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SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANCiELICHE BATTISTE, METODISTE, VALDESI
VENERDÌ 14 APRILE 1995
ANNO 3 - NUMERO 15
■ "v'
L'INTESA BATTISTA
UNA LECCE
DI LIBERTÀ
FRANCO SCARAMUCCIA
Nel disinteresse pressoché
totale dei grandi mezzi
di informazione, il 5 aprile
1995 il Senato ha approvato
in via definitiva le norme che
regolano i rapporti fra la Repubblica italiana e l’Unione
cristiana evangelica battista
d’Italia. Si potrebbe obiettare
che non si può pretendere che
trovi spazio una notizia che
riguarda in fin dei conti solo
cinquemila persone. L’obiezione è tuttavia sbagliata perché il rispetto dei diritti delle
minoranze non riguarda solo
gli interessati ma tutti i cittadini: infatti laddove c’è carenza di esercizio della libertà
religiosa e della libertà di coscienza per qualcuno, è in
sofferenza la libertà di tutti.
Anche lo strumento che la
Costituzione ha voluto per tutelare le confessioni religiose
è significativo al riguardo:
una legge che prevede la partecipazione degli interessati
alla sua elaborazione. È un
modo di procedere che rivela
il rispetto con cui la Costituzione guarda alle formazioni
sociali, in cui i cittadini esprimono la loro fede. In questo
senso bene si è espresso il senatore Casadei Monti, relatore del disegno di legge, quando ha messo in rilievo come
esso esprima compiutamente
«la reciproca autonomia e distinzione della sfera civile e
della sfera religiosa».
E l’articolato sottolinea
chiaramente proprio tale
aspetto: infatti all’articolo 2
la legge chiarisce che «la Repubblica italiana dà atto
deU'autonomia dell’Ueebi, liberamente organizzata secondo il proprio ordinamento» {«ordinamento battista»
che, come tale, è espressamente richiamato nell’art. 11,
1° comma). Si tratta di una
constatazione da parte dello
stato che non può essere sottovalutata: le chiese battiste
hanno una loro autonoma organizzazione, si sono date
liberamente una propria regolamentazione, provvedono al
loro autogoverno, sono pienamente consapevoli di essere comunità costituitesi solo
per volontà di Dio e non per
gentile concessione dello stato, hanno un ordinamento
proprio ben distinto e non
condizionato (per quanto riguarda gli atti interni) in alcun modo da quello statale.
Pertanto l’Unione, in quanto
autoprodottasi e autogovernantesi, ha la piena coscienza
di costituire un ordinamento
autonomo e non è dunque
senza legittima soddisfazione
che vede lo stato dame atto.
Certo proprio nel momento
All’interno:
Evangelici
E ANTIFASCISMO
in cui esprimono la loro gratitudine a Dio per la felice conclusione raggiunta, le chiese
battiste non possono dimenticarsi della fede di tante sorelle e fratelli che ha portato alla
presente conclusione. Penso a
tutti coloro che ci hanno preceduto dal 1866 in poi e che,
con la loro perseveranza nonostante persecuzioni e pressioni di ogni genere, hanno
consentito a noi di arrivare al
presente risultato. Penso ai
tanti che ci sono d’esempio:
fermi nei loro propositi nonostante i divieti e le minacce,
negli anni più lontani (fine
’800 e primi del ’900) come
nei periodi più recenti (l’epoca fascista e quella del ministro Sceiba), sempre indicati
a dito, sempre «diversi»,
sempre controcorrente eppure
sempre più convinti e fedeli.
È un’eredità ricevuta, di cui
ora possiamo godere il frutto.
Precisamente intendendola
come un’eredità, non si tratta
allora di un avvenimento da
vivere in chiave trionfalistica
0 come se fosse il punto di arrivo del percorso. È solo una
tappa del cammino di testimonianza nel nostro paese: un
traguardo momentaneo, di cui
le chiese battiste sono grate al
Signore perché consente loro
di poter operare in maniera
più consona alla loro tradizione e sensibilità di fede.
In questi senso, l’approvazione della legge deve essere
soprattutto lo sprone per un
rinnovato impegno dei battisti
nella società italiana.
Il racconto della resurrezione muove i credenti a nuove relazioni e azioni
Lo spirito di Dio ci spinge a cercare speranza
LETIZIA TOMASSONE_________
«Passato il sabato, Maria Maddalena,
Maria madre di Giacomo, e Salome
comprarono olio e profumi per andare a
ungere il corpo di Gesù. E la mattina
presto del primo giorno della settimana,
al levar del sole, andarono alla tomba.
Mentre andavano dicevano tra loro:
“Chi ci farà rotolar via la pietra che è
davanti alla porta?”»
(Marco 16, 1-3)
Come pensavano le donne di muovere la pietra? E quale forza spinge
anche noi a cercare speranza dove per
essa non c’è posto, dove speranza non
c’è? Le donne erano mosse almeno da
due sorgenti di forza: la prima era il ricordo bruciante dei passi compiuti con
Gesù di Nazaret, delle speranze condivise con lui, delle trasformazioni operate.
Non è sempre vero che la speranza si
fonda su relazioni già vissute, su cose
nuove già sperimentate, su una specie di
anticipazione, di «antipasto» di ciò che
deve venire? La seconda grande forza
che queste donne avevano era la relazione tra loro: relazione che era cresciuta
negli anni in cui avevano vissuto nella
comunità di Gesù di Nazaret e che era
.diventata il ponte, la continuità tra il passato e il futuro; il primo nucleo di quella
che sarà la comunità cristiana primitiva,
sorretta da una speranza oltre misura.
■ Se non ci si ferma di fronte alla morte,
come possono intimidire gli ostacoli che
incontriamo nella vita? E, benché da un
punto di vista ortodosso non si possa ancora parlare dell’azione dello Spirito
Santo, che cosa fa sì che le relazioni fra
queste donne siano così forti se non lo
Spirito di Dio? Il racconto della resurrezione ci dice innanzitutto che non possiamo lasciare nessuno da solo di fronte alla
morte; .solo sviluppando una relazione significativa, solidale, possiamo annunciare la resurrezione di Cristo come primizia
dei morti a chi piange una persona cara.
La predicazione è efficace solo nella partecipazione, soltanto quando la parola, la
nostra parola, si fa davvero carne, condivisione, vicinanza, pianto e riso.
La seconda considerazione riguarda
invece la forza che la Chiesa potrebbe
sviluppare basandosi sull’annuncio della
resurrezione. Noi sappiamo infatti annunciare la sconfitta della morte, ma ci
ritraiamo timorosi quando si tratta di
agire per la trasformazione sociale. Forse è perché conosciamo il seguito della
storia, che quelle donne sulla via del sepolcro non sapevano. Sapendo che la
pietra è stata rotolata da qualcun altro,
angeli o altre potenze, non ci interroghiamo più sulle nostre forze, sul nostro
desiderio di vederla spostata. La resurrezione di Gesù non significa che altri
operano al nostro posto: certo, in qualche modo. Cristo ha preso il nostro posto, tuttavia siamo noi che dobbiamo
metterci sul cammino verso il sepolcro
come le donne, armati di senso della
realtà, olio e profumi per ungere il corpo, ma anche di speranze inaudite.
Non pensiamo di conoscere già troppo
bene come va a finire la storia. La nostra
fede deve essere giocata nella domanda
continua rispetto alle pietre, ostacoli
esterni o interiori, che incontriamo sul
nostro cammino. La luce di una promessa, contenuta nella resurrezione di Gesù,
e la forza delle relazioni, in cui opera lo
Spirito di Dio, ci permettono di restare in
cammino. Senza essere schiacciati dalle
pietre che incontriamo e senza essere a
loro indifferenti.
Consiglio ecumenico
^Enciclica è
un ostacolo
«La recente enciclica Evangelium Vitae crea grande difficoltà per la discussione ecumenica rendendo quasi impossibile una pastorale comune». È la convinzione di Konrad Raiser, segretario generale del Consiglio ecumenico
delle chiese, espressa in una
conferenza stampa a Ginevra
in cui ha fatto il punto sulla
visita di una delegazione del
Cec in Vaticano che si è svolta dal 4 al 7 aprile; hanno accompagnato il past. Raiser la
vicesegretaria generale, Mary
Ann Lundy, il coordinatore
delle Commissione per gli
Affari internazionali, Alan
Falconar e George Lemopoulos, segretario esecutivo per
le relazioni ecumeniche.
Sul tema spinoso dell’enclica papale la delegazione del
Cec osserva che essa «affronta problemi morali con grande
distanza da come li vivono
coloro che poi devono operare
le scelte concrete. Molte donne e molti poveri che si trovano ad affrontare problemi esistenziali e di fede creati dalla
cultura di morte contemporanea, non hanno bisogno di parole di giudizio ma di cura pa^
sturale». «Le chiese - si legge
ancora nel comunicato ufficiale del Cec - dovrebbero
poter confrontare le loro diverse posizioni sulle questioni
etiche, con una metodologia
radicalmente differente da
quella dell’enciclica».
La delegazione del Cec ha
incontrato papa Giovanni
Paolo II il 6 aprile e, nei trenta minuti del colloquio, ha riscontrato convergenze sull’
impegno prioritario dei cristiani per la pace e la riconciliazione. Offrendo al papa il
calice, il piatto e la brocca
servita per la celebrazione
della Cena nell’ultima assemblea ecumenica di Canberra,
il pastore Raiser ha espresso
la speranza che «presto la
koinonia cristiana possa essere celebrata condividendo la
piena comunione alla tavola
del Signore».
Ecumene
La dichiarazione
di Porvoo
pagina 2
AuJ.Ascolto
Della Parola
Una grande
sorpresa
pagina 4
Dio e l’uomo
postmoderno
pagina 5
2
PAG. 2 RIFORMA
VENERDÌ 14 APRILE 1995
La «Dichiarazione di Porvoo» sarà ora sottoposta alla ratifica delle singole chiese
Le chiese anglicane e lutèrane di Scandinavia
Paesi baltici e Gran Bretagna si riconoscono
Pubblichiamo, in una traduzione dell'agenzia Nev, il testo
integrale della «Dichiarazione di
Porvoo», un testo di reciproco
riconoscimento fra le chiese anglicane britanniche e quelle luterane della Scandinavia e dei
paesi baltici. Il testo, che fa parte di un più ampio «Pronunciamento comune», rappresenta la
conclusione di un dialogo teologico svoltosi fra il 1989 e il
1992. Il documento è attualmente sottoposto alla ratifica delle
singole chiese: la Chiesa d’Inghilterra lo ha inviato per l’approvazione ai suoi Sinodi diocesani, e dovrebbe approvarlo definitivamente al Sinodo generale
del luglio 1995.
«Noi, Chiesa di Danimarca,
Chiesa d’Inghilterra, Chiesa
evangelica luterana d’Estonia, Chiesa evangelica luterana di Finlandia, Chiesa evangelica luterana d’Islanda,
Chiesa d’Irlanda, Chiesa
evangelica luterana di Lettonia, Chiesa evangelica luterana di Lituania, Chiesa di Norvegia, Chiesa episcopale
scozzese. Chiesa di Svezia e
Chiesa nel Galles, sulla base
della nostra comune comprensione della natura e della
finalità della chiesa, del fondamentale accordo nella fede
e del nostro accordo sull’episcopato al servizio dell’apostolicità della chiesa, contenuto nei capitoli II-IV del
Pronunciamento comune di
Porvoo, esprimiamo i seguenti riconoscimenti e impegni.
1) Riconosciamo le nostre
chiese come chiese che appartengono aH’una, santa,
cattolica e apostolica Chiesa
di Gesù Cristo, e che partecipano autenticamente della
missione apostolica di tutto il
popolo di Dio.
2) Riconosciamo che in
tutte le nostre chiese la Parola di Dio è predicata in modo
autentico, e i sacramenti del
battesimo e dell’eucarestia
sono amministrati debitamente.
3) Riconosciamo che tutte
le nostre chiese condividono
la comune confessione della
fede apostolica.
Virginia Kenneriey è stata ordinata prete deiia Chiesa angiicana d’Irianda ii 21 ottobre 1991
4) Riconosciamo che i nostri reciproci ministeri ordinati sono dati da Dio come
strumenti della sua grazia che
possiedono non soltanto l’intima chiamata dello Spirito
ma anche il mandato di Cristo per mezzo del suo corpo,
la chiesa.
5) Riconosciamo che la
sorveglianza personale, collegiale e comunitaria (episcopo ) viene impersonata e esercitata in tutte le nostre chiese
in una varietà di forme, in
continuità di vita apostolica,
missione e ministero.
6) Riconosciamo che l’ufficio episcopale è valutato e
conservato in tutte le nostre
chiese come segno visibile
che esprime e serve l’unità
della chiesa e la continuità
nella vita apostolica, nella
missione e nel ministero.
Ci impegniamo:
1 ) A condividere una vita
comune nella missione e nel
servizio, a pregare le une per
le altre e a condividere le ri
sorse.
2) Ad accogliere reciprocamente i nostri membri nella
ricezione dei sacramenti e
delle altre cure pastorali.
3) A considerare i menabri
battezzati di tutte le nostre
chiese come membri della
nostra.
4) Ad accogliere le comunità in diaspora nella vita delle chiese indigene, per il loro
reciproco arricchimento.
5) Ad accogliere persone
che sono state ordinate da un
vescovo in qualsiasi delle nostre chiese all’ufficio di vescovo, sacerdote o diacono
per servire, su invito e in accordo con le norme che possono di volta in volta essere
in vigóre, quel ministero nella chiesa che li riceve, senza
la riordinazione.
6) Ad invitare normalmente i rispettivi vescovi a partecipare all’imposizione delle
mani nella consacrazione dei
vescovi come segno dell’
unità e della continuità della
chiesa.
7) A lavorare verso una
comprensione comune del
ministero diaconale.
8) A creare forme appropriate di consultazione collegiale e conciliare su questioni
significative di fede e ordinamento, di vita e azione.
9) A incoraggiare consultazioni di rappresentanti delle
nostre chiese e a facilitare
l’apprendimento e lo scambio
di idee e informazioni su
questioni teologiche e pastorali.
10) A creare un gruppo di
collegamento per alimentare
la nostra crescita nella comunione e coordinare la messa
in opera di questo accordo».
È stata eletta recentemente alla testa del Saac in sostituzione del pastore Frank Chikane
«È nera, è laica, è donna» la nuova segretaria
del Consiglio delle chiese in Sud Africa
LENI ALTWEGG
Ntombuhlope Brigalia
Barn (61 anni) ha assunto la carica di segretario generale del Consiglio delle
chiese in Sud Africa (Sacc),
in un momento molto difficile. Il Sacc è stato molto attivo
politicamente durante l’epoca
dell’apartheid quando riceveva molti sostegni dall’estero
che coprivano il 75% dei suoi
bilanci. Dal 1990 questi aiuti
sono diminuiti progressivamente e oggi contribui.scono
finanziariamente solo a una
piccola parte delle spese. Si è
dovuto quindi procedere ad
un ridimensionamento delle
attività del Sacc.
Contemporaneamente il
Consiglio, accusato di verticismo e di centralismo, si è
sforzato di coinvolgere maggiormente la base e di interessarsi alle regioni. Il lavoro
di Hlope Barn prosegue in
questa direzione e proprio recentemente c’è stata un gran
de convegno organizzativo a
cui hanno preso parte anche
partner dall’estero.
La signora Barn non ha accettato a cuor leggero l’incarico ma era veramente la candidata adatta a questo compito, anche per la sua storia:
cresciuta in una famiglia mista, dal punto di vista confessionale, è una cristiana praticante e appartiene alla Chiesa
anglicana. Dopo aver lavorato un paio d’anni come insegnante, studiò da assistente
sociale e si impegnò per nove
anni nel lavoro fra le donne e
i bambini delle periferie. Nel
1963 fu delegata in Uganda
all’Assemblea che fondò il
Consiglio delle chiese africane e fu invitata ad andare a
Ginevra per lavorare nel
Consiglio ecumenico delle
chiese (Cec). Passarono però
4 anni prima che il governo
le concedesse il passaporto.
A Ginevra fu per 21 anni a
capo del Dipartimento per le
donne del Cec e collaborò at
tivamente alla realizzazione
del «Programma di lotta contro il razzismo» impegnandosi sempre più a fondo contro
l’apartheid.
Nel luglio del 1988 Hlope
Brigalia Barn fu chiamata a
Johannesburg: Frank Chikane
era stato appena eletto segretario generale del Sacc e lei
vicesegretaria. Due mesi più
tardi un attentato distrusse la
sede del Sacc (come si è scoperto recentemente su «suggerimento» dell’allora ministro della Giustizia Adrian
Vlook): «Fu il mio battesimo
del fuoco» disse Brigalia
Barn. Da allora il lavoro del
Sacc fu rivolto principalmente a cercare di sopravvivere di
fronte a tutti i tentativi di eliminare l’organizzazione.
Hlope Barn ritiene che il
Sacc abbia davanti a sé alcuni compiti prioritari: La ricostruzione morale, vale a dire
la riscoperta della comunione, dei valori evangelici,
l’eliminazione dell’aggressi
vità e della violenza; il ripristino della dignità umana, facendo in modo che soprattutto la popolazione nera acquisti coscienza di sé; la sfida.
delle donne, che costituiscono la grande maggioranza
della popolazione ecclesiastica, ma (nonostante siano già
stati fatti notevoli passi avanti) partecipano in minima
parte alle decisioni, e il lavoro con la base. L’ecumenismo deve trasformarsi in un
movimento popolare e il
Sacc deve diventare indipendente dal punto di vista finanziario.
Challange, il bollettino di
collegamento del Sacc ha
scritto di Barn: «È nera, è laica, è donna: e per questo
molti hanno detto che è un
segno di quel che sarà il futuro della chiesa». Certamente
Hlope Barn saprà procedere
con grande capacità verso la
realizzazione degli scopi che
si è prefissa.
(Aab Nachrichten)
Mondo Cristiano
Kenia: le chiese preoccupate
per gli attacchi del governo
NAIROBI — Un ministro del governo keniota è intenzionato a formare un gruppo fondamentalista islamico per reagire
alle «provocazioni» lanciate contro il governo da alcuni giornali cristiani. Il vice ministro dell’informazione si è congratulato per l’azione portata avanti dal governo contro il periodico
cattolico romano Inooro. Secondo il quotidiano Daily Nation,
il ménsile Inooro aveva emesso critiche nei confronti del governo in una «lettera aperta a Sua Eccellenza il presidente
Moi». «Quando il sistema multipartitico è stato instaurato in
Kenia, molti vi hanno visto il segno di una seconda liberazione», diceva l’articolo pubblicato su Inooro, e proseguiva: «Ma
non è così a giudicare dalle ingiustizie compiute nel paese da
un governo che calpesta i diritti della persona umana...». La
Chiesa cattolica ha deciso di sporgere denuncia presso la Corte
Suprema; per il capo della chiesa metodista del Kenia, Zablon
Nthamburi, l’interdizione del mensile Inooro dimostra che il
governo non tollera la critica. La faccenda ricorda quella del
1988 contro un’altra rivista cristiana, Beyond, pubblicata dal
Consiglio nazionale delle chiese del Kenia, il cui redattore
venne incarcerato. Le chiese del Kenia sono spesso luoghi di
incontro e di dibattito per le Organizzazioni non governative e
per i gruppi di opposizione. (Eni)
La responsabilità cristiana
secondo i presbiteriani Usa
STATI UNITI — La concezione presbiteriana della responsabilità cristiana esige che i presbiteriani vengano coinvolti nelle sfide che deve raccogliere il presidente Clinton di fronte al
nuovo Congresso a maggioranza repubblicana. Questo il messàggio trasmesso da Robert W. Bohl, moderatore della Chiesa
presbiteriana degli Usa alle sue congregazioni. «Gran parte di
ciò che propone il “Contratto con l’America’’ avrà un serio impatto sui poveri, ivi compresi quelli che hanno un lavoro ma
stanno per diventare dei senzatetto, e fa pesare una minaccia ancora più grande su quelli che sono già molto vulnerabili» scrive
Bohl. I presbiteriani appartengono a una comunità di fede che
non si limita alle frontiere americane, e pertanto esigono che i
dirigenti politici pongano l’interesse nazionale americano al di
là di ciò che è «politicamente opportuno, economicamente produttivo e militarmente strategico». Essi devono lavorare al ripristino dell’unità di una «nazione frammentata» e cercare di alleviare coloro che soffrono, a casa loro e all’estero. (Arm Update)
Procede velocemente
l'islamizzazione del Sudan
KHARTUM — Secondo un rapporto di un pastore della
Chiesa presbiteriana nel Sudan, l’arabizzazione e l’islamizzazione del paese procedono velocemente. Tutte le scuole sono
costrette ad insegnare in arabo, e i bambini, prima di essere
iscritti alla scuola elementare, devono essere iscritti in una
scuola coranica. I bambini studiano l’arabo e la storia
dell’Islam, ma non la storia dell’Africa. Le chiese hanno lottato
per anni contro la legge sulle società missionarie, adottata nel
1962 per ostacolare l’attività dei missionari occidentali, ma che
si ritorse contro le chiese indigene. Nell’ottobre scorso, in seguito al Dialogo religioso intemazionale organizzato dal governo, il presidente Omar al-Bashir annunciò l’abrogazione di
quella legge, ma la sostituì immediatamente con la vecchia legge sulle società del 1957. Questa esige che tutte le congregazioni si facciano registrare ogni anno dal governo, diversamente perdono il diritto ad annunciare l’Evangelo. (Arm Update)
L'Assemblea generale del Mcs
avrà luogo in Costa d'Avorio
Sud Africa: nuovo presidente
della chiesa congregazionalista
/
GINEVRA — L’Assemblea generale della Federazione
mondiale dei movimenti cristiani studenti (Mcs) avrà luogo in
Costa d’Avorio dal 26 agosto al 10 settembre 1995. L’Assemblea, che segnerà il 100° anniversario dell’organizzazione, avrà
per tema: «Una comunità di memoria e di speranza che celebra
la fedeltà di Dio». Gli organizzatori hanno dichiarato che l’Assemblea avrà un ruolo chiave nel il legame tra «il passato, il
presente e il futuro». In un tempo i cui l’insegnamento superiore sta vivendo grossi cambiamenti in molti paesi, gli organizzatori hanno dichiarato che l’Assemblea sarà l’occasione di un
dialogo con le chiese e le organizzazioni ecumeniche circa il
ministerio presso gli studenti. Il centenario sarà celebrato il 12
e 13 agosto a Vadstena (Svezia), luogo di fondazione della Federazione mondiale del Mcs. Un raduno degli «Amici della Federazione» è previsto a Berlino dal 22 al 27 giugno. (Eni)
JOHANNESBURG — Uno dei principali artefici del documento «Kairos» del 1985 è stato eletto presidente della
Chiesa congregazionalista unita dell’Africa australe (Uccsa).
