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Anno 114 - N. 6
10 febbraio 1978 - L. 200
Spedizione in abbonamento postale
1° Gruppo bis/70
BIBLÍOTiíCA VALDESE
10066 TOBRE PEI LIC E
delk valli valdesi
EDUCAZIONE CRISTIANA ALLA FEDE
fi-.
è,
f5j.
Quale risposta della chiesa
alia rinuncia delie famiglie?
La chiesa deve sostituirsi alla casa, deve diventare la casa della fede
se l’altra è solo la casa del vitto e dell’alloggio
La religione si può « insegnare », la fede no. Si possono insegnare delle verità, dei modi di
agire, di comportarsi, di pensare
ma non si insegna una convinzione e la fede è invece una convinzione personale, una responsabilità che uno deve prendere
davanti a Cristo ed alla propria
vita e che nessuno può prendere
al posto nostro.
Questo è ormai chiaro a tutti
i cristiani, di tutte le chiese; nessuno pensa più che obbligando la
gente la si può far diventar cristiana, tutti sanno, per esperienza, che la fede nasce solo nella
libertà.
C’è però il risvolto della medaglia; come si può arrivare alla
fede senza essere aiutati, guidati
da qualcuno? La fede non è una
invenzione, è una convinzione, ma
si è convinti di qualcosa quando
se ne sente parlare, quando si incontra della gente che vive e pen-sa ia un certo modo e dice certe
cose.
E’ da molti anni che nelle chiese cristiane si va dibattendo questo problema e l’ordine del giorno del Sinodo 1977 si inserisce
in questa ricerca e parla giustamente di « educazione cristiana
in vista della fede » e non di
« educazione religiosa » o di « istruzione religiosa » ma il problema resta aperto: se la fede
non si comunica, non si trasmette, non si dà e d’altra parte se bisogna prepararla cosa bisogna
fare?
Ci sono a questo riguardo due
posizioni. Da una parte c’è chi
dice; l’esempio è tutto; inutile
parlare, insegnare fare discorsi a
dei ragazzi o a degli adolescenti,
si deve vivere la propria fede da
persone convinte e soltanto in
quel caso, vedendo cioè una fede
vissuta, uno si sente invogliato a
credere.
L’esempio, si dice, lo possono
e debbono dare in prima luogo i
genitori, sono quelli che vivono
più a contatto con i propri figli,
tutti gli altri, monitori, pastori
conoscenti possono fare poco. Si
potrebbe dire da questo punto di
vista che la fede « nasce in casa ».
Vi è indubbiamente molto di vero in questo; tutti conosciamo
per esperienza la situazione di
quei ragazzi a cui si parla di
chiesa, di bibbia, di fede, di Cristo, del culto, della comunità ecc.
e che hanno in casa l’esempio di
una totale indifferenza; ragazzi a
cui i genitori insegnano con il loro comportamento (e qualche
volta anche con le loro parole)
che non vale la pena di darsi da
fare per quelle cose che sono tutte storie.
Ma se la fede nori nasce in casa
cosa si fa? Si lascia perdere? Si
chiude il capitolo? La comunità
non ha nessuna responsabilità,
non può fare nulla? Pensiamo di
sì; la chiesa deve sostituirsi alla
casa, deve diventare la casa della
fede se quell’altra è solo la casa
del vitto e dell’alloggio.
Resta da vedere come è possibile.
C’è invece l’altra posizione, di
quelli che dicono « la Chiesa, i
pastori, i maestri, la scuola ed
anche i genitori devono insegnare e qualcosa resta sempre ».
L’esempio non basta, non si possono capire le cose se non si insegnano; quando si insegna sem
bra che non ci sia nessun risultato ma poi alla lunga viene sempre fuori qualcosa, comunque è
sempre meglio di niente.
È chiaro che secondo questo
punto di vista l’insegnamento lo
debbono dare le persone adatte,
gli specialisti in qualche modo,
non chiunque, spesso neppure i
genitori stessi.
Anche in questa posizione c’è
qualcosa di vero; tutti si rendono conto che la spiegazione di
molti passi della Bibbia, i problemi della fede, e spesso anche
le questioni della chiesa richiedono ' preparazione, competenza,
studio; non ci si improvvisa ca.techisti o predicatori. Come è
cambiato l’insegnamento nelle
scuole è cambiato anche l’insegnamento nelle comunità. Ma-se
a questo insegnamento i ragazzi
non partecipano, se non assimilano, se non si vede qualche risultato che si fa? Si va avanti per
forza d'inerzia, si torna-ai metodi di una volta, si cambia qualcosa? Noi pensiamo che molto si
deve e può fare per un insegna■menfo che prepari alla fede. Vediamo in sintesi cosa (tutti temi
di riflessione su cui naturalmente varrebbe la pena di riflettere
più a lungo).
a) Bisogna anzitutto sradicare l’idea che l’insegnamento vale solo per gli anni dell’infanzia.
Da piccoli si impara a credere e
quando si è creduto si vive di
rendita. Non c’è differenza davanti a Cristo fra uno di 14 ed
uno di 40 anni: tutti devono imparare. Le chiese americane lo
hanno capito e fanno lo studio
biblico per piccoli e grandi.
b) Bisogna inserire i ragazzi
in un contesto di ricerca comunitaria, rompere la divisione in categorie: giovani, vecchi ;' donne,
bambini ecc. L’apprendiménto alla fede si ottiene in un dibattito
comùne, fraterno,- ainpio, in uno
scambio. Si cresce confroiitandosi con l’esperienza altrui, dei genitori o di altri fratelli.
c) Bisogna infine che la comunicazione con i ragazzi sia il
meno scolastica possibile; il catechismo deve essere una scuola
di vita, di pietà, di esperienza più
che di materie intellettuali.
Con questo non intendo dire
che bisogna studiare di meno e
discutere/,dj piùiebi®o^®r'imparare meglio e cose attinenti alla
fede; bisogna imparare a riflettere, a pregare, a leggere la Scrittura, ad esprimersi ed a rispettare gli altri in riferimento a Cristo.
La comunità deve comunicare
l’Evangelo ed insegnare a credere ma per farlo occorrerà che impari lei stessa molte cose!
G. Toum
EL SOMBRERITO
S. GUSTAVO
S. CARLOS
brasile
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BELGRANO •
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FRAY bentos ' N. VALDENSE
N. PALMIR^ DOLORES
ESTANZUEp ^ OMBUES^DE LAVALLE
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• ^COLONIA VALDENSE
COLOf^^S«_» »COSMOPOLITA
BUENOS^RE
argentina
• COL. IRIS
6. BL/.NCA
Le chiese valdesi
in America Latina
Buenos Aires: In una sala della Facoltà di teologia durante un seminario condotto dallo studioso protestante Jürgen Moltmann
Messaggio del Sinodo 1977 alle comunità italiane
Il Sinodo, dopo aver ascoltato U messaggio del
moderador iWdfrido Artus e aver preso conoscenza
degli atti della 13“ sessione sinodale rioplatense,
richiama l’attenzione delle chiese sulla difficile situazione in cui vivono le chiese valdesi nella regione rioplatense. ...
È un dovere fraterno non soltanto esprimere solidarietà nell’intercessione, ma anche imparare a conoscere i fatti e le situazioni come cose che ci concernono direttamente. È possibile che molti tra noi
considerino con indifferenza o non si curino di sapere che cosa succede in Uruguay e in Argentina:
occorre invece ricordare che i nostri fratelli sono
chiamati a render la loro testimonianza di fede in
situazioni che dobbiamo imparare a valutare esattamente e che l’unità delle nostre chiese si manifesta
anche nella compartecipazione delle loro preoccupazioni e alla loro ricerca di fedeltà alVEvangelo.
Dalle informazioni ricevute risulta che comincia a farsi strada la coscienza che le chiese sono
corresponsabili della situazione sociale e politica
dei loro Paesi. Questo costituisce un serio ammonimento per noi tutti: non si può restare in un cantuccio, lasciando che il mondo vada secondo la sua
strada, contentandoci di vivere la nostra vita spirituale e comunitaria tra noi. Siamo anche noi corresponsabili della storia di questo mondo, nel quale
siamo chiamati ad affermare la realtà nuova del Regno di Dio.
Poiché la prossima sessione sinodale rioplatense
si aprirà, a Dio piacendo, la domenica 19 febbraió
1978, il Sinodo invita le chiese a dedicare la commemorazione del 17 febbraio alla preghiera e all’informazione sulla vita e sulla situazione delle chiese vaidesi rioplatensi, dedicando altresì una colletta per la
Mesa Vaidense, quale segno concreto di fraternità.
Al centro della riflessione deile chiese
in occasione del XVII febbraio l’informazione
sulla vita delle comunità valdesi e metodiste
che vivono in Argentina e in Uruguay,
due paesi in cui le libertà civili e politiche
sono calpestate dalla
dittatura militare.
A questo tema proposto dal nostro Sinodo
dedichiamo le due pagine centrali.
La prima e seconda pagina aprono invece
la riflessione sul tema « educazione
cristiana alla fede ».
2
10 febbraio 1978
RELAZIONE DELLA COMMISSIONE SINODALE
L’educazione cristiana
in vista della fede
a colloquio con I lettori
« Educazione cristiana in vista della fede... » : proposito attuabile? in quale forma? in quale misura? E come inserire tale
discorso nel quadro più vasto e
piuttosto delicato del rapporto
fra le varie generazioni?
Tavola valdese e Comitato
permanente, in base a una decisione sinodale, hanno nominato, per lo studio di questo problerna, una Commissione così,
costituita : Giorgio Girardet,
presidente ; Massimo Aquilante ;
Luciano Cirica; Leda Rocca;
Sergio Rostagno; Aurelio Sbaffl. Le prime riunioni della Commissione sono state dedicate ad
alcune riflessioni preliminari sulla funzione pedagogica della
chiesa, a un’analisi della situazione attuale e dei modi attraverso cui la chiesa si esprime,
alla formulazione di un’ipotesi
di lavoro concreto.
Per orientarci in modo organico nella complessità del problema, si è creduto di poter evidenziare tre precisi centri di
interesse :
Scuola domenicale - catecumenato - gruppi giovanili.
1 ) Scuola Domenicale
Il settore gravitante attorno
alla Scuola domenicale è oggetto di attenzione e di particolare cura da parte del Consiglio
nazionale delle Scuole domenicali e del Servizio istruzione ed
educazione della F.C.E.I. con la
rivista « La Scuola domenicale »
e con il materiale didattico. La
attività svolta da questo servizio è senza dubbio un efficace
punto di riferimento per i monitori. Si pensa tuttavia che le
pagine della rivista dedicate al
programma potrebbero offrire
un prezioso aiuto anche ai genitori, se presentate in modo che
se ne rendesse più agevole la lettura e la consultazione.
Per quanto riguarda il sistema
catechetico, ci si è soffermati a
considerarne uno degli aspetti
meno positivi : la tendenza all’isolamento. Infatti in tale sistema
risulta trascurato il rapporto tra
Scuola domenicale e Scuola pubblica, che dovrebbe invece essere tenuto presente per il duplice ruolo in cui vivono gli alunni nell’una e nell’altra istituzione.
2 ) Catecumenato
Per tale settore mancano un
collegamento a livello nazionale
e una conoscenza di come questa
attività venga svolta nelle varie
comunità locali. L’età dei ragazzi che frequentano le lezioni di
catecumenato si è notevolmente
abbassata in questi ultimi anni:
i problemi relativi compietamente differenti da quelli del
passato, potrebbero forse esse
oggetto di studio dal Servizio
istruzione ed educazione.
3) Gruppi giovanili
Parte di essi aderisce alla F.
G.E.I. e ne segue gli studi e le
attività culturali. Altri gruppi,,
PROTESTANTESIMO IN TV
Il programma di domenica 5 ha
voluto proseguire il discorso sull’educazione alla fede (tema sinodale dell’anno) cercando di offrire
una risposta airallontanamento dei
giovani dalla chiesa. Brevi ma efficaci interviste ad alcuni giovani allontanatisi dalla chiesa hanno sottolineato alcuni motivi di questo elistacco e in particolare: il disimpegno politico della chiesa, la comunità che vive come un ghetto,
demi canti dei bambini di quella
scuola, s’è sentito sullo sfondo l’im-.
mancabile « Grazie » ormni trito e
ritrito! In studio, Luciano Lirica e
Leda Rocca pungolati da Aldo G>mba (e questa volta ha punzecchiato
non poco per evitare l’afflosciarsi
del dibattito) hanno sostanzialmente detto che se i giovani non si trovano bene nella comunità la colpa
è della comunità che non impegnandosi sufficientemente a portare
/giovani e la chiesa
la schizofrenia tra la teoria («ideali
di giustizia e fraternità ») e la pratica dei cristiani. Gli intervistati
hanno tuttavia attribuito all’educazione protestante sia una valenza
positiva sia una capacità critica insostituibile (e qui l’intervistatrice
poteva approfondire anziché passare oltre). Un successivo filmato ha
presentato, a grandi linee, il lavoro di una Scuola Domenicale con
alcune precisazioni tecniche (il metodo delle sequenze) spiegate con
chiarezza dal responsabile del settore : Franco Girardet. Nella scuola domenicale presa in esame, tuttavia, si aveva l’impressione che
tutto filasse liscio come l’olio. Non
sono emersi problemi di socializzazione o difficoltà nella trasmissione
della fede. Meglio così ma quando
per es. s’è parlato dei nuovi mo
e a vivere il messaggio di Cristo
nella storia, perde la solidarietà di
chi vuole, come i giovani vogliono,
l’autenticità di una fede vissuta
senza timore dei rischi implìciti.
Forse qui bisognava chiarire che
cosa s’intende per comunità; in
fondo conta chi è presente e non
chi sta a guardare, da lontano, come si muove il popolo di Dio. Leda
Rocca ha fatto notare che il problema concernente l’allontanamento dei giovani dalla chiesa è sempre esistito ed è anche una questione di linguaggio e di rapporti
fra generazioni.
In sostanza il dibattito in studio
non ha sufficientemente valorizzato
le interviste del filmato che hanno costituito la parte più viva dell’intera trasmissione.
g- P
organizzati in modo più o meno
autonomo, non aderiscono Q sono opposti ad essa.
Il legame con le comunità
non è sentito sempre come fatto
essenziale.
La Commissione, nella ricerca dei motivi per cui tanti giovani vanno progressivamente distaccandosi dalle Comunità, ha
ritenuto utile promuovere alcuni incontri-dibattito con giovani
che mantengono tm atteggiamento più o meno « critico »
nei confronti della chiesa e ne
sono scaturite considerazioni
quanto mai vivaci e stimolanti
assieme a indicazioni di grande
interesse. Ci sembra utile mettere in risalto alcuni elementi
positivi emersi da tali conversazioni: il legame che pur sempre rimane con l’istruzione impartita nella chiesa, l’incidenza
della conoscenza biblica nell’ambito della cultura personale
e conseguentemente nel rapporti
con l’ambiente non religioso.
Sono stati oggetto di critica
da parte dei giovani il carattere autoritario con cui vengono
presentati i fatti biblici, un insegnamento troppo dogmatico
che non lascia spazio al dialogo, ima chiusura della comunità
ai problemi giovanili; è stata
denunciata la mancanza di credibilità da parte della comunità, è stato sinceramente ammesso un crollo di interesse verso
la realtà ecclesiale e verso le
attività che continuano tradizionalmente ad essere proposte.
Indicazioni operative.
Nell’esporre queste s.ue prime
riflessioni, la Commissione invita le Comunità a seguire la
trasmissione televisiva di Protestantesimo prevista per il 6 febbraio, -che sarà dedicata particolarmente al problema dell’at-,
teggiamento s critico dei giovani
nei confronti della chiesa.
