue danno, darai vita per vita, occhio per
occhio, dente per dente, mano per mano,
piede per piede, scottatura per scottatura,
ferita per ferita, contusione per contusione»
(Esodo 21, 22-25)
«Voi avete udito che fu detto: Occhio per
occhio e dente per dente. Ma io vi dico: Non
contrastate al malvagio; anzi, se uno ti percuote sulla guancia destra, porgigli anche
raltra; ed a chi vuol litigar teco e toglierti
la tunica, lasciagli anche il mantello. E se
uno ti vuol costringere a far seco un miglio,
fanne con lui due. Da’ a chi ti chiede, e a
chi desidera da te un imprestito, non voltar
le spalle»
(Matteo 5, 38-42)
In Deut. 19, 21 il «taglione»
è menzionato in riferimento
alla norma secondo cui va inflitta al falso testimone (l’accusatore) la pena prevista per
il delitto di cui egli aveva
falsamente accusato un altro.
In Lev. 17, 21-24 abbiamo la
formulazione che maggiormente fa pensare ad una applicazione letterale: «Gli sarà
fatta la stessa lesione che
egli ha fatto all'altro» (v.
20). Anche qui, in ogni caso,
il principio è quello della corrispondenza tra la lesione e la
sanzione.
Vediamo il «caso» nel quale è menzionata la formula
del «taglione» qui in Esodo
21, 22-25. Molti aspetti sono
controversi, ma cerchiamo di
evidenziare un’interpretazione probabile. Si tratta di una
vera e propria rissa (e non di
intendere in senso figurato:
l’autorità giudiziaria imporrà
al feritore della donna un indennizzo equivalente al danno inferto, che si tratti di una
ferita, di una mutilazione o
addirittura del decesso.
L'interpretazione
«figurata»
Un’interpretazione di questo tipo è coerente con il
resto del «Libro del patto»
(Es. 21-23), dove l’omicidio
involontario non è punito con
la vendetta di sangue o la pena di morte. Vi è però chi ha
sostenuto, anche di recente
(F. Criisemann, Die Torà.
München, 1992, 189 ss.) che
il taglione venisse inteso «alla lettera». Per Crüsemann
questa norma sarebbe stata
introdotta come correttivo al
Gesù e la legge
del taglione
La prima metà di Esodo
21, 24 è citata esplicitamente da Gesù nella quinta
delle cosiddette «antitesi» del
Sermone sul Monte (Mt. 5,
38-42). La formula «occhio
per occhio, dente per dente»
sta qui evidentemente ad indicare il diritto della parte lesa a pretendere il risarcimento del danno o la sanzione
prevista per chi le ha fatto un
danno o una violenza. A questo criterio Gesù oppone l’invito a non «contrastare al
malvagio» (Mt. 5, 39), cioè a
rinunciare al proprio diritto
di rivalersi nei confronti di
chi ci fa un torto o una violenza.
Al principio generale «non
contrastate al malvagio», Gesù fa seguire, a mo’ di esempio, tre inviti a rinunciare al
proprio diritto (5, 39-41) per
poi invitare, in positivo, a
prestare con liberalità (5, 42)
compiendo con generosità
un’azione non strettamente
obbligatoria.
A uno schiaffo sulla guancia destra (probabilmente un
manrovescio, particolarmente
umiliante e doloroso) si deve
opporre la guancia sinistra;
qualora un creditore pretenda
(in tribunale) di avere come
pegno e garanzia la tunica, si
deve dare anche il mantello,
il capo di abbigliamento che
secondo la legge poteva essere preteso in pegno solo durante il giorno (Es. 22, 6-7 e
Deut. 24, 12-13); l’angheria
(presumibilmente inflitta
dall’occupante romano) va
accettata, addirittura percorrendo due miglia quando
l’imposizione prevede un solo miglio.
Gesù non esplicita nessuna
motivazione per questa sua
richiesta di non resistenza al
malvagio: non dice, ad esempio, che ciò serve a vincere il
male col bene (Rom. 12, 21)
o che il «malvagio» potrebbe
essere sorpreso e trasformato
da questa reazione inattesa. È
però chiaro che il discorso di
Gesù si rivolge ai discepoli,
cioè agli uomini e alle donne
che vivono la loro vita a partire dall’annuncio dell’avvento del regno di Dio.
A loro, e nell’ottica del
Regno, è chiesto, per quanto
riguarda le violenze inflitte
alla loro persona, di rinunciare alla resistenza. La «non
resistenza» è una scelta personale dei discepoli e riguarda le violenze da loro patite
personalmente.
iÄsIliili
la prassi dei risarcimenti in
danaro, la quale favoriva i
«ricchi». L’interpretazione
«figurata» è comunque la più
probabile. Il caso della donna
incinta che abortisce e riporta
danni in seguito ai colpi ricevuti in una rissa, è riportato
qui nel «Libro del patto» (Es.
21-23) evidentemente perché
costituisce il «precedente» in
base al quale trattare analoghi
casi di risarcimento in seguito
a ferimento accidentale, anche mortale.
Ce ne accorgiamo dall’ampiezza della formula, che
comprende anche il caso
dell’ustione, evidentemente
fuori luogo in una rissa! Il
«taglione» indica dunque il
«principio dell’equivalenza
del risarcimento al danno
subito». Si tratta di un principio tutt’altro che «primitivo»
o barbaro!
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Diritto biblico
e «non resistenza
al malvagio»
Fin dai primi secoli vi è
stato chi ha voluto interpretare il discorso di Gesù
sulla «non resistenza al malvagio» in senso radicale; per
questa parola, del Sermone
sul Monte, non sarebbe lecito
a un cristiano di svolgere il
servizio militare, di ricorrere
a un tribunale e di esercitare
la funzione di magistrato. Un
cristiano dovrebbe cioè astenersi da tutte quelle situazioni
e quegli «uffici» che implicano l’uso della forza, anche
per difendere il diritto. Anche
oggi, il detto di Gesù sul
«porgere l’altra guancia» è
uno dei cavalli di battaglia
dei pacifisti e dei sostenitori
della nonviolenza.
La posizione
dei riformatori
La posizione dei riformatori è nota. Lutero era
dell’avviso che Matteo 5, 39
si rivolgesse propriamente ai
cristiani e avesse di mira i loro rapporti personali, i torti
da loro subiti. In questo ambito si applicherebbe il comandamento della non resistenza. Ma Dio ha disposto il
«potere della spada», cioè le
autorità secolari e i tribunali,
per governare il mondo e per
porre freno al diffondersi del
male. Per Lutero e per Calvino, la parola di Gesù non impedisce che un cristiano «impugni la spada secolare», non
per difendere i propri beni o
la propria persona, ma per
amore del prossimo. Se il
cristiano non ha per sé bisogno della giustizia terrena,
per gli altri può e deve cercare vendetta, giustizia, protezione e aiuto, per frenare la
malvagità e difendere il
bene'.
La posizione dei riformatori può sembrare un’attenuazione del discorso di Gesù e
certamente vi sono in essa
aspetti discutibili, come ad
esempio la separazione assai
schematica di governo «spirituale» e «temporale». Tuttavia mi sembra che essi
avessero ben colto un problema: può un cristiano che vive
responsabilmente in questo
mondo sentirsi esentato
dall’assunzione di responsabilità nei confronti del «male»? I riformatori risposero di
no, e a mio modesto avviso
avevano ragione. Detto con
una battuta; il comandamento
di Gesù tratta della mia guancia, della mia di discepolo
suo, non mi esenta dalla responsabilità nei confronti
della guancia altrui e tanto
meno implica che io ne faccia un principio per cui altri
debbano porgere la guancia.
Se io mi astengo dal resistere al male che ho subito, è
una cosa; se non faccio la
mia parte di fronte al male
che altri subisce e che io potrei impedire o limitare, è
tutt’altra cosa. Tanto più in
una moderna democrazia, dove mi è dato di partecipare
alla costruzione delle decisioni, non posso non assumermi
responsabilmente il problema
-,ì\
i-MM ^ * Jt
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della resistenza al ^
parte della comunitàri
organi (dalla magist '
la polizia) a ciò pre
dialettica tra vocazio^
gelica personale e r^
bilità nel mondo mi
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grande serietà.
Anche per questo,’^
dendo questa breve”
riflessioni sul tema
ge non dovremmo tra
questi passi dell’Anf
stamento, come inved
ne il più delle volte. |
no certamente da infi"
re, leggendoli sullo s^
un contesto che non *
nostro. Non possiamtS
discendere «ricette bi|
per risolvere i probi
tuali. Sono però lì a rL
ci che la nostra respo^*
di credenti in questo
implica anche l’esercii
la giustizia e del diritto.^
( 1 ) Ho qui parafrasate
sioni di Martin Lutero, 1
torità secolare tratto c
politici, a cura di G.
Saija, Utet, Torino 2,
393-442.
Preghiera
Signore, nostro Dio,
insegnaci tu
ad affrontare i conflitti quotidiani
con pazienza e longanimità,
senza spirito di rivalsa o ritorsione,
reagendo al male col bene.
Rendici tu attenti
ai torti subiti da tanti nel mondo,
intransigenti di fronte al sopruso,
intolleranti verso la violenza
che calpesta le persone
e spegne le vite.
Dacci tu di fare la nostra parte
di uomini e donne responsabili,
per alleviare le sofferenze delle vittir
e fermare gli aggressori.
Spedizi
Incase
Caselli
L'Editoi
il diritto
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184Í
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Spedizione in abb. postale/50
In caso di mancato recapito rispedire a:
Casella postale 10066 - Torre Penice
L'Editore si impegna a corrispondere
il diritto di resa
Fondato nel 1848
XVII FEBBRAIO
Una festa di libertà
Libertà, certo, ma anche verità, impegno; sono stati questi
alcuni dei concetti che maggiormente si sono colti nelle predicazioni, nei messaggi alle agapi. Messaggi forti che hanno
richiamato a un impegno più concreto anche per esprimere
riconoscenza per la libertà di essere cittadini, ricevuta nel
1848.
Si è pensato in molti casi a quanto sta accadendo nella vicina ex Jugoslavia. «Spesso il nazionalismo strumentalizza
il concetto di amor di patria per spingere i popoli gli uni
contro gli altri provocando tremende catastrofi - ha scritto il
pastore di Pramollo Ruben Vinti oggi siamo testimoni
del rifiorire di nazionalismi esasperati, di particolarismi che
tendono a chiudersi egoisticamente in se stessi nella volontà
di difendere i propri vantaggi. Sia per noi il 17, giorno in
cui riaffermiamo il nostro attaccamento alla terra dei nostri
padri e alla fede che ci hanno tramandato, l’occasione per
riconoscerci fratelli e solidali con tutti i popoli del mondo».
Va ! 1 j
LDESI
VENERDÌ 25 FEBBRAIO 1994 ANNO 130 - N. 8 LIRE 1300
Tomo a casa da una riunione quartierale e vedo che
la tv trasmette «Il giovane
Mussolini». Sarà un caso ma
mi imbatto subito con la scena
del giovane Benito Mussolini,
allora ateo e socialista, che nel
corso di un dibattito pubblico
in Svizzera sfidò il pastore
Tagliatatela dicendogli più o
meno queste parole: «Se Dio
esiste gli dò 5 minuti di tempo
per fulminarmi». Il fatto è storicamente avvenuto, ma ciò
che mi ha colpito è la ricostruzione che il regista ne ha fatto:
intanto il pastore Tagliatatela
è quasi sempre chiamato «prete», poi l’attore che deve interpretare il pastore è stato fatto vestire come un vescovo,
con tanto di colletto bianco e
crocione pendente sul petto, e
I PROTESTANTI E L'INFORMAZIONE
VERO ASSOLUTO?
CLAUDIO PASQUET
per ultimo, quando Mussolini
sfida Dio, lo scandalizzatissimo pastore si fa un plateale
segno della croce.
Ecco come la tv trasmette
l’immagine di un pastore protestante: uno che nell’abbigliamento e nella gestualità non
può e non deve differire da un
«vero prete». Sarebbe pericoloso far vedere agli italiani che
c’è un modo diverso di essere
cristiani, meglio non suscitare
cattivi pensieri. Siamo quindi
nelle mani di questa informazione che, perlomeno in materia religiosa, non può e non
vuole far vedere altre realtà
che non abbiano l’imprimatur
vaticano: questo lo sapevamo
già, ora ne abbiamo ricevuta
ulteriore conferma.
Qualche giorno dopo il fatto
suddetto, nel corso di una visita pastorale, parlando di una
cosa completamente diversa.
Inverso Rinasca
L'allarme che
viene dalla
Tecnomaiera
Le maestranze della Tecnomaiera di Inverso Rinasca
hanno la scorsa settimana
manifestato alcune volte per
portare all’attenzione di tutti
la loro gravissima situazione.
Da mesi gli oltre cento dipendenti non percepiscono lo stipendio ed ora hanno chiesto il
fallimento dell’azienda.
Per due volte gli operai
hanno occupato la statale del
Sestriere, poi hanno chiesto
incontri alle amministrazioni
locali. Lunedì 21 una delegazione di dipendenti e di amministratori locali è stata in
Regione per incontrare il presidente Brizio; non è un momento facile perché anche la
giunta regionale è in crisi,
tuttavia si cerca di avviare
tutti i meccanismi possibili
per non perdere i soldi e, in
prospettiva, i posti di lavoro.
«Si vorrebbe ottenere lo
stesso trattamento che venne
ottenuto per l’Amiantifera di
Balangero alcuni anni fa spiega il presidente della Comunità montana della vai
Chisone, Erminio Ribet in
sostanza la Comunità montana potrebbe aprire un conto
presso una banca e attivarsi
per coprire gli interessi passivi. Poi rinps potrebbe utilizzare quel conto per pagare alcune mensilità agli operai.
Occorre però riuscire a rendere operante in breve tempo
l’istanza di fallimento presentata dai dipendenti».
A quel punto si tratterà di
trovare un gruppo disposto a
subentrare nella proprietà di
un’azienda che ha un debito
di alcune decine di miliardi
ma che può contare su impianti tecnologicamente avanzati e su un buon inserimento nel mercato del suo
settore.
Riusciranno questi elementi
a prevalere su quelli negativi
e a far sì che si sblocchi, conseguentemente, una situazione così diffìcile?
Alcune nuove assunzioni nel settore metalmeccanico portano un po' di speranza
Lavoro: sì vede qualche segnale dì ripresa
PIERVALDO ROSTAN
u
na ripresa nel mondo
del lavoro è ancora lontana tuttavia, come si segnalano sempre i casi più problematici analogamente va
fatto anche per le situazioni
che paiono evolvere verso
migliori prospettive. Nelle
ultime settimane due industrie metalmeccaniche della
vai Chisone haimo registrato
alcune timide conquiste,
TSkf e la Boge.
L’Skf prevede un aumento
della produzione per il 1994
di circa il 10% rispetto all’anno appena concluso; è un aumento, secondo l’azienda,
che non deriva dalla ripresa
dei mercati, ma dai benefici
di acquisizioni di tipologie
all’interno delle compagnie
Skf 0 di quote di mercato sottratte alla concorrenza. Intanto i dipendenti dello stabilimento di Villar sono passati
da 720 operai e 150 impiegati
del ’93 agli attuali 680 operai
e 140 impiegati. Spiega Enrico Tron, della Firn Cisl: «Di
positivo ci sono le 16 nuove
assunzioni effettuate fra il '93
e l’inizio di quest’anno e so
lo stabilimento Skf di Villar Perosa
prattutto una ventina di nuovi
posti che dovrebbero essere
assegnati dopo l’effettuazione
di due nuovi corsi di formazione. Per parte nostra riteniamo però che, alla luce dei
programmi produttivi e delle
dimissioni avuti l’anno scorso, si possa assumere molto
di più; magari anche offrendo opportunità a manodopera
femminile o proveniente da
aziende in crisi».
- Si toma a parlare di orari
di lavoro?
«Abbiamo posto almeno
due questioni: l’uso dello
straordinario che fin qui è
stato fatto talvolta in modo
scandaloso, e i turni domenicali. Il lavoro deve servire
all’uomo per la sua vita, la
sua famiglia; non possiamo
accettare una logica che ribalti questi concetti. Non vogliamo impedire all’azienda
di utilizzare al meglio le macchine ma vogliamo pensare
ai diritti dei lavoratori, specialmente dei più giovani».
- Anche alla Boge avete ottenuto qualche risposta positiva da parte dell’azienda?
«Siamo in presenza di
Si tiene in questi giorni al Parque
XVII de Febrero di Playa Fomento
(Uruguay) il Sinodo delle Chiese valdesi
del Rio de la Piata. Le chiese sudamericane costituiscono l’«altra metà» della
Chiesa valdese. All’origine dell’emigrazione valdese in Sud America vi è stata
la drammatica situazione di povertà e fame che ha colpito le Valli negli anni ’50
del secolo scorso.
Nel 1855 tra i valdesi si fece strada
l’idea che l’unica via d’uscita per molte
famiglie fosse quella di emigrare. Il Sinodo che si tenne nel maggio 1855 a
Torre Pellice si occupò della questione:
«Spinti dal bisogno e attratti dalle promesse provenienti da contrade lontane,
molti abitanti delle valli hanno pensato
all’emigrazione in America del Nord, del
Sud e in Sardegna.... Ma la scelta di un
paese di emigrazione è ancora incerta.
Mentre la dirigenza valdese discuteva
e ricercava le forme migliori per organizzare l’emigrazione, circa 450 persone
IL FILO DEI GIORNI
L'ALTRA METÀ
ALBERTO CORSAMI
Ogni anno lasciavano spontaneamente le
loro case alle Valli per tentare «la fortuna» nel sud della Francia, in Svizzera o
in Algeria. Queste persone erano lasciate
sole, non avevano la possibilità di continuare a vivere comunitariamente la loro
fede, perciò la dirigenza della chiesa si
preoccupava di organizzare i flussi di
emigrazione per non compromettere la
tradizionale unità tra il popolo e la Chiesa valdese. La dirigenza della chiesa era
però contraria a un’emigrazione lontana
perché da un lato i costi erano molto alti
e, soprattutto, era difficile mantenere
uniti gli emigrati e organizzarli in chiesa.
un membro della comunità mi
dice: «Non lo sa? Ma se lo ha
detto la tele!». Ecco il pericolo: se lo dice la scatola elettronica non può essere falso. Riflettiamoci un attimo e non
crediamo che questa sia solo
la posizione di persone stupide, incolte o sprovvedute. Ci
caschiamo tutti, spesso esistono solo le notizie che ci vengono fatte vedere.
Bisogna cominciare a resistere, prima che anche i nostri
figli credano che il pastore
Tagliartela fosse un fotocopia, formato ridotto, di un bel
vescovo cattolico e non una
radicale alternativa al sistema
che il vescovo rappresenta. E
se questo si verificasse non
sarebbe ancora il peggio che
può accadere.
un’azienda che, partendo da
192 operai e 30 impiegati,
denunciava una cinquantina
di esuberi. In questo caso siamo riusciti ad ottenere il contratto di solidarietà dal 31
gennaio per 189 operai e 21
impiegati: si lavora così 16
ore alla settimana per la durata massima, in ogni caso, \
di 24 mesi».
In questo modo l’azienda
otterrà una considerevole riduzione di produzione complessiva settimanale. È una risposta alla crisi attuale, ma in
molti settori del mondo produttivo si ipotizza anche una
riconsiderazione dell’orario
di lavoro che tenga anche
conto di queste esperienze.
Chi invece non ha ancora
grosse prospettive sono i lavoratori della Fps di Campigliene; l’azienda, produttrice
di cerchioni in lega quasi
esclusivamente per la Fiat, ha
all’incirca dimezzato le vendite e denuncia 47 esuberi sui
130 dipendenti. Fra la proprietà che ha detto chiaramente che «non sono ipotizzabili soluzioni diverse» e il
sindacato sono appena iniziati
i confronti.
Gli imperativi della miseria però spingevano e la chiesa fu costretta ad occuparsi di emigrazione. Il 15 febbraio del
1856 nel nuovo tempio di Torre Pellice si
ritrovarono 600 persone di tutta la vai
Pellice per discutere dove emigrare. Furono fatte diverse proposte: Argentina, Sardegna, Puglia, America del Nord. A quella riunione ne seguirono altre che esaminarono vari progetti e fu formata una
commissione che lavorò intensamente e
fece numerosi progetti: Algeria, Argentina, Stati Uniti, Australia, Canada, Nuova
Zelanda, Sardegna, Puglia, Toscana.
