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Akmo vii — N. 17.
II SERIE
16 Settembre 1858.
LA BUONA NOVELLA
GIORNALE DELLA EVANGELIZZAZIONE ITALIANA
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Seguendo la verità nella carità. — Efes. VI. 15.
PREZZO DI ASSOCIAZIONE
Per lo Stato [franco a destinazione]____£. 3 00
Per la Svizzera e Francia, id........... „ 4 25
Per l’Inghilterra, id................... „ 5 60
Per la Germania id................... ,, 5 50
LE ASSOCIAZIONI SI RICEVONO
In Torino all'Uffizio del Giornale, via del Principe
Tommaso dietro il Tempio Valdese.
Nelle Provin-ciepresso tutti gli Uffizj postali per
me;?zo di Vaglia, che dovranno essere inviati
Non si ricevono associazioni per meno di un anno. { franco al Direttore della Buona Novella.
AU’cBtero, a’seguenti indirizzi: Parigi, dalla libreria C. Meyrueis, rue Rivoli:
Ginevra, dal signor E. Beroud libraio ; Inghilterra per mezzo di franco-bolli
inglesi spediti franco al Direttore della Buona Novella.
SOMMARIO
Falsificazioni romane : alcune osservazioni sul Concilio di Sardica. — £1 giornale di una giovine
donna. — Corrispondenza della B. Xovdla — Cronaca della quindicina. — Annunzii.
FAI.SIFICAZIONI ROMANE
ALCUNE OSSERVAZIOXI SUL CONCILIO DI SARDICA
La Storia del Concilio di Sardica è una parte oscura e molto perplessa della Storia Ecclesiastica. Alcuni Io dicono radunato da Costantino Magno, altri invece da’ suoi figli Costantino e Costanzo.
Da alcuni, e, fra gli altri, da sant’Agostino, si era creduto aver
questo Sinodo condannato il Simbolo di Nicea; da altri, averlo, tutto
all’opposto, rinnovato e confermato ; da altri infine, non averlo toccato
punto, limitando il suo operato all’esame della causa di sant’Atanasio. Certi lo credono composto t ' soltanto 68 vescovi; altri dicono
250 ; altri 300 ; ed altri un numero superiore ancora. Ma nou si sa
nulla di certo. Ciò che, per parte nostra, ci siamo proposto, si è di
dar uno sguardo alla Storia di esso Concilio, onde assicurarci se i
Canoni che ne portano il nome, sieno o no opera di queU’Assemblea.
TJna cosa indubitata si è, che lo scopo di quei Canoni, e segnata-
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mente <Ii quelli posti softo il numero terzo, qTiarto e quinto, nel
gi-eco, e terzo, quarto e settimo nel latino (qualunque ne sieno gli
autori)^ fu di stabilire l’autorità della Sede Romana, ed il diritto
alla stessa inerente, di ricem« appelli dalle altre chiose. Ma sono
questi Canoni proprj del Concilio di cui portano il nome? Ecco
appunto la questione. Ciò ch’è sicuro si è che il settimo fra essi, mi
secolo circa dopo il tempo del Concilio di Sardica, essendo stato
mandato nell’Africa, da papa Zozimo, come un Cànone del Concilio
Niceno, e rifiutandosi con ragione i Padri africani a riconoscerlo
come tale, nacque da ciò tra quei Padri, il Paim etl i due suoi successori una solenne contesa della quale daremo quivi un breve racconto , essendo questo necessario per giustificare i nostri dubbj
riguardo ai Canoni di quel Concilio.
Apiario, presbitero della chiesa di Sicca in Africa, essendo stato,
per varie colpe, scomunicato da Urbano suo vescovo, si recò a Roma,
ove, in vista dei vantaggi che ne risulterebbero a quella sede, egli
fu ricevuto ed assolto da Zozimo, ed ammesso alla comunione della
Chiesa romana.
I vescovi africani, giustamente offesi di questo procedere del vescovo romano, ed onde prevenire in futuro siffatte irregolarità e
tentativi d’usurpazione, radunarono i^n Concilio nella città di Cartagine, gli atti del quale portano le firme di 217 vescovi, e tra gli altri
di sant’Agostino. Zozimo temendo che le determinazioni che stavano
per esser prese in quel Concilio, avessero per effetto di mettere in
repentaglio il suo tentativo, vi spedì tre legati allo scopo di mantenere la sua usm-pata autorità ; e perchè più efficacemente venisse
appoggiata la sua domanda, gli munì d’un canone ch’egli affermava
essere stato fatto a Nicea, e che dava facoltà alla Sede romana di
ricevere gli appelli dalle altre chiese.
