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Anno 119 - n. 26
1 luglio 1983
L. 500
Sped. abbonamento postale
> arupDo hip'70
In caso di mancato recapito rispedire
a: casella postale - 10066 Torre Pellice.
Sig. FELLFGRIÌÌI Elio
Via Caduti Liberta’ 3
lOOÓD TORRE PELLICE
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
Punti
di vista
« Il potere logora chi non ce
l’ha » La famosa battuta sorniona di Andreotti, immagine di una sicurezza di potere senza termine, appartiene ormai definitivamente alla storia. Le elezioni
del 26 giugno hanno dimostrato
che il potere logora chi ce l’ha e
l’ha usato per troppo tempo per
le mediazioni deU’immohilismo,
per null’altro che la conservazione del potere stesso. Nel nostro
sistema, caratterizzato da spostamenti percentuali al massimo di
un paio di punti, la perdita del
5% rappresenta un tracollo clamoroso che va ben al di là dei
numeri. In particolare segna la
fine del collegamento diretto tra
mondo cattolico e DC non solo
su questioni singole (referendum
su divorzio e aborto) ma ora, per
la prima volta, sui programma
politico per una legislatura. Senza il supporto organico del mondo cattolico, la DC si avvia ormai ad essere un partito privo di
quei sostegni fissi che le hanno
permesso di egemonizzare il potere e questa nuova situazione
potrebbe essere irreversibile.
Il potere non logora chi ne ha
avuto una parte e l’ha saputa gestire con autorevolezza invece
che con clientelismo. I veri vincitori sono i repubblicani di Spadolini e il presidente Pertini non
potrà non tenerne conto. Spadolini è stato un presidente che ha
avuto un minimo di autorità e
questo, in un sistema come il nostro che consente di fatto un potere minimo al presidente del
Consiglio rispetto al potere lottizzatore dei partiti di governo, gli è
valso un consenso notevole che
anche qui va oltre i muneri.
Il potere logora anche chi vuole averne troppo rispetto alla
propria consistenza numerica e
per questo talvolta non guarda
troppo per il sottile. Il programma del PSI, dall’iniziativa delle
eiezioni anticipate alla richiesta
pressante di poter fare un balzo
in avanti per poter condizionare
la scena politica, risulta fortemente ridimensionato: esso richiedeva, per realizzarsi, ben più
deiri% di aumento ottenuto.
I comunisti escono poco logorati malgrado il loro isolamento. Anche qui più che le percentuali contano le prospettive e
Berlinguer ha dunque avuto ragione: i numeri per raltematlva
(anche se non il quadro e il progettò politico) ci sono.
E ora? Le primissime impressioni dicono che la situazione è
più critica che mai. Mentre infatti è cresciuto il voto di protesta,
soprattutto nei canali del MSI
e del non voto, si è ristretto il
margine di manòvra dell’unica
coalizione possibile. Il periodo
che si apre è dunque uno dei
più incerti e delicati della Repubblica. Qualunque equilibrio di
governo si trovi — e sarà sempre più precario dei già instabili
del recente passato — è sperabile che la sinistra cominci davvero il dialogo che è indispensabile per uscire da questa incertezza
elaborando un progetto polìtico
che consenta, la prossima volta,
.di trasformare i segnali dati ora
in negativo in concrete indicazioni positive.
IMPRESSIONI SULLA MOBILITAZIONE IN OCCASIONE DELLA VISITA DEL PAPA
Franco Giampiccoli
Entusiasmo per il popolo polacco
Là (dove la libera espressione è negata dall’assenza di democrazìa politica la gente sa
istintivamente che ogni occasione è buona per darsi appuntamento e riconoscersi unita
Per tutto il tempo in cui è durato il viaggio di Wojtyla in Polonia, ho assistito alle immagini
di quel viaggio, trasmesse dalla
nostra televisione, in un coacervo di emozioni contraddittorie.
Entusiasmo, autentico e commosso, di fronte a questa immensa manifestazione di popolo,
di fronte a questa marea di gente a cui è stato imposto un silenzio di armi e di paura, che
non perde occasione per darsi
appuntamento, contarsi, riconoscersi, sedimentare esperienze
collettive di partecipazione e di
lotta. Perplessità, profonda e
preoccupata, per la natura di
questa occasione non perduta, e
cioè l’arrivo di un uomo e la mobilitazione di una struttura ecclesiastica, di cui conosciamo bene l’ambiguità, perplessità, soprattutto, per la riproposizione,
che i mass media occidentali
non smettono di ripercorrere,
deH’identificazione, pressoché assoluta, data per scontata,' ossessiva, tra la Polonia che lotta e la
Polonia che venera la madonna
nera. Senso di ostilità e dì rancore, lo stesso che sempre proviamo di fronte ad una ingiustìzia gratuita e ricorrente, verso
questo pontefice, che sa interloquire con tanta partecipazione e
con tanto — perché non riconoscerlo? — affetto per le masse
oppresse della « sua » Polonia,
subito dopo aver saputo rimanere inspiegabilmente freddo, rigido, poco « solidale » di fronte all’oppressione e al lamento, non
meno terribile e struggente, delle folle incontrate sulle piazze del
Centro America.
Ma forse l’emozione più forte
è rimasta la domanda di fondo,
che non trova risposta e non sa
formulare previsioni fondate, sul
futuro di questa incredibile Solìdarnosc, a cui, seppure indirettamente, Wojtyla ha riconosciuto, di aver saputo stupire il mondo. Solidamosc che non aspetta
l’arrivo del Papa per mobilitarsi e mobilitare, e che nello stesso tempo sa cogliere fino in fondo l’opnortunità simbolica e politica di questo arrivo: Solidarnosc, la cui direzione politica si
gioca sul binario inS\olito di una
direzione impacciata dalla clandestinità e mutilata dal carcere
e della figura-simbolo * del suo
principale dirigente, che continua a sfuggire alle tentazioni
della sua sorvegliatissima libertà
grazie ad un indiscutibile e fortissimo coraggio personale, ma
che appare in continuazione minacciato dalla contraddizione lacerante e inerente alla sua stessa identità, di capo degli operai
e di cattolico fin troppo convinto.
Su Walesa i principi di questo
Elezioni poiitiche
In altre occasioni i risultati delle elezioni potevano essere manipolati (nella iato interpretazioni opposte di elezioni politiche
degli anni ’60). Oggi il tracollo détta DC è inequivocabile.
mondo (capi di stato in divisa,
pontefici nostalgici di un ruolo
politico che non è più del nostro tempo, gestori, fin troppo
espliciti e imprudenti, dei mass
media ecclesiastici) hanno tentato di tutto: mercanteggiamen
PREDICAZIONE TENUTA ALLA CONFERENZA DEL IV DISTRETTO
La voce dei disperati
Marco 5: 24-34
uno
Eb
Ci troviamo davanti ad
dei tanti miracoli di Gesù.
bene, se consideriamo i miracoli
solo come eventi prodigiosi operati da Dio, rischiamo di banalizzare l’insegnamento che tali avvenimenti contengono.
Dobbiamo piuttosto chiederci:
perché questo carisma presente
netta chiesa sub-apostolica non è
più presente tra noi? Questo interrogativo in realtà fu posto fin
dai primi secoli detta storia della Chiesa; molteplici furono le
risposte che fecero slittare il
problema verso una speculazione teologica atta a giustificare la
nascente organizzazione piramidale della Chiesa.
I primi tentativi di dare una
spiegazione a tale fenomeno, già
notato da vari scrittori patristici, compaiono all’indomani dell’editto di Costantino (313 d.C.).
Considerati prima come potere
dato a « pochi eletti », dinanzi
alla loro definitiva scomparsa,
Giovanni Crisostomo (344-407)
elaborò una teoria secondo la
quale la capacità di operare miracoli era stata concessa atta
Chiesa primitiva per « diffondere
la parola della religione » e poi
tolta perché il messaggio di Cristo era noto al mondo intero e
quindi i credenti « non hanno bisogno di questo sussidio ». Que
sta teoria ripresa da Agostino
(354-430) e poi da Gregorio Magno (540-604) ebbe fortuna fino
alla grande sistemazione teologica tomistica del tredicesimo secolo che interpretò i carismi come dono o grazia « gratis datae ».
Assistiamo quindi alla elaborazione di un dogma che considera il miracolo in funzione di
un potere detenuto da un’élite,
nonché come mezzo di persuasione religiosa.
Ma Gesù ha lasciato a tutti gli
uomini la possibilità di operare
ciò ad Una condizione: chiedere
nei Suo Nome (Giovanni 14: 1213) ed aver fede quanto un granello di senape (Luca 17: 6).
In realtà non è tanto l’aspetto dell’incomprensibilità dell’evento che va sottolineato, quanto
la dimensione umana in cui esso
si svolge e gli insegnamenti che
si possono trarre al fine di coinvolgere la nostra vita in analoghe situazioni.
La donna malata della narrazione evangelica era, in forza alle disposizioni legislative levitiche (Levitico 15: 19-24), obbligata a vivere lontana dalla società;
ogni contatto con essa era cotisiderato contaminante. Una disposizione legale a salvaguardia
detta vita si trasformò in un principio giuridico che nel caso in
esame emarginava una malata
che, per il solo fatto dì essere
donna, era già di fatto e di di
ritto posta ai margini della società.
Eppure il testo di Marco ci dice che i medici si erano prodigati per guarirla, ma gli interventi tecnici operati, forse con
sacrifici personali, erano privi di
misericordia (cfr. Matteo 9: 13),
frutto di una cultura che ignorava la dimensione umana.
La presenza di Gesù per la
donna rappresenta la speranza
di un recupero totale della propria vita, ma Egli che era venuto per i malati e non per i sani
(Matteo 9: 12) si trova circondato proprio da coloro che non hanno bisogno di Lui e lo pressano
da vicino impedendogli con la loro presenza asfissiante che un
contatto si stabilisca con chi è
atta ricerca disperata del Cristo,
anzi costoro considerano il desiderio della donna condannabile
perché contaminabile a causa
delle sue perdite di sangue.
A questo atteggiamento si contrappone quello di Gesù che non
avverte gli innumerevoli contatti di tante persone che lo circondano nella speranza di trovare
una soluzione a problemi forse
non fondamentali per la loro vita, ma sente la presenza ed il
grido di dolore e di speranza di
una reale sofferenza e sposa la
causa della donna fino a dichìa
Antonio Mucciardi
ti, strumentalizzazioni e svendite. Se quest’uomo, co.sì come ap-,
pare, continua a resistere è perché non è solo: la sua identità
di capo di un movimento di lavoratori e di popolo viene continuamente rafforzata da una
tensione di lotta che non si stanca, in questa altalena di speranze e frustrazioni, di momenti di
alta e di bassa; mentre la sua
identità di credente, fiducioso e
obbediente, potrebbe, a limgo andare, venire indebolita dalla irresolvibile vocazione della sua
chiesa a mediazioni e mercanteggiamenti con il potere.
In un articolo, che forse non
a caso era intitolato « Nell’anno
di Lutero ». un giornalista italiano ha scritto questa settimana
di una istintiva avversione per
ouesta tonaca bianca circondata
dai microfoni che « si mostra
ma non vede, parla ma non
ascolta, non conosce le masse
sofferenti che avvicina e che ravvicinano, conosce e riconosce per
primi dovunque approdi, i rappresentanti, i simboli, i luoghi,
i riti dei poteri costituiti... dando a Cesare anche quel che di
Cesare non è. purché resti alla
Chiesa ouel che preme solo alla
Chiesa, non ad un dio riconoscibile nella coscienza degli uomini ».
Là dove la libera espressione
della voce collettiva è negata
dall’assenza di democrazia politica, la gente sa istintivamente,
prima ancora che razionalmente, che ogni occasione è buona
per darsi appuntamento e riconoscersi unita: dalle oceaniche
messe papali alle sparute manifestazioni dei pacifisti cecoslovacchi.
Ma dall’agosto del 1980 ha sicuramente cominciato a realizzare che la vera sede della speranza e anche della trattativa sta
più all’interno di un cantiere naveile che su una piazza aperta per
venerare Maria.
(continua a pag. 6)
Francesca Spano
2
2 vita delle chiese
1 luglio 1983
DALLA CONFERENZA DEL IV DISTRETTO
PALERMO
I giovani e ie chiese
Sud dimenticato
Alle brevi note sulla Conferenza del IV Distretto, pubblicate sul numero scorso insieme ai principali atti, facciamo
seguito con questa cronaca che completa la relazione dei lavori del Distretto meridionale.
La conferenza del IV Distretto ha registrato l’assenza della
FGEI: nessuno dei segretari delle regioni del sud era, infatti, presente al dibattito. In ogni caso,
al di là di questo episodio, tale
assenza ha solo accentuato il
reale e complesso problema, riportato in conferenza, della scarsa presenza dei giovani nelle nostre comunità. Le comunità del
IV Distretto hanno, nella quasi
totalità, lamentato il lento (ma
non troppo) processo di senilizzazione cui sono sottoposte. « I
giovani in chiesa non vengono »
— è stato detto — « Colpa delle
strutture ecclesiastiche poco adatte ai giovani », è stato risposto. Ognuno degli intervenuti ha
cercato, sforzandosi, di « entrare » nella questione. Questione
non facile, la cui soluzione, però, sicuramente necessaria per
le nostre chiese, non sembra essere vicina. Sensibile e seriamente preoccupata per questo
la conferenza ha espresso, di
conseguenza, la necessità di proseguire e approfondire il dibattito attraverso un « convegno »
(o un incontro) organizzato nel
IV Distretto, convegno che possa affrontare « la questione giovanile » nel rapporto con le chiese più adeguatamente e più dettagliatamente.
Pace e lotta alla
mafia e alla camorra
La presenza della cittadina di
Comiso e di fenomeni come la
mafia e la camorra nell'area del
IV Distretto non potevano non
far soffermare l'attenzione dei
delegati sulle questioni della pace e sulla lotta alla mafia e alla
camorra.
Per quanto riguarda il primo
punto, il pastore Bonnes della
Commissione nazionale BMV sulla pace, ha introdotto il dibattito facendo una valutazione della
situazione del movimento della
pace; valutazione non sempre
positiva (come ci si aspettava)
in cui ha, invece, sottolineato la
caduta frequente nelle nostre comunità deìrattenzione riguardo
i temi della pace. La conferenza
ha comunque raccolto l’invito
per la manifestazione nazionale
per la pace, che si svolgerà a Roma il 22 e 23 ottobre. In tutti gli
interventi, al di là dell’esatto e
concreto impegno delle comunità, ci è sembrato tuttavia di cogliere una precisa e indiscussa
volontà di pace; soprattutto jjer
il ruolo che le nostre comunità
evangeliche nossono avere nel
processo pedagogico-civile, quale
può essere la formazione e l'educazione alla pace. « L’educazione alla pace è forse oggi il
terreno in cui si ^oca la fedeltà
evangelica di tutti noi » (relazione Commissione esecutiva).
