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ECO
DELLE WII VALDESI
BIBIJOIr-CA VALÜC.SE
10066 TO.LRE PEILIC2
Settimanale
della Chiesa Valdese
Una copia Lire 100
Anno 111 - Num. 49
\RRONAMENT1
j L. 5.000 per l’interno
\ L. 6.000 per l’estero
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Cambio di indirizzo Lire 100
Torre Pellice, 13 dicembre 1974
Amm.: Via Cavour, 1 bis - 10066 Torre Pellice - c.c.p. 2/33094
« L’anima mia esalta il Signore,
il mio spirito festeggia in Dio, mio Salvatore »
Voglia di cantare
Il tempo di Avvento, nella testimonianza evangelica, è fiorito di canti.
E sono sempre canti di gioia. Il canto
di una ragazza madre a Colui che è
all’origine di quella maternità; il canto di un vecchio clinicamente negato
alla paternità, a Colui che gli ha pur
dato un figlio; il canto angelico, che
avvolge la trasmissione della buona
notizia a un gruppo di mandriani, impegnati in una dura notte di vigilanza, all’addiaccio inconfortevole in una
fredda notte nella steppa mediorientale, ai margini '— e non solo topograficamente — della civiltà evoluta
dell’epoca .
Canti di gioia, canti di lode: il cuore dà un balzo, al meraviglioso intervento di Dio, e la lingua si scioglie, e
parole nuove si fondono con quelle
antiche, lavorate da una secolare, millenaria esperienza di fede, di speranza. Alle parole di cantici ripetute nel
culto da generazioni di credenti, che
tornano in cuore e affiorano prepotenti sulle labbra di fronte al fresco rinnovarsi del fatto meraviglioso che Dio
è lì, viene, agisce, redime — a quelle
parole antiche se ne affiancano altre,
fresche, nuove, ad esprimere — anche
per noi — l’esultanza dell’ora, del fatto: tutto l’essere è rivolto a Dio in
questa festa, teso a esprimere l’inesprimibile, a esaltare Colui che i cieli
dei cieli non possono contenere, e che
pure non ci ha dimenticati e ha voluto essere con noi.
Sono canti sobri, robusti, realistici.
Questa gente non dà in escandescenze entusiastiche, non esala flebili sentimenti, non si rifugia nel tempio. Maria (Miriam) è della tempra di Miriam e di Debora; Zaccaria mostra di
essere tutt’altro che un sagrestano; i
mandriani, su cui piovono i messaggeri di Dio, erano notoriamente gente
che faceva una vita da bestie, disprezzata dai religiosi proprio perché il loro lavoro di pastorizia nomade, nella
steppa semidesertica, lontano dai centri abitati, li tagliava fuori da ogni
possibilità di partecipare alla vita cultuale e religiosa. Sono gente che conosce la vita, che ha gli occhi aperti
sulla realtà; e non li chiude, questi
occhi, non li distoglie da questa realtà, per ’levarli’ a Dio nella contemplazione di un’ora o di tutta la vita. Sono
però gente che hanno visto "altro",
hanno ascoltato e preso sul serio un
messaggio portato loro, e adesso vedono, come rieri, anche l’oggi e il domani illuminati, riscaldati da questa
parola, da questa promessa — di Dio
— che comincia ad ’accadere’ davanti
a loro, nel vivo della dura realtà quotidiana.
C’è in noi, in questo tempo d’Avvento, questa incontenibile voglia di cantare? Voglia di cantare a Dio, di esaltarlo, per quel poco o nulla che possiamo, di festeggiare in lui, per quel
che ha fatto, per quel che ci ha detto, dato, promesso, non per noi soltanto, ma per il mondo intero in travaglio, per l’umanità, con i suoi potenti e superbi, con i suoi umili, i suoi
affamati, i suoi ricchi, i suoi oppressi
e tutti coloro che sono nelle tenebre
e nell’ombra di morte: e chi non lo è,
in un modo o nell’altro, prima o poi?
Festeggiare in Dio, celebrarlo — perché no, con la cetra, o l’harmonium, e
col canto — per le grandi cose che ha
cominciato a fare a partire da quel
neonato, « posto a caduta e a rialzamento di molti » come « un segno di
contraddizione » (Luca 2: 34): possiamo e dobbiamo avere il coraggio di
questo canto, sulle labbra e in cuore,
nell’assemblea e in casa e sul lavoro,
tenendo gli occhi ben aperti sulla realtà. Sia — questo ci è più facile e spontaneo — sulla nostra realtà personale
e familiare, di fronte al vuoto che può
essersi aperto, ancora quest’anno, nella nostra casa, al malato accanto a noi
0 che forse noi stessi siamo in questo
momento, di fronte a un -serio problema di sussistenza o di lavoro;
sia — questo ci è più difficile
— sulla realtà umana vicina e lontana: i lavoratori all’estero e i frontalieri ricacciati in una patria matrigna, i disoccupati fra noi, le vittime
della violenza nelle nostre città, gli affamati del Sahel e del Bangla Desh,
1 duri avversari del conflitto araboisraeliano, gli orfani vietnamiti, i prigionieri e gli internati e i torturati; i
bambini della savana africana ancora
iniziati ai millenari culti pagani che li
asserviranno, i ragazzi dei suburbi o
dei vecchi centri delle grandi metropoli iniziati e asserviti ai culti pagani
della droga e della violenza; attori e
vittime della guerriglia, dall’Angola alla Bolivia, al Vietnam; bianchi potenti timorosi nei loro quartieri e neri
subordinati sognanti riscatto e covanti
odio nei compounds sudafricani... chi
potrebbe abbracciare tutte le speranze e la disperazione, l’orgoglio e l’umiliazione, la buona volontà e la malvagità deliberata, lo slancio altruistico e l’egoismo perseverante, la tenerezza umana, così indifesa, e la durezza coriacea, il peccato, il male compiuto e subito, dalla sede dell’ONU ai
nostri parlamenti, alle organizzazioni
politiche, sindacali, ai movimenti e
contromovimenti, alla vita quotidiana
delle masse: tutto questo ribollire, a
volte impetuoso, apparentemente travolgente e che in realtà incide così di
rado in profondità e mai, comunque,
va veramente a fondo, al cuore delle
cose, di noi?
È di fronte a tutto questo che l’Avvento ci invita a cantare, ad avere coraggio e voglia di cantare: perché
« l’Aurora da alto » ha cominciato a
« splendere su quelli che sono in tenebre e in ombra di morte, per gui
ZAIRE
NATALE
giorno lavorativo
Kinshasa (soepi) — L’Ufficio politico del governo della Repubblica dello
Zaire, presieduto dal Capo dello Stato, cittadino Mobutu sese seko, aveva
deciso il 20 .giugno scorso che il 25 dicembre non sarà più porno festivo.
Come hanno reagito le Chiese zairesi?
Il past. Itolo Bokeleale, responsabUe
della Chiesa di Cristo nello Zaire, la
quale raccoglie 53 comunità protestanti, fa il punto sulla questione.
Né la Chiesa di Cristo nello Zaire,
né la Chiesa cattolica romana, né la
Chiesa kimtaanguista hanno reagito a
tale misura. Perché? La questione è
delicata. Bisogna sapere che l’Ufficio
politico non ha toccato l’anniversario
di Cristo. Secondo esso i cristiani, che
costituiscono la maggioranza della popolazione, hanno il dovere di adorare
il loro Signore, inclusi il capo dello
(continua a pag. 2)
dare i nostri passi sulla via della pace » (Luca 1: 78-79). Per questo «Dio
ha visitato e riscattato il suo popolo
e ci ha suscitato un potente Salvatore » (v. 67), per questo ha guardato a
noi, suoi servi, per quanto in basso
fossimo (Luca 1: 48), in tutti i sensi;
la sua giustizia avhà l’ultima parola
sui potenti prepotenti e la misericordia ricreatrice sarà la sua ultima parola per gli umiliati umili davanti a
lui.
Nel canto d’Avvento, siamo invitati,
sollecitati a centrate la nostra attenzione su Dio e su qùel che ha fatto, fa
e farà in Cristo. È il canto della nostra impotenza, ad ascoltarlo dal di
fuori della fede; ma per chi si sa, con
l’intero creato, in sua presenza, per
chi ha cominciato a conoscerlo, a incontrarlo, è il canto della sua onnipotenza, un canto quindi di gioiosa fiducia, di speranza cento volte ferita
ma non uccisa. Il canto possibile anche nella persecuzione, anche in carcere (Atti 16: 25), anche smozzicato
sulle labbra di un morente. Questa
non è agiografia oleografica, è realtà,
anche se rara, come la fede.
Chi conosce questo Salvatore, chi
crede la parola che ce l’annuncia, la
testimonianza che ce l’attesta, guarda
con occhi diversi la realtà vicina e loiitana, vive con cuore e con volontà diversi la vita quotidiana. Certo, è quella vita quotidiana, è quella realtà: ma
redenta in speranza, sottratta alla fatalità, tenuta in ultima analisi in pugno dal Signore. Quindi anche offertaimposta alla nostra testimonianza, al
nostro servizio fraterno, comunque
concepito e attuato. Non che noi possiamo, con il nostro aiuto a un’altra
creatura, aggiungere nulla all’amore
che Dio ha per essa: ma essa deve
avere la possibilità, spesso anzitutto la
possibilità strettamente materiale di
venire a sapere di questo amore, per
poterne anch’essa festeggiare fin d’ora, in povertà e in ricchezza, in felicità e in dolore, in salute e in malattia, in gioventù e in vecchiaia, in vita
e in morte,^ cantand«- di cuore a Dio,
nostra speranza' e nostra forza.
Un gruppo di sorelle ci ha voluto
offrire, in questo Avvento, una ricca
polifonia, un coró a molte voci, riflettendo e narrando esperienze sul nostro canto protestante (v. a pag. 4 e 5).
Grazie, per averci rinfrescato la voglia di cantare, e di cantare rettamente. Non è affatto detto che chi ha voglia di cantare, come di pregare, sia
poi più inattivo e infecondo di altri,
più egoista. Niente affatto. C’è comunque nel mondo — chiesa compresa —
un gran bisogno di gente che abbia
voglia di cantare anche per gli altri
questo canto, e di trascinarveli, stonati o meno, che importa?
Gino Conte
Dal 1 gennaio 1975 "La luce" sarà il senimanale
Gomnne delle chiese metodiste e valdesi
Secondo le decisioni della Conferenza Metodista e del SinocJo Valdese
nel quadro della progressiva integrazione globale fra le due Chiese, con i
1 gennaio 1975 «La Luce» sarà il «settimanale delle chiese valdesi e metodiste ». Con identico contenuto, verrà continuata la pubblicazione di un edizione con la testata « L'Eco delle Valli Valdesi ». Giunge così ad attuazione una
tappa del processo d'integrazione, che sarà d'importanza vitale per il vivere
insieme" dei credenti e delle comunità delle due Chiese.
Il periodico, nuova serie, avrà una presentazione tipografica in parte rinnovata ; sarà diretto dal past. Giorgio Tourn, il comitato redazionale è costituito da parte metodista, da Valdo Benecchi, Niso De Michelis e Gianpaolo Ricco
e da parte valdese, da Bruno Bellion, Gustavo Bouchard, Ermanno Genre, Roberto Peyrot, Paolo Ricca, Bruno Rostagno, Tullio Viola. Il comitato ha avuto
una seduta programmatica a Milano, venerdì 6 dicembre ; si riunirà a scadenze
più distanziate, mentre il gruppo piemontese fungerà da esecutivo, con riunioni
almeno quindicinali.
Questo momento di trasformazione, sia pur parziale, e di allargamento va
colto per attirare l'attenzione, in ogni chiesa, so questo mezzo essenziale d informazione, collegamento, formazione. Ci permettiamo di raccomandarlo con
forza e con calore.
UN TELEGRAMMA DEL SEGRETARIO GENERALE DEL G.E.C.
ALLA GIUNTA MILITARE DI ADDIS ABEBA
Esecuzioni sommarie in Etiopia
Ginevra ( soepi). Il 27 novembre il past. Philip Potter, segretario generale del CEC, ha diffuso
questa dichiarazione: « Sono stato profondamente costernato nell’apprendere l’esecuzione sommaria, senza giudizio, di sessanta exministri, personalità e ufficiali,
che ha avuto luogo in Etiopia il
23 novembre. Il Consiglio ecumenico delle Chiese ha espresso più
volte, nel corso degli ultimi anni,
il suo interessamento sincero e
costante verso l'Etiopia e il suo
popolo. Deploriamo questo flagrante rifiuto dei diritti fondamentali dell’uomo, in questo atto
commesso da capi militari. Una
punizione così severa, in spregio
a ogni procedura giudiziaria, può
far nascere tendenze nefaste per
gli interessi del popolo etiopico.
« Esprimendo la nostra profonda inquietudine, non formuliamo
un giudizio sulla situazione politica etiopica. Speriamo sincera
MEDITAZIONI D’AVVENTO II
CC...C osni
occhio lo
(Apocalisse 1, 7)
vedrà»
È un antico desiderio quello di vedere Dio. « Deh,
fammi vedere la tua gloria » chiede AAosé al Signore.
« Mostraci il Padre, e ci basta » chiede Filippo a Gesù. Anche Isaia vorrebbe vedere Dio e lo supplica dicendo: « Oh
squarciassi tu pure i cieli, e scendessi ! ». Perché vorremmo vedere Dio? Perché non è facile vivere tutta una vita
con uno che « nessuno ha mai visto» (Giovanni 1, 18),
I'« invisibile Iddio» (I Corinzi 1, 15). Non è facile credere fino in fondo nell'Invisibile, dialogare con l'Invisibile, predicare l'Invisibile, puntare tutto sull'Invisibile. Col
tempo ci si può stancare. Si può cominciare a dubitare. E
se fosse tutta un'illusione, un prodotto della fantasia? L'invisibilità di Dio ci disarma e nello stesso tempo fortifica l'incredulità. È il miglior argomento in suo favore: se
questo Dio non lo si vede mai, neppure da lontano, neppure di sfuggita, potrebbe anche non esserci I
La Bibbia però ci fa fare, a questo proposito, una scoperta. Mentre noi pensiamo che un Dio che non si vede
potrebbe anche non esserci, la Bibbia ci fa scoprire che
potremmo anche essere noi a non vedere un Dio che c'è.
La Bibbia cioè allarga i termini della questione: non c'è
solo Dio che è invisibile, ci siamo anche noi che vediamo
male. Giobbe lo sapeva : « Dio mi passa vicino e io non
lo vedo» (Giobbe 9, 11). Noi l'abbiamo dimenticato.
Siamo ben consapevoli dell'invisibilità di Dio, ma non ci
rendiamo conto della nostra cecità. Ci sembra di veder
chiaro. Eppure non è un caso che, secondo gli evangeli,
Gesù ha guarito tanti ciechi ed è anche per noi che egli
ha parlato di coloro che « vedendo, non vedono » (Matteo 13, 13). Ma se gli chiediamo «Siamo ciechi anche
noi? » (Giovanni 9, 40), non è perché crediamo di esserlo
ma perché crediamo di non esserlo.
I fatti però sono questi, che Dio è venuto e quasi nessuno l'ha visto. « La grande storia mondiale non si è quasi accorta di lui » (Bornkamm). Ma anche la piccola storia
personale di molti non se ne è quasi accorta. Eppure non
era invisibile; erano i nostri occhi a essere chiusi.
Qualcuno però ha cominciato a vedere. Un cieco anonimo dichiara : « Una cosa so, che ero cieco e ora ci vedo ».
Pietro e Giovanni affermano davanti al Sinedrio: « Quanto a noi non possiamo non parlare delle cose che abbiam
vedute e udite » e Giovanni dirà nella sua prima lettera :
« Quel che abbiam veduto con gli occhi nostri... noi l'annunziamo anche a voi ». Qualcuno ha cominciato a vedere, ma sempre pochi. Un giorno, invece, saran tutti.
« Ogni occhio lo vedrà ». Quelli che hanno creduto e
anche quelli che non hanno creduto. Quelli che hanno affermato l'Invisibile e quelli che l'hanno negato. Quelli che
hanno appoggiato il loro cuore su un Dio senza evidenza
e quelli che l'hanno appoggiato su un'evidenza senza Dio.
Tutti, un giorno, lo vedranno. Tutti i figli di Abramo che
« benché vedesse il suo corpo svigorito e che Sara non
era più in grado d'esser madre... sperando contro speranza, credette » (Romani 4, 18-19) e tutti i figli di Toma
che dicono con lui : « Se io non vedo nelle sue mani i
segni dei chiodi, e se non metto il mio dito nel segno dei
chiodi... io non crederò » (Giovanni 20, 25). « Ogni occhio lo vedrà ». Allora non ci sarà più bisogno di credere e non ci sarà più motivo di non credere. Credenti e
increduli saranno finalmente uniti nella stessa visione:
colui che prima li divideva, ora li unisce. Sia perché Dio
non sarà più invisibile, sia perché noi non saremo più
ciechi.
Nel frattempo — che è tempo d'Avvento — fino a
quel giorno — che è il giorno finale — la beatitudine
evangelica non è per chi vede ma per chi crede. Allora,
tutti lo vedranno ; ma ora « beati quelli che non han veduto, e hanno creduto! » (Giovanni 20, 29).
Paolo Ricca
mente che questi ultimi avvenimenti non ostacoleranno in alcun
modo gli sforzi intrapresi per realizzare le speranze e le aspirazioni
del popolo etiopico per un avvenire migliore di libertà e di giustizia.
« Chiediamo con insistenza alle
autorità etiopiche di vegliare a
che coloro che sono ancora detenuti beneficino di un processo
giusto, di una difesa legale e di
dibattiti pubblici davanti a tribunali imparziali ».
■ Appelli analoghi, sinora respinti o senza esito, sono pervenuti alla giunta ài
Addis Abeba da capi di Stato africani, dall’assemblea e dalla segreteria generale delrONU e da numerose organizzazioni internazionali, fra cui 1» Commissione internazionale dei giuristi e Amnesti International.
La Chiesa copta
vuole rimanere
Chiesa di Stato
Gli avvenimenti si susseguono drammatici in Etiopia, a livello di presa del
potere, e in Eritrea a livello di vera e
propria guerra civile. Pensiamo in un
modo particolare ai nostri iratelli all’opera là, ad Asmara e ad Addis Abeba.
Ecco, intanto, da un recente bollettino
del SEPD, alcune notizie relative all’atteggiamento della Chiesa copta, finora Chiesa di Stato in Etiopia, e pesantemente tale.
La Chiesa copta ha protestato contro la nuova Costituzione etiopica, che
proclama la laicità dello Stato. Il patriarca, l’abuna Teofilo e i membri del
Sinodo rifiutano di essere equiparati,
in quanto Chiesa copta, agli altri culti. Fin dall’antichità la Chiesa ortodossa etiopica è sempre stata la garante
della giustizia, della morale e dell’eredità culturale etiopica, essi affermano;
la bozza di nuova Costituzione vuol
separare la Chiesa dal popolo, e ciò
sarebbe di danno all’una e all’altro.
Circa la metà della popolazione etiopica appartiene alla Chiesa copta.
La giunta militare di Addis Abeba
ha rivolto gravi accuse alla Chiesa
copta, fino al regno di Hailé Selassié
Chiesa di Stato senza limiti. La Chiesa
è accusata di avere sottratto negli ultimi trent’anni milioni di dollari etiopici di tasse. Qualora essa non rifonda
t^ie debito in denaro, sarà costretta a
rifonderlo mediante l’espropriazione di
beni ecclesiastici per un valore equivalente. L’abuna Teofilo è stato personalmente invitato a versare nel più
breve termine di tempo 500.000 dollari
etiopici allo Stato quali tasse su fitti
c mezzadrie.
Dopo la caduta dell’imperatore Hailé Selassié si sono intensificati gli sforzi di'' musulmani etiopici per ottenere
un libero esercizio della loro religione.
Recentemente il capo del governo provvisorio militare (ora per altro passato
per le armi) aveva ricevuto trenta dirigenti della comunità islamica, per un
lungo colloauio, e aveva rivolto loro
l’augurio migliore per la solenne conclusione del Ramadan, il mese festivo
e di digiuno islamico.
2
pag. 2
N. 49 —13 dicèmbre 1974
r
Gesù e remarrinato
Vr ’ \ ( Mk« i
(Marco 5: 1-20)
È un racconto popolare. Per certi
esegeti, questo vuol dire che non va
preso troppo sul serio. Ritengo invece
che, attraverso il racconto e alcuni
suoi particolari, si esprima una capacità di giudizio che viene dalla fede e
va presa estremamente sul serio. Il
racconto ci dice come un’intera società possa essere dominata dal male e
come venga liberata.
Vediamo innanzitutto un uomo solo, un pazzo, un emarginato. Vive nei
luoghi della morte, la sua esistenza
è quanto di più vuoto e insensato si
possa immaginare. Le sue energie sono moltiplicate proprio dal fatto che
egli non ha uno scopo a cui indirizzarle, e si volgono contro di lui. Dominato dalla morte, l’unica azione che
può ancora compiere, è quella di distruggersi. Quest’uomo è come la nostra società, che ha perduto il senso
vero dell’esistenza e non può che usare il proprio enorme potere tecnico e
politico per distruggere se stessa, le
altre civiltà, tutto ciò che le sta attorno. Infatti quest’uomo non è che lo
specchio del suo paese.
Anche gli abitanti sani del villaggio
vivono una vita apparentemente disciplinata, in realtà dominata dall’in
sensatezza. Il racconto lo esprime dicendo che essi allevano e mangiano
dei porci; è un giudizio incomprensibile per noi, se dimentichiamo che,
per chi scrive il racconto e per i suoi
lettori, i porci non sono degli animali
neutri e non sono il legittimo patrimonio, la legittima fonte di vita degli
abitanti: il fatto che siano il loro patrimonio passa in secondo piano, di
fronte al fatto che essi leghino la loro
vita a questi animali impuri. Per i
giudei i porci erano precisamente gli
animali in cui si annidava il potere
di distruzione del demonio. Per noi
può significare che l’economia, la
scienza, la tecnica non sono mai neutre, e che in certi oggetti del nostro
consumo vi è un potere che consuma.
I gheraseni non erano evidentemente coscienti di questo, ma il fatto che
isolino il pazzo non è casuale: egli rispecchia in forma acuta il male di
tutti, perciò non possono sopportare
la sua presenza e lo devono isolare.
Una società che vuol coprire il proprio male non può che fare degli
emarginati da una parte e degli integrati dall’altra. È l’unico modo per
contenere, anzi per illudersi di contenere il male che è alla radice di tutto,
il disordine che ci minaccia e di
Davanti a ‘lui però ora si trova' la
potenza di Gesù. Gesù non si limita
a denunciare il male, lo vince.
