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ECO
DELLE WU VALDESI
BIBLIOTECA VALDF3E
10066 TORRE PEIL ICE
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 109 - Num. 5 abbqnamenti I L. 3.500 per Tinterno Sped. in abb. postale - I Gruppo bis/70 I TORRE PELLICE - 4 Febbraio 1972
Una copia Lire 90 L. 4.500 per l’estero Cambio di indirizzo Lire 100 1 Amm.: Via Cavour 1 - 10066 Torre Pellice - c.c.p. 2/33094
Appello
alla
libertà
Aspetti della riforma delle chiese
Conversione ecumenica
Parlare di libertà è oggi facile perché tutti vogliono, cercano e promuovono la libertà, più la propria che
quella degli altri, è vero, ma comunque tutti si considerano militanti della libertà. Può però essere anche pericoloso, perché secondo un numero
sempre crescente di persone di libertà
in giro ce n’è già troppa, c’è anarchia,
confusione, li,_enza ed il problema
principale non è più quello di difendere la libertà ma di limitarla perché
troppa libertà, come il troppo vino,
ubriaca.
Anche nella Chiesa cristiana, nelle
chiese cristiane è -più esatto dire, si
parla di libertà, la libertà spirituale,
quella della fede in Cristo; ma anche
qui molti fedeli, e non pochi responsabili della vita ecclesiastica, sono
preoccupati della troppa libertà. Le
assemblee cristiane degli ultimi anni
denotano questo tipo di ragionamento,
una sorta di prudenza sospettosa, un
tenersi a quello che esiste con mano
tremante, il timore della anarchia spirituale, dottrinale ed amministrativa.
Questa denuncia dei pericoli della
libertà, questo appello costante alle
tradizioni consolidate, la difesa esasperata e passionale di realtà storiche,
dottrine, usi religiosi ed idee conduce
naturalmente allo spirito di denuncia
e di crociata e sempre più frequentemente si assiste alla polemica personale, alla denigrazione, al sospetto: il
nemico è fra noi, alla tua sinistra o alla tua destra, è chi non crede come te.
La situazione non è molto diversa
in altre chiese evangeliche, anche presso i fratelli tedeschi o americani la libertà è vista con riserve, l’unica differenza tra loro e noi sta forse nel fatto che presso di loro la polemica non
si svolge a livello di vita ecclesiastica
rna di teologia. Lo scontro è fra teologi di antico stampo, i veri teologi,
espressione della sana dottrina ed i
teologi moderni, i ribelli che mettono
in dubbio tutto, criticano tutto e sovvertono i principi della fede tradizionale.
Da noi non siamo ancora giunti a
questo tipo di battaglie, ma ci stiamo
arrivando. Da una parte stanno i rappresentanti della Chiesa e della teologia protestante « vera », dall'altra i
« nuovi teologi » ed i settari. Sin qui
ci si è limitati a dire: i primi sono
nella verità perché sono spirituali ed
i secondi sono falsi perché fanno politica; i primi sono nella verità perché
seguono la via della pietà tradizionale
ed i secondi sono falsi perché contestano tutto; i primi sono rispettabili
perché sono gente posata e di ordine,
i secondi sono da tenere a bada perché sono anarchici. Questo negli ultimi dieci anni, fino ad oggi; ma come
è accaduto presso i fratelli all’estero,
accadrà presto anche fra noi che si
dirà: gli uni, i primi, predicano il vero messaggio dell’Evangelo, i secondi
no; ci sono fra noi coloro che sono
nella verità e gli altri nell’eresia. Qccorre prepararsi a questo, se non vogliamo essere vittime anche noi degli
equivoci e delle false dicerie.
La migliore preparazione ci sembra
essere la lettura di un testo recentemente pubblicato dalla Claudiana nella sua collana « Piccola Biblioteca Teologica ». Si tratta di un volume di
E. Kasemann, dal titolo significativo:
Appello alla libertà. L’autore è un teologo moderno, e lo dichiara apertamente, che si sforza di ricondurre il
problema della polemica attuale alla
sua reale dimensione. Non c’è verità
contro errore, ortodossia contro liberali, c’è solo amore per Gesù Cristo e
per la libertà del suo Evangelo o paura della libertà ed amore delle proprie
opere. Il libro è impegnativo, come
può esserlo un libro di teologia, richiede volontà di comprendere e sforzo
ed è polemico, non dà requie, dalla
prima all’ultima pagina, nella sua appassionata difesa della libertà della
fede.
Non mancherà di sollevare molti
problemi nei lettori, forse dubbi, ma
è tanto il vigore e la passione di fede
che Io anima, che un credente non può
che esserne tonificato, « edificato » si
dice anche. Se un consiglio può essere utile per i lettori: leggete e rifiettete, ma non mancate di discuterne
le idee con altri fratelli, la libertà dell’Evangelo vive solo in questo scambio di esperienze e di interrogativi.
Giorgio Tourn
"Val forse la pena di riprendere ad
uno ad uno, nel tentativo di chiarirli
meglio, i tre temi additati nell’articolo
della scorsa settimana come decisivi
per la riforma delle chiese del nostro
tempo: l’ecumenismo, la politica e l’ubbidienza alla parola di Dio secondo la
Scrittura (il sola Scriptura coniugato
co' tota Scriptura, cioè solo la Scrittura come dicevano i Riformatori e
tutta la Scrittura come esige il movimento ecumenico). Il primo aspetto
della riforma delle chiese che occorre
esaminare più da vicino è l’ecumenismo.
Che cosa si deve intendere per « conversione ecumenica » delle chiese? Il
chiarimento è necessario perché ci sono molti ecumenismi e bisogna saper
distinguere quale è per la riforma delle chiese e quale per la loro conservazione. Ad esempio, l’ecumenismo promosso dalla Comunità monastica di
Taizé (che qualcuno si ostina ■— non
comprendiamo perché — a considerare protestante), pur contenendo alcuni
aspetti positivi che non devono essere
ignorati, nell’insieme è da respingere
sia per le sue tendenze cattolicheggianti, evidenti specialmente nel prioreSchutz, sia e soprattutto per l’intenzione restauratrice che lo determina:
l’obiettivo di Taizé non è l’unità attraverso la riforma di tutte le chiese
ma è l’unità attraverso l’integrazione
delle altre chiese nella chiesa cattolica
romana. A un ecumenismo di questo
genere, che si può definire clericale perché ha il suo centro di gravitazione nella chiesa (e per di più in quella romana), e che è conservatore sul piano ecclesiologico e restauratore sul piano liturgico e teologico, si contrappone oggi
il cosiddetto ecumenismo secolare, che
ha il suo centro di gravitazione nel
mondo e vive il problema della fede in
termini più politici che teologici. Anche l’ecumenismo secolare finisce per
« saltare » il problema della riforma
della chiesa, dichiarandolo secondario
anzi irrilevante rispetto ai grossi problemi dell’uomo e della società, e quindi non occupandosene affatto. Né l’ecumenismo clericale né l’ecumenismo secolare costituiscono il terreno propizio per la conversione ecumenica delle
chiese, che dovrà situarsi al di là di entrambi.
Ma quale contenuto positivo si può
dare alla conversione ecumenica delle
chiese? Ecco alcune indicazioni sommarie e provvisorie.
In primo luogo, la conversione ecumenica delle chiese implica il superamento del confessionalismo. Le chiese
si stanno rendendo sempre meglio conta dei limiti del confessionalismo. Tutte le chiese sono confessionali (o denominazionali) e come tali limitate, sia
nei confronti della pienezza cristiana
(che nessuna confessione incarna) sia
nei confronti della autenticità cristiana (che nessuna confessione garantisce). Ci si rende oggi più che mai conto che non basta essere fedeli alla propria confessione per essere cristiani
confessanti. L’esperienza che molti cristiani stanno facendo è che fedeltà con^fessionale e autenticità cristiana non
coincidono necessariamente. I vari cristiani confessionali, oltre a essere in varia misura parziali nei confronti dell’Evangelo, mancano spesso di forza
confessante. Conversione ecumenica, in
questo contesto, significa optare non
per un cristianesimo a-confessionale
(questo sarebbe un modo errato di superare il confessionalismo) ma per un
cristianesimo confessante. Superare il
confessionalismo non significa attuare
iiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiimiiiiii
IL 6 FEBBRAIQ
Domenica dell'Alleanza
Battista Mondiale
In tutto il mondo 45.000 congregazioni battiste celebrano, il 6 febbraio ’72,
la Domenica delTAlleanza Battista
Mondiale. Annunciandola il past. 'V.
Carney Harbroves, presidente delTA.
B.M., ha dichiarato che in questa giornata sarà confermato il lancio di una
missione mondiale di riconciliazione
mediante Gesù Cristo. Questa missione di riconciliazione, che poggia al
tempo stesso sull’evangelizzazione (riconciliazione dell’uomo con Dio) e sul
ministero della fraternità (riconciliazione dell’uomo con l’uomo), è stata
decisa dal Congresso Battista Mondiale di Tokio 1970 e deve culminare in
quello di Stoccolma 1975.
una chiesa senza confessione, una fede
senza contenuto, un credo inarticolato
e incomunicabile ma significa dar luogo a una chiesa confessante. Conversione ecumenica significa transizione da
una fede di tipo confessionale a una
fede di tipo confessante.
Un secondo aspetto di questa -conversione è la declericalizzazione delle chiese in generale e dei ministeri in particolare. Restituita alla sua fisionomia
evangelica, la chiesa può essere definita
come una comunità di fratelli e una comunione di ministeri. L’antichissimo e
fatale fenomeno della clericalizzazione
della chiesa e dei ministeri, malgrado
l’opposizione della Riforma che gli ha
tolto ogni legittimità teologica, ha dilagato in tutte le chiese (benché in forme
e con intensità molto diverse) e deve
oggi essere combattuto sull’intero fronte ecumenico. Ma come? Formando deicomunità di credenti adulti e responsabili. Quando la comunità dei fratelli
tende a diventare una comunione di
ministeri, non c’è più posto per un clero. Conversione ecumenica in questo
ambito significa non già sopprimere i
ministeri, che fanno parte integrante
della visione evangelica della chiesa,
ma cancellare l’idea di ministero come
sintesi di servizio e potere. Il ministero è solo servizio. II potere sacro genera il clero, cioè snatura il ministero.
In terzo luogo, la chiesa ecumenica si
sta delineando come una rete di comunità cristiane confessanti, collegate tra
loro da vincoli fraterni e in sostanziale
comunione di fede e di vita. Il superamento della divisione tra le chiese sul
piano istituzionale e la ricerca anche
organizzativa deH’unica chiesa implica
lo scardinamento del sistema gerarchico (tipico dell’ecclc.Aologia cattolica e,
con notevoli varianti, anche di quella
ortodossa), il superamento della chiese
nazionali (caratteristiche del mondo
protestante), e l’avvento di una fraternità cristiana internazionale costituita
essenzialmente da chiese locali, reciprocamente indipendenti sul piano giuridico ma in comunione sul piano della
fede confessata e vissuta. Conversione
ecumenica significa in questo campo
seguire il suggerimento dato da K.
Barth a Amsterdam già nel 1948, e cioè
partire dalla comunità locale intesa come « congregazione vivente di Gesù Cristo, il Signore vivente » e cercare la
struttura più idonea a consentire il
massimo di « libertà della Parola di
Dio per la congregazione » e di « libertà
della congregazione per la Parola di
Dio ». Non sarà più il principio gerarchico, sarà il principio fraterno a tenere unita la compagine ecclesiastica, impedendone la disintegrazione.
Infine, la conversione ecumenica delle chiese riguarda anche il loro patrimonio teologico. Mentre la tendenza
naturale delle chiese è di conservare intatto il loro patrimonio teologico e
dogmatico, e semmai di arricchirlo ancora, si imporrà una sua riduzione all’essenziale, cioè in pratica al suo nucleo cristologico. Le teologie confessionali dovranno essere sottoposte non
già a un’operazione di sintesi e integrazione reciproca ma a un processo di
purificazione alla luce della fede apostolica. Questo processo non consiste
nella ricerca di un minimo denominatore ecumenico comune ma nella ricerca
di ciò che è fondamentale secondo
l’Evangelo, tralasciando ciò che non lo
è. Qggi come nel tempo apostolico si
sente l’esigenza di condensare la fede
cristiana in poche proposizioni e posizioni essenziali. Perciò in questo ambito, conversione ecumenica significa
transizione da una fede che dice tutto o
molto a una fede che dice l’essenziale.
Paolo Ricca
iiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiliiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiuiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiimiiHiiii
Anabattismo pacifico e anabattismo ribelle
Il DiBBimento anabattista ha un'anima snla
Il frutto meditato di una vasta ricerca di
Ugo Gastaldi, pubblicato dalla Claudiana
Due opere sull’anabattismo sono state pubblicate recentemente in Italia.
L’una è la traduzione della storia del
movimento anabattista di 'William R.
Estep (1), l’altra, dovuta a Ugo Gastah
di, comprende soltanto il primo decennio (1525-1535) di questa storia (2).
L’opera del Gastaldi, che sarà continuata in un secondo volume, è ampia
e molto ben condotta, con equilibrio
di giudizio e notevole sforzo di obiettività. Ci riferiamo ad essa nelle citazioni, se non viene esplicitamente menzionato l’Estep.
La tesi dell’origine del movimento
anabattista dagli spiritualisti visionari della Sassonia (Carlostadio, « profeti di Zwickau », Thomas Müntzer) viene respinta, seguendo l’orientamento
generale della storiografia moderna.
Tuttavia Gastaldi dedica un capitolo
anche agli spiritualisti sassoni per vedere quali rapporti siano o non siano
intercorsi fra i due movimenti. Thomas Müntzer è un visionario, dal quale « la S. Scrittura viene relegata in
una posizione secondaria..., non essenziale » (p. 58). « Grandiosi erano solo
i suoi gesti di profeta esaltato e la
magniloquenza dei suoi appelli alla
violenza ed alla strage senza quartiere.
Nella sua chiesa a Mühlhausen teneva
esposta una nuova creazione della sua
feconda fantasia simbolistica... Ed annunciava che... tra poco si sarebbe
messo in marcia con un esercito di
duemila Eletti. In realtà da Mühlhausen uscivano molto più discorsi profetici che uomini in armi » (p. 66).
Dopo la battaglia di Frankenhausen,
che fu un macello più che una battaglia, « perché i contadini non combatterono e si dettero alla fuga terrorizzati, caricati senza pietà dalla cavalleria dei principi..., colui che era il maggiore responsabile di quell’inutile stra
li) W. R. Estep, La verità è immortale,
traduzione dall’inglese di Piero Bensi e Amato
Billour, Roma, Casa Editrice Battista, 1971,
321 p.
(2) U. Gastaldi, Storia dell’anabattismo
dalle origini a Münster, 1525-1535, Torino,
Claudiana, 1972, 652 p., 44 tav., L. 6800 (in
brossura), L. 7.800 (rilegato).
ge (cioè Thomas Müntzer) non fu trovato fra i morti, ma venne scoperto a
Frankenhausen mentre tentava di nascondersi » (p. 67).
Il Gastaldi non si lascia entusiasmare da chi grida: « Profeta, profeta! »,
quando profeta non c’è. Preferisce provare i sedicenti profeti, e, dopo avere
dimostrato che il Müntzer è un « profeta che perde completamente la faccia » (p. 68), passa, alla fine dell’opera,
a esaminare quei « profeti » che, con
le armi in pugno, hanno voluto stabilire il regno di Dio, « la nuova Gerusalemme » a Münster in 'Vestfalia negli anni 1534-35. Uno di questi era Giovanni Matthys, adultero e seduttore.
Abbandonò la moglie e teneva presso
di sé una giovanissima amante, che
aveva sedotta e strappata alla famiglia (p. 505). A Münster « il profeta
(Matthys) rivelò per l’occasione di avere ad un tempo l’animo di un disumano calcolatore e di un folle sanguinario, perché questa volta propose che
tutti i cattolici ed i luterani (della città) venissero uccisi » (p. 533). Non essendo stata approvata questa sua richiesta, costrinse tutti i cittadini a
farsi ribattezzare. Quelli che si rifiutarono di ubbidire furono espulsi dalla
città d’inverno in unq tormenta di neve, seminudi. « Non si ebbe pietà per
i vecchi, le donne, i bambini e i malati » (p. 534).
Giovanni Bockelson, detto Giovanni
da Leida, che succedette al Matthys
nel governo della città assediata, si fece incoronare quale re Davide della
« nuova Gerusalemme », introdusse
non soltanto la comunanza dei beni,
ma anche la poligamia. Egli stesso si
prese una ventina di mogli, tutte molto giovani, e punì con la morte il rifiuto della poligamia. Vi furono « molte esecuzioni, tutte di donne » (p. 546).
Quando la città venne riconquistata
dal vescovo Franz von Waldeck, « nessuno vide Bockelson combattere nella
estrema difesa della città ed egli venne catturato mentre cercava di nascondersi » (p. 556). Fatto prigioniero « dichiarò di essere disposto, in cambio
{continua a pag. 3)
Valdo Vinay
Quale contributo alla “settimana
di preghiera per l’unità cristiana”
la chiesa valdese di Verona
denuncia
La discriminazione
religiosa contro
gii obiettori di coscienza
Il pastore Eugenio Rivoir, incaricato della cura delle comunità di Verona
e di Brescia, ha rivolto ripetuta richiesta alla Procura militare della Repubblica presso il Tribunale militare territoriale di Verona di poter visitare alcuni obiettori di coscienza imprigionati nel carcere militare di Peschiera,
i quali si erano rivolti a lui per iscritto chiedendogli una visita. Il Procuratore militare ha risposto negativamente e su questa risposta la nostra chiesa veronese ha riflettuto e preso posizione; pubblichiamo il testo dì queste
lettere che i fratelli di Verona ci inviano « come un contributo alla settimana di preghiera per l’unità dei cristiani ».
Rispondo alla Sua del 21 dicembre
1971 diretta alla Procura della Repubblica di Verona e qui pervenuta per
competenza il 3 gennaio c. a.
Sono spiacente di non poter concedere l’autorizzazione ricMesta e ciò
in forza delle norme vigenti (art. 2
parag. 107 del Regolamento per gli Stabilimenti militari di pena (R. D. 27-X1918).