Contro la mafia e contro la camorra dovranno, inoltre, impegnarsi le comunità del sud (è
stato ribadito in un o.d.g della
conferenza). Impegno, ovviamente, proporzionato alle loro forze
e alla loro possibilità che possa,
anche con poco, (partecipazione
a manifestazioni contro ia mafia, adesione a comitati locali
antimafia ecc.) « testimoniare la
novità dell’amore e della giustizia dell’annuncio di Cristo ».
Opere sociali
e culturali
Nel corso del dibattito ampia
discussione ha avuto l’analisi dei
vari centri sociali (Vittoria, Bethel, Cese, Adelfia, Orsara, ecc.).
La conferenza ha approvato il
lavoro svolto in questi centri e
i programmi futuri di espansione e di sviluppo dei medesimi.
L’attenzione, comimque, rispetto a questo tema, è stata rivolta
soprattutto al costituendo Centro socio-culturale di Guardia
Piemontese. Per luglio saranno
ultimati i lavori di restauro di
>una casa di proprietà valdese.
Finalmente dopo 4 secoli si potrà riavere a Guardia Piemontese un « luogo » valdese aperto
a tutti. Consapevole dell’importanza, quasi « storica » che tale
evento comporta per le chiese
Calabre, senza meditare « sogni »
di riconquista quanto mai fuori
luogo e fuori tempo, l’assemblea
del Distretto ha definito e nominato un comitato promotore che
oossa indicare e coordinare le
iniziative necessarie per l’inaugurazione e l’apertura del centro di Guardia Piemontese. Le
attività future del centro dovranno indirizzarsi, seguendo le
indicazioni degli interventi al dibattito, allo studio e alla ricerca delia storia e della teologia
protestante in Italia meridionale.
Ruolo dei ministeri
Ultimo, ma non meno importante, è stato il dibattito sviluppatosi intorno al ruolo dei ministeri nella chiesa. L’assemblea
ha, sostanzialmente, fatto proprio il documento del XIII Circuito e la maggioranza degli interventi ha ribadito la necessità
che si possa e debba allargare
sempre di più e ad un numero
maggiore di laici la gestione, interna ed esterna, della chiesa.
Nella convinzione — come quaicuno ha detto — e nella concezione di una chiesa non più « pastore-centrica » ma ricca e viva
della pluralità delle vocazioni e
dei ministeri.
L. C.
«Forza, Etna, la Sicilia è tua!».
Questa scritta, comparsa recentemente sull’autostrada Serenissima tra Padova e Venezia, non è
che un gesto di cattivo gusto di
qualche spirito bizzarro, da non
prendere sul serio. Ma ha dato
la stura a pregiudizi non ancora
scomparsi e dall’altra parte, sulla stampa isolana, a reminiscenze e a risentimenti che si credeva appartenessero al passato.
Ma perché non dire. Invece dei
luoghi comuni contro i meridionali, che la gente di Sicilia è sana, laboriosa, onesta, che in ogni
caso, non bisogna fare di ogni
erba un fascio, che la Sicilia ha
dato i più bei nomi alia storia
dell’arte, della musica, della letteratura, della scienza, della politica? Perché non dire che re- '
centemente, la popolazione ha
dato meravigliosi segni di rinnovamento, di coraggio, di forza?
Se il nostro cuore infatti rimane agghiacciato dall’ininterrotto
susseguirsi dei più efferati delitti
di mafia, è anche vero che la gioventù scende sulla piazza per dimostrare contro; che c’è una mobilitazione delle coscienze mai
prima verificatasi; che per la
prima volta, la settimana scorsa,
la Magistratura di Palermo ha
inflitto severissime condanne
contro le più potenti e pericolose cosche mafiose; che se c’è chi
specula persino sulla installazione dei missili Cruise a Comiso,
un milione di firme sono state
raccolte in Sicilia per la pace e
il disarmo.
E in casa nostra non sopravvive ancora qualche pregiudizio,
non si verifica qualche discriminazione?
Nella relazione della CED presentata alla conferenza del IV
distretto ad Ecumene, nei giorni
10-12 giugno '83 si legge: « senza
fare da cassa di risonanza alle
lamentele di chi vuole il Sud abbandonato a pochi pastori male
in arnese... non godiamo di trop
pi apporti da parte di pastori
che abbiano svolto una parte del
loro ministerio alle Valli Valdesi o in una chiesa del Nord, i
quali potrebbero darci il loro
contributo prezioso di una esperienza diversa dalia nostra... un
maggiore scambio di servizi pastorali fra Nord e Sud, fra « Valli » ed « Evangelizzazione » tornerebbe a vantaggio di tutti... ».
Ma non basta dirle queste cose! Che senso avrebbero allora i
nostri bei discorsi sinodali sull’Evangelizzazione?
In molti di noi c’è il convincimento che le nostre chiese del
Sud siano trascurate, dimenticate, sottovalutate.
Come è possibile infatti che una fiorente comunità autonoma
come quella di Palermo-Centro,
allo scadere del quattordicennio
del servizio pastorale, non riesca
a trovare un candidato alla successione? Porse ci sono ancora
dei pastori che guardano al Sud
come ad una terra di missione,
in cui le migliori intelligenze sarebbero sprecate?
La chiesa di Palermo è la più
antica delle chiese valdesi della
Sicilia. Ha una tradizione di fedele testimonianza. Dispone di
un bel tempio nel centro nevralgico della città. Ha ispirato e
reso possibile la creazione del
Centro Diaconale La Noce.
La comunità ha grandi possibilità di inserimento nella vita cittadina che è in sofferenza per i
mali secolari che la travagliano,
ma che è in lenta, sicura trasformazione, nella ricerca di una migliore qualità della vita.
È dunque un avamposto della
nostra presenza evangelica in
Sicilia per ima predicazione profetica, un avamposto che non può
essere trascurato ma che richiede uomini capaci di rafforzare
ciò che è debole e di non deludere l’attesa.
Pietro Valdo Panasela
CORRISPONDENZE
Festa a Casa Materna
PORTICI — 12 giugno 1983: ricorre il 78° anniversario della fondazione di Casa Materna, l’Istituto per orfani fondato nel 1905
dal pastore metodista Riccardo
Santi e dalla sua signora Ersilia,
realizzando così la loro aspirazione di servire il Signore attraverso l’amore per i bambini. Sul
frontale dell’architrave della Casa leggiamo il versetto « Lasciate
i fanciulli venire a me » e tutta la
vita ed il lavoro di Papà Santi
— com’è da tutti affettuosamente ricordato il pastore Santi — è
stato improntato all’amore per
i piccoli fanciulli. Ancora oggi
i direttori di Casa Materna, il
dottor Teofilo ed il pastore Emanuele Santi, perseguono lo stesso
scopo ed operano alla stessa maniera per l’avanzamento del Regno di Dio e la promozione umana. Stamani, perciò, abbiamo avuto un culto solenne di celebrazione dell’anniversario. La Chiesa era affollata di fratelli, di
simpatizzanti e di stranieri venuti da ogni parte del mondo: dall’America, dall’Inghilterra, dalla
Svezia, dall’Olanda, dalla Germania, dalla Svizzera per prendere parte a questa celebrazione
e per poter fare del bene agli orfani. Il culto è stato presieduto
dal pastore Emanuele Santi che
ha diretto con energia ed amore
le varie parti del culto e poi,
col reverendo Fred Doli, presidente del Comitato internazionale di Casa Materna, ha distribuito gli elementi di Santa Cena
agli oltre 70 membri che ne han
no fatto richiesta. La testimonianza è stata portata da alcuni
degli ex alunni della Casa degli
anni 60 e da una ex maestra che
ci ha parlato della sua esperienza con gli alunni di Casa Materna e con lo staff direttivo. È stato un culto durante il quale abbiamo sentito la presenza vivificante e consolante del Signore
mentre abbiamo potuto realizzare il profondo significato dei doni dell’amicizia, della fratellanza, della carità, della bontà del
Signore.
Nel pomeriggio si è avuta, poi,
la festa nel meraviglioso parco
della Casa. Festa basata su canti,
danze, recite, ginnastica, musica.
Il pastore Emanuele ha presentato il programma coadiuvato
dai dott. Teofilo e dall’instancabile direttrice Signora Livia Santi. Non vogliamo dimenticare la
signora Luisa Santi Zaccaro, rientrata a casa dall’America, appunto per poter riabbracciare i suoi
in questa particolare occasione.
Hanno partecipato alla festa tutti i membri della comunità metodista con i propri familiari, alcune rappresentanze delle chiese
di Napoli e dintorni, le famiglie
degli alunni interni ed esterni,
una rappresentanza dell’Ospedale Evangelico Villa Betania e tutti gli stranieri presenti tra i quali ci piace ricordare il pastore
Cyrii Davey autore dell’ormai famoso libro su Casa Materna « Aggiungi due posti a tavola». In
tutto circa 500 convenuti. « Il Signore è il mio pastore, nulla mi
mancherà » è uno dei cardini
trainanti della vita di Casa Materna. E quest’oggi ne abbiamo
realizzato ancora una volta il
giusto senso attraverso la presenza di tanti fratelli ed amici
ai banchi di vendita dei lavori
fatti dagli alunni di Casa Materna ed al buffet offerto dalle signore della comunità e da amici.
Visita dalla Svizzera
FORANO — « E tutti quelli che
credevano erano insieme ». Membri delle chiese di Forano e Pratteln, con i pastori Romussi, Wartenweiler, Deodato e Naso, hanno trascorso alcune ore insieme,
lasciandosi non senza difficoltà,
al punto che alla partenza dei
fratelli svizzeri qualche foranese entusiasta di scambiare impressioni è dovuto scendere dal
pullman in corsa! Gli amici di
Pratteln resteranno nel nostro
ricordo e tutta la comunità li
ringrazia per i doni spirituali e
tangibili lasciati.
— L’assemblea di chiesa, dibattuto lo scritto di F. Barbero pubblicato dall’Eco-Luce, ha votato
all’unanimità una dichiarazione
in cui approva tale pubblicazione nella consapevolezza che le
parole di Malachia possono essere rivolte a ciascuno di noi e
nella preghiera che la fede non
sia mai soffocata dalla religiosità. Ha inoltre eletto Rocco Giuliani ed Ileana di Maulo nel concistoro, avendo Bruna e Claudia
compiuto il terzo quinquennio di
servizio nel nome del Signore.
— La domenica di Pentecoste
hanno confermato la loro fede:
Bruno, Sabina, Noemi, Davide,
Massimo, Rina, Claudia, insieme
alla comunità che commossa ha
apprezzato le loro promesse.
— Il 24 e 25 aprile un numeroso gruppo di foranesi è partito
all’alba per visitare «Rio Marina » che nel periodo estivo impegnerà il pastore Romussi. Ora
che la comunità conosce l’opera
che allontanerà per breve tempo il proprio pastore lo lascerà
partire con meno rimpianto, più
consapevole delle necessità estive di quell’opera.
— Il 28 maggio si è serenamente spenta a Roma, nella casa
della figlia Alma, la sorella Margherita Marcucci Scarinci.
Margherita ha dedicato molto
del suo tempo al servizio del Signore partecipando attivamente
alla vita della Chiesa.
Ultimamente si era ritirata a
Roma ma era sempre legata alla sua comunità. Il giorno del funerale erano molte le persone
che accompagnandola all’ultima
dimora la ricordavano per la sua
affabilità ed umiltà.
Ospitalità agli
omosessuali
PADOVA — Il 28 maggio ha
avuto luogo nelle Sale Sociali della Chiesa Metodista una riunione del « Collettivo di assistenza
pastorale agli omosessuali ».
Il presidente del Consiglio di
Chiesa, S. Guargena, presente all’inizio dei lavori con alcune sorelle, ha rivolto ai convenuti un
cordiale saluto a nome del Consiglio e di tutti i fratelli di chiesa.
Egli ha ricordato ai presenti
quanto l’attività di questo gruppo, che vede nel fratello Giudici
un infaticabile coordinatore e organizzatore, stia molto a cuore
alla comunità padovana. Il fratello Guargena ha inoltre invitato i membri del « Collettivo » a
presenziare e partecipare attivamente alla vita della comunità,
in nome di quell’Evangelo di Cristo che è annuncio di libertà e di
amore, nel superamento di tabù e
pregiudizi.
Il « Collettivo di assistenza pastorale agli omosessuali » tiene le
sue riunioni con scadenza mensile; in queste occasioni il Gruppo
di Attività femminile offre un thè,
in segno di amicizia e di solidarietà.
— Il giorno 26 maggio si è
spento il fratello Marcello Barbisan, da molti anni membro della comunità di Padova. Al funerale il pastore Grimaldi ha rivolto ai numerosi presenti un forte
messaggio evangelico incentrato sulla non-paura del credente,
in quanto credente, di fronte alla
morte.
Marcello Barbisan, prima che
lo colpisse la grave malattia che
lo ha portato alla morte, aveva
dedicato molto del suo tempo e
delle sue energie alla comunità:
lo ricordiamo capace e solerte
monitore della scuola domenicale; coordinatore per vari anni del
Campo-Vacanze a Tramonti; alcune volte anche sul pulpito, in
assenza del pastore. Noi vogliamo ricordarlo appunto nel pieno
della sua vitalità ed allegria e
desideriamo esprimere alla famiglia (in special modo alla moglie
ed al figlio) la nostra commossa
riconoscenza per ciò che ha donato alla comunità e il senso della più viva partecipazione al dolore per la sua scomparsa.
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r
1 luglio 1983
fede e cultura 3
ITINERARI STORICI NEL SUD - 1
Puglia valdese
In Puglia vi sono località note
come residenze dei Valdesi nel
tardo Medioevo e nel Cinquecento, e centri urbani dove esistono oggi chiese e gruppi vaidesi come a Cerignola, Foggia
e Orsara di Puglia.
La carta ci indica un primo
itinerario in partenza da Cerignola, nel cuore del Tavoliere.
Quivi è operante un importante centro valdese, situato all’ingresso della cittadina sulla statale 16, con — accanto alla chiesa — un asilo infantile e un centro ricreativo-culturale. Proseguendo sulle statali 16, 161 e 90
e attraversando i paesi di Orta
Nova e di Castelluccio dei Sauri,
si arriva dopo una settantina di
km. percorsi su comode strade
non affollate al bivio per .Orsara di Puglia, che si raggiunge in
pochi minuti. Questa cittadina è
posta su un ameno colle a 650
m. sul livello del mare, quasi al
confine tra la provincia di Foggia
e quella di Benevento, al limite
meridionale dei Monti della Daunia. Sede di una importante comunità valdese fondata nel 1900
per opera di emigranti del luogo tornati evangelici dall’America, Orsara presenta tutti i problemi politico-sociali tipici della
crisi del nostro Meridione (cfr.
