1
ASNO IX — N. 18. II SEEIE 30 Settkmbrk IbtiO.
LA BUONA NOVELLA
GIORNALE DELLA EV.1NGELIZZAZI0NE TTALIAKA
-vvYXA^XAAaz^
Seguendo la verità nella carità. — ilFBy. VI. 15.
PREZZO DI ASSOCIAZIONE i LE ASSOCIAZIONI SI RICEVONO
Per Io Stato [franco a destinazione]____£. 3 00 ; In ToRiso airUffizio del Giornale, via del Principe
Por la Svizzem e Francia, id........... „ 4 25 Tommaso dietro U Tempio Valdese.
Per l’Ingliilteri-a, id. .................. „ 5 50 Nelle Provincib per mezzo di franco-boUi po
Per la Germania id................... „ 5 50 s stali, che dovranno essere inviati franco al Di
Non si ricevono associazioni per meno di un anno. ^ rettore della Bcosa NbVEi.LA.
Aireatero, a’seguenti indirizzi: Parigi, dalla libreria C. Meyrueis, rue Rivoli;
Ginevra , dal signor E. Beroud liljraio ; Inghilterra per mezzo di franco-bolli
inglesi spediti franco al Direttore della Buona Novella.
SOMMARIO
Atliialità : I Maroniti, i Drusi e le Missioni nella Siria. — Meditazione biblica : La vittoria sopra
il mondo. — Bibliografia : Essai sur P avenir de la tolcrance, par Ad. SchafftT. — Corrispondenza fi(n‘entina, IV. — Notizie religiose : Torino — Bologna — Firenze.
ATTLAIilT.i
i MARONITI, I DRUSI E LE MISSIONI NELLA SIRIA
Tutti gli sguardi oggidì si dirigono verso la Siria, cotesto antico
teatro di lotte fra la mezzaluna e la croce. L’occidente si è commosso
d’una profonda simpatìa all’ndire le atroci sofferenze che il fanatismo
musulmano ha fatto patire ai nostri fratelli del Libano. I figli d’Israel,
sentendo, per così dire, di nuovo i loro antichi diritti d’influenza sulrOriente, hanno reclamato, i primi quasi, il privilegio di sollevare
così grandi dolori.
L’ Universo Israelita, gli Archivi del Giudaismo, principali
organi degl’israeliti francesi, proferirono nobili parole di carità e di
sdegno contro l’intolleranza; in tre giorni la sottoscrizione ebraica di
Parigi giungeva alla cifra di 50,000 franchi. Dopo d’allora, è vero,
avvenimenti d’un vivissimo interessamento fissarono di piiì in più
gli .“ìguardi sulla patria nostra; ma la simpatìa non dee cessare che
:c. : %
\ .V- «
2
colla sofferenza; gli iiltiiiii giornali ci parlano di nuovi massacri de’
cristiani d’Oriente nei dintorni di S. Giovanni d’Acri, e coloro che
rientrano sbigottiti nei lor focolari o dimorano nelle città della
spiaggia vedonsi alla vigilia di un inverno d’immensi patimenti. Non
li dimentichino i nostri fratelli italiani e soccorrano ad una nazione
sofferente, al momento in cui la loro si rialza col sentimento nobilitante della propria forza e del proprio onore. Allo scopo d’interessare più vivamente alla sorte dei cristiani d’Oriente i lettori della
Buona Novella, io voglio dare loro alcuni particolari intorno le
missioni evangeliche del Libano e della Siria. Cominciamo con alcune parole sui Drusi c sui Maroniti.
Questi ultimi sono uno dei pochi resti di quelle fiorenti chiese
della Siria, che dopo aver brillato grandemente nei primi secoli, caddero nel formalismo e nella morte, dietro le interminabili lotte teologiche del IV e V secolo, e soggiacquero alla nuova religione di
Maometto. Alessandria e Gerusalemme caddero le prime, e mentre
i Califfi affogavano nel sangue le Chiese Siriache, i re di Persia distruggevano col ferro e col fuoco le Chiese Nestoriane e Giacobite che
avevano trovato asilo nei loro Stati.
Antiochia, la sede episcopale di S. Giovanni Grisostomo è di tanti
illustri padri della Chiesa, cadde alla sua volta nel 636, e restò senza
patriarca sino al 742; un Califfo credette bene allora di dargliene un
nuovo; Tiro, Damasco, Bosra, Apama, Edessa, Amida, ridotte per
le guerre a non essere altro che capanne nel deserto, furono ancora
tuttavia dei piccoli centri religiosi ; nei seguenti secoli si mantenne
in esse il culto cristiano, ma senza alcun soffio di vita; i conventi
diventarono il rifugio di molti spiriti più serii, e fu presso uno di
essi, nominato secondo un dottore cristiano del V secolo, l’abate
Maroun, che si raiuiarono i cristiani Monoteliti che furono chiamati
in seguito Maroniti.
Al loro arrivo in Oriente, i Crociati trovarono la Chiesa dei Maroniti stabilita nel Libano, a costa di una setta Musulmana di recente
origine nominata i Drusi. Cotesta singolarissima frazione del popolo
Siriaco deve il suo principio ad uno dei Califfi d’Egitto, nominato
Hakim-Biamvillahi, del partito di Fatima, figlia di Maometto.
Questo tiranno, crudele sino alla follìa, si pose a perseguitare i
cristiani dei quali bruciò, dicesi, 30,000 chiese e conventi; passò dopo
successivamente nella setta dei Scitii e dei Sunniti ; inventò mille comandamenti vessatorii, ordinando ora che i cristiani si ornassero con
n berretto nero, ora che portassero una croce d’un metro e mezzo
3
... ‘■¿iO ...
di lunghezza e di peso di due libbre, ed ingiungendo agli Ebrei di
portar seco una palla di legno rappresentante uua testa di vit^ello.