Invita inoltre le comunità a
partecipare attivamente a un dibattito nelle pagine del nostro
settimanale Eco-Luce sul problema dell’educazione cristiana.
Questo dibattito può aiutarci a
trovare nuove forme di testimonianza per una più autentica
trasmissione della fede da parte dei genitori verso i propri figli e in forma più ampia da
parte degli adulti verso i giovani.
Invita infine le Comunità a
organizzare incontri di studio o
a formulare questionari sul problema "educazione e fede" con
preghiera di farne conoscere i
risultati attraverso il nostro settimanale o scrivendo direttamente alla Commissione.
AS/26 - Educazione e fede
Via Firenze 38 - 00184 Roma
INTESE
Perviene notizia che ii
4 febbraio la delegazione
nominata daila presidenza del Consiglio e quella
nominata daUa Tavola
Valdese hanno concluso 1
lavori per l’intesa fra Io
stato e le chiese metodiste
e valdesi.
La Tavola diffonderà al
più presto il testo delie intese.
Nel rapporto educativo tra generazioni
// Sinodo, constatato che il dibattito svolto negli scorsi anni sui temi della riforma della
chiesa, della cultura cattolica in Italia e su
fede e politica ha rappresentato per le nostre
chiese un momento di maturazione per la comprensione della nostra testimonianza evangelica
nella società, ritiene che tale dibattito vada continuato e approfondito;
constatato d'altra parte che altri settori delle
nostre chiese vivono in prima persona in modo
urgente i problemi della responsabilità dei genitori
nella testimonianza e trasmissione della fede verso
i loro figli e più in generale degli adulti verso i giovani;
preoccupato di restituire al Sinodo la funzione
di orientamento e di guida nei confronti delle
chiese,
invita la chiese a mettere al centro della loro
riflessione per il prossimo anno ecclesiastico, negli
incontri comunitari e se possibile nelle riunioni di
circuito e nelle conferenze distrettuali, anche il tema dell’educazione cristiana in vista della fede nel
quadro più vasto del rapporto educativo fra le generazioni;
invita la Tavola a predisporre mediante apposita commissione uno schema di lavoro e successivi
interventi nel corso dell’anno;
suggerisce al servizio educazione della FCEI, ai
mezzi di stampa radio e televisione evangelici, di
sostenere e alimentare questa iniziativa e propone
che la prossima sessione dedichi uno spazio sufficiente a questi argomenti in vista di ulteriori indicazioni e direttive di lavoro da fornire alla Chiesa.
(Testo integrale deH’atto sinodale '11, n. 26; la Conferenza metodista ha fatto proprio il precedente atto con una sua delibera).
■ Si esprimano
i teologi
B Ho letto con interesse l’articolo di
Franco de Carli intitolato « Assassinio
su richiesta », pubblicato sul numero del 6 gennaio 1978.
Da vero cristiano, e da uomo moderno, l’autore non si pronuncia né in favore, né contro l’eutanasìa, problema
questo delicatissimo, che non può risolvere da solo un teologo, per quanto
elevato di mente, ma alla cui soluzione debbono contribuire medici, biologi
sociologi e così via.
Tuttavia, egli fa notare che, quando è il soggetto dell’eutanasìa — supjioniamo un malato che non può sopportare i propri dolori — che chiede
di essere disposto, questo è suicidio. E
da cristiano, vi si dichiara contrario,
al che io, da cristiano, sottoscrivo. Basta pensare, del resto, che già il paganesimo romano (nell’Eneide) lo condannava.
Ma c’è di più. Un nostro grande poeta, e grande filosofo, Giacomo Leopardi — non sospetto di cattolicesimo,
perché sempre stato materialista, nonostante la ferrea educazione cattolica ricevuta fa a proposito del suicidio una
osservazione profondissima ed originale, contenuta nel dialogo fra Porfirio e
Plotino, che si distende abbastanza a
lungo nel ragionamento, e con i cui
dettagli non voglio né portar via spazio a questo settimanale, né tediare i
lettori; ed è questa « Che gli animali
sono migliori degli uomini perché non
si suicidano ».
Con ciò non voglio mancar di pietà
a coloro che, oppressi daUe sofferenze,
chiedono la morte. Ma il principiò, cristiano ed italiano, anzi italianissimo
della condanna del suicidio, resta; e
su questo detto del nostro sommo poeta, amerei di conoscere l’opinione di
qualche valente teologo, che non deve
mancare a questo giornale.
Nella speranza di una pronta risposta, e ripetendoti, cara «Luce», i m^
gliori auguri, mi firmo tuo
Paolo Alvise Scarfoglio
■ Grossolano
fraintendimento
■ Il primo numero di quest’anno
contiene alla pagina 4 l’articolo intitolato « assassinio su richiesta », che
assolutamente non posso lasciar passare sotto silenzio, perché tergiversando
in questo modo grossolano la situazione, si intende diffamare la Svizzera.
Sia premesso che non nego il diritto
di criticare ciò che succede in Svizzera o altrove, ma l’asserzione che intendiamo permettere l’assassinio su richiesta è cosa priva di ogni fondato
motivo e inoltre una grave, immeritata
offesa all’intera Svizzera.
Chi ha scritto l’articolo mostra di
aver completamente frainteso il senso
del referendum (non so se in buona
o in mala fede), e alla Redazione non
posso risparmiare il rimprovero di
aver accettato questa pubblicazione con
la stessa leggerezza e superficialità della quale noi Svizzeri siamo accusati.
Mi sembra che prima di pubblicare
un articolo così offensivo verso una Nazione, codesta Redazione avrebbe avuto il dovere di informarsi presso fonti
competenti, tanto più che i buoni contatti con la Svizzera non le mancano
(forse che ora saranno guastati per
qualche tempo).
Il referendum intende unicamente
ottenere che in caso di malattia così
grave che si sia constatata l’assoluta
impossibilità di almeno parziale guarigione, al fine di togliere al paziente
atroci sofferenze o un lunghissimo stato di coma senza speranza — e nello
stesso tempo, togliere ai familiari il dolore di vederlo talmente soffrire, si
rinunzi a continuare inutili esperimenti, premesse le seguenti inderogabili
condizioni :
a) che il paziente abbia precedentemente, in forma di testamento scritto € quando sia stato ancora in pieno
possesso delle sue facoltà mentali, chiesto che si rinunzi ad inutili tentativi
di prolungare una cosiddetta vita od
uno stato di coma;
b) che più medici abbiano constatato la gravità della situazione (qualora
non esista un testamento del paziente,
spetterà a loro di seriamente indagare
quale sarebbe stato il suo desiderio).
Sarà anche a conoscenza di codesta
Redazione quel caso verificatosi in
America oltre un anno addietro, ove
una ragazza in stato di coma durante
lunghi mesi, nonostante le implorazioni dei familiari e tutte le proteste della popolazione perché la si lasci finalmente morire in pace, veniva tenuta
in cosiddetta « vita » a mezzo di nutrizione artificiale, chissà se per
sentimento di dovere o per desiderio
di abusare della vittima per esperimenti, o semplicemente perché una legge
vietava una soluzione umana.
Penso poi che questo referendum sia
anche stato provocato da un fatto verificatosi qualche tempo addietro in
un ospedale di Zurigo, ove il capo-medico aveva fatto sospendere il nutrimento artificiale a pazienti in condi
zioni assolutamente disperate; mentre
in un primo momento il caso faceva
gran clamore ed ij medico fu sospeso
nelle sue funzioni, dopo lunghi mesi
si veniva a più obiettivi ragionamenti
ed il medico fu riabilitato e riassunto.
Ora, se quel deprecato referendum
in Svizzera intende evitare simili tragedie, chiedendo la possibilità legale
di lasciar morire in pace una persona
che si trovi in queste condizioni —
sempre premesso che i punti a) e 6)
qui innanzi precisati siano adempiuti — si osa dire che questo lasciar
morire in pace sia nientemeno che assassinio!
Ammetto senz’altro che su questo
problema fondamentale le opinioni possano differire, ma parlare addirittura
di « assassinio » è una tergiversazione
grossolana, che non pensavo mai di
incontrare su un periodico all’alto livello de La Luce! Walter Fritz
Ringraziamo il Sig. Fritz per queste
sue importanti precisazioni e non
mancheremo di ritornare sulVargomento con una più accurata documentazigne. Nessuno comunque intendeva offendere la Svizzera e pensiamo proprio
che i buoni contatti che esistono tuttora non si siano guastati per il solo
fatto. che un lettore del settimanale abbia espresso il suo punto di vista (criticabile) su questo argomento che è indubbiamente, estremamente delicato.
Red.
B A ciascuno il suo
H Nella rubrica televisiva « Protestantesimo », trasmessa domenica 8
gennaio scorso, lo speaker è incorso in
alcune imprecisazioni circa le celebrazioni del 56° anniversario della comunità di Pozzuoli. Se non ho sentito
male, tale anniversario sarebbe stato
celebrato dai pastori (sic) Ulianich,
Maselli e Delle Donne. Ora, Ulianich non è pastore, ma docente universitario e cattolico di sinistra; Maselli
è si pastore, ma anche professore nell’Università di Firenze; e accanto a
questi due — come si legge ne « La
Luce » del 23.12.’77 — c’era anche
Giovanni Gönnet che, oltre ad essere
docente neU’Università di Bari, è pure
incaricato di storia valdese presso la
nostra Facoltà di Teologia di Roma. Se
non siamo precisi e completi nelle eose
nostre, come possiamo garantire di esserlo nelle cose altrui? D’altra parte,
la presenza a Pozzuoli di tre docenti
era giustificata dal fatto che le suddette celebrazioni volevano avere una ripercussione fuori delle anguste pareti
della chiesa locale : infatti, oltre alla
presentazione di un libro del Pastore
Umberto Delle Donne sulla storia della comunità puteolana fatta dal Prof.
Emilio Nitti e un dibattito sulla condizione giovanile organizzato dalla locale FGEI, vi fu anche una tavola rotonda suYVintolleranza religiosa durante il veìitennio fascista, ed essa ebbe
luogo nella Sala Consiliare di Pozzuoli
piena zeppa di autentico popolo: una
duplice notizia, questa, che avrebbe do.
vuto privilegiare proprio la rubrica
« Protestantesimo » per non incorrere
nel pericolo, sempre presente, di rinchiudere le nostre faccende nelle chiuse mura delle” nostre comunità! O è
già operante per l’esigua presenza protestante alla TV lo spirito del compromesso storico? Uno che c’era
Dalle Chiese - Napoli
Presenlala l’affivilà T. E.V.
• In una preannunziata e desiderata Assemblea tenuta il 18 dicembre per la presentazione, ed
eventuale dibattito, sulla T.E.V.
(Movimento Evangelico Valdese)
è apparsa nei più la scarsa o prevenuta conoscenza dei punti dichiarati nell’Atto di Costituzione; nelle «schermaglie» sono stati espressi dubbi o luoghi comu
ni già superati ai quali da tempo
hanno dato risposta i vari bollettini del suddetto Movimento;
è apparsa, tuttavia, una certa concordia nel sostenere che dai pulpiti non venga svolta politica
partitica, convinti della potenza
dell'unica e vera Buona Novella
che è « al di sopra di ogni filosofia o ideologia umana »
3
10 febbraio 1978
I MINISTERI NEL VALDISMO MEDIOEVALE
Dalla libera predicazione delia
parola al ministero gerarchico
Nessuna fonte autorizza a ritenere che anche i valdesi italiani condividessero la struttura gerarchica dei ministeri dovuta al fenomeno di « ricattolicizzazione » del ramo francese
Il ministero
della Parola
Fin dalla prima ora la protesta' valdese si distinse dagli altri movimenti pauperistico-laici
coevi per ij « ministero della Parola », rivendicando per ogni
credente, il diritto di accesso alla Parola di Dio in modo diretto, senza la mediazione ecclesia- ,
stica.
La situazione per i « poveri
di Lione » si evolse ben presto.
Intorno agli anni 1181 essi in risposta alla « proibizione » ed al
« non siete autorizzati » (Concilio Lateranense del 1179) rivendicarono per tutti i loro seguaci,
uomini e donne, il diritto di predicare liberamente « in virtù
della grazia, largitaci direttamente da Dio », e sentirono la
necessità di un ministero laico
ed itinerante quale preciso dovere imposto da Dio e non più
diritto concesso dagli uomini.
I « poveri di Lione » si consideravano « veri cattolici » e, influenzati daH’euricianesimo, che
paragonava il rifiuto della Chiesa ufficiale a quello della sinagoga fatto da Pietro, alle obiezioni della Chiesa di Roma che
rimproverava loro la mancanza
di « ordinazione », si limitavano
ad opporre il loro rifiuto con le
classiche parole dell’apostolo
Pietro; « bisogna obbedire a
Dio piuttosto che agli uomini »
(Atti 5: 29).
Meriti, mandato
ecclesiastico
e prime strutture
II problema: predicazione e
mandato ecclesiastico però non
tardò a porsi; già nel 1202 ca.,
secondo la testimonianza di Alano da Lilla, gli stessi Valdesi della Francia meridionale, ormai
considerati veri e propri eretici,
alla domanda: come mai osate
predicare sebbene « non siete stati inviati dalla autorità ecclesiastica superiore, oppure da
Dio? », rispondevano che qualora
la loro predicazione non fosse
stata reputata lecita dalla Chiesa ufficiale, ciò non avrebbe
cambiato nulla, in quanto si erano convinti che tale autorizzazione non viene conferita da uno
specifico mandato umano, ma
dal fatto, significante in sé, di
condurre una vita di povertà
apostolica.
Al sacramento dell’ordine si
opponeva ora la dottrina del
« merito ». Il problema è spostato: non si tratta più della
« liceità », bensì della indipendenza della predicazione laica e
della equiparazione tra laico
meritevole, uomo o donna che
sia, e che vive la povertà apostolica, e quella parte del clero che
non essendo corrotta veniva considerata degna di svolgere il
proprio ministero. A giustificazione del loro parere i poveri di
Lione citavano alcune precise
affermazioni dell’autorità ecclesiastica proibenti al sacerdote
concubino o in peccato mortale di dire messa, pregare ed ingnare.
Frattanto una qualche forma
di struttura si era resa necessaria; inoltre in seguito alle
scissioni del 1205, 1208 e 1210 i
due rami del Valdismo, il francese e l’italiano, si erano sviluppati in un certo senso ifidipendentemente. Nel colloquio avvenuto presso Bergamo nel 1218
per tentare la riconciliazione,
furono dibattuti sia il problema
della organizzazione del_ movimento che quello del ministero
regolarmente ordinato.
I francesi infatti effetturvano
una distinzione spirituale tra i
loro membri distinguendo i
« perfetti », cioè coloro che praticando la più rigorosa povertà
e vivendo di elemosina potevano predicare, dai semplici « credenti », ai quali era concesso
possedere beni materiali e finanziare i « perfetti », ma non eser
citare il ministero della Parola, ordina i presbiteri e i diaconi, e
Gli italiani invece, organizzati
in comunità operaie, avevano
dei rettori ufficialmente riconosciuti e, non reputando incompatibile lavoro manuale e predicazione non negavano ad alcuno
l’esercizio di quel ministero. Il
problema fu dibattuto a lungo,
ma alla fine si giunse ad un accordo pur di conservare la pace.
Gerarchia e ministeri
dopo Bergamo
Un documento del 1231 ca.
(Cod. latino vaticano n. 2648) ci
informa di un ulteriore sviluppo dovuto alla applicazione delle decisioni di Bergamo presso
i « poveri lombardi » o valdesi
italiani. I membri sono distinti
in « sandaliati » (dai caratteristici sandali calzati) e « credenti ». I primi osservano rigorosamente la povertà, possono
consacrare l’eucarestia come i
sacerdoti cattolici, sono chiamati anche « magistri », « sacerdotes », « rectores » ed esercitano funzioni direttive sulla comunità godendo del rispetto dei
« credenti"» i quali ubbidiscono
loro come a dei capi senza sollevare obiezione alcuna.
