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f
la luce
19 marzo 1993
spedizione in abb. postale
gruppo II A/70
In caso di mancato recapito
si prega restituire a
via Pio V n. 15
10125 Torino
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE BATTISTE, METODISTE, VALDESI
venerdì 19 MARZO 1993
ANNO I - NUMERO 11
TOSSICODIPENDENTI
COMUNITÀ
TERAPEUTICHE?
MARCO ROLANDO*
La notizia deiromicidio
del giovane ospite della
comunità per tossicodipendenti di San Patrignano, avvenuta quattro anni fa, provoca ancora una volta la nostra
riflessione su un problema
che investe sempre più anche
il nostro mondo evangelico.
Nel presentare il mio contributo, vorrei privilegiare gli
aspetti meno evidenti, ma
forse più profondi, che stanno alla base della tossicomania. Vale a dire che, di fronte
al problema rappresentato
dalle tossicodipendenze, occorre fare una scelta interpretativa, senza con questo voler
trascurare altri aspetti, sociali, familiari, transculturali;
non dimentichiamo che
Freud scriveva nel 1929:
«L’azione degli stupefacenti
è a questo punto valutata e
riconosciuta come un tale
beneficio nella lotta per raggiungere la felicità o allontanare la miseria che individui
e persino popoli interi hanno
riservato loro un posto importante nell’ economia della
propria libido».
Certo, il modello interpretativo che si concentri esclusivamente sul sintomo droga,
confondendolo con la malattia, rassicura maggiormente l’opinione pubblica e i genitori dei ragazzi e delle ragazze tossicodipendenti rinforzando e colludendo con la
concezione imperante che sia
sufficiente far scomparire il
sintomo per guarire e curare
la malattia. Ho l’impressione
che comunità strutturate sul
modello di San Patrignano,
al di là delle polemiche contingenti sul singolo caso, abbiano alla loro base una concezione della tossicodipendenza che la riduce agli
aspetti fenomenici, esteriori,
non cogliendo l’essenza e la
complessità della tossicomania. I tentativi di interpretazione psicoanalitica, da dover a Rosenfeld a Olievenstein, ci rendono avvertiti del
fatto che, in molti casi, se
non in tutti, la tossicomania è
un velo che ricopre una struttura, una organizzazione di
personalità di tipo nevrotico,
psicotico o «border-line»,
cioè una stmttura di personalità malata che ricorre alla
droga in un disperato tentativo autoterapeutico. Il ricorso alle sostanze stupefacenti,
in questo caso, assume il significato di una difesa
protettiva di un io troppo fragile o la cui integrità è
minacciata.
Occorre quindi innanzitutto
affrontare, in una visione veramente terapeutica, ciò che
nella personalità del tossicomane preesiste all’uso delle
sostanze stupefacenti.
E qui che s’incontra una
storia dell’uomo o della donna tossicodipendente, con la
sua infanzia e con la sua
preadolescenza, vero terreno
d’incubazione della loro diffi
coltà ad esistere e a convivere
e delle loro future scelte tossicomaniche. La droga viene
quindi usata come una difesa
permanente contro la sofferenza e il suo uso non è che la
conclusione di un processo
psicologico iniziatosi nell’infanzia.
È chiaro che, in quest’ottica, anche la storia familiare
assume molta importanza e i
genitori non possono «chiamarsi fuori» da un processo
di sviluppo psicologico che li
ha visti coprotagonisti.
Una comunità veramente
terapeutica dovrebbe mantenere viva questa tensione interpretativa del fenomeno tossicodipendenza se non vuole
scadere nel ruolo di puro controllo sociale della cosiddetta
«devianza». Si tratta di aiutare i giovani, e qui anche le nostre chiese locali dovrebbero
sentirsi impegnate a collaborare, a ritrovare quel «coraggio di esistere» di cui parlava
Paul Tillich. Ma comunità di
questo tipo, autenticamente
terapeutiche, sono molto rare
e debbono farsi largo con difficoltà in un ambiente percorso da molti «spacciatori di
salvezza» a buon mercato, sovente con una forte colorazione religiosa, che ricevono
un’immediata delega in bian
SEGUEAPAGINA4
* neuropsichiatra
Daniele, l'uomo politico e l'amministratore che crede in Dio
I credenti: spina nel fianco del sistema
CARMINE BIANCHI
«Allora i capi e i satrapi
cercarono un’occasione di
accusare Daniele circa
l’amministrazione del regno;
ma non potevano trovare alcuna occasione, né alcun motivo di riprensione, perché
egli era fedele e non c era da
trovare in lui alcunché di
male o da riprendere. Quegli
uomini dissero dunque: “Noi
non troveremo occasione alcuna d'accusar questo Daniele , se non la troviamo in
quel che concerne la legge
del suo Dio” ».
(Daniele 6: 4, 5)
Daniele è un uomo politico, un amministratore e
come tutti quelli che ricoprono posizioni analoghe è soggetto a grandi tentazioni: approfittare della sua posizione
per i propri interessi personali, uniformarsi agli schemi,
comportarsi come i colleghi
di corte; appropriarsi indebitamente di somme di denaro
o di privilegi, ricorrendo ai
mezzi tipici di chi esercita il
potere in maniera scorretta: il
ricatto, l’inganno, la sopraffazione del più debole.
In certi ambienti politici
questi mezzi sembrano essere
diventati leciti. E la classe
politica è così abituata ad essi
da essere disposta a concedere sanatorie, condoni e sconti
vari. 11 «così fan tutti», il
«mal comune mezzo gaudio»
sembra essere diventato di
per sé un’attenuante.
Ma Daniele, uomo politico
e amministratore del regno,
non cede alla logica della politica corrotta. E sono i suoi
stessi avversari politici ad
ammetterlo, non trovando infatti «occasione alcuna di accusarlo circa l’amministrazione del regno». Daniele è
un politico onesto e quindi
dà fastidio ai suoi colleghi,
deve essere allora eliminato.
Ma come fare per distruggere una carriera politica così
brillante se non si riesce a
trovare nessun capo d’accusa? Pensa e ripensa, alla fine
i suoi avversari un capo d’accusa lo trovano; non però
nella sua condotta politica.
ma nella fedeltà al suo Dio. I
suoi avversari sanno che per
Daniele la fedeltà a Dio viene prima di ogni altra cosa e
se Daniele è messo davanti
ad una scelta è pronto ad ubbidire a Dio anziché agli uomini. Infatti Daniele non
esitò un istante a disubbidire
agli ordini del re che imponevano di rivolgere preghiere
solo a lui; a finestre spalancate e ad alta voce, per tre
volte al giorno Daniele pregava e rendeva grazie al suo
Dio, al prezzo della propria
vita.
Pietro nella sua prima epistola (4: 14-19) scrive: «Se
siete vituperati per il nome di
Cristo beati voi! (...) Nessuno
di voi patisca come omicida,
ladro o malfattore, o come
ingerentesi nei fatti altrui;
ma se uno patisce come cristiano, non se ne vergogni,
ma glorifichi Iddio portando
questo nome».
In Cristo nasce la nuova
creatura, la fede nel risorto
deve portare ad una nuova
vita. La vita del credente non
può accettare di conformarsi
agli standard correnti, la nostra appartenenza a Cristo
deve avere delle conseguenze politiche evidenti. Il
credente deve saper vivere e
fare delle proposte concrete
per un nuovo modo di «gestire la città». Ma tutto ciò
non può essere che la conseguenza del fatto che Cristo
vive in noi.
Se veramente Cristo vive in
noi saremo, come Daniele,
una spina nel fianco del «sistema». Come Daniele sicuramente daremo fastidio, non
solo a chi gestisce il potere in
maniera illecita, ma anche a
tutti coloro che intorno a noi
sembrano aver acquisito la
stessa mentalità.
Ma siamo noi capaci di andare controcorrente o piuttosto non tendiamo ad adeguarci alla mentalità del
disimpegno, del lasciar correre (tanto non c’è più niente da
fare!)? Sapremo ancora fare
delle scelte coraggiose o ci
siamo rassegnati ad essere
una componente integrata
perfettamente in questa società e nella sua mentalità?
Diritti umani
Rigoberta
a Ginevra
Rigoberta Menchu, premio
Nobel della pace 1992, venuta a Ginevra per difendere
la causa del popolo guatemalteco davanti alla Commissione dei diritti umani dell’
Onu, è stata ricevuta il 18
febbraio scorso al Centro
ecumenico di Ginevra.
«È per noi un grandissimo
onore - ha detto Konrad Raiser, segretario generale del
Consiglio ecumenico delle
chiese - accoglierla come
una sorella in Cristo che dovrebbe sentirsi più a casa
propria al Centro ecumenico
che non nei corridoi delle
Nazioni Unite. (...) Possiamo
assicurarla che la lotta che
sta portando avanti è anche
la nostra...».
A queste parole, Rigoberta
Menchu ha risposto ringraziando il Cec e la Federazione luterana mondiale
dell’amicizia che essi hanno
sempre testimoniato a lei e al
popolo del Guatemala, in
ogni momento.
Ha quindi parlato delle fmstrazioni provate durante le
riunioni dell’Onu dove, da oltre dieci anni, essa continua a
difendere - è stata la prima
autoctona guatemalteca a venire a testimoniare presso la
Commissione dei diritti umani - i diritti delle popolazioni
autoctone in Guatemala e altrove.
Rigoberta Menchu ha inoltre sottolineato l’azione portata avanti dai Premi Nobel
della pace, venuti a Ginevra
per chiedere la liberazione
della leader dell’opposizione
in Birmania, Aung San Suu
Kyi, anch’essa Premio Nobel
nel 1991.
Infine ha ricordato l’urgenza della demilitarizzazione e il ruolo giocato in Guatemala nel processo di pace
dalla Commissione nazionale di riconciliazione presieduta dall’arcivescovo cattolico Quezada Toruño e sostenuta dalle Chiese evangeliche.
Chiese e stato
in Germania
pagina 2
All’Ascolto
Della Parola
Una chiesa allegra
una chiesa amena
pagina 6
1 referendum
del 18 aprile
pagina 7
2
PAG. 2 RIFORMA
Ecumene
Oltre il 70% dei tedeschi sarebbe favorevole all'abolizione della tassa ecclesiastica
La Chiesa evangelica tedesca si interroga
sul finanziamento da parte dello stato
MANFREDO PAVONI
Doni o tasse ecclesiastiche
si trovano in quasi tutte
le religioni. Nel primo secolo
i cristiani, che non avevano
nessuna forma di finanziamento ecclesiastico da parte
dello stato, erano disposti a
versare per la loro comunità
il 10% delle loro entrate. Nel
nostro tempo la questione del
finanziamento pubblico alle
chiese suscita non pochi contrasti e discussioni, sia tra i
cristiani che tra altri settori
della popolazione. In Germania,, un’inchiesta pubblica,
effettuata dal Wickert Institute, ha evidenziato che più del
70% dei tedeschi adulti ha risposto per l’abolizione della
tassa ecclesiastica. Soltanto il
28% è del parere di mantenere l’attuale sistema di tassazione.
Su questi dati che sottolineano l’insofferenza e i sospetti verso la tassa ecclesiastica ripartita alle chiese dallo
stato tedesco, nella Ekd si è
aperta una riflessione,
probabilrhente anche in seguito all’uscita dalla chiesa di
molte persone che non vogliono più pagare. C’è chi difende il sistema di finanziamento ecclesiastico in Germania che obbliga a pagare
una percentuale, correlata al
reddito, alla chiesa (evangelica unita e cattolica) per tutti
coloro che sono regolarmente
iscritti come membri di chiesa.
Ako Haarbeck, membro del
Consiglio dell’Ekd (la Chiesa
evangelica tedesca), difende
questo sistema che a suo parere permette alla chiesa di
sviluppare una rete di assistenza specializzata, di progetti sociali indispensabili.
Non solo, ma secondo Haarbeck la tassa ecclesiastica è
giusta e sociale poiché si ispira ad un principio di solidarietà che tassa in proporzione
al reddito. «I membri di chiesa che appartengono ad una
fascia di reddito non pagano
e questi sono quasi la metà
delle comunità», afferma
Haarbeck. Ma il problema
potrebbe essere un altro e
cioè che se la chiesa fosse
meno ricca potrebbe lo stesso
sopravvivere? «La maggior
parte delle chiese nel mondo
sono più povere di quella tedesca e nonostante questo
fanno un buon lavoro - sostiene Haarbec - ma se si dice
che la chiesa deve essere più
povera, chi decide poi a quali
servizi si deve rinunciare?»
Un altro problema che incombe è quello di chi deve farsi
garante della tassa ecclesiastica. Alcuni rispondono
che si è scelto lo stato per
motivi pratici, per le sue infrastrutture che permettevano
una gestione economica complessa e funzionale.
La chiesa non ha un simile
apparato e dunque non avrebbe potuto svolgere il compito
di distribuire i contributi. Ma
tutto ciò non ha nulla a che
vedere con la divisione tra
stato e chiesa. Il lavoro che la
chiesa svolge nella società è
indispensabile contro i muri
di intolleranza e freddezza
che si stagliano all’orizzonte,
per questo è importante anche
un appoggio economico, sostengono i favorevoli alla tassa ecclesiastica. «Se questo
aiuto venisse a mancare sarebbe una perdita per la chiesa tedesca e per l’intera società per i rapporti ecumenici
per la tolleranza, l’educazione, la qualità della vita conclude Haarbeck - anche
se non è solo di questo che la
chiesa vive».
Tra coloro che sono critici
dell’attuale sistema del
finanziamento ecclesiastico
c’è il prof. Neumann, che insegna diritto ecclesiastico
all’università di Tubinga. «Le
chiese hanno diritto di cercare finanziamenti, non è questo
il problema - afferma Neumann - così come non è in discussione il diritto che membri di chiesa paghino la loro
comunità. Questo deve però
avvenire senza l’aiuto dello
stato, come avviene per altre
istituzioni come il sindacato, i
partiti o le chiese libere». Secondo Neumann, l’attuale forma di finanziamento ecclesiastico attraverso lo stato contraddice l’originario pensiero
della chiesa primitiva che
chiamava il cristiano a distinguere tra il potere politico e la
chiesa.
La costituzione tedesca prevede una divisione netta tra
stato e chiesa, ma con l’attua
Negli altri paesi europei
AUSTRIA: è in vigore un finanziamento ecclesiastico obbligatorio aH’intemo della chiesa ed eventuali trasgressioni possono essere segnalate al tribunale civile. Le comunità sono obbligate a destinare alla chiesa 1,5% delle
propie entrate annue.
BELGIO: le pensioni e gli stipendi dei pastori sono pagati
dallo stato. Questo almeno per tutte le religioni riconosciute dallo stato. Le province e le comunità sono obbligate a mettere a disposizione l’abitazione del pastore.
DANIMARCA: la Chiesa luterana è una chiesa di stato,
come in Svezia e Norvegia, e dunque viene finanziata attraverso le tasse che i cittadini pagano.
FRANCIA: le chiese devono finanziarsi autonomamente e
non esiste una tassazione obbligatoria.
GRAN BRETAGNA: ci sono due chiese di stato, la Chiesa anglicana e la Chiesa presbiteriana di Scozia. Non ricevono un finanziamento diretto dallo stato, anche se le
due chiese possiedono un rilevante patrimonio, mentre
ricevono finanziamenti per le scuole e la cura d’anima.
GRECIA: gli stipendi e le pensioni dei vescovi, diaconi e
preti della Chiesa ortodossa vengono pagati dallo stato,
cosi come gli insegnanti di religione.
PORTOGALLO: vige una stretta divisione tra stato e
chiesa.
SPAGNA: dal 1988, lo 0,52 % delle tasse viene destinato
alle chiese riconosciute dallo stato o per scopi sociali.
SVIZZERA: i singoli cantoni decidono in materia di finanzi^ento ecclesiastico. Anche lì la tassa ecclesiastica
» è un’importante fonte di finanziamento. Nel cantone di
Ginevra e di Neuenburg la tassa ecclesiastica è libera.
Il presidente del Consiglio della Chiesa evangelica in Germania, il
vescovo luterano Klaus Engelhardt, Insieme al presidente della Conferenza episcopale tedesca, il vescovo cattolico Karl Lehmann.
le sistema non solo lo stato
obbliga il membro di chiesa a
pagare una tassa, ma impone
al datore di lavoro di ritirare i
soldi e a versarli. Stato e datore di lavoro collaborano per
il finanziamento della chiesa
e allora, si domanda Neumann, la divisione delle due
istituzioni non è messa pericolosamente in discussione?
«L’entrata, in questo sistema
di tassazione obbligatoria comincia dal battesimo _ continua Neumann - il bambino
battezzato dovrà, appena
guadagnerà soldi, pagare la
chiesa senza altre domande o
verifiche». Infatti se si vuole
uscire dal sistema di tassazione obbligatoria bisogna farlo
con una spiegazione formale
e scritta e che ha un costo,
seppur contenuto; al contrario
il battesimo è gratuito.
Ma è sulla anticostituzionalità del sistema di finanziamento ecclesiastico che Neumann concentra le sue critiche. Secondo il docente di diritto ecclesiastico, la costituzione attribuisce alla chiesa la
possibilità di ricevere finanziamenti dai propri membri
ma niente di più. L’attuale sistema ferisce ancora più
profondamente lo spirito del
la Costituzione nella misura
in cui obbliga il contribuente
a dichiarare il proprio credo
religioso e non, mentre nessuno dovrebbe essere obbligato a dichiarare pubblicamente le propie convinzioni
religiose. Attualmente, ogni
amministrazione comunale,
ogni ufficio delle imposte e
ogni datore di lavoro sa in cosa crediamo. Neumann mette
profondamente in discussione
la posizione di coloro che
pensano che attraverso un sistema di tassazione statale la
chiesa possa risparmiare soldi
per scopi sociali ed umanitari: «Infatti basterebbe che lo
stato finanziasse direttamente
strutture come Amnesty
International,Green Peace e
altre ancora che sono
profondamente impegnate sul
fronte del sociale» .
L’affondo di Neumann è
deciso, e nelle conclusioni
del suo intervento mette in
dubbio l’etica della chiesa
che critica l’ingiusto sistema
economico e poi cerca di raccattare soldi da tutte le parti,
mentre uno stato degradato a
collettore di contribuzioni
non è nemmeno in grado di
difendere i più elementari diritti dei cittadini.
Eletta nel Presidium la pastora Sciclone
John Arnold^ nuovo
presidente della Kek
Il decano anglicano di
Durham (Inghilterra), John
Arnold, è il nuovo presidente
della Conferenza delle chiese
europee (Kek), l’organismo
ecumenico che riunisce le
chiese protestanti, anglicane,
ortodosse e vecchio cattoliche del continente.
Lo ha eletto a Iserlohn, in
Vestfalia, il Comitato centrale della Kek, riunito nella
città tedesca dal 10 al 17
marzo. John Arnold, che è
stato vicepresidente della
Kek dal 1986 ad oggi, succede alla presidenza di Alessio
II, patriarca ortodosso di Mosca e di tutte le Russie.
Il Comitato centrale ha
provveduto inoltre ad eleggere un «presidium», che fungerà da comitato esecutivo
dell’organismo ecumenico.
Ne fanno parte, oltre al presidente, il primo vicepresidente, il metropolita ortodosso Geremia Caligiorgis
(Francia), il secondo vicepresidente, la pastora luterana
Birgitte Thyssen (Danimarca) e, come membri; la pa
stora Giovanna Sciclone, vicemoderatore della Tavola
valdese (Italia), il vescovo
ortodosso Feofan di Berlino
e della Germania, il presidente della Chiesa evangelica unita della Vestfalia, pastore Hans-Martin Linnemann, il laico metodista Roland Stegrist (Austria) e la
laica ortodossa Chrystalla
Voskou (Cipro).
La riunione del Comitato
centrale della Kek proseguirà
affrontando vari temi, fra i
quali due questioni che vedono la Kek impegnata in
una stretta collaborazione
con il suo partner cattolico, il
Consiglio delle conferenze
episcopali europee (Ccee, attualmente presieduto dal
cardinale Martini): la testimonianza di pace delle chiese e delle religioni nelle zone
di conflitto del continente (ex
Jugoslavia, Caucaso) e l’organizzazione di un secondo
incontro su «Pace e giustizia», dopo quello promosso
congiuntamente da Kek e
Ccee a Basilea nel 1989.
La Chiesa luterana in Slovenia
LUBIANA — La Chiesa evangelica luterana della Slovenia
conta circa 20.000 aderenti, raccolti in 17 comunità, ed è curata
da 9 pastori e una pastora. Dalla proclamazione dell’indipendenza della Slovenia si sono aperte nuove possibilità di testimonianza soprattutto attraverso i media audiovisivi. La Chiesa
evangelica trasmette alla radio una volta al mese un culto, registrato in precedenza e, sempre una volta al mese, manda in onda un servizio di informazioni di 15 minuti. Nel 1993 la televisione di stato mette a disposizione uno spazio mensile di dieci
minuti con propri tecnici ed a proprie spese; trasmissioni speciali sono previste per il Venerdì santo, la domenica della
Riforma e per Natale.
La Chiesa evangelica pubblica un periodico, «Evangelisches
Blatt», che tira 4.000 copie e che da quest’anno ha avuto il permesso di usufruire dell’abbonamento postale: esso contiene
meditazioni, notizie dal mondo evangelico, una pagina per i
bambini e almeno un articolo in ungherese per questa minoranza linguistica.
Lettonia: la Chiesa luterana
sta crescendo
RIGA — La Chiesa evangelica luterana di Lettonia conta
circa 300.000 membri, su una popolazione di circa 2.800.000
persone. Le 240 comunità sono curate da 93 pastori, molti dei
quali hanno superato da anni l’età della pensione. Solo fra
qualche anno sarà possibile aumentare il corpo pastorale, quando i primi studenti in teologia - che attualmente sono 130 avranno terminato gli studi. La Facoltà di teologia è ospitata
provvisoriamente in una casa d’abitazione ed ha grossi problemi di spazio: la biblioteca, per esempio, può contenere al massimo 15 persone alla volta.
Secondo quanto riferisce la dirigenza della chiesa il numero
dei battesimi e delle confermazioni è aumentato di venti volte
rispetto a cinque anni fa. Nel frattempo è stata distribuita una
nuova edizione di 50.000 copie dell’innario, stampata grazie ad
un generoso contributo proveniente dalla Svezia. Da oltre un
anno la chiesa ha aperto una scuola elementare, che è frequentata da oltre 150 bambini.
L’arcivescovo Karlis Gailitis è preoccupato non solo per la
mancanza di locali, ma anche per la scarsità di collaboratori
preparati nel settore della diaconia, tanto più necessari in un
momento in cui le tensioni politiche e sociali e le difficoltà
economiche creano nel paese un clima particolarmente negativo.
Grecia: annotata la confessione
religiosa sulla carta d'identità
ATENE — La Grecia sarà l’unico stato della Comunità europea che annota sulla carta d’identità la confessione religiosa
dei suoi cittadini. Le nuove carte d’identità rilasciate quest’anno permettono ai cittadini greci di muoversi nei paesi della Comunità europea senza il passaporto. Con la registrazione della
confessione religiosa, contro cui hanno protestato le piccole comunità cattolica ed ebraica, la Grecia si pone in contrasto con
le direttive della Cee che non prescrivono l’indicazione della
religione sui documenti pubblici.
Il ministro deU’Intemo, Nikolas Kleitos, si è in realtà piegato
alle pretese dell’arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia, Seraphim, che aveva richiesto che l’indicazione della religione
già contenuta sul passaporto fosse registrata anche sui nuovi
documenti di riconoscimento. Solo in questo modo, secondo
Seraphim, si poteva evidenziare la «profonda religiosità dei
greci». Le minoranze religiose considerano questa registrazione come un atto discriminatorio, perché la fede ortodossa è religione di stato e le altre comunità religiose vengono definite
come «culti stranieri».
Mosca: aperto nuovo istituto
superiore di teologia
MOSCA — Circa 650 studenti si sono iscritti al nuovo Istituto superiore di teologia per laici aperto a Mosca il 18 gennaio. L’istituto comprende cinque diverse Facoltà che offrono
corsi di musica sacra, canto, iconografia, architettura, pedagogia, catechismo e teologia. I corsi di teologia sono gli unici che
seguono a grandi linee i programmi dei tradizionali seminari
teologici per la formazione dei sacerdoti.
L’istituto è finanziato dallo stato ed è la prima scuola di formazione teologica per laici autorizzata dalle autorità russe dopo
la Rivoluzione del 1917. Essa è intitolata al patriarca Tichon,
fucilato dai bolscevichi nel 1923 per «attività controrivoluzionaria» e proclamato santo dalla Chiesa ortodossa russa. Il patriarca Alessio II, capo della Chiesa ortodossa russa, in una intervista rilasciata ai giornali ha detto che la fondazione di questo istituto «è un ulteriore passo avanti nella collaborazione ricca di benedizioni fra il nuovo stato democratico e la Chiesa ortodossa russa».
Romania: le chiese collaborano
BUCAREST — Le tre chiese membro del Consiglio ecumenico delle chiese in Romania (luterana, ortodossa e riformata),
che collaborano ufficiosamente tra di loro e con gli organismi
ecumenici intemazionali, hanno deciso di costituire un’associazione ecumenica. La Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani ha avuto quest’anno «un successo straordinario» in Romania; servizi ecumenici sono stati celebrati nella cattedrale di
Bucarest e in altre chiese della capitale e del paese. Un documentario sulle attività delle chiese doveva essere trasmesso alla
televisione in febbraio.
3
venerdì 19 MARZO 1993
Vita Delle Chiese
PAG. 3 RIFORMA
Jacinto Aranz: dal 14 al 18 febbraio il Sinodo delle chiese valdesi del Rio de La Piata
Dov'erì tu, quando io facevo la Terra?
CARLOS DELMONTE
Dal 14 al 18 febbraio si è
tenuto a Jacinto Arauz
(La Pampa) in Argentina il
Sinodo delle Chiese valdesi
del Rio de La Piata. La comunità delle chiese di Colonia
Iris ha ospitato con molta fraternità e simpatia tutti i delegati e i pastori che si sono
riuniti per il Sinodo.
Il Sinodo è iniziato domenica 14 con un culto presieduto dal pastore Norberto
Berton. Nel corso del culto è
stato consacrato al ministero
pastorale il candidato Oscar
Geymonat. Il culto è stato
vissuto da tutti i partecipanti
con un sentimento molto speciale: si svolgeva proprio nella chiesa in cui si era formato,
aveva ricevuto vocazione e
aveva iniziato il suo ministero il pastore Norberto Berton
che in questa occasione è entrato in emeritazione.
Un fatto significativo anche
per il pastore Oscar Geymonat che inizia il suo ministero
attivo. È stato un culto molto
«sentito» e caratterizzato da
una profonda gratitudine al
Signore.
I lavori
Dopo reiezione del Seggio
(pastore Davide Baret presidente, Mabel Cardozo de Barolin vicepresidente, Nestor
Rostan assessore, Ariel Charbonnier segretario agli atti.
Norma Malan de Dalmas,
Noemi Geymonat e Dalhy
Pastre de Costantino segretari) e aver ascoltato la lettura
della relazione della Commissione d’esame il Sinodo, come è ormai consuetudine, si è
diviso in quattro gruppi di lavoro.
