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PROPUGNA IL BENE SOCIALE
MORALE RELIGIOSO DEGLI ITALIANI.
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' Interno ed Eritrea, anno L. 3; semestre L. 1 50
Estero: anno L. 6; - semestre L. 3. - Per inserzioni,’ prezzi da convenirsi.
Dlpettope e flmmiDistPatoie : Beov«nuto Cilli;, Via magenta JÍ. 18, ROffifl
Homa, ^0 2rìar5o ^9)10 = 3.nno m = XI. \\
♦ Visioni di sangue — Il caratali llllUl IO . tere degli Italiani - La medicina sovrana — Ricchezze ingiuste — Il Papa
e i visitatori stranieri — Divagazioni d’un filosofastro — Scienza e religione — « Non offendere ! . — Il Saluto ed il Commiato — Da sacerdoti
romani a ministri evangelici — Aonio Palearlo —
Abbasso l’alcool ! — Il pulviscolo atmosferico — Ricordo doloroso - Apparenza o sorta o aspetto ? - I nostri morti — Avvisi ufficiali — Valli Valdesi — E ancora del testamento . originale » — Cantón Ticino —
Dalla Romagna Appenninica — Lo scomunicato! - Nella Città dei fiori — Carlo Antonio Zanini — Cronachetta
romana — Carteggio abruzzese — Corriere Siculo —
Oltre le alpi e i mari — Sotto l’incubo !
Visioni di gangue
Processi scandalosi, omicidi, suicidi, insulti, pugni
e schiaffi in Parlamento, duelli. Ecco lo spettacolo
che l’Italia offre oggi.
Eppure Io spiritualismo è rinato e trionfa dovunque!
Eppure il materialismo è in piena decadenza ! Sentite che cosa scrivesse pochi giorni or sono il dottor
Ry del Corriere della Sera, che tempo addietro
non era per l’appunto un sacerdote dello spiritualismo : « L’evoluzione, che i« questi ultimi anni
hanno subito le idee dei fisici rispetto alla essenza
delle cose, è stata cosi profonda che nulla più, si
può dire, è rimasto in piedi di quella concezione
materialista e meccanicista, la quale nella seconda metà
dello scorso secolo pareva essersi imposta alle menti
dei cultori della scienza ».
Dunque, lo spiritualismo ha preso ii posto del materialismo 0 sta per prenderlo, e nondimeno il mondo
tira innanzi per la medesima via, che la passione e
l’odio imporporano di sangue e insozzano di turpi
vizi. Come si spiega questo fenomeno, questa discordanza tra la teoria che porta in alto e la pratica
che trascina nel solito fango ?
Ecco come noi spieghiamo il fenomeno dolorosissimo.
L’uomo va soggetto come i corpi materiali alla
legge à^Winersia, cosidetta : preso un dirizzone,
egli non si ferma che a stento e fatica : occorrerebbe un ostacolo potente ad arrestarne l’andare,
che ha del fatale. Da ogni parte elette menti sorgono a parlar di spiritualismo ; ma il popolo (e nel
popolo includiamo anche certe persone che portan
la medaglietta) è tuttora sotto l’influsso delle dottrine tramontanti ; il popolo vive ancora del materialismo, è ancora materialista.
Allo spiritualismo inneggiano ormai gli spiriti più
alti, cultori della filosofia e della scienza ; ma — come
l’accennavamo or ora — popolo non è, certo, soltanto
quello che si prostra innanzi a una reliquia e si
strascica di osteria in osteria ; il popolo si aduna
pure nei salotti eleganti, frequenta i caffè in voga.
si affaccia in gran lusso ai palchetti dei • teatri, risiede alla Camera dei deputati. La vita mondana
e la vita politica sono una rovina ; la voglia del godere, dello sfoggiare, del trattare eternamente di
amministrazione, di quistioni materiali, di problemi
soltanto economici inaridisce l’anima fatta per un’atmosfera nobile di arte, di poesia, di scienza, di
ideali morali e religiosi. Non lo si crede : ma noi
siamo intimamente convinti che non solo i ritrovi
mondani, ma anche la mania politica rovini l’anima
moderna. — In alto i cuori ! 0 che solo un abito di
seta 0 un braccialetto di smeraldi o due occhi neri
0 il bilancio della Marina o i pasticci della Minerva
. hanno una qualche attrattiva ? In alto i cuori ! e inuamoratevi della scienza e del buono, del*vero e
del bello, non dimenticando che il bello senza il
buono è avvilente e corrompitore.
H materialismo va sparendo in teoria e lo spiritualismo risorge. Ma — badate ! — lo spiritualismo
non basta. Lo spiritualismo odierno mi dice solamente : « La materia non è il tutto, lo spirito
esiste ». Questo non basta. Io ho bisogno che mi
si dica; « Tu sei spirito; e c’è uno Spirito (uno
spirito non diffuso come un' etere impalpabile tra
0 sotto 0 dietro la materia), ma uno Spirito perso.nale come il tuo, più potente del tuo, santo, moralmente perfetto ; c’è Dio, e questo Dio, che non è
una forza cieca, nè un’idea astratta, nè un’idea incomprensibile, ma una Persona, vuol mostrarti
tutto il tuo male e tutta la tua responsabilità, e poi
stenderti la mano santa amorosamente per risollevarti dal fango e darti la forza morale che tu non
possiedi se non in quantità troppo lieve, per gli alti
fini cui sei destinato ».
Lo spiritualismo sarà più o meno impotente,
sempre, se da esso non eromperà un grido : t A
Gesù Cristo e al Dio di Gesù Cristo ! ». Noi speriamo tuttavia che questo grido finirà con l’erompere. Spiriti profondi, come un Barzelletti, risentono
_fin d’ora la necessità della religione e della reli- gione cristiaiia, spogliata — s’intende — degli
stracci che vi ha messo attorno l’nomo ; e noi facciamo
voti perchè il bisogno di tornare a Gesù Cristo —
solo salvatore delle anime e della società — si faccia
di giorno in giorno più intenso e irresistibile. Oh,
com’è mai possibile non sospirar Gesù Cristo, oggi
tra questa visione orrenda di sangue e di vizio triviale e raffinato ?..
Per la cronaca, aggiungiamo non esser esatta la
notizia data da certi fogli quotidiani, i quali dissero
che quello sciagurato scultore che uccise la moglie
in Roma fosse evangelico. Non è tale, quantunque
un Istituto evangelico avesse raccolto alcune (due,
crediamo) delle sue povere bambine. Noi non guardiamo' in faccia a nessuno, e — potendo — accogliamo Cattolici romani ed anche Israeliti che a noi
si volgano per aiuto. Con ciò, non vogliam dire che
queirorrendo fatto non potesse aver per autore un
evangelico. Non si nasce cristiani, si dijventa tali.
Non basta appartenere ad ura chiesa, per quanto
seria ; la religione è personale : e si diviene cristiani solamente per mezzo d’una personale conversione nel profondo dell’anima. Uno potrebbe portar
il nome d apostolo di Gesù Cristo — come Giuda,
per esempio — ed esser ladro, come fu Giuda per
l’appunto.
Inesatta tuttavia la notizia data dai giornali che
pubblicano tutti i < si dice » senza serietà d’informazioni. Il povero Bertazzoli non è evangelico.
Il caralfere dejli Ifaliani
Importantissima la conferenza tenuta dal senatore
Bafzellotti al Collegio Romano. Ne spigoliamo i seguenti pensieri per ogni rispetto ottimi.
Egli fa dipendere « la nostra, precoce decadenza
sofràttntto da un rapido impoverire e restringersi
delle nostre energie morali, del quale danno prova anche le anime dei nostri più grandi scrittori, divenute,
in poche generazioni, dopo Dante, che le supera tutte,
sempre meno capaci di una contenenza intima di alti
valori spirituali e morali. » Dell’Italia dice : * Essa si
è scossa dall’ozio, ma troppo ancora sopravvivono in
lei gli abiti mentali e morali dei tempi della sua servitù civile. Tra questi v’è la mancanza o almeno la
insufficienza del senso della solidarietà sociale. Nè
certo a educarlo contribuisce l’azione antisociale esercitata sulle masse popolari dai nostri partiti sovversivi ». Il Conferenziere ’’'Geenna alla quistione religiosa. « Una gran parte delle classi dirigenti italiane
— senza domandarsi se nel Cristianesimo, al quale
si inchinava anche Talta mente del Goethe, vi siano
ancora germi intatti di nuovi portati e svolgimenti
morali — pare creda ciò che non uno solo dei grandi
filosofi, da Xenofane ad Augusto Comte, e non un solo
gmnde politico, dal Machiavelli al Mazzini, ha mai
créduto: pare creda che un popolo intero possa stare
benissimo senza alcuna idealità religiosa ».
La medicina sovrana
Anni sono fui colpito come mai da queste parole di
Gesù pronunciate con certezza misteriosa : « Chi crede
in me, farà anch'egli le opere che io fo, anzi ne farà
delle maggiori (1) ». Or questi segni accompagneranno coloro che avranno creduto : metteranno le mani
sugli infermi e questi staranno bene. » « E guarite
gli infermi. ».
Tali promesse e tale ordine misi istintivamente in
relazione coll’ohbligo assuntosi da Dio : « E metterò lo
Spirito mio in voi e voi r itornerete in vita ». E mi
domandai che posto occupassero nella attuale chiesa
cristiana queste parole di fede, di vita e di potenza
miracolosa. Troppo preso ancora daH’ambiente materialistico del nostro secolo, esclamai con amarezza rivolto alla Bibbia aperta sul mio tavolino, al Cristo
che mi precede come un sole : Dunque anche tu, libro
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LA LUCE
delle certezze, conforteresti il credente mediante dolci
illusioni? Diu.qne anche tu, o Cristo, principe della
Verità, congiureresti coi grandi e coll’errore, sosterresti i tuoi fedeli, in marcia verso la morte, mediante inganni ameni, radiosi miraggi?
Ma poi mi liberai da tali insinuazioni, validamente
confortato dalla storia trionfatrice dello spiritualismo
e del cristianesimo. La nostra è religione della salute,
è la medicina deH’anima e del corpo. Il peccato ha
generato la miseria, le malattie e la morte, ma Cristo il grande medico ha apportato, la salute fisica e
la vita eterna. Se come l’Adamo dipinto nella Cappella Sistina da Michelangelo tenderemo verso Dio la
mano, che dico, lo spirito tutto con sensi di desiderio,
di aspettazione e di adorazione solenni^ se guarderemo
al Signore con tutte le nostre Forze, e questo è l’atto
supremo, più avanzato e penetrante della Fede, apriremo i canali delle nostre facoltà al Suo Spirito, sentiremo fluire, irruere in noi luminoso sangue spirituale, la salute deiranima e del corpo.
Quest’affermazione toma alquanto nuova ai preti
della superstizione atea, di cui la scienza è conoscere
il visibile, l’opera è agire sul visibile, la felicità è godere il visibile ; eppure la nostra affermazione è fondata sull’esperienza, è lontana daU’intollettualismo,
nuvolone oscuro, inafferrabile e sterile.
Gli animali vivono in genere cinque volte il tempo
che impiegano per arrivare al loro co npleto sviluppo.
L’uomo, nel fisico suo, è sottoposto alle leggi delle
creature ; mettendo egli 25 anni per arrivare al pieno
sviluppo del suo corpo, dovrebbe vivere almeno 125
anni, addormentarsi senza dolori, calmo e solenne
come un tramonto di sole autunnale, per svegliarsi
nella eternità. Tale non è il caso davvero. Perchè?
Il Dio dei cristiani è quella forza costante che i materialisti accertano senza conoscere, è quella realtà inconcepìbile che i sapienti verificano senza saperla spiegare, è quello spirito di vita che tutto compenetra e
anima, è quella fonte infinita di potenza, di giustizia,
di salute che scorre nelle persone. Lo sguardo nostro
interno è il canale che unisce noi a Dio. Aprire noi
medesimi, le nostre facoltà tutte, affinchè Dio irrompa
in noi ; ecco quanto ha fatto e continua a fare Gesù,
ecco quanto ci dà salute fisica e vita eterna.