Non contento di far pesare sui proprj sudditi il giogo de’ suoi capricci,
si fece proclamare Dio, e ftnì per pagare colla vita le di lui crudeltà
ed iniquitii. Uno de’ suoi segnaci chiamato Darassi avendo osato
ripetere nella Moschea del Cairo la bestemmia della di lui apoteosi,
fu obbligato a fuggire e si ritirò nelle montagne selvaggie dell’Antelibano. È là che una popolazione di arditi montanari, sedotta col
fanatismo e colla licenza, abbracciò la nuova religione, e prese da
Darassi il nome di Drusi.
Hamsa divenne legislatore della setta e fece nel suo sistema una
strana confusione di tutte le superstizioni.
Dopo le Crociate, i Maroniti si sottomisero alla fede di Eoma; il
papa mandò ad essi un patriarca latino, e d’allora in poi Antiochia
non ne ebbe meno di quattro alla volta.
La conquista dei Turchi osmanli interruppe momentaneamente le
relazioni con Roma, tuttavia il patriarca si mantenne durante il
XIV secolo, e la caduta di Costantinopoli, avendo fatto cessare in
Oriente ogni rivalità politica, pose i Cristiani in una miglior situazione rispetto alle autorità Musulmanne.
Il padre Griffon rannodò nel XV secolo le antiche relazioni del
Libano con Eoma; Tarmata de’ monaci riconquistò al papa tutte le
città: Saida (Sidon), Beyrout, Tripoli, Larissa, Latakia (Laodicea),
Scanderoum, Damasco, ebbero i lor conventi ; neU’ultimo i buoni
frati mostravano la cella di S. Paolo, la casa d’Anania, la finestra
per cui fu calata la sporta, la tomba del soldato che pagò colla sua
morte la generosità d’aver lasciato fuggir l’apostolo. A Beyrout si
mostrava la croce che aveva lavorata Nicodemo e che Gamaliele
avea possedata dopo di lui, ed altresì, più limgi, la colonna eretta in
memoria del miracolo della Cananea. Simili spettacoli non erano
atti a riaccendere la vita spenta della Chiesa d’Oriente; conveniamo
però che i missionarj romani si posero al lavoro con mirabile attività, e con tal zelo che diificilmente si può attribuire ad altra
fonte che a quella di ogni vera vita cristiana, cioè lo Sjfcrito del Signore. Non così però chiameremo il fanatico zelo del monaco Livinio
di Gerusalemme che volle cercare egli stesso il martirio entrando
nella moschea del Cairo, il che per ogni |uomo non musulmano costituisce un delitto punibile di morte, ed esortando il Sultano ad
abbandonare le menzogne del falso profeta ed a sottomettersi al
Vangelo. I Carmelitani, e in ispecie il loro padre Prospero di S.
4
Spii'ito, tecero meglio ; shibilirono ad Aleppo un convento che serve
di prezioso asilo pei viaggiatori, e la piii parte dei pellegi’ini moderni
d’Orieate è stata a riposarsi sotto il tetto ospitale del convento di
Monte Carmelo fondato dallo stesso ordiue, malgrado l’opposizione
dei Francescani; soppraggiunsero i Gesuiti, assecondando gli sforzi
dei Carmelitani, molti dei quali operarono con zelo afiatto apostolico. Cominciarono i padri Manilier e Stilla e diedero prove di
vera divozione iu occasione della peste, e di molta fermezza nel
carcere ; il padre Besson estese considerevolmente la di lui influenza.
Gli Arabi lo ascoltavano per il piacere soltanto di udire parlare
assai bene il lor linguaggio; niente lo distolse dal curare gli appestati, e soccombette, pel suo zelo, nel 1691. La persecuzione si accese;
il patiiarca ed uno degli arcivescovi ricevettero ottanta colpi sulla
pianta dei piedi e morirono miseramente in una prigione. 11 padre
Couder mostrò egual forza durante il suo bello e lungo ministerio.
Il sugello della persecuziooe, eccitata sovente dall’influenza greca,
in particolare da quella del patriarca Silvestro, non mancò a que’
zelanti operai dai quali si avrebbe voluto vedere impiegati soltanto mezzi più puramente evangelici nella predicazione, in specie
la spada dello Spirito che è la Parola di Dio o la Bibbia.
La missione resistette e sopravvisse alla nuov'a persecuzione del
1817. A Damasco il patriarca greco medesimo invitò il padre Gueyrot, uomo di gran sapere, a secondarlo nell’opera sua ; un militare
cristiano gli offrì una casa; e Gueyrot vi lavorò per 38 armi. Uno dei
suoi colleglli acquistò gran numero di schiava Maroniti, che si voleva
costringere ad abbracciare l’islamismo sotto pena di atroce supplizio.
Tripoli ebbe una missione dello stesso genere, ed uno dei migliori
negozianti di Saida (Sidone), il signor Lambert di Marsiglia, fu
così colpito dallo zelo de’ missionarj che prese egli stesso gli ordini.
Dopo un primo saggio missionario nelle Indie, fatto prigioniero sul
Mediteranneo, come corsaro, fu condotto al signore della contrada,
il maronita Abunanfil, che, avendo conosciuto le di lui qualità, gli
propose con un generoso impulso di associarsi alle sue fatiche per il
bene dei Iftoi correligionarj maroniti. Lambert si pose all’opera e
lavorò con molta costanza e frutto. Nell’ultimo secolo i legami dei
Maroniti con Roma diveltarono più stretti ancora pei lavori dei sapienti Assemani.
Liberata anch’essa dalla persecuzione e dalle esteriori lotte, la
Chiesa evangelica principiò alla sua volta una bell’opera in Oriente.
Il suo punto di vista la colloca in una posizione materialmente più
5
tifavorevole: ella non vuol far proseliti, ma convertire le anime per
la possanza del S. Spirito. Questo lavoro è il più arduo di tutti ; se
nou che vedremo che Iddio ha benedetto i di lei sforzi, e la missione
americana d’Oriente ci mostrerà, al pari ogni opera veramente evangelica, che per salvare le anime è necessario condurle alla conversione.
MEDITAZIONE BIBLICA
LA VITTORIA SOPRA IL li O N D ()
“ Voi avrete delle afflizioni nel mondo, ma fate animo io
“ ho \'iiito il mondo. " {(ìiov. xvi, 33).