Per questo il male è costretto a uscire totalmente ^lo scoperto, a confessare la sua vera natura: è lo spirito
di schiavitù, di distruzione, di non senso, di vuoto, che non può sopportare
la presenza di Gesù, dell’uomo libero
in cui si manifesta la potenza di vita,
la pienezza di senso dell’Iddio altissimo: « non tormentarmi ».
La risposta di Gesù sembra una concessione al maligno: il fatto dei porci
che si gettano nel lago è imbarazzante
per la nostra mentalità. Ma non dobbiamo dimenticare che i porci sono
ne! racconto l’indice che rivela tutta
un’impostazione di vita a distruzione
dell’uomo.
Gettandosi nel lago, i porci dimostrano ciò che sono in ;ealtà: nella
loro corsa insensata e nella loro fine,
essi rivelano lo spirito di una società
in cui tutto ha perso il suo valore.
Ma questo fatto, nella sua drammaticità, contiene una speranza: è la fine
dei porci, non è la fine degli uomini;
la rovina di un sistema di vita è in
realtà l’appello a iniziare su nuove
basi. L’atto di Gesù è liberazione. Non
soltanto l’indemoniato, ma tutto il
paese è liberato dal male che lo dominava.
devono servire a dimostrare che una
via diversa è posisibile.
L’emarginato si contrappone quindi
alla società in mqdo nuovo e positivo.
Non è più il segno del suo male, è il
segno della sua Calvezza. Per questo
egli non vivrà più fra i sepolcri, vivrà
in mezzo agli uomini vivi, integrato a
modo suo in questa società. Anche se
gli altri lo volessero, egli non potrebbe più separarsi dà loro. Vive con loro,
appello a una vera e profonda unità.
Una società malata crea degli emarginati, una società liberata è una società
in cui tutti possono vivere insieme,
lottare insieme contro il male finalrnente scoperto e 'riconosciuto. L’emarginato torna a vivere con tutti gli altri, finché tutti qvranno capito che
non ci si libera dàl male nascondendolo, ma lottando insieme per il suo superamento. L’uomo guarito è il, segno
di questo superamento, è il segno lasciato da Gesù, il Signore, il segno
della sua vittoria in questo mondo.
Ma il paese è abituato al proprio
male. Se accettasse la liberazione portata da Gesù, il suo stile di vita, l’intera sua economia dovrebbe cambiare.
Gli uomini del paese non lo possono
accettare: la libertà fa loro paura. In
piena coscienza, persino con gentilezza, in modo civile, pregano Gesù di
lasciare il paese. L’avvenire sembra
dunque segnato; la speranza, apertasi
per un momento, sembra richiudersi
per questo paese che preferisce lavorare alla propria distruzione. Il destino dei porci, .sembra diventare il destino di tutti gli uomini.
Lo stesso uomo guarito è convinto
di questo: non c’è più salvezza per il
proprio paese, non c’è nulla da fare,
non c’è che da abbandonarlo. Egli
vuol fuggire da questa società che ha
respinto la salvezza, vuole unirsi a
Gesù, in cui ha trovato la vita. Ma Gesù non ha vinto il male soltanto per
lui, ed egli non può quindi pensare
alla salvpza sua, come se fosse un suo
fatto privato. Deve sapere che la salvezza, contro tutte le apparenze, contro la decisione degli uomini del paese, è salvezza comune, salvezza di tutti.
Gesù gli ordina di restare, per raccontare ciò che il Signore gli’ha fatto:
questo è lo scopo, il senso della sua
vita; le sue energie di uomo guarito
Così nella nostra, società che ha scelto la propria distruzione, vi sono degli uomini che non si separano dagli
altri, ma vivono per ricordare che un
inizio su basi nuove è necessario, urgente e possibile. Noi cristiani non
sappiamo più teitimoniare, perché,
pur dicendo di credere, siamo schiavi
del male di tutti. Bisogna aver vissuto la liberazione per poterla annunciare in modo cpinvincente, e allora
non si ha più paura di cercare nuove
vie. Una di queste, può essere certamente il modo di affrontare il problema degli emargimti: i pazzi, i disadattati, i minori dlibandonati, gli anziani. Si dice: bisogna farli accettare
dalla società, bisogna cercare di reinserirli nel tessutosociale. Come se
questo tessuto fossé buono! Come se
fossero loro il marcio, che può guastare tutto il resto, o può essere risanato soltanto se '(iiventa come tutto
il resto! Ma il marcio è alla radfce
della vita e dell’organizzazione sociale, è in tutti noi cosiddetti sani. Non
cerchiamo dunque per gli emarginati
qualche iniziativa ' assistenziale, non
cerchiamo la comprensione, la pietà,
la commozione dei' sani. Il problema
si risolve soltanto 'se rifiutiamo questa comoda, divisione e accettiamo di
essere messi in caiisa: è del nostro
male che si tratta, del male affrontato
e vinto da Gesù. L’emarginato può essere accolto e veratnente aiutato soltanto se accettiamo'che la nostra vita cambi con la sua, soltanto se consideriamo la sua e la nostra come una
battaglia comune, in cui egli può aiutarci esattamente come noi possiamo
aiutare lui, perché la nostra schiavitù
è la stessa, ma soprattutto è lo stesso
colui che ci libera.
Bruno Rostagno
{Sermone predicato al convegno FGEI
il 1/12/1974 adr Angrogna).
strugge.
L’arrivo di Gesù in questa società
del disordine porta chiarezza e libera
Riflessioni snila parabola dot samaritano
zione.
Gesù incontra prima di tutto l’emarginato, l’uomo che esprime in modo
drammatico e disperato il disordine di
tutto il paese. Gesù è colui che mette
allo scoperto il male che è nascosto
alla radice. Così l’indemoniato si trova per un momento tra due potenze:
la sua malattia, il male sociale, lo spirito demoniaco nei suoi innumerevoli
aspetti (« il mio nome è Legione »), che
domina l’intera società, che domina
lui in modo particolare. In lui il male
si denuncia in modo più evidente, ma
questo non basta per liberare la società. L’emarginato come tale può denunciare il male, ma non sconfiggerlo.
Certamente questa parabola è assai
nota a tutti i lettori, ma credo che
difficilmente qualcuno si sia trovato
come protagonista in un episodio del
genere. Un fatto simile però ha toccato la nostra comunità recentemente.
Non si è trattato di un mercante assalito e derubato, ma di un’anziana donna, 84 anni, la quale da tempo « soffriva al margine della strada ». La sua
pensione non le permette di pagare la
retta presso l’istituto pure ispirato da
« carità cristiana », che in un primo
tempo rifiuta di soccorrerla. La cosa
non tocca neppure i responsabili della
comunità (concistoro) troppo occupati in problemi amministrativi e poi c'è
Leggendo
il sermone
sul monte
L’unità di misura
« Non giudicate — dice ancora il Signore Gesù nel suo sermone sul monte — perché col giudizio col quale giudicate sarete
giudicati, e con la misura onde misurate sarà misurato a voi
(Matteo 7: 1-2).
E pensare che a noi piace tanto giudicare il nostro prossimo!
Non c’è giorno, non c’è ora in cui non formuliamo con arrogante
sicurezza un giudizio su quelli che conosciamo, o crediamo di
conoscere; non trascuriamo mai, quando avviciniamo una persona anche per la prima volta di classificarla in una o in un’altra
categoria; e le categorie che adoperiamo sono sempre, o quasi, le
meno lusinghiere; comunque, assai inferiori a quella nella quale
abbiamo collocato noi stessi. E in base a che cosa facciamo questo?
Il più delle volte sulla base d’una prima impressione; in generale in seguito a quello che queste persone ci hanno fatto, in
relazione al modo col quale esse si sono comportate verso di noi.
Ed invece... che cosa sappiamo della vera natura di quelli che
hanno a che fare con noi, o di cui abbiamo soltanto notizia anche
da lontano? Come possiamo sapere il perché di quello che essi
fanno, o la ragione per la quale essi pensano o parlano in un dato
modo? Conosciamo noi il lungo e complicato gioco di cause ed
effetti, in seguito al quale il nostro prossimo e noi stessi assumiamo un certo atteggiamento, pensiamo e parliamo in un dato modo, facciamo o non facciamo quello che ci capita intorno?
Solo Iddio vede appieno come sono fatti gli uomini; egli solo
quindi può sentenziare su di essi. A noi è permesso, è comandato
anzi, soltanto di vedere nei nostri simili essere come noi, imperfetti come noi, infelici come noi fino a che non troviamo nel Signore Gesù la via della salvezza; e quindi l’atteggiamento che dobbiamo tenere verso di loro è quello di un volenteroso aiuto, anche
se sono imperfetti, tanto più se sono imperfetti; dobbiamo stare
con le braccia aperte per accogherli nella nostra comprensione.
Solo così potremo sperare di essere un giorno accolti nella infinita comprensione di Dio.
Lino De Nicola
sempre l’alibi che non ci si può occupare di tutto per cui non è possibile
notare questi « avvenimenti marginali ».
Qualcuno però ha già scorto il da
farsi; è una persona, come ce ne sono
molte nella nostra comunità, ma noi
di chiesa, non le conosciamo poiché
sono coloro che vengono in chiesa si
e no due o tre volte l’anno. Senza porsi troppi problemi finanziari, essa se
la prende con se in casa sua fino a
quando non sia possibile il suo ricovero. Ancora una volta l'esempio ci
viene da coloro che stanno fuori dagli
schemi tradizionali, da coloro che noi
spesso critichiamo per il disinteresse
verso i nostri schemi tradizionali. Gesù non critica l’operato del sacerdote
e del levita, ma non li mette lì neppure a caso come non a caso mette lì il
samaritano. Egli non dà all’uomo della legge una risposta al suo interrogativo, ma gli risponde con una domanda e cioè: secondo te chi è stato il
prossimo di questa donna? È evidente nel nostro episodio che il prossimo della povera anziana è la donna
che si è preso cura di lei. E a noi, che
spesso ci chiediamo cosa dobbiamo
fare?, Gesù risponde dicendoci; Va e
fa anche tu così. Molti si guarderanno
allora attorno se c'è una vecchietta da
soccorrere. Potremo dire: il problema
non è lì; attorno a noi sta tutta una
massa di sottoproletariato che è defraudato di ciò che gli spetta e langue
ai margini della società; essa rappresenta il nostro prossimo. Gesù ci chiama ad uscire dai nostri schemi tradizionali (infatti per il sacerdote ed il
levita il soccorrere il malcapitato voleva dire usciree,dai loro schemi). Il
samaritano paga di propria persona;
perde il suo tempo, perde forse un affare a causa del ritardo. Quanti di noi
sono pronti a perdere qualcosa per gli
altri, per il prossimo? Molte volte questo ci comporta di perdere rispettabilità, perché mettersi con chi lotta, con
chi è fuori dagli schemi tradizionali,
vuol dire ancora oggi condanna, scandalo; coloro che lottano per una conquista sociale li vediamo spesso lontani da Dio, li emarginiamo, essi non
fanno parte della cerchia dei nostri
"amici”, ma Gesù li vede, e ce li indica
come esempio da imitare.
Va e fai anche tu così.
Dino Bellion
Iih ri
Il canto cristiano
neiia storia deiia mnsica occidentale
Alla redazione di questo numero hanno
collaborato Marie-France Coisson, Lalla e
Giovanni Conte, Enrichetta Clot, Ermanno
Genre, Sergio Rostagno, Alfredo Sonelli, Berta Subilia, Elsa e Speranza Tron, Liliana Viglielmo.
L’Editrice Claudiana di Torino ha
pubblicato il primo volume dell’opera
musicologica ed innologica di Margherita Ftìrst-'Wulle, già nota nei nostri
ambienti evangelici come autrice del
libro « Canti della Riforma » del 1951.
Il volume ora pubblicato è il risultato,
non è esagerato dirlo, di tutta una vita dedicata con profonda passione allo studio ed all’insegnamento della musica, come concertista, come organista
della chiesa luterana di Roma e, dal
1947 al 1966, come lettrice di musica
presso la Facoltà valdese di teologia
di Roma.
La migliore recensione del libro è
già data dalla prefazione di Vittorio
Subilia: non si tratta di un’arida rassegna di dati tecnici o di un trattato
Cantate al Signore un cantico nuovo.
Cantate, voi tutti. Dio ha infatti rallegrato il nostro cuore e l'animo nostro
per meizo del Figlio diletto, che ha
dato per noi affinché fossimo redenti
dal peccato, dalla morte e dal diavolo.
Chi crede questo seriamente, non può
fare a meno di cantarne e di parlarne,
lieto e volenteroso, sì che anche altri
possano udirio e esserne afferrati.
Martin Lutero
scientifico accessibile a pochi iniziati,
ma, al contrario, il canto della Chiesa
cristiana è considerato come parte integrante dello sviluppo della musica
europea e, al tempo stesso, viene esaminato alla luce del contesto teologico, spirituale e culturale delle diverse
epoche della storia d’Europa.
Il volume sarà quindi un utilissimo
strumento di lavoro ^er i pastori (le
analisi degli inni sono delle vere e proprie meditazioni omiletiche), per gli
insegnanti e i monitori delle scuole
domenicali; di piacevole lettura per la
scorrevolezza dello stile e la chiara
esposizione dei concetti, sarà inoltre
una fonte inesauribile di notizie per i
musicologi, gli appassionati di musica
e gli uomini di cultura, essendo la prima opera di più ampio respiro scritta
in lingua italiana sull’argomento. Condivido la convinzione di Vittorio Subilia, che l’opera potrà rendere preziosi
servizi per comprendere l’espressione
musicale ed innologica della fede nei
vari momenti della tradizione cristiana occidentale e in modo specialissimo nelle chiese nate dalla Riforma.
Nei tre capitoli che costituiscono la
prima parte dell’opera viene preso in
esame il canto cristiano nella sua evoluzione dal tempo degli apostoli al
tempo della Riforma, iniziando dai
primi inni cristiani contenuti nel Nuovo Testamento, fra i quali hanno ricevuto una trattazione più particolareggiata gli inni del libro dell’Apocalisse.
Il lettore viene poi via via introdotto
nelle diverse sale del tempio della musica: potrà meditare sul significato
del corale gregoriano e della polifonia
medioevale e rinascimentale e avrà
forse modo di intuire di quale importanza sia questa prima parte del libro.
Infatti senza di essa non sarà possibile comprendere con sufficiente chiarezza il significato profondo del canto
delle chiese della Riforma, che è l’argomento dei capitoli successivi (Parte II), che presuppone la musica dei
secoli precedenti e, anzi, non solo la
presuppone, ma ad essa dobbiamo fare riferimento, se vogliamo risalire alle radici. È qui che possiamo intravedere il significato ecumenico del libro.
Tuttavia non si può negare che la
seconda parte tratti l’argomento centrale del libro, cioè il canto della Riforma, che è testimonianza, messaggio, lode e ringraziamento a Dio per
l’opera di salvezza compiuta per noi,
come dice Lutero nella Prefazione ai
Salmi. Nel primo capitolo si passa in
rassegna la concezione musicale di Lutero e di Calvino, la storia del canto
comunitario anteriore alla Riforma e
il suo sviluppo nei culti luterani e riformati all’epoca della Riforma, la storia dell’inno sacro fino alla Riforma,
l’inno evangelico prima della Riforma
nei movimenti riformatori della Boemia, l’inno evangelico della Riforma
con particolare riferimento al canto riformato di Zurigo e di Ginevra, gli
inni degli Anabattisti, gli innari al
tempo della Riforma.
Il secondo capitolo è dedicato quasi
esclusivamente all’analisi di un notevole numero di inni composti da Lutero.
Sono questi commenti e queste analisi innologiche che possono essere di
aiuto come meditazioni bibliche ed
omiletiche, come ho già accennato.
Inoltre il lettore colto potrà trovare
in esse una via diversa dal solito, una
via musicale per imparare a conoscere più da vicino Lutero. Assai utile è
il riferimento alle traduzioni italiane
del libro suddetto «Canti della Riforma ».
In questo contesto il lettore troverà
a pag. 208 l’elenco delle abbreviazioni.
Nel secondo volume, la cui pubblicazione è attesa con vivo interesse, sarà
opportuno mettere tale elenco all’inizio o alla fine del libro, assieme agli
altri indici.
Il lettore minuzioso accuserà dolorosamente la mancanza dell’indice analitico, che la gentile autrice ha appositamente preparato e che per ragioni a
me ignote non è stato stampato. È auspicabile che l’errore non si ripeta con
la pubblicazione del secondo volume,
anzi, desidero esprimere la raccomandazione che l’indice analitico del primo volume sia stampato assieme a
quello del secondo. Un’opera così, preziosa senza indice analitico sarà sempre un’opera incompleta.
Per il secondo volume sono previsti
un capitolo sull’opera innologica di
Calvino, di cui viene esaminato il sal
ii Signore conceda che tutti i ministri
e i membri della chiesa facciano quanto sta in loro perché fra la gioventù e in
tutta la chiesa di Dio divengano di uso
corrente quei begli inni cristiani che,
nella reciproca lezione del canto, stimolino e formino i nostri animi volgendoli a Dio, il nostro Creatore, e a
Cristo Gesù, il nostro Salvatore, e in tal
modo ci istruiscano in ogni disciplina,
onore, amore e amicizia cristiani.
Martin Bucero
mo ginevrino con esempi ed analisi,
due capitoli sull’epoca del Barocco (la
innologia del Pietismo), un capitolo
sul canto della Chiesa dal X'VIII al
XX sec. (razionalismo, sentimentalismo, rinnovamento innologico fondato
sui valori della Riforma). Un capitolo
su Giovanni Sebastiano Bach e l’inno
della Riforma sarà aggiunto quasi come appendice, ma come significativa
conclusione di un’opera che vuole annunciare in ogni sua pagina l’ideale
che animò il più grande musicista
evangelico di tutti i tempi : cioè, l’ideale secondo il quale la musica si suona
e si canta SOLI DEO GLORIA.
Si può quindi affermare senza mezzi termini che l’opera è più che degna
di essere divulgata con ogni mezzo a
nostra disposizione, sia perché è una
opera originale per quanto riguarda
il metodo e la trattazione della materia, sia perché è il frutto di una penetrazione interpretativa e di una squisita sensibilità musicale che troviamo
ormai solo raramente nel nostro tempo- Paolo Lucchesi
Margherita Furst-'Wulle, Il canto del
la Chiesa cristiana nella evoluzione
della musica occidentale. Pref. di 'V.
Subilia. Claudiana, Torino 1974, p.
380, L. 5900.
ZAIRE: Natale giorno lavorativo
(segue da pag. 1)
Stato, i deputati e i ministri cristiani.
Su questo non c’è discussione.
Ma occorre dissociare l’anniversario
della nascita di Cristo, che è storica,
dal 25 dicembre, che è simbolico, perché il Signore non è nato il 25 dicembre. Per lo Stato zairese, che è laico,
non sarà giornata festiva. Ciò non impedirà ai cristiani di pregare e lodare
Dio, quel giorno, ma non potranno astarsi dal lavoro.
Perché non abbiamo reagito a tale
misura? Il presidente Mobutu e gli uomini politici conoscono l’origine del 25
dicembre quale giorno di Natale. È il
giorno dell’anniversario di Dio che gli
antenati di voi occidentali hanno festeggiato il 25 dicembre per sostituire
la festa pagana del sole con una festa
cristiana, per tentare di distruggere il
nemico del cristianesimo al vostro interno.
Se dichiariamo guerra o se reagiamo ora contro questa misura presidenziale, non potremo ricorrere alla
autenticità zairese per chiedere che si
mantenga il 25 dicembre come giorno
di Natale. È una storia imposta dal
bianchi in un contesto storico che era
loro. Il problema che ora si pone agli
Zairesi è di trovare un giorno per
commemorare la nascita di Cristo; e
solo ricorrendo all’autenticità, a questa nostra libertà di scegliere e seguire la nostra via specifica, i cristiani zairesi, protestanti, cattolici e kimbanguisti possono scegliere un giorno m
che sarà festivo. Tutti cominciano a
essere proprio scandalizzati di essere
stati ingannati da chi diceva loro che
il Signore è nato il 25 dicembre. Dobbiamo predicare e mostrare ai nostri
cristiani che non è il giorno in sé che
conta per noi, bensì il fatto che Dio
ha amato il mondo e ha mandato suo
Figlio. Non conosciamo la data esatta
della sua nascita; spesso non conosciamo neppure l’esatta data di nascita dei nostri genitori, eppure esistono,
come il Cristo esiste.
L’Occidente iesteggia il Natale il 25
dicembre. Benissimo. In Oriente, Natale è il 6 gennaio; in Egitto il 7 gennaio. Attualmente una chiesa luterana
statunitense celebra Natale in luglio.
Ho appreso che anche in Scozia il 25
dicembre non è giornata festiva. Abbiamo noi pure la libertà di scegliere,
qui, il giorno in cui commemorare la
nascita di Gesù Cristo.
Itofo Bokeleale
3
13 dicembre 1974 — N. 49
pag. 3
La Chiesa di fronte aii'aherte
La settimana scorsa il nostro giornale ha pubblicato un articolo intitolato: « L’aborto non è più un crimine:
È ancora un peccato? », riferendosi al
voto dell’Assemblea nazionale francese
che lo ha liberalizzato in Francia. Anche in Germania si riflette a questo
problema, come si può notare dal resoconto, apparso sul bollettino mensile del SOFFI, di un incontro avvenuto
recentemente a Monbachtal, nella Foresta Nera. L’Ufficio per i ministeri familiari, il Segretariato d azione sociale e diaconale del CEC e la Conferenza delle Chiese Europee avevano riunito trentasei responsabili, dei quali
20 donne, invitandoli a riflettere al
problema della « Pastorale delle^ persone implicate dal problema dell'aborto ».
Si trattava di persone impegnate
professionalmente in compiti educativi e di prevenzione o di intervento medico o sociale. Provenienti da quattordici nazioni, i partecipanti appartenevano alla chiesa anglicana, cattolica,
luterana, ortodossa e riformata.
Non si è voluto tanto discutere su
principi generali ed emettere giudizi
di valore quanto permettere uno scambio di informazioni sulle varie forme
di azione pastorale esistenti, sulle
esperienze di consultazione coniugale,
di cura d’anime e di intervento in questo campo. I partecipanti avevano ricevuto all’inizio la descrizione di un
« caso tipo », a partire dal quale sono
stati chiamati ad avanzare delle proposte di intervento.
La riflessione è anche stata guidata
dalla proiezione di film e da alcuni interventi singoli, come da tutta una documentazione messa a disposizione dei
presenti.
Ben presto, naturalmente, è apparsa
la diversità dei modi di affrontare il
problema e delle posizioni etiche dei
partecipanti. Diversità che talvolta diveniva opposizione: gli uni proponevano una pastorale limitata all’offerta di
soluzioni alternative all’aborto (ad
esempio l’adozione), fondandosi sul rispetto assoluto del principio della vita
umana, sin dal concepimento, voluta e
data da Dio; altri si preoccupavano innanzitutto di comprendere l'attesa delle coppie, di donne o di giovani in difficoltà, offrendo, attraverso un’azione
sociale, di consultazione o medica,
l’aiuto necessario, nel rispetto della
scelta personale finale di chi ricorre
a queste consultazioni.