« Gioventù Evangelica », marzoaprile 1973 : Inchiesta fra i gruppi evangelici in Puglia e Lucania, e Arturo Cericola, Origini
della comunità valdese di Or
L’articolo sussiste
Caro Giampiccoli,
nel momento di spedirti la mia lettera, dedicata ad altro argomento, mi era
venuto il sospetto che tu fossi tentato
di pubblicare la parte riguardante la
tua lettera aperta a Giuliana Gandolfo.
Se avessi avuto l'intenzione di prendere posizione sul giornale, lo avrei fatto con argomenti di principio, su piano
diverso. Evidentemente è pericoloso entrare in corrispondenza con direttori di
giornali!
Anche se non ho mai avuto dimestichezza con le questioni regolamentari,
né nutrito particolari tenerezze nei loro
confronti, avevo il dubbio che l’art. 143
non fosse più in vigore, ma non avevo
potuto controllare, perché per 3 anni
non mi erano stati mandati gli Atti del
Sinodo. Ora mi sono procurato gli Atti
del 1979, da cui risulta che Kart, sussiste tuttora nella sostanza anche se la
forma è un po' diversa.
Art. 43 (R.0.3): « 1 pastori e gli optanti a pieno tempo in attività di servizio non possono esercitare altra diversa
attività remunerata, incluse quelle pubblicistiche. né prestare la loro opera a
servizio di terzi, se non con previa autorizzazione della Tavola ».
Cordialmente
Vittorio Subilia, Roma
Perché non dovrebbe
presentarsi
(...) Ognuno sceglie ciò che ritiene
meglio, ma che cosa farà il pastore
Gandolfo quando dovrà scegliere se seguire la linea del partito o quella di
Cristo?
È facile rispondere, a parole, ma per
i maneggioni dei partiti poiitici italiani,
Dio è solo un ,« personaggio » utile ai
loro scopi o del tutto inutile quando
non serve quegli soopi.
Secondo me un pastore non dovrebbe presentarsi candidato per un partito politico per i seguenti motivi:
a) non può servire a due padroni!
b) gli operai sono pochi e non bisogna soltanto « pregare il Signore della messe che induca altri operai nella
messe » ma non si devono perdere quelli che operano;
c) in politica chi non sa mentire
fa poca strada, non è ascoltato, non
riesce ad avere un gruppo di lavoro
attorno a sé e, da isolato, non può
far nulla. Allora a che serve?
d) da solo con altri 200 o anche solo 20 deputati, farebbe la fine di un vaso di coccio contro i vasi di ferro;
e) il partito si serve di lui (o di
Sara e cause della sua crisi, in
« La Luce » del 14 maggio 1976).
Orsara è una buona base di
partenza per almeno quattro ricognizioni storiche, durante le
quali ci sarà buona guida lo storico secentesco Pierre Gilles, che
nella sua « Histoire ecclésiastique des Eglises réformées... autrefois appelées Vaudoises » del
1644, scrive ad un certo punto
che « verso il 1400, essendo i Vaidesi di Provenza perseguitati per
volontà del papa avignonese,
tornarono in parecchi alle Valli
donde erano partiti i loro padri;
e di là, accompagnati da altri numerosi abitanti di quelle stesse
Valli, andarono a risiedere ai
confini della Puglia... e col tempo vi edificarono cinque borghi,
cioè M'onteleone, Montaguto,
Faeto, Celle e Motta. Infine, verso il 1500, alcuni di Freissinières
ed altri delle Valli andarono ad
abitare la città di Volturara».
Oggi, in tutti questi luoghi —
eccetto che a Celle e a Faeto —
non è rimasta alcuna traccia di
queste colonie valdesi, scomparse in seguito a quella che i cronisti locali chiamarono « correzione cattolica » nel biennio 15631564 per opera del gesuita Cristoforo Rodriguez (cfr. Giovanni
Gönnet, C’erano Valdesi in Puglia nel tardo Medioevo?, in
« Quaderni » 1-1980, pp. 267-292 Istituto di Scienze Storico-Politiche, Facoltà di Magistero, Università degli Studi di Bari). A
Faeto e a Celle, invece, si parla
tuttora im idioma, che ricorda
quello degli antichi residenti.
Non si tratta del provenzale come quello tuttora parlato a
Guardia Piemontese, bensì del
franco-provenzale. Questa diversità idiomatica, sulla quale vi
sono state interessanti ricerche
in questi ultimi tempi, ha fatto
sorgere tutta una serie di problemi relativi alle origini di quei
due paesi. Si sa ormai con certezza che, prima dell’arrivo dei
Valdesi come ricordato dal Gilles, si erano avuti a Faeto e Celle degli stanziamenti di soldati
angioini fatti venire, insieme con
le loro famiglie, dalla Francia
meridionale per volontà di Carlo I d’Angiò, che voleva con essi
costituire una forza d’urto da
manovrare contro i Saraceni, a
loro volta fatti affluire, poco a
sud di Lucera, da Federico II
di Svèzia: una specie di linea gòtica « ante litteram » ! Ora, è probabile che in mezzo a queste milizie provenienti dal sud francese ci fossero anche dei Valdesi,
a meno che la via delle Puglie
fosse stata loro suggerita dai loro confratelli di Calabria. Comunque, pare accertato che i nostri padri non fondarono, materialmente parlando, quei borghi,
ma che vi s’insediarono ad ondate successive nel Quattro e nel
Cinquecento. Oggi a Faeto opera
un nucleo dell’Esercito della Salvezza.
Dati gli antefatti storici su riferiti, le gite indicate sono molto suggestive, a partire tutte da
Orsara :
1) Montaguto e Monteleone:
statale 90 e 91 bis, con un breve
tragitto in provincia di Benevento ;
2) Troia, Castelluccio Vaimaggiore, Celle e Faeto: strada
diretta per Troia, e poi diramazione a sinistra dopo 5 km. sulla
statale 160 verso Lucerà. Troia
è sede vescovile, con una grandiosa cattedrale del tipo romanico pisano-pugliese, con innesti arabi, bizantini e armeni;
3) Lucerà, Motta Montecorvino e Volturara Appula: statali 160 e 17. Lucerà è ragguardevole sia per il suo vasto anfiteatro ellittico, di epoca romana augustea, sia per il suo imponente
castello svevo, una delle sedi
preferite dell’imperatore Federico II;
le!) so!o per ottenere i voti va!desi (siamo pochi, ma tutto serve) e, nel caso
specifico, serve al PCI per dimostrare
che il suo ateismo... è relativo!
A! direttore Giampiccoli auguro miglior successo a! Sinodo di quanto ne
ebbe la proposta del pastore Bertin al
Sinodo del '76, (se non erro). (...).
Aldo Rostain, Torino
Rapporto tra pastore
e comunità
Caro direttore,
due osservazioni allo scambio di lettere aperte tra te e Giuliana Gandolfo.
La prima, che vi siete dimenticati
ambedue di un precedente ben più significativo di quello di Vinay. E cioè
che un altro « pastore valdese-donna »
si candidò, senza successo, come indipendente nelle liste comuniste nel
1979. Si tratta, come certo ricordi, di
Gianna Sciclone, pastore di una comunità povera che vive in una regione in
cui la miseria, quella vera, spinge con
maggiore spontaneità i credenti e il
loro pastore a cercare il riscatto dalla
miseria anche intervenendo in prima
persona per testimoniare l'agape cristiana nel vivo delle lotte sociali. Non
tanto una esperienza intellettuale, quanto una esperienza di vita. Del resto anche il caso di Vinay rifletteva situazioni proprie di una comunità ricreata e
sviluppata con un forte contenuto sociale e ben diversa dalle comunità vaidesi del Piemonte.
La seconda che tutti e due, tu e la
Gandolfo, se ho ben capito, vedete la
questione come una diversa concezione
del ruolo pastorale: la Gandolfo come
una vocazione a testimoniare il suo essere pastore anche al di fuori della comunità; tu come un impegno prevalente verso la Chiesa, e per essa la comunità, col conseguente rifiuto di ogni
forma anche larvata di strumentalizzazione, peggio poi se progressivamente
istituzionalizzata. Mi pare trascuriate
ambedue che dovrebbe essere preminente il punto di vista delle comunità;
non tanto nel fatto che esse approvino
o meno la decisione di un pastore, ma
piuttosto nel rapporto fondamentale tra
pastore e comunità che trascende anche
un eventuale appoggio unanime del momento, perché la comunità esisteva
prima ed esisterà dopo la presenza di
un determinato pastore. Non per niente
i regolamenti prevedono limiti alla permanenza in una sede di un pastore,
proprio per evitare limiti alla vita comunitaria, legandola ad una persona.
So che il pastore è (o dovrebbe essere?) un credente come gli altri e quindi con gli stessi doveri e gli stessi diritti; ma in più degli altri ha i doveri
che gli appartengono come guida della
comunità che gli è affidata.
lo non ho né la voglia né l'autorità
per esprimere un giudizio sulla vostra
polemica. Ma se il Sinodo dovesse occuparsi del problema, dovrebbe farlo
non in negativo, proibendo questa o
quella manifestazione ad un credente,
pastore o no, ma in positivo definendo
con maggior chiarezza il concetto di
comunità non vincolata né al tempo
né alle persone che la costituiscono in
un determinato momento, e i doveri
che ogni pastore ha quando accetta di
esserne la guida. I valori cristiani che
la comunità è chiamata a vivere sohìl
eterni, quelli di azione politica sono
sempre contingenti.
Molto cordialmente alla Gandolfo e
a te.
Niso De Michelis, Milano
Meglio laici preparati
Caro Giampiccoli,
sono totalmente d'accordo con te per
il contenuto della « lettera aperta » Inviata al pastore Giuliana Gandolfo. Hai
ragioni da vendere! — Permetti che aggiunga qualche mia osservazione sul
problema di fondo, che è « Ministero
Pastorale e Rappresentanza Politica »,
Se anche » far politica » rientra nel
« sacerdozio universale dei credenti »,
perché non esercitano tale sacerdozio
in primo luogo i fratelli « laici » (uso
questo termine solo per comodità!)?
Dove sono i fratelli e le sorelle che,
nelle nostre chiese, reclamano (giustamente) di essere riconosciuti come facenti parte del « sacerdozio universale »? Perché non si impegnano in questo servizio nel politico, nel sociale,
nell'artistico ecc. in cui essi sono certamente più preparati dei fratelli e delle sorelle che hanno fatto solo gli studi di teologia? — Possibile che. Invece,
vi si debbano impegnare proprio i
« teologi » che sono stati chiamati e
preparati al ministero specifico della
Parola di Dio? — Gli apostoli rifiutarono
addirittura, nella comunità di Gerusalemme, di occuparsi della diaconia (che
è comunque un servizio squisitamente
cristiano) ritenendo « non convenevole
lasciare la Parola di Dio per servire le
mense » (Atti 6). — Oggi ci sono dei
Pastori che, invece, ritengono « convenevole » lasciare lo specifico servizio della Parola per servire la « politica » (le « mense » del nostro tempo!).
Domani, sempre per il « sacerdozio universale dei credenti », ci saranno dei
Pastori che vorranno predicare i! Vangelo impegnandosi nella carriera diplomatica o nel settore del commercio. Quanto bisogno ci sarebbe che la
Parola di Dio fosse predicata in quei
settori. I testi biblici non mancano!
Ben vengano I • sacerdoti » che vorranno esercitare il loro ministero in
questi ed altri settori ancora. Ma non
riesco a capire perché vi si debbano
impegnare quei fratelli e quelle sorelle
che si sono preparati, per lunghi anni, a
predicare la Parola di Dio prima di tutto
nella chiesa e non a Montecitorio o nella sede diplomatica di Rawalpindi o nella associazione delle cooperative di
commercio. (...).
So che, purtroppo, l'art, 143 dei R,0.
è stato abrogato, È stata una decisione
incauta, presa senza misurare le conseguenze nefaste. Ritengo che, ad evitare
ulteriori guasti nella vita delle chiese,
tale articolo debba essere ripristinato
al più presto e senza deroghe per nessuno. Sarebbe anche ora che si rivedessero i vari casi di « pastori in missione », specialmente di coloro che
hanno abbondantemente superati 1 limiti previsti.
Cordialmente
Giovanni Peyrot, Sanremo
Il pastore è di tutti
(...) Naturalmente il pastore ha una
sua idea politica; ma la sua posizione
di ministro di culto gli impone certe responsabilità. Innanzitutto deve avere
chiara la visione della provvisorietà
delle soluzioni che l'idea politica offre
al credente. Il pastore deve essere praticamente un testimone del pensiero
di Cristo: « cercate innanzitutto il regno di Dio »; essere una testimonianza
del concetto fondamentale per II cristiano che egli vive « nel mondo ma
non è del mondo ».
Ma vi è una ragione speciale per cui
il pastore deve essere nnolto cauto nella sua vita politica: le soluzioni politiche sono sempre aleatorie. Nella co
4) Foggia e Manfredonia:
statali 546 e 89. Foggia, capoluogo della provincia omonima, è
il più importante centro agricolo-economico del Tavoliere, patria del musicista Umberto Giordano. Più interessante per noi
Manfredonia, il cui nome ricorda il suo fondatore Manfredi, figlio di Ffederico II, morto sul
campo di battaglia a Benevento nel 1266’combattendo contro
gli Angioini. Venuta alla luce nel
1256 in sostituzione della vicina
Siponto totalmente distrutta da
un terremoto, essa è ricordata
nelle fonti inquisitoriali come
luogo di provenienza di « barba »
valdesi che da li, andavano in giro per l’Italia e la Francia a confortare con la loro predicazione
i gruppi della diaspora costretti
per lo più a vivere nella clandestinità.
Giovanni Gönnet
munità vi sono credenti che vedono in
modo diverso la soluzione dei probiemi politici; il pastore deve essere in
modo chiaro II pastore di tutti, il che
non è più realizzabile quando milita ufficialmente in un dato partito politico.
Paolo ha espresso molto bene questo
concetto quando afferma: « io mi faccio tutto a tutti pur di salvarne alcuni »,
Giustamente il Sinodo del 1943 ha
decretato (art. 21); « il Sinodo considerando essere dovere dei Pastori della
Chiesa Valdese di mantenersi in ogni
tempo al di sopra delle competizioni
che dividono gli uomini per compiere
con efficacia il loro Ministero a maggior
beneficio dei singoli e di tutti e per
salvaguardare l'indipendenza del giudizio della Chiesa di fronte al mondo, in
seguito a deliberazione del Corpo Pastorale decide di stabilire per norma
non essere consentito ai Pastori di
iscriversi ad alcun partito politico o società segreta ».
È un deliberato che nel tempo di oggi non va dimenticato.