Si tratta del professore Bonganjalo Goba, che nel 1981 ha
contribuito alla fondazione dell’Istituto di teologia contestuale
a Johannesburg. All’inizio di quest’anno Goba ha lasciato il
suo posto di docente all’Università di Durban Westville per
lavorare a tempo pieno all’Istituto per una democrazia pluripartitica. Secondo Goba, la teologia deve tornare nel mondo
per prendere parte al nuovo processo di democratizzazione
che sarà decisivo per il Sud Africa. (Arm Update)
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VENERDÌ 14 APRILE 1995
Vita
PAG. 3 RIFORMA
Incontro con i pentecostali «autonomi» della valle del Seie
Una chiesa al posto del supermarket
LUCIANO DEODATO
Nell’intenzione del costruttore avrebbe forse
dovuto ospitare un supermarket e invece, al posto di
detersivi e di prodotti del mulino bianco, ecco banchi, innari, Bibbie e, sulla parete di
fondo, una bella libreria con
tutta una serie di volumi ben
ordinati, catalogati, divisi. È
qui che si riunisce la Chiesa
cristiana evangelica di Battipaglia. Quando ci arrivo è già
piena di gente, giovani e anziani, genitori con bambini
piccoli e grandi; facce simpatiche, aperte. Romolo Ricciardiello inizia il culto, la
partecipazione è corale, l’attenzione viva.
Così mi si presentano i pentecostali della valle del Seie
ma chi sono, e da dove vengono? Come al solito c’è all’origine un emigrato in America.
Questa volta si tratta di Angelo Cassese, emigrato nel primo Novecento in Argentina
da dove a un certo punto se ne
toma con una Bibbia e una fede. Siamo intorno al 1923, il
paese è Sant’Andrea di Conza
nell’Avellinese. È fatale: un
paio di anni dopo si apre il
primo locale di culto, la predicazione si diffonde nei paesi
vicini, si spinge nell’Abruzzo
e le occhiute autorità fasciste
cominciano a dare fastidio.
Capita così che per eludere la
sorveglianza dei carabinieri i
credenti si riuniscano nei boschi, ma questo non salva dal
confino né dalle continue vessazioni. Storia dunque di sofferenza e di fede, di resistenza, costanza e annuncio della
Parola.
In questa storia a un certo
punto entra Giuseppe Petrelii, avvocato, giornalista del
«Mattino» di Napoli. Deve difendere la causa di un battista;
scopre l’Evangelo; scende
nelle acque battesimali ma capisce che ormai per lui non
c’è più spazio in Italia. Emigra negli Stati Uniti, incontra
dei pentecostali, entra nelle
loro chiese e mette la sua cultura e i suoi doni al servizio
della predicazione. Scrive
trattati di teologia che formeranno la struttura di pensiero
dei pentecostali della valle del
Seie. Nella sala di Battipaglia
ho visto le sue opere conservate con amore, sebbene oggi,
a detta degli stessi pentecostali, in parte superate.
Petrelli, memore della sua
attività di giornalista, fonda
anche un foglio, «Il Regno di
Dio» e poi anche «Il granel di
senape»; e qui interviene
un’altra figura: Aida Chauvie, dall’inconfondibile nome
valdese; in effetti la Chauvie,
che in ossequio al suo nome
era una cantante lirica, abita
Una riunione evangeiistica di fronte aita reggia di Caserta
va al Baussan di Torre Pellice. Per anni è stata la direttrice de «Il granel di senape», in
un’epoca in cui alle donne
non venivano affidate grosse
responsabilità né nella chiesa,
né nella società. La sua casa a
Torre Pellice ospitò i vari
Bemabei e Ricciardiello che
oggi troviamo tra i responsabili delle chiese.
A parte alcune altre chiese
fondate in Piemonte, in Lombardia, in Toscana e altrove
in seguito ai movimenti migratori, la presenza maggiore
di questi pentecostali continua a rimanere nei paesi della
valle del Seie, nel triangolo
compreso tra Avellino, Batti
Intervista al pastore
Operiamo
EMMANUELE PASCHETTO
pentecostale Romolo Ricciardiello
per il rinnovamento
Che cosa sono le «chiese
della Valle del Seie» e
come si collocano all’interno
del movimento pentecostale
in Italia ?
«Si tratta di un movimento
evangelico libero, non organizzato a livello nazionale,
di chiese che fanno riferimento all’esperienza del battesimo con lo Spirito Santo,
sorte per la maggior parte
sotto il ministerio del pastore
Pasquale Albano e poi sviluppatesi come “Chiese nella
Valle del Sele” e organizzate
giuridicamente nella cooperativa “L’Evangelo per tutti” di
Battipaglia che, ai tempi delle
costituende Assemblee di Dio
in Italia, non vollero farne
parte ma rimasero autonome
e indipendenti amministrativamente; attualmente fanno
,parte della Consulta evangelica di Napoli».
- Qual è stato il loro itinerario di fede?
«Fin dagli anni 1930-40
nei quali sorsero le prime comunità, in pieno regime fascista, dovettero e furono purificate dalle immancabili
esagerazioni estremistiche
iniziali tramite il ministerio di
missionari nordamericani che
si richiamavano all’area pentecostale-battista del rev. dott.
G. Petrelli; seguirono sempre
l’ortodossa dottrina pentecostale e attualmente sono pienamente aperte alla nuove
manifestazioni del movimento evangelicalpentecostale,
sempre ferme nella dottrina
cristiana evangelica, come recita il Credo apostolico».
- Quante sono? Qual è la
loro consistenza? Come sono
organizzate?
«Attualmente, senza calcolare le diaspore della Toscana, della Lombardia ecc., sorte a motivo di emigrazione a
scopo di lavoro dei credenti,
le chiese sono una quindicina,
così distribuite: 10 in provin
cia di Salerno, 3 in provincia
di Avellino e 2 in provincia
di Potenza. La consistenza
complessiva è di almeno un
migliaio di membri effettivi,
esclusi i familiari non maggiorenni e i frequentatori simpatizzanti. Ciascuna chiesa o
comunità è pienamente autonoma in ogni senso, sotto la
cura di un pastore o di un anziano incaricato e sotto la supervisione dottrinale di un
coordinatore».
- Lei che funzione ha in
questo gruppo di comunità?
«Personalmente sono il
coordinatore di queste chiese,
e specificamente anche pastore e insegnante, in particolare
a Battipaglia».
- In che rapporto siete con
le altre chiese evangeliche?
«Essendo libere da qualsiasi tipo di organizzazione gerarchica esterna, le chiese
hanno la possibilità e il privilegio di poter intrattenere
buoni rapporti con tutte le altre chiese (pentecostali o
non), comunque nell’area
“fondamentalista”. Ultimamente, con le accresciute
relazioni, si stanno promuovendo incontri anche con le
chiese di area “liberale” dato
che, aspettando noi un grande
risveglio a livello nazionale,
abbiamo la convinzione che il
Signore non ne terrà fuori
nessuna chièsa storica e pertanto siamo interessati a intessere maggiori relazioni in
tutto l’ambito evangelico».
- Ci sono delle relazioni
con la Fcei?
«Con la Fcei fino ad oggi
non abbiamo avuto molti
contatti; eppure, dobbiamo riconoscerlo, sono stati largamente benedetti gli incontri
con il presidente pro tempore
Giorgio Bouchard (di stanza
a Napoli), col professor Sergio Aquilante del 13° circuito
valdese-metodista, con Antonio Mucciardi, segretario generale della Consulta evangelica, e con Umberto Delle
Il pastore Romolo Ricciardiello
Donne, tutti pastori battisti,
con i quali vi è stata anche
un’occasionale collaborazione storico-dottrinale nelle nostre chiese».
- Che obiettivi si propongono, le «chiese della Valle
del Sele», per l’immediato futuro?
«Le nostre chiese stanno organizzando la prossima sessione della conferenza annuale dei ministri pentecostali per
il 19 e 20 maggio 1995, presso l’hôtel “Terme Cappella”
di Contursi, avendo quest’anno la presidenza di turno del
Coordinamento, e un congresso intercontinentale delle
Chiese cristiane evangeliche
dal 31 ottobre al 5 novembre
1995 presso l’hôtel Ariston di
Paestum, con l’intento di far
conoscere le varie componenti
dell’evangelismo pentecostale
nel mondo anche alla nostra
Italia, in modo da incoraggiare quel risveglio nazionale che
farà giubilare la Chiesa evangelica italiana, sterile, perseguitata e maltrattata per decenni, in vista della numerosa
futura progenie che la allieterà, secondo le parole di Isaia
54. Siamo proiettati, dunque,
verso l’evangelizzazione del
nostro continente, la presenza
della chiesa nelle componenti
sociali e l’occupazione dei
settori disponibili al nostro intervento cristiano».
paglia, Salerno dove si trovano una quindicina di chiese.
Si tratta di pentecostali «autonomi» cioè non collegati con
le Assemblee di Dio in Italia.
Quando infatti nell’immediato dopoguerra successe che i
vari gruppi pentecostali cominciarono a creare delle
strutture, «i Comitati», in vista di una aggregazione unitaria, le chiese della valle del
Sele, su consiglio di Petrelli,
non vollero aderire. Forse
prevalse in quel momento in
loro l’anima congregazionalista di tipo battista.
Autonomia non significa
però settarismo; oggi le chiese della valle del Sele fanno
parte della «Consulta evangelica», un organismo nel
quale si ritrovano molte altre
chiese «indipendenti» della
Campania e che mira ad ottenere se non proprio un’intesa
con lo stato, almeno una
qualche forma di riconoscimento giuridico. Perché, e
questo non dovremmo dimenticarcelo, la battaglia per
la libertà religiosa e il pluralismo confessionale in Italia
non è ancora conclusa. Anzi,
siamo soltanto agli inizi.
A Vico Equense
XVI Sinodo
luterano
Sarà dal 27 al 29 aprile a
Vico Equense (Na) e domenica 30 ai Centro Idelmo Poggioli a Torre Annunziata, la
prima sessione del 16° Sinodo
della Chiesa luterana in Italia
(Celi). I 35 delegati e gli
ospiti esamineranno e dibatteranno sulle prospettive future
della Celi in vista dell’approvazione deirinlesa con la Repubblica italiana, provvedimento firmato già nell’aprile
del ’93 dall’allora presidente
del Consiglio, Giuliano Amato, e ancora in attesa dell’approvazione parlamentare.
All’ordine del giorno dei
lavori del Sinodo anche alcuni adempimenti statutari:
l’elezione di tre membri laici
del Concistoro e la definizione di alcune commissioni
operative. Il decano, Hartmut
Diekmann, e il vicedecano,
Jurgen Kleemann, eletti l’anno scorso, resteranno in carica fino al 1999. La Chiesa luterana è presente in Italia
dall’epoca della Riforma; la
Celi si è costituita nel 1948,
quando le comunità luterane
si sono date un’organizzazione sinodale, e riunisce una
ventina di comunità e gruppi
per oltre 7.000 aderenti. Parteciperanno al Sinodo anche i
rappresentanti di altre chiese
evangeliche italiane ed estere,
fra cui il pastore Domenico
Tomasetto, presidente della
Fcei, di cui la Celi è membro
fondatore.
«Casa materna» di Portici compie 90 anni
Punto dì riferimento
LUISA NITTI
Novant’anni fa, nel 1905,
nasceva a Napoli Casa
materna. A quell’epoca la Casa era situata in via dei Cimbri, nei locali che oggi ospitano la chiesa valdese di Napoli.
Era piccola cosa rispetto alla
bella struttura (un’antica villa
di Portici, in mezzo al verde e
a pochi passi dal mare) dove a
partire dal 1920 fu trasferita,
ma fu proprio in quegli anni e
grazie alla determinazione di
Riccardo ed Ersilia Santi che
si posero le basi di quanto si è
realizzato nei decenni successivi. Casa materna oggi ospita
cinquanta ragazzi e ragazze
fra i tre e i ventidue anni e
comprende una scuola materna ed elementare frequentata
quotidianamente da circa 150
studenti e studentesse. Per festeggiare i suoi novant’anni.
Casa materna organizza una
serie di spettacoli e concerti,
che prenderanno avvio ad
aprile e culmineranno con la
tradizionale festa dell’anniversario dell’ 11 giugno. Sarà
un’occasione per ricordare la
sua storia e continuare a progettare il futuro.
Quella di Casa materna è
una storia che affascina; per
la testardaggine e la fede di
chi le ha dato avvio pur non
avendo grossi mezzi e dovendo spesso fare i conti con la
diffidenza, se non l’ostilità,
della cittadinanza; e poi perché la sua è una storia che nonostante le difficoltà si è intrecciata, negli anni, con la
realtà religiosa e sociale del
Napoletano. «Ancora negli
anni ’70 - ricorda il direttore,
Gigi Capuano - i rapporti con
il mondo cattolico non erano
facili, soprattutto per la diffidenza della gente. C’era anche chi, camminando lungo il
corso Garibaldi, cambiava
marciapiede pur di non passare davanti al nostro cancello!
E i parroci locali certo non si
curavano di scoraggiare questi atteggiamenti».
Le cose oggi sono cambiate: molti attriti col tempo sfumano, l’intolleranza più irragionevole svanisce e anzi
sembra proprio che i rapporti
con le chiese cattoliche (a cominciare da quella costruita
proprio di fronte a Casa materna, poco dopo il trasloco a
Portici) siano decisamente distesi. «Fino agli anni Cinquanta - continua a raccontare il direttore - per molte persone noi di Casa materna eravamo il diavolo in persona!
Quando hanno iniziato a
chiamarci “i protestanti” è
stato un progresso... ma eravamo pur sempre visti con distacco. Solo quando hanno
capito che prima di tutto siamo cristiani come loro è iniziato il dialogo vero».
Se la diffidenza negli anni è
andata attenuandosi, anche il
modo di annunciare l’Evangelo non è più paragonabile a
quello di un tempo: da parte
cattolica ma anche da parte
degli evangelici di Casa materna. Ascoltando la storia
della famiglia Santi pare che
Ersilia Bragaglia, moglie di Riccardo Santi
fin dall’inizio i protagonisti
di questo progetto fossero
animati dal desiderio di comunicare la propria fede nel
modo più semplice, vivendola al servizio dei più deboli.
Concretamente questo significava fornire condizioni
di vita accettabili ai bambini
di Portici o di Napoli che ne
avevano bisogno. Era un modo immediato di testimoniare
la fede, attraverso dei segni
dell’amore di Dio, così come
racconta Cyril Davey nel suo
librò «Aggiungi due posti a
tavola» (Claudiana 1980);
«La piccola chiesa divenne
un centro di servizio sociale
dove la domenica si predicava l’amore e durante la settimana lo si metteva in pratica»
(p. 35). A distanza di tanti anni non sembra mutato il desiderio di dare testimonianza
della propria fede ma certo la
realtà sociale, i rapporti con
le istituzioni, il sistema educativo, tutto è più complesso
e anche la testimonianza
evangelica, dentro e fuori Casa materna, si esprime oggi in
modo nuovo. C’è stata una
decisa inversione di tendenza,
nel corso degli anni.
Casa materna finalmente
può aprirsi alla città, e anche
questa è una forma di testimonianza. Adesso non è solo un
luogo di accoglienza per ragazzi in difficoltà, ma riesce
anche ad offrirsi alla collettività come luogo di aggregazione, in un contesto sociale
in cui le occasioni di incontro
sono scarse e le strutture esistenti spesso sono troppo selettive 0 insufficienti. «Da
quando, nel 1985, abbiamo
ampliato le nostre strutture spiega Gigi Capuano - cerchiamo il più possibile di
aprirci alla città, offrendo i
nostri spazi a chi ne fa richiesta. Si tratta in genere di organizzazioni sociali o politiche,
di gruppi di vario tipo che
vengono qui per incontri o anche per spettacoli. Credo che
ormai queste persone non
considerino i nostri spazi solo
come locali da utilizzare, ma
anche come un punto di incontro significativo».
Casa materna resta quindi
un punto di riferimento per le
chiese del Napoletano e anche, sempre di più, per la
città. A distanza di 90 anni
dalla sua nascita si può certamente sottoscrivere quanto
dice il direttore: «È stata la
pazzia della fede che ha portato avanti tutto».
4
PAG. 4 RIFORMA
All’As
venerdì 14 APRILE 1995
PASQUA
UNA GRANDE SORPRESA
THOMAS SOGOIN
"nerché cercate tra i
morti colui che è vivo?» (v. 5). Non è del tutto
assurda e sconveniente la domanda fatta alle donne in lutto dai due misteriosi «uomini
in vesti risplendenti»? Gesù
infatti, non è forse stato sepolto in tutta fretta due giorni
prima, venerdì sera? E non è
stato posto proprio qui, nella
tomba nuova di Giuseppe
d’Arimatea, il suo ricco ma
segreto discepolo? E infine,
ora che sono passate le festività pasquali, le donne non
arrivano puntuali alla tomba
di Gesù per compiere gli ultimi atti connessi con il suo fu
nerale? Che cosa significa allora l’assurda domanda:
«Perché cercate tra i morti
colui che è vivo?».
L'assurda domanda
Diciamo pure che i due
misteriosi personaggi
vogliono scuotere delle persone profondamente deluse.