PERCHÉ L'ABORTO?
I partecipanti hanno sottolineato in
particolare tre ragioni che fanno sì che
si ricorra all’aborto (milioni di casi in
Europa):
1) I fattori socio-economici, e dunque politici, esercitano un’influenza
considerevole sulla scelta della soluzione dell’aborto, determinando, anche in
questo campo, in larg-a misura la condotta dei singoli e delle cellule familiari. La lotta contro l’aborto esige perciò da parte dei cristiani e delle Chiese nello stesso tempo una lotta contro
le condizioni o le circostanze (alloggi
insufficienti, mancanza di educazione
sessuale ecc.) che lo provocano o lo
favoriscono.
2) La maturità della persona, la
sua capacità di relazione col prossimo,
la preparazione ad una paternità responsabile (controllo delle nascite)
giocano assai al momento di decidere
per o contro l’aborto.
3) Dal punto di vista cristiano, pastorale o terapeutico, l’aborto dev’essere affrontato — prima e al di là di
qualsiasi definizione teologica, scientifica o ideologica — come « un grido di
distretta e di solitudine », un « tentativo, spesso disperato, di far fronte ad
una situazione angosciosa » una « risposta aggressiva ad una situazione aggressiva (fra tante altre) della società ». 1 cristiani e le Chiese, nelle loro
prese di posizione e nella loro azione
veglieranno innanzitutto a sottolineare questa comprensione del problema,
secondo quanto ha fatto Cristo, ponendosi a fianco dei più deboli.
SVILUPPARE LA PASTORALE
I partecipanti hanno distinto l’azione pastorale da svolgere in due tempi: la pastorale pre-aborto e quella
post-aborto. Quanto alla prima, si è
notato che le Chiese ed i cristiani si
sono spesso limitati a fare delle dichiarazioni di principio ma che in effetti, dinanzi alla vastità del problema, un'azione preventiva ed educativa
andava intrapresa per contribuire a ri
Secondo il Sinodo
della Chiesa evangelica
dell'Assia/Nassau
Un pastore evangelico
non può militare
nei partito comunista
Francoforte (Relazioni Religiose) - Il Sinodo della Chiesa Evangelica dell’Assia e Nassau, tenutosi nei giorni scorsi a Francoforte,
ha decretato il divieto per i pastori della
Chiesa di iscriversi al Partito Comunista. 11
provvedimento è stato deciso, dopo che alcuni giovani pastori hanno pubblicamente dichiarato di appartenere al Partito Comunista
della Germania Federale e hanno prestato il
loro aiuto nelle campagne elettorali di tale
partito.
solvere queste situazioni.
Quanto alla pastorale del post-aborto, si tratta di far fronte al sentimento di colpa che appare nella maggioranza dei casi. Ciò implica non soltanto l’intervento medico post-operatorio
(depressioni frequenti), ma anche un
aiuto di fronte a tutte le conseguenze
che accorripagnano una situazione
umana come questa: difficoltà coniugali, conflitti di valore e paura del giudizio divino.
Ci si è anche resi conto che le Chiese ed i gruppi od organizzazioni che
cercano di affrontare il problema dell’aborto devono seguire attentamente
anche tutti coloro che ne sono confrontati a causa della loro professione:
medici, infermiere, ostetriche, pastori,
assistenti sociali, cappellani, educatori. Fra di loro si trovano numerosi credenti posti dinanzi alla necessità di
compiere delle scelte difficili, che attendono dalla Chiesa un aiuto spirituale ed un sostegno.
Parlando di « pastorale » si tratterà
perciò di intendere non soltanto l’azio
ne o l’influenza delle Chiese sul pubblico o presso le autorità politiche, ma
anche l’insieme dei servizi e delle cure, nreventivi. educativi, curativi, compiuti da credenti che vivono la loro
fede nell’esercizio della loro professione, all’interno o al di fuori delle strutture della Chiesa.
Si tratta perciò per le Chiese, per i
loro fedeli ed i loro pastori, di cercare
di comprendere i drammi della vita
ed i problemi di coscienza che stanno
dietro ad una domanda di aborto, piuttosto che tenere un atteggiamento di
giudizio, proponendo in vari modi, alle
coppie, alle donne ed alle giovani che
devono affrontare questo problema un
aiuto spirituale, affettivo e sociale, che
permetta loro di scoprire l'Evangelo,
cioè che a partire dal perdono di Cristo. la vita può continuare nella fede e
nella comunione coi membri della comunità cristiana.
Il colloquio di Monbachtal è terminato inviando alle varie Chiese un messaggio nel quale si afferma la ricchezza dell’esperienza ecumenica vissuta in
quell’occasione, domandando alle Chiese di contemplare là possibilità di simile collaborazione nei vari paesi nel
quadro di questo problema pastorale
e di altri simili. Gio. C.
UNA TAVOLA ROTONDA ORGANIZZATA A TORINO
DAL CENTRO EVANGELICO DI CULTURA
Imputata: ora di religione
Numerosi cattolici di orientamento assai diverso, hanno partecipato al
dibattito organizzato in occasione della presentazione di una nuova opera
pubbiicata daila Ciaudiana e preparata dai Gruppo di controinformMione
ecclesiale romano: «...e continuavano a chiamarla l’ora di religione»
...e continuavano a chiamarla l’ora
di religione; questo libro presenta soprattutto una analisi dei contenuti che
l’ora di religione passa a ragazzi di età
compresa tra i sei ed i quattordici anni, in un contesto storico-sociale come
quello attuale. In questo senso il libro
si stacca dalle comuni analisi di libri
di testo, come ha tenuto a far notare
Massimo Squillacciotti, insegnante al
Pontificio Ateneo Salesiano di Roma e
coautore del libro, nella tavola rotonda organizzata a Torino dal Centro
evangelico di cultura, il 7 dicembre.
Egli ritiene sia un libro assai utile al
fine di comprendere la logica che sottende all’ora di religione e al fine di
smascherare un certo tipo di ideologia che la chiesa cattolica vuole ad
André Chouraqui, nel quadro deirAmicizia ebraico-cristiana,
ha commemorato Jules Isaac in Palazzo Vecchio, a Firenze
L’insegnamento del rispetto e
contro l’insegnamento del disprezzo
Domenica 24 novembre, nella Sala
dei 200 a Palazzo Vecchio, sala imponente e raccolta insieme, davanti ad
un pubblico numeroso e attentissimo,
10 scrittore André Chouraqui, venuto
da Gerusalemme, rievocava il messaggio dello storico francese Jules Isaac,
11 promotore delle Amicizie EbraicoCristiane, sorte dopo la guerra. Dopo
il saluto dèi Commissario parlarono la
signora Zilli Gay, presidente deH’Amicizia di Firenze, il rev. Simpson, segretario del Comitato Internazionale, e il
prof. La Pira, che ricordò la precedente cerimonia di dieci anni prima alla
quale erano presenti, tra le altre, personalità del mondo arabo, così affermandosi già allora la vocazione di Firenze al servizio della pace.
Con un caldo omaggio alla città di
Firenze che parla a lui come Gerusalemme per tutti i personaggi e gli episodi della Bibbia che nei secoli i suoi
artisti hanno raffigurato, André Chouraqui si riallaccia alla precedente commemorazione in cui i vari oratori avevano spttplineatp i valori, profetici di
Jules Isaac. A vent’anni Jules Isaac è
accanto a Péguy nel famoso « affare
Dreyfus » perché cerca la verità e la
giustizia; prende parte alla guerra del
’14-’18 perché crede necessario difendere i diritti dell’uomo, ma ne torna
con la passione per la pace e l’odio
contro la guerra; nel ’22 prevede gli
sviluppi della tecnica e dei danni che
l’energia atomica può portare al mondo e scrive un articolo intitolato « Paradosso sulla scienza omicida » che è
un grido d’allarme a cui nessuno dà
retta. Soltanto Guglielmo Ferrerò, nel
suo « Discorso ai Sordi », lo nota. E
Jules Isaac potrà amaramente commentare il fatto, trentadue anni dopo:
« I Sordi hanno cominciato a capire
solo ventidue anni dopo, a Hiro.shima,
quando il lampo della prima bomba
atomica ebbe illuminato il cielo e fulminato gli uomini ». E oggi, aggiunge
Chouraqui, i Sordi non hanno ancora
capito...
L’oratore ricorda rapidamente la vita di Jules Isaac e come il sorgere della barbarie deH’hitlerismo ne faccia
naufragare gl’ideali di pace, di verità,
di giustizia. « Ed ecco, a un tratto —
dice André Chouraqui — un governo
francese dichiarare che Jules Isac non
è mai stato un Francese come gli altri,
un Governo che lo espelle dall'amministrazione. della Pubblica Istruzione
nella quale era arrivato ai primi posti,
un Governo che lo scaccia e lo perseguita rifiutandogli persino quella protezione data agli animali, non essendo
mai stata abrogata, in Francia e nell'Europa occupata da Hitler, la legge
per la protezione degli animali. .Ma
per gli Ebrei, non solo c'era l'interdizione di proteggerli, ma bisognava perseguitarli e possibilmente sterminarli
fino all'ultimo ». La moglie, la figlia, il
genero di Jules Isac sono arrestati;
un figlio è deportato nelle tremende
miniere di sale della Slesia e ne tornerà per miracolo. Ma i primi tre non
torneranno.
Jules Isaac ha già cominciato a ricercare le radici lontane dell’ostilità
contro gli Ebrei, raccoglie i documenti
di quello che egli definisce « l’insegnamento del disprezzo » da parte della
Chiesa Cristiana attraverso i secoli e
dalla disperazione, dal dolore e da
un’attenta ricerca di storico, nasce il
libro « Jésus et Israël ». La dedica è
semplice e tremenda: « A mia moglie,
a mia figlia, morte uccise dai Nazisti,
uccise semplicemente perché si chiamavano Isaac ». Coi suoi libri, con le
sue conferenze e con le forza di persuasione che il dolore ha moltiplicata,
Jules Isaac diviene pellegrino ammirevole ed ascoltato che apre nuove strade; è ricevuto da Pio XII nel 1949, da
Giovanni XXIII nel ’60. Promotore delle Amicizie Ebraico-Cristiane, Jules
Isaac dedica gli ultimi anni della sua
vita a quest’attività di chiarificazione,
di riconciliazione. « La vera grandezza
di Jules Jsac, afferma l’oratore ricordando la bella statua velata che rappresenta la sinagoga nella Cattedrale
di Strasburgo, è stata di strappare la
benda che copriva il volto della Sinagoga e di dire a Israele e alla Chiesa:
Mettetevi di fronte e riconoscetevi. La
vostra riconciliazione è uno strumento della salvezza universale. Dalla vostra unione dipendono la vita e la
morte dell’umanità ». E ricorda ancora le parole di Jules Isaac che una
delle gioie profonde della sua vita era
stata d’aver fatto sì che la Chiesa conoscesse meglio Israele e che Israele
scoprisse meglio il volto indimenticabile del Cristo.
Ma oltre a quest’attività specifica di
riconciliazione fra Ebrei e Cristiani,
via aperta ma ancora non tutta percorsa, André Chouraqui ha ricollegato
la visione profetica di Jules Isaac del
1922 sui rischi dell'energia atomica,
alle tensioni di oggi, agli enormi pericoli creati dai depositi delle bombe
atomiche e all’urgenza di una riconciliazione fra Ebrei, Cristiani e Musulmani. Nel ’22 Jules Isaac aveva lanciato il primo allarme e lo aveva ribadito ancora ne] ’54: « La guerra atomica deve ancora venire. Ma ognuno
sa che essa è vicina, alle soglie, orribile, demoniaca, con macchine di morte terrificanti, ogni giorno più terrificanti... ».
E André Chouraqui osserva: « Bisogna essere non soltanto sordi ma ciechi per ammettere che tali quantità di
armi mortali, sufficienti per far saltare il nostro pianeta e distruggervi
ogni traccia di vita, possano accumularsi in tutti gli arsenali della terra
senza arrivare un giorno a scoppiare,
sia per la demenza di qualche dittatore, sia per un groviglio di circostanze, sia semplicemente per puro caso,
come abbiamo già corso il rischio ».
Ed aggiunge: « Non sarà possibile far
arrestare la morte se Cristiani, .Musulmani, Ebrei non si riconcilieranno senza riserve, se non proclameranno che
si riconoscono fratelli e che si accettano come tali; se non si domanderanno perdono per tutto il sangue corso
fra loro, se non accederanno infine alla maturità dell'età adulta rinunziando
alle loro tragiche dispute e riconoscendosi come figli di Àbramo ».
Gerusalemme, epicentro degli attuali conflitti, cuore delle diverse tradizioni, Gerusalemme aH’incrocio del
l’Asia, dell’Africa e deU’Qccidente, può
diventare il luogo d’incontro della nostra riconciliazione. Dopo aver citato
gli aspetti più salienti delle loro rispettive tradizioni, l’oratore rivolge un
commosso appello agli Ebrei, ai Cristiani, ai Musulmani, nel nome e nella memoria di un uomo che ha instancabilmente combattuto per la vita contro la morte, per la giustizia contro
l’iniquità, per l’amore contro l’odio,
per la libertà contro ogni servitù, per
la pace contro la guerra. « Gerusalemme e Firenze unite, l’oratore esclama,
possono oggi, fedeli alla memoria ed
alla voce di Jules Isaac, lanciare un urgente appello alla riconciliazione ». « Il
destino del mondo cambierebbe, egli
osserva ancora, se avessimo il coraggio di riconciliarci a Gerusalemme noi
Israeliani e Palestinesi, Musulmani e
Cristiani, Ebrei e Arabi, tutti insieme,
per offrire a Gerusalemme che amiamo d'uno stesso amore la ventura di
veder trionfare quei valori di vita, di
giustizia, di pace che dalle sue mura i
Profeti e gli Apostoli insegnarono al
mondo ». E l’oratore aggiunge ancora
una parola per i suoi amici Arabi: « La
nostra riconciliazione permetterebbe
di fondere in un blocco invincibile i
poveri, i piccoli, gli umiliati, i popoli
dell'Africa, dell’Asia, del Mediterraneo,
deil’America Latina affinché possano
tutti insieme impedire la follia omicida della guerra atomica che ci minaccia ».
L’oratore termina rievocando la cerimonia della sepoltura di Jules Isaac
nel settembre ’63 e prega il pùbblico di
alzarsi per onorare la memoria di lui,
associandovi il ricordo della moglie,
della figlia, del genero, dei sei milioni
di morti nel grande olocausto dell’Occidente, dei 243 Ebrei di Firenze
deportati nei campi della morte. Egli
ripete le parole lette sulla tomba dal
Rabbino Zaoui e che l’estinto medesimo aveva preparato:
« Nell’ora della separazione finale è
d'uopo raccoglierci in preghiera. Prima della separazione corporale, sono
10 che vi parlo, o amici, colui che fu
Jules Isaac, e vi chiedo: Non un inutile cordoglio - I cuori che accettano
11 perdono - Il ricordo - Il ricordo rappacificato - Possa sopravvivere in voi
quanto di più puro è in me. Addio.
Tornate verso la vita senza di me eppure con me ».
Ines Zilli Gay
Notiziario Evangelico Italiano
Il Consiglio Nazionale, massimo organo di governo della Chiesa Apostolica in Italia, riunito a Grosseto nella
seduta autunnale ha esaminato la proposta del Comitato Missionario di
Bradford relativa all'autonomia della
Chiesa Apostolica italiana. La proposta è stata accettata con la condizione
che continui ad essere presidente in
Italia il Past. J. Howells, attuale presidente del Consiglio Nazionale.
Si è inoltre deciso di potenziare e
usare maggiormente il Centro di studi teologici « Didakè » di Napoli, diretto dal Past. Affuso; infatti l'espansione dell'opera richiede un maggior
numero di ministri validi e preparati.
* * *
L' Editrice « Voce della Bibbia »
pubblica il catalogo 1975 dei suoi libri, dischi e cassette ; distribuisce gratuitamente il bollettino « Qui... voce
della Bibbia »; offre « Il Traguardo »
mensile per ragazzi ; propone carto
line con versetto biblico (plico di 20
cart. a L. 400). Voce della Bibbia, Casella postale 580, 41100 Modena.
* * *
I Pentecostali delle ADI hanno tenuto il loro IV Convegno pastorale,
con una partecipazione massiccia ed
entusiastica (oltre 200 pastori o delegati). Le otto ore giornaliere dedicate
ai culti, messaggi, studi biblici — secondo uno dei partecipanti — volavano, ed hanno rappresentato per i
lavoratori dell'opera pentecostale una
oasi nella vita spesso dura di evangelizzazione.
Campagne evangelistiche sono state tenute dai Pentecostali : in Abruzzo, per la durata di tre giorni essi
hanno reso in pubblico la loro testimonianza; in Sicilia, a Trapani, la
campagna è durata 13 giorni; in altre località dell'isola essi si sono serviti di un locale prefabbricato che è
ogni costo far passare, ideologia che
non è per nulla diversa, ma anzi è perfettamente concordante con il sistema
borghese oggi vigente.
Ma quali sono i contenuti proposti
dai libri di religione?
Vi è innanzi tutto una inadeguatezza
dei libri nei confronti del problema
politico; ad esempio il razzismo non è
visto in tutte le sue implicanze storico-politico-sociologiche, ma è semplicisticamente trattato in base al conflitto
amore-odio. Il ragazzo quindi fa fatica a collegare la realtà storica con i
problemi trattati.
Sostanzialmente attraverso questi
libri la Chiesa porta avanti una legittimazione delle strutture sociali ora vigenti. Ogni struttura sociale trova una
spiegazione in Dio e nella Bibbia trova
la sua validità universale. Si tratta di
un discorso che non viene proposto
all’uomo di fede, ma, nella sua validità, all’uomo sociale.
Non va dimenticato che la cultura
che sta alla base di questi testi è quella borghese, con i suoi modelli e i suoi
valori. Sostanzialmente nei libri di religione l’ordine costituito da Dio e saldamente mantenuto dall’autorità della
Chiesa regna sovrano. A questi contenuti va aggiunto che la suddetta « religione » non è un fatto culturale e quindi non dovrebbe porsi come materia di
insegnamento, ma la « formazione religiosa » dovrebbe essere curata in
seno alla comunità dei credenti.
La scuola è quindi il luogo innaturale della « formazione religiosa » e
questo è da denunciare molto fortemente.
Altro particolare posto in rilievo
da Marcello Vigli della redazione di
« CQM-NUQVI TEMPI » è la necessità
di una denuncia ferma di questi contenuti, in collegamento anche con altre
forze. Si tratta cioè di non fame solo
un problema ristretto ai cristiani, ma
un problema che assume anche un’importanza politica.
Gli stessi concetti di neutralità e oggettività della religione, di mistificazione della partecipazione alla vita della Chiesa e di una falsificazione dei
problemi ora più pressanti sono stati denunciati anche da Giampiero Margària delle ACLI-ENAIP.
La voce della difesa delTora di religione era rappresentata da Don R.
Reviglio, direttore dell’Ufficio catechistico diocesano di Torino, che ha in
pratica ristretto il problema posto dagli autori del libro. Secondo Don Reviglio non si tratta di porre in forse il
contenuto ideologico dell’ora di religione, ma di vedere piuttosto un diverso modo di condurla, nello spirito
di una scuola capace di formare nella
libertà. Egli ha altresì sottolineato
come gli autori del libro « abbiano visto borghesia dappertutto », affiancando così la loro critica a quella di un
gruppo del MSI d.n. che definiva
«marxista» un testo di religione. Ponendosi così « al di sopra delle parti »
don Reviglio ha precisato come la
Scuola di Religione sia richiesta dalla
maggioranza dei cittadini (un’indagine svolta a Torino nel 1971 aveva dato
i seguenti risultati: il 18% voleva l’insegnamento religioso così com’era; il
57% voleva un insegnamento religioso
nella scuola diverso; il 10% ne voleva
l’abolizione totale; il 15% era per
l’opzionalità, cioè l’insegnamento religioso viene impartito nella scuola solo
a chi ne faccia richiesta), e non si ponga come obiettivo il fare dei proseliti,
ma miri semplicemente a dare delle
informazioni, delle conoscenze su cui
dovrebbe fondarsi una scelta di fede.
Prima di rifiutare la Chiesa, la Religione, ecc., bisognerebbe conoscere i
va'ori culturali che essa ' propone.
Il fatto che un dibattito che pare
investire solamente l’ambito cattolico,,
sia stato organizzato dal Centro Evangelico di Cultura di Torino (moderatore del dibattito è stato Aldo Ribet) è
molto indicativo, al di là dell’occasione pubblicitaria per il lancio del libro
odbo dalla Claudiana, mi sembra, che
la riflessione suH’ora di religione nella
scuola pubblica assume per noi evangelici una particolare importanza.
Ci mostra infatti come il dissenso
per rinsegnamento religioso nella scuola non debba fondarsi soltanto su basi confessionali,. ma abbia le sue radici in un problema più profondo, cioè
nella strumentalizzazione della fede
da parte di un gruppo dominante che
pretende di presentare un cammino di
libertà in un contesto di schiavitù.
Erika Tomassone
llllllllllllllllllinillllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllll
stato una notte incendiato da alcuni
« nemici della verità » con pericolo
di vita per dei fratelli.
Un nuovo locale di culto è stato
aperto dai Pentecostali a Ponticelli
( Napoli ).
Per i
culto si
sul Garda.
Fratelli un nuovo locale di
è aperto a Desenzano sul
Inda Ade
4
pag. 4
N. 49 — 13 dicembre 1974
a cura della federazione femminile valdese
significato dola n
dai corali luterani...
Una riflessione sul canto nelle chiese protestanti non può non partire dalla Riforma che gli
ha dato origine e gli ha dato il suo particolare posto nel culto. Fino alla Riforma la chiesa
aveva cantato il canto gregoriano che risale ai primi secoli cristiani raccogliendo la grande eredità della musica antica.
Si è trattato, con la Riforma, di ripensare tutto.