Riporto il paragrafo in parola: « I
detenuti professanti altra religione —
diversa da quella cattolica — possono
chiedere di essere assistiti se malati,
da ministri del proprio culto... ».
Non risulta che i detenuti Mariani
Eugenio e Truddaiu Gianfranco siano
attualmente ammalati e pertanto mi
vedo costretto a rispondere negativamente alla Sua richiesta.
Verona, 5 gennaio 1972.
Il Procuratore Militare della Repubblica: Dr. Carlo Merler
•
La comunità evangelica valdese di
Verona ha preso visione della lettera
che il procuratore militare della repubblica presso il tribunale militare
territoriale di Verona, Dr. Carlo Merler, ha inviato in data 5 gennaio 1972
al pastore della comunità di Verona,
Eugenio Rivoir. Questa lettera è stata
scritta in risposta a una richiesta di
poter visitare due cittadini italiani
temporaneamente detenuti nel carcere
militare di Peschiera del Garda perché
obiettori di coscienza. Il procuratore
militare della repubblica presso il tribunale di Verona, basandosi sull’articolo 2 del regolamento per gli stabiUmenti militari di pena del 1918, non
concede l’autorizzazione richiesta perché « i detenuti professanti altra religione — diversa da quella cattolica —
possono chiedere di essere assistiti se
malati da ministri del proprio culto »
(la sottolineatura è nella lettera del
procuratore).
Ci sembra che alcune linee di riflessione e di azione debbano essere svi. luppate. E importante che si sappia
che cosa significa essere obiettori di
coscienza oggi nel nostro paese; molte volte questo porta ad un isolamento che si cerca di rendere più completo possibile.
Succede più di una volta che l’assistenza « spirituale » esistente viene rifiutata dal carcerato e che si obietta
anche contro di essa; ogni ricerca però di qualcosa di diverso è vista dal
regolamento militare come avvenimento pericoloso: il procuratore della repubblica presso il tribunale militare invoca leggi per impedire che
questo avvenga.
Chi non accetta l’assistenza che ufficialmente viene concessa (tramite il
cappellano militare cattolico del carcere) non può pretendere — ci si dice — che altri abbiano un colloquio
con lui.
Non ci stupiamo di questo nuovo atto di discriminazione: da tempo abbiamo scelto di combattere contro il
monopolio spirituale della chiesa cattolica che troviamo in molti settori
della vita anche economica e politica
del nostro paese. Non ci stupiamo, ma
una volta di più lo segnaliamo a chi
vuole avere occhi per vedere e orecchi per sentire quel che succede nel
nostro paese.
Questa breve dichiarazione è stata
scritta nella settimana che in certi ambienti viene chiamata « settimana di
preghiera per l’unità dei cristiani ».
Verona, 18 gennaio 1972.
La comunità evangelica valdese
di Verona
2
pag. ¿
N. 5 — 4 febbraio 1972
ACCOSTARSI alla BIBBIA
I grandi temi
deir Antico Testamento
DISCIPLINA E LIBERTA’
« Voi avete udito che fu detto: non commettere adulterio. Ma io vi dico che
chiunque guarda una donna per appetirla, ha già commesso adulterio con lei
nel sito cuore. Ora, se l’occhio tuo destro ti fa cadere in peccato, cavalo e gettalo via da le; poiché vai meglio per te che uno dei tuoi membri perisca, e non
sia gettato l'intero tuo corpo nella geenna. E se la tua man destra ti fa cadere
in peccato, niozzala, e gettala via da te; poiché vai meglio per te che uno dei
tuoi membri perisca, e non vada l’intero tuo corpo nella geenna »
(Matteo 5: 27-30).
L’Antico Testamento contiene molte
cose interessanti e preziose: racconti,
leggi, esortazioni, profezie, inni, proverbi, preghiere. Ma da questo contenuto cosi ricco e vario emergono alcuni temi fondamentali per la fede del
popolo di Dio.
11 primo è quello del PATTO o TESTAMENTO. Il termine « patto », in
ebraico « berit », indica qualcosa di
più di una convenienza giuridica fra
due persone che firmano un accordo
su una materia stabilita, r.tenendosi
poi libere per tutto il resto. In realtà
il patto « biblico » è un’alleanza personale e completa che crea, fra due
persone, una unione profonda e fedele, superiore ad ogni altra unione,
compresa quella del sangue. Nel nostro caso, il « patto » fra Dio e il suo
popolo è l’alleanza particolare che
Dio, per iniziativa sua, contrae con
Israele e di cui Israele dovrà rendere
testimonianza attraverso i secoli.
L’idea del patto fra Dio e Israele è
di un’importanza essenziale per una
retta conoscenza dell’Antico Testamento Alla base del patto c’è la « elezione » da parte di Dio; una « elezione »
libera e sovrana che si attua nella sceT
ta del popolo d’Israele, e non di un’altra nazione, per renderlo depositario
della Rivelazione divina: « L’Eterno
ha riposto in voi la sua affezione e vi
ha scelti, non perché foste più numerosi di tutti gli altri popoli:., ma perché l’Eterno vi ama... Riconosci dunque che l’Eterno, l’Iddio tuo, è Dio,
l’Iddio fedele, che mantiene il suo
patto... ».
Due momenti particolari possono essere rievocati a proposito del patto di
Dio nell’Antico Testamento. Il primo
si riferisce alla vita del patriarca Àbramo, il quale si preoccupava perché la
promessa di una numerosa discendenza epa rimasta inadempiuta. L’Eterno
10 rassicura e gli dice: « Mira il cielo
e guarda le stelle, se le puoi contare.
Così sarà la tua progenie... Io fermerò
11 mio patto fra me e te e sarà un patto perpetuo, per il quale io sarò l’Iddio tuo e della tua progenie dopo di
te » (Gen. cap. 15 e 16). In questa prospettiva, Israele ha considerato Àbramo come il capostipite del popolo eletto. La fede d’Israele è fede nel Dio di
Àbramo, d’Isacco e di Giacobbe. Paolo affermerà più tardi, in polemica con
i Giudei, che « coloro i quali hanno la
fede sono figliuoli d’Àbramo » (Gal.
3: 7).
Il secondo episodio è quello avvenuto ai piedi del monte Sin-^i. Si legge nel libro dell’Esodo che Mosè eresse un altare e dodici pietjre, offrì dei
/TI Hi rri-d’Tìck
sacrifizi di azioni di grazie a’TEterno;
poi « prese il libro del patto, lo lesse
in presenza del popolo... Prese anche
il sangue, ne asperse il popolo e disse:
Ecco il sangue del patto che VE’erno
ha fatto con voi sul fondcim nto di mite queste parole » (Es. 24: 4-8).
In quel racconto si trovano gli elementi essenziali del patto: l’impegno
reciproco dei contraenti (la Parola dell’Eterno e la promessa di osservarla
da parte del popolo), i sacrifizi con
aspersione del sangue sul popolo, la
formula solenne (questo è il sangue
del patto), la mediazione operata da
Mosè fra Dio e il popolo. L’Eterno rimarrà fedele a quel patto, anche quando Israele se ne aJontanerà. Israele,
come a maggior ragione la Chiesa di
Gesù Cristo, non potrà mai annusare
la misericordia di Dio: « Quand’anche
i monti s’allontanassero e i colli fossero rimossi, l’amor mio non s’allontanerà da te, né il mio patto di pace
sarà rimosso, dice l’Eterno che ha pietà di te » (Is. 54: 10).
Accanto al tema del PATTO, ecco
quello della LEGGE. Israele è anche
stato il popolo della Legge, con il suo
alto contenuto morale e con la sua
provvisorietà.
Quando pensiamo alla Legge nell’Antico Testamento, la nostra attenzione si porta naturalmente sul Decalogo e su quell’insieme di leggi morali, sacerdotali e sociali contenute nei
primi cinque libri della Bibbia, cioè
il Pentateuco. Si tratta di una legislazione assai complessa che investe la
comunità israelitica non soltanto nell'ambito religioso, ma anche in que’lo
giuridico, pubblico e privato, perché
tutta la vita del ponolo dev’essere sottoposta alla volontà di Dio, mediata
da Mosé al popolo d’Israele.
La Legge o Torah nel suo significato
originale è un insegnamento, una istruzione, più che un codice di precetti
destinati a moltiplicarsi e ad alterare
la vera osservanza dei comandamenti
di Dio. La Legge in sé non doveva essere un giogo pesante, una severa imposizione da parte di un Dio sconosciuto; ma piuttosto un segno della
grazia di Dio che aveva già operato in
favore del popolo, liberandolo dalla
servitù egiziana. L’ubbidienza alla Legge era espressione di riconoscenza all’Eterno, la prova che il popolo era un
popolo particolare, consacrato a Dio,
non agli idoli cananei.
Potremmo domandarci: tutte quelle leggi riguardanti i sacerdoti, i sacrifizi, le cerimonie mosaiche, quale
significato hanno ancora per noi? È
evidente che la loro funzione è stata
provvisoria e preparatoria. Gesù è superiore agli angeli, a Mosè, ai sommi
sacerdoti dell’Antico Patto; il suo sacrifizio sulla croce riassume e trascende tutti i sacrifizi e gli olocausti di
prima. Cristo è « mediatore di un nuovo patto », Lui che, « dopo aver offerto un unico sacrifizio per i peccati e
per sempre, si è posto a sedere alla
destra di Dio» (^b. 10: 17). Purtroppo la Legge, invece d'essere fonte di
forza morale e di libertà interiore diventerà, per colpa degli uomini, una
casistica farisaica o una religione di
opere e di meriti. Ma queste deforma.'ioni non alterano il valore della Legge di Dio, per cui il salmista diceva:
« Beato l’uomo il cui diletto è nella
legge dell’Eterno » (1: 2).
Infine, l’Antico Testamento, è anche
il libro della PROMESSA. Come già il
PATTO e la LEGGE, così anche la
PROMESSA procede da Dio e rende
testimonianza alla Sua fedeltà.
La « promessa » di Dio percorre tutto l’Antico Testamento, suscitando di
generazione in generazione attesa e
speranza. Il profetismo ebraico ha
fatto risplendere di vivida luce la promessa divina, anche nei tempi più
oscuri e travagliati; ma già al patriarca Abramo, TEterno aveva promesso
di « render grande il suo nome e di esser fonte di benedizione » (Gen. 12: 2).
Talvolta la « promessa » si avvera in
un tempo ben limitato e per mezzo di
eventi storicamente precisi, come il
ritorno dall’esilio babilonese: « Quando 70 anni saranno cornpiuti per B'bilonia, io vi visiterò e mande:ò ad effetto per voi la mia buona parola, facendovi tornare in questo lu^go, dice
l’Eterno » (Ger. 29: 10). Altre volte si
tratta di' una promessa « messianica »
preannunziante la venuta dell’Unto o
del Servo delTEterno. Ma alcune fra
le pagine più belle dell’Antico Testamento racchiudono una promessa che
si protende più innanzi ancora, verso
i tempi finali che appartengono a Dio
ed al Suo regno.
Quel regno si è già avvicinato a noi
nella persona di Cristo, il Messia di
Israele; ma non è ancora chiaramente manifestato, talché siamo ancora
costretti a pregare, dicendo: « Venga
il Tuo regno »! Tuttavia, fondati sulle
promesse divine, sicuri che l’Eterno
ha già « fai to sorgere a Davide un
germoglio giusto » (Ger. 23: 3), fissiama lo sguardo innanzi verso i tempi in
cui le nazioni « delle loro spade fabbricheranno vomeri d’arairo, e delle
loro lance, roncole; una naz'one non
leverà più la spada contro un’altra e
non impareranno più la guerra » (Is.
2: 4), poiché « la terra sarà ripiena
della conoscenza dell’Eterno, come il
fondo del ma'-e dalle acque che lo coprono » (Is. 11: 10).
Il cammino del cristiano continua
ad essere il cammino della fede e deliri speranza, già percorso dal patriarca Abramo sulle sabbie del Medio
Oriente. Egli « sperando contro speranza, credette. E. senza venir meno
nella fede, dinanzi alla promes.sa di
Dio non vacillò per incredulità, ma fu
fortificato per la sua fede dando gloria a Dio ed essendo pienamente convinto che ciò che aveva promesso, Egli
era anche potente da effettuarlo»
(Rom. 4: 18-21).
Ermanno Rostan
Questi versetti fanno parte del Sermone sul monte, e vengono subito dopo un discorso relativo aH’omicidio,
cioè alla violenza nei confronti del
prossimo. Questo accostamento non ci
deve stupire: il problema del comportamento sessuale rivestiva infatti una
notevole importanza per i cristiani
della prima generazione, e rappresentava uno dei massimi punti di confronto e di scontro morale, e anche
ideale, col mondo pagano dell’epoca
Sarebbe tuttavia errato ritenere che
i] confronto tra cristiani e pàgani avvenisse sul terreno del moralismo: una
contrapposizione tra un crisUanesimo
rigorista e moralista e un paganesimo
lassista e immorale sarebbe troppo
semplicistica. Il termine di confronto
sta altrove: questi detti di Gesù, come
tutta la miglior tradizione ebraica vedono il problema sessuale alla luce
del rapporto con l’altro: il problema
è dunque: come può, anche nel campo sessuale, essere impostato un rapporto con l’altro che ne rispetti creativarnente la libertà e la dignità, ed in
ciò sia conforme alle più profonde intenzioni della Legge del Signore?
Di questa legge gl) Ebrei davano
una interpretazione piuttosto limitata:
l’essenziale era che l’istituto del matrimonio fosse legalmente rispettato,
e che nessuno si appropriasse della
moglie di un altro. L’uomo adultero
non era considerato colpevole nei confronti di sua moglie (la quale viceversa era legata a lui da obblighi rigidamente vincolanti), ma nei confronti
dell’altro uomo, membro come lui della comunità israelitica, del quale egli
aveva rovinato il matrimonio. Per Gesù questa interpretazione è assolutamente insufficiente: basta uno sguardo
interessato ed egocentrico posato sulla sposa di un nostro fratello, perché
la sostanza, se non la forma, dell’adulterio sia già presente.
Cioè: un’astensione formale da’le
pratiche adulterine non ha alcun valore, qualora sussista un orientamento, un interessamento profondo della
personalità di un uomo per la personalità psico-fisica di una donna già
globalmente impegnata nel rapporto
di affetto con un altro uomo. La parola « sguardo », infatti, nella cu tura
giudaica non indica la semplice « presa in considerazione » di un fatto o di
una persona, né una sua distaccata
valutazione estetica: lo sguardo è considerato già come un’azione, animata
da un’intenzione profonda del cuore e
della volontà.
Tale sguardo è colpevole non perché
esprima un’impurità proveniente dalla vita interiore dell’uomo: la Bibbia
dedica scarso interesse alla « vita interiore » delle persone, preferendo il
terreno responsabile delle loro concrete relazioni con il prossimo. Né deve essere valutato come malvagio di
per sé il fatto oggettivo della spinta
sessuale indifferenziata che ogni uomo
risente per la donna in genere (e viceversa) ai livelli precoscienti e predecisionali della sua personalità: questo è
un fenomeno naturale, a cui una certa
tradizione cristiana (S. Agostino!) ha
probabilmente fatto troppo onore collocandolo al centro della problematica morale relativa al peccato e a’ia
concupiscenza: e come fenomeno naturale va considerato, nella consapevolezza dei suoi limiti e delle sue contraddizioni: limiti e contraddizioni
che, in questo caso come in molti altri, costringono l’uomo a decidere.
imiliiillllliiiiiiiliii
,/iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiimiimimiiiimiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiìiiitmii
Il matrimonio, probiema di fede
L’opuscolo su «lì matrimonio problema di
fede » pubblicato ili recente a cura del Concistoro valdese dellu Chiesa di via IV novembre in Roma, riproduce, in una chiara ed
ariosa veste tipografica, lo studio che il pastore Giovanni Scuci e ri ha svolto in occasione
deU’assemblea nella quale venne affrontato e
discusso, secondo Tinvito rivolto dal Sinodo
alle chiese, il tema del matrimonio nel corso
del 1971.
Se il Concistoro ha assunto l’iniziativa di
dare alle stampe il lavoro predetto è perché,
accogliendo il desiderio manifestato dall’assemblea di poter rileggere lo studio udito e
ampiamente discusso, ha voluto offrire, non
solo ai membri delle chiese valdesi, ma a tutti i credenti ropportunilà di disporre di un
breve e valido scritto su di un tema su cui
tutte le nostre chiese hanno a lungo meditato
in questi ultimi anni nell intento di ripresentarne le implicazioni in termini nuovi. Il
lavoro del pastore Scuderi si inserisce infatti
perfettamente nell’opera che successive commissioni di studio hanno svolta negli ultimi
cinque anni nel ripro])orre all'attenzione del
Sinodo ed allo studio delle singole chiese la
tematica del matrimonio dei credenti prospettando i fondamenti, la natura, il modo
stesso di vivere il matrimonio nel quadro della
^ Giovanni Scuderi. il matrimonio problema di fede. Quintili ed. Roma, 1971, pag. 24,
L. 250.
iiiiiiiiiitiiiiitiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiniiiiniiuiiiiiiiiiiitiiimiimiiiiiiniMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiitiiiniininiiiiiiiiiiitiiiiiiiiiiiiniiiii
FRA LE RIVISTE
PROTESTANTESIMO
L’ultimo quaderno del 1971, il n. 4, reca
un ampio articolo di Silvio Ceteroni su La
resurrezione: fatto storico o interpretazione?,
toccando, nota l'autore, o il centro della fede
e cioè il genere di rapporto esistente fra Dio
e la storia », un rapporto che c< si è fatto sempre più problematico ». E questa problematica
odierna, che viene esaminata soprattutto .alla
luce delle opere recenti di W. Marxsen e di
W. Pannenberg ma nel quadro ampio e variegato della ricerca contemporanea, può essere così sintetizzata : « la speranza in una
resurrezione nell’ultimo giorno si fonda sul
fatto avvenuto della resurrezione di Gesù di
Nazareth oppure la suddetta si esprime concretamente neU’annuncio della resurrezione di
ciso contrasto con fondamentali categorie bibliche, a cominciare dalla categoria della croce,
che segna il rapporto tra l’opera di Gesù e il
Regno. La bella definizione della Chiesa :oon
può non incontrare il più .sincero consenso: .la
Chiesa non vive accanto o al di sopra della
realtà sociale, bensì « in essa come istituzione
critica della società» (p. 112). Senza esitazione occorre dire che la Chiesa di ieri in innumerevoli contesti storici non è stata all’altezza
di questa definizione, Lo sarà la Chiesa di
domani auspicata dal Metz in queste pagine? ». Seguono 20 pagine di recensioni e la
« rivista della riviste » curata da Sergio Ro•STACNO.