Mentre i valdesi discutevano sul progetto migliore, il 6 novembre 1856 tre
famiglie di Villar Pellice si imbarcarono
da Genova per l’Uruguay. Sette mesi più
tardi partirono per la Florida altre 10 famiglie, e nel dicembre 1857 altre 27 famiglie partirono per l’Uruguay. Per un
decennio la destinazione dell’emigrazione valdese fu l’Uruguay che divenne terra di immigrazione valdese.
In Questo
Numero
Sviluppo
Approvato dalla parte
francese, il progetto transfrontaliero «Interreg» potrebbe rappresentare un’
occasione di rilancio delle
attività economiche della
vai Pellice. Nella stessa
zona ogni progetto futuro
dovrebbe indirizzarsi verso
uno sviluppo che tenga
conto deU'ambiente.
Pagina II
Spazi culturali
Quali sono e quanti sono
luoghi in cui a Pinerolo si
può fare attività culturale?
Una risposta è fornita dalla
ricerca svolta dalTassessorato competente: veiìgono
individuate le sedi; per alcune di esse si vedono dei
possibili interventi di adeguamento.
Pagina II
Manovra SANITARIA
È stata la grande incognita del principio dell’anno: il nuovo Prontuario
farmaceutico entrato in vigore dal 1° gennaio prevede un sistema compietamente innovativo per la
classificazione dei farmaci. Vediamo come si è
giunti all’attuale classificazione e quale è stato il
percorso seguito dalla
commissione che se ne è
occupata.
Pagina III
XVII FEBBRAIO
Come da tradizione anche quest’anno in molte
delle chiese valdesi delle
valli si sono tenute le classiche «recite»; drammi del
repertorio storico, comme
die più leggere, testi del
passato. Il caso di Pramollo, emblematico, ha fatto
però emergere un’altra richiesta; si vorrebbero avere
nuovi testi più «impegnati», per riflettere sull’oggi.
Pagina m
8
PAG. Il
I
Il municipio di Pomaretto
I COMUNI APPROVANO I BILANCI — Entro il 28 feb
braio i Comuni dovranno approvare i bilanci preventivi per
il 1994, le relazioni delle opere che intendono realizzare o
proporre per i prossimi anni; le amministrazioni dovranno
ad esempio decidere quale aliquota di lei applicare nei rispettivi paesi (si va dal 4 a 7 per mille) e ciò comporterà
oneri diversi per i cittadini ma anche maggiori o minori disponibilità di risorse per i Comuni. In questa settimana sono
ad esempio convocati i Consigli comunali di Pinerolo (22 e
24 febbraio), Inverso Rinasca (24), Pomaretto e Torre Penice (25), Rinasca (23). Sono appuntamenti non secondari;
quasi mai ai Consigli comunali assistono cittadini; manca
spesso la voglia di seguire le vicende politiche anche locali,
ma fra un anno sarà molto diverso: saremo infatti alla vigilia delle elezioni locali...
CONCORSO PIANISTICO — Si svolgerà dal 14 al 27 marzo, all’oratorio di S. Giovanni a Villar Porosa, il terzo concorso pianistico nazionale «Città di Villar Perosa». Novità
di quest’anno, accanto alla consueta sezione per pianoforte
solista, una nuova sezione dedicata al duo da camera. Il
monte premi sarà costituito da 3.400.000 lire e da sette concerti in varie stagioni nazionali, compresa la seconda rassegna nazionale «Dario Storero» che si svolgerà a Villar nel
prossimo settembre. Altri premi sono previsti per il concorso di esecuzione pianistica e per la prova «pianoforte e orchestra». I concorsi saranno preceduti, sabato 12 marzo, alle 21, dal concerto del pianista Stefano Bertolucci e avranno come conclusione, nel pomeriggio di domenica 27 marzo, il concerto dei vincitori nelle varie categorie. Per informazioni sul concorso telefonare allo 0121-315506 nei giorni di lunedì, mercoledì, giovedì e venerdì dalle 18,30.
IL PINEROLESE PRESENTA IL SUO TURISMO — Le
principali manifestazioni, le opportunità di turismo, le caratteristiche, gli aspetti storico culturali del Pinerolese sono
presentati dal personale delI’Apt di Pinerolo, insieme agli
accompagnatori naturalistici, al salone Borsa intemazionale
del turismo, in corso di svolgimento a Milano dal 23 al 27
febbraio. Fra i soggetti presenti per l’ambito pinerolese i
parchi, le Comunità montane, la scuola di Cavalleria e i
pacchetti turistici che la zona offre, in particolar modo pensando all’utenza delle scuole.
INCONTRI SULLA PRIMA INFANZIA — I Comuni di
Torre Pellice e Lusema e la Comunità montana vai Pellice
hanno organizzato una serie di cinque incontri sul tema della prima infanzia; il primo appuntamento è stato il 22 febbraio e l’ultimo sarà il 16 giugno. Gli incontri, rivolti ai genitori dei bambini, prevedono la partecipazioni di psicologi
e operatori dei servizi e si svolgeranno tutti al nido di Torre
Pellice, in via Guillestre 8; per informazioni telefonare al
932463.
FAMIGLIA BOSNIACA IN VAL PELLICE — Grazie
all’iniziativa delle associazioni della vai Pellice, dei Comuni di Torre e Lusema, di singoli cittadini, è stato possibile
ospitare in valle una famiglia di profughi da Sarajevo; si
tratta di un giovane donna con due bambini di cinque c tre
anni, giunti ad Angrogna sabato scorso. Chiunque fosse disponibile a un sostegno economico al progetto di accoglienza, può effettuare un versamento sul conto aperto presso
l’agenzia Cariplo di Torre Pellice n. 1143/1.
GIORNATA MONDIALE
DI PREGHIERA
Domenica 6 marzo 1994
"San Germano Chisone
Tempio valdese
Programma:
Ore IO ( culto con Sàrita Cena;
" 12,30 : pranzo (verrà offerto il primo,
frutta, vino, caffè);
14,30 : ripresa dei lavori;
17 ; tè e saluti. ;>t
Per la vai Pellice verrà organizzato un pullmann.
Prenotarsi presso Vanda Rutigliano tei. 0121 '92731
VENERDÌ 25 FEBBRAIO,!
La Comunità montana vai Pellice di fronte ai programmi della Comunità europea
L'Interreg e il piano di ecosviluppo
potranno rilanciare l'economia locale?
MARCO ROSTAN
Programma Interreg e piano di ecosviluppo per la
vai Pellice: due parole un po’
magiche che da qualche tempo circolano soprattutto fra
gli amministratori e gli operatori turistici.
Di che cosa si tratta? Di
una grossa possibilità per dare un futuro intelligente alla
valle, che valorizzi appieno le
risorse esistenti (da quelle naturalistiche ai luoghi storici
valdesi), che corregga alcuni
limiti oggettivi, come la mancanza di impianti sciistici, la
limitata capacità ricettiva, le
difficoltà legislative che oggi
si oppongono alla ristrutturazione di baite e alpeggi, che
impedisca ulteriore disoccupazione, anzi crei un po’ di
posti di lavoro e dia la possibilità a un certo numero di
contadini di integrare il loro
reddito agricolo.
Belle parole, si dirà, ma come? La preoccupazione di
promettere troppo alla gente è
anche quella dei responsabili
della Comunità montana, che
ben conoscono le lentezze
della burocrazia nostrana:
non a caso il Programma Interreg è già stato approvato
dalla piate francese (Queyras)
ma non ancora da quella italiana. Tuttavia ci pare che
l’informazione della popolazione sia anche la premessa
per eventuali battaglie ebe si
rendano necessarie in futuro
(vedi il treno!).
Vediamo allora di entrare
nel merito. Il punto di partenza è una convenzione firmata
un anno fa da rappresentanti
della Comunità montana vai
Pellice e del Parco naturale
regionale del Queyras: si tratta di uno dei programmi operativi della Comunità europea
comuni ad altre zone di confine, varati fin dal ’90; oltre alle comuni caratteristiche territoriali e culturali dei due
versanti, alle spalle ci sono
altre esperienze di cooperazione, dal gemellaggio fra
Torre e Guillestre con gli
scambi fra studenti dei rispettivi collegi, alla mostra
delTartigianato, all’associazione «Paesi del Monviso», al
Gta, ai rifugi alpini.
Si tratta appunto dell’Interreg: 500 milioni di lire, ripartiti fra i due partner, per realizzare una serie di obiettivi
fra cui: proteggere gli ambienti naturali e le specie rare
(la famosa salamandra nera,
lo stambecco, molti vegetali);
rafforzare la colonia di stambecchi al Barant e reintrodurli
sul versante francese; favorire
scambi di studiosi e studi
scientifici sulla salamandra
nera e sul patrimonio floristico; applicare insieme una gestione del territorio che salvaguardi il territorio valorizzandolo culturalmente ed economicamente (invece di avere
centinaia di auto nei prati di
Bobbio alla domenica d’estate, avere tutto l’anno vari tipi
di turisti e visitatori della no
Una ricerca voluta dal Comune di Pinerolo
Tutti gli spazi
per produrre cultura
DAVIDE ROSSO
Dalla recente ricerca promossa daH’assessorato
alla Cultura di Pinerolo sulle
associazioni culturali presenti
sul territorio pinerolese e pubblicata su un opuscolo dal titolo «Le gambe della cultura», tra le altre cose è emerso
come esista una richiesta generalizzata di spazi adeguati
dove manifestarsi. Da parte di
molte associazioni o gruppi si
lamenta da un lato una inadeguatezza degli spazi e dall’altro una scarsa funzionalità
d’uso di essi, dovuta sia allo
scarso coordinamento tra i
gruppi (sovrapposizione delle
manifestazioni, ecc.) sia in alcuni casi ai rapporti con il Comune.
I due problemi, mancanza
di spazi e funzionalità, spesso
vengono a intersecarsi come
per esempio è capitato finora
per l’Auditorium di corso Piave, dove si è manifestata una
forte domanda di fruizione da
parte di molte associazioni
che purtroppo non sempre ha
potuto essere soddisfatta, anche a causa a volte di una
mancata programmazione a
monte. Si tratterebbe quindi
di creare o di ricreare (ristrutturando o potenziando Resistente) strutture adatte a recepire l’attività delle associazioni e strutture di coordinamento fra di esse e fra esse e il
Comune.
Per quel che riguarda gli
spazi l’assessorato, nell’opuscolo, oltre ai dati relativi alle
associazioni cerca anche di fa
re un elenco di luoghi al coperto 0 all’aperto, potenzialmente destinabili o effettivamente destinati ad attività culturali. Questo elenco, nelle intenzioni di chi lo ha redatto,
dovrebbe servire in certo qual
modo da stimolo al pubblico o
al privato perché qualcosa si
muova e perché vi siano interventi a favore di una realtà così attiva come sembra essere
quella dell’associazionismo.
In questo elenco, formato
da circa una cinquantina tra
locali e aree potenzialmente
disponibili, sono compresi
spazi di proprietà pubblica come il «Sociale» e il cortile
della Fenulli, da anni in attesa
di interventi, o gli auditorium
di corso Piave e del liceo
scientifico, e spazi privati come il cinema Hollywood o il
cinema Nuovo, anch’esso da
anni in attesa di interventi.
Alla lista si potrebbero aggiungere altri spazi, come per
esempio l’ex colonia Boselli
di Talucco. Ma indipendentemente dal numero o dai locali
individuati c’è comunque una
necessità di .spazi dove le associazioni possano esprimersi, poiché esse sono un patrimonio che va aiutato ad arricchirsi anche strutturalmente.
Per alcuni dei locali .segnalati qualcosa sembra muoversi
(vedi ex chiesa di San Giuseppe), per altri la soluzione è
ancora lontana da venire; è un
fatto comunque che gli spazi
tutto sommato ci sono: basta
metterli in condizione di essere utilizzati o di essere utilizzati al meglio.
stra valle sapendo offrire a
tutti l’ospitalità gradita e le
proposte a cui sono interessati, dal sentiero escursionistico
al museo, all’agriturismo, alla
visita ai luoghi valdesi, ecc.);
rendere leggibile il territorio
visitabile con mostre, percorsi, segnaletica, pubblicazioni,
audiovisivi; realizzare itinerari che comprendano il trasporto dei bagagli con animali da soma, ricettività, animazione per conoscere le diverse zone; programma di visite
e scambio per le scuole, di
aggiornamento per gli operatori; creazione di un «marchio» che caratterizzi i prodotti tipici (pensiamo al sairas) e le varie iniziative.
Nel quadro della politica di
valorizzazione ambientale
rientrano anche i progetti speciali integrati come il Piano
di ecosviluppo della vai Pellice: anche qui l’idea è di mettere insieme i settori dell’
agricoltura, del turismo e della cultura per interventi tesi a
migliorare la qualità della vita per i residenti e offrire proposte qualificate ai turisti.
Grazie a un contributo regionale è stato avviato un gruppo
di lavoro formato da tecnici e
da esperti, che lavora per fare
un censimento di tutto ciò che
di valido esiste in valle.
Il progetto dovrà concludersi per settembre e sarà la
base di riferimento per tutti
gli interventi successivi. Fra
questi la realizzazione di un
circuito turistico di sentieri.
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la valorizzazione dell’S
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reddito: qui qualche spi spetto a
si è aperto con l’apprO| assiduair
ne, il 16 gennaio, di ut» cale. In
va legge per la moni dei diritt
Naturalmente occorre!
il futuro ministro del
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CIO riservi per questa i
te risorse.
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I-IMUIU a sto je «s
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FM 91.2DQ didature
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FM96.50Q
mitati £
tei. 0121/91.Ï schierai!
certo in
¡grandi 1
la chiesa
Alla Pro Loco di Torre Pellice
«Salta» ¡1 rinnovo
delle cariche sociali'
Non è facile trovare persone disposte ad impegnarsi a
titolo di volontariato nelle
varie associazioni; ne sanno
qualcosa alla Pro Loco di
Torre Pellice dove una prima
assemblea convocata a gennaio per rinnovare un direttivo in gran parte non riconfermabile ha visto una scarsissima partecipazione al punto
di far rinviare la decisione.
Con molti responsabili non
più disposti ad accettare riconferme il direttivo uscente
non ha fin qui predisposto un
programma di attività, ma
per molti si tratterebbe forse
di ripensare al ruolo della
stessa Pro Loco. Fra le proposte emerse vi è quella di
coinvolgere nella gestione
dell’ente tutte le associazioni
presenti sul territorio: «È
sempre più sentita l’esigenza
di coordinare quanto viene
proposto a livello di paese o
addirittura di valle nel settore
culturale o musicale, storico
o folcloristico - commenta il
vicepresidente, Adriano Longo - e noi speriamo che la
Pro Loco possa diventare
proprio questo momento di
coordinamento. È opportuno
Mane
La
«Per c
la Comi
che, senza togliere nuUS
volontà propositiva dii
scun gruppo, si poss«
porre il prodotto turisi
modo unitario: in quesi
do si renderebbero lei
opportunità più appetii
tutti avrebbero in
guadagnarci».
Naturalmente deve
possibile il coinvolgisi
di singoli cittadini
di idee e disponibilità,:
menti sarà sempre più!
Cile andare oltre la gej
del semplice ufficio tuiii
in molti ambienti è fot
certo rammarico per le
tate manifestazioni
nizzate dalla Pro LocoJ
dice ancora L.ongo, «ài
pre più difficile trovare
li di finanziamento ft*
gione o Provincia, s;
crisi, e la cronica carei
sponsor privati».
Sorgerà da questi prc
(e dalla necessità di
struire) un futuro più
della Pro Loco? VecCi
nuove disponibilità, t*
programmi si confronte
giovedì 24 febbraio w
nella sala consiliare
nicipio di Torre Pellice^J
lo stat
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di Luca Regoli & C. s.n.c.
OTTICA - via Amaiid 5
10066 TORRE PELLICE (TO)
À
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L’OTTICO DI LUSERNA
di Federico Regoli & C. s n c
via Roma, 42
^0062 LUSERNA S GIOVANNI (TO)
Per
z
9
ENERDI 25 FEBBRAIO 1994
sondaggio del nostro giornale
¡Come voteranno
Ile valli valdesi?
E Eco Delle Aàlli \àldesi
Pensieri dei bambini di Angrogna |
Aspettando i piccoli
amici della Bosnia
PAG.
Ili
:lla basai . • j n i
km ^ ^ quaranta giorni dalle ele
,arte^zioni politiche che dovrebjanut^bero segnare un cambiamento
^nel nostro paese, la nostra re
mentatá'
dazione ha provato a proporre
un sondaggio che è poco più
^ che un gioco, invitando al vo* * to i partecipanti ad alcune
i agapi comunitarie del XVII
P]® Febbraio.
ael gs campione è stato naturalniente molto particolare: hantabbil jjQ «votato» 398 persone, non
ine PO® jjjoite certo ma è un numero
zione dilgd esempio superiore a quanti
orse» Uivotarono nell’aprile del ’92 a
bn sveagobbio Pellice, per non dire
I tutto ci jjj Frali, Rorà o Pramollo. La
on soloipopolazione che partecipa
ome aiil solitamente ai pranzi del 17
febbraio ci è parsa del resto
t dintfflf più rappresentativa delle diai dell’Mjgttiche e delle contraddizioni
bilitàMehe anche come valdesi vi'grarelviamo quotidianamente riIche spia spetto a quanti frequentano
l’approdi assiduamente il culto domenicale. In occasione della festa
dei diritti civili è possibile incontrare infatti una «base»
abbastanza distribuita fra le
varie categorie di età, occupazione, impegno nella vita della chiesa.
Quando abbiamo predisposto le «schede» ed effettuato
il sondaggio non erano ancora state raccolte e consegnate
le firme a sostegno delle candidature e delle liste per cui,
oltre ad omettere eventuali
nomi di candidati, ci siamo limitati ad indicare quattro
schieramenti giudicati di un
certo interesse per capire a
grandi linee l’orientamento
), di uni
ì moni
ccorrei
ro del
resta
dei valdesi, trascurando possibili schieramenti (Pensionati, Pannella, Leghe diverse
dalla Lega Nord) forse presenti ma di improbabile impatto nel collegio di Pinerolo.
Si è votato ai pranzi comunitari di Torre Pellice, Luserna San Giovanni, PomarettoInverso Pinasca, Prali. Il confronto, come era largamente
prevedibile, è stato fra il raggruppamento progressista e
quello Lega Nord, Forza Italia, Centro cristiano democratico.
Nell’ambito del nostro piccolo campione ha prevalso
nettamente il polo progressista (tanto per fare dei nomi
Giorgio Bouchard su Lucio
Malan) con percentuali per il
primo che vanno dal 65% di
Prali al 48% di Lusema e per
la Lega e i suoi alleati dal
36% di Lusema al 4% ancora
di Prali. Anche a Inverso, dove si è più massicciamente
votato, il distacco è netto
(55% contro 15%). Se pochissimi voti hanno ottenuto
nelle nostre agapi Alleanza
nazionale e meno ancora il
Partito popolare, va per altro
segnalato il forte numero di
persone che non hanno ancora deciso, valutabile mediamente in un 20%.
Fin qui il nostro mini sondaggio; a questo punto occorre dire che nessuno si esalterà
0 si abbatterà per questi dati,
anche perché, è bene ricordarlo, il voto- «valdese» rappresenta, nel nostro collegio
alla Camera, sì e no il 25%.
CABMELINA MAURIZIO
Ogni giorno nelle nostre
case, da molti mesi e in
particolare da qualche settimana a questa parte, entrano
le immagini filmate degli orrori della guerra in Bosnia. Ci
siamo chiesti come reagissero
i bambini, e in particolare abbiamo parlato con alcuni di
loro di questa guerra, delle ansie e delle paure che provano,
dei loro progetti di pace. Il
mini campione con il quale si
è svolto rincontro era costituito dai 12 alunni del II ciclo
della scuola elementare di Angrogna, e la scelta non è stata
casuale: tra breve il piccolo
Comune montano ospiterà in
uno degli alloggi della Chiesa
valdese (a casa Pons) la prima
famiglia di profughi bosniaci.
Tutti i bambini avevano visto molte delle scene trasmesse ultimamente sul massacro
al mercato di Sarajevo e tutti
hanno detto di aver provato
molta paura, ribrezzo, dolore e
pianto. «È giusto - ha detto
Marco, di 9 anni e mezzo che tutti sappiano quello che
sta succedendo anche se vedere quelle scene terribili mi ha
fatto piangere e non riesco a
dimenticarle». «I grandi - ha
aggiunto Elisabetta, che frequenta la IV - dovrebbero
proteggere i bambini e non
dovrebbero permettere simili
cose».