La direzione generale di tutta
l’opera era curata da un « concilium » o « capitulum generale » convocato una volta (o due)
all’anno, in Lombardia di solito, ed a cui partecipavano i
« perfetti » più anziani, tre o
quattro delegati dalla Germania e i rettori degli ospizi. I credenti, i perfetti più giovani, o
quelli di non provata e totale
sottomissione ai principi
del
li invia ai credenti ed ai loro amici delle diverse regioni affinché ascoltino le confessioni e
raccolgano le offerte. Ode inoltre il rendiconto finanziario delle entrate e delle uscite. (Bernardo Guy 1321 ca. Questo testo
però dipende dagli Atti della inquisizione di Carcassona).
Notiamo che l’accentramento gerarchico dei ministeri nelle
mani di un vescovo valdese, il
Mayoralis, non meraviglia affatto se si pensa che già verso la
metà del XIII sec. nell’ambito del
valdismo italiano, preoccupato
di dare una garanzia, istituzionale ai suoi ministri inserendoli
nella successione apostolica, era
sorta la leggenda della ordinazione di Valdo per mezzo della
imposizione delle mani da parte dei fedeli (Moneta di Cremona 1244); inoltre l’esclusione delle donne da quelle riunioni si
inseriva nella prassi corrente del
valdismo medioevalè dalla metà del XIII sec. in poi che non le
investì mai di cariche ecclesiastiche ufficiali né le ordinò o
consacrò mai diacono, presbitero, Mayor o Mayoralis. Nei limiti del sacerdozio universale
alle donne era riconosciuto il
dovere di testimoniare in privato della loro fede, ma non potevano amministrare la Cena del
Signore.
Il valdismo francese
del XIV secolo
Agli inizi del XIV secolo le
posizioni concilianti di Bergamo appaiono di nuovo irrigidite. Per i francesi vige ormai u
Linguadoca [Francia meridionale] marzo 1319-ottobre 1321),
l’ufficio della predicazione è riservato al Mayoralis, il quale
a sua volta può conferirlo ai
presbiteri. Egli, vero capo spirituale, ha ricevuto direttamente da Dio l’autorità della predicazione, quindi può predicare
in virtù di una autorità sua propria.
I tre ministeri: diacono, presbitero, vescovo sono riconosciuti mediante elezione da parte dei fedeli riuniti in assemblea, secondo un rituale ben preciso. Il primo grado ministeriale è il diaconato.
Compito dei diaconi è provvedere ai . bisogni materiali dei ministri, ma non è loro permesso
esercitare alcuna delle funzioni
specifiche del ministero pastorale, non possono udire le confessioni né distribuire il « corpo
del Signore », possono leggere
l’Evangelo nelle Chiese ma di s^
lito non esercitano tale potestà.
Il presbitero o anziano è il confessore ufficiale della comunità.
A lui si rivolgono sia il Mayoralis che gli altri presbiteri, i
diaconi ed i credenti tutti, ed
egli ha autorità di assolverli dai
loro'peccati e di imporre penitenze. Non può però consacrare l’eucarestia. Solo il Mayor (o
vescovo) può giudicare i casi
disciplinari più delicati e oltre
alla autorità, che gli è propria,
di predicare e di autorizzare altri a predicare, ha la potestà dì
amministrare il sacramento dell’ordine e di consacrare e distribuire gli elementi della Santa
Cena. Egli ha dunque un vero
primato di giurisdizione. Sui
Mayores o vescovi ha autorità
il Mayor omnium o Mayoralis,
più arcivescovo cattolico che attuale Moderatore Valdese.
Verso la Riforma
Nessuna fonte ci autorizza però a concludere che anche i vaidesi italiani condividessero in
pieno tale strutturazione gerarchica dei ministeri dovuta ad
un chiaro fenomeno, di ricattolicizzazione e caratteristica di
quel ramo francese del valdismo medioevale che scomparirà
nel corso del XIV secolo o al
più tardi agli inizi del XV. Anzi
il Morel nel suo carteggio con
i riformatori sembrerà ignorarla.
Tralasciando per ovvi motivi il
problema delle influenze Boeme sulla dottrina dei ministeri
presso i Valdesi e preso atto che
le fonti del XV secolo non aggiungono molto a quanto già
detto, noteremo solo alcuni aspetti dottrinali nuovi registrati tra i Valdesi di Paesana (Errores Valdensium. in Paesana...
1510). Distinguendosi dai loro
confratelli di altre regioni, essi
infatti rivendicano il sacerdozio
universale e, annullando nella
teoria come nella prassi o^i
differenza sostanziale tra i laici
e i ministri, non scorgono alcuna incompatibilità tra matrimonio e perfezione. Sostengono
inoltre che tutti gli aderenti al
loro movimento possono predicare ed espletare fùnzioni sacerdotali e che i laici valdesi,
sia pure sposati ed anche le donne, possono udire le confessioni ed assolvere.
Giovanni Scuderi
DONNA SUDAFRICANA IN ESILIO
Un grido di verità
movimento, e le donne, non vi na regola più restrittiva: la^ diferano ammessi. In quei concini o capitoli generali venivano
esaminati i rapporti dei rettori
dei vari ospizi e le questioni disciplinari. Il « Mayor omnium »
o « Mayoralis » vi svolge compiti da vescovo: effettua la sistemazione , del campo di lavoro.
ferenza tra perfetti e credenti
ha assunto l’aspetto di un giudizio di valore sulla comunità,
e i ministeri sono strutturati
gerarchicamente. Secondo la testimonianza di Raimondo da
Costa, diacono valdese (Atti della inquisizione di Carcassona in
echi dal mondo cristiano!
a cura di BRUNO BELLION
La fuga
dalle caaipagne:
una responsabilità
per la chiesa
e per I governi
La Chiesa evangelica tedesca
(ERD) ha preso recentemente
posizione su un problema di cui
si continua a parlare; l’abbandono delle campagne da parte
dei giovani. Di fronte alla prospettiva di interi territori che
diventano deserti la chiesa si
sente corresponsabile per un
miglioramento delle condizioni
di vita in campagna.
È stato pubblicato un documento dal titolo significativo:
« I villaggi stanno morendo? ».
In esso si denuncia che in alcuni territori della Repubblica
Federale il reddito dell’agricoltore è di circa un quarto inferiore a quello degli altri lavoratori. Inoltre le possibilità di formazione e le occasioni culturali
sono nettamente inferiori che in
passato nei territori che si vanno spopolando. Molte zone sono
ormai quasi completamente abbandonate o sussistono solo come zona di villeggiatura per gli
amanti della vita di campagna
come seconda casa.
Da un punto di vista ecclesiastico si fa notare come sia sem
pre più difficile avere dei pastori che lavorano in questi territori,, anche perché i pastori ri-...
tengono giustificato risparmiare
ai loro figli viaggi disagevoli per
raggiungere le scuole superiori
che sono talvolta assai lontane.
E proprio perché il tessuto
sociale è più debole e le possibilità culturali meno sviluppate, risulta pure estremamente
difficile trovare collaboratori
laici. Non solo, ma proprio come conseguenza di tutti questi
fenomeni, la popolazione giovane diminuisce e diventa difficile
mantenere in vita istituzioni come le scuole materne, mancando il numero minimo di iscritti.
Come si vede, si tratta di problemi che sono ben conosciuti
anche in Italia. È quanto ha rilevato recentemente anche il pastore Vinay in una interpellanza al Governo su « occupazione
giovanile e agricoltura», sottolineando che è stata finora sottovalutata l’enorme importanza
della cultura contadina, troppo
spesso ritenuta una sottocultura, e non si è tenuto conto del
contributo che il mondo rurale
può dare allo sviluppo del paese. È necessario, ha detto Vinay, un avvicinamento alla problematica dell’agricolturà che
non sia assistenziale, ma di affiancamento per responsabilizzare i lavoratori agricoli e farne
dei soggetti che abbiano il potere, come hanno la capacità,
di decidere sullo sviluppo del
loro settore.
Oshadi Jane Phakathi è stata
presidente della Conferenza Sudafricana delle Chiese, di cui
fanno parte tutte le confessioni
protestanti di lingua inglese. È
stata anche responsabile dell’Istituto Cristiano per il Transvaal. Ha circa quarantanni ed
ha recentemente trovato rifugio
in Europa col minore dei suoi
figli. La lettera che qui riproduciamo è indirizzata al direttore
dell’Istituto Cristiano del Sudafrica. È un documento di alia
sensibilità che lascia intravedere il dramma di tanti credenti.
Non ho abbandonato il paese
per riposarmi o per dimenticare. All’opposto, sono convinta
che, a differenza dei profeti antichi che vedevano gli angeli
aprire loro le porte del carcere,
dobbiamo lottare duramente per
aprirle noi stessi. È così che intendo la parola di Paolo quando scrivcai Galati: ' '« Cristo è
venuto per liberarci e non dobbiamo ricadere nella schiavitù ».
Non permetto a me stessa di
essere ridotta al silenzio dal governo del Sudafrica.
Mossa interiormente dalla profonda convinzione che Dio è ne;
cessariamente dalla parte degli
oppressi e che di conseguenza
approva e sostiene la mia posizione, e la mia testimonianza,
so certamente che Egli nii chiede di procedere con maggior fermezza. Dal 16 ^ugno 1976 ho
cercato la sua via ed ho cercato
di obbedirgli. Non già che non
lo abbia mai fatto prima, ma il
16 giugno 1976 è. per me una data particolare. Una data che non
potrò mai dimenticare.
Seduta nella cella più ignobile
del posto di polizia di Orlando
vedevo le cimici e gli scarafaggi
correre sulle pareti di lamiera
ondulata, assetati di sangue. Durante quei tre giorni non ho
mai smesso di chiedere acqua.
Nessuno mi ha udita. Se non si
otteneva nemmeno acqua, sarebbe stata una pretesa esagerata sperare di ottenere qualcosa da mangiare. Non ne ebbi
mai. Ma non ho mai ceduto, probabilmente perché, negra in
Sudafrica, potevo aspettarmelo;
in compenso ciò .che non mi sarei mai aspettato e che mi ha
profondamente scosso era di veder entrare, spinti nella schiena, tre adolescenti grondanti
sangue e di udirli ringraziare
Dio perché erano stati solo messi in prigione.
Come è possibile che un uomo ringrazi Dio per essere sta;
to arrestato e incarcerato? Essi
si ritenevano evidentemente più
fortunati dei loro compagni che
la polizia aveva fermato insieme
a loro e effe erano morti o feriti.
In carcere, chi può sapere se
avrà ancora la possibilità di rivedere la sua famiglia, quando
è preso nella morsa di queste
leggi draconiane? Come si può
sperare di scampare a torture
quali gli elettrochoc o il sacco
di ghiaccio (sì, siete letteralmente congelati come la carne)?
Le lunghe ore in cui siete costretti a rimanere in piedi senza' prendere riposo, finché finite
per sottoscrivere una dichiarazione che sapete bene, in fondo
al vostro cuore, che è pura menzogna? iDi tutto ciò io rendo testimonianza.
Sapete, credo che il governo
sudafricano riduca al silenzio la
gente non solo a motivo delle
opinioni che la gente professa,
ma anche perché ha un terrore
panico che la gente abbia il coraggio di dire ciò che sa della
verità.
Per questo sono stata ridotta
al silenzio. Questa verità io la
conosco e la dirò con tutti ì
mezzi possibili; parto per andarla a dire al mondo intero.
Abbiamo sofferto abbastanza,
abbiamo lottato duramente per
abbreviare le sofferenze e non
le abbrevieremo rimanendo seduti e marcendo in carcere. C’è
già abbastanza gente in carcere!
Abbandono dunque il Sudafrica alla ricerca di un modo di
essere più efficace di quanto non
potrei esserlo qui. E se questa
partenza dovesse si^ificare magfiori sofferenze, mi rimane la
consolazione che, allorché saremo giunti al termine del cammino, come Cristo, troveremo
dall’altra parte la gioia della risurrezione. In altre parole: non
esiste speranza senza lotta e
sofferenza. Questa è la mia ferma convinzione.
Questa convinzione, così forte
in me, mi ^ida nel mitr viaggio verso l’ignoto. Nessun desi;
derio umano mi impedisce di
compiere il mio dovere di fronte a Dio.
Dio sia con voi tutti, finché ci
ritroveremo.
4
Una domanda che mi è stata
rivolta infinite volte, soprattutto tra i membri di chiesa,
è stata questa: « Come mai
un paese come l’Uruguay, con una
riconosciuta fama di democrazia,
tanto da essere chiamato ”la Svizzera d'America”, è arrivato a una
situazione come quella d’oggi? ». Lascio l’interpretazione sulla « democrazia Svizzera » per chi se ne intende di storia della Svizzera. Chi fa
questa domanda tocca, forse senza
saperlo, uno degli elementi fondamentali della storia dell’Uruguay
per poter capire la situazione odierna. Permettetemi, quindi, di fare
un’analisi molto schematica del
quando, come e perché di questa famosa « democrazia uruguayana».
L’Uruguay, come tutti i paesi latinoamericani, si è organizzato, è cresciuto ed arrivò a determinati livelli di sviluppo sotto il segno di un
modello capitalista totalmente dipendente dall’economia internazionale. Così lo ha voluto la Spagna,
poi il Portogallo, l’Inghilterra, gli
Stati Uniti e per ultimo il mercato
capitalista internazionale nel quale
si inserisce anche l’Italia.
Ciò significa che l’evoluzione della
crescita produttiva del paese ed f
livelli di produttività riusciti nei diversi momenti del suo sviluppo sono in relazione diretta di dipendenza con l’abilità o l’interesse della
classe proprietaria o capitalista nazionale nella sua relazione di dipen
4) I proprietari, nella mancanza di un aumento reale della loro
attività, mantengono livelli di guadagno mediante l’aumento dei prezzi senza portare allo stesso livello
il guadagno dei lavoratori. La moneta inizia a cadere davanti al dollaro.
5) Il ricupero deH’economia europea e il colpo militare argentino
antiperonista del ’55, provocano la
uscita di quei capitali che si erano
rifugiati in Uruguay a causa della
seconda guerra mondiale e del « pericolo peronista ». Inizia la crisi
bancaria.
In questo processo, chi subisce
le conseguenze sono i lavoratori ed
i piccoli proprietari. L’alternativa
per la parte lavoratrice è soltanto
questa: o accetta di ridurre gli stipendi per permettere ai padroni
di continuare i loro guadagni, o i
padroni se ne vanno all’estero con
i loro capitali.
Negli anni ’70 la situazione si fa
insostenibile e lo scontro di classe
si approfondisce. Le elezioni del
’72 dimostrano che l’opposizione si
fa forte (Frente Amplio) e pericolosa. La reazione non si fa aspettare ed il 27 giugno del ’73 le Forze
Armate si inseriscono direttamente nella vita politica delFUruguay
per mezzo di un colpo di Stato.
L’Uruguay entra così a far parte
di quei paesi che in America Latina sono dominati da sanguinarie
dittature. Lo avevano già precedu
Indios tobas: questi indios abitano nella provincia Chaco (Argentina). Nella foto: gruppo di aborigeni con alcuni membri
della Chiesa valdese durante un campo di lavoro
denza con il capitalismo internazionale.
In questo processo la classe operaia non fu altro che un elemento
di costo nei preventivi di produzione dei proprietari privati e dei clienti. Con questo voglio dire che i lavoratori non hanno mai avuto responsabilità nella guida del paese
.sia nei momenti « belli », sia nei momenti « brutti ».