Eimuovere quanto impedisce quella irruzione, ‘ecco il
nostro compito cristiano. Stai a tavola tutto allegro ;
se ti lasci influenzare dalla rappresentazione che quello
con cui ti cibi gustosamente è carne di animale immangiabile, subito sentirai in te indomabili disturbi viscerali.
Odii il tuo fratello e perciò sentirai in te un malessere generale, una inquietezza insolita, causa di disturbo in tutto il tuo organismo. Sei per un momento
preda della collera e tosto sentirai forti mali di testa.
« Ove vai tu? », domandò un pellegrino d’Orientealla
peste che incontrò. Gli fu risposto : « Vado a Bagdad
per uccidere 5000 persone ». Pochi giorni dopo incontrò la peste al suo ritorno e la investì con queste
parole : « Mi avevi detto che volevi recarti a Bagdad
per uccidere 5000 persone ed invece ne hai ucciso
50,000! ». « No, replicò la peste, io ne uccisi solo
5000, gli altri morirono di paura ». (Efr. Trine. In Harmonie mit dem Unendlichen). Se passioni ti assalgono
con veemenza, in poche ore avrai conturbato, indebolito
il tuo cuore, e non di rado hai causato la pazzia o la
morte.
Le malattie sono creature non di Dio, ma deU’uomo ;
posseggono solo quella forza che diamo loro ; sono pessimi ospiti. Come liberarsene ? Bisogna allontanare ria
noi quelle rappresentazioni, quelle collere, quelle rabbie,
-quegli odii, quelle paure che, come melma, minacciano
di chiudere i canali del nostro organismo spirituale
attraverso i quali passa la vita di Dio. Bisogna surrogarli colle/appresentazioni del bello, della tranquillità,
della pace, del coraggio, le quali facilitano alla vita
divina il suo libero fluire nella nostra persona.
Guardate a Cristo la più perfetta rappresentazione
della salute e dell’eroismo, poiché è la completa umanizzazione del divino, guardatelo con aspettazione tranquilla, intensa, in favore di quella o quelle, parti ammalate della vostra persona, credete fermamente, eroicamente che già siete in via di guarigione e vi sarà
fatto secondo la vostra fede. Le soflerenze vengono col
peccato e se ne vanno col peccato ; cesseranno quando
mediante Cristo saremo uniti a Dio, in completa armonia col Suo Spirito.
Ecco espressa la legge della salute fisica che noi
cristiani dobbiamo rappresentare ; è una legge spirituale che i medici per lunghe generazioni hanno vo
luto ignorare, limitando sventuratamente i loro studi
alle sole leggi naturali, agli effetti della materia sullo
spirito, fingendo di non sapere che quanto cade sotto
ai nostri cinque sensi, imperfettissimi, è una parte minima di quel tutto che esiste. Verrà il tempo in cui
l’attività del medico non consisterà più tanto nel curare i corpi per sanarli, quanto nel curare lo spirito,
il quale saprà poi da per se stesso sanare il suo corpo.
Anche le anime sono creatrici ; anch’esse creano corpi
alla loro imagine e somiglianza.
G. Grilli
Ricchezze ingiusle
E’ corsa sulle ali del telegrafo, come si suol dire, la
strabiliante notizia che Kockefeller, il quale è afflitto
da due miliardi e mezzo, voglia consacrare la maggior parte del suo patrimonio alla fondazione di un
istituto di beneficenza e di coltura, il quale avrà i
seguenti scopi : « promuovere il benessere e il progresso del popolo degli Stati Uniti ; diffondere la coltura; prevenire e soccorrere tutte le miserie e le sofferenze dei cittadini e dare incremento a tutti gli elementi di progresso umano ».
Nella fondazione di codesto gigantesco « trust della
carità », migliore ad ogni modo di tanti altri « trust »
americani, compreso quello della « Standard Gii Company » di esecrata memoria e di cui Eoekefeller è
il fondatore, il miliardario sembra essere stato spinto
dalTesempio del suo collega in miliardi Carnegie, il
quale ha già speso 830 milioni in biblioteche, università e altri istituti diversi. E se li ha spesi, vuol
dire che li aveva ; e altri molti glie ne avanzano.
Codesta ridda di milioni tutti spesi per la cultura,
in un paese già cosi colto come gli Stati Uniti, o destinati alla fondazione di grandiosi istituti che servono soprattntto a creare grassi canonicati per un
numero ristretto di persone, mentre ci sono le turbe
tutt’ora sfruttate e affamate, non desta in me nè entusiasnv) nè ammirazione soverchia. Certo, codesto modo
di disporre delle proprie ricchezze è infinitamente più
commendevole che non sìa quello di altri miliardari, ì
quali spendono 250 o 500 mila lire in un pranzo o in
un hallo. Col metodo usato dai Eoekefeller e daiSIarnegie, uua parte delle sostanze carpite alla comunità
ritorna ad essa, sia pure sotto forma di elemosina, e...
ài acquista il titolo di filantropo munifico e illuminato. Fosse pure che tutti i ricchi inteudessero a
quel modo i loro doveri di fronte alla società! Dunque, non biasimo, anzi, tenuto conto della organizzazione attuale, lodo fino a nu certo punto ; lodo, come,
nella parabola, il padrone lodò l’ingiusto fattore, non
per la sua cattiva amministrazione nè per il danno
ancora suU’nltimo recatogli, ma per la sua avvedutezza nel procurarsi amici.... con le sostanze del suo
signore.
Codesti filantropi americani seguono l’esortazione di
Cristo : si fanno, o almeno cercano di farsi degli amici
con le ricchesse.ingiuste.
Ingiuste? e perchè? Pel semplice fatto che sono
così colossali, e perchè novantanove volte su cento la
sorgente della ricchezza è impura, è iniqua. Non è ammissibile che si accumulino grandi sostanze e tanto
meno sostanze favolose senza « frodare il premio degli
operai », senza ricorrere all’astuzia o alla violenza. Se
la ricchezza in sé non è ingiusta, lo è quasi sempre
anzi si può togliere il quasi, o pel modo di acquistarla
0 per l’uso che se ne fa ; neH’acquìstarla, sì danneggia il prossimo, e se ne fa uso come se ci apparte
nesse in modo assoluto. Un giorno o l’altro poi ca
pita il padrone e, in base ad accuse ricevute, dice
al fattore : « reudi ragione del tuo governo ». Le ricchezze essendo adunque, per esplicita dichiarazione
del Cristo, ingiuste e per la provenienza e per Toso,
il miglior modo di disporne è certo quello di farsi con
esse degli amici, beneficando.
Ma il povero Eoekefeller non prova neppure questa
j soddisfazione. Pochissimi giornali del suo paese comI mentano Tatto da lui compiuto, che pure sembra avere
' qualche valore, e i suoi concittadini gli fanno il muso,
perchè si ricordano troppo le gesta della « Standarc
Gii Company ». Bisogna dire che alla ricchezza, specialmente in .questo caso, sia attaccata una vera ma
ledizione, se una pioggia di milioni non fa fiorire nè
anche un po’ di riconoscenza e di amore.
Ma Eoekefeller, oltre ad essere generoso, è anche filosofo ; egli non si accora troppo, pare, dell’ostile conI tegno attuale di quelli che vuole beneficare a loro dif spetto e attende giustizia dalTavvenire, di cui pare
tanto sicuro da poter dire ; « ad ogni modo posso aspettare ».
E aspetti pure ; ma temo che l’avvenire sia anche
più arcigno. La società si commuove sempre meno al
gesto magnifico di chi apre la mano a seminar milioni.
Ciò che essa reclama a voce sempre più alta e imperiosa è: più ginstizia e meno beneficenza. Gli amici
che si acquistano con le ricchezze, scemano sempre di
numero e in devozione, mentre le ricchezze stesse diventano sempre più ingiuste.
• Enrico Rivoire.
11 Papa e 1 vìsifafori stranieri
Eoma è certamente città unica del mondo per la grandezza delle sue memorie e l’importanza delle sue rovine,
dei suoi monumenti, testimoni di civiltà che neppure il
tempo edace riesce a far scomparire dagli annali della
Storia. E perciò l’Eterna Città attrae ogni anno un numero immenso di visitatori chi, a guisa dì pellegrini
venuti da paesi lontani, si arrampicano sui ruderi antichi, ^visitano musei, gallerie, chiese cercando ovunque
vestigia del passato glorioso. E tornano quindi alla mente
le parole di Goethe ; « Tutta la storia del mondo si
rannoda a questo gran centro, ed io posso dire essere
nato una seconda volta, essere risorto nel giorno in
cui sono venuto a Eoma ». Si ricordano ancora le parole frementi di Lutero giunto al cospetto della città
che fu detta Compendium orhis : « Io ti saluto, o Eoma,
santa per i tuoi santi martiri e pel sangue loro che in
te fu sparso ! ». Parole queste che ci rammentano altre
più recenti dette da un altro tedesco, lo scrittore Voldemaro 'Kaden: « Eoma! Eoma! esclama il viandante venuto dal Settentrione, a cui l’intenso desiderio
crebbe nelTanimo fin dagli anni giovanili ; Eoma, esclama
egli, tosto che al suo occhio indagatore e impaziente
si discopre, visibile da lungi, un altro cielo sotto il
cielo, la cupola di S. Pietro, che dalla luminosa pianura si lancia verso gli azzurri campi celesti ».
Niuna maraviglia dunque che i visitatori venuti da
ogni parte della terra siano migliaia e migliaia, tanto
che in certe epoche delTanno Eoma pare trasformarsi
in una immensa città cosmopolita, in cui s’incontrano
cittadini ‘ dj .ogni n^azione. Ninna maraviglia che _^gli
stranieri siano gelosi, quanto noi, delle memorie che
Eoma vanta al cospetto delle genti e che desiderino preservarle dalla furia demolitrice del piccone.
Ma in Eoma risiede pure il Sommo Pontefice, il capo
della Chiesa Cattolica Apostolica Eomana. Molti visitatori della Città Eterna, non dimenticano, soprattutto
se cattolici, di porre il piede nel Vaticano, non solo
per ammirarne le maraviglie dell’arte, ma ancora per
visitare Colui che si dice il rappresentante di Dio in
terra, il vicario di Gesù di Nazaret. E non solo i cattolici ciò fanno, ma ancora non pochi protestanti ; per
gli unì e per gli altri sembra un non senso venire a
Eoma senza vedervi il Papa. Grbene, se il desiderio
dei primi è giustificabile, non cosi ci sembra la condotta di coloro che nel Sommo Pontefice dovrebbero
scorgere il nemico più grande, non già dell’eresia, ma
dello stesso Evangelo. E neppure questo desiderio dei
protestanti di vedere o di ossequiare il Papa ci sembra
giustificabile, quando si tratti di motivi puramente politici, che capi di Stato o statisti appartenenti alla religione riformata, credono di dovere rispettare. Ma che
motivi politici d’Egitto ! Il Papato, dopo la perdita del
Temporale non è più una potenza politica, è semplicemente il Capo di una religione. Che c’entrano qui i riguardi dovuti a concittadini cattolici, soprattutto quando
si consideri che questi concittadini cattolici sono una
infima minoranza di fronte alla grande maggioranza
degli altri cittadini protestanti, che rappresentano di
più il fior flore della nazione, sotto il punto di vista
stesso politico ? Cosi la pensava quelTegregio cittadino
della grande Eepubblica americana col quale chi scrive
ebbe nua conversazione : avendogli chiesto che cosa
mai gli Americani pensassero del Papa, egli mi rispose: « L’ignorano ». Ben detto! Il Papa deve dai
protestanti essere ignorato.
Del resto una condotta non diversa tennero illustri
capi di Stato e statisti cattolici, che pur visitarono
Eoma, senza ossequiare il Sommo Pontefice. Basti ricordare l’ultimo imperatore del Brasile e il presidente
della Eepubblica francese Loubet.
Ecco l’esempio che deve essere seguito dai capi di
Stato e dagli statisti protestanti.
Il Papa dev3 essere ignorato!
Hnuieo OQeynieP.