Alberto Ribet, S. Germano
Una scelta
inopportuna
Caro Direttore,
innanzitutto il problema del rapporto tra ministero pastorale e impegno politico in un partito è falsato se non si
tiene conto del rapporto esistente di
fatto tra le nostre chiese e la vita pubblica del nostro paese.
Secondariamente II ruolo che le nostre modeste chiese evangeliche In
Italia svolgono ritengo sìa determinante per una crescita democratica e libera delle nostre popolazioni che ancora non sono riuscite a sciogliere il
nodo dell'egemonia della cosiddetta
« cultura dominante cattolica ». Infine
la vita e lo sviluppo di molte nostre
chiese, in particolare nel Sud, oggi
dipendono dalla capacità di alcuni pastori di essere strumento di aggregazione comunitaria per far emergere i
vari ministeri necessari alla predicazione, al servizio, alla testimonianza.
Personalmente, quindi, ritengo che
la scelta della sorella Gandolfo sia oggi
una scelta inopportuna e quindi sbagliata in quanto il lavoro di servizio, di
rinnovamento, di maturazione deve essere svolto (oggi, non so se anche "domani") nelle nostre chiese evangeliche
quali pastori che accettano di essere fratelli e sorelle utili al processo di formazione e non strumenti di mediazione
sacrale.
Con un fraterno saluto
Giovanni Anziani, Pollena Tr.
4
4 ecumenismo
1 luglio 1983
PRIMO SINODO PROTESTANTE SVIZZERO
I PROTESTANTI NELLA STAMPA ITALIANA
Una risposta da inventare Europa pacifista
Una voce di speranza per l’uomo di oggi - Un importante passo in
avanti per superare il distacco tra chiesa e società
Il pastore Giovanna Pons ha partecipato al primo « Sinodo protestante svizzero » ed è stata nominata nell'« équipe
d’animation », il comitato direttivo del Sinodo. Pubblichiarno la relazione che ha scritto per « Voce evangelica », il settimanale svizzero in lingua italiana, e per l'Eco-Luce.
n primo « Sinodo protestante
svizzero » si è riunito a Bienne,
dal 12 al 15 maggio. Per poter
convocare la sua prima assemblea si è creata a Berna, il 31
ottobre 1981, una « Associazione
per un Sinodo protestante svizzero » il cui fine era quello di individuare i compiti del Sinodo.
In prima istanza quello di « raccogliere credenti delle diverse
chiese, comunità e movimenti
nati dalla riforma svizzera del
XVI secolo, perché potessero confrontarsi in una consultazione
comune » ed infine per « elaborare, in un tempo relativamente
breve di tre o quattro anni, delle projjoste concrete realizzabili
a partire dai problemi urgenti
che ci vengono posti dalla necessità di rinnovamento e testimonianza delle chiese ».
Questo Sinodo si qualifica quindi come un Sinodo « stràordinario » e « provvisorio » perché non
si presenta con una sua particolare struttura o in riferimento a
modelli già prestabiliti, ma vuole essere uno strumento di consultazione, per poter dare una
risposta comune, a partire dal
particolare momento storico che
stiamo attraversando. Per questo
la risposta non può essere prefabbricata, ma solo inventata,
nella coscienza che chi inventa
non è l’assemblea sinodale, ma
solo lo Spirito del Signore. Il
Culto d’apertura infatti parla di
un Gesù che è salito al cielo, lasciando un gran vuoto nel cuore
dei suoi discepoli, che proprio a
partire da questo sentimento di
solitudine e di abbandono cominciano a capire che Gesù è più
che mai presente e vicino, solo
in modo diverso; un modo che
permette loro di superare diversità linguistiche, fratture interdenominazionali e nersino interconfessionali, frontiere cantonali e persino nazionali, diversità di sesso e di generazioni. Questo culto ha espresso la sua predicazione attraverso la multiforme diversità dei suoi partecipanti e attraverso la ricchezza dei
simboli che rimandavano alle riflessioni sopra esposte.
All’inizio della seconda giornata il culto è stato invece centrato su un « segno di speranza »:
quello compiuto dal profeta Geremia « l’anno diciottesimo di
Nebucadnetsar... l’esercito del re
di Babilonia assediava allora Gerusalemme, e il profeta Geremia
era rinchiuso nel cortile della
prigione ch’era nella casa del re
di Giuda... ». In questa situazione
Geremia compra un campo con
un procedimento giuridico ineccepibile perché « Si compreranno ancora delle case, dei campi
e delle vigne, in questo paese...
del quale voi dite: è desolato;
non v’è più né uomo né bestia;
è dato in man dei Caldei ».
Osare sperare
Con il motto « osare sperare »
si apre infatti questo Sinodo. Ma
sperare in che cosa? Quando la
.situazione intorno a noi ci invita
piuttosto a disperare? L’assemblea sinodale ha cercato di dare
una risposta a questi interrogativi con il lavoro che i gruoni
hanno svolto intorno a otto temi fondamentali: confessare la
fede oggi — costruire delle comunità viventi — rinnovare il
culto — essere cristiani in un
paese ricco — la vita è minacciata — responsabilità delle chiese nella società — coesistenza dei
sessi e delle generazioni — chiese e comunità protestanti nel
movimento ecumenico. Tutti questi temi sono stati presentati in
assemblea plenaria, lasciando libero spazio alla creatività, che
si è espressa non solo attraverso la « parola » ma anche attraverso il colore, i disegni, i gesti,
le voci... che volevano essere
simboli di speranza. In seguito
l’assemblea si è espressa con una
votazione le cui preferenze sono
cadute sulle due tematiche del
« rinnovamento del culto » e della « vita minacciata ».
I gruppi che avevano lavorato
sui rimanenti temi hanno tradito nei loro interventi una certa
perplessità per questa scelta così poco sfumata, che pareva denunciare interessi posti in campi
diversi e lontani. Ma non è forse un segno dei tempi questa
spaccatura tra « il dentro e il
fuori », tra ima chiesa che si sente fedele alle proprie tradizioni,
ma ha ben poco da dire ormai
al mondo contemporaneo, ed una
chiesa che sente piuttosto di dover testimoniare della propria
fedeltà all’Evangelo nella società
di oggi, per esserne il fermento
rinnovatore mediante scelte concrete? Non era nelle intenzioni
del Sinodo stilare raccomandazioni che avessero un tono costringente e definitivo perché
qualificandosi « straordinario e
provvisorio », questo Sinodo ha
fatto piuttosto la scelta di porsi
in una posizione di ascolto di ciò
che lo Spirito del Signore dice
ai cristiani.
Queste due tematiche sono oggi proposte alle comunità, pér
essere discusse nei loro gruppi
e nelle loro assemblee, affinché il
loro parere possa giungere, attraverso la voce dei delegati, alla prossima sessione sinodale
che avrà luogo dal 18 al 20 novembre prossimo. Soltanto allora si potrà verificare se ci siano segni concreti di superamento dello iato tra chiesa e società. Se ci siano tra questi estremi fermenti di riflessione sul
modo di confessare la fede oggi, costruire la comunità vivente, essere presenti come cristiani nella società... per una nuova
visione della vita che inglobi in
sé, superandola, la riforma del
XVI secolo in Svizzera.
Questo Sinodo potrà camminare verso questa finalità e avere la sua ragion d’essere solo se
la sua testimonianza non dipenderà dalle idee e dai sentimenti
dei suoi partecipanti, ma saprà
confrontarsi, come i riformatori
del XVI secolo l’hanno fatto, prima di tutto con la Sacra Scrittura.
E’ perciò un bene che l’assemblea sinodale non si sia espressa secondo statuti, raccomandazioni, ordini del giorno, e neppure con una confessjone di fede,
anche se provvisoria, ma solo
con una lettera scritta ai protestanti svizzeri. Nella sua semplicità, essa riflette, anche se qualche volta in modo un po’ sfumato, tutto quanto si è detto, discusso e sperato per aprire, sulle tematiche trattate, un autentico dialogo con le diverse chiese
e comunità.
Perché così pochi delegati dalle chiese evangeliche di lingua
italiana? Perché una così scarsa
presenza dal campo dell’emigrazione? Tra l’altro la lettera alle
chiese e comunità recita; « Noi
vogliamo farci carico delle nostre divergenze nel reciproco rispetto e lasciarci condurre dalla speranza che l’evangelo è sufficientemente forte per permetterci di pervenire a una testimonianza comune e a delle decisioni concrete al di là delle nostre
divergenze ».
Giovanna Pons
In tutta Europa l’attività pacifista si fa sempre più intensa,
quanto più si avvicina il tempo
della installazione di missili, che
renderà ancor più grave una situazione, che grave lo è già. E va
anche acquistando maggior credito, in quanto ormai non sono
più in discussione solo i missili
occidentali, ma in modo sempre
più insistito anche quelli orientali. E soprattutto da quando il
movimento ha esteso la sua azione anche ad alcuni paesi dell’Est.
Primo fra tutti la Germania comunista, dove la Chiesa Protestante locale ha preso, non senza rischi e diflìcoltà, la guida del
movimento e lo ha portato a manifestare nelle piazze ed a pronunciamenti pubblici. Analogamente a Budapest la Conferenza
Cristiana per la Pace, che riunisce rappresentanti delle chiese
protestanti ed ortodosse operanti
nei paesi dell'Est, ha votato decisamente per chiedere il disarmo
nucleare, la costituzione in Europa di zone denuclearizzate, la
convocazione di una Conferenza
per un vero e totale disarmo, un
ritorno ad un’etica internazionale caratterizzata dall’agape evangelica.
L’anno luterano continua ad occupare spazi sui giornali. Il Gazzettino pubblica in più puntate
uno studio su Lutero, che si appoggia ad ampie citazioni di Valdo Vinay, di Ugo Gastaldi e di altri scrittori cui si deve un recupero più vicino al vero del grande riformatore; ricordando anche che, non solo col Concilio
Vaticano II ma anche prima,
molte delle intuizioni religiose di
Lutero erano state accettate dalla chiesa cattolica, in tacita progressiva cancellazione della vis
polemica del Concilio di Trento.
Ed anche mons. Sartori su Famiglia Cristiana rilancia in chiave ecumenica la necessità di riesaminare il rapporto tra cattolici e protestanti, ambedue colpevoli della rottura dell’unità cristiana, ambedue assertori di parti ben valide del messaggio cristiano. Interessanti anche le notizie date dal Corriere e dalla
Stampa sulle celebrazioni che si
preparano nella Germania comunista. Vi sono, a livello nazionale, due distinti Comitati. Uno
presieduto dallo stesso Honnecker, capo dello stato, il quale
celebra in Lutero il grande rivoluzionario, tentando, sembra, di
coinvolgerlo nella contemporanea celebrazione del centenario
di Marx e superando, un po’ artificiosamente, qualche difficoltà
logica per inserire in questo contesto le vicende di MUntzer e
della guerra dei contadini. L’altro, presiedùto dal teologo Zoddler, emanazione della locale
Chiesa Protestante, che intende
celebrare in Lutero il riformatore religioso nei suoi aspetti più
concreti. I due Comitati organizzano distinte celebrazioni e distinti itinerari turistico- culturali. Dice al Corriere il past. Tourn
che, se i protestanti italiani faranno viaggi in Germania li faranno con il Comitato delle chiese protestanti « ignorando l’agenzia di viaggi statale della Germania dell’Est ».
Su Mondo Economico L. Furno riassume la posizione attuale
dei lavori per la formulazione
della sesta bozza di revisione del
Concordato. Sembra che per il
matrimonio il Vaticano abbia accettato la prevalenza della legge
civile su quella ecclesiastica e
per la istruzione religiosa che sia
riservata a chi ne fa esplicita richiesta. Sono ancora da chiarire
il trattamento fiscale delle attività turistico-alberghiere legate a
santuari e a Roma, nonché il non
ancora chiarito problema dei rap.
porti I.O.R.-Ambrosiano. Secondo
l’art. 11 del Trattato, che non è
sottoposto a revisione, « gli enti
centrali della Chiesa sono esenti
da ogni ingerenza dello Stato
italiano »; e lo I.O.R. è un ente
centrale. Si apprende intanto che
con una « leggina » del 1982 è
stato rivisto il trattamento economico che lo Stato riserva al
clero cattolico, a compenso dei
beni ecclesiastici espropriati dopo il 1870 (una decisione concettualmente simile al compenso di
7.000 Lit./anno riconosciuto alla
Chiesa valdese dopo il 1848 a cui
essa ha rinunciato in sede di Intese). Con tale « leggina » l’esborso
annuale dello stato aumenterà
dai 100 miliardi dell’82 a 120 miliardi nell’83, per poter corrispondere ai 32.000 beneficiari compensi varianti da 10 milioni/anno per
un arcivescovo metropolita ai
7.200.000 per un parroco ed ai modesti 6.500.000 per un vicario. Pare di capire sempre meglio perché nel frattempo si ritarda la
approvazione formale e la pubblicizzazione della nostra Intesa
e del suo contenuto « senza oneri
per lo stato ».
Altre notizie spigolate qua e là.
• 24 ORE pubblica una lettera
di A. Penna che sottolinea il valore della Riforma per una corretta visione di un laicismo che
non si confini in un anticlericalismo di maniera.
'• Il Gallo pubblica un ampio
messaggio del past. Gino Conte,
che esalta la gioia cristiana anche nel mondo di oggi.
• E per finire sul Resto del
Carlino una bella foto di Billy
Graham « trombettiere di Dio »,
che si prepara « sulla cyclette ad
una impegnativa crociata di otto giorni ». Niso De Michelis
Echi dal mondo
cristiano
a cura di Renato Oolsson
Con gli espulsi
dalla Nigeria
Sull’ultimo numero di Terre
Nouvelle viene riportata una parte di una lettera di una inviata
svizzera in Benin — Evelyne Roulet — sul drammatico esodo dei
lavoratori dalla Nigeria.
« Ho avuto occasione di dare
un aiuto al momento del passaggio dei ’’rifugiati” dalla Nigeria.
Quale tristezza!
Con una piccola équipe di volontari tedeschi, abbiamo offerto
pane, acqua e medicine alle migliaia di persone in transito at
traverso il Benin. La cosa più
dura era quella di constatare la
rassegnazione sul viso della maggior parte di quelle persone.
Per ragioni rimaste oscure per
me, centinaia di famiglie sojio
state sbarcate dai camion molto
prima della frontiera togolese.
Dovevano camminare fino a 17
chilometri, con, per così dire, la
loro casa sulla testa (dei fagotti
che pesavano fino a 80 Kg.) e ciò,
non dimentichiamolo, con 40” all’ombra I
Molti bambini del tutto disidratati, parti, aborti, incidenti di ogni genere... Questi uomini e queste' donne erano ammassati in
camion aperti per cui numerose
sono state le cadute.