Il processo economico degli ultimi cento anni della storia uruguayana si può dividere, molto generalmente, in tre tappe: a) fino agli anni ’30; b) dal ’30 al ’50; c) dal ’50 a
oggi. Mi limito qui a brevi accenni.
Possiamo riassumere la storia
dell’Uruguay fino al 1955 dando una definizione del paese come:
a) Capitalista e con una grande dipendenza dal sistema capitalista internazionale.
b) Con un sistema di relazioni
conciliatorie tra le classi che consolida basi avanzate nel sistema
legale e sociale.
c) Con un funzionamento di
norme politiche e ideologiche « democratiche ».
L’Uruguay è allora il paese esemplare per la sua democrazia e
viene chiamato « la Svizzera d’America ».
La crisi
Con le circostanze storiche che
determinarono la crescita e lo sviluppo venne alla luce che:
1) L’organizzazione della produzione agricola e zootecnica nelle
mani dei privati e soprattutto dei
latifondisti, fa sì che nessuno si
preoccupi dei piani di sviluppo e
della programmazione tecnologica.
2) L’organizzazione della produzione industriale, nelle mani dei
privati, non aveva possibilità di
svilupparsi nel merccito esterno per
la mancanza di livello tecnologico
e per i bassi livelli di produttività.
Nel mercato interno si era arrivati
alla frontiera dell’espansione.
3) La necessità di materia prima per l’industria. Le entrate per
l’esportazione di carne e lana non
arrivavano a coprire le spese di importazione.
to il Paraguay, il Brasile e la Bolivia; lo seguiranno il Cile due mesi
dopo e l’Argentina nel ’76.
Il gruppo minoritario dei proprietari e industriali assolutamente legati alle compagnie multinazionali del capitalismo internazionale riescono così, trasformando le
Forze Armate in un esercito d’occupazione, massacratore del suo
stesso popolo a governare il paese.
La risposta di tutti i lavoratori
fu molto dura e si espresse in uno
sciopero generale, con occupazione
delle fabb^riche e di scuole e con
grandi cortei nelle strade principali
di Montevideo, ma l’esercito riuscì
a dominare la situazione. Sciolto il
Parlamento, vennero messi fuori
legge i partiti politici, la CNT (Centrale Nazionale dei Lavoratori, centrale sindacale unica), la FEUU (federazione unica studentesca), tutti
i raggruppamenti politici d’opposizione. Vennero censurati e chiusi gli
organi di stampa, perseguitati la
Chiesa, i Sindacati e i loro attivisti.
Si intervenne nell’Università e nella
Scuola Media, e vennero cambiati i
piani di studio. La dittatura portò
inoltre il terrore delle torture, un
numero imprecisato di persone uccise o sparite, migliaia di prigionieri, l’emigrazione di un terzo della
popolazione e la disoccupazione a
tutti i livelli. La costituzione della
Repubblica viene calpestata e sostituita da leggi speciali.
Lasciamo che siano le parole di
un famoso storico uruguayano a
raccontare la situazione attuale in
Uruguay:
« L’Uruguay ha la maggiore proporzione di prigionieri politici del
mondo; ci sono più prigionieri politici che prigionieri comuni. Nell’Uruguay si inaugura un carcere al
mese: è ciò che gli economisti chiamano Piano di Sviluppo. E le carceri segrete?...
Chi non è prigioniero dentro è
prigioniero fuori. Paura di perdere
il lavoro, paura di non trovarlo,
paura di parlare, paura di ascoltare,
paura di leggere. Nel « Paese del
Silenzio » si può finire in un campo
di concentramento per colpa di uno
sguardo.
Lunghissime le liste di persone
assassinate o scomparse. Non è forse anche un assassinio eliminare
nell’uomo la capacità di creare e di
Uruguay:
economia
a pezzi
Inflazione
1973 77,4 per cento
1974 107,2 » »
1975 66,9 » »
1976 40 » »
1977 55 » »
Moneta
(Pesos = 1 dollaro)
1959 $ 4=1 dollaro
1972 $ 370 = 1 dollaro
1977 $ 5.400 = 1 dollaro
Proprietà della terra
Il 4% della popolazione ha il
60% delle terre - il 36% della
popolazione ha il 25% delle
terre - Il 60% della popolazione ha il 15% delle terre.
Disoccupati
1963 12 per cento
1977 24 » »
Spese militari
1968 14% del prevent. di Stato
1977 49% del prevent. di Stato
11 debito all’estero è di circa un miliardo e mezzo di dollari che equivale al totale delle esportazioni del Paese per
tre anni.
In un totale di 2.650.000 abitanti ci sono 7.000 prigionieri
politici e 900.000 persone sono
emigrate all’estero.
UNA LETTERA DEL
Primo scontro coi
Dopo i primi mesi di lavoro pastorale in Urugua
Miguelete, 30 dicembre ’77.
(...) No, non credo che questo paese sia mai stato la Svìzzera del Sud
America. Un paese ad economia agricola sottosviluppata, che ha una
rete stradale quasi tutta non asfaltata, coi villaggi in grandissima parte privi di fognature e di rete idrica, coi telefoni a manovella e con
l’energia elettrica che va via continuamente non può mai essere stato
la Svizzera del Sud America.
L’unico confronto favorevole è
dato dal livello piuttosto elevato
della cultura media della popolazione e dal fatto che questo paese non
ha conosciuto guerre, fin dall’epoca
della sua fondazione. Per il resto è
dominio delle multinazionali che
stanno dietro a quella ventina di famiglie che detengono il 75% della
proprietà terriera e che esercitano
il potere reale, ora sotto forma di
liberalismo democratico e ora sotto
forma di dittatura militare.
Il primo scontro con la realtà del
paese l’ho avuta il 22 dicembre.
quando sono passato dall’Uffic,
Pensioni e ho visto che la gente, d
po aver firmato, era obbligata a fa
nire le proprie impronte digitali. l
cosa mi sconvolse molto, anche pe
ché era evidente che l’impiegato p
gatore conosceva di persona tutti
pensionati in questione. Scrissi s
bito una lettera di protesta. Ques
pratica, che in tutto il mondo cìvi
è riservata ai delinquenti, deve ce
sare, se non esiste (come pare ne
esista) una legge che esplicitamen
la impone. Sospettare che tutti
pensionati potrebbero falsificare
loro firma non è conforme alla c
rità di Cristo che crede ogni cosa
non sospetta il male (I Cor. li
La comunità di Miguelete è mol
ben strutturata. Popolazione vaia
se 625, di cui 355 membri comw
canti. Sei monitrici con un diretí
re della Scuola domenicale per
bambini. Un catechista, oltre al p
store, per 30 catecumeni. Tre prei
catari laici. Il villaggio rigorosame
te diviso in quartieri e le famigfi
di ogni quartiere affidate ad un a
ziano. Venti membri del Concistoì
Unione femminile efficiente, due c
Parlare di Gesi
nel regime del silenzi<
C’era una volta un paese chiamato « La Svizzera dell'America Latina » - In epoche
pi di famiglie provenienti dalle Valli Valdesi - Negli anni ’50-60 la crisi: economica e
credere? Nell’Uruguay la solidarietà
è un delitto; ci sono uomini che sono in prigione per avere organizzato collette per le famiglie di altri
prigionieri.
La macchina ti ammaestra per
l’egoismo e la sfiducia, la macchina
t’insegna che per salvarti devi giocare la parte dello stupido e dell’imbecille. Questa è la vittoria della
macchina: la gente ha paura di parlare e di guardarsi;
Le spese per la repressione sono
più della metà del preventivo nazionale. Un uruguayano su 30 ha il ruolo di vigilare, di perseguitare e di
castigare gli altri. Non c’è lavoro
fuori dalle caserme: chi ha lavoro
e vuole conservarlo deve firmare un
certificato di « Fede Democratica »
in questura. Gli studenti universitari denunciano i loro compagni, i
bambini denunciano i loro maestri.
I giovani rappresentano la prova
viva dell’impotenza degli oppressori. Li cacciano via, sono venduti come carne umana, e sotto costo, per
lavorare all’estero. La macchina del
potere odia tutto ciò che cresce e
tutto ciò che si muove. È capace soltanto di moltiplicare le carceri ed i
cimiteri. Non può produrre altro
che prigionieri e cadaveri, spie e poliziotti, mendicanti ed esiliati. Essere giovane è un delitto.
NeirUruguay essere vivo è un pericolo, pensare è un peccato, mangiare è un miracolo ».
(Eduardo Galeano)
(Rivista « Triunfo » 13.8.77, Spagna)
In America Latina i valdesi sono presenti in Argentina
e in Uruguay.
In Argentina vi sono 8 chiese e 23 locali di culto : 1200
membri, 90 anziani e diaconi.
In Uruguay: 15 chiese e
gruppi con 45 locali di culto;
3600' membri, 200 anziani e diaconi.
I pastori si preparano presso l’Istituto Teolo^co interdenominazionale di Buenos
Ayres (capitale argentina).
L’organizzazione ecclesiastica
è del tutto analoga a quella
italiana.
La chiesa valdese
nel Rio de la Piata
Non vi racconterò la storia delle
comunità, delle famiglie e delle
strutture che ci sono perché mi ci
vorrebbe troppo spazio.
Piuttosto vediamo qual è la situazione sociale,, economica, alla luce
dei dati sopra riportati.
I valdesi, a differenza di tutte le
altre chiese protestanti, sono andati
in Amèrica Latina per motivo di lavoro e non in missione. Questo ha
fatto sì che gli emigrati delle valli si adattassero subito alla lingua,
alla cultura ed anche al sistema economico e sociale presente in quei
paesi latinoamericani.
Nella foto: la casa per anziani di Colonia Vaidense. Inaugurata
nell’ottobre del 1933 con una decina di anziani ospiti, oggi ne
ospita più di un centinaio
L’emigrazione valdese è arriv
nel Rio de la Piata nel periodo d^
grandi esportazioni. In un pri
momento i valdesi si dedicarorti
produrre per i loro bisogni. Poi, :
la misura in cui hanno avuto la
cilità di espansione, giacché la
ra era molta ed i prezzi bassi e
facile compra, la maggioranza è i
, sata a quel 36% che ha il 25% d<
terre del paese e qualche famig
poche, sono passate al gruppo
4% mentre alcune, poche, sono
gruppo del 60%.
In questa situazione di abbonc
za economica, le comunità vale
dell’Uruguay hanno vissuto la pri
metà di questo secolo. Ogni comi
tà costruì il suo tempio, si cost
rono 1’« Hogar para ancianos » (i
lo dèi vecchi), il primo neH’L
guay, grossi saloni per la giove
ed altre attività. Furono gra
giorni per le comunità, l’unità m
fede permette di aiutarsi a vicei
e così quelli che subirono catast:
naturali (mancanza di pioggie,
1910 ad esempio nella Pampa
gentina), poterono superare la sii
zione grazie all’aiuto delle comui
uruguayane.
Questa abbondanza economica
chiama l’attenzione di altri e c
durante le guerre, si producono
tre emigrazioni. Le differenze ecc
miche c’erano ed in alcuni casi
bastanza grandi, Anche le comur
valdesi o per lo meno alcuni
suoi membri, riescono ad inaugi
re una Banca Valdese.
Possiamo dire che la crisi eco
mica, che nel Paese si inizia a se
re già negli anni ’50, nelle coi
nità valdesi arriverà più tardi,
’60. Questo è dovuto al fatto eh
valdesi non hanno avuto, o per
meno in piccolissima parte, parti
pazione alle industrie, che per ]
nie ,s¿i^irono le conseguenze. d(
politica. capitalista del Paese.
Essendo parte della società u
guayana, le comunità valdesi r
possono scampare alla crisi. A
fine della decade del ’60 ed all’:
zio di quella del ’70, si produce
delle divisioni aH’interno non s
delle comunità ma anche delle
miglie e così si trovano casi in
i genitori appoggiano il governo
in alcuni casi la repressione, men
i figli sono torturati nelle prigic
La ricerca di un equilibrio ini
np da parte delle strutture eccle:
stiche provoca in seguito il vui
giovanile, nel ’72, ’73 e ’74, epoca <
la grande repressione e del colpo
stato. Non troviamo quasi giov
in chiesa. Questo vuoto darà spa
alla formazione di gruppi ’’pietií
all’interno delle comunità. Le
5
ITORE GIAMBARRESI
la realtà
li, una dei piccoli e una dei gran, attività teatrale, ecc. E dire che
testa comunità era senza pastore
j diversi anni!
■r Mi trovo bene, anche se la casa
un po’ discutibile, con le rane che
i trovo in cucina e persino nello
«Ìmìììo e con le moltissime zanzare
lime mi obbligano a dormire nella
iifeza dell'insetticida. La gente è
•sfcZio aperta e cordiale e non lascia
^imtsparire l'angoscia provocata daltip'quasi totale perdita del raccolto
ife quest’anno, a causa delle piogge
Ijjbppo abbondanti.
yÙui non è come a Ombues, dove
¡lei fra i membri più impegnati del.comunità han dovuto trasferirsi
l%'"collegio” ormai da tempo.
MVatmosfera è distesa. Il governo
deciso di concedere un’amnistia
:r i delinquenti comuni e fa proti in vista della ripresa economidopo la svalutazione dei vecchi
OS nella misura di 1000 = 1.
'er il momento siamo in pieno
fiodo estivo. La ripresa è prevista
oRr la fine di febbraio, dopo il Si;o »do.
<
o
oc
UJ
s:
o.
COLONIA VALDENSE
ti ince rendono molto difficile la vita
li imunitaria.
Il sMa. la crisi s’approfondisce e gran
!ifc|te~dei contadini del ceto medio
;l Scindano anche loro ad avere gradii problemi economici; poco a poco
irillche i potenti finiscono con l’esdiKe emarginati e quando il piano
isl 'attacco alle chiese da parte del silé Sana repressivo si fa più duro, troail'una maggioranza valdese dispoei ta a difendersi. A poco a poco si
elpifica anche il rientro dei giovani
chiesa. Non possiamo non ricore un’altra causa, di questo cammento: ed è l’unità progressista
corpo pastorale. Negli ultimi anoon ci sono state divisioni,
alcuno può dire che per i memsitii valdesi le cose non sono così
ii||avi. Fosse pure così! Prima ho
ti^lato dell’attacco alle chiese da
te del governo; questo corrispon1^ ad ùn piano internazionale (sei®do un documento scoperto in
3®Iivia) della CIA, per eliminare il
leJHcolo progressista che c’è nelle
lese. Non è il caso di commentare
il documento, ma ciò che è sucso nel Sinodo scorso rioplatense
isponde esattamente ad uno dei
ti di questo documento sull’eliazione delle persone progressidalie struttute ecclesiastiche. I
moni molte volte sono spiati, se
'^n registrati e denunciati dai proxA membri di chiesa. Parecchi val‘*'1 sono in prigione e torturati;
liti sono passati per questa espeza ed ora sono « imprigionati »
e loro case.
Ijj, «ra la paura di parlarsi tra loro,
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di guardarsi, di leggere, di essere informati, di ricevere pubblicazioni,
tra l’egoismo e la sfiducia, tra la
paura di essere denunciati per una
stupidaggine, di perdere il lavoro,
di non trovarlo più, di ricevere un
bacio oggi, e di essere venduti domani dalla stessa persona, nel regime
del silenzio e della paura, nel regime della fame, della prigione e della
tortura, ci sono fratelli che portano
con enorme coraggio lo scandaloso
messaggio della croce del nostro Signore Gesù Cristo.
Ruben Artus
La macchina
infernale
Cos’è la dittatura?
Lasciamo la parola allo storico uru~
guayano Eduardo Galeano.