3
Divagazioni £imJilo$ofa$tro
II.
« It’aDtielepieallsmo : eeeo il Pefieolo »
Tale il titolo — una delle variazioni possibili del famoso motto di Gambetta — del primo articolo che si
legge nel numero del 15 gennaio del « Sempre Avanti! ».
E un articolo del Paoloni che si appoggia sopra un
precedente articolo del prof. Antonio Graziadei dell’(iniversità di Cagliari. L'articolo è importante e sugge
stivo e merita un po’ d’attenzione di per sè; la per
sona del Graziadei poi — benché non sia da confon
dorsi col genero di Garibaldi — attira in questo mo
mento lo sguardo di molti, perchè egli è colui che sue
cederà (forse quando il mio scritto sarà stampato egli
sarà già successo) al compianto Andrea Costa nell’uf
fieio di deputato d’Imola.
Il Graziadei ha scritto il 5 gennaio un articolo sul
T « Avanti ! » ed eccone qualche brano ;
« Premesso che non bisogna mai confondere la qui.. stione della religione con la quistione del clericalismo ;
premesso che noi dobbiamo preparare una trasformazione politica per cui, senza far degenerare un prim
cipio di libertà in un’arma di persecuzione delle coscienze, l’insegnamento religioso e le spese del culto
cessino di essere mescolate comunque all’attività dello
Stato e vengano domandate all’iniziativa e lasciate a
carico esclusivamente dei soli credenti ; pare a me che
il vero modo di combattere il clero sia quello di soddisfare in modo più elevato gli stessi bisogni cui esso
soddisfa. Il clero soddisfa collo splendore esterno del
culto un bisogno morale ed estetico delle masse ; colle
Banche di piccolo credito un bisogno materiale. Ebbene,
noi dobbiamo combatterlo coll’opporgli tutta un’opera
di educazione più profonda, andando incontro agli stessi
bisogni con mezzi più elevati, sostituendo alle loro istituzioni altre istituzioni più utili ed aperte onestamente
a tutti. L’influenza del clero cesserà sul serio solo in
quel giorno in cui sarà « sostituita ».
Vi prego, lettori, di prender nota per ora, di questo
periodo che io sottolineo : L'infliiensa del clero cesserà
solo m quel giorno in cui sara sostituita ».
Più sotto il Graziadei continua ; « Dobbiamo quindi
essere di un anticlericalismo liberale, non di un anticlericalismo giacobino. Il modo con cui certi « liberi pensatori » intendono la libertà del pensiero non può non
preoccupare ogni spirito veramente libero ».
Per questa sua semplice dichiarazione il Graziadei
merita d esser eletto deputato, e io gli darei volentieri
il mio voto.
E continua : « Insorama è indispensabile òggi avere
il coraggio di dichiarare che se il clericalismo è
un pericolo, uu anticlericalismo non è meno pericoloso. Per molti, pur troppo, ranticlericalismo sta divenendo uu programma puramente negativo, dietro a
cui è comodo nascondere la propria impreparazione; uu
baudierone sotto cui si cela molta merce avariata; una
etichetta per coprire molti affari, non sempre corretti ».
Bravo Graziadei ! Fin qui le sue dichiarazioùi ; alle
quali, prima di formulare qualche opportuna e necessaria osservazione, farò seguire qualche altra dichiarazione che il Paoloni vi riconnette. Anch’egli, il Pao
Ioni, assoggetta ad una severa, ma giusta critica l’anticlericalismo volgare, superflciale, vuoto, infecondo ;
ed ecco come lo descrive.
« .. la vuota declamazione di demagoghi che la bor
ghesia esprime dal suo seno per lanciarli tra le folle
a pescare la fortuna politica nel torbido delle passioni
umane, la stupida antitesi alle pratiche del culto clericale, il battesimo rosso sostituito al battesimo nero,
l’adorazione di S. Francisco Ferree sostituita all’adorazione di queU’altro martire dell’iniquità altrui e dell’idea propria che si chiama Gesù e che personalmente
era molto più simpatico.. ».
In seguito il Paoloni...Ma la sua . conclusione la ri
porteremo e la studieremo un’altra volta. Per ora diamo
solo qualche occhiata alle dichiarazioni già riportate,
limitandoci a quelle del Graziadei.
1) Io sono tutt’altro che clericale; sono un anticlericale convinto e fervido, e non solo per quel che si
riferisce al culto cattolico romano. Tuttavia quando
l’anticlericalismo arriva agli eccessi è naturale la reazione, ed io stesso la sento dentro di me. Quando l’anticlericalismo diventa una cosa vuota, volgare, una cosa
inconsistente, un semplice fiato, una villana anretta,.
ma un fiato miasmatico, un’aura pestilenziale che tende
a disseccare ed uccidere ogni vita più elevata, più gentile e più vera, allora è bene che la reazione vi sia.
Ed io mi rallegro, io benedico Iddio di avermi fatto
vedere su una Rivista popolare di Socialismo, il primo
articolo portare questo titolo : * L’anticlericalismo :
ecco il pericolo ». E qualunque sieno per essere in
fondo le idee ed i propositi di Graziadei e di Paoloni,
io non posso far a meno di ammirare il loro onesto coraggio e di ringraziarli per lo sforzo generoso di opporre una diga di buon senso, di serietà e di elevatezza
d’animo all’infuriare del torbido flotto.
2) Non commento, ma permettete solo che io ripeta
per metterla in rilievo questa dichiarazione del Graziadei : Premesso che « non bisogna mai confondere la
questione della religione con la questione del clericalismo... ». Oh, Dio ti benedica le labbra e la penna, o
saggio e generoso Graziadei !
3) E quest altra : « Il modo con cui certi liberi pensatori intendono la libertà del pensiero, non può non
preoccupare ogni spirito veramente libero », Grazie ti
sieno rese, o Graziadei, per aver tu pubblicSito tali parole
uell « Avanti ! » e fattele pervenire ad altri organi
socialisti.
4) E quest altra ancora, quest’altra che certo è la più
bella, la più vera, la più profonda di tutte : « L’influenza del clero cesserà sul serio solo quel giorno in
cui sarà sostituita ». Ah per questa poi, se tu riuscirai a farla penetrare nelle menti e nei cuori di tutti
i tuoi compagni dirigenti del partito socialista, allora
verrà il giorno, e non sarà lontano, in cui il popolo
memore e grato, t’innalzerà a Roma un monumento che
starà tra i più degni deU’eterna città.
Ma ahimè ! un dubbio angoscioso mi entra neH’animo
e lo occupa tutto : temo che il Graziadei non sappia
neanche lui che cosa ci voglia per « sostituire » nelle
menti e specialmente nei cuori degli uomini l’influenza
del clero, Nou lo sa, certo non lo sa ; lo si vede chiaramente dal fatto seguente : cioè che egli ignora in
che consista l’influenza del clero. Se nou si rende conto
degli elementi che compongono questa influenza, come
si renderà conto di quelli che dovranno comporre quel
1 altra influenza atta a sostituire la prima ? Sentite
quali sieno, secondo lui, le basi su cui si appoggia, da
cui sorge l’influenza del clero :
« Il popolo ha un bisogno morale ed estetico ed il clero
lo soddisfa coll) splendore del culto ; il popolo ha un bisogno materiale, e il clero lo soddisfa colle Banche di
piccolo credito! !» Da così grande sintesi siamo caduti
ad una aosi misera analisi !
Nou posso continuare per non abusare della pazienza
del signor Direttore ; ma un’altra volta, egli mi permetterà, n’è vero? di riprendere la quistione. Per ora
lasciate solo che sfoghi l’auimo mio, lettori, con due
esclamazioni : Bravo Graziadei ! Povero Graziadei !
Il filosofastro.
SCIENZA E RELIGIONE (1)
La colpa de^li Increduli
•
Dante e Beatrice.
Dante s’innamora di Beatrice; Dante canta la sua
Beatrice in quell’aureo libretto ohe s’intitola La Vita
nuova. Che versi ! La Vita nuova è un monile da regina, in cui brillano di molte gemme. Tra queste
gemme la più fulgida forse è il sonetto che incomincia :
Tanto gentile e tanta onesta pare la donna mia.
In questo sonetto, che è forse il più delizioso della
letteratura italiana, ci sono due versi che fanno al
caso nostro. Della sua donna l’Alighleri dice:
...» dà per gli occhi nna dolcezza al core.
Che intender nella può chi nolla prova ».
E l’Alighieri si rivela qui grande psicologo. Per intendere, bisogna provare, esperimentare. Per sapere
quel che di prezioso sia Beatrice, bisognerebbe vederla e innamorarsene come avvenne a lui; che con
que’ due versi meravigliosi gitta il fondamento del
metodo sperimentale, precorrendo di secoli ai moderni
sostenitori di esso.
Per intendere — la prima cosa che occorra è di provare per via d’esperienza. — Che cos’è l’amore ? Non
lo saprò mai, finché io non l’abbia provato.
Non esageriamo però.
Io non ho veduto Beatrice ; non ho veduto nemmeno Dante ; non ho scorto lo sguardo innamorato
di lui, non ho udita l’intonazione della sua voce commossa al pensiero di lei, che gli riempiva il cuore di
tanta dolcezza. Ma ho letto la Vita Nuova, e me la
sono anzi studiata parola per parola, e per quell’affinità — quantunque tenue — eh’è tra uomo e uomo
per quell’analogia — quantunque sbiadita -, ch’è tra
(1) Continuazione vedi nnm prec. ^
l’esperienza di Dante e la mia esperienza, sono riescito a addentrarmi un poco oltre la soglia di quell’anima di giovane innamorato; non ho risentita con
lui la « dolcezza» medesima ond’egli mi parla, e però
n on la posso € intendere » compiutamente, ma fino a
un certo segno, sì, l’intendo per intuizione e coma
per riflesso; onde cento volte io avrò ripetuto a mem oria quel suo meraviglioso sonetto con vero entusiasmo ; il qual vero entusiasmo non si spiegherebbe
s’io non avessi provato, leggendo, un poco almeno di
ciò che provava Dante .mentre scriveva. Non ammettete voi la possibilità d’una (diciamo pure) imperfettissima comunicazione di sentimenti per mezzo della
parola? Quell’ € intender nolla può chi nolla prova»
non è da prendersi troppo a lettera ; giacché Dante
stesso ci dirà altrove ;
... io mi son nn che, quando
Amore spira, noto, ed a quel modo
Ch’ei detta dentro, vo significando
Anche secondo lui dunque, è possibile « significare »,
cioè mostrar di fuori per via di segni (e la parola è
uno di questi segni) quel che s’agita negli impenetrabili misteri dell’anima. Che cos’é la poesia — specialmente la poesia lirica — se non una significazione,
una rivelazione del mondo spirituale, tutto interiore ?
Posso dunque — malamente quanto si voglia — ma
posso penetrare per la parola di Dante nell’anima di
Dante, e farmi della sua passione un’idea più o meno
chiara e adeguata, e provare innanzi a questa passione non l’entusiasmo stesso di lui, ma un certo entusiasmo ; che non si spiegherebbe, se una comunicazione di sentimenti — sia pur lieve come un profumo
a pena percettibile — non fosse intervenuta, se un po’
di Dante non fosse passato in me...
Fate ora l’applicazione.
Lo scienziato non è cristiano, non è religioso. Un
cristiano di buona lega gli parla di una dolcezza sui
generis eh’e’ prova nel cuore. Non intenderà lo scienziato ?... Oh, certo, un’ anima di gelo che non avesse
esperimentato nemmeno per cinque minuti d’orologio
in vita sua, l’amore, non intenderebbe proprio nulla
della passione dantesca ; e così del pari un essere che
non avesse esperimentato mai nessun sentimento religioso, un essere radicalmente non religioso non arriverebbe mai a intendere neanche l’abbiccì del fenomeno religioso, e si ritroverebbe come il cieconato
innanzi ai colori.