«Vita di fede» che ha affrontato il problema del culto,
della vita comunitaria e della
appartenenza alle chiese.
«Testimonianza e servizio»
che ha affrontato i temi della
comunicazione, della diaconia, del rapporto tra chiesa e
società.
«Funzionamento istituzionale» che ha discusso la materia dell’amministrazione,
dei presbiteri, dei rapporti col
ramo europeo della chiesa,
delle relazioni ecumeniche.
«Finanze, contribuzioni e
statistiche» sono stati gli argomenti del quarto gruppo di
lavoro.
I temi più importanti.
La relazione della Commissione d’esame ha messo in rilievo i temi più importanti.
La Mesa Vaidense
Il Sinodo del ramo sndamericano delie Chiese valdesi ha eletto la
nuova Mesa Vaidense
che risulta così composta: Hugo MaUm (moderatore), Hugo GonUét, Hugo Armand PIlon, Noris Artm de BaroUn (membri).
U Sinodo ha poi eletto
la Commissione d'esame che risulta composta
da Oicar Geymonat
' (presidente), Daìhy Faatre de Costantino e Dori
Artus (membri)
n pros.simo Sinodo si
terrà dal 13 al 17 febbraio 1994 al Parqne
■XVII Febrero in Cola Valdense (Uru
ìmy
Mantova: amicizia ebraico-cristiana
La festa ebraica
Colonia Vaidense (Uruguai): all’uscita dal culto
Al primo punto sono i rapporti ecumenici. Le istituzioni ecumeniche vivono momenti di crisi. La Federazione
delle chiese in Uruguay e Argentina è l’unico organismo
che gode del maggior appoggio delle chiese, anche perché
queste vi partecipano direttamente.
Altri istituti come l’Istituto
superiore evangelico di studi
teologici (Isedet), la Giunta
unita delle missioni (Jum), il
Centro evangelico di azione
sociale (Ceas), l’editrice Aurora, il Movimento ecumenico per i diritti umani (Medh)
staimo vivendo momenti molto difficili sia per mancanza
di risorse finanziarie che di
prospettive chiare.
Ma la situazione che più
preoccupa è quella dell’Isedet
non solo perché è il luogo di
formazione dei pastori di tutte le chiese evangeliche, ma
anche perché sia a livello accademico che a quello della
gestione della casa degli studenti devono essere le nostre
chiese e nessun altro a decidere. Su questo tema il Sinodo si è pronunciato molto
chiaramente. Non bisogna lasciare queste istituzioni ma
dar loro nuovi orientamenti e
nuovi contenuti.
Altro tema importante è
stato quello delle comunicazioni, del giornale, del Centro
audiovisivo, della distribuzione della letteratura evangelica. Il Sinodo ha preso la decisione di nominare una commissione di sette membri perché nel corso dell’almo orienti e organizzi tutto questo lavoro. Questa commissione
avrà compiti molto grandi e il
Sinodo ha delegato ad essa
anche poteri di decisione. E
una forma nuova di lavoro
che andrà sperimentata.
Infine la diaconia e le relazioni tra la chiesa e la società
sono stati altri argomenti di
discussione.
L’organizzazione e lo sviluppo delle opere di servizio
in settori più diversi obbligano le comunità ad impegni
che si potranno assumere solo
se si troverà un maggior numero di persone disponibili a
vivere questa vocazione. Infatti mentre le nostre comunità diminuiscono nel numero
dei membri, allo stesso tempo
si stanno creando nuove e
concrete responsabilità di servizio e di testimonianza. Con
questo si osserva che occorre
approfondire il messaggio
cristiano e non solo guardare
alle sue forme. Bisogna riscoprire nella pratica e non solo
nei discorsi le affermazioni
sui compiti della comunità
cristiana.
Favorire l’impegno delle
chiese locali e non scaricare
le loro responsabilità sugli organismi intermedi e sui «quadri»: ci sembra essere l’aspetto più caratteristico della nostra ecclesiologia che non deve essere trascurato.
Finanze
Questo Sinodo ha rinnovato
le nostre concezioni in materia finanziaria stabilendo il
principio di mutua assistenza
e solidarietà tra le chiese. Allo stesso tempo abbiamo apprezzato la solidarietà delle
chiese del ramo europeo che
stanno ricercando nuove forme di aiuto e incoraggiamento del nostro lavoro. Il Sinodo
ha incoraggiato le chiese a essere un corpo vivente sotto la
direzione dello Spirito.
Visite
Un’attenzione molto speciale è stata data dal Sinodo
alla visita del moderatore
Franco Giampiccoli che ci ha
informato delle speranze e
delle difficoltà che vivono le
chiese valdesi del ramo europeo. La sua presenza è stata
molto importante per l’impulso che ci è venuto ad impegnarci nella missione che Dio
ha affidato alle chiese.
Molto apprezzati sono stati
anche i culti presieduti ogni
mattina dal pastore Ricardo
Pietrantonio della Chiesa luterana e professore all’Isedet.
La domanda di Dio.
Attraverso i messaggi dei
nostri ospiti abbiamo potuto
ascoltare la domanda che Dio
pone a Giobbe al capitolo 38,
versetti da 1 a l\«Allora
rEterno rispose a Giobbe dal
seno della tempesta, e disse:
chi è costui che oscura i miei
disegni con parole prive di
senno? Orsù, cingiti i lombi
come un prode; io ti farò
delle domande e tu insegnami. Dov’eri quando io fondavo la terra? Dillo se hai tanta
intelligenza. Chi ne fissò le
dimensioni? giacché tu il sai!
O chi tirò sovf essa la corda
da misurare? Su che furon
poggiate le sue fondamenta o
chi ne pose la pietra angolare
quando le stelle del mattino
cantavan in gridi di giubilo?»
In alcuni Sinodi abbiamo
avuto l’impressione che alcune nostre discussioni erano
più importanti della Parola di
Dio, che le chiese erano più
importanti che Gesù Cristo,
che i nostri pensieri e i nostri
desideri erano più importanti
che la missione. Così quando
sono gli uomini e le donne ad
essere al centro delle preoccupazioni hanno origine inevitabilmente divisioni e discussioni. Incontrare Dio come protagonista del Sinodo e
lottare insieme per rispondere
alle sue domande è senza
dubbio il nostro compito più
importante e urgente. Dobbiamo però ridimensionare i
nostri compiti pensando a
questa domanda «Dov’eri tu
quando io fondavo la terra?»
Nel primo pomeriggio del
7 febbraio scorso un gruppo
di amici del Segretariato attività ecumeniche (Sae), evangelici valdesi, cattolici, insieme a membri della Comunità
ebraica, sono convenuti nella
sede della Comunità ebraica
di Mantova, per il «Capodanno degli alberi».
Il Capodanno degli alberi è
uno dei tanti del calendario
ebraico, festa non religiosa,
anche se le sue radici attingono nel religioso.
Ci siamo riuniti con il pastore Bertinat, due amici sacerdoti e un gruppo di cattolici. Il rabbino Luciano Caro
ha aperto la cerimonia spiegando il significato del gesto
che si andava compiendo.
Ha iniziato con la lettura
dei primi versetti della Genesi, ricollegandosi anche con i
midrash ebraici.
Il significato sta nel fatto
che la «protostoria» dell’uomo è segnata dalla presenza
«dell’albero» e degli alberi
che furono dati da Dio creatore all’uomo perché potesse
cibarsi dei loro frutti. L’uomo si è nutrito dei frutti, ma
ha anche deturpato la natura.
Si impone perciò un gesto
riparatore dell’uomo verso la
natura, riconoscendo soprattutto Dio come datore di ogni
cosa.
Ecco allora che al termine
di questo breve «limud» (lezione) ci siamo trasferiti tutti
in giardino per piantare tre
piccoli cipressi tuja, uno a
nome della comunità valdese, uno per quella cattolica e
uno per quella ospite. La
messa a dimora degli alberelli è stata eseguita dai bimbi
più piccoli tra gli applausi
dei presenti.
Al rientro ci è stata offerta
frutta secca di ogni qualità: il
rabbino ha invitato a consumarla spiegando che tante
varietà stanno a indicare i
molteplici doni di Dio: ogni
frutto mangiato equivale a un
rendimento di grazie; una
semplice lezione dal significato profondo, un riconoscimento della provvidenza di
Dio in armonia con la natura.
Chiavari: assemblea di chiesa
Il reciproco
riconoscimento
Domenica 7 marzo si è riunita l’assemblea ordinaria
della Chiesa battista di Chiavari.
Con gran gioia è stato dato
il benvenuto ai nuovi membri Gustavo Bouchard e Elsa
Settimana della libertà a Ponticelli
Per la «nuova nascita»
GIANCARLO RINALDI
Il 20 febbraio presso la
«Casa del popolo» di Ponticelli credenti evangelici di
varie comunità del Napoletano e simpatizzanti si sono riuniti alle ore 17 per leggere la
Scrittura, pregare, comunicare idee e speranze e per ascoltare un intervento del pastore
Sergio Aquilante.
Ponticelli è, tra quelli di
Napoli, uno dei quartieri più
sofferenti per i noti annosi
problemi tra i quali, in primis,
la criminalità organizzata.
D’altro canto esso è anche
una zona nella quale la testimonianza evangelica si è
concretamente tradotta in
molteplici iniziative di rilievo
(chiesa, ospedale, centro sociale, ecc.). Su questo sfondo
di degrado, ma anche di speranza e di impegno è stata celebrata la giornata della libertà indetta dalla Fcei. Il discorso del pastore Aquilante
è stato preceduto da letture
bibliche e dal canto di vari inni ed è stato seguito da numerosi, vibranti ed accorati
interventi spontanei dei presenti che hanno tutti espresso
la piena fiducia nella capacità
che il Vangelo ha di cambiare
persone e cose.
Il pastore Giovanni Anziani, in un breve discorso di
presentazione, ha in particolare sottolineato che la
manifestazione intendeva
(come tutte le altre similari
promosse dalla Fcei in Italia)
essere non una celebrazione
liturgica, ma un appello alla
nuova nascita in un momento
in cui l’Italia ha un particolare bisogno di rinnovamento.
Nel suo intervento il pastore
Aquilante ha affermato che la
libertà di cui godiamo è una
espressione della assoluta sovranità di Dio. Bisogna credere nel rinnovamento che
Iddio opererà, anche se ora
non lo si vede in concreto: il
Signore è colui che cammina
«davanti» a noi.
Rievocando la nota parabola del seminatore, tutto il discorso di Aquilante ha inteso
armonizzare gli aspetti di fede e di impegno pratico del
credente: v’è un tempo «per
l’ascolto» e un tempo «per
l’aratro»; i due tempi, in realtà, se sono distinguibili, non
possono essere separabili.
Anche se nel Sud dell’Italia
sembra che la priorità debba
essere data all’azione, non bisogna dimenticare che questa
deve costituire non un puro
attivismo bensì la proiezione
esterna di una fede che,
nell’ascolto, diviene ubbidienza.
Questo è il contributo che
la nostra società deve ricevere dal mondo evangelico in
un momento in cui essa anche
a quest’ultimo inizia a rivolgersi nella sua esigenza di
realizzare la «nuova nascita».
Massel, provenienti dalla
Chiesa valdese di Sampierdarena, Eunice Biglione, proveniente dalla Chiesa valdese
di Genova, Octavia Gonzales
e Osvaldo Sanguinetti, provenienti dalla Chiesa anglicana cilena.
Si è provveduto a modificare il regolamento interno
per consentire a valdesi e
metodisti di essere iscritti
quali membri effettivi, mantenendo la denominazione
d’origine: 5 sorelle valdesi,
finora iscritte come associate, sono così diventate effettive.Anche prima gli associati avevano uguali diritti
e doveri rispetto agli effettivi, si tratta però di una formalità che assume grande significato, nel campo dell’
esecuzione delle decisioni
prese dall’Assemblea-Sinodo
del 1990. Carlo Lucarini, delegato all’Assemblea straordinaria, ne ha fornito un’efficace relazione e ha risposto a
numerose domande. In conclusione l’assemblea ha
espresso grosse perplessità
sull’andamento dell’Assemblea straordinaria dell’Unione, sul suo clima e su quanto
richiesto dall’atto 9/AGS/93
al Comitato esecutivo. La
nostra assemblea ha chiesto
al Consiglio di chiesa di adoperarsi presso il Comitato
esecutivo perché il progetto
sul «segretario esecutivo» sia
«protettivo» di coloro che
dovranno far rispettare le regole aH’intemo dell’Unione.
In linea generale è stata lamentata la scarsa attenzione
che le comunità locali sembrano riservare alle problematiche dell’Unione, e si è
deciso di invitare tutte le
chiese, e quelle liguri in particolare, a una riflessione e
discussione più attente e responsabili prima di ogni Assemblea generale, al fine di
dare un valido supporto e
una sicura indicazione ai
propri delegati, aiutandoli in
questo modo a esprimere
davvero il pensiero della comunità.
4
PAG. 4 RIFORMA
Vita Delle Chiese«
Si è svolto a Roma, presso la Facoltà valdese di teologia, il 3” convegno delle opere
Verso una diaconia qualificata e partecipata
per restituire le persone alla loro umanità
VENERDÌ 19 MARZO I993
JEAN-JACQUES PEYBONEL
Diaconia come esorcismo:
con questa interpretazione singolare della vicenda
deir«indemoniato di Cerasa»
(Marco 5, 1-17), il pastore
Fulvio Ferrario ha aperto i lavori del 3° convegno delle
opere diaconali che si è svolto a Roma il 6 e 7 marzo. «La
diaconia cristiana - ha affermato - non può che essere
‘‘imitatio Cristi”, fare cioè
come Gesù, nella partecipazione al suo ministerio esoreistico, restituendo le persone alla loro umanità». Oltre
cinquanta persone, rappresentanti delle varie opere dia-.
conali delle chiese valdesi e
metodiste, hanno partecipato
con grande interesse a questo
appuntamento che è diventato
un momento importante della
riflessione in atto sulla riorganizzazione della nostra diaconia. Com’è noto, il prossimo Sinodo dovrebbe varare
una nuova «Commissione sinodale diaconale» (Csd) incaricata di coordinare e di controllare uno dei più importanti settori della nostra diaconia, quello socio-assistenziale
e sanitario. Ciò per alleviare
la Tavola valdese da un compito che negli ultimi anni si è
fatto sempre più gravoso e
complesso, sia dal punto di
vista tecnico-organizzativo
sia da quello amministrativo
e fiscale.
La diaconia cristiana, quindi, svolta nel nome di Gesù,
ha come orizzonte il «Regno», cioè l’umanità fatta ad
immagine di Dio. Il suo è
pertanto essenzialmente un
compito di umanizzazione
della persona che di per sé
costituisce un fattore destabilizzante della società perché
mette in discussione il rapporto che vi è tra società e
alienazione umana.
Ma come conciliare questa
specificità della diaconia resa
nel nome di Gesù con il servizio sociale, assistenziale e
sanitario che sempre di più lo
stato delega alle chiese? Nel
momento in cui anche in Italia si va verso una privatizzazione dei servizi, lo stato
ci chiede di fare le cose che
dovrebbe fare lui, imponendoci «standard» di gestione
sempre più rigidi e costosi.
Gianni Long ha efficacemente rievocato la storia
dell’assistenza in Italia, soffermandosi sulle tendenze in
atto e rilevando come lo stato
cerchi di rilanciare l’assistenza privata e religiosa per alleviare costi pubblici diventati
insostenibili. Stiamo quindi
andando verso una riduzione
delle sovvenzioni pubbliche
alle nostre opere diaconali e,
contemporaneamente, stiamo
per accedere alla ripartizione
dell’8 per mille.
Ma sarebbe illusorio pensare che i futuri proventi
deH’8 per mille possano risolvere come per incanto tutti
i problemi a cui stiamo andando incontro. In questa fase particolarmente delicata,
dobbiamo fare le nostre scelte e stare attenti a non esaurire le nostre energie correndo
dietro allo stato. E per poter
fare scelte oculate che siano
coerenti con la nostra vocazione evangelica, occorre
procedere con decisione sulla
via intrapresa, quella della responsabilità, dei controlli e
della gestione qualificata delle nostre opere, essendo ben
consapevoli che a guarire e a
liberare dal male è soltanto
La Foresteria valdese di Torre Penice, una struttura di accoglienza
al servizio dell’evangelismo italiano e internazionale
Cristo. Proprio per questo sta
per nascere la nuova «Commissione sinodale diaconale»
che, sotto la responsabilità
della Tavola valdese, avrà il
delicato compito di «controllare» un settore importante
della diaconia senza sacrificare ma anzi rafforzando la responsabilità dei singoli comitati di gestione e delle chiese
locali. Il convegno, sulla base
delle precisazioni fomite dal
moderatore della Tavola valdese, pastore Franco Giampiccoli, e dal presidente della
Ciov, past. Paolo Ribet, ha
dedicato tempo all’approfondimento della riflessione su
questa nuova struttura che alcuni settori delle chiese vedono ancora con diffidenza, temendo un’eccessiva centralizzazione e burocratizzazione
delle nostre opere. Non tutto è
ancora chiaro: la nuova commissione dovrà o no avere
una propria personalità giuri
dica e un proprio patrimonio?
La Tavola ritiene di sì. Come
verrà scelta e come opererà
una struttura che avrà una responsabilità su tutto il territorio nazionale? E come verrà
finanziata, visto che la gestione dell’8 per mille sarà di
competenza della Tavola?
Vengono proposte tre fonti di
finanziamento: a) una Domenica della diaconia; b) un
contributo della Tavola valdese; c) un contributo di tutte
le opere equivalente all’l per
mille del loro bilancio.
Ampio spazio è stato dedicato anche all’esame del primo anno di attività del «Centro servizi amministrativi»
(Csa) a cui finora hanno aderito 20 opere. Il direttore del
Centro, Andrea Ribet, ha illustrato l’avvio non facile di
questa nuova struttura che
presenta un bilancio consuntivo in sostanziale pareggio.
Nel ’93 dovrebbe salire a 25
il numero di opere che si avvarranno dei vari servizi offerti dal Centro: tenuta della
contabilità, paghe, contributi,
rapporti di lavoro, consulenza
fiscale e giuridica. Si tratta di
un servizio prettamente
amministrativo che aiuta le
opere e quindi la chiesa tutta
ad armonizzare una materia
particolarmente complessa e
sempre in evoluzione. Il costo del servizio (L. 550.000 al
mese) rappresenta un problema per le piccole opere. Questo ed altri problemi sorti in
questa fase di avvio dovrebbero trovare una soluzione
soddisfacente nei prossimi
anni.
I partecipanti al convegno,
fra cui molti direttori di foresterie, hanno trovato il tempo, nella serata di sabato, di
discutere sulle loro comuni
preoccupazioni e hanno deciso di creare tra di loro
un’associazione per poter
continuare a svolgere la loro
attività di accoglienza evangelica senza entrare in concorrenza con le normali strutture alberghiere.
L’intenso week-end di lavoro si è concluso con il culto
nella chiesa di piazza Cavour,
al quale hanno partecipato
vari fratelli e sorelle provenienti dalla Germania, dagli
Stati Uniti, dalla Svizzera e
dall’America Latina.
La predicazione del past.
Paolo Ribet, a degna conclusione di un convegno dedicato alla diaconia evangelica,
ha esortato tutti a farsi servitori di un Dio che, per farsi
conoscere, ha scelto di assumere fino in fondo la nostra
umanità.
SUGGERIMENTI
IL NUOVO
INNARIO
DOMENICO D’ELIA
Da tempo, ormai, nelle
nostre comunità si discute sulla possibilità, anzi
sulla necessità, di rinnovare
il nostro innario. A questo
proposito vorrei intervenire
con una serie di suggerimenti. In primo luogo tale rinnovamento non può prescindere dalle esperienze del passato, dal canto cristiano degli
anni e, soprattutto, dei secoli
scorsi.
La nuova raccolta, perciò,
dovrebbe conservare (forse
rivisti e riaggiomati in talune
parti del testo) inni storici
del nostro patrimonio; potremmo definirli gli «ever
green» del canto cristiano
evangelico. Penso, ad esempio, alle melodie preriformate quali gli antichi inni e
«complainte» valdesi, per
noi storicamente e culturalmente fondanti; agli inni della Riforma e in particolare i
salmi ugonotti ginevrini
(penso ai numeri 10, 50, 70 e
186 del nostro «Innario cristiano»); ai corali luterani
(numeri 142, 196 per citarne
alcuni sempre del nostro innario); alle coinvolgenti melodie di autori del calibro di
Bourgeois, Neander, Cruger
(anch’essi presenti nel nostro
innario).
Nella nuova raccolta, inoltre, penso dovrebbero essere
recuperati (ed anche questi,
forse, aggiornati in talune
parti del testo) gli «inni del
Risveglio» (secoli XVIIIXIX) che nella raccolta del
’69 furono un po’ tralasciati
(non tutti) o, comunque, mutati nella melodia (creando,
spesso, non pochi problemi a
Giovani e gruppo scout àeìh Chiesa valdese di Dipignano
Impariamo ad avere senso di
preparazione, rigore morale,
responsabilità,
coerenza
________CARLO CHIECCHI________
Partendo da alcune domande
apparentemente banali (sono libera/o? Perché?), con i ragazzi e le ragazze di Dipignano
appartenenti sia al gruppo giovanile della Chiesa valdese sia
al gruppo scout, ci siamo interrogati sulla libertà e sulla concretezza nella nostra vita.
Le risposte potrebbero ritenersi quasi scontate... ma buttando nel calderone dei motivi di libertà tutto quanto veniva in mente, si è passati dal
sentirsi liberi «perché possiamo pensare, dire o fare tutto»
al «perché posso rendermi
utile agli altri» o «posso lottare per le cose in cui credo».
Nella mia veste di marito di
pastora, responsabile del gruppo scout e membro part-time
del gruppo giovanile della
chiesa, spesso sento dire che i
ragazzi non si interessano di
nulla, che sono poco partecipi
ecc. Io però, convinto come
sono che si possa «pretendere» dagli altri soltanto quanto
noi stessi diamo (e non mi riferisco certo soltanto al dare o
all’avere materiali, ma alla
aderenza della nostra quotidiana testimonianza a un ideale, a
una chiamata, a un concreto
programma di vita) ritengo
d’obbligo alcune riflessioni.
Nelle nostre comunità abbiamo ancora quel tanto di
spirito di avventura e gusto
della scoperta che ci farebbero vedere come possibili e
potenzialmente positivi i numerosi stimoli alla riflessione
«all’azione che provengono
dall’altro/a?
Il senso di responsabilità
(che poi significa capacità di
analizzare la realtà, di prendere coscienza dei valori o
dei non-valori che ci vengono
proposti, di individuare gli
aspetti positivi e/o negativi,
di progettarne il cambiamento e attuarlo giorno dopo
giorno con fatica e coerenza...) riguarda davvero la
sfera del nostro «privato», è
divenuto cioè la dimensione
tipica della nostra vita di relazione con gli altri, uomini e
donne, fratelli e sorelle?
Il nostro vivere in famiglia,
sul lavoro, nel tempo libero, è
tale da stimolare in noi stessi
prima, e di conseguenza negli
altri, il desiderio di una continua ricerca e verifica della
vocazione, delle nostre scelte,
del modo in cui spendere
resistenza? Siamo attenti ai
problemi e alle difficoltà
dell’uomo, siamo i samaritani
di quel «prossimo» che incontriamo ogni giorno in piazza,
al supermercato, al bar, in
chiesa? Stiamo lavorando per
la liberazione dalle schiavitù
di cui tutti siamo oggetto?
Impegnarsi in un cammino di
liberazione dell’uomo significa sporcarsi le mani facendo, nel tentativo di essere
coerenti con i valori in cui
crediamo, seguendo un sistema di valori che orientino
giorno dopo giorno il nostro
giudizio e la nostra azione.
Abbiamo capito che qualsiasi intervento o azione richiedono preparazione, rigore
morale, coerenza fra pensiero
e azione, capacità di trovare i
mezzi più idonei per concretizzare l’ideale? Sappiamo
che collaborare, es.sere solidali, condividere, significa
comprendere il significato
profondo dei gesti nostri e altrui, delle responsabilità che
ci siamo assunte?
In una parola: noi adulti
sappiamo (ma nella carne e
nel sangue del nostro vissuto
quotidiano) che la sequela di
Cristo si ottiene con la testimonianza attiva, coerente con
quell’ascolto da cui nasce la
fede?
Sotto la superficie dei nostri ragazzi c’è tanta voglia di
«essere» , per «rendersi utili
agli altri» e «lottare per ciò in
cui credo». Non deludiamoli:
fidiamoci di loro, delle loro
intenzioni, di ciò che dicono
di voler fare, e mettiamoli in
condizioni di farlo; soltanto
condividendo i loro sforzi
(cioè lavorando insieme a loro per uno scopo comune)
potremo aiutarli se sbagliano,
correggerne la direzione di
marcia: come ci ricorda Sergio Aquilante con il suo
«tempo dell’aratro», il nostro
compito è strappare le erbacce, togliere i sassi, tagliare i
rovi, non estirpare grano e
zizzania assieme!
DALLA PRIMA PAGINA
chi era precedentemente abituato ad associare a quel testo
quella melodia).
La parte veramente innovativa della nuova raccolta dovrebbe essere costituita da inni e canti a noi contemporanei che sono del tutto assenti nell’innario in uso. Il
Dipartimento di evangelizzazione deU’Ucebi ha già pubblicato negli anni scorsi due
raccolte di canti a noi più vicini nel tempo: «Cantiamo insieme 1» e «2». Anche altre
chiese evangeliche in Italia si
sono impegnate nel rinnovare
il proprio patrimonio innologico dando vita a raccolte le
più diverse per stili musicali
e contenuto dei testi.
A questo riguardo sarei
propenso ad includere alcuni
di tali canti nella nuova raccolta. Vi sono, poi, altre fonti
a cui attingere: prime fra tutte
alcune nuove raccolte proposte da chiese evangeliche
estere. Penso a quelle recentemente pubblicate dalle
chiese battiste britanniche, tedesche e scandinave, ma anche a quelle delle chiese metodiste, presbiteriane e riformate. Infine, le grandi famiglie di chiese (Alleanza mondiale battista. Federazione luterana mondiale) e organizzazioni ecumeniche (Kek e
Cec) hanno proposto, negli
ultimi anni inni o raccolte da
cui, in qualche caso, già si è
attinto ma da cui, penso, si
potrebbe ancora trarre profitto.
Qualcuno a questo punto
potrebbe obiettare: «Ma ci
vorrebbe una raccolta di almeno 600 inni (cioè il doppio
di quella attuale) per contenere tutto questo materiale!».
Non c’è dubbio: la nuova raccolta verrebbe ad essere rilevante da un punto di vista numerico. Ciò, d’altronde, succede già all’estero.
Molte di queste raccolte,
poi, hanno una «parte fissa»
ed una «mobile»; sono, cioè,
dei veri e propri raccoglitori
nei quali di volta in volta si
aggiungono i nuovi canti
(questi ultimi, in alcune comunità, vengono imparati
facendo uso della lavagna
luminosa). Non so se per le
nostre comunità un tale «innario-raccoglitore» andrebbe bene, ma è un’idea comunque da non scartare a
priori.