« La segretaria allarma il banchiere che
telefona all’ambasciatore che Cena con il
generale che si rivolge al Presidente che
intima al ministro che minaccia il direttore generale che umilia il capo che stava
urlando airimpiegato che disprezza l’operaio che maltratta la moglie che picchia il
figlio che prende a calci il cane. La dittatura è l’abitudine airinfamia. E’ una macchina che ti rende sordo e muto. Duecentomila persone accompagnarono il corpo del
primo studente ucciso dalla polizia; al decimo morto non si pubblicò nemmeno il
nome sui giornali. La macchina della dittatura t’insegna ad accettare l’orrore come
si accetta il freddo dell’inverno ».
Il centro Emmanuel
Cristo
della paura
trse vi immigrarono, con molti altri europei, grup[tca - La dittatura militare si impone: inizia la repressione
Il Centro Emmanuel è sorto in
Uruguay, a Colonia Vaidense, per
opera della vedova di un pastore, la
signora Ivonne de Galland, come
struttura aperta a diversi tipi di incontri comunitari (corpo pastorale,
campi giovanili, incontri di catecumeni e così via).
In questi ultimi anni intorno ad
esso si è formato un progetto la cui
realizzazione deve, Dio volendo, avviarsi quest’anno: si prevedono dei
corsi, tenuti possibilmente da visitatori esterni, per un periodo di circa sei mesi, approfittando del fatto
che il semestre di maggiore attività nelle chiese latino-americane
coincide con la pausa estiva in Europa.
Eccone gli obiettivi, formulati
dagli organizzatori:
— Contatti e studi con i pastori
locali in vista di una migliore preparazione teologica attraverso un
confronto con il pensiero teologico
europeo.
— Riunioni con i collaboratori
laici delle varie comunità per approfondire temi biblici.
— Visite alle singole chiese per
impostare il lavoro di preparazione dei laici nella situazione stessa
in cui vivono.
— Preparazione e distribuzione
di materiale biblico e teologico da
parte del Centro Emmanuel.
— Aggiornamento biblico-teologico dei pastori.
— Preparazione di laici per specifici compiti di predicazione e di
servizio (predicazione, visite pastorali, studi biblici ecc.).
— Preparazione dei laici in generale per una riflessione sulla missione della Chiesa nel mondo.
— Incentivazione dell’interesse
dei laici per la lettura e l’approfondimento di temi biblici e teologici.
Come temi generali di studio, in
un primo momento si affronteranno argomenti di teologia pratica,
in corsi di predicazione, di catechetica e educazione cristiana, sulla chiesa e la sua missione in un
mondo secolarizzato. Iti seguito è
previsto un corso di introduzione
all’Antico Testamento (l’Alleanza)
e al Nuovo (Il Regno di Dio).
Nella visita alle comunità il professore visitante potrà rendersi conto direttamente del lavoro svolto
in una situazione concreta per
quanto riguarda l’evangelizzazione,
la cura della comunità, la predicazione e lo studio della Bibbia, la
formazione di persone con compiti specifici (ad esempio monitori),
il lavoro catechetico con gli adolescenti e con le loro famiglie. Po
trà così meglio rispondere alle richieste e ai bisogni delle diverse
comunità, in rapporto con gli interessi e i doni dei partecipanti ai
corsi, che così potranno acquistare sempre più carattere di colloquio e non di lezione accademica.
Perché questa iniziativa? La chiesa
valdese nel Rio de la Piata è disseminata in una vasta zona, con pochi pastori e contatti difficili sia
per le distanze sia per la situazione economica. Per ovviare all’isolamento occorre poter contare sulla collaborazione o addirittura sulla gestione della comunità da parte di laici in grado di sostituire,
ove occorra, i pastori.
Inoltre ci sono momenti (e ne
abbiamo attraversati parecchi nella nostra storia remota e recente)
in cui i credenti si trovano in una
situazione particolarmente difficile, di dispersione in un mondo ostile o indifferente, in cui rischiano
tre essi chiedono quest’aiuto per
meditare insieme la Parola di Dio,
ed a questa richiesta non si può
rimanere indifferenti.
Infine noi abbiamo a questo proposito un grosso debito, ed è bello
ogni tanto essere chiamati a dare
anziché a ricevere. La storia della
nostra chiesa è ricca di esempi che
mostrano come nei momenti di
maggior crisi e difficoltà siamo stati sostenuti e spesso salvati dalla
solidale presenza di fratelli di chiese lontane. Le chiese del 1500 sono
state organizzate da pastori proyenienti da Ginevra e dalla Francia,
nel ’600 furono quelle cliiese a
provvedere a noi con fondi, libri,
borse di studio e se abbiamo avu-,
to scuole al tempo dei nostri nonni
lo dobbiamo al Beckwith ed al
Gilly.
Che ora si faccia qualcosa per
altri fratelli non è soltanto giusto
ma doveroso, è solo restituire un
Centro Emmanuel: situato a Colonia Vaidense. È sede di attività
di studio, ritiri spirituali, corsi d’aggiornamento. Nella foto: la
cappella del centro
di essere assorbiti o di isterilirsi
in un rifiuto ostinato, ma incapace
di evangelizzare.
In quei momenti acquista particolare importanza l’aiuto di fratelli in fede da altri paesi. Perché
la nostra collaborazione, ci si potrebbe chiedere, quando anche qui
in Italia non abbiamo forze sufficienti per il lavoro che ci aspetta?
Prima di tutto la Chiesa valdese
è una sola, al di qua e al di là del’Atlantico, e deve concentrare le
sue forze dove il bisogno è più urgente. I fratelli dell’Uruguay si trovano in una situazione più difficile
della nostra e quindi dobbiamo
pensare prima di tutto a loro. Inol
poco di quello che abbiamo ricevuto.
E poi, nella logica paradossale
della fede, tutte le volte che si accetta di fare qualcosa per gli altri
ne risulta un arricchimento. Chissà che in questa collaborazione con
i Valdesi dell’Uruguay non si precisi quella figura di teologo itinerante che da parecchi anni ormai
i Valdesi siciliani ci chiedono, finora invano, e che le nostre chiese, dopo aver accettato di rinunziare all’opera del loro pastore per
un periodo estivo, non accettino
anche di vederlo andare, per un periodo più breve, nella diaspora italiana? Marcella Gay
ROMA ■ PIAZZA CAVOUR
Solidarietà con l’America Latina
Hogar Mimmo: vicino a Colonia Vaidense si trova il centro per
fanciulli "Hogar Mimmo” realizzato dalla Chiesa Metodista e
Valdese. Fu inaugurato nel 1963. Nella foto: il direttore del
centro con alcuni ragazzi
Alcune iniziative di solidarietà
con organizzazioni democratiche
cilene e argentine si sono svolte
presso la comunità di Piazza Cavour nel corso del 1977. Riassumiamole brevemente, per trarne alcune indicazioni.
A marzo ha avuto luogo una
« peña », cioè una serata soprattutto musicale, durante la quale
artisti cileni e uruguayani hanno
presentato canti e danze popolari
latino-americani, e si sono venduti
oggetti artigianali e piatti tipici.
Nel corso dell’incontro, gli organizzatori, i giovani del MAPU-OC
(uno dei partiti dell’Unidad Popular cilena) hanno rivolto un ap■^pèflo a'tutti coloro d®l*sta a cuore
la causa della democrazia in America Latina, esortandoli ad aggiornarsi sull’evoluzione della situazione, e a collaborare alle iniziative
di solidarietà con chi si oppone alla dittatura, sia in patria che in
esilio.
A giugno ha avuto luogo una tavola rotonda su "Fascismo e Diritti Umani in America Latina", cui
hanno partecipato due esponenti
di Unidad Popular (di cui uno di
estrazione cattolica), Giovanni Berlinguer e Sergio Rostagno. Nel cor, so della tavola rotonda, e del dibattito che è seguito, il tema dei diritti
umani è stato analizzato nelle sue
componenti: diritti sociali (salute,
lavoro, casa...) .e diritti politici (libertà di pensiero, di stampa, di as
sociazione...). Si sono sottolineati
gli errori derivanti dalla,scissione di
questi due tipi di diritto, e la necessità di perseguirli entrambi. Si è
insistito sul fatto che il riscatto
delle masse popolari latino-americane, o avverrà su entrambi questi
terreni, o sarà illusorio.
A ottobre ci siamo nuovamente
riuniti, per ascoltare testimonianze
di un gruppo di familiari di ’scomparsi’ cileni, e di esponenti della
resistenza argentina (del Comitato
Antifascista contro la Repressione
in Argentina). Il tema specifico era
quello dei sequestrati e degli scomparsi, cittadini che in misura sempre maggióre vengono prelevati
da ’ignoti’ (di solito polizie parallele o militari) e sono assai spesso
uccisi di nascosto dopo essere stati
torturati, oppure deportati segretamente per prigioni e campi di
concentramento. Da queste testimonianze tragiche (quelle di fonte
argentina analoghe a quelle di fonte cilena), ci è venuta l’esortazione a interessarci attivamente a
questa realtà, intervenendo come
chiesa e come forze politiche democratiche, attraverso i giornali e
la radiotelevisione, e stimolando il
nostro governo a premere al possibile per via diplomatica sia direttamente sui governi in questione,
sia attraverso l’ONU.
Prevediamo nuove iniziative nei
prossimi mesi.
Certamente è amaro osservare
che il dibattito sull’America Latina spesso si restringe alla denuncia dei crimini che vi vengono compiuti dalle dittature. Negli anni
scorsi si guardava con speranza a
questo continente, ci si chiedeva se
avrebbe prevalso la via cilena al
socialismo (tramite riforme progressive), o la via cubana (mediante la guerriglia e l’insurrezione). Si
esaminava il ruolo della chiesa,
l’impegno che poteva assumere nel
riscatto umano, dopo secoli di collaborazioné col potere costituito.
Ora ci documentiamo quasi
esclusivamente sul problema della
repressione, il cui livello è tale da
costringerci a chiedere ai governi
nemmeno la liberazione dei prigionieri, rrià solo l’assicurazione che
siano vivi.
Questo dipende dal fatto che il
processo di emancipazione di questi popoli, ai quali ci sentiamo tanto vicini, è in fase di stallo, addirittura di riflusso, a causa della superiorità delle forze che lo ostacolano : lo strangolamento economico delle multinazionali, le ingerenze politiche degli Stati Uniti e la
complicità delle gerarchie militari
locali. E tuttavia, è importante anche in questi momenti saper guardare al futuro, collaborare coi democratici latino-americani sia nella lotta alla repressione che nelle
ipotesi di ricostruzione materiale e
morale dei loro popoli. Il momento
in cui la notte sembra più scura è
proprio quello che precede l’alba.
6
10 febbraio 1978
cronaca delle valli
ALLE VALLI OGGI
XVII/2 - 1848 - XVII/2 - 1978: 130 ANNI DI STORIA
Cosa dire Non addormentiamoci
airagazzi SU falsi allori
Se ci guardiamo attorno nelle varie comunità possiamo rilevare come quasi da ogni parte
l’istruzione religiosa stia attraversando un periodo di crisi. Se
allarghiamo il problema fino alla scuola in generale (pubblica
e privata) vediamo che anche
questa sta passando un identico
periodo di difficoltà. Perché?
Questione di programmazione
politica sbagliata? Certamente.
Di indifferenza dei ragazzi, di
non voglia di studiare? Forse. Di
preparazione insufficiente degli
insegnanti? Forse. Però messe
così, le questioni rischiano di essere generiche e forse anche falsate; comunque non suscettibili
di cambiamenti. Il cambiamento può avvenire quando insieme
ci si rende conto della realtà delle situazioni e ci si organizza
per superarla.
Anche la necessità di trasmettere informazione biblica ai giovani, noi l'abbiamo sentito come un momento di apprendimento. L'abbiamo chiamato
"scuola". Abbiamo organizzato
questo momento come una scuola. E puntualmente ci stiamo
lamentando che non va bene.
Se siamo dei genitori diciamo
che i monitori non vanno bene,
se siamo dei monitori pensiamo
che i genitori non si interessano
di questo aspetto della formazione dei figli. E se siamo dei
ragazzi? Qui diventa difficile im.medesimarci nella parte. In fondo a nessuno importa veramente
saper che cosa pensano i ragazzi della istruzione religiosa.
Questo avviene perché ci siamo messi decisamente a svolgere il ruolo dell’adulto che sa tutto, che insegna ai giovani con
gli stessi metodi con i quali è
stato formato. E siamo convinti
così di rispondere alla domanda
dei ragazzi sull’azione di Dio.
Ma rispondiamo veramente o
continuiamo a ripetere il modello che conosciamo bene e che
ci rassicura? È proprio vero che
la scuola domenicale si può
svolgere solo secondo il modello "scuola"? In questi anni, seguendo anche gli stimoli che ci
venivano dal di fuori, abbiamo
di molto ampliato i nostri orizzonti nel campo della didattica
e della pedagogia. Adesso sappiamo che cosa un bambino
piccolo è in grado di imparare
con profitto e quali sono i metodi più idonei per farlo. Sappiamo che egli si deve prima di
tutto interessare e divertire se
vogliamo che le cose che impara
gli rimangano per sempre come
conseguenza di una esperienza
vissuta con gioia. Ma tuttavia
anche usando questi utili strumenti i monitori sono ugualmente in crisi. Ed i ragazzi sempre
più difficili, duri da interessare
alla problematica biblica.
I monitori si sentono soli. Le
famiglie si sentono sole. I ragazzi si sentono soli più che
mai. Paradossalmente tutti e
tre hanno ragione. Quindi il nocciolo del problema è la comunità. Non si può da soli rispondere a questo bisogno di chiarezza.
Bisogna dare' una risposta comune non con semplici parole ma
con scelte precise.
E non dimentichiamo nuovamente i ragazzi. Essi sono i primi e forse i più in crisi di tutti.
A loro veramente mancanq delle
sicurezze in questo campo. Non
possono più fidarsi di nessuno;
né dei genitori che di fronte ad
un problema troppo difficile non
sanno fare altro che delegare
altri a risolverlo; quindi mancano di credibilità. Né dei monitori che sentono insicuri del loro ruolo. Che cosa resta allora a
questi ragazzi? Che cosa diamo
loro, al di là delle parole? Come
fare per rendere loro una visione di comunità un tantino più
autentica di quella che offriamo
loro in questo momento?
E se provassimo ad uscire
dalle aule della scuola domenicale e andassimo fuori, alla ricerca di confronto e di solidarietà e di autenticità direttamente
nelle famiglie?
Carla Longo
Occorre mantenere il principio della riforma permanente della chiesa
in una società dove la qualificazione "valdese” ha perso ogni rilevanza
A centotrent’anni dal 17 febbraio 1848 può essere interesante domandarsi quale uso il Valdese abbia fatto della libertà così a lungo sospirata.
Dicendo « il Valdese », dobbiamo subito renderci conto che bisogna distinguere, e pensare sia
al Valdese come cittadino, come
abitante delle Valli, come parte
di un popolo, sia al Valdese come membro di chiesa e parte di
un mondo cristiano presente nella storia: l’identità popolo-chiesa
era evidentissima nel 1848, ed oggi ancora è una realtà con cui bisogna fare i conti, la necessità di
chiarezza richiede di esaminare
separatamente i due aspetti.
La popolazione valdese nelle
Valli era nel 1848 di 20.650 persone, ed oggi è ridotta a 13.485,
comprendendovi Pinerolo: bisogna tener conto del minor incremento demografico, dell’emigrazione e dello spopolamento, che
ha portato su Torino e dintorni
forti gruppi di Valdesi.
Qual è stato il posto della
componente valdese nella storia
socio - economica delle Valli in
questi 130 anni? Un giudizio generale, che sarebbe interessante
poter corredare di dati analitici
più precisi, ci porta a constatare
una progressiva diminuzione del
suo peso e della sua incidenza,
con una linea discendente che negli ultimi trent’anni ha segnato
un calo notevole.