Che avrò io a temere di un mondo già vinto ? Il Trionfatore onnipotente, vicino a ricevere la corona di gloria, volgesi a’ suoi deboli
e timidi soldati, e dice loro di prendere coraggio. Eglino non hanno
già a combattere de’ nemici incogniti. L’uomo Dio,nostro mediatore,
conosce il loro valore. Egli è stato tentato in ogni cosa ; cammina
innanzi a noi, e grida a noi, poveri pellegrini quali siamo: “ Io vi farò
conoscere il sentiero della vita. ” E questo cammino Egli stesso lo ha
calcato, e ne sà per esperienza tutte le difficoltà. Xon evvi uua spina
dolorosa che non l’abbia ferito, non una croce, che non abbia portato,
non una lagrima, che Egli non abbia versato. Veramente manca
una cosa per compiere questa perfetta identità fra Cristo ed i suoi:
Egli è stato senza peccato; ma quest’istesso orrore al peccato che
prova la sua santa natura è cagione, forse, per cui senta così grande
e profonda simpatia per coloro i quali non sono al di dentro altro
che corruzione, e tentazione al di fuori.
Lettore! sei tu in procinto di soccombere alla tentazione? 11
mondo con le sue lusinghe e seduzioni ti aifascina sì, che il tuo
cuore sia incostante e leggiero? Considera Colui che ha sofferto;
ascolta il tuo adorabile Redentore, il quale dall’alto del suo Trono ti
dice: “ Io ho vinto il mondo. ” Egli ha trionfato dei conati del nemico per tre volte, con le istesse %rmi delle quali vuole che tu ti
cinga. Egli ha respinto il tentatore dicendo: “ E' scritfo. ” Ti trovi
per avventura sotto il peso di qualche pena straziante, o di qualche
distretta estrema? Egli sa che cosa sia il dolore; Egli la Vite onnipotente, conosce sino alle più piccole fibre de’ suoi sarmenti. Egli
ha percorso,” diceva un’afflitto, “ tutte le fasi della scuola del dolore,
6
per la quale noi dobbiamo passare. ” Ama porre il suo popolo nelle
condizioni eccezionali e difficili, per impegnarlo ad appoggiarsi sopra di Lui, ed a confidarsi sopra la sua potenza. Se permette che
noi alcuna volta barcolliamo fra le tenebre, ciò fà perchè sentiamo
piii \-ivamente il bisogno della scortatrice luce che da Lui emana,
e che unica può condurci in mezzo alla tempesta.
Siate sicuro, che in tutte le sue vie o propositi in riguardo all’uomo.
Egli non ha per iscopo che l’amore. Quegli il quale meglio assai ci
conosce di quello che possiamo noi conoscere noi stessi, mette a
(juando a quando qualche spina sul nostro sentiero, onde il cuore si
alieni da questo basso mondo, onde ci innalziamo al disopra della
terra sulla quale di continuo ci strisciamo. “ Noi sdruccioliamo sopra
di un ghiaccio eguale, dice Evans, i sentieri sbrozzolati sono i più
sicuri. ” Non ci aspettiamo a non spargere lagrime su questa terra ;
tale felicità ci è riservata soltanto in cielo.
Chi potrebbe dire quanto siano necessarie per il figlio di Dio le
aftìizionicui egli va soggetto nel mondo! Il vero seme spirituale di
G. C. (cioè il popolo, che Egli ha acquistato), è per lo più deposto
molto avanti nel suolo e deve farsi strada attraverso innumerevoli
difficoltà prima di giungere alla superficie; ma per questo ne viene
alle sue radici forza maggiore; e se non si abbarbicassero queste piante
del giardino di Dio in profondità così remote, al pari dell’arboscello,
sarebbero dal minimo soffiar de’ venti diradicate. Spesso Gesù conduce suoi discepoli, come anticamente, sopì'a un alto monte in disparte ; vale a dire sur un monte che ergesi molto al disopra delle
cose del mondo; ma Egli stesso, vincitore del mondo, rivolge loro,
mentre colà li conduce le ineffabili sue con-solazioni.
Io ho riposto la mia speranza nella tua Parola.
%
BlBlilOCiRAFIA
Essai sur l'avenir de la tolérance, par Ad. Schæffer. — Paris 1859
(continuazione e fine. V. il niiu). preced.)
Ili
Nel terzo capitolo intitolato: “ La tolleranza ed il cattolicismo, ’’l’autore
fa conoscere le principali vicende che la teoria della tolleranza percorse
nella storia della Chiesa cristiana, dal quarto secolo, sino ai tempi della
riforma. Troppo lunga e dolorosa sarebbe la narrazione delle persecuzioni
e dei supplizii che deturparono il nome cristiano; una storia completa del-
7
Vìdea della tolleranza nel seno dolla chiesa riuscii'ebbe tanto voluminosa
quanto interessante; epperò l’autore vi rinuncia; ma nella rapida esposi
zione che fa delle opinioni dei dottori più rinomati della Chiesa cattolica
intorno all’importante argomento che ci occupa, due cose ci colpiscono e
rimarranno come verità oramai incontrastabili : La prima si è che fra i fautori dell’ intoUcranza ci tocca di annoverare dottori e padi'i della Chiesa
che eravamo soliti circondare di uu aureola di santità; l’altra che, il principio dell' intolleranza si svolge, e giganteggia nel corso dei secoli collo
svolgersi e giganteggiare del cattolicismo puro.
Così vediamo con dolorosa sorpresa quell'oracolo di Sant'Agostino, dopo
di aver confessato che la forza non ottiene che un’ipocrita sommissione,
consigliare che si convertano i Donatisti colla persuasione, colla disciplina,
col bando, colle confische, ma non con l'uitimo supplizio, benché ne siano
degni. Così San Girolamo pronuncia parole di .sangue contro il prete Vigilanzio.