Il passaggio si è svolto relativamente bene. In tre giorni tutti
i togolesi ed i ghanesi hanno attraversato il Benin. Il problema
rimane comunque drammatico,
in particolare per il Ghana che
deve assorbire un numero enorme di profughi mentre nel paese
c’è già molta disoccupazione e
manca acqua e cibo.
Le Chiese saranno certamente
in prima linea nel lavoro di reinserimento di queste popolazioni.
Esse hanno però bisogno del nostro aiuto ».
Camerún: ventenne
la Facoltà di teologia
vane di 20 anni, costruire un
mondo nuovo: non un mondo in
cui domina l’odio, la menzogna,
il ladrocinio, ma un mondo dove
regnino la carità, l’intesa, lo spirito di squadra, dove si lavori al
bene di tutti, un mondo la cui
legge sia l’evangelo di Gesù Cristo, un mondo di cui Cristo sia
la pietra angolare.
Fa’ uscire dai mio seno. Signore, dei costruttori presi dalla passione per il tuo messaggio e pronti a lavorare giorno e notte perché questo edificio si innalzi
continuamente. Ci sei soltanto tu
Signore che puoi rendere il mondo felice, per questo, ti prego,
fammi essere un vero campo di
formazione.
te le fibre del mio corpo e della
mia volontà.
Voglio, Signore, esserti fedele,
terribilmente fedele, affettuosamente fedele. Fa’ che attraverso
di me risplenda la tua luce per
illuminare l’Africa ed il mondo.
Benedici, o Signore, i miei venti anni di maturità ».
Vancouver: donne
in pre-assemblea
(Terre Nouvelle) — In occasione dei suoi 20 anni la Facoltà di
Teologia di Yaoundé nel Camerim pubblica nel suo bollettino
questa preghiera: « Mi chiamo
Facoltà di Teologia Protestante
di Yaoundé. Vorrei, come un gio
Ho qualche cosa da dire al
mondo. Ho una buona novella da
portare. Ho una splendida missione da compiere formando i
tuoi servitori.
Mi impegno liberamente, volontariamente, a fondo in questo
servizio. Ti prego di fare entrare
la tua vita, la tua dottrina in tut
Le donne sottolineano il loro
crescente ruolo nelle assemblee
ecumeniche (22 su 350 ad Amsterdam 1948; 148 su 677 a Nairobi
1975; circa 270 su 900 a Vancouver 1983) riunendosi per la prima
volta in una pre-assemblea che si
terrà a Vancouver nei 4 giorni
precedenti l’assemblea generale.
Lo scopo, ha dichiarato Bärbel
von Wartenberg, responsabile del
settore « Donne nella chiesa e nella società », è di offrire alle donne « la possibilità di precisare il
senso della loro partecipazione ».
5
1 luglio 1983
oMettívo aperto 5
DUE VOCI, VALDESE E CATTOLICA, SULLA II EDIZIONE DEL LIBRO DI G. MIEGGE
IL REBUS MARIANO
Per la fede evangelica, la mariologia è un rebus cristianamente inspiegabile. E lo è tanto più,
quanto più la teologia cattolica
post-conciliare si sforza di riferire e subordinare la mariologia
a Cristo, per cui Maria non sarebbe una figura in qualche modo parallela a quella di Cristo,
essa esisterebbe non al posto o
accanto a Cristo ma soltanto in
funzione sua! Più la mariologia
viene « cristianizzata » e meno Ci
convince! Non stupisce perciò
che un teologo come Karl Barth,
tutt’altro che mal disposto nei
confronti del Vaticano II e degli
sviluppi recenti del cattolicesimo romano, abbia scritto nel
1966 — quindi dopo la «svolta
conciliare » e il riassestamento
della dottrina su Maria in direzione e in funzione di Cristo —
di essere « costretto, oggi come
ieri, a respingere... la possibilità,
la legittimità e la necessità di
una ’’mariologia” ». In effetti, chi
assume la Sacra Scrittura come
regola della fede, non può parlare diversamente: la fede biblica
non è mariana! I più antichi e —
per tutte le confessioni — autorevoli documenti cristiani non solo
non contengono (neppure in forma embrionale) una mariologia
così come s’è venuta configurando (e dogmatizzando!) nella tradizione cattolica, ma non contengono neppure le premesse spirituali, dottrinali e devozionali che
potrebbero rendere plausibile una « mariologia ».
fi Nuovo Testamento
mariologia è estranea alla loro
fede.
Ma la mariologia fa la sua apparizione: prima come devozione, poi come dottrina si affaccia suH’orizzonte della pietà e
della fede della chiesa e, con progressione lenta ma inarrestabile,
si afferma nella tradizione cattolica (e anche, con connotati assai diversi, in quella ortodossa),
fino a raggiungere, vertici impen-v
sabili.
L’opera di Mlegge
A proposito del Nuovo Testamento, si può rilevare che negli
strati più antichi della tradizione scritta (l’apostolo Paolo; lo
evangelista Marco) manca un
qualsiasi interesse specifico per
Maria; negli strati più recenti
(l’evangelista Giovanni) traspare
una certa attenzione per la figura di Maria (che peraltro, nel 4”
evangelo, non è mai menzionata
per nome, proprio come il misterioso « discepolo che Gesù amava »). Maria e il discepolo che
Gesù amava compaiono insieme
ai piedi della croce (episodio proprio soltanto di Giovanni) e probabilmente acquistano qui entrambi il valore dii figure simboliche. Simbolica è anche la
donna incinta che partorisce un
figlio maschio, di Apocalisse 12,
ma il testo è difficilmente databile e il riferimento a Maria molto
controverso (Miegge ricorda che
fino alla fine del 4” secolo nessuno degli interpreti antichi vide
in questa donna una figura di Maria: « tutti l’intendono per la
Chiesa» p. 113). Per quanto attiene gli « evangeli dell’infanzia »
di Luca e Matteo e gli altri passi evangelici in cui si parla di
Maria, le pagine di Miegge (17-31)
al riguardo sono esaurienti e
conclusive. Nel Nuovo Testamento c’è Maria ma non c’è mariologia. Manca un testo, una indicazione, un episodio che possa —
se non fondare — almeno legittimare il culto di Maria. Questo
culto è, cristianamente, un rebus, non però un rebus biblico
ma extra biblico. La mariologia
esiste non perché la Bibbia parla di Maria ma perché nella chiesa si è imposto il culto di Maria. Il culto di Maria — non la
Bibbia — è la matrice della mariologia. I cristiani dei primi secoli hanno vissuto, testimoniato
ed evangelizzato — anche con il
martirio — senza culto di Maria. È difficile pensare che il loro cristianesimo fosse carente o
difettoso perché non mariano.
Piuttosto essi dimostrano che la
Il libro di Giovanni Miegge, La
vergine Maria, che la Claudiana
ha da poco riproposto in 3“ edizione (la prima risale al lontano 1950!), con aggiornamento di
A. SoneUi, è — come dice il sottotitolo — un « saggio di storia del
dogma » — saggio esemplare,
possiamo aggiungere — che consente di seguire passo passo la
genesi e lo sviluppo della mariologia, secondo i vari titoli che
la pietà e la dottrina hanno via
via attribuito alla madre di Gesù:
ma sempre Vergine, la Madre di
Dio, la Regina del Cielo, l’Assunta, l’Immacolata, la Madre Misericordiosa, la Corredentrice. Segue una conclusione su Maria nel
dogma e nella pietà, e due Appendici: una sul dogma dell’Assunzione (1950) e le sue ripercussioni ecumeniche; l’altra sulla festa di Maria Regina.
L’Aggiornamento del pastore
Alfredo Sonelli è un solido contributo di quasi 80 pagine sugli
sviluppi recenti della mariologia
nei documenti del magistero pontificio e conciliare: da Giovanni
XXIII a Giovanni Paolo II, attraverso il dibattito del Vaticano II, l’inquadramento di Maria
nella costituzione dogmatica sulla chiesa e — quasi per equilibrare questa decisione conciliare —
l’iniziativa personale di Paolo VI
di imporre d’autorità il titolo di
« Madre della Chiesa » (che il
Concilio non aveva voluto adottare!). Le pagine del pastore Sonelli, molto ben documentate, riportano numerosi testi tratti dagli interventi in aula durante il
dibattito conciliare su Maria. In
questo modo, la vivacità del confronto e la diversità delle opinioni, anche all’interno dell’episcopato cattolico, emergono con
chiarezza. Il tono del discorso di
Sonelli è pacato ma critico. Forse
la sua rinuncia (peraltro comprensibile) a tener conto, oltre
che dell’insegnamento ufficiale,
anche delle elaborazioni mariologiche fatte da teologi cattolici
contemporanei, nuoce alla completezza del quadro: d’altra parte
è l’insegnamento ufficiale che fa
testo. Può anche darsi che qualche espressione (come il « cristomarianesimo » di p. 317) suoni
eccessiva e indebita all’interlocutore cattolico che, pur praticando
il culto di Maria, non intende affiancarla a Cristo ma subordinarla a lui: d’altra parte non sempre
buone intenzioni producono buoni risultati. Nella sostanza, le
argomentazioni e le valutazioni
del pastore Sonelli paiono evangelicamente fondate, e le sue considerazioni finali sul confronto
ecumenico non possono non essere sottoscritte.
Una domanda
<Jiov.4.NNi Miegge, La Vergine Maria.
2’* edizione riveduta e ampliata con
un aggiornamento di Alfredo Sonelli. Claudiana 1982, pp. 336, L.
8.900,
eloquente delle sue spiegazioni,
per quanto sottili e raffinate. La
domanda ritorna: perché la fede
cattolico-romana continua ad invocare Maria, malgrado le critiche fondate e sensate che le sono
state mosse, a partire sia dall’Evangelo, sia da Feuerbach, sia
dalla psicologia del profondo,
dalla sociologia religiosa (U controllo della pietà popolare!) e
dall’antropologia culturale? Perché un credente in Cristo (cattolico od ortodosso) invoca Maria?
Che cosa trova in lei che non trova, o non trova più, o non trova
ancora, in Gesù? Porse che certi
aspetti del cristianesimo sarebbero più accessibili o meglio illustrati in Maria che in Gesù? O
ci si rivolge a Maria perché non
si conosce abbastanza Cristo (in
questo caso la mariologia sarebbe il frutto non di uno sviluppo
del cristianesimo — quasi un suo
inveramento — ma al contrario
sarebbe il frutto di un suo mancato sviluppo)? O invece, le funzioni attribuite a Maria spetterebbero, in realtà, allo Spirito
(il Consolatore! l’Avvocato! — secondo Giovanni; l’Intercessore!
— secondo Paolo), per cui lo sviluppo impressionante della mariologia sarebbe in ultima analisi la conseguenza (o la causa? o
entrambe?) di un mancato sviluppo della dottrina dello Spirito
Santo?
Una statua della
Madonna in
processione in un
paese del Sud
Il libro di Giovanni Miegge è
un sussidio eccellente (e a nostro
avviso insuperato) per capire
come è nata la mariologia e come si è sviluppata fino a oggi.
Più difficile da capire è perché
continua a essere non solo praticata ma incoraggiata, come parte
integrante della fede cristiana,
malgrado la profonda è comprovata ambiguità del fénomeno, sia
nella sua genesi sia nei suoi svi
luppi devozionali e dogmatici. Vi
sarebbero dunque ragioni evangeliche che militano a favore della mariologia? Secondo noi non
ve ne sono, ed è per questo che
Maria (non la Maria della Bibbia, ma quella dei dogmi cattolici!) è una pietra d’inciampo nel
cammino ecumenico. Né — a ben
guardare — è la fede evangelica
che deve spiegare perché non è
mariana, dato che questa è la
condizione normale e originaria
della fede cristiana. È la fede
cattolico-romana che deve spiegare perché, per essere cristiana, ritiene di dover essere anche
mariana. La teologia cattolica più
sensibile alle istanze evangeliche
insiste sul fatto che, dopo il Concilio, la mariologia è totalmente
subordinata alla cristologia e il
culto di Maria finisce per onorare
Cristo. Ma come già abbiamo
detto questo discorso, benché ispirato a ragioni encomiabili,
ha il grosso inconveniente di legittimare come cristiano e di in
nestare nel cuore stesso della fede (Cristo!), un culto che nella
sostanza non è cristiano anche
se si avvale di materiali cristiani
e si situa nell’area cristiana. Perciò, di fronte al « nuovo corso »
della mariologia cattolica, l’imbarazzo della fede evangelica è
destinato non a diminuire ma ad
aumentare. Se la mariologia preconoiliare era un rebus, quella
post-conciliare, finalizzata a Cristo, lo è ancora di più. Più la
mariologia viene « cristianizzata»
più lascia interdetti perché più
difficile diventa la risposta alla
domanda elementare ma fondamentale che già abbiamo evocato: perché un cristiano invoca
Maria? E più va avanti il generoso tentativo di « risanamento cristologico » della mariologia, più
si rafforza in noi la convinzione
che l’unico modo di « cristianizzare » la mariologia è lasciarla
cadere.
Paolo Ricca
Tristezza del lettore cattolico
C’è una domanda, però, che resta senza risposta: perché la fede
cattolico-romana invoca Maria,
che incarna allo stesso tempo gli
ideali di verginità e maternità
(tra loro antitetici!)? Sappiamo
bene che mille risposte sono possibili — da quella della sublimazione di un rapporto uomo-donna spiritualizzato o represso a
quella di una umanità esemplare impersonata da Maria — ma
il fatto è, in un certo senso, più
La prima edizione di quest'opera deH’illustre studioso valdese risale all’anno 1950, lo stesso
della definizione dogmatica dell’Assunta da parte di Papa Pacelli. L’editrice Claudiana ci offre tuttavia la ristampa della seconda edizione del 1959, ampliata e riveduta, integrata da un
ampio Aggiornamento (pag. 257334) dovuto alla penna del pastore Alfredo Sonelli. Il lettore
cattolico rimarrà probabilmente
perplesso sull’opportunità di questa ristampa. Ma, come per tutti gli scritti del Miegge, non può
non provare ammirazione di
fronte all’estrema serietà di ricerca e di giudizio, all’eccezionale ricchezza dell’informazione, al
vivo e sincero senso di religiosità che emerge anche dalle pagine più impegnate e severe, alla
nobiltà pacata dell’espressione
persino là dove il dissenso o la
polemica — oggettivamente —
sono forti. Tuttavia la perplessità rimane; perché in questi 2030 anni il metodo e la portata
degli studi mariologici cattolici
si sono profondamente trasformati, guidando in modo del tutto nuovo le manifestazioni del
culto alla Madre di Gesù, che è
rimasto vivo fra i cattolici. I più
noti rappresentanti della mariologia di allora, con i quali Giovanni Miegge discute, hanno perso ogni rilievo. Oggi questi studi, ricuperando un’impostazione
cristologica rigorosa sono passati decisamente nelle mani degli
esegeti del Nuovo Testamento;
spesso figure di primo piano nel
campo della ricerca internazionale biblica, i cui nomi (ad es.
quelli del Laurentin, del Braun,
del Lyonnet...) in quest’opera non
compaiono mai; nemmeno nel1’« aggiornamento » troppo esclusivamente attento ai documenti
ufficiali. Il lettore in campo evan
gelico non se ne renderà conto;
mentre il lettore cattolico rimarrà molto stupito nel risentire certe espressioni di suono un po’...
preistorico ( « Nessuna celebrazione di Maria sarà mai troppo
iperbolica, secondo il principio
di singolarità... e la sua apoteosi, secondo il principio di convenienza, non avrà altri limiti che
la stessa Divinità » pag. 15-16;
« Le Glorie di Maria Santissima
di Alfonso de’ Liguori... testo
classico della mariologia moderna » pag. 164).