Ma esiste un tal essere? Esiste questo essere non
religioso, o areligioso, come si direbbe oggi barbaramente? Tra i più stimati figlioli degli uomini, tra
i cultori della scienza—tanto nobile e tanto sublime
— tra gli educatori della nostra gioventù studiosa,
tra i professori dei nostri istituti d’istruzione mediana,
tra i luminari dei nostri atenei, tra il fior fior in
somma della nazione, sarebbero anime tanto basse,
o almeno tanto fredde, inette pur a intendere in qualche mòdo la mia aspirazione ardente verso la santità,
verso la perfezione morale che, per me, trova il suo
pieno appagamento in Gesù Cristo, il più puro, il più
santo degli uomini? E come ammettere, in ogni modo,
che tutti, proprio tutti gli scienziati — al presente increduli — siano a tal segno refrattari a ogni idea di
religione ? — Io non posso ammetterlo, e non lo ammetterò fino a prova irrefutabile.
0 è un solo uomo civile al mondo che non possegga
neppure una dose infinitesimale di religiosità, non
foss’altro sotto forma di semplice ricordo di commozioni fugacissime forse — provate in un tempo forse
ormai trapassato e remoto? C’è un solo uomo civile che
non abbia mai fatto esperienze religiose d' nessuna
specie, nè da giovane, nè da fanciullo, mai ? Se ci fosse,
questo cieconato del mondo spirituale, certo, non saprebbe mai in che consistesse la religione! Ma gli
scienziati increduli — che hanno trascurato i fenomeni religiosi — sarebbero tutti dal primo fino all’ultimo simili a quell’uomo ?...
Perdonate, ma la mia credulità non arriva a tanto 1
(Continua)
“ Mori offendere i „
Stiamo per eutrare nella stagione mite e soave fra
tu. e. La primavera. Forse, in certi climi, essa è ancüia un po lontana, e se in alcuni luoghi già sentiamo
le sue tiepide brezze, in altri siamo ancora attorniati
di neve e di brine.
Nondimeno sappiamo che la bella stagione sta per
giungere; e le lunghe giornate, la temperatura più dolce,
i primi fiori..... tutto sembra indurci ad una leggiera
svogliatezza, ad nn « amor di sonno », dirò cosi, che
non somiglia affatto nè all’ardore fecondo dell’estate,
nè al freddo vigoroso e sano dell inverno...., È un effetto di stagione, naturale ed anche gradevole, poiché
è breve.
L’anima umana anch’essa — ma purtroppo non solo
4
LA LUCE
in questa stagione — soffre di questa singolare malattia, tiepidezza e indifferenza spirituale in alcuni, ed
in molti invece debolezza e bontà infinita e sbagliata
che si esprime in questo precetto ;
« Non offendere! ».
E’ un nuovo comandamento — nient’affatto divino
— che certe anime timorose hanno aggiunto ai veri
e santi comandamenti divini. « Non offendere 1 », ti
dice qualcuno, « le idee, i pregiudizi... talora persino
i vizii della società in cui vivi ! ». « Non offendere,
non urtare », aggiunge un altro, « l’incredulità, il materialismo che ti attornia ! ». Ed in altro e diverso ambiente, un altro sussurra : « Non offendere la Chiesa
Eomana... essa è ancor potente... i miseri, gli umili
non capiscono un’altra forma religiosa : lasciali nella
loro pace 1 Non li offendere 1 ».
Così, in nome di questo strano precetto, le più tristi
e singolari alleanze si sono viste e si vedono ancora.
Cosi anime buone e gentili approvano — almeno col
silenzio — teorie false, sciocche opinioni espresse in un
salotto moderno : e quelle anime sono nate in un’altra
sfera, aspirano ad un altro ideale.. ma come offendere
il mondo in cui si vive ?
Cosi il giovane onesto e cristiano tace — o sorride —
ai discorsi impuri dei suoi compagni ; non vuole urtarli... e felice ancora se non si lascierà più tardi trascinare in abissi di male... per « non offendere » gli
amici 1 Ahimè, il peccato ha spesso tutto l’ardire che
manca al bene 1
E l’errore, possiamo aggiungere, ha spesso il coraggio
che manca alla verità.. Quanti cristiani, soprattutto nelle
classi elevate — è anche questa una delle « prove »
accompagnanti la ricchezza ! — quanti hanno timore di
manifestare la loro fede, non già per interesse, ma per
« delicatezza », per non urtare la fede — o l’ìncrednlità — altrui.
Oh 1 domandiamo a noi stessi : E’ questo che il nostro Maestro richiede da noi ? Egli che ci fu esempio
in tutto, non lo fu paranco, in quella sua fermezza
santa ed incrollabile, dinanzi all’ipocrisia, al male... dinanzi al martirio ?
Certo il « non offendere », può avere una divina applicazione ; ed appunto quella è la più dimenticata :
« Non offendere la delicatezza d’un cuore che fotse_ esita
ancora tra la verità e l’errore, tra il dubbio e la fede ».
Ma tieni alta la « tua » bandiera, non abbassarla d’un
palmo ! Non offendere neanco la superstizione d’un tuo
fratello con modi sgarbati e villani. Ma non dare a
quello il « minimo » incoraggiamento... incoraggeresti
l’errore.
B soprattutto non offendere il caduto... Oh! dinanzi
1 a quello, lascia in disparte ogni suscettibilità, ogni orgoglio ; stendigli la mano fraterna, poiché forse Dio ti
chiederà un giorno conto di quell’anima 1 Ma, per quanto
più amore senti pel traviato, tanto più forte sia il
tuo grido contro il peccato sotte le sue molteplici
forme !
Talvolta ho udito dire da persone buone, ma certamente cadute in grave errore : « Io sono amico di
tutti ! Tutti mi approvano ! ». Fratello, sorella soprattutto,— perchè questo perìcolo è forse assai più sparso
nel campo femminile, maggiormente portato alla bontà
e all’indulgenza, — ricordiamoci la severa, ma giusta
parola di Gesù ; « Guai a voi quando tutti gli uomini
diranno bene voi! ». i
Lisa Clerico.
31 Saluto d il Comniato
IL ’ ‘ '
Il Commiato.
;i.'àeeomiatarJ è l’atto di lasciarsi fra amici dopo
di aver passato qualche tempo insieme; siu^ eziandio verso persona pari, o anco finito ,1 di
.Lrso ola visita, ma con modi urbani ed affettuosi »
Parenti, amici o persone che si volevano onorare, era
.Lvere accomiatarle non solo, ma accompagnarle
•buon tratto di cammino, e muover loro incontro ^
Spettate (Rom. 28, 15). Il commiato e P accompagnatura completavano l’ospitalità e l’urbanità orientale.
Cosi tele Abrahamo. Quando « tre uomini - si presentarono a lui nelle pianure di Mamre » egli corse
loro incontro dall’entrata del suo padiglione e b’inchinò verso terra » ; fece lor lavare i piedi mentre riposavano' sotto un albero, e arrecar loro • una fetta
di pane », secondo i convenevoli orientali, e quando
nuei misteriosi personaggi si partirono di là verso
¿odoma, il patriarca andò con loro per accomiatarli » (Gen. 18). Non così il suo nipotino Giacobbe
tornando da Paddan Aram. « Perchè ti sei fuggito
colatamente e ti sei furtivamente partilo da me, e non
me l’hai fatto assapere ? — gli rimprovera Labano —
ed io ti avrei accomiatato con allegrezza e con canti,
con tamburelli e con cetere? (Gen. 31,'27).
Una qualche formale dipartenza avrebbe desiderato colui che, presentandosi a Gesù, gli disse : « Signore, io ti seguiterò; ma permettimi prima di accomiatarmi da que’ di casa mia Lue. 9 61-62). Ma
cotesto commiato poteva invece diventare un « guardare indietro » ed avere per lui le conseguenze che
uno sguardo retrospettivo ebbe per la moglie di Lot
(Gen. 29, 26 ; Lue. 17, 32).
*
« *
Sia per la inseeurtà delle strade, sia per non aver
r conoscenza della loro direzione, il viaggiatore in Oriente usava circondarsi, e deve circondarsi tuttora,
j di una scorta, quando non possa associarsi ad una
I carovana (cfr. Lue. 2, 44) ; ma i parenti, gli amici, le
I persone care, gli alti personaggi, non si lasciavano
I viaggiare isolati. L’apostolo Paolo non trascurò mai
di farsi accompagnare ; nè dai suoi compagni fu lasciato andar solo nei giorni del pericolo. Ai Corinti
(1.16, 6) egli scrive : « Or io verrò a voi... e forse farò
qualche dimora appresso di voi, ovvero ancora vi vernerò, acciocché voi mi accompagniate dovunque io
andrò » ; — ed ancora ai medesimi (2,1,16) : « Io voleva innanzi venire a voi... e da voi venire in Macedonia; poi di nuovo da Macedonia venire a voi, e da
voi essere accompagnato in Giudea ». — E l’anziano
Giovanni, scrivendo al * diletto Gaio, lo elogia per
la sua condotta inverso i fratelli e i forestieri, « i quali,
dic’egli, tu farai bene di accompagnar degnamente,
secondo Iddio » (3 Giov. 6). '
3» / 3
Ma questa accompagnatura poteva essere forzata,
coartata, ed allora diventava angheria.
Invero, il verbo greco angarenó, significa « costringere alcuno a fare un viaggio », e dicevansi angaroi
i corrieri pubblici o portatori di dispacci, che avevano facoltà di requisire uomini e giumenti su tutto
l’impero, per il servizio del pubblico e del governo.
Cotesta costumanza persiana (cfr. 3,13 15) passò ai
Greci, ai Romani ed ai Maomettani mentre dominarono l’Oriente ; ma, venne in odio agli Ebrei, al par
di ogni altra funzione imposta dallo straniero, come
quella del pubblicano, non volendo essi prestarsi, per
patriottismo, a fornir le poste o prelevar le gabelle
per conto dei Romani. Quel Giudeo ohe a ciò sifosde
lasciato indurre, veniva riguardato come traditore
della patria e della religione e messo in fascio coi
pubblicani e coi peocatori.Esempio Matteo (Matt. 9,9-10).
Quel Simone Cireneo che fu angariato a portar la
croce di Gesù era africano e forse dì quelli che i Romani adoperavano come schiavi, a portar pesi o lavorare i campi. Malgrado il suo nome ebràico di Simone, ninna prova certa può darsi ch’egli fosse un
ebreo della Cirenaica, o un seguace di Cristo. Ad ogni
modo, Tesser costretto; « angariato », a portarla croce,
era per lui un vituperio, come per un greco od un
romano ; — ma inverso a Gesù % un'opera di misericordia.
Quando adunque Gesù dice^ « Se alcuno ti angaria
un miglio vanne seco duo » (Matt. 5; 41). Egli c’insogna a soffrire l’umialiazione ingiusta od un torto qualsiasi, uu sopruso, una prepotenza, piuttostochè rivendicare i nostri diritti nelle cose- di questo mondo, difendere le nostre ragioni eoa, modi violenti, o con uno
spirito iroso e vendicativo
Da sacerdoti romani i mìni^ri
V '
Mizzi Luigi, prete.
Melaui Paride, cappuccino e cappellano d’òspedale.
Clerico Virginio, frate carmelitano e quaresimalista.
Cornelio Antonio, delFordiue dei Minori Alcantairioi, professore di umanità e filosofia.
Simeoni Alessandro, delTordine dei Minori cappuccini, professore di filosofia.
Pasqualonì S., sacerdote.
De Angelis Catello, idem.
Moggia Girolamo, frate.
Di Benedetto Giovanni, frate.
Mastronardi Basilio, arciprete.
Lenta Giovanni, frate.
Bartoli Giorgio, gesuita, dottore di teologia, professore e ex redattore della Civiltà Cattolica.
Mingardi Arturo, cappuccino, professore di morale.
(1) Questa'lista ci fu favorita dal Pres. Sig. Muston. — Può
darsi che siamo in^si in qualche inesattezza circa ai titoli. —
Anche il Sig. A. Cornelio ci ha favorito qualche nome, che
pubblicheremo in un altro numero. — La sig.a L. Clerico ci
avverte che Petroni Pietro, nominato nella precedente lista,
non fu frate, ma prete.