I concilii adottarono misvu-e di rigore por estirpare le ultime vestigia del
paganesimo. L'ambizione dei papi, l'ignoranza del volgo, la scostumatezza
del clero, la barbarie generale, in una parola il ridestar.si dello spirito pagano nel seno della Chiesa fece sì che si dimenticarono del tutto le dottrine
di Gesù Cristo; e l’intolleranza la più spietata fu eretta a sistema dal famoso Innocenzo III. L’anno 1215, cinquecento vescovi che componevano
il consiglio Latcranensc confermai'ono colla massima solennità la sanguinaria legislazione elaborata da Innocenzo III e da concilii parziali.
È uno spettacolo vergognoso per la Chiesa romana il vedere quel vasto
cd orrendo congegno di mezzi coercitivi e repressivi deH’crcsia approvati e
lodati da uomini venerandi, per dottrina e per pietà, come Tomaso d'Aqnino. Ma cessa la maraviglia quando si riflette che sul finire, come nel bel
mezzo del medio evo, come nei secoli susseguenti e sempre, la Chiesa romana, se fu discordo su altri punti di dottrina, fu mai sempre coerente a sè
stessa neirintolleranza. Nel secolo decimo settimo, il grande Bossuet non
si accontentò di adoperare la persuasione per ricondurre nell'ovile della
santa madre chiesa le pecorelle smarrite, ma consiglio l'impiego della forza,
lodò il promotore delle violenze fatte ai Riformati, e dichiarò essere tradizione e dottrina costante della Chiesa il punire gli eretici col braccio secolare. Persino il mansueto e caritatevole San Francesco di Sales consigliava,
nel 1601, al duca di Savoia, Carlo Emmanuele, di costringere con un buono
editto i suoi sudditi a professare, fra due mesi, la religione cattolica, altrimenti, di bandirli col perme.sso di vendere i loro beni. E finalmente nel
nostro secolo dei lumi e del progresso universale, la libertà religiosa, e la
tolleranza vennero formalmente e solennemente anatematizzate da Gregorio
XVI c da Pio IX.
Il cattolicismo è di sua natura intollerante : ecco la conclusione che si
8
può trarre da questo capitolo; e questa intolleranza appare ancora meglio
dal modo con cui, in tutti i secoli, la Chiesa accolse le nobili proteste, che
dal suo seno si elevarono in favore della libertà di coscienza.
IV
Nel quarto capitolo intitolato: “ La tolleranza ed il protestantesimo, ”
l’autore, lungi dal dissimulare o scusare, per ispirito di parte, gli atti d’intolleranza e gli abusi di potere che pur troppo si osservano nella storia
delle chiese prote.stanti, li svela, li mette in piena luce ad onore del vero e
della giustizia.
Ciò non pertanto, egli asserisce arditamente e fiduciosamente, Tintolleranza nella Chiesa protestante formare l’eccezione, mentre, per l’opposto,
nella Chie.sa cattolica, essa forma la regola. Il decimo sesto fu un secolo di
progresso prodigioso nelle scienze, nelle lettere, nella filosofia, nella religione ; ma gl’ingegni anco più vivaci e generosi non si sottrassero in tutto
e per tutto alla fatale influenza dei secoli anteriori e non ripudiarono, per
ogni verso, il tristo retaggio del medio evo. Un simile totale distacco è psicologicamente impossibile; non si verifica mai nella storia e non si riscontra
neppure iu coloro che rinfacciano alla Riforma le sue esitazioni e le sue
lotte poco evangeliche.
Gli uomini della Riforma spesero l’ingegno e la vita intorno alla riforma
religiosa e morale della Chiesa. L’impresa era gigantesca e tale da stornare
ogni altro pensiero anche il più umanitario. Ciò sia detto tanto per coloro
che, sulle traccie di un De Maistre, cagionano la Riforma di tutti gli eccessi rivoluzionarii, quanto per coloro che, nemici d'ogni autorità, rimproverarono alla Riforma di aver dimezzato e ritardato l’opera dell’emancipazione deU’umana coscienza, da ogni legame e da ogni vincolo religioso.
Siffatta osservazione capitale basta per ispiegare come la tolleranza,
quale l’intendiamo oggidì, non fosse nè conosciuta nè praticata dai riformatori, ma dovesse anzi nascere dalle vicende successivo deU’odiorna civiltà.
Però la Riforma, il di cui bisogno e scopo essenziale quello si era di togliere le anime al dominio degli uomini per metterle in una dipendenza
dbretta da Dio, doveva, di necessità e per la propria difesa, invocare e far
valere il diritto imprescrittibile della coscienza, di non essere nè giudicata
nè sindacata, nè punita dai magistrati o da nomini che non ripetessero
questo ufiScio spirituale dalla divina parola.
E che tali fossero gl’intendimenti del grande Lutero manifestati in parecchi suoi scritti, lo dimostra facibnente l’autore che ci regala inoltre
alcuni brani di un’operetta latina, pubblicata sotto il pseudonimo di Martinus Bellius e tradotta in francese fin dal 1554. Il curioso opuscolo, generalmente attribuito ad un svizzero, Castellione, esprimeva da tre secoli e più,
dei sentimenti di tolleranza così chiari ed espliciti da far onoro a chi li
dettava in nome proprio ed in nome della gran maggioranza dei suoi corre-
9
ligionarii. Queste ed altre interessanti testimonianze dei capi della Riforma,
l’autore le riassume alla fine del capitolo in poche proposizioni, dicendo;
“ Fa d’uopo distinguere recisamente il potere temporale dal potere spi“ rituale. Questi due poteri si difierenziano sì per lo scopo che proseguono,
“ e sì per i mezzi di cui loro lice servirsi.
“ H potere temporale non interverrà nelle cose dell’ordine spirituale se
“ non per reprimere le infrazioni alla legge morale, esso non s’impaccierà
“ di giudicare delle dottrine, a meno che desse sieno apertamente ostili
alle grandi massime morali il di cui annientamento produrebbe lo seon“ volgimento dello Stato stesso.
“ L’eresia dottrinale è difficile a definirsi, e non può, in ogni caso, di“ struggersi, se non colle armi dello spirito.