Una discussione con uno Scritto tanto documentato — ci riferiamo alle pagine del Miegge —
la riteniamo fuori luogo; ci limitiamo a poche osservazioni. Ci
sembra un po’ eccessiva l’attenzione prestata agli scritti apocrifi cristiani; certi settori di ricerca, ad es. quello delle religioni
comparate, oggi hanno perso
molto della affidabilità che si attribuiva loro tm tempo (cap. 4: il
culto di Maria e il culto delle
«dee madri»!); certe valutazioni storiche, pensiamo, dovrebbero venir più accuratamente ponderate (il Concilio di Efeso « vittoria monofisitica »?, pag. 61); alcune argomentazioni teologiche
potrebbero facilmente rovesciarsi (il culto a Maria tradisce una
« tendenza... umanistica e quindi
in fondo pelagiana », opnure al
contrario coglie un segno purissimo del gratuito e liberissimo
intervento di Dio sulle sue creature?)... Non possiamo nascondere che, al termine della lettura,
rimanga nel lettore cattolico una
gran tristezza; soprattutto in
chi, come lo scrivente, ha infiniti motivi di gratitudine per uno
scrittore come il Miegge, e si è
abbondantemente nutrito delle
sue opere. ’Tristezza che un tema simile in imo scritto che esce
oegi sia affrontato totalmente in
termini polemici nei riguardi del
cattolicesimo, e che porti persino a giudizi — a dir poco — strani (per es. pag. 211 e pag. 217).
Siamo certi che oggi Giovanni
Miegge non parlerebbe così, dando quasi per scontata la « grave
deviazione » religiosa del culto a
Maria e l’incredibile scarsità di
valori mentali e intellettuali che
lo favorisce. Oggi i cattolici dovrebbero, pensiamo, fare con
maggior impegno quello che
hanno in gran parte trascurato
di fare in passato: cercare di capire con più intelligenza e attenzione le motivazioni profonde e
spesso appassionate che spingono le chiese evangeliche nella loro opnosizione al culto di Maria.
Ma anche gli evangelici dovrebbero cercare di comprendere —
pur dissentendo — gli elementi
positivi, estremamente seri e
« cristiani », del culto cattolico
alla Madre di Gesù. In questo il
lavoro, di per sé ammirevole, del
Miegge, non è di aiuto. Non abbiamo tuttavia difficoltà ad ammettere che invece possa aver
svolto, per quanto riguarda noi,
una funzione utile ai suoi tempi,
quando era uscito. Reazioni di
questo genere, documentate e criticamente serie, possono senz’altro aver svolto una funzione benefica anche nei confronti della
teologia cattolica, aiutandola —
per quanto riguarda il culto e la
devozione a Maria — a imboccare la strada migliore e criticamente sana del confronto costante e profondo con la Scrittura.
Di una Scrittura che però « vive »
nella chiesa; la quale è guidata
dallo Spirito — non dalle ricerche teologiche — a coglierne progressivamente le misteriose implicazioni.
P. Mauro Làconi
t'
ti
6
6 uonio e società
1 luglio 1983
STATI UNITI
ARGENTINA
Non tradire i fuggiaschi impegno di cristiani
Time del 25 aprile u. s. riprendiamo questo articolo
delle chiese a favore dei profughi salvadoregni in USA <5 «et prufu
Le Chiese sfidano la legge per
dare asilo ai profughi salvadoregni.
In un appartamento improvvisato, al terzo pianò, della Chiesa Battista dell’Università di
Seattle, una giovane donna, profuga da E1 Salvador, si appresta
a mettere^ al mondo un bambino
mentre riù neH'atrio un disertore dell'esercito salvadoregno
aspetta di poter fuggire in Canada. Nella Chiesa Unita di Cristo di Corso Wellington a Chicago, una famiglia salvadoregna
di sei persone vive sopra la palestra. « Se ci rimandano indietro », dice il padre, « sicuramente scompariremo e moriremo ».
Le chiese di Seattle e di Chicago fanno parte di ima rete ecumenica, sempre più vasta, di congregazioni americane — sono almeno 43 finora — che invocano
apertamente l’antico diritto di
asilo all’interno di un luogo sacro, per proteggere oltre 100
profughi clandestini, soprattutto
di EI Salvador, che sono fuggiti
dal Centro America. Centinaia di
La voce
dei disperati
(segue da pag. 1)
rare, tra lo stupore della gente,
che ella lo ha toccato; in altri
termini accetta di condividere la
impurità dichiarandosi anch’Egli
contaminato e quindi passibile
di essere allontanato dalla città
per i prescritti riti di purificazione {Levitico 15: 24). Il miracolo è la conseguenziale risultante dell’azione di Cristo mossa dall’amore e della fede di una reietta spinta alla disperazione.
Dobbiamo chiederci se noi che
siamo chiamati ad operare nel
Suo Nome (Col. 3: 17) abbiamo
la sensibilità di ascoltare, tra
tanti falsi problemi che asfissiano la nostra vita, la voce disperata di quelli che gridano giustizia e soffrono la fame e chiedonOj a giusto diritto, di vivere una
esistenza degna di chi è stato
creato a somiglianza di Dio (Gen.
h 26).
E’ vero che una parte della società opera verso il suo prossimo, che si pone questa problematica, ma come l’uomo ricco
della parabola di Luca lascia all’umanità affamata gli avanzi della propria abbondanza (cfr. Luca 16: 19-21), dimenticando che
deve fare per gli altri ciò che vorrebbe fosse fatto a lui se si trovasse in analoghe condizioni (cfr.
Matteo 1: 12, Luca 6: 31); ciò che
è messo in pratica senza amore
a nulla serve (I Cor. 13: 2).
La conseguenza è la stessa dei
medici del testo di Marco in esame, che portano il loro aiuto, ma
di fatto operando in schemi culturali egemoni contribuiscono a
mantenere in vita principi che
servono solo a legittimare il benessere di pochi a danno di molti.
Guardiamo quindi il miracolo
non come il meraviglioso, il fantastico, l’irrazionale lontano dalla nostra comprensione, bensì come qualcosa che siamo chiamati a riscoprire e riproporre in
un mondo senza speranza facendoci protagonisti in nome di Dio
nel portare sulle nostre spalle la
croce del mondo (cfr. Luca 9:
23).
Il miracolo in tutta la sua meravigliosità lo ritroveremo non
nell’evento finale, esso è solo logica conseguenza, ma nell’incommensurabUe potenza della Grazia di Dio e del Suo Spirito: basta accettarli e viverli fino alle
estreme conseguenze.
Antonio Mucclardì
altre chiese stanno aiutando i
profughi e appoggiano la loro
lotta. Per nascondere la loro
identità, molti di questi profughi portano maschere quando
partecipano ai servizi religiosi
nelle chiese. La Chiesa Metodista
Unita e la Chiesa Presbiteriana
Unita hanno chiesto alle loro
47.000 congregazioni di proclarnare il diritto di asilo, e il Consiglio di amministrazione del1’« American Friends Service
Committee » ha sollecitato i
Quaccheri a dare asilo ai profughi.
Benché la maggior parte delle
chiese che praticano il diritto di
asilo siano protestanti, l’Arcivescovo cattolico di Milwaukee,
Rembert Weakland, ha aperto il
mese scorso la proprietà dell'arcivescovado ai profughi e, durante il week-end di Pasqua ha
battezzato personalmente, in spagnolo, due bambini fra 1 sette
salvadoregni ospitati. Weakland
dice: « Il diritto di asilo non è
proprio un modo di evadere la
giustizia, ma un modo santo di
dare un certo respiro perché la
vera giustizia possa eventualmente essere fatta ». Tuttavia, altri tre prelati cattolici, il Cardinale Joseph Bernardin di Chicago e gli Arcivescovi John Roach
di St. Paul, Minneapolis, e James
Hickey di Washington, hanno criticato il movimento, sostenendo
che i Cattolici devono aiutare i
profughi attraverso mezzi legali
e pressioni per cambiare le leggi. Roach, che è presidente della
Conferenza Nazionale dei Vescovi Cattolici, teme che la concessione del diritto di asilo sia illegale, anche se il concetto non è
mai stato sottoposto al giudizio
della Corte.
I cristiani che propugnano la
violazione della legge per una
maggior giustizia credono che
sia inutile che i profughi centroamericani tentino di ottenere la
residenza legale. Circa 250.000 si
trovano negli Stati Uniti illegalmente, e l’anno scorso il Servizio per l’Immigrazione e la Naturalizzazione (INS) ha approvato
solo 74 richieste di asilo fatte da
Salvadoregni, ne ha respinto
1.067 e ora fa fronte ad un pacchetto di altri 25.000 casi. II Governo, che ha rimandato indietro 24.700 Salvadoregni dal 1980,
sostiene che la maggior parte
dei profughi centro-americani
non possono ottenere asilo secondo la legge USA in quanto
fuggono dure condizioni economiche più che la persecuzione
politica. L’INS dichiara che non
esiste alcuna prova che anelli
che sono stati rimandati indietro siano stati torturati o uccisi,
sebbene i Salvadoregni residenti
negli USA insistano nel dire che
quelli che sono stati espulsi sono scomparsi o sono stati maltrattati.
L’INS affenna di non avere
alcuna intenzione di perquisire
i locali ecclesiastici per prendere i profughi perché ha già abbastanza da fare con i Salvadoregni che può raggiungere facilmente. Un agente dell’INS di Chicago dice: « Non abbiamo alcuna
voglia di infiammare le passioni ». Così è poco probabile che le
centinaia di membri di chiesa
coinvolti nel movimento debbano far fronte alle nenalità previste dalla legge di oltre cinque anni di carcere e di 2.000 dollari di
multa per aver dato rifugio a
stranieri clandestini. Ma rimane
il fatto che quelli che concedono
asilo devono giustificare la loro
esnlicita sfida alla legge.
II concetto di diritto di asilo
in un luogo santo era conosciuto nell’antica Atene. I fautori
del diritto d’asilo odierno citano
spesso Isaia: « Nascondi gli esuli. non tradire i fuggiaschi »
(Isaia 16: 3 - NdT).
Dall’epoca della chiesa primitiva fino al 17° secolo, quando il
suo potere declinò, la Chiesa Cattolica in Europa procurò rifugi.
Tale pratica venne ristabilita negli Stati Uniti prima della Guerra Civile per aiutare gli schiavi
fuggiaschi. Durante la guerra del
Vietnam alcuni renitenti alla
leva cercarono rifugio nelle chiese rna vennero presi senza cerimonie dagli agenti federali.
Per John Steinbruck, pastore
luterano a Washington, la risposta oggi è obbligata e chiara:
« La Chiesa, per definizione, è un
asilo. Se non accettiamo ciò, dobbiamo smetterla con la falsa pubblicità e chiudere bottega ». Tuttavia, Roger Shinn, professore di
etica sociale all’Union Theological Seminary di New York, dubita che il concetto storico abbia qualche fondamento negli
Stati Uniti.
Il movimento del diritto d’asilo è stato avviato due anni fa dal
Quacchero Jim Corbett e da colleghi de! Consiglio Ecumenico di
Tucson. Il coordinamento nazionale del movimento è la « Forza di Pronto Intervento Religioso
in America Centrale », di Chicago, che ha spedito opuscoli che
promuovono il ministero del diritto d’asilo a più di 5.000 congregazioni interessate alla cosa.
Il mese scorso il Consiglio Nazionale delle Chiese e il Consiglio Luterano degli USA hanno
iniziato a spedire alle loro congregazioni materiali per aiutare
i profughi.
Nell’accordare il diritto di asilo, molte chiese hanno il sentimento di trarre tanto beneficio
dall’esperienza quanto i profughi. Il pastore John Fife della
Chiesa Presbiteriana. del Sud di
Tucson dice che l’aver procurato un rifugio è stato una « esperienza di conversione » che ha
arricchito la fede dei suoi parrocchiani. La chiesa di Fife, una
delle più importanti del movimento, ha ospitato, e quindi trasferito a chièse del Nord, più dì
450 profughi centro-americani.
Richard N. Ostling
per I desaparecidos
« Adolfo, Adolfo! » una ovazione generale, venerdì 20 maggio,
ha accolto il premio Nobel per
la pace 1980 Adolfo Perez Esquivel aH’undicesimo giorno di digiuno quando al termine della
« Marcia per il ripudio » del Documento della giunta militare argentina sopra i « detenuti-desaparecidos » ha rivolto un breve
messaggio ai 30.000 convenuti
nella Piazza del Congresso Nazionale, nel pieno centro di Buenos Aires.
Adolfo Perez Esquivel, architetto cattolico, guida il sempre
più numeroso fronte di cristiani, di diverse confessioni, nella
lotta per il rispetto dei diritti
umani e per il ristabilimento
dello stato di diritto nella Repubblica Argentina.
Fondatore e presidente del movimento « Pari y justicia », da
ormai 10 anni si batte per il rispetto della vita in questo paese
così lontano dall’Italia e pure
così vicino a noi: il 50% della
popolazione è, come noto, figlia
di italiani. Sugli aspetti generali del problema la stampa italiana e di tutto il mondo ha parlato diffusamente. Al solito è carente rinformazione sull’aspetto
religioso cioè sul ruolo che la
Chiesa cattolica ed alcune Chiese evangeliche hanno svolto.
Chiesa cattolica
Nel febbraio del 1976, di fronte al crescere della violenza politica negli ultimi mesi del governo costituzionale di Isabelita Peron, nasce il « Movimento Ecumenico per i diritti umani »: Tepiscopato di Quilmes, il presbiterio Nord-Argentino della nostra
Chiesa Valdese, la Chiesa Evangelica Metodista Argentina, la
Chiesa Riformata Argentina e la
Chiesa Evangelica del Rio de la
Piata uniscono i loro sforzi in
difesa della dignità dell’uomo
sempre più calpestata. La Chiesa
Cattolica Argentina nel 1976 ha
Mio Dio,
cosa abbiamo fatto!
Nei giorni scorsi, si è avuta
notizia della morte di Robert
Lewis, avvenuta negli Stati Uniti, a Newport News, in seguito
ad un attacco cardiaco, all’età
di 65 anni.