Comune, come è emerso dai
vari interventi, c’è la paura
che anche l’Italia possa essere
coinvolta nel conflitto, anche
J Manca tuttora l'agibilità per la struttura parzialmente rinnovata
La storia infinita del Palaghiaccio
«Per quanto di competenza
la Commissione esprime, allo stato attuale, parere contrario all'agibilità tecnica
dell’impianto di cui trattasi»;
così si conclude la segnalazione che la Prefettura di Torino ha inviato al sindaco di
Torre Pellice, ai carabinieri,
alla Questura, ai vigili del
fuoco, all’indomani del sopralluogo effettuato dalla
Commissione provinciale di
vigilanza sui locali di pubblico spettacolo al palazzo
del ghiaccio di Torre Pellice.
La struttura, i cui lavori di
ammodernamento non sono
ancora ultimati nasce dunque
vecchia e non agibile? Le tribune non hanno le caratteristiche dimensionali rispondenti alle normative, gli spogliatoi non hanno servizi ido11,« nsi né uscite di sicurezza,
mto fr*l di refrigerazione
non è sufficientemente isola
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Pellice
to da altre aree usufruibili dal
pubblico e anche gli impianti
elettrici non sono tutti a norma. Queste le magagne rilevate dalla Commissione. Attualmente l’impianto è utilizzato dalla squadra di hockey
su ghiaccio per gli allenamenti e per i corsi di pattinaggio della Comunità montana e delle scuole; questo
I lavori di copertura deiia pista
sulla base di una delibera
dell’ente di valle dello scorso
dicembre. Che sarà ora?
«Noi intendiamo proseguire con l’attività fin qui svolta
- afferma il presidente della
Comunità montana, Cotta
Morandini - in quanto non si
tratta comunque di pubblico
spettacolo. Vedremo come
rendere la pista agibile contattando dei tecnici o anche
costituendo società miste di
capitale pubblico e privato
per fare quei lavori necessari
per ottenere i nullaosta. Dob
Per la pubblicità su L’Eco delle valli valdesi:
Servizi Editoriali s.a.s.
tei. 0121-32.36.38
biamo riuscire ad aprire ufficialmente la pista entro il
prossimo autunno».
È previsto un incontro fra
le giunte del Comune di Torre Pellice, proprietario della
struttura, e della Comunità
montana, che ora ha la pista
in comodato, per definire le
strategie. «Molto preoccupato» si dice il sindaco Armand
Hugon che auspica «venga
fatto presto un progetto sulla
base delle indicazioni precise
della Commissione provinciale di vigilanza».
La patata bollente è ora in
buona parte nelle mani della
Comunità montana e tuttavia
potrebbe presto trasformarsi
in una bomba a orologeria
se, dopo due anni dall’inizio
dei lavori e a sei dalla presentazione dei primi progetti,
non sarà in grado dare le giuste risposte ad una popolazione sempre più affamata di
ghiaccio e di pattinaggio.
se i bambini pensano che
qualcuno dovrebbe comunque
intervenire per far cessare
questa drammatica guerra.
Qualcuno ha anche ricordato
degli episodi che risalgono alla seconda guerra mondiale,
appresi dai nonni, che evocano in loro l’ansia per una
guerra molto vicina geograficamente e quindi pericolosa.
Quando poi si è cominciato
a parlare dell’arrivo della famiglia bosniaca a Angrogna i
sentimenti e il tono degli interventi sono cambiati. Dalla
paura e dall’ansia i bambini
sono passati alla solidarietà,
alla voglia di fare qualcosa in
prima persona.
«Vorrei che i bambini bosniaci che arriveranno non
debbano mai più pensare a
quello che hanno vissuto»
(Luca Matteo, che fa la V).
«Non si dovrebbero mai fare
dei giochi violenti davanti a
quei bimbi - ha aggiunto Carla di 10 anni - altrimenti si ricorderebbero della guerra».
In diversi si sono detti
preoccupati degli eventuali
problemi che sorgeranno a
causa della lingua diversa e
tutti si sono detti ben felici di
insegnare ai piccoli bosniaci
l’italiano. È inutile dire infine
che la curiosità e l’attesa tra i
bambini di Angrogna sono notevoli e che su tutto prevale il
desiderio di pace, affinché
non solo questa famigliola di
profughi ma tutte le altre che
non potranno espatriare possano di nuovo avere dei bimbi
sereni.
Pramollo: la tradizionale recita del XVII
Tutti alla «soirée»
MARILENA LONG
T a soirée»: così viene
JLi indicata ancora oggi
da molti lo spettacolo teatrale
rappresentato la sera del 17
febbraio in varie comunità
delle nostre Valli. A Pramollo
la Filodrammatica ha origini
assai remote, spesso erano i
pastori stessi a coordinare i
lavori, a ricercare i copioni e i
costumi. Nel tempo furono
rappresentati i classici drammi valdesi «Margherita di
Francia», «Il marchese di Pianezza» e poi negli anni ’50
circa «La rinnegata», «La sepolta viva nel castello di
Mombrone»: gli attori erano
generalmente i partecipanti
all’Unione giovanile; veniva
effettuata una replica la domenica pomeriggio per permettere la partecipazione delle persone più anziane.
La Filodrammatica di oggi
è composta da una dozzina di
elementi, la maggior parte residenti a Pramollo; l’età media è sui trent’anni. Non mancano le difficoltà: il palco è
piccolissimo e inadeguato per
il cambiamento delle scene,
non è facile reperire i testi da
interpretare; nel decennio
scorso si sono alternati lavori
comici come «Non ti conosco
più» a altri più seri: «Un
ispettore in casa Birling» e
«Terra lontana». Nel 1989, in
occasione del trecentesimo
anniversario del Glorioso
rimpatrio, abbiamo recitato il
dramma «Sangue valdese».
Il pubblico ha gradito molto questo «revival» e anche
per gli attori è stata una bella
esperienza, infatti dietro alla
rappresentazione teatrale vi è
stata una rivisitazione della
storia valdese anche per capire meglio come preparare i
costumi e come costruire la
scenografia. In questi ultimi
anni ci si è orientati verso
commedie brillanti, per lo più
scritte da Franco Roberto; esse sono molto semplici e divertono gli spettatori, ma per
il futuro ci piacerebbe trovare
lavori con un po’ più di contenuto e di messaggio. Vi è
molta voglia di recitare, soprattutto per incontrarsi e stare insieme.
Una scena di «Sangue valdese»
Come è nata la «manovra» che ha riclassificato i medicinali
I farmaci sono fatti per i malati
_______LUCIANO MOSELLI_____
Vorrei cercare di spiegare
che cosa è questa manovra, perché ci si è arrivati,
quali sono stati i criteri che
hanno ispirato i lavori della
Commissione unica del farmaco (CuO- Per far questo occorrono qualche passo indietro e un discorso più generale
sulla validità dei farmaci in
commercio. Da quando lo stato si è accollato in toto o in
parte la spesa sanitaria, questa
è sempre andata crescendo: si
è arrivati al punto in cui lo
stato, perennemente deficitario, ha scelto di scaricare sulle
spalle dei cittadini quote sempre maggiori dell’assistenza
sanitaria, e di quella farmaceutica in particolare. A questo punto si è cominciato a
parlare di qualità della spesa.
Con una totale mancanza di
programmazione, lo stato di
anno in anno si inventa '’^ket,
balzelli, inclusioni e esclusioni di farmaci dal Prontuario
per cercare di ridurre la spesa
(bollini, tassa sul medico,
esclusione delle supposte dal
prontuario stesso...), invece di
cercare una riduzione della
spesa stessa attraverso una seria revisione dei farmaci in
commercio. Perché? Agli inizi
degli anni ’80 lo stato aveva
pensato di tutelare l’industria
farmaceutica italiana e di favorirne lo sviluppo con una
specie di mercato protetto: anche farmaci di scarso valore
terapeutico dovevano essere
mantenuti a carico dello stato,
nella prospettiva che le aziende reinvestissero parte dei loro
profitti nella ricerca per farmaci innovativi.
Ma, al contrario di quanto
sperato, l’industria farmaceutica italiana ha inventato ben
poco di nuovo: ha invece ampliato l’attività di promozione
di farmaci «replica» (che presentano una qualche variazione nella molecola capostipite
e che ottengono, a pari attività, un prezzo di vendita più
alto). Queste molecole molte
volte aumentano la spesa farmaceutica senza apportare alcun miglioramento sul piano
clinico (apriamo una parentesi: tra i primi 30 farmaci della
graduatoria per spesa nel 1991
quelli con documentazione
ampia di efficacia sono solo
17; 8 sono coadiuvanti).
Finalmente, sull’onda del
terremoto di Tangentopoli, il
governo ha affidato a una Cuf
del tutto rinnovata il compito
di portare a termine questa
operazione scientifica e culturale, oltre che economica, di
revisione del Prontuario. La
commissione, riunitasi per la
prima volta nel settembre
scorso, ha dovuto riclassificare tutti i farmaci in un lasso di
tempo molto breve (le regole
definitive sono state varate dal
Parlamento il 22 dicembre),
con un tetto di spesa prefissato in 10.000 miliardi, senza
poter incidere sul costo dei
farmaci. I criteri sono stati:
1) Rapporto beneficio-rischio dei farmaci, cioè efficacia del medicinale, documentata, nell’allungare la durata
della vita o migliorare la qualità della stessa.
2) Economicità del ciclo terapeutico: quest’ultimo punto
prevede che in caso di equivalenza terapeutica sia mutuabile il farmaco a minor prezzo.
Nella lista C (a pagamento)
compaiono allora farmaci di
non provata efficacia, spesso
di costo elevato (placebo di
lusso) e farmaci sicuramente
efficaci ma con un prezzo decisamente più alto di altri
equivalenti. Un esempio: tra i
tanti antibiotici ce n’è uno che
si somministra ogni 24 ore per
3 giorni; il capostipite della
famiglia va assunto ogni 8 ore
per 7 giorni; certamente è più
costoso il primo ma un ciclo
terapeutico con questo costa
46.300 lire, mentre con il secondo 17.200.
L’industria ha prontamente
replicato al danno t conomico
che le deriva dalla manovra,
minacciando o effC'nando licenziamenti e ricorrendo alla
magistratura. Silvio Garattini,
direttore deiristituio di ricerche farmacologiche Mario
Negri e membro della Cuf, ha
risposto che i farmaci sono
fatti per curare gli ammalati e
non per sostenere le industrie
farmaceutiche.
C’è poi la difficoltà di rivedere i prezzi dei farmaci rifacendosi ai prezzi europei: il riferimento alla media dei prezzi dei farmaci simili e inerenti
al medesimo principio attivo
nella Cee non ha sufficiente
validità, per la notevole disparità nei diversi sistemi di determinazione dei prezzi. La
cosiddetta «media europea» è
un concetto tanto astratto
quanto ambiguo. Le tre fasce
sono ancora soggette a variazioni; le industrie hanno 60
giorni di tempo per presentare
ricorso al governo contro le
decisioni a loro sfavorevoli, e
il governo altri 30 giorni per
rispondere.
10
PAG. IV
E Eco Delle "\àlli Aàldesi
Alimentazione: i piatti tipici valligiani
La zuppa «barbétta»
STELiO ARMAND-HUGON
O cupe mitonnée» è il nome «uffidale», culinario, di uno dei
piatti storici delle Valli. Un piatto
«ricco» della cucina povera, quando in
occasione di qualche ricorrenza si abbandonavano le quotidiane vivande a
base di patate o castagne (o polenta)
per concedersi qualcosa di più succulento. Di questo piatto, decisamente
invernale, non si conoscono né si possono presumere le origini: sappiamo
che nelle Valli, e fino a non molti anni
fa, si preparava in occasione del «festin» o «festa crinoira» (la macellazione del maiale di famiglia), quando abbondanti erano ossa e frattaglie da
consumare. Piatto quindi «ricco» in
una cucina comunque povera, dove
era importante riciclare ogni sorta di
alimento, primo fra tutti il pane secco.
Oggi la «zuppa valdese» figura nei
menu dei ristoranti (e spesso, troppo
spesso, è solo un nome perché come
vedremo è beceramente contraffatta),
nelle Valli è imbandita a Natale o Capodanno sulle tavole delle vecchie famiglie cattoliche e al XVII Febbraio
nelle famiglie valdesi.
Chi scrive proviene da una vecchia
famiglia valdese ed è convinto, come
tutti, che la zuppa della sua famiglia
sia quella «vera»; in realtà i modi di
preparazione variano non solo da valle
a valle ma da paese in paese, forse da
borgata in borgata se non da famiglia
in famiglia; alcune ricette, ad esempio,
contemplano l’uso del pomodoro, cosa
piuttosto improbabile in inverno. Or
mai di uso comune, e non da ieri, l’uso
dei grissini al posto del pane vista la
quasi assoluta impossibilità, oggi, di
avere del pane «vero» che non diventi
pappetta appena messo a mollo. L’importante è che la «soupe mitonnée» rimanga una zuppa: «mitonner» infatti
significa cuocere a fuoco lento, fino a
che l’evaporazione data dalla cottura
abbia esaurito il liquido (in questo caso il brodo).
Non si può, come fanno troppi ristoratori (ma non tutti), contrabbandare
per «zuppa barbétta» un brodino in cui
navigano disorientati quattro derelitti
pezzi di grissino. Attenti dunque alle
contraffazioni e alle mistificazioni. Le
tradizioni si possono buttare, anche
quelle culinarie, ma non mortificare.
Una zuppa si mangia con la forchetta
e non con il cucchiaio: è una zuppa,
non una minestrina.
Ecco la ricetta della zuppa che faccio
io, ricavata dal ricordo di come la faceva mia nonna sul vecchio «potager» di
ghisa alimentato a legno di faggio, e
adattata agli ingredienti di oggi e alle
realtà di un alloggio in condominio
(ma, secondo mia mamma, «elle est
“trop bonne”», troppo gustosa).
La soupe mitonnée
Ingredienti per quattro persone: mezzo chilo di grissini stirati a mano, rigorosamente senza grassi (potete fare la
prova-fiammifero: se il grissino si carbonizza è senza grassi, se fonde o
prende fuoco cambiate fornaio); un litro circa di brodo derivato da un bolli
to misto (alla piemontese: punta, lombo, testina, lingua, mezza gallina, aromatizzato con lauro e rosmarino - sarà
un ottimo secondo con l’aggiunta di
un cotechino cotto a parte) che, se preparato il giorno prima, avrete nel frattempo sgrassato; 75 grammi di carne
trita; 75 grammi di salsiccia fresca;
una cipolla; un cucchiaino di macis;
un cucchiaio di cannella in polvere;
una quarantina di chiodi di garofano;
50 grammi di «toma» sufficientemente
stagionata da poter essere grattugiata
(in mancanza potete usare un misto di
grana e pecorino).
Preparazione: fare un soffritto con la
carne e la cipolla; grattugiare il formaggio e mischiarlo con il macis e la
cannella; imburrare delicatamente una
terrina capace; fare con pazienza uno
strato di grissini in modo che non rimangano spazi vuoti e spolverare con
il soffritto, il misto di formaggio e
spezie, qualche chiodo di garofano: un
successivo strato di grissini, altra spolverata, altro strato (meglio «incrociare» i grissini uno strato sull’altro) e
così via. Quando la terrina sarà colma
coprire a raso con il brodo e apporre
un «coperchio» (per esempio un sottopiatto forato di metallo) che non lasci
trabordare il contenuto e consenta una
buona evaporazione (per quest’ultimo
motivo non consiglio l’uso del forno).
Mettere il tutto sul fuoco a fiamma
minima e lasciate «mitonner» fino ad
esaurimento del brodo (circa un’ora e
mezza). Buon appetito.
Accompagnare con vino novello, crudo, tipo Prarostino.
Una nuova guida
Sci-alpinismo
nelle Valli
Se, come pare, l’epoca degli
inverni senza neve sembra per
il momento terminata, tutti gli
appassionati di sci-alpinismo
potranno usufruire per le loro
gite in vai Pellice, Chisone e
Germanasca di una bella guida. precisa nelle descrizioni e
nelle cartine, recentemente
pubblicata dal Centro di documentazione alpina, che raccoglie la paziente e intelligente
esperienza di Eraldo Quero,
valente istmttore nazionale di
sci-alpinismo del Cai di Pinerolo. Un lavoro, quello di Quero, veramente completo e assai
vasto, che insieme agli itinerari più conosciuti presenta alcuni «coraggiosi» percorsi in vai
Pellice e percorsi solitari nel
vallone di Rodoretto.
In tutto si tratta di 70 itinerari di cui 19 in vai Pellice
(Pra, Angrogna, Gianna e
Comba dei Carbonieri), 26 in
vai Germanasca (Prali, Bout
du Col, miniere, Rodoretto, 13
Laghi), 24 in vai Chisone
(Troncea, Pragelato, Fenestrelle). Conclude una traversata del Pinerolese: 7.000 metri di dislivello, dal Pian della
Regina alla vai di Susa. La
guida è in vendita al prezzo di
27.000 lire.
CALCIO — Finisce in parità il derby nel campionato nazionale dilettanti fra il Pinerolo
e il Nizza Millefonti; 1 a 1 al
termine di un incontro avvincente, con una certa supremazia della squadra di casa e i pinerolesi in grado di mantenere
il risultato grazie all’ennesima
grande prestazione del portiere
Mulato.
Il primo tempo si è conclusa
a reti inviolate, malgrado alcune buone azioni su entrambi i
fronti; dopo una decina di minuti della seconda frazione la
squadra torinese è andata a rete
con Maltese. II Pinerolo prende ad attaccare con maggiore
intensità nella ricerca del pareggio e nel finale sono due
punizioni a decidere delle sorti
dell’incontro. Sulla prima Labrozzo insacca ma l’arbitro annulla per un fuorigioco; pochi
minuti dopo ancora il numero
9 biancoblù calcia la punizione
mentre il Nizza sta predisponendo la barriera; l’azione è
valida così come la rete che
sancisce il pari. Il Pinerolo si
conferma così al quinto posto
in classifica; domenica, alle
15, al Barbieri giocherà il
Grosseto.
Nel campionato provinciale
femminile U divisione il Porosa ha battuto per 3 a 0 il 3S
Nova Siria.
Nel torneo maschile under
14 provinciale il 3S ha invece
superato il Nichelino per 3 a 0.
BOCCE — Penultimo turno
per il campionato di A1 con la
capolista Chiavarese costretta
al pari dal Brb Favria; grazie a
questo mezzo passo falso le
inseguitrici si sono notevolmente avvicinate. Il Veloce
club di Pinerolo, superando
nettamente in trasferta il Noventa, si è portato a 7 punti
dalla vetta. Il Tubosider Asti è
a 3 lunghezze. Per la Valpellice conferma del penultimo posto, a 65 punti.
Sabato prossimo incontri decisivi con le squadre pinerolesi, a decidere dell’assegnazione dello scudetto: il Veloce
affronterà in casa la capolista e
la Valpellice andrà ad Asti con
la seconda in classifica.
PALLAVOLO — Doppia
sconfitta per le formazioni pinerolesi di pallavolo nei rispettivi campionati di BI. La formazione maschile è stata superata in casa ad opera del Bassano, secondo in classifica, e solo al tie break con tre errori
consecutivi in battuta; domenica derby piemontese con i pinerolesi in casa della capolista
Lecce Pen Torino.
La squadra femminile non ha
saputo mantenere la posizione
di testa della classifica raggiunta la settimana precedente;
in trasferta a Pistoia le ragazze
di Mina hanno disputato una
partita sottotono dopo otto successi consecutivi e sono uscite
sconfitte per 3 a 1.
Ha osservato un turno di riposo nella CI l’Antares di Pinerolo.
TENNIS TAVOLO — Due
vittorie e due sconfitte per le
formazioni della Valpellice;
nel campionato di serie C i valligiani sono stati sconfitti
dall’Ever Green per 5 a 4; dopo quattro ore di gioco l’ottima
forma dei giocatori di Collegno
ha avuto la meglio su Rosso (3
punti), Malano (1 punto), e
Gay.
Nella serie D femminile la
Valpellice ha superato il Langasport per 3 a 2 grazie a Bruscagin e Mondon.