II Canone era concepito in questi termini : “ Ci pare bene che im
“ vescovo, accusato e giudicato meritevole di deposizione dai vescovi
“ del suo paese radunati insieme, possa appellarsi e far ricorso al
“ beatissimo vescovo della romana chiesa, chiedendo di esser ascol“ tato. Tal véscovo, se gli parrà giusto che la sentenza sia riveduta,
“ potrà condiscendere a rivolgersi ai vescovi della provincia attigua,
“ acciocché diligentemente esaminino l’affare, e lo determinino se“ condo la verità. E se alcuno che brami la sua causa sia giudicata
“ di nuovo, chiede al vescovo romano di mandare dei presbiteri da
“ sua parte, sia a quel vescovo permesso di fare come gli parrà me“ glio. E nel caso ch’egli determini di mandare alcuni onde assistere
“ quei vescovi nel giudizio, siffatti messi, come rivestiti dell’autorità
“ di colui che li ha mandati, saranno arbitri. Ma nel caso ch’egli
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fíiudicasse quei vescovi bastare ad ultimare l añare, egli potrà fare
•' come, nel suo sa\do oou,siglio, stimerà migliore,
QueHt<j canone, come succede sovente alle falsificazioni, ò così intralciato e varia talmente nelle copie che se ne trovano, che è difficil
cosa l’intenderne bene tutte le parti. Ma lo scopo dell'insieme è chiarissimo: autorhmre, gii ajypelli dalle altre cMese alia Sede roìtiana,
in contraddizione ai Canoni precedenti, che stabilivano le cose in
modo affatto diverso. Consegnato che fu questo Canone dai Legati
romani in un comm unitorlo, come canone del Concìlio generale di
Nicea, i Padri Africani rimasero maravigliati, un tal canone non
trovandosi punto nelle copie degli atti del Concilio Niceno che avevano nelle mani; epperò risposero ai Legati papali che mentre era loro
volontà di obbidire ad ogni cosa stabilita dal Concilio Niceno, non
poteano indursi a credere che un canone come quello di cui si trattava
fosse stato fatto dal detto Concilio. I Legati insL^tettero; ed i l’adri
Africani onde metter fine alla disputa, promisero di mandar dai Vescovi di Costantinopoli, di Alessandria e di Antiochia, per copie autentiche di tutti i canoni composti dal Concilio Niceno. Ottenute le
quali, si trovò non solo che il canone su cui fondavasi il Papa non
era contenuto tra i veri canoni del Concilio, ma invece fu trovato nelle
medesime un canone in senso tutto opposto, il quale cioè stabiliva
che nessuno scomunicato dal proprio Vescovo fosse rice\'uto alla comunione, se non ammesso dal Vescovo medesimo, o dal Sinodo della
provincia alla quale appartiene. Lo stesso tentativo fu fatto da Zosimo e dai due suoi successori verso la Chiesa gallica, e collo ste.sso
risultato.
Era da sperarsi che l’essere stato smascherato un così sfacciato ed
impudente tentativo, avrebbe distolto per sempre la Chiesa Romana
da un procedere basato sopra impostura tanto grossolana, e che le
avea tirato addos,so tanta vergogna e confusione. Ma così non avverme; i Papi credettero di cancellare una tal macchia d’infamia, coprendola con altre di cui parleremo fra poco ; e le usurpazioni romane
acquistarono sempre maggior terreno. Ma per ora restringiamoci a
ragionare di quei benedetti canoni così detti di Sardica.