Honio Paleario
E’ questa una figura nobilissima di letterato e di
pensatore che non ebbe vergogna del Vangelo di Cristo.
Era nato verso l’anno 1503 a Veroli, in quel di Fresinone. Giovanissimo studiò a Eoma, dilettandosi nelle
lettere antiche, e subito eccellendo fra i letterati del
tempo. Da Eoma si recò a Siena, a Lucca e, finalmente, a Milano, dove le sue lezioni furono apprezzatìssime.
Anima ardente, aperta al vero, non potè rimanere
estraneo al moto di riforma che aveva pure guadagnato non poche persone colte. Si diede perciò a studiare e a investigare le Sacre Carte, e diventò quindi
un testimone coraggioso e fedele dell’Evangelo. Tuttavia Palearlo non fa molestato nelle persecuzioni del
1555 e 1556. Ma sotto il pontificato di Pio V, Paleario
non potè sfuggire alla sorte riserbata agli eretici, e a
Milano gli fu intentato un processo per causa di eresia. Un anno dopo (1568) fu trasferito a Eoma nelle
tetre carceri di Tordinona. Già avanzato negli anni fa
veramente mirabile nella sua testimonianza della verità. Condotto dinanzi ai giudici che già aveano deciso la di lui fine, così parlò : « Poiché le Eminenze
Vostre hanno contro di me tante buone prove, non
fa di bisogno, nè di prendere per loro, nè dì dare a
me più lungo fastidio. Io ho risoluto di agire secondo
il consiglio del benedetto apostolo Pietro, ora egli dice:
Cristo ha sofferto per noi, lasciando tale esempio che
noi dobbiamo seguirne le orme il quale non fece alcun male nè si trovò frode nelle sue labbra.
Chè essendo ingiuriato, non fece ingiuria, e soffrendo
non minacciò, ma affidò se stesso a Colui il quale giudica severamente. Provvedete adunque nel dare il vostro giudizio : pronunziate pure la vostra sentenza sopra Aonio ; e date in tal guisa soddisfazione ai suoi
avversari e al vostro incarico adempimento' ».
Dal tetro carcere scrisse commoventi lettere alla
moglie ed ai figli suoi.
La sentenza porta la data del 15 ottobre 1560) e fu
eseguita il 3 lùglio del 1570 al famigerato Ponte ehe
già tanti altri testimoni della fede aveva visto cadere, e dove il martire fu appiccato e poi arso..
- Fu detto che il Paleario dopo tre anni di tormenti
abiurò e ' morì contrito e pentito, (Gosii ad esempio, si
esprime il processo verbale della Confraternita di> San
Giacomo Decollato. Vedi « Liberi Pensatori bruciat
in Eoma, » di Domenico Orano, pag. 38'39)»
Ma insigni storici del Paleario, come il Jules- Bbanet, ritengono per apocrifi i dati relatìvii adì una pretesa ritrattazione, che, del resto le ultime lettere- dèi
martire smentiscono recisamente.
Aonio Paleario, che nel 1907. ebbe degne onoranze
nella natia Veroli per opera della democrazia romana
e laziale, lasciò parecchie celebrate opere,, fra Ite qjuali
notiamo il poema : dell’ « Immortalità deiraninia, »
che fu detto dai dotti del tempo inarrivabilte' e su- '
blime; e 1’ « Atto di accusa contro i papii di Eo-naa e
i loro seguaci », fiera requisitoria contro, ili Papato e
la Chiesa degeneri. (Quest’opera fu pubblicata par la
prima volta a Lipsia nel 1606; e tradotta ini italiano
dal nostro Luigi De Sanctis).
Il celebre libro intitolato : «. Trattato utilissimo del
Beneficio di Gesù Cristo crocifisso, verso i cristiani, »
che venne pnbblicato in Italia nel 1542’, senza nome
dell’autore, al Paleario fu. attribuito. Ma recenti critici lo dicono invece opera di un certo, fra Benedetto
da Mantova. Fu pubblicato, nel 188-T coi tipi della Claudiana a cura della «< Società dei Trattati ».
Hnitleo Jieynieti
»BBftSSO L'AICOOL I
« La propaganda antialcoolistica ha in Italia il sno
organo speciale Contro Valcootismo (1) il quale ha provocato una specie di referendum. Fogazzaro ha risposto cosi : « Il miglior modo d’ammazzare la idra,
sarebbe di distruggere il bicchiere. Non potendolo rompere, cerchiamo almeno di rimpicciolirlo. Ma ciò non sì
può fare se non tirando ogni giorno contro l’alcoolismo
un sassolino che vada a cadervi dentro. » Fra i dati
statistici ricordati a scopo di propaganda v’è un singolare confronto tra la mortalità degli osti e quella
degli altri esercenti. L’oste vive da mane a sera in
un’atmosfera di alcool e si trova nella continua tenta
(1) C’è un’altro organo antialcoolista e più antico, è il
Bene Social?, che il pastore valdese Q. Boo’ftat pubblica a
Firenze, (N. d. Df
5
LA LUCE
zioue di bere. Ora ue deriva questo, che anaualmente
su centomila esercenti muoiono dì tubercolosi (e la tubercolosi va assai connessa all’alcoolismo) 1689 osti,
mentre degli altri bottegai in genere non ne muoiono
della stessa malattia che 904. E la statistica ha maggior rilievo dalla differenza di mortalità negli anni più
vigorosi, quando cioè si beve più volentieri. Dai 25 ai
45 anni la mortalità per tubercolosi degli osti supera
del doppio quella di tutti gli altri bottegai riuniti,
mentre dai 45 ai 65 anni sta solo nella proporzione
di metà di più. E questo rapporto di mortalità raggiunge cifre spaventose in altre malattie. Di ubbriachezza ad esempio muoiono all’anno 226 osti di fronte
a soli 29 bottegai in genere ; di mal di fegato 210 osti
contro 33 ; di malattie nervose 210 contro 94 ; di affezioni nelle vie respiratorie 316 contro 139. *
(Dal Corriere della Sera).
IL FULÌII5E0LD ÌMBÌeF
Il Signore ne ha bisogno.
nu- i> 24.
Chi 1 avrebbe mai creduto ?
Chi l’avrebbe mai creduto, vedendo il sottile e noioso
velo di polvere che al mattino ricopre i mobili di casa,
le foglie degli alberi, gli oggetti tutti, e dà tanto da
fare alle massaie, chi l’avrebbe mai creduto che si sa->
rebbe scoperta una funzione utilissima di quegli impercettibili granellini, fuscelli, scaglie di ali di farfalle,
spore vegetali, germi di malattie micidiali, frantumi
impalpabiii di roccia ? ,
Eppure è proprio cosi, e s’è trovato — sentite ! —
sè trovato che la vita come ora sussiste e l’umanità
hanno bisogno del pulviscolo atmosferico.
Ecco infatti quello che insegna l’esperienza : s’è provato ad iniettare dei vapore d’acqua in due recipienti
contenenti, il primo aria normale con pulviscolo atmosferico, il secondo aria filtrata e però priva di pulviscolo atmosferico ; e subito s’è visto nel primo recipiente forarsi una densa nuvola di vapore, mentre
rimaneva inalterata la trasparenza dell’altro. Gli è che
il pulviscolo serve di centro di condensazione al vapore acqueo ; e possiamo comprendere quello che avviene su nelle alte regioni dell’atmosfera. Le minutissime particelle solide sospese nell’aria irradiano presto
il calore solare assorbito, si raffreddano e, come i fili
d’erba condensano la rugiada uelie ore notturne, cosi
esse, le spregevoli particelle solide condensano alla loro
superfice il vapore d’acqua, che altrimenti rimarrebbe
per noi inutile ; e ce lo rendono in forma di pioggia
e di neve benefiche, elementi primi di tutta la feconda
e buona circolazione di umidità che ne consegue.
— C’è un altro vapore invisibile, impalpabile, e perciò da molti disconosciuto, negandone perfino resistenza,
è Vamore di Cristo per noi.
Nell’ordine di vita morale e spirituale esso è non
solo fecondo e buono come il vapore acqueo lo è per la
natura vegetale ed animale, ma l’azione sua è ancora
più profonda e nécessaria, e senza di esso non c’è vera
circolazione di vita morale e spirituale nella umanità.
Ma esso ha bisogno di noi, di noi pulviscolo divino
sulla terra; ha bisogno degli organismi gagliardi e
sani, ed ha bisogno di residui di esistenze spezzate e
che già furono felici ; ha bisogno di vite ingenue e relativamente pure, ed ha bisogno di vite che a primo
giudicio sembrerebbero solo trasmettitrici di male ; ha
bisogno di voi e di me, qualunque sia il nostro passato, 0 limpido 0 intorbidito dalla colpa, perchè esso,
l’amore di Cristo, si condensi e diventi visibile e tangibile.
Hai tu mai pensato che puoi condensare intorno
u te questa energia feconda e trasformatrice del mondo
che è 1 amore del Cristo ? Guarda in te stesso ; c’è in
te del materiale per edificare ; e l’edificio della tua vita
può essere tale da riuscire battuto dai venti delle passioni, senza rifugio o riposo, pericoloso per te stesso e
per gli altri j ma può anche essere tale che, mentre
fuori .il turbine travolge, dentro, nell’edificio che edifichi, ci sia la calma, e possano in esso trovare ricovero
e rinnovamento di fiducia delle anime stanche e travagliate.
— Lascia irradiare da te l’energia tua personale,
quella che ben sovente non è altro che orgoglio e presuntiosità, quella colla quale molti credono di poter
lavorare per gli altri, pel popolo, per la umanità, mentre, se bene esaminiamo sè stessi, non isfuggerà ioro
il senso di preoccupazione ansiosa di dissimulare un
.remoto pensiero egoistico che sta celato nelle radici
,più profonde dell’opera loro e ne è lo stimolo primo.
Lascia irradiare, sicché tu, pulviscolo divino sulla terra’
senta il gelo terribile della colpa che è in te, e abbia
coscienza che nulla del valore tuo sussiste davanti all’Eterno ; allora correrà su te dagli spazi del cielo l’energia divina del Cristo ; e, se la personalità tua e la
gloria tua saranno in apparenza sminuite e più non
appariranno fuori, sarà invece palese la possente e be
nefica energia deli’amore di Cri.sto, condensata su -te,
come si condensa la pioggia sul granellino di pulviscolo.
Non nei cieli, ma in noi deve guardare la gente per
vedere il Cristo. E’ egli possibile che la vita di chi si
professa suo discepolo non palesi questa condensazione
del sentimento suo ?
■ — Si, noi siamo pulviscolo divino sulla terra, e il
Cristo ne ha bisogno; ma — terribile privilegio di questo
pulviscolo ! — possiamo rifiutare di essere degli elementi di condensazione dell’amore suo: e — terribile
illusione! — possiamo ritenere di conoscerlo e di sapere che agirà sul mondo, e non renderci ragione che,
senza il mezzo nostro, non potrà farlo !
La gente che soffre, la gente che la miseria e il dolore travagliano, il prossimo nostro, quello che ci stringe
da tutte le parti, non ascolta, no, non ascolta, e più non
vuole saperne di dimostrazioni teoriche e dottrinarie
dell’amore del Cristo, dei piagnucolamenti sulla forza
del cristianesimo ; vuol vedere, vuole i suoi occhi, e
quindi 1 anima sua, ripieni, innondati dalla impressione
sensibile di questa energia invisibile. Lettore, che ami
il nome di Cristo, Cristo ha bisogno di te perchè l’amor suo sfavilli in cospetto degli uomini !
Mario Falchi
Ricordo doloroso
V’è un giorno della mia fanciullezza ch’io non potrò dimenticare giammai, vivessi altri cent’anni.
Si abitava allora a Saverne, ed io mi trastullavo
con dei compagni presso l’albergo ove si fermava la
diligenza proveniente da Parigi. Dei viaggiatori scesero. Uno di essi si reggeva con le grucce, e camminava spingendo innanzi certe gambe da sciancato
e in modo così buffo, che parevano gambe posticce.
Mi misi a ridere e gridai ai compagni : Osservate che
gambe curiose 1 I ragazzi fecero coro alle mie risate.