Nella DI maschile secca
sconfitta dei valligiani Sergio e
Giuliano Ghiri e Gino Piras
con il Cus Torino per 5 a 0.
Vittoria invece per la D3 che
grazie a Pallavicini, Peracchione e Gay ha superato l’Ever
Green per 5 a 2.
PALLAMANO — Gioca
bene ma perde il 3S Graphicart nel campionato juniores
maschile impegnato ad Alessandria con la capolista; 31 a
20 il punteggio con una formazione valligiana impegnata a
coprire i buchi lasciati da influenze e impegni vari e sorretta dall’impegno particolare di
Ivan Gaydou e Andrea Camoglio.
Sconfitta più netta invece per
le ragazze nel campionato di
serie C impegnate in trasferta
con la Rescaldinese; partita
difficile in un ambiente difficile; si è giocato infatti su un gelido campo all’aperto e la partita è servita se non altro come
ulteriore esperienza in vista
della prossima stagione.
Durante la settimana si sono
disputate le semifinali provinciali dei campionati studenteschi di pallamano femminile,
la formazione del Liceo Porporato che aveva dominato nelle
prime fasi, è stata superata
dall’istituto Aldo Moro di Torino per 8 a 7. Sarà invece impegnato per il titolo l’Alberghiero di Pinerolo che ha superato il Regina Margherita di
Torino per 10 a 9.
SCI — Si è svolta domenica
a Bagni di Vinadio in vai Stura, una gara di sci valevole per
il campionato regionale in cui
erano impegnati numerosi atleti di Prali e di Pragelato. Nella
categoria aspiranti femminile
terzo posto per Elisa Rostan di
Prali.
Fra le senior femminile bel
successo di Nadia Peyrot. Altro Peyrot, questa volta Patrick,
sul podio, secondo sui 10 km
degli a.spiranti maschile; il primo dei pinerolesi nei 10 km
della categoria juniores è stato
invece Andrea Bava, di Prali,
ottavo.
Fra i cadetti terzo posto per
Claudio Gamier del Prali mentre fra i seniores, 15 km, il meglio piazzato dei pinerolesi è
stato Danilo Negrin, 8°, dello
se Angrogna.
Nella staffetta 3 x 7,5 km, i
ragazzi di Prali si sono classificati al terzo posto grazie ad
Andrea Bava, Patrick Peyrot e
Claudio Gamier, quarti gli angrognini Bonnet, Danilo Negrin e Mauro Bonnet.
VENERDÌ 25 FEBBRAIO 1
PINEROLO — Sabato
5 marzo, alle 17, nei locali
della chiesa valdese di via
dei Mille proseguono gli
incontri teologici «Giovanni Miegge»; il tema è la
giustificazione mediante la
fede, capitolo XI del terzo
libro dell’Istituzione cristiana di Giovanni Calvino.
MASSELLO — La
prossima riunione quartierale sarà il 3 di marzo, alle
15, al Roberso.
FRALI — Le prossime
riunioni quartierali si svolgeranno a Malzat, mercoledì 2 marzo, e giovedì 3 a
Orgere; tema delle riunioni
l’evangelizzione dell’Italia
alla fine deH’800.
SAN GERMANO —
Domenica 27 febbraio alle
15, presso le vecchie scuole, a cura del secondo circuito, si svolgerà un convegno sulla diaconia; introducono i pastori Sergio Ribet
e Paolo Ribet.
POMARETTO — II
Concistoro è convocato per
sabato 26 febbraio, alle ore
20,30, nella sala Lombardini a Perosa.
Sabato 26 febbraio —
PRAMOLLO: Alle 20,30,
presso la sala delle attività, la
Filodrammatica valdese riproporrà la commedia brillante di Franco Roberto «Cerco
mìo sosia anche usato».
Sabato 26 febbraio —
VILLASECCA: Alle 20,30,
la Filodrammatica presenta un
suo spettacolo che verrà replicato domenica 27 alle 14,30 e
sabato 5 marzo alle 20,30.
Sabato 26 febbraio —
LUSERNA SAN GIOVANNI: Alle 21, nella sala Albarin, l’Unione giovanile ripresenta la commedia di Franco
Roberto «Le gelosie di mio
marito».
Domenica 27 febbraio —
RORÀ: Alle 21, nella sala
valdese, la Filodrammatica
dei Coppieri presenterà il
dramma di V. Calvino «Il cavaliere senza armatura».
TORRE PELLICE — Il
cinema Trento ha in programma venerdì 25, ore
21.15, Addio mia concubina; sabato. L’ombra del
lupo; domenica, ore 16, 18,
20 e 22,10 e lunedì, ore
21.15, Fantozzi in paradiso.
PINEROLO — La multisala Italia ha in programma,
alla sala «2cento», fino al 2
marzo. Nel nome del padre;
alla sala «5cento» è in visione Mrs Doubtfire. Orari feriali: 20 e 22,20, sabato 20 e
22,30, domenica 15, 17,30,
20, 22,20.
BARGE — Il cinema Comunale propone, venerdì. Lo
spacciatore; sabato, The
programm; da domenica a
giovedì Mrs Doubtfire. Feriali, ore 21, domenica 15,
17, 19,21.
’jl Interv
24 febbraio, giovedì —
RE PELLICE: Alle 21, pres®
Foresteria valdese, il Teatro «
trasmigrazioni presenterà lo
tacolo «L’ospite nascosto»;!
tratta di uno studio su sei
menti ispirati ad altrettante ^
letterarie, una specie di confeS
ne, un momento di riflessione £
volto a un pubblico particolafl
mente sollecitato dalla disposiM
ne circolare dello spazio airinfc
no del quale gli attori agiscono '
24 febbraio, giovedì — TOlj
RE PELLICE: Presso il saloi
delle scuole Mauriziane, in vià|
Forte 3, l’Università della tet|
età presenta Eugenia Buggeri ¡
flauto e Paolo Marchisio, pù
noforte, che proporranno musi^
di Bach, Poulenc, Fauré, Ravej
Inizio ore 15,30. j
25 febbraio, venerdì — PQ, ‘
MARETTO: Alle 20,30, nei l;,
cali del teatro valdese, si svolga^
un incontro sul tema Cittadini
cristiani in un’Europa che
bia; intervengono Gustavo
grebelsky, docente di Diritto ci
stituzionale all’Università di T!
rino e il pastore Franco Giampii
coli; modera la serata il presidi
te della Comunità montana vi
Chisone e Germanasca, Ermii
Ribet.
25 febbraio, venerdì — B!
CHERASIO: Nell’ambito del
iniziative dei Paesi del Monvii
alle 20, presso il ristorante Pont
nuovo, verrà proposta una c*i
con prodotti tipici e seguito musiÌ
cale con i musicisti occitani
Tron e Sergio Berardo. ,f
25 febbraio, venerdì — Pii
NEROLO: Alle 20,45, nei locàj
della chiesa valdese, si svolgei
riunione mensile del gruppo &
pernaum. ì j
26 febbraio, sabato — PWi
ROLO: Presso la sede della CdB,
in corso Torino 288, si terrà uu
due giorni sul tema «L’uomoì
come l’erba del campo...»; iniÉ
alle 15,30 con due riflessioni s»
«Come pregano i deboli» e «Cfr
me pregano i potenti». Domenia
rincontri riprende alle 9,2”
l’ospitalità è curata dalle famig
della CdB. Per informazioni telefonare ai numeri (012
398863,396460,76481.
26 febbraio, sabato — TOl
RE PELLICE: Con partenza al
le 20 da Pianprà si svolgerà li
tradizionale fiaccolata sugli sci
verso Santa Margherita organizzata dal Gruppo amici S. Ma(
gherita; dopo l’arrivo, previsti 2
alle 21, vin brulé per tutti in piai
za Montenero.
Per i
smi:
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Taranto
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Sped. in abb. post./50
Pubblicazione unitaria con Riforma
non può essere venduto separatamente
Reg. Tribunale di Pinerolo n. 175/60
Resp. Franco Giampiccoli
Stampa: La Ghislerìana Mondov)
Una copia L. 1.300
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venerdì 25 FEBBRAIO 1994
PAG. 7 RIFORMA
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i Intervista a Cinzia Propato, valdese di Taranto, insultata pubblicamente dal sindaco
Una donna sfida il sindaco telepredicatore
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costo»^ X smissione televisiva «Il
' sei friij rosso e il nero», questa intertante vista servirà a capire rrieglio
confesS.la telenovela che nella città di
essione A Taranto stiamo vivendo. Molti ricorderanno che in una di
queste ultime trasmissioni, in
cui si parlava di informazione
e politica, c’è stato l’intervento della signora Cinzia Propato, tarantina e proveniente
j dalla nostra chiesa valdese.
Iella ter® cj^zia Propalo esprimeva
uggen a ¡’indignazione, per i metodi e
lo stile del sindaco teleprediré 3 calore, Giancarlo Cito.
’ Dal suo Tg di «AT6», il
lì _ pft giorno dopo. Cito aveva re30, neün P^^^to con queste parole:
5Ì svolgal «L’accesa filippica della si'ittadiiiu gnorina e le sue parvenze facichecaJ ciali, la crescente tensione
stavo ZaJ nervosa durante l’esposizione
lasciavano trasparire una specie di rabbia in corpo, che richiama forse quella contemplata dalla psicanalisi di una
, donna sessualmente repressa,
i, ErmiBi^ che si scaglia con vigore conj tro colui da cui amerebbe esì — BKjjsere soddisfatta. Non possiaibito del mo sapere se così poi è nella
j realtà, né tantomeno se il sininte Poni sarebbe disponibile, diana ce^
aito mua^
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Diritto c(
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itana vi
Michele Santoro, conduttore de «Il rosso e il nero»
Clamo COSI, a spegnere in un
certo modo, qui indicibile, gli
altrui eccessi del desiderio».
A questo insulto via etere
gran parte della città si è mobilitata, solidarizzando con
Cinzia Propato e indignandosi per l’indecenza detta, che
sta non tanto nella volgarità
quanto nel fatto che si è voluto delegittimare e screditare
un pensiero, soprattutto un
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VIOLENZA CONTRO LE DONNE
LA SFIDA
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E noto ormai l’episodio che
ha coinvolto Cinzia Propato, dileggiata dai notiziari
di AT6 con il metodo della
violenza verbale a sfondo
sessuale per aver contestato
l’uso improprio che il sindaco
di Taranto, proprietario della
stessa rete televisiva, fa della
sua emittente. Sull’accaduto
si sono espressi anche esponenti politici nazionali di primo piano, dalla sinistra alla
destra, i quali hanno concordato nel ritenere «disgustoso»
il comportamento dell’emittente AT6 verso la signora
Propato.
A questo punto il caso può
dirsi concluso; non si conclude però l’atavica discriminazione nei confronti delle donne. Giornalmente le donne
sono costrette ad affrontare,
sia nella sfera pubblica che in
quella privata, la violenza
nelle sue forme più diversificate. E infatti opinione corrente che le donne, che rifiutano il ruolo casalingo di mogli e di madri e che non accettano di restare là dove devono stare, non devono poi
lamentarsi se vengono coinvolte in episodi spiacevoli. Il
volgare commento di AT6 sta
ad indicare quanto diffusa e
radicata sia la concezione che
«la donna è il sesso».
Non è un caso che in tutte
le guerre, donne di ogni nazionalità sono state costrette a
subire la violenza sessuale
degli uomini. Se hanno fatto
giustamente scalpore gli episodi delle donne bosniache
stuprate per modificare la
struttura etnica della loro discendenza, nessuno o quasi
denuncia le violenze sessuali
sulle donne africane rifugiate,
commesse proprio da coloro
che dovrebbero proteggere i
rifugiati. Forse non se ne parla perché è soltanto una storia
di povere donne che subiscono perché non sanno dove andare, una storia che non coinvolge interessi nazionali o altro. È mancato quel cambiamento, tanto auspicato dalle
donne, della cultura delle
genti.
Non è per caso che la proposta di legge contro la violenza sessuale sulle donne
giace dimenticata in qualche
polveroso angolo del Parlamento italiano. E nella maggior parte dei programmi delle chiese non si fa cenno al
«Decennio ecumenico in solidarietà con le donne». Sottovalutare la questione femminile significa non rendersi
conto che le guerre, la povertà, la disoccupazione, il
razzismo mietono le loro vittime principalmente fra le
donne. Bisogna far capire che
i diritti umani sono tali per gli
uomini come per le donne e
che, quando si viola la dignità
della donna, sono i diritti
umani ad essere violati.
Nelle chiese, forse, altri
problemi sembrano più importanti e prioritari perché
ogni uomo sa che l’amore di
Cristo gli impedisce di comportarsi vigliaccamente verso
le donne. Ma riflettiamoci e
chiediamoci come si sentirebbero questi uomini se fatti simili a quelli denunciati accadessero alle loro mogli, alle
loro figlie, alle loro sorelle.
Nella crisi che ci sovrasta diventa urgente agire nella direzione indicata dal Decennio
di solidarietà con le donne
perché avvenga quel cambiamento di mentalità di cui parla l’Evangelo, per introdurre
nuove regole in grado di eliminare le disuguaglianze reali
della società umana. Questa è
la sfida che il mondo pone alle chiese e che le chiese non
possono perdere.
pensiero di donna, e sentiamo
l’offesa fatta a Cinzia Propato
come subita da ciascuna di
noi.
- Come si è sentita dopo
aver sentito il commento di
Cito?
«Mi sono sentita umiliata,
offesa e sempre più indignata
di essere rappresentata da
questo sindaco ma gli immediati e innumerevoli messaggi
di solidarietà, provenienti dalle parti più disparate della cittadinanza, mi hanno fatto capire di non essere sola. Tra le
tante telefonate ricevute, una
in particolare mi ha colpita;
una donna, scoprendomi valdese (perché rivendico di esserlo anche se non sono frequentatrice della chiesa di Taranto) mi ha detto: “Ah sei
valdese! Perciò hai tanto coraggio!” Ho sentito tanto orgoglio di essere protestante,
di avere questa cultura indirizzata alla ricerca della libertà che tende a rivendicare
e affermare i diritti fondamentali degli esseri umani, tutti,
senza settarismi, senza divisioni. Quasi tutti mi hanno
detto che sono stata brava ad
avere tanto coraggio. Coraggio, mi sono chiesta, perché?
Pur conoscendo il personaggio, pur sapendo le sue
reazioni nei confronti di chi
gli dà fastidio, perché tende
sempre a diffamare, a offendere, a non avere pietà di nessuno, io ho pensato che il mio
intervento si risolvesse in una
gloria transitoria: lì esprimevo il mio pensiero a una platea più vasta e basta. Non ho
pensato di essere coraggiosa
nel dire quello che ho detto».
- Vuol dire che il sindaco
Cito incute paura ?
«Sì, questo mi ha fatto riflettere; infatti, al mio rientro
tutti mi raccomandavano di
stare attenta a me e alla mia
famiglia. Così noi a Taranto
siamo arrivati a questi livelli,
a dover avere paura di questa
persona che ci dovrebbe garantire!».
- Insamma una città, invece di reagire a questi soprusi,
si è chiusa. Quindi le valutazioni a livello nazionale, che
dicono che ci troviamo in una
situazione sudamericana, non
devono indignarci...
«La situazione che si è venuta a determinare a Taranto
è complessa. Chi sta al di
fuori, spesso ci giudica con
disprezzo; spero che il momento che stiamo vivendo
passi presto, già molti elettori
di Cito ci stanno ripensando,
molte telefonate me lo hanno
confermato. Sento che qualcosa sta cambiando, leggo sui
giornali singoli lettori arrabbiati che continuano a denunciare. Quello che a me è accaduto spero sia servito da scintilla per coinvolgere tutte le
persone che come me soffrono da quel 5 dicembre».
- Come mai la sua lettera
inviata al giornale locale
«Quotidiano», in data 14 dicembre ’93, non ha avuto risonanza ?
«Perché tutto era rimasto a
livello locale, nonostante in
quella lettere avessi scritto
delle cose più gravi che riguardavano Cito come persona, facendo una valutazione
morale, e accanto alla mia un
altro elettore faceva l’analisi
morale del voto a Taranto,
anche questa pesantissima:
ma tutto questo non ha portato seguito. Grazie alla stessa
lettera, rintracciata tramite la
redazione del giornale, sono
stata invitata alla trasmissione; insomma, per puro caso
sono riuscita ad usare «il suo
stesso mezzo» per scatenare
il putiferio. Quindi non sono
stata strumentalizzata da nessuno, sono andata alla trasmissione come semplice cittadina; viceversa l’altra signora tarantina è stata proposta da AT6 e nonostante per
ben due volte abbia detto di
non conoscere Cito, cosa che
fisicamente è anche possibile,
non ha detto di essere la moglie del portaborse dell’on.
Leone, candidato alle politiche per AT6».
- Ora questa reazione a catena va incanalata, è importante far sapere come organizzare questa protesta...
«Certo, io non voglio però
essere l’elemento di contrasto
a Cito, credo che sia giusto
creare un movimento di opinione pubblica, al quale tutti
possiamo far riferimento, che
si organizzi soprattutto con la
televisione, perché abbiamo
capito che questo è il mezzo
per raggiungere il maggior
numero di persone possibile».
- Come si è mossa per
chiedere giustizia all’immagine di donna violentata?
«Premetto che il commento
di Cito si è ripetuto per ben
due giorni, ripetutamente,
dalla sua Tv locale ed è possibile che questi abbia avuto
l’arroganza di pensare che
potesse dire impunemente
tutte queste cose, senza che la
città si ribellasse. Da parte
mia c’è stata una denunciaquerela nei confronti dell’editore e direttore responsabile,
che sarà integrata da un altro
documento redatto da me personalmente, nel quale denuncio una responsabilità morale
del sindaco di Taranto e di
AT6. Queste due figure non
sono più scindibili, non si riesce a scoprirne i margini, non
si sa mai quando agisce come
editore e quando agisce come
sindaco. Quanto meno quindi,
questa responsabilità esiste, e
non si può ricondurre in parametri giuridici perché a Taranto la realtà è questa: il sindaco è AT6 e AT6 è il sindaco e su questo problema bisogna lavorare».
Seminario promosso da «Confronti»
Il cartello «Memoria
libertà, solidarietà»
PAOLO NASO
Memoria, solidarietà, libertà: queste le parole
chiave del seminario di studio
promosso dal mensile Confronti e dalTistituto Gramsci
di Modena, svoltosi nel capoluogo emiliano il 15 febbraio.
«Il seminario riprende la riflessione avviatasi nel corso
della campagna elettorale per
le elezioni amministrative romane - ha affermato in apertura Massimo Mozzetti, del
Gramsci modenese - quando
attorno alle idee guida della
memoria, della libertà e della
solidarietà si raccolse un importante cartello di ebrei, cattolici e protestanti; il problema, allora, era impedire che
la destra neofascista governasse ìa città di Roma. Il problema, oggi, è invece quello
di offrire contenuti ideali ed
etici a una campagna elettorale sin qui molto modesta. Il
cartello “memoria, libertà,
solidarietà” si colloca nel polo progressista ma anche ad
esso propone interrogativi e
sollecitazioni su questioni come la visibilità del pluralismo delle fedi e delle culture,
le politiche dell’accoglienza,
la tutela delle libertà delle
minoranze».
I temi centrali del seminario sono stati introdotti dalle
relazioni di Filippo Gentiioni,
giornalista e saggista cattolico, di Amos Luzzatto, responsabile per gli affari culturali deU’Unione delle comunità ebraiche in Italia, di
Giorgio Bouchard, presidente
della Federazione delle chiese
evangeliche in Italia e di
Franca Long, della redazione
di Confronti.
Filippo Gentiioni ha sottolineato che quelle del prossimo
marzo saranno le prime elezioni «postdemocristiane» e
che quindi, per la prima volta,
le gerarchie della Chiesa cattolica incontrano un’enorme
difficoltà ad affermare e difendere il principio dell’unità
politica dei cattolici: il cosiddetto voto cattolico è oggi più
libero e articolato e si contamina con altre esperienze politiche e culturali. È un fatto
inedito che potrebbe aprire un
confronto molto interessante
e che richiede la presenza in
campo di tutte le culture, religiose e non. «In questa linea
- ha affermato Gentiioni - ci
aspettiamo molto dal pensiero
protestante ed ebraico, male e
troppo poco conosciuto in un
paese che si è voluto definire
“massicciamente cattolico”».