Infatti tutto l’atteggiamento
dei discepoli, dal tradimento
di Giuda al rinnegamento di
Pietro, dalla fuga di tutti gli
altri fino alla cura meticolosa
delle donne per il funerale di
Gesù, rivela una grande delusione nei confronti di Gesù e
«Le donne tornarono indietro e prepararono aromi e
profumi. Durante il sabato si riposarono, secondo il comandamento; ma il primo giorno della settimana, la
mattina prestissimo, esse si recarono al sepolcro, portando gli aromi che avevano preparato. E trovarono che
Ut pietra era stata rotolata dal sepolcro. Ma, essendo entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù. Mentre
se ne stavano perplesse di questo fatto, ecco che apparvero davanti a loro due uomini in vesti risplendenti; ed
essendo esse impaurite, chinarono il viso a terra; ma
quelli dissero loro: “Perché cercate il vivente fra i morti? Egli non è qui, ma è risuscitato; ricordate come egli
vi parlò quand^era ancora in Galilea, dicendo che il Figlio delVuomo doveva essere dato nelle mani di uomini
peccatori ed essere crocifisso, e il terzo giorno risuscitare”. Esse si ricordarono delle sue parole; e, tornate dal
sepolcro, annunziarono tutte queste cose agli undici e a
tutti gli altri. Quelle che dissero queste cose agli apostoli
erano: Maria Maddalena, Giovanna, Maria madre di
Giacomo, e le altre donne che erano con loro. Quelle
parole sembrarono loro un vaneggiare e non prestarono
fede alle donne»
(Luca 23, 56; 24, 11)
della sua vicenda: essi, per
seguire Gesù, avevano abbandonato tutto: lavoro, famiglia
e casa. La speranza del regno
di Dio, di un mondo nuovo e
diverso, li aveva spinti ad abbandonare tutto per seguire il
nuovo profeta.
Anche le donne avevano
mostrato un grande impegno
seguendolo, aiutandolo e finanziando perfino tutta la
missione di Gesù (Luca 8, 13). Ora eccole lì, alla tomba
di Gesù... Che cosa rimane
per loro di Gesù? Solo un
morto da imbalsamare con gli
aromi. Solo un morto da
piangere. Solo la loro disperata delusione e solitudine.
Esse mostrano certo un’intenzione lodevole: sembra che
dicano: «11 nostro povero Gesù è stato ingiustamente ucciso, è morto da martire nonostante tutto il bene che ha fatto! Diamogli, ora almeno,
una sepoltura degna, un funerale come si deve!».
«Perché cercate tra i morti
colui che è vivo?». La domanda, per quanto strana e assurda, coglie nel segno: infatti le
intenzioni delle donne sono
più che lodevoli; l’amore che
esse mostrano per Gesù è
commovente; esse hanno osservato scrupolosamente il
comandamento del riposo del
Sabato, tuttavia ci possiamo
davvero chiedere: credono
queste donne ancora in qualcosa? Credono ancora in Dio?
E noi oggi, non abbiamo
' anche noi iniziato, con grande entusiasmo, a'credere in
Gesù Cristo per poi finire a
trovarci, più di una volta, de
lusi e perplessi per le vicende
della nostra vita? Non abbiamo anche noi conosciuto, in
particolari momenti della vita, avvenimenti tristi o sconvolgenti che risultavano in
piena contraddizione con la
nostra fede e con la nostra
più profonda persuasione su
Dio? Non ci scopriamo allora
talvolta di essere diventati
come dei gusci vuoti, di agire
come degli automi?
«Perché cercate tra i morti
colui che è vivo?» La domanda dei due uomini misteriosi
non ci ricorda, forse, che anche noi seguiamo spesso un
Gesù morto e assente dalla
nostra vita, un Gesù della tradizione imbalsamato nei nostri ricordi ideali? Non è forse
molto più logico, molto più
facile, imbalsamare Gesù e
chiuderlo nella tomba lussuosa dei nostri ricordi, delle nostre abitudini religiose, e delle delusioni della vita?
Allora l’immagine di Gesù,
che conserviamo con religioso amore, non rimane in un
imbarazzante silenzio proprio
sui problemi più sconcertanti
e incomprensibili per i quali
invece urgerebbero risposte
immediate?
Una scoperta
sorprendente
Quando veramente cerchiamo Gesù, ci possiamo anche trovare di fronte a
grandi sorprese; può anche
darsi che veniamo confrontati
con qualcosa di illogico, di
inaspettato; con uno shock
imprevisto, capace di strap
parci dalla nostra incredulità.
Il nostro racconto, infatti, è
carico di sorprese e di fatti illogici: anzitutto le donne,
preoccupate di dover rotolare
la grande pietra tombale, trovano la pietra già spostata; e
poi, venute per imbalsamare
Gesù, trovano la tomba vuota.
E, inoltre, che cosa rappresentano quei due misteriosi
«uomini con vesti splendenti», che interferiscono con loro, in modo tanto sconvolgente e sovrano? Essi annunciano che Gesù non è più tra i
morti, nel cimitero dei nostri
ricordi, ma è qui tra noi, tra i
vivi! In Gesù è stata vinta la
morte! «Egli non si trova qui,
ma è risuscitato!» (v. 6a)!
Infatti il progetto di Dio era
chiaro e Gesù lo aveva già
spiegato da tempo ai suoi
smemorati discepoli: per vincere la morte e trionfare, egli
doveva prima morire. Gesù,
per salvarci e donarci la vita,
doveva prima conoscere l’angoscia della passione e della
morte; Gesù doveva prima
conoscere l’abisso dell’abbandono da parte di Dio; Gesù, per essere solidale con
noi in tutto per tutto, doveva
prima conoscere il silenzio
della tomba e l’immobilità
della morte.
«Perché cercate tra i morti
colui che è vivo?». Cercatelo
tra i vivi! Egli non si trova
nella tomba dei nostri ricordi;
non si trova nelle delusioni
che hanno distrutto la nostra
vita; non si trova nei rimorsi o
nei sensi di colpa che ci travolgono e ci distruggono. Non
si trova neppure nei rancori
che ci amareggiano e dai quali
noi stessi veniamo sepolti.
Gesù è fra i vivi, dove «due o
tre si riuniscono nel suo nome» (Matteo 18, 20), dove la
sua parola di vita è annunciata
e vissuta con gioia, dove il pane e il vino della sua cena sono offerti e ricevuti come segni vitali della sua presenza e
del suo perdono.
Gesù è presente dove le
persone sanno ascoltarsi e
confortarsi a vicenda; dove le
persone sanno rallegrarsi con
chi è allegro e soffrire solidali
con chi passa per la prova.
«Perché cercate tra i morti
colui che è vivo?». Cercatelo
fra i vivi, perché «egli non si
trova qui ma è risuscitato!».
Se oggi pensiamo (come
pensarono i discepoli del nostro racconto) «che le donne
avevano perso la testa» e che
stavano «vaneggiando» (oppure, al contrario, se pensiamo che il messaggio di Pasqua sia perfettamente normale, logico e scontato), allora il messaggio di Pasqua non
avrà nulla da dirci; ma se siamo ancora capaci di stupirci
e di meravigliarci per l’imprevisto, per quanto ancora
non ci è noto, allora la forza
dell’Evangelo di Cristo e la
potenza di vita dello Spirito
di Dio, stanno entrando nella
nostra vita, la stanno ricostruendo in una nuova e
gioiosa fiducia in Dio.
Allora scopriamo che la nostra fede in Cristo non è vana,
non è inutile ma che, nella
sua apparente debolezza, è invece la potenza di Dio che ci
orienta e ci risuscita.
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A cinquant’anni dalla fine del fascismo e della 2- guerra mondiale, la redazione di
Riforma offre ai suoi lettori e lettrici la possibilità di conoscere meglio la situazione delle
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Tra la croce
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Otto scritti degli anni
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nazismo della Chiesa
confessante tedesca.
KARL
BARTH
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Spedizione in abb. postale/50-Torino
In caso di mancato recapito si prega restituire
ai mittente presso i’Ufficio PT Torino CMP Nord.
L'Editore si impegna a corrispondere
ii diritto di resa.
Fondato nel 1848
Iniziano questa settimana i lavori di ristrutturazione del
tempio valdese di Rorà; da alcuni giorni è stato installato il
ponteggio e ora la ditta incaricata, rigorosamente rorenga,
comincerà dal tetto in lose. L’intervento sulla copertura si
svolgerà in tre blocchi e consisterà nel rifarne buona parte.
In previsione anche il rifacimento dell’imbiancatura esterna, delle grondaie, di una parte del pavimento interno,
dell’impianto elettrico, il tutto con una spesa di alcune
centinaia di milioni per la quale si è da tempo attivato un
comitato che ha proposto varie iniziative. Il Comune nel
frattempo interverrà anche per limitare l’impatto che la neve o l’acqua piovana portano alle strutture esterne. Il tempio dovrebbe così essere rimesso a nuovo per il 150“ anniversario che ricorre nel 1996.
DE
^ W /A
^ V A
I
VENERDÌ 14 APRILE 1995 ANNO 131-N. 15 LIRE 2000
Anche quest’anno sono
arrivate le confermazioni, altri giovani hanno promesso fedeltà al Signore e
impegno nella chiesa. Non so
se sono molto diversi dai giovani di altre generazioni, ma
sono meno numerosi. Il calo
demografico, l’abbandono
del discorso di fede da parte
di alcuni genitori, alcuni matrimoni misti e altri fattori
fanno sì che i giovani che entrano nelle nostre chiese delle
Valli siano meno di venti o
trent’anni fa.
Questo deve porci alcuni
problemi, innanzitutto quello
sulla capacità di resistere.
Nella comunità dove sono pastore, a fronte di 10 confermati, in soli sei mesi ho già
celebrato circa una trentina di
LA CONFERMAZIONE
UNA PROMESSA
CLAUDIO PASQUET
funerali. Ai dieci ragazzi e ragazze che entrano nella comunità ho ripetuto più o meno questo discorso: se credete
nel Signore e pensate che valga la pena di essere in questa
chiesa, non potete permettervi di stare alla finestra a guardare. La mia generazione ha
potuto farlo, eravamo più numerosi, se sparivano in venti
ne restavano altri dieci.
Dobbiamo resistere, con
forza e impegno e senza farci
prendere dal panico: i segni
positivi non mancano neppure in questa situazione difficile. Innanzitutto ogni anno
dobbiamo registrare l’ingresr
so di adulti, che vengono da
altre tradizioni religiose. Anche le nostre chiese delle Valli, storiche e (secondo alcuni)
un po’ ingessate, ridiventano
capaci di evangelizzazione. E
questo non per merito nostro.
ma per la forza dello Spirito e
per la situazione sociale che
porta molti a reinterrogarsi
sul senso della vita: si è ricreato interesse per la fede
vissuta nelle nostre comunità.
Poi il ruolo che i fratelli e le
sorelle «non pastori» si sono
conquistati in questi anni; sarebbe impossibile fare il pastore senza il lavoro e l’impegno e la voglia di «fare chiesa» che riscontro in molti di
loro: si è creato lo spazio per
vivere i doni e le vocazioni
più disparate. Certo andremo
verso un ridimensionamento
numerico. Ma se avremo comunità con più persone impegnate e meno gente alla finestra, che vuole la chiesa solo
per funerali, visite e battesimi,
saremo davvero più deboli?
Val Pel lice
Servono nuovi
posti all'asilo
nido
Da anni la vai Pellice è carente di posti per l’accoglienza della primissima infanzia; negli anni ’70 vennero
costruiti i nidi di Lusema San
Giovanni e Torre Pellice ma a
un certo punto quello di Luserna venne chiuso. Poca richiesta, dissero allora gli
amministratori lusernesi,
molti dei quali per altro poco
avevano fatto per incentivarne l’utilizzo. Poi venne un calo di natalità, e la convenzione fra i Comuni di Torre Pellice e Lusema sembrò Tunica
risposta possibile: 30 posti,
due terzi al paese proprietario
e un terzo a Lusema; nessun
posto per le famiglie di altri
Comuni della valle.
All’ex nido di Pralafera è
stata collocata la scuola materna e il personale del nido
lusemese è stato in parte riciclato in altri uffici; nel frattempo le nascite sono riprese
e si è diffusa maggiormente
la cultura del nido come momento di formazione del
bambino: in carenza dell’ente
pubblico è nata una stmttura
privata, regolarmente costituita come associazione ma
anche qui, come al nido pubblico di Torre Pellice e malgrado i costi più elevati per le
famiglie, si è rapidamente
formata una lista di attesa oggi lunga 30 nomi; che fare?
Molti dei candidati sindaci
hanno risposto all’invito
avanzato dall’associazione
«Cucù la nuvola» per un
incontro, prima delle elezioni,
atto a verificare la disponibilità dei futuri amministratori
ad occuparsi del problema.
Tutti si sono dichiarati interessati (infatti si è parlato del
rischio di una «passerella
elettorale») ma effettivamente il problema è stato affrontato in termini concreti, almeno in alcuni casi; senza però
lasciare troppo spazio ai sogni; qualunque soluzione richiederà almeno un anno.
Un convegno ha analizzato a Pinerolo il modo di vivere dei più giovani
Il pianeta adolescenti tra società e emotività
CARMELINA MAURIZIO
In un’epoca come la nostra
in cui i mutamenti sono
vari e molteplici chi sono e
che ruolo hanno gli adolescenti che per la loro stessa
natura vivono comunque
grandi mutamenti ed evoluzioni? A questo interrogativo
importante si è cercato di rispondere durante il forum pinerolese sull’adolescenza,
che ha riunito per una giornata; nei giorni scorsi, circa
300 persone presso T auditorium del liceo scientifico di
Pinerolo.
Si è parlato in particolare
del rapporto tra giovani e
istituzioni e del ruolo che
hanno la scuola da un lato e
il mondo del lavoro dall’altro, entrambi con limiti strutturali ma ugualmente fondamentali per la vita degli adolescenti. La scuola dunque,
che si dibatte tra riforme annunciate e autonomie, tra richieste e strumenti inadeguati e che comunque, come è
stato fatto notare dagli interventi di più operatori, è importantissima perché è Tunica istituzione con la quale tut
ti i ragazzi entrano in contatto, che li occupa mediamente
per circa 35 ore settimanali e
che prefigura l’identità che il
giovane si porta dietro per
tutta la vita.
Il mondo del lavoro che vive travagli ugualmente gravi
e anche se al momento la disoccupazione nel Pinerolese
(10%) è al di sotto delle medie nazionali, ci si è chiesto
come gli adolescenti possano
prepararsi ad affrontare le
nuove richieste che esso pone
loro: la mobilità, la flessibilità, periodi brevi o lunghi di
disoccupazione o sottoccupazione. E non si può parlare
di adolescenti oggi senza parlare del loro rapporto con la
televisione, che come ha fatto
notare Sergio Zenatti, giornalista e operatore Rai, ha
cambiato il loro modo di apprendere la realtà, allontanando i giovani dalla riflessione e puntando soprattutto
sull’emotività, con conseguenze sempre meno note e
controllabili.
L’altro punto di vista che il
forum pinerolese ha voluto
sviluppare è stato quello psi
cologico, dando la parola a
chi di adolescenti si occupa
in sede terapeutica: ne è venuto fuori un quadro più rassicurante di quanto si è portati a credere, per cui i tanti
drammi che famiglie e ragazzi si trovano a vivere durante
questi anni della vita sono
quasi sempre riconducibili a
una norma, tanto più quando
chi è vicino all’adolescente
riesce a individuare il percorso che sta compiendo e quindi a controllare quelle che sono le aree più problematiche.
Neanche il suicidio, tema
drammaticamente attuale, e
la droga, temuta e mitizzata,
rappresentano in realtà due
minacce rilevanti, quando
l’adolescente trova comunque dei punti di riferimento
nella famiglia, nell’impegno,
nella scuola, nei servizi
territoriali; tutti comunque
dovrebbero avviare forme di
collaborazione. Tanti spunti
per riflettere dunque, peccato
però che a loro, gli adolescenti, studiati e analizzati,
nessuno abbia pensato di dare
spazio e parola, nonostante la
loro numerosa presenza al fomm pinerolese.
Si chiama értournà la pratica, molto
faticosa e tipica delle zone montane,
del riporto della terra da un’estremità
all’altra del campo, in preparazione alla
semina di primavera. Per la pendenza,
infatti, e in seguito agli spostamenti del
suolo causati dall’insieme delle pratiche
agricole ma soprattutto dalla zappatura,
la terra scivola verso il basso e, all’inizio
del nuovo ciclo stagionale dei lavori, occorre rimuoverla manualmente dalla base alla parte superiore del campo per
mezzo della gerla.
Quest’operazione vg però preceduta, e
preparata, dal cosiddetto soulèvà, con cui
il coltivatore, con la sappo, la zappa a lama puntuta, intacca e smuove il terreno
all’estremità inferiore del campo, per
consentirne la successiva rimozione,
mentre lungo la striscia superiore procede
a una vera e propria zappatura, con T interramento di letame nel solco prodotto,
su cui sarà poi riversata la terra di riporto.
Usando la zappa a lama larga (la sa
ILFILO DEI GIORNI
ËRT0URNÂ
CARLO FERRERÒ
piarjo), nella parte bassa del campo si
trascina la terra nella gerla, coricata al
suolo e tenuta ferma dalla pressione del
ginocchio sinistro. Una volta riempita di
terra la gerla, la persona che la dovrà
portare Tafferra per i passanti di sostegno {là brasiéra) che, nella zona di Perrero, erano rigidi e costituiti da un ramo
di betulla o di salice piegato ad arco, e
d’intesa con un compagno che la prende
alla base, la raddrizza.
La persona che sta davanti continua a
tenere la gerla per la brasiéra, mentre
l’altro la prende cingendola con le braccia: con un colpo deciso di entrambi la
gerla viene sollevata di peso. Poi il portatore lascia i passanti di sostegno e, mentre
il peso della gerla ricade interamente sul
suo compagno, si volta e la carica dietro
le spalle indossandola. Portato il carico in
cima al campo si svuota la terra di riporto
riversandola e si ridiscende al punto di
partenza per ricominciare il lavoro.
Completato il riporto della terra bisognava zappare il campo per prepararlo
alla semina delle patate: si iniziava dal
basso, rivoltando il terreno e dissodandolo con cura in modo da aprire trasversalmente dei solchi paralleli (la rèa), in cui
si riversava il letame accumulato sul
campo nei mesi precedenti, che veniva
ricoperto con la terra scavata. Nella parte
superiore del campo, dove la zappatura
era già stata effettuata, l’operatore si limitava a spargere uniformemente al suolo la terra di riporto ammucchiata col lavoro di értournà.
(da Li velh travalh en Val San Martin.
ed. La Cantarana)
In Questo
Numero
Inverno caldo
Si sente spesso dire che
non esistono più stagioni e
che la temperatura tende a
salire anche in inverno: in
realtà la particolare conformazione del nostro versante alpino prevede una
tendenza alle precipitazioni più spiccata in estate rispetto alla Francia che si
inneva più facilmente.
Pagina II
Solidarietà
Come e chi si deve attivare per fare solidarietà
nel proprio territorio? Non
solo gli operatori, ma anche gli utenti stessi dei servizi e poi la società nel suo
insieme devono mettersi in
relazione offrendo ciò che
è nelle loro possibilità per
costruire relazioni interpersonali. Se ne è parlato
in un convegno organizzato dall’associazione «Arcobaleno» a Torre Pellice.
Pagina II
Boves
Un’iniziativa ecumenica
delle chiese tedesche farà
incontrare il 24 e 25 aprile
le popolazioni segnate
dall’occupazione e i loro
avversari di allora nel segno della riconciliazione.
Pagina III
Sinodo diocesano
Il VI Sinodo diocesano
pinerolese è dedicato alla
famiglia. Una serie di riunioni zonali esaminano un
documénto-indagine redatto dal Censis. Ci sono problemi comuni anche ai vaidesi...
Pagina IV
Orti familiari
Un piccolo orto, curato
in maniera «biologica» ci
può insegnare a vivere meglio e ad alimentarci in
maniera più razionale.
Pagina IV
6
PAG. Il
E ECO Delle mu moEsi
VENERDÌ 14 APRILE 1995
DESTINATO A DECADERE IL DECRETO SUL SESTRIERE — La pausa per le elezioni regionali e amministrative del 23 aprile farà decadere il decreto per gli interventi legati ai campionati del mondo di sci del Sestriere. Il
provvedimento avrebbe dovuto essere approvato antro il 20
aprile ma ciò sarebbe potuto accadere al massimo alla Camera e non al Senato. Il decreto dovrà così essere ripresentato dal governo dopo la pausa elettorale: «Si tratta di vedere se nel nuovo testo verranno introdotte le modifiche già
concordate alla Camera o se si tornerà al testo originale dice l’on. Lucio Malan da parte nostra abbiamo più volte
spiegato al ministro l’importanza di poter inserire nel decreto il completamento dell’autostrada per Pinerolo e gli
interventi da Pinerolo a Perosa anche senza l’inclusione nel
piano Anas».
LAVORI ALLA GIANAVELLA — La Gianavella, storica
abitazione dell’eroe valdese oggi utilizzata come casa per
vacanze sotto l’egida del Comitato per i luoghi storici, registrerà probabilmente ulteriori lavori di miglioramento nei
prossimi mesi. Verranno in particolare rivisti i tetti in modo da potenziare sempre di più le offerte di accoglienza.