Lutero aveva scoperto, fin da principio, la forza del canto collettivo e lo aveva subito
introdotto nel culto, così da far dire che è stato il « corale » a creare la comunità protestante. Destinato allassemblea, che per le nuove esigenze della Riforma era diventata
attiva e partecipe nel culto, il nuovo canto della chiesa doveva essere in lingua parlata, di
melodia semplice (anche se i latini la trovano a volte pesante!), accessibile a tutti, facile
da intonare, all’unisono, priva di virtuosismi e di assoli. Ma soprattutto questo nuovo
canto luterano doveva corri
spondere alla dottrina della Riforma che, avendo riscoperto la
parola di Dio quale fondamento
della fede, ha legato strettamente anche il canto al testo biblico. Qui la comunità che ha
scoperto la Bibbia, ascolta la
predicazione della Bibbia, canta
anche la Bibbia. In questo senso
il corale crea la comunità, una
comunità che, cantando, si nutre
di quel messaggio. Non c’è inno
di Lutero che non sia ricco di
teologia biblica, cioè di un pensiero che pone Cristo al centro
dell’adorazione, della forza, della speranza della Chiesa. Il Forte Rocca, forse il più famoso dei
37 corali di Lutero, è un esempio
tipico di questi inni che sono un
intreccio di motivi e spunti biblici e finiscono per essere una
vera e propria predicazione della comunità cantante.
Inventare, partendo da zero,
i canti per il culto della nuova
comunità, deve essere stata un’opera enorme che Lutero, con la
sua notevole capacità musicale,
ha intrappreso insieme ai suoi
collaboratori servendosi a volte
di musiche esistenti, traducendo dal latino, ma creando ' tutto un nuovo tipo di canto che insieme ai salmi francesi di Calvino, rimarrà la base della musica religiosa protestante. *
Tutta l’attività dei musitisti
tedeschi del tempo della Riforma è concentrata sulla musica
religiosa, ma è ugualmente capitato che per insufBcienza di ¡melodie una stessa melodia servisse per poesie diverse. Il popolo
si appassionava al canto dei co
i salmi ugonotti
Che cosa sono i salmi ugonotti di cui si sente tanto parlare?
È una domanda che molti si
pongono. In primo luogo, come
dice il nome questi salmi sono i
canti che ebbero un valore eccezionale nella storia degli ugonotti. Furono l’arma spirituale
nelle guerre per la libertà della
fede evangelica, cantici della sacra Scrittura che nelle lotte e
nel martirio di innumerevoli
francesi furono incoraggiamento
e consolazione. Per i valdesi il
salmo ugonotto fu l’amico fedele
nelle persecuzioni, nell’esilio e la
speranza nella vita in patrie nuove. Questi salmi si fecero un nome anche in un altro ramo della
storia: in quella dell’inno sacro.
Sono gli inni-salmi di Calvino per
il canto comunitario riformato.
Secondo la Riforma il contenuto del canto comunitario —
che permette la comunione dei
fedeli con il Signore — era la
Parola di Dio. Mentre per Lutero
la Parola di Dio era presente
ovunque si manifestasse lo spirito e la verità di Dio, per Calvino significava testo biblico nel
senso più rigoroso. Proprio perciò Calvino scelse per il suo culto i Salmi dell’Antico Testamento quale unico canto èseguito
solo dalla comunità e quale unico momento musicale. ;
Nacque allora l’opera gigantesca del salterio ginevrino, la versificazione francese dei 150 Salmi biblici in un lungo lavoro di
ben 23 anni. Il primo contributo
fu dato dallo stesso Calvino nel
1539 con la pubblicazione del celebre suo primo innario Aulcuns
pseaumes et cantiques a Strasburgo dove si trovava in esilio.
Le melodie si riferivano all’innario tedesco di Strasburgo e ad
alcuni esperti musicisti, tra cui
Matteo Greitter, l’autore della
nota melodia del Salmo 68 Che
Dio si levi.
Inni costituiti da salmi esistevano anche prima di Calvino. In
Francia fiorirono particolarmente nelle traduzioni del poeta Clément Marot. Venivano cantati
sopra melodie prese casualmente dal canto popolare e dalle
« chansons ». Ma l’inadeguatezza
di simile accompagnamento musicale ai salmi fu presto notato
da Calvino e contribuì a confermargli la necessità di usare uno
stile particolare per il canto sacro.
L’opera innologica di Calvino
continuò a Ginevra con le traduzioni di Clément Marot e Théodore de Bèze (rifugiato a Losanna, collaboratore e poi successore di Calvino) e con l’elaborazione melodica dei vari cantori che
si erano avvicendati nelle chiese
di Calvino, come Guillaume
Frane, Loys Bourgeois, Pierre
Da^es. Negli altri centri innologici, Strasburgo e Losanna, si
svilupparono contemporaneamente alcune tradizioni diverse
di salmi hinodici, indipendenti da
Ginevra, ma il salterio ginevrino
ebbe alla fine il predominio e
l'imase la raccolta definitiva, il
solo salterio approvato e autorizzato da Calvino per il canto nel
culto riformato francese. Di qui
il nome di « salmo ginevrino ».
Le melodie di questo salterio
sono quelle che si propagarono
con molto successo in tutto il
mondo protestante; si mantenne
ro costanti nei secoli a differenza dei testi poetici che cambiavano via via forma col variare
del linguaggio e con le numerose traduzioni in altre lingue.
L’elaborazione si svolse in due
direzioni distinte: melodia e ritmo. Le melodie non erano tutte
invenzioni nuove, ma come si
usava allora, elaborazioni di elementi melodici di canti sacri e
profani anteriori, che potevano
raggiungere pure eccezionali bellezze come lo dimostrano un
buon numero delle melodie di
Frane e di Bourgeois.
Ma l’elemento caratteristico
del salmo ginevrino fu la sua
natura ritmica, fonte della sua
Senza dubbio, se il canto è
serio come si addice al cospetto
di Dio e dei suoi angeli, è un
ornamento che dà grazia e dignità maggiori alle lodi di Dio,
ed è un buon mezzo per stimolare i cuori e accenderli a un più
intenso desiderio di pregare; ma
occorre sempre badare a che le
orecchie non siano più attente
alTarmonìa del canto di quanto
gli spiriti non lo siano al senso
spirituale delle parole.
Giovanni Calvino
Straordinaria efficacia che gli assicurò, con le simpatie generali,
una larga diffusione. Il suo tipo
risaliva alla summenzionata famosa melodia di Greitter del salmo 68 Che Dio si levi. Consisteva in una serie di semiminime,
inquadrate da due minime, uguali in tutti i versi (0....0). Nella
sua semplice costruzione esistevano quindi solo due valori di
note che divennero poi la base
di un’infinità di varianti. Le pro
spettive di tali ricchezze furono
riconosciute da Calvino e fatte
realizzare nelle elaborazioni dei
suoi salmi innodici. Sfruttando
le possibilità di spostamento dei
valori-base, si giunse a creare
un’abbondanza di formule ritmiche differenti che costituirono il
carattere essenziale delle melodie
ginevrine. Si sviluppò così nel
salterio di Calvino un tipo di melodia tutto speciale, diverso dai
canti di altre innologie. ‘
Con lo stesso sistema furono
elaborati tutti i salmi di Ginevra,
conducendo ad uno stile unico
per tutto il salterio. In questa
unità si rivela la caratteristica
più originale della voluminosa
opera, una insolita novità in
campo innologico. Indubbiamente si tratta di un piano prestabilito in cui si riconosce l’impronta di Calvino e la sua tenace volontà di dare al canto comunitario uno stile ben determinato
che lo distinguesse chiarahiente
dal canto popolare e che fosse
allo stesso tempo facile da eseguire. La supposizione che Calvino abbia guidato e controllato
personalmente il lavoro, trova
conferma nella coerenza, continuità e unità dei principi fondamentali mantenuti durante tutta
la sua redazione.
Considerando la struttura razionale del salterio di Calvino,
la spiritualità del salmo ginevrino va cercata esclusivamente
nello spirito del Salmo biblico,
non nell’accompagnamento musicale dei tes-ti. Del resto con i
suoi salmi e inni il Riformatore
rnirava proprio a dare assoluto
rilievo della Parola della Sacra
Scrittura. Egli li ideò convenables au sujet, intendendo come
« soggetto » non il singolo salmo
da interpretare, ma la Parola
della Bibbia, manifestatasi nel
complesso poetico del salterio
dell’Antico 'Testamento che lega
« l’Eterno degli eserciti » al suo
popolo ed alle sue vicende.
Margherita Fürst-Wulle
Agape, cadetti e campi corali
Il primo campo corale di Agàpe nacque nel tentativo di coinvolgere i ragazzi con una partecipazione diretta che fosse conseguenza e risultato di una ricerca e che tenesse conto delle
loro attitudini e delle sollecitazioni di carattere musicale, non
qualificate, cui ogni giorno sono
sottoposti dai mezzi di comunicazione di massa. Dal piacere di
cantare insieme, proprio di qualunque gruppo corale, a scoprire il valore comunicativo della
musica, la sua capacità di essere "messaggio", il passo fu breve per i ragazzi, liberi come sono da preconcetti e schematismi: e questo spiega l'entusiasmo e l'impegno dimostrato nell'arco di tempo non breve di
questa loro attività. Inoltre questa esperienza nasceva dalla collaborazione di ciascuno e fu così quindi che si costituì una piccola comunità che testimoniava
con il canto.
Fu una sorpresa per tutti, specialmente per i giovani protagonisti, cresciuti nell'ambito di comunità fedeli ma spesso incapaci di esprimersi con il canto corale. Basta infatti entrare in
una qualsiasi delle nostre Chiese durante il culto domenicale
per comprendere come non possa venire alcun stimolo da quei
cori senza entusiasmo, stanchi,
grazie ai quali la musica non è
linguaggio di credenti di oggi che
parlano a uomini di oggi, ma patrimonio da custodire, talento
da seppellire.
Forse nessuna critica seria è
stata fatta all'uso ottocentesco
della musica in chiave romantico-consolatoria, musica d'evasione in sostanza, e questi errori
culturali e religiosi li pagano oggi i nostri figli. Ciò spiega perché anche questa esperienza dei
nostri fratelli più giovani è potuta avvenire nell'ambito, sì, del
protestantesimo italiano ma in'
una struttura che ha rotto la rigidità e lo schematismo dell'istituzione; spiega perché, nella pur
vasta ricerca, non si sono incontrati che pochissimi inni nuovi
nell'ambito della cultura europea
che significassero una fede viva
e presente; spiega, al contrario,
la rispondenza del linguaggio dei
negro-spirituals alla fede delle
nuove generazioni. Non per questo, tuttavia, era intenzione dei
ragazzi di "capitalizzare" la propria scoperta; loro preciso intento era quello di trasmettere
alle loro comunità quello che
avevano ricevuto. Ma quante sono quelle che lo hanno compreso?
Annamaria Lorandi
rali e Lutero li faceva insegnare
ai bambini nelle scuole. L’assemblea cantava all’unisono, nemmeno accompagnata dall’organo
che fino alla seconda metà del
XVI secolo fu bandito dalle chiese protestanti. Era guidata eventualmente dal coro.
Alla morte di Lutero, nel 1546,
il numero dei corali era ancora
piccolo, ma, insieme a cantate
e mottetti, essi continuarono a
moltiplicarsi lungo il secolo successivo e alla fine del ’600 se ne
contavano circa cinquemila. A
queste raccolte, di cui sembra
possedesse i volumi, attinse
Bach per tutta la sua ricca opera religiosa.
♦ ♦ 4=
Sotto Tinfluenza del secolo, il
corale luterano, popolare e all’unisono, e il salmo ugonotto,
grandioso nella sua semplicità,
vennero man mano lasciati da
parte e presto dimenticati. Alla
fine del ’600 il corale era già in
piena decadenza. Nel ’700 l’influenza della musica italiana introdurrà di nuovo nelle chiese
europee non solo l’organo allontanato dai riformatori, ma gli
strumenti, i solisti, dando inizio
al concerto spirituale, all’oratorio, e trasformando il tempio in
un teatro religioso. Soltanto il
grande Bach comprendeva ancora la forza comunitaria e spirituale dei canti luterani e mai
si staccò dalla loro influenza che
possiamo ritrovare nei suoi 150
corali e cantate, mottetti, preludi per organo, Passioni, oratori,
ecc. Ma, lui a parte, la musica
della chiesa andò allontanandosi
sempre più dal testo biblico e
già il suo contemporaneo Haendel, pur con il celebre, splendido
oratorio II Messia, per il quale
fu definito « miglior esegeta di
molti teologi », comincia a risentire dello stile italiano.
Ricordo di aver letto, moli
testante che si reca in
te al culto della domenj
veder bene il predicatore mj
suoi vicini. Il signor X si j
culto, ricevere le buone pai
tare la bella musica dell’orj
pietà personale. Ma non re;
l’innario : di suo, uscendo a.
ma che avrà destinato per ij
gibile del suo attaccamento^
perche
...agli inni
sconosciuta nel suo anonima
sta, non abbandona le adunai
mente interpellato e spinto a
in Im.
Ben altra cosa doveva es)
que dalla viva fede dei cred^
gli Ugonotti braccati che nel
del pericolo non esitavano aè
Salmi che erano ad un teni|
braccio liberatore?
del " risveglio „
Passate le persecuzioni, qi|
talvolta eccessivamente
L’evoluzione del canto protestante continua nel XIX secolo,
il sentimentalismo fa capolino
nelle raccolte di canti; si entra
nel periodo della religiosità interiore, delTappello a coltivare
il sentimento morale, a vivere
l’esperienza edificante. La comunità protestante trasporrà nel
canto questo nuovo ideale appassionato. Vi è una grande ricchezza di cantici neU’SOO: in Inghilterra Charles Wesley, il fratello del fondatore della chiesa
metodista, ne compose innumerevoli e formarono un primo innario che andava sotto il nome
dei fratelli, i Wesley's Hymns,
di cui il metodismo fu sempre
fiero. Il canto del Risveglio ha
certo avuto in sé una grande potenza di edificazione e ci è nota
la ricchezza spirituale dei cantici di quel periodo, che sono
spesso i nostri. Basta sfogliare
Tinnario in uso in Italia e quelli
delle varie chiese degli altri paesi, per veder come i canti dell’800 vi siano contenuti in larga
percentuale, accanto a un numero molto minore di corali e di
salmi.
Qggi qua e là, nell’ambito del
le chiese, fra i giovani soprattutto, si fanno strada canti nuovi, che rispondono di più al gusto musicale e al pensiero del
nostro secolo. Ma è chiaro che
si tratta solo di uno spostamento
di accento. Il canto della Riforma che era stato, per breve periodo, la proclamazione cantata
della Parola che Dio rivolge all’uomo, cioè la vera ragion d’essere del canto protestante, è rimasto un fatto isolato. L’interesse per questa Parola, nei secoli dopo la Riforma, si è trasformato sempre più in interesse per l’uomo a cui la Parola è
rivolta, e l’uomo con le sue pene
e speranze, individuali o sociali,
interiori o comunitarie, è diventato soggetto del canto della
chiesa. Si è passati, insomma, da
« Forte rocca è il nostro Dio »t
(dove Dio è il soggetto) a « Padre
d’amore, il nostro cuore cerca
sol Te » (dove il soggetto è il nostro cuore). Un immenso fenomeno di trasformazione: ci sembra estremamente interessante e
stimolante scoprirlo anche attraverso il limpido specchio del
canto della comunità.
Berta Subilia
jubilees e spirituals
Se si pensa alle masse di schiavi che dal XVI al XVIII secolo
vennero trasportati dall’Africa
in America per essere venduti ai
ricchi possidenti inglesi, francesi, spagnoli, portoghesi, si capisce come la musica che nacque
spontanea nel loro esilio secolare, sia una delle espressioni più
sofferte che conosciamo. Da
principio non rimasero deH’Africa, oltre il ricordo, che alcune
pratiche religiose e una musica
dal ritmo scandito, suonato con
tamburi, sonagli e gongs.
Ma bisogna arrivare al 1800
per incontrare la grande rinascita della musica dei negri d’America. È stato il Risveglio, quel
movimento religioso di massa
che percorse tutti i paesi anglosassoni, a dare vita al canto di
quei negri d’America che furono
dal Risveglio particolarmente
toccati. Per essi i predicatori itineranti tenevano adunanze all’aperto, spesso di notte, intorno a
un grande falò. Il messaggio infuocato del predicatore annunciava l’inferno e la salvezza, chiamava al ravvedimento e alla conversione, prometteva la liberazione e la redenzione. Specialmente nel Sud, dove predicavano Battisti e Metodisti, l’Evangelo si rivolgeva ai poveri, agli
sfruttati, agli schiavi, facendo
gran presa su di loro. Al richiamo ardente del predicatore rispondeva il canto altrettanto
partecipe dell’assemblea. Per
questo i canti ebbero cos, grande importanza. Allora nacque il
jubilee, canto ritmico, alternato,
che annunciava una buona novella, vivace e acceso, spesso urlato in preda a una grande eccitazione. Ma se l’assemblea era
turbata per il proprio peccato o
era stata chiamata a un profondo pentimento e non era più al
suo posto il ritmo incalzante del
jubilee, ecco subentrare lo spiritual. Il ritmo diventa più caldo,
cade per lo più lo schema a domanda e risposta e il canto procede lento e commosso.
Dal 1816, quando cominciò la
triste vicenda della segregazione
delle chiese negre, la loro musica seguì uno sviluppo autonomo, creando una riserva infinita
di sermoni cantati, jubilees, spirituals, Gospel songs, patrimomonio delle chiese negre e delle
sette « urlanti ».
Se mai una musica nei tempi
recenti, ha consolato, ha comosso, ha scosso, è questa musica
afro-americana che ha anche
ispirato la musica profana (il
jazz, i blues, i canti del lavoro e
della protesta), perché ha tutta
la forza di un popolo che canta
a Dio la sua speranza.
B. S.
discipline, in certe comunità)
personne sachant lire se ren
sous peine d’amende» («chiu
il proprio innario, sotto pen
ormai lontani, era ritenuta a
pesse anche cantare, ma è lec
essere oggi ancora) il testo d
za nella liturgia del culto da 1
tare un’attiva partecipazione.
Recentemente, in una no
accolta la proposta di ridurrò
motivato con la constataziou
le componenti del culto chei
che la deve animare. In quq
della contestazione giovanile,
fortemente evidenziato e si sa
mi sembra, può rendere piùi
il cantare insieme. Ben lo san
risparmiano tempo e fatica pi
chiesa. Ne hanno fatto l’espei
pe, prepararono insieme il lo
compito della Riforma proto
munitario della musica e del
canto gregoriano era riservato
to fu essenzialmente popolare
Tutti sanno, del resto, eh
compagnati da una ripresa t
testo, per quel suo potere dii
metaverbale, possiede il dono
lo, dandogli maggiore espres
zelo più vigoroso e più arde!
fatto l’esperienza.
Questo tuttavia esige ubi
bene alle parole e sia cantata!
gioni di contestazione al canta
che troppe volte il canto è tr(|
tolosamente come una qualÉ
discutibile assolo di qualche |
te, invece, che non solo tuttij
gono cantate ma che il ritiHj
alla nostra gioia di figlioli dii
ci trasciniamo stancamente si|
la gloria, dell’onnipotenza 0 dJ
cantici, per edificare, devono a
Tutto questo richiede atti
comune, disciplina. E siccome!
compito, risulta evidente quaK
chiesa e dell’organista. Guaii
mente a questi ultimi il coni
La loro precisa funzione con»
ad esprimersi con il canto. Til
le Valli Valdesi, la figura delil
munità non avevano ancora»
servitore che non di rado era*
compito di intonare e guidai»!
gi, la comunità che può avvali!
gruppo di persone che metto»!
vizio ! Quale benedizione ed ali
lo il coro, non solo Torganisttl
ro e dall’organo, si unisce inil
di Dio e il suo amore, e perii!
Non impoveriamo i nostri*
dola a poca cosa, ma diamo i
la funzione che le spetta: lo#
canto» (Salmo 98).
trovatori antichi e
In quest’anno dell’ottavo centenario della conversione di Valdo, abbiamo ricordato come sarebbe avvenuta la sua conversione, secondo quanto narra la
cronaca di Laòn: su una strada
di Lione, in mezzo alla folla che
circondava un trovatore, Valdo
avrebbe sentito la storia di Sant’Alessio, e in seguito, come lui,
avrebbe abbandonato le sue ricchezze.
La figura del menestrello, artista itinerante, era tipica in
quell’epoca, e la gente si raccoglieva facilmente per sentirlo.
Attualmente, in Francia, alcuni cantanti evangelici, compositori e interpreti delle proprie
canzoni, sembrano continuare
queirantica usanza... con la differenza che, oggi, incidono dischi. Ad esempio, nelle comunità protestanti delle Cevenne, un
programma estivo di serate con
conferenze e canti vede a volte
un cantante « trovatore dell’Eterno », che canta non solo nelle chiese, ma sulla piazza del
paese, dove per l’occasione si
svolge la serata; agli spettatori
si aggiunge chi, passando, ascolta un momento, c se ne va, strin
gendosi nelle spalle; ma c’è ^
che chi si ferma, mentre in eli*
sa non entrerebbe.
Cantano su ritmi moderni !•
gioia di lodare Dio, l’appello'
seguire Gesù, il pentimento, f*
more di Dio...
A un pastore, Jean-Louis
CKER, è stato riconosciuto quei®
dono: è stato messo da pa#
per un certo numero di anni f
questa forma di « ministero sp*
cializzato ».