Per alcuni decenni infatti, diciamo fino alla prima guerra
mondiale, il Valdese era ’’padrone” delle Valli: l’economia era
prevalentemente agricola, e la
proprietà era quasi totalmente
in mano ai Valdesi. Inoltre le
attività commerciali ed artigianali appartenevano pure in buona parte all’elemento valdese, e
si era andata formando una solida classe borghese, conservatrice
in genere, ma attiva ed intraprendente. L’istruzione pubblica,
fino alla legge Daneo-Credaro del
1911, a livello di scuola elementare, era organizzata dalla chiesa;
la Scuola Latina ed il Collegio
erano destinati alla formazione
della classe dirigente.
Le attività industriali invece
sfuggivano al « controllo » valde
se; diremmo anzi che proprio
una certa « pruderie » di stampo
calvinistay(e il discorso qui po-,
trebbe^èssere abbastanza lungo)'
faceva sì che il lavoro dello stabilimento fosse considerato dalla
popolazione contadina valdese
quasi una degradazione, un’abdicazione alla propria libertà,
l’estremo rimedio alla miseria;
meglio emigrare! E così i Valdesi non si accorsero di perdere il
treno: perché, da un lato il progressivo indebolimento delTeconomia agricola e dall’altro il costante aumento di peso delTindustria cominciò ad incrinare lentamente la vecchia struttura patriarcale.
La crisi cominciò con la prima
guerra mondiale, aumentò nqi
decenni successivi, e si accentuò
fortemente dopo la seconda. Oggi l’economia agricola delle Valli
è retaggio di pochi superstiti.
Il commercio, le attività artigianali, la proprietà del suolo e
delle case, la cultura, i poteri decisionali (come si dice), hanno
assunto oggi nelle Valli una fisionomia completamente diversa.
A PROPOSITO DELLA STRADA DI PRALI
Il fresaneve e l'assessore
Si tratta, naturalmente, dell’assessore della Provincia alla
viabilità e trasporti. L’assessore,
sig. Bozzello, interviene sulla
« Gazzetta del Popolo » del 28.1.
1978 in risposta a un articolo di
Osvaldo Peyran pubblicato sullo
stesso giornale. L’articolo di
Peyran conteneva una sola inesattezza, che l’assessore non poteva rilevare: la linea elettrica
non è rimasta interrotta una
settimana, ma un giorno solo,
grazie al tempestivo intervento
delTENELl ■ Per il resto TatticoIo era ben informato, aveva il
solo torto di prendersela un po’
troppo con il mezzo sgombraneve della Provincia. Questo mezzo in effetti è stato di una rapidità spettacolare: ha messo dieci
giorni per aprire i cinque chilometri tra Pomeyfré e poco sopra il ponte di Rodoretto. Due
giorni per chilòmetro: un record, tanto più se si pensa che
le slavine cominciavano dal
ponte di Rodoretto in su. Ma
per l’assessore era un mezzo in
perfetta efficienza; si è guastato, ma chi è perfetto a questo
mondo?
Questo « Super-Speedy Gonzales delle nevi », vera macchina
del futuro, non è stato compreso: Peyran ha avuto il coraggio
di chiamarlo « fresaneve scassato, che perdeva dieci litri di olio
al chiloifietro ». L’assessore Bozzello non ha .potuto sopportare
l'offesa: Peyran ha dimostrato
poca fede, ha osato disprezzare
un mezzo della Provincia, un
gioiello della tecnica. Colpito
dai fulmini dell’assessore, Peyran se vuole ottenere il perdono
dovrà recarsi a piedi scalzi in
Piazza Castello vestito con un
mantello giallo e col capo coperto di cenere, mormorando: mea
culpa, mea culpa, mea maxima
culpa. Dovrà poi inginocchiarsi
davanti al modellino del Fresaneve, d’oro purissimo, che l’assessore tiene sulla sua scrivania, e implorare perdono gridando: « MERCEDES! » (marca
di fabbrica del Fresaneve).
Scherzi a parte, l’assessore si
fa forte del fatto che il sindaco
di Prali l’avrebbe ringraziato « a
titolo personale ed a nome della popolazione per l’efficienza
del servizio effettuato in zona ».
Ci risulta che il sindaco non ha
parlato con l’assessore, che era
assente, ma con l’ingegnere capo, ringraziandolo perché, in un
momento di emergenza, aveva
provveduto a distaccare dei
meccanici dalla Val di Susa per
riparare i) famoso fresaneve.
Non dunque un ringraziamentoufficiale a nome della popolazione, ma un semplice atto di cortesìa verso un funzionario che,
nel caso particolare, s’era dimostrato solerte. Ma se l’assessore
vuole, siamo disposti a scendere in massa e sfilare in Piazza
Castello, col sindaco in testa e
il gonfalone di Prali, cantando
inni di ringraziamento. Ma prima vogliamo vedere i paravalanghe costruiti e il nuovo tratto di strada tra Villa e Ghigo
termiiiatò, sul lato destro del
Germanasca, dove non scendono slavine. E non vogliamo un
super-fresaneve, ci accontentiamo di un fresaneve normalmente funzionante, guidato da gente esperta, che d’inverno stia a
ÌPrali. Bastian Contrario
SAN SECONDO
Lunedì 6 febbraio è stato seppellito Ernesto Bertalot della
Brea. Aveva 87 ani ed era deceduto la sera di sabato 4. Non
solo era stato ammalato alcuni
mesi, ma da un paio d’anni era
completamente cieco. Il vecchio
« vetturale del Moncenisio », dove aveva guidato da giovane la
« posta a cavalli » ci lascia l’esempio di come si possa sopportare lunghe sofferenze con una
fede paziente. Alla vedova ed
alla figlia con la sua famiglia inviamo ancora il nostro affetto
fraterno.
ANGROGNA
• La neve, dato il freddo intenso di questi giorni, non accenna
a sciogliersi. A partire da sopra
il Serre le famiglie che vivono
PEROSA ARGENTINA
Eletta la giunta del Consiglia di Circolo
Gli eletti nel consiglio di circolo di iPerosa Argentina hanno
tenuto la loro prima riunione il
giorno 4 febbraio 1978.
All’ordine del giorno l’elezione
del Presidente e della giunta (per
le componenti genitori, insegnanti e non docenti).
Sono cos':, risultati eletti: presidente : Carla Beux-Longo, vice presidente. Sorbino Giorgio
(genitori).
Giunta: Allaix Marino, Polliotto Derio (genitori), Martin
Mauro (insegnante), Rostan
Marilena (non docente).
Il consiglio ha deciso di tenere le sue riunioni, in linea di
massima, la sera alle ore 20, e
ha indicato come giorno preferibile il venerdì,. La prossima seduta è stata fissata per venerdì
24 febbraio.
nella fascia sotto la Vaccera sono praticamente isolate dalla neve. IJn .piccolo cammino ghiacciato sulla bianca coltre è Tunica via di comunicazione.
TORRE PELLICE
Informazione medica
Venerdì 10 febbraio alle ore
15.30 presso il « Centro d’incontro » del capoluogo avrà luogo
un incontro-dibattito con il dott.
Paternoster (medico che si occupa dell’ambulatorio geriatrico) che parlerà sul tema; «Le
vene varicose». L’incontro avrebbe già dovuto aver luogo il giorno 20 gennaio ma fu rimandato
a causa del maltempo.
Tutti sono cordialmente invitati a partecipare all’incontro.
Scuola di tessitura
Si avvisa che il Centro Sociale di
Educazione Permanente di Torre Pellice ha organizzato un corso di Artigianato ( tessitura a mano) Il corso avrà
la durata complessiva di tre mesi (4
ore settimanali) nei seguenti giorni :
lunedì dalle 16,30 alle 18,30; venerdì dalle 17 alle 19. Le lezioni si terranno nella sede del C.S.E.P. in Via
Repubblica 3 (presso i locali del Centro Incontro Giovanile) e avranno inizio venerdì 17 febbraio.
Chi desidera informazioni o chi è interessato a partecipare è pregato di rivolgersi alla dirigente del Centro nei
seguenti giorni : lunedi dalle 15,30 alle 19,30; mercoledì dalle 15,30 alle 20;
venerdì dalle 15,30 alle 19,30.
La dirigente del C.S.E.P.
Silvana Bordino
molto più mobile del passato, e
in cui comunque la qualificazione « valdese » non ha più rilevanza: infatti la gente tiene difficilmente conto nelle sue valutazioni dell’elemento confessionale, la
resistenza del 43-45 ha cancellato
le ultime rivalità di parrocchia,
e il contesto sociale di oggi è
estraneo ai valori dello spirito.
In questo quadro di livellamento e di assimilazione, e quindi di conformismo, che ha infranto le barriere dell’ antico
ghetto valdese, va peraltro rilevato a nostro danno il singolare
accanimento con cui tanti Valdesi si sono messi a far fuoco incrociato su molti elementi tradizionali, sui valori della cosiddetta cultura popolare, sulle caratteristiche belle e sane di una
gente che nella sua storia religiosa ha il suo volto p|ù genuino;
ed è un fatto strano, perché questo succede proprio mentre tutti,
ad ogni livello, e specie le popolazioni ’’subalterne”, vanno cercando affannosamente la propria
identità, con la riscoperta e la
valorizzazione della loro storia,
del loro folklore, della loro lingua..., anche quando non esistono.
Veniamo ora a qualche considerazione sulla vita della chiesa in
questi 130 anni.
Qggi in Italia i Valdesi sono
circa 25.000: come prima constatazione, dobbiamo prendere atto
che decenni di evangelizzazione
(e di proselitismo fino al 1940),
non hanno avuto grossi risultati.
Rimane da vedere se il difetto
stia nel metodo dell’evangelizzazione o nella sordità del popolo
italiano.
Dobbiamo però aggiungere, non
solo a titolo di consolazione, che
il bilancio della presenza valdese
in Italia non si può fare solo in
base -al numero dei convertiti,
dei simpatizzanti, o dei risultati
visibili: il seminatore, ha detto
Cristo, deve pensare a seminare,
lasciando al Signore il resto, perché nell’economia del Regno di
Dio il credente è chiamato a testimoniare e a pregare...
Certamente un secolo fa i risultati visibili dell’opera evangelica erano consolanti ed inducevano all’ ottimismo: la generazione di pastori e di maestri, preparati dalle scuole Beckwith e
mossi dallo spirito del-Risveglio,
aveva costruito davvero dal nulla le comunità e le opere, ed in
sostanza creato la fisionomia della presenza valdese in Italia,
quale più o meno esiste ancora
oggi.
Dopo la vittoria D.C. nel 1948,
la situazione andò modificandosi; commciàrono i dubbi o le incertezze sulla validità dell’evangelizzazione finalizzata al proselitismo, e gli sforzi presero ad
orientarsi in altro senso, sul piano pratico, neU’impegno politico
0 partitico, pel discorso di livello culturale; e vennero gli anni
di Giovanni XXIII e del clima
conciliare; poi sorsero le comunità del dissenso cattolico...
Siamo passati in sostanza dal
sistema della polemica alla visione ed alla pratica del dialogo:
oggi i valdesi e cattolici dialogano, anche un po’ vivacemente talvolta, ma è scomparso il clima
della scomunica reciproca, della
barriera dogmatica, invalicabile;
1 cristiani tutti sembrano avvertire una nuova frontiera comune,
verso la quale devono ognuno
muoversi con le proprie forze...
Tale superamento di posizioni
tradizionali (ma non abbandono
di chiarezza e di consapevolezza), presenta peraltro sempre a
livello più popolare il pericolo di
confusioni e di faciloneria; alle
visioni profetiche (talvolta un
tantino trionfalistiche), subentrano facilmente le tentazioni dell’accomodamento, della routine
quotidiana, del conformismo anche nel campo della vita religiosa.
In questo senso il patrimonio
della Riforma, e cioè della ’’ecclesia semper reformanda”, deve essere tenuto sempre ben presente: il pericolo più grosso per il
Valdese di oggi mi pare sia quello di sempre, e cioè di addormentarsi su falsi allori, o di permettersi distrazioni dannose, o dimenticare la relatività delle cose umane. In una parola, di trasformare la chiesa in strumento
di questo mondo soltanto, e di
non avvertire che il constantinismo (e cioè la tentazione dell’alleanza e dell’identificazione con
i poteri del mondo) esiste pur
sempre...
Augusto Armand Hugon
7
10 febbraio 1978
CRONACA DELLE VALLI
TORRE PELLICE
Due vescovi e un pastore
parlano di ecumenismo
L’atteso incontro sulla « conciliarità » svoltosi, di fronte a trecento persone (molti sacerdoti e
suore), domenica 5 a Torre Penice non ha certamente deluso le
aspettative. I tre qualificati oratori, il vescovo ortodosso Timiadis, il cardinale Pellegrino — uomo di punta del clero piemontese — e il pastore Gino Conte,
hanno cercato di definire, rispondendo ai quesiti posti dal moderatore deirincontro il past. Giorgio Tourn, il termine « conciliarità » nel quadro sia della propria confessione, sia dell’attuale
ricerca ecumenica, Timiadis, brevemente, ha fatto presente le difficoltà di organizzare un sinodo
tra membri che non nutrono la
stessa fede. Ha parlato di sinfonia come partecipazione di fedi
diverse nello stesso Dio a speranze e attese comuni. Ed è proprio,
secondo Timiadis, nella comune
confessione del Cristo che può
realizzarsi il superamento delle
attuali divisioni confessionali.
NeH’intervento successivo Monsignor Pellegrino ha posto l’accento sul valore della comunità locale come luogo primario in cui
si realizza l’unità della Chiesa di
Cristo in comunione con la chiesa di Roma. Ottimista verso l’attuale movimento ecumenico Pel
legrino ha affermato che « conciliarità » non significa democrazia in senso socio-politico ma, in
una prospettiva in cui Cristo è al
centro, una forma di partecipazione in cui il consenso è una
meta da raggiungere pur rimanendo im dono di Dio. Più che
soffermarsi sulle differenze confessionali Pellegrino si è chiesto:
« Come confessare Cristo oggi? ».
Su questo punto può esserci un
proficuo confronto che dovrà —
secondo il prelato — continuare.
Il pastore Gino Conte, dopo
una rapida informazione sulla situazione attuale della ricerca sulla « conciliarità » che si svolge
nelle nostre chiese, ha notato che
questo tema ha rilanciato la questione ecumenica. Se pur Tipotesi di un concilio universale, ha
notato Conte, sfuma in un lontano futuro è positivo il fatto che
l’odierna discussione sulla « conciliarità » aiuti la conoscenza tra
le diverse confessioni anziché il
rinchiudersi nel loro guscio. Tuttavia, osserva Conte, non può esserci unità nell’ambiguità e il vero confronto non è solo a livello
ecclesiologico o dei diversi dogmi ma del nostro essere di fronte a Dio: I contrasti non vanAo
attenuati in vista di im compromesso unificante bensì nella con
È arrivato dalla Francia alle
Valli completamente attrezzato.
Schermo panoramico, proiettore,
duecento diapositive su Israele e
un bel sermone. Dinamico (in tre
giorni ha visitato sei comunità),
56 anni, pastore -della Chiesa Riformata di Francia, Gèrard Cadier è l’incaricato -delTinformazione e comunicazione della regione
Centre-Alpes-Rhone. Un pastore
giornalista? Si, ma c’è di più.
Il suo ruolo è quello di facilitare la circolazione delle idee, i
In questi giorni che sei alle
Vqlli preiiepti, una..documentazione sul problema Ìsraeìe-Palestina. Come mai sei così al corrente
su questo punto?
« Con padre Beaupère organizzo viaggi ecumenici in Terra Santa specialmente destinati ad anziani operai della Chiesa. Tra
qualche mese partirerno nuovamente e nella nuova comitiva
questa volta c’è anche un pastore, Guido Mathieu con sua moglie. In Palestina ci sono stato
I Un pastore informatore
contatti personali, il dibattito in
generale. Egli è perfettamente
convinto che la trasmissione orale è più efficace della stampa e
dei notiziari.