Concludo qui, sperando di
non essere stato prolisso e
confusionario, con l’impegno
di continuare a pensare e lavorare affinché il canto costituisca ancora e sempre un
momento centrale e gioioso
della nostra testimonianza
cristiana.
COMUNITÀ TERAPEUTICHE?
co da parte del potere sanitario pubblico.
Anche noi evangelici possiamo assumerci il compito,
innanzitutto, di diffondere
una visione culturale del fenomeno tossicodipendenza
alternativa ai modelli dominanti, anche ai modelli che riducono il problema soltanto
all’aspetto di depenalizzazione o non depenalizzazione
dell’uso di sostanze stupefacenti. Solo a partire da una
teoria interpretativa della tos
sicodipendenza, peraltro ancora opinabile, è possibile
progettare delle strategie terapeutiche che possono avvalersi di ausilii farmacologici
come di interventi psicoterapeutici ed anche di un vasto
intervento preventivo sul territorio.
La comunità terapeutica
può essere un momento importante, dunque, in una strategia riabilitativa complessa
che faccia parte di un progetto integrato più ampio.
5
venerdì 19 MARZO 1993
Vita Delle Ghie;
PAG. 5 RIFORMA
Venezia: un XVII febbraio dedicato alla rievocazione della storia degli evangelici
125 anni di presenza valdese e metodista
LIDIA CASOWATO BUSETTO
Centoventicinque anni di
presenza valdese e metodista a Venezia: questo il tema programmato dalla comunità per la settimana della libertà nel febbraio scorso.
Gli appuntamenti a palazzo Cavagnis, presso la chiesa, sono stati due conferenze
tenute rispettivamente dal
past. Giorgio Toum su: Movimento valdese: otto secoli
tra storia e teologia, e sul tema: Testimonianza valdese e
metodista a Venezia con i
pastori Alfredo Berlendis e
Eugenio Stretti e la prof. Federica Ambrosini. Vi è stata
inoltre la presentazione di alcuni libri della Claudiana,
dato che per tutta la settimana ha funzionato una mostra
del libro; a chiusura della
Settimana, domenica 21, il
culto con Santa Cena e canto
del Giuro di Sibaud ha visto
la predicazione del past..
Renzo Bertalot, a cui è seguita l’agape nei locali della
Foresteria.
Giorgio Toum ha illustrato
in dettaglio ai numerosi presenti (tra cui parecchi non
protestanti) l’identità e la storia della minoranza valdese
iniziando dal mercante di
Lione e dai suoi «poveri» per
arrivare all’attualità, senza
tralasciare l’importante 1848
e le Lettere patenti di Carlo
Alberto, con cui ai valdesi
non fu data la libertà religiosa, ma l’ammissione a godere di tutti i diritti civili e
politici.
Sulla testimonianza valdese
e metodista a Venezia il past.
Berlendis ha fatto alcune valutazioni. Una micro-comunità, ha detto, è difficile da
amministrare e organizzare;
si può distruggere con facilità, mentre poi con molta difficoltà e solo attraverso dei
seri programmi di studio si
possono formare nuovi membri in grado di proseguire il
lavoro di predicazione e di testimonianza.
Anche il past. Stretti ha fatto considerazioni problematiche, ricordando ben 66 casi
di abiure di evangelici dal
1831 al 1866.
La prof. Ambrosini, cattolica, ha preso spunto dall’opu
scolo redatto l’anno scorso
dal past. Berlendis e ha sottolineato, invece, molti punti
favorevoli, come la collaborazione, fin dal 1870, della
comunità valdese con la chiesa luterana e quella anglicana,
l’impegno di fondare una
scuola elementare in Venezia,
il voto alle donne nelle assemblee di chiesa.
I libri presentati dal past.
Stretti sono stati: La lettera di
Paolo ai Calati (G. Girardet);
La Riforma protestante
nell’Italia del Cinquecento
(S. Caponetto); Giovanni
Calvino: il riformatore e la
sua influenza sulla cultura
occidentale (A. Me Grath);
200 anni di teologia e filosofìa: da Kant a Rahner, un itinerario di viaggio (H.
Berkhof): tenendo presente il
tema della testimonianza è
stato possibile trovare un filo
conduttore tra i testi.
L’apostolo Paolo, che nei
suoi viaggi «missionari» predicò nelle sinagoghe, nelle
piazze, nell’aeropago di Atene a gente di diversa cultura,
è un esempio di testimonianza attuale anche per noi; nel
libro su Calvino si rileva che
il Riformatore oltre all’attività di tipo teologico-missionario, con la sua predicazione
diede un notevole contributo
nella vita civile del suo tempo
con un’etica della responsabilità nel lavoro, richiamando il
credente a vivere la propria
fede anche nella società in cui
opera, etica di responsabilità
che s’invoca oggi più che
mai!
Per Caponetto la Riforma
nell’Italia del ’500 ebbe un
momento forte anche a Venezia: la Serenissima era una
«centrale rivoluzionaria», vi
si stampava la Bibbia, libri di
Lutero; nell’isola di San
Giorgio vengono stampate
ben 40000 copie del Beneficio di cristo, segno evidente
del grande interesse delle circa 6000 unità favorevoli alla
Riforma.
Dal commento ai «200 anni
di teologia e filosofia» viene
il richiamo all’importanza
della teologia da reinserire
nel mondo moderno come necessità di vivere la Parola incarnata nelle varie situazioni
Pinerolo: iniziativa ecumenica
Aiuti per l'ex Jugoslavia
Anche a Pinerolo, come in
tante altre località, è nato
l’interesse e si è deciso di
aiutare in modo concreto le
popolazioni della ex Jugoslavia ridotte in condizione disastrose a causa della guerra.
L’idea è stata dei ragazzi
della Scuola domenicale e dei
loro monitori in occasione del
Natale. Ne hanno parlato e
sono riusciti a coinvolgere i
loro genitori, i membri della
Comunità valdese, e poi si
sono aggiunte la parrocchia
cattolica di Abbadia e ora anche quella di Porte insieme
alla Croce Verde locale e gli
alunni delle scuole medie di
Frossasco e San Secondo.
È stato subito contattato
Nevio Bavac Husah, capo
dell’organizzazione umanitaria «Jhthus» della comunità
metodista di Pola, che ha richiesto viveri, indumenti, medicinali.
Tutto è stato preparato in
pochi giorni e, con un furgone molto capiente offerto
dall’Acea locale, con autista,
il 2 gennaio Guido La Montagna e Beppe Salvai sono partiti portando un concreto aiuto di 26 quintali di materiali
vari più una somma di denaro
a quell’organizzazione. Essi
sono stati accolti come fratelli, hanno incontrato gente,
condividendo i loro problemi,
aiutando e assistendo alla distribuzione del carico.
Ora è in preparazione un
secondo viaggio. Al furgone
dell’Acea si aggiungeranno
tre ambulanze della Croce
Verde che forse potranno arrivare fino in Bosnia.
Per completare il carico,
che partirà probabilmente il
1° aprile, sono ancora necessari viveri, medicinali e indumenti soprattutto per bambini. Il tutto è accettato nei
locali di via dei Mille 1 oppure presso la parrocchia di Abbadia, o direttamente all’officina di Beppe Salvai (via Nazionale 185, Abbadia Alpina).
Palazzo Cavagnis, sede della Chiesa e della Foresteria valdese
e di coniugare la testimonianza con il mondo moderno.
Il sermone del past. Bertalot, nella chiesa gremita di
membri della comunità con la
presenza del past. Garufi, dei
fratelli luterani con il pastore
Kleemann, con i cattolici del
Sae con don Visintin, è stato
centrato sul testo dell’Ecclesiaste (cap. 11): «Getta il tuo
pane sulle acque, perché dopo molto tempo tu lo ritroverai», ma in una nuova traduzione: «Investi i tuoi beni nel
commercio marittimo e li ritroverai».
Il riferimento è a Venezia,
al suo passato, al coraggio di
guardare verso nuovi orizzonti, al mondo vicino, a avere il
coraggio delle cose nuove. E
i nuovi orizzonti, le cose nuove per noi oggi devono essere
la disponibilità a incontrare
nuove culture, il confronto
con le nuove religioni che ci
stanno davanti.
Non si sono voluti celebrare dei «centenari», ma nemmeno dimenticare l’opera di
pastori come Emilio Comba,
anche se i sogni non si sono
realizzati.
Oggi le comunità sono al
crocevia di molti incontri; bisogna tenere presente il rapporto chiesa-mondo, il rapporto tra le chiese, il rapporto
tra le religioni.
Queste le prospettive per il
futuro sulle quali sono stati
concordi i pastori che per anni hanno guidato la comunità
di Venezia e per chi la guida
attualmente; c’è necessità di
una teologia della testimonianza, c’è la possibilità di
gettare dei ponti.
Come credenti siamo chiamati a raccogliere questa sfida, a aprire gli orizzonti alle
domande pluralistiche che ci
vengono rivolte, a ritrovare
la «povertà» come modo di
interpretare l’Evangelo per
trovare una nuova unità tra i
credenti nel «giorno del Signore» che non conosciamo
ma nel quale crediamo quando ripetiamo: venga il tuo regno.
Seminario europeo di «Eurodiaconia»
Città e problemi sociali
Il primo «seminario europeo» proposto dalla nuova organizzazione «Eurodiaconia»
si svolgerà a Colmar (Francia) il 4, 5 e 6 maggio 1993.
Il seminario, organizzato
dair«Entraide Protestante» di
Francia, dal «Diakonale
Raad» dei Paesi Bassi e dal
«Diakonisches Werk der
EKD» di Germania, e sovvenzionato dalla Commissione delle comunità europee,
avrà per tema: «Le strutture
urbane e i problemi sociali,
l’articolazione tra l’azione
pubblica e l’azione privata».
Il seminario si svolgerà a
Colmar (Alsazia), presso
l’Associazione «Espoir»,
grande opera diaconale protestante francese fondata e diretta dal past. Bernard Rodenstein. L’opera festeggia
quest’anno i suoi primi 20 anni di attività.
La partecipazione, limitata
a 80 persone, è aperta soprattutto ai vari operatori diaconali dei paesi della Co
munità europea impegnati nel
campo della prevenzione e
dell’inserzione sociale e professionale degli emarginati. Il
tema riguarda in modo particolare la situazione sociale
nei quartieri e nelle periferie
delle grandi città (disoccupazione, violenza, alcolismo,
tossicodipendenza) e le risposte proposte dallo stato e dalle organizzazioni private.
Quali interventi? Quale collaborazione tra pubblico e privato? Quale connessione a livello europeo? Questi alcuni
dei temi che verranno dibattuti durante il seminario.
Chi fosse interessato a partecipare è pregato di mettersi
in contatto con gli uffici della
Ciov, a Torre Pellice.
Hai fatto
l’abbonamento
. a,
, Riforma?
: X.
ANGROGNA — Domenica 28 febbraio si è tenuta la seconda
assemblea di chiesa per l’anno 1992-93. È stata approvata
la relazione finanziaria 1992 e sono stati eletti i deputati al
Sinodo e alla Conferenza distrettuale. Per il Sinodo il deputato sarà Adriano Chauvie (supplente Elio Meggiolaro),
mentre i tre deputati alla Conferenza saranno Elio Meggiolaro, Remo Gaydou, e Isabella Bertalot (supplenti Umberto Gaydou e Valeria Fusetti). Abbiamo poi deciso - sentite le richieste della Tavola valdese - di assumere per l’anno in corso un impegno di contribuzioni di £ 37.000.000. E
un grosso impegno per la nostra comunità, ma speriamo di
riuscire anche quest’anno a farcela con il contributo di tutti.
Ringraziamo tutti quei membri elettori che sono intervenuti
all’assemblea nonostante la fitta nevicata che in quelle ore
si abbatteva su Angrogna, consentendone il regolare svolgimento.
PORDENONE — Il 18 febbraio si è svolta in un clima di vera
fraternità l’assemblea annuale della comunità della Chiesa
evangelica battista. A parte il lusinghiero risultato evidenziato nella relazione finanziaria, particolare risalto ha assunto l’impegno morale e spirituale della comunità per una
più viva e incisiva testimonianza evangelica in città attraverso manifestazioni in comune con le altre comunità evangeliche, con la promozione di incontri pubblici e dibattiti su
temi di scottante attualità e quant’altro ritenuto più idoneo a
divulgare e far conoscere il pensiero protestante e i valori
della Riforma alla luce delTEvangelo. L’assemblea ha poi
eletto il nuovo consiglio che risulta così composto: Franca
Goral (anziano), Claudia Cerai (tesoriere). Lidia Coacci,
Amilcare Cerai, Claudio Perissinotti, Michele Campione (consiglieri). Silvia Casonato (supplente). Gaio Cerai,
Sergio Casonato (revisori), Graziantonio Rotunno, Armando De Colò (revisori supplenti).
PACHINO — In seguito ad alcuni studi biblici suH’evangelizzazione è nato un gruppo operativo che intende organizzare
attività per poter avvicinare sorelle e fratelli che frequentano poco o che si sono allontanate dalla chiesa, e altre persone esterne. Sono in atto tre iniziative: studio biblico, a settimane alterne, in casa di qualcuno. La città è stata divisa in
6 zone: a ogni incontro distribuiamo un invito a membri di
chiesa e conoscenti della zona perché partecipino. Giornata musicale: aperta al pubblico; sarà organizzata in primavera. Gruppo teatro: attraverso la recitazione intende fornire messaggi evangelici. Si è già rappresentato un piccolo
dramma (Il ricco stolto), apprezzato sia dalla comunità che
da altre sorelle e fratelli delle comunità vicine, in occasione
del XVII febbraio.
PINEROLO — Sono ultimamente deceduti dopo lunghe sofferenze Ernesto Ribet e Oreste Borno.
BOBBIO PELLICE — Mario Goletti e la moglie, Livia Ferrara, di provenienza pentecostale, hanno chiesto (e il Concistoro ha ratificato) di diventare membri comunicanti della
nostra chiesa. Questi due nostri fratelli in Cristo hanno anche deciso di trasferire la propria residenza anagrafica da
Nichelino a Bobbio. Accogliendoli con vivissima gioia porgiamo loro un affettuoso e fraterno benvenuto tra noi.
• Il culto di domenica 21 marzo sarà condotto dal Gruppo
giovani della comunità.
PRALI — La comunità si rallegra con Nicoletta Richard e
Gian Breuza, Simone e Davide, nonni e bisnonni, per la nascita di Roberta.
SAN SECONDO — Ringraziamo Rino Cardon per aver presieduto il culto di domenica 21 febbraio.
• Ci rallegriamo con Doris Fomerone e Bruno Bonetto per
la nascita del loro primogenito Edoardo.
• Il Signore ha chiarnato a sé Giovanni Garnier: ai familiari va la nostra fraterna simpatia.
POMARETTO — L’assemblea di chiesa del 28 marzo ha approvato il rendiconto finanziario per l’esercizio 1992 e il bilancio preventivo di spese per l’esercizio 1993 nei suoi importi: amministrazione ordinaria (£ 40.501.000); impegno
cassa culto (£ 102.000.000); cassa emeritazione (£
3.000.000). Nell’amministrazione ordinaria sono compresi
gli impegni per la Facoltà di teologia (£ 3.000.000) e Cevaa
(2.000.000). Fra gli anziani risultano eletti e confermati nei
loro incarichi dall’assemblea degli elettori presenti Elsa Léger ved. Clapier (zona della diaspora); Marina Ribet (Inverso Pinasca, Clot, Combavilla), in sostituzione di Ilda
Bouchard dimissionaria; Annetta Tron Pascal (Porosa Argentina) che sostituisce per compiuto mandato Guido Peyrot; Rino Tron (Perosa Argentina), che sostituisce la dimissionaria Silvana Marchetti. La zona Clot Combavilla (Inverso Pinasca) per tutto il 1993 è affidata alla sorella Lisa
Costabel del Clot. I nuovi anziani saranno insediati domenica 28 marzo in occasione della visita della Ced. La comunità ringrazia questi fratelli e sorelle che hanno accettato di
impegnarsi in questo non facile lavoro, e coloro che lasciano il Concistoro invitandoli a rimanere a disposizione della
comunità.
• Sabato 13 marzo si sono sposati nella cappella di Combagarino (Perrero) Fulvio Peyrot e Nicoletta Reynaud:
agli sposi l’augurio della comunità.
• Dornenica 14 marzo è stato amministrato il battesimo a
Nicolò Refourn di Daniele e di Monica Davier. Possa il
piccolo essere sempre guidato dallo Spirito del Signore.
SANREMO — Il Consiglio di chiesa si è riunito il 1° marzo
scorso con quello di Bordighera per parlare della situazione
delle due chiese. Insieme abbiamo scritto una lettera alla
Tavola valdese per spiegare le caratteristiche del nostro lavoro nell’intento di agevolarla nel compito di reperire un/a
nuovo/a pastore/a per le nostre due chiese. Intanto abbiamo
ricevuto due buone notizie. In aprile avremo la collaborazione del pastore emerito Franco Sommani e in giugno
quella del pastore emerito Iginio Carera.
BRESCIA — Continua ogni sabato pomeriggio l’operazione
«tempio aperto». Un gruppo di volontari si alterna per accogliere eventuali visitatori di passaggio desiderosi di conoscere la storia e la fede degli evangelici bresciani. Qualcuno
poi ritorna in occasione di qualche nostra attività.
6
PAG. 6 RIFORMA
All’Ascolto Della Parola
VENERDÌ 19 MARZO I993
UNA FEDE ALLEGRA
UNA CHIESA AMENA
GINO CONTE
Ly umorismo, l’ironia
ci piacciono, di solito — e ne fruiamo, o li pratichiamo in prima persona quando sono rivolti ad altri.
Anche bonariamente,
amichevolmente, si ride volentieri di altri. Ci piace un
po’ meno, di solito, essere
noi l’oggetto del riso, del
tratto umoristico, dell’ironia che, come una caricatura, magari «carica» i tratti,
ma pure li evidenzia, li fa
risaltare, li mette in piena
luce e a tutto rilievo. Eppure il culmine dell’ umorismo,
il livello più alto o più
profondo dell’ironia è l’autoironia. Non prendersi
troppo sul serio, prendendo
sul serio Dio. Ecco che allora resortazione dell’apostolo Paolo riportata sopra,
all’ inizio della sezione pratico-esortativa della sua lettera ai Romani, assume le
sue vere dimensioni, acquista tutto il suo spessore:
non si tratta di buon senso,
ma di fede.
stessi un concetto più alto di
quello che dobbiamo avere.
E qual è il concetto che
dobbiamo avere di noi stessi? Ha due aspetti, due sfaccettature. Da un lato dobbiamo riconoscerci - ma sul serio - per quel che siamo:
creature da poco, deboli, incoerenti, spesso sottilmente
orgogliose, ostinate, chiuse
in se stesse... Come è possibile che ci raccogliamo, ligi
e seri, per la confessione di
peccato, e che poi di fatto
gettiamo alle ortiche e dimentichiamo così presto
quello che abbiamo appena
detto o pensato di noi stessi;
che la Parola di Dio ha messo a nudo e ci ha fatto appena riconoscere in noi stessi?
D’altro lato dobbiamo riconoscerci - altrettanto sul serio, gioiosamente - per quel
che pure siamo, non per
virtù nostra: creature amate,
perdonate, avvolte dal suo
amore impensabile, manifestato e comunicato in Gesù.
Come è possibile che ascoltiamo questo Evangelo e poi
«.../o dico a ciascuno di voi
che non abbia di sé un concetto più alto di quello che
deve avere,,,»
(Romani 12, 3)
Paolo scrive, di solito, a
chiese vivaci, effervescenti: ancora estremamente
povere di strutture, ma ricche di vitalità, di doni. Non
è chiaro se anche a Roma ci
fosse una situazione simile a
quella di Corinto; se, cioè,
anche lì ci fossero molti pretesi leader «spirituali», molti cristiani doc, 0 super, superdotati dallo Spirito e come tali tendenti all’egemonia, o alla superiorità saccente, piena di sufficienza,
sostanzialmente sprezzante
nei confronti dei «cristiani
qualunque».
E possibile, a leggere questa parola di Paolo. Di certo.
Paolo invitava i cristiani a
non montarsi la testa con
spirito di giudizio nei confronti degli ebrei: non dimentichiamo che queste sue
parole vengono subito dopo
i tre grandi capitoli (9-11)
dell’epistola, costruiti sull’
eloquente e ironico midrash
dell’olivo e dell’ olivastro.
E comunque non c’è comunità umana, anche ecclesiastica, in cui la spinta a primeggiare, a eccellere non si
presenti e non minacci seri
danni.
L'ironia di Paolo
Ecco allora che, qui come in altre sue lettere,
l’apostolo Paolo sfodera la
sua ironia e con allegro
umorismo ci invita a guardare noi stessi con humour,
con il senso ben chiaro e radicato dei nostri limiti (o
peggio): a non avere di noi
dimery;ichiamo, così presto
e facilmente, che viviamo
per grazia e di grazia? Come
è possibile che cessiamo così presto di vederci quali
creature graziate, amate senza altro motivo che non sia,
semplicemente, l’amore generoso libero e sovrano di
Dio?
Questo è il concetto che
dobbiamo avere di noi stessi. Non è un dovere morale,
è un dovere realistico, arrendersi all’evidenza, aprendo
gli occhi; abbiamo un valore
intrinseco scarso o nullo, e
abbiamo molti e gravi
disvalori davanti a Dio e fra
gli uomini; d’altra parte si
esercita su di noi e per noi la
giustificazione per grazia,
mediante la fede: abbiamo il
valore impensabile che Dio
ci attribuisce, amandoci e riscattandoci, un valore di cui
non ci si può ovviamente
mai vantare, di cui non si
sarà mai abbastanza consci
e grati, umilmente, ardentemente.
Un divertimento
senza fine
Ho letto di recente questo «apocrifo del XX
secolo»: «Beati quelli che
sanno ridere di se stessi: non
finiranno mai di divertirsi».
Esso può avere un senso generale; ma in sede cristiana
questo «divertimento», indubbio e sano, ha una dimensione più profonda. In
risu veritas! La retorica,
l’ipocrisia, la menzogna, la
maschera nascono con il
peccato di Adamo, o rivivono costantemente nel nostro
peccato di adami ed eve che
non vogliono apparire quali
sono; ma il riso, l’ironia,
r autoironia, se è schietta, è
una confessione verace del
nostro stato miserabile, che
da ogni nostra coda di paglia, personale o ecclesiastica, strappa le posticce piume in cui ci pavoneggiamo
e ci rende - buffi, certo - alla nostra realtà spennacchiata: altro che ecclesia
triumphans, in qualunque
versione confessionale!
«Sarebbe forse il caso di
completare la definizione di
Rabelais: “Le rire c’est le
propre de l’homme”, dicendo: il riso è l’espressione
dell’uomo cristiano. Come
già sapeva Kierkegaard, vi è
un riso diabolico e un riso
incredulo (Abramo e Sara, i
passanti al Golgota); ma vi
è pure uno specifico riso
cristiano. Il riso dell’uomo
credente il quale sa che il
distacco, l’inadeguatezza fra
la propria realtà e la propria
apparenza è tolta, il quale
conosce il proprio stato e lo
stato della sua chiesa e non
ha paura di confessarlo, perché la sua speranza è oltre»
1
Come individui e come
chiese ci sia dato di sapere
ridere o sorridere così di noi
stessi, e di ridere in Dio
prendendo gioiosamente sul
serio lui.
Si ride,
nel regno di Dio?
Per concludere, provvisoriamente, questa nostra riflessione, o invito e
stimolo alla riflessione, non
sembri impertinente e sconveniente questa domanda.
Gesù ci ha promesso: «Beati voi che ora piangete, perché riderete» (Luca 6, 21),
con il suo grave, temibile
corrispettivo; «Guai a voi
che ora ridete - di un riso
certo diverso da quello di
cui ora abbiamo parlato perché piangerete». 11 riso
pieno, senza più ombre e
ambiguità, definitivo, è
quello del «regno di Dio».
Ogni nostro riso attuale, anche schietto e sereno, è solo
l’ombra di cose a venire,
prezioso e fragile segno che
indica oltre.
In uno dei suoi detti paradossali, Lutero ha dichiarato
un giorno di non voler andare in un paradiso nel quale
non si ride. Ma secoli prima
Dante, nel pur serioso Paradiso, ha potuto scrivere
questi versi:
«Ciò ch’io vedeva mi
sembiava un riso
de r universo; per che
un’ebrezza
intrava per l’udire e per
lo viso».
(XXVII, 4-6)
«Vid’io più di mille angeli
festanti,
ciascun distinto di fulgore
e d’arte.
Vidi a’ lor giochi quivi ed
a’ lor canti
ridere una bellezza, che
letizia
era ne li occhi a tutti li altri santi».
(XXXI, 131-135)
Non ci evocano, questi
versi, l’arte delicata e fe
DIEU...
Les il®
* t \
POIT ETRE PRIS
AU SÉRIÊUX
«Prenderò il 3°, il 7° e ...Mi dispiace, bisogna prendere tutto...». «Dio...deve essere preso sul serio».
Vignetta tratta dal libro «Dieu...comment est-il?» di Boy Mitchell (Editions L.L.B. 1992, Valence, Francia)
stante del Beato Angelico?
E uno studioso moderno, in
un saggio sull’umorismo
nell’educazione, ha scritto:
«In qualunque modo ci si
immagini il paradiso, lì, in
ogni caso, è certo che si ride» (2).
Sì, nel suo «regno», il Signore, il Padre di Gesù Cristo e Padre nostro, farà
«spuntare sorrisi sulle nostre labbra e canti di gioia
sulle nostre lingue» (cfr.
Salmo 126, 2): per sempre,
finalmente. E già ora anche
una chiesa tormentata, perseguitata e sofferente come
quella dell’Apocalisse ascolta il canto celeste ed è
invitata a unirvisi: «Alleluia! Sì, ha inaugurato il suo
regno il Signore Iddio nostro, l’Onnipotente! Rallegriamoci ed esultiamo, diamo a lui gloria!» (Ap. 19, 67).
Questo riso di esultanza
fiduciosa e grata ha connotati precisi: «Egli asciugherà
ogni lacrima dai loro occhi.
Non vi sarà più morte né
lutto e grida e dolore. Sì, le
cose di prima sono passate»
(Ap. 21, 4). «Morte, dov’è
la tua vittoria?» (1 Corinzi
15,55).
(4 - Fine)
(1) V. Subilla, Della retorica
(laica ed ecclesiastica) e
dell’ umorismo (laico ed ecclesiastico), in «Protestantesimo» VII (¡952), p. 162.
(2) Questi riferimenti, fra altri,
sono citati da W. Thiede,
L’ilarità promessa, Cinisello
B. 1989, p. 55.
La Bibbia e il riso
«Facciamo della Bibbia un uso
ecclesiastico solenne, come se il Libro santo escludesse la familiarità e
il quotidiano. Della libertà che Dio
lascia al lettore, non imponendogli
altro che una serie variata di testimonianze, approfittiamo poco. Ecco
perché sono grato a Voeltzel di
averne usato.