L’intreccio tra memoria e
solidarietà è stato invece il tema centrale dell’Intervento di
Amos Luzzatto: «La nostra
cultura e la nostra politica
mostrano di non avere memo
ria - ha affermato Luzzatto quando si dichiarano incapaci
di intervenire in un conflitto
come quello dell’ex Jugoslavia; e questa volta non si può
dire (come fecero in molti dopo la seconda guerra mondiale) che “non sapevamo”. Per
noi ebrei il dovere della memoria è tutt’uno con quello
della solidarietà, contro i razzismi di ieri e quelli di oggi.
E se oggi, sotto la spinta di
una cultura fascista opportunamente ripulita, crollasse la
diga della solidarietà non torneremmo a una minimale
“tolleranza”».
Anche Giorgio Bouchard
ha insistito molto sulle novità
di questa fase: ha ricordato
che oggi è la fede che interroga la politica e non viceversa.
E la fede, sono le religioni e
le chiese a indicare alla politica valori e fondamenti etici.
«Dio ha vinto - ha affermato
Bouchard - ma non è revanscista e per questo si propone
a noi con la croce di Cristo,
nell’umiltà e la sofferenza di
cui parla il profeta Isaia. Nella grave crisi morale e politica dell’Italia di oggi i credenti hanno anzitutto il dovere di
riaffermare i valori della memoria, della solidarietà e della libertà. Sono ben consapevole della parzialità e del limite dell’azione politica ma
non intendo sottrarmi alla responsabilità di riaffermare i
valori di una democrazia del
controllo e del dibattito».
Franca Long ha sottolineato quanto oggi sia centrale il
tema dell’etica, sia pubblica
che personale. Ma la risposta
agli interrogativi etici più urgenti e inediti (da quelli relativi alla sfera della vita e della morte a- quelli sui mezzi
per fermare i conflitti) richiede nuovi metodi di confronto, nuove attenzioni, nuove
consapevolezze. «Ben lo
sanno le donne, che per prime hanno formulato espressioni come “coscienza del limite” o “cultura della differenza”. Per questo - ha concluso Franca Long - i nostri
non sono tempi di un nuovo
magistero, di una chiesa o
delle fedi sull’etica: questa è
una stagione di ricerca e di
dialogo».
Quali sono le conclusioni
del seminario? È finita la politica delle ideologie autosufficienti ed escludenti; ma la
politica non può ridursi a costruzione del consenso, a difese dei propri particolarismi
ed egoismi; la politica di una
società complessa non può rinunciare a confrontarsi con i
valori di riferimento delle diverse culture che la compongono. Per questo alle fedi (il
plurale diventa obbligatorio)
si apre uno spazio nuovo.
OPERA BALNEARE VALDESE G. P. MEILLE
BORGIOVEREZZI(Sv)
SOGGIORNO MARINO 1994 per ragazxi/e
Son stati fissati i due turni del soggiorno marino 1994 per ragazzi e ragazze a Borgio Verezzi presso la Caso balneare
valdese, corso Italia n. 110 - Pietra Ligure (Savona)
iMurno dal 13 giugno al 27 giugno età 6-9 anni
(nati negli anni dal 1985 al 1988)
2° turno dal 27 giugno al 11 luglio età 9-11 anni
(nati negli anni dal 1983 al 1985)
f moduli per le iscrizioni possono essere richiesti presso la segreteria della Chiesa valdese di Torino, via S. Pio V n.15 10125 Torino. Telefono 011/669.28.38
Termine delle iscrizioni 15 moggio1994 »
Si accetlarto anche domande per personale (evangelico)
detto ài due torni del soggiorno marino: vigilatrici/cNri < 5,.
infermiere/i. Età minima 18 anni compiuti.
1 membri del comitalo sono a disposizione per ogni ulteriore informazione.
12
PAG. 8 RIFORMA
VENERDÌ 25 FEBBRAIO la
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«S. Antonio Abate distribuisce i suoi beni ai poveri», opera del
Sassetta (1440 circa)
Un concetto che interessa il mondo laico
Inattualità del dono
e i rapporti sociali
La rivista Reset. Un mese di
idee, mensile di dibattito culturale e politico, giunta al suo
terzo numero, dedica una parte monografica al concetto di
dono. Ampiamente presente
nella teologia e nella storia del
cristianesimo il dono, legato
alla nuova fortuna del dibattito sulla solidarietà e sul volontariato, sta facendo parlare
di sé ambienti assai diversi fra
loro. Tant’è che, scrive Le
monde, il filosofo Jean Starobinski ha organizzato una mostra (dal titolo Largesse, traducibile con «prodigalità») su
questo stesso tema, a partire
da incisioni e disegni conservati al Louvre.
Il percorso di Reset (in inglese è sia verbo che sostantivo; in quest’ultimo caso significa riordino, risistemazione;
in informatica significa operazione per uscire da una situazione di stallo, ed è allora evidente l’aggancio «politico»
della testata) si fonda essenzialmente sull’approccio etnologico di Marcel Mauss
(1872-1950) e su quello economico di Karl Polany (18861964). Eccezionale rispetto alle coordinate con le quali misuriamo i rapporti nel vivere
sociale, il dono va di pari passo con la disposizione a riceverlo e a ricambiarlo (Mauss
studiò a fondo addirittura
un’idea «agonistica» del dono
come «distruzione dimostrativa di ricchezza»).
Non mancano, in un contributo di Fulvio Scaparro, i rife
rimenti all’attualità italiana:
«In periodi di stecche, mazzette, tangenti (...) e generosità
esibite si apprezza il piacere
di dar piacere (...) senza ricompense terrene e ultraterrene in vista che non siano quel
piacere stesso».
In una scheda, infine, ritornano le parole di Mauss (Saggio sul dono, 1925); a proposito della gratuità, egli afferma che il dono gratuito sarebbe inesistente; in base a questa
formula non sarebbe mai esistito un dono sulla terra.
Anzi,«rifiutando ogni possibilità di reciprocità, si taglia
fuori il fatto di donare dal suo
contesto sociale e lo si priva
di tutto il suo significato relazionale». Un problema che si
pone oggi (pensiamo in particolare alle logiche dell’assistenza 0 ai bisogni sociali dei
più deboli) e che forse non si
poneva in questi termini in civiltà più tradizionali, è quello
del caso in cui sia di fatto impossibile una qualche reciprocità, proprio a causa dello
scompenso sociale. C’è, insomma, chi oggettivamente
non potrà mai ricambiare: è
destinato a un’eterna condizione di assistito (che alla lunga ne mina l’inventiva e l’attività)? O esistono forme di comunicazione diversa? Che
volto ha la riconoscenza? E
una parola che ha ancora un
senso? Per i credenti si esprime (o dovrebbe esprimersi)
nella preghiera? Ci prestiamo
attenzione? E per gli altri?
Appuntamenti
Domenica 27 febbraio — TORINO: Dalle ore 9,30 alle 17,30,
presso l'istituto «Principe.s.sa Clotilde» (via Magenta 29), nell'ambito
del corso della scuola di pace «Ernesto Balducci», Enrico Peyretti
tiene una lezione sul tema: «Una cultura di pace come memoria, coscienza, progetto», e Raniero La Valle una sul tema: «Perché il problema della pace è così emergente oggi».
Mercoledì 2 marzo — MILANO; Alle ore 18, nella sala attigua alla libreria Claudiana (via Sforza 12/a), il past. Antonio Adamo tiene
l’ultimo studio biblico sui titoli cristologici nel Nuovo Testamento, sul
tema; «Gesù il Cristo».
Mercoledì 2 marzo — SALERNO: Alle ore 18,30, presso il Centro comunitario «Aurelio Cappiello» (via Manzella 27 - Torrione), il
dott. Giovanni Colangelo parla sul tema: «La chiesa evangelica metodista wesleiana nell’Italia meridionale».
Mercoledì 2 marzo — TRIESTE: Alle 18, presso il Centro el vetico-valdese «A. Schweitzer» (p.tta S. Silvestro) Giuliana Gandolfo e
Marie-France Maurin parlano sul tema; «Esperienze di donne nella
chiesa di oggi».
Venerdì 4 marzo — MILANO: Alle ore 15,30, presso il Centro
culturale protestante (via Sforza 12/a), si tiene la seconda lezione del
corso di aggiornamento per docenti di scuola media (1° e 11“) sulla
Riforma protestante e l’Europa. La prof. Fiorella De Michelis parla
sul tema; «Dalla Libertà del cristiano al Servo arbitrio di Lutero. La
teologia luterana e il suo confronto con l’umanesimo».
Venerdì 4 marzo — UDINE: Alle ore 18,30, presso la chiesa metodista (piazzale D'Annunzio 9), la dott. Giuliana Gandolfo, pastore
valdese, parla sul tema: «Lettura femminista della Bibbia».
Sabato 5 marzo — FIRENZE: Alle ore 16,30, presso il Centro
culturale valdese (via Manzoni 21), il past. Piero Bensì parla sul tema: «L'immortalità dell’anima».
Milano: conferenza di Milan Opocenskij, segretario dell'Alleanza riformata mondii
, , I - ... , ^ ijnpun
Stranieri nel mondo: ridentita protestante
nelPEuropa dei mille volti diversi
GIORGIO GUELMANI
Sabato 12 febbraio, in un
tempio valdese di Milano
purtroppo poco gremito (non
più di una sessantina di persone) il professor Milan
Opocenskij, segretario generale dell’AÌleanza riformata
mondiale, ha parlato sul tema
L’identità protestante: prospettive di un popolo in cammino.
Il punto di partenza è stata
l’Europa: il continente da cui
la «cristianità» si è mossa per
dominare il mondo; il continente secolarizzato che molti
vogliono rievangelizzare; il
continente in cui il 1989 sembra aver segnato il trionfo
dell’economia di mercato; il
continente, infine, che nonostante la strapotenza delle sue
imprese e dei suoi eserciti assiste impotente alla tragedia
della Bosnia.
La sfida dei cristiani, più
che la rievangelizzazione, deve essere l’umanizzazione
dell’Europa: essere dalla parte dei più poveri e emarginati
per aiutare la società a diventare più giusta e vivibile, più
sostenibile ecologicamente.
Per questo è essenziale un atteggiamento critico e di resi
stenza contro il modello economico dominante basato
sull’ingiustizia e sull’esclusione, su un’ideologia che
considera persone e intere
aree del mondo «sacrificabili» a vantaggio di pochi altri;
poiché sappiamo che Gesù
Cristo è il Signore di tutti,
non possiamo pensare soltanto al nostro relativo benessere, ma dobbiamo tener conto
anche dei moltissimi poveri
del Sud del mondo, per i quali capitalismo non è sinonimo
di democrazia.
Per essere spazio di rispetto della natura e dei diritti
umani, aperto e solidale con
il resto del mondo, l’Europa
deve accettare di diventare
multiculturale, multirazziale
e multireligiosa, con un ap
proccio non di esclusione ma
di accoglienza, in particolare
verso l’Islam e gli islamici,
senza ridurre l’uno e gli altri
allo stereotipo del fondamentalismo. In questo quadro
quale può essere la «chiamata» particolare dei protestanti? L’oratore ci ha offerto alcune indicazioni.
1) Le nostre radici storiche,
che stanno non solo nella
«riforma magisteriale» di Lutero e Calvino, ma anche nella «riforma radicale» di Valdo e Hus.
2) Il ritorno alle fonti, ovvero la riscoperta della Bibbia a scapito delle tradizioni:
il problema che si pone oggi
è quello ermeneutico, cioè
quale interpretazione della
Bibbia, perché in tempi di
crisi si fa strada la tentazione
di una lettura fondamentalista.
3) La ricerca di una visione
più ampia di Dio, di nuove
metafore per esprimere la sua
realtà, che non siano solo
quelle maschili e regali (importante è dunque il contributo della teologia femminista).
4) La teologia dello Spirito
Santo, visto come Dio in
azione, nella storia e nelle
nostre vite; una teologia tra
scurata dalle nostre i
e invece molto svilup^
^ud
ALBEI
nelle chiese pentecostali,
5) La chiesa come «|
munio viatorum»; non
istituzione che domina
una congregazione di
grini, sempre in divèi
all’ascolto della paro!;
Dio.
6) Il sacerdozio univa
abbiamo accesso direi
Dio senza bisogno di
tori particolari.
7) La responsabilità
ca e sociale come parte;
senziale della nostra esii
za; la comunità è luogo
aiutarsi reciprocamente a
lappare e comprendere
sta responsabilità in una
spediva che non è più
voluzione violenta, insoi
bile dalle nostre società
li e complesse, ma la coi
zione dal basso di una si
civile non manipolata
stato.
8) Infine, come protesi
siamo stranieri nel moi
cittadini per grazia anche;
regno di Dio: questo ci
spingere a preoccuparci
questo mondo senza ceá
ad alcun tipo di confo:
ma rimanendo sempre, iaj
certo senso, all’opposizioi
Il marchio che fu di Adriano Olivetti farà parte dei gruppo Mondadori
La seconda vita delle «Edizioni di comunità
Il rharchio editoriale che
nell’immediato dopoguerra
contribuì in maniera determinante a sprovincializzare la
cultura italiana, dopo gli anni
del fascismo, le «Edizioni di
comunità», stanno apprestandosi a fare ritorno sulìa scena
di un mercato difficile. Nel
corso del mese di febbraio
usciranno i primi titoli di una
nuova vita dell’editrice fondata a suo tempo da Adriano
Olivetti (nel 1945-46, anche
se un altro marchio, le «Nuove edizioni Ivrea», era già
comparso nel 1943 per aver
vita comprensibilmente brevissima).
La rigenerazione di questa
casa avviene ad opera del
gruppo Mondadori, con intervento diretto di Franco
Tatò, amministratore delegato della casa madre. Ne ha
dato notizia «La Repubblica»
del 30 gennaio, valendosi anche di un’intervista allo stesso Tatò, che ha fornito l’indiscrezione di alcuni dei primi
titoli. Usciranno, infatti, un
libro-intervista del presidente
della Repubblica federale tedesca, il protestante Richard
von Weizsäcker (già rieletto
per un quinquennio, lascerà
ia carica nel prossimo maggio), un compendio di concetti teologici rivisitati da
Eugen Drewermann nella sua
visione psicologica, un saggio di Konrad Seitz, ambasciatore tedesco in Italia, La
.sfida americana e giapponese, dedicato al rischio che
l’Europa diventi, dice Tatò a
«Repubblica», «una colonia
tecnologica degli Stati Uniti
e del Sol Levante».
Appare chiaro, dunque,
che un filo rosso lega il marchio rinnovato alla tradizione
editoriale che fu di Olivetti e
del suo gruppo di redattori
(Bobi Bazlen, Ernesto Buonaiuti, Alberto Carocci e altri
intellettuali che, come Geno
Pampaioni e Franco Ferrarotti, godono di notorietà anche
oggi): un’attenzione particolare posta alle interrogazioni
etiche che si incrociano con
la questione religiosa, l’attenzione alla filosofia, all’ur
banistica, al pensiero anglosassone.
Se ripercorriamo infatti alcuni dei titoli pubblicati a
partire dal 1945, con massima frequenza negli anni ’50,
per arrivare fino a un’edizione de La mia vita e il mio
pensiero di Albert Schweitzer, datata 1977, scorgiamo
opere alquanto significative
per la nostra cultura protestante o per la riflessione su
fede e esercizio del pensiero.
Partendo dal titolare dell’
editrice e dalle sue riflessioni
sul concetto di comunità e
sul lavoro, troviamo Dove va
il lavoro umano (G. Friedman, 1955), Servizi e assistenza sociale di fabbrica
(dello stesso Olivetti, 1953),
L’ordine politico delle comunità (Olivetti, 1946), Il dilemma dei sindacati americani (1954) e Sindacalismo
autonomo (1958, entrambi di
Ferrarotti).
In ambito politico: La pianificazione sovietica (C. Bettelheim, 1949), Il pensiero
politico degli autori del «Fe
Al Centro studi di Modena un seminario di stretta attualità
La cultura islamica e la modernità
«Non si può isolare l’invasione del Kuwait dal resto
della questione mediorientale. Anzi il Medio Oriente,
un’area così singolare per i
rapporti che la legano al resto del mondo, comporta nella sua stessa fisionomia geopolitica l'incontro virulento
di tutto ciò che si oppone nel
pianeta: Occidente e Oriente, Nord e Sud, Islam e cristianesimo, laicità e religione, fondamentalismo e modernismo».
Queste parole, che erano
state scritte dal filosofo fran
cese Edgar Morin nel corso
della guerra del Golfo, fanno
da sfondo a un seminario dal
titolo Islam e modernità che
•si tiene presso il Centro studi
religiosi «S. Carlo» di Modena.
Il ciclo di lezioni, che iniziano il 10 marzo con una lezione di Paolo Branca, ricercatore presso l’Università
Cattolica di Milano sul tema
«Movimenti e figure dell’Islam moderno», si propone di avviare a una lettura
più attenta e sganciata dagli
stereotipi, e si inserisce in un
percorso che ha visto già la
realizzazione di altri seminari su Religioni e civiltà
nell’Islam (1981) e Nonviolenza e «Jihad» nella cultura
e nella storia islamica
(1992).
Argomenti specifici delle
lezioni, che termineranno il
18 aprile, saranno tra l’altro
la bioetica, la donna nella famiglia islamica, l’Islam in
Italia. Per informazioni: Centro studi religiosi, via San
Carlo 5,41100 Modena.
Tel. 059-222315 - fax
059-222585.
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^ventare,
i E siccoi
ionvivenz
loia sfera ]
iutte le rei
questio
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missione
Chiedo f
iel servizi
deralista» (Aldo Gar®
1954), Storia del movin
operaio americano (F.j,
Dulles, 1953), La proii
operaia (Ferrarotti, I9s
l’opera collettiva Spirito^
ropeo, che nel 1950lS,|
scritti e interventi di
Benda, Denis de Rougeffljl
Georges Bernanos, Karlj
spers, Giorgy Lukacs,!
cietà, stato, comunità dC.
stesso Olivetti (1952). lij
DA^
In campo filosofico S]É¥ 1 Crede
la traduzione di alcune li-bellissi
portanti opere di Sim^prò non s
Weil; L’ombra e la g/pifrequen
(1951), La condizione di una
raia (1952), La prima riWj^cisame
( 1954), Oppressione ifione di fe
¿erta (1956). ^ristiano.
Sono però rilevanti, <11 T(
•. ■ -il’nOnni» nr» r
stituirono un fiore all’®P.°*'® un r
chiello del marchio, alef «ne con
traduzioni di Bergson nguai
due fonti della morale e terna.
religione), di Emma»! .Dopo al
Mounier (Rivoluzione P
nalLsta e comunitaria, 19^® mome
di Nikolaj Berdiaev
vitù e libertà ^tenos
1952, Regno dello spintf «compì
regno di Ce.sare, 1954, M ^teati
to e libertà, 1947), Jacq“g Corale !
Maritain (C'ristiatiesin^, ^
democrazia, 1953), '
nel settore dell’archltettuf"«^*
dell’urbanistica si deveD*l juni
zionare almeno La
della città di Lewis
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Ma l’oggetto del noj '
maggior interesse sta
pubblicazione che fec® ^ . P 1
vetti di Giovanni rnor.*'
nel 1952 Per una fed^<^„
1956 L’Evay/a jj/j|hiese. P^
nel pensiero di Ruaoij ^ facile
mann.
13
MOij
NERDÌ 25 FEBBRAIO 1994
PAG. 9 RIFORMA
punto di vista diverso nella recente trasmissione di «Protestantesimo»
«
Chiedo perdono»: la minoranza bianca nel
jSud Africa che cerca la propria democrazia
: tradii
Vilup^.___j^BERTO CORSAMI______
ostali, '
me e immagini - quelle im
•; nnniM i magmi - del Sud Africa
tmina J^vevamo interiorizzate. Le
e di jAvevamo vissute per anni,
dive^agari superficialmente, nei
paroMunghi anni in cui le nostre
'^ihiese e gli organismi ecuuniveis^enici hanno cercato di fare
, direlSp^r^ sensibilizzazione e
di alcuni casi anche di solida^età concreta con la popolailità consape
„ajISolezza forse non unanime
'^si ricordino le polemiche se;uite all’intervento di Benny
ato, rappresentante in Italia
ell’African National Conress, al Sinodo valdese), ma
piamente diffusa e convin: uno spezzone di militanza.