Decisiva in questo senso la costruzione di un cisterna per la
riserva di acqua sorgiva che si sta dimostrando veramente
utile ed efficace.
I GIOVANI SCOPRONO IL CANTO — I ragazzi della terza A della scuola media Gouthier di Perosa Argentina
stanno realizzando una videocassetta in cui vengono narrate alcune pagine di storia, tra il 1799 e il 1970 attraverso
canti popolari, di protesta, patriottici, immagini tratte da
film e documentari, testimonianze di persone che hanno
vissuto quei momenti. «Sono - dicono i ragazzi della
scuola - canti di lotta e resistenza, di protesta e di pace, di
angoscia e di rivolta contro gli oppressori. Proprio per
questo riteniamo che questa attività possa inserirsi nel qua• dro delle manifestazioiii per il 50° anniversario della Liberazione, ma non solo: pensiamo infatti sia una testimonianza importante e anche un modo diverso di impostare
10 studio della storia e dell’educazione civica». Il lavoro è
stato spesso eseguito con mezzi di fortuna, grazie ai parenti e all’insegnante Simonetta Colucci e ora gh allievi della
3° A cercano contatti con altre scuole o enti per portare
questo loro lavoro anche aH’estemo del mondo scolastico;
11 primo incontro pubblico sarà il 21 aprile, alle 20,30,
presso la biblioteca di Villar Perosa.
PINEROLO: CHIUSA, PER UNA SETTIMANA, LA BIBLIOTECA — La biblioteca comunale di Pinerolo resterà
chiusa al pubbUco fino al 15 aprile per le consuete operazioni di riordino e riscontro librario. Resteranno aperti il
posto prestito di S. Lazzaro, quello di zona Serena in via
Giovanni XXII 25, la biblioteca per ragazzi di corso Piave
5 e il posto prestito di Baudenasca.
PINEROLO: TASSA OCCUPAZIONE AREE PUBBLICHE — I cittadini di Pinerolo hanno tempo fino al 28
aprile per il pagamento della tassa per l’occupazione permanente di suolo pubblico nei passi carrai. Sulla base della
legge nazionale di fine ’93, il Consiglio comunale aveva
approvato un regolamento sulla base del quale il contribuente non deve più attendere l’emissione di una cartella
esattoriale ma deve provvedere al pagamento di propria
iniziativa; il territorio comunale è stato all’uopo suddiviso
in tre categorie a seconda dell’importanza. Per quanto riguarda il calcolo della tassa dovuta per il 1995 il Comune
precisa che i metri quadri del passo carraio vanno arrotondati all’unità superiore; ad esempio uno spazio di 3,08 mq
va arrotondato a 4 mq. Se il passaggio è situato nella categoria 1 la tassa dovuta sarà per l’anno 108.000 lire. La tassa va pagata presso la concessionaria Aipa, corso Torino
216 a Pinerolo; l’ufficio è aperto il lunedì, martedì, giovedì e venerdì ore 9-12.
TACCUINO ELETTORALE: PINEROLO — Giuseppe Pichetto, candidato alla presidenza della Giunta regionale
per il raggruppamento Pds, Patto dei democratici. Popolari
e Verdi sarà a Pinerolo sabato 15 aprile per un dibattito sul
«Futuro del Pinerolese».
AUTORIPARAZIONI
Costantino Marco
Pinerolo: conferenza sulla climatologia per «Lunedì scienza)
Una terra sempre più calda?
Officina autorizzata
LA PRIMA IN PINEROLO
Via Montebello, 12 - Tel. 0121/321682
PINEROLO
_______ERICA BONANSEA________
Non esistono più le stagioni, il clima sta impazzendo. Sono frasi che si sentono spesso negli ultimi tempi: ma è proprio vero che ci
avviamo verso un cambiamento climatico naturale, che
l’inquinamento della società
industriale sta causando un
lento mutamento? All’interessante domanda ha cercato
di dare una spiegazione il
dottor Luca Mercalli, della
Società meteorologica subalpina, in una serata del ciclo
pinerolese «Lunedì scienza».
Aiutandosi con diapositive
Mercalli ha spiegato che l’atmosfera avvolge la terra per
un diametro di circa 12 km:
al suo interno avvengono tutti
i fenomeni che influenzano la
nostra vita. I mesi più secchi
nella nostra zona sono gennaio e febbraio, quindi se
l’inverno di quest’anno è stato assai povero di precipitazioni ciò è nella, norma. La
primavera invece dovrebbe
essere il periodo più piovoso,
seguita da un’estate secca ma
rinfrescata dai temporali e infine novembre dovrebbe nuovamente essere caratterizzato
dalla pioggia.
La barriera alpina fa sì che
la situazione sia diversa in
Francia, dove le precipitazioni sono più abbondanti d’in
II colle Giulian e la Guglia nel vallone sopra Bobbio Pellice
verno e le stazioni sciistiche
non hanno problemi di innevamento. Le nostre montagne
causano anche vento caldo e
secco: è il phòn (da non
confondersi con lo scirocco,
caldo ma umido).
Quando una perturbazione
arriva sul versante alpino
francese e si scontra con i rilievi provoca pioggia in
Francia, mentre il passaggio
dell’aria nelle vallate montane fa sì che questa si riscaldi
e provochi il phòn nelle nostre zone. I nostri inverni secchi con poca neve e le nostre
primavere troppo piovose
Serata dell'associazione «Arcobaleno)
Attivare le risorse
per la solidarietà
Il miglior modo di fare solidarietà consiste nel fare ciascuno seriamente il proprio
lavoro e la propria parte. Si ■
tratta di un impegno che deve
caratterizzare la vita di ogni
cittadino, sia esso operatore,
utente di un servizio o semplice membro di una collettività. Così si potrebbe riassumere il senso della serata organizzata dall’associazione
«Arcobaleno» a due anni dalla sua prima iniziativa pubblica, il 5 aprile a Torre Pellice.
L’associazione è nata due
anni fa («contro il disagio e
l’indifferenza») per tenere in
collegamento persone che
avessero vissuto esperienze di
disagio e di dipendenza da
sostanze ma anche i componenti delle loro famiglie.
Un’aggregazione «dal basso», cbe ha cercato immediatamente di non rinchiudersi
ma al contrario di entrare in
dialogo con tutti i settori della
società della vai Pellice.
«Quali risorse, quali servizi
per costruire solidarietà» era
il titolo della serata, la cui
prima parte ha ripercorso,
nelle parole di Ezio Borgarello, assessore alla Sicurezza
sociale in Comunità montana,
la storia dei servizi sociali dal
Consiglio di valle alla coincidenza con rUssl 43, alla
prossima ridefinizione nell’
ambito della più ampia Usi
10. H direttore generale di
quest’ultima, Giovanni Risso
ne, ha manifestato l’intenzione di non recedere rispetto ai
servizi fin qui promossi e gestiti dall’ente pubblico. Caso
mai sono all’orizzonte nuovi
settori, importanti e urgenti
(si veda un servizio di odontoiatria conservativa per tossicodipendenti).
L’importante, così come è
emerso dagli interventi di alcuni operatori (Gianclaudio
Magra di «Spaziogiovani», e
gli psicologi Franca Banchi
per la salute mentale e Maurizio Martucci per il Servizio
tossicodipendenze) è conoscere e scambiare le esperienza, i modi diversi per affrontare i problemi, e ricavarne gli indirizzi migliori
(l’esempio che subito viene
in mente è quello dell’alternativa fra la comunità terapeutica e il lavoro sul territorio rispetto al problema della
dipendenza da droghe).
Cercare le risorse per fare
solidarietà non può essere tuttavia un problema solo tecnico: non si tratta solo di reperire fondi 0 di gestirli al meglio
(passaggi peraltro ineludibili):
si tratta di costhiire una cultura che metta ognuno di fronte
alla necessità di prendersi le
proprie responsabilità, senza
delegare questo ruolo ai soli
«tecnici» e cercando di ricevere proprio da chi soffre
quella carica umana e quel
«vissuto» in grado, paradossalmente, di aiutare gli altri.
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(di fronte alla caserma alpini)
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non devono preoccupare,
dunque, perché sono tipiche
della storia climatica delle regioni alpine.
Dalle statistiche risulta che
il decennio 1940-50 è stato il
più caldo del secolo. C’è chi
ipotizza, ha concluso Mercalli, che nei prossimi 50 anni ci
sarà un aumento di temperatura di circa 2° centigradi,
che significherebbe notevoli
sconvolgimenti sul nostro
pianeta. Il motivo di questo
innalzamento è sconosciuto:
forse è un ciclo naturale, forse è causato o almeno accelerato dall’inquinamento.
Torre Pellice
L'emozione
del film
documento
Nella seconda delle serate
organizzate a Torre Pellice
per ricordare la Liberazione,
dedicata alla lotta partigiana
(con intervento del partigiano
combattente Gustavo Malan
che ha sintetizzato le linee
portanti dell’azione di Resistenza, in particolare in vai
Pellice), il pubblico ha assistito alla proiezione di materiali filmati inconsueti.
Se l’Archivio cinematografico della Resistenza di Torino aveva da tempo in catalogo il film di montaggio Lotta
partigiana, visto in molte occasioni, molto più rara è la visione di un filmato di 15’ circa relativo alla Resistenza
nell’Astigiano a cui concorsero anche partigiani delle Valli. Il filmato, girato in condizioni di fortuna nel marzo ’45
e privo di sonoro, è «grezzo»,
non montato; le sequenze si
succedono come furono riprese e hanno perciò un fascino
inconsueto, un po’ come
quello dei filmati video d’attualità (le cosiddette «Eveline») che vanno in onda sui
Raitre in orari notturni. Sono
spezzoni privi di commento
giornalistico e per conseguenza non «indirizzate» a una
particolare spiegazione dei
fatti contenuti. Questo contribuisce a esaltare l’immediatezza del discorso. Una scelta
interessante, poiché dimostra
che le emozioni non passano
solo per i film di finzione.
Dall'Uruguay
Un coro
valdese
Un gruppo musicale costituito in gran parte da valdesi
sudamericani verrà prossiniamente in visita in Italia. È la
prima volta che questo accade: il gruppo terrà concerti alle Valli, a Firenze, Napoli,
Roma, Milano e Torino.
Il «Grupo coral vaidense»
porta questo nome perché si è
costituito a Colonia Vaidense
(Uruguay): ha iniziato l’attività alla fine del 1991 e nel
1992 ha partecipato al Festival intemazionale di cori ecclesiastici a San Juan di Porto
Rico, come rappresentante
della Chiesa evangelica valdese. Attualmente è un gruppo autonomo, che non dipende da alcuna istituzione, è
composto da 25 membri che
provengono da diverse località del Dipartimento di Colonia: Tarariras, Colonia, Colonia Cosmopolita, Rosario e
Colonia Vaidense.
Con la sua attività il Gruppo si propone di portare al
maggior numero di persone
un messaggio di umanità e di
speranza mediante la musica
e intende promuovere la conoscenza di diversi generi e
ritmi musicali, rivolgendosi
in particolare ai giovani, che
non hanno interesse alla musica corale, sforzandosi di offrire una proposta diversa,
che piaccia a livello popolare.
Di qui l’impiego di stramenti
come la batteria, il basso elettrico, la chitarra, ecc. e il ricorso alla rappresentazione e
al movimento scenografico.
Un altro scopo che interessa attualmente il Gruppo è di
far conoscere i valori musicali della zona (il Dipartimento
di Colonia), le persone che
realizzano gli arrangiamenti e
i compositori. I concerti alle
Valli si terranno il 20 aprile,
ore 21, nel tempio di Villar
Pellice; il 4 maggio, ore 21,
nel tempio di Torre Pellice; il
5 maggio, ore 20,30, nel tempio di Pomaretto.
Il viaggio toccherà anche
Firenze,(il 22 aprile, ore
21,30, nella chiesa romanica
di Reggello; il 23, ore 18, nel
tempio valdese), Napoli (concerti il 24, 25 e 26 in vari
punti della città), Roma (il 29
■ aprile, ore 18, nel tempio di
piazza Cavour, il 30 giornata
a Forano Sabino), Venezia,
Milano (il 3 maggio, ore 21,
prevedibilmente nella chiesa
battista di via Pinamonte da
Vimercate), Torino (il 6 maggio, ore 21, nel tempio di corso Vittorio Emanuele). Il 7
maggio il Gruppo parteciperà
alla festa di canto delle corali
evangeliche a Genova.
Rinvio
La decisione del governo di differire di due
giorni i termini per la
presentazione delle liste
elettorali ha spostato anche il termine per la pubblicazione ufficiale delle
liste ammesse alle competizioni per reiezione di
sindaci e Consigli comunali. Ecco la ragione del
rinvio dello «speciale»
sulle elezioni alle Valli,
che pubblicheremo sul
prossimo numero.
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VENERDÌ 14 APRILE 1995
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PAG. Ili
A Cuneo il 50° anniversario della Liberazione è ricordato insieme con i tedeschi
Il cammino della riconciliazione
passa anche per Boves
HERBERT ANDERS
arante il suo soggiorno alla
corte persiana, il profeta
Daniele si rese conto che i settant’anni della distruzione e rovina di Gerusalemme profetizzati
da Geremia stavano per volgere
alla fine. Questo fatto lo indusse
a ricordare a Dio le sue promesse e a chiedere perdono per i
peccati del popolo d’Israele e dei
¡suoi capi. Così incomincia la liturgia di riconciliazione dell’iniziativa tedesca Cammini di riconciliazione che alla fine di aprile
«cammina» sull’itinerario italiano ( 24 e 25 aprile nella provincia
di Cuneo).
Di che cosa si tratta? Cammini
di riconciliazione è un’iniziativa
ecumenica delle chiese tedesche
che vede protagonisti cristiani di
ogni confessione che hanno a
cuore la riconciliazione dei popoli. Lo scopo dell’iniziativa è di
usufruire dell’opportunità del cinquantesimo anno dopo la fine della guerra per incontrare gli avversari e le vittime del passato con la
domanda: «Potete perdonarci ciò
che 50 anni fa vi fu infflitto da tedeschi?». A questo proposito si
organizzano viaggi in luoghi nei
quali furono commessi eccidi di
guerra. Viaggi che guidano il
gruppo dei partecipanti tedeschi
nei centri del dolore dove vogliono invocare il perdono celebrando
una liturgia di riconciliazione.
Nel maggio del 1994 si è compiuto il cinquantesimo anniversario
della fine della guerra. L’antico
Israele dopo sette periodi di sette
anni celebrava l’anno giubilare,
nel quale si liberavano schiavi e
si condonavano debiti. Anche se
in quell’occasione non si parlava
di debiti nel senso di peccati
commessi nei confronti di Dio o
di altri, possiamo nonostante ciò
cogliere l’occasione di questo anniversario per chiedere personalmente e a nome del nostro popolo
e dei suoi capi, perdono a Dio e a
tutti quelli che hanno sofferto per
causa nostra durante la guerra.
Un «mea culpa» di cristiani tedeschi che non si ferma nella cameretta, ma esce addirittura dai
confini nazionali per convincere
gli afflitti della sua sincerità. Auguro a quest’iniziativa, che riflette un coraggio ben diverso da
quello della conquista di 50 anni
fa, tutto il successo che merita:
che trovi ampio ascolto nei cuori
delle vittime e dei loro familiari e
venga accolta dai cristiani italiani
in modo da poter generare la risonanza che porta verso la riconciliazione.
In Europa non si ritroverà un linguaggio autenticamente umano e sincero, indispensabile per
creare le basi di un nuovo ordinamento poiitico,
se prima non ci esponiamo al dialogo affrontando la nostra colpa. Sebbene nella colpa stessa
si manifesti ia nostra disumanità, dal fatto di riconosceria e di pentirsene rinascerà la nostra
umanità.
Hans Joachim Iwand, 1958
^ Rincontro con ebrei e partigiani
Oltre le divisioni
' Durante la guerra Cuneo,
fin .provincia di confine tra la
Francia e l’Italia, ha subito
Toccupazione dell’esercito
tedesco. Un’occupazione che
■ ; , venne resa difficile dai partigiani che usufruivano delle
vicine montagne come nascondiglio e base per le loro
operazioni. Un anno e mezzo
di occupazione e resistenza
partigiana ha causato più di
! 1.000 vittime nella provincia.
Tra loro non sono compresi i
350 ebrei che, internati in un
campo di concentramento a
Borgo San Dalmazzo, furono
deportati ad Auschwitz, da
dove ne sono tornati solo 6.
. Tante ragioni quindi per i
cristiani tedeschi di fermarsi,
nel loro Cammino di riconciliazione, in provincia di Cu. neo. La loro prima sosta in
Italia prevede per il 24 aprile
una cena di sostegno e dialogo in un vecchio monastero,
in località San Biagio nelle
vicinanze di Cuneo. Le seguenti manifestazioni pubbli• che non per caso si svolgeranno in una giornata storica
per l’Italia, il 25 aprile. Il ricordo della liberazione dal fascismo vuole servire come
scenario per il rafforzamento
del processo di riconciliazione, che puntando al superamento di diffidenze e divisioni, lascia intravedere una larga unione dei cristiani dei vari paesi europei. Nelle manifestazioni sarà quindi compresa una commemorazione
dell’eccidio dei villaggio di
Boves, che più di una volta
ha visto le sue case ridursi in
fumo a causa di una rappresaglia dei nazisti tedeschi. Subito dopo seguirà, nella chiesa
di San Francesco a Cuneo, la
celebrazione della liturgia di
riconciliazione, che consiste
tra l’altro nella confessione di
peccato per le stragi di guerra
come anche per l’olocausto.
Si tratterà di momenti molto
attesi dalla commissione preparatoria (amicizia ebraicacristiana, chiese cattoliche e
chiese evangeliche di Cuneo
e Mondo vi) che da Natale sta
operando per la buona uscita
delle manifestazioni.
Una riflessione cristiana che attraversa la coscienza dei tedeschi
Le parole «riconciliazione» e «liberazione»
JOACHIM WANKE
Cammini di riconciliazione
Calendario delle manifestazioni
Provincia di Cuneo
Lunedì 24 aprile
ore 20 Primo incontro con i fratelli tedeschi
(cena di .sostegno e dialogo)
id.i' " ■
Monastero Ma. della Fiducia, San Biagio
Martedì 25 aprile
ore 9 Commemorazione dell’eccidio di Boves
Boves: piazza Italia
ore 11 Celebrazione della liturgia
di riconciliazione
Cuneo: Chiostro della chiesa
San Francesco, via Santa Maria
Per informazioni:
Past. Herbert Anders, via A. Rossi 1,
12100 Cuneo, Tel: 0171/630296 .
Suor Clelia Ruffinengo, Monastero San Biagio,
12080 Mondovì, Tel: 0174/686298
Il termine «riconciliazione»
è un concetto centrale nella nostra fede cristiana. Siamo riconciliati con Dio attraverso l’atto di salvezza di Gesù Cristo sulla croce: questo è
il centro del messaggio evangelico secondo l’apostolo
Paolo (2 Cor. 5, 19s). E con
la parabola del servo crudele
(Mt. 18, 23-25) Gesù pone la
richiesta: colui al quale Dio
ha offerto il perdono e la cancellazione del debito, deve
essere coerentemente disposto alla riconciliazione nel
rapporto con i propri simili.
Nel cinquantesimo anniversario dalla fine della seconda guerra mondiale, uomini e donne del nostro paese
visiteranno stati con i quali la
Germania era in guerra, chiedendo loro perdono e riconciliazione. Il perdono non si
può ottenere con la forza, ma
io si può chiedere. E dalla richiesta del perdono può nascere la riconciliazione, anche e soprattutto nella generazione di coloro che non erano direttamente coinvolti nelle vicende della guerra.
La non riflessione, l’ignoranza (per esempio di correlazioni storiche), l’indifferenza
e in parte un terribile fatalismo, quell’atteggiamento del
tanto non si può fare niente,
sono ora come sempre i nemici peggiori di una vera comprensione e riconciliazione.