Non è da supporsi, nemmeno per un momento, che fosse stato il
canone sopracitato promidgato a Sardica, e che i Prelati Africani lo
ignorassero aftatti); nemmeno egli è probabile in tal caso, che i Papi
convinti di frode riguardo al Concilio Niceno, uon avessero jjroclamato
ad alta voce lo sbaglio commesso, e dichiarato che il canone era realmente stato fabbricato aSardica; essendo assai minore la vergogna procacciata loro da un siffatto sbaglio, di quella che si eiano addossata,
inventando un canone allo scopo preciso d’ingannare. Ma come sarebbe
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possibile che quel canone, supposto che fosse stato fabbricato a Sardica, non fosse da tutti conosciuto in Africa, quando 3G vescovi africani intervennero a quel Concilio? E’ del pari impossibile cbe, essendone consapevoli, non ne abbiano mai fatta parola in tutta quella
lunga contesa tra le due chiese, risparmiandosi in tal modo la fatica
di mandare messaggieri alle lontane città di Costantinopoli, di Alessandi’ia e di Antiochia. Si consideri per soprappiiì che nè Atanasio,
nè jGriulio di Eoma, nè alcun altro scrittore di quei ft;mpi ha detto
sillaba di questo canone di Zozimo o di alcun canone di Sardica.
Nemmeno fu noto questo canone di Zozimo ai vescovi occidentali, 50
anni dopo il tempo che aTObbe avuto luogo quel Concilio, imperocché troviamo che quei vescovi scrissero aH’Imperator Teodosio, pregandolo di convocare un Concilio di vescovi occidentali ed orientali
allo scopo di sentenziare nell’affare di Massimo di Costantinopoli,
stimato da essi ingiustamente deposto dai vescovi orientali; ma in
tale scritto essi non fanno il menomo cenno ad un tal canone come se
nou esistesse, e ,neppure al diritto d’appello dallo stesso conferito al
vescovo di Roma. Tutto all’opposto, negano affatto l’utorità a quest’ultimo devoluta dal canone di Zozimo e dicono: “ Nonp-cerogativam
nobis vindicamus examinis, sed consortium communis arbitrii ”,
vale a dire, clic insieme coi vescovi dell’Oriente domandano di esaminare quella causa. E nemmeno il papa Innocente I, 60 anni dopo
il Concilio di Sardica, conobbe un tal canone, quando dichiarò espressamente che “ la Chiesa Romana ammise soltanto i canoni di Nicea
E’ bensì vero che Palladio, nel principio del V secolo, parla dell’abrogazione dal Concilio sardico di un canone del Concilio di Antiochia che avea posto l’ultimo appello pegli ecclesiastici nei vescovi
della provincia attigua, ma egli non parla dell’abrogazione fatta dai
canoni di Sardica, ma soltanto della rivista della causa di Atanasio
ingiustamente scomunicato e deposto dagli orientali. Lo stesso dicasi
di S. Basilio e di altri che parlano delFatto del Concilio in quanto
che assolvette S. Atanasio.
Le altre falsificazioni, delle quali ho detto che furono inventate
allo scopo di coprire quella macchia infame, sono principalmente le
seguenti.
Falsi scritti tendenti a far credere che il Concilio di Nicea dettasse
più canoni dei xx che si trovarono nelle copie deli'Africa e delle
chiese orientali. Ad avvalorare questa falsità s’inventarono primieramente due lettere sotto il nome di Atanasio, una delle quaU indirizzata al papa Marco, l’altra al papa Felice, e poi due altre sotto il
nome di papa Giulio e di papa Marco. Nella pretesa lettera di Atanasio a Marco egli così parla: “ Io assistente, ottanta capitoli furono
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“ fatti da quel Sinodo (Nicea), 40 dai greci, pubblicati in greco, e
“ 40 dai latini, pubblicati dai latini Oltre queste strane notizie, la
lettera contiene alcune cose che non succedettero che dopo la morte
eli Marco! ed altri errori così madornali che gli stessi Baronio e Bellarmino sono costretti a dichiararla falsa. E benché la lettera del
medesimo Atanasio a Papa Felice sia citata dal Bellarmino come
autentica, essa è tutt’altro, dichiarando in essa Atanasio, ch’egli fu
consecrato vescovo a Roma sulla domanda del papa, mentre, come tutti
sanno, Atanasio fu consecrato in Alessandria, prima che egli conoscesse Felice.