Naturalmente, non ignora l’esegesi e la teologia, ma ha saputo
proiettare sulla sua lettura una luce
nuova, quella del riso. Perché no,
dopo tutto? Forse che Dio non ha
nulla da insegnarci al riguardo? E
perché non riderebbe, lui pure?
Fra il Dio terribile che detta la
sua Legge fra i lampi del Sinai e il
Dio che perdona al peccatore abbattuto, fra il Legislatore e il Giudice, la Bibbia non ci insegna forse
che c’è il Dio stranamente vivo che
dialoga familiarmente con noi e interviene nelle nostre faccenduole,
facendole sue?
Il fascino inesauribile delle storie
dei patriarchi, i rapporti fra Àbramo o Giacobbe e colui che, in tutta
la storia, sarà il loro Dio (e non
quello dei filosofi e dei sapienti), fino ai più semplici racconti degli
Evangeli, sta proprio in questa prossimità fra Dio e l’uomo. Il sovrano
creatore si fa Padre e, fin dal principio, già un po’ uomo.
Ora, i padri umani ridono. Ridono quando i loro figli ridono, quando mostrano la loro sicumera, quando imitano i genitori o si lanciano in
avventure temerarie.
Perché Dio non dovrebbe ridere
anche lui della nostra puerilità, della nostra sufficienza, delle imprese
ridicole dell’ uomo che vuole imitarlo e ricostruire mondi che non sono
altro che giochi di bambini?
Il riso è anche una pedagogia e il
bambino cerca di provare il riso dei
genitori più che le loro parole. E
quel Dio che Voeltzel ci insegna a
scoprire nei luoghi più inattesi della
Bibbia.
Il Dio che lascia fare ma si arrangia perché, alla fine, sia la sua
direzione ad averla vinta; il Dio che
scrolla con la sua ironia le nostre
più stupide, le nostre più care ambizioni»
Pierre Burgelin
(dalla recensione del libro di R. Voeltzel,
Le rive du Seigneur, su «Réforme»)
7
r
Spedizione in abb. post. Gr 11 A/70
In caso di mancato recapito rispedire-a;
CASELLA POSTALE 10066
TORRE PELLICE
Fondato nel 1848
E Eco Delle Yaui ^ldesi
venerdì 19 MARZO 1993
ANNO 129-N. 11
URE 1200
EDUCAZIONE ALLA FEDE
UNA SOSTA
SALUTARE
RUGGERO MARCHETTI
Nel suo articolo «La parola ai giovani della terza C della scuola media di
Luserna San Giovanni»
(Ecovalli del 5/3/93), Marco
Rostan nota come la religione sia, per questi ragazzi pure molto vivi e ricchi di interessi, «una cosa lontana e
superata».
Questi giovani, cattolici e
valdesi, dice Rostan, hanno
tutti «seguito (e probabilmente stanno ancora seguendo) una formazione religiosa in chiesa». Certo, se i
frutti sono questi, la cosa
non è molto confortante...
La scuola domenicale è
stata a suo tempo introdotta
nelle nostre chiese, dopo
che per lungo tempo i bambini andavano al culto con i
loro genitori, per garantire ai
piccoli valdesi un ascolto
della parola di Dio specifico
per la loro età. La scelta di
tenere questa scuola alla domenica mattina, probabilmente «obbligata» da tutta
una serie di motivi pratici,
aveva il grande vantaggio di
conservare la «comunione
d’ascolto» con i genitori:
mentre questi ultimi andavano a sentire la loro predica, i
bambini avevano il loro contatto particolare con la Bibbia. In questo modo i bambini non erano soli a percorrere il cammino della loro educazione alla fede.
Oggi, nella stragrande
maggioranza delle nostre comunità, la scuola domenicale
si tiene al sabato pomeriggio. E questo per tutta una
serie di motivi magari anche
validi. Però... oggi i bambini
che vengono alla scuola domenicale sono soli.
Come vivono allora la loro
scuola domenicale? Né più
né meno, in molti casi, che
come un obbligo da assolvere quando si è piccoli e
perché si è piccoli e dal quale si sarà finalmente liberi
quando si diventerà grandi
(così come i loro genitori si
sentono in generale liberi da
ogni impegno ecclesiastico,
tranne limitarsi anche loro,
nel migliore dei casi, ad accompagnare a loro volta i figli alla scuola domenicale).
Credo che questo senso di
obbligo e questa solitudine
che caratterizzano la partecipazione di molti dei nostri figli siano micidiali. Non propongo un ritorno alla domenica mattina, ma di riflettere
in modo approfondito su
quel che si può fare per tornare a garantire loro quell’
accompagnamento innanzitutto familiare a cui hanno
pieno diritto. Sino a quando
le cose non cambieranno non
potremo rimproverarli se
vengono svogliatamente e se
poi, terminato il loro periodo
di formazione, non li vedremo più in chiesa.
E passiamo al catechismo.
Mi sono sempre chiesto come mai nelle nostre chiese
riteniamo i nostri giovani
maturi per una scelta sicuramente importante e impegnativa come quella della fede e della sua testimonianza
pubblica a soli 16-17 anni.
Dall’esperienza che ho
non mi sembra che i ragazzi
che partecipano ai nostri corsi siano poi realmente interessati al senso profondo
della loro vita, e perciò al
problema di Dio. Mi sembra
invece che questo problema
sorga, se mai, attorno ai 20
anni, quando cioè si sono ormai in gran parte allontanati
dalla chiesa. Non avrei perciò nessuna difficoltà a prevedere al termine della scuola domenicale una sosta di
alcuni anni nel cammino di
educazione alla fede, per poi
iniziare il catechismo a 16
anni e portarlo a termine a
20.
Già immagino l’obiezione
che molti potrebbero muovere a questa proposta: «Ma in
questo modo, tanti che ora
passano direttamente dalla
scuola domenicale al precatechismo e al catechismo
non tornerebbero invece a
farsi vivi dopo alcuni anni di
interruzione e avremo molti
meno confermati nelle nostre chiese!».
Sinceramente, io preferirei
cinque confermazioni «vere»
a venti che, come è purtroppo oggi nella stragrande
maggioranza dei casi, sono
soltanto il «rito di congedo»
(speriamo solo provvisorio e
non definitivo) dalla chiesa.
Un patrimonio (Ja valorizzare, anche per evitare i rischi di calamità naturali
Dissesto idrogeologico e mancanza di cure:
I boschi richiedono urgenti interventi
_______PIERVALDO ROSTAN________
Il bosco come protezione di
un territorio, bosco come
elemento di produzione e ricchezza, più recentemente come spazio di svago e rilassamento. Sono queste alcune
delle caratteristiche dei nostri
boschi, ricchi ed abbondanti
quanto, spesso, in cattive condizioni.
Come riuscire a conciliare
questi tre tipi di utilizzo, come valorizzare un patrimonio
che per delle vallate alpine
come , le nostre, è sicuramente
importante? Cosa si sta facendo e come si interviene nelle
nostre foreste?
Le recenti nevicate hanno
praticamente annullato i rischi
da incendi ma , va ricordato,
solo pochi anni fa le nostre
montagne furono percorse e
in certi casi devastate dal fuoco: circa il 10% della vai Pellice, ma come dimenticare i
disastri di Prarostino o della
bassa vai Chisone?
Nelle valli abbiamo foreste
di vario tipo, dal lariceto che
occupa la parte maggiore, al
faggio e, ancora, alle miste di
conifere e latifoglie. Più in
basso è spesso il castagneto a
farla da padrone, non tanto
quello da frutto quanto il ceduo che negli anni ha preso in
molti casi il posto dei campi,
dei vigneti, dei prati. Non
mancano poi interessanti, ma
più ridotte, presenze di abete
rosso o bianco, di pino cembro.
Per anni su queste foreste
poco o nulla è stato fatto.
L’alluvione del 1977 ha evidenziato un dissesto idrogeologico diffuso a cui la mancata cura del bosco ha certamente contribuito; senza dimenticare gli alberi caduti a causa
del vento o della neve, abbandonati a se stessi e pericolosi
sia in caso di incendio sia come possibili sbarramenti allo
scorrere delle acque. Del resto, fino a pochi anni fa, le
stesse stazioni del corpo forestale dello stato potevano
contare su pochissimo perso
nale e le risorse economiche a
disposizione erano per tutto il
settore scarsissime.
«In vai Chisone - dice il
tecnico forestale Paolo Clapier - ci sono enormi quantità
di legname di larice rotto dal
vento che nessuno provvede a
recuperare; eppure ci sono le
strade e il valore del legno è
interessante. Continuo a stupirmi del fatto che in Francia
si utilizza il legname anche a
quote elevate, intorno ai 1.800
metri, mentre da noi questo
..
L'ingresso del Pds nella giunta di Pinerolo: intervista all'assessore Alberto Barbero
Occorre una cultura etica per la politica
L’ingresso del Pds nella
giunta di Pinerolo alla fine
dello scorso anno venne considerato da alcuni una vera
novità nello scenario politico
locale, da altri come un puntello ad un sistema che vedeva i due partiti da anni al potere (De e Psi) in forte crisi.
Fin dall’inizio il Pds ha cercato di porre al centro del proprio impegno nella giunta degli elementi programmatici e
soprattutto un nuovo modo di
far politica; esemplare per
certi versi l’istituzione di un
assessorato alla Partecipazione e Trasparenza di cui è titolare Alberto Barbero.
È possibile oggi tracciare
un primo, sommario, bilancio?
«C’è sicuramente molto da
fare per coinvolgere di più la
cittadinanza; devo dire sotto
questo aspetto di aver trovato
una buona collaborazione da
parte del mondo dell’associazionismo, anche di fronte ad
alcune proposte che ho avanzato rispetto alla cultura».
Come sta andando il rapporto con le altre forze politiche, in particolare De e Psi?
«C’è stato un dibattito an
che “acceso” sul piano regolatore; mi pare si sia tenuto
conto, su questo problema,
anche delle richieste che venivano fuori dalle assemblee
pubbliche sia per quanto riguarda la tutela ambientale
sia per quanto riguarda il futuro assetto generale della
città. Sul piano regolatore,
oltre che le forze di maggioranza, devo sottolineare anche l’apporto di quelle di opposizione. Su altri aspetti della vita comunale dobbiamo
tener conto che il blocco delle
assunzioni e la scarsità di risorse finanziarie non consentono grandi interventi e di
sviluppare servizi. A questo
proposito sottolineo che tutte
le tariffe sono state mantenute
ai loro livelli iniziali; in particolare quelle legate alla
scuola non verranno variate
durante l’anno ma al massimo col nuovo corso di studi».
Nel settore cultura sono state avviate alcune iniziative...
«Direi che è importante segnalare l’apertura domenicale dei musei a partire dal 21
marzo, che segna una vera
valorizzazione dei beni culturali della città sia a favore
della popolazione che dei turisti. In questi ultimi anni ciò
non era stato possibile in modo continuativo, anche se importanti rapporti erano stati
mantenuti con le scuole o altre associazioni; tutto questo
è stato possibile grazie al lavoro volontario di un gran
numero di appassionati, quelle stesse persone che oggi ci
consentono questo ulteriore
salto di qualità. Il discorso
non si esaurisce qui ma deve
tener conto anche di numerose altre possibilità che derivano dalle tradizioni, dal centro storico, dalle chiese ecc.».
Nei giorni scorsi è partita
anche un’iniziativa legata al
mondo del libro, in collaborazione con le librerie della
città; quali sono state le risposte?
«La mostra di libri per ragazzi allestita nei locali di
corso Piave ha suscitato notevole interesse, così come la
guida ai libri da leggere elaborata in collaborazione con
alcuni insegnanti.
Analogamente accadrà per
il concorso di recensioni librarie aperto a lettori di tutte
le età: i partecipanti, su ap
posite schede predisposte dal
Comune, potranno indicare
un libro che secondo loro dovrebbe essere consigliato alla lettura; le schede dovranno essere riconsegnate entro
il 10 aprile».
Al di là di queste iniziative
particolari, il clima politico
generale non è dei migliori...
«Mi rendo conto che è così
e che rispetto alle attese
dell’inizio molto resta da fare; la situazione generale
non ci aiuta di certo».
Esiste una questione morale a Pinerolo?
«Se per questione morale
si intende dare qualità etica
alla politica ritengo ci sia
sempre; ci sono poi sicuramente nella città interessi
non solo volti al bene comune; quando abbiamo avviato
la collaborazione politica di
giunta abbiamo detto che
avremo voluto una parola
chiara su ogni forma di possibile speculazione. Chiaramente se venissimo a conoscenza di tentativi di personalizzazione della politica o
di veri e propri intrallazzi,
saremmo i primi a denunciarli».
non accade».
Una burocrazia «esigente»
blocca molte iniziative? E
possibile anche se, ad esempio in vai Pellice, ci sono alcune esperienze positive.
Alcune segherie lavorano
anche legno locale e si sono
espanse negli ultimi anni; si
tratta di legno utilizzato per
lavoro, per il fuocatico siamo
a percentuali estremamente
basse.
Gli interventi sui boschi sono comunque assai vari e
specialistici, in relazione al tipo di forestazione a cui ci si
riferisce. In molti casi per favorirli si sono aperte piste nei
boschi, talvolta forse esagerando rispetto alle reali necessità, in altri casi in modo ancora insufficiente.
Da alcuni anni nelle valli
piemontesi operano delle
squadre volute dalla Regione
Piemonte; anche qui i risultati
non sempre sono stati all’altezza delle esigenze, ma quando si è operato con personale
buon conoscitore del bosco e
della montagna l’impatto è
stato senz’altro positivo.
In vai Pellice, ad esempio,
opera da tempo una valida
squadra, composta prevalentemente da persone di Bobbio e
Villar.
«All’inizio - dice il sindaco
di Bobbio, Charbonnier, che
ha seguito da vicino tutta
l’operazione - abbiamo trovato in valle un certo scetticismo, poi siamo riusciti a far
partire la squadra verso la fine
degli anni ’80.
I primi progetti prevedevano interventi nei quattro Comuni che hanno la maggior
estensione boschiva, cioè
Bobbio, Villar, Torre e Rorà e
dovevano essere sostanzialmente interventi di pulizia del
bosco sugli impianti realizzati
negli anni scorsi e sui boschi
naturali. Dopo un primo anno
a Bobbio la squadra si è spostata anche negli altri Comuni. Attualmente si sta lavorando sulla strada VillanovaPra». Si tratta anche di opportunità di lavoro, per alcuni degli operatori a tempo determinato, per altri a tempo indeterminato.
«Per quanto riguarda Bobbio, - aggiunge Charbonnier abbiamo deciso di procedere
alla reintroduzione dell’abete
e del cembro e questo verrà
fatto nei prossimi anni, così
come la trasformazione in alcune zone del ceduo di faggio
in fustaia».
Si tratta di interventi importanti, generalmente avviati
non da molti anni, ma della
cui necessità nessuno dubita.
Si potrebbe discutere se sia
opportuno in taluni casi trasformare il ceduo in fustaia,
oppure se siano necessarie tutte le piste che sono state aperte e soprattutto le modalità
con cui ciò è avvenuto.
Sicuramente il grado di
mantenimento dei nostri boschi è in grado di determinare
molto dell’assetto territoriale
delle valli alpine: si tratta infatti di un patrimonio da non
trascurare e su cui ritornare a
pianificare.
8
m E Eco Delle Yallì Aàldesi
VENERDÌ 19 MARZO 199-^
> ..........:j
Il palazzo comunale di Salza
<<CORRERE PER UN SORRISO» — L’associazione Amici
dell’Asilo dei vecchi di San Germano Chisone, in collaborazione con l’associazione nazionale alpini di San Germano
e Pramollo e l’Unione sportiva sangermanese, organizza
per domenica 28 marzo «Correre per un sorriso», prima
corsa non competitiva libera a tutti in favore degli ospiti
dell’asilo. La partenza è prevista per te 9 davanti all’Asilo
dei vecchi di San Germano; il percorso sarà di circa 4 km e
si snoderà per le vie del paese. L’iscrizione alla corsa è di 5
mila tire e può essere effettuata presso l’Asilo, i negozi che
espongono l’apposito cartello e comunque fino a mezz’ora
prima della partenza. Sono previsti premi per tutti i partecipanti e altri premi a sorteggio e per i gruppi più numerosi.
L’incasso sarà interamente devoluto all’associazione Amici
dell’Asilo.
UN COMODATO PER IL PALAGHIACCIO — Il Consi
glio comunale di Torre Pellice ha approvato la scorsa settimana la proposta avanzata dalla giunta, dopo un confronto
con l’esecutivo della Comunità montana, per affidare
all ente di valle la gestione del palaghiaccio di prossima copertura.
Inaugurato nel 1972 il palazzetto dovrebbe essere riaperto
in autunno al termine di lavori di copertura e ammodernamento. I mutui che consentono l’attuale intervento e altri
che si renderanno ancora necessari saranno richiesti dalla
Comunità montana che per la gestione dovrà comunque affidarsi ad una apposita società.
Il comodato avrà la durata di 15 anni, mentre uno specifico
regolamento stabilirà le modalità di utilizzo dell’impianto
da parte di società sportive e ricreative.
Durante lo stesso Consiglio è stato approvato, all’unanimità, il nuovo statuto del consorzio per l’energia e l’ambiente di Pinerolo Acea.
LO STATUTO TORNA IN CONSIGLIO — Lo statuto della
Comunità montana vai Pellice è stato ripresentato all’esame
del Consiglio dopo che il Coreco aveva presentato una lunga serie di osservazioni al testo approvato dalla maggioranza consigliare.
Dopo la seduta del 4 marzo, in cui la De aveva abbandonato
l’aula per protesta contro la maggioranza che voleva approvare un documento di parte, nella seduta dell’11 marzo, con
votazioni separate sugli articoli, anche il gruppo di Bobbio
Pellice ha approvato alcuni punti del testo, essendo stati accolti alcuni emendamenti. *
Una terza, e forse ultima, puntata è prevista per giovedì 18
marzo
Torre Pellice: aggiornamento per insegnanti
Identità di una valle
Possono gli insegnanti che
operano in vai Pellice non
limitarsi a fornire ai loro allievi le indispensabili nozioni
nelle varie materie, ma diventare una risorsa nella scuola
che contribuisca a ricostruire
una identità culturale degli
allievi, una consapevolezza
del passato, del difficile presente e soprattutto della necessità di prendere in mano il
loro futuro e quello della zona che abitano?
Questa l’impegnativa domanda che il pastore Giorgio
Toum ha rivolto a un numeroso gruppo di insegnanti
nella lezione introduttiva di
un corso di aggiornamento
organizzato dal distretto scolastico 43 sul tema «Identità
di una valle».
Nel fornire un quadro di insieme ai singoli temi che saranno affrontati, Toum ha ripercorso il senso e la portata
sociale dell’identità culturalereligiosa originaria della valle, la prima grossa crisi intervenuta con la chiusura degli
stabilimenti Mazzonis, la ricostruzione di una identità le
gata alle autonomie locali
(Consiglio di valle, poi Comunità montana, Ussl e tradizione assistenziale sia valdese
che cattolica), il pericolo che
questa seconda identità si disperda nella prospettiva di
una valle che rischia di oscillare fra seconde case e periferia torinese.
«Dovete far capire ai vostri
allievi - ha concluso l’oratore
- che la storia non è finita,
che essa ci porrà problemi
nuovi di fronte ai quali bisognerà essere sempre più attenti e sempre più informati, capaci di rispondere con flessibilità e prontezza».
I prossimi incontri sono così previsti: «Economia e società» (Franasi e Agliodo), il
18 marzo; «Le politiche sociali» (Gaietti), il 25; «Cultura e secolarizzazione» (Eynard. Tarditi, Zanzottera) il 1°
aprile; «Le politiche giovanili» (Magra) il 6 aprile. Gli incontri si svolgono alle 16,30
presso la biblioteca della Casa
valdese; per ulteriori informazioni telefonare al distretto
.scolastico (0121-93.23.92).
Pinerolo: un ciclo di conferenze organizzate dal Centro studi «Hànsel e Crete!)
Trasmettere ai figli ciò che siamo: questa
è la sfida che viene dall'«essere genitori
GRAZIELLA TBON LAMI
> are» i genitori: semNv J/ bra essere un compito
sempre più difficile, man mano che intorno a noi aumenta
la consapevolezza della complessità dei problemi che ci
travagliano. L’autorità non
basta, ci vuole l’amore. Questo lo sanno tutti. E, d’altronde, quale genitore non ama i
propri figli?
Ma l’amore non è sufficiente, di per sé, a rendere gli
uomini e le donne capaci di
rappresentare anche una guida, un sostegno e, perché no,
una presenza autorevole nella
vita dei ragazzi.
E che fare, poi, quando ci
si rende conto che un bambino, un ragazzo, un adolescente sta male, manifesta
difficoltà nei giochi o a scuola o nei rapporti coi compagni o con gli altri membri
della famiglia? Quando sono
aggressivi o apatici o «ribelli»?
Ecco che, puntualmente,
ogni qualvolta la tematica
dell’educazione viene affrontata a livello divulgativo, ad
esempio sui quotidiani, si
Corso per agricoltori
Coltivare
fiori per hobby
Coltivare fiori è senza dubbio un passatempo domestico
tra i più diffusi. Anche la persona più sprovveduta può
comperare qualche piantina
dal fioraio e farla crescere sul
davanzale della finestra. L’interesse aumenta però quando
si può disporre di uno spazio
di terreno più o meno esteso.
AH’hobby del giardinaggio è
stata quindi dedicata una serata
del corso per agricoltori organizzato dalla Comunità montana Chisone e Germanasca. La
dottoressa Paola Re, agrónoma, ha fornito gli elementi di
base necessari, dalla composizione del terreno alle varie tecniche di riproduzione, alla potatura e alla lotta alle malattie e
ai parassiti più diffusi.
Tutti si ritengono in grado
di far talee di geranio o di ortensia, o di saper sfrondare a
dovere cespugìi e siepi, tuttavia per ottenere buoni risultati e non perdere troppo tempo
si devono conoscere le tecniche idonee. A un gradino più
elevato si trova il vivaista che
produce per vendere.
Accanto alla vendita pura e
semplice si può avere la consulenza e l’opera necessaria
per la sistemazione del proprio giardino: soprattutto chi
ha speso un capitale per costruirsi una graziosa villetta
non rischia così di rovinarne
Testetica piantando a casaccio le piante meno adatte a
valorizzare la proprietà. La
dottoressa Re ha trovato in
questo indirizzo ampie possibilità di lavoro.
contrappongono le due posizioni che, proprio perché sono degli stereotipi, rappresentano una inaccettabile
semplificazione del problema: «Due sculaccioni non
hanno mai fatto male a nessuno» o «Ai nostri tempi non
facevamo tante storie» contro: «I figli sono liberi di fare
le proprie scelte fin da piccoli» oppure «Io sono il migliore amico di mio figlio».
La prima posizione viene
etichettata come «repressiva», la seconda come «permissiva» e ciascuno, poi, è libero di intenderle e di applicarle come l’istinto gli suggerisce, oppure di oscillare fra
Luna e l’altra senza porsi mai
l’obiettivo di una coerenza
nell’azione educativa.
Coerenza, appunto. Ma essere coerenti rispetto a che
cosa? E qui, di solito, si rischia di cadere nuovamente
nello stereotipo: i valori del
buon tempo antico che non ci
sono più e che, se adeguatamente «rispolverati» e riapplicati, rappresenterebbero
una soluzione a tutti i problemi.
In realtà, la psicologia ci
insegna che ai nostri figli, alle nuove generazioni, più che
trasmettere dei concetti, delle
idee, trasmettiamo ciò che
siamo: mio figlio sarà plasmato non tanto da ciò che gli
insegno a parole, quanto da
ciò che sono (che faccio) con
lui.
E in quali ambiti si manifesterà ciò che il genitore sa essere, rispetto al proprio figlio? Nella qualità della comunicazione interpersonale,
nell’affettuosità, nel rispetto,
nella capacità di esigere comportamenti maturi rispetto alla sua età.
Più un genitore è in grado
di trovare un giusto equilibrio
nelle relazioni con gli altri e
con i propri figli, qualunque
età essi abbiano, più facilmente saranno risparmiate
sofferenze al loro futuro e a
quello dei loro figli. Da
un’indagine fra i preadolescenti emerge che, dovendo
dare un nome alla cosa che
più li fa soffrire, essi indicano
la discordia in famiglia al primo posto (56%).
Purtroppo, nessuno può nascondersi la difficoltà di affrontare un compito così ar
Collaborazione con la Comunità montana
L'attività sportiva
proposta dalle scuole
PAOLA REVEL
Con un’apposita legge nel
1971 veniva avviata la
sperimentazione del tempo
pieno nella scuola elementare; più tardi, nel ’77, la programmazione assumeva un
carattere fortemente innovativo con i collegi docenti.
Classi aperte, attività interdisciplinari, interventi su piccoli gruppi, attività integrative volte a rispondere ai bisogni culturali, ricreativi e sportivi degli alunni.
Una scuola che tende a garantire il diritto allo studio e
alla cultura ai giovani e a offrire a tutti, indistintamente, i
mezzi per una crescita il più
possibile armonica.
Una scuola, questa, dove
Tarricchimento linguistico va
di pari passo con l’educazione corporea e l’acquisizione
di un metodo di studio scientifico cammina a fianco
delTavviamento alla pratica
sportiva. Questo sulla carta.
Effettivamente l’introduzione della programmazione
dell’attività didattica a livello
collegiale, cioè classi aperte
su cui operano più insegnanti,
ognuno con le proprie competenze, ha portato indubbi
vantaggi all’apprendimento
dei bambini. Più complicato è
organizzare corsi di preparazione e avviamento alla prati
éelL'Oioia
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Chiuso il martedì
ca dello sport.
Nell’ambito della Comunità montana valli Chisone e
Germanasca si interviene da
anni collaborando con la
scuola elementare e media
per l’attuazione di vari corsi,
in particolare sci e nuoto.
Nel distretto di Perosa Argentina anche quest’anno si è
attuata la collaborazione con
la Comunità montana sia per
quanto riguarda i corsi di
nuoto nella piscina di valle,
sia per lo sci.
La Comunità montana ha
proposto due corsi di sci, di
discesa e fondo, rivolti ai ragazzi degli ultimi 4 anni delle
elementari e alle 3 classi delle scuole medie della zona.
Sono corsi di 18 ore, ripartiti
in 9 lezioni. Le famiglie si assumono l’onere della spesa,
del trasporto e dell’assicurazione.
In base a questi dati e sotto
richiesta specifica del direttore didattico, Calvetti, il provveditore agli Studi di Torino
ha autorizzato lo svolgimento
di questa attività in orario
scolastico.
Quindi a Perosa circa 120
ragazzi delle elementari usufruiscono di questo servizio,
accompagnati dai loro insegnanti; vengono utilizzati gli
impianti sciistici di Prali e
Pragelato, che hanno maestri
molto ben preparati e piste
adatte a sciatori provetti.
»
duo con le poche conoscenze
e con gli scarsi strumenti che
si hanno a disposizione.