Gil Bernard canta la sua fe»
con grande semplicità. In u»
dei suoi canti si rivede petit #
fant, a 12 anni: « Questo ban^
no mi ha detto con uno sguai#
triste: ’Sei adesso l’uomo che #
sideravi?’ ». Ripartendo il ha»
bino gli dice: « Cambia quel»
cuore di pietra, ridiventa un f#
Giulio ». I
Egli insiste sulla speranza
Regno di Dio. Così su ritmi "
tamburi e trombe, che evocali!
la battaglia di Davide contro'
Filistei, T’Eterno risponde a ^
vide: « Quando udrai un ruB»
re di passi tra le vette dei
è l’Eterno che marcerà alla tr
testa » (2 Sam. 5: 24). E Gii
nai'd continua: « Quando ud#
5
13 dicembre 1974 — N. 49
pag.
isica per le diese pretestann
a, una descrizione del buon prosignor X partecipa regolarmenlie un posto che gli consenta di
esibilmente, lo isoli un poco dai
a nell’intenzione di assistere al
scenderanno dal pulpito, ascoldegli inni e nutrire così la sua
jUa di suo, non aprirà neppure
8sa, lascerà unicamente la soma; certo, essa sarà il segno tannunità, ma rimarrà pur sempre
cantare?
far cantare i bambini musica in terre lontane
i, da buon credente tradizionali^in fondo, non vi si sente diretta■e ragione della speranza che è
ilto protestante così, come nacnon ricorda quegli episodi su[emblées du Désert» sprezzanti
re, nel corso dei loro culti, quei
cazioni a Dio e fiducia nel suo
la chiesa si preoccupò, in modo
i organizzarsi redigendo le sue
late vigeva la regola « que tonte
tempie munie de son Psautier,
\a, leggere si rechi al tempio con
imenda »). Forse, in quei tempi
turale che chi sapeva leggere saisare che allora (come dovrebbe
tici rivestisse una tale importan3re anche da chi non poteva canguire almeno le parole,
ssemblea di chiesa, non venne
nero dei cantici. Il rifiuto venne
1 canto dell’assemblea è una delesprime lo spirito comunitario
mi anni, per merito soprattutto
to comunitario del culto è stato
itati esperimenti nuovi. Ma nulla,
;e la comunione fraterna quanto
imbri delle nostre corali che non
lere questo prezioso servizio alla
i nostri Cadetti quando, ad Aganzoniere. Ed è stato proprio il
lo scoprire il grande valore co. Mentre nella chiesa romana il
jro, nelle chiese riformate il canale.
iregli religiosi furono sempre aci del canto. La musica, unita al
ione che può ben essere definita
ìrioso di valorizzarlo, rinvigorir( per invocare e lodare Dio con
me diceva Calvino che ne aveva
llizione; che la musica si adatti
si deve. Una delle più forti raiesa deriva certamente dal fatto
ito e trascinato, o liquidato fretmalità, oppure si riduce ad un
ntenzionato. È molto importane capiscano le parole che venhonsono al testo. Come credere
ilvati in Cristo se, per esempio,
leluia o sulla proclamazione delire di Dio? Le parole dei nostri
intelleggibili (1 Cor. 15; 16).
le, compartecipazione, esercizio
utti sono disponibili per un taìe
e essere la funzione del coro di
imunità che affidasse completa1 edificare mediante la musica!
tei guidare l’assemblea, aiutarla
ordano ancora, specialmente nelre-chantre » quando le nostre co
0 strumenti musicali. A questo
1 lettore della Bibbia, spettava il
nto. Quanto più privilegiata, ogin di una persona sola ma di un
oro capacità musicali al suo serimento spirituale quando non sotutta l’assemblea, guidata dal coiola voce per proclamare le lodi
e la speranza della fede.
togliendovi la musica o riducen»¡ausica nella comunità il posto e
EUio « con la cetra e la voce del
Delia Bert
naoderni
Un rumore di passi in vetta al
fico: Maranatà, Gesù tornerà ».
Egli canta ancora a favore degli emarginati, come gli zingari
(«se Dio si ripresentasse ci sarebbe nei suoi occhi la tua bontà, fratello gitano »). Due sue
canzoni, dedicate a Anna Frank
e a Martin Luther King, dicono
la speranza nella libertà e nell’uguaglianza.
Charles Roda canta soprattutto per i giovani, gli operai: « Ti
Seguirò, ma non adesso, ti seguirò, Signore, ma aspetta... ». .
Accanto al « trovatore » che
canta da solo, vi sono dei gruppi che interpretano il suo canto:
il gruppo svizzero Croix de Camargue che ha anche messo in
musica la poesia di André Maurois: « Sarai un uomo... se puoi
Vedere distrutta l’opera della tua
vita e, senza una parola, ricominciare a ricostruirla... »; il
gruppo ecumenico svizzero Hallel, canta in uno dei suoi ritornelli: « Abbatti le mura di casa
tua, ti nascondono il mondo »
dove un terzo degli esseri umani
accumula, mentre i 2 terzi dividono tra loro la porzione del
Povero. Marie Frange Coìsson
Si canta nelle chiese protestanti: si canta nelle scuole domenicali. Ma poiché tutto quello che vien fatto nell’ambito del
mondo infantile deve avere delle caratteristiche peculiari, se
non vuole limitarsi ad essere
imitazione ripetitiva del mondo
adulto, cos'; anche il canto ha
nella vita della scuola domenicale un ruolo tutto suo, una funzione formativa, non soltanto
cultuale, che sarebbe peccato
sottovalutare. Per il fatto di
essere un’attività collettiva che
generalmente richiama l’attenzione di tutti, il canto è uno dei
momenti più adatti per affiatare il gruppo e creare quell’atmosfera di intesa, di simpatia, di
comunione indispensabile per
ogni incontro autentico. Anche
i più piccoli partecipano attratti dal fascino del ritmo o di una
melodia orecchiabile. Se con parole semplici si riesce a puntualizzare qualche pensiero o qualche problema scaturito dalla riflessione biblica che si va facendo insieme, ecco che il canto diventa uno strumento validissimo per dialogare con i bambini.
Forse proprio per sopperire
alla scarsezza di materiale innologico adatto ai bambini (anche
l’attuale innario è poco utilizzabile), oggi nelle scuole domenicali alcuni canti nascono come
creazioni spontanee. Essi non
hanno certo pretese artistiche,
ma esprimono qualcosa a livello
della sensibilità e delle problematiche dei bambini, rispettandone le reali possibilità anche
nell’estensione vocale.
Vorrei ripetere su queste pagine la proposta già fatta dalla
rivista « La Scuola domenicale »
(vedi n. agosto 1973 - pag. 84).
Perché le scuole domenicali non
si scambiano il materiale che
« scovano » o « inventano » per
arricchire vicendevolmente il loro repertorio, in vista di un canzoniere sempre aperto? La rivista (via della Signora 6 - CAP
20122 Milano) potrebbe essere
lo strumento adatto perché questo scambio avvenga, contribuendo anche a stabilire un certo legame tra le varie scuole
domenicali, che spesso lavorano
nell’isolamento.
Lilia Sommani
Alla scuola domenicale cantiamo spesso, ma qualche volta
non facciamo in tempo. I bambini cantano sempre molto volentieri. Conoscono oramai abbastanza inni, tenuto conto che
non possiamo dedicarvi molto
tempo. « Gloria al Padre », « Il
Padre adoriamo », « Lode all’altissimo », « Mi prendi per la mano », « Venite fedeli », « Notte
benigna » ,« Sotto splendido stel
lato » (anche se è stato tolto dall’innario nuovo) e un altro dell’epoca della Riforma, molto bello : « Le porte alzate, aprite il
cuor ». Abbiamo insegnato due
inni aboliti dall’innario nuovo:
« Non odi, Maestro » e « Tace il
vento ». Mi sembra un peccato,
però, che siano stati aboliti tutti gli inni per bambini. Alcuni
sono sorpassati o retorici, d’accordo, ma parecchi erano belli e
comprensibili per loro.
Roberta Colonna Romano
Nelle varie comimità dove ebbi il compito di dirigere la scuola domenicale, accanto al lavoro
di istruzione biblica, uno spazio
assai considerevole l’ho sempre
riservato all’insegnamento degli
inni dell’innario cristiano, insie,me ad altri canti di vario gefiere.
La mia esperienza mi dice che
il ragazzo canta volentieri, con
entusiasmo anche gli inni considerati difficili e incomprensibili
da molti. Inoltre è proprio nella giovane età che si imparano
e si immagazzinano tante cose
che formano la base di tutta
una vita. Quante persone anziane cantano e ascoltano con grande commozione inni imparati alla scuola domenicale, ricordando un tempo di gioiosa fede e di
comunicazione entusiasta. Personalmente sostengo che il canto nella scuola domenicale ha
un grande valore : il ragazzo
può, con esso, dare testimonianza nel suo piccolo o grande mondo. Esprime in modo semplice,
infantile la sua fede e col canto
loda e prega il Signore che fin
dalla prima età impara a conoscere e ad amare .
In questo senso e con questa
impostazione il lavoro canoro
ha ragion d’essere e lo dobbiamo sostenere e incoraggiare,
poiché anche con questo mezzo
possiamo dire al fratello che ci
tende la mano che Cristo è venuto per tutti, e il suo amore è
per coloro che credono e vivono
in Lui.
Laura Rivoira
A Graziella Jalla, per anni missionaria nel Btilozi sulle rive dello Zambesi, abbiamo rivolto alcune domande:
Il canto ha parte importante nel lavoro missionario? È stato un mezzo per comunicare l’Evangelo?
Senza dubbio. L’africano ha una intensa sensibilità musicale e il canto è per lui una forma
espréssiva importante proprio perché ha una cultura meno intellettualistica della nostra. E relativamente facile insegnare inni e chi è attratto dall’Evangelo li impara rapidamente, con piacere.
Quanti inni hanno imparato le centinaia di ragazze
che ho visto passare dalla scuola in cui ho insegnato! Gli africani stessi, poi, si servono a loro
volta del canto per testimoniare ad altri la loro
fede e per vivere la comunione nella chiesa.
Quali inni avete insegnato? Non c’è il rischio che
anche col canto abbiamo importato in Africa
forme nostre, ma là estranee?
Per quel che riguarda l’opera missionaria sulle
rive dello Zambesi ci si è serviti fin dal principio
di melodie del Risveglio, ma gli inni sono stati
insegnati nella lingua indigena e presto si è avuto
un iimario indigeno, al quale ha lavorato assai anche mio padre, Adolfo Jalla. I credenti africani
lo hanno subito sentito come il loro innario. Quanto alle melodie è un fatto che quelle del Risveglio
avevano conquistato gente diversa come gli anglosassoni, gli scandinavi, i tedeschi, i latini, ed
è stato così, senza difficoltà, per gli africani. Certo i tempi e la sensibilità cambiano...
Non sarebbe stato preferibile esprimere il messaggio in termini africani, non solo per le parole,
ma anche per la musica?
C’è stata • una ragione precisa per cui non si
sono, allora, riprese melodie indigene. E un problema ampio che non riguarda solo l’aspetto musicale, ma lutto il rapporto con la cultura indigena. Certo, ci possono essere stati errori, mancanza di sufficiente sensibilità all’esigenza indigena,
ecc. Ma musica e canti — come del resto ogni
aspetto della vita — erano tutti intrisi di paganesimo. In buona fede — e non è ancora dimostrato che abbiano sbagliato — i missionari hanno
ritenuto indispensabile una rottura con questa
cultura intimamente pagana e quindi anche con
melodie che avrebbero inevitabilmente ricordato
agli ascoltatori e ai cantori riti e feste pagane.
Ora la situazione è probabilmente diversa ed 'è
giunto il tempo di sviluppare, come avviene, la
creazione originale indigena di espressioni musicali e innologiche della fede. Ma non rimpiangiamo che si possano cantare inni con la medesima
melodia in inglese, francese, italiano, lozi o swahili, come potrà presto avvenire per inni la cui
melodia non sia occidentale, ma africana o asiatica. Gli innari ecumenici ne danno già qualche
esempio.
cori (ii trombe in Germania
Ci può raccontare come si
svolgono i cori di trombe
così tipici della Germania?
Non avendo mai partecipato
direttamente alla attività dei
trombettieri in Germania, posso parlare soltanto come membro di una comunità tedesca nella quale si era costituito un coro di trombe. I trombettieri di
quella comunità erano per lo più
giovani che amavano la musica
e, non avendo i mezzi per studiare al Conservatorio, si riunivano ogni settimana in una sala
del campanile della chiesa. Un
maestro di musica, profugo della Slesia, regione che i tedeschi
hanno dovuto cedere alla Polonia dopo aver perso la guerra.
I «CAROLS»
Durante il periodo natalizio l'Inghilterra echeggia
di canti: i « Christmas Carols »
Sta iniziando il periodo in cui
cantiamo i nostri carols natalizi dappertutto, nelle chiese, nelle scuole, nelle sale, nelle università, nelle vie, nelle case. Li sentiremo pure alla radio, con i dischi, li trasmetteranno per televisione.
Nella mia città, Withan, nell’Essex, le corali delle chiese, le
IL LAVORO DELLE CORALI
NELLE VALLI VALDESI
I gruppi corali delle nostre comunità valdesi, dal periodo del
Risveglio che li ha visti fiorire
ad oggi, programmati essenzialmente per l’edificazione dei culti, da qualche tempo danno segno di voler uscire dal ristretto
ambito delle prestazioni tradizionali di canto durante le solennità, e di prender coscienza
di un compito più impegnato
nello spirito di una rinnovata
necessità di testimonianza nella
chiesa e fuori della chiesa.
Gli elaborati cori di circostanza che richiedevano mesi di studio per la gioia dei Natali e delle Pasque passati, sono quasi del
tutto sostituiti da semplici corali o inni tratti dall’innario
nuovo che nulla concedono alla
commozione epidermica del momento.
In compenso fioriscono molte
attività più utili: partecipazione
a riunioni quartierali per l’insegnamento di inni nuovi; canti
di testimonianza eseguiti alTesterno della chiesa; visite a vecchi e ammalati; incontri con altre corali e comunità; serate con
tema prestabilito interpretato
da canti; visite a piccole comunità della diaspora; incisione di
dischi; partecipazione a manifestazioni popolari.
Per tutte queste attività extraculto, le tonti musicali non sono
molto ricche perché non sempre
l’innario può offrire strumenti
adatti a tal uopo, per cui, o si
rlnvangano vecchi canti tradizionali o canzoni storiche o dialettali e chi può ne cura testo e ar
monizzazione, oppure si fa opera di ricerca presso innari più
vari, come quelli americani dove, accanto a salmi e inni della
Riforma, troviamo canti spirituali negri, canti religiosi di diversi paesi, canzoni. Anche tra
la musica religiosa moderna
francese si possono trovare canti che piacciono per l’immediatezza del testo e pel ritmo della
musica più conforme allo spirito
dei giovani che ormai rappresentano una larga percentuale della
popolazione corale.
Naturalmente, per alcune corali, molte delle attività elencate non sono possibili se si pensa
che sovente a causa dello spopolamento o dei turni di lavoro, il
riunirsi in numero sufficiente è
cosa problematica. A ciò si aggiunga la quasi totale disabitudine al canto corale che investe
soprattutto le ultime generazioni
e la mancanza delle più elementari nozioni di musica che rende
lungo e difficile il compito di chi
per passione o per missione porti avanti questo impegno. Tuttavia, anche in piccolo, questi
gruppi che risultano in genere
ben affiatati, sono disponibili per
chi abbia la fantasia di usarli
agli effetti di un lavoro sociale o
di testimonianza. In un momento in cui è così difficile reperire qualcuno che si impegni nelTambito delle comunità, mi sembra di poter additare nelle corali uno degli strumenti più
adatti e più pronti ad agire.
Cecilia Ciesch Gay
corali cittadine, gli alunni delle
scuole cominciano a esercitarsi
parecchie settimane prima di
Natale, ma già durante la settimana che precede il 25 dicembre gruppi di bambini e corali
di chiese riempiono le vie, cantando carols davanti a ogni casa
e collettando danaro per vari
aiuti. Anche una società cittadina percorre le strade su un camion scoperto e, cantando inni,
raccoglie danaro destinato a preparare una cena per gli anziani
della città.
La nostra corale cittadina dà
un concerto di carols nella sala
più grande di Withan, il sabato
e la domenica più prossimi a
Natale e i biglietti sono esauriti
già una settimana prima! Il programma include alcuni dei carols più noti come « Hark thè
herald Engels sing... » (Udite, gli
angeli cantano...), « Christian
awake... » (Cristiani risvegliatevi), « O come all ye faithful... »
(Venite fedeli...) e a questo punto
gli uditori si uniscono ai cantori. Ma la corale canta tanti altri
carols^ tratti per esempio da brani del Messia di Haendel o da
opere di compositori moderni.
Nell nostra chiesa Metodista,
la sera della domenica che precede Natale, il direttore della corale organizza sempre una serata di canti natalizi. Uà Stessa
sera vengono eseguiti concerti di
carols natalizi a Londra in grandi sale come 1’« Albert Hall » e
la « Festival Hall ». A volte formiamo dei pullmann per andare
a sentirli e sono cantati molto
bene.
Ma la vigilia di Natale ci piace stare a casa e possiamo ascoltare alla radio dei bellissimi carols cantati dal coro della Cappella del King’s College di Cambridge, oppure cantiamo nelle
nostre case, in famiglia, questi
amati canti che conosciamo fino
dalTinfanzia e che naturalmente
ripeteremo nei culti del giorno
di Natale. Essi ci aiutano a rendere questo periodo una vera festa, a celebrare con gioia il meraviglioso avvenimento dell’Incarnazione del nostro Signore.
Edith Me Kinley
istruiva una decina di giovani
gratuitamente, per compiere un
servizio, anche se doveva guadagnare ner rifarsi la vita.
Il suono prodotto dalle
trombe è molto impressionante, ma qual’è il senso, il
valore di questi « cori di
trombe »?
Il loro aspetto principale, da
non sottovalutare, mi pare stia
nel fatto che in questi cori di
trombe non vi è né uno strumento che emerge, né un solista.
Tutti sono uguali.
In che cosa consiste il servizio dei trombettieri?
Suonare le lodi del Signore!
In origine suonavano così!, spontaneamente, semplicemente, con
il solo scopo di lodare il Signore. Non è forse un grande errore l’aver perso questa spontaneità di celebrare la gloria di
Dio? Noi ci esercitiamo, ci prepariamo con cura, con lo scopo
immediato di suonare per il
prossimo, per la chiesa, per dare un concerto. Ciò è naturalmente giusto e buono, ma dimentichiamo sovente lo scopo
principale di celebrare le lodi
del Signore.
Suonano sempre in chiesa i
trombettieri?
I trombettieri in Germania
suonano in chiesa durante il culto, ma anche dal campanile, nelle piazze, negli ospedali, nelle case di riposo per anziani. Dopo
il concerto salutano i ricoverati
dimostrando loro che non sono
dimenticati né emarginati. Spesso, dopo un concerto in piazza
distribuiscono inviti per una manifestazione della chiesa o di
tutte le chiese del luogo. Una
volta, in una comunità, circolavano dei settari. I trombettieri,
col Pastore, hanno redatto un
piccolo opuscolo che spiegava le
differenze tra i settari e la Chiesa che è stato poi distribuito dopo un concerto in piazza.
Sono apprezzati, sono popolari questi cori di trombe?
Si, perché ogni anno in ogni
regione c’è una « festa dei trombettieri » alla quale tutti i cori
partecipano dopo essersi preparati un anno intiero. Alla festa
dei trombettieri del Badén si ritrovano 2000 trombettieri, a quella del Wiirttemberg 6000 e così
via. Al mattino partecipano al
culto nelle varie comunità. Nel
pomeriggio si radunano con i
membri della comunità e gli
ospiti di altre Chiese. Quelli del
Badén prendono posto nella
grande sala della « Schwarzwaldhalle » a Karlsruhe che ha una
capienza di 10.000 posti ed è sempre gremita! In realtà si tratta
di un culto. Alla base del pro
Abbiamo chiesto a 49 chk»se vaidesi se, durante i culti,
suonavano delle donne. Ci è risultato che suonano 51 donne
contro 15 uomini. A volte vi sono più persone che si alternano o si sostituiscono. Molto spesso sono le mogli dei pastori
che suonano.
A tutte queste sorelle, occupate in un servizio così impegnativo, un pensiero particolare.
gramma sta una parola di Dio.
Ispirati a questa parola vengono scelti gli inni che sono cantati alternativamente da trombettieri e comunità, le letture
bibliche, la predicazione, i brani musicali da suonare, le preghiere. Forse in nessun’ultra attività delle chiese i giovani autori di musica sacra e gli autori
di inni nuovi, possono trovare
così, vasto spazio, senza che siano trascurati i grandi maestri
del passato come Bach, Schütz,
Praetorius eccetera.
Ruth Tourn
NOTE...
MUSICALI
1851 ' « Il Sinodo raccomanda ai
Concistori dì diverse parrocchie della
chiesa valdese di impegnarsi in tutti i
modi perché il canto sacro, parte cosi
importante del nostro culto, sia sempre
più perfezionato» (Atti del Sinodo
Valdese 1851, art. 35).
Il « Coro evangelico di Roma » si
è formato da alcuni anni. Comprende
membri delle comunità romane che si
riuniscono una volta la settimana per
cantare e che sono spìnti dalla gioia di
cantare, dall'amore per la buona musica dalla convinzione che il canto può
essere una testimonianza.
In Giappone alcune chiese protestanti e quella cattolica hanno deciso di
pubblicare un innario ispirato a musiche e liriche giapponesi : « Inni di fede
contemporanea » sarà pubblicato l'anno prossimo con lo scopo di rendere
più accessibile il messaggio cristiano a
un popolo che ha tradizioni antichissime, molto lontane da quelle occidentali.
Da una comunità dell'Italia meridionale : « In genere nelle nostre comunità il canto è molto amato, anche
se non vi sono corali regolarmente costituite e con regolari incontri ; nel
sud il canto è istintivo e in genere si
canta bene ».
Durante gli anni 1947-1966 la Facoltà Valdese di Teologia ha impartito
agli studenti dei corsi di musica e innologia in preparazione del lavoro pastorale.
Nelle Chiese evangeliche africane
l'attività cerale è diffusissima. Un esempio : la Chiesa evangelica del Cameroun,
che conta circa 150.000 membri, ha una
rete di corali che raccoglie 40.000 persone 1 In una sola comunità si contano
ben 10 cerali!
Nelle loro relazioni annue, oggi
raramente le chiese dedicano un paragrafo al canto comunitario.
La Chiesa presbiteriana nel Venezuela avverte fortemente la necessità di
di radicare il canto della chiesa nella
tradizione musicale indigena. Un gruppo
di lavoro sta cercando come inserire nel
culto più musica autoctona.
^ Georg Friedrich Haendel non ha
mai voluto trarre profitto dalla esecuzione del suo oratorio « Il Messia », il
più eseguito nel mondo evangelico, perché lo considerava un culto.
^ La voce prima dei 3 anni non
emette che suoni incerti, anche falsi. Dopo i 3 anni si aggira sulle note medie :
fa, sol, la. Verso i 6 anni si arriva complessivamente a cinque note, dal mi al
si A 7-8 ii bambino domina tutta la
scala dì do maggiore. Dai 10 ai 14
l'estensione è di una ottava e mezza.
6
pag. 6
N. 49 — 13 dicembre 1974
a cura della federazione femminile valdese
ajifflHto Mlìi bibìh w le cMeài irmestami
1 • con le parole v Io ho ancora un cui nnn n\)p\)nvin nvÈprur/i
una voce battista
Cercherò, con semplicità, di
parlare della mia testimonianza
cristiana attraverso il canto.
Purtroppo ho dedicato al canto
soltanto le briciole del mio tempo, perché sono sempre stata
impegnata, come moglie di pastore, sia in casa che nella comunità. Qualche volta, nei momenti di maggior stanchezza, sono stata tentata di rinunziare,
anche perché scoraggiata dalla
contestazione nei confronti del
canto religioso", ma poi sentivo
che non potevo farne a meno ed
il canto stesso era per me un
conforto ed un aiuto.
Sono stata sempre assidua consta, fin dalla mia giovinezza
nelle varie corali delle Chiese di
cui ero membro, perché ho sempre creduto che Dio dev'essere
lodato con tutta la nostra vitaforza fisica, morale, tempo, danaro e quindi anche con la nostra voce. Poiché una parte del
mio tempo la passo negli ospedali e nelle case di riposo, presso ad ammalati e anziani bisognosi di assistenza, avendo così
davanti ai miei occhi l'aspetto
più triste della vita, ho sempre
sentito la necessità di portare il
conforto della Parola di Dio in
un modo gioioso. Molte volte,
durante le mie visite, persone
che mi hanno ascoltato cantare
durante i culti radio, mi chiedono di cantar loro qualcosa e ne
sono rallegrate.