A volte ci si lamenta che i
giovani sono così poco interessati alla vita delle nostre
comunità e così poco disponibili al dialogo religio.so. Secondo la mia esperienza la
nostra gioventù è molto sensibile là dove si parla dell’
opera di riconciliazione tra i
popoli: che si tratti di aiuti
concreti alla Romania oppure
delle cure per i bambini di
Cernobil, o ancora della collaborazione all’iniziativa Aktion Suhnezeichen. Si recano
in pellegrinaggio sulle orme
di Giacomo, a Santiago de
Compostela o dai fratelli di
Taizé in Francia, e non lo
fanno per puro spirito di avventura. Forse là i giovani
Il ghetto ebraico di Cuneo
trovano ciò che manca loro
nel benessere e nel perbenismo delle nostre comunità: il
fatto che noi cristiani, più degli altri, dovremmo trovare
un motivo di gioia nella varietà e nella multiformità del
popolo di Dio in tutti i popoli. «Tutti i popoli, lodate il
Signore»; i giovani prendono
piacevolmente sul serio le
parole di questo salmo che
cantiamo così spesso nei nostri culti.
Può essere un piccolo segno se, nel cinquantesimo anniversario della guerra, una
piccola rappresentanza del
nostro popolo parte per un
cammino di riconciliazione e
si reca dai popoli vicini die a
quel tempo erano vittime della nostra aggressione. Ma una
cosa vale qui come ovunque
nella vita: ciò che davvero
convince e muove i cuori, è
sempre l’impegno del singolo. E se qui sono uomini e
donne, non solò di diverse
confessioni cristiane ma an
RADIO
BECKWITH
EVANGELICA
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tei. 0121/91.507
che credenti e non credenti, a
voler dare insieme un segno
di riconciliazione, questo ha
un peso ancora maggiore.
Ogni singola persona che innalza questo tipo di «bandiera», apre a noi e ai popoli nostri vicini un futuro felice. Io
mi augurerei che molti si
mettessero in cammino sotto
questa «bandiera della riconciliazione».
Liberazione
Una colpa del passato, non
superata ma rimossa, grava
sulla vita del singolo allo
stesso modo in cui grava sulla vita di interi popoli. Essa
può riemergere in superficie
in modo del tutto inaspettato,
come ben si può vedere negli
avvenimenti nei Balcani, in
Georgia o in Ruanda. Diversa
è la vita invece là dove è stato concesso e ricevuto il perdono. È infranto il potere di
odio e fanatismo, uomini e
donne diventano liberi per
una nuova reciproca fiducia.
Sappiamo dall’esperienza
nella cura d’anime che singole persone sperimentano la liberazione anche a livello psichico e fisico, se chiedono
coscientemente il perdono o
concedono il perdono ad altri.
Vecchi vincoli, un odio profondamente radicato, azioni
coercitive vengono spezzati
attraverso la forza nascosta
del perdono. Sto pensando a
una signora anziana che riusciva a muoversi soltanto con
gravi dolori e con l’aiuto di
altri, e che invece dopo aver
ricevuto il perdono era nuovamente in grado di camminare da sola e senza appoggio. Tra corpo, anima e spirito esistono legami nascosti
che cominciamo a conoscere
soltanto adesso. Per Gesù
Cristo il perdono rivestì un significato chiave per la convivenza umana: egli ha concesso alla sua chiesa l’autorità
del perdono come chiave del
regno dei cieli (Mt. 16, 19);
con esso viene sottratta la forza alle potenze distruttive
della vita, si spezzano le catene dentro di noi e si sciolgono vincoli nascosti. Talvolta
questo deve succedere anche
attraverso un cosciente rinnegamento di pensieri e di forze
finora predominanti nella vita
di singoli o di interi gruppi
etnici e popoli.
Qui intuiamo la profonda
verità della parola dell’apostolo: infatti noi non dobbiamo lottare contro creature
umane, ma contro spiriti maligni del mondo invisibile,
contro autorità e potenze...
(Efes. 6,1 2). Ma il potere del
perdono è più grande, Dio ci
vuole completamente liberi.
«Dunque se il Figlio vi renderà liberi, sarete veramente
uomini liberi» (Giov. 8, 36).
16
PAG. IV
E Eco Delle Wì.i ^ldesi
Incontri per agricoltori organizzati dalla Comunità montana Chisone e Cermanasca
Coltivare l'orto per una sana alimentazione
VENERDÌ 14 APRILE 1995
LILIANA VIOÜELMO
Coltivare un piccolo orto
casalingo è un’occupazione gradevole, alla portata
anche di chi non possiede
molto terreno: come per le
galline, costituisce un hobby
per chi ha tempo a disposizione e insieme una riduzione
della spesa quotidiana per le
verdure.
Per questi motivi l’orticoltura è stata inserita negli incontri agricoli programmati
dalla Comunità montana valli
Chisone e Cermanasca e ha
avuto un buon successo di
pubblico. La dottoressa Anna
Vignola ha illustrato con lucidi e diapositive le tecniche di
coltivazione, le malattie più
diffuse e i modi di combatterle, soffermandosi in modo
particolare sui metodi di orticoltura naturale, che non danneggiano l’ambiente né il
consumatore.
Nelle nostre valli l’agricoltura come viene praticata in
pianura è fuori questione;
meglio così, perché la monocultura assicura senz’altro un
reddito elevato ma distrugge
l’habitat di insetti e piccoli
animali, richiede dosi massicce di antiparassitari e diserbanti e impoverisce il terreno.
In montagna si è abbandonata
da un pezzo l’agricoltura a
reddito, salvo forse nella bassa vai Chisone, ma gli orti familiari, con il loro miscuglio
di piante fiorifere e alimentari, la varietà di colture, i cespugli e gli alberi in vicinanza, sono assai più rispettosi
dell’ambiente naturale.
Su questo specifico aspetto
Vignola ha fornito una serie
di consigli, magari risaputi
ma che non fa mai male ripetere: usare di preferenza con
L’orticoltore deve saper seguire il ritmo delle stagioni e dei loro prodotti
cimi organici, evitare i diserbanti, rassegnandosi a strappare le erbacce a mano, favorire lo sviluppo delle piante
con la rotazione delle colture
e la consociazione delle specie che hanno esigenze nutritive diverse, dare spazio ai
predatori naturali, scegliere
varietà resistenti e immuni da
virus, e ovviamente usare pochi antiparassitari e i meno
tossici. Inoltre, accettare una
certa quantità di danno, compensata dalla miglior qualità
del prodotto.
La dottoressa Vignola si è
anche dilungata sulla coltivazione del pomodoro, prodot
Nelle
Chiese Valdesi
ANGROGNA — Giovedì 13 aprile, ore 21, culto con Santa
Cena condotto dai bambini della scuola domenicale nel
tempio di Pradeltomo; venerdì 14, ore 21, culto nel tempio del Serre a cura della corale; domenica 16, ore 10, culto al capoluogo con corale, scuole domenicali e S. Cena.
BOBBIO PELLICE — Venerdì 14, alle 21 nel tempio, culto con Santa Cena; domenica 16, alle 10, culto di Pasqua
con Santa Cena.
POMARETTO — Giovedì 13 aprile vi sarà il culto alle
20,30 con Santa Cena, nel tempio; venerdì 14, alle 20,30,
culto con Santa Cena a Inverso Clot. Domenica 16, culto
di Pasqua all’ospedale, ore 9, e nel tempio, ore 10; in entrambi i casi celebrazione della Cena del Signore e partecipazione della corale.
• L’assemblea di chiesa è convocata per domenica 30
aprile, dopo il culto; all’odg relazione annua, elezione deputati al Sinodo e alla Conferenza distrettuale.
SAN SECONDO — Venerdì 14, ore 10, culto liturgico; domenica 16, ore 10, culto con Santa Cena.
• Domenica 23, alle ore 10, culto con assemblea di chiesa
per l’elezione di anziani e dei deputati al Sinodo e alla
Conferenza distrettuale.
LUSERNA SAN GIOVANNI — I culti del giovedì e venerdì santi si terranno alla sala Albarin, alle 21; quelli di
Pasqua agli Airali alle 9 e al Ciabas alle 10.
VILLAR PELLICE — Giovedì 13 aprile, alle 20,30, sarà
il culto con Santa Cena; domenica 16 il culto di Pasqua,
con Santa Cena, vedrà la partecipazione della corale.
• Lunedì 17, alle 12,30, «Pasquetta insieme», agape comunitaria nel prato del presbiterio; in caso di cattivo tempo 1 incontro si svolgerà nella sala di piazza Jervis. I biglietti di prenotazione sono disponibili presso: panetteria
Gönnet, Le boulanger, Cooperativa Vemet, tabaccheria
Marletto.
• Giovedì 20 aprile, alle 21, nel tempio, concerto della
Goral vaidense, di Colonia Vaidense.
VILLASECCA — Venerdì 14 aprile, alle 10, culto nella
sala; domenica 16, ore 10 culto con Santa Cena e
partecipazione della corale.
PERRERO-MANIGLIA — Giovedì 13, ore 20,30, culto;
il giorno di Pasqua culto con Santa Cena a Maniglia ore
9, e a Ferrerò alle 10,30.
MASSELLO — Venerdì 14 aprile, alle 11, culto al Reynaud; domenica 16, ore 10, culto con Santa Cena.
to di larghissimo consumo in
Italia, sottolineando l’estensione della produzione dal
periodo estivo alle altre stagioni dell’anno. I produttori
hanno ottenuto con la selezione delle sementi anche un
prodotto di gusto assai migliore rispetto a pochi anni
fa, quando il consumatore
pagava carissimi pomodori
acquosi e insipidi. Vignola
ha tuttavia consigliato di non
acquistare frutta e ortaggi
fuori stagione, perché contengono una dose molto più
elevata di conservanti; se invece un orticoltore, come è
ormai consuetudine in questi
climi freddi, vuol farsi da sé
le colture precoci vi sono vari tipi di protezione, dalle
serre in vetro, molto costose,
ai semplici tunnel ricoperti di
plastica. Anche in questo caso è bene ricordare che negli
ambienti protetti muffe e parassiti si sviluppano di più e
che quindi si è portati a un
maggior impiego di sostanze
tossiche.
I testi di tutti questi consigli e indicazioni, come quelli
degli incontri precedenti, sono stati fotocopiati e sono
messi a disposizione di chi
voglia fame uso nella pratica
della coltivazione.
Sport
ATLETICA LEGGERA — Pochi i partecipanti pinerolesi alla seconda gara su pista dell’anno. La competizione disputatasi al parco
Ruffini di Torino ha visto alla partenza tre atleti del 3S Luserna. Terza
sui 100 femminili si è classificata Manuela Bonnet. nona per i 1.500
Claudia Bertinat e 12° nei 1.500 maschili Fabrizio Cogno.
PALLAMANO — Nella serie D maschile partita senza storia nei
play out per la squadra di, Luserna che ha agevolmente battuto il Bordighera per 33 a 20. È stato un incontro tranquillo e forse l’ultimo
ospitato dalla palestra «Alpi Cozie» visto che dal prossimo anno il settore maschile si trasferisce a Pinerolo per il campionato di serie C.
Nella serie C femminile ultima partita per le ragazze di Goss, che
hanno finalmente convinto, esprimendosi al meglio delle loro possibilità, con la grinta e la determinazione mancate in altre occasioni. Brave in particolare Cristina Rinaldi e Miriam Bellion. L’incontro è terminato per 8 a 19 a favore della formazione di Cassano Magnago, prima in classifica.
PALLAVOLO: TROFEO TERRAZZA — Si trova ora al secondo posto la formazione under 16 di Luserna, dopo rincontro vincente
contro Itt Volley Barge. Al comando della classifica è San Secondo
con 8 punti, seguito da 3S e Antares di Pinerolo con 6, da Riccio di
Bricherasio con 4 (una partita in meno), da Perosa e Carmagnola con
2 punti e ultime Barge e Villafranca.
Nella seconda divisione femminile la formazione Meneghetti batte
3S Nova Siria per 3 a 0.
CALCIO: DUE PAREGGI — Due pareggi, entrambi per 0 a 0.
hanno contraddistinto l’ultimo turno dei campionati Dilettanti e Promozione per Pinerolo e Luserna. Per i biancoblù la salvezza sembra ormai cosa fatta dopo il pareggio ottenuto sabato a Biella con una squadra che non vince da oltre due mesi. Sabato prossimo al Barbieri arriverà la Vogherese che all'andata inflisse ai pinerolesi un sonoro 3 a 0.
Altro risultato a reti bianche in Promozione per il Luserna, squadra
che ha fin qui totalizzato il massimo numero di pareggi, ben 13; lo 0 a
0 ottenuto in trasferta con la Narzolese conferma comunque la validità
della formazione valligiana che si ripresenterà sul proprio campo domenica 23 aprile con la capolista Alpignano.
VOLLEY CI: LE RAGAZZE TORNANO IN TESTA — Quello
che sembrava un lungo testa a testa in attesa del confronto diretto ha
registrato neH’ultimo turno un colpo di .scena: la serie CI di pallavolo
femminile ritrova due squadre al comando, il Magic Pinerolo e l’Ilatbrokers Genova. Infatti, mentre le pinerolesi superavano facilmente lo
Sgeam Milano per 3 a 0, le genovesi sono state battute per 3 a 1 a
Omegna dopo aver vinto il primo set. Si riforma così la coppia capolista della prima metà del campionato in attesa del confronto diretto.
Nella CI maschile successo per l’Arredacasa Pinerolo che ha superato in trasferta il Colombo Genova per 3 a 2 piazzandosi così al quinto posto in classifica.
BOCCE: IL PINEROLO IN FINALE DI COPPA EUROPA —
Vincendo anche a Monaco (questa volta per 16 a 4) i pinerolesi del
Veloce Ferrerò hanno acquisito il diritto a disputare la finale di Coppa
Europa di bocce; l’avversaria .sarà la Chiavarese che ha superato il
Montélimar. Primo incontro in casa, a Vigone il 22 aprile; per i pinerolesi ritorno il 29 aprile.
Sinodo diocesano pinerolese
La centralità del
problema famiglia
MARCELLA GAY
In queste domeniche le assemblee di zona del VI Sinodo diocesano pinerolese,
dedicato alla famiglia, hanno
affrontato il terzo momento di
un impegnativo lavoro proposto a tutta la Chiesa cattolica
locale e preceduto da un’ampia inchiesta, affidata al Censis, e da alcune relazioni.
Forniti di questa documentazione, i delegati, religiosi e
laici, hanno lavorato individualmente e in gruppo, rispondendo a un questionario
assai articolato e formulando
proposte. La segreteria ha poi
elaborato il materiale ricevuto
in una bozza di documento
conclusivo, inviato alle comunità per uno studio in comune
e la proposta di eventuali
emendamenti. Sono stati invitati osservatori fraterni del I
distretto valdese, e la Commissione esecutiva distrettuale ha nominato Ada Gardiol
Cavagnero e chi scrive.
Ho così potuto seguire l’assemblea zonale di Pinerolo
fornita di tutta la documentazione e trovandomi in un
mondo non molto diverso
(nei pregi e anche in alcuni
difettucci) da quello dei Sinodi valdesi. Il documento mi è
parso notevole, a cominciare
dal suo scopo, che non è il richiamo ai gruppi periferici
per non impoverire la comunità ma il desiderio di andare
incontro alle famiglie così
spesso messe in crisi dall’individualismo esasperato del
nostro mondo, di aiutarle a
crescere insieme.
Inoltre si è scelto di propor
re la sfida evangelistica del
«Siate santi come io sono
Santo» anziché limitarsi a
elencare i comportamenti illeciti. Infine il dibattito si è
svolto in tono pacato e nell’ascolto di opinioni diverse.
Come da noi, si sono sentite
più le voci dei pastori che
quelle dei laici (ma queste
non sono mancate).
Certo, al di là del testo in
discussione, mi è parso di cogliere la presenza di due tendenze: una conservatrice, attenta alla fedeltà all’Evangelo
e alla tradizione ma tendente
a un irrigidimento legalitario,
insistente sui divieti, e una
«conciliare» (o «modernista») che diffida delle condanne, considerate «farisaiche» e poco aperte all’amore
del prossimo, con il rischio in
alcuni di uniformarsi troppo
facilmente al presente secolo.
Cèrto lo stesso succede anche
in casa nostra, compresa la
facilità nell’accusare l’altra
parte di tradire l’Evangelo.
Soltanto quel che da noi fa
scandalo è di solito l’impegno politico; nel dibattito a
cui ho assistito si è trattato
soprattutto di etica sessuale e
dei problemi ad essa collegati
(gravidanze assistite, controllo delle nascite e ingegneria
genetica), che senza dubbio
sono di scottante attualità, ma
l’aspetto più importante è
questo invito a «un cammino
di fede e di conversione di
tutta una comunità sulla strada di Cristo per la liberazione
dal peccato, dall’incapacità di
vivere pienamente il progetto
di Dio e dalla morte» (dalla
bozza del documento finale).
Appuntamenti
14 aprile, venerdì — SAN
GERMANO: Per «Venerdì intorno al fuoco» a cura dell’associazione «La Turinella» Fabrizio
Garro, terapeuta di olistica, presenta alle 21 presso l’ex municipio di Inverso Porte in borgata
Turina «I cibi che contano» con
proposte di alcuni tipi di alimentazione per fasce d’età.
15 aprile, sabato — PRAGELATO: Fino al 17 aprile, nella
sala mostre, «Fiori sotto vetro e
verde libri» a cura della fondazione Guiot Bourg.
16 aprile, domenica — PRAGELATO: 4“ edizione della festa occitana col gruppo «Lou
Magnani», alle 15 nella palestra
comunale.
17 aprile, lunedì — TORRE
PELLICE: Fiera di Pasquetta,
organizzata dal Comune.
18 aprile, martedì — PINEROLO: Alle 21, presso il Salone dei Cavalieri in viale Giolitti
7, incontro con Angelo Torre
dell’Università di Genova su
«La religione delle campagne
nel Seicento».
19 aprile, mercoledì — CUMIANA: Nell’ambito delle manifestazioni per il 50° anniversario della Liberazione visita ai
luoghi che furono teatro di scontri a fuoco nel territorio di Cumiana. Appuntamento alle 9,30
sul piazzale del municipio.
20 aprile, giovedì — PINEROLO: Presso la biblioteca
dell’istituto Buniva l’assessorato
alla Cultura promuove l’ultimo
incontro sull’emigrazione sul tema «Il tempo dei figli: la continuità e il rifiuto delle radici», alle ore 21.
20 aprile, giovedì — PINEROLO: Ultimo appuntamento,
alle ore 20,45, con la stagione
teatrale del Teatro Incontro di
via Caprini 31 con «Operetta,
che passione!», concerto di brani
da operette celebri con la compagnia «I nuovi».
Personali
VILLAR PELLICE — Felicitazioni a Costanza Geymonat e Umberto
Ailio (neiia foto) che hanno festeggiato i 60 anni dei ioro matrimonio
17
VÉNERDÌ 14 APRILE 1995
PAG. 5 RIFORMA
Le strategie .dell'evangelizzazione cattolica rispetto alla cultura «postmoderna»
Dio alle prese con le nuove soggettività
e con il bisogno di parlare alPuomo di oggi
MARIELLA TAGLIERÒ
11 Pontificio Consiglio della cultura è stato creato da
Giovanni Paolo II nel 1982
con lo scopo di «rafforzare
la presenza pastorale della
Chiesa nell’ambito vitale
d^lla cultura» (p. 84). Unificato con il Pontificio Consiglio per il dialogo con i non
credenti nel 1993, ha l’incarico di «promuovere la cultura cristiana e il dialogo tra
la fede cristiana e le culture
del mondo contemporaneo»
(ibid.), collaborando con le
conferenze episcopali e i centri culturali cattolici. Partecipa ai programmi culturali
' deirUnesco e del Consiglio
d’Europa e disjione di pubblicazioni in diverse lingue (in
particolare la rivista trimestrale Cultures et fai) e della
collana «Fede e cultura» della
casa editrice Città nuova.
Proprio in questa collana è
uscito il libretto Parlare di
Dio all’uomo postmoderno.
Linee di discussione*, che
fende conto di un’iniziativa
di particolare rilievo promossa dal Consiglio: un’inchiesta dal titolo «Parlare di Dio
agli uomini d’oggi», durata
tre anni, che «ha suscitato ri.4 flessioni in tutti i continenti
sotto forma di molteplici incontri e di più di duecento risposte scritte, frutto del lavoro delle Conferenze episcopali, delle Università cattoliche e dei gruppi di lavoro
specializzati» (p. 85).
n testo raccoglie contributi
di vescovi, cardinali, docenti
universitari collocabili su due
piani: uno a carattere prevalentemente descrittivo, in cui
si esamina il rapporto fedecultura nell’ambito di situazioni specifiche; l’altro di carattere più teorico, in cui, a
partire dai vari ambiti descritti, si cerca di definire
questo stesso rapporto in termini globali, per delineare
una «strategia» complessiva
della Chiesa cattolica in termini di risposta pastorale.