Un primo passo nell’acquisizione di questi strumenti
può essere quello di confrontarsi con psicologi ed educatori. Lo psicologo non andrebbe considerato dai genitori come colui che interviene
nei casi di «malattia», ma come una persona che ha una
competenza specifica nel
campo della relazione, e che
quindi può essere utile a
chiunque. Purtroppo, però, in
genere gli psicologi costano,
ed anche parecchio.
Tanto più meritevole è
dunque l’iniziativa del «Centro studi Hànsel e Gretel»,
che ha iniziato a Pinerolo un
ciclo di conferenze sul «tema
dell’infanzia e dell’adolescenza aperto a genitori e anche ad adolescenti che hanno
voglia di capire e di farsi capire, di ascoltare e di farsi
ascoltare...».
Nella prima serata di lunedì
1° marzo, il pubblico era numeroso e, nonostante l’assenza di due relatrici a causa del
maltempo, il coinvolgimento
è stato notevole.
Nelle Chiese
LUSERNA SAN GIOVANNI — Domenica 28 marzo,
alle 10, dopo il culto alla
sala Beckwith, si svolgerà
l’assemblea di chiesa.
All’ordine del giorno sono
un’ informazione sugli stabili e T elezione dei deputati deputati per la Conferenza distrettuale che si
svolgerà nel prossimo giugno e per il Sinodo.
TORRE PELLICE —La
corale valdese sarà in visita
a La Spezia dove presenterà un concerto il 19 marzo; sabato 20 presenterà un
concerto a Firenze, e domenica parteciperà al culto.
TORRE PELLICE — Domenica 21 marzo, alle
15,30, presso la chiesa dei
Fratelli in corso Gramsci,
si svolgerà il terzo incontro
di preghiera delle comunità evangeliche di Torre
Pellice.
PINEROLO — Domenica
21 marzo, alle 20,30, nel
tempio, serata di musiche e
letture a cura del gruppo
flauti vai Pellice; offerte a
favore del restauro dell’organo.
PRALI — Martedì 23, ore
20, riunione quartierale a
Ghigo.
VILLASECCA — La filodrammatica ripete la recita
del XVII febbraio il giorno
sabato 27 marzo, alle 20,30
nel tempio.
BOBBIO PELLICE — H
culto di domenica 21 marzo sarà condotto dal Gruppo giovani della comunità.
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9
VENERDÌ 19 MARZO 1993
iE Eco Delle ¥illi ¥\.ldesi
PAG. Ili
Torre Pel lice: la prosecuzione dell'attività manterrà la struttura «artigianale»
La Cooperativa tipografica subalpina:
la struttura artigianale e il rinnovamento
_______ROBERTO PEYROT_______
Neirultimo numero di
«Eco-Luce» uscito il 4
dicembre scorso veniva dato
un particolare spazio alla Tipografia Subalpina, nel ricordo di una quasi ininterrotta
collaborazione, iniziata nel
1890 con l’allora «Echo des
Vallées Vaudoises» e conclusa alla data sopra ricordata.
Come si diceva in quelle
pagine, la tipografia si trasformò in cooperativa nel
giugno 1971, continuando la
sua stretta collaborazione non
solo con il settimanale, ma
anche con pubblicazioni a cura della Tavola, della Società
di studi valdesi, ecc. Il vecchio settimanale «Eco-Luce»
era sempre il «cliente» più
importante e il fatto che
«Riforma» e il nuovo «Eco
delle valli valdesi» abbiano
dovuto rivolgersi altrove per
poter fruire di nuova e adeguata tecnologia poneva in
forse la prosecuzione dell’attività della tipografia.
La sua eventuale cessazione sarebbe stata oltremodo
spiacevole perché questa piccola azienda rappresenta per
la vai Pellice (e non solo per
essa) un vero e proprio punto
di riferimento, non solo socio-culturale ma anche storico: basti pensare che negli
Pietro Granerò nella tipografia, all’epoca in cui vi lavoravano anche
Enzo Jouve e Mario Lasagna
anni della Resistenza 1943/45
(ma già nell’autunno del
1942 la tipografia stampava
materiale antifascista) T allora
«Arti grafiche l’Alpina» - secondo la testimonianza dello
scomparso Enzo Jouve - produsse forse la maggior parte
della stampa clandestina di
tutta l’alta Italia.
Ma, tornando all’oggi, siamo andati a sentire come vanno le cose in via Amaud 25 e
possiamo confermare che la
Cooperativa tipografica Subalpina prosegue la propria
attività. Vi è stato un avvicendamento fra i tipografi
che attualmente sono due:
Pietro Granerò e Pierluigi
Bertin.
Un contatto con l’attuale
Eco c’è sempre, infatti la tipografia cura alcuni supplementi nonché la stampa di
fatture, registri e altra cancelleria, mentre varie chiese delle valli si rivolgono ad essa
per le loro occorrenze. Gran
parte del lavoro viene assicurato da enti pubblici locali, da
qualche industria, da ditte
commerciali, da associazioni,
da privati.
In prospettiva è previsto
un piccolo rinnovamento
tecnologico che consenta,
per esempio, la pubblicazio
ne di stampati illustrativi,
mentre ora la tipografia è comunque in grado di stampare
dal biglietto da visita al giornaletto di testo, dal volantino
al manifesto, dal dépliant al
libro.
La Cooperativa intende peraltro mantenere - precisa
Granero - la propria struttura
artigianale, in modo da rimanere molto competitiva sia
come prezzi sia come termini
di consegna. Se il lavoro potrà essere incrementato, quanto prima verrà assunto un lavorante mentre in un secondo
tempo potrebbe entrare un altro tipografo.
La notizia della prosecuzione dell’attività è stata accolta
molto favorevolmente e alcune persone hanno volentieri
aderito ad entrare nella società. A questo proposito, la
Cooperativa è aperta all’ingresso di nuovi soci col relativo pagamento della quota
fissata.
Mentre ci rallegriamo della
cosa, invitiamo i lettori a sostenere questa piccola azienda che, malgrado gli attuali
tempi calamitosi, vuol mantenere le sue radici ultrasecolari
continuando a fornire un servizio che, al di là della sua
utile funzione, vuole anche
essere una testimonianza del
suo significativo passato.
Forse si apre in vai Germanasca una nuova prospettiva di lavoro per i giovani
Il «ramìe»: un vino che fa vacillare le gambe
_______PAOLA REVEL RIBET
La regione chiamata il Podio (Lou Peni) in vai
Germanasca era, fino a mezzo secolo fa, interamente coltivata a vigneto; nella parte
più occidentale veniva prodotto il rinomato «Ramìe»,
«il vino che lascia libera la
testa ma fa vacillare le gambe» come scriveva il Casalis
nel Dizionario degli Stati di
S.M. il Re di Sardegna nel
1847; oggi rovi e boscaglia
dominano quasi ovunque; solo qualche volenteroso viticoltore cura ancora tenacemente qualche vigneto.
Se guardiamo le fotografie
di appena 50 anni fa ci accorgiamo che ogni pendio soleggiato, tra Porosa e Chiotti, era
sfruttato e coltivato a vigna.
Si può dire che ogni famiglia
della zona possedesse un pezzetto di terra nel quale ricavare il vino per il proprio fabbisogno.
Ma oggi come si presenta la
situazione? La zona dei ramìe
è veramente abbandonata e
preda di rovi e sterpaglie?
Percorrendo uno di quei
viottoli che si inerpicano sul
fianco della montagna ci rendiamo conto che qualcosa sta
cambiando: ci sono ancora,
qua e là, alcuni grovigli di rovi ed edere che tentano di
soffocare le viti; ma sempre
più si notano i «bari» (i tradizionali terrazzini di terra delle nostre valli) ben tenuti e
zappati, rifatti i muretti in
pietra a secco, le viti ben legate ai loro pali.
Cosa sta accadendo in questa zona, impervia ma dal clima tanto particolare dà essere
unico nella zona?
Rinascono i ramìe, il cui toponimo pare derivi dalle fascine ammucchiate, dopo che
gli antichi abitatori della zona
erano riusciti a diboscare il
luogo per renderlo coltivabile.
I motivi di questa rinascita
ci vengono spiegati dal
FLORA
VIAGCBI s.n.c
corso Torino 107 - 10064 Pinerolo
tei. 0121/374174
vicesindaco di Pomaretto,
Guido Ribet: «Quattro anni
fa, per non lasciare morire
questa zona, alcuni proprietari di vigne, con l’apporto del
tecnico dell’Asprovit di zona,
Enzo Berger, hanno messo in
piedi una collaborazione con
la cantina sociale di Bricherasio. Il Comune di Pomaretto
seguì la parte burocratica, attento alle norme Cee e ai possibili finanziamenti».
Negli anni ’89, ’90 e ’91 la
produzione del ramìe è stata
vinificata in loco; nel 1992 se
ne è occupata la cantina di
Bricherasio che ha le strutture
adeguate per garantire una
buona lavorazione ed un ottimo risultato anche con quantitativi di uva molto limitati.
La cantina, secondo l’accordo
con i produttori, corrisponde
loro 2 bottiglie di vino ogni 5
kg di uva consegnata.
Oggi il ramìe possiede
un’etichetta con la scritta in
patuà e viene classificato come «vino raro e selezionato».
L’assessorato all’Agricoltura
della Provincia di Torino ne
garantisce l’originalità e la
genuinità, entro breve tempo
potrebbe essergli attribuita la
denominazione di origine
controllata.
Ribet è giustamente soddisfatto di come si sta avviando
il progetto; anche i produttori,
all’inizio più scettici, oggi
J
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ammettono che questa è la
strada giusta per far conoscere il loro prodotto e, in qualche modo, veder riconosciute
le loro fatiche.
Nel prossimo futuro si prevede un impianto idrico: l’acqua,
in questa zona impervia e assolata, è di fondamentale importanza sia per il mantenimento
sia per il rinnovo e l’aumento
della coltivazione; le nuove
piantine hanno infatti estremo
bisogno di essere irrigate.
Tradizione da un lato, tecnologie dall’altro: apportando le
opportune modifiche e con
buoni finanziamenti, tra qualche anno non sarà più necessario rompersi la schiena per «èrtoumà» o per «donna l’aigo».
In questi anni di crisi, si
apre (forse) una nuova prospettiva di lavoro per i giovani; la riscoperta di prodotti
nostrani potrebbe condurre ad
uno sviluppo economico e turistico, in grado di valorizzare
un ambiente e un paesaggio
oggi minacciati.
La stessa controetichetta
del vino ci rammenta che il
ramìe è prodotto nelle valli
occitane e che qui si parla il
patuà. «Qué vin al è fait òub
laz ua d’avénai, neirét, lambrusco, avarenc velh qué
poussén s’ di bari d’ià cumuna dà Poumaré e de Peirouso».
Immaginando oggi questo
nuovo paesaggio, potremmo
dire quel che scrisse don G.
Sallen nel 1908 nel suo Un
giro per vai San Martino: «E
un bello spettacolo per chi
giunge da Perosa il gettare lo
sguardo sulla riva sinistra
della Germanasca: non c’è
palmo di terra che rimanga
incolto, non c’è cantuccio in
cui non si sia giunti per domandargli un poco del benefico liquore di Noè...».
A rUnion vaudoise de Paris
XVII février 1993
Nous étions 25 réunis
pour commémorer le
«17 Février», tous d’origine
vaudoise, il nous est toujours
difficile de nous retrouver
plus, les vacances scolaires
mobilisant les familles à cette époque de l’année. Après
les reprises de contact, je distille les nouvelles en provenance des Vallées et d’ailleurs.
Notre président H. Appia
s’est fait l’écho de la rencontre au «Luberon» à laquelle il
assistait, esquissant l’historique de ce que fut l’une des
plus terribles éradications de
population pacifique. Les
Vaudois étaient coupables de
penser différemment, de travailler efficacement; soulevant la jalousie de leurs voisins, offrant aux pouvoirs religieux et politiques un exemple que ceux-ci ne devaient
pas supporter.
Ce n’était ni la première ni
la dernière des persécutions
malheureusement. Il est à
souligner qu’intervint favorablement en maintes occasions
le pouvoir royal, voir Louis
XI et Louis XII, auparavant
dans le Briançonnais comme
Henri II ordonnera la révision
de «l’Edit de Mérindol», sous
la pression de la bourgeoisie
reconnaissant l’apport enrichissant des Vaudois.
Felix Vigne nous a ensuite
fait part des réflexions de
Jean Gönnet sur la «Glorieuse Rentrée» ainsi que sa communication sur la présence
cathare dans le sud de l’Italie
vers la fin du XII siècle. Les
deux «hérésies» se sont donc
côtoyées. Il nous intéressera
par l’annonce de la prochaine
rencontre frontalière francoitalienne pour la diffusion
mutuelle des langues où les
Vaudois et le Pignerolais paraissent être parmi les mieux
préparés.
Merci Mademoiselle le
Prof. Liliane Ribet!
Merci aux enseignants volontaires!
Le pasteur Philippe Cardon
et son épouse, nous ayant
quittés pour exercer à Florac,
ce fut le docteur Olivier Appia qui dirigea la méditation
suivie de la prière dite par le
pasteur Christian Mazel.
Huguette Vigne-Ribet
Paris
Giovedì 18 marzo — PINEROLO: Alle 21, nel centro sociale
di via Lequio, a cura del movimento La rete, avrà luogo un
incontro sul tema Riconversione dell’economia in tempo
di crisi; interverrà la prof. Mercedes Bresso.
Giovedì 18 marzo — TORRE PELLICE: Alle 17, presso la
Casa unionista di via Beckwith, si svolge il secondo incontro promosso dall’Associazione pace vai Pellice sull’educazione interculturale; interviene l’etnomusicologo Claudio
Dina.
Giovedì 18 marzo — PEROSA ARGENTINA: Alle 18,
presso la direzione didattica, avrà luogo il secondo incontro
di un ciclo sui bambini; interviene la dott. Cristina Roccia
sul tema II bambino e la sessualità: ruolo dei genitori.
Venerdì 19 marzo — TORRE PELLICE: Presso la sede del
Cai in piazza Giana vello, alle 21, Claudio Tomatis presenta
una serata di immagini dal titolo Africa: un giorno qualsiasi. Viaggio in Kenya, Etiopia, Tanzania, Uganda e
Zaire.
Venerdì 19 marzo — PINEROLO: Prende il via un ciclo di
tre incontri organizzati dalla Coap, presso la sede di via
Martiri del XXI, con lo scopo di avvicinare l’atteggiamento creativo alla cucina; gli altri due incontri si svolgeranno
il 26 marzo e il 2 aprile. Inizio ore 21.
Venerdì 19 marzo — PINEROLO: Alle 21, preso la sede
dell’ex comprensorio. Rifondazione comunista organizza la
presentazione del libro di Mario Nebiolo Storia di questo
travagliato secolo XX°.
Venerdì 19 marzo — BAGNOLO PIEMONTE: Alle 21,
nella sala polivalente «Silvio Pellico» si svolge un concerto
del coro Turba concinens di San Secondo diretto da Aldo
Sacco che presenterà musiche dal ’500 al ’900.
Sabato 20 marzo — POMARETTO: Alle 20,45, nel tempio
valdese, organizzato da Radio Beckwith, si svolgerà un
concerto corale con la partecipazione del coro La Draia di
Angrogna e del coro Eiminal.
Sabato 20 marzo — LUSERNA SAN GIOVANNI: Si svolgeranno le manifestazioni per le celebrazioni del 49° anniversario della battaglia di Pontevecchio; alle 17 deposizione di corone di alloro al monumento ai caduti a Lusema e
Torre Pellice. Domenica 21, ore 10,30, cerimonia ufficiale
a Pontevecchio con interventi delle autorità locali e della
dott. Bruna Peyrot. Alle 12,30, pranzo presso il ristorante
Centrale.
Sabato 20 marzo — SAN GERMANO CHISONE: Alle
20,45, nel tempio valdese, si svolge un concerto di musica
sacra: verranno eseguiti brani di Bach, Schutz, Haendel,
Monteverdi, Purcell. Musiche per cori, soli, strumenti e organo.
Domenica 21 marzo — TORRE PELLICE: Organizzata dalla società pescatori sportivi vai Pellice, lungo il torrente
Angrogna, si svolge la prima prova del campionato provinciale di pesca alla trota. Trofeo Val Pellice.
Lunedì 22 marzo — PINEROLO: La casa è ancora un diritto? è il tema di una serata organizzata presso il centro sociale di via Lequio dall’Alternativa per affrontare il tema
dell’emergenza casa a Pinerolo, degli sfratti e del caro affitti; inizio ore 21.
Lunedì 22 marzo — LUSERNA SAN GIOVANNI: Alle 21,
nella sede di Rifondazione comunista, in via 1° maggio
142, si svolgerà un incontro pubblico su Referendum Segni, riforme istituzionali, finanziamento pubblico ai partiti; interverrà l’avv. Nicola Durazzo.
Lunedì 22 marzo — PINEROLO: Presso il centro sociale di
via Lequio, alle 20,15, si svolge il terzo incontro del ciclo
«Dall’infanzia all’adolescenza: un percorso da scoprire»;
tema della serata Amore, amicizia e sessualità nell’infanzia e nell’adolescenza.
10
PAG. IV
E Eco Delle AAlli ¥vldesi
VENERDÌ 19 MARZO 1993
Pallamano
Una netta
sconfìtta
per i lusernesi
Città Giardino Torino 3S Graphicart 30 -16
Nella partita di ritorno dei
play off di pallamano il 3S
Graphicart subisce una netta
sconfitta contro il Città Giardino di Torino.
I ragazzi lusernesi sono
scesi in campo demotivati un
po’ per il risultato negativo
della partita di andata (25 20) che li costringeva a ribaltare uno svantaggio abbastanza netto.
Soprattutto ha pesato la
consapevolezza dell’importanza dell’assenza di giocatori esperti come Gamba, Enrico Camoglio, Bounous e Bellion.
A questo punto una prova
d’orgoglio dei ragazzi lusernesi contro il Rivoli potrebbe
portare la squadra al terzo
piuttosto che al quarto posto
finale in campionato.
I risultati e le classifiche del volley
Prestazioni alterne
per le squadre locali
PALLAVOLO FEMMINILE
2° divisione
Demonte - 3S Nova Siria 0
^-3 (7-15; 8-15; 5-15)
Trasferta senza problemi
per le lusernesi; un lieve
infortunio alla capitana Paira
ha consentito alla Peyronel di
giocare nell’insolito ruolo di
schiacciatrice. Da rilevare
l’esordio della giovanissima
Orticola.
PALLAVOLO MASCHILE
1° divisione
3S Lusema - Lecce Pen 0 3(10-15;5-15; 13-15)
Le squadre hanno disputato
un piacevole incontro di fronte ad un numeroso pubblico.
La superiorità della formazione del Cus Torino Lecce Pen
non è mai stata in discussione.
TORNEO BAUDRINO
Pallavolo amatoriale
femminile
3S Nova Siria - Vigono 90
3-1
G.S. Porte - U.S. Villar Porosa 3-0
Off. Data Porosa - A.S.
Cercenasco 3-2
Classifica:
3S Nova Siria 28; G.S. Porte 16. A.S. Cercenasco, Poi.
Trisfera e Pablo Neruda 14;
Off. Data Porosa 12; Volley
La Torre 10; U.S. Villar Porosa 8; Barge Volley 6; Vigono 90 0.
TORNEO STORELLO
Pallavolo amatoriale
maschile (play off)
Ancora una sconfitta casalinga
Tempi difficili
per il Pinerolo calcio
3S Nova Siria 3-0.
Airasca 90
Continua la serie nera del
Pinerolo che, malgrado la sosta, fatica a ritrovare il bel
gioco di qualche settimana fa;
domenica è stato il Saronno a
conquistare i due punti al
Barbieri, campo che a lungo
era rimasto inviolato e che
negli ultimi turni è diventato
terreno di conquista per le
squadre ospiti.
Dall’alto del loro secondo
posto in classifica i lombardi
hanno saputo aspettare i pinerolesi nel primo tempo concedendo comunque pochissime
occasioni, per poi colpire nel
finale con due reti in dieci
minuti.
All’ottantesimo gli ospiti
sono andati a rete con Marzio
su azione successiva a calcio
d’angolo e, poco dopo, con
Asta mentre i biancoblù stentavano ad impostare un tenta
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tivo di recupero.
Da segnalare una sola grande occasione per il Pinerolo
nel primo tempo, quando Pallitto, ben lanciato, superava
in velocità tre avversari ma
tirava debolmente fra le braccia del portiere ospite.
A due punti dal quart’ultimo posto, si profilano tempi
non facili per la squadra di
Cavallo; domenica altro turno
casalingo, ma gli avversari
saranno i capolista del Legnano: ci sarà ancora da soffrire.
Tennis tavolo
Migliora
il livello
del gioco
Sabato 13 alcuni pongisti
della vai Pellice hanno partecipato a Possano al terzo memorial «Bogetto»; buoni i risultati di alcuni valligiani.
Malano si è classificato 3°
nella sua categoria e Piras 5°;
per entrambi si è trattato di
una buona performance. Del
resto, secondo i responsabili
del comitato regionale presente alla gara, «Il livello di
gioco e di partecipazione ai
tornei in Piemonte sta migliorando di anno in anno».
Domenica 14 nella categoria classificati è andata meno
bene: nessuno ha superato il
secondo turno, anche perché
davanti a loro i valligiani
hanno trovato il meglio della
rappresentanza regionale.
Gay è stato battuto al terzo
set dal novarese Quaglia, vincitore del torneo, la Mondon
è stata eliminata dalla Daniele a sua volta dominatrice del
torneo femminile. Fuori pure
la Quarantelli e Rosso.
Ai Giochi della gioventù ad
Alba la Pontet è giunta nona
nella categoria giovanissimi
(scuole elementari); le prime
due classificate invece andranno al trofeo Topolino valevole per il titolo italiano
giovanissimi.
Intanto sabato 20 marzo,
nella palestra di Torre Pellice,
la formazione di C maschile
affronterà la capolista Sanremo mentre la D2 sarà a Torino contro la Poste e telegrafi.
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Stampa: La Ghislerlana Mondovi
Spedizione in abb. post.; Gr 2A/70
Cinema
TORRE PELLICE — fi
cinema Trento ha in programma, venerdì 19, ore
21,15 Delitti e segreti di
Kafka; sabato, ore 20 e 22,10,
domenica, ore 16,18, 20 e
22,10 e lunedì, ore 21,15
Dracula.
BARGE — Il cinema Comunale ha in programma,
venerdì 19, ore 21, per i cinema d’essai. In thè soup.
Giovedì 18 marzo —
TORRE PELLICE: Presso
il circolo Nautilus, alle 21,30,
Mario Cavallero presenta lo
spettacolo comico
Cavalleria.
Venerdì 19 marzo — PINEROLO: Alle 21, presso
Tauditorium di corso Piave,
per la rassegna «Marzo comico», Mario Cavallero e Alessandro Fantechi presentano
Otello.
Sabato 20 marzo — TORRE PELLICE: Alle 21,
presso il salone Opera gioventù di via al Forte, la Filodrammatica buschese presenterà la commedia dialettale
Monsù facia ’d tola.
Um42
CHISONE • GERMAN^SQt
Guardia medica:
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Croce verde, Porte : tei. 201454
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11
venerdì 19 MARZO 1993
PAG. 7 RIFORMA
La parola ai cittadini per decidere su importanti problemi della vita italiana
Il 18 aprile si vota per i referendum
GIORGIO GARDIOL
Sono dieci i referendum
ammessi dalla Corte costituzionale al voto del 18 e
19 aprile. Tra essi cinque sono in forse. Se il Parlamento
approverà le relative leggi
che modificano quelle sottoposte a referendum popolare,
non saremo chiamati a votarli. In caso contrario voteremo
sui quesiti. Vediamoli tutti:
Finanziamento pubblico
dei partiti
Il referendum chiede l’abrogazione di due articoli
della legge 195/74: l’articolo
3 relativo all’erogazione annuale del finanziamento pubblico ai partiti rappresentati
in Parlamento e l’articolo 9
della stessa legge che prevede
che il contributo sia proporzionale alla rappresentanza
numerica parlamentare. Se
passa questo referendum verrebbero finanziate, a posteriori, solo più le campagne elettorali in occasione delle elezioni.
Intervento statale
nel Mezzogiorno
I proponenti il referendum
si propongono di eliminare
tutti gli articoli della legge
64/1984 tranne quelli che
concernono le attività industriali e produttive. Le opere
pubbliche sarebbero a carico
del governo nazionale.
Quando fu votata la legge
furono previsti 120 mila miliardi da spendere in 10 anni.
Nel dicembre dello scorso
anno il governo ha stabilito
un ultimo finanziamento di
24 mila miliardi (14 mila per
le industrie e 10 mila per le
opere pubbliche). Il Parlamento ha anche approvato la
legge 19/12/1992 n. 488 che
sopprime con decorrenza 1°
maggio 1993 le norme sottoposte a referendum, con la
sola eccezione delle autorizzazioni di spese. Mancano
però i decreti attuativi di liquidazione degli enti, compresa l’Agenzia per il Mezzogiorno.
E quindi molto probabile
che l’Ufficio centrale per il
referendum dovrà dichiarare
cessate le condizioni di legittimità del referendum per sopravvenuta abrogazione legislativa.
Nomina del presidente
e del vicepresidente
delle Casse di Risparmio
I proponenti vogliono togliere al ministro del Tesoro la
competenza a nominare il presidente e il vicepresidente delle Casse di Risparmio. Se vince il sì la competenza passa
agli organismi interni (normalmente l’assemblea dei soci).
Soppressione del ministero
dell'Agricoltura
e delle Foreste
La richiesta di questo referendum è stata presentata da
10 Regioni che intendono trasferire le competenze del ministero alle Regioni stesse. Il
5 marzo scorso il governo ha
presentato un disegno di legge per il riordino delle competenze regionali e statali in
materia di agricoltura e che
istituisce il ministero per le
politiche alimentari, agricole
e forestali. Se questo disegno
di legge sarà approvato dal
Parlamento con tutta probabilità non voteremo su questo
quesito.
Soppressione del ministero
per il Turismo
e lo Spettacolo
10 Regioni italiane hanno
presentato questo quesito
nell’intento di trasferire le
competenze del ministero alle
Regioni. Se vince il sì però
quest’obiettivo non sarebbe
automaticamente raggiunto.
Si tornerebbe infatti alla situazione del ’59 con un generico «commissariato per il turismo» e con il ministero dello Spettacolo accorpato allo
Sport.
Soppressione del ministero
delle Partecipazioni statali
II «comitato Giannini» che
ha promosso il referendum
considera il sì «un primo passo di una riorganizzazione che
costringa le imprese a partecipazione statale a funzionare
come imprese». Le imprese
interessate dal referendum sono molte ed importanti: Tiri,
l’Eni, la Finmeccanica. L’Iri e
l’Eni però sono già state trasformate in società per azioni
e le relative azioni sono state
attribuite al ministero del Te
SCHEÜA
Esiti del voto referendario
anno
1974
3978
S+l,
* ■ I
^.1985
h
p499T.
tema % votanti % no %SÌ
divorzio 88,1 59,1 40,9
legge Reale^,' 81,4 76,7 23,3
finanz. partki 81,4 56,3 43,7
leg^ Cossàga 79,6 85,2 14,8
ergastolo ' ■ 79,6 77,3^:22,7
piorto d’ijortiiì,^ 79,6 86 14
aborto (radicale) ' 79,6 88,5 11,5
aborto massimale 79,6 67.9 -32,1
contingenza 77,9 54.4 45,7
nucleare 1 . 6S,2 19.4 80,6
nucleare 2 65.1 20,3 79,7
nucleare 3 65.2 28,2 71,8
respons. giudici comm. inquirente 65.2 = 19,9 80,1
65.2 , 14,9 85.1
caccia 1 43.3
caccia 2 .43,3
pesticidi 45
preferenza unica 62.5 4,4 95,6
i BROGLI.