Ora, quando ha luogo Io sguardo di
cui parla il nostro testo, questa decisione, anche se non in modo lucidamente ed onestamente consapevole, ha
già avuto luogo: l’uomo è ormai mobilitato in una intensa attività del suo
cuore, della sua personalità intera, e
lo scopo di questa mobilitazione è la
conquista della moglie (o del marito)
di un’altra persona. Con questo suo
detto Gesù costringe un tale uomo ad
aprire gli occhi e a rendersi conto che
ha già commesso l’adulterio, ha già
spezzato, per quanto dipende da lui,
l’altrui unione coniugale: come un
esercito che sta per varcare una frontiera ha già, moralmente, realizzato il
massacro dei nemici, perché ha ormai
messo in moto un meccanismo irreversibile.
fede nel nostro Signore. L’autore si sofferma
sui vari temi inerenti il matrimonio presentandone soprattutto la problematica in una
prospettiva pastorale, ma nel contempo ne
centra l’essenza e la portata di ciascuno in
piena linearità con le posizioni dottrinali
espresse dal documento conclusivo approvato
quest’anno sul matrimonio dal corpo pastorale
e dal Sinodo valdese.
Partendo dai problemi di fede che toccano
la vita dei singoli e delle comunità, considerando come essi riappaiono e a quali conseguenze dan luogo nella vita coniugale e familiare, l’autore pone in evidenza la varietà dei
casi che la cura’pastorale e rincontro umano
offrono la possibilità di sperimentare e di vagliare. La breve indagine esposta sulle diverse concezioni di vita ecclesiastica e familiare
che si determinano a seconda della fede che
anima i coniugi, conduce l’autore a soffermarsi sulle conseguenze che insorgono nei casi
in cui i coniugi non abbiano « una medesima
sensibilità ed uguale maturità di fede », per
cui, pur appartenendo alla stessa comunità,
vivono « una diversa visione ecclesiologica ».
Prendendo le mosse dal rapporto che unisce e
determina la fede e la sensibilità personale da
un lato e la concezione ecclesiologica ed il tipo
di vita coniugale e familiare dall’altro, lo Scuderi precisa in lucide considerazioni le possibili conseguenze dei matrimoni misti e di
quelli interconfessionali. In rapporto a questi
ultimi egli tocca con mano garbata, ma con
fermezza di spirito, quelli che chiama « gli
elementi secondari fino ad un certo punto »
che comparendo al momento delle nozze vengono a porsi come problemi difficili sia sul piano della vita spirituale delle famiglie che su
quello pastorale: problemi che se affrontati
fuori dalla dovuta chiarezza e consapevolezza,
rischiano di produrre crisi che possono segnare negativamente rincontro per una vita
comune.
Segnaliamo volentieri questo diligente lavoro da cui tutti possono trarre utile giovamento
ed un’informazione chiara.
Gesù chiede quindi ai credenti due
cose. Primo: di vegliare a che questo
meccanismo non si metta in moto. Secondo: nel caso malaugurato che esso
si mettesse egualmente in movimento,
di avere il coraggio di stroncarlo. Questo è il significato del detto: « se il tuo
occhio destro ti fa cadere in peccato,
cavalo, e gettalo via da te ». Il credente che si scoprisse già impegnato nel
processo psicofisico che lo porterà ad
Lina fatale contraffazione dei rapporti
esistenti con persone d’altro sesso, deve sapere che è in suo potere spezzare
questa fatalità. Qui non c'è l’irresistibile « dardo di Cupido » del mito greco; qui c'è solo la chiarezza solare, anche se tempestosa, dei reali, responsabili rapporti umani.
E ci sono dei momenti in cui, se si
vuole un risanamento di questi rapporti, occorre avere il coraggio di compiere un intervento chirurgico: la passione non va repressa, né, tanto peggio, sublimata: va espulsa. Il trauma,
momentaneamente doloroso, verrà
presto rimarginato, e un g'orno o Taltro, l’errore della mente e del cuore
che l'ha reso necessario apparirà in
tutta la sua vanità. E in definitiva, da
questo atto di coraggio nascerà maggiore forza e maggiore chiarezza.
Con questi detti Gesù esige dunque
da noi una impostazione rigorosa, lucida e generosa dei rapporti con le
persone di altro sesso: il suo atteggiamento non sembra peraltro coincidere con quella diffidenza verso tutto
il mondo della vita sessuale che periodicamente riemerge nel mondo cristiano. L’uomo nella cui vita hanno trovato posto episodi come quello della
donna adultera (Giov. 8: 1-11) e della
peccatrice perdonata (Luca 7: 47)
« non si propone di inculcare un pavido, angoscioso puritanismo sessuale,
ma di purificare profondamente i rapporti tra i sessi instaurando nella comvinità relazioni fraterne senza sottintesi, quali sono possibili soltanto per
chi è capace di guardare una donna
senza concupirla, cioè cessando di considerarla come un oggetto di desiderio sessuale. Gesù ottiene quel'a purificazione dei rapporti umani condannando in modo massiccio quella considerazione della donna, ed equiparandola all’adulterio. Si tratta di una via
paradossale, ma è certo la più alta e
la sola sicura per attuare, nei rapporti tra uomini e donne, una libertà di
figli dello stesso Padre, membri della
stessa comunità messianica in cui si
anticipano i rapporti vigenti nel Regno di Dio » (Giovanni Miegge).
In questo clima interamente nuovo,
in cui vengono evitati sia la palude
del libertinismo sia il vicolo cieco della repressione sessuale, si comprende
come i primi cristiani abbiano poi potuto anche accettare la presenza di
donne che profetizzavano, o evangelizzavano: diventavano c’oè soggetti di
azione storica sfuggendo a quel ruolo
di oggetto a cui paradossalmente le relegavano sia l’asceTsmo più sospetto
so, sia il libertinismo più compiacente.
Sotto questo profilo, nelTinsegnamento di Gesù sull’adulterio abbiamo
un bell’esempio di quella convergenza
di rigorismo morale e di spirito rinnovatore e rivoluzionario che sono caratteristiche non secondarie dell’Evangelo. Perché nello spirito di Cristo
ogni lezione di disciplina è anche una
scuola di libertà.
Giorgio Bouchard
Gesù? ». Seguono due studi critici, l’uno di
Pierluigi Jalla su / tempi di Dio. l’ultima
opera di V. Suhilia: l’altro di Vittorio Subì
LIA SU La teologia del mondo, ove si .nnaliz
zano alcune opere recenti sui rapporti Chiesa
mondo: un .saggio del Duchrow sulla storia e
sulla struttura sistematica della dottrina dei
« due regni », la Teologia della speranza di
J. Moltmann, qui giudicala con più riserve critiche di quante non si sia soliti udirne (la spe
ranza di cui qui si parla è quella dell escaloli 1 biblica?), infine il saggio Sulla teologia del
mondo di J. B. Metz, di cui viene soprattutto
criticalo il sostanziale ottimismo che evita di
prendere sul serio fino in fondo la realtà della
croce di Cristo, e si dà questa valutazione conclusiva : « Questi motivi non sono nuovi nella
letteratura che corre oggi gli ambienti ecclesiastici, in cui certe correnti sono legate tra
loro da una nuova comunione dei santi superconfessionale nel segno di una uguale scelta
politica. Alcuni di essi derivano dal messaggio
biblico e sono stati troppo spesso emarginati
Anche qui gli abbonamenti hanno dovuto
essere ritoccati: ordinario L. 3.000, sostenitore
L. 6.000, pastori L. 2.500, .estero L. 3.500, pastori all'estero L. 3.000. 1 versamenti vanno
fatti sul c.c.p. 1/26922 intestato alla Libreria
di Cultura Religiosa. Piazza Cavour 32.
00193 Roma.
« DIAKONIA »
Il n. 4/1971 è interamente dedicato a Genesi 1-12. Una serie di note omiletiche sui
vari passi di questa sezione biblica, preparate
da pastori delle Valli Valdesi in un lavoro di
gruppo, sono introdotte da un articolo di
M SmiGALlA su La creazione nell'interpretazione della storia d’Israele.
« LA REVUE REFORMÉE
II fascicolo 3/1971 porla due saggi: R. BaRILIER, Sur le ministère pastoral féminin;
P. Ricca. La contestation dans le Catholi
nella coscienza della Chiesa. Altri sono in de- cisme post-conciliaire.
UNA NOVITÀ’ IMPORTANTE!
UGO GASTALDI
Storia dell'Anabattismo
dalle origini a Mlinster
(1525-1535)
8" gr., pp. 652-1-44 tavole 1. t., con 24 ili.,
11 cartine, 77 ili. 1. t.
sovraccop. plasticata: L. 6.800 (in brossura) e L. 7.800 (rilegato).
La vicenda di un gruppo di credenti che
diventano « rivoluzionari » per aver preso sul serio l’Evangelo di Gesù Cristo.
Un « dissenso » di 4 secoli fa che ha sorprendenti motivi di attualità.
EDITRICE CLAUDIANA c.c.p. 2/21641
Via Principe Tommaso, 1 - 10125 Torino
ciau
dia
na
i
3
4 febbraio 1972 — N. 5
pag. 3
LA CHIESA E LA SUA MISSIONE NEL MONDO
Un’intervista del past. Beyers Naudè, riformato sudafricano
direttore dell’Istituto cristiano dell’Africa del Sud
L'apartheid attaccato dall'interno
CHIESA E POTERI
Pompidou, il cardinale e i protestanti
Da parecchi anni l’Ist'tu*o cristiana
dell Africa del Sud, a Johannesburg,
svolge un'opera di riflessione e di mzturazione che, se non ha manifestazioni appariscenti, ha però avuto una
funzione di primo piano nell’evoluzione in atto nelle Chiese sudafricane.
Esso è diretto dal past. Beyers Nauds, membro de la Chiesa ri'ormata
olandese nell’Africa del Sud (allinterduale non gli sono mancate
dijicoltà, ma gli è pure stato p:rme:so di continuare la sua opera); è stato intervistato da « La Vie protestante» (14.1/72), red.
Può desc iverci che cos’è e che cosa fa ristituto c:istiano deU’Africa
del Sud?
Beyers Naudé — L’Istituto è un’associazione di cristiani di ogni razza e
provenienti da tutte le Chiese d’Africa del Sud che lavorano per l’unità
cristiana, la giustizia razziale e che si
sforzano di esprimere le preoccupazioni cristiane circa l’evoluzione della società. Abbiamo circa 2.000 membri nell’insieme della nazione.
Lavoriamo su quattro fronti. Organizziamo gruppi di lavoro che si riuniscono ogni mese in diverse località.
Portiamo avanti uno studio importante sul cristianesimo in un società retta dall’apartheid e cerchiamo una soluzione diversa da quella dello sviluppo razziale separato, che consideriamo inaccettabile dal punto di vista
cristiano. Mettiamo i nostri servizi a
disposizione delle Chiese africane indipendenti che sono piccole Chiese indigene senza contatti con le grandi
Chiese nate dalla missione (se ne contano attualmente circa 2.000; nel 1960
i loro membri rappresentavano oltre
il 20% della popolazione nera del Sud
Africa). Infine facciamo ricerche in
certi campi teologici e sociologici.
Quali sono le vostre relaz'oni con
il Ccnsiglio cristiano dell’Africa del
Sud?
B. N. — L’Istituto cristiano è affiliato al Consiglio cristiano dell’Africa
del Sud e il segretario del Consiglio
è membro del nostro direttivo; anch’io faccio parte del comitato esecutivo del Consiglio delle Chiese. Abbiamo consultazioni permanenti su tutti
i problemi relativi alla Chiesa e alla
società nell’Africa del Sud.
Nel corso deirultimo anno si sono
registrati numerosi fatti e dichiarazioni a proposito dell’Africa del Sud
e del razzismo. Questi fatti hanno
avuto ripercussioni sulla site anione
ecumenica nel vostro paese?
B. N. — Senza dubbio. Le decisioni
prese dal Consiglio ecumenico delle
Chiese hanno provocato numerose reazioni, sia negative che positive. Queste decisioni hanno forzato le Chiese,
comprese quelle membro del CEC, a
riprendere in seria considerazione il
loro ruolo nella lotta contro il razzismo nella nostra nazione. Il desiderio
di rilevare la sfida dell’ingiustizia razziale fatta alle altre comunità si manifesta in misura crescente nella popolazione bianca. Sotto molti punti di
vista la situazione è diventata molto
più fluida di quanto non fosse due anni fa, soprattutto perché il pensiero
africano ha potuto esprimersi meglio
ed essere ascoltato. Non posso che
a uspicare che tutto questo possa portare a un dialogo più serrato e a una
espressione più franca sia dei pareri
divergenti che delle preoccupazioni
comuni fra i cristiani neri e i cristiani bianchi.
Pensa che, a lungo andare, questa
evoluzione nuova potrebbe avere incidenze politiche?
B. N. — Penso che una certa apertura si manifesta già e che in futuro dovrebbe crescere. Il fatto che le popo
lazioni africana, meticcia e indiana si
siano sentite più libere di esprimere
la loro opposizione e le loro preoccupazioni ha forzato molti bianchi a ripensare le loro opinioni tradizionali
riguardo all’apartheid e allo sviluppo
separato. Lo si nota già nella seria
preoccupazione di afrika^'nders (bian
chi d’origine olandese) di aprire i di
ritti politici alle popolazioni di colore. Anche in altri campi sono apparsi
segni di una speranza nuova.
Vede dei mezzi con, i quali il CEC
o le Chiese europee aventi ancora attività missionarie in Africa del Sud
potrebbero facilitare questa evoluzione?
B. N. — Non mi pare che attualmen
t.j il CEC possa aiutarci in loco in un
modo diretto, e ciò a causa delle reazioni assai violente provocate dalle
sue recenti decisioni. A titolo individuale, però, le Chiese possono avere
una parte decisiva. Per cominciare,
formando i loro membri che andranno a lavorare in Africa del Sud affinché operino in un quadro nuovo, non
secondo i vecchi metodi missionari,
ma offrendo la loro collaborazione alle giovani Chiese indigene, e divengano per loro dei veri partners. Penso
che le Chiese europee renderebbero
pure un gran servizio invitando in nu
mero assai maggiore uomini di colore
a visitare le Chiese d’Europa affinché
possano prender conoscenza del pensiero teologico e delle preoccupazioni
sociali del vostro contirente, per rendere quindi le loro Chiese partecipi
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiinimiimiiiiimiiiiiimiiimimHiiMMiiiiiiiimMiiiiiiiiiiiiiiii
Il movimento anabattista ha un'anima sala
(.segue da pag. 1)
della vita, a convincere gli anabattisti
a ritornare al battesimo dei bambini
e ad ubbidire alle autorità costituite »
(p. 557). L’Autore commenta la trage
dia di Münster dicendo: « È un fatto
che di Evangelo e di Cristo a Münste '
Si parlava assai poco» (p. 561).
: Il Gastaldi considera l’episodio tra
gico di Münster « un fenomeno del
tutto isolalo, che non aveva minima
mente interessato il restante mondo
anabattista ed era stato anzi da que
t sto decisamente e unanimamente
sconfessato » (p. 579). L’Estep fa soltanto un fuggevole accenno a Münster,
perché « la storia di Münster... si tro
va al di fuori dello scopo di questa
opera » (p. 158), che è una storia dell’anabattismo! Qual è allora l’anaba'j tismo? quali sono le sue origini?
Gli anabattisti sono stati oiiginiria
mente dei discepoli di Ulrico Zwirg i
a Zurigo e hanno portato alle es rem.:
Conseguenze il biblicismo del Riformatore. Constatata la generale apostasi x
della chiesa ufficiale, essi volevano « la
restituzione della chiesa al suo mo.'elo apostolico...: chiesa separata dall >
stalo, volontariamente costitrita ca
veri credenti (quindi battesimo d.gh
adulti), fondala sulla Parola, ro ma
della fede e della disciplina sia comunitaria che individuale» (p. 7.) L'
chiesa doveva essere una comunità di
fratelli, la vita dei credenti un d se Polato disposto alla sofferenza e al
martirio. Gli anabattisti davano g a 1de importanza al Sermone sul Mo t ;
e ad altre paròle radicali del S g o e
per cui rifiutavano il giurament r c
l’uso della violenza, quindi la g erra,
e anche la partecipazione agli i ffi i
pubblici.
Essi erano «una formidabile sren
tita di un mondo che si riteneva cristiano e civile » (p. 72). Un altr o loro
carattere, e dei più costanti, e a di
«non far credito a profeti, visio ari e
sognatori » (p. 68). Il loro amore fra
terno si manifestava come « libera e
spontanea compartecipazione comunitaria ai beni spirituali e materiali che
Dio concede ai singoli » (p. 104). In alcuni casi, e precisamente nelle fattorie fraterne degli Hutteriti di Moravia
(fondate da Jakob Hutter), essi attuarono un comuniSmo di produzione,
e ovunque dimostrarono grande disposizione a dare i loro beni per soccorrere fratelli profughi e bisognosi, allora numerosissimi. Molti subirono il
martirio in tutta l’Europa, senza opporre resistenza.
La loro espansione fu molto rap'da.