“ La fede non deve_ imporsi ; l’impiego della forza, in materia religiosa,
“ non produce che l’ipocrisia. ”
L’autore termina questa parte del suo lavoro dicendo;
“ Dal sei cento in poi, questi principii sono andati radicandosi vieppiù
“ in tutti i paesi di culto protestante; se non trionfarono dappertutto, al“ meno può dirsi che sono propugnati oggidì dall'immensa maggioranza
“ degli aderenti al puro Vangelo. Ne vogliamo per prova l’universale di“ sapprovazione che incorsero, iu tutti i paesi protestanti, gli atti d'intol“ leranza che si sono prodotti in Europa dal principio di questo secolo
“ dovunque ed in qualunque circostanza questi fatti avessero luogo. ”
V
Il quinto capitolo corrisponde al titolo dell opera e tratta il tema “ dell’avenire della tolleranza. ” L’autore non si gloria di averlo esaurito nè di
farla da profeta; ma poggiando sui risultati ottenuti dal confronto storico
delle due grandi confessioni cristiane, ed investigando i modi dû quali si
estrinseca l’azione rispettiva di esse, vuoi nel ministerio vuoi nel culto e le
cerimonie, vuoi nel sistema di educare e condurre le anime alla pietà; l'autore presagisce che la Chiesa romana, tal quale è, inclinerà sempre e vieppiù airiiitolleranza, mentre la Chiesa protestante si avvicinerà vieppiù alla
vera tolleranza.
VI
Ho cercato di far conoscere le idee principali svolte uel libro del signor
Schæffer rinunciando al piacere di trascrivere, traducendoli, alcuni brani
capaci d’interessare il lettore.
Dovendo esprimere un giudizio complessivo sul modo con cui l’autore
svolse il tema da lui scelto direi; ch’egli non volle esaurirlo, e volendolo,
non sarebbero bastati dieci volumi, ma, che, anche restringendo la questione nei ristretti limiti nei quali la tratteggiò, egli non si valse, forse deliberatamente, di tutti quegli argomenti e documenti che avrebbero convalidata ed appoggiata la sua tesi fondamentale.
10
Mi spiego ; L’assunto dell’autore è propriamente apologetico e diretto a
provare che, deUe due grandi Chiese cristiane, la romana fu ed è tuttora
essenzialmente intollerante, mentre la protestante fu e sarà vieppiù tollerante, sì perchè poggia suUa fede ed esperienza personale, e si.perchè troverà mai sempre negl’insegnamenti e nell’esempio di Gesù Cristo la predicazione la più eloquente della vera tolleranza e del rispetto dovuto alla
coscienza.
Se l’autore avesse voluto convalidare storicamente la sua tesi non gli
sarebbe, di certo, venuta meno la materia. Gli scrittori protestanti più autorevoli di tutti i paesi gli avrebbero apparecchiato una serie imponente ed
interessante di documenti fatti per comprovare come l’idea stessa della tolleranza sia nata e cresciuta sul suolo protestante e siasi concreata in codici
cd in istituzioni, prima assai che venisse preconizzata dai filosofi francesi
del secolo scorso.
Per un altro ver.so poi, l’autore avrebbe aggiunto al suo lavoro alcuno
belle pagine ed istruttive assai, se avesse dimostrato, come nei paesi dove
il cattolicismo puro esercitava l’assoluto suo dominio, i pensatori, oppressi
dal peso eccessivo del dogma ricoressero a meschini e sofistici ripieghi di
coartata conciliazione della religione coi progressi scientifici dell’umanità,
scuotessero affatto l’odiato giogo dell’ assolutismo religioso per darsi in
preda ad una sistematica indifferenza.
Taccio delle moltipliei manifestazioni deH'intolleranza nel recinto delle
scuole filosofiche, nel campo dei letterati, nelle aule parlamentari, nel giornalismo politico, e dovunque si propugnano interessi e principii morali che
sfuggono ad una matematica dimostrazione.
Tal quide è, e malgrado la modestia dell’autore, il volume del signor
SchoeffelP racchiude il frutto di accurati studj e di severe meditazioni intorno ad un argomento cho il corso degli odierni avvenimenti stà per imporre all'attenzione dei teologi e dei filosofi, non solo, ma ancora degli uomini di stato e dei pubblicisti desiderosi d’iUuminare l’opinione sid principii
più vitali e sulle vere condizioni del progresso\In Italia specialmente la
sua diffusione gioverebbe allo scopo d'illuminare i liberali sulle vere condizioni della tolleranza e di combattere i pregiudizii generali sull’ indole
genuina della Chiesa protestante.
In Italia è vivo ormai, universale e sentito l’amore della libertà e della
tollerania; ma, conviene confessarlo, la tolleranza vi cammina di pari passo
coll’indifferenti'smo religioso ed un certo mondanismo morale; salve poche
eccezioni poi, il protestantesimo, quando non è fatto dai preti sinonimo di
ogni empietà, non è nè conosciuto, nè apprezzato al giusto suo valore. Sa
rebbo tempo di proporne lo studio agli uomini di retto giudizio e di buona
volontà i quali non difettano, di certo, nella patria nostra. Scommetto che
se, per esempio, le opere del Vinet sulla libertà di coscienza c di culto,
11
fossero lette dagl’italiani, easi si farebbero un concetto più favorevole della
Chiesa protestante e dei suoi preti, vedendo come questi, anziché paventare
la libertà religiosa ed invocare l’appoggio del braccio secolare, anelano la
separazione del potere laico dal religioso, e fiduciosi nel trionfo della verità, non vogliono brandire che le armi spirituali per ¡stabilirne il regno.
Faccia Iddio che, nel nostro bel paese, come al di là delle Alpi, si riconosca alfine, come la vera libertà, la più estesa tolleranza non si scompagna
mai, anzi si giova dell’amore della verità, dello zelo religioso, del perfezionamento morale e deiramore fraterno !
Ecco ciò che brama cd insegna il signor Schœfi'er nel suo libro, e con
lui il vostro amico. G. G. P.