BASTA CON
CORRUZIONI
Mario Segni, ieader dei movimento referendario
isoro. Il governo ha inoltre
emanato il 22 febbraio scorso
un decreto (n. 41) con cui dispone l’eliminazione del ministero delle Partecipazioni statali. Il decreto deve però ancora «passare» al Senato. C’è
dunque la possibilità che il referendum non si tenga.
Depenalizzazione dell'uso
di sostanze stupefacenti
È stato proposto dal Partito
radicale e dal Cora (Coordinamento radicale antiproibizionista) Se vince il sì verranno
abolite le sanzioni penali per i
consumatori di droga e sarà
eliminato il criterio della «dose media giornaliera». Verrà
inoltre a cadere l’obbligo per i
medici di segnalare al servizio
per le tossicodipendenze chi
abbia usato anche occasionalmente sostanze proibite. Poiché è decaduto il decreto legge n.3/93 per mancata conversione da parte delle Camere, il
governo ha ripresentato un
nuovo disegno di legge in materia che accoglie parzialmente alcune richieste dei promotori. Anche se questo disegno
di legge fosse approvato entro
il 18 aprile sembra comunque
inadeguato ad evitare il voto
perché non incide sulla richiesta di escludere comunque la
sanzione penale a prescindere
dalle quantità possedute per
uso personale.
Controlli ambientali
alle UssI
Oggetto della richiesta referendaria, promosso dagli
«Amici della Terra» è l’abolizione delle norme della legge
833/78, istitutiva del Servizio
sanitario nazionale, che riguardano le competenze delle
Ussl in materia di controllo e
eliminazione delle cause inquinanti dell’atmosfera, delle
acque e del suolo, dell’igiene
dell’ambiente.
Se dovesse vincere il sì le
competenze passerebbero al
Ministero dell’Ambiente e alle Province.
Legge elettorale del Senato
J È uno dei temi di maggior
dibattito tra le forze politiche
e al loro interno. Per evitare il
referendum e per modificare
le leggi elettorali, all’inizio di
questa legislatura le camere
hanno dato vita ad una
«Commissione bicamerale» i
cui lavori non hanno dato i risultati sperati ed hanno visto
dimissioni a cascata. Il referendum proposto dal comitato
che fa capo all’on. Segni ritaglia all’interno dei vari articoli della legge elettorale per
il Senato alcune parole la cui
abrogazione cambierebbe notevolmente il sistema vigente.
L’attuale sistema elettorale è
a base regionale con collegamento dei candidati dello stesso partito, senza utilizzazione
dei resti in sede nazionale.
Inoltre non vi è coincidenza
tra il numero degli eleggibili
(315 senatori) e il numero dei
collegi (238). Infine è previsto
il sistema maggioritario soltanto se un candidato raggiunge il 65% dei voti del proprio
collegio, così da essere immediatamente eletto.
Per l’assegnazione dei seggi si procede alla somma dei
voti riportati dal partito e
quindi si determina la cifra
individuale di ciascun candidato nei collegi (percentuale)
e infine si determinano gli
eletti col metodo di Hondt,
dividendo cioè la cifra elettorale di ogni partito per uno
due, tre... fino alla concorrenza dei senatori da eleggere.
La proposta abrogativa
vuole togliere il quorum del
65%, con la conseguenza che
il candidato che raggiunge la
maggioranza dei voti nel proprio collegio è eletto. Quindi
238 seggi sono immediatamente assegnati col sistema
maggioritario. Per i restanti
77 si procederebbe col sistema proporzionale, sottraendo
dal computo dei voti quelli
ottenuti dai candidati eletti
col sistema maggioritario.
Si può evitare il voto solo
se il Parlamento approva una
nuova legge elettorale di tipo
maggioritario.
Sistema elettorale
dei Comuni
Anche in questo caso il comitato promotore ha compiuto una delicata operazione di
ritaglio di alcune parole della
legge 570/1960 per giungere
all’estesione a tutti i Comuni
del sistema elettorale maggioritario previsto finora soltanto
per i Comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti.
La Camera ha approvato
già una nuova legge elettorale
per i Comuni, ma questa ha
subito modifiche al Senato e
dovrà quindi tornare alla Camera, che dovrà approvarla
prima del 18 aprile per evitare il voto popolare.
TRITTICO DI TANGENTOPOLI
TEATRALITÀ
GIORGIO TOURN
Il fenomeno Tangentopoli, che polarizza da settimane l’attenzione dell’opinione pubblica nostrana, non è solo rilevante sotto il profilo politico e
sociale ma anche culturale e da questo punto di
vista mi ha suggerito alcune riflessioni.
È quasi superfluo dire che esso conferma ancora
una volta la matrice cattolica della nostra cultura
ma ci invita a approfondirne la comprensione. Tre
elementi mi colpiscono nella vicenda; la teatralità,
la colpevolezza e la palingenesi.
Dicendo teatralità non intendiamo certo dire
superficialità, banalità, leggerezza (nulla c’è di
più serio del teatro classico) ma ritualità scenica.
La vicenda è vissuta, letta, recepita in chiave di
retorica formale, di scenografia. Dalla notizia trafugata alle manette dell’imputato, dal conflitto dei
poteri alla costmzione delle difese, dal protagonismo dei personaggi e degli attori (inavvertitamente ricorro a termini teatrali, potrei dire i signori,
gli uomini...?), tutto assume i tratti di una grandiosa messa in scena.
E ciò che maggiormente colpisce è il fatto che
la vicenda non sia solo scritta (nel senso di gestita, non certo di inventata) ma sia soprattutto vissuta in questa chiave. Mi pare difficile infatti immaginare un paese moderno che sia in grado di
reggere al ritorno ossessivo con cui i nostri media
emulsionano la vicenda se non è dotato, come il
nostro, di una eccezionale sensibilità ritual-teatrale.
Questo non significa che manchi allo spettatore
una profonda indignazione morale, una volontà di
nuovo, una partecipazione emotiva al gesto: ma
più che in presenza di un atto vissuto consapevolmente nel politico (la «polis» è la città organizzata da noi uomini) siamo qui in presenza della
commedia plautina, filtrata dalla sensibilità funereo-angosciosa della Controriforma.
E che si tratti di teatralità profonda, non solo
scenica e vissuta, lo rivela lo schema intrinseco
che non è la giustizia della società ma la caduta
degli dei.
E il potente di ieri che viene trascinato nella
polvere, il potere (sempre corrotto nello schema
teatrale) che precipita dalle altezze del suo prestigio alla bassezza della vergogna.
E l’Italia barocea del ’600, succube, ingegnosa,
ribelle, non l’Inghilterra dei protestanti che processano il re.
(primo di una serie di tre articoli).
Inaugurazione dell'anno giuridico a Napoli
La sedia del cardinale
LUCIANO CIRICA
, .T T n solo segno di rin>> A-J novamento nella giustizia napoletana - scrive
Salvatore Maffei sul “Roma”
- e cioè l’abolizione della
poltrona cardinalizia».
All’apertura infatti dell’anno
giudiziario a Napoli mancava
il tradizionale «trono dorato»
dove ogni anno l’arcivescovo, tra manti d’ermellino e
autorità, sedeva al centro del
salone, distanziato dal resto
dei presenti. Un segno, forse,
di rispetto e distinzione che
però mal si conciliava con
una certa cultura di laicità,
che pur dovrebbe essere presente nelle istituzioni.
Visto che nessuno voleva
interrompere questa tradizione, l’avv. A. Guarino,
della Chiesa valdese di via
dei Cimbri pensò bene, lo
scorso anno, di far presente
al Procuratore generale che
Lari. 8 della Costituzione, il
cui terzo comma stabilisce
che «tutte le confessioni religiose sono ugualmente libere di fronte alla legge»,
non era ancora stato abolito
e pertanto lo invitava a porre
fine al «pomposo isolamento» del prelato, facendolo
sedere «accanto, e non innanzi» alle autorità della Repubblica.
Detto e fatto. Il nuovo presidente della Corte d’appello,
investito della questione
(piccola, ma delicata), è riuscito a risolverla, abolendo la
«poltrona-trono» e arretrando il rappresentante della
Chiesa cattolica, con buona
pace di tutti ed anche, crediamo, del cardinale. Nel citato
articolo di Maffei si leggeva
infatti che l’arcivescovo «sedeva tra gli altri, su una comune sedia di legno, e ha potuto sottrarsi a due ore di
noia mortale scambiando
qualche parola con i vicini di
posto».
12
PAG. 8
RIFORMA
VENERDÌ 19 MARZO 19Q'^
Torino: molti spunti su cui occorre riflettere con attenzione
Recenti forme di razzismo
e cultura delle «nuove destre
»
ENRICO PEYRETTI
Del dibattito su xenofobia
e antisemitismo, avvenuto il 3 febbraio nel salone
valdese di Torino, mi pare
interessante soprattutto quanto ha riferito Marco Revelli
sulle posizioni della nuova
destra europea. Il vecchio
razzismo era eterofobo, aveva orrore dell’altro, non sopportala la diversità, vedeva
come unica alternativa all’
olocausto o alla segregazione
l’assimilazione distruttiva
delle culture diverse.
È ciò che ha fatto l’Europa
conquistatrice, prima espellendo arabi e ebrei dalla Spagna, quindi distruggendo o
fagocitando le culture incontrate sul proprio cammino,
per arrivare allo sterminio nazista degli ebrei. Come faceva notare Piero Di Nepi, del
centro «Martin Buber» e docente al Liceo ebraico di Roma, questo razzismo esiste
tuttora, ma è pericoloso pensare che sia l’unico razzismo.
Revelli ha esaminato le tesi
di piccoli ma significativi
gruppi culturali francesi e italiani che, proprio in nome
della difesa delle differenze,
contro la pressione omogeneizzatrice e l’omologazione
mercantile capitalistica, pervengono a un nuovo razzismo.
Tali gruppi affrontano il
problema dell’immigrazione e
la questione demografica in
modo più radicale delle sinistre. Queste ultime riaffermano, ma in modo quasi solo declamatorio, i principi classici
moderni di libertà, uguaglianza, fraternità, che le destre rifiutano. Soprattutto le
sinistre commettono il grave
errore di confidare nel progresso tecnico come elemento
capace di risolvere i problemi
globali di cui si è detto.
Le nuove destre invece, con
la loro tradizionale sfiducia
verso i mezzi tecnici, compiono una diagnosi più accurata
della crescente pressione di
masse povere sull’Occidente;
ciò che risulta inaccettabile è
la loro prognosi e terapia.
Esse scartano le soluzioni
del passato: chiudere le frontiere porterebbe a guerre ferocissime tra i continenti; assimilare gli stranieri sarebbe
negazione delle differenze basata sull’universalismo illuminista; aiutare a casa loro i
poveri del Terzo Mondo sarebbe colonialismo filantropico e li porrebbe in condizione
di sovranità limitata. Ciò che
le nuove destre propongono è
una sorta di eterofilia: le differenze razziali e culturali sono una ricchezza da preservare. Così questi movimenti si
appropriano degli argomenti
con cui la sinistra ha criticato
il razzismo storico. Ma come?
In pratica rispondendo al
problema migratorio, prospettando sì società miste, ma
solo in quanto costellazione
di «microcomunità autonome», tali che ciascuna si conservi omogenea sotto l’aspetto razziale e culturale.
Questa soluzione appare
molto al di sotto della diagnosi, essa porta diritto alla
«pulizia etnica» e si illude di
interrompere e frammentare
la circolazione ampia e totale
che è costitutiva del mondo
di oggi. Sarebbe una forma di
apartheid volontaria, nell’illusione che queste isole etniche possano rispettare la loro
separatezza e che la riaffermata incompatibilità non
sbocchi in sopraffazione e
violenza.
Quali soluzioni alternative
a simili propost? Revelli osserva che a questo problema
non ci sarà soluzione senza
una rottura dei parametri di
vita e di economia in cui viviamo. L’etica universalistica
e il principio di uguaglianza
non possono realizzare un vero rispetto delle diversità
umane se non invertiamo il
mito della crescita dei consumi, dello «sviluppismo», se
non adottiamo il modello della sobrietà. Solo così l’Occidente cesserà di essere la calamita che attira i poveri, a
cui poi dà solo le briciole distruggendo le loro culture.
Storia orale: si è svolto in Toscana un congresso internazionale
Memoria e multiculturalismo
BRUNA PEYROT
Memoria e multiculturalismo: sotto questo complesso titolo si è svolto a Siena e Lucca, tra il 25 e il 28
febbraio, l’VIII congresso internazionale di storia orale.
AlTappuntamento, che raccoglie ormai più di un decennio
di riflessione su questa metodologia di lavoro storico, erano presenti un centinaio di ricercatori da tutto il mondo.
Significative le presenze
dall’Est europeo, dove si cerca di indagare il rapporto fra
monoculturalismo sovietico e
etnie nazionali.
I temi trattati, che costituiscono la frontiera della storiografia orale, possono essere così riassunti:
Multiculturalismo: le ricerche di storia orale portano alla luce una miriade di realtà
periferiche, locali, marginali.
Appuntamenti
una lettura inconsueta della
storia, centrata sul non-eroico, sul contraddittorio, sul
quotidiano, il non-ufficiale.
Dai minatori di zolfo delle
Marche agli immigrati senegalesi di Bari, dall’identità
ucraina ai soldati australiani...
la ricerca di storia orale rivela
un caleidoscopio fratturato di
realtà. Dove creare il filo comune? Paradossalmente, abbiamo detto, la conoscenza
per lo storico orale si fonda
sulla periferia, dalla periferia
si raccolgono ipotesi e tendenze che iniziano e danno
forma a nuovi tracciati storici.
Conflittualità: è un tema
difficile oggi. È difficile anche per la storia orale che ha
sempre colto il conflitto sociale come racconto di punti
di vista contrapposti ma
ugualmente importanti sul
piano della rilevanza storica.
Certo le guerre in corso modi
Martedì 23 marzo — FIRENZE: Alle ore 16.30, pres.so la casa di riposo «11
Gignoro», il past. Luigi Santini parla sul tema: Gli evangelici a Firenze.
Giovedì 25 marzo — ALESSANDRIA: Alle ore 21, presso la sala consiliare
della Provincia (pai. Ghilini, piazza della Libertà), il prof. Domenico Maselli parla sul tema: Il protestantesimo neli’alessandrino durante l’SOO,
per l’organizzazione del Centro culturale protestante e dell'Istituto per la
storia della Resi,stenza, e della Provincia.
Giovedì 25 marzo — PADOVA: Alle ore 21, presso il cinema teatro «Antonianum», il prof. Massimo Cacciaci e mons. Luigi Sartori parlano sul tema: Il problema del dialogo interculturale e interreligioso in Europa.
Venerdì 26 marzo — ASTI: Alle ore 21, presso la Scuola biblica ecumenica
(corso Ferraris 81), il past. Fulvio Ferrarlo parla sul tema: I racconti della Passione, a conclusione del ciclo di lezioni introduttive alla lettura del
Nuovo Testamento,
Sabato 27 marzo — COMO: Alle ore 18, presso la chiesa valdese, il prof.
Bruno Corsani parla sul tema: La lettura della Bibbia nel protestantesimo e nel cattolicesimo.
Domenica 28 marzo — SAVONA: Alle ore 16, presso la chiesa metodista
(piazza Diaz), il prof. Paolo Ricca parla sul tema: La Cena del Signore: il
dibattito nel protestantesimo.
ficheranno la memoria collettiva e lasceranno alla memoria orrori da raccontare. Qui
si misura anche il limite dello
storico, in particolare orale.
Sempre attento al piccolo, al
minoritario, all’individuale,
non si sa poi spiegare il perché della guerra reciproca fra
piccoli, fra minoritari.
Rappresentazione: gli oralisti concordano ormai sul
fatto che la fonte orale non
ponga di fronte alla verità o
alla falsità della storia. Essa
ci porta piuttosto sul piano
delle rappresentazioni, cioè a
studiare con quali immagini il
racconto di vita e di eventi
collettivi assuma i propri contorni.
L’oralità come luogo di
rappresentazione dell’altro,
degli altri, resi con gli strumenti culturali che i mondi
orali offrono, secondo i gruppi sociali di appartenenza, le
occasioni del dialogo e lo stile letterario prescelto dalla
comunicazione.
Idealità religiose: l’attenzione alle forme della spiritualità cattolica e all’impronta
educativa protestante, specie
per il mondo europeo, apre
un utile confronto multiculturale. Il modo di pensare cristiano ha forgiato la memoria
occidentale ormai chiamata a
confrontarsi con altri orizzonti religiosi: l’IsIam, l’Oriente,
ecc...
Scrittura: parlare di oralità
non significa eludere il documento scritto. Ancora una
volta gli oralisti ne hanno sottolineato la necessaria comparazione per testimoniare la
continua circolarità fra tradizione codificata e ricordo non
formalizzato.
Lavoratori turchi presso il porto di Amburgo: gli stranieri sono spesso vittime dell’odio razziale
Il futuro deirumanità è nel dialogo fra le tante culture diverse
Il sistema dell'Occidente
ci sta portando al fallimento?
L? Occidente dominante ed
escludente è autodistruttivo. Il nostro modello di
sviluppo è impossibile per
tutti, non è condivisibile, condanna i popoli ricchi a una difesa del privilegio sempre più
violenta. «E un sistema destinato al fallimento», dice Serge Latouche intervistato da F.
Marcoaldi {La Repubblica,
14-15 febbraio).
Le nuove destre, credendo
di accettare l’inevitabile novità della mobilità dei popoli,
cadono nell’illusione di riprodurre la separazione continentale su piccola scala, e
non sanno vedere che questa
economia del privilegio, dello
sperpero, della distruzione
ambientale, è strutturata di
dominio, è incompatibile con
il rispetto delle diversità.
Questa economia funziona
sull’esclusione, da lontano o
da vicino, oppure salta.
Viceversa, come scrive
Carlos Fuentes, «le culture
muoiono nell’ isolamento ma
si arricchiscono nell’ incontro
reciproco. Non ci sono società né culture pure. Forse
esiste un’Arcadia gallica,
abitata da Asterix, ma la
Francia reale è il prodotto di
invasioni e migrazioni, crescita di razze e culture, e così
la Spagna e l’Inghilterra, la
Germania e l’Italia. Più di
tutte le altre regioni, e questo
è il caso del continente americano. (...) Se noi rifiutiamo
il diritto di coesistenza ad altri gruppi umani, noi ci rifiutiamo a noi stessi. (...) Forse,
se riconosciamo la comunanza dei nostri problemi e, nello
stesso tempo, la differenza
delle nostre storie, la specificità delle nostre culture, noi
ritroveremo anche, malgrado
i diversi livelli di sviluppo
economico, e forse anche
grazie a queste differenze, la
volontà di cooperare per un
mondo in cui la sicurezza
sarà definita non soltanto in
termini militari ma anche, e
soprattutto, in termini economici, sociali e culturali». (Le
monde diplomatique, febbraio ’93).
Eppure, anche il conoscere
non basta: abbiamo bisogno
di esperienze, di appoggio reciproco per vivere in modo
alternativo, senza disperare.
E ciò è possibile: Il futuro
si chiama Africa è il titolo
della citata intervista a Serge
Latouche, in cui possiamo
leggere anche la parte di vero
che quella proposta delle
nuove destre contiene: in fondo gli ebrei, nella storia, sono
stati capaci di vivere in mezzo a tutti i popoli restando sé
stessi. Ma soprattutto possiamo trovarvi l’indicazione delle alternative presenti entro e
sotto il regno del profitto e
del dominio: «Una parte immensa della nostra realtà sociale, in particolare tutto ciò
che costituisce il nostro lega
me primario (la famiglia, ad
esempio), poggia non sull’interesse e il mercato, ma proprio sul dono. (...) Si tratta
dunque di riabilitare il dono
non tanto nella realtà, perché
c’è già, ma nell’immaginario.
Affinché la gente impari di
nuovo che è molto meno
egoista di quanto vogliano
farle credere».
Sono le stesse indicazioni più rivelatrici che ingenue che Piero Pinzauti sviluppa
nei suoi articoli, anche su II
foglio di Torino.
In realtà ci sono gruppi che
pensano e praticano l’autolimitazione e la semplicità volontaria come elemento costitutivo di una cultura e una
economia nonviolenta; il movimento per la pace sta passando dalla protesta contro la
guerra all’azione costruttiva
di pace; sorgono cooperative
per l’impiego autogestito, e
non consegnato alle banche
incontrollabili, dei nostri risparmi; sul piano mondiale si
va formando un nuovo diritto
internazionale i cui soggetti
sono le persone e i popoli, le
organizzazioni non governative, non solamente gli stati.
Senza illusioni, conservando la coscienza delle difficoltà e del rischio, c’è bisogno di un impegno antico e
nuovo per costruire un mondo umano, per la prima volta
unificato, nel rispetto della
sua ricca varietà.
Perosa: l'eredità spirituale in una rievocazione storica
I primi valdesi delle Valli
______LILIANA VICLIELMO
Nell’ambito di un ciclo di
incontri culturali, organizzato dall’assessorato alla
Cultura della Comunità montana valli Chisone e Germanasca in collaborazione con
il Centro culturale valdese,
Piercarlo Pazè ha parlato
sull’origine del valdismo in
vai Chisone.
Le origini del valdismo
nelle valli piemontesi costitui.scono ancora oggi un bel
rompicapo. Abbandonate le
tesi fantasiose sulla presenza
di Valdo al di qua delle Alpi
o di un’emigrazione diretta
dei suoi discepoli, l’ipotesi
più convincente sembra essere quella di un’espansione
dalla pianura padana, dove i
movimenti pauperistici erano
molto diffusi.
Seguendo anche gli studi
di Grado Merlo, Pazè ha in
dicato la zona di Perosa e
della vai Chisone come il
luogo in cui per la prima volta in Piemonte si hanno notizie di processi contro 11 persone incolpate di «valdesia».
Anche dai registri degli inquisitori che operano tra la
fine del 1200 e l’inizio del
1300, si ricavano giustificazioni di varie spese sostenute
per le spedizioni repressive
contro gli eretici, insieme
con l’elenco delle persone
multate.
Assodata la presenza valdese nella valle, come la si
giustifica? Con un’immigrazione di manodopera dalla
Lombardia al seguito di imprenditori che sfruttano le
miniere di argento e di ferro:
in mezzo a questi operai, elementi che seguivano le dottrine che la Chiesa considerava false e perverse.
Al termine del 1300, la
crociata del francescano
Borrelli disperde la popolazione valdese molto lontano,
in Calabria, e in Provenza
particolarmente, successivamente la repressione causa
l’emigrazione in zone più vicine, quali la vai Germanasca e la vai Pellice. Nasce
anche il fenomeno del «banditismo» valdese, cioè delle
persone «messe al bando»,
che cercano di rientrare nei
luoghi da cui sono state cacciate..L’esposizione di Piercarlo Pazè non ha oltrepassato il XIV secolo, ma ha dato
comunque un quadro vivace
e interessante di vicende che
noi valdesi sentiamo come
parte della nostra eredità spirituale, ma che costituiscono
anche il patrimonio storico
di molte altre persone, legate
a un territorio più che a una
confessione di fede.
13
venerdì 19 MARZO 1993
Cultura
PAG. 9 RIFORMA
Di fronte al terzo millennio: un dibattito al Rotary di Cerignola
Le religioni sono chiamate a convertirsi:
il dialogo tra loro le potrà aiutare
ANTONIO CONVERSANO
Il 17 febbraio scorso, su
iniziativa del Rotary Club
cittadino, si è svolto un dibattito sul tema: «Le religioni verso il terzo millennio».
Nel cinema «Corso», alla
presenza di un numeroso
pubblico, personalità del
mondo cattolico, musulmano, ebreo, protestante e
ortodosso, si sono confrontate su questa complessa tematica.
Salvatore Manna, padre
domenicano, ha riconosciuto
nel dialogo interconfessionale un valore universale, utile
sia per approfondire la propria fede che per comprendere quella dell’altro.
Luciano Caro, rabbino, ha
descritto il giudaismo come
una religione universale, tesa
com’è ad adorare l’unico
creatore dell’umanità intera.
Egli ha anche osservato che
ogni tentativo di conversione
è in realtà un’aggressione. Le
religioni dovrebbero liberarsi
di tutti gli orpelli che si sono
sovrapposti nei secoli, per
giungere alla sostanza della
fede; scoprirebbero così che
essa non sarebbe diversa da
quella di Abramo uscito, a
suo tempo, dall’idolatria.
Per mons. Giovanbattista
Pichierri, vescovo di Cerignola, le religioni devono dare agli uomini le risposte ai
grandi problemi dell’esisten
Afghanistan: donna con il velo
za: la morte, la vita, il peccato. Per la Chiesa cattolica tre
sono gli ambiti in cui si sente
impegnata: il dialogo ecumenico, la solidarietà verso 'il
prossimo, la preghiera.
Khaled Fuad Allam, pro
fessore di islamistica, ha
evidenziato le radici ebraiche
e perfino cristiane dell’Islam
osservando che, mentre in
passato esisteva un dialogo
tra Occidente e Oriente, oggi
ci troviamo di fronte a delle
macerie che in alcune circostanze provocano drammatici
e gravi conflitti interetnici.
L’Islam va invece rivalutato
dall’Occidente come un fecondo terreno d’incontro.
L’ortodosso Miami Driga,
professore di teologia a Bari,
ha individuato tre priorità
delle chiese cristiane europee: l’unità nella predicazione, la proclamazione del Gesù risorto, la diaconia in particolare verso i poveri e gli
stranieri.
È toccato a Paolo Ricca,
professore presso la Facoltà
valdese di teologia, tirare le
file dei vari interventi. Ricca
ha osservato che tutte le religioni chiedono una conversione; ma nel terzo millennio
sarà necessario che le religioni siano loro a convertirsi.
Il dialogo tra le religioni è
necessario ma deve anche essere critico, non solo verso la
religione dell’altro, ma anche
verso se stessi.
Anzi, la critica va esercitata globalmente nei confronti delle religioni. Bisognerebbe infatti esaminare quale sia
stato l’apporto d’amore che
esse hanno saputo dare al
mondo e, qualora fossero
riconosciute (come vanno riconosciute) carenti sotto questo profilo, dovrebbero essere capaci di imboccare la via
del pentimento e della propria conversione.
L'autobiografia ora anche in Italia
Roger Garaudy^ una
vocazione errabonda
EZIO SACRIPANTI
Chi è Roger Garaudy? La
domanda, che nasce
spontanea da parte dei «non
addetti ai lavori», accompagna anche il lettore ben informato e competente fino
all’ultima pagina del libro*,
si insinua tra le pieghe di
questa biografia esistenziale
senza trovare risposte, senza
che si possa classificare il
protagonista una volta per
tutte.