Il decennio esaminato dal Gasta'di è
ciucilo del massimo dinamismo del
movimento. L’Autore caratterizza i v.xri gruppi, segue l’emigrazione dei profughi dalla Svizzera, dalla German'\
meridionale e dal Tirolo verso la M
ravia, descrive l’intenso proselitism >
nella Germania nordoccidentale e nei
Paesi Bassi, dove fa sentire la sua influenza il profetismo pacifico di Melchiore Hofmann. Il Gastaldi nota 'a
sobrietà biblica, neotestamentaria dei
movimento, quale risulta già nella sua
prima confessione di fede, i Sette ait coli di Schleitheim (Svizzera) del 152L
ma anche le diverse tendenze, com '
quella menzionata dell’Hofmann, que’
la millenaristica di Hans Hut e la p >sizione di Balthassar Hubmaier, me
diatrice fra Zwingli e anabattismo ne^Id dottrina sull'autorità secolare, Il ri
fiuto della violenza li accomuna tutti
e lo stesso « Hofmann ripudiava ne'
modo più deciso il passaggio dei suoi
seguaci d’Olanda e di Münster al millenarismo rivoluzionario » (p. 302).
* * *
Un annunzio pubblicitario del volarne del Gastaldi diceva: « Anabatti^m i
pacifico e anabattismo ribelle: due ani
me del movimento che ha attuato la
prima rivoluzione comunista dell era
moderna ». In base alla ricchissima documentazione presentata, l’Autore pro
va chiaramente che l’anabattismo ave
va un’anima sola. Il suo insegnamento era il discepolato di Gesù Cris o e
ripudiava nel modo più reciso ognx
forma di violenza, sia costituita che
rivoluzionaria.
■Valdo Vtnay
delle loro esperienze. Penso che le
Chiese d’Europa dovrebbero pure of
fri re un numero assai maggiore di
borse di studio ad Africani mettendoli in condizione di proseguire i loro
studi universitari fra voi. Vorrei infine raccomandare in modo particolare
a un gran numero di dirigenti di Ghie
se e di laici impegnati di venire rego
golarmente a visitare le Chiese suda
fi'icane e soprattutto quelle indigene,
affinché possano entrale in contatto
diretto con esse e capire di persona
le loro aspirazioni e le loro necessità.
iiilliillliiiiiiiliiiiiiniiiiilillllilllllllimiliiilllliilliiiiilliii
Dichiarazione ecumenica
contro il razzismo
Lione. - Una dichiarazione comune
contro i razzismo è stata pubblicata a
Lione al principio di gennaio da parte
dei responsabili delle comunità cattoliche, protestanti, ebree e mussulmane.
« I responsabili spirituali delle religioni che si ispirano alla Bibbia — dicono i firmatari — credono loro dovere
mettere in guardia gli uomini contro
Vinquietante risorgere del razzismo
che si manifesta nelle forme più diverse, sia in grandi paesi democratici che
sotto regimi dittatoriali, sia nei paesi
più lontani che nelle nostre città.
« Nessuno dovrebbe rimanere insensibile o lasciare libero corso alle proprie passioni. Tutti gli uomini, creati a
immagine di Dio, sono fratelli e devono essere rispettati nelle loro diversità. Ogni credente deve interrogarsi
sulla portata reale, concreta, immediata di questo insegnamento e aver piena
coscienza della propria responsabilità
davanti a Dio e davanti al mondo ».
La suddetta dichiarazione reca la
firma deirarcivescovo cattolico di Lione, del presidente del Consiglio concistoriale della Chiesa riformata, del
grande rabbino e del mufti di Lione.
(bip-snop)
Com’è noto, una serie di vescovi, invisi alla
linea curiale vaticana per il loro atteggiamento « conciliare » e talvolta anche ultra, avrebbero dovuto essere, a breve scadenza, trasferiti e i cardinali fra loro richiamati a Roma, in
qualche dicastero della Curia. Forse non tutte
queste notizie erano ben fondate, forse la reazione suscitata ha consigliato il blocco dei
provvedimenti. Avevamo accennato al ventilato trasferimento delFarcivescovo di Torino,
card. Pellegrino; esso pare rientrato, anche
se pare assodato che la cosa farebbe piacere
all'ala conservatrice e, in genere, più anziana
della diocesi torinese, specie a livello del clero; e d’altra parte la recente pastorale del
card. Pellegrino, « Camminare insieme », non
è stata certo atta a conciliargli il favore del
potere economico subalpino.
Pesanti inframmettenze fra questioni polìtico-economiche e la vita della Chiesa risultano pure da una corrispondenza di Michèle
Léonard su « L’Express » (24-30/l/’72), M.
Pompidou, le Cardinal et les protestants. « Ultimamente in certi ambienti politici e cattolici
si diceva che Roma potrebbe richiamare il Cardinal Marty. Secondo certe voci il governo, tramite la nostra ambasciata presso il Vaticano,
avrebbe fatto qualche passo in tal senso ».
L’atmosfera sembra invece mutata nelle ultime settimane. Oltre all’incontro per lo scambio tradizionale di auguri, aH’Eliseo, il 1° gennaio, si è avuto un colloquio a quattrocchi fra
il presidente e il cardinale e « dalla fine delVanno, come per caso, pare trovato un tipo
nuovo di relazioni fra la Chiesa e i poteri politici ed economici. Insamma, dopo il raffred
damento degli ultimi mesi, siamo al disgelo »
Le cose vanno diversamente per i protestan
ti. La pubblicazione da parte della Federazione Protestante di Francia di un documento di
lavoro per le comunità su « La Chiesa e i po
teri », a fine dicembre, non ha soltanto susci
tato un’animatissima discussione in seno alle
chiese (la stampa protestante francese ne dà
settimanalmente ampia eco), ma non ha certo trovato grata udienza a livello governativo.
Al summenzionato ricevimento all’Eliseo, il 1°
gennaio, il presidente Pompidou ha accolto
con una certa freddezza il presidente della Federazione Protestante di Francia, Jean Courvoisier; e fra la valanga di lettere giunte alla
sede della Federazione, in rue de Clichy, vi
i!iiMiiiiiiiiiiiiiimiimiiiMiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimimiiimiMiiiiiiiiiiiiii)iiiiiiuiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Il protestantesimo malgascio
riunito in assemblea
Dal 15 al 22 settembre 1971 ha avuto luogo a Fianarantsoa la terza Assemblea del Protestantesimo locale, la
quale riunì i delegati della Chiesa Luterana (FLM) e della Chiesa di Gesù
Cristo nel Madagascar (FJKM).
La Chiesa cattolica e la Chiesa episcopale inviarono osservatori che re
careno un apprezzato contributo nei
lavori delle quattro commissioni.
L’Assemblea affrontò e discusse il
tema: « Tutto l’Evangelo per tutto
l’uomo e per tutti gli uomini ». Ne riportiamo il messaggio finale:
« È piaciuto a Dio nella Sua grazia
di riconciliarci in Cristo. Siamo pe”ciò incoraggiati a conservare ed a recdere sempre più fattiva Funità in m do da manifestare nel mon/o che la
Chiesa è il corpo di Cristo. Id fio vuole che tutto l’uomo riceva la salvezza. Perciò la Chiesa ha la responsabilità di continuare il suo sforzo di
proclamazione dell’Evangelo non so’o
a parole ma con fatii. Il Signore ci
chiama a preoccuparci del bene degli
altri e non soltanto del nostro. La
preoccupazione di mig iorare il tenore
di vita di tutti g'i uomini, creati ad
immagine di Dio, non ci conceda riposo. Il cristiano è testimone dell’amore e della giustizia di Dio non solo nel
ternpio, ma nella vita e nel lavoro quotidiano. Qui sta il segno della potenza di Colui che è risuscitato dai morti e che rinnova la faccia della terra,
primizia della vita avvenire. Il credente non vive per se stesso, ma per gli
altri.
L’Assemblea riconosce l’importanza
e l’urgenza della proclamazione dell’Evangelo oggi, conformemente all’ordine del Signore, e decide di organizzare una campagna d’evangelizzazione.
Essa invita le Chiese a prendere in
considerazione questo progetto ed a
sostenerlo con la preghiera.
I cristiani e tutta la Chiesa accettino di essere guidati dallo Spirito Santo e si uniscano con tutto il cuore per
il progresso della fede neU’Evangelo,
alla gloria di Dio Padre e per la sa'vezza di tutti gli uomini ».
Le scuole protestanti
in Madagascar
Il sig. Morris Randranandrainy succede al sig. Harmann Ravelomanana
nella direzione delle scuole FJKM. Il
nuovo direttore si trova alle prese con
diversi problemi, il più grave dei quaff è senza dubbio la mancanza di direttori per le scuole secondarle protestanti, che attualmente sono 61. Solo
tre direttori hanno l’abilitazione ed una certa padronanza deH'insegnamento. Ma molte scuole non hanno una direzione competent;, il che inc'de seriamente sul profitto degli alunni. Senza particolare sforzo il numero degli
alunni di tutte le scuole protestanti
(Luterane e FJKM) è passato da 82
mila dell’anno 1967-68 a 105000 nell’anno 1969-70. Ma la formazione dei
maestri e dei direttori non procede
di pari passo.
(dal « Vaovao FJKM», dicem. 1971).
iimntmimimimii
imniiiMiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiii|||||||||||||||||||||||||||||||„||„„„„|„||„||,|||
Un nuovo settimanale religioso a Bologna
Il “COM” erede del “Regno”
Bologna. ■ L'ex direttore del « Regno », Gabriele Gherardi, e un gruppo di redattori e
collaboratori che si staccarono dal periodico
del Centro Dehoniano in seguito a divergenze
sull indirizzo del periodico nelPestate scorsa
hanno fondato in questi giorni un nuovo periodico che si chiamerà : « COM » (Comunicazione, Compartecipazione. Comunità) e vorrà
essere un « settimanale di informazione sulle
realtà concernenti l'uomo nelle sue tensioni di
liberazione e negli interrogativi che la fede
gli pone ». Direttore sarà Gabriele Gherardi;
del comitato di redazione fanno parte : l’abate
di San Paolo don Franzoni, i giornalisti Bertone di Torino e Montini di Roma, Colella direttore del « Tetto » di Napoli, il pastore valdese Girardet direttore di « Nuovi tempi » di
Roma, il salesiano don Lutte che ora insegna
a Parigi, il sociologo Nesti autore di « L’altra
Chiesa ». la teologa Adriana Zarri e altri. Il
settimanale si stamperà a Bologna e una redazione romana assicurerà « una particolare presenza » dei problemi del sud d’Italia. Sia i
redattori che i lettori del giornale saranno
riuniti in cooperativa e saranno i soli proprietari della pubblicazione. Nella fedeltà allo
spirito del Vangelo « COM » vuol essere, dice
i! Comitato, « aperto all’apporto di credenti
e non credenti, che non raramente potranno
incontrarsi nell’azione per liberare la realtà
presente dai profondi squilibri che la contraddistinguono ».
Circa le vicende del « Regno » il comitato
dice di aver preso stimolo appunto da quelle
vicende « interpretate non semplicemente come in isolato atto autoritario, bensì nel contesto di una più vasta repressione e involuzione montante, sia a livello politico che nella vita delle Chiese » (ANSA).
sono quelle firmate da Jacques Chaban-Delmas,
Michel Debré e Maurice Schumann.
La corrispondente de « L’Express », ricordando una dichiarazione fatta dal card. Marty, nel giugno scorso, in un’intervista alle « Informations Catholiques Internationales » :
« Oggi occorre trovare un nuovo stile di rapporti fra la Chiesa e lo Stato », conclude :
« Cattolici e protestanti francesi non sembrano aver trovato lo stesso stile ». È però del
tutto prematuro dire che il citato documento
esprima la posizione, anche semplicemente
maggioritaria, del protestantesimo francese. La
massa e spesso la portata delle proteste ne fa
dubitare; esso ha avuto comunque il merito
di porre apertamente un problema reale.
iiniiiiiiiiiiHiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiinm'iitmiHHMii
Esercito svizzero:
ecumenismo,
ma con messa
Berna — Dietro richiesta di un certo numero di cappellani delle due confessioni, le Chiese riformate e cattoliche svizzere sono state consultate sull’opportunità di celebrare dei culti ecumenici durante il servizio militare.
Il Consiglio della Federazione protestante svizzera non ha fatto obbiezioni a tale proposta, mentre invece la
Conferenza dei vescovi svizzeri ha ritenuto che un servizio ecumenico, servizio della parola, non poteva dispensare il soldato cattolico che l’avesse
seguito, di assistere alla messa. I vescovi svizzeri ritengono in linea generale che « il culto domenicale deve rivestire un carattere confessionale e
non è opportuno modificare né il regolamento di servizio né le norme oggi vigenti ».
(bip-snop)
niiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiuiiiiiiiiii
Cattolici e evangelici
a fianco degli
irlandesi in lotta
Su (c II manifesto » quotidiano del 21 gennaio 1972, nella rubrica « lettere e opinioni »,
abbiamo rilevato questa lettera:
Siamo un gruppo di cristiani — cattolici ed
evangelici — che (in seguito agli articoli comparsi sul manifesto nei giorni 10, 11, 12,
lì c. m.), esprimono sulla situazione irlandese la seguente posizione :
a) sul piano religioso e morale riteniamo
che la testimonianza cristiana sia calpestata
ove in nome di una fede si opprimono i lavoratori e gli emarginati.
Riteniamo che l’oppressione subita dalla minoranza cattolica nel Nord Irlanda sia una lacerazione presente in tutto il popolo di Dio,
quel popolo il cui compito è testimoniare la
fede con la povertà e l’amore tra ì fratelli.
Invece l’atteggiamento delle diverse gerarchie mostra come in una situazione in cui
Tecumenismo e la giustizia potevano essere
percepiti dal popolo come fatti concreti della
fede oggi e non astratte diplomazie, ci si è
trincerati in dichiarazioni moralistiche che
non comportano una compromissione ed una
presa di posizione con la parte sfruttata — i
cattolici — anche a titolo religioso, così come
in altre parti del mondo minoranze protestanti sono oppresse o emarginate dalla maggioranza cattolica.
b) Ma tutto questo comporta una analisi
più approfondita per comprendere le ragioni
economiche e politiche che hanno provocato
questo scontro apparentemente di tipo religioso. È il dominio neocoloniale dell’Inghilterra che, usando contraddizioni ed odi religiosi
perpetuati ad arte per dividere il popolo irlandese, da oltre 50 anni perpetua un’oppressione
militare e politica di pretto stampo imperialista.
c) Sfruttamento economico, politico, religioso si saldano con l’uso dell’esercito inglese
per domare e distruggere il movimento di liberazione irlandese.
I campi dì concentramento, le persecuzioni
quotidiane, la discriminazione politica sono gli
strumenti di una violenza quotidiana che, di
fatto, ha costretto le masse irlandesi a sviluppare forme di disubbidienza civile e di autodifesa armata che aprono la strada a lotte di
massa di più ampia portata.
Siamo ben consapevoli che, comunque, nel
movimento di liberazione popolare irlandese
grava la pesante ipoteca del regime integralista al potere nell’Irlanda del Sud. Regime che
conduce una politica oscurantista sul piano
religioso e sociale e procede, da molto tempo,
ìli un velato ma stretto accordo con i governi
inglesi per mantenere la divisione delle masse irlandesi.
Come cristiani che ritengono — per autonoma scelta politica — il socialismo e l’indipendenza dei popoli obiettivi fondamentali per
costruire una società alternativa a quella capitalistica, siamo pienamente solidali con la
lotta dei proletari irlandesi.
Giorgio Bouchard, pastore evangelico;
Enrico Villa, insegnante; Renato Rù
bet, tecnico; Bepi Tomai, operatore sociale; Paolo Sorbi, sociologo; Eugenio
Saracino, pubblicista; Sergio Graziosi,
architetto; Vittoria Malocchi, insegnante; Giuliano Della Pergola, sociologo;
Vito De Vecchi, operatore; Giovanni
Colli, assistente sociale; Maria Grazia
Gennot, assistente sociale; Giorgio Rochat, insegnante; Paolo Bogo, tecnico.
^ Alla redazione di questa pagina hanno
collaborato Roberto Peyrot e Teofilo Pons
4
pag. 4
N. 5 — 4 febbraio 1972
Cronaca delle Valli
« È tempo di comprendere che ogni membro di chiesa che rifiuta praticamente di assumere una responsabilità nei riguardi dei diseredati, dovunque siano, è colpevole di eresia altrettanto quanto coloro che
rifiutano questo o quell'articolo di fede ». W. A. Visser't Hooft
VILLA OLANDA
Una delle Opere assistenziali della
nostra Chiesa, forse non conosciuta a
fondo da tutti i valdesi è VILLA
OLANDA.
Il comprensorio, alquanto vasto, è
formato da una grande cotruzione di
ormai vecchia fattura che risale al
1821, vi è poi una villetta costruita nei
1955-56, un grande giardino, pieno-di
splendide rose e fiori nei mesi estivi,
e di un ampio parco, con alberi ormai
secolari, che è una vera delizia per chi
ha bisogno di tranquillità e riposo!
La proprietà, della Tavola Valdese
a tutti gli effetti, fu acquistata dopo
l'ultimo conflitto, con il concorso del
Consiglio Ecumenico Mondiale delle
Chiese e dell’Alto Commissario per i
Rifugiati delle Nazioni Unite, onde
destinarla al ricovero di due gruppi di
profughi, uno proveniente dai Campi
di Raccolta in Italia e l’altro dall’Estremo Oriente.
Il numero dei profughi, quasi tutti
di origine russa, è andato assottigliandosi tanto che oggi essi sono solo più
venti dell’età compresa fra i 72 ed i
94 anni. Essi sono a completo nostro
carico per alloggio, cibo, vestiario, cu
re sanitarie, ecc.
Come noto, in base alla richiesta
della Tavola Valdese nella Relazione al
Sinodo, la gestione di VILLA OLANDA
è stata scorporata dai conti della Tavola e l’Istituto è stato inserito fra 1;
varie Opere che possono gestirsi autonomamente anche se, ovviamente, ne
cessita del sostegno delle singole
Chiese.
Purtroppo, anche se è ormai già trascorso più della metà dell’anno finan
ziario, ben poche Comunità hanno pensato alle necessità materiali di quest
diseredati ospiti di VILLA OLANDA
che un non così lontano giorno abbia
mo ricevuto con amore fraterno ed
abbiamo fatto sentire loro il nostro calore ed il nostro affetto.