Il primo livello esprime soprattutto preoccupazioni pastorali. Come «dire Dio» (p.
64) nel Brasile della povertà,
in cui la popolazione nera di
origine africana è il 70% e
pratica un sincretismo religioso afrobrasiliano, il cattolicesimo popolare è ampiamente inquinato di magismo
e superstizione e le élite sociali e economiche, che condividono gli standard di vita
del mondo occidentale ricco,
si secolarizzano rapidamente? O nell’Africa di oggi, in
cui l’uomo è lacerato dalla
compresenza di mondi culturali e religiosi tanto profondamente diversi come la tradizione africana, le correnti
del mondo moderno e postmoderno e le religioni storiche (Islam e cristianesimo)?
E all’opposto con quali
contraddizioni si scontra
l’evangelizzazione nei centri
urbani del Canada di lingua
inglese dove il pluriculturalismo e la tolleranza sono dati
acquisiti, in un clima domi
nato dall’assenza di paura e
di sospetto etnico, in cui le
classi dominanti, di origine
scozzese é irlandese, prevalentemente protestanti, sono
così sicure della propria
identità da potersi permettere
il lusso di un’autentica tolleranza e del rispetto per le altre culture?
Gli interventi teorici offrono spunti di analisi più problematici e talvolta anche
contraddittori. Il criterio guida per interpretare la cultura
contemporanea è la categoria
del postmoderno, visto talvolta solo nelle sue valenze negative {«viviamo in un mondo
in rovina», il cui simbolo è la
Bosnia, p. 36), talaltra molto
positivamente, per le possibilità che apre: l’uomo postmoderno realizza l’affermazione
del «primato dell’individuo
sul sociale» (p. 24) e fa del
soggetto «l’unico responsabile della scelta dei fini e dei
mezzi, non più determinato
dal quadro dei valori del
corpo sociale moderno e premoderno» (ibid.), ma suscettibile di accogliere quei valori
compatibili con la soggettività postmoderna: diversità,
alterità, pluralità, molteplicità, tolleranza, e quindi anche il cristianesimo che «come libera scelta obbligante
quanti vi aderiscono, è un
possibile per l’uomo postmoderno» (p. 29).
Il vero ^nodo problematico
è tuttavia, tuttora, quello della modernità, che secondo gli
interventi rappresenterebbe la
pretesa (lungo una linea storica che partendo dal rinascimento passa attraverso illuminismo, idealismo, marxismo, positivismo) di fondare
l’autonomia dell’individuo a
prescindere da ogni principio
di autorità e di ordine trascendente. Crollate le grandi
sintesi del pensiero moderno,
contrassegnate dalle ragioni
assolute e da un insostenibile
«universalismo monolitico»
(p. 27), tornano in primo piano i bisogni religiosi.
La partita si gioca, per il
cattolicesimo, sul piano della
sua capacità «di penetrare
nel linguaggio di ogni cultura circostante, a partire dalle
sue esigenze umane più
profonde» (p. 14). Inculturazione e interculturalità sono
quindi le nozioni chiave che
orientano il processo di evangelizzazione e anche il dialogo interreligioso: la fede cristiana, pur non identificandosi in modo puro e semplice in
una determinata cultura, «ha
nello stesso tempo la vocazione di incarnarsi in tutte le
culture», «scoprendo nel
cuore delle culture i valori
umani che vengono incontro
al Vangelo, come pure ciò
che gli fa ostacolo» (p. 89).
Dire Dio dentro l’esperienza deH’uomo; ecco il programma d’azione per l’oggi.
(*) Paul Poupard (a c. di).
Parlare di Dio all’uomo postmoderno. Linee di discussione.
Roma, Città nuova editrice,
1994, pp 93, £ 12.000.
^ Una tesi di laurea ripercorre la biografia di un affascinante personaggio
Fulvio Pellegrino Morato, eretico ferrarese
PAOLO T. ANGELERI
Fatta eccezione per la biografia di Cignoni e per
uno studio di Olivieri, nessuno si è più occupato in questi
ultimi anni di Fulvio Pellegrino Morato, eretico ferrarese
del ’500, né della figlia Olimpia. La tesi di laurea di Mattia
Turatello*, discussa il 10
marzo 1995 e approvata col
massimo dei voti e lode, è dimostrazione di una ripresa di
interesse.
Se scarsa è stata la fortuna
di Morato nel corso dei secoli
sì che le sue opere «non ebbero più ristampe dopo gli
inizi del Seicento» e persino
«la memoria delle poche lettere raccolte dal celebre Curione, quasi svanì», occorrerà
comunque ricordare che gli
studi sull’eresia a Ferrara cominciano con i saggi di Giro
lamo Baruffaldi (fine del
’600), continuano con le ricerche di Jules Bonnet e di
altri studiosi anteriori alla Rivoluzione francese, per giungere ai lavori di Fontana, un
cattolico moderato dell’Ottocento, impegnato ad accreditare la tesi secondo cui
«Renata di Francia e i vari
Morato, Porto e Brucioli (...)
sarebbero rimasti, dall’inizio
alla fine della vita, cattolici»,
pur se in rotta di collisione
con la curia romana.
Sul finire del 1800 Emilio
Comba in Italia ,e Rodocanachy in Francia insisteranno
invece sulla loro appartenenza a filoni chiaramente eterodossi, ma sarà Cantimori
(Eretici italiani del Cinquecento, 1937) a imprimere una
svolta decisiva alle ricerche
sull’eresia in Italia: Lanfranco Garetti e Giorgio Spini ne
Da settembre Gerusalemme in festa
3.000 anni di storia
Nel prossimo settembre lo
stato di Israele festeggerà i
3.000 anni di Gerusalemme.
Si tratterà di un evento destinato a non passare inosservato: infatti più di 300 saranno
gli «avvenimenti culturali e
artistici» in cartellone. Lo ha
reso noto l’agenzia Reuter, ripresa dal quotidiano francese
Libération e in Italia dalla rivista Intemazionale.
L’evento centrale delle manifestazioni è l’apertura di un
grande sito archeologico, che
dovrà rivelare ai visitatori
vari aspetti delle civiltà che
si sono succedute o hanno
convissuto nei secoli in Gerusalemme. Vi sono già state
tuttavia delle proteste delle
autorità religiose, sia ebraiche sia musulmane. L’operazione peraltro non costerà alla municipalità, perché sarà
finanziata dagli ebrei della
diaspora e dal ministero per
il Turismo.
continueranno l’impegno con
due importanti saggi, seguiti
qualche anno più tardi dai lavori di Ginzburg, Stella, Olivieri e Gastaldi. Quest’ultimo dedicherà un intero capitolo della sua monumentale
opera sull’anabattismo alla
diffusione di questo movimento in Italia.
Chi fu dunque Fulvio Pellegrino Morato? Eccone un
sommario profilo biografico
in base alle notizie raccolte
da Turatello. Nato a Mantova
(o forse in un borgo del Mantovano) fu bandito dalla sua
città per un «motivo che a noi
rimane ignoto» (p. 53). Si rifugiò quindi a Ferrara e vi rimase dal 1517 al 1529, quando cercò riparo a Cesena, costretto forse all’esilio da un
nuovo bando: questa almeno
l’ipotesi di Turatello, mentre
Cignoni suppone un suo allontanamento volontario. In
ogni caso, l’ipotetico esilio
non gli ,fu certo comminato
per motivi religiosi visto che
Cesena, dove andò a vivere,
era sotto la giurisdizione del
pontefice. Nel 1530 sarà a
Padova e poi, nel 1532, professore pubblico a Vicenza.
A Padova strinse amicizia
con Bartolomeo Testa, legato
a Francesco Negri, un seguace di Zwingli, venendo
così a contatto con le nuove
idee sulla Santa Cena. È probabile che in questo periodo
abbia avuto rapporti con il
Curione, rifugiatosi a Casale
dopo la fuga dalle prigioni di
Torino (p. 105). La sua adesione alla Riforma dovrebbe
perciò datare da questi anni.
Per intercessione di Caleagnini riuscirà a tornare a Ferrara
Donna e bambino Rom
e qui rimarrà fino alla morte
(1548) come precettore dei
giovani fratellastri del duca.
Si lasciò coinvolgere dall’ambiente ferrarese, «largamente
improntato al calvinismo»,
collaborando intensamente
alla creazione di una rete di
collegamento con «altri gruppi calvinisti o comunque ereticali», di cui era animatrice
«la duchessa Renata assieme
ad Antonio Brucioli e alla
sua tipografia» (pp 137-138).
Notizie sulla sua morte sono
contenute in una lettera della
figlia Olimpia a Curioné.
Il lavoro di Turatello non si
limita ovviamente alla raccolta di semplici note biografiche, ma comprende anche
una ricostruzione dell’ambiente in cui Morato visse,
un’attenta analisi di tutte le
sue opere (p. 159) assieme ad
una sistematica ricostruzione
del suo pensiero, completata
dal testo originale deH’/sposizione del Pater Noster e dell’
Ave Maria (p. 189) e da un
accurato esame dell’epistolario di Olimpia, la figlia (p.
143). La tesi di Turatello, che
fa parte del gruppo giovanile
della Chiesa metodista di Padova, è un lavoro stimolante,
destinato a suscitare l’attenzione di chi ama rifarsi al
pensiero e all’opera di coloro
che ci hanno preceduto nella
faticosa ricerca di una fede libera e alternativa.
(*) Mattia Turatello, «L’
imposizione del Pater Noster e
deil’Ave Maria» (1526) di Fulvio Pellegrino Morato e gli inizi della Riforma a Ferrara: tesi
di laurea, Padova, facoltà di Lettere e Filosofia, relatore prof.
Achille Olivieri.
Televisione
La semplice fede dello spiritual
Tre servizi hanno composto la scaletta del numero di Protestantesimo andato in onda il 26 marzo: il primo era dedicato al
summit di Copenaghen sullo sviluppo sociale, organizzato dalle Nazioni Unite per cercare di dare una speranza agli ultimi
della terra. Nel quadro del summit una certa rilevanza hanno
avuto le organizzazioni non governative, fra cui la Commissione ecumenica europea sulle migrazioni, rappresentata da Anne
Marie Dupré (segretariato del Servizio rifugiati e migranti della
Fcei). Il suo discorso è stato teso a dimostrare la necessità che
le organizzazioni umanitarie intraprendano la strada del confronto anche tecnico con gli organismi sovranaziónali deputati
a promuovere lo sviluppo. Le risorse, secondo Baham Mansuri,
della Fao, ci sarebbero, ma occorre giungere a una piena volontà politica di indirizzarle verso un obiettivo di giustizia
mondiale. Una sfida che i cristiani possono raccogliere tenendo
presente il Padre Nostro («rimettici i nostri debiti...») e la parola della speranza, che viene nel momento della crisi più profonda (E. Rivoir). Il secondo servizio è stato realizzato in un campo nomadi, dove i ragazzi della chiesa battista di Centocelle
hanno incontrato i rom evangelici, in un’atmosfera di calda fratellanza nonostante l’angoscia successiva all’attentato razzista
di Pisa. Domenico Tomasetto, presidente della Fcei, ha sottolineato che un clima in cui siano possibili azioni di questo genere è un clima che mette in pericolo la stessa democrazia. Ha
chiuso la trasmissione una serie di brani cantati dal gruppo
«The voices of Glory» in una serie di concerti ^1 tempio valdese di piazza Cavour, a Roma. Erano canti spirituali del popolo
nero ridotto in schiavitù, canti di fede, che esprimono la
profondità del rapporto con Dio. Per Alessandro Portelli, studioso delle culture orali e popolari degli Stati Uniti, il miracolo
di questa tradizione è stato di saper esprimere le cose più complesse nelle forme più semplici e naturali. Sicuramente poche
musiche sono più belle e spontanee di un blues basato magari
su un Salmo. Il gruppo in questione era già tuttavia a un livello
di ricerca interpretativa che prevedeva l’accentuazione delle
«fioriture» attorno alle note principali della melodia, in sé semplice e immediata. Una ricerca e un’elaborazione che nulla tolgono tuttavia alla linearità del messaggio musicale, e che testimoniano anzi di una ricerca in continuo cammino a partire da
un materiale comune a molte generazioni.
IVISTE
Solo cattolici e laici?
Ultima nata fra le riviste di recente pubblicazione in ambito
culturale e politico, Liberal* si assume un compito assai gravoso: «Un incontro tra cattolici e laici» è infatti l’indicazione posta sotto la testata. Subito si capisce che la rivista intende porsi
in maniera alternativa nell’agone politico del nostro paese, e che
intende farlo a partire proprio da quella serie di «anomalie» che
hanno probabilmente concorso a fare dell’Italia di questi ultimi
anni una nazione in crisi tanto profonda. Non c’è solo il problema della collocazione politica dei cattolici (un partito unico di
riferimento, finché non è esploso in 5-6 spezzoni, le dichiarazioni a volte contrastanti fra loro di alcuni vescovi); c’è soprattutto l’esigenza, a quanto pare, nel nostro paese, di una destra di
impronta liberale, come di una sinistra capace di proporsi quale
forza di governo. Gli articoli del primo numero, che ospita firme di provenienze della destra e della sinistra (Romano Prodi,
Mario Deaglio, Biagio De Giovanni, Alessandro Pizzomo, Mino Martinazzoli, ma anche Giuliano Urbani éun politologo professionista come Angelo Panebianco) riguardano i modelli
dell’una parte (De Gaulle, Reagan o Kohl?) e i riferimenti
dell’altra (troppo elitaria). Un dialogo («Chi ha paura dell’Apocalisse?») mette in relazione personaggi come Umberto Eco e il
cardinale Martini: riuscirà qualcuno a far sentire che la voce dei
laici non è necessariamente la voce del non credente?
(*) Liberal, n. 1, marzo 1995. Direzione: F. Adomato, E. Galli della Loggia, G. Ruini. Editoriale Atlantide. £ 10.000; abbonamento annuale £ 100.000 (tei. 030-3199345-3720543; fax; 030-3198202).
18
PAG. 6 RIFORMA
Vita Quotidiana
VENERDÌ 14 APRILE 1995
Agenda
MILANO — «I credenti e la memoria; 50
anni da Auschwitz» è il tema dell’incontro
del Centro culturale protestante. Conferenza
del prof. Giorgio Rochat e testimonianze di
Umberto Beltrami e Nedo Piano: ore 18, in
via Francesco Sforza 12a.
ECUMENE T- Ha inizio l’annuale «consultazione metodista», la riunione dei pastori,
dei diaconi e dei delegati che operano all’interno delle chiese metodiste in Italia. A causa della concomitanza delle elezioni regionali la «consultazione» terminerà la sera del 22
(anziché il 23). Per informazioni; Opcemi, tei. 06-4743695.
SANTA SEVERA — Presso il Villaggio della gioventù si
tiene il 21 e 22 aprile un incontro delle donne evangeliche
in vista della conferenza di Pechino su «Le donne e l’azione per l’eguaglianza, lo sviluppo e la pace». Per iscrizioni:
segreteria Fcei (tei. 06/4825120-483768-48905101).
PISTOIA — Nel quadro di un ciclo di conferenze organizzato dalla Chiesa battista
con il patrocinio del Comune, il pastore Piero Bensi parla sul tema «Il credente di fronte alla propria morte»; ore 18, nella Sala napoleonica di via degli Armeni 11.
ROMA — In occasione dell’Assemblea annuale dei soci
la Società biblica in Italia organizza una conferenza del dr.
Giancarlo Rinaldi sul tema «La Bibbia, Roma e l’impero
dei romani»; ore 18, nell’Aula magna della facoltà valdese
di teologia. Informazioni tei. 06-69941677.
TORINO — «Teologia, resistenza, modernità: Dietrich Bonhoeffer (1906-1945)» è il
titolo di un’iniziativa in due tempi del Centro evangelico di cultura «A. Pascal». Nel
primo incontro saluto del sindaco di Torino,
Valentino Castellani; conferenze di Gian Enrico Rusconi su «Caratteristiche della Resistenza tedesca»; e
di Giorgio Toum su «La resistenza al tiranno; la vicenda di
Bonhoeffer»; ore 21, presso la Galleria di arte moderna,
corso G. Ferraris 30; per informazioni tei. 011-6692838.
VICO EQUENSE — Si tiene il 16“ Sinodo della Chiesa
luterana in Italia. Il Sinodo si concluderà il 30 aprile al
Centro Idelmo Poggioli a Torre Annunziata. Per informazioni tei. 06-4880394.
BERGAMO — Nell’ambito dell’attività
del Centro culturale protestante il pastore
Aldo Comba tiene una conferenza sul tema
«L’ecumenismo verso il 2000»; ore 21, in
via Torquato Tasso 55 (1° piano); per informazioni tei.035-238410.
TORINO — «Teologia, resistenza, modernità: Dietrich Bonhoeffer (1906-1945)» è il
titolo di un’iniziativa in due tempi del Centro evangelico di cultura «A. Pascal». Nel
secondo incontro conferenze di Alberto Gallas su «L’itinerario di Bonhoeffer nel conflitto tra cristianesimo e modernità», di Ugo Perone su
«Bonhoeffer nella filosofia del 900» e di Fulvio Ferrario su
«Bonhoeffer maestro di spiritualità»; ore 21, presso la Galleria di arte moderna, corso G. Ferraris 30; per informazioni tei. 011-6692838.
TRIESTE — Nel quadro di un ciclo di conferenze sul tema «La Riforma nei territori
asburgici e veneti», il Centro culturale A.
Schweitzer organizza la conferenza del prof.
Gianfranco Hofer sul tema: «Aspettative religiose e sociali nella letteratura a sostegno
della Riforma»; ore 17,30, nella basilica di San Silvestro.
MILANO — Si tiene rincontro del 6“ circuito delle chiese valdesi e metodiste sul
problema dei ministeri, il riconoscimento
dei relativi doni e l’esercizio nella chiesa.:
ore 9,30 presso la Chiesa metodista di via
Porro Lambertenghi 28.
GIUSTIZIA NELLA LIBERTÀ: si tiene il 29 e 30 aprile
a Mezzano Inferiore (Pr) il tradizionale incontro primaverile organizzato dall’VIII circuito delle chiese valdesi e metodiste della Fgei Emilia-Romagna. L’incontro ha come tema «Giustizia nella libertà. Attualità del cristianesimo sociale» e si pone l’obiettivo di costruire un «Centro studi
per il cristianesimo sociale». Intervengono Giorgio Bouchard, Biagio De Giovanni, Luciano Guerzoni; modera
Sergio Aquilante. Informazioni 0521-23855 (Massimo
Aquilante), oppure 0521-2328551 (Armando Palazzino).
CULTO EVANGELICO; ogni domenica
mattina alle 7,30 sul primo programma radiofonico della Rai, predicazione e notizie
dal mondo evangelico italiano ed estero, appuntamenti e commenti di attualità.
PROTESTANTESIMO; rubrica televisiva
realizzata dalla Federazione delle chiese
evangeliche in Italia, trasmessa a domeniche alterne da Raidue alle 23,30 circa e, in
replica, il lunedì della settimana seguente
alle 8,30. Lunedì 17 aprile (Pasquetta) ore
9,30 culto in eurovisione dalla Chiesa riformata di SaintLégier (Svizzera). Il culto viene trasmesso in differita per
motivi di programmazione Rai.
AVVERTENZA: per questa rubrica inviare lettere o fax
con i programmi 15 giorni prima del venerdì di uscita
ESPERIENZA DI SOLIDARIETÀ A LA SPEZIA
Valentina adesso
alleva galline e conigli
ROSSELLA SACCOMANI
Un paio d’anni fa la Chiesa battista di La Spezia
decise di interessarsi più attivamente per aiutare i profughi dell’ex Jugoslavia: riuscendo a coinvolgere altre organizzazioni e privati, si progettò di risistemare la foresteria della chiesa per dare
ospitalità a persone che fossero dovute fuggire dal loro
paese.