La cornice di tutta la vicenda è «tout court» la storia del
nostro secolo, con la sua carica di violenza e di nonsenso;
le comparse sono uomini e
donne che hanno scritto questa storia, cercando di interpretare e cambiare il mondo.
L’infanzia difficile, la dolcezza della figura materna, i
primi approcci alla cultura: la
prima parte del libro narra di
questo giovane studente della
provincia francese, scagliato
tra le atrocità della seconda
guerra mondiale.
Incarcerato a causa del suo
niarxismo e antifascismo militante, Garaudy sarà protagonista della vita politica del
suo paese anche come deputato comunista, pur nutrendo
dubbi e riserve sul sistema
istituzionale.
La militanza è il primo concretizzarsi di quell’«afflato
cosmico» che abbraccia la linea degli eventi, la necessità
insopprimibile di sentirsi parte di un progetto di più ampio
respiro che pensava a una società più giusta, a una condi
zione più umana, a una vita
più autentica. Membro del
Comitato centrale per le prese
di posizione di fronte ai crimini staliniani si renderà inviso ai vertici del partito, insospettiti già per la sempre
più spiccata sensibilità per la
fede e il cristianesimo.
L’espulsione dal partito, la
confessione di fede, gli incontri con i maggiori intellettuali, la vocazione «errabonda e etnologica», i numerosi
viaggi ai confini del mondo
sono le tappe, in ordine sparso, di un allontanamento progressivo dai valori dell’Occidente, che sfocerà nella conversione all’Islam, nella sensazione di oppressione e di
estraneità alla cultura del vecchio mondo, un vero e proprio sentirsi murato vivo.
«L Islam è alterità radicale
a partire dalla quale è possibile assumere in tutta la loro potenza sia il messaggio
profetico di Gesù sia quello
economico-politico di Marx».
Queste parole di Ernesto Balducci sintetizzano l’atteggiamento inclusivo e la natura
multiculturale del percorso
«autoeducativo» di Garaudy,
un’indicazione possibile in
tempi di intolleranza come
quelli che Viviamo, l’esempio
di un personaggio che spogliatosi della sua identità empirica «è diventato a suo modo uomo planetario».
* Roger Garaudy: Il mio giro
di secolo. San Domenico di Fiesole, Edizioni cultura della pace,
1991, pp. 437, £38.000.
Il film è giunto nelle sale italiane
Malcom X: una
biografia filmata
ANTONIO FERRI
Malcom X: un bambino
spaventato, un ragazzo
avviato sulla strada della
droga, della delinquenza; poi
un predicatore, un trascinatore di folle, un martire.
Malcom ha la sfortuna di
nascere nero, in un’America
intrisa di odio razziale e di
vivere la sua giovinezza in
un ambiente ostile alla gente
di colore; ma un giorno ha il
coraggio di reagire, di abbracciare un ideale e di
modificarlo accettando la
coerenza di un cambiamento,
pur di mantenere pure le sue
convinzioni.
Questa, a grandi linee, la
vita di Malcom X, che vuole
avvicinare gli americani di
colore alle loro varie radici e
cioè identificare la sua gente
in un ideale afroamericano.
Denzel Washington è l’impeccabile interprete di Malcom X, e il suo ruolo acquista spessore con lo scorrere
della pellicola. Meritata,
quindi, la sua «nomination»
all’Oscar come miglior attore
protagonista; l’attore ha fra
l’altro già vinto nel 1990, come «non protagonista», nel
film Glory.
Il regista, Spike Lee, finora
ignorato dall’Academy per
quanto riguardava l’assegnazione degli Oscar, fatta eccezione per una nomination per
la migliore sceneggiatura con
Lola Darling, ne riceve ora
due per il suo ultimo film.
Il regista trentacinquenne
americano realizza così il
suo primo «filmone», che
rappresenta un po’ il riepilogo della sua carriera, dopo i
larghi consensi ricevuti per
Fa' la cosa giusta, per Mo’
better blues e per Jungle fever.
La sua risaputa genialità
questa volta lascia spazio a
una narrazione classica, legata alla vita di Malcom, narrazione che non permette fraintendimenti sulla vita di colui
che ha caratterizzato il pensiero di una parte degli
americani di colore nei primi
anni ’60.
Il film, dalla durata e dai
costi notevoli, si può dividere in due parti: la prima, dai
toni di commedia americana;
la seconda più decisa e efficace.
Le prime reazioni sono state comunque molto contrastanti: da un lato c’è chi lo ha
visto come un lavoro serio e
accurato in ogni sua parte;
dall’altro chi ha rilevato che
tutta la vicenda è retta dalla
sola, sicura interpretazione di
Denzel Washington.
Anche Spike Lee non è
stato esente da critiche,
giudicato più interessato alla
propria figura di produttore
che a quella di regista. Va
comunque ribadita la serietà
del lavoro che, come in un
film della scorsa stagione,
JFK, un caso ancora aperto,
dedicato all’assassinio di
Kennedy, lascia forse più
spazio alla retorica e consacra un esempio di uomo a cui
la sua gente è ancora doverosamente legata.
Come parliamo di Dio?
Come parlare di Dio oggi, in un contesto che pone delle domande alla fede, tutto fatto di incertezze etiche e di orientamenti nel comportamento dei singoli e dei gruppi? La domanda, ambiziosa, è stata sollevata a Torre Pellice dal Collettivo
biblico ecumenico, congiuntamente alle chiese cattolica e valdese e all’Ywca-Ucdg, in una serata tenutasi il 6 marzo.
Per Adriana Zarri, teologa «di formazione cattolica», come
ama definirsi (Parlare di Dio al femminile), occorre uscire
dall’idea del «Dio perfettissimo», che è poco «amabile», occorre riflettere sulla possibilità di una giusta collocazione della dimensione trinitaria. Secondo una recente linea di ricerca, nello
Spirito, in dialettica con il Padre creatore e con Cristo, si manifesterebbe l’atteggiamento della «disponibilità» all’accoglienza, a ricevere. Il nostro mondo, in cui predomina l’elemento
maschile, sarebbe invece troppo concentrato sulla necessità di
«fare» a tutti i costi...
Per il pastore Salvatore Ricciardi nel nostro rapporto con un
Dio che è amore sono ineludibili le due tappe del Patto (soprattutto il primo, quello con Noè) e dell’incarnazione. Ma in questo mondo di incertezze e di attese dalla religione occorre evitare l’equivoco di intendere «Dio è amore» in senso inverso. La
relazione non è reciproca: non ogni volta che c’è amore c’è
rapporto con Dio, Dio non è un atteggiamento etico.
Appassionato il dibattito, che ha portato a accennare al problema del mono e del nuovo politeismo, al modo d’intendere il
«Dio Padre» (è una metafora che, in quanto tale, risente storicamente delle culture e delle mentalità maschili, o è un vocativo, un’invocazione, o entrambe le cose?), ai discorsi già citati
sulla trinità. La conclusione ha messo in evidenza la difficoltà
dell’impegno dei cristiani in un mondo che «chiede»: occorre
dargli ciò che gli serve piuttosto che ciò che chiede, e questo è
tremendamente difficile.
Cinema
Fritz Lang, l'«indagatore»
Architetto oltre che regista, Fritz Lang (1890-1976), a cui il
Museo nazionale del cinema di Torino dedica un’ampia retrospettiva e una mostra di immagini inedite, ha concepito i propri
capolavori a cavallo fra anni ’20 e ’30, raccogliendo tutte le inquietudini della Germania fra le due guerre: Metropolis (1926)
era una parabola fantascientifica tuttora ineguagliata sul mondo
della città e delle produzione; M (1931) era l’incubo di uno
psicopatico che adesca e uccide delle bambine, ma soprattutto
la denuncia di un modo sommario di intendere la giustizia e
della malvagità di tutti rispetto a quella del singolo.
Costretto all’esilio in Usa dal precipitare della situazione tedesca (il potere nazista gli aveva chiesto di dirigere la cinematografia nazionale), realizza una serie lunghissima di film, per
lo più «thriller»; l’atmosfera espressionistica che Lang si portava dietro si stempera con la necessità di intrecci più elaborati e
di leggibilità per un pubblico diverso.
Non declina però la capacità di analisi dei sentimenti, soprattutto in Furia (1936) e Sono innocente (1937), Il grande caldo
(1954). E si mantiene inalterato il gusto di osservare i comportamenti umani da un punto di vista «geometrico», secondo
un’osservazione impietosa dei rapporti di forza fra gli individui.
Libri
Lavoro estenuante sulle parole
Una situazione «chiusa», claustrofobica, lo spazio di una fornace in disuso; un delitto, un intellettuale mancato, incapace di
scrivere finalmente il sospirato saggio sul problema dell’udito,
uccide la moglie inferma; i racconti degli osti del paese austriaco, che raccolgono frammenti di verità senza ricomporne un
quadro sistematico e coerente.
Questi gli elementi di partenza di uno dei migliori romanzi*
di Thomas Bernhard (1931-1989), scrittore austriaco di impegnativa e ardua lettura, ma estremamente affascinante per il
personalissimo stile.
Di che cosa è fatto quest’ultimo? Non di invenzione drammatica, giacché la vicenda la conosciamo fin dalle prime pagine; non di «coloritura», perché le immagini sono pochis.sime e
spesso ripetute; non di dialogo.
Il modo di scrivere di Bernhard è tutto costruito sulla parola,
sulle parole, sul ricorrere degli stessi termini e delle stesse frasi, mai perfettamente identiche, sempre modificate nelTangolatura, nel punto di vista: la spiegazione di un fatto in sé banale
non lo è più quando si alterna il punto di vista, quello del protagonista e quello dei testimoni, o quello del protagonista che ripensa a quanto detto in precedenza. L’assenza di capoversi obbliga a un tour de force che tuttavia ci fa scoprire la vacuità e
l’inadeguatezza dei termini che usiamo per spiegare il reale.
Solo in seconda istanza vengono smontate relazioni umane,
sentimenti esplicitati o negati, dinamiche occasionali o reiterate
fra i personaggi. Il pessimismo di Bernhard è tale perché scarsa
è la sua fiducia nelle nostre capacità di comunicare.
(*) Thomas Bernhard: La fornace. Torino, Einaudi, 1984-1991,
pp 212, £20.000.
14
PAG. 10 RIFORMA
Pagina Dei Lettori
venerdì 19 MARZO I9gct
L'agape
Cinquant’anni fa a Pramollo, tra i partigiani che frequentavano la casa del pastore Paolo Marauda, c’era anche un ventenne alto e magro,
tipico intellettuale: gli occhiali, la parola pronta e affilata, una tensione culturale e
spirituale fortissima. Il pastore, diceva il popolino, amava
discutere con lui, perché anche lui era valdese, sia pure
della lontana Torino. I «vecchi» partigiani, che avevano
pochi anni più di lui ma venivano dalla guerra di Grecia (o
di Russia), lo chiamavano
«Tiirin», lo prendevano un
po’ in giro - come sempre fa
l’operaio «adulto» con lo studente - ma in fondo anche loro, come il pastore Marauda,
gli volevano un gran bene.
Così, dopo il 25 aprile, se li
ritrovò tutti intorno nelle
osterie, nelle cooperative, durante quegli infuocati dibattiti
in cui rinasceva, dopo vent’
anni di paura e di servitù, la
democrazia italiana. Sandro
interveniva sempre, e noi ragazzini ascoltavamo estasiati
(e un po’ frastornati) quel suo
mulinare di parole; costruire
la democrazia e la repubblica,
nazionalizzare la Fiat, guardare a Lenin. Ci pareva (diremmo oggi) un giacobino.
E così fummo stupiti, pochi
mesi dopo a Torino, quando
durante un grande convegno
giovanile egli illustrò la sua
scelta a favore dell’obiezione
di coscienza; le prime avvisaglie della guerra fredda, le riflessioni di uno che aveva
partecipato fino in fondo alla
lotta armata, e certo la sensibilità di una coscienza cristiana lo inducevano a questa
svolta di 180 gradi.
Perciò nessuno si stupì
quando Sandro si schierò, in
prima fila, tra i sostenitori di
Agape, anzi tra i più impegnati lavoratori di Agape. Impressionò tutti, invece, la sua
esplicita amicizia con un noto
valdese di Milano, già milite
della Repubblica sociale italiana; T«agape», qui, era davvero vissuta fino in fondo,
come processo di riconciliazione, come superamento
«in avanti» della guerra civile
europea; eppure Sandro,
quando narrava del fascismo
e del nazismo, non parlava
certo come uno storico revisionista!
A Agape Sandro ha dato
forse i suoi anni migliori, certo i più creativi: se Tullio Vinay era il capo carismatico,
capace di iniziativa e di sintesi, Sandro Sarti era l’intellettuale infaticabile, disposto a
chiudersi per settimane in
una stanza a leggere libri, per
poi uscirne pieno di idee
(perfino troppe), di proposte,
di intuizioni nuove.
Se Agape, oltre ad essere
un centro spirituale di prim’
ordine, è stata anche un vivo
centro intellettuale, lo si deve
in larga parte alla generosità
di Sandro, alla sua disponibilità, alla sua imprevedibile
creatività: quanti campi,
quanti incontri, quanti contatti sono dovuti alla sua iniziativa! Ne ricorderò solo uno: il
rapporto con i Quaderni rossi
di Raniero Panzieri (di cui si
discute ancora adesso su Gioventù evangelica) risale in
buona parte a una sua geniale
intuizione.
Sempre per Agape, Sandro
aveva passato qualche anno a
Roma a studiare teologia. Per
noi, che compivamo gli stessi
studi in vista del pastorato, fu
un arricchimento straordinario; ci portava a spasso per la
città ignota, ci pagava il cinema (aveva un lavoretto), ci
introduceva al marxismo libertario. Un vero maieuta, e
anche un amico.
Più tardi noi ci installammo
nella vita, circondati e protetti dai duri ma rassicuranti do
RICORDO DI SANDRO SARTI
veri professionali; Sandro restò invece un «battitore libero», talvolta troppo asistematico, ma sempre vivo e vigile.
Così lo ritrovammo (anzi, fu
lui a ritrovare noi) nei grandi
appuntamenti politici e culturali: il Vietnam, il ’68 (compresa la sua carcerazione a
San Vittore); poi venne la
straordinaria esperienza del
periodico Comunicazioni
rivoluzionarie, fucina di tante
novità (ivi compreso un primo nucleo del femminismo
torinese), la trattoria vicino
all’aeroporto di Caselle e alla
fine la comunità di Torre Pellice, accogliente e discreta.
La sera della sua morte, un
amico divenuto evangelico al
tempo dei Quaderni rossi mi
ha telefonato, e con la voce
rotta dal pianto mi ha semplicemente letto un versetto biblico: «Ho veduto degli empi
ricever sepoltura ed entrare
nel loro riposo, e di quelli che
s’erano condotti con rettitudine andarsene lungi dal luogo
santo, ed esser dimenticati
nella_^ città». (Ecclesiaste 8,
10). E vero: Sandro si è «condotto con rettitudine», ma non
sarà dimenticato, né nella
città presente né nella Città
futura.
Giorgio Bouchard
Vecchio
eretico
L’ho conosciuto tardi Sandro Sarti, solo poco tempo fa.
Quello che so di lui me l’hanno raccontato: il suo ’68,
l’impegno a Agape, la scelta
di campo «palestinese». L’ho
frequentato l’anno scorso per
coltivare con lui il mio povero inglese. Io che amo i classici inglesi ma con enorme
difficoltà posso affrontarli in
originale, mi sentivo piccolo
piccolo di fronte a lui.
Era ricco di talenti, di cultura, di generosità e li ha spesi senza risparmio a servizio
degli altri. Come cristiani abbiamo tutti da rendergli grazie
e ringraziare il Signore di un
esempio come il suo. Di beni
materiali è stato invece poverissimo ma è vissuto e morto
come «un libero signore, non
sottomesso a nessuno».
Ciao, vecchio eretico. Per
te la salvezza e il Regno nella
grazia del Signore sono certamente realtà.
Sergio Turtulici
La dimensione
sociale della
vocazione
Maggio 1966. Due anni prima del maggio che scosse
l’Europa, Gioventù evangelica pubblica un numero speciale dedicato interamente al
Vietnam. Sono le prime notizie su una «pacificazione»
che diventerà disastrosa, una
documentazione che inciderà
fortemente sul lavoro del movimento giovanile battista,
metodista e valdese, che di lì
a tre anni diventerà la Egei.
Durante i mesi che precedettero quella pubblicazione,
aiutai Sandro Sarti a selezionare il materiale in una montagna di documenti che si era
procurato. Insieme scegliemmo, traducemmo, facemmo
venire altra documentazione
dai gruppi di opposizione che
si erano formati negli Stati
Uniti; ma il progetto, l’impostazione, le idee erano sue.
Non solo in quella occasione,
e fin dai tempi in cui eravamo
in Facoltà, Sandro ha stimolato la mia generazione quella che va grosso modo da
Giorgio Bouchard a Marco
Rostan - impedendoci di ridurre l’etica a un problema
solo religioso e solo individuale, continuando a porre,
con altri, il problema della
dimensione sociale e politica
della vocazione evangelica,
in un quadro rigorosamente
riformato, appassionato eppure disincantato.
Quando aveva intorno a sé
qualcuno che contribuisse a
ancorare a terra una piccola
parte della quantità di idee
che faceva incessantemente
turbinare, Sandro realizzava
cose incisive, si trattasse di
seminari e conferenze, reportages, o di una trattoria-ritrovo per intellettuali torinesi.
Così ha dato il meglio di sé a
Agape, ambito comunitario
per eccellenza, in stagioni diverse, dal primo gruppo residente della comunità di
Agape in poi.
In altre stagioni della sua
vita non è stato in grado di
raggiungere o mantenere dei
risultati. Non ha terminato gli
studi in legge né in teologia,
ha lasciato la carriera giornalistica, è arrivato a avere il
suo nome in copertina come
traduttore di importanti opere
in campo socio-economico
per poi lasciar scivolare questa possibilità come sabbia tra
le dita.
Ma chiunque ha conosciuto
All'epoca della costruzione del
Centro ecumenico di Agape
Sandro ha ricevuto qualcosa
da lui, lo ha conosciuto come
un amico dal cuore largo e
generoso. Per il giudizio comune, che parte da ciò che
uno ha realizzato, Sandro non
è mai stato molto appariscente, ma noi vogliamo ricordare
che l’uomo guarda all’apparenza mentre il Signore guarda al cuore.
In quest’ottica, prendendo
commiato da Sandro, sentiamo di aver perso una parte
importante di noi e più vivo
abbiamo il sentimento grato
per quanto abbiamo ricevuto
da lui e per mezzo di lui.
Franco Giampiccoli
Il museo
di Frali
Un breve, fulmineo ricordo
di Sandro, fra i tanti prodotti
da anni di lavoro comune,
che tornava oggi alla mente a
me e Franco Davite evocando
la «costmzione» della mostra
della vai San Martino nel settembre 1965. Fu in occasione
di una «Festa provinciale della montagna», a Frali, che
venne l’idea di utilizzare il
vecchio tempio, ormai vuoto
dopo la costruzione del nuovo, per presentare la vita e la
storia della valle. Idea eccellente, progetto affascinante
che Sandro incontrò sul suo
cammino e di cui si innamorò.
Cosa gravissima (per quelli
che pensavano di lavorare
con lui) perché come in tutti i
suoi progetti esistenziali o
ideologici scatenò una massa
irrefrenabile di idee, invenzioni, proposte, tale da soddisfare una mostra al Louvre.
Montò e smontò pannelli,
ritagliò immagini e scrisse didascalie per giorni reinventando il percorso da capo
ogni volta, aprendo sempre
nuove piste e scoprendo nuove realtà, come sprofondando
in una voragine di stanchezza
e stordimento senza fondo in
cui egli si muoveva instancabile sbucando improvviso come i diavoli dalle scatole magiche. Nella notte della domenica di inaugurazione il
tempio era un cantiere, e sarebbe rimasto così per settimane ancora se, sfinito da
giorni e notti insonni, Sandro
non fosse crollato permettendo ai pochi sopravvissuti di
metter su la mostra, ultimando di incollare gli ultimi documenti mentre i visitatori
iniziavano il percorso.
Si fa sempre così e tutti i
giovani fanno così: ciò che
mi resta oscuro è perché l’intellettuale che conosciamo si
sia appassionato in quei mesi
(anche dopo la mostra) per
una realtà così lontana, apparentemente, dai suoi interessi
come la storia di una valle
montana. Uomo «tutto oggi»
innamorato di un ieri remoto,
a lui totalmente estraneo; forse il desiderio sempre inappagato di un solitario per la
realtà della concretezza di
una vicenda umana.
Giorgio Tourn
Un amico
libero e critico
Non amo scrivere necrologi, forse per una certa tradizione protestante di rivolgersi
ai vivi, o perché sovente hanno qualcosa di artificiale e di
costruito. Anche Sandro Sarti
non li amava, e si intuiva dalle cose che diceva, dal modo
in cui affrontava la sua vita, e
dalle cose che ho potuto capire di lui in questi anni in cui
l’ho frequentato con assiduità. Queste righe che cadono sul foglio per frenare la
malinconia per la morte di un
amico libero e critico come
sapeva essere Sandro, non sono dunque un necrologio ma
soltanto un ricordo parziale
ed incompleto, che però mi
sento di trasmettere.
Adesso mi corrono in mente tutte le cose che avrei potuto fare con lui, le discussioni,
le cene, le lezioni che ci teneva nella sua casa arredata alla
meno peggio, ma vivace, piena di libri, riviste, giornali e
rassegne stampa improvvisate
in una cartelletta di cartone.
Era un archivio vivente, di ricordi, di pezzi del passato, di
analisi e riflessioni così critiche e affilate che rimanevi
sempre un po’ stupito davanti
a questa mente che correva
più veloce delle idee che produceva.
Altri potranno raccontare di
lui come membro di chiesa,
collaboratore di Tullio Vinay,
giornalista e studioso.
Io mi ricordo dei momenti
In una recente manifestazione pubblica a Torre Pellice
passati insieme al caffè Londra, o a casa sua mentre mi
raccontava come mai era
sempre all’opposizione, del
suo desiderio di schierarsi
sempre e comunque, della
sua radicalità etica. Non raccontava quasi mai di sé, della
sua vita privata, eppure qualcosa ero riuscito a sapere,
della sua incapacità di fermarsi, di avere una famiglia,
del suo irrefrenabile desiderio
di vitalità e di azione. Mi sentivo bene con Sandro poiché
sapevo che era un intellettuale con una fede profonda, radicata, ma che pure sapeva
mettere in discussione, sapeva dialettizzare. Dietro un fare un po’ burbero e determinato si nascondeva molta dolcezza e capacità di coinvolgere le persone e soprattutto i
giovani.
Lo ricordo come un uomo
che non amava il protagonismo, non ricercava a tutti i
costi il potere. Sapeva rinunciare a tutto questo senza fatica, quasi con leggerezza e sapeva dedicare il suo tempo a
persone come il sottoscritto
che non contano niente e che
non avrebbero potuto essergli
utili un giorno. Per dirla con
un concetto etico, Sandro
Sarti viveva al di là delle necessità opportunistiche che
incombono sul nostro quotidiano, era in una certa misura
più libero. Certo spesso era
faticoso stargli vicino perché
era un fiume di parole, e non
si stancava mai, però era giovane e generoso nel suo modo di fare. Le serate a casa
sua con la gente che lo
frequentava, la sua capacità
di cucinare e gustare il cibo, e
le notizie politiche che ci trasmetteva, mi mancheranno e
mi sento già da adesso un po’
più solo. Quelle sere in cui ci
raccontava con lo stesso tono
di voce di come si cucina un
«bagnacauda», di quando a
Torino negli anni della grande immigrazione dal sud viveva e lavorava con Goffredo
Fori, che stava scrivendo un
libro sulle condizioni di vita
dei meridionali che lavoravano alla Fiat, e di come lo infastidiva che nei Comuni delle valli valdesi accanto alle
lapidi dei caduti non ci fosse
mai scritto: «I valdesi questa
guerra non l’hanno voluta fare». Quelle sere in cui intuivo
di avere vicino una persona
unica ed eccezionale, ai limiti
del racconto, che si arrabbiava tremendamente con coloro
che definiva nello stile americano, «yes man», lui che come pochi sapeva dire no e
nello stesso tempo darti coraggio e affetto.
Manfredo Pavoni
Ciao Sandro
Ho letto sulla «Stampa» di
Torino, di domenica e di martedì, un breve necrologio.
«Gli amici ripordano Sandro
Sarti». Ma è Sandro?
L’ho visto l’anno scorso;
certo era molto invecchiato,
ma ancora impegnato col sindacato sul problema del Medio Oriente. Ero ragazzina,
nel ’68, e Sandro Sarti per
noi studenti era già un «anziano», ci insegnava a fare
controinformazione. Ho addirittura l’impressione che fosse lui a fare, in quegli anni, i
fogli quotidiani che distribuivamo davanti alle scuole, «Il
Bollettino». Poi periodicamente, io e tanti altri l’abbiamo incontrato come amicocompagno-maestro. Certo, è
giusto ed è un peccato che
venga salutato a Torre Pellice. A Torino saremmo venuti
in tanti. Ciao Sandro.
Carla Ortona
Per ricordare
Al termine del funerale un
gruppo di amici di Sandro si
è ritrovato presso la Foresteria valdese per avere informazioni sulla morte e per ricordare Sandro.
Al termine si è deciso di
raccogliere i «documenti» di
Sandro e su di lui (ricordi, fotografie, nastri registrati
ecc.). A coordinare questo lavoro è stata incaricata Maria
Teresa Fenoglio, via San
Giuseppe Benedetto Cottolengo, n. 6, 10152 Torino.
Tel.Ol 1/4367463.
L’Associazione Francesco
Lo Bue (via Repubblica 6,
10066 Torre Pellice, tei.
0121/91507), con la quale
Sandro ha collaborato in quest’ultimo periodo della sua
vita, si è assunta l’incarico di
raccogliere i fondi per questa
iniziativa. Chi vuole può versare un contributo sul ccp n.
25246109 intestato alla Associazione Lo Bue, 10066 Torre Pellice, specificando nella
causale «progetto ricordo
Sandro».
Attraverso questo settimanale verrà resa nota la data di
un successivo incontro degli
amici di Sandro per decidere
il da farsi.
15
venerdì 19 MARZO 1993
RIFORMA
Il metodo
ecumenico
È inutile andare in giro con
la lanterna in cerca di una nuova metodologia ecumenica,
che ravvivi e rafforzi vincoli
che non si sa quanto si vogliono rafforzare e ravvivare.
La realtà è che non esistono
metodi nuovi; validi sono solo quelli che rispondono alle
esigenze di chi li attua. Ed è
così che, semplicemente, un
gruppo di cattolici della comunità salesiana del Vomero
(Napoli) incontra un gruppo
della comunità battista
dell’Arenella (sempre di Napoli) ed insieme decidono di
attuare un metodo «inopportuno». Il metodo è: «amarsi in
Gesù Cristo».e l’attuazione
è:«porsi al servizio di Gesù
Cristo».