CORRISPONDENZA FIORENTINA
IV
Caro fratello.
La mattina dopo, (*) il mio primo pensiero fu quello di visitare la Chiosa
e la scuola! Entrai in chiesa mentre il cappellano-curato del paese celebrava, come qua dicono, la messa. Nulla vi dirò sull’aspetto del sacro
edifizio che pareva un cappannone di fieno, nè del sudiciume secolare sparso
c ammassato dentro, che faceva rassomigliare quella chiesa ad una stalla.
Io mi'collocai in una panca alla metà del tempio, in un posto da potere
bene osservare il celebrante da un lato, gli astanti dall’altro.
Il sacerdote era un vecchiotto di fisonomía addormentata e stanca, come
suol vedersi in coloro ai quali il vivere troppo materiale e disordinato ha
accelerato la vecchiezza, spengendo innanzi tempo lo splendore degli occhi
e deUa mente; sembrava un sonnambulo non convulso. Ogni volta che
si moveva o pronunziava una parola, pareva facesse un grande sforzo.
Gli serviva la messa uu bambino sui sette anni, il quale vedovasi, tutto
assorto nelle .sue importanti funzioni, ora dare uii'occhiata di amorevole
compiacenza ad una donnetta, che doveva esser sua madre, ora vijgersi iu
aria di trionfo e di chiasso ad alcuni ragazzetti, che se ne stavano distratti
e scomposti non lontano da lui. In due momenti vidi animare in special
modo la fi.sionomia del piccolo servente ; quando suonò il campanello, e
quando mescè colle ampolline nel calice. Il campanello poi pareva il suo
gran pensiero : alla elevazione lo prese con tutt’ e due le mani, e cominciò
a suonare a distesa, finché il prete dovè scomporre quella certa sua gravità, voltarsi, e intimargli con una specie di grugnito ohe smettesse. Il
chierichino arrossì; la mammina abbassò il capo; i ragazzetti risero.
Le sette o otto donne che assistevano a quella funzione, dopo averne
(*) V. Fascicolu del 15 Settembre, pag. 267.
12
attentamente considerato l'aspetto e i modi, io le divisi fra me in due
categorìe:
1. Le materiali. Costoro, che erano il maggior numero, portavano
scritto negli occhi e nell’aspetto, e mostravano col contegno un sentimento
che potrebbe significarsi con queste parole; Noi ci troviamo qui perchè non
siamo a casa, nè fuori; siamo venute alla Messa perchè abbiamo sentito
suonar la campana, e perchè oramai è un’usanza; nel tempo che il sor Cappellano dice forte, adagio, o a mezza voce le parole che noi non intendiamo
il corpo nostro accoccolato sulle ginocchia riposa un pochino dello sfaccendare continuo, la bocca snocciola le avemmarie che la mandiritta regola e
conta colla corona, e il pensiero va qua e là corno gli pare : chi pensa al
marito e ai figliuoli, chi àgli interessi di casa, chi ai vestiti, chi agli scandali delle comari, e chi al ganzo: ad ogni modo, questa raezz’ora si passa
piuttosto bene.
Una di queste materiali sorreggeva colla sinistra, lasciandolo voltare qua
e là, come barchetta tenuta dal canapo alla riva, c agitata dalle onde, un
bimbo che ogni tanto faceva qualche voce, la quale non saprei dire se distraesse o fermasse l’attenzione generale: e una volta (parlo, o taccio)?
appunto quando il vecchio prete ebbe detto a voce alta : Per omnia scecula
scecidorum, il bravo bambino, quasi rispondesse ritualmente, prommziò ad
alta voce quella parola infantile, colla quale suoi pari, fedeli alla massima ;
Qaod facere honestum est, dicere honestiim pula, sogliono annunziare un
avvenimento non troppo gi-adcvole alle pupille olfattorie dei vicini e dei
circostanti. — Al lampo seguì il tuono, la pioggia, e la grandine: la donna
diede al bimbo uno scozzone che provocò un forte scoppio di pianto, e su bito tra.scinò l’innocente cinico fuori di Chiesa.
Tutti, non escluso, credo, il sacerdote, risero della scena: tutti, dico,
eccetto le due donne dolla seconda categorìa che mi piace di chiamare
FANXASTicnB. Esse parevano statue. Si orano inginocchiate in uno sgabello
alle prime parole, e non si erano più crollate; occhi a terra, mani giunte,
labbra in moto.
Io le fissai, e mi parve di vedere l’anima tutta compresa di un certo sentimento che non saprei come caratterizzare: stupore, tendenza, paura, orgoglio, viltà, scontraggine misti ad un non so che di molle, di voluttuoso,
di smammolato: ogni cosa però confusa, sfumata, aerea, vaga; un po’ di
tutto e niente di buono: niente, vo’ dire, di religione vera. I devoti pagani
dovevano trovarsi aE’incirea in quello stato quando, avvicinandosi alle tenebre d’un bosco abitato dalle furie, o scuro per qualche culto pai'ticolare, si
sentivano compresi di religioso oiTore; così debbono trovarsi i Cinesi nel
primo 0 secondo stadio di ubbriachezza dell’oppio. Povera gente! Povero
popolo toscano! tanto ben preparato per indole alla luce viva dell’Evaugclo! Quel prete lesse, è vero, uno squarcio della Parola di Pio, raa la
13
lingua ignota a tutti lì, e scommetterei anche a colui che la leggeva, ne
impediva ogni effetto: anzi, posto che tutti avessero potuto capire quelle
parole, sarebbe stato impossibile ch’elle scendessero all'intelletto, pronunziato com’erano in tuono uggioso e imbrogliato; nè al cuore avrebbero
potuto mai penetrare, perchè dal cuore certamente non venivano. Fqipure
era uno squarcio della iscona novella annunziata ai poveri !