Robert Lewis era il secondo
pilota che, con il colonnello Tibbets, sganciò su Hiroshima la
prima bomba atomica il 6 agosto
1945. Allorché egli vide la città
giapnonese sparire sotto il « fungo » nucleare, quand’era già a 12
chilometri di distanza ed avverti, una tremenda scossa proveniente dalla città ormai distrutta, esclamò : « Dio mio, che cosa
abbiamo fatto! », esclamazione
che divenne famosa in tutto/ il
mondo. Sul libro di bordo, scrisse di questa missione : « Neppure
se vivessi cent’anni riuscirei a
togliermi dalla mente questi pochi minuti ».
Il bombardamento costituì un
tal trauma per Lewis sì, da indurlo, più tardi, a dedicare le
sue energie alla causa del disarmo nucleare e della pace : egli
divenne (come ricorda un quotidiano) una delle figure più autorevoli dei movimenti civili americani.
Anche la vita del comandante
dell’aereo, il già ricordato col.
Tibbets, ebbe un radicale mutamento. Dopo aver incontrato
a New York, alcuni anni dopo
il bombardamento, un gesuita
scampato ad Hiroshima, egli ebbe una crisi mistica, che già stava maturando da tempo. Si fece
prete, dedicandosi alla gioventù
sbandata ed alla « moratoria »
nucleare. Nel suo rapporto su
quella terribile missione di guerra _ aveva scritto: «Siamo annichiliti. Ci asx>ettavamo qualcosa
di spaventoso, ma quello che abbiamo visto superava ogni immaginazione ».
Oggi purtroppo i capi delle
grandi (e meno grandi) potenze
— Giappone compreso — paiono
aver dimenticato, tutte prese
dalla loro politica di forza e di
«prestigio», queste testimonianze ed anche l’Italia si appresta
ad ospitare a Comiso delle terribili armi nucleari che avranno
1500 volte la potenza della bomba di Hiroshima (e senza calcolare le centinaia di testate atomiche già esistenti sul suo suolo).
Nella nostra lotta contro gli
armamenti e per la pace, ricordiamoci anche di questi due uomini la cui drammatica esperienza ha fatto cambiare la loro
vita. Ricordiamoci che, stando
così, le cose, quando scoppierà
la terza guerra mondiale, non
avremo forse neanche più la possibilità di esclamare : « Dio mio,
che cosa abbiamo fatto ! ».
r. p.
già un martire illustre, il sacerdote Carlos Murgica, parroco in
una « Villa Miserie » (quartiere
povero) e militante peronista di
sinistra, assassinato TU maggio
1974, probabilmente da attivisti
delia neo-destra argentina. La voce delTepiscopato, seppure non
uniforme, si leva ferma e autorevole: « la violenza è un fatto
notevole, tragico, che sembra oggigiorno più intensa e brutale.
La giustizia che governa bisogna
segnalarla, se non come l’unica,
almeno come la causa principale
di questa violenza esplosiva e
generalizzata ». Sono parole del
vescovo di Viedma (provincia di
Rio Negro). Mons. Estelan Hesayne; su posizioni simili è il vescovo ausiliario di Buenos Aires, Mons. Domingo Castagna.
Ed è significativo che un cattolicesimo come quello argentino,
che non ha conosciuto e non conosce la feconda esperienza delle « comunità cattoliche di base », riesca, seppure in mezzo a
inevitabili contraddizioni, a mobilitarsi per il rispetto dei diritti umani. Non è un caso che la
maggioranza dei militanti di
« Pari y Justicia » siano giovani
cattolici, ancora bambini all’epoca del golpe (24 marzo 1976). Ed
è questa organizzazione cattolica, che insieme alVAssernblea
Permanente per i Diritti Umani,
alle famosissime « Madri di Piazza di Maggio » e al « Movimento
Ecumenico per i Diritti Umani »
ha diffuso una ferma risposta
(4 maggio scorso) al documento
militare in cui è detto: « Hanno
fatto “desparecer" migliaia di
persone e ora pretendono di fare "desparecer” il problema ».
Chiese evangeliche
Qltre alla partecipazione nel
suddetto « Movimento Ecumenico per i Diritti Umani », le Chiese evangeliche, che si riconoscono nella « Associazione Interconfessionale di Studio Teologico » (le chiese che formano la
Facoltà Evangelica di Buenos
Aires), hanno svolto e svolgono
un ruolo attivo nel panorama dei
cristiani progressisti. Gli evangelici argentini (5% della popolazione) hanno avuto il 1 gennaio
1977 un « desaparecido » illustre:
il prof. Mauricio Lopez, anziano
di una « Assemblea dei Fratelli »
in Mendoza, rettore dell’Università Statale di San Luis, segretario del Dipartimento « Chiesa e
Società » del Consiglio Ecumenico delle Chiese. Del suo caso si
occupano il CEC, la Federazione
Mondiale Cristiana Studenti e a
livello politico TUnesco a Parigi;
purtroppo non si sa più niente
di lui, dal 31 dicembre 1976,
quando fu prelevato nella sua casa, dinanzi ai suoi familiari atterriti e spaventati.
Bisogna aggiungere, come nota negativa, la non partecipazione delle grandi chiese evangeliche argentine (Pentecostali, Battisti e Fratelli) alla difesa dei diritti umani, ritenuta un’azione
puramente politica e quindi contraria alTEvangelo. Ennure, se
queste grandi chiese evangeliche
popolari levassero la loro voce
di protesta, avrebbero una eco
forse più vasta delle « chiese storiche ». Il golpe del ’76 ha diviso
maggiormente i protestanti argentini: i militari lasciano la
« libertà di religione » e questo
sembra bastare alla maggioranza degli « evangelicais ». La « libertà di religione », pur necessaria, non è sufficiente, non basta
di per sé a dare significato e pregnanza a una « società nuova, di
vita in abbondanza, dove la signoria di Gesù Cristo pervada e
determini la politica, l’economìa,
la cultura, le relazioni sociali e
familiari » (Adolfo Perez Esquivel),
Eugenio Stretti
7
I
1 luglio 1983
vita delle chiese ^
SOCIETÀ’ DI STUDI VALDESI
Gita storica in Vai Po
Dopo una mattinata di pioggia, il tempo che si è a poco a
poco ristabilito con il procedere
via via della giornata, l’aiBatamento del gruppo, l’interesse
della passeggiata hanno trasformato la gita. Vediamone brevemente le tappe: visita alla basilica di S. Maria a Cavour, alla
abbazia di Staffarda, salita a Praviglielm (dove si è pranzato ottimamente in un?i tirattoiij^? campagnola, alla buona, in uri clima
di agape improvvisata più che di
ristorante), salita a Pian Muné,
al ritorno visita a Revello alla
cappella marchionale.
L’itinerario aveva un duplice
aspetto: storico e turistico; il primo è stato relativamente sviluppato, il secondo ridotto a causa
della pioggia e del freddo (a Pian
Muné sembrava di essere in novembre con la neve a poca distanza).
L'itinerario storico aveva, pei
parte sua, due elementi diversi
intrecciati: uno che riguardava
la storia della chiesa in generale,
ed uno particolare di interesse
valdese. Cominciamo da quest’ultimo: Paesana-Praviglielm, due
momenti della vicenda valdese-riformata del Piemonte. I Valdesi
della valle del Po haimo origine
antica, altrettanto quanto quelli
delle vallate valdesi ed hanno,
come loro, lasciato traccia scritta. La crociala del 151042 condotta conltor iii loro su- ordine
di Margherita, di Foix è l’equivalente di quelle condotte dai Savoia nei secoli precedenti in vai
d’Angrogna. Dai processi e gli interrogatori del 1510 si conoscono
quegli « Errori » dei valdesi della vai Po che a suo tempo pubblicati da Arturo Pascal, ci illuminano sulla loro fede alla vigilia della Riforma.
Praviglielm è dal canto suo uno
dei centri della Riforma nel
Marchesato di Saluzzo, basta
percorrere l’indice dei volumi di
Pascal e Jean Jalla, ed il « Bref
Discour... », recentemente pub
blicato da Enea Balmas, per vedere quanto spesso ritorni il nome di questo piccolo villaggio.
Qui si sono tenuti alcuni sinodi
importanti nel XVI secolo, e qui
rimase in vita l’ultima chiesa riformata del Marchesato, a metà
del XVII secolo.
L’itinerario più generale invece, in cui si inseriva questo tipicamente « valàese », toccava tre documenti, tre espressioni caratteristiche della fede e
della pietà cristiane nella nostra
regione. La cripta di S. Maria di
Cavour è un esempio fra i più
antichi di quella cristianità alto
medievale che conosciamo così
poco ma da cui siamo usciti anche noi. Nel silenzio raccolto di
quella cripta semibuia, con le esili colonne, il pavimento sconnesso si ha la sensazione della catacomba, di una comunità segreta,
rinchiusa nel silenzio, povera, in
attesa di qualcosa che sta per venire. '
Quale contrasto invece la gran
de costruzione di mattoni che si
erge al centro dell’abbazia di Staffarda! poderosa, forte, espressione di una chiesa che si afferma,
si organizza, una città raccolta
attorno all’altare di uomini e monaci che « pregano e lavorano »
secondo la regola di Benedetto.
Che dire della minuscola cappella marchionale di Revello? un
guscio di noce illuminato dal sole, ornato ed affrescato (purtroppo si può solo ricostruire con
la fantasia sulla traccia dei pochi resti attuali) ha la dimensione assolutamente profana della
corte dei principi del medioevo
calante e del primo Rinascimento
in cui la religione non ha più altra iunMone che quella una
cornice sacra ad ùn ragionare
profano.
Come già lo scorso anno a la
Chanal abbiamo visitato la chiesa cattolica locale ed a motivo
del cattivo tempo vi ci siamo
fermati per la conversazione storica e per un breve culto. Il parroco di Praviglielm ci ha cortesemente accolti e salutati; gli giunga il nostro ringraziamento per
l’ospitalità.
Alle sorelle della chiesa di Torre Penice, in particolare ad Albertina Eynard, che hanno curato egregiamente la parte organizzativa, il nostro grazie. G. T.
RINGRAZIAMENTO
La figlia Silvia ed i familiari della
compianta
Evelina Beux ved. Ghisi
ringraziano commossi tutte le persone
che hanno preso parte al loro dolore.
Liisema S. Giovanni, 21 ^ugno 1983
RINGRAZIAMENTO
« lo ho combattuto il buon
combattimento, ho finito la corsa, ho serbato la fede ».
Crimoteo 3: 7)
I familiari della compianta
Enrichetta Avondet
ved. Griglio
Commossi e riconoscenti rin^aziano tutti coloro che in qualsiasi modo
hanno preso parte al loro dolore.
Un ringraziamento particolare al
dottor Serena Paolo, i medici, il personale del reparto medicina dell’ospedale Cottolengo di Pinerolo, il pastore
Genre, la sig.ra Davite.
S. Secondo, 19 giugno 1983
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI VALDESI
AVVISI ECONOMICI
TRASLCXIHI e trasporti per qualsiasi
destinazione, preventivi a richiesta:
Sala Giulio, via Belfiore 83 - Nichelino - tei. (Oli) 6270463 - 6272322.
Femminile a Bobbio
un buono e proficuo lavoro a
Riesi.
PINEROLO — Martedì 21 giugno l’Unione Femminile ha trascorso uno di quei pomeriggi
storici che, da alcuni anni, danno a chi vi partecipa l’occasione
di ricordare qualche momento
significativo della nostra storia
valdese visitando i luoghi che
ne sono stati teatro.
Così, dopo Praviglielm, la Balziglia, il Laux quest’anno è stata la volta del Puy (Podio) di
Bobbio.
Accolte da un gruppo di sorelle di Bobbio e da loro accompagnate le gitanti sono salite dappiima a Sibaud dove hanno fatto sosta. Qui 'Vera Long ha dato
alcune notizie sulla situazione
geografica di Bobbio per quello
che riguarda la popolazione, la
sua consistenza, le sue attività
ed Elsa Rostan, dopo aver accennato brevemente alla situazione storica delle 'Valli nel periodo dell’occupazione francese
che seguì di pochi anni il Sinodo di Chanforan, ha raccontato
le vicende che indussero i valdesi a formulare al Podio il Patto
di Unione (21 gennaio 1561). Sono state rilette le solenni e significative parole di quell’antica
dichiarazione mettendole in seguito a confronto con quelle più
militaresche del giuramento di
Sibaud. Indi le unioniste sono
salite a piedi al villaggio del Podio, hanno parlato con alcune
sorelle anziane, visitato la scuoletta del quartiere ed ammirato
la vi.sta meravigliosa.
Scese a Bobbio, una gradita
tazza di thè le attendeva nella
sala delle attività; hanno ancora
visitato i locali della nuova Po
resteria e fraternizzato con le
sorelle di Bobbio. Desiderano
perciò ringraziare sentitamente
queste sorelle che, oltre il thè,
hanno dato loro un intero pomeriggio di comunione fraterna
e ricordare loro l’invito a Pinerolo.
derìca di Barldon Davide e di
Berton Carla; la grazia del Signore riposi su questa bambina e sui
suoi familiari ed aiuti i suoi genitori a mantenere le promesse
fatte.
Lutto
SAN SECONDO -- Il 19 giugno è mancata, dopo breve malattia, la nostra sorella Enrichetta Avondet ved. Griglio, di anni
84 (Lombarda).
L’annunzio deiravangelc, di
fronte ad un gran numero di persone, è stato dato dal past. Arnaldo Genre che sostituisce in
questo periodo il past. Davite,
impegnato rielle sedute del Consiglio CEvAA, in Madagascar.
Rinnoviamo solidarietà e affetto ai familiari colpiti dal lutto.
• La chiesa ringrazia vivamente il pastore C. Pasquet ed il predicatore locale Dino Gardiol per
il messaggio rivoltole durante i
culti da loro presieduti.
• Domenica scorsa, 19 corr. m.,
ci siamo rallegrati di salutare un
nutrito gruppo di giovani di Hannover (Germania), ospiti presso
il Castagneto, i quali in risposta
ci hanno presentato alcuni inni
del loro repertorio.
'• Martedì 14 giugno si sono
svolti i funerali della nostra sorella Mauro Diega di anni 85 deceduta presso l’Ospedale 'Valdese di Pomaretto, dopo un lungo
periodo di malattia e sofferenze.
Nata in Sicilia, era da molti anni
a Pomaretto in qualità di insegnante elementare — lascia un
buon ricordo di se stessa. Ai nipoti le sentite condoglianze della
comunità.
'• Ricordiamo la prima riunione all’aperto della stagione estiva: avrà luogo il 10 luglio p.v.
alle ore 15 a Combavilla.
Giovane obiettore
• Il culto di domenica 26 giugno è stato presieduto dal predicatore locale Attilio Fornerone.