Onde far fronte alle necessità quotidiane la Direzione dell’Istituto si è
adoperata in ogni modo. È stata eliminata ogni spesa superflua; sono sta
tc incrementate le entrate accogliendo anziani autosufficienti; aprendo 1’
porte ad ospiti desiderosi di trascorrere un periodo più o meno lungo di
vero riposo; è stata istituita una «mensa » per gli studenti del Collegio Va’dese, che non possono recarsi alle lo
ro case per il pranzo; sono stati accettati 7 giovani del Ginnasio-Liceo come
convittori. Ma tutto ciò, com’è comprensibile, non basta a coprire completamente le spese e ben spesso la
non disponibilità di mezzi adeguati
comporta carichi maggiori, impedis e
di eseguire via via anche le più stref;e
necessità. Cosa dire poi delle ripa'-azioni e migliorie agli stabili? La corresponsione di edeguati compensi ai prestatori d’opera?
Non ci pare giusto che il sacrificio
per mantenere in vita quest’Opera al
tamente umanitaria e di amore fraterno sia lasciata al sostegno reale di pochi, mentre la maggioranza dei membri della Chiesa Valdese rifiuti la propria parte di responsabilità verso questi diseredati.
Per le suesposte ragioni e necessità
la Commissione del I Distretto ha
chiesto a tutte le Chiese delle Valli
l'aiuto di ogni membro devolvendo la
colletta del il febbraio prossimo a
favore di quest’opera e dal Convitto
Femminile di Torre Pellice. Noi confidiamo nella comprensione, nel ripensamento nella genero ità di ogni no
affinché la ricorrenza del 17 febbraio
non si limiti al ricordo del passato ma
apra gli occhi alla realtà ed alle necessità presenti.
La nostra fede e la nostra responsabilità verso Dio e verso il prossimo
devono essere rese manifeste con azioni di riconoscenza. Oggi sta davanti
a ciascuno di noi questa possibilità.
Da queste colonne ci permettiamo
di richiamare l’attenzione anche di
tutte le altre Comunità Valdesi non
delle Valli affinché — come fatto per
gli anni scorsi tramite la Tavola Valdese — Esse versino il loro contributo direttamente o tramite il c.c.p. n,
2/41903 intestato a: Direttore Casa di
Riposo « VILLA OLANDA » - 10062 Luserna San Giovanni (Torino).
L. Peyronel
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiuiiiiMiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiii iiiiiiiiiiimiiiiiiii
LA TRADIZIONE
CONTRASTI
Il contrasto di Gesù coi farisei sulla
tradizione è uno dei più acuti di cui
parli il Nuovo Test. I farisei sono chiamati ipocriti, forse non tanto nel senso che siano simulatori, quanto piuttosto perché sono incoerenti nel loro attaccamento al passato, non sanno scorgere la testimonianza resa a Gesù stesso dalle Scritture, non si sono resi conto del loro pieno valore di « pedagogo,
per condurci a Cristo » (Gal. 3: 24). La
legge è diventata per loro non lo strumento di preparazione per la venuta
del Messia, ma lo schermo dietro il
quale si rifiuta il Messia, la scusa con la
quale si respinge Dio stesso e, in ultima analisi, anche la legge. Per un attaccamento formale alla legge, i farisei
trasgrediscono la legge. Per tradizionalismo, rigettano il passato più autentico e più valido: quello della rivelazione di Dio.
Gesù non oppone ai farisei tradizionalisti una rivoluzione, ma, almeno
qui, un modo diverso di considerare il
passato: mentre i farisei si fermano
alle minuzie, alle offerte per voto al di
fuori del quadro dei sacrifici del tempio
(corban), anche a scapito dei più elementari rapporti dei figli coi genitori,
Gesù li invita a rivedere il Patto nella
sua completezza e nella sua piena autenticità. Il Patto è un dono dell’Iddio
che libera e non l’atto tirannico di un
despota senza pietà. Per questo la legge è stata il pedagogo per condurci a
Cristo. L’unica fedeltà al passato ed alla tradizione che valga è quella che si
sforza di udire e di vivere della parola
di Dio.
QUALE PASSATO?
Il XVII febbraio è una delle occasioni in cui anche noi guardiamo al
nostro passato: a quale ? A quello che
può condurci a Cristo o a quello in
cui possiamo trovare scuse per volgere il nostro sguardo altrove, anche a
scapito dell’ ubbidienza? Cerchiamo
quello che ci prepara a ricevere la presenza vivente di Dio col ritorno di Cristo o le sterili ripetizioni di formule,
usanze, leggi che con la presenza di Dio
non hanno alcun rapporto diretto?
Da un po’ di tempo le comunità delle
Valli sembrano convinte che sia questione di vita o di morte la continuazione del passato per quanto si riferisce al modo di celebrare il XVII febbraio stesso: guai a togliere una bandiera, a mutare il percorso di un corteo, a ridurre le dimensioni gastronomiche di un pranzo: tutto questo è contestazione, va bandito, sembra ripudio
della fede in Gesù Cristo.
Ma se noi guardiamo al passato anche solo della nostra Chiesa di Massello, sembra che ci sia qualcosa di più
adatto a « condurci a Cristo » di una
bandiera o di un corteo. Prendiamo il
volume « Cento anni di storia valdese »,
alle pagine 27-29 che presentano la nostra comunità dopo il 17 febbraio 1848.
« La parrocchia si pone, fin dal 1850,
qual problema della ammissione dei catecumeni, che dovrà in seguito essere
l’assillo di tutta la Chiesa... Nel 1861 il
Pastore rinvia a Pentecoste l’ammissione di alcuni catecumeni non bene preparati e suscita una piccola tempesta.
La frequenza ai culti è totalitaria, la
media frequenza è di 250 persone. Nel
1858 non si sa che di due uomini i quali non li frequentano, e nel 1860 se ne
contano quattro. Nel 1949 la media frequenza ai culti è di 80 persone, pari al
33% dei membri comunicanti, la più
alta percentuale delle Valli Valdesi.
La liberalità cristiana si esercita fin
dal principio del secolo scorso per le
missioni fra i pagani, e occasionalmente per scopi speciali, come nel 1859,
quando viene fatta una colletta per la
parrocchia d’Angrogna, colpita da una
grandinata.
È curata l’istruzione sia per mezzo
delle scuole... sia per mezzo della biblioteca parrocchiale...
Nel 1887 viene fondata l’Unione giovanile; nel 1892 quella femminile...
La parrocchia di Massello si è distinta per il numero rilevante di Pastori
che ha dato alla Chiesa, non meno di
17 negli ultimi cento anni, oltre a qualche diaconessa ».
Il nostro passato è dunque il passato
di una chiesa che si pone seriamente il
problema della confermazione, che studia assiduamente la parola di Dio —
frequenza totalitaria dei culti —, che
vuole che sia diffusa — missioni —, che
aiuta fraternamente i fratelli nel bisogno — colletta per Angrogna —, che
crea strumenti al suo interno — unioni —, che produce dei predicatori. E
oggi? C’è tutto questo? C’è lo stesso
ascolto totalitario della Parola di Dio,
tanto per cominciare? Certo la partecipazione ai culti non è l’unico strumento di questo ascolto, ma nuovi metodi
di studio sono piuttosto osteggiati che
favoriti nella nostra chiesa, non solo
alle Valli.
Non vorrei neanche che pensassimo
all’ascolto della Parola da parte dei
nostri padri come a qualcosa di formale a sterile, come spesso diciamo: « Andavano al culto perché non c’erano altri posti dove andare ». No. Questo
ascolto produceva dei frutti anche nella vita civile. Guardiamo per esempio
Mercoledì 26 gennaio ha avuto termine a
Torre Pellice il primo ciclo di lezioni sull’Antico Testamento a cura del pastore G. Tourii.
Un buon numero di catechisti, monitori e predicatori laici, ha seguito con vivo interesse
queste lezioni che proseguiranno a partire dal
22 marzo.
— Su richiesta del Consiglio della FGEI la
Domenica della Gioventù è stata fissata per
il lì marzo.
— Sabato 29 gennaio a Torre Pellice ha avuto
luogo un incontro fra i genitori dei catecumeni dei 4 anni, il Concistoro ed i catechisti.
Come al .solito i genitori erano presenti in
numero ridottissimo. Il prossimo incontro in
cui verrà discusso il problema della confermazione è stato fissato per sabato 4 marzo alle
ore 21 presso la Casa unionista.
— A Torre Pellice, il tradizionale pranzo del
17 febbraio avrà luogo alla Foresteria. Quanti
intendono parteciparvi sono pregati di prenotarsi presso la Libreria Claudiana entro il
1.) febbraio.
La sera, sempre alla Foresteria, vi .sarà una
serata organizzata dalla Corale e dagli studenti del Collegio.
— La Commissione Distrettuale del I Distretto
ha invitato le comunità delle Valli a devolvere la colletta raccolta in occasione del 17
febbraio al Convitto Femminile di Torre Pellice e a Villa Olanda.
« ...annullate così la parola di Dio
con la tradizione che voi vi siete
tramandata. E di cose consimili
ne fate tante!» (Marco 7: 13).
alla vita comunitaria, che, malgrado il
proverbiale individualismo valdese, era
molto più concreta che per noi oggi:
avevano un forno in comune, un mulino per villaggio in comune, dei canali
di irrigazione in comune, delle società
di mutuo soccorso in caso di incendio
0 di morte accidentale del bestiame,
che si reggevano, quando in Italia comandava il re, su un regime di assemblea. Sentite che cosa diceva l’introduzione dello statuto della « Società del
fuoco », una società del tutto profana,
se si vuole, ma in cui non è possibile
non vedere i frutti della predicazione
dell’Evangelo:
« I sottorscritti, proprietari del comune di Massello, spinti dal santo desiderio di aiutarsi reciprocamente nelle
disgrazie occasionate dall’incendio, persuasi che sarà sempre lo spirito di buona fede e di fratellanza che regnerà tra
1 membri deU’associazione, accettano
all’unanimità gli articoli del presente
regolamento, destinato meno a costituire una legge di costrizione, quanto
piuttosto una direzione generale nella
ripartizione dei danni e dell’indennizzo
da concedere alle vittime del flagello ».
In queste parole, stilate nel perfetto
francese di un maestro delle scuole
Beckwlth, vediamo che la fede non
era semplice forma o abito della domenica, ma vita e prassi quotidiana.
RICERCARE LA VQLONTA’ DI DIO
C’è lo stesso oggi? I conservatori tra
di noi vogliono mantenere questo modo di vita dei nostri padri o solo il folklore del XVII febbraio? Ma nel passato questo folklore, del resto meno
spinto di adesso, era un elemento aggiunto a uno dei 50 o 60 culti a cui partecipavano, valeva per un sessantesimo al massimo della loro vita spirituale; oggi, per i valdesi delle grandi
solennità vale per un terzo, perché oltre al folklore del XVII c’è solo Natale
e Pasqua.
La nostra chiesa, in realtà, non soffre
e non muore per le opposizioni fra tradizionalisti e rivoluzionari, ma soffre
e muore perché tutte le volte che la
continuazione del passato richiede un
po’ di impegno e di fede, la « maggioranza silenziosa » risponde che i tempi
sono cambiati e non si può più fare
come una volta. Quando, invece, si chiede qualcosa di nuovo, ma di ugualmente impegnativo, la risposta puntuale è:
« Facciamo come si è sempre fatto,
perché tutto va benissimo così ».
Il nostro XVII febbraio può essere
un’eccellente occasione per guardare al
passato se siamo capaci a farlo come
lo ha fatto Gesù, cioè per ricercare la
volontà di Dio. Se, invece, lo facciamo
come i farisei per sfuggire alla volontà
di Dio, ogni nostro richiamo alla tradizione è « ipocrita », siamo dei conservatori con la coda di paglia, annulliamo
la parola di Dio con la tradizione che
ci siamo tramandata. E questa via larga non si consuma in un atto solo, ma
è una china rovinosa sulla quale si è
trascinati all’infinito: « Di cose simili
ne fate tante! ». Ma sapendo che è cosi,
sapendo come i nostri padri hanno fatto per evitarlo e sapendo, soprattutto,
che Gesù Cristo ci è annunciato, posmo evitare anche noi questa via. Amen.
C. Tron
(Sermone predicato il 17 febbraio 1970
nel tempio di Massello, come spesso
capita alla predicazione, con scarsi
risultati^
iiiiiiiiiii'iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMii!iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii iiiimiiiiMiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiitiiiiiii
Comitato Collegio jValdese e Scuola Latina
Per il Collegio Valdese
Elenco doni e offerte ricevute
dal T’ giugno 1971 al 20 gennaio 1972
Doni « m memorìam »:
di Emilia Gay ved. Peyrot, da Bellora Fernand, Marcella, Alberto L. 30.000; del fratello Sergio, da Bona Ferrerò, Torino 10.000; ricordando nonna Erminia, da Bona Ferrerò, Torino 10.000; del Rag. Gino Jahier, da Condominio Villa, Torre Pellice 20.000; del Professor Hendrich Leopold, da Pennington de
Jongh Lilian, Roma 50.000; del Professor
Vochting, tramite Past. Soggin J. Albert, Roma 463.530.
Doni per cause varie:
Colletta presso Foresteria Vald., Torre Pellice (coni. Prof. A. Soggin) L. 43.470; Colletta presso Foresteria Vald., Torre Pellice (coni.
Past. P. Ricca) 13.615; Geymet Enrico pastore e figlia Prof. Amalia, dono spese viaggio a
Berlino 143.200; Ghigo Alberto, Perrero, dono
speciale in occasione visita alle Colonie Valdesi in Germania 20.000; Peyrot Dott. Enrico,
Luserna S. Giovanni, « de la part des amis du
Württemberg » 10.000; Vola Ernesta, Luserna
S Giovanni, per una borsa di studio 50.000.
Doni da Amici residenti in Italia:
B. R., Pinerolo L. 25.000; Cignoni Mario,
Roma 10.000; Cogno Rinaldo, Torre Pellice
10.000: Corsani Mary, Genova 5.000; De Gregori dott. Giuseppe, Pinerolo 5.000; Ferrerò
Bona, Torino (2 versamenti) 10.000; Gaydou
Henry et Léonie, Massello 10.000; Geymet
Prof. Amalia, Villar Perosa 17.800; Ghigo
Alberto, Perrero 40.000; Griset Dr. Prof. Emanuele, Torino 50.000; Henking Ruggero,
Genova 15.000; Jahier Roberto, Past. Valdese,
Luserna S. Giovanni 50.000; Malan Lily ved.
Lupo, Luserna S. Giovanni 50.000; Malanot
Ines in Riva, Luserna S. Giovanni 10.000;
Michelangeli Franco, Roma 10.000; Micol Giovanni Emanuele, Perrero 10.000; N. N., Inno
50, Torre Pellice 10.000; Palmery Jalla Ada,
Milano 24.000; Pampuro Renato e Ida, Genova 1.000; Peyronel Dr. Prof. Giorgio, Milano 200.000; Peyrot Arturo e Ida, Genova
25.000; Prochet Roberto e Lilly, Torino 36
mila; Rosa-Brusin Giuliana, Coazze 5.000; Revel Luigi, Torre Pellice 5.000; Rivoira Margherita, Pinerolo 30.000; Servettaz D. ved.
Rossi, Savona 25.000; Tron Prof. Speranza e
Elsa, Torre Pellice 10.000; Tiirck Elda, Pinerolo 10.000; Una Valdese da Roma 5.000;
Varese Aldo e Lina, Torre Pellice 10.000; Vola Ernesta, Luserna S. Giovanni 100.000; Kitchen William e Ada, Pinerolo 10.000.
Doni di studenti del Collegio Valdese:
Armand-Ugon Lia, IV Ginnasio, Villar Pellice L. 20.000; Avondet Rita, IV Ginnasio, Prarostino 25.000; Baret Erica, IV Ginnasio, e
Baret Carlo, II Liceo, Pomaretto 50.000; Bcltramone Donatella, II Media, Luserna S. Giovanni 10.000; Bigo Maria Giovanna, IV Ginnasio, Luserna S. Giovanni 20.000; Burdino
Gianfranco, II Liceo, Pinerolo 10.000; Campra Manuela, II Media, Luserna S. Giovanni
10.000; Delpero Roberto, IV Ginnasio, Torre
Pellice 20.000; Di Virgilio Nicoletta, V Ginnasio, Pinerolo (2 versamenti) 24.000; Depetris Enrico, II Liceo, Pinerolo 25.000; Gardiol Paolo, II Liceo, San Secondo di Pinerolo
(2 versamenti) 50.000; Grand Paola, V Ginnasio, Torre Pellice 15.000; Lincesso Este;-,
V Ginnasio, San Germano Chisone 10.000:
Merlo Anna Maria, II Liceo, San Secondo di
Pinerolo 25.000; Moselli Luciano, IV Ginnasio, Luserna S. Giovanni 30.000; Morello Egidio, V Ginnasio, Luserna S. Giovanni 15.000;
Michelin-Salomon Walter, IV Ginnasio, Torre
Pellice 5.000; Pascal Daniela, IV Ginnasio.
Villar Pellice 5.000; Pezzarossa Paolo, III Lceo, Roma 20.000; Piacentini Giovanna, I Mi •
dia. Torre Pellice 20.000; Pons Süvana, IV
Ginnasio, Luserna S. Giovanni 20.000; Ribet
Piero, II Media, San Secondo di Pinerolo 5
mila; Rivoira Luciano, III Media, Torre Pellice 15.000; Scuola Media del CoUegio Valdese (L. 1.000 per studente) 141.000; Studenti
del Collegio Valdese frequentanti il corso di
tedesco 6.000.
Doni di Enti, A^soc’azioni, Pubbl'che
Amministrazioni :
Associazione Amici del Collegio, Torre Pellice (3 versamenti) L. 3.000.000; Istituto Ban
cario San Paolo di Torino, Pinerolo 25.000:
Ministero dellTstruzione, Roma 189.620; Provincia dì Torino 300.000; Società di Cucilo
della Chiesa Valdese di San Giovanni 20.000.
Contributi di Chiese Valdesi:
Chiesa Valdese di Bobbio Pellice (esercizio
1970-71) L. 55.000; Id. di Messina (id.) 10
mila; Id. di Frali (id.) 100.000; Id. di Roechenere (Messina) (id.) 2.000; Id. di Bobbio
Pellice (esercizio 1971-72) 21.430; Id. di Pramollo (id.) 150.000; Id. di S. Secondo di Pinerolo (id.) 143.000; Id. di Torino (id.) 57
mila; Id. di Villasecca (id.) 170.000.