In tutto questo c’è qualcosa di
biblico.
Gli abbiamo chiesto di parlarci
del suo lavoro, che per noi è una
novità: « Il mio lavoro consiste
nel visitare le comunità e i consigli di chiesa. Mi sforzo di volgarizzare alla base le idee del vertice e di portare al vertice le idee
della base. Naturalmente non
cerco solo di comunicare progetti e idee della base ai responsabili ma di far passare le idee da
una comunità ad un’altra. Con la
visita personale tutto questo lo
si realizza molto più efficacemente che non, per esempio, attraverso la stampa ».
Comunque — osservo — non
mi sembra che un discorso escluda necessariamente l’altro. Del
resto so che ti occupi attivamente anche della stampa evangelica. «Sì, sono redattore del nostro
mensile regionale Réveil che tira
15.000 copie circa. In questo .giornale oltre a riportare le cronache
delle nostre comunità si tenta di
esaminare i problemi del mondo
in una prospettiva evangelica.
Naturalmente tutto questo non è
così facile come dirlo. Quando
visito le‘ comunità mi sforzo di
raccogliere critiche e suggerimenti dei lettori per rendere più
aderente alla realtà il nostro
mensile ». Dall’inizio della tua attività pastorale ti sei sempre occupato d’informazione? « Veramente per vent’anni sono stato pastore a Bordeaux, poi nelTlsére e poi ancora, in campagna, a Villefranche. In quegli anni ho diretto il movimento d’azione rurale protestante che studia
i problemi degli agricoltori. E
poi, quando il Sinodo, alcuni anni fa, decise di promuovere maggiori contatti informativi tra le
comunità venni sollevato da responsabilità parrocchiali e cominciai ad occuparmi de) settore
contatti e informazioni ».
molte volte e ho potuto farmi
un’idea personale della questione
arabo-israeliana anche nelle sue
radici teologiche. Durante questi
viaggi noi contattiamo le persone, non cerchiamo solo di vedere
i luoghi delle vicende bibliche... ».
Lo interrompo. Senti, ancora
una domanda: come pastore, diciamo, informatore e organizzatore qual è il problema più grosso che hai oggi sul tappeto?
« Forse il raduno protestante di
Gémens, vicino a Vienne, che si
terrà il 15 maggio. Sono stato
incaricato dell’organizzazione di
questo incontro a cui verranno
almeno 5.000 persone. Il tema di
tutta la giornata, il lunedi di Pentecoste, è la Riconciliazione. Ci
saranno settori diversi, conferenze, studi biblici, canti, dibattiti, ogni comunità potrà esprimersi; il lavoro organizzativo è
enorme ma credo che sarà un
grande momento comunitario e
di animazione teologica. Spero
proprio che qualcuno di voi per
il 15 maggio . verrà a trovarci ».
Per l’incontro di Gémens, leggo su Réveil, si è fatto un concorso regionale per trovare il
simbolo grafico della giornata.
Su 51 progetti è stato scelto il disegno di un’allieva infermiera di
Valence: uomini e donne che si
tengono per mano e sopra di loro una colómba. Una silhouette
semplice ma ricca di significato.
Anche questa, in fondo, è una
bella idea; i partecipanti potranno mettersi alTocchiello il simbolo della giornata, attaccarlo come adesivo all’auto e acquistandolo pagheranno Torganizzazione
di tutta la giornata.
Mi chiedo se raccogliendo l’invito per Gémens, qualcuno tranoi, potrà portare a casa qualche
buona idea per ravvivare il nostro XV agosto alle Valli. In fondo, a cominciare da Pietro Valdo
di Lione, non sarebbe la prima
volta che prenderemmo, dai nostri fratelli francesi, qualcosa in
prestito.
G. Platone
sapevolezza che, da entrambe le
parti, apparteniamo a Colui che
ci ha chiamati. Come luoghi in
cui poter iniziare un confronto
di posizioni Conte ha suggerito
Tanalisi dei rispettivi materiali
catechetici e lo studio in comune, cattolici e protestanti, di temi teologici. In ogni caso il confronto,- ha aggiunto Conte, non
potrà solo risolversi in incontri
tra specialisti bensì deve svilupparsi alla base delle chiese.
Nel dibattito che ne è seguito
la signora Falchi prendendo la
parola notava che Tincontro non
solo era riuscito ma suggeriva
che iniziative del genere andrebbero riprese ed approfondite anche nelle comunità. Nel pinerolese esistono già piccoli gruppi di
confronto interconfessionale e —
secondo l’intervento di un sacerdote — è fondamentale che questi gruppi non si isolino rispetto
alla comunità. Tra gli interventi segnaliamo anche quello di
don Barbero che valutando positivamente la notevole partecipazione di gente a questo tipo di
dibattito, vista anche come garanzia contro un’eventuale « unità realizzata sopra le teste », si
è chiesto quando cattolici e protestanti copiinceranno ad affrontare di petto i grossi temi soggiacenti alle divisioni confessionali
tipo: l’eucaristia, l'episcopato, il
Sinodo, il pregare insieme.
Anche se quest’incontro sulla
« conciliarità » è stato tra specialisti tuttavia il lin^aggio abbordabile degli oratori ha permesso
di avere un’ informazione sufficiente sul problema ecuipenico
tale da poter essere ripresa e ridiscussa a livello locale. Al proposito sarebbe interessante se
chi ha registrato gli interventi
dei tre teologi ne facesse una trascrizione completa ad uso degli
interessati.
. , B-,
Tavola rotonda
L’Associazione « Enrico Arnaud » terrà ima sua seduta pubblica domenica 12 corr. alle ore
20,45 nei locali dell’Asilo. Tema
della tavola rotonda, a cui parteciperanno il past. Roberto
Nisbet, il past. Giorgio Toum e
il prof. Marco Armand-Hugon ;
CHE COSA SIGNIFICA OGGI
IL XVII FEBBRAIO.
L’associazione invita cordialmente tutti a partecipare.
Assemblea di chiesa
L’assemblea di chiesa di domenica 12 febbraio, avrà come
tema: L’educazione alla fede. La
riflessione sarà introdotta da un
breve documento e da alcune
considerazioni del gruppo monitori e catechisti.
CONCERTO
• Si annunzia per venerdì 24
alle ore 21 un concerto di musica antica eseguito dal complesso Georg Philip Telemann di
Torino. Il concerto è previsto
nel tempio dei Coppieri che si
presta molto bene anche sotto
il lato acustico ; le offerte saranno devolute al restauro del
tempio stesso.
In caso di cattivo tempo il
concerto si terrà in Torre Pellice alla Foresteria.
Incontro
pastorale
Il prossimo incontro pastorale del I Distretto avrà
luogo lunedì 13 febbraio :
ore 9.15 (biblioteca valdese
Torre Pellice); ABC
della fede evangelica : Legge, predicazione.
ore 12 : pranzo a Villa O
landa.
ore 13.30: Educazione alla fede ; questioni organizzative.
Domenica 26
incontro
dei concistori
a Pinerolo
Il problema del culto dibattuto nelle assemblee di
chiesa sarà ripreso e valutato in un incontro pubblico a cui sono invitati
in primo luogo i membri
dei concistori.
Programma :
ore 14.30: Introd. del tema (Giov. Conte).
ore 15 : Lavoro di grup
po per valutare quello che le
comunità hanno discusso e
concluso.
ore 16.30: Sintesi Anale.
FRALI
L’Assembl^ di Chiesa, riunitasi domenica 5 febbraio, ha
deciso alTunanimità di accettare
la richiesta della Tavola Valdese di poter inviare il pastore
Rostagno in Uruguay per un
periodo di cinque mesi, da maggio a settembre, per collaborare
ai corsi per laici organizzati dalla Chiesa Valdese del Rio de la
Piata.
La Tavola dal canto suo si è
impegnata a mandare a Prali un
sostituto.
Siamo lieti di questa decisione,
che rende visibile la solidarietà
con i fratelli della zona riopla. tense.
• Scusandoci per il ritardo,
diamo ora la notizia della nascita di im’altra pralina: Isa, figlia
di Sergio Peyrot e Mariella Richard, nata il 30 dicembre 1977.
POMARETTO
Unioni femminili
Riunione a Pofnaretto: domenica 12 febbraio, incontro con
alcuni giovani della EGEI;
Riunione all’Inverso: domenica 26 febbraio ;
Giornata Mondiale di Preghiera delle donne: dornenica 5
marzo a Pomaretto per il 3® circuito.
Giornata mondiale
di preghiera 1978
La liturgia è stata preparata
dalle donne canadesi sul tema:
A Lo spirito comunitario nella
vita moderna ».
I e II Circuito
Avrà luogo a Pramollo domenica 5 marzo alle ore 14,30 ospitata dall’Unione femminile valdese locale.
Per la relativa organizzazione
saranno presi contatti telefonici
con le Responsabili dei vari
Gruppi di attività femminile.
Il trasporto è previsto con un
servizio di pullman e preghiamo
di fare pervenire entro il 28 febbraio le prenotazioni del
I Circuito a Maria Tamietti
(tei. 932160) e del
II Circuito a Anna Maria Bertalmio (tei. 58681).
Rivolgiamo un caldo invito a
tutte le donne evangeliche di
voler partecipare a questo incontro raccogliendoci intorno alle
sorelle che ci ospiteranno nella
certezza di poter dire con il salmista : « Ecco, quant’è buono e
quant’è piacevole che fratelli dimorino assieme ! ».
Anna Maria Bertalmio
Maria Tamietti
SERVIZIO MEDICO
Comuni di ANGROGNA - TORRE
PELLiCE - LUSERNA S. GiOVANNi
- LUSERNETTA - RORA'
DalTII al 17 febbraio
Doti. MARINARO
Telefono 90036
FARMACIE DI TURNO
festive e hotlurno
Domenica 12 febbraio
FARMACIA INTERNAZIONALE
(Or. Imberti)
Via Arnaud, 5 - Tel. 91.374
Martedì 14 febbraio
FARMACIA MUSTON
(Dr. Menassero )
Via della Repubblica, 25 - 91.328
Domenica 12 febbraio
FARMACIA VASARIO
( Dott.ssa Gaietto)
Via Roma, 7 - Tel. 90.031
AUTOAMBULANZA
Torre Pellice : Tel. 90118 - 91.273
VIGILI DEL FUOCO
Torre Pellice : Tel. 91.365 - 91.300
Ldserna S. G. Tel. 90.884-90.205
LUSERNA
SAN GIOVANNI
• Il problema dell’educazione
alla fede indicato dal Sinodo sarà oggetto di attento esame sulla base della relazione presentata dalla commissione sinodale,
nei gruppi di catecumeni e giovanili come nelle riunioni di
quartiere. Una riunione di Concistoro aperta e allargata a tutti gli interessati avrà luogo domenica 2 aprile alle ore 14.30
per mettere insieme i risultati
della ricerca in vista di eventuali proposte operative.
• I ragazzi del pre-catechismo
sono convocati domenica 12 febbraio dalle 8,30 alle 12 per la
preparazione della loro partecipazione alla serata del 17 febbraio.
• I genitori dei catecumeni di
IV anno sono convocati sabato
11 febbraio alle 20,30 per un colloquio sull’ammissione in Chiesa
dei ragazzi.
La comunità esprime tutta la
sua simpatia cristiana e la sua
solidarietà nel dolore all’Anziano dott. Guido Ribet ed alla sua
famiglia per la scomparsa del
figlio Giovanni, deceduto dopo
lunga malattia a soli 37 anni.
Il Signore doni ai cuori afflitti la sua pace e le sue consolazioni.
AVVISI ECONOMICI
Per ricostituire il proprio archivio la
Claudiana cerca una copia del libretto
(o opuscolo): Piero Jahier, Fruzzicano
(racconto per ragazzi), stampato dalla
Claudiana a Firenze nel 190S. Chi lo
possiede farebbe cosa grata mettendosi
a contatto con l’Editrice Claudiana,
Via Pr. Tommaso, 1 - 10125 Torino.
Siamo interessati anche ad ottenerlo
in prestito per fotocopiarlo.
GIOVANE (37 anni), valdese, operaio
FIAT, cerca compagna onesta nubile scopo matrimonio. Indirizzare, se
possibile con foto, a: Tetto Evangelico, P^biterio Valdese, 10060 Angrogna (To).
GIOVANE 37enne, evangelico, ottima
moralità, buona posizione economica,
desidererebbe conoscere signorina
anche pari età per scopo matrimoniale. Scrivere presso L. Arimondi,
Vicolo Polluce, 2 - 26100 Cremona
VALDESE pensionato acquisterebbe
casetta rurale abitabile, indipendente con un po’ di terreno nelle Valli
valdesi. Telef. (OH) 262O029.
RINGRAZIAMENTO
La moglie di
Silvio Balmas
commossa per le manifestazioni di sim.'
patia tributate al suo caro, ringrazia,
riconoscente, tutti coloro che in vario
modo hanno preso viva parte al suo dolore. ,
S. Germano Chisone/ 1 febbraio 1978
RINGRAZIAMENTO
« Non mi trattenete, poiché
l’Eterno ha fatto prosperare il
mio viaggio: lasciatemi partire,
affinché io me ne ritorni al mio
Signore » (Genesi XXIV, 56).
Dott. Ing.
Giovanni Marco Ribet
Le famiglie Rüjet e Pisani, nell’impossibilità di farlo personalmente, commosse per la partecipazione al loro
profondo dolore, ringraziano: i Pastori Gino Conte e Alberto Taccia; i Medici curanti e il Personale tutto dell’Ospedale Evangelico Valdese di Torino; i Direttori, i Colleghi Dirigenti
e i Collaboratori della FIAT S.p.A. Settore Automobili - Divisione Stampaggio; i Compagni del Politecnico e
gli Amici tutti.
Torino, Via Vandalino, 1
Luserna S. Giovanni, 6 febbraio 1978
Eventuali offerte in memoria verranno devolute al Fondo per i laboratori
di chimica e fisica del CoUegio Valdese
di Torre Pellice, Via Beckwith, 1.
RINGRAZIAMENTO
I familiari della compianta
Aiina Maria Tron ved. Pons
nell’impossibilità di farlo personalmente, commossi e grati per la dimostrazione di affetto tributata alla loro cara,
rivolgono un vivo ringraziamento al
Dott. V. Bertolino, alla Signora Direttrice ed a tutto il personale della Casa
di Riposo di S. Germano Chdsone, ai
pastori Giov. Conte e R. Coìsson ed a
tutti coloro che con scritti, parole di
conforto e presenza hanno preso parte
al loro dolore.
« Io ho pazientemente aspettato
l’Eterno ed Egli s’è inchinato
a me ed ha ascoltato il mio
grido» (Salmo 40: 1).
San Germano Chisone - Pomaretto
31 gennaio 1978
8
8
10 febbraio 1978
IL CONFLITTO VIETNAM CAMBOGIA
Quel che si
e auel che
sa
si inventa
_____INTERVISTA DI PHAM VAN DONG
Vietnam - Cambogia
frontiera di fuoco
Si possono leggere tutti i quotidiani, senza distinzione di orientamento politico, e non si ha alcuna variante sulle notizie dell’attuale conflitto fra Vietnam e
Cambogia: infatti tutti i verbi
sono al condizionale. Quel che è
solo certo sono i comunicati ufficiali dei due paesi, uniche fonti
di informazione, ánche se debbono essere sottomessi alla critica deH’intenzione politica di chi
li scrive. Variano solo i titoli più
o meno allarmistici a seconda
della serietà dei giornali stessi.