Lui, poveretto, si volse e mi fissò con uno sguardo
profondamente triste, indimenticabile. In quel momento stesso mi sentii rabbrividire di spavento; giacche mio padre, ohe non avevo vednto, si dirigeva
verso il forestiero. Gli strinse ripetutamente la mano
con effusione, e gli offrì il braccio: e così si avviarono verso casa.
Avrei voluto esser a due metri sotterra. Sgusciai in
casa come farebbe un ladro. E sarebbe pur bisognato
comparire a cena!... Entrai nella stanza da mangiare.
Il forestiero parve non riconoscermi: . Oh che bel
figliolo tu hai, amico mioi » disse a mio padre « Metteva conto di salvarlo da l’acqua! ».
Queste parole mi trafissero il cuore; non mi riesciva di staccar l’occhio da 'quell’uomo. Mio padre
m’aveva tante volte narrato come — quand’ io non
avevo che tre anni — fossi un giorno caduto nel fiume, in una gelida mattinata di marzo, e come uno
de suoi amici si fosse buttato in acqua e m’avesse
tratto a salvamento, a rischio di restarci. Io me l’era
cavata senza inconvenienti. Ma lui, il mio salvatore,
sera buscato un reumatismo, divenuto poi cronico,
il quale lo aveva conciato a quel modo per tutta la
vita. E il mio salvatore mi stava dinanzi...: era il forestiero giunto con la corriera e che io avevo messo
in canzone crudelmente, come sapete.
Non vi beffate mai di nessuno ! •
Forse vi beffate di Gesù Cristo. Smettete, ve ne
prego. Giorno verrà ohe dovrete comparire dinanzi a
quel Salvatore che non conoscete ; e troppo tardi
forse, ahimè, comprenderete che per voi Egli fu posto in croce, che per voi versò il suo sangue, che per
voi portò la corona di spine !
{Dal francese)
IPHHEHM 0 S8B11 D ISPEllll ?
Fra i versetti tutti belli del capo V della prima epistola di S. Paolo ai Tessalouicesi, rileggiamo il versetto 22. Eccolo : « Astenetevi da ogni apparenza di
cristallini sfaccettati, ma che non sono nè smeraldi nè
rubini nè diamanti. Astenetevi /
2) Ciò da cui conviene astenersi è « ogni apparenza
di male ». L’apostolo qui ci insegna tre cose :
a) L astensione dal male. Non sto a spiegare che si
intenda per male: purtroppo lo sappiamo per esperienza.
Chi tuttavia non credesse di saperlo si miri nello specchio. Molti si credon belli, perchè non fan sufficiente
uso dello specchio! Io conosco due specchi, in cui l’anima, mirandosi, può discernere il suo « male » ; e
questi due specchi sono : la coscienza (la coscienza morale, come si dice in linguaggio filosofico) e l’Evangelo
(o meglio la persona di Gesù Cristo, che ci è mostrata
nell’Evangelo). Accostatevi, guardate : vi passerà ogni
velleità di esclamare ancora: «Sono in regola io! Non
ho fatto male a nessuno ! »
b) Ma l’apostolo ci insegna una seconda cosa: l’a
stensione da l'apparenza del male. Cosi traduce il Diodati, e non traduce malamente: tutto sta a saper intendere il significato della parola « apparenza ». _____
« Apparenza di male » significa forse ciò che non è
male, ma pare male ? — No! Se- così si avesse a intendere, Gesù il nostro salvatore che s’accompagnava
e perfino mangiava con la feccia del popolo, avrebbe
trasgredito l’ordine che più tardi il suo Apostolo avrebbe dato ai cristiani di Tessalonica. Quell’andar in
compagnia dei pubblicani non era male — poiché Gesù
10 faceva, per esercitare su di essi un’ efficacia santa
— ma pareva male, e pareva specialnfente ai farisei
scrupolosi. Se « apparenza » avesse sotto la penna apostolica questo significato, i farisei avrebbero avuto ragione di accusare Gesù. — Se non che « apparenza di
male » ha un tutt’altro significato. Non direi — come
taluni dicono — che apparenza (in greco eidos) valga
« sorta » , direi piuttosto che vale « apparenza », ma
nell’accezione che si vedrà meglio nell’ ultimo punto.
c) L’apostolo aggiunge una parola : la parola ogni.
— Astenetevi da ogni apparenza di male ; cioè da ogni
« aspetto » di male. Astenetevi da ogni male, qualunque aspetto 0 qualunque apparenza esso abbia. Il male
è come il camaleonte; cambia colori, cioè apparenze,*
spesso e volentieri. Il male è uno squisito trasformista.
11 male si maschera e si traveste, sì che talora bob,
ha proprio nulla di orrido nelle forme, nelle manifestazioni esteriori. Si avanza e vi sorride come un « angelo di luce ». Allora è più pericoloso che mai. Attenti
dunque, voi giovani specialmente! Qualunque aspetto,
qualunque faccia abbia il male, astenetevene !
A tal fine, oh preme assai di provare, di provare
ogni cosa, per saper distinguere tra bene e male ! Ma,
badate 1 questo esame non lo dovete far soli : fatelo
innanzi alla vostra coscienza, in comunione con GesV
santo e giusto, ai piedi della Croce
J nostri morti
Stefano Filippini
Caposezione al Municipio di Romm
Collega, alia Vedova e a tutti gli altri
‘ l'Ila più vlT.
AVVISI UFFICI»LI
nostra Chiesa, per mezzo
- n ~ ^ regolamenti organici
streio delegati al Sinodo: 1. di
stretto (Valli Valdesi) delegati 31; 2. distretto fPio
MTosMnari’^^^^ ^(Lombardia e Veneto) 3j
D- Il pastore sig. Francesco Rostan, capodiatretto
Stretto della Sicilia, ci annunzia che il suo presente
indirizzo e : Via Curtatone 2, Genova. Presente
1) Questo versetto è la conseguenza e il complemento
di quello che precede : « Provate ogni cosà, ritenete il
bene ». — Dobbiamo provare ogni cosa. In questo esame
scopriremo due elementi: il bene e il male. Del bene
dovremo far te.soro, come un gioielliere che raccolga
pietre preziose. E di quel che non è bene ? Dobbiamo
buttarlo via, come si buttan via pietruzze verdi, rosse.
VALLI VALDESI
vanni^1?nlArL P«®‘ore a S. Gio
vanni, il prof. Davide Jahier e il prof. Giovanni Jalla
terranno in vari borghi delle Valli un ciclo di sei
conferenze su la storia valdese, le quali si aggireranno
d“?e'ìa*Rlfo‘ì-mn * Le nostre origini -1 Val
— ^ - Le grandi persecuzioni e l’esilio
luziono T a ^^“P«****». - U secolo XVIII e la Rivolutone - La Restaurazione e la Emancipazione. »
Paca "“Po^’tAote manifestazione pro
iforào Si votò un ordine del
Pac^ La^sin Uln Comitato pro
* d Agostino e il sig. Emilio
Direttilo* riconfermati a membri del Consiglio
6
LA LUCE
E ancora del fegfamenfo “originale,,
Leggesi wW'Echo des Vallées ;
«Un veterano delle patrie battaglie, il colonnello P.
Martina di Monforte d’Alba, è morto il 16 Febbraio,
all’età di 90 anni, ed ha lasciato tutta la sua sostanza
al municipio di S. Giovanni, eleggendo ad esecutore
testamentario il Sig. Melile (pastore a S. Giovanni nel
1900, data del testamento) o, in mancanza di esso, il
successore, a patto che si istituisca in Monforte una
scuola « di morale e di agricoltura » da esser diretta
da un dottor di lettere e di filosofia, al quale incomberà l’obbligo di tenere conferenze « di morale ». Chiaro
è che secondo il testatore la scuola non deve essere
nè clericale nè atea, ma valdese. »
C»NTON Ticino
I 36 fanciulli della scuola domenicale evangelica di
Lugano, che da anni mandano i loro centesimi al Rifugio Re Carlo Alberto per grincurabili, avevano più
volte espresso il rincrescimento di non poter mandare
di più, poiché il buon cuore incontrasi più assai tra
i fanciulli che non i vecchi arricchiti. Qualcuno suggerì l’idea di allestire una lotteria di oggetti dai fanciulli stessi lavorati, regalati o raccolti nelle rispettive famiglie o fra gli amici. E subito ecco i fanciulli
darsi attorno a raccogliere oggetti e a collocare ì biglietti della lotteria al prezzo di 10 cent, l’uno. E siccome al gentile invito d’un gentil fanciullo nissun
animo gentile è insensibile, così furono in breve raccolti 250 oggetti del valore di 5 cent, a 1 fr., 2,3 e fino
a 4 fr. e venduti 2600 biglietti. Poi giovedì 3. marzo
ebbe luogo l’estrazione in presenza, naturalmente, dei |
fanciulli e delle persone da essi invitate. i
L'incasso di 280 fr. venne per desiderio dei fanciulli j
diviso in due parti : al Rifugio Re Carlo Alberto fr.
230 — ai colpiti dal disastro di Tesserete fr. 50.
I nostri fanciulli sono molto felici di quel risultato
e ringraziano, oltre i donatori, in modo speciale quella
instancabile signorina Erminia v. S. alla di cui materna sollecitudine devesi la buona riuscita di quet’opera di filantropia, come a lei s’è dovuta la magnifica festa che a Natale ha rallegrato i fanciulli e gli
adulti, gli aderenti alla chiesa e gli estranei.
Per insegnare ai fanciulli a ricever regali, non occorre grand’arte. Più importante è il sapere ispirar
loro lo spirito di sacrificio a pro dei diseredati dalla
natura.
Paolo CalTiDO.
ben noto proverbio : « chi ha il difetto, ha il sospetto »
e qui il proverbio calza a capello I
Il Signore benedica la predicazione del suo umile
servo, e faccia sì che si conosca vìe meglio il Vangelo della « grazia » e si estenda vieppiù il Regno
della Giustizia. . ^
Enrico Robutti.
LO SyWOmCATO !
« Si telefonava giorni addietro da Pisa al Giornale
d'Italia :
Ieri don Romolo Murri visitava insieme ad altre
persone il nostro duomo, quando i sacerdoti che officiavano nel coro, accortisi della sua presenza, sospesero immediatamente la loro funzione ed ordinarono la chiusura delle porte del tempio. L'on, Murri
non si scompose perciò e continuò imperturbabile ad
ammirare i capolavori d’arte del tempio ».
Nella Città dei fiori
Dalla
Dovadola. - Cenni storici d'Evangelizzazione. — Do
vadola conta circa 4000 abitanti e siede tr^ i contrafforti dell’Appennino Tosco-Romagnolo, sulla riva destra del Montone, a 18 Km. da Forlì. L’Evangelo vi
penetrò per mezzo di un Dovadolese, che ascoltò a Firenze il Prof. Geymonat nel 1850-5Í. (Il periodo turbolento in cui, pel Governo ligio all’Austria, gli Evangelisti della Qhiesa Valdese ebbero a patire persecuzione e sfratto). Siccome « ogni fede sincera e
ardente porta al proselitismo, ove non sia illogica »,
quel credente diffuse la verità di Cristo, che libera
da ogni schiavitù di peccato e da ogni timore di condannazione. I tempi erano difficilissimi: egli ebbe
guerra in casa e fuori ; un colportore fu preso a sassate e a stento si salvò; un evangelico, defunto, fu
portato via di notte, sopra una scala a pinoli, sotter.
rato in un cantuccio del camposanto e coperto con
delle spine, perchè nessuno potesse toccare la tomba
« di colui che era stato preso dalla forca del diavolo »..•
Ma il Vangelo continuò ad essere annunziato in
questi ultimi tempi per le cure della signora Giulia
Robertson, che fece aprire un Asilo Infantile e istituì
una « Colonia marina ». Nell’autunno u. s. la prelodala Signora consegnò l’opera al nostro Comitato.