Totale dei doni di cui al presente elenco
L. 6.536.665; Elenco doni pubblicati precedentemente 50.000; Totale dei doni prevenuti al
20 gennaio 1972 L. 6.586.665.
Per la Scuola Latina
Elenco doni e offerte ricevuti
dal r ottobre 1971 al 20 gennaio 1972
Doni « in memoriam » :
di Felice Gay, da Famiglia Gay, Chianaviere, Inverso Pinasca L. 10.000; del marito, da
Gardiol Lidia, Chiotti 10.000; del nipote Sergio, da Bertalot Ida e Gina, Pinerolo 2.000.
Doni di Amici residenti in Italia:
Balma Prof. Elsa, Pomaretto L. 10.000:
Balma Giancarlo, Pomaretto 10.000; Beux
Ugo, Pomaretto 10.000; Bleynat Aldo, Pomaretto 10.000; Bleynat Anna Rita e nonna
Martina, Pomaretto 10.000; Bounuos Cesare.
Pomaretto 15.000; B. R., Pinerolo 25.000;
Coucourde Umberto famiglia, Inverso Pinasca
10.000 Coucourde Walter. Inverso Pinasca
10.000; Gay Gianni, Pinerolo 50.000; Geymet
Prof. Amalia, Villar Perosa 10.000; Giaiero
famiglia. Rivoli 10.000; Giaiero Paolo, Inverso Pinasca 5.000; Guglielmino Livio, Roreto
Chisone 5.000; Jahier Ernesto, Pomaretto 10
mila; Jahier Valdo, Pomaretto 10.000; Lageard Lily famiglia. Inverso Pinasca 10.000;
Meynier Ilda ved. Long, San Germano Chisone 5.000; Martinat Elsa e Enrico, Pomaretto
10.000; Micol Giovanni Emanuele, Perrero
10.000; N. N., Chiotti 5.000; N. N., Trossicri di Perrero 30.000; Orsello Rosanna, Inverso Pinasca 5.000; Pascal Nicoletta, Pomaretto
10.000; Peyronel Ettore e Elvio, Chiotti 10
mila; Pons Carla, Perosa Argentina 5.000;
Pons Giuliano, Porosa Argentina 5.000; Pons
Paolo, San Germano Chisone 5.000; Reynaud
Alice, Pomaretto 5.000; Rostan Ileana, Pomaretto 10.000; Suppo Davide, S. Antonino
di Susa 10.000; Tourn Cipriano, Past. Valdese
e Ruth, Chiotti 10.000; Ughetto Marina, Pero
sa Argentina 5.000; Viglielmo Elena, Chiotti
5.000.
Doni di Enti, Ass xiizioni, Fublbl'che
Ammin!s'razioni :
Associazione Amici della Scuola Latina. Pomaretto L. 97.228; Unione Femminile Valdese, Chiesa di Piazza Cavour, Roma 25.000.
Contributi di Chiese Valdesi:
Chie.sa Valdese di Bobbio Pellice L. 8.570:
Chiesa Valdese di Pramollo 50.000; Chiesa
Valdese di San Secondo di Pinerolo 57.000:
Chiesa Valdese di Villasecca 85.000.
Totale dei doni pervenuti al 20 gennaio
1972 (Italia) L. 709.798.
RIEPILOGO
Doni pervenuti dallTtalia per il Collegio
Valdese di Torre Pellice L. 6.586.665.
Doni pervenuti dall’Italia per la Scuola Latina di Pomaretto L. 709.798.
Totale generale dei doni dall’Italia pervenuti al Comitato Collegio Valdese e Scuola
Latina, nel periodo 1° giugno 1971 - 20 gennaio 1972 L. 7.296.463.
I doni e le offerte per il Collegio Valdese di
Torre Pellice e la Scuola Latina di Pomaretto
possono e.ssere inviati al Comitato Sinodale
utilizzando uno dei seguenti sistemi:
— Conto corrente postale n. 2/32709 intestato al Comitato Collegio Valdese;
— Conto eorrente bancario n. 56.760 intestato al Comitato Collegio Valdese presso
Istituto Bancario Italiano - 10066 Torre
Pellice;
— Conto corrente bancario n. 4.606 intestato al Comitato Collegio Valdese presso Istituto Bancario San Paolo di Torino . 10064
Pinerolo.
5
4 febbraio 1972 — N. 5
pag. 5
“Fui malato...
a
Vita, problemi, prospettive delle chiese valdesi
la tua inana ¡Attività ecumeniche a Venezia
Quando ci siamo lasciati, oggi, mi
hai stretto la mano con forza e calore particolare. Ti ho lasciato nella
corsia d'ospedale, nell’andirivieni di
gente che dura hen oltre gli orari di
visite e su cui le direzioni chiudono
un occhio, data la palese carenza di
personale infermieristico. In pochi
anni, da che ti conosco, sei al quinto, al sesto ricovero: non lo so più
bene, ma tu lo sai. E per quanto tu
sia talvolta scoraggiato e amaro, io
ti trovo pieno di coraggio e dignità.
Sai ancora interessarti di tante cose,
della vita. Degli altri. Ma oggi il calore, la stretta della tua mano me li
sono portati dietro. Mi danno commozione, e anche confusione; e mi
fanno riflettere. Mi hai voluto dire
il tuo affetto, e che ti rallegra e conforta la povera solidarietà che, con
tanti altri, provo per te, nella tua
sofferenza e nella tua ansia.
Fra qualche giorno un'altra mano
sarà su di te. Fredda, in un guanto
di gomma sterilizzato; ferma e sicura, inciderà una volta ancora la tua
carne. Sai per dura esperienza che
può anche sbagliare; ma che può essere meravigliosamente abile, risanatrice, assommando in quei gesti
forse minimi un’immensa somma di
conoscenze, di studi, di esperienze,
di tentativi; che può essere spietata e delicatissima. Non è uno strumento, è una mano d'uomo. E altre
mani, prinm, durante e dopo l'intervento saranno su te, mani forti e
abili, spesso — non sempre — amichevoli di infermieri.
Da queste mani tu dipendi, ora. Il
tuo cuore ha sete del calore della
simpatia e tutto il tuo essere è teso
a ciò che mani sagaci riusciranno a
fare per te.
Dietro queste mani, però, c’è un'altro mano. È ciò che non sono stato
capace di dirti oggi, o piuttosto, di
ricordarti, perché lo sai e lo credi
anche tu. Il Dio in cui crediamo è
un Dio attivo. Non abbiamo bisogno
di raffigurarcelo, come certe religioni, con diecine di braccia; nei suoi
atti lo si vede agire: « con mano potente e braccio steso », diceva Israele dopo avere constatato la disfatta
egiziana, l’aprirsi del mare e del deserto, e infine della terra promessa
e anche dopo avere sperimentato,
nella sofferenza, che la mano del
Signore può gravare su noi. « La mano dell’Eterno si è forse raccorciata? »- (Numeri 11, 23) — quante volte,
nella vita del popolo e dei singoli è
risuonata questa domanda che non
è scettica derisione ma il torrnentato interrogativo della fede. Tipotesi
impossibile che pare imposta dalla
realtà sensibile. No, si risponde, anche e sopratutto in un momento patologico fra i più tragici per il popolo, quale fu la deportazione: «La
mano dell'Eterno non è troppo corta per salvare » (Isaia 59, 1), non è
la piccola mano di un patrono locale, arriva anche in Babilonia, la
superpotenza. Giobbe, il malato senza speranza, sa che « la mano dell’Eterno ha fatto ogni cosa, egli tiene in mano la vita di tutto quel che
vive» (12, 9). Quella mano potente
di Dio Gesù l'ha messa, tante volte,
sui malati nel fisico e nell’anima; e
li ha risanati; e infine Tha mostrata,
trafitta dal chiodo, ma viva, segno e
pegno di pace e di vita.
Questo vuole ricordarti la stretta
di mano di chi non ti è unito semplicemente dalla simpatia e dall'affetlo — così inermi e inefficaci —, ma
nella fede nell’Iddio vivente e onnipotente e nel suo Cristo, Gesù. .E
questo c’è dietro la mano del chirurgo, del medico, dell’infermiere.
La mano dell’Eterno che ti ha fatto,
e che non si è atrofizzata.
Gino Conte
A Venezia gli incontri ecumenici tra
cattolici, ortodossi, metodisti e valdesi proseguono con costante impegno e
con maggiore frequenza, sia nell'ascolto della Parola di Dio, sia nella preghiera, sia nella ricerca di una fedele
testimonianza cristiana da portare
nella città.
Secondo l'impegno che ci siamo assunto l’anno scorso durante le riunioni nella settimana universale di preghiera per l’unità dei cristiani, gli incontri biblici di questo nostro « gruppo ecumenico » son diventati ancora
più frequenti, cioè quindicinali; nella
Chiesa Metodista ci siamo riuniti in
una trentina di persone a domeniche
alterne, di sera, meditando insieme
l’epistola agli Efesini e ora il libro di
Amos. Anche le nostre riunioni di preghiera, con invito alla cittadinanza a
parteciparvi, sono avvenute più volte
durante l’anno: a Pasqua, a Pentecoste, a Natale, oltre che nella « settimana ecumenica », avendo luogo ora
nella Chiesa Valdese ed ora in qualche Chiesa Cattolica, con sempre più
spazio alle preghiere spontanee dei fratelli. E qualche giorno prima del 25
dicembre ci siamo riuniti pure per
una pubblica testimonianza sul senso
cristiano del Natale.
Anche gli altri incontri di studio biblico fatti particolarmente tra i giovani, per lo più nella nostra saletta di
Mestre, hanno avuto lo stesso ritmo
quindicinale dell’anno scorso. E due
dei nostri giovani stanno collaborando con altri loro coetanei cattolici per
seguire in un doposcuola dei ragazzi
di scuola media di un quartiere popolare di Venezia.
I nostri contatti con fratelli cattolici — .sebbene a Venezia rimangano
ancora limitati per lo più alle solite
persone più aperte e sensibili al problema ecumenico, con le quali ormai
costituiamo un gruppo in cui c’è un
sincero spirito fraterno sulla base dell’unico Signore e Redentore e della
Sua sola parola che ci unisce gli uni
agli altri — in questi ultimi tempi
stanno incominciando ad estendersi,
grazie ai primi approcci di alcuni nostri fratelli e dei nostri giovani, a nuovi ambienti cattolici, per lo più giovanili, delle province di Treviso, Padova
e Belluno. Nei giorni scorsi, infatti,
circa 45 giovani cattolici di queste
province e di Venezia hanno avuto
una riunione nei nostri locali sociali
ed hanno tutti partecipato al culto domenicale presieduto da tre giovani
valdesi.
La settimana universale di p’"eghi-^ra (18-25 gennaio), dunque, per il
« gruppo ecumenico » di Venez'a ormai non è più l’occasione annua ed
unica di incontro, dato il lavoro di cui
abbiam.o parlato sopra, ma rimane ancora un’occasione in cui si cerca di
allargare il discorso e di interessare al
problema dell’unificazione dei credenti
in Cristo e della loro comune testimonianza evangelica una cerchia sempre
più larga di cristiani e di chiese.
Perciò anche quest’anno nella settimana ecumenica, oltre alla riunione di
preghiera, fatta questa volta nella
Chiesa di S. M. Formosa, abbiamo avuto la consueta « tavola rotonda » tenuta la sera del 19 gennaio piesso l’Ateneo Veneto di Venezia alla presenza
di circa 140 persone sul tema; « Le
Chiese di fronte al nuovo comandamento dell’amore di Cristo ». Per gli
evangelici ha parlato il pastore Paolo
Ricca, invitato e venuto apposta da
Torino, e che ringraziamo ancora sentitamente in queste notizie di vita
evangelica veneziana; per i cattolici
ha parlato don Germano Pattaro, e
per gli ortodossi ha parlato l’archimandrita Cheruvim Malissianos.
II discorso del past. Ricca, seguito
con molto interesse e apprezzato dal
pubblico, è consistito anzitutto in un
commento del testo di Giovanni 13:34
« Io vi do un nuovo comandamento
che vi amiate gli uni gli altri. Come
io vi ho amati, anche voi amatevi gli
uni gli altri ». L’oratore ha esordito ricordando ai presenti il contesto nel
quale Gesù disse queste parole ai discepoli: « i discorsi di audio ». Ai discepoli perplessi circa il futuro Gesù,
liberanuoli dall’incertezza, dà un preciso compito: quello di amarsi tra loro come Egli li ha amati. Quest’amore, però, non è sostituto della sua
presenza, bensì dà sostanza e realtà alla presenza e alla testimonianza dei
discepoli nel mondo.
Il comandamento, storicamente vecchio (già nell’A.T. e nel mondo grecoromano), è teologicamente « nuovo »,
perché tali ora ne sono il fondamenta e la misura: il fondamento che è
l’amore di Dio in Cristo e la misura
il « come io vi ho amati ». Lo stesso
amore che c’è tra il Padre e il Figlio
e tra il Figlio e i discepoli ora c’è anche fra i discepoli (Giov. 15: 9 e 17: 26).
In Giovanni la carità non è semplicemente amore per il prossimo in generale, ma è amore per il fratello,
amore tra i credenti in Cristo; ciò non
vuole essere una limitazione della carità, ma un modo concreto di viverla,
perché l’amore del prossimo comincia
appunto da chi ci sta più vicino per
estendersi anche ai lontani. Non si
possono amare i più lontani se non si
comincia ad amare i più vicini.
Amare significa servire. Gesù lo mostra con la « lavanda dei piedi » ai discepoli, di cui si parla all’inizio del
capitolo. Egli non assume « lo spirito »
del servo, ma Vatteggiamento del servo, invertendo le posizioni e i rapporti: non è il minore che serve il maggiore, ma il maggiore che serve il mi
nore! Così per i cristiani amare deve
significare servire non chi sta in alto,
ma chi sta in basso, e non occupare
delle posizioni alte, ma quelle basse,
perché non si può servire stando in
alto, non si può servire stando al di
sopra di coloro che si vuole sendre!
Amare significa anche dare. Questo
non vuol dire « fare la carità » o praticare semplicemente l’assistenza privata, ma significa fare la politica dei
poveri. E ciò si fa non vivendo più
per se stessi, ma per gli altri, e adoperandosi interamente al bene totale degli altri, incominciando già con la scelta della propria professione e del luogo in cui esercitarla.
La seconda parte del discorso, assai
più breve della prima, è consistita in
alcuni rilievi schematici in riferimento alla situazione. Il past. Ricca ha
detto che questo centrale e grande comandamento di Cristo rimane ancora
il più trasgredito e che pertanto tutti
dobbiamo davanti ad esso riconoscere
e confessare i nostri peccati. Le tr.asgressioni del comandamento, però,
sono di due specie: ci sono le trasgressioni personali e ci sono le trasgressioni strutturali (=la strutturazione gerarchica della società e della
stessa chiesa).
Infine, circa la portata ecumenica
del comandamento il nostro oratore
ha concluso che l’amore fraterno deve
essere innanzitutto praticato all’interno di ogni singola comunità per essere quindi praticato fra tutti i cristiani, c che l’amore deve costituire il contesto della conversione delle chiese a
Cristo. Agostino Garufi
• • •
e a Roma
Da qualche anno un gruppo di giovani cattolici e di membri della Chiesa
Valdese di piazza Cavour si aduna periodicamente per leggere e meditare la
Scrittura, pregare insieme, scambiarsi
le proprie esperienze e approfondire la
vita di fede in un’atmosfera schietta e
fraterna.
E il caso di dire che tali contatti,
svoltisi nel reciproco rispetto, hanno
costituito per i partecipanti un vero arricchimento spirituale.
Recentemente, specie da parte cattolica, si è avvertita l’esigpza di dare
più ampio respiro a questi contatti invitando ad una maggiore partecipazione tutti coloro che hanno a cuore l’avvento del Regno di Dio sulla terra e
perciò, in occasione della Settimana
per l’Unità 1972, ài è convenuto di indire una serie di pubbliche conferenze.
Queste hanno avuto luogo, a cura
delle cinque Comunità Cattoliche del
quartiere Prati e di quella Valdese di
Piazza Cavour, nei giorni 19, 20 e 21
dello scorso mese nella sala « Cinema
Quiriti » adiacente alla Chiesa di San
Gioachino, vari membri della quale erano stati entusiasti promotori della
iniziativa.
La prima sera, dedicata al tema « 11
peccato fonte di divisione » ha parlato
il pastore Renzo Bertalot; la seconda
il pastore Alberto Ribet ha trattato
l’importante argomento della «Croce di
Cristo fonte di unità » e la terza sera e
stato ascoltato il Redentorista Prof.
hi;........................
Un lutto nella chiesa di Rimini
Bernardo Haering il quale ha parlato
in modo veramente edificante su « Lo
Spirito Santo e la Chiesa ». Presiedeva
il sacerdote don Franco Desideri.
Avviso delle conferenze era stato dato a mezzo di volantini, ampiamente
diffusi, e da manifesti murali, il che ha
contribuito a far affluire molte persone
che hanno quasi completamente riempito il locale: evangelici e cattolici, pastori protestanti e sacerdoti cattolici,
suore e studenti, si sono seduti l’qno a
fianco dell’altro prestando grande attenzione agli oratori.
Ad ognuna delle tre conferenze, svoltesi in un clima di viva fraternità, sono
seguiti numerosi ed impegnativi interventi e le serate si sono concluse con
preghiere innalzate dai presenti.
Forse non è possibile fare subito un
bilancio; si potrebbe solo dire che
gran parte del pubblico convenuto si
è allontanato convinto di aver fatto
qualche cosa per l’unita dei credenti
i quali, grati e commossi ai piedi della
Croce di Cristo, sono disposti non all’uniformità, ma all’obbedienza alla voce dello Spirito che solo dirige, guida
e consola la Chiesa nel suo cammino
terreno.
Ora che il ghiaccio è rotto e 1 esperimento ha dato buoni risultati, è auspicabile che questi incontri romani vengano proposti all’attenzione e alla meditazione di cattolici e di protestanti.