I lavori nella foresteria, anche perché occorreva adeguarsi alle norme di legge,
costarono diversi milioni e fu
lanciata una campagna di
sensibilizzazione presso le altre chiese: le risposte concrete furono incoraggianti. Nella
primavera del 1994 si potè
dare ospitalità ad una giovane
famiglia, proveniente dalla
Bosnia, composta da lozo Lucie, il padre, Valentina, la
madre, e Mijat, un bambino
di tre anni. Naturalmente non
si trattava solo di ospitarli,
ma anche di fornire loro un •
assegno mensile per tutte le
necessità, fino a che non si
fosse trovata una soluzione
diversa, di occuparsi della loro situazione dal punto di vista legale, sanitario ecc.
Il 5 dicembre scorso è nato
un secondo bimbo. Jure. Nei
giorni del ricovero in ospedale della mamma, Mijat è stato
ospitato da una famiglia della
chiesa con bambini; in seguito la nonna paterna è venuta
dall’ex Jugoslavia per dare
un aiuto e conoscere il nipotino. All’inizio del nuovo anno
i Lucie si sono trasferiti a
Villa Grossa, nel Comune di
Calice al Cornoviglio, e lì
hanno iniziato la loro nuova
vita, non più da persone assistite. lozo lavora nei campi e,
quando piove, presta la sua ¡
opera nel laboratorio di erboristeria del suo datore di lavoro; hanno una bella casetta
indipendente e Valentina si
occupa dell’allevamento di
galline e conigli, con progetti
di allevare anche mucche e
maiali e realizzare una minifattoria. Mijat frequenta l’asilo del paese ed è contento.
Nella nostra foresteria a
giorni arriverà una nuova famiglia, di religione musulmana, con bambini. Continuiamo ad assistere anche Senia
Kulic, una donna abbandonata dal marito che si è portato
via anche il figlio adolescente. Senia ha avuto grosse difficoltà ad inserirsi; probabilmente la sua storia dolorosa
l’ha resa fragile psicologicamente; le avevamo trovato
lavoro come collaboratrice
domestica in una famiglia,
ma non è riuscita a conservarsi il posto. Ora sta cercando di ristabilire il suo equilibrio, anche con l’aiuto di per
sone specializzate ed è ospite
in un pensionato retto da religiose: pensiamo noi alla sua
retta di £ 800.000 al mese e
alle altre sue spese.
Questo nostro progetto
dunque va avanti e l’aiuto che
ci proviene dalle varie chiese
è prezioso. Nel frattempo ci
siamo organizzati in città e
abbiamo dato vita al Coordinamento accoglienza profughi (Cap) insieme ad altre associazioni (Arci, Caritas,
ecc.) e a molti singoli. In questo organismo la nostra presenza è determinante: facciamo parte dell’esecutivo con
due persone, una delle quali
tiene la cassa.
Chi volesse fare delle offerte può servirsi del c.c. bancario n. 38829 della Cassa di
Risparmio di La Spezia, sede
001, intestato a Pietrapiana,
De Rosa, Marzioli, oppure
del ccp 11405198 intestato a
Cap Bassi-Marzioli, viale Italia 107, 19124 La Spezia.
Da più parti sorgono fondazioni per aiutare le vittime
E il bisogno che crea ^usuraio
SIMONA PIOVANO
L? usuraio può essere anche il tuo vicino di casa, un tuo amico, un tuo conoscente; insomma l’uomo
della porta accanto. Quasi
mai è una figura astratta, è
colui che si immette nella
struttura sociale provocando
un ingente danno. Questo il
tema della conferenza tenutasi alla Camera di commercio
di Torino, alla quale hanno
partecipato i magistrati Luciano Violante, Marcello
Maddalena, Gian Andrea
Giordani, il direttore generale
della Cassa di risparmio di
Torino, Angelo Zola, don
Luigi Ciotti e Gianni Armand-Pilon della «Stampa».
Il più delle volte, è stato
detto, dietro all’usuraio vi è
tutta un’organizzazione atta a
sfruttare la vittima, resa tale
da sfortunati e talvolta drammatici eventi, quali l’indebitamento per droga, i funerali,
i processi, l’acquisto o l’affitto di un appartamento, i costi
sanitari, scolastici, la disoccupazione ecc. L’usura è un fenomeno che in caso di necessità può toccare ognuno di
noi, e avviene ogni volta che i
creditori, abusando dello stato di bisogno si fanno dare, in
cambio di un prestito, una
somma manifestamente sproporzionata.
Negli anni Venti l’usura
non era ancora un reato ma
dal 1931, grazie all’articolo
644 del Codice penale è diventata punibile per legge.
Attualmente, per il Codice
penale, la vittima è difendibile .soltanto qualora si trovi in
stato di bisogno, ma quando
si può accertare lo stato di bisogno? Secondo la procedura
attuale esso è verificabile
quando subentri uno stato di
effettiva necessità, ma punire
l’usura solo penalmente non è
sufficiente poiché occorrerebbe anche una maggior tutela
di chi chiede il prestito,
tutt’ora inesistente.
Più che di repressione dell’usura sarebbe auspicabile
parlare di prevenzione, che
solo l’informazione può fornire: prevenzione non vuol
solo dire una cultura finanziaria o un’informazione sul sistema bancario, e quindi
un’etica del mercato, ma anche una vera e propria cultura
scolastica da integrare ai normali programmi didattici, che
dovrebbe partire sin dalle
.scuole primarie, in modo tale
da creare già nel bambino una
mentalità deH’«antidebito»,
della gestione del denaro e
della denuncia utile anche per
i delitti di stampo mafioso.
Esistono delle associazioni
«personali» che svolgono
questo compito ma il tutto è
ancora insufficiente; è nato
da poco un progetto privato
chiamato «Enea», formato da
volontari, al fine di creare
una rete informativa che sia
essenzialmente di supporto
per la famiglia,' ma manca,
purtroppo, un servizio di aiuto e di orientamento di tipo
statale; anche qui, come per
altri campi, il volontariato
deve supplire alle rnancanze
del nostro paese. È palese
che un tale servizio, per
quanto sia valido, non è ancora sufficiente per eliminare
l’usura, se non viene cambiata la politica del sistema finanziario bancario e degli
istituti di credito.
Quando la vittima dell’usura si rivolge a un avvocato ha
già perso tutto o quasi, e
quindi l’azione che il legale
può svolgere è limitata dalle
circostanze: per questo motivo a maggior ragione dovrebbe esistere un fondo di solidarietà. È notorio che un sistema finanziario errato abbia
un parallelo che si chiama
usura; vi è infatti una tendenza generale a dare i soldi o a
chi già ne possiede o a chi ha
un appoggio politico. Per il
comune cittadino è difficile
ottenere crediti senza disporre
di beni mobili o immobili e
allora può entrare in gioco
l’usuraio. Fintanto che il sistema finanziario attuale resta
immutato continueranno ad
esistere sempre degli usurai e
degli usurati.
Attenti ai sole
Le conseguenze di una eccessiva esposizione ai raggi
solari non sono da sottovalutare e si fanno sentire sotto
forma di tumori cutanei. Una
delle neoplasie più implacàbili, il melanoma maligno, sta
facendo registrare nel nostro
paese una crescita preoccupante. Anche nelle fasce di
età più giovani il melanoma
ha guadagnato sempre più
spazio mentre un tempo era
confinato a categorie professionali particolarmente esposte al sole come agricoltori,
muratori, marinai e maestri di
tennis.
L’incidenza della lesione è
aumentata di 8 volte negli ultimi 40 anni. Anche l’indice
di mortalità è in continua
ascesa, risultando secondo solo a quello del cancro polmonare. Almeno inizialmente la
malattia è asintomatica, sottolinea il direttore della clinica
dermatologica «Umberto 1 di
Roma» e può venir sottovalutata sia dal paziente che dal
medico, per poi manifestarsi
in tutta la gravità quando è ormai troppo tardi. Si sottolinea
l’importanza della prevenzione, che si può fare evitando
l’eccessiva esposizione al sole
e proteggendosi con l’impiego di filtri solari.
Ricchi e poveri
dell'era digitale
Nicholas Negroponte, direttore del MediaLab del
Massachusetts Institute of
Technology, in un articolo
pubblicato dal New York Times r 11 febbraio di quest’anno, osserva: «Chi sono i non
abbienti? gli emarginati? La
maggioranza degli americani
sopra i trent’anni di età, ricca
o povera che sia, è rimasta tagliata fuori dal mondo digitale. Anche se nel 35% delle
case americane c’è almeno
un personal, gli adulti tendono a usarli per scopi specifici, come l’elaborazione di testi, semplici calcoli e applicazioni contabili. Invece i bambini usano il computer per fare tutto: per i compiti, per
giocare, per prendere appuntamenti con le amichette.
Schiere di americani adulti
non sanno usare il computer;
invece i bambini di 10 anni
che non lo sanno usare sono
sempre meno.
L’anno scorso le vendite di
personal hanno superato per
la prima volta quelle di televisori. Entro il 2000 ci sarà
un computer in tutte le case
dove ora c’è un televisore.
Ma la rivoluzione digitale,
del tutto indifferente al reddito, ha lasciato indietro molte
persone potenti. E questo vale anche per le nazioni. Prendiamo due paesi che hanno
all’incirca lo stesso numero
di abitanti: la Germania e il
Messico. Oltre la metà dei tede.schi ha oltre 40 anni; oltre
la metà dei messicani ne ha
meno di 20. Quale dei due
paesi è in condizione di trarre
vantaggi maggiori dalla rivoluzione digitale, in un mondo
dove entro il 2000 un computer costerà meno di una bicicletta? In America, l’età media dell’utente di Internet è
23 anni e va riducendosi rapidamente. Nell’era digitale, i
ricchi sono loro, mentre i poveri sono il gran numero di
persone non più giovani, che
non sanno la differenza fra
un cd-rom e il World Wide
Web. Se rientrate in questa
categoria e avete figli o nipoti di età compresa fra i 10 e i
15 anni chiedete loro di darvi
un’infarinatura. In caso contrario, fatevi aiutare da un ragazzino. Tanto, probabilmente lo fate già, perché da soli
non sapete programmare il
videoregistratore. Io, per lo
meno, faccio così».
19
venerdì 14 APRILE 1995
PAG. 7 RIFORMA
Posta
La vera
comunione
Dopo aver letto «Rispetto
reciproco» pubblicato nella
posta del n. 10 di Riforma,
non posso fare a meno di
constatare che anche oggi «le
vie deir inferno» continuano
ad essere lastricate di buone
intenzioni. Non faccio parte
né di «chi protesta» né di
«chi si vergogna»... semplicemente sono amareggiato perché devo constatare una grande confusione delle idee anche in chi è animato dalle migliori intenzioni («lo scandalo
di una mensa del Signore divisa può e deve essere sommerso dalla carica travolgente
dell’amore»...).
La confusione consiste
nell’identificare l’eucaristia
cattolica con la mensa del Signore. Cito dal catechismo di
Pio X (pp 53-58): «L’eucaristia: è il sacramento che sotto
le specie del pane e del vino
contiene realmente Corpo,
Sangue, Anima e Divinità del
nostro Signor Gesù Cristo
per nutrimento delle anime.
La materia ne è pane di frumento e vino d’uva; la forma
sono le parole di Gesù
neU’istituire la Santa Cena; il
ministro è il sacerdote il quale, pronunziando nella Messa
le parole di Gesù Cristo,
cambia il pane nel corpo e il
vino nel sangue di Lui. Sotto
le apparenze del pane c’è tutto Gesù Cristo, come sotto
quelle del vino. Corpo, Anima, Divinità. Gesù Cristo si
trova in tutte le ostie consacrate del mondo. La SS Euc'aristia si conserva nelle Chiese perché i fedeli la adorino...
Condizioni per fare una
buona comunione: 1) essere
nella Grazia; 2) sapere e
pensare chi si va a ricevere;
3) essere digiuno dalla mezzanotte. L’Eucaristia...è anche il sacrificio permanente
del Nuovo Testamento e come
tale si chiama Santa Messa.
La Messa è il sacrificio del
Corpo e del Sangue di Cristo
che, sotto le apparenze del
pane e del vino, il sacerdote
offre sull’altare in memoria e
L'OPINIONE
Chiudono i manicomi^ che cosa cambia?
FRANCO CAMPANELLI
Bonhoeffer, in alcune pagine, dense
di riflessione, della sua «Etica»,
spesso diceva che proprio le ultime persone, le più bistrattate, quelle senza diritti o quelli che la società sprezzantemente definisce idioti, sono maggiormente meritevoli della grazia di Dio perché, pur nelle loro impossibili condizioni, mantengono un attaccamento alla vita a volte molto più forte delle persone
sane, normali, benestanti. Del resto, non
è forse indirizzata a loro una delle beatitudini evangeliche?
I malati di mente oggi in Italia sono
circa 21.000, intendendo con ciò i pazienti ricoverati nelle strutture pubbliche o convenzionate. Dopo la radicale
riforma introdotta nel 1978 dalla legge
180 (legge Basaglia) che preconizzava
metodi più umani, finalizzati non alla
«contenzione» bensì al recupero del paziente, sottoposta a revisione in base alla legge Gozzini del 1986, fino al recente decreto presidenziale del 1994
(progetto-obiettivo sulla salute mentale), cerchiamo di esaminare qual è la situazione attuale nei circa 90 istituti dislocati sul territorio nazionale.
Nella maggior parte delle strutture per
le cure ritentali vigpno ancora delle condizione a dir poco allucinanti: i gestori
percepiscono intorno alle 700.000 lire al
giorno per ricoverato (con la stessa cifra
si può soggiornare nei più costosi tiòtel
del mondo); a fronte di ciò, come abbiamo visto tante volte in televisione, gli
«assistiti» sono costretti a vegetare in
brande coperte di sudici materassini, privi di lenzuola, contornati di escrementi e
insetti, immagini che stenteremmo a ritrovare anche nei più remoti sanatori di
un paese africano. E pensare che tante
volte questi soldi sono serviti ad arricchire loschi figuri di direttori sanitari,
medici, assistenti, personale generico,
tutti lì a vivere sulle miserie altrui.
Purtroppo, a un gradino inferiore (ma
non si era toccato il fondo?) ci sono ancora gli ospedali psichiatrici giudiziari (i
cosiddetti «manicomi criminali» fino al
1975), dove si vive in una perenne segregazione e dove non esiste il concetto
di riabilitazione, anzi, come ha dettò laconicamente un cronista, «sugli ospedali
psichiatrici giudiziari è destinato a regnare sovrano l’obliò». Finché Fltalia,
dai limitati cali del Nord ai numerosi casi del Sud, avrà queste vergogne, questi
lager del 2000, non potrà dirsi un paese
civile. Nonostante le indiscutibili inno
vazioni della legge Basaglia, nonostante
le coraggiose prese di posizione di alcune scuole di psichiatria, il divario tra le
teorie mediche e la prassi terapeutica è
davvero incolmabile.
Non si può non constatare come l’Italia rimanga il paese delle pezze d’appoggio, delle improvvisazioni, il tutto guidato dall’idea fissa di trarre tornaconto
per sé e per il proprio clan. Lo si è visto
durante i passati governi, con la questione degli aiuti al Terzo Mondo che, in
gran parte, sono andati dispersi nelle tasche dei soliti trafficoni della politica; lo
si è constatato nella storia infinita di
I Tangentopoli, negli sprechi senza limite
della sanità nazionale. E tutte queste cose sono appena dietro l’angolo e le tentazioni di riprendere la «cuccagna» sono
più che mai vive.
Comunque, tanto per tranquillizzarci e
non essere condotti a patire immeritati '
sensi di colpa, ci soccorre la notizia
dell’ormai prossima chiusura di gran
parte, se non della totalità, degli istituti
per terapie mentali di cui abbiamo parlato, a partire dal dicembre di quest’anno,
seguita dall’attivazione di 1.200 organismi alternativi (centri di salute mentale,
day hospital, ecc.), governati dalle Regioni. Cambieranno davvero le cose?
rinnovazione del sacrificio
sulla croce. Il sacrificio della
Messa è il sacrificio stesso
della croce compiuto in modo
diverso. Infatti, sull’altare,
Gesù Cristo si sacrifica e si
annienta misticamente senza
spargere sangue, pel ministero del sacerdote, ed applica ai fedeli i meriti del sacrificio della croce».
Non mi sembra che il Concilio Vaticano II abbia cambiato tutto questo, e mi scuso
per la lunga citazione, ma mi
sembra giusto ricordare la differenza fra l’altare della Messa cattolica, su cui si sacrifica
il Cristo per poterlo mangiare,
e la tavola intorno a cui si radunano i credenti per condividere il pane e il calice a ricordo di quello che Cristo ha fatto per tutti o, se preferite, per
ricordare a Dio quello che
Cristo ha fatto per l’umanità.
L’ostia è consacrata per essere adorata... Il pane e il calice vengono condivisi da tut
Riforma
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Riforma è il nuovo titolo della testata La Luce registrata dal Tribunale di Pinerolo con il n. 176
bel 1« gennaio 1951, responsabile Franco Giampiccoli. Le modifiche sono state registrate
eon ordinanza in data 5 marzo 1993.
Il numero 14 del 7 aprile 1995 è stato consegnato per l'inoltro postale all'Ufficio CMP Nord,
via Reiss Romoli 44/11 di Torino mercoledì 5 aphle 1995.
ti coloro che si riconoscono
reciprocamente «corpo di
Cristo», come aveva ben capito il parroco di San Tommaso in Candii: «Io - dicèva
- posso partecipare alla cena
del Signore con te (perché anche tu fai parte del corpo di
Cristo) ma tu non puoi partecipare all’eucaristia con me
(perché non riconosci nell’
ostia il corpo di Cristo)».
La non partecipazione di un
protestante all’eucaristia cattolica è un segno di rispetto
verso l’altro, secondo l’insegnamento dell’apostolo
Paolo che, esortando i credenti di Corinto a fuggire l’idolatria (cap. 10, 14; 28-29) dice
«Se qualcuno vi dice: questa è
carne di sacrifici, non ne mangiate per riguardo a colui che
vi ha avvertito e per riguardo
alla coscienza; alla coscienza,
dico, non tua, ma di quell’altro; infatti, perché sarebbe
giudicata la mia libertà dalla
coscienza altrui?».
Condivido naturalmente
quello che dice Paolo nei versetti di questo passo, ma mi
limito a dire die certamente
l’altare su cui si sacrifica Cristo è qualcosa di diverso dalla
tavola intorno alla quale si
condivide pane e calice «in
memoria» di Cristo. Bene
hanno fatto, quindi, tutti coloro che non sono andati alla
celebrazione eucaristica voluta dal Papa in nome di una
nebulosa unità dei cristiani...
quanto a coloro che vi hanno
partecipato, nella mia libertà,
posso chiedermi se «sapevano e pensavano chi andavano
a ricevere».
Fra il 1980 e il 1990 ho conosciuto un prete operaio che
lavorava in un’acciaieria. I
suoi compagni, circa una cinquantina (tutti atei, naturalmente), vista la sua vita quotidiana (inviso all’autorità ecclesiastica, accusato di avere
guidato uno sciopero e occupata la fabbrica e messo in
galera come sovversivo) un
giorno lo hanno pregato di
raccontare loro il «suo Dio».
Affittata e ripulita una rimessa, hanno messo al centro,
un tavolino e intorno delle
seggiole é, insieme alle famiglie, hanno cominciato a radunarsi il sabato sera per
ascoltare la lettura della Parola e la spiegazione che il mio
amico prete (era barthiano)
faceva loro... alla fine condividevano il pane e il calice in
memoria di quello che Cristo
aveva fatto per loro.
Quello che i suoi compagni
di lavoro non sapevano, era
che il pane e il vino distribuito erano la cena del prete
condivisa con tutti. Quella era
un’eucaristia, un «ringraziamento» che io potevo condividere senza problemi poiché
eravamo tutti compagni di
viaggio con una sola meta:
arrivare nel mondo nuovo che
Dio ci ha promesso.
Ugo Tomassone
Imperia
La nascita
di Elisabetta
Molto scalpore ha suscitato
la notizia della nascita della
bimba Elisabetta, venuta alla
luce due anni dopo la tragica
morte della madre naturale.
Su due fronti opposti si sono
schierati moralisti cattolici e
scienziati laici.
«È una manipolazione mostruosa - sentenziò tout-court
il cardinale Ersilio Tonini è... come se si trattasse di conigli». «E frutto di un amore
familiare - ammise don Riboldi, vescovo di Acerra
Il clic di prima pagina
Cinquantanni dopo
Nella foto il monumento alla deportazione ebraica in Germania che sorge
a Berlino. Il 24 e 25 aprile a Cuneo e
a Boves si terrà un significativa cerimonia di riconciliazione (si veda l’articolo a pag III de l’Eco). A Borgo
San Dalmazzo si era organizzato un
campo di concentramento per ebrei
stranieri e italiani, che successivamente furono inviati a Mauthausen.