Terminata la Slessa (e fu bone, giacché non potev'o più reggere a quello
spettacolo), sentii suonare per qualche tempo una campanella che mi dissero chiamare a scuola: andiamo dunque a vedere la scuola!^ Tornai per
un momento alla locanda, o per meglio dire aU’osteria, e poi andai. — Il
medico pel quale avevo una lettera di raccomandazione, aveva destramente
fatto supporre ch’io fossi nn inviato del Governo: quindi ogni uscio mi era
aperto; di più, la mia presenza alla messa (dove chi sa daqvianto tempo,iu
giorno non obbligatorio, non si era mai visto uno vestito bene) e la mia
maniera di starvi, poiché i pensieri gravi, anzi dolorosi nei quali ero immerso mi davano l’apparenza deUa devozione, disponeva in favor mio l'animo del prete-maestro.
Era costui quel medesimo che avea celebrato.
Un poeta di cui non rammento il nome fa così il ritratto della sua
donni! :
Non bastan mille e mille
Poetiche parole
A pinger l’altre belle.
Ma per dipinger Fille
Ne bastano tre sole;
Ossa, rossktto, e .pelle.
Con tre parole io pure ritratterò il mio bravo cappellano-curato :
Toppe, tabacco, e ì rittelle.
Se non che, data un’occhiata alla stanza della scuola, agli attre?zi, ai
ragazzi, al maestro, mi tornò in mente il verso dell’Alighieri.
Io venni in loco d’ogni luce muto.
“ Seguitino pure, ” dissi però ai ragazzi, dopo essermi, come lì dicono,
accomodato, cioè messo a sedere. Il prete mi fece dare una copia del libro
in cui leggevano allora, avendomi prima trovato cortesemente il segno ed
il puf!to. Il libro, unico permesso, o almeno caldamente raccomandato dal
Governo e dai preti nel passato regime, portava questo titolo: IIudimenti
della dottrina di Gesù Cristo ad uso delle scuole pie. — Decimaquarta EDIZIONE. — Firenze. — Coi tipi calasanziani. 1853.
“ Meno male! ” pensai, “ qui si tratta in buon volgare degli insegnamenti
di Cristo: libro composto per le scuole pie, stampato coi loro tipi, in Firenze, nell’Atene d’Italia, dopo la bella metà del secolo decimonono; se
non è buono que.sto, non sò quale potrebbe essere. ”
14
Or qui permettete, caro fratello, che senza parlare del modo di leggere
scorretto, monòtono, anzi cantato e irrazionale di quei ragazzetti, nè del
sonnolente insegnare del prete, nè del grosso nerbo ch’egli teneva sulla
tavola, per svegliare, credo, ogni tanto se medesimo e la classe, vi trascriva
10 squarcio che quel giorno toccava e fu compitato, rilevato, o letto dagli
scolari, per turno, lì, in presenza mia.
« Essendo celebrata il Concilio generale di seicentotrenta padri in Calcedone, sotto Papa Leone primo e Marciano imperatore, nell’anno di nostra
salute 457, dove fu stabilito essere in Cristo la natura divina e la natura
umana; Eutiehe abate di Costantinopoli e Dioscoro non volevano che in
Cristo fosse altro che una sola natura. Dalle forti ragioni di quei padri non
restavano convinti i due ostinati antesignani di siffatto errore : onde Anatolio
patriarca, per togliere via una tale eresia, propose che Eutiehe, Dioscoro e
gli altri loro seguaci scrivessero in un foglio la loro sentenza in ordine alla
divinità ed umanità di Cristo, ed il medesimo avrebbero fatto gli altri padri;
e che le dette scritture si portassero al sepolcro di S. Eufemia, e si collocassero sopra il corpo dì lei : indi sigillato il sepolcro coll'impronto imperiale,
e poste al medesimo molte guardie, perchè nessuno avesse ardire di accostarsi al medesimo, in capo a tre giorni si riaprisse il sepolcro; e quella
scrittura chc si fosse ritrovata sottoscritta dalla medesima santa, quella fosse
ricevuta per la sincera fede, che universalmente si dovesse credere da’ cattolici circa la natura di Cristo. Al tutto acconsentì Eutiehe e tutti gli altri
suoi seguaci ; onde esposta in carta dall’una' e l’altra parte la propria sentenza, furono collocate le due scritture sopra il petto della santa alla presenza dell’imperatore, di tutti i padri e di popolo immenso. Indi sigillato
11 sepolcro e postevi vigilanti guardie, ognuno dall’una e l’altra parte pregava l'Altissimo a far manifesto il sincero e cattolico sentimento sulla certezza e verità di un tale articolo. »
« Passati i tre giorni si portò l’imperatoi’e con tutti i suoi padri al sepolcro
della santa; e fattoio aprire, trovarono che il foglio di Eutiehe e suoi seguaci
stava sotto i piedi della santa, come degno di essere calpestato, nè era sottoscritto da lei. Dove all’opposto quello dei cattolici, che conteneva e confessava le duo nature in Cristo, e che la sola natura umana fu quella che
patì, essa Io teneva nella mano destra sottoscritto da lei. E quello che rese
maggiore stupore a tutti gli assistenti fu, che la medesima santa, come se
fosse viva, alzò il braccio, e porse il detto foglio al santo Patriarca Anatolio,
con indicibile allegrezza e giubilo di tutti i cattolici, e confusione e rossore
di tutti gli ostinati eretici. »
« Abt. Ili — Il quale fu conceputo di Spirito Santo, nacque di M. V. »
« Si contiene in questo articolo ; Primo che volendosi la seconda persona
della SS. Trinità fare un uomo, per ricomprare il mondo dalla servitù del
15
(leuiouio, fu spedito dal cielo l’arcaugelo Gabriello a Maria \"ergiiie, pel
consenso deirincarnazione del Verbo nel suo purissimo seno; e che avendo
con somma umiltà prestato Maria il imo assenso, lo Spirito Santo colla sua
divina potenza formò nel di lei utero verginale un perfettissimo corpo del
.«sangue immacolato della medesima; e nell'istesso tempo creò un’aniiua nobilissima, della quale informò detto corpo, ed a questo corpo ed a quest’anima creata nel seno di diaria si unì la persona del Figliuolo di Dio; e
quello che nei secoli eterni sempre fu Dio, cominciò nel tempo ad esser
uomo senza lasciar di essere Dio. — Secondo, che essendo compiuti nove
mesi da che Maria aveva conceputo il Figliuol di Dio nel suo seno, lo partorì
.senza dolore e senza che restasse violata la sua virginità, restando madre e
vergine. E benché l'opera deirincarnazione fosse compiuta per virtù dello
Spirito Santo, non ne segue che lo Spirito Santo sia padre del Figliuolo
umanato, poiché non fu formato il di lui corpo della sua sostanza, u)a del
sangue immacolato di Maria; e però si dice essere veramente ella Madre di
Dio, perchè diede la sostanza del suo sangue per la formazione del corpo di
Dio, perchè diede la sostanza del suo sangue per la formazione del corpo di
Gesù, al quale corpo animato, come si disse, si unì la persona del Acerbo. »
« Pagg. 17-19. »
A questa citazione è inutile aggiunger commenti; una breve con.siderazione sulla materia, e sulla forma del libro, e sulla natura dello scopo a cui
è destinato, basta. Infelicissima fiimiglia che mandi i tuoi figli ad istruire
da tali ciabattini della pedagogìa, della teologìa, e della morale, potrebbero
volgersi a te, mutati, i versi del Leopardi;
« Stupidi 0 miscredenti
Figliuoli avrai ; stupidi eleggi. Immenso
Intra fede e ragion dissidio pose
Il pervertito ed ignorante clero. »
Uscii da quella scuola ognor più inorridito, dimandando a me stesso: Son
io in Toscana od in Africa ? Nel secolo decimonono, o nel decimo ?