Per noi, dunque questo è un campo nuovo, e non
senza triboli e difficoltà. Nel Génnaio scorso pubblicai, su questo periodico, alcune notizie di Dovadola ; mi basta aggiungere, quindi, che la scuola e
le adunanze domenicali sono sempre più frequentate
da uno stuolo di giovinetti studiosi e da un bel numero di uditori attenti.
La conferenza su « La Chiesa Valdese eda libertà
religiosa e civile » attirò, nélla sera del 20 u. s, -una
gran folla di cattolici-romani e di liberi pensatorii
Il quaresimalista, intanto, sgranando gli occhi nel
tempio deserto predica ai « rari nantes in gurgite
vasto ». Nell’ultima predica egli lamentò che le pan
che fossero quasi vuote e che al catechismo non si man
dassero più i giovinetti. « Non date retta ai manife
sti » gridava, alludendo ai nostri, « affissi ai canti
delle vie e delle piazze ; non sapete che, se essi (ohi ?
gli evangelici, credo) vincono, noi andiamo al patibolo e alla tortura ? » Poverino 1 dice un antico e
Abbiamo ricevuto la 49* Relazione annua (1909) delle
Scuole Evangeliche Valdesi di Firenze (Via dei Serragli, 51) abbellita da una graziosissima fotografia che
riproduce quel popolo di scolari e di scolare. Vi leggiamo :
« Ogni settimana diversi nostri amici, qualche signorina, un medico, alcuni studenti in teologia, danno
due lezioni di lingua francese, due di lingua inglese
e due di lingua tedesca. Non accettiamo a queste lezioni che persone di condizione modesta. Facendo loro
pagare una tenuissima quota mensile provvediamo
loro buone lezioni in un ambiente in cui aleggia lo
spirito delTEvangelo. Le iscrizioni sono state 69 di
francese, 33 d’inglese e 8 di tedesco. Le frequentano
alcune donne del popolo ed alcuni operai della fonderia del Pignone.
Il « Riposo delle Madri », inaugurato il 30 novembre
1909, ha per iscopo : a) di procurare alle Madri del
popolo ogni settimana un dopopranzo di riposo e di
quiete, lontano dalle cure e dalle difficoltà domestiche,
in un ambiente pulito e simpatico ; b) di contribuire
all’educazione e allo sviluppo intellettuale e spirituale
delle Madri, leggendo loro qualche racconto, o qualche
poesia, dando loro piccole conferenze d’igiene e di
economia domestica, facendole cantare e narrando loro
la vita di Gesù e degli Apostoli; c) di aiutare materialmente le Madri fornendo loro a prezzo ridotto
(50 OiO) la materia prima per confezionare biancheria
di camera, indumenti e vestiti per loro e per la loro
famiglia ».
— A beneficio di dette Scuole si tengono nella gran i
sala del Palazzo Salviati due conferenze con prole- ’
zioni luminose : la prima, giovedì, 10 corrente, ore
20,30 (oratore il prof. dott. G. Luzzi) sul toma : « La
Versilia e i suoi marmi » ; la seconda, sabato, 12 corrente, alle 20,30, su le « Valli Valdesi » (oratore il pa- ,
store G. E. Melile). _ !
— Il sig. Emanuele Grill di Praly (Valli Valdesi)
ha ottenuto la laurea di dottore in scienze fisiche. |
Congratulazioni ! ¡
Il giorno 8 di Febbraio' p. p., verso le ore 21, partiva da que.sta terrena esistenza per la Casa celeste
Carlo Antonio Zanini, zelante, fedele e Itale servitore del Signore, conduttore Anziano .della Chiesa Evaugelica di via Vigna Vecchia, n. 17, in Firenze; e
il giorno 10 successivo, alle ore 15, la sna salma veniva accompagnata al Cimitero degli Allori da un
largo stuolo di fratelli e di sorelle, di colleghi e di
amici. _ .
Carlo A. Zanini era nato a San Giuliano d Alessandria nel 1836. Da giovane avea conosciuto l’Evangelo, e Cavea‘predicato con franchezza in quelle adunanze di « Fratelli », nelle quali la Bibbia è sempre
aperta, letta e meditata. Dopo aver condotto alcune
Chiese in Piemonte e in Lombardia, incoraggiato dai
compianti T. P. Rossetti e conte Piero Guicciardini,
che l’ebbero molto caro, venne a Firenze, un quarto di
secolo fa, per farvi opera di evangelista e di pastore.
Ebbe una sola figha. A 21 anno, il Signore, che
Cavea adorna di pregi singolari esterni e di rari doni
della mente e del Cuòre, la volle con Sè (1896). Il
colio fu rude al nostro amato fratello già vedovo.
Vedersi rapire, nell’aprile della vita, una cotal figliuola,
tutta studio, pietà e modestia 1 Ma egli trionfò di queste
afflizione, per la consolazione dello Spirito Santo, e continuò a rendere la sua testimonianza in mezzo ai suoi
fratelli e nel mondo, finché una fiera polmonite non
gli venne a dire che avea compiuto il suo corso, e che
la corona della giustizia gli era preparata. I fratelli,
a cui per tanti anni avea distribuito il « latte » e il
« pane » della Parola (privando talora sè stesso di cibomateriale), lo tolsero dalla sua stanza, non abitata che
da lui e dai suoi libri, per non lasciarlo più solo e incustodito. In pochi giorni, da essi circondato, egli resea Dio la sua bell’anima serena.
I funerali di Carlo A. Zanini furono presieduti dal
Prof. Enrico Bianciardi, il quale lesse il capitolo XVII
del Vangelo di S. Giovanni, capitolo preferito dal Defunto, quindi brevemente ne tessè la vita e l’opera. Il
signor G. Pult a sua volta lesse in 2 Timoteo IV, 7,
ponendo in rilievo la fede e le opere sempre strettamente congiunte in lui, che ora è entrato, per fede,
nel riposo delle sue opere. Il Sig. Pult lesse una lettera del Sig. Aug. Melile colla quale questi esprime
l’alta stima e il grande affetto ch’egli — come tutti
gli evangelici di Firenze — nutriva per l’estinto. Parlarono poi successivamente il prof. E. Bosio, l’avv. Norlenghi, il pubblicista pastore Bart. Pons, i pastori S.
Bernatto, Giov. Rochat, cav. S. Fera, Giov, E. Meille,
G. Angeleri, Od. dalla, Campbell-Wall. e a nome dei
fratelli di Empoli il sig. Sommatini. Il pastore Giacomo Longo chiuse la mesta funzione, che ebbe carattere di commemorazione, con una preghiera.
Ciascuno degli oratori, nelle lor brevi parole, che insieme durarono quasi due ore, pose in luce questo o
quell’aspetto morale e religioso per cui il fratello Zanini si era reso universalmente stimato ed amato. Prevalse in lui l’amor fraterno. Fu conoscitore profondo
delle S. Scrittuj'e, visitatore assiduo degli infermi, testimone coraggioso della verità e pur mansueto verso
i contraddieenti; propugnatore dell’osservanza della Domenica, amico fedele e consolatore efficace ; e queste qualità con altre ancora erano in lui coperte col velo della
umiltà e della modestia. La sua dipartita rammenta la
parola di Davide : « Salva, Signore ; perciocché gli
uomini pii son venuti meno ; e i veraci son mancati
fra i figlinoli degli uomini ». (Sai. 12[1).
Alla Chiesa dei Fi atolli in Cristo di Via Vigna
Vecchia, alla sorella del compianto estinto, vedova Manenti, ed agli altri parenti vadano le nostre più profonde simpatie — ed al successore nella Condotta della
Chiesa, Prof. Bianciardi, « il mantello d’Elia ! »
Un Amico.
Gronachetta Romana
Le conferenze speciali si susseguono in Via Nazionale 106. Domenica prossima a ore 18,30, il signor
Mingardi parierà sul tema: « Un giro per le chiese
di Roma ». . „
— All’Unione Cristiana delle Giovani (Via Balbo 4)
11 prof. Ugo della Seta tenne una chiara conferenzina
mettendo in vista il concetto profondamente morale
della vita, che fu quello di Giuseppe Mazzini.
___ Per cura deila stessa Unione Cristiana delle
Giovani, il prof. Dr. G. Luzzi della facoltà teologica
vaidese di Firenze terrà, sotto il titolo generale « Il
Libro dei libri e le sue fortunose vicende attraverso
la storia », un ciclo di quattro conferenze, neila grande
sala dell’U. C. d. G. stessa (Via Balbo 4) illustrandole
con proiezioni luminose. Ecco i temi particolari delle
4 conferenze e la data in cui saranno tenute :
1) li Libro dei libri nei suoi manoscritti (sabato,
12 corrente, a ore 20,30); 2} Il libro dei libri nelle sue
versioni fino ali’invenzióne della Stampa (domenica,
13 ore 16); 3) Il Libro dei l.bri da l’invenzione della
Stampa ai giorni nostri (giovedì, 17, ore 20,30); 4) Cose
vecchie e cose nuove intorno al Libro dei libri (domenica, 20, ore 16).
— Presso l’Unione v’ è ogni domenica alle 17 una
« classe per -analfabete ». Si danno anche corsi di
lingue straniere di giorno e di sera.
— AU’Associazione Cristiana dei Giovani (Via della
Consulta 67) il bravo « pianista-compositore » maestro Giuseppe Mancini fece domenica scorsa alle
20,30 la commemorazione di Chopin, suonando cinque pezzi. Il pianoforte fu « gentilmente concesso dal
; l’egregio Cav. Fornacciarì delia Casa Ricordi ».
Molto pubblico e molti applausi.
— Apprendiamo con vivo piacere che la professo
ressa Amilda Pons — insegnante in questa R. Scuola
Tecnica Femminile - ha per la seconda volta vinte
il concorso alla cattedra di francese presso l’Istituto
Tecnico di Torino. All’Egr. Signorina le nostre congratulazioni ! - ■
Chi desidera Ultalla Evangelica, 25 annate complete, ben rilegate, in ottimo stato,^
al prezzo di L. 40, si rivolga subito ai
pastore G. Stiva, Verona.
7
Carteggio abruzzese
Salle, 5 marzo 1910.
Il mese scorso è stato per questa Chiesa un mese
-di benedizione. La Curia Vescovile di Chieti inviò in
Missione in questo paese tre Padri passionisti collo
scopo ben definito di abbattere il protestantesimo,
confóndendo coi loro sofismi questi cari evangelici.
Lo scopo, però, non è stato raggiunto, anzi la vittoria è stata nostra, avendo essi rifiutato l’invito fatto
loro di accettare una pubblica discussione basata sull’evangelo.
Il nostro pastore, sig. Bertinat, ha risposto sera per
sera alle diffamanti prediche dei suddetti Padri, facendo rilevare al pubblico le strane contraddizioni in
cui cadevano e confutando, così i loro argomenti mediante le loro stesse parole. In quest’occasione il nostro Tempio si è riempito ; con soddisfazione la semenza del Vangelo è stata sparsa largamente e speriamo di vederne presto i frutti.
— Degna di particolare menzione è la festa del 17
febbraio. Benché la giornata fosse propizia per i lavori campestri, tuttavia un numeroso uditorio intervenne al culto della mattina, dedicato alla commemorazione di questa data memoranda.
La sera nel locale scolastico, l’Attività Cristiana,
costituita dai giovani della nostra Chiesa, rappresentò
il dramma del Govean « I Valdesi » e i bambini delle
nostre scuole recitarono dialoghi e poesie che interessarono vivamente il pubblico. Circa 200 persone assistettero al trattenimento familiare, e per mancanza
di spazio dovettero rimanere in piedi. Tanto fu il loro
entusiasmo, che per appagar il desiderio generale si
dovette ripetere la recita il 18 e il 19. Un grazie al
nostro caro pastore, che diresse con amore questa festa, al l’Attività Cristiana, che con perseveranza e zelo
la rese attraente e ai bambini, che ne furono l’anima.
Sia lodato soprattutto il Signore che ci ha dato simili occasioni, per far conoscere la verità del Suo
Evangelo.
_____________________________G. Rivoir
Corriere ¿/cì//o
Le conferenze che il Sig. Fasulo ha tenute nella
Chiesa di Catania hanno avuto un successo straordinario.