Solo 6 furono i superstiti.
perseguito, tuttavia, con strumenti e metodi non condivisibili». E mentre da un lato
egli rilevava un «elemento di
compassione», dall’altro evidenziava «la durezza della
condanna» da parte della sua
Chiesa cattolico romana.
In modo del tutto opposto
si sono espressi scienziati,
studiosi laici e liberi pensatori. Tra questi si può citare per
primo il Premio Nobel Rita
Levi Montalcini, che ha affermato che la nascita di Elisabetta è da considerarsi «un atto di generosità», poiché è
scevro da qualsiasi manipolazione e da scopi commerciali.
Il prof. Carlo Flamigni, promotore della procreazione assistita, ha sostenuto che quel
caso e altri simili, in cui non
vi siano né giri di soldi né
prostituzione e neppure vendita o affitto della «culla biologica», devono essere valutati «con una sola chiave di
lettura, quella cioè dell’etica
della responsabilità». A suo
giudizio è importante che chi
decide di mettere al mondo
esseri umani «assuma la responsabilità della loro crescita, della loro educazione e
della loro felicità». Il che si
verifica nel caso in questione.
La psicanalista Silvia Vegetti Pinzi, del direttivo della
Consulta laica di bioetica, dopo aver chiarito che sul caso
di Elisabetta e altri simili
«nessuno debba pontificare,
credendo di avere la verità in
tasca», ha concluso che «le
donne da sempre delegate alla procreazione debbono per
prime essere chiamate in causa a dare un contributo alla riflessione collettiva, a discutere serenamente per trovare
così un punto d’accordo». Il
ginecologo Pasquale Bilotta,
principale artefice del «caso
Elisabetta» e bersaglio di
molti strali lanciatigli da ogni
parte, ha invece detto: «Sono
sicuro di quello che faccio: le
critiche non mi impensieriscono e non mi sorprendono,
specie quelle della Chiesa.
D’altronde ci sono abituato,
(...) mi hanno attaccato per
molto meno».
Esprimo il mio plauso e assenso a quanto detto dagli
studiosi laici nominati e concludo citando le parole
dell’apostolo Paolo: «Tutto è
puro per quelli che sono puri;
per i contaminati e increduli
niente è puro; ma la loro
mente e la loro coscienza sono contaminate» (Tito 1, 15).
Per Ruben
Bruno Ciccarelli - Catania
Cari fratelli e sorelle,
il piccolo Ruben Ramirez è
affetto da una grave e rara
malattia del sistema immunitario, la granulomatosi cronica. Ora Ruben necessita di un
trapianto del midollo spinale
che può ricevere dalla sorellina e che, se eseguito con successo, porta alla guarigione;
diversamente le sue aspettative di vita sono di pochi anni.
Data la rarità di questa patologia, in Europa c’è un solo
centro che usa un sistema di
degenza sterile che copre tutto il periodo del ricovero e
che garantisce perciò risultati
superiori. Si tratta del Kinderspital di Zurigo, ospedale che
cura Ruben sin quasi dalla
nascita; a questo va aggiunto
che in Italia non c’è esperienza di trapianti legati alla specifica patologia di Ruben.
Come sapete, la Svizzera
non fa parte della Comunità
europea, per cui il Servizio
sanitario nazionale non copre
le spese ospedaliere; c’è invece la possibilità di ottenere un
parziale rimborso, ma solo a
cose fatte. Ciò implica la necessità di anticipare l’intera
somma, che è di 220.000
franchi svizzeri: è difficile
valutare la corrispondente
somma in lire, dato il continuo deprezzamento della nostra moneta, ma si può calcolare intorno ai 320 milioni.
La Chiesa battista di Roma
Centocelle ha organizzato un
comitato «Pro Ruben» affinché dia il via a una sottoscrizione per raccogliere questa
somma e chiede a voi di atti-,
vare a tale riguardo, e con la
massima premura, le chiese e
tutti gli altri ambienti che esse possono coinvolgere, data
l’urgenza di questo intervento
che si spera possa avere inizio prima dell’estate 1995.
Le somme raccolte potranno essère versate sui seguenti
conti: Banca nazionale del lavoro, via G. E. Falk 31/37,
Ag. 28, Roma, conto n. 15600
intestato a Blasco Ramirez.
Conto corrente postale numero 20262002, intestato a Blasco Ramirez, via delle Spighe
8, 00172 Roma.
Questi due conti sono stati
aperti appositamente per la
sottoscrizione «Pro Ruben».
Il Comitato esplorerà anche
ogni altra via per coinvolgere
il massimo numero di persone di ogni ambiente in questa
gara di solidarietà. Sicuri che
la solidarietà cristiana delle
nostre comunità non verrà
meno per la grazia di Dio, vi
ringraziamo e salutiamo fraternamente.
Per il comitato «Pro Ruben»
Domenico Bemportato
tei. 06-87192200 - Roma
RINGRAZIAMENTO
«lo sono la luce del mondo;
chi mi segue non camminerà
nelle tenebre,
ma avrà la luce della vita»
Giovanni 8,12b
Il 31 marzo 1995 è mancata
Clara Chambon ved. Gerire
Fiduciosi nelle promesse del
Signore, lo annunciano i familiari.
Un particolare ringraziamento
al pastore Noffke.
Chenevrière di Inverso Rinasca
2 aprile 1995
I redattori, i collaboratori e i tipografi di Riforma e il Consiglio di
amministrazione delle Ediziopi
protestanti sono vicini alle famiglie Genre e Chambon in occasione della perdila di
Clara Chambon
e ricordano la promessa del Signore che dice: «Chi ascolta la
mia parola e crede... ha vita eterna» (Giov. 5, 24).
Torino, 14 aprile 1994
20
PAG. 8 RIFORMA
venerdì 14 APRILE 1995
Hutu in fuga dal Ruanda nel luglio scorso, dopo la vittoria dei Tutsi
Un anno fa iniziavano i massacri tra Hutu e Tutsi che fecero oltre un milione di morti
I molti volti del Ruanda di oggi dopo il più
grande genocidio della storia dell'Africa nera
______HUGH MCCULLUH*_______
Oggi bisogna guadare bene per scorgere le tracce
del vasto campo di morte che
era il Ruanda un anno fa. Le
strade di Kigali sono tranquille, i crateri scavati dalle granate sono scomparsi e i convogli di aiuti umanitari, con
le loro bandiere portatrici del
messaggio umanitario, si affrettano da un posto all’altro.
Le facciate delle case, crivellate di buchi, ispirano nuovamente quella fiducia che in
passato fece di Kigali la figlia
prediletta degli organismi di
sviluppo. L’acqua e l’elettricità sono più abbondanti che
nei paesi vicini; i telefoni
funzionano quasi sempre; le
strade sono ben illuminate e
sicure; oltre 250.000 persone,
ossia più di metà della popolazione di Kigali prima del
1994, vivono nella capitale.
Nelle campagne, le valli e
le colline verdeggianti sono
pronte per la stagione delle
piantagioni ormai vicina. Gli
enormi branchi di bestiame
dalle lunghe coma sono tornati a pascolare sulle dolci
colline vicine alla Tanzania; i
villaggi e le strade, fino a poco fa disertati, stanno riprendendo vita; gli abitanti fanno
del baratto, ricostraiscono le
loro case e fanno una pausa
bevendo una birra. Le donne,
con la schiena curva e il gesto
grazioso, zappano i campi e
arano instancabilmente le fertili valli e i poggi a terrazze.
«Ma dov’era la guerra?» si
interroga un visitatore giunto
dall’America per la prima
volta; allora gli si fa vedere il
tetto della chiesa presbiteriana, distrutto dalle granate, gli
edifici con le finestre portate
via dalle esplosioni e che non
sono state ancora riparate, i
locali molto danneggiati
dell’ex assemblea nazionale;
sono gli unici segni visibili
della guerra. Nelle colline si
possono vedere, guardando
da vicino, mucchi di macerie
lungo le case di fango secco
in cui vivevano poveramente
i contadini Tutsi, accanto ai
loro vicini Hutu, prima dello
scoppio del genocidio che ha
fatto un milione di morti.
In alcune chiese si possono
vedere ancora gli scheletri di
coloro che hanno perso la vita
durante il genocidio più
cruento che abbia conosciuto
l’Africa. La maggior parte è
stata gettata senza cerimonie
in fosse comuni per essere
poi sepolta dalle chiese, ancora dilaniate dalle loro divisioni e dai loro fallimenti.
A Nyarubuye c’è una chiesa che contiene i resti di oltre
600 persone uccise a colpi di
machete e di zappe, con le ossa fracassate in mille pezzi.
Oggi l’erba li ha ricoperti,
l’odore nauseabondo della
morte è scomparso e i fiori
crescono tra i cadaveri. Il
nuovo governo vuole fare di
Nyambuye un monumento alla memoria delle vittime -del
genocidio che ha rovinato un
paese la cui superficie è metà
di quella della Svizzera.
11 Ruanda tuttavia ha diversi volti: al di là dei confini
con lo Zaire, la Tanzania e il
Burundi, vive più di un milione di rifugiati Hutu, tutti ammassati in campi immondi,
pieni di fango; profughi che
non possono o non vogliono
chiedere la restituzione della
loro terra. La maggior parte
di loro è arrivata lì lo scorso
anno (...), in due ondate convulse, con il timore di essere
massacrata dai membri del
Fronte patriottico ruandese
vittorioso che ha cacciato dal
potere il governo interinale
estremista e insediato un governo composto di Hutu e di
Tutsi nel luglio 1994. (...)
Poi ci sono i vecchi rifugiati, i Tutsi che erano fuggiti in
Burundi e in Uganda fin dal
1959 per sfuggire ai massacri
perpetrati dalle dittature successive Hutu. Secondo il nuovo governo ruandese, 600 mila di questi profughi sarebbero tornati e 600.000 Hutu sarebbero tornati. L’Onu ritiene
che queste cifre siano gonfiate e che in realtà sarebbero
poco più di 300.000.
Ci sono due volti del Ruanda oggi: i Tutsi ottimisti che
pensano alla ricostruzione del
paese e al ritorno dei rifugiati
e degli Hutu moderati che sono sfuggiti ai massacri; e i
profughi nei campi, scontenti,
pronti a scoppiare. Una di
queste due immagini ha can
cellato la maggior parte delle
cicatrici esterne del genocidio
brutale e della guerra che
hanno dilaniato il Ruanda da
aprile a luglio dello scorso
anno. L’altra immagine protegge il nucleo duro degli
omicidi, alcuni parlano di
250, altri di 30.000, che hanno programmato e perpetrato
il genocidio e che fanno di
tutto per evitare i processi per
crimini di guerra previsti dal
nuovo governo e da una Gnu
disorganizzata in cui regna il
dissenso.
«1 leader dei campi, aiutati
e incoraggiati involontariamente dairOnu e dalle organizzazioni di aiuti umanitari,
sperano che guadagnando
tempo non dovranno pagare
per i loro atti. Vogliono anche rimettere in piedi l’esercito e le milizie per invadere
il nostro paese o destabilizzarlo», dichiara la giovane viceministro della Ricostruzione del governo (dominato dal
Fronte patriottico ruandese),
Christine Umotoni, che ha
perso più di 40 membri della
propria famiglia durante il
genocidio.
Ma c’è ancora un altro volto del Ruanda; quello delle
151 organizzazioni umanitarie internazionali che hanno
invaso questo minuscolo paese dell’Africa centrale, tra cui
l’azione mondiale delle chiese-Ruanda (Cwa-R), progetto
avviato dalla Federazione luterana mondiale e dal Consiglio ecumenico delle chiese.
La maggior parte di queste
organizzazioni dipende da
donatori; altre destano molti
dubbi; fra queste, un certo
numero di gruppi fondamentalisti degli Stati Uniti che
sfruttano apertamente la situazione per raccogliere fondi
in Europa e in Nord America.
Le organizzazioni più legittime, coordinate dall’Alto
Commis.sariato dell’Onu per i
rifugiati (Acnur), si trovano
tra due fuochi: sanno di aiutare omicidi nei campi ma si
arroccano in un umanitarismo sorpassato secondo cui
sarebbe ingiusto aspettarsi
che gli Hutu tornino nel loro
paese prima di essere sicuri
di non essere vittime di rappresaglie e di poter nuova
mente arare le loro terre. Il
governo afferma che si dovrebbe dire ai profughi che le
distribuzioni gratuite di viveri e d’acqua stanno per finire.
Se l’assistejiza venisse data
sulle colline del Ruanda, dice
il governo, e non più nei
campi della Tanzania e dello
Zaire, i rifugiati tornerebbero
nel loro paese per riceverla.
«La paura della violenza e
della vendetta non è che una
scusa avanzata dall’ex governo estremista, che ritiene che
il suo unico errore sia stato di
non sterminare tutti i Tutsi,
per negare la realtà di un
nuovo governo di unità nazionale» spiega la signora
Umutoni. (...)
Secondo il rappresentante
dell’Acnur in Ruanda, il canadese Carol Flaubert, «i profughi Hutu conoscono le condizioni locali e sanno ciò che è
meglio per loro. Il nostro ruolo è di ascoltarli e di sostenerli e non di pensare che possiamo dirigere i loro movimenti». La signora Umotoni, meno ottimista, dichiara; «Il
mondo ci ha dimenticati troppo presto e si aspetta che facciamo molto troppo presto e
con pochissimi mezzi. Finora
la cosa migliore che abbiamo
fatto è quella di aver fermato
il genocidio e ridato al paese
una certa stabilità... Al governo siamo convinti che le milizie e i membri del vecchio regime, responsabile del genocidio, debbano essere allontanati dai rifugiati. Vogliamo
che tornino in Ruanda». (...)
La comunità umanitaria internazionale è divisa e incerta
sull’atteggiamento da adottare. Il governo ruandese ha
pochissimi mezzi e ha bisogno di aiuto, in particolare
per rimettere in piedi un sistema giudiziario. Se vuole
che la pace e la riconciliazione tornino in Ruanda, la comunità internazionale deve
allargare la propria visione e
superare la nozione di assistenza per giungere a quella,
meno seducente ma molto
più importante, di aiuto allo
sviluppo. (Eni)
* Responsabile dell ’informazione presso la Conferenza delle
chiese di tutta l’Africa (Ceta)
A migliaia cercano rifugio in Tanzania
Profughi ruandesi
in fuga dal Burundi
Dopo la ripresa del sanguinario conflitto tra Hutu e Tutsi, questa volta in Burundi e
da parte dei Tutsi nei confronti degli Hutu, la situazione in quella zona dell’Africa
nera si è fatta nuovamente altamente drammatica. Venerdì
31 marzo 45.000 ruandesi,
che poco meno di un anno fa
si erano rifugiati nel campo
profughi di Magara, provincia di Ngozi, nel nord del Burundi, premevano ai confini
della Tanzania per trovare là
un nuovo rifugio ma la frontiera tanzaniana era stata appena chiusa «per ragioni di
sicurezza». Anche i campi di
Ruvumu, Majuri e Ntamba
sono stati abbandonati dai rifugiati ruandesi, in maggioranza di origine Hutu.
Di fronte a questo nuovo
massiccio esodo, l’Alto Commissario delle Nazioni Unite
per i rifugiati (Acnur), signora Sadako Ogata, si è rivolta
a tutti i governi della regione
affinché rispettino il principio della sicurezza dell’asilo.
L’Acnur ha rivolto pressanti
appelli alle autorità del Burundi perché migliorino le
condizioni di sicurezza attorno ai campi; in un tentativo
di prevenire i movimenti di
rifugiati in cerca di un secondo paese d’asilo, i responsabili dell’Acnur cercano di incoraggiare i rifugiati a restare
nei campi.
Sembra che questo nuovo
esodo non sia stato organizzato da nessun gruppo con
motivazioni politiche, ma sia
piuttosto il risultato di paura
e di voci diffusesi.
In quel pomeriggio del 31
marzo un lungo corteo, formato soprattutto di donne e di
bambini, occupava i due lati
della strada su una quindicina
di chilometri; adulti e adolescenti erano carichi di valigie
e di pacchi, tutti si portavano
dietro i tendoni di plastica distribuiti dall’Acnur. I rifugiati
Hutu ruandesi non si sentono
sicuri in Burundi dove l’esercito è (come in Ruanda) egemonizzato dalla minoranza
Tutsi, che rappresenta il 15%
della popolazione. Alle 2 di
notte di lunedì 27 marzo, uomini armati non identificati
hanno attaccato il campo di
Majuri, uccidendo 12 rifugiati e ferendone 22. Negli ultimi sei mesi, gruppi armati
non identificati hanno effettuato una mezza dozzina di
attacchi di questo tipo all’interno o in prossimità dei campi di rifugiati ruandesi nel
Burundi, e i rifugiati temono
altri attacchi.
Data la consistenza numerica di questo spostamento e
la pressione che può creare
sui paesi circostanti, soprattutto la Tanzania, la signora
Ogata si è rivolta ai governi
della regione, in particolare a
quello del Burundi, affinché
rispettino i loro impegni intemazionali nei confronti dei
rifugiati; l’Alto Commissario
si è anche appellata alla comunità internazionale perché
sostenga gli sforzi dei paesi
della regione per rispettare i
loro impegni.
I paesi della regione si sono impegnati a rispettare i diritti dei rifugiati durante una
conferenza sui rifugiati, i
rimpatriati e gli sfollati, che è
stata organizzata congi^untamente dall’Acnur e dall’organizzzione dell’Unità africana lo scorso febbraio a
Bujumbura, capitale del Burandi. In attesa del loro rimpatrio volontario o dell’individuazione di altre soluzioni
durevoli, i rifugiati devono
continuare a beneficiare di
protezione internazionale e di
assistenza umanitaria di base
nel paese nel quale hanno
trovato asilo.
3.000 persone al giorno verso il Daghestan
In fuga dalla Cecenia
Gli arrivi di profughi dalla
Cecenia dilaniata dalla guerra
nel vicino Daghestan sono aumentati considerevolmente
nell’ultima settimana: almeno
30.000 persone sarebbero in
fuga dai combattimenti in corso nella regione di GudermezShali. Funzionari dell’Alto
Commissariato delle Nazioni
Unite per i rifugiati (Acnur)
che seguono la situazione al
confine tra il Daghestan e la
Cecenia hanno riferito che il
numero dei profughi che attraversano ogni giorno la
frontiera è salito da una media
di 500 al giorno, a metà marzo, a circa 3.000 martedì 28
marzo. Si tratta in maggioranza di donne, bambini e anziani, che devono camminare attraverso un ponte ferroviario
di confine, portando con sé le
loro poche cose.
1 fuggiaschi provengono da
Gudermez e Shali e riferiscono che la regione è sotto un
continuo cannoneggiamento
pesante, che può essere udito
da posti molti distanti, come
Khasav’yurt, nel Daghestan.
Stime prudenti calcolano in
30.000 il numero dei profughi
in fuga dalla regione; la maggioranza dovrebbe raggiungere il Daghestan. L’Acnur prevedeva un afflusso giornaliero
attorno alle 3.000 persone nei
primi dieci giorni di aprile.
Il Daghestan, in particolare
la regione di Khasav’yurt, incontra già gravi difficoltà per
far fronte alle necessità di oltre 87.000 sfollati dalla Cecenia. Tutti i centri raccolta
pubblici disponibili sono ormai completi; ben oltre il
90% dei profughi vive presso
famiglie, che ora stanno rimanendo senza provviste. L’Acnur collabora con l’Unicef,
l’Organizzazione mondiale
per le migrazioni (Oim), Medici senza frontiere-Belgio,
l’Organizzazione islamica di
assistenza e altri per fornire
assistenza medica, coperte e
altri aiuti d’emergenza nelle
zone di frontiera.
Per far fronte all’accresciuta popolazione di profughi, le
autorità del Daghestan hanno
chiesto di montare delle tendopoli; r Acnur si sta pertanto appellando ai paesi donatori perché forniscano urgentemente tende da trasportare
sul posto. Nell’ambito di un
appello unitario lanciato la
settimana scorsa, l’Acnur e
rOim stanno anche progettando di ripristinare numerosi
edifici nel Daghestan, da utilizzare per ospitarvi i nuovi
arrivati. Questi edifici però
non dispongono di acqua, gabinetti e altri servizi e non
sono ancora pronti per essere
abitati. (Acnur)