Ora che il paese ha imbocato tra mille difficoltà una
itrada diversa, ora che la voontà politica di superare
’apartheid è un dato di fattip (P®*" quanto avversato da
Jf^uge del razzismo estremi^ itico) che ha portato al Prei ancne^jp Nobel per De Klerk e
■> o CI le domande, i dubbi
cuparc^on sono finiti: la lotta vio
1Z3. C6IK
„ nenta non è cessata; la spron urni^orzione tra tenore di vita
ipre, m|eiia maggioranza nera e mi)osizioi|joranza bianca sarà ancora
H^oriera di conflitti sociali; ma
■altre a questo si tratta di preparare un nuovo modello di
convivenza che, se apparirà
Sempre migliore di quello
\ (^concio e repressivo e violen* 0 dell’apartheid, è tutto da
‘Inventare.
E siccome un modello di
onvivenza non attiene alla
loia sfera politica ma permea
se
iti
lijutte le relazioni umane, non
questione di poco conto
nella affrontata dalla tramissione del 13 febbraio.
Chiedo perdono»', il titolo
tìel servizio (coprodotto con
Disordini razziali nel 1978
francesi e svizzeri) fa riferimento alle parole di una signora bianca, credente convinta, alle prese con la consapevolezza di un passato di
sopraffazione ai danni dei neri, fondato su una lettura biblica che portò l’Alleanza
riformata mondiale a escludere alcune chiese bianche e
il Consiglio ecumenico delle
chiese a boicottare il paese
dopo il massacro di Sharpeville (1960). Perdono: ma come si può chiedere perdono
al posto dei propri antenati,
che hanno commesso soprusi
e atrocità e ingiustizia? Come
vivere, si chiede questa donna di mezza età, questo complesso senso di colpa? La sua
risposta è che non ci si può
limitare a questa richiesta, bisogna lavorare responsabilmente per la costruzione di
qualcosa di diverso.
Non diversamente si esprimeva Andrew Worsdale, giovane regista sudafricano, che
avevamo incontrato in un festival in Italia sette anni fa.
Il momento era ancora tragicamente permeato di violenza quotidianamente gestita e
a volte commissionata dal
potere (ora c’è violenza che
sfugge, che magari è troppo
poco repressa dal potere), e
questo artista non ancora
trentenne cercava con il suo
teatro e il suo film di battere
una strada parallela a quella
più propriamente politica: da
bianco consapevole (e boi
cottato per questa sua consapevolezza), pioneva il problema dell’identità sfuggente di
questi bianchi, di una visione
della vita tutta basata sul
chiudersi nei propri privilegi
senza più provar gusto per la
vita. La metafora dei bagnanti pachidermici sulla spiaggia
(riservata ai bianchi, ovvio),
rallentati nei loro movimenti
e eternamente privi di idee,
era emblematica di un’atmosfera irrespirabile. Che non
avrebbe potuto continuare.
In molte sedi abbiamo sentito e sviluppato ragionamenti più politici e sarà necessario continuare a farlo senza
tregua, finché delle vere elezioni avranno dato il via all’edificazione di qualcosa di
veramente nuovo; ma questa
del disagio bianco è una dimensione che non andava
trascurata; servirà essere vicini a questi credenti, così
come alle loro chiese, che
dovranno sgravarsi di un peso non indifferente: un’interpretazione della Bibbia per
secoli tramandatasi, che è apparsa priva di fondamento e
foriera di atrocità. Il confronto con la stessa Bibbia sarà
difficile, ma è da lì che può
partire la rinascita spirituale
del nuovo Sud Africa. Per
bianchi e neri.
La trasmissione ha poi proposto il primo esperimento di
una serie di «letture» di libri
relativi al pensiero della
Riforma. Con l’ausilio dell’
animazione grafica e elettronica Lutero e Erasmo si sono
confrontati a proposito del
«servo» o del «libero» arbitrio, in riferimento alla recente traduzione integrale del testo luterano da parte della
Claudiana. Converrà ritornare su questo interessante approccio al testo scritto.
) Garoj
movin
'orale valdese di Torre Pel lice
I Credo nella nostra
¡raccolta di inni
DANIELA BOLPRIN
fico spsTl Credo apostolico è una
ilcunefli.'’"
bellissima preghiera, che
•erò non siamo soliti recitare
li frequente. Non si tratta soio di una preghiera, ma più
jrecisamente di una confesiione di fede, valida per ogni
•ristiano. Ora la Corale vailese di Torre Pellice ci pro'one un momento di riflesione con un’incisione musi!ale riguardante proprio queto tema.
Dopo alcuni anni di silen|io (sul piano discografico),
«1 momento che i cosiddetti
wanti storici», quelli riferiti
Glorioso Rimpatrio come
„ «complaintes», erano stati
954,5j^8isriati negli anni ’60-70,
ripropone al pub° con una cassetta dal ti3), Credo apostolico nei
:hìtettu!^®”^* liturgici evangelici.
deve tS^. ^ brani musicali, come si
la notare dal titolo, non
wis ^clle specifiche compo
^zioni: infatti non troviamo
lei no^ parole del Credo musicate
e sta n^^^^^lrnente, ma ogni parte
; fece preghiera va «ricerca
i appartenente
j fedii '■accolta dell’Innario cri
} e il '"tv nelle nostre
udolf^i'^l^' r^nriere tutto ciò
anti, e
ire all
lio, all
rgson
mle e
immafl'
one p*
iria, l9'
ev (5e
ell'u
o spitii\
P'u facile ogni canto è intro
dotto da un articolo della
preghiera e da un breve commento esplicativo: la scelta
di utilizzare i canti dell’Innario cristiano è senza dubbio
dovuta anche al fatto che nel
mondo protestante italiano
non esiste una versione musicale del Credo, come invece si può trovare in Germania e in Inghilterra.
D’altro lato è interessante
sottolineare lo scopo di questo lavoro: non si tratta di
voler dimostrare agli altri
gruppi corali il proprio virtuosismo, dal momento che
ogni corale si mette al servizio della propria chiesa; si
tratta invece di un contributo
all’evangelizzazione. Se ogni
famiglia protestante regalasse una di queste cassette, magari anche a membri di altre
confessioni, sarebbe un modo molto esplicito per offrire
una valida testimonianza e
una bellissima occasione per
una crescita spirituale da
condividere.
È dunque doveroso ringraziare la Corale valdese di
Torre Pellice per questa iniziativa, unitamente al direttore Ferruccio Corsani, e ai lettori Elena Ravazzini e Carlo
Arnoulet per l’impeccabile
dizione.
Un'inchiesta del settimanale «Réforme)
Le paure tìpiche
della società dì oggi
Viviamo in società che
hanno paura. La paura è
diffusa ovunque. Le inquietudini, le ansie interiori si. manifestano ora in atteggiamenti
individuali ora in comportamenti collettivi che assumono di volta in volta nomi diversi: xenofobia, intolleranza, chiusura, ipocondria.
Per far luce su tutti questi
atteggiamenti (o sul maggior
numero possibile di essi) il
settimanale Réforme ha avviato a fine gennaio una serie
di 4 puntate che costituiranno un’inchiesta (Les peurs
aujourd’hui) dedicate alle
paure degli uomini e delle
donne contemporanei.
Dopo una prima tappa, dedicata alla paura dell’altro, da
un punto di vista essenzialmente psicologico nell’intervista a Claude Olivenstein,
medico esperto di tossicomanie, e la presentazione generale, in cui si pone la domanda: «Le paure sono da esaminarsi come manifestazioni
singole o come espressioni
molteplici della paura?», il
giornale del 5 febbraio si è
soffermato sulle paure dell’
Europa con un’intervista allo
storico Rudolf von Thadden,
che lavora a cavallo tra Francia e Germania.
Lo sguardo di von Thadden è privilegiato: la sua collocazione gli impone uno
sguardo su Polonia, Russia e
i paesi dell’Est: la Francia
non sarebbe ancora in grado
di interiorizzare questo confronto per vari aspetti inedito, mentre è costretta al confronto con il mondo musulmano del Nord Africa. Ciò
che più circola, in ogni modo, nell’Europa di oggi, è
l’incertezza conseguente al
crollo del comunismo con
tutto il suo portato di tensioni
sociali e etniche, nazionalismi, riorganizzazioni del potere.
Interessante, in un secondo
articolo della seconda parte
dell’inchiesta, la riflessione
svolta da Bernard Lefort sulla televisione come veicolo
delle paure: scene e situazioni angoscianti (come quelle
di guerra) vengono contemporaneamente rese vicine (è
il «tempo reale» della telematica e del villaggio globale) e viste come «altro da
sé»: ciò che si deve vedere
sullo schermo non fa parte
della mia esperienza personale e diretta; partecipazione e
presa di distanza paradossalmente coincidono in un gioco
di continui rimandi.
.'i ': :V.Ì|:1IÌÌ||
.. . .........
Truman Capote in un ritratto firmato Andy Wahrol
Tra narrazione e contemplazione
«Proprio in quel momento sentimmo il grammofono, un gaio
suono lontano, e una farfalla notturna entrò dalla finestra, scivolando nell’aria, delicata come la musica». Un passaggio emblematico, un esempio fra i tanti, per capire la logica e la struttura che costituiscono i racconti di Truman Capote*. L’antologia pubblicata alcuni mesi fa da Garzanti ne raccoglie una
quindicina, di dimensioni varie ma generalmente abbastanza
lunghe, e tutti sembrano uniformarsi a una procedura di tipo
dialettico: da un lato rincalzare degli avvenimenti, narrati lapidariamente, nervosamente, con pochi tratti essenziali (non dimentichiamo che Capote, nato a New Orleans nel 1924 e scomparso sessant’anni dopo, inaugurò con il romanzo A sangue
freddo un genere che chiamava «non fiction novel», una sorta
di romanzo-documento); dall’altro lato ci sono attimi di sospensione del livello cronachistico, istanti «lirici» in cui non si
capisce bene se i pensieri e le riflessioni siano dell’autore o costituiscano un approfondimento dei personaggi in lizza. E i personaggi sono spesso e volentieri quelli della marginalità; i detenuti di una colonia penale (uomini duri ma affascinati dalla chitarra di un ragazzo cubano, che ovviamente finirà male), la provincia del sud degli States, i servitori, i parenti poveri, l’improbabile ragazza che cerca di piazzare un quadro presso un gallerista, che poi si fidanza con lei... Personaggi che si compiacciono di rendersi enigmatici e di svelarsi solo poco a poco. Tutto
può capitare in questa America del caldo, delle sere d’estate
tutte uguali: lo straordinario si fa strada a poco a poco nella
monotonia, per un risultato di alta tensione narrativa.
(*) Truman Capote: I racconti. Milano, Garzanti, 1993, pp 323, £
20.000.
Un'avventura «civile»
L’ultimo romanzo di Antonio Tabucchi (autore di Piccoli
equivoci senza importanza. Il filo dell’orizzonte. Requiem), dal
titolo enigmatico*, è la dimostrazione di come si possa parlare
della realtà, ovvero della storia e di impegno civile senza scadere nei toni didascalici a cui ci hanno abituato alcuni parti epigoni del neorealismo sia in letteratura che nel cinema (per tacere della letteratura o del cinema di regime o del triste «realismo
socialista»).
«Sostiene Pereira»', oltre al titolo è l’inizio del libro; tutti i
frammenti di narrazione infatti si aprono e si chiudono con
questa espressione, che segna una presa di distanza, un’ipotesi
che ammette il dubbio, ma dalla quale ci lasciamo volentieri
trascinare con partecipe complicità. Pereira è un anziano giornalista di Lisbona, vedovo, grasso e cardiopatico, per 30 anni
confinato nella cronaca nera, a cui un giornale benpensante, nel
Portogallo della dittatura di Salazar (siamo nel 1938), affida la
redazione settimanale della pagina letteraria. Tutto perso nei
suoi dialoghi con il ritratto della moglie e con gli scrittori francesi dell’800 che traduce coscienziosamente, Pereira subirà in
un agosto afoso rincontro con Monteiro Rossi, neolaureato avventuriero di origine italiana, e con la sua fidanzata Marta. Entrambi coinvolti nella guerra civile spagnola contro le falangi
franchiste, essi faranno irruzione nella monotonia disincantata
della vita di Pereira, lo trasformeranno in un loro collaboratore.
Non è solo la nascita di un impegno civile: è l’evoluzione tutta
poetica (intorno, si presume, ai 60 anni) di un carattere, di un
personaggio che resterà famoso.
(*) Antonio Tabucchi: Sostiene Pereira. Milano, Feltrinelli, 1994,
pp 207, £ 27.000.
PROTESTANTESIMO
RIVISTA TRIMESTRALE
, PUBBLICATA DALLA FACOLTÀ VALDESE DI TEOLOGIA
VIA P. COSSA 42 - 00193 ROMA - FAX: 06/3201040
1, primo trimestre 1994 - voi. XLIX
Bf. Corsani, Messaggio e coscienza profetica P. Ricoeur,
L'economia del dono E. Genre, L'unità della teologia pratica
l. Marinelli, Venenum in ecclesia - Rassegne; G. Conte,'
Gli ebrei americani M. Rubboli, Le chiese negli Stati Uniti Cronache-, R. Ciappa, Filosofia e teologia A. Cassano, Filosofia ed esperienza religiosa - L. Pareyson Recensioni
14
PAG.
10
RIFORMA
venerdì 25 FEBEI
[EFIDÌ 2
•* »
Ammettere o no i bambini alla Santa Cena: una discussione in corso nelle nostre chiese
I bambini e la Cena del Signore
PAOLO RICCA
La «Cena del Signore» comunemente detta, nelle
nostre chiese, «Santa Cena» (e
in quelle cattoliche «eucaristia») è stata celebrata da Gesù alla vigilia della sua passione, cioè in un momento chiave
della sua vicenda terrena. Intimamente collegata con la Pasqua ebraica, con la Pasqua
cristiana e con la Pasqua eterna, nei cieli, la «Cena del Signore» è senza dubbio un
evento carico di significati
evangelici e di valori salutari.
In questo senso si può e si deve dire che essa è «santa»,
non solo ma è anche, grazie
alla parola di Dio che 1’
accompagna, santificante. Da
sempre quindi la partecipazione alla Cena richiede da parte
di ciascuno fede e discernimento.
È noto d’altra parte che il
quarto Evangelo, che pure sa
che la Cena ha avuto luogo
(Giovanni 13, 2), non vi si
sofferma e non ne fa oggetto
del suo racconto. E mentre i
primi tre Evangeli dicono che
a un certo punto «Gesù prese
del pane; fatta la benedizione,
lo spezzò, lo diede loro...»
(Marco 14, 22), il quarto
evangelista afferma invece
che «Gesù si alzò da tavola...
e preso un asciugatoio lo cinse... e cominciò a lavare i piedi ai discepoli...» (Giovanni
13, 4-5). Anziché narrare
r «istituzione» della Cena, il
quarto evangelista narra, si direbbe, r «istituzione» della lavanda dei piedi. Come per dire che il vertice dell’esperienza cristiana si ha non nella
partecipazione alla Cena ma
nel «lavare i piedi» degli altri
(bambini compresi). Anche la
lavanda dei piedi, peraltro, è
accompagnata dalla domanda:
«Capite quello che vi ho fatto?» (Giovanni 13, 12). I discepoli, prudentemente, non
rispondono.
2) Una delle caratteristiche
della Cena è che essa è, in sé,
semplicissima e nello stesso
tempo (o proprio per questo)
alquanto misteriosa. Non perché sia un rito segreto, tutt’altro, o perché le formule che
l’accompagnano siano espresse in un linguaggio iniziatico,
conosciuto solo da pochi. Al
contrario, il mistero della Cena consiste proprio nella
straordinaria semplicità dei
gesti che la costituiscono e
nella trasparenza delle parole
che vi vengono pronunciate.
Non c’è nulla di complicato
nella Cena, eppure... c’è da
chiedersi se i discepoli abbiano capito; quando Gesù la celebrò la prima volta non hanno neppure avuto il tempo di
riflettere. Ma la riflessione e
le interminabili discussioni
avvenute in seguito non hanno
chiarito gran che. Ancora oggi
non ci siamo messi d’accordo.
Quella semplicità originaria
continua a confonderci. Non
la Cena è complicata, noi lo
siamo. Perciò dopo venti secoli, ancora non abbiamo capito. O non abbiamo capito la
stessa cosa. O non sappiamo
dirla con le stesse parole. Dopo venti secoli ancora la Cena
ci sorprende e ogni volta ci
trascende. Certo, qualcosa
sappiamo e qualcosa comprendiamo. Ma qui più che altrove vale la parola di Paolo
secondo cui «vediamo come
in uno specchio, in modo
oscuro» e «ora conosciamo in
parte» (I Corinzi 13, 12). La
speranza è che la «parte» che
conosciamo sia l’essenziale,
cioè la sostanza di ciò che fac
ciamo quando celebriamo la
Cena.
Ma che cos’è questo «essenziale»? Lo dice bene l’apostolo Paolo quando sostiene
che per «mangiare» e «bere»
degnamente nella Cena occorre «discemere il corpo del Signore» (cfr. I Corinzi 11, 2829), discemerlo nel pane spezzato e distribuito (oppure con
il pane, o attraverso il pane o
in rapporto al pane o al di là
del pane, o in altri modi ancora; ci si può sbizzarrire con le
mille interpretazioni o speculazioni possibili), e discemerlo nella comunità di coloro
che ricevono il pane, secondo
che è scritto: «Siccome c’è un
unico pane noi, che siamo
molti, siamo un corpo unico,
perché partecipiamo tutti a
quell’unico pane» (I Corinzi
10, 17). In altre parole: per discernere il corpo del Signore
occorre ricevere il pane e il vino della Cena con la parola di
Dio, e non senza: senza la Parola, non si discerne niente.
Chiediamoci ora: può un
bambino (s’intende non un
lattante) discernere il corpo
del Signore? Sicuramente sì,
se è in grado di intendere le
parole della Cena nel loro senso proprio ed elementare
(«grammaticale» direbbe Lutero). Chi può capire quelle
parole, nel senso comune di
questa espressione (prescindendo quindi dalle mille spiegazioni più o meno [in]utili
che abbiamo loro dato), può
anche riceverle ed essere tramite loro posto in condizione
di discernere il corpo del Signore e così celebrare degnamente la Cena. Siccome poi
Gesù ha sovente invitato i
suoi discepoli a diventare «come bambini» per poter eventualmente accedere al regno di
«La verità vi farà liberi» (Qiovanni 8, 32)
PENTECOSTE ’94
Incontro degli evangelici italiani
FIRENZE - Palazzetto dello sport - 20-22 maggio 1994
PROGRAMMA DI MASSIMA
Venerdì 20 maggio 1994 ore 10 - Culto con predicazione di
ore 17,30 - Coro, saluto del presidente del Paolo Ricca (Giovanni 8, 32)
Consiglio dei pastori di Firenze - Con e canti - Offerta
- Culto con predicazione di Do-
menico Maselli ore 12,30 - Conclusione del convegno
- Offerta - Canti e cori Costo globale della partecipazione per chi
ore 21 viene da fuori (iscrizione, albergo e pasti):
- Incontro dei cori lire 160.000; per i residenti (solo iscrizione): lire 20.000
Sabato 21 MAGGIO 1994 Le iscrizioni (lire 80.000 a persona per i
ore 9 - Canto assembleare non residenti - questa cifra corrisponde a
- Preghiera metà della quota globale lire 20.000 per i
- Studio biblico su: «Lo Spirito residenti) vanno versate entro il 31 marzo
Santo nell’Antico Testamento» ’94; ma il comitato sarebbe infinitamente
(Daniele Garrone) grato se esse potessero pervenire entro feb - Canti e cori braio: per non perdere le prenotazioni degli
ore 10,15 - Studio biblico su: «Lo Spirito alberghi dobbiamo infatti versare dei consi Santo nel Nuovo Testamento» .stenti anticipi.