Nasce quindi spontaneamente il gruppo di lode ed
animazione «Gesù è la via».
Fratelli e sorelle pregando,
cantando e lodando Dio testimoniano contro ogni logica
che «uno più uno» per i figli
di Dio fa sempre uno, ovvero
l’unità nell’unico Signore e
Salvatore Cristo Gesù.
«Gesù è la via», nuovo nato
nella costellazione cristiana,
sa di incontrare difficoltà e
diffidenze. Non chiede quindi
nulla se non un «granel di senape» di fiducia.
Abbiamo già vissuto una
prima esperienza il 7 gennaio
nella comunità cattolica di
santa Maria alla Rotonda dove, nel corso di una assemblea
attenta e partecipe abbiamo
potuto vivere momenti di intensa gioia spirituale. Il 28
marzo il gruppo si ritroverà
nella comunità battista di Arzano, condotta dal pastore Pasquale Corrado, dove potrà
nuovamente sperimentare la
ricchezza che scaturisce dal
vivere insieme l’evangelo della gioia.
Cosa desideriamo? Rispondere con gioia all’invito di tutte quelle comunità che desiderano condividere con noi quel
patrimonio di vita spirituale,
continuamente arricchito
-XP<mo P6R
COMI MCIAf?e povere
RestiTüifí^e
lu Rubato.
MA QUESTA
i' OtJA TORTORA
M6DievAce !
dall’opera dello Spirito santo,
testimoniando ad un tempo
quel messaggio di unità dei figli di Dio che solo in Cristo si
realizza.
Antonia Caputi (cattolica) e
Raffaele Fogliano (battista)
Napoli
La religione e
la democrazia
Come spesso accade molte
immagini televisive restano
immagazzinate senza che si
effettui una valutazione; quasi sempre l’apparecchio è acceso mentre si fa altro, e anche le emozioni, pure imprevedibili, sono rare. La riflessione è rimandata a 'un altro momento.
Ora l’articolo La toga e la
giacchetta di Giorgio Bouchard la propone e, devo dire,
mi lascia del tutto disorientato. Il presidente Usa, la Bibbia, il predicatore, il giudice;
seguendo la lettura queste immagini me le sono ritrovate
davanti agli occhi. Insieme
però non ho potuto fare a meno di pensare a certe manifestazioni pubbliche italiane, almeno di una volta: il sindaco,
o il ministro, il vescovo, la
bandiera. C’è differenza?
Nello stesso giorno in cui il
presidente si insediava alcuni
aerei facevano incursione in
Biitorma
Napoli: il settore
Via Pio V, 15 -10125 Torino - tei. 011/655278 - fax 011/657542.
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Il presente numero 11 costituisce il n. 11 del 19 marzo 1993 1993 de La Luce.
Reg. Tribunale di Pinerolo n. 176/60. Sped. in abb. postale gr. Il A/70.
Foto di prima pagina: Napoli: Il reparto neonatale dell’ospedale Villa Betania
Iraq, certo niente a che vedere
con Hiroshima, ma qualche
bomba l’avranno pur lanciata
e oggi le parole non sono mai
adeguate; ho sentito, ad esempio, che certi proiettili anticarro avrebbero oltretutto effetti
differiti nel tempo, ne sarebbero morti migliaia di bambini.
Seguendo le immagini mi è
tornato alla mente il film Hiroshima mon amour e a quel
punto mi sono visto sicuramente prigioniero di una
cultura superata. Così ho riletto l’articolo che non è, mi
pare, tanto semplice; il giudice in toga e il pastore mi hanno fatto pensare alla Riforma,
al principio della libertà religiosa e della separazione tra
chiesa e stato, al movimento
anabattista; ho divagato molto, ma non sono riuscito a
cancellare la prima impressione negativa.
L’immagine della «religione democratica» è suggestiva
anche per me, ma è tutto il
contesto da cui viene estratta
che mi fa pensare piuttosto a
una democrazia che si ammanta di cristianesimo, spesso
a torto.
Carlo Moriero - Roma
La chiesa
delle donne
Desidero esprimere le mie
perplessità su alcune affer
mazioni contenute, nell’articolo La chiesa delle donne e degli uomini femministi (19 febbraio).
Daniela Di Carlo, in dissenso con la nota teologa E.
Schiissler Fiorenza, così si
esprime: «Non posso fare appello a un lavoro comune con
gli uomini (nel cammino di liberazione della donna) perché
ciò mi farebbe ricadere nel riconoscimento di un’autorità
maschile preoccupata di fagocitarmi».
Io non vedo perché lavorare con gli uomini debba fatalmente comportare il riconoscimento di una loro specifica autorità e non mi sembra neanche ragionevole partire dalla convinzione che essi
vogliano a ogni costo fagocitarci. Mi sembra che con le
stesse motivazioni si possa
giungere a rifiutare ogni confronto e ricerca fra categorie
diverse di persone (sia per il
timore di non dover riconoscere all’altro una qualsiasi
autorità, sia per la paura di
essere fagocitati).
Più avanti leggiamo: «Quindi non posso svolgere un discepolato uguale a quello di
un uomo, che ha un corpo diverso dal mio». Anche se poi
la frase continua sviluppando
il concetto del tentativo secolare dell’uomo di annullare la
personalità femminile, l’affermazione di cui sopra è troppo
pesante per essere assorbita
dal contesto. Non è certo la
diversità dei corpi a impedire
un discepolato comune come,
inversamente, l’avere corpi simili (e magari mentalità opposte) non costituisce di per sé
una garanzia.
Confesso di non aver approfondito a sufficienza il
pensiero della differenza e,
per quello che ne ho letto, anche di non averne colto il significato essenziale.
Sarei perciò grata se altre
persone meglio qualificate di
me in questo campo (e che
forse non danno per scontate
le posizioni dell’articolo citato) esprimessero il proprio
pensiero.
Credo in ogni caso che occorra far chiarezza sull’argomento, a beneficio della nostra fede di dorme e di uomini.
Mirella Argentieri Bein
Torre Pellice
Piccoli Annunci
VACANZE IN PROVENZA - Le «équipes ouvrières protestantes» organizzano, dall’8 al 26 agosto 1993, una «Università d’estate» a Carmejane (Alpi di Alta Provenza), a circa dodici km da Digne-les-Bains. A queste vacanze alternative possono partecipare singoli e famiglie. La tariffa giornaliera, differenziata secondo il reddito, va da 70 ai 150
franchi per persona adulta, da 60 a 130 per gli adolescenti
dai 13 ai 17 anni, da 50 ai 105 per i ragazzi dai 7 ai 12 anni,
da 40 a 85 per bambini sotto i sette anni.
Le iscrizioni vanno inviate entro il 15 aprile 1993 al seguente indirizzo: Marc Muller, 25 me George Sand, 68200
- Mulhouse (Tel. 89 60 40 04)
COPIONI TEATRALI - La chiesa valdese di Pachino ha organizzato un gmppo di teatro che ha già rappresentato un
dramma il XVII febbraio. Il gruppo cerca dei copioni di
opere con messaggi forti, possibilmente adatti al nostro
tempo e attuali. Chi volesse e ne avesse sotto mano, li può
inviare a: Gmppo teatro, c/o Chiesa evangelica valdese, via
Menotti 2 - 96018 Pachino (Sr).
PREMIO DI SCUOLA DI PACE - La scuola di pace ed il
comune di Boves hanno bandito la prima edizione del premio biennale «Scuola di pace» rivolto agli autori di un testo
di narrativa ad uso scolastico che sviluppi i temi della cultura della pace, informi e sensibilizzi gli alunni all’educazione alla mondialità.
Al concorso, patrocinato dalla Presidenza della Repubblica,
dal ministero della Pubblica Istmzione e dalla Regione Piemonte, possono partecipare autori italiani e stranieri con opere
in lingua italiana: la premiazione avverrà nel settembre ’93 in
occasione delle manifestazioni ufficiali della città di Boves.
Le opere dovranno pervenire al Comune entro il 30 giugno.
AUGURI - Redattori e collaboratori esprimono i loro affettuosi auguri a Luciano Cirica e Daniela Minutelli, che si sono
sposati a Napoli lo scorso 27 febbraio.
L’ISTITUTO EVANGELICO FERRETTI - via Silvio Pellico,2, 50121 Firenze ringrazia tutti coloro che hanno inviato offerte in memoria di Lucilla Santini che è stata per tanti
anni nostra guida sicura e partecipe del nostro lavoro. Ricorda a chi può interessare che il numero del conto corrente
postale è 26982504
ESPERIENZE
SENZA
PECCATO?
LAURA CARLODARATRI _
Agosto ’92: la città è assolata e deserta. In una casa
si consuma uno dei tanti drammi. Un uomo solo,
sofferente fisicamente, spiritualmente, angosciato, da
anni senza più amici. Solo in un abitato vuoto, in una
strada senza vita, nell’afa, in un caseggiato vecchio dai
rubinetti avari d’acqua. Solo, ma non per questo privato
della compagnia di un telefono che non suona, di una
straordinaria acutezza mentale, di una sensibilità eccessiva, dei ricordi di una vita sofferta, mai realizzata: solo, ma non per questo privato dei suoi enormi sensi di
colpa, delle sue frustrazioni, di un senso estetico impossibile da soddisfare.
È il mio gemello; alcolista - in quel momento sobrio
- farmacodipendente, omosessuale rinnegato da se stesso oltre che dagli altri. Sono cosciente di non poter fare
nulla per tirarlo fuori dall’incubo della sua vita e dai
suoi sonni. Tuttavia, non reggendo più all’inazione e al
distacco che mi sono imposta, penso di aiutarlo a cercare riparo dall’arsura dell’estate, almeno a poter scambiare due parole con qualcuno, almeno per pochi giorni.
Preavverto con una settimana di anticipo, poi lo accompagno a un campeggio estivo evangelico dove sono
conosciuta da anni, e per necessità di lavoro me ne vado
di corsa dopo mezz’ora. Ma il mio fratellino non piace,
non ha le carte in regola. Lo schiacciano con un farisaico: «Il campo in corso non è adatto per te», da cui
non riesce a difendersi, e nonostante i numerosi letti
vuoti lo riaccompagnano alla corriera alle cinque del
pomeriggio.
Impiega tre ore per tornare a casa, massacrato da una
sudata paurosa. Che cosa obietto? Semplice: non mi
hanno dato il tempo di andare a riprenderlo. Solo i lebbrosi erano trattati così, prima di Gesù. Ora ho la prova,
definitiva, che sì siamo evangelici, ma spesso non cristiani, né possediamo quel po’ di umanità in genere dato in scorta un po’ a tutti.
Non voglio più appartenere a una comunità di gente
apparentemente senza peccato, onesta fino all’ultimo
respiro. Accetto di appartenere a una comunità composta di gente che sbaglia, ma che smette di mettersi sugli
altari, che sia capace di autocritica. Scriviamole queste
cose: diciamolo che i diaconi e i pastori a contatto con
il pubblico spesso non sono preparati non dico a essere
psicologi, ma a volte nemmeno a essere gentili.
Spero che altri vogliano scrivere delle loro esperienze. Quanto siamo bravi lo sappiamo già. È ora di sapere
quanto siamo sciocchi, impreparati, razzisti, a volte cattivi. A lui però, a mio fratello, non potremo più rendere
giustizia, e nemmeno amore.
•TECIPAZIONI
RINGRAZIAMENTO
« Venite a me voi tutti che siete
affaticati e oppressi;
io vi darò riposo »
Matteo 11,28
Le figlia Elsa ringrazia commossa quanti hanno partecipato
al suo dolore per la scomparsa
della mamma
Assely Coì'sson
ved. Chentre
di anni 94
In particolare ringrazia i medici, le infermiere e il personale
dell’ospedale valdese di Pomaretto, gli alpini del gruppo «Fratelli
Co'isson» di Inverso Rinasca, le
famiglie dei condomini sigg.
Pons, Cianalino e Mamprin per II
loro sostegno nella difficoltà.
Porosa Argentina, 9 marzo 1993
RINGRAZIAMENTO
«Ecco io sono con voi
tutti i giorni, fino aiia fine»
Matteo 28, 20
I familiari di
Dino ReveI
ringraziano di cuore tutti coloro
che hanno manifestato affettuosa
simpatia in occasione della dipartita del loro caro.
In particolare I pastori Bellion e
Davite, il sig. Livio Gobello e tutta
la grande famiglia dell’Asilo valdese che lo hanno circondato di
premure e affetto .
Luserna S. Giovanni, 10 marzo 1993
I necrologi si accettano entro le ore 9 del lunedì. Telefonare al numero 011655278-fax 011-657542.
mi
ONORANZE E TRASPORTI FUNEBRI
Torre Pellice - Via Matteotti, 8 - tei. 0121/932052
Luserna S. Giovanni-ViaGianavello, 31 - tei. 0121/909565
Servizio Notturno e festivo: Luserna S. Giovanni C.so Matteotti, 13 tei. 0121 /909745
Per la pubblicità su questo giornale:
Servizi Editoriaiim.
tei. 0121-32.36.38
16
OSPEDALE
EVANGELICO
VILLA
BETANIA
NAPOLI
MESSAGGIO ALLE CHIESE
Care sorelle e cari fratelli,
vi scriviamo così, a mezzo del nostro giornale, perché non vi conosciamo tutti di nome,
né sempre ricordiamo i vostri volti. Eppure,
in questi mesi vi abbiamo sentiti molto vicini a noi, nel dolore, nella preghiera e ora
nella gioia: quando abbiamo saputo che migliaia di lettere e cartoline stavano arrivando da ogni parte d’Italia e dall’estero per
chiedere la classificazione di Villa Betania e
per mettere fine all’ingiusta discriminazione
di cui era oggetto, abbiamo avuto la certezza
di vivere nella «comunione dei santi», di
essere sostenuti da migliaia di altri credenti,
forse ignoti, ma certo non anonimi.
Grazie, sorelle e fratelli, che non avete
lasciato cadere nel vuoto l’appello del Sinodo e dell’Assemblea Ucebi, e avete saputo
impegnarvi a favore di un’opera evangelica
che meritava di non morire. Villa Betania è
ora salva, anche se abbiamo passato alcuni
mesi terribili: e se è salva, ciò è accaduto
anche grazie alla vostra fede, grazie al vostro
impegno.
Nuovi compiti ora ci attendono; dobbiamo completare le pratiche regionali, vogliamo migliorare il servizio e, se Dio vorrà, nel
futuro speriamo addirittura di poter raddoppiare l’ospedale: esso vuol essere un pezzo di
quella «Napoli ricostruita» su cui molti di
noi puntano, per il dovere della speranza e
nella certezza della fede.
Vi terremo via via informati dei nostri
pensieri e dei nostri progetti: ma avremo
ancora bisogno di voi, del vostro amore e
della vostra preghiera, affinché i nostri progetti corrispondano alla volontà del Signore
e le nostre azioni rispondano alla sua grazia.
A nome del Comitato direttivo di «Villa Betania»
il presidente,
Sergio Nitri
KHBtS
Il cammino
della solidarietà
Sono stati necessari quasi dieci anni prima di giungere alla «classificazione»: un cammino lungo, tutto in salita, senza
poter contare sull’aiuto di «padrini» e perciò, a viste umane,
perdente in partenza, animato
da grandi speranze, ma costellato di continue delusioni e frustrazioni. Eppure, nonostante
tutto, e forse proprio per questo,
un cammino benedetto. Quando
alla notizia dell’approvazione
della delibera regionale il presidente del comitato dell’ospedale, Sergio Nitri, ha esclamato:
«Noi siamo riconoscenti innanzitutto al Signore per il raggiungimento di questo importante
traguardo», non ha semplicemente detto una frase pia, ma ha
espresso una profonda verità.
Nell’asprezza del cammino era
stato possibile compiere un’esperienza quanto mai singolare che
conferisce oggi alla classificazione raggiunta un valore pieno,
che non vogliamo perdere ma
conservare come un patrimonio
prezioso.
«Villa Betania» nasce dalle
rovine della guerra, dalla miseria del popolo napoletano come
segno di riconciliazione e di speranza, di solidarietà umana e di
vita nuova. E il messaggio della
resurrezione che le chiese evangeliche di Napoli tentano di tradurre nella storia; il messaggio
dell’amore di Dio, dell’agape,
segno di un mondo nuovo. Intorno a questo messaggio le
chiese evangeliche, altre volte
divise, trovano una loro unità. E
già questo è un primo, importante risultato. La solidarietà
però si allarga e si estende, coinvolgendo altre chiese, altre denominazioni. Molte sono le persone che lavorano alla realizzazione di questo sogno. Tra tutte
va menzionata la figura carismatica del dott. Teofilo Santi, infaticabile sostenitore di quest’
opera, per la cui realizzazione, fino all’ultimo, spenderà le sue
energie vitali (cadrà, stroncato
da un infarto, nel presiedere il
Consiglio di amministrazione).
Gli evangelici napoletani non
hanno mezzi finanziari sufficienti
per costruire un ospedale, ma a
questo punto incontreranno la
solidarietà dell’ecumene cristiana, «la comunione dei santi»
che cessa così di essere un’
espressione vuota, ma si concretizza di contenuti. Le chiese sorelle dell’Europa e dell’America
seguiranno questa «avventura
della fede» (come la definisce lo
storico Maselli in un libro in cui
ne ripercorre le tappe).
Ma, per venire a tempi più
recenti, quando l’ospedale attraversa uno dei suoi periodi più
bui sotto il profilo economico
ed è in forse se continuare a
svolgere la propria attività o
chiudere, scatta la solidarietà
delle chiese in Italia. 11 Sinodo
delle chiese valdesi e metodiste
si schiera compatto accanto
all’ospedale; altrettanto fa l’Assemblea delle chiese battiste.
Ogni chiesa locale segue le vicende dell’ospedale, ne prende a
cuore la sorte e presenta al Signore la sua preghiera d’intercessione. Anche dall’estero si
seguono gli sviluppi (meglio sarebbe dire «i non sviluppi»!)
della questione. C’è chi organizza conferenze, altri fanno collette, ed altri ancora scrivono lettere alla Regione Campania per
chiedere la classificazione. Anche i giornali locali ne parlano;
e così pure faranno notiziari televisivi e il caso arriverà anche
sulle reti televisive nazionali.
Prima di arrivare a questo livello bisogna menzionare la mobilitazione della popolazione locale, e in particolare del quartiere di Ponticelli, un quartiere sul
quale molte volte si accendono i
riflettori della stampa e sempre
per riferire di fatti tragici.
L’ospedale in questo contesto
rappresenta un .segno di speranza. Non si può togliere anche la
speranza a chi già si trova ad affrontare ogni giorno la lotta per
la sopravvivenza. Perciò il quartiere si muove: si forma un Comitato, si raccolgono firme,
vengono distribuite migliaia di
cartoline da inviare alla Regione, si sensibilizzano le forze politiche, sindacali. Numerose interpellanze vengono rivolte da
parlamentari al governo per
chiarire i motivi cbe si frappongono alla classificazione e per
chiedere che questa avvenga in
tempi rapidi. Si muovono anche
le parrocchie cattoliche: don
Attilio Piro, vicario episcopale e
parroco di Ponticelli, denuncia
in una lettera fatta recapitare
tramite il cardinale Ursi al presidente della Repubblica, «il
colpevole silenzio delle istituzioni»; il Quirinale, a sua volta,
farà sapere di avere trasmesso al
governo l’appello a favore di
Villa Betania.
La Regione Campania non
potrà fare a meno di considerare
tutti questi fatti, tanto che nel
corpo della delibera dirà ad un
certo punto che «con nota della
Prefettura di Napoli n. 09680
dell’11-7-1989 è stata sottolineata l’esigenza di evadere positivamente la richiesta dell’ente in
quanto la zona in cui ricade
l’ospedale evangelico Villa Betania è ad alta densità abitativa e
priva di qualsiasi struttura sanitaria pubblica di degenza e che
in analoga prospettiva si sono
indirizzate le numerose interpellanze parlamentari e consiliari
pervenute al riguardo».
Dunque con ragione va detta
la nostta riconoscenza al Signore. Se il cammino è stato duro,
esso però è servito a mettere in
luce una solidarietà così ampia
da superare ogni immaginazione.
Perciò è stato un cammino benedetto.
L’ospedale Villa Betania non è
solo la realizzazione di una pattuglia avanzata di sognatori e visionari: questi hanno gettato le
basi e costruito con fede, che «è
certezza di cose che si sperano,
dimostrazione di cose che non si
vedono» (Ebrei 11, 1), qualcosa
che ora, con la classificazione, è
divenuto patrimonio di una comunione di chiese e di una popolazione.
Il cammino non è concluso.
Quella conquistata è solo una
tappa, non un traguardo definitivo.
Altre tappe ci attendono ed
anche altre difficoltà e lotte e
battaglie sia interne che esterne.
Ma oggi tutto questo può essere
affrontato con serenità e fiducia.
«L’Eterno ha fatto cose grandi
per noi, e noi siamo nella gioia»
cantava il .salmista, guardando al
cammino percorso; ed aggiungeva, pensando a quanto ancora rimaneva da percorrere: «Quelli
che seminano con lacrime, mieteranno con canti di gioia»
(Salmo 126 3, 5).
La lunga marcia
per la classificazione
Cominciò nel 1984 quando,
in data 10 ottobre, la Tavola valdese, per conto delle chiese
fondatrici dell’ospedale, avanzò
per la prima volta alla Regione
Campania la richiesta di classificare l’ospedale Villa Betania da
«Casa di cura di fascia A» in
«Ospedale generale di zona», ai
sensi della legge 132/68 Tuttavia, nonostante i solleciti, la richiesta non ebbe alcuna risposta.
Due anni dopo, il 23 maggio
1986, il Comitato direttivo dell’
ospedale reiterava la richiesta
già fatta dalla Tavola valde.se, e
qualcosa cominciava a muoversi.
Infatti pochi giorni dopo, esat
tamente il 19 giugno, il Consiglio circoscrizionale di Ponticelli,
nel corso di una seduta straordinaria, sottolineando l’importanza
sociale della classificazione, ne
auspicava un rapido riconoscimento da parte degli organi competenti, e si adoperava a sensibilizzarli sulla questione.
Passavano tuttavia alcuni mesi
senza registrare alcun movimento.
Finalmente il 24 gennaio 1987 il
coordinatore amministrativo
dell’Usl 45, competente per zona,
l’avv. Italo Santaniello, dava parere favorevole, necessario al proseguimento dell’iter della pratica
Il 25 maggio, e cioè quattro me
posti letto 32
posti letto 8
posti letto 32
posti letto 20
posti letto 8
posti letto 32
posti letto 8
REGIONE CAMPANIA: ESTRAHO
DAUA DELIBERA Di CLASSIFICAZIONE
(Omissis...) La Giunta, a voto unanime,
DEUBERA
1) di classificare, come classifica, per quanto in premessa che qui si intende
integralmente riportato, l’Osp^ale Evangelico Villa Betania ubicato in Napoli, Ponticelli, alla Via Argine, in Ospedale Generale di Zona con la seguente
organizzazione dei servizi di diagnosi e cura:
posti letto complessivi n. 140, cosi ripartiti:
-1 modulo di chirurgia generale
-1 sottomodulo di diìrurgia generale
-1 modulo di medicina generale
-1 modulo di oculistica
-1 modulo di terapia intensiva neonatale
-1 modulo di ostetricia e ginecologia
-1 sottomodulo di ostetricia e ginecologia
servizi;
-1 servizio di assistenza cardiologìga annesso alla medicina generale;
-1 servizio di gastroenterologia con endoscopia annesso alla medicina generale;
-1 servizio di ecc^rafia internistica
-1 servizio di oftalmochirurgia laser annesso all’oculistica;
-1 servizio di urodinamica annesso alla ostetricia e ginecologia;
-1 servizio di patologia della fertilità annesso alla ostetricia e ginecologia;
-1 servizio di anestesia con guardia;
-1 servizio di endoscopia ginecologica annesso alla ostetricia e ginecologia;
-1 servizio di an^omia ed istologia;
-iserviziodiradiologia;
-1 servizio di laboratorio di analisi;
-1 servizio di pronto soccorso annesso alla medicina generale ed alla chirurgia generale;
2) di autorizzare il Presidente della Giunta regionale all’emissione del relativo decreto di classificazione;
3) di stabilire che fino alla data di efficacia del nuovo atto convenzionale da
stipularsi tra USL 45 e Ente ecclesiastico - in adeguamento alio schema tipo
di cui al pPCM. 18-7-^ previo r^iungimento di intesa tra R^ne ed ètte medesimo per la disciplina dei rapporti economici * i rapporti giuridici ed
economici tra la USL e l'Ospedale restano regolati dalla «invenzione tuttora
inatto;
4) di incaricare l’Area generale di Coordinamento Assistenza Sanitaria/Settore Assistenza Ospedaliera per quanto di competenza.
11 Segretario
DìGiaoomo
Il Presidente
Clemente di San Luca
si più tardi, l’Usl 45 provvedeva
ad inviare un’apposita commis.sione sanitaria con il compito di
ispezionare le strutture dell’ospedale e quindi pronunciarsi in merito ai requisiti indispensabili per
ottenere la classificazione. Il verbale redatto dagli ispettori espresse un parere favorevole.
A questo punto, però, la pratica non fece alcun progresso ulteriore. Passò l’87, e passò anche
l’88; finalmente, sul finire del
1989, e precisamente in data 20
novembre, il coordinatore sanitario deirUsl 45 chiedeva all’
ospedale di inserire un modulo
di «terapia intensiva neonatale»,
al posto di un semplice reparto
di pediatria.
L’ospedale, accogliendo la richiesta, provvedeva prontamente;
tanto che il comitato di gestione
deU’Usl, il 22 dicembre dello stesso anno, esprimeva il proprio parere favorevole al riconoscimento
dell’ospedale, avendo questi ottemperato alle richieste di adeguamento delle proprie strutture.
Ma ancora una volta la pratica
subì un nuovo, lungo, inspiegabile arresto. Trascorsero inutilmente tutto il 1990 e parte del ’91.
Solo nel luglio di quell’anno
nell’ordine del giorno delle sedute
della giunta regionale veniva inserita anche la questione della
classificazione. La giunta riunita
in seduta il 9 luglio, non trovò
però il tempo di esaminarla; e lo
stesso accadde in una seconda seduta che ebbe luogo il 25 luglio.
Passarono altri mesi. L'il novembre 1992 rUsl 45 compiva
un'altra ispezione all’ospedale.
Nel suo rapporto segnalava, fra
l’altro, i gravi rischi che comportava l’eventuale trasferimento di
un neonato prematuro, dato che
l’ospedale, essendo ancora privo
della classificazione, non aveva
ancora potuto attivare il reparto
di medicina intensiva neonatale,
richiesto a suo tempo e già predisposto.
Il 21 dicembre '92 l’USL 45
esprimeva nuovamente parere favorevole alla classificazione, e trasmetteva all’assessorato regionale
alla Sanità la delibera relativa.
Finalmente, nella notte tra il
17 e il 18 febbraio di quest’anno,
la giunta della Regione Campania approvava la delibera relativa alla classificazione.