Quella su, • Giordano Bruno e il libero Pensiero, »
destò non poco entusiasmo. L’oratore, con dotte cita
zioni, dimostrò che Giordano Bruno ammetteva in
qualche modo resistenza di un Dio e che quindi,
fanno male gli atei a prenderlo come il simbolo della
miscredenza assoluta.
Attaccò con forza il libero pensiero ateo mettendone a nudo le stridenti contraddizioni ; e fece notare la differenza che passa tra Cristianesimo e Clericalismo, tra Religione e superstizione.
L’oratore, che parlò per circa due ore davanti ad
un pubblico colto e numerosissimo, fu fatto segno a
vive approvazioni.
Importantissime altresì l’altre conferenze successive su l’Esistenza di Dio e sul male.
Un giovane, e valente avvocato, prese la parola in
contraddittorio in queste due conferenze cercando
di abbattere, con la sua facile parola le poderose argomentazioni del Sig. Fasulo ; il quale a tutte le obiezioni rispose esaurientemente, tra manifesti e generali prove di assentimento e di simpatia per parte
dell’uditorio.
11 signor Fasulo ha a sua volta preso la parola in
contraddittorio al Circolo Socialista, dove si tengono
delle conferenze inneggianti al Paganesimo e alla
Miscredenza.
Epifanio Navarria.
OLTRE LE ALPI E
I MARI
Svizzera
Ginevra. — Una trentina di Valdesi qui residenti
festeggiarono il 17 febbraio.
Nel tempio della Fusterie, Breitenstein professore alla Facoltà libera di Teologia e probabile successore del compianto prof. Martin all’Università, ha
tenuta l’annunziata conferenza su « la religione di
Gesù ». Parlò un’ora. « Il Cristo è vivente. La sua religione è quella che necessita al genere umano. Il suo
messaggio è indispensabile oggi più che mai ».
— Il prof. Fulliquet parlerà il 12 corrente alla Società r Espoir, trattando questo tema ; « Come svolgere Io spirito sociale nel fanciullo ».
— Il 17 e il 20 di questo mese, due conferenze del
prof. Doumergue di Montauban. Argomenti: 1) Il Medio Evo e la Riforma — 2) La Riforma e la Rivoluzione.
Francia
Alais — Il 30 e il 31 marzo e il 1. aprile prossimi,
si adunerà in Alais il V congresso della « Stella Bianca»,
società evangelica contro la corruzione pubblica e
privata. Tra i problemi che saran trattati si citano:
Il teatro e la morale — L’arte sociale — L’educazione
della purezza — L’educazione sociale e morale della
democrazia. — Molti oratori, tra cui : Gounelle, Bois,
Monnier, Abauzit, de Morsier; e delle signore, tra cui
una dottoressa in medicina.
Germania
Jena — (P. Calvino). Una tremenda sconfitta ha
avuto il Drews anche a Jena, la capitale del Monismo,
poiché è la sede di Haeckel. A Drews fu dimostrata
dai professori Weinele Thiìmmel la sua incommensurabile ignoranza quasi uguale a quella dell’ illustre
Milesbo.
Barmen — Il valdese sig. Manfredo Longo, figlio
del cav. Paolo nostro pastore a Nizza, è stato nominato Console d’Italia nell’industre e pia città di Barmen-Elberfeld.
Cuba
In certi villaggi, come Jauco, Cauteya, Monte Cristo, non ci sono preti cattolici. Il prete ci va ogni
tanto ad amministrare i sacramenti, facendosi pagare
da 2 a 3 dollari per ogni battesimo. Ma, siccome
adesso un pastore evangelico ha visitato quei luoghi appartati per annunziarvi la salvezza in Cristo,
l'arcivescovo vi ha mandato tre preti con l’ordine di
battezzare e di celebrar matrimoni « gratis et amore! »
Così, la « Vie Nouvelle ».
Uruguay
La valdese signorina Maria Ugon ha ottenuto la
laurea in medicina.
Isole Filippine^
L’arcivescovo Aglipay fondò or sono alcuni anni
una Chiesa cattolica nazionale indipendente da Roma.
Gli aderenti adesso ascendono a più di 2 milioni.
L’arcivescovo favorisce l’opera di risveglio intrappresa nelle Isole dal pastore evangelico Lund, aprendogli templi e procurandogli, a spese proprie, teatri
e sale. I due amici pregano insieme per la conversione delle anime.
rfimPnfl niintfl comodo di cucina cercasi, in
bUllliiI U IfliUlU Roma alta, per signorina sola. Rivolgersi alla Luee (Via Magenta 18, Roma).
Domenico Giocoli, gerente responsàbile
Tipografìa dell'Istituto Gould, Via Marghera 2, Roma
^oito VimuBo!
Proprietà riservata— Riprodazione proibita
Il suo volto stralunato dinanzi allo specchio gli
fece paura. Temette, che qualcuno lo sorprendesse e
in fretta e in furia si lavò e si ravviò i capelli. Appena in tempo ; chè già si faceva udire un cinguettio
■di voci infantili, un calpestio di piccoli piedi su per
le scale. Don Angelo sorrise e andò incontro ai tre
folletti irrompenti con grida festose nello studiolo.
— A tavola, a tavola, zio !
E lo presero per le mani, e fra le risa. Io tirarono,
10 trascinarono, saltellando come piccole passere. Anche il prete rideva ora, e rideva di cuore. Poteva
egli fare diversamente ? L’allegria deU’infanzia è contagiosa, e frati e cardinali e presentimenti e dubbi ed
ansie, tutto fu dimenticato dinanzi allo spettacolo di
quella esuberante letizia.
A tavola Don Angelo sorrisa, scherzò, chiacchierò
come al solito, sicché nessuno potè imaginare attraverso quali torture morali egli fosse passato poco
prima. Nessuno, abbiam detto ; ma gli occhi veggenti
della madre non s’inganuarono: essi osservarono quello
guance troppo rosse, quelle mani un po’ tremanti e
quella lieve nube quasi impercettibile, che di quando
in quando scendeva sul volto del prete. La vecchia signora tremò. Era forse già scoppiata la tempesta che ella
prevedeva ? Ahimè, non è comune retaggio di tutte la
madri quello di tremare sempre per la sorte dei loro
figlioli ?
Il domani, Don Angelo partì per Roma.
V.
Giunse troppo tardi per poter essere ricevuto dal
Cardinale e si rassegnò a passare una notte in città.
11 suo primo pensiero fu di correre al Collegio di
Sant’Antonio, per chiedere del Padre Michele, che da
tempo non s’era fatto vivo. Anelava di parlargli e di
aver da lui un buon consiglio. Si fece perciò indicare
la strada, chè conosceva pochissimo Roma dove era
stato soltanto due volte in pellegrinaggio. In piazza
del Monte Esquilino si fermò a contemplare la mole di
Santa Maria Maggiore, blocco immane di marmo gialliccio che si erge al di sopra della maestosa gradinata
semicircolare; e gli venne fatto involontariamente di
tsabilire un confronto fra la monumentale basilica e
la sua modesta chiesuola di Pietraviva. L’imaginazione
gli dipinse l’una vicina all’altra le due chiese ed egli
sorrise per l’enorme differenza.
Entrò. La meravigliosa, doppia sfilata di colonne di
ordine ionico attrasse dapprima la sua attenzione; ma
non era un artista Don Angelo, e neppure possedeva
in quel momento la tranquillità d’animo necessaria
per comprendere le bellezze dell’arte. Si guardò attorno in cerca dei fedeli. Era stato un’altra volta in
Santa Maria Maggiore e allora essa era affollata di
pellegrini e vi si celebrava una cerimonia religiosa >
ma oggi la basilica era quasi completamente deserta.
In luglio tutta Roma è spopolata e non vi si vedono
che pochi, pochissimi nasi voltati in su in contemplazione dei monumenti. Le chiese non son più visitate da carovane esotiche; il cinguettìo teutonico, i
veli variopinti delle dame viaggiatrici, le spolverine
grige, svolazzanti degli occhialuti od allampanati cavalieri d'oltr’Alpe e d’oltre Manica non disturbano più
la quiete solenne e suggestiva del Foro e del ColosseoDon Angelo provò un’impressione di tristezza nel
trovarsi così, quasi solo nella grande chiesa. Due donne,
inginocchiate dinanzi all’altar maggiore, discorrevano
animatamente fra loro, del tutto dimentiche del luogo
dove si trovavano. Alcuni soldati di cavalleria facevano tintinnare i loro speroni sul pavimento di
marmo e seguivano a breve distanza, ridendo e scherzando, una bambinaia timidetta, la quale attraversava
la navata principale trascinandosi dietro a forza un
bimbo di pochi anni, che non voleva camminare e frignava forte. Una signora, seduta sopra la sporgenza
del basamento d’una colonna, sgranocchiava un panetto imbottito, tenendosi aperta sulle ginocchia la
borsetta elegante, da cui due magnifiche arance facevan
oapol'no in attesa che arrivasse anche per loro il momento d’esser divorate. Un sagrestano andava in qua
e in là affaccendato, ooll’inseparabile granata fra le
mani e fischiettava pianino un’arietta allegra.
Ohi pregava là dentro ? Nessuno ; se non forse la
colossale statua bianca di Pio IX dinanzi all’altare
della Confessione. Ma no ; presso la cancellata chiusa
della splendida Cappella Paolina, un vecchio prete,
sudicio e male in arnese, se ne stava inginocchiato borbottando a mezza voce delle « Ave Marie » e fissando
cogli occhi smorti una delle sbarre di ferro, come
se in quella scorgesse qualche propizia divinità. Passandogli accanto. Don Angelo ne provò compassione.
Tutta la figura di quello sventurato vecchio prete
gridavi miseria, dalle ossa sporgenti della faccia,
coperte appena da una pelle gialla e stirata, alle dita
tremanti intrecciate sul petto in atto compunto • dal
bavero della veste grasso e polveroso sfiorato da alcune
ciocche bianche di capelli, alle suola delle scarpe tutt’e
due bucate. Perchè era così miserabile ? Perchè non lo
aiutavano i suoi confratelli ? Perchè non -Io soccorrevano ì suol superiori ? Don Angelo si avvicinò al sagrestano e gli domandò sottovoce chi fosse quel disgraziato. Il sagrestano si mise a ridere.
— Si vede. Reverendo, che Lei non è di Roma :
quello lì è un prete scagnozzo... Ce n’è tanti a Roma !
E quello lì ha fame, sa, proprio fame; lo so lo... son tanti
anni che ha fame... Ma !...
— E perchè, perchè P
Ah, il perchè poi... Questi preti scagnozzi, vede
non sanno che dir messa. E ci vorrebbe altro che
messe per dar da mangiare a tutti ! Poi alcuni sono
sospesi a divinis, altri, Dio liberi, sono scomunicati...
II sagrestano si fece due volte in furia il segno della
croce e riprese a spazzare il pavimento, rabbiosamente,
come se avesse visto per terra il diavolo e volesse
cacciarlo lungi da sè.
Don Angelo fuggì, più che non uscisse, dalla chiesa.
Fuggì col cuore in sussulto, col respiro mozzo. La
fame I la fame ! Anche per lui ci sarebbe stata la
fame, se il Cardinale... Ah, che idea orribile! La fame,
per sè l’avrebbe affrontata ; sì, con due braccia ancora robuste si può sempre procurarsi un pezzo di
pane ; ma la fame e gli stenti per i suoi piccini e per
la madre... Gli si drizzavano i capelli sul capo I A tali
orrori egli non aveva ancora pensato ; ed ora che ci
pensava, sentiva che le gambe gli si fiaccavano sotto
e che la testa gli girava come un mulinello!
Non sarà, non sarà — disse a sè stesso procurando
di calmarsi — non sarà, perchè ne morirei.
Era pallido e andava di corsa giù per Via Merulana,
col tricorno in mano, come se ancora fosse in chiesa.
Piu d’un passante si soffermava a guardarlo, ma egli
non se ne accorgeva : aveva solo negli occhi la visione
dei suoi orfanelli mancanti di pane e di sua madre
costretta nella sua vecchiaia alle più crudeli privazioni.
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