Giovanni Conti
La sorella in fede Maria Bardi ved. Pasini
non è più fra noi. Ci ha lasciati il 15 Dicembre ’71 dopo lunghi mesi di infermità in Casa
di Cura a Rimini. Partecipò al Culto per l’ultima volta il 4 luglio poi chiese a casa la
S. Cena che fu celebrata con 1 Anziano, il Pastore e sua figlia signora Ada d’Ari.
Purtroppo non fu presente alla inaugurazione della Cappella in Viale Trento, e in quel
loccasione il Moderatore Neri Giampiccoli
.......................................................
Responsabili dei Convilti delle valli a cenvegno
Le difficoltà non mancano; ma a nord
come a sud del nostro paese ci sentiamo solidali con le insegnanti delle Valli come con quelle di Orsara, Pachino,
Palermo, Riesi e di tante altre comunità, impegnate nel vasto campo della testimonianza evangelica in Italia.
A nome dei Comitati,
Graziella Jalla
Ringraziamo il Centro Diaconale che
ha preso l’iniziativa di convocare rincontro dei Comitati delle Scuole Materne Valdesi della Val Pellice e della Val
Gcrmanasca, presso il presbiterio di
Luserna S. Giovanni, domenica 30 gennaio. La presenza di 22 persone ha dimostrato l’interesse e la necessità di
tale incontro; solo Villar Pellice mancava all’appello, ma ci auguriamo di
incontrarci tutti la prossima volta: il
prossimo colloquio è fissato a Torre
Pellice per il 27 febbraio.
Sono ben 150 i bambini che frequentano le scuole materne di Pomaretto,
S Germano, Luserna S. Giovanni e Torre Pellice. Il giro d’orizzonte sulla vita
delle varie scuole è stato dei più interessanti; le particolarità di ogni situazione hanno dato varietà al dialogo e
al dibattito. Si è notata una collaborazione rallegrante fra madri e insegnanti; ovunque la responsabilità è vivamente avvertita da coloro che in un modo
o nell’altro si occupano dei bambini,
nelle nostre scuole: insegnanti, assistenti, cuoche, custodi sono legati dal
medesimo, gioioso spirito di servizio
reso alle comunità.
Ci siamo resi conto, insieme, di quanto sia urgente aggiornarsi e seguire attentamente la linea generale della situtazione della scuola materna in Italia. Molte scuole private godono di cospicui contributi statali; d’altra parte
ci domandiamo quale posto ci sarebbe
riservato, nell’educazione dei più pie
coli, quando lo Stato assumesse pienamente la sua responsabilità in questo
settore.
Dobbiamo riflettere fin d’ora sull’impostazione da dare alla formazione evangelica che desideriamo offrire nelle
scuole che ci sono affidate, e verificare
se tale formazione evangelica viene effettivamente data o meno, e in qual misura. Speriamo che molti interrogativi
trovino risposta nel prossimo incontro,
al quale parteciperà il direttore didattico prof. Roberto Eynard.
Tre pastori e un missionario appoggiano i comitati e ne studiano da vicino, con i Concistori, anche i problemi
finanziari e immobiliari: miglioramento dei locali, spesso troppo piccoli per
il numero crescente degli alunni, gli impianti di riscaldamento, l’attrezzatura,
la retribuzione del personale.
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii'iiimiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimii
8. Germano
Chisone
In accordo con il Concistoro i catecumeni visiteranno tutte le famiglie della comunità nella settimana dal 12 al
19 febbraio per offrire in vendita l’opuscolo del XVII febbraio edito dalla Società di Studi Valdesi. Il pi-zzo del suddetto opuscolo è di L. 200. Questa iniziativa, che ci auguriamo ben accolta
da tutti i fratelli, ha da un lato lo scopo di diffondere un testo che riguarda
il passato evangelico e favorire così la
conoscenza della storia valdese e dal-l’altra di sostenere l’attività della nostra Società di Studi Valdesi.
volle passare a casa a salutarla. Questo gesto
la commosse, come sempre ogni piccola attenzione a lei rivolta, e per molti giorni ancora
si rallegrò di questa visita.
Un mese prima della sua fine, il Prof. Salvatore Caponetto, venuto a Rimini per celebrare la Riforma, volle visitarla in Casa di
Cura! Ormai non parlava più, ma lo riconobbe e gli sorrise con tanta riconoscenza. Fra le
innumerevoli attestazioni di simpatia gmnte
alla famiglia da ogni parte d’Italia e dall Estero, ci piace ricordare le parole dell Oberkirchenrat Nöllenburg della « Kirchliches A.ussenamt»; «Anche se in età di 76 anni è
sempre troppo presto per perdere una Madre,
ma ci conforta la certezza che ci ha preceduti nella Luce Eterna ».
Il servizio funebre ha avuto luogo il 16 Dicembre nella Cappella Evangelica Valdese di
Rimini.
Vogliamo ricordare 1 Inno preferito della
sorella Maria Barth e rinnovare alle famiglie
d’Ari e Pasini, ed ai parenti, l’espressione della nostra simpatia cristiana con la pace che
Cristo Gesù soltanto può dare.
« Io t'amo, ineffabile Gesù Redentor,
e tutto delTanima Ti sacro l'ardor.
Speranza non fondo sui beni del mondo;
Qual bene supremo, or t amo Gesù.
L’Agnello purissimo Tu sei che per me
in croce olocausto Divino si diè.
Tu, primo, mi amasti e a Te mi chiamasti:
Col cuore redento or t’amo, Gesù.
E fino a che un alito di vita m'avr'o.
l'eterna Tua gloria ovunque dirò:
Son tuo. sei mio, Figliuol di Dio:
Più morte non temo, s io t amo Gesù. »
CULTO - RADIO
I prossimi predicatori del Culto
Evangelico, radiotrasmesso dalla RAI
(Nazionale h. 7,35): Domenica 6 febbraio: Pietro Trotta; 13-20 febbr.; Giorgio Tourn; 27 febbr.: Enrico Paschetto.
Il colloquio pastorale
delle valli
Il colloquio pastorale del mese di febbraio per i pastori delle Valli valdesi
avrà luogo lunedì 14 a Pinerolo con il
seguente G. d. G.:
ore 9,30: culto (past. E. Genre);
ore 10 : Dibattito sul tema: Vinter
comunione, introdotto dal
past. Paolo Ricca;
ore 13,30: Problemi concernenti la vita
e le attività del Distretto ed
eventuali comunicazioni della Com. Distrettuale e della
Tavola;
ore 15 : Chiusura dell’incontro.
Nell’ultimo incontro avvenuto lunedì
10 gennaio sono stati trattati tre problemi introdotti rispettivamente dai
past. Ayassot, Conte e Sonelli. Il primo
di natura teologico è stato suscitato
dalla meditazione del salmo 51 e vertev.q sulla interpretazione del peccato in
sede biblica e nella cura d’anime. Il secondo, di natura amministrativa, era
dato dalla situazione finanziaria delle
nostre comunità in riferimento ai versamenti alla cassa centrale ed al deficit.
11 terzo, pastorale, riprendeva un dibat
tito già iniziatosi precedentemente sui
matrimoni misti alla luce del documento sinodale. G. T.
Napoli
(Via dei Cimbri)
Ecco, in breve, i principali avvenimenti della vita della nostra chiesa negli ultimi mesi.
Il 31 ottobre è stata celebrata la commemorazione della Riforma con un culto speciale
seguito dalla S. Cena. La colletta fatta in quell’occasione in favore della Società Biblica è stata di lire 10.000.
Alla fine di novernbre, nel pomeriggio dei
giorni 27 e 28, si è tenuto l’annuo Bazar che
ha avuto un esito soddisfacente, specialmente
dato il tempo atmosferico poco propizio. Sappiamo che c’è chi vorrebbe che i Bazar di beneficenza fossero aboliti; certo sarebbe l’ideale
per chi si sobbarca a un lavoro non certo leggero per prepararli, ma allora bisognerebbe
che tutti coloro che vengono a spendere parte del loro denaro disponibile al Bazar, versassero alla Chiesa la somma che danno volentieri in cambio di qualche oggetto o di una
tazza di thè ben gnarnita! D’altra parte il
Bazar è anche un simpatico modo di ritrovarsi
insieme, cosa che, sepecialmente nelle grandi
città, avviene assai di rado, e di vedere anche
qualche fratello di altre Comunità che ci dimostra il suo interesse, perciò, fino a disposizione contraria, noi continueremo a preparare
il tradizionale Bazar di beneficenza che incrementa le nostre entrate.
Altra festa tradizionale è quella dell’AÌ6ero
di Natale per i nostri ragazzi. Anche per questa festa sappiamo che vi è la tendenza a farla scomparire, sostituendola con culti tenuti
da ragazzi i quali, naturalmente, non fanno
che ripetere ciò che è stato preparato dai grandi, o con altre manifestazioni. Ma noi continuiamo a seguire la via vecchia (ricordando
il ben noto proverbio delle dne vie!) e facciamo recitare ai nostri ragazzi poesie e dialoghetti che ricordano la vennta del nostro Salvatore. Del resto qui a Napoli abbiamo il folto gruppo dei bimbi della Scuola Domenicale
di Ponticelli, ragazzi cattolici di un rione depresso per i quali la nostra semplice festiccioii, a cui partecipano in massa, è forse l’unica
festa di tutto l’anno in cni si sentono protagonisti. Bisogna vederli arrivare tutti insieme
con persone delle loro famiglie, coi loro vestiti più belli, coi visetti raggianti di gioia, e
bisogna sentire come recitano con entusiasmo
poesie e brani della Parola di Dio, preparati
con pazienza e perizia per varie domeniche
dal pastore Cielo! E lo stesso dicasi per i ragazzi di Caivano, che partecipano con quelli
di Napoli e di Ponticelli alla nostra Festa.
Alla fine del programma due fratelli, Daniela e Lucio Caldo della Scuola Domenicale
di Napoli, hanno recitato un semplice dialogo,
preparato per l’occasione, che era un saluto
al pastore Cielo che dovrà lasciare Napoli alla
fine di settembre. A nome di tutti gli alunni
delle tre Scuole Domenicali! i fratelli Caldo
hanno promesso al Pastore di non dimenticarlo e di mettere sempre in pratica i suoi insegnamenti, frequentando assiduamente la Scuola Domenicale. Poi sono andati ad abbracciare
il Pastore a nome di tutti e sono stati vivamente applauditi.
La sera del 29 dicembre, in fraterna allegria, un buon gruppo di fratelli e sorelle ha
festeggiato la fine del 1971 con un agape fraterna nei nostri locali.
Nel corso di dicembre un grave lutto ha
colpito la nostra Comunità con la dipartenza
della sig.ra Maria Sgherzi. La famiglia Sgherri è una delie più vecchie della Chiesa di Napoli ed i coniugi Sgherzi sono sempre stati fra
i più fedeli membri di chiesa. Da circa un anno la signora Maria era ammalata, ma si sperava sempre in un miglioramento e nella guarigione. Purtroppo il male si è improvvisamente aggravato e nulla è valso a salvarla. Al
nostro fratello Raffaele Sgherzi, così duramente colpito nel più caro dei suoi affetti, va tutta la nostra simpatia cristiana, chiedendo al
Signore di essere con lui.
Poiché abbiamo accennato alla partenza del
Pastore Cielo per compiuto quattordicennio,
aggiungiamo che la Comunità sta per nominare il suo nuovo conduttore.
Dei quindici Pastori proposti dalla Comunità e invitati a porre la loro candidatura, solo
uno, il Pastore Salvatore Carco attualmente a
Campohasso, ha accettato e già ha avuto un
simpatico incontro col Concistoro la sera ddl'otto gennaio e ha presieduto il culto del 9
gennaio davanti ad una numerosa assemblea,
venuta per conoscerlo. Dopo il suo efficace
messaggio alla Comunità, il Pastore Carco ha
avuto occasione di parlare direttamente coi
membri di Chiesa presenti. Lo accompagnava
anche la sua gentile Signora.
F. F.
6
oag. 6
N. 5 — 4 febbraio 1972:
I NOSTRI GIORNI
UOMINI, FATTI, SITUAZIONI
Dagli USA: gli armamenti,
il Vietnam,
il prete pacifista
Nel numero scorso segnalavamo il
documento approvato aH’unanimità
daH’assemblea deH'ONU sugli armamenti e sulla loro nocività alla pace
mondiale ed esprimevamo la speranza
che venisse preso sul serio dagli stessi
sottoscrittori. Una prima grossa , delusione l’abbiamo ora dal bilancio che il
presidente Nixon ha presentato al Congresso per l’anno 1972-73. Nelle uscite,
la voce più cospicua è data dalle spese
militari che, ammontando a 76,5 miliardi di dollari (qualcosa come oltre 45
mila miliardi di lire), rappresenta il 32
per cento di tutte le uscite, con un aumento di circa 700 milioni di dollari rispetto al 1971-72. La motivazione di questo aumento è la solita. Nixon ha detto
che non si potranno realizzare le speranze di pace in una posizione di debolezza; insomma: si vis pacem, para helium. (Per chi non conosce il latino, si
tratta di un motto che risale alla « saggezza » degli imperialisti romani i quali
dicevano appunto: se vuoi la pace prepara la guerra). Con questo non vogliamo certo dire che gli USA potenziano i loro mezzi bellici e che le altre potenze li stanno a guardare: ci pensano
tutti, a seconda delle loro possibilità e
dei loro mezzi, nella ferrea logica della
politica dei blocchi militari, vista dai
benpensanti come l’unico sistema per
« l’equilibrio del mondo ».
* * *
Gli otto punti di Nixon per risolvere
la questione del Vietnam costituiscono
senza dubbio una vittoria dell’opinione
pubblica americana e mondiale di cui
egli è stato costretto a tener conto (calcoli elettorali a parte). È infatti innegabile che con questa nuova proposta
si sono compiuti passi avanti, anche se
da parte americana ci si è perfettamente resi conto dei vari punti negativi contenuti nel piano stesso, tant’è che il capo della delegazione americana alla
conferenza parigina (ed anche il consigliere Kissinger) ha tenuto a dichiarare
che esso è « elastico ».
È chiaro che, oltre alla questione del
ritiro delle truppe e di tutte le armi
americane, vi è quella elettorale che,
così come proposta, non potrà mai essere accettata né dal Nord Vietnam né
dai Vietcong. Infatti, l’attuale presidente di Saigon, che come tutti ricorderanno è stato eletto con una delle farse
più grottesche, dovrebbe rimanere in
carica fino ad un mese prima delle nuove elezioni il cui andamento, in quelle
condizioni, sarebbe fin troppo chiaro.
Giustamente i vietnamiti richiedono la
formazione di un governo nazionale di
coalizione aperta che consenta successive e corrette elezioni generali. Gli
americani dovrebbero capire con facilità questo fatto, dato che erano andati
in Vietnam per « insegnare » la democrazia.
* * *
Si è iniziato in Pennsylvania il processo contro il prete cattolico Philip
Berrigan e sette suoi compagni imputati di « congiura ai danni dello Stato ».
Nslle carceri
sudvietnamite
I detenuti nelle carceri del Sud Vietnam — patrioti o comunque persone
« sgradite » al regime — sono attualmente trecentomila. Lo dice una dichiarazione del Comitato per la condanna dei crimini di guerra USA in
Vietnam nella quale si afferma fra
l’altro che essi « sono condannati al
trattamento più inumano e a morte
lenta ».
La dichiarazione cita numerosi esempi della repressione spaventosa che vi
ha luogo. Fra tutti fa spicco quello
della prigione di Thu Due, presso Saigon, dove sono rinchiuse 1.400 donne.
I carcerieri si abbandonano alle più
sfrenate sevizie : sfregiare il volto delle
donne, costringerle a mangiare della
calce, estirpazione di denti, violenze
carnali. Oltre duecento donne sono rimaste uccise o ferite.
La dichiarazione sottolinea che « Nixon parla costantemente del trattamento umano che gli americani riservano
ai prigionieri di guerra. Ma sono tre
anni che gli americani e la loro creatura Van Thieu attuano nel Sud Vietnam un regime inumano di incarceramenti e di torture ».
Egli si trovava già in carcere per precedenti analoghi reati. Berrigan è accusato di aver distrutto delle cartoline
militari di chiamata per il Vietnam, di
aver cercato di sabotare degli edifici
governativi e di aver tentato il rapimento del consigliere di Nixon, Kissinger a
scopo di ricatto (per ottenere la pace
nel Vietnam). Il processo durerà alcuni
mesi e, unitamente a quello di Angela
Davis, è destinato ad avere una larga
eco mondiale. Per il momento ci limitiamo a ricordare due cose. In primo
luogo, che col fratello Daniel, è stato il
primo sacerdote americano prigioniero
politico per la sua attiva opposizione
alla guerra vietnamita. La seconda, che
il Berrigan, fautore dei metodi nonviolenti, respinge sdegnosamente l’accusa
del tentativo di rapimento: « A differenza dei nostri accusatori, non siamo
ne dinamitardi, né rapitori, né cospiratori », egli ha detto nel corso della prima udienza.
Gli “incidenti,, di Catania
Così sono stati definiti da La Stampa
di Torino i brutali interventi della polizia nell’ospedale civico Vittorio Emanuele di Catania in occasione dei recenti scioperi da parte del personale dell’ospedale stesso dovuto al mancato
pagamento di arretrati di mesi e alimentato dalla comprensibile esasperazione degli interessati, che peraltro
hanno assicurato tutti i servizi fondamentali. Detto giornale ha poi precisato che « una ventina di bambini ricoverati nel reparto pediatrico sono stati
trasferiti dopo gli incidenti ». Ha soggiunto che questi « incidenti » erano
originati dal fatto che parte del personale aveva cercato di entrare nel nosocomio e che pertanto le forze dell’ordine avevano dovuto reagire colle cariche
e i candelotti lacrimogeni contro le sassaiole dei dimostranti. Poi, più nulla,
quindi, tutto a posto. Chi ha potuto
avere solo quest' informazione avrà
pensato: un altro sciopero che aumenta la tensione sociale. E avrà voltato
pagina.