Varie esperienze mi hanno
convinto che il canto ha un suo
particolare valore. Ricordo, ad
esempio, una cara sorella in fede
che sapeva di morire di lì a pochi giorni, mi chiedeva di cantare per lei «Più presso a te. Signor » (cosa che io facevo, pur
avendo il cuore gonfio di dolore)-^ essa ne traeva conforto ed
io stessa ricevevo più di quanto
potevo dare. Altre due persone a
me care, che di recente hanno
subito gravi operazioni, mi hanno detto di essere state molto
aiutate a superare le loro prove
ascoltando U canto di alcuni inni. L'anno scorso andavo sovente al Cottolengo per aiutare una
nostra sorella spastica: lo spettacolo di tutta quella sofferenza
umana era angoscioso, eppure
non potevo staccarmi da quelle
creature che si avvicinavano a
a me, desiderose di affetto.
Quando andavo in compagnia di
due simpatiche ragazze svizzere,
che suonavano la chitarra, cantavamo insieme per la nostra sorella e tutte le altre ammalate
del reparto si avvicinavano e
tentavano di unirsi a noi nel canto. Anche se da quelle povere
creature uscivano soltanto suoni sgradevoli, era evidente la loro gioia e quindi io credo nel
valore di questo canto. Il mio
desiderio è quello di far parte
di un coro ben affiatato, consacrato particolarmente a questo
scopo: andare a portare l'Evangelo "cantato" nei luoghi di sofferenza come prigioni, ospedali,
case di correzione, istituti per
ciechi, per stastici, per anziani ecc.
Positiva è stata, a questo riguardo, l'esperienza fatta con la
corale battista di Firenze che —
sotto la guida paziente del maestro Watts — è andata a cantare in, alcuni istituti e case di sofferenza. Quando vedo davanti a
noi quei volti rallegrarsi e dimenticare (anche se per poco)
le loro pene e la loro solitudine,
ricevendo con gratitudine il messaggio dell'Evangelo, allora credo fortemente nel valore di,questo canto. Ritengo valido ancora
il' messaggio evangelico portato
con il canto attraverso le onde
della radio, perché in tal modo
può penetrare oltre certe mura,
che non sempre ci è concesso di
valicare fisicamente.
In questi ultimi quattro anni
sono stata invitata a far parte
del "Trio Evangelico",- insieme
con i fratelli americani Crabb
e Watts. Siamo stati in quasi
tutte le comunità battiste d'Italia e alcune svizzere, presentando un programma di inni, spirituals e gospels. L'intenzione era
quella di portare un messaggio
biblico evangelistico ed incoraggiare le comunità al canto. Purtroppo nelle nostre Chiese pochissime sono le persone che,
avendo particolari doti musicali,
si sono dedicate a questo servizio al Signore, per educare al
canto le nostre comunità evangeliche. L'esperienza del "trio" è
stata valida ed interessante. In
quasi tutte le comunità dove siamo stati molti fratelli e -sorelle
ci hanno espresso la loro gratitudine, affermando di essere stati colpiti dal richiamo biblico
contenuto nei nostri canti. L'ultima esperienza è stata quella
di Varese, dove abbiamo cantato in un Liceo, dinanzi ad un
pubblico di circa duecento persone (quasi tutti studenti), in
gran parte non evangeliche. In
seguito abbiamo saputo che vari giovani sono andati a trovare
il Pastore Masino, che ci aveva
invitati e presentati, chiedendogli informazioni circa la nostra
fede.
La mia aspirazione è quella di
poter un giorno cantare alcuni
Salmi ed alcune parti della Scrittura contenuta nei Profeti, Proverbi ed Ecclesiaste, libri tanto
ricchi di messaggi per il mondo
di oggi. Mi piacerebbe anche cantare (se qualcuno lo musicasse)
il famoso brano del discorso di
Martin Luther King, che inizia
con le parole v Io ho ancora un
sogno ». Non posso dimenticare
che M.L. King è stato ucciso proprio mentre incoraggiava il suo
amico a dare il meglio di sé nel
canto. '
Vorrei terminare rivolgendomi a tutte le persone anziane
che leggono queste righe e cHé
talvolta si sentono sole e messe
da parte. Ho sentito alla radio
che un coro giapponese sta ottenendo in questi giorni un grande successo, oltre che per la bravura dei componenti, anche per
la loro età: la più giovane ha 65
anni! Vorrei incoraggiare quahti pensano che per la loro età
noti hanno più possibilità di servire il Signore, a dedicare il loto
tempo al canto corale, ricordando quanto afferma il profeta
Isaia (40: 29): « Il Signore dà
forza allo stanco é accresce Vigore a colui che è spossato »:
Lucia Bensì'
Ogni specie
per l’Esercito
A proposito di musica, nell’ambito del salutismo le donne
hanno avuto una grande influenza. Caterina Booth, considerata
madre dell’Esercito della Salvezza, ebbe a dire: « Utilizziamo la
musica là dove possiamo per
raggiungere le anime e, attraverso essa, condurle alla salvezza.
Come Davide servianjoci di tutti
gli strumenti al servizio di Dio ».
Con queste convinzioni all’inizio
del movimento, i salutisti marciayaiio in corteo cantando le
lodi di Dio, accompagnandosi con
le trombe^ e i tamburelli e attirando così l’attenzione del pubblico al quale poi veniva annunciato l’Evangelo.
Al momento in cui andò in voga la musica ritmica, un ufficiale salutista, la Maggiore Joy
Webb, organizzò e tuttora tiene
in vista, gruppi cosidetti Strings,
raggiungendo moltitudini di giovani hippies. Altro aspetto positivo della musica è l’occasione
che i nuovi convertiti hanno di
utilizzare il tempo libero impegnandosi in un servizio di fanfarista che crea un prezioso vincolo fraterno, li anima, li entusiasma spingendoli a testimoniare la propria fede ovunque:
sulle piazze, nelle prigioni, negli
ospedali. Sovente le giovani salutiste si recano presso gli am
di Strumenti
della Salvezza
malati o le persone sole e anchp
nei locali pubblici per cantare
la loro gioia cristiana, accompagnandosi con le chitarre e i tamburelli. Oggi il nostro movimento conta 52.000 fanfaristi e
100.000 coralisti che annuncianp
l’Evangelo con musica strumentale e con il canto.
I metodi musicali in uso nell’Esercito possono talvolta stupire o meravigliare, ma trovano
ampia giustificazione nella Scritl‘
tura dove è detto: « Trombe è'
cembali per i musici e strumenti
per cantici in lode a Dio » ^ Cro-!
nache 16, 43). Davide, il grande''
cantore d’Israele, invita i figli di’
Dio di tutti i tempi a lodare il*
Signore con ogni specie di stru-'
mento a fiato, a corda, a percussione: « Ogni cosa che respira
lodi l’Eterno » (Sai. 150, 6): Così
si conclude il libro dei Salmi.
Desidero anche ricordare donne
menzionate nella Bibbia che si
sono fatte sentire con canti di
loro composizione: Miriam, la
sorella di Mosé (Es. 15, 26), D&bora, giudice e profetessa, e Maria che canta: « L’anima mia
magnifica il Signore » (Le. 1,
Voglia Dio suscitare nuove véci
che si elevino a proclamare *la
Sua bontà, ancora oggi unica
speranza per gli uomini.
Col. Prospera D’Angelo
quando il canto è un aiuto
Ci sono voluti molti mesi, forse anni, per capire che la musica e più propriamente il canto,
ci avrebbe aiutato ad arrivare
alla mente e al cuore delle ammalate che visitiamo negli ospedali psichiatrici. Quando a Natale e a Pasqua si teneva il culto, da principio ero scettica sulla riuscita dei nostri sforzi canori. Ma una volta, forse tre anni fa, notai che una paziente,
dopo il primo attimo di esitazione, si unì al nostro canto e
ci fece capire che dovevamo
proseguire ancora. La cosa potrebbe sembrare di nessun interesse, se non si sapesse che da
questa nostra infelice sorella
non avevamo mai sentito una
parola e per la prima volta udivamo la sua voce nel canto.
Il fatto mi commosse e mi
turbò, volli provare anche presso altre malate e con le mie
amiche (quando era possibile)
tentammo il canto là dove il ragionare era veramente vano. Con
due giovanissime pazienti constatammo che la musica di un
giradischi, azionato nei momenti di attacchi isterici, riusciva a
calmarle. Con una sorella ricoverata dal 1932 e con la quale,
non eravamo mai riuscite ad
avere uno scambio di idee, l'unico nostro modo di comunicare
fu cantando l’inno Notte benigna, notte tranquilla... Il suo
sguardo si faceva attento e dopo averci accompagnate nel canto, ci raccontava della sua casa
nella Foresta Nera, di Natale
con le sue sorelline e di fantastici alberi natalizi con la loro
mamma che suonava il pianoforte.
Di queste esperienze ne abbiamo collezionate tante. Oserei dire che per certi casi il canto è
l’unica via di comunicazione e
questo sistema si è dimostrato
positivo proprio su soggetti che
rifiutavano ogni genere di collaborazione con l'esterno. Quante
volte abbiamo cantato: Mi prendi per la mano o mio Gesù e
quante volte abbiamo visto nel
volto di queste creature condannate all’isolamento, l’affiorare di
ricordi del tempo sereno della
loro infanzia: forse per loro avrà
voluto dire la casa, la loro chiesa, i loro figli, il tempo felice in
POR I ROSTRI ROORLI !
DI Pine nnno. RicoROOTe:
*
.A*
*
*
*
La nuova Storia dei Valdesi, in due volumi, di A. MOLNAR e A. ARMANO HUGON, ampiamente illustrata *
f. 5
(L. 13.000).
— D. MASELLI, Tra Risveglio e Millennio — storia delle
chiese cristiane dei Fratelli (1836-1886), pp. 330,
30 ili., L. 5.000.
— IL NUOVO TESTAMENTO ANNOTATO - voi. Ili («Le
Epistole di Paolo »), pp. 320, L. 4.800.
— M. FURST-WULLE, Il canto cristiano nella storia della
musica occidentale, p. 384, L. 5.900. Ad ogni acquirente in omaggio una copia di Canti della Riforma della stessa autrice.
— G. ODIN, La pietra e la voce - Immagini della vai Pellice (con testi di Rita Gay e Giorgio Tourn) - Foto d'arte - poesia - storia (ed. di lusso, L. 6.500).
— H. Ch. LEA, Storia della Inquisizione (1888), illustrata,
L. 7.500.
Libr. CLAUDIANA, via Princ. Tommaso, 1 - c.c.p. 2/21641 - 10125 TORINO
cui non avevano ancora iniziato il terribile viaggio nel tunnel
delia follia.
Mariuccia Barbiani
Mia ma.dre stava morendo...
Non parlava più, non vedeva
più: questo è il vero momento
del distacco, non poter più comunicare fra noi che ci siamo
intese così bene! Mio marito capisce la mia disperazione e mi
dice di provare a cantare qualche cantico che avevamo cantato insieme. Con voce rotta dapprima e poi sempre più sicura
io canto i vecchi, cari cantici
della mia infanzia: "Jésus est
mon ami suprème...", “A Jésus
je m'abandonne...". La stretta di
mano che si fa più forte quando smetto, è la prova che mi
sente ancora, che riceve questo
mio ultimo saluto! Là dove la
parola non giunge più, può giungere il canto.
•k -k -k
Sono in visita ad una vecchina sola, segnalataci dal Pastore.
Non è un approccio facile... Mi
risponde a monosillabi. Leggo
un passo nella Bibbia e cerco di
metter calore tra di noi, così le
dico: “Vuole che preghiamo insieme?" Mi risponde: “Si ça
vous fait plaisir...". Strana risposta, no? lo, che credo di aver
tanta comunicativa, sono imbarazzatissima. Preghiamo. Poi, silenzio. Un’idea: “Vuole che le
canti qualcosa?" Mi risponde
con sufficienza: “Mi piacerebbe,
ma certamente lei non conosce
i nostri vecchi cantici, lei canterà solo i moderni!". Le rispondo e l’assicuro che li so. Proviamo. Cantiamo insieme, un cantico, un altro e poi un altro ancora. Alla fine mi ringrazia e ___
incredibile! — mi abbraccia e
mi dice: “Torni presto!".
Ade Gardiol
LIBRI
Storia del canto
protestante
È uscito, edito dalla Claudiana,
il volume « Il canto cristiano nella storia della mpsiea occidentale »
scritto e curato da Margherita
Fürst Wulle, che dal ’47 al ’66 è
stata lettrice di musica presso la
Facoltà valdese di Teologia di Roma.
Si tratta della elaborazione delle dispense dei corsi di musica e
delle esperienze pedagogiche maturate in tanti anni : ne risulta
un’opera enciclopedica e approfondita soprattutto nella parte che
riguarda l’innologia riformata
trattata a livello universitario.
In queste pagine dedicate al
canto delle nostre comunità, questo volume riveste un particolare
interesse, perché l’appassionato appello che esso contiene a uno studio approfondito del canto della
Riforma, è anche alla base delle
scelte che hanno informato l’elaborazione del nuovo innario.
Lutero sosteneva che la musica ha il suo posto accanto alla teologia perché è la sola arte che ha
il dono :
1) di unirsi alla parola e
quindi alla Parola di Dio,
2) di innalzare le parole ad
un linguaggio elevato,
3) di unirsi alla letizia dell'Evangelo,
4) di accrescere la disposizione del cuore e dell’intelletto ad
accogliere la Parola,
5) di edueare con l’esempio
costante a governare gli affetti dell’uomo, placando le passioni e suscitando sentimenti nobili,
6) di raggiungere alte vette
artistiche nel servizio del Signore,
7) di essere, nella pratica fedele della lode, un segno vitale
della glorificazione di Dio.
L’autrice, attraverso lo studio di
questa concezione musicale di Lutero, guida il lettore a prendere
coscienza del valore insostituibile
del canto religioso con tutte le sue
implicazioni morali, religiose ed
artistiche. Una lettura attenta di
questo testo, oltre a dare una suggestiva immagine del popolo di
Dio che attraverso i secoli trasmette di generazione in generazione il prezioso dono del canto, può
certamente dare un valido supporto culturale a chi, come succede
a molti di noi, si avvicina al canto sacro in modo troppo distratto o
dilettantesco.
Molto interessante risulterebbe
poi uno studio sugli sviluppi del
canto religioso dalla Riforma ad
oggi e sulle modificazioni del nostro gusto musicale apportate da
oltre oceano. Ci auguriamo che
Margherita Fürst Wulle si accinga a farlo con la competenza e
l’amore che hanno ispirato questa
sua prima opera.
Cecilia Ciesch Gay
Facciamoli
lèggere
_La collana tascabile ed economica « Vallecchi Giovanissimi » (L. 500-600) che raccoglie investigazione, western, avventure, narrativa e si propone di divertire i giovani nel
quadro però di vicende molto umane, si è accresciuta di
vari titoli: A. Fernez, Nick Jordan e il Virus H 84, dove
l’investigazione diventa responsabile della salvezza di vite
umane che rischierebbero di soccombere per la emanazione di Un virus. R. Garbett, Non si uccide per coraggio (ma,
secondo l’autore, per panico), dove attraverso 7 storie gialif/ ® posto il problema sociale del crimine. B. Scott,
Walt Slade e la Valle maledetta e Walt Slade e la grande
retata, due western nei quali riappare il favoloso ranger
sul suo veloce cavallo nero e, per amore dei deboli, fa giustizia alquanto radicalmente sui fuorilegge, seguendo la
nota morale del West. Questa letteratura la cui fantasia un
po esagerata piace ai giovani e anche ai non giovani, ha
di positivo il desiderio di illuminare le situazioni, di portare
a vederci chiaro. È forse un modo urt po' rozzo di insegnare a essere onesti e coraggiosi, ma l’adolescenza ha i
SUOI strani eroi!
Vi sono nella collana libri meno crudi: Il sigillo dell imperatore di Giuliana Boldrini, un romanzetto storico
in CUI il figlio della regina dei barbari sassoni incontra alm corte di Carlo Magno ad Aquisgrana, la fine civiltà dei
Franchi. Il tempo scatta, come avviene inevitabilmente, e
lì giovane ci è vicino, perché vive anch’egli il passaggio di
un’epoca con le sue scoperte e i suoi sbalzi. Piero Pieroni e
Luciano Pinelli hanno scritto II segreto dei Vichinghi dopo aver realizzato Io sceneggiato televisivo dallo stesso titolo. Lo studio dei documenti, le ricerche da loro fatte meritavano di rimanere scritte e si ha a disposizione una interessantissima ricostruzione di quella grandiosa avventura che è stata l’epopea vichinga, oggi fatta rivivere tramite archeologia e documenti. Piero Pieroni, noto per i suoi libri
di geografìa umana, si è approfondito anche sugli indiani d’America. Col volume
Pelleros.sa (volume doppio L. 1.000) descrive la storia cosparsa di leggende e
notizie (insegna perfino a fare i mocassini e le tende indiane!), non di quegli indiani coreografici dei fumetti, ma di quelli veri che dalla preistoria abitano il continente americano. È un contributo interessante alla conoscenza della cultura di quel popolo. In I due marinai ritorna il grande scrittore di Moby Dick, H. Melville, con la
sua immensa conoscenza del mare, che diventa per lui
simbolo della vita stessa. Sono due racconti belli, di quelli
che portano un messaggio morale che forse i ragazzi intuiscono solo, ma che dà senso a una lettura. Con Vicky, il
mistero della Venere, Patricia Saint-Lambert dà un romanzetto rosa, circonfuso di mistero, divertente, che si aggira
sulla scomparsa di una statuetta preistorica. Vicky è una
giornalista, un personaggio sveglio e intraprendente.
La collana « Teens » di Vallecchi (L. 1.700) continua
la sua serie con i seguenti titoli: A. H. Quiggin, Storia del
denaro. È un modo originale di trattare la storia! Ma effettivamente è una storia, quella del denaro, che determina
gli alti e i bassi dei paesi, i rapporti degli uomini, la loro
civiltà, la loro vita. Che cos’è veramente il denaro? Il libro
ci parla di pezzi d’oro, di bestiame, di perline, di sigarette,
di conchiglie da scambiarsi, ci parla di epoche in cui non
c’e bisogno di pagare, perché si produce da sé ciò che necessita, fino alla nostra civiltà che non può più fare a meno
del denaro senza crollare.
S. E. Ellacott in Armi da fuoco passa in rivista le armi dalla pietra e la freccia, ai metodi medioevali, al fucile,
al cannone e fino a quelle che, nel nostro tempo, ci riempiono di terrore. Un argomento purtroppo inesauribile.
S.- H. WooD, L'era industriale: è una chiara esposizione
della evoluzione che si è creata con l’avvento della macchina. Dopo aver descritto il pacifico mondo pre-industriale,
il libro esamina come Tindustrializzazione sia nata verso la
metà del 1700 e si sia sviluppata prima in Inghilterra, poi in
Germania, Stati Uniti, Giappone. Piero Pieroni inserisce un
capitolo sull’Italia dove il fenomeno si verificò con molto
ritardo (o con lunga incubazione) tanto da lasciarci ancora
in piena rivoluzione, con metà del paese industrializzato
e l’altra metà in stato di arretratezza industriale.
Piero Pieroni, L’Italia in Africa: è un libro che si legge
arrossendo e soffrendo. Dal 1869, quando era stato aperto
il canale di Suez, l’Italia aveva scoperto di avere un compito in Africa, di avere bisogno di un posto al sole, come se
in patria non ne avesse abbastanza! La prima parte del libro parla del periodo che va dalla fine del Risorgimento al
fascismo con le battaglie dell’Amba Alagi, Macallè, Adua,
dominate dalle forti figure di Menelik e Taitù. La seconda
racconta la guerra di Mussolini e più la storia si avvicina e
più il disagio e la vergogna crescono. Pieroni ha fatto bene
a mettere a fuoco questo punto della nostra storia.
E. U. Roberts, Stalin: uomo d'acciaio. Fu Lenin a coniare il nome di Stalin per losif Vissarionovic Dzugasvili,
il suo successore, uno degli uomini più discussi della nostra
epoca. L’autore ne fa una rapidissima biografia e traccia i
momenti essenziali del suo governo: l’eliminazione di
Trotzki, la collettivizzazione, lo sterminio dei contadini, i
piani quinquennali, le « purghe », il terrore, la II guerra
mondiale e le annessioni. Atroce, brutale la sua crudeltà
appare incredibile. L’altra faccia della medaglia: la trasformazione di una Russia affamata e succube in uno Stato potente. LA. non propone giudizi sull’uomo, forse l'ultimo autocrate russo, un nuovo Ivan il terribile; solo alla
fine si chiede se «il fine giustifica i mezzi» e pensa che
Stalin risponderebbe di si. Berta Subilia
novità CLAUDIANA
DOMENICO MASELLI
TRA RISVEGLIO E MILLENNIO
storia delle chiese cristiane dei Fratelli (1386-1886)
(collana diretta da Giorgio Spini)
pp. 330 + 12 tav. f.t., 30 ill.ni, L. 5.000
Dall’inquieto mondo di mazziniani esuli e di patrioti
che aderiscono al movimento evangelico, nasce una chiesa
italiana — ancor oggi viva e vitale — che si ricollega al
movimento inglese di risveglio dei « Fratelli di Plymouth ».
Un libro costato anni di ricerche che illumina in modo
insospettato le condizioni ambientali in cui operarono le
comunità evangeliche negli anni cruciali del Risorgimento.
CILE: carcere tortura esilio
Testimonianze di rifugiati politici
(in coed. con Alternative di Bellinzona)
pp. 132, 3 ilLni, L. 1.500
Dalla viva voce di uomini che hanno vissuto nell’inferno di Pinochet, la realtà del Cile di oggi, martoriato ma
non soffocato. Un libro vivo e vero, profondamente umano,
da diffondere. I proventi saranno devoluti per l’assistenza
ai profughi cileni.
EDITRICE CLAUDIANA - c.c,p. 2/21641
Via Principe Tommaso, 1 10125 TORINO
7
r
13 dicembre 1974 — N. 49
CRONACA CELLE ¥ALL§
pag. 7
Due assemblee di chiesa danno pieno
consenso ai progetto di integrazione
giobaie valdese - metodista
San Germano
Chisone
— Come annunciato, il Coretto del
Collegio ha tenuto una serata di canti,
introdotti da testi opportunamente
scelti, sabato 30 novembre. I numerosi presenti hanno vivamente apprezzato la simpatica presenza canora di
questo gruppo di giovani studenti. Rivolgiamo un ringraziamento particolare al loro maestro, Carletto Arnoulet
ed a quanti avevano accompagnato gli
studenti.