Un settimanale, per esempio, che
passa per esser serio, già due volte mette, dei titoli che non corrispondono al contenuto degli articoli riproducendo addirittura
delle fotografie. Ma chi le ha prese se tutte le notizie provengono
o da Hong Kong o da Bangkok,
cioè da metropoli ben distanti
dalla zona di operazioni? Evidentemente son foto di repertorio
che si rifanno a chi sa quanti anni or sono.
Per dare un giudizio sulla situazione occorrerebbe rifarsi a
dati precisi ma anche questi sono incerti: della Cambogia ognuno sa che dalla fine della guerra
non vi sono in loco giornalisti. Si
è molto scritto di massacri ma
anche di questi quanto è vero e
quanto' non lo è? Vi è di certo
l’evacuazione di Phnom Penh e le
ben comprensibili sofferenze del
popolo che in pochi giorni ha dovuto lasciare, senza mezzi necessari, la grande metropoli. Vi è di
certo l’atteggiamento opposto
dei Vietnamiti che hanno saputo
perdonare ai loro aguzzini (fatto
unico nella storia) e che l’occupazione di Saigon (Ho Chi Minh
Ville) non ha dato luogo al benché minimo bagno di sangue. Per
una critica storica seria questi
sono i dati positivi, anche se contrastati dai veri nemici del Vietnam, gli integristi religiosi, filoamericani più degli stessi americani. A questo si aggiunga il numero di circa 200.000 rifugiati
cambogiani in Vietnam, dove sapevano di trovare una popolazione ed un governo molto più
umani.
Problemi di frontiere
e di inimicizie storiche
Un secondo elemento di giudizio sta nel fatto che i confini fra
le tre nazioni dell’ex Indocina
francese non sono precisi (1) e
che le intemperanze di frontiera,
con orientamento « umano » così
diverso, sono inevitabili, tanto
più se si considera l’inimicizia
secolare fra i due popoli in questione. In più è evidente che per
ragioni storiche, benché durante
la guerra pur ricevendo aiuti dalla Russia e dalla Cina abbia saputo tenersi indipendente dal
runa e dall’altra, il Vietnam è
ora più vigilante verso la Cina
che è alla sua frontiera e colla
quale ha avuto nei secoli passati
circa mille anni di guerra ed è
meno attento, anche se si schiera
fra i non allineati, all’influenza
della Russia che comunque è
molto distante. La Cambogia, alr opposto, preferisce l’amicizia
colla Cina dove del resto è stato
rifugiato, durante il conflitto, il
suo allegro monarca.
Perché comunque queste operazioni militari? Espansionismo
vietnamita? Desiderio di egemonia su tutta l’Indocina? Sarei più
prudente nei giudizi. Il Vietnam,
anche se militarmente il più potente, tanto che l’esercito cambogiano è oráticamente nulla al suo
confronto, è, impegnato a fondo
nella ricostruzione e non ha di
certo desiderio di distogliere alcuna delle sue forze o possibilità
da questo intento. Vuole ristabilire buoni rapporti con tutte le
nazioni. I colloqui di Parigi con
gli USA ne sono un segno. Meno
ancora pensabile una iniziativa
cambogiana che sarebbe follia
come l’attaoco di un gatto contro
una tigre. Ed allora? La spiegazione più plausibile è quella di
conflitti di confine e forse — come dichiara Hanoi — eccidi e
atrocità dei cambogiani a danno
dei vietnamiti confinanti, cioè
troppo prolungata guerriglia di
frontiera alla quale Hanoi ha vo
luto, una volta per sempre, metter fine. Da qui l’attacco fulmineo, l’occupazione del cosiddetto
« becco d’anatra » lasciando dietro solo piccoli e trascurabili focolai di resistenza cambogiana e
la via aperta su Phnom Penh a
55 chilometri di distanza.
Un conflitto
che non giova a nessuno
A questo punto l’esercito vietnamita segna il passo e almeno
per il momento, non sembra intenzionato a mettere in ginocchio la nazione rivale, anzi v’è il
suo insistente appello a negoziati. Sembra addirittura che abbia
fatto appello per questi alla Cina colla quale tiene cortese distanza per ben comprensibili ragioni. La frase finale deH’intervista di Phan Van Dong con l’agenzia di stampa vietnamita sembra
proprio proporre questa eventualità: « Facciamo appello a tutti i
fratelli ed amici perché diano un
contributo positivo al consolidamento dei rapporti di solidarietà
fra Cambogia e Vietnam e perché si astengano da ogni azione
che possa danneggiare la tradizionale amicizia fra i due popoli ». La tradizionale amicizia può
solo riferirsi all’aiuto reciproco
nella lotta di liberazione senza
andar più in là nella storia, però
sono anche vere due cose: la prima che Ho Chi Minh concepiva
il sogno di un partito comunista
indocinese unico come vero legame tra le tre nazioni; la seconda,
sulla quale son sicuro di non sbagliare — come ho verificato nei
fatti — è la grande umanità del
popolo vietnamita che è assetato
di libertà ed indipendenza quanto di pace e di buone relazioni
con tutti i popoli. Lo dicono chiaramente sia la politica governativa sia le espresSiiSni artistiche
del popolo, sia infine, il comportamento di tutta la società. Del
resto a chi gioverebbe un conflitto? Non alla Russia, seppure
nemica della Cina, perché impegnata comunque nella distensione, non alla Cina, ■ tesa verso il
rilancio economico e che non
avrebbe alcun vantaggio in una
nuova guerra indocinese nella
quale oltre a tutto, rischierebbe
il suo prestigio, non ai Cambogiani che avrebbero all’interno
una guerra civile per i troppi
scontenti per le azioni di rappresaglia subite dai kmer rossi ed
infine neppure al Vietnam il quale, malgrado il suo potentissimo
e perfettamente addestrato esercito, ha tutte le convenienze di
stabilire rapporti amichevoli con
ogni nazione per uscire dall’economia di sopravvivenza nella
quale,"in conseguenza di una così
lunga guerra, si è trovato.
Tallio Vinay
(Da l’Astrolabio, 14.1.1978).
(1) Esempio: il Laos ha 3 milioni di
abitanti, mentre 6 milioni di laotiani sono in territorio thailandese.
D.: Il nostro popolo ha sempre manifestato sentimenti di
amicizia verso il popolo della
Cambogia. Tuttavia il Governo
della Cambogia Democratica
pretende, nelle sue dichiarazioni
del 31 dicembre 1977 e del 3
gennaio 1978, che l’esercito della
Repubblica Socialista del VietNam «abbia aggredito la Cambogia, massacrato U suo popolo
e ¡echeggiato i suoi beni ». Potreste risponderci su questo argomento?
R, : Con queste dichiarazioni, il
Governo della Cambogia Democratica ha grossolanamente calunniato la Repubblica Socialista del Viet Nam e rifiutato la
nostra proposta di avviare nel
più breve tempo negoziati per
un regolamento del problema di
frontiera fra i due paesi.
È da molto tempo che le autorità della Cambogia hanno intrapreso una campagna destinata a fomentare odio fra i due
popoli ed hanno violato il territorio vietnamita. Questa situazione ci rattrista profondamente.
Immediatamente dopo la vittoria del 17 aprile 1975, le autorità della Cambogia hanno iniziato a maltrattare i nostri concittadini, massacrando migliaia
di questi, saccheggiando i beni
di decine di migliaia di altri e
ricacciandoli poi in Viet Nam.
Il 4 maggio 1975, l’esercito della
Cambogia ha . attaccato l’isola di
Phu Quoe — l’8 piaggio 1975, esso è sconfinato sul territorio
vietnamita in numerosi luoghi
da Ha Tien a Tay Ninh — il 10
Verso
dal
una tecnologia
volto umano
Le chiese sono chiamate ad una scelta etica di fronte alla sfida nucleare
Il Concistoro della Chiesa nazionale protestante
di Ginevra ha nominato nel 1975 una commissione
incaricata di fornire una documentazione e delle proposte sull’atteggiamento da prendere circa il problema energetico in generale e l’utilizzazione in
particolare dell’energia nucleare. Questa commissione, dopo varie riunioni e consultazioni ha presentato un documento recepito dal Concistoro nel febbraio 1976 e divulgato alle Chiese. Ne pubblichiamo
qui appresso la DICHIARAZIONE FINALE, come
contributo di una Chiesa sorella su un argomento di
grande attualità.
1) Non ci pare esatto sostenere che — per quanto concerne
i bisogni energetici a livello
mondiale — uno sviluppo accelerato dell’industria nucleare obbedisca a necessità ineluttabili. Al contrario, tutto sta a dimostrare che, a condizione di
investire somme eguali nello
sfruttamento di altre energie
« nuove », l’attuale tecnologia
è in grado di assicurare l’avvenire materiale della nostra civiltà.
2) Benché accettata da numerosi governi, la scelta nucleare
dei tecnocrati è tanto più contestabile in quanto comporta rischi considerevoli e di un genere inedito. A tutt’oggi non è stata trovata alcuna soluzione ragionevole per quanto concerne
i rifiuti radioattivi. Nessuna risposta è stata data alle preoccupazioni relative alla protezione
delle centrali contro i rischi di
furti o di attentati, all’inevitabile rafforzamento delle restrizioni di polizia ed alle sue pericolose conseguenze, alle generazioni future, alla sorveglianza delle zone proibite e dei depositi
di scorie che non possono essere « neutralizzate » prima di migliaia di anni. Rimane infine il
pericolo maggiore che l’energia
di fissione nucleare rappresenterebbe per il nostro patrimonio
genetico.
3) Nel basarci su queste constatazioni, ecco i punti essenziali che motivano la presente conclusione, sulla base della nostra
fede cristiana :
a) Il lavoro delle Chiese
per la giustizia e per la pace
sembra incompatibile con l’insicurezza legata alla proliferazione nucleare. Da un lato, in
effetti, in tale campo, la frontiera fra utilizzazione pacifica e
impiego militare è incerta. Dall’altro, il gigantismo tecnologico, colla vertigine di potenza,
ch’esso implica, non è forse una
tentazione spirituale assai vicina alla follia collettiva degli armamenti?
« L’atomo non è per la pace »
(prof. AÌfven, premio Nobel per
la fisica), ci dice un gran numero di scienziati. La Santa Scrittura, ed essa per prima, ci pone chiaramente in guardia contro un genere di civilizzazione
che tende ad un materialismo
eccessivo (1).
b) Un secondo punto decisivo è la responsabilità dell’uomo verso l’ambiente naturale
già gravemente perturbato. Certo, la polluzione radioattiva non
è la sola a mettere in pericolo
la biosfera. Essa nondimeno diventa una delle più preoccupanti, specialmente perché essa attacca i meccanismi infinitamente delicati che reggono l’equilibrio ereditario. Ora, per quanto riguarda l’industria nucleare,
sarebbe sufficiente una serie di
incidenti provocati occasionalmente dalle centrali per alterare
l’ambiente vitale che ci è indispensabile (2).
c) Se la creazione non ci appartiene, a maggior ragione non
possiamo attentare alla sicurez
za delle generazioni che verranno dopo di noi. Si tratta di testimoniare una solidarietà fraterna fiel senso più imperativo
della parola (Matteo 7: 12).
La nostra società del XX secolo, assicurandosi il proprio benessere, non commetterebbe un
crimine a forza di ipotecare la
esistenza dei propri discendenti? (3).
(...) Tutto ciò comporta — e
bisogna saperlo — che la popolazione e le autorità si trovino
di fronte ad una scelta etica di
prima importanza.
Senza voler essere pessimisti
sulla scienza dell’atomo e su
certe sue realizzazioni, ci pare
evidente che la «sfida nucleare» comporta un numero eccessivo di rischi e di incognite che
procedono d’altronde di pari
passo coi problemi di sopravvivenza che da ora innanzi condizioneranno il cammino dell’umanità. Come infatti si sottolineava già a Nairobi (in occasione
della quinta Assemblea del CEC,
n.d.tr.) tutti i popoli sono tenuti a realizzare, pèr assicurarsi il
futuro, ad ogni costo «una società mondiale ecologicamente
responsabile ». Il compito dei
loro scienziati e dei loro governanti, il nostro compito consiste nel promuovere urgentemente « una tecnologia dal volto
umano ». Alla Chiesa cristiana
serva dell’Evangelo, il compito
di ricordare la suprema ispirazione di questa scelta per la vita e contro la morte, per l’uomo
e contro l’inumano (4).
maggio 1975 esso ha occupato
l’isola di Tho Chu. Nel corso di
questi ultimi due anni la Cambogia si è data a continui atti,
violando la sovranità ed il territorio del Viet Nam in modo
sistematico e con un’ampiezza
sempre maggiore su tutta la
frontiera dove le popolazioni
dei due paesi coabitavano da
molto tempo in amicizia. Il suo
esercito ha attaccato regioni popolose, cefttri urbani, capoluoghi di provincia, nuove regioni
economiche, scuole, ospedali, pagode, chiese... Dall’inizio del
maggio 1975, ha violato migliaia
di volte il territorio vietnamita,
uccidendo o ferendo migliaia di
civili, portandone via centinaia
d’altri, incendiando migliaia di
abitazioni e saccheggiando grandi quantità di beni delle locali
popolazioni vietnamite. Sono dei
crimini estremamente barbari,
una realtà particolarmente crudele.
Dall’aprile 1977, la parte cambogiana ha rotto le sue relazioni con il Comitato di unione bipartitico, incaricato del regolamento delle dispute di frontiera
e rifiutato a parecchie riprese
le nostre proposte di negoziato
per un regolamento del problema di frontiera fra i due paesi.
E egualmente da questa data
che essa ha moltiplicato con
un’ampiezza sempre crescente i
suoi atti di violazione della nostra sovranità territoriale. Avendo a cuore la solidarietà militante e l’amicizia fraterna fra i due
popoli, abbiamo dato prova di
una pazienza estrema.
Il nostro popolo ed il nostro
esercito nelle regioni di frontiera hanno dato egualmente prova di prudenza, ma la Cambogia,
prendendo la nostra pazienza e
là nostra prudenza come segno
di debolezza, ha aumentato sempre più le sue azioni.
Di fronte a questa grave situazione, il nostro esercito in
queste regioni si è visto costretto ad intraprendere azioni di
auto difesa con la determinazione di difendere la sovranità ed
il territorio del nostro paese e
di proteggere la vita ed i beni
così, come il pacifico lavoro della popolazione.
Ultimo sprint
Numerosi lettori non
hanno ancora rinnovato (e
siamo al 19 febbraio) il
loro abbonamento. Mentre invitiamo i ritardatari
a mettersi in regola per
il 1978, chiediamo ai lettori che intendono disdire
l’abbonamento (e ci auguriamo che siano pochi)
a comunicarcelo a breve
giro di posta. Grazie.
(1) Gen. 11: 1-9; Ez. 28: 1-19;
Apoc. 18; Luca 4: 1-13;' Giob. 28;
Ger. 9: 22-23; I Cor. 6: 12.
(2) Rom. 8: 20-23; Gen. 1: 27-30;
2: 15-17; Salmi 8 e 104; Es. 41:
18-20; Lev. 25: 23; Osea 14: 4-8;
Mat. 6: 25-34; Luca 12: 6-7.
(3) Mat. 5: 1-16; Luca 6: 39;
id 9: 25; Gal. 5: 13-18; id. 6: 2;
Atti 5: 29; Rom. 13: 1-7; I Tim.
2: 1-4.
(4) Deut. 30: 19-20; Luca 10:
28-37; Giov. 19: 5; Ez. 33: 1-11;
Ef. 6: 10-20.
Comitato di Redazione : Bruno Bellion, Giuliana Gandolfo Pascal, Marcella Gay, Ermanno Genre, Giuseppe Platone, Paolo Ricca, Fulvio Rocca, Sergio Rostagno, Roberto SbafFi,
Liliana Viglielmo.
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