La lettera di Marco ad Atanasio aflerma positivamente 70 canoui
esser stati fatti a Nicea! Ma siccome quella lettera porta una data
posteriore alla morte di Marco, e sono in essa mentovate cose accadute d(ipo la morte del medesimo, Baronio confessa esser la medesima falsa» Le due lettere di Giulio si trovano nelle False Decretali, e
quindi riconosciute per insussistenti da Baronio e da Bona. Abbiamo
ancora una lettera falsa di papa Damalo ai vescovi africani, e un’altra di tre Concilj africani a Damaso, nelle quali, in contraddizione
al sesto Concilio di Cartagine, il diritto di ricevere appelli è ascritto
alla Sede romana! Di più, una lettera fu inventata, dopo la morte di
S. Agostino, nella quale quel vescovo illustre, che con tanta energia
si era opposto, nel sesto Concilio di Cartagine, agli appelli a Roma,
li sancisce pienamente! Questa lettera che fu trovata solamente nel
Vaticano, il grande laboratorio delle invenzioni papali, che fu scritta
in età posteriore, e che non trovasi in nessuna delle opere di quel Padre,
è tuttavia vantata dal cardinal Baronio come prova convincente dell’aver il gran vescovo d’Ippona approvate le usurpazioni papali !!
Queste non sono che la minima parte delle falsificazioni a cui si
ebbe ricorso onde coprire la prima menzogna di Zozimo: ed è sopra
tali basi che poggia la supremazia papale! Quando poi giunse il momento che il mondo cristiano non volle più ammettere per autentici
scritti evidentemente falsi, gli avvocati papali ricorsero ad altri spedienti, per esempio: che i Concilj di Nicea e di Sardica erano dagli
antichi stimati un medesimo concilio ; che questi! fu la ragione ])er
cui Zozimo indicò il canone di Sardica come cànone di Nicea ecc.
E quando anche quest’ultima scusa venne trovata insussistente, poiché il Concilio sardico fu radunato 20 anni dopo il Concilio generale
di Nicea, allora si esaltò il Concilio di Sardica al punto di farne
un Concilio ec’umenico, di autorità eguale al Concilio niceno; ed a
tutti e tre questi spedienti ricorsero vicendevolmente gli avvocati
papali sino ai dì nostri, e con qual logica lo si può vedere nel Baronio,
il quale, a dimostrare aver gli antichi reputato il Concilio di Sardica
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uno col Concilio di Nicea, si vale di questo mirifico argomento:
che quando gli antichi ci danno i nomi dei Concilj generali, non
mai fanno menzione di Sardica, ma pongono Costantinopoli immediatamente dopo Nicea! La qual dimostrazione di Baronio non
ha che una colpa, quella, cioè, di provare il contrario affatto di quello
ch’ei ¡pretende, dimostrando la medesima, con ogni evidenza, non essere mai stato dagli antichi annoverato il Concilio di Sardica fra i
Concilj generali. Eppure quei critici che non possono menar buoni
allo zehinte Cardinale questi suoi ragionamenti, sono da lui modestamente ingiuriati coH’appellativo di impudenti innovatori.
Da quanto pare, il primo scrittore che parli dei canoni fatti nel Concilio di Sardica è Dionisio Esiguo, che visse 200 anni dopo un tal
Concilio, e 100 anni dopo quello di Cartagine; ed è molto probabile
che Dionisio fu anche il primo che attribuì al Concilio di Sardica
il canone di Zozimo. Ora quel Dionisio, che era di nascita Scito,
visse molto tempo in Roma, ove coprì la carica di Abbate e mostrò
grande zelo onde esaltare l’autorità della Sede romana, pubblicando
a tal fine varie epistole, sotto i nomi di varj papi, le quali se non furono da lui medesimo fabbricate, avrebbero do\mto essergli note per
mere invenzioni. Certo è che, nè nell’Oriente, nè nell’Occidente non si
seppe mai prima di hù, che il Concilio di Sardica avesse fatto di tali
canoni. I Concilj ecumenici di Costantinopoli e di Calcedonia concedettero il diritto di ricevere appelli, od ai Vescovi delle provincie attigue, od ai PatTÌarchi; e nell’Ocoidente il Concilio di Arles stabilì, che se
un metropolitano trascurasse gli appelli di un vescovo due volte riclamante, potesse tal vescovo appellarsi ad un Concilio della medesima
Chiesa, onde da quel Concilio la causa fosse finalmente decisa.
Ed in un Concilio tenuto a Lione, dopo morto lo stesso Esiguo, la
chiesa gallica stabilì che tutte le contese tra i vescovi dovessero
venir decise dai metropolitani. Martino stesso, arcivescovo di Braga,
nato vicino a Sardica e vivente dopo Dionisio, non fa nessuna menzione di quei canoni, in una raccolta di canoni pubblicata da lui in
un Concilio spagnuolo, ma, ben all’opposto, produce un canone del
Concilio di