— Non vogliamo dimenticare di
menzionare la riunione dei Martinat,
del 24-11, presieduta da un gruppo di
giovani e ben frequentata dai fratelli
del luogo. Speriamo vivamente che
questa esperienza si possa ripetere altrove e che i contatti coi Martinat possano essere mantenuti e sviluppati dai
giovani che si sono impegnati in questo
senso. Da notare che si è anche cariato di problemi di allevamento del
bestiame, approfittando della presenza dell’amico Giancarlo Bounous. Andrea Ribet, dal canto suo aveva spiegato la parabola del seminatore.
— Domenica 8 dicembre, ha avuto
luogo un incontro fraterno a Porte,
particolarmente previsto per le persone anziane. Ci siamo rallegrati di vedere molti rappresentanti degli altri
quartieri. Ringraziamo le sorelle di
Porte per il tè che hanno voluto offrire a tutti i presenti.
— L’Unione Femminile organizza, do
menica 15 dicembre, alle ore 15, la sua
giornata natalizia alla quale sono invitate a partecipare tutte le sorelle della
comunità. E previsto anche un piccolo bazar. Giovanni Conte
iiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
San Secondo
(N.d.r.). Due settimane fa per mancanza
di spazio è stata pubblicata, nella ’’Cronaca
delle Valli” solo la prima parte di una corrispondenza da S. Secondo; e la settimana
scorsa, per una dimenticanza redazionale, non
si è inserita la seconda parte, che pubblichiamo ora, scusandoci del ritardo.
Quello che avrebbe dovuto essere
un gioioso benvenuto fra di noi, si è
purtroppo trasformato in una parola
di condoglianza. I fratelli Jean e Lucien Balmas che per molti anni hanno
vissuto in Svizzera a Monnaz, nel Cantone di Vaud, avevano deciso di ritornare ai Brusiti, sulla terra della loro
famiglia, con le mogli, per godersi gli
anni del pensionamento. Purtroppo al
momento del ritorno Jean Balmas ha
avuto il dolore di perdere la sua Compagna. Così mentre lo riceviamo in
mezzo a noi con suo fratello e la Signora, gli esprimiamo tutta la nostra
simpatia ed il nostro affetto fraterno
per questa così dolorosa separazione.
Vogliamo anche esprimere il nostro
sentimento cristiano di solidarietà alla
famiglia Trossi di Miradolo che ha
perso il figlio in circostanze tragiche
sulla strada di Frali.
Un pensiero augurale ai vari nostri
fratelli e sorelle che hanno dovuto essere ricoverati in ospedale in questo
periodo per malattia o a causa di qualche incidente.
Ringraziamo a nome della comunità
Sergio Coisson delle Prese che ha offerto il suo lavoro per la pulizia ed il
montaggio del camino per il riscaldamento del tempio e Giorgio Durand
Canton che ha eseguito riparazioni alle scale del presbiterio. Ci rallegriamo
con Giuliana Paschetto di S. Secondo
che ha conseguito presso l’Università
di Torino il dottorato in lettere con il
massimo dei voti discutendo la tesi;
L’amministrazione comunale di Pinerolo durante il periodo della rivoluzione francese e dell’occupazione napoleonica. Franco davite
Qualche
delle COMUNITÀ
Val Penice
SUI
MONTANE
A POMARETTO
« L’assemblea della chiesa valdese di Pomaretto, esaminato il progetto di
integrazione globale tra le chiese valdesi e metodiste, si rallegra della comimione anche organizzativa che viene a stabilirsi così, nel Sinodo tra chiese di diversa storia e provenienza, quasi a conferma della vitalità di una dinamica ecclesiologica già espressa fin dalla prima Unione di chiese valdesi.
e guardando ormai alle chiese locali metodiste come sorelle, dichiara la
propria approvazione di principio al progetto ».
L’ordine del giorno è stato approvato all’unanimità daH’assemhlea, che ha
in seguito deciso a grande maggioranza di autorizzare la vendita deU’edifìcio
dell’ex scuola quartierale dei Pons e le pratiche per Pistituzione della scuola
materna statale a Pomaretto.
A TORRE PELLICE
Domenica 8 dicembre, durante il Culto, l’Assemblea di Chiesa di Torre Pellice ha diseusso il progetto di Integrazione globale valdese-metodista. Dopo la
rielezione unanime ad Anziano del fratello Roberto Coisson, il deputato al Sinodo prof. Augusto Armand Hugon ha esposto le linee fondamentali del progetto, che era stato consegnato per studio in precedenza ai membri del Concistoro, ai Monitori e Catechisti. Il prof. A. Armand Hugon metteva a fuoco le
motivazioni storiche, teologiche ed evangelistiche che avevano condotto le due
chiese a maturare il progetto di integrazione globale, L’Assemblea procedeva
ad uno scambio di chiarimenti e di opinioni e quindi, votava con 68 voti favorevoli su 69 votanti un ordine del giorno nel quale si esprimeva la gioia della
comunità per il progetto di integrazione globale, il pieno consenso ad esso e
l’invito al Sinodo e alla Conferenza Metodista di approvarlo, poiché l’integrazione globale rappresentava il riconoscimento della comune vocazione ad una
sempre rinnovata testimonianza e predicazione dell’Evangelo in Italia.
Dopo la votazione regolamentare, veniva richiesto il parere anche agli altri
membri di chiesa presenti al Culto e non elettori e anche essi si esprimevano
unanimemente favorevoli al progetto. Uguali eonsensi si erano avuti alle riunioni quartierali e di famiglia, dove se ne era parlato con sufficiente ampiezza.
A. S.
VILLASECCA
Dail’Unione femminile
Abbiamo ripreso l’unione delle madri la domenica 10 novembre e ci siamo recate a Villasecca a fare visita a
una maestra che per la distanza e anzianità non può più venire alle riunioni.
La domenica 24 novembre siamo salite con tre macchine in visita alle persone anziane del Crò e Linsardo: ovunque è stato letto un salmo, si è pregato e cantato. Abbiamo avuto una buona accoglienza e tutte ci hanno detto
di ritornare presto. Ringraziamo queste care sorelle che ci hanno tutte accolte con tanto amore, siamo sempre
vicino a loro nella preghiera.
Speriamo di poter continuare queste visite affinché chi abita in alta
montagna non si sento isolato e solo.
Mi rincresce molto per gli abitanti
del Crosetto che la loro scuola sia stata venduta. Fin da bambina ho saputo
che tutte le scuole Valdesi erano state
costruite col denaro del generale Beckwith, un inglese che tanto amore nutriva per noi valdesi. Queste scuole appartengono agli abitanti del villaggio
e per nessun motivo dovrebbero essere vendute, non fosse altro che per serbare il ricordo di questo benefattore;
si possono però affittare. Ma noi ora
siamo abituati a cedere con indifferenza ciò che altri hanno costruito con
infiniti sacrifici e spesso ci dimentichiamo di appartenere al popolo valdese. Se un giorno i discendenti di
questo benefattore si recassero alle
valli e chiedessero informazioni delle
scuole costruite dal loro antenato, noi
si farebbe una pessima figura e loro
avrebbero la sgradita sorpresa di sapere che siano state vendute; non siamo più abituati a serbare l’eredità dei
nostri padri. Forse un giorno non tanto lontano le scuole, case e terre torneranno utili alla popolazione, le terre saranno di nuovo coltivate e i villaggi di nuovo abitati, forse l’unica
risorsa che preserverà molti dalla miseria. C. E.
È difficile operare il lancio delle Comunità Montane, ed è anche difficile
la critica, una critica che voglia essere costruttiva. La jnima difficoltà viene dalla mancanza di informazione.
Esiste nel bilancio della Comunità
della Val Pellice qualche posto per
l’informazione? Nèl « Riepilogo degli
interventi previsti nel programma » discusso in assemblea aperta il 3 dicembre non la trovo.
La documentazione su cui si è svolta
la discussione è stata presentata ed illustrata, ma non distribuita né allora
né prima, ed io ne ho avuto copia senza difficoltà, ma solo dopo che gli organi della Comunità avevano deciso
sul programma per cui era stata aperta la consultazione popolare. Comprendo la difficoltà, ma constato che così
si perde gran parte della validità della
consultazione stessa. La partecipazione all’assemblea è stata buona o no,
secondo come la si guarda. Superiore
a molte aspettative, ma era pur sempre circa il mezzo p>er cento della popolazione della valle, e molti ambienti o gruppi erano cpmpletamente assenti. Stando nell’argomento si può
forse fare anche un suggerimento: che
la lettura dei bilanci pubblici, a cominciare da quelli Comunali e delle Comunità, venga insegnata nelle nostre
scuole,, come educazione civica o altrimenti. Con il noto effetto di influenza
dei figli sui genitori anche le famiglie
verrebbero coinvolte. Fin d’ora però
potrebbero essere diffusi fra i cittadini fascicoletti infórmativi, ricchi di
dati e spiegazioni, anche se schematici
e su carta povera.
L’elemento unificante della Comunità e del suo lavoro ci pare che sia
l’entusiasmo del suo Presidente, da cui
viene pure l’esortazione di badare ai
fatti più che alle parole, che possono
anche mutare senza che mutino i significati. Le decisioni, però, debbono
essere state il risultato di un accordo
preso, diciamo così, ad alto livello.
Alla luce delle precedenti considerazioni cerchiamo di farne alcune altre.
Il riparto di 151 milioni da spendere nel prossimo avvenire (più esattamente L. 151.458.000) è stato fatto
seguendo due criteri, se ho ben capito: investire nella promozione e organizzazione di attività piuttosto che in
attività stesse o opere; investire in
servizi sociali intesi anch’essi come
promozione: della vita o di condizioni
di vita per cui si possa vivere meglio
in questa valle.
Buono in linea di massima il principio, il riparto che si presenta lascia
perplessi. Da una parte si possono
raggruppare 69,5 milioni così suddivisi: servizi interni 40, piano di sviluppo 14, piano regolatore 30, piani commerciali 8, agricoltura 2,5, studio per
i trasporti 1; dall’altra 81,5 milioni
concentrati sull’infanzia: scuole materne ed asili nido 65, salute dell’età
evolutiva 15, lingua francese 1,5; le residue L. 458.000 vanno ad imprevisti.
Per l’agricoltura sono specificatamente
previsti due milioni e mezzo. Anche se,
come è stato spiegato, servono a mettere in moto ben più sostanziosi contributi regionali (30 miliardi per l’intera Regione) ci paiono sempre pochini, soprattutto se si intendesse fare
qualcosa di più che la semplice assistenza burocratica. Allevar bambini è
più importante che allevar vitelli, ma
non si possono allevare i bambini se
non si allevano i vitelli. È un modo di
dire. Logicamente l’allevamento dei
vitelli precede quello dei bambini, cronologicamente 1 due debbono andare
insieme. Altrimenti si dipende dall’esterno, e la si chiami come si vuole,
rischia di essere assistenza. E il triste
destino di alcuni paesi del Sud dove
1’« industria » principale rimasta è
quella deH’istruzione; si allevano bambini e si esportano adulti, a tutti i livelli, dal manovale al laureato. In una
certa misura lo si può fare, è un bene, qui lo si è sempre fatto. Oltre è un
guaio. Restando nel campo dei più
Errata - corrige
Fra le sviste tipografiche sempre possibili ne vorremmo segnalare una nella seconda pagina della « Lettera circolare » alle comunità delle valli (in distribuzione), nell’articolo «Decreti
delegati », riga 18 dal basso. Invece di « presenza cristiana » sì
deve leggere «presenza critica».
La precisazione ci pare doverosa, sia per la comprensione corretta della frase, sia ad evitare
che certi lettori ci fraintendano
(vedi « Il Giornale di Pinerolo e
Valli » del l'’.XII.74 nell’articolo
« Chiese e decreti delegati »).
Comunità montana Valli Ghisone e Germanasca
Pochi i cittadini e pochi anche i consiglieri della Comunità presenti all'assemblea aperta del 7 dicembre.
Si dovevano discutere due argomenti di grande importanza : il piano di
sviluppo economico-sociale da presentare entro il settembre 1975 e il programma-stralcio di spesa per 213 milioni di annualità, residue, richiesto dalla Regione entro questo mese.
Erano comunque presenti alcuni sindacalisti i quali hanno espresso il loro
punto di vista sul piano di sviluppo economico, con qualche riserva, però, sulle
Comunità Montane, le competenze di questo ente sono scarse : esso deve limitarsi a dare consigli e ad incoraggiare le iniziative dei Comuni, i quali tuttavia, come nel caso di Perosa e Prage
lato, possono rifiutare la loro adesione
e agire come meglio credono spingendosi fino al boicottaggio.
Infatti, durante la discussione, il Comune di Perosa è stato messo in causa ripetutamente per la vertenza sugli asili-nido delle industrie tessili Gùtermann e Valle Susa.
Per legge, le aziende sono tenute a
destinare una certa somma per le opere sociali: gli operai della Gùtermann
avevano chiesto un asilo-nido comunale qualificato in sostituzione dell’asilo
attuale gestito dalle suore Salesiane.
La somma iniziale di 24 milioni doveva servire per le spese di impianto e
sarebbe seguita da versamenti annui
di 2 milioni e mezzo.
Purtroppo il Comùne di Perosa ha
rifiutato la proposta e c’è il rischio che
il contributo iniziale non possa più essere utilizzato. Dopo vari interventi su
questo scottante argomento, Tassemblea avrebbe voluto conoscere il parere anche delTaltra parte in causa, ma
si è dovuto constatare che non erano
presenti né il sindaco, né alcun consi
Sabato 21 dicembre alle ore
20,30, presso la SALA ALBARIN
di Luserna San Giovanni
assemblea pubblica
sui Decreti Delegati, promossa
dalla OGIL-Scuola e FGEI valli.
)>p»C»C»CtOtC>OK»0»0>OK»OIO»0»!Xl»0»!M'»0»OIOIOtOI^^
SABATO 14 DICEMBRE ■ ORE 21
NEI LOCALI DEL CINEMA ROMA (Via del Pino - PINEROLO)
avrà luogo una ASSEMBLEA su:
Chiesa - Esercito - Potere
Introdurranno il tema:
PIER ANGELO GR AM AGLI A (sacerdote - professore alla facoltà teologica di Torino)
PAOLO RICCA (pastore - professore designato alla facoltà valdese di
teologia di Roma)
L’invito è rivolto ai membri di chiesa delle comunità (preti, pastori,
laici, religiosi) ed a tutti coloro che sono impegnati nelle fabbriche, nelle
scuole, nei quartieri ecc.
Gruppi di Tabona, Oratorio S. Domenico, Portici
Nuovi, S. Lazzaro; AGLI; credenti di Bibiana, Garzigliana. Piscina, Osasco, Pinasca, Reietto, Villar Perosa, Perosa Arg., S. Germano; p. Alessio Barbero, p.
Nazzareno Traina, p. Ferruccio Bortolozzo, dei cappuccini di Pinerolo.
, H Aderiscono esprimendo solidarietà con i denunciati,
don Accastello e don Barbero, che saranno processati a Torino il 19 dicembre: Agape, Fgei valli.
giovani, cui si volge ora la Comunità
dopo essersi preoccupata dei più anziani, c’è da chiedersi se non c’erano
anche altre esigenze prioritarie, come
un maggiore aiuto da dare agli studenti disagiati. Ma questo forse rileva da
un altro programma. Le altissime spese coinvolte da asili nido e scuole materne, su un modello che viene dai
quartieri urbani, richiedono che si
persuada, bene che esse siano in tutti
i casi giustificate. Non ci sono casi in
cui sia meno costoso e più civile dare un contributo alla madre perché
resti in casa con il figlio, una madre
che forse va a lavorare duramente non
tanto per esprimere se stessa quanto
perché ha proprio bisogno di quei soldi? La questione può non essere semplice ed andar dibattuta, ma si cerchi
di lasciare la scelta anche alla madre.
Quanto al principio laico, d’accordo.
Il discorso non vale soltanto per asili
nido, micro-asili nido e scuole materne, ma anche per altre scuole, ospedali ecc. Quando i soldi sono veramente pochi e altri ne dispongano per servizi fatti in surroga si stia bene attenti nelle scelte prioritarie nel tempo.
E dove c’è una tradizione che si presenta nelle forme come privata, anche se confessionale, si stia attenti dove possibile a fare una trasformazione sostanziale e formale in ente pubblico, per tutti, anziché una distruzione seguita de ricostruzione. Infine la
bontà di un intervento non si misura
dall’entità, dalla concentrazione, se
non in linea subordinata. Si misura di
solito come primo criterio dall’utilità
generale.
La Comunità si sostituisce ai comuni nelle loro attività locali dove è necessario e conveniente. Guai alla centralizzazione a Roma, guai a quella a
Torino, a Pinerolo, ed eventualmente
anche a quella a livello di Comunità,
quando le stesse città si suddividono
in quartieri. Dove l’intervento comunitario è altamente prioritario è, mi
pare, nel campo della cultura. Lo stanziamento per il francese è un buon segno. Non di più. E Toccitano? Per cui
si fa già qualcosa in Val Chisone e
Germanasca. E le biblioteche?
Gustavo Malan
Valli del Chisone
e della Germanasca
Gustavo Malan ci ha inviato, insieme alle
considerazioni precedenti relative alla Comunità Montana della Val Pellice, anche un’altra serie di considerazioni sul piano presentato dalla Comunità Montana delle Valli Chisone e Germanasca. Saremo lieti di pubblicarle nel numero prossimo, per ragioni di
spazio non ci è possibile farlo questa volta,
tanto più che la nostra corrispondente L.
Viglielmo già riferisce sull’assemblea del 7
dicembre. Red.
gliere di maggioranza. Ha replicato, solo a titolo personale, il segretario comunale di Perosa, chiedendo che la
Comunità Montana stessa si assumesse la gestione dell’opera; il presidente
Massari ha però replicato che la Comunità può dare un aiuto per la realizzazione di un’opera sociale, ma non
può affrontare i costi di gestione che
ne derivano.
È chiaro che un problema delicato
come quello delle scuole materne e degli asili-nido, fino ad oggi gestiti da
enti assistenziali religiosi, non potrà
essere ignorato in futuro e infatti i
sindacalisti presenti hanno manifestato l’intenzione di non lasciar cadere
la polemica con il Comune renitente.
Oltre a questo argomento specifico,
vi sono stati alcuni interventi sulla situazione economica della zona che è
stata definita disastrosa: è evidènte
che la popolazione dovrà pagare tutti
gli errori commessi in passato nella
politica di sviluppo industriale. La
montagna ha registrato le maggiori
perdite di uomini e di mezzi finanziari,
per cui c’è da dubitare che si possa risalire la corrente. La cosa più urgente
è la difesa dell’occupazione e l’istituzione dei servizi sociali che permettano ai pochi rimasti di sopravvivere. In
questo schema, il presidente Maccari
ha illustrato le previsioni di spesa dei
famosi 213 milioni per continuare l’opera di assistenza e di promozione di
iniziative già intrapresa dalla Comunità. Si è anche discusso sul problema
dell’agricoltura montana e questo è sicuramente il punto su cui il pessimismo è più che giustificato. In ultimo
ha preso la parole l’architetto Longo,
presidente della Comunità Val Pellice,
il quale ha dichiarato che è necessario
unirsi per affrontare i problemi comuni; trasporti, scuole, difesa del territorio e per mantenere intatte il più
possibile le caratteristiche positive
delle nostre Valli.
Il Consiglio della Comunità Montala si riunirà nuovamente venerdì 20
dicembre, alle ore 20, per approvare
il programma-stralcio e altre assemblee avranno luogo nei vari Comuni
delle due valli per invitare la gente ad
una sempre maggiore partecipazione.
L. V.
Fabrizio Malan campione
italiano di triathlon
Fabrizio Malan, atleta del 3 S Luserna, ha
conquistato a Roma il titolo di campione nazionale di triathlon moderno, una nuova specialità adatta ad atleti daRe capacità multiforini, in grado cioè di ottenere ottimi risultati in sport del tutto diversi fra loro. Ci
congratuliamo cordialmente con questo gione di S. Giovanni, come pure con Duccio
Michelin Salomon, piazzatosi terzo nella stessa gara.
L’OSPEDALE EVANGELICO
VALDESE di Torino
Via S. Pellico, 19
ricerca per conferimento di incarico in attesa di concorso n. 1
applicato/a da adibire alla Direzione Sanitaria. Si richiede,
oltre ad una buona cultura generale, una pratica dattilografica e la disponibilità a un orario
flessibile. Le domande, compilate in conformità dell’avviso
pubblico, devono pervenire entro le ore 12 del 18 c. m.
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VALDESE quarantaquattrenne abitante Castelnuovo Pinasca, desidera incontrare signorina valdese per formare focolare cristiano. Scrivere presso direzione giornale
che farà seguire all’interessato.
RINGRAZIAMENTO
I parenti della compianta
Anna Bonjour
commossi per le prove di simpatia ricevute nella triste circostanza, ringraziano quanti, vicini e lontani, hanno
preso parte al loro dolore.
Bobbio Pellice, 9 die. 1974.
8
pag. 8
I NOSTRI GIORNI
N. 49 — 13 dicembre 1974
VITA ITALIANA a cura di Emilio Nitti
Unità nella lotta
I disordini alle manifestazioni di Napoli - Il problema
dell’unità sindacale e le sue interferenze politiche
Quando dal palco è stato detto che,
come previsto, per conto della Federazione dei Sindacati, avrebbe parlato
Vanni, la piazza gremita ha risposto
con urla e proteste. Un grosso striscione di un comitato di fabbrica è
avanzato, seguito da centinaia di persone vocianti e si è arrestato solo per
la calca e l’enorme confusione che regnava sotto il palco. Vanni tuttavia
aveva iniziato il suo discorso ufficiale,
il cui contenuto abbiamo appreso solo
dalle relazioni della radio e dei giornali, perché nulla è stato possibile capire, benché gli altoparlanti fossero collocati in vari punti della piazza. La
protesta non era limitata a pochi scalmanati, tatticamente disposti sotto il
palco per creare un diversivo occasionale: in tutta la piazza la folla urlava.
A un certo punto una parte ha cominciato a gridare « Andiamocene » e cantando, ha cominciato ad allontanarsi
dalla piazza. D'altra parte il corteo
non era affatto terminato e nuove delegazioni operaie e studentesche arrivavano in piazza. Si pensi che decine
di migliaia erano ancora in corteo,
quando la manifestazione è stata dichiarata conclusa.
Sono state le pietre e altri oggetti
contundenti a convincere Vanni a non
proseguire il suo discorso, riservandosi solo un breve intervento circa venti
minuti dopo, quando gli animi erano
in parte placati.
Questi gli incidenti in piazza Plebiscito a Napoli il 4 dicembre scorso.