Battesimo
VILLAR PELLICE — Il batte
simo è stato amministrato a Fe
POMARETTO — Un giovane
della comunità ha scelto il servizio civile a quello militare, ritenendo certamente più utile darò
18 mesi di servizio presso il Servizio Cristiano di Riesi anziché
12 mesi ad imparare ad usare le
armi. A Massimo Long di Inverso
Rinasca, responsabile di una zona
del quartiere di Fleccia, gli auguri da parte della comunità per
• Domenica 19 giugno la comunità di Pomaretto ha visitato
la comunità di Como. Partiti con
la pioggia e coi- la paura di un
cattivo tempo per tutta la giornata abbiamo avuto la gioia di
avere un bel tempo a partire da
Vercelli: bel tempo che ci ha accompagnato per tutta la gita. Al
culto il pastore Thomas e il pastore Lamy Co'isson hanno recato il saluto della comunità di Pomaretto. Un’agape ha poi riunito
davanti a un piatto caldo offerto dalla comunità di Como tutti
i pomarini e alcuni comaschi. Nel
pomeriggio breve gita sul lago
ed una breve visita alla città. Alle 19 partenza per il ritorno con
un arrivederci a Pomaretto. Un
grazie ancora per il fraterno e
cordiale ricevimento.
USL 42-VALLI
CHI80NE-GERMANA8CA
Guardia Medica:
Notturna, prefestiva, festiva: telefono 81000 (Croce Verde)
Guardia Farmaceutica:
DOMENICA 3 luglio 1983
Perrero: FARMACIA VALLETTI - Via
Monte Nero, 27 - Tel. 848827.
San Germano Ohisoiie: FARMACIA
TRON - Telef. 58766.
Ambulanza:
Croce Verde Perosa; tei. 81.000
Croce Verde Porte; tei. 201454
USL 44 - PINEROLE8E
(Distretto di Pinerolo)
Guardia Medica:
Notturna, prefestiva, festiva: telefono 74464 (Ospedale Civile).
Ambulanza:
Croce Verde Pinerolo: 22664.
USL 43 - VAL PELLICE
Guardia Medica:
Notturna; tei. 932433 (Ospedale Valdese) .
Prefestiva-festiva: tei. 90884 (Ospedale Mauriziano).
Guardia Farmaceutica:
DOMENICA 3 LUGLIO 1983
Torre Pellice: FARMACIA INTERNAZIONALE - Via Arnaud, 8 - Telefono
91.374.
Ambulanza:
Croce Rossa Torre Pellice: telefono 91.996.
Hanno collaborato a questo
numero: Olga Bragaglia, Luciano Chica, Claudia Claudi,
Maria Luisa Davite, Luigi
Marchetti, Teofilo Pons, Elsa
Rostan, Giorgio Tourn.
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8 cronaca delle Valli
Sorp
rese
Giorgio GardioI
1 luglio 1983
ELEZIONI POLITICHE ’83-CAMERA DEI DEPUTATI
I risultati alle valli
Netto crollo della DG, tiene la sinistra, si affermano i laici di orientamento liberale
Nessuno se lo aspettava. I risultati di queste elezioni alle valli e nel pinerolese sono una sorpresa per tutti. Il crollo della DC
nel comprensorio (— 6,92% alla
Camera e, —8,65% ai Senato) è
di tale entità da richiedere una
più attenta analisi che faremo
sui prossimi numeri. Per ora ci
limitiamo ad alcune impressioni.
E’ venuto meno nelle campagne della pianura il tradizionale
collateralismo delle parrocchie
cattoliche. Infatti la DC perde
moltissimo in quei comuni dove
il voto cattolico l’aveva finora
premiata (—15,70 a Bricherasio,
— 11,42 a Cavour, — 10,32 a Garzigliana, — 10,57 a Lusernetta,
— 10,74 a Piscina, — 14,49 a Róletto, — 9,14 a Villafranca) ed
anche nei comuni delle valli dove il voto cattolico è maggioritario (— 12,73 a Pragelato, 12,42 a
Usseaux).
Poiché la perdita registrata in
queste roccaforti democristiane
del pinerolese è largamente superiore alla perdita registrata nazionalmente e regionalmente,
dobbiamo ipotizzare che, con
tutta probabilità, è una perdita
irreversibile che testimonia di
un cambiamento culturale della
gente.
_ mondo cattolico in questi ultimi anni è evoluto anche nelle
campagne ed ha abbandonato
Videa del collateralismo e non
possiamo che rallegrarci di ciò.
E’ segno di una evoluzione positiva della vita politica locale.
Ma dove sono andati i voti persi dalla DC? Alcuni (pochi) sono
andati ad ingrossare il numero
degli astenuti, delle schede bianche, e delle schede nulle. Mentre
gli altri sono voti di protesta per
la politica democristiana. In questo settore rientrano il 2,50% dei
voti del Partito dei Pensionati e
Z’1,26% dei voti in più del MSI
(di cui occorre sottolineare l’apporto giovanile). Altri ancora sono_ andati a partiti con programmi conservatori in economia; il
PRI r-l- 4,89%; e PLI (+ 1,98 per
cento)
Dunque fine del collateralismo,
ma affermazione di una politica
conservatrice e liberista.
_ In questo contesto la sinistra
tiene le proprie posizioni (PCI
— 0,89, PR — 0,82, DP + 1,14,
PSI — 0,80; anche se manifesta
nel complesso un leggero calo in
percentuale.
In una situazione di profonda
crisi economica, la sostanziale tenuta della sinistra è un dato importante se inizierà un confronto
serrato tra queste forze in vista
di una strategia comune per far
fronte al drammatizzarsi della situazione economica e sociale dei
prossimi mesi.
All’interno della sinistra è interessante osservare il dato relativo al PSI che, contrariamente
al dato nazionale, perde (— 0,80;
rispetto alle politiche 79 e (—
3,37; rispetto alle regionali delV80. Tale perdita è ancora più
marcata in alcuni comuni delle
valli tradizionalmente roccaforti
socialiste (— 8,09 rispetto alle
politiche ’79 a Bobbio Pellice,
— 7,67 a Salza, — 3,01 a Villar Perosa) anche se in alcune località
(Rorà, Massello) si verificano
nette inversioni di tendenza. Queste elezioni avranno sicuramente
un riflesso anche sulla politica
locale, dove il ’’polo laico” forte
del successo complessivamente
ottenuto, cercherà di svolgere un
ruolo polìtico meno subalterno
alla politica democristiana.
Anno PCI PR DP MSI PRI PLI PSI PNP PSDI Per DC
(PdUP) Trieste
ANGROGNA 1979 155 (14) 17 10 13 25 44 48 26 147
. 1983 139 21 20 3 39 24 36 7 12 2 116
BIBIANA 1979 220 (32) 77 25 56 51 107 100 145 960
— 1983 270 46 32 57 94 123 139 56 115 25 795
BOBBIO FELLICE 1979 121 (17) 9 6 6 10 52 122 40 33
1983 120 10 11 2 34 53 79 9 28 1 25
BRICHERASIO 1979 334 (27) 81 22 51 74 147 151 _ 109 1231
1983 390 60 31 93 169 299 167 66 153 10 942
LUSERNA SAN GIOV. 1979 1159 (109) 246 87 108 263 315 590 _ 306 1701
1983 1158 243 152 114 447 391 426 160 206 21 1605
LUSERNETTA 1979 67 (2) 16 2 2 4 13 23 31 218
1983 67 14 3 2 16 22 21 5 22 161
RORA’ 1979 41 (11) 6 6 1 3 8 76 16^ 12
1983 22 4 8 1 1 7 98 2 5 — 9
TORRE FELLICE 1979 905 (71) 220 84 67 251 304 421 319 631
1983 778 232 104 61 349 379 413 86 146 14 439
VILLAR FELLICE 1979 236 (19) 22 4 11 57 66 105 _ 67 134
1983 205 30 12 11 88 78 96 20 37 9 110
Totale Val Fellice 1979 3238 (302) 694 246 315 739 1056 2692 1059 5067
1983 3149 660 489 344 1237 1376 1475 411 724 82 4202
% 22,44 4,70 3,48 2,45 8,81 9,8 10,51 2,93 5,16 0,58 29,94
MASSELLO 1979 34 (3) 5 11 1 4 3 18 4 9
1983 17 — 13 — 7 4 27 3 2 1 6
FERRERÒ 1979 251 (13) 50 18 9 38 26 109 23 251
1983 201 20 39 8 39 34 93 24 15 3 213
FOMARETTO 1979 411 (13) 53 12 8 48 36 176 — 40 160
1983 301
21 47 12 75
41 153
11
21
FRALI
1979 121 (6)
1983 76
3
7
9
9
6
3
25
33
3
5
82 —
89 3
9 —
10 —
SALZA
1979
1983
37 (3)
22
7 —
8 3
3 —
3 2
16
2 —
2 —
Totale Val Germanasca 1979 854 (38) 141 57 24 118 68 401 78 503
1983 617 52 116 26 157 86 368 41 50 6 412
% 31,95 2,69 6,00 1,34 8,13 4,45 19,05 2,12 2,59 0,31 21,34
FENESTRELLE 1979 112 (8) 39 14 21 36 34 99 41 300
1983 65 21 12 24 53 37 63 36 15 6 204
INVERSO RINASCA 1979 216 (2) 20 7 13 12 76 17 62
1983 210 15 11 13 18 11 71 11 13 1 48
FEROSA 1979 856 (53) 122 49 40 165 109 344 178 1062
1983 714 92 84 70 308 143 329 77 129 9 854
RINASCA 1979 464 (44) 86 40 21 97 51 295 72 _ 757
1983 422 49 62 30 156 68 221 55 65 20 663
FORTE 1979 213 (23) 22 3 9 26 15 93 32 . _ 250
1983 230 26 13 14 51 28 83 7 19 4 195
FRAGELATO 1979 30 (3) 4 1 4 49 13 14 _ 18 223
1983 20 13 5 11 53 27 17 10 7 1 160
FRAMOLLO 1979 135 (8) 4 1 4 5 6 103 _ 12 30
1983 96 6 6 7 7 3 95 4 8 2 18
ROURE 1979 178 (13) 45 11 25 55 23 144 ___ 53 235
1983 119 22 20 29 55 24 129 28 45 4 200
SAN GERMANO CHIS. 1979 490 (19) 49 18 7 55 33 379 39 201
1983 435 29 38 16 100 32 326 30 36 10 140
USSEAUX 1979 17 (5) 19 2 11 14 4 20 8 99
1983 7 15 7 13 10 7 16 9 8 2 56
Totale Val Chìsone 1979 2711 (178) 410 135 142 515 300 1567 470 3219
1983 2318 288 258 227 811 380 1350 267 345 59 2538
% 28,54 3,55 3,18 2,79 9,99 4,68 16,62 3,28 4,25 0,73 31,25
Tot. Val Chisone Germ. 1979 3565 (216) 551 192 166 633 368 1968 548 3722
1983 2935 340 374 253 968 466 1718 308 395 65 2950
% 29,18 3,38 3,72 2,51 9,62 4,63 17,08 3,06 3,93 0,65 29,33
SAN SECONDO 1979 378 (23) 110 45 33 91 118 212 106 754
1983 368 111 62 70 247 185 210 58 99 4 658
FRAROSTINO 1979 172 (13) 27 16 11 38 20 168 40 77
1983 146 31 29 21 65 18 149 11 30 2 49
FINEROLO 1979 6596 (435) 1433 625 747 1434 1381 2382 _ 1199 8958
1983 6176 1037 835 1116 2818 1790 2087 679 956 95 6648
% 25,48 4,28 3,45 4,60 11,63 7,39 8,61 2,80 3,94 0,39 27,43
Comprensorio 1983 17989 3128 2356 2841 7780 6472 7997 2049 3592 377 27512
% 21,91 3,81 2,87 3,46 9,48 7,88 9,74 2,50 3,59 0,46 33,51
NOTE
Asterischi
elettorali
133
59
42
24
18
★ Pinerolo avrà una senatrice: è
Susanna Agnelli che in tutto
il pinerolese ha ottenuto un buon
successo. Il FRI, il partito che la
presentava in lista, ha avuto infatti 9731 voti nel comprensorio
(pari al 13,69%) e 24.518 nel collegio (pari ali 11,3%).
Susanna Agnelli era deputato
dal 76 ed era stata eletta al Parlamento Europeo nel 1979, e dal
1974 è sindaco di Monte Argentario (Grosseto).
Scrittrice, nelle passate legislature ha fatto parte della commissione igiene e sanità della Camera.
Nel pinerolese ha fatto una
propaganda elettorale molto intensa, organizzando « thè poiitici », visite a istituzioni pubbiiche
e private di assistenza ed ha coniato uno slogan, « Susanna è votosa », che evidentemente è piaciuto.
A Villar Ferosa, città di origine deila famiglia Agnelli, Susanna Agnelii e il PRI hanno fatto
il pieno dei voti e si dimostrano
(al Senato) il primo partito col
33,35% dei voti (+ 26,45%).
È il sen. Donat Cattin che fa le
spese del successo elettorale del
PRI. Il collegio di Pinerolo era
infatti considerato un coliegio sicuro per la DC che però perde il
9,2%, il che ha determinato una
clamorosa esclusione.
★ Celeste Martina, democristiano, è stato il candidato locale
che più ha impiegato mezzi e uomini per una affermazione elettorale: televisione, manifesti, inserzioni sui giornali. Tutto è stato inutile: è stato travolto nel
crollo della DC.
★ In Italia il voto è un diritto
dovere. Alle volte però è difficile esercitare questo dovere. È
successo a Pinerolo dove un handicappato si è recato a votare
con la sua carrozzella. Ma c'erano alcuni gradini e non si poteva
accedere al seggio. Così il comune ha dovuto far costruire in
tutta fretta una pedana per consentire l’accesso. Poi la cabina
non era delle dimensioni adatte
per la carrozzella. La cosa si è
poi risolta con un po’ di buon
senso.
Ma domandiamoci, non esiste
forse una legge che dice che vanno eliminate le barriere architettoniche? Perché non pensarci anche alle elezioni? La cultura che
promuove i diritti degli handicappati è ancora tutta da conquistare.
• Nel '79 il PdUP si è presentato in liste autonome. Nel 198.3 ha presentato invece propri candidati
nelle liste del PCI. t'
• Nel ’79 sono indicati nella colonna di DP i voti di Nuova Sinistra Unita, un raggruppamento tra
D.P., Sindacalisti e Lotta Continua. Nell’83 D.P. ha presentato nelle sue liste, candirti della Lega comunista rivoluzionaria.
• La lista «Per Trieste» è in realtà « Piemont » che ha stipulato un accordo nazionale colla li.'^ta
del « melone » per usufruire delle agevolazioni della propaganda elettorale a livello nazionale.
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