Ma le cose non stanno esattamente
così. Innanzi tutto, la situazione oggettiva e cioè la gestione semifallimentare
di uno dei più grandi complessi ospedalieri (peraltro comune a tanti altri),
gestione che si riflette fatalmente, oltre
che sugli ammalati, sui sanitari, sugli
infermieri e su tutto il personale.
Vi è poi la drammatica situazione
venutasi a creare collo sciopero. La polizia, dopo aver bloccato tutte le strade
di accesso, a loro volta presidiate da
una compagnia di carabinieri, ha fatto
irruzione armata di tutto punto nella
zona dell’ospedale ed ha iniziato il lancio di bombe lacrimogene per disperdere i dimostranti. Il lancio è stato così nutrito e disordinato che alcune di
di queste bombe sono entrate nel reparto pediatrico dove parecchi bambini sono stati colti da gravi segni di soffocamento. Essi sono poi stati appunto
trasferiti d’urgenza per evitare che la
cosa sfociasse in una tragedia. Il questore, di fronte alla contestazione di
questi gravissimi fatti ha testualmente
risposto a chi lo intervistava: « Ma
quali bombe... diciamo che un po’ di
fumo è entrato nelle corsie dalle finestre aperte... ». D’accordo che a Catania
a fine gennaio fa meno freddo che a
Torino o a Bolzano, ma anche là non
è che si scoppi di caldo...
E giusto che l’opinione pubblica si
indigni e protesti per l’arresto in Cecoslovacchia del giornalista Valerio
Ochetto e soprattutto per il fatto che a
distanza di tanti giorni (mentre scriviamo sono 25) non si siano ancora potute sapere le cause esatte del suo fermo;
ma è altrettanto giusto protestare e
indignarsi contro certi metodi che, oltre a esasperare gli animi, costituiscono una copertura violenta a un sistema
politico-sociale che si dimostra sempre
più incapace di assicurare al cittadino
quei servizi e quelle previdenze essenziali alla vita di un paese civile.
Roberto Peyrot
Echi de Ila settimana
a cura di Tullio Viola
DISGELO FRA
UNIONE SOVIETICA E GIAPPONE
I profondi cambiamenti che vanno delincandosi nella politica internazionale, preoccupano il Cremlino.
Nella grande partita impegnata in Asia per far fronte ad un riavvicinamento cino-americano (possibile e anzi probabile, v. guerra indopakistana),
il Cremlino vuol « “contenere” una Cina
diventata membro, ufficialmente con
pieni diritti, della comunità internazionale. Gli è sembrato, in proposito,
d’aver fino ad oggi trascurato un problema: quello della normalizzazione e
conseguente attivazione dei rapporti
con Tokio, per completare così l’opera
di seduzione già intrapresa verso l’India, il Bangla-Desh e il Nord-Vietnam.
Questa deficienza è ora riparata dalli
visita ufficiale, durata sei giorni, che
il ministro Gromiko ha fatto al Giappone. Il comunicato riportato il 28
gennaio da Gromiko, rientrato a Mosca, annunzia infatti l’apertura di negoziati, entro il 1972, per la conclusione d'un trattato di pace fra i due Stati: l’inizio d’un “disgelo” atteso da
molto tempo.
Dalla seconda guerra in poi, tutti i
tentativi per avviare una qualunque
discussione su tale trattato, si erano
infranti contro alla volontà giapponese di ricuperare le Curili del Sud, isole annesse dall’URSS nel 1945. Di queste particolarmente le isole di Kunashiri e di Shikotan, oltre all’arcipelago
di Habomai, sono situate così vicino
all’isola giapponese di Hokkaido, che la
sorveglianza dei guardacosta sovietici
causa grave disturbo ai pescatori giapponesi della regione.
Nel momento in cui Washing'on rinunciava ad esercitare la propria sovranità sull’isola di Okinswa, Tokio
non poteva che irrigidirsi nelle proprie rivendicazioni sulle itole Curili ed
insistere che tale questione venisse legata a quella del trattato di pace. Il
fatto che i negoziati sul trattato avranno inizio, fa pensare che il “no” (il
famoso “niet”) del ministro sovietico
degli esteri, sullo statuto delle isole,
non è più tanto categorico.
La questione si profila tuttavia molto imbarazzante per Mosca, p:rché il
cedere alle rivendicazioni giapponesi
significherebbe aprire implicitamente
una breccia nel rifiuto as.o'uio che
TURSS ha sempre opposto a le rivendicazioni territoriali cinesi (...).
Il comunicato nippo-sovietico non
fa alcun accenno alla Siberia, la quale tuttavia è stata al centro delle discussioni di Tokio, fra Gromiko e sopratutto il giapponese Tanaka, ministro del commercio e dell’industria.
Il progetto di sfruttamento, in comune, degli enormi giacimenti di petrolio
del Tiumen, nella Siberia orientale, con
la costruzione d’un oleodotto fino al
porto di Nakodka, di fronte al Giappone, permetterebbe a questo di ricevere
rifornimenti annui dell ordine di 50-80
milioni di tonnellate di grezzo, a partire dal 1975. Ma la rea'izzazione di un
tale progetto verrebbe a co tare I miliardo di dollari, somma a>la quale il
Giappone non sembra disposto ad aderire. Ora il Cremlino non vorrebbe
dare il via al progetto senza l’impegno
incondizionato e sicuro s a del governo di Tokio, sia delle i id istrie private giapponesi, ad una congrua partecipazione. Ma c’è di più: il Crimlino
Il ghetto dei giornalisti stranieri
in Russia
si opporrebbe anche, per ragioni di
sicurezza militare, all’invio fin d’ora di
esperti giapponesi nelle varie località
siberiane. Ciò è bastato perché le autorità giapponesi non si compromettessero in alcun modo.
La questione della cooperazione economica fra i due Stati in Siberia, è di
quelle che rischiano di rendere ancor
più difficile una norma’izzazione dei
raparti fra Tokio e Pechino. I dirigenti giapponesi non possono permettersi
di rinforzare troppo la posizione delrURSS in Asia, ma solo di trar profitto dall'interesse che l’URSS rivolge
a loro: ciò per meglio equVibrare i
propri rapporti coi due giganti comunisti. La posizione di Tokio, nella nuova partita che si sta per giocare nel
continente, è dunque altrettanto favorevole ''he delicata ».
(Dall’articolo di fondo de « Le Monde » del 29-l-’72).
Certo il Cremlino è preoccupato. Ma
il resto del mondo, che assiste con stupore ai grandiosi eventi storici che
stanno profilandosi aH’orizzonte, non
lo è di meno!
GLI EREDI
DI RICCARDO WAGNER
if- Formano una famiglia imponente,
tipica dell’alta borghesia mitteleuropea
in fase di piena decadenza. Vive ancora
la nuora di Riccardo, l’inglese Winifred
(n. 1897) che ebbe ottimi rapporti,
d’amica e ammiratrice, con Hitler. Vivono le due figlie di questa: Verena
n. 1920, sposata con due figli) e Friedelind (n. 1918, nubile); vive uno dei
suoi due figli: 'Wolfgang (n. 1919, sposato con due figli). L’altro figlio Wieland è
morto nel 1966, lasciando la vedova
Gertrud con quattro figli. La vedova di
Riccardo, la famosa Cosima figlia di
Franz Liszt, morì nel 1930 a 93 anni.
La famiglia non sarebbe interessante,
se le sue vicende non fossero tipicamente indicatrici d’un certo costume,
un po’ come quelle dei Buddenbrook
(narrata nel celebre romanzo di Thomes Mann). « Una famiglia impoverita
vuol sostenere un’impresa (la gestione
del teatro della città di Bayreuth), che
senza contributi diretti da parte dei
concittadini sarebbe nell’assoluta impossibilità di esistere. (...)
Il libero contributo pubblico da parie della città di Bayreuth fu sempre
molto generoso, disposto a finanziare,
senza possibilità d’indennizzo, i successivi ampliamenti dei beni immobili dell’impresa Wagner. Come in pochi altri
casi, anche le autorità di Monaco di Baviera (...) hanno sempre ritenuto l’impresa, che fino ad oggi era esclusiva
proprietà della famiglia, una “fondazione" pubblicamente controllata. (...)
Di tutti i beni che verranno incamerati dallo Stato della Germania Occidentale, solo l’Archivio ha un effettivo
valore commerciale, valutato (secondo
una stima approssimativa della Biblioteca di Stato di Monaco) a circa 15 milioni di marchi ».
(Da « Stern », settimanale di Amburgo, n. 5 del 23-1-1972).
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 - 8/7/1960
Il recente processo Bukovsky, coronato da una pesante quanto precipitosa condanna, era diretto più contro i
giornalisti occidentali e i loro mezzi di
informazione, che contro la resistenza
interna. Branco Lazitch, redattore della rivista « EST-OVEST » di Parigi, autore di una monumentale Storia dell’Internazionale comunista e titolare
di un dottorato in scienze po'itiche all’Università di Ginevra, ri'e isce sulle
sue esperienze dirette in proposito, su
« La Tribune de Genève » (20 gennaio).
Già prima del processo Bukovsky
due corrispondenti occidentali Pei
pert dell’Associated Press e Waller
della Reuter, erano stati severamente
invitati dalla polizia politica a non riferire notizie « tendenziose » sulla
Russia. Un altro giornalista, William
Cole della Columbia Broadcasting System, che era riuscito ad ottenere una
intervista da Bukovsky in uno dei suoi
rari rnomenti di libertà, è stato espulso. L Istituto Internazionale della
Stampa, con sede a Zurigo, ha d’altra
parte dichiarato che «la situazione dei
giornalisti stranieri in Russia si è deteriorata a tal punto che un qualsivoglia incontro con un semplice cittadino sovietico deve essere considerato
carne un fatto eccezionale y>. Il ghetto
dei giornalisti stranieri a Mosca è perfettamente organizzato, sia sul piano
materiale che su quello morale. Sul
piano materiale, essi devono abitare
m quartieri stabiliti dalla polizia e
mrcondati spesso da reticolati, che li
isolano dai quartieri vicini. Gli edifici
di questi quartieri sono provvisti, già
in fase di costruzione, di tutto il necesario per lo spionaggio, ivi compresi microfoni in ogni stanza e apparati
registratori in cantina. I giornalisti
stranieri sanno che devono fare attenzione quando piantano un chiodo perché ri^hiano di sezionare uno dei numerosi fili dei microfoni sparsi un po’
dappertutto e di provocare quindi un
immediato controllo della polizia. Tutto il pCTsonale addetto ai quartieri dei
giornalisti è al servizio della polizia
politica e percepisce per questo un salario tre volte superiore a quello normale. Il controllo è così perfetto che
quando un giornalista straniero vuol
far fare una riparazione nel suo alloggio, invece di seguire la abituale lunga
trafila burocratica, telefona a un collega e gli racconta cosa non funziona
a casa sua: poco tempo dopo è sicuro
di trovarsi in casa il tecnico necessario, accompagnato ovviamente dalla
polizia. Un’altra linea di controllo c
costituita dal capofabbricato, che ha
ai suoi ordini un certo numero di agenti incaricati di sorvegliare le entrate
e le uscite degli abitanti; quando una
persona non residente si presenta in
uno di questi immobili viene subito interrogata e la sua scheda parte per la
Centrale di polizia. D’altra parte, se i
giornalisti vogliono uscire da Mosca,
devono chiedere (e non sempre ottengono) una formale autorizzazione. Anche in tal caso la loro vettura è controllata da posti di blocco fissi e mobili e se indugiano troppo tra l’uno
e l’altro di questi posti di blocco possono essere certi di vedere apparire
un motociclista della polizia, che viene a vedere cosa fanno.
Infine il controllo si estende a ciò
che i giornalisti dicono e scrivono: se
il testo è giudicato sfavorevolmente, il
giornalista si vede improvvisamente
privato dei mezzi di trasmissione, poi
convocato alla polizia e infine espul- Grazie! (continua)
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiKiiiiiiiiiiiiiiiiMiiin'iiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Il Premio Kalinga a Margaret Mead
Un anfropologa in lotfa confro il razzismo
so. Recentemente il corrispondente di
un giornale parigino ha scritto che
Breznev viaggia in Rolls Royce, cosa
nota a tutti; cionanostante è stato invitato a togliere la notizia dalla sua
corrispondenza, che in ogni caso andava solo all’estero, e minacciato di
espulsione. In casi più gravi viene addirittura chiuso l’uificio o la rappresentanza dell’agenzia di informazioni
colpevole. I giornalisti si sono talmente abituati a questo sistema o!.ie finiscono col trovarlo almeno inevitabile,,
se non normale, mentre normale non
è di certo. Essi finiscono cioè con l’essere condizionati, anche moralmente^
dalla pressione poliziesca. ■'
Si è dato tuttavia il caso di unp
aperta resistenza coronata da succdsì
so: il corrispondente permanente dorila «Neue Zürcher Zeitung» aveva sc;^!^
to una serie di articoli giudicati pòco
favorevoli dalla censura sovietica ed
era stato di conseguenza minacciato
di espulsione. Il Ministero degli Affari Esteri svizzero, prima che la misura fosse attuata, fece sapere all’omologo russo che, in caso di espulsione
del corrisponderne della « Neue Zürcher Zeitung », sarebbero stati espulsi dalla Svizzera tutti i giornalisti russi, veri o falsi, che risiedono a Berna
e Ginevra. Risultato: il giornalista svizzero è sempre a Mosca e trasrtiette,
entro certi limiti, quel che gli pare..
...........
Andrej Amalrik, Viaggio involontario in Siberia, Coines, Roma, 1971, pp. 295, L. 3000.
Cronaca di due anni di prigionia siberiana
per « dissenso solitario », La vicenda viene
riferita dalFA. con fredda precisione e la descrizione accurata di ambienti, situazioni e stati d’animo dà un’immagine della realtà kolchoziana molto diversa da quelle stereotipate e
ufficiali. Non è solo un diario di prigionia, ma
un saggio di vita sovietica.
lllllllllllllllllllllllllllllIIIIMIIIIillllllllllllllllllllllllllllllll
Doni pro Eco-Luce
Da Torino: Anita Mathieu Eynard L. 1.500;
Clementina Malan 500; Arturo Coucourdè
1.000; Giovanna Marietti 500; Alessandro
Foriero 1.500; Albina Peyronel 500; Enrico
Mariotti 1.000; Federico Balmas 1.500; Carlo
Beux 500; Maria Jon Scotta 1.000; Elsa Ricca 500; Luisa- Pons ■ 500; Federico Pagliani 500; Clotilde Brachet 500.
Da Luserna S. Giovanni: James Gay 500;
Clelia Girardon 500; Franco Bonnet 500; Luin Peyronel 1.500; Linda Scaccioni 1.500;
Placido Mondon 500; Aurora Albarin 1.400.
_ Da Roma: Manlio Gay 1.500; Ida Mantiea
.»00; Eros Lala 1.500; Henri Albert Wirth
6.500; Franco Michelangeli 3.500.
Enrichetta Clot, Riclaretto 500; Irma Clot
vcd. Griglio, Riclarétto 500; Americo Maurizio, Tradate 500; Fulvio Resburgo, Aosta
l.oOO: Anna Maria Vallone, Latina 500; Marcello Pons, Perosa 500; Bruno Prelato, Perosa 1.500; Maria di Paolo, Aitino 1.000; U<ro
Paschetto. S. Secondo 500; Delfina Pascal, San
Secondo 500; Caterina Forneron Stalle, Bricherasio 500; Pietro Bettoni, Bergamo 1.500;
Gaspare l.iichsinger, Bergamo 500; Nicola
Spremolla. Lido di Camaiore 1.500; Irene
Proietti Bounous, Rivoli 500; Ida Berti Wälder, Cuneo 500; Enrica Arena Nuzzi, Catania 500.
Coop. Tip. Subalpina - Torre Pellice (Torino)
Il Premio Kalinga di divulgazione scientifica è stato attribuito per la prima volta a una
donna: infatti al principio di dicembre l’antropologa americana Margaret Mead lo ha
ricevuto dalle mani del Direttore generale del1 UNESCO, René Maheu, nella sede delPOrganizzazione, a Parigi.
Di un ammontare di mille sterline (circa
un milione e mezzo di lire), il Premio Ralinga e conferito annualmente da una giuria internazionale nominata dalPUNESCO. Tale giuria era costituita quest’anno da un danese, il
prof. Mogens Pihl, del Laboratorio di fisica
deirUniversità di Copenhagen, da un indiano, il prof. Daulat Singh Kothari, presidente
della Commissione incaricata deirattribuzione
delle borse universitarie, e da uno jugoslavo,
il biologo Branko Zezlj : alPunanimità essi
hanno indicato la signora Mead.
Nata il 16 dicembre 1901 a Philadelphia,
Margaret Mead ha compiuto gli studi alTUniversità Columbia di New York, dove nel 1929
ha conseguito il dottorato in filosofia. Fra i
suoi lavori più noti citiamo Costumi e sessualità in Oceania^ pubblicato nel 1928 in seguito a un soggiorno nelle isole Samoa; L'uomo e
Valtro sesso; fra i più recenti : Il fosso fra le
generazioni (N.d.r. ; ricordiamo che M. Mead
è stata fra i relatori alla Assemblea del CEC,
a Uppsala, ed è suo il giudizio secondo cui in
misura crescente gli adulti sono e saranno
come una colonia di stranieri in un mondo
nel quale i giovani stanno diventando una
maggiornaza sempre più forte); L'antropologia
come scienza umana c infine Rai on Race
{Scontro sulla razza, 1971), un dialogo con
lo scrittore nero James Baldwin.
n Premio Kalinga è una delle numerose
attività con cui TUNESCO si sforza di diffondere le conoscenze scienlifiche nel mondo.
Creato nel 1951 dall’ industriale indiano
Bijoyanand Patnaik, porta ii nome dell’impero fondato ventidue secoli fa da Asoka, uno
dei primi sovrani che abbia sostenuto la coesistenza pacifica. Il primo premiato è stato nel
1952 il fisico francese Louis de Broglie, L’anno seguente il premio è stato attribuito al biologo inglese Sir Julian Huxley, che fu il primo direttore generale delPUNESCO; fra gli
altri che seguirono, Jean Rostand, Bertrand
Russell, Konrad Lorenz.
(Inf. Unesco)
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