Ma tanto clamore, tanto dissenso
non può essere considerato un momento di debolezza per il movimento operaio. Altre volte a Napoli è capitato
che la protesta fosse rivolta contro il
sindacato e la sua arione.
La durezza dello scontro sociale nelle fabbriche, nelle scuole, nei quartieri, in questi giorni, ha visto rafforzarsi
il ruolo del sindacato come punto di
riferimento per l'articolazione e l’organizzazione delle lotte. Dai lavoratori
della fascia industriale flegrea. che lotta contro la smobilitazione e la terziarizzazione della zona, agli abitanti delle case di Belpoggio a Fuorigrotta, che
temono lo sfratto per una losca manovra speculativa, agli abitanti dei quartieri impegnati nell’autoriduzione delle
tariffe elettriche, in tutti durante questa manifestazione prevaleva la parola d’ordine dell’Mm’ià. Si tratta in effetti di qualcosa di più che di un semplice slogan, si tratta di una necessità impellente, perché oggi è chiaro che nessuna iniziativa può prescindere dalla
collaborazione di più categorie e dalle
indicazioni operative sindacali e dalle
sue stesse strutture, a partire naturalmente da quelle più legate alla base,
comitati di fabbrica e di zona.
Ecco perché non ci sembra giusto
né speculare suH’episodio in chiave antisindacale, né preoccuparsene troppo
e tentare di minimizzarlo, attribuendone la responsabilità ai soliti estremisti extraparlamentari. Gli extraparlamentari non hanno tanto sèguito.
Vanni invece è tanto impopolare, per
i suoi atteggiamenti antiunitari nell’ultimo direttivo della Federazione delle
Confederazioni. E ben vero che Vanni
non è stato il solo, ma piuttosto è
stato il portavoce della maggioranza
del direttivo della UIL, ma proprio
per questo non sarebbe male se questo confronto in piazza con le opinioni
dei lavoratori facesse riflettere Vanni
e i suoi amici, se non altro perché ca
Situazìone demografica
degli Stati Uniti
La popolazione della Stato di New York e
del « District of Columbia » (area geografica
in cui ha sede la Capitale federale Washington) è costantemente diminuita dal 1970 al
1974 ed in particolare durante l’ultimo anno,
mentre Florida e Arizona figurano in testa
alla lista degli Stati la cui popolazione è aumentata.
I dati, resi noti dall’Ufficio nazionale del
censimento, confermano una costante tendenza al declino demografico di alcune aree di
estrema urbanizzazione e sovrappopolazione
— ove le condizioni di vita si sono fatte
sempre più pesanti — ed indicano una tendenza alla migrazione interna verso regioni
ecologicamente e climaticamente più attraenti oltre che relativamente meno popolose.
Al 1° luglio scorso, la popolazione americana è stata valutata a 221 milioni e 400 mila
persone, un milione e 600 mila più del 1”
luglio 1973 ed 8 milioni e 200 mila più di
quattro anni fa. La California resta lo Stato
più popoloso con quasi 21 milioni di abitanti,
seguita da New York con poco più di 18 milioni (l’intero Stato), dal Texas con 12 milioni e dalla Pennsylvania con 11 milioni ed 800
mila.
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 - 8/7/1960
Coop. Tip. Subalpina - Terre Pellice (Torino)
pissero che i sindacati dei lavoratori
non sono come certi partiti, manovrabili a distanza, da oltre-oceano. In
altri termini i lavoratori non consentiranno mai un sindacato americano.
Il problema quindi è in sostanza
quello deH’esigenza di sviluppare l’unità delle organizzazioni sindacali senza
indugi, proprio perché il momento è
difficile e la lotta dura. Si tratta di
uscire dallo stallo a proposito della
vertenza sulla indennità di contingenza, sulle pensioni, sulla ridefìnizione
delle tariffe, sul rilancio dell’agricoltura e sugli investimenti nel Sud... L’ac
cordo con la FIAT e quello con l’Alfa
Romeo di questi giorni offrono qualche speranza, ma le linee programmatiche del nuovo governo non offrono
null’altro che qualche promessa subordinata a grandi e preliminari sacrifici.
Vi è l’esigenza dell’unità anche per
definire le forme di lotta, perché se è
vero che lo sciopero viene oggi incontro al padrone che teme la sovrapproduzione, è anche vero che si è riscontrata l’impossibilità della generalizzazione dell’autoriduzione e della disobbedienza civile che le sta dietro.
Vi è l’esigenza deH’unità per fermare i prezzi, che in questi giorni pre-natalizi hanno ripreso a crescere e non c’è
la speranza che tornino indietro do'po
le feste. D’altra parte moltissime tredicesime quest’anno sono già impegnate per i debiti accumulati nei mesi
scorsi o per spese strettamente necessarie.
Un’ultima osservazione, quasi fuori
tema: per molti questo sarà un Natale sobrio; chissà se, per chi si dichiara ancora credente, sarà questa l’occasione buona per liberare l’idea del Natale da quella dei regali e deH’albero...!
LA QUESTIONE ENERGETICA NEL MONDO
USA: dipendenza limitata dal petrnlio araba
cronache antimilitariste e di azione nonvioienta
Riprendendo il discorso sui processi ad antimilitaristi, ricordiamo che il
19 dicembre si terrà, a Torino, quello
a carico di due preti della comunità
cattolica di San Lazzaro a Pinerolo.
Tutti noi certamente conosciamo la
comunità di San Lazzaro per la radicalità evangelica delle sue posizioni in
campo sociale e politico, e per il suo
ecumenismo « di base ».
In occasione del 4 novembre 1971
aveva ciclostilato e diffuso in chiesa
un volantino in cui si riprendeva il
testo di un manifesto del Movimento
Antimilitarista, intitolato «4 novembre - per onorare i morti non più guerre né padroni». Questo gesto portava
a una denuncia per vilipendio alle forze armate contro d. Giorgio Accastelli e d. Pier Franco Barbero, e al processo che, come abbiamo detto, verrà
celebrato il 19 prossimo in corte d’assise (via Corte d’Appello).
« Come comunità cristiana — verrà
scritto in seguito su Orizzonti Aperti,
il periodico della comunità — non potevamo lasciare passare una data come il 4 novembre senza una parola e
un impegno preciso. (...) Basta uno
sguardo attento alla carta geografica
per vedere quanto sia esteso l’impero
dei generali. I ricchi e tutta la borghesia in questa situazione si sentono al
sicuro perché la ’mano armata’ è pronta a difendere i loro soldi e i loro privilegi.
Di fronte agli eserciti che diventano
sempre più il ’dio onnipotente’, di
fronte alla sopraffazione militare che
diventa ’normale’ nella società capitalista, il cristiano non può non prendere posizione.
In questa situazione la comunità cri
stiana inaugura, diremmo, un grande
digiuno nel senso biblico. Essa cioè si
dissocia totalmente dalla manovra repressiva che è la ragion d’essere degli
eserciti in questa società perché Dio
è contrario a tutte quelle istituzioni
che sono nemiche della libertà.
Dio, anzi, comanda di schierarsi contro ogni giogo che tiene l’uomo schiavo, che gli impedisce di vivere da figlio e da fratello. Dal momento in cui
uno acquista la coscienza di essere
’chiamato alla libertà’ (Gal. 5: 13),
non può più tollerare nessun imbrigliamento della libertà. L’apostolo
Paolo lo dice con estrema chiarezza:
’Per la libertà Cristo ci liberò: state
dunque saldi e non lasciatevi di nuovo sottomettere al giogo della schiavitù’ ( Gal. 5: 1 ) ». ;
« Come cittadini — scriveranno inoltre gli imputati alla Procura della Repubblica — in base alla costituzione
italiana rivendichiamo il diritto di
esprimere la nostra opinione su fatti
di vitale importanza per l’umanità e,
di fronte alla ingiusta repressione, come credenti, ricordiamo che ’dobbiamo ubbidire a Dio più che agli uomini’ ».
Riteniamo che non vi sia nulla da
aggiungere, se non che, in occasione
del processo, si terranno due incontri:
l’uno a Pinerolo sabato 14 alle 21, con
la partecipazione tra l’altro dei Pastore Paolo Ricca (la sede: Cinema Roma, Via del Pino; per informazioni telefonare ad Agape-Pinerolo, tei. 21719 ) ;
l’altro a Torino, in data e sede da fissare: gli interessati possono telefonare al Movimento Antimilitarista, numero 218.705.
Luca Negro
II Canada e la Nigeria hanno esportato
quest’anno negli Stati Uniti più del doppio
del petrolio venduto agli Stati Uniti da tutti i
produttori arabi messi insieme. Questo dato
statistico reso noto dalla <c Federai Energy
Administration » è una conferma del ruolo limitato che il petrolio arabo gioca nella situazione energetica americana rispetto a quello
determinante sulle economie dei Paesi europei.
La notizia segue di 24 ore la pubblicazione
di un rapporto governativo in cui si afferma
tra l’altro che, se il livello dei prezzi petroliferi sui mercati mondiali rimane elevato, gli
Stati Uniti possono eliminare tutte le importazioni entro il 1985, ossia l’anno-traguardo
del « progetto indipendenza » varato a suo
tempo da Nixon e rilaneiato da Ford.
Secondo, le statistiehe il Canada figura in
testa alla lista degli esportatori di petrolio
verso l’Ameriea con una media giornaliera
di circa 900 mila barili, seguito dalla Nigeria,
dal Venezuela e- dall’Iran mentre l’Arabia
Saudita, che l’anno seorso oceupava il terzo
posto tra i fornitori di petrolio agli Stati Uniti, figura oggi al quinto.
Complessivamente l’America importa circa
quattro milioni di barili al giorno di greggio,
ehe eorrispondono al 35-40% del fabbisogno
interno. Questa quota — si eonferma negli
ambienti governativi — potrà essere notevolmente ridotta e addirittura eliminata entro il
1985, non tanto facendo ricorso alle fonti
energetiehe alternative (reattori autofertilizzanti, fusione nueleare, energia solare, eee., il
cui traguardo effettivo si pone negli ultimissimi anni del secolo) quanto con l’incentivare
lo sfruttamento delle convenzionali e molto
più economiche risorse interne (petrolio, carbone, gas e scisti) di cui gli Stati Uniti hanno grande abbondanza.
■
B II gruppo Eastean-Exploration, di cui fa
parte l’AGIP Canada, del gruppo ENI,
ha confermato la presenza abbondante di gas
naturale nel pozzo di Bjarni H81, al largo
della costa canadese del Labrador. Nella zona
SI opera in condizioni ambientali difficilissi
me: praticamente solo nei 3 mesi estivi; le
ricerche si svolgono a una profondità eccezionale, m. 350 d’acqua, e mezzi speciali devono
proteggere le installazioni dagli iceberg in movimento. Due dei tre pozzi perforati nell’ultimo biennio costituiscono dunque una scoperta
positiva, anche se non è ancora possibile valutarne esattamente la portata.
H A partire dal 1“ dicembre l’Arabia Saudita preleva, a titolo d’imposta, l’85%
delle entrate delle compagnie che operano
sul suo territorio nel settore degli idrocarburi; tale decisione è in applicazione di accordi
presi il 10 novembre da tutti i paesi produttori di petrolio del Golfo Persico.
■ In seguito a un accordo bilaterale, il
controllo dell’Aramco, una delle più importanti compagnie petrolifere statunitensi
(ne fanno parte quattro società : Standard
Oil California, Texaco, Exxon e Mobil), è
stato acquistato dal governo dell’Arabia Saudita. L’esempio sarà probabilmente seguito
dagli altri paesi produttori di petrolio del
Golfo Persico. La misura dovrebbe, come prima conseguenza, stabilizzare il mercato del
petrolio al prezzo di 10 dollari il barile di
greggio.
I Una commissione presidenziale venezuelana ha approvato un disegno di legge per
la nazionalizzazione dell’industria petrolifera,
controllata da oltre mezzo secolo dalla Exxon,
dalla Shell, dalla Gulf e dalla Mobil. Il disegno di legge dovrà essere discusso e votato dal
Congresso di Caracas. Il Venezuela è il terzo
Paese esportatore di petrolio del mondo ed è
fra le fonti principali delle importazioni petrolifere americane.
I II governo del Dahomey ha decretato la
nazionalizzazione immediata degli impianti e del patrimonio delle compagnie petrolifere straniere operanti nel paese : Shell,
BP, Texaco, Mobil, AGIP e DEPP; esse riceveranno indennizzi sulla base dei rapporti
di un’apposita commissione.
■ Nel Mozambico è stata inaugurata la
grande diga di Cabora Bassa, sullo Zam
besi, che ha formato un lago artificiale lungo 250 km., con un complesso idroelettrico
che sarà ¡1 maggiore del continente africano.
Il governo mozambicano, con la partecipazione determinante del FRELIMO, intenderebbe fornire energia elettrica al Sud Africa.
■ Un gruppo italo-senegalese ha vinto, su
22 società europee, la gara d’appalto per
la costruzione di un ponte sul fiume Casamance, nel Senegai. Il ponte, che sarà lungo
644 metri e largo 8 e mezzo, sostituirà un
traghetto e costituirà una comunicazione essenziale fra il nord e il sud del paese, ricco
in risorse agricole e in potenzialità turistiche
e industriali: entro il 1977, quando se ne
prevede l’inaugurazione, saranno costruite in
SE IN USA
SORGESSE UN
NUOVO STATO.,
■¡^ Il «Male assoluto » che il giornalista francese
Vercors ha assunto come titolo ad un articolo pubblicato su « Le Monde » del 24-25.11.’74,
non è altro che la negazione d’una patria (più precisamente: d’una terra
natale) ad un qualunque popolo che
per sé la reclami.
Di quell’articolo abbiamo già riportato, nel preced. n. di questo settimanale, la prima parte. Riportiamo ora
la seconda.
« Si provi ad invertire le cose e ad
immaginare il caso contrario: gli USA
costretti un bel giorno, da un voto
dell’ONU, a cadere in Alabama un modesto territorio, nel quale la popolazione nera d’America, dopo 300 anni
di schiavitù reale o nmscherata, troverebbe infine una patria d’uomini
liberi. Un tale risultato non potrebbe ottenersi senza commettere qualche ingiustizia, a danno dei bianchi
costretti ad abbandonare il paese e a
rifugiarsi fra i loro. Se allora, per riparare la detta ingiustizia, e soprattutto per ricuperare il territorio perduto,
gli USA, appoggiandosi su una nuova
maggioranza all’ONU, giungessero, con
la forza, a reintegrare in quel territorio gli esuli bianchi, distruggendo così
il giovane Stato nero (*), non sarebbe
quella un’ingiustizia ben più grave?
(L’originale dice: « une injustice bien
plus criante encare = un’ingiustizia
che grida vendetta ancora molto di
più »?).
Infatti la grande America bianca non
avrebbe ricuperato là che un piccolissimo pezzo di sé stessa, mentre il popolo nero si vedrebbe nuovamente privato, lui, dell’intera sua patria sola
ed unicu Sarebbe un trattar la bilancia con due pesi e due misure: ed è
proprio così ch’essa non va trattata
per gli arabi e per gli ebrei.
Se l’assenza di patria per il popolo
palestinese è un male assoluto, che è
certo indispensabile riparare, la distruzione della patria d’Israele sarebbe un male non meno assoluto e uno
dei più grandi delitti della storia ».
Se in USA sorgesse un nuovo Stato...
È fantapolitica questa? Non ci sembra: Faccettiamo come un’ipoteri im
Echi della settimana
a cura di Tullio Viola
DETENUTI
POLITICI
NELLA
GERMANIA
FEDERALE
maginaria e suggestiva, o piuttosto come una similitudine atta a chiarire
maggiormente il problema, così complicato e difficile, che travaglia il Medio Oriente e (attraverso questo) il
mondo intero.
Piuttosto qualcuno potrebbe obiettare: « ma perché il reintegrare gli
esuli palestinesi nella terra d’Israele,
vorrebbe dire DISTRUGGERE lo Stato
d’Israele? (Nella similitudine di cui sopra, si veda esattamente il punto indicato con asterisco). La reintegrezione
non potrebbe farsi semplicemente convertendo lo Stato d’Israele in un nuovo Stato federativo, pacificamente e
con buon accordo di tutti? ».
Il rispondere affermativamente a
questa seconda domanda ci sembrerebbe follia, perché purtroppo riteniamo assolutamente impossibile, nell’attuale contingenza storica, una convivenza pacifica dei due popoli in un
unico Stato. Scrive Jean Daniel, sul
« Nouvel Observateur » (in data 25.111.12), « non esservi altra soluzione, nel
M. Oriente, che la coesistenza di due
Stati distinti, chiamati un giorno a
confederarsi, e forse addirittura a fondersi (secondo il voto stesso manifestato daU’OLP), ma soltanto quando
l’esperienza sarà stata fatta, della coesistenza e della cooperazione » (Riportato su «Le Monde» del 27.11). Dello
stesso parere è Lelio Basso. Questi ha
scritto infatti: « Rimarrebbe ancora
aperta la profonda aspirazione dei palestinesi all’unità della loro terra e alla creazione di uno Stato plurinazionale e plurireligioso. Ma questo, che io
considererei, il giorno che fosse possibile, una soluzione troppo bella, richiede decenni e decenni di convivenza e
collaborazione, richiede che passino le
generazioni che hanno troppo soffej'to
dall’uria e dall’altra parte, e che tutta
la comunità internazionale riesca a
progredire sulla via della pace e del
reciproco rispetto. Che è ancora un
ideale troppo lontano, anche se, a mio
modesto parere, vale sempre la pena
di lottare per realizzarlo » (Da « La
Stampa » dell’8.12.74).
ic II filosofo francese Jean-Paul Sartre ha lanciato, mercoledì 4.12.’74, a
Stoccarda, un appello agl’intellettuali
tedeschi, affinché essi partecipino ad
un comitato internazionale per la difesa dei detenuti politici: ”Ii mio appello è rivolto particolarmente a Heinrich Boll ha detto. Sartre aveva appena visitato Andreas Baader, ’’capo”
della ’’frazione dell’armata rossa”, che
si trova in detenzione preventiva nella
prigione di Stuttgart-Stammheim ».
Interrogato, in una conferenza stampa, da un gruppo di ben 150 giornalisti, « Sartre ha riferito la propria conversazione col Baader, conversazione
durata soltanto venticinque minuti.
Per gli avvocati del gruppo (cosiddetto
di Baader-Meinhof), si trattava di diffondere la voce dei detenuti attraverso
la parola del filosofo. (...)
« Ho trovato Baader col viso dimagrito ed esausto, come torturato da
più di due mesi e mezzo di sciopero
della fame (ha detto Sartre). Nella prigione, le condizioni di vita sono intollerabili. Secondo la Convenzione dei
diritti dell’uomo, un prigioniero resta
un uomo che ha le stesse qualità d’un
uomo libero. Ma il governo e le autorità penitenziarie della Germania-0vest hanno uno strano modo di considerare i prigionieri politici. (...) Baader si trova in una cella isolata, interamente bianca, nella quale nessun
suono è percettibile, ad eccezione, tre
volte al giorno, dei passi dei guardiani. La luce del giorno è filtrata attraverso una griglia, la luce elettrica resta accesa tutto il giorno ».
Sartre ha aggiunto che analoghe
condizioni di prigionia vengono inflitte a tutti i componenti del gruppo
(«Nella cella di Baader si spegne la
luce alle ore 23, in altre celle la luce
resta accesa 24 ore su 24 »).
(Da « Le Monde » del 6.12.1974).
■ In Nigeria giunge alla fase finale il progetto « Sokoto-Rima Valley » : la costruzione della diga di Bakolori, affidata alla società italiana Bonifica, nella Nigeria nord-occidentale, con investimenti per 20 miliardi di
lire, assicurerà l’irigazione di 30.000 ettari;
dal bacino, capace di 413 milioni di m una
rete di canali lunga 700 km. distribuirà l’acqua in terreni dove verranno coltivati cotone,
kenaf, canna da zucchero, riso, frumento,
mais, sorgo, legumi. Parallelamente sono in
progetto unità industriali per lo sfruttamento in loco dei prodotti : uno zuccherificio, fabbrica per conserve alimentari, stabilimento
per la lavorazione del kenaf, riserie e molini.
B II ministro della difesa indiano ha dichiarato che fra breve l’India produrrà
cacciabombardieri strategici a reazione, nuovi
tipi di carri armati e fregate modernissime
con attrezzature elettroniche, per potenziare
la difesa delle lunghissime frontiere terrestri
e marittime del paese. Quanto agli acquisti di
materiale bellico, l’India non opera in un’unica direzione, ma collabora in campo di difesa
con vari paesi occidentali, in particolare Belgio, Francia, Gran Bretagna e Svezia.
B Mentre si registra qualche segno di sfiducia negli aspetti più dinamici dell’economia di Hong Kong — edilizia. Borsa —
la Banca di Cina ha aumentato gli interessi
sui depositi in yuan, a pochi giorni dalla decisione delle banche private della colonia di
ridurre lievemente gli interessi sui depositi
vincolati. La sede di Hong Kong della Banca di Cina ha così aggiunto alla propria tradizione politica di attirare il risparmio con la
stabilità dello yuan, l’incentivo di interessi
più lucrativi (da 4,5 a 7%). La yuan ko kenminbi (moneta del popolo) è molto solido rispetto al dollaro Hong Kong e a quello statunitense che sta registrando un notevole calo sui mercati della colonia britannica. Le altre banche comuniste della stessa regione
hanno subito adottato i medesimi aumenti.
B Nel Vietnam del Sud si segnala l’inizio
di una nuova fase della guerra o guerriglia : la « guerra del riso ». In tutto il paese,
ma soprattutto nell’estremo sud, in Cocincina, nordvietnamiti e vietcong hanno cominciato a impegnarsi in una lotta che ostacoli
la raccolta del cereale, con distruzioni, requisizioni, occupazioni; questo non potrà che
aggravare la già grave situazione alimentare
nelle città sudvietnamite : si vuol cercare di
prendere il regime di Van Thieu per fame,
piuttosto che in termini strettamente militari?
B Si valuta che se gli Stati arabi produttori di petrolio rinunciassero a un decimo dei loro redditi petroliferi, ciascun profugo palestinese potrebbe ricevere un assegno mensile per circa 3 milioni di lire all’anno.
' A proposito del Boll, cfr. il nostro articolo : « Persino i suoi nemici dovrebbero amrarlo », sul n. 7 di questo settimanale (in
data 15.2.’74).
Mortalità infantile
in Italia
B L’Italia, con 36 bambini morti ogni mille nati, nella classifica della mortalità infantile occupa uno dei primi posti in Europa,
preceduta solo da Albania (81), Jugoslavia
(75), Portogallo (69), Romania (48) e Polonia (47). Il Nord Italia registra una mortalità infantile del 21 per mille, il Centro del
23 per mille e il Sud del 48 per mille; a Napoli, in un anno, si è passati dal 56 al 66
per mille.