(Francesco Toppi) Per ogni nformazione relativa all’anda - Offerta e canti mento pratico del convegno, scrivete a:
ore 11,30 - Domande e risposte Pentecoste ’94,via dei Serragli 49, 50124 Fiore 13 - Pranzo renze. 11 comitato promotore
ore 16,30 - Coro e canti
— «La proposta evangelica negli Vi preghiamo di versare le vostre iscrizio anni ’90» (Giuseppe Barbanotti ni su uno dei seguenti conti: • *
e Giorgio Spini) - conto corrente postale n. 16458507 inore 21 - Essere evangelici nell’Italia di testato a: Pentecoste ’94 - Fcei, via dei Ser oggi: «Difficoltà e speranze» (te- ragli 49 50124 Firenze;
stimonianze dalle diverse realtà - conto bancario n. 403/1 intestato a:
evangeliche) Pentecoste ’94 - Fcei, via dei Serragli 49
- Offerta 50124 Firenze presso (Dariplo - A^nzia «. 2 di Firenze via dei Vecchietti, 5/Tt 50123
Domenica 22 maggio 1994 Firenze (codici bancari: Abi 6070 Cab
ore 8,30 - Riunione organizzativa 2802)
Dio, può darsi che lo dobbiamo diventare anche e proprio
quando celebriamo la Cena,
che è un anticipo del banchetto di quel Regno nel quale
sembra che i bambini entrino
per primi.
3) Un altro problema ricorrente a proposito della partecipazione alla Cena è se a tal
fine è necessario essere battezzati oppure no. Logicamente la risposta è «sì» perché la
Cena ha luogo nella comunità
cristiana e vi partecipano anzitutto i suoi membri, che lo diventano attraverso il battesimo. Il fonte battesimale dovrebbe essere all’ingresso della chiesa (in molte chiese antiche lo è ancora), e il tavolo
della Santa Cena in fondo,
nell’abside. È dunque normale
che quanti partecipano alla
Cena siano già battezzati. Ma
non mi sembrerebbe evangelico fare del battesimo una condizione per partecipare alla
Cena. La prima Cena, modello
di tutte le altre, fu celebrata
con persone (i «dodici» e forse altre) che non erano battez^
zate, o quanto meno non risulta che lo fossero, stando ai
racconti evangelici. Due itinerari spirituali e liturgici sono
dunque possibili: dal battesimo alla Cena e, inversamente,
dalla Cena al battesimo. Chi,
senza essere battezzato, partecipa alla Cena, «discemendo
il corpo del Signore», non tarderà a chiedere il battesimo.
La Cena, per definizione
(cioè perché è «del Signore»,
e non nostra), è aperta a tutti,
senza distinzioni né condizioni. Occorre, come si è detto, «discemere il corpo del Signore», ma nessuno ha il diritto di controllare negli altri
resistenza o la qualità di questo discernimento, mentre ciascuno ha il dovere di farlo su
se stesso. E qui è fondamentale ricordare che alla prima Cena partecipò anche Giuda
(Marco 14, 18;. Gesù non l’ha
scomunicato, al contrario ha
intinto con lui il pane nel piatto. E i discepoli non l’hanno
accusato, al contrario ciascuno
si è chiesto se per caso non
fosse proprio lui il traditore di
Gesù: ciascuno era un Giuda
potenziale. Ma appunto: chi
intende partecipare degnamente alla Cena, deve «esaminare se stesso» (1 Corinzi 11,
28), non gli altri.
4) Può darsi che alcune delle ragioni che oggi inducono
certe chiese ad accogliere i
bambini alla mensa del Signore siano più culturali che
spirituali. Viviamo in un mondo in cui i bambini sono trattati come adulti e quasi forzati
a diventarlo. Anche qui capovolgiamo l’Evangelo, che non
invita i bambini a diventare
come gli adulti ma gli adulti a
diventare come i bambini. Occorre perciò vagliare criticamente i motivi che ispirano la
tendenza a offrire la Cena anche ai bambini: ve ne possono
essere di buoni e di meno buoni. Ma anche l’indagine opposta merita di essere compiuta,
perché può ben darsi che un
certo numero di ragioni che
inducono certe chiese a non
accogliere i bambini alla mensa del Signore siano spiritualmente poco consistenti e
quindi prive di autorità. La
domanda a cui occorre rispondere sembra essere questa: un
bambino può essere introdotto
neir«essenziale» della celebrazione della Cena, così da
parteciparvi sapendo quello
che fa? Se la risposta è positiva (e riteniamo da parte nostra
che possa esserlo), che cosa
impedisce che un bambino
partecipi alla Cena?
Dal bollettino della Chiesa
valdese di Roma piazza Cavour
TEMPO DI ELEZIONI
CREDENTI
E POLITICA
'3>0S1
i pass
passi
VALDO BENECCHI
Dagli Evangeli non discendono una politica
«cristiana», un modello di società «cristiana», una dottrina
sociale «cristiana», un partito
di ispirazione «cristiana».
Non esistono ricette «cristiane» per risolvere i problemi della società. Nello
stesso tempo l’Evangelo non
è solo un fatto privato e interiore che non ha nulla a che
vedere con le nostre scelte. Il
compito, l’unico, che ci è stato affidato è di testimoniare
l’Evangelo di Gesù Cristo e
siamo chiamati a farlo là dove lavoriamo, là dove esercitiamo i nostri doveri e i nostri
diritti di cittadini, là dove ci
assumiamo delle responsabilità politiche e civili.
Noi scegliamo un partito e
un movimento politico non
sulla base di motivazioni di
fede o di presupposti valori
evangelici, né per obbedien
Sono pass
Sia fine de
I distrutti
—jrpo e sul
ìpitate lett
za a una chiesa, maséB n. 14 («1
base di una valutazio|lò») o un
ra e responsabile d^i, «I già
poste e dei prograni^cora sul
vengono offerti e cljtncora sul
niamo più adatti a rijló».
il paese. jyorrei din
Se non c’è una ¡^UaChiesa
«cristiana», c’è uninjn Salvo ((
stiano di vivere la riposa
tutte le altre realtàijrti e non t
All’interno della rel||o ricordo
della provvisorietà tìrstiti, più
stre scelte politiche ®iamo alle
mo interpellare dallTtutti i sei
lo di Gesù Cristo datone, fam
viamo la vocazione a(joga, delini
a testimoniare la ntì ne sareb
verità, la speranza d^iamo eh
di Dio. Lo faremo sShere, tam
matismi, senza scodelli prote
senza intolleranze ^ altro che
nostra testimonianzafteori, rive
Regno di Dio e, quii|t*alori o d(
mo consapevoli d^o> qualif
parzialità, dei suoi liapdo chi <
la sua discutibilità. ®nte.
tio non so
MORENO SOSTER
Il Testo comune di studio e
proposta per un indirizzo
pastorale dei matrimoni interconfessionali è sicuramente
un primo concreto passo nel
cammino ecumenico; per
questo dobbiamo ringraziare i
membri delle due commissioni e le chiese che hanno
dato loro mandato per questo
compito impegnativo.
Ritengo comunque che il
documento potrà rafforzare e
ampliare la sua portata ecumenica se sarà utilizzato dalle
comunità a cui è diretto. Mi
auguro che venga letto, meditato, criticato, rifiutato (purché non rimanga confinato
nei circuiti degli addetti ai lavori) e diventi realmente terreno di confronto e occasione
di riflessione per tutti.
Infatti ancora troppo spesso si ha una duplice e discordante visione delle coppie interconfessionali: da una parte
le si considera isolotti riconciliati della chiesa una e quindi fondamenti possibili di un
dialogo ecumenico, dall’altra
la loro presenza è sentita come problema che mette in
crisi la stessa identità delle
chiese di appartenenza dei
coniugi.
11 Testo riflette bene questa
situazione, facendo percepire
nella sua trama la buona volontà di un riavvicinamento
ecumenico mediante le coppie interconfessionali e manifestando al contempo il
proprio disagio che diventa
bruciante nella premessa, dove le chiese esprimono «...la
comune persuasione che 1’
unione delle persone e la comunione di vita nel matrimonio sono più agevolmente assicurate quando i coniugi
condividono la stessa fede».
Questa ambiguità si ripete
al punto 1.9 del testo in cui si
assiste più a un opera di
equilibrismo diplomatico tra
le chiese che ad una vera
apertura comune al matrimonio interconfessionale. Infatti nella prima parte l’approccio con la coppia interconfessionale rimane sempre
confinato nell’ambito delle
_„.a né fai
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Il dibattito sulle coppie interconfessfc
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ERDÌ 25 FEBBRAIO 1994
Pagina Dei Lettori
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LETTERA
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C’è 0 non c’è da parte di alcuni pastori una certa resistenza a trasferirsi al
Sud? È vero o non è vero che alla Tavola in questi ultimi anni, rivolgendo la
stessa in circostanze diverse vocazioni a
certi pastori a trasferirsi al Sud, alcuni
avrebbero detto chiaramente di no?
Non stiamo qui a fare processi a nessuno, ma cerchiamo piuttosto per quanto
possibile di capire il problema che una
nòstra sorella, Monica Natali, ha con
brusca chiarezza evidenziato suscitando
un dibattito importante del quale vorrei
sottolineare almeno tre punti: a) la disponibilità reale; b) pregiudizi sul Sud;
c) la necessità di un confronto. Sul pri
tutti i pastori e diàconi ci sia ima piena,
autentica disponibilità al servizio (come
viene dichiarato al momento della consacrazione) che però non coincide, sempre e necessariàmente, con una reale
mobilità sul territorio nazionale. 11 curriculum di ciascun pastore e diacono
esemplifica la situazione più di ogni discorso. Su questa questione ritengo che
la strada da percorrere, finita ormai
rèpoca dei trasferimenti a colpi di telegrammi, sia quella della concertazione
tra l’interessato e la Tavola che ha, sino
a prova contraria, una visione generale
del campo di lavoro. Quest’ultima però
deve essere messa in grado di muovere
le persone sécondo le esigenze che man
mano si presentano. Se le ragioni personali, nella sistemazione del campo di lavoro, contano più di quelle della Tavola,
non si è più di fronte al progetto del nostro esecutivo mà al tamponamento,
all’adattamento in cui ciascuno può ricavarsi la propria nicchia.
Sul secondo punto è vero che esistono
fsono passati circa 50 anni
Ila fine della guerra che ci
distrutti nell’anima e nel
•po e sul vostro giornale
pitate lettere come quelle
ù masdlin. 14 («La Repubblica di
ilutaziiljò») o un’altra, firmata G.
bile effii, «1 giorni della guerra»,
»granicora sul n. del 21 gennaio
rti esecra sulla Repubblica di
dti a ri^».
Ivorrei dire che faccio parte
una pjlla Chiesa valdese di Vastoè un min Salvo (Ch), e vorrei dire:
re la ptiii riposa nel soggiorno dei
realtàiprti e non c’è più vada il nomila relto ricordo. Ma per noi suirietà institi, più fortunati, che asitiche Aiamo allo sfascio dei valori
e dallì|tutti i sensi (politica, relisto da jone, famiglia, gioventù,
iione atjoga, delinquenza minorile e
e la nd ne sarebbe da elencare...)
inza dfciamo che lettere di questo
;mos9|liere, tanto più che siamo
a scoB^elli protestanti, non facciaanze^altro che rinnovare odio e
nianzaficori, rivendicando eroismi
e, quilfnlori o denigrando l’avvert'o'li qualificando o squalifisuoi Mudo chi credette diversailità.^nte.
Ilo non sono stata né parti«iBBIana né fascista, perché mio
jdre mi allevò nella dottrina
,ipc(,njcialista, ma per mio princiIIC03Ìq rniiitato in
Issuna formazione partitica
I prima né dopo la guerra.
0 73 anni e i brutti ricordi si
facciano alla mente, ma li
rbo per me, non ne faccio
uso propagandistico. Sono
ona di 4 nipoti maschi e di
femmina, e sono anche
onna: ne avrei da racconQuello che mi fa soffrire
¿he la mia generazione, do>ne chd tunti anni, non sappia poricomià'^ un po’ di pacificazione,
cordando, attraverso la
pa di un certo tipo, sebne profondamente laica,
itti e misfatti comuni sia
’una che all’altra parte, non
che alimentare odio,
omini ejMa quand’è che si recepi1, hannóje il messaggio evangelico:
/bagli#iure, perdono, pace? Perché
rare. Ot
in cafflii ■
ine e sòl
lay qui
chiese 1
L gradui
elle peli
; persoi
atrimoii
e in W
rmai
persoM!
Iture. ÌDIRETTORE; Giorgio GardioI
lente ilJVlCEDlRETTORI: Luciano Deodato, Emmanuele Paschetto
issione jjREDATTORl: Stelio Armand-Hugon, Claudio Bo, Alberto Bragaglia, Daniele
Busetto, Luciano Cirica, Alberto Corsani, Piera Egidi, Fulvio Ferrano, Maurizio Girolami, Anna Maffei, Milena Martlnat, Carmelina Maurizio, Luca Negro, Luisa Nitti, Jean-Jacques Peyronel, Roberto Peyrot, Gian Paolo Ricco, Giancarlo Rinaldi, Fulvio Rocco, Pietro Romeo, Marco Rostan, Piervaldo Rostan, Marco Schellenbaum, Federica Tourn, Florence Vinti, Raffaele
Volpe
ìARANTI: Franca Long, Andrea Mannucci, Mario Marziale, Fulvio Rocco, Bruno Rostagno
MMINISTRAZIONE: Mitzi Menusan
Ite piccSjBBONAMENTI: Daniela Actis
investi^TOCOMPOSIZIONE: Aec s.r.l. -tei. 0174/551919
sti poC^P*MPA: La Ghisleriana s.n.c. Mondovl - tei. 0174/42590
I ’ Edizioni protestanti s.r.l. - via Pio V, 15 bis -10125 Torino
jnfessiC
i incori^ ÌTàLì^ .......... ESTERO
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7^' |!a 'Sostenitore
cem^ •««mestrale
rso di Riforma + Confronti £ f00.000 (solo Italia)
Uà deir
' sul Sud. Le diverse
realtà eccleàastiche le conosci bene ^lo
lavotandoci; un copto sono i discorsi, le
inteiprótt^Ofli, I saggi e la televisione,
altra oOsa è Timmergersi neUa situazione ^eciiSca. Oggi, a mio avviso, uno dei
f problenii più grossi dei Sud nel lavoro
pastoraiè, è dato daUà dispersione, n fatto che ogni domenica si debba fare nidiamente 120 chilometri per presiedere
due culti, 10 trovo frusoante perché è un
continuo saltellàre. Un mio collega, per
esempio, lo scorso me^ ha fatto 3.500
chilometri (e non è la prima volta) solo
^ per culti e riunioni ecclesiastiche; si tratta anche di costi notevoli per mantenere
mo punto sono convinto che da parte di piccole posizioni che, particolarmente
. • -------:— jjgj capoluoghi di provincia, sono su
scettibili dì interessanti sviluppi. In particolare penso ad Agrigento dove si stó
facendo un grosso lavoro tra gli immigrati e di presenza culturale nella città. Il
Sud è polverizzato, una diaspora vaStìssima, e il lavoro pastorale richiede una
mobilità inconcepibile altrove.
" Personalmente, sul problema in generale dei trasferimenti pastorali e diaconali, vedrei bene un dosaggio che preveda
almeno tre periodi diversi. Un esperienza
di lavoro alte Valli che è pur sempre un
mondo particolare e rimane una grande
palestra di vita, di memoria e delTessere
chiesa. Una seconda esperienza di lavóro
potrebbe essere nel Sud per meglio capire il nostro paese, te difficoltà dell’evangelizzazione, Temergenza come realtà
quotidiana,* entrare insoromà nel calore
uraanov sincero e coinvolgente di queste
nostre piccole chiese meridionali che fesistonó e testimonianó, Una tefasa èsperienza dovrebbe essere rincontro con la
grande città, dove c’è tutto e il contrario
di tutto e dove sei nraggiormente sfidato
sul piano dei rapporti umani, culturali,
religiosi e di fede.
Comunque sia non penso che chi, come pastore o diacono, ha lavorato tutta
una vita in un’area geografica ristretta
sia teologicamente meno preparato di altri che hanno ^rato di più. Anzi forse è
il contrario e forse queste persone hanno
avuto anche meno problemi di ordine fa-miliare (lavoro del coniuge, scuola per i
figli, amicizie...). Ci dovrebbero essere
regole valide per tutti i pastori e diaconi
sapendo che spesso un trasferimento non
previsto, sofferto, può trasformarsi in
una grande benedizione e in una forte
esperienza dì vita. Si tratta, in altre parole, di condividere tra tutti gli operai e
operaie della chiesa quella necessaria
mobilità capace di garantire il ricambio
delle persone nelle varie opere e chiese,
che è caratteristica specifica della nostra
presenza in Italia. Se però questa caratteristica non funziona più perché troppe
sono te eccezioni, i casi personali, i problemi, allora cambiamola o ridimensioniamola.
Il fascino del lavoro pastorale e diaconale sta anche in questo interrogativo;
dove andrò la prossima volta? Lasciamo
che altri ci chiamino a un servizio che
non può diventare un self Service. Lasciamo che ancora una volta vinca la fiducia in Dio anziché la nostra paura,
cattiva consigliera. Sarebbe interessante
riprendere in Sinodo, in modo più ordinato, questa rifiessione anche per far ca
pire alla Tavola se realmente quello che
pensano le chiese sui trasferimenti dei
pastori e dei diaconi corrisponde al pensiero dei diretti interessati.
Giuseppe Platone - Riesi
dare spazio a queste lettere?
Lasciamo che la storia la scrivano gli storici, non è nostro
compito scrivere, visto che
siamo contemporanei. Ai posteri l’ardua sentenza. Il messaggio del nostro credo comune ci dovrebbe portare verso
ideali come quelli dell’evangelizzazione. In un momento
tanto difficile per la nostra nazione, per l’Europa e per il
mondo è necessario pregare;
che il buon Dio non scateni la
Riforma
Via Pio V, 15 -10125 Torino - tei, 011 /65527S - fax 011 /657542
Via Foria, 93 - 80137 Napoli - tei. 081/291185 - fax 081/291175
Via Repubblica, 6 -10066 Torre Pellice - tei. e fax 0121/932166
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ori e si
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65.000
150.000
33.000
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- via aerea
- sostenitore
f 110.000
£ 170.000
£ 200.000
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er abbonarsi: versare l’importo sul ccp n. 14548101 intestato a Edizioni proItiti s.r.l., via Pio V15 bis, 10125 Torino.
PubblleaaoiM sattf/Minto unttvte con L’Eco ddle vtìO wt/dedi s
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iconomlcl: a parola £ 1.000
ria è il nuovo titolo della testata La Luce registrata dal Tribunale di Pinerdo con il n. 176
11“ gennaio 1951, responsabile Franco Giampiccoli. Le modifiche sono state registrale
ri ordinanza in data 5 marzo 1993,
^mero 7 del 18 febbraio 1994 è stato consegnato per l'inoltro postale airUffick) CMC
. via Reiss Remoli 44/11 di Torino mercoledì 16 febbraio 1994.
sua ira sul nostro capo. Devo
pensare che i miei coetanei
sono fermi nel tempo e nello
spazio. Tengo a precisare che
io rimango rispettosamente e
profondamente nel ricordo di
quei sacrifici dei miei amici e
compagni di scuola che non
ci sono più e, in qualsiasi formazione militarono, meritano
rispetto e onore. C’è troppo
accanimento politico. Se questo è il protestantesimo, è paragonabile al cattolicesimo
che dopo la guerra benediceva alcuni perché democristiani e malediceva altri perché
comunisti.
In vista delle elezioni del
27 marzo si fa appello per i
voti. Ma lasciate che l’elettore prenda coscienza e voti secondo la propria ideologia!
Se è vero che l’uomo è un
animale politico, come la
mettiamo con il suo connotato soprannaturale e la sua ansia di Dio? Evangelizziamo e
preghiamo perché vengano
vocazioni per la formazione
di pastori bravi che ce n’è
tanto bisogno. Ci piace pensare a un giornale laico, ispirato alTEvangelo, sebbene
non dimentico dei problemi
dell’uomo risolvibili con
l’aiuto di Dio.
Anna Ferriello Luciani
Termoli (Cb)
Attenti!
Il clic
di prima pagina
La costruzione di un
acquedotto in California
mette a confronto l’aspetto
«piccolo» della struttura (i
singoli pezzi da stringere)
con la vastità dell’opera e
lo spazio paesaggistico in
cui essa si inserisce. Un
po’ come per le ferrovie
nel vecchio West.