So che il (joverno si dà pensiero di riformare le scuole - fa ottimamente.
E co.sa importante ed urgente più di ogni altra : ma nelle nuove riforme
entrerà la religione? E come vi entrerà? E come, oh! come si troverà mezzo
e modo di raccogliere ed organare questo smisurato campo di ossa disperse,
e soifiarvi la.vita ? — Preghiamo, e speriamo. Addio.
P. S. L’amico maestro mi assicura clic anche nelle scuole comunali di
uesta città di Firenze si è usato fino a pochi mesi indietro quell'unico libro
i lettura, dopoché il Governo aveva proibito in ogni scuola pubblica o pri
vata, tutti quanti i libri del Thouar, che a Napoli (?!) erano permessi.
NOTIZIE RELIGIOSE
Torino — Scuola di teologia della Chiesa Valdese. — Sabbato scorso
era di passaggio per questa città il sig. llevel, uno dei professori della scuola
di Teologia della Chiesa Valdese, avviato alla volta di Firenze, dove devono
raggiungerlo, fra pochi giorni, il suo collega, sig. GejTnonat e gli allievi di
detta scuola, in numero di sette od otto, conformemente alla deliberazione
l)resa nell’ultimo Sinodo di trasferire tale stabilimento in Firenze.
Professori e studenti si recano al loro destino accompagnati dalle fervide
16
preghiere non che della Chiesa Valdese, dei cristiani evaugclici dui mondo
intiero, i quali rendono grazie a Dio per un’avvenimento che, anni sono, ci
sarebbe sembrato un sogno, e che puiy, benedetto daH'Alto, diventare sorgente di tanto frutto spirituale alla patria nostra.
Bologna — Il sig. Mazzarella. — Giungiamo un po' tardi per partecipare ai nostri lettori il fausto annunzio della nomina fatta dal ministro dell’istruzione pubblica, conte Mamiami, del sig. IVIazzarella. a professore di
Filosofia nwrale, nell’Univtrsità di Bologna.
Sotto un triplice aspetto ci è riuscita di sommo aggradimento una tale
nomina: in primo luogo, per il sig. Mazzarella medesimo degno, per ogni
verso, di una così lusinghevole distinzione; in secondo luogo per l’Ùniversità
di Bologna, che fa nella persona del sig. Mazzarella un acquisto di cui non
avrà che da congratularsi; terzo, per il notevole progresso nella via della
tolleranza, di cui è prova non dubbia la nomina di un evangelico, conosciuto
per tale, ad un posto così onorevole cd importante quale è quello cui piacque al sig. Mamiani d'innalzare il sig. Mazzarella.
Firenze — La Bihhia del Savonarola. — Il giornale inglese VAthenmim
chiamò, è già qualche tempo, l’attenzione, sopra un monumento bibliografico
assai curioso, una Bibbia, cioè, stampata a Basilea, nel 1491, e oggidì conservata nella Libreria di Firenze. Questa Bibbia è carica di annotazioni scritte
di mano di Savonarola. Dietro l'indicazione A lltcnmim, un’inglese ha
fatto trascrivere per intiero le annotazioni in discorso.
Tal copia, che comprende 753 pagine, probabilmente verrà dal possessore
offerta a qualche univ^sità inglese, la quale senza dubbio darà alla luce le
annotazioni del Savonarola, ovvero nella lingua latina in cui scrisse l’illustre
domenicano, ovvero in lingua inglese. In ogni caso gl’italiani si affretteranno
a far passare siffatte annotazioni nella loro lingua; impazienti quali sono piiì
che mai” di conoscere quanto rimane delle idee e dei principj del loro gran
riformatore. (Semaine Bdigieme)
— Istituto fe m minile. — Verso il principio del decorso mese giunsero a
Firenze tre Diaconesse di Kaisersw^erth, allo scopo di stabilire in questa città
\m'Istituto femminile destinato alle damigelle di condiziona civile, e nel
quale le numerose famiglie evangeliche sparse in Italia troveranno per le
loro ragazze insieme ad un’istruzione che nulla lascierà a desiderare, un’educaaione religiosa e morale attinta alle pure sorgenti deU’Evangelo. Il
successo veramente straordinario ottenuto dalle suddette Diaconesse a
Smirne segnatamente, ed in più altri luoghi ove si sono stabilite, ci è pegno
di quello che è loro preparato ancora in Firenze.
Domenico Grosso gerente.
TOKrN'O — Tipogvjifla CLAUDIANA, diretta da R, Trcimlietta.