Caro Direttore,
l’esperienza insegna che è
sempre pericoloso pubblicare
articoli di «dilettanti» su argomenti delicati e complessi;
si rischia spesso di disinformare il lettore. È quello che è
puntualmente accaduto con
l’articolo del simpatico amico
dei tempi di «Agape» Maurice Bodmer («Qumran: i manoscritti scoperti nel 1947 e
la nascita del cristianesimo»,
in «Riforma» n. 5 del 4 febbraio, p. 10). Ma molto peggio ha fatto il Vostro redattore che ha scritto l’infelice occhiello dell’articolo; «Un importante libro fa il punto sulla
questione»! Ma come si fa a
scrivere questa assurdità? Il
libro di cui si parla nell’articolo è ormai universalmente
riconosciuto come un’opera
spregiudicata scritta da due
abili giornalisti inglesi (specialisti nella ricerca del Santo
Graal!) che hanno fabbricato
a tavolino un astuto best seller che li ha certamente arricchiti, ma a scapito della realtà
e della serietà storica. E questo rimane vero anche se,
purtroppo, i due divulgatori
hanno potuto rifarsi agli scritti di una studioso isolato che
ha formulato ipotesi strampalate non seguite da nessuno.
Sono questi i libri di cui
«Riforma» raccomanda la lettura?
Eppure, anche nel nostro
piccolo ambito, non ci mancano i veri esperti della materia. Sembra che talvolta ci dimentichiamo di avere a Roma
una Facoltà di teologia che è
specializzata in questo campo. Tra l’altro queste iniziative maldestre vanificano anche l’importante opera di divulgazione che varie nostre
istituzioni culturali tentano di
portare avanti tra mille difficoltà. Nelle prossime settimane. ad esempio, la Claudiana
pubblicherà un’opera divulgativa ma solidamente documentata, scritta da uno dei
maggiori specialisti americani, colui al quale è stata affidata la direzione del progetto
di pubblicazione in versione
inglese e tedesca di tutti i manoscritti di Qumran; James H.
Charlesworth. Il titolo del libro sarà: Gesù nel giudaismo
del suo tempo: le scoperte più
recenti, a cura di D. Tomasetto. Chi voglia documentarsi
seriamente è avvisato.
Carlo Papini - Torino
Viabilità
e tombe
PAG. 1 1 RIFORMA
ri, di divisioni rigide. L’area
più vasta, circa il 90%, fu riservata ai cattolici; un piccolo
settore agli israeliti, con tanto
di porta sovrastata dal candelabro a sette bracci, ma subito
invaso da tombe cattoliche.
Un piccolo settore, a monte
della porta centrale, per gli
«acattolici».
La realizzazione di immensi viali d’accesso, il proliferare di tombe di famiglia alte
sino a otto metri, nonostante
il rischio sismico, occuparono presto tutto lo spazio disponibile. Nei successivi ampliamenti, il diffondersi di
tombe di famiglia da sei posti
occupanti, quasi quaranta
metri quadrati ciascuna,
portò ad occupare tutto lo
spazio disponibile e le edicole funerarie cattoliche andarono a circondare anche il
settore «acattolico», occupato
principalmente da sepolture
in terra di valdesi e luterani,
le maggiori comunità presenti a Sanremo. Si consideri
che in uno spazio di quaranta
metri quadrati possono trovare sistemazione oltre trecento
urne cinerarie. Con l’approssimarsi del cantiere stradale,
le sepolture in terra furono
tutte riesumate, senza neppure avvertire gli eredi. In più
di un caso, ai parenti che
chiedevano notizie dei resti
dei loro cari, fu risposto dagli
addetti; «Se ne scelga uno!»,
indicando la catasta dei sacchi di plastica pieni di ossa.
Questo è il trattamento che
l’arroganza dei cattolici riserva ai «diversi», nonostante
fervano, in città, gli incontri
ecumenici fra confessioni diverse.
Oggi i trenta proprietari
delle tombe abusivamente
realizzate in settore altrui si
oppongono alla proposta della municipalità di sistemare
in loculi provvisori i feretri in
attesa di realizzare nuove
tombe. I proprietari, invece,
pretendono l’immediata costruzione delle copie delle
edicole da demolire, prima di
spostare qualsiasi cosa; dovremo attendere due anni prima che i lavori siano terminati. Così, per i privilegi di trenta persone, i duecentoventimila cittadini della provincia
di Imperia saranno costretti a
lunghe code sull’unica, antica, strada statale.
Alberto Politi - Sanremo
È nota a molti la vicenda
della superstrada di Sanremo
finita tra le tombe del cimitero Armea, poiché diversi telegiornali nazionali ne hanno
parlato. È sicuramente meno
noto il motivo di tale interruzione. Progettata per alleggerire il traffico sulla plurimillenaria via Aurelia, la statale
1 che attraversa, unica strada,
tutta la provincia di Imperia,
questa variante interna avrebbe dovuto collegare i centri
minori al nuovo Mercato dei
fiori realizzato nella valle Armea, subito a levante della
città di Sanremo.
Per non intaccare nessuna
proprietà privata, il progetto
iniziale fu misteriosamente
modificato e il tracciato attraversò l’area cimiteriale. Ci
furono, subito, opposizioni da
parte di tutte le forze economiche e sociali della città,
poiché era ferma convinzione
di ognuno che le aree cimiteriali fossero intoccabili. Invece, grazie al monopolio
della Chiesa cattolica, per la
legge sono intoccabili le aree
«consacrate».
Il cimitero Armea, realizzato neU’immediato dopoguerra. abbracciò subito una
vastissima area, superiore ai
100 mila metri quadrati e diviso in settori, poiché erano
anni, quelli, di cortine, di mu
RINGRAZIAMENTO
«L'Eterno è il mio pasiore,
nulla mi mancherà''
Salmo 23,1
La sorella Rosinetta, I nipoti
Romano con la moglie Giulia, Nilde con II marito Renzo e Cristina
della cara
Ige Acinelli
ringraziano commossi per la dimostrazione di affetto ricevuta
nella triste circostanza.
Un ringraziamento particolare
alla pastora Koenigsmann, alla
Casa valdese e alla comunità di
Rio Marina.
Genova, 15 febbraio 1994
«Né forze del cielo, né forze
della terra, niente e nessuno
ci potrà strappare
da quell'amore
che Dio ci ha rivelato
in Cristo Gesù, nostro Signore
Romani 8, 38
È mancato all'affetto dei suoi
cari il pastore valdese
Carlo Gay
di anni 80
Lo annunciano, nella certezza
della risurrezione, la moglie Emma, i figli Antonio, Paolo, Marco,
Giovanna, Livia, Erica con i rispettivi consorti, il fiàtello Giovanni, le sorelle Alina e Matilde e I nipoti tutti.
La sepoltura ha avuto luogo nel
cimitero di Porosa Argentina.
Torino, 25 febbraio 1994
16
PAG. 12 RIFORMA
Villaggio Globale
VENERDÌ 25 FEBBRAIO
» 1
Come si spiega il fenomeno che ormai coinvolge anche i paesi dell'Est europeo?
Una nuova parola d^ordine si diffonde
in tutta ^Europa e nel mondo: privatizzare
ROIERTO PIYROT
Nel panorama dell’«Italia
che cambia» (ma di
quanto cambierà?) un posto
non secondario è riservato alla privatizzazione di aziende
pubbliche. La recente vendita
del Credito Italiano e dell’Imi
ha avuto un grosso successo
mentre le prospettive per la
Comit, in vendita in questi
giorni, sono altrettanto favorevoli. Ma il programma successivo interesserà altri settori; a maggio-giugno sarà la
volta dell’Ina (assicurazioni),
a dicembre toccherà alla Stet
(telecomunicazioni), nel gennaio ’95 all’Enel (energia,
110 mila dipendenti) e ancora
all’Agip, uno dei più grandi
gruppi petroliferi europei.
Una cosa forse meno nota è
che questo fenomeno è ampiamente esteso a livello planetario. Lo documenta il numero di febbraio del mensile
francese «Le monde diplomatique» che dedica alla
questione un ampio servizio.
Nell’Est europeo la Russia ha
dismesso migliaia di aziende,
e in proporzione altrettanto
hanno fatto la Polonia, l’Ungheria, la Slovacchia, la Repubblica ceca. Il periodico
sottolinea come queste operazioni vedano strane alleanze
negli acquirenti: vecchi rappresentanti della nomenklatura comunista si trovano affiancati a finanzieri occidentali. Al Sud, le privatizzazioni
vengono controllate e dirette
dal Fondo monetario intemazionale e così Cile, Argentina,
Messico, Venezuela, Bolivia,
Perù e quanto prima il Brasile
vendono e venderanno miniere e fonti energetiche, telecomunicazioni e anche terreni e
foreste demaniali.
All’Ovest, oltre aH’Italia di
cui già si è detto, il movimento concerne tutta l’Europa,
con una dimensione che si va
via via ampliando. Ne sono
coinvolti la Germania, la
Gran Bretagna (che dopo 10
anni di privatizzazioni punta
ora su quelle delle poste e
delle ferrovie), la Francia, la
Spagna, l’Austria, l’Olanda, i
paesi scandinavi. Milioni di
dipendenti passano o passeranno dalla gestione pubblica
a quella privata: si calcola
che in questi trapassi, nel solo
Occidente europeo, siano in
ballo qualcosa come 300.000
miliardi di lire, di cui una
metà impiegati nelle telecomunicazioni e l’altra suddivisa fra il settore energetico
(90.000 miliardi) e quello
bancario-assicurativo (60.000
miliardi).
Di fronte a un fenomeno
così imponente c’è veramente
da chiedersi perché i governanti di così tanti paesi abbiano deciso di disfarsi di un
gran numero di aziende e di
enti rappresentativi dei più
disparati settori finanziari e
industriali. La risposta più
ovvia è che i disastrati bilanci
e il debito pubblico li hanno
indotti a un tal passo (copie
d’altronde da loro stessi motivato) col beneplacito più o
meno entusiastico dei vari
esponenti politici.
Qualche riflessione peraltro
si impone. Innanzi tutto, molto di queste aziende sono
senz’altro con conti all’attivo
(si pensi alle banche) mentre,
per contro, esse vengono quasi svendute allo scopo di invogliare al massimo i possibili acquirenti. Basta leggere i
giornali dei giorni scorsi che
esaltano la convenienza di
queste operazioni, scoprendo
Una fabbrica tradizionale in Russia. Anche nel paesi dell’Est europeo soffia il vento delle privatizzazioni
così nuovamente «il bello
della Borsa». D’accordo che
la Costituzione incoraggia il
risparmio popolare, ma non
pare questo il modo più corretto e appropriato per promuovere un vero risparmio
che, nel merito, si basa piuttosto su un fatto speculativo.
Un’altra considerazione riguarda la questione del cosiddetto «azionariato diffuso»
allo scopo di evitare colpi di
mano di anonimi potenti. In
effetti il concetto regge ma
ciò non toglie che queste
azioni, una volta vendute, saranno successivamente a disposizione del miglior offerente. E ancora, in che pro
porzione serviranno queste
vendite a riequilibrare i conti
dello stato? Non è stata forse
la disastrosa gestione di tanti
Enti (sia a causa degli sprechi
e sia per la nefasta pratica del
clientelismo e delle tangenti)
a ridurci alle attuali condizioni? Non sarebbe stato meglio
prima «ripulire» le amministrazioni? E chi ci assicura
che le privatizzazioni diano
risultati positivi sia dal punto
di vista economico che da
quello gestionale (non ci sono
solo banche in vendita)? Non
è forse ipotizzabile che una
«sana» conduzione possa
condurre a nuovi licenziamenti, con conseguenti ulte
riori aggravi per i conseguenti interventi sociali, a carico
del contribuente?
Da queste sia pur superficiali considerazioni viene da
pensare che non si tratta solo
di azioni che vengono immesse sul mercato ma, come
sottolinea anche il succitato
mensile, si tratta di un grande
potere economico - e quindi
politico - che passa di mano.
Con queste operazioni, viene
posta in causa la natura stessa
del compromesso fra realtà
capitalistiche e le esigenze
democratiche e sociali. Anche di questo dovremo tener
conto in vista delle prossime
elezioni politiche.
Richieste severe misure per la proteziu
Basta con ¡1 massaq
delle foreste
L’Istituto americano di protezione della natura (Worldwatch Institute) ha chiesto
che vengano prese misure
drastiche per la conservazione delle foreste. In uno studio presentato recentemente
a Washington si denuncia il
fatto che, nonostante accordi
internazionali come quelli
presi nella Convention per la
protezione delle foreste tenutasi nel 1992, il «massacro
delle motoseghe» continua.
Secondo le dichiarazioni di
alcuni scienziati non sospetti,
negli ultimi cento anni la superficie della terra coperta da
boschi è diminuita notevolmente, passando dal 32% al
26%. Lo studio, che è intitolato «Che cosa fare per salvare le foreste?», afferma
che solo il 12% delle terre
emerse possiede un «ecosistema boschivo intatto».
Gli esperti dicono che le
misure prese finora in molti
paesi per salvare le foreste
sono assolutamente insufficienti. Non basta intervenire
su singoli casi, bloccando qui
l’attività di una segheria, là il
lavoro dei taglialegna, o combattendo le speculazioni sul
suolo. Sono le strutture economiche fondamentali che
vanno cambiate e va ridefinito il diritto di proprietà dei
boschi. L’istituto propone di
tassare in modo rilevante la
vendita del legname, in modo
che corrisponda ai «veri costi» del diboscamento. Sul futuro delle foreste dovrebbero
decidere i quasi 500 milioni
di persone che li abitano, e
non coloro che si arricchiscono con la loro distruzione.
A un anno dalle elezioni presidenziali che hanno posto fine al regime di Ratsiraka
Dopo sedici anni di dittatura, il Madagascar
è impegnato a costruire la sua III Repubblica
Da un anno il Madagascar
cerca di liberarsi della pesante eredità lasciata dalla lunga
dittatura di Didier Ratsiraka,
che ha rovinato il paese. La
Grande Isola dell’Oceano Indiano è ora impegnata nella
costruzione della sua terza
Repubblica. Il paese, più
grande della Francia ma fra i
più poveri del mondo, fa
molto affidamento sulle chiese cristiane per uscire dal
tunnel, e ciò con l’appoggio
del «fihavanana», la cultura
di base della società malgascia, che ha permesso l’emergere di una versione locale della teologia della liberazione.
Era il 10 febbraio 1993
quando il leader delle «Forze
vive» dell’opposizione, il
chirurgo Albert Zafy, «l'uomo col cappello di paglia»,
vin.se le elezioni presidenziali
con circa il 67% dei voti. Dopo anni di larga mobilitazione popolare e di imponenti
manifestazioni pacifiche,
spesso represse nel sangue,
veniva così posto fine al potere dell’ammiraglio Ratsiraka che durava dal 1975.
Nel vasto movimento di
coscientizzazione di fronte a
un regime «marxista» che,
anno dopo anno, aveva trascinato il paese nella corruzione, nel mercato nero e nella violenza, le chiese cristiane del Madagascar, riunite
dal 1980 nel Consiglio delle
chiese cristiane malgasce
(Ffkm) hanno giocato un ruolo di primo piano. Albert
Zafy è stato portato al potere
dalle «Forze vive» dell’opposizione ma deve molto anche
all’impegno del Ffkm. Le
chiese cristiane (cattolica, anglicana, protestante riformata
e luterana) hanno aiutato i
cittadini malgasci a farsi carico della vita politica.
Secondo il sacerdote Philippe Ranaivomanana, rettore
del grande seminario interdiocesano di Antsirabé, la seconda città del Madagascar
con circa 600.000 abitanti,
che era recentemente di passaggio a Friburgo, in Svizzera, «i 16 anni durante i quali
Ratsiraka è stato al potere
sono stati anni di regressione morale, culturalé, economica... Gli ospedali, le scuole, la moralità pubblica, tutto
si è degradato!». E le conseguenze morali sono disastrose: «Prima, veniva almeno
riconosciuto il diritto degli
altri, c ’erano meno furti, meno banditismo, più coscienza
professionale. Oggi è il "si
salvi chi può" individuale.
Colui che giunge al potere
cerca prima di tutto di riempirsi le tasche». E aggiunge
Ranaivomanana; «Alla fine
del regime di Ratsiraka, non
c ’era più nulla che avvenisse
secondo le leggi: era il regno
dell’arbitrario e della corru
zione».
All’inizio di questo regime,
Ratsiraka aveva illuso la gente con la sua Carta della rivoluzione. Alcuni settori della
Chiesa cattolica gli erano favorevoli in quanto il suo programma comprendeva elementi conformi all’Evangelo,
come la giustizia, la libertà,
la dignità dell’uomo. «Ma
molto presto, all’inizio degli
anni ’80, la pratica ha contraddetto i bei discorsi». Il
Ffkm si è ben presto reso
conto che la gente veniva ingannata. Nelle chiese si cominciava a coscientizzare il
popolo. La crisi ha inoltre
aiutato le chiese a diventare
più ecumeniche; del resto
l’ecumenismo era ben radicato nel Madagascar, perché il
popolo malgascio è molto
tollerante.
La cultura di base malgascia, il «fihavanana», include
nozioni di tolleranza, di armonia, di riconciliazione, di
legame, di solidarietà, di vita,
di pace. «Tutto ciò che è famiglia, comunità, aiuto sociale, è alla base della nostra
cultura - dice Philippe Ranaivomanana - per questo,
all’inizio, siamo stati attratti
dal socialismo». Ma l’individualismo neoliberale che si è
ormai affermato nella Grande
Isola non corrisponde alla
cultura del Madagascar; ora
la gente spera che il presidente Albert Zafy ponga un freno
a questo individualismo for
sennato che schiaccia gli altri.
Le comunità ecclesiali di
base malgasce si orientano a
partire da una teologia della
liberazione la cui base è il
«fihavanana»: prima di tutto
vengono i rapporti tra le famiglie, quindi tra i clan, i villaggi e così via. Il «fihavanana» non è solo una relazione
orizzontale tra le persone ma
anche un rapporto verticale
con Dio. Le comunità ecclesiali di base integrano anche
le altre confessioni cristiane.
Non ci sono solo cattolici, ci
sono anche protestanti; «l
membri delle comunità di base pregano insieme, leggono
insieme la parola di Dio, è
un ecumenismo di base molto
forte». Nello stesso tempo si
pensa concretamente al bene
e allo sviluppo del villaggio;
la gente si organizza al livello parrocchiale, nei quartieri:
«Quando si nota che qualcosa non funziona, per esempio
l’assenza di wc nel villaggio,
allora occorre rimediare.
Partendo da una lettura
dell’Evangelo, si fa una coscientizzazione molto pratica: ci si mette a costruire wc
oppure una pompa per portare acqua».
Questo farsi carico collettivamente, della vita della comunità, spesso con l’aiuto
delle Ong (organizzazioni
non governative), è uno dei
motori dello sviluppo del
Madagascar. (Spp)
Spedizi
In case
si preg
via Pio
L’Edìtoi
corrispi
«Il bosco ha un valj
perfore al suo legno» á
nello studio. Le foreste]
lano il clima e sono unal
sa contro le inondaziòi
sistema intricato delle j
è un depuratore delle a;’
favorisce la vita di mai
di pesci. Inoltre le i
prattutto quelle delle fij
tropicali, possono esse®
lizzate in maniera intejj
L’industria farmacej
guadagna annualmente^
100 miliardi di dollaiì
medicinali i cui ingre|
vengono ricavati dalle é
dei boschi. ^
«Worldwatch» affeni|
il guadagno che si ri»
questi «prodotti sec«3
delle foreste non viene.|
to presente quando si è|
di concedere che ettari il
tari di terreno venganoij
scati e dissodati. I goj
vendono il legno a un jp
troppo basso e favoris!
così un consumo di lep
sopportabilmente alto. |
cuni paesi chi fa operai
boscamento riceve addi
ra delle sovvenzioni. ¡
Alan During, che è l'a
di questo rapporto, è|
opinione che la situai
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re se i loro abitanti ava
il diritto di esprimerei
parere. L'istituto giudici
sitive le iniziative perSj
boschimento e segnai
progetto indiano nel|
sono impegnati gli abiti
circa 10.000 villaggi siij
superficie da rimbosáfe
un milione e mezzo álí
Agli abitanti dei villaggij
ne concesso il diritto di'|
per un certo numero dtj
la zona rimbo,schita. Sai
«Worldwatch» questi p6|
ti hanno molta maggior?!
babilità di successo di|
che vengono attuati^
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A giudizio dell’istitul
industriali e gli esporli
del legno hanno in molti|
si un notevole potere)
permette loro di contói
con successo le riforme
cessarle. In Malesia e a)
paesi vengono rilasciate^
cessioni per il dibosca»
da politici che si fann»
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per la lavorazione del II
hanno affrontato «spesij
tevoli» per ottenere uè
fluenza politica. And®*
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fra il potere e il denaro.
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senziale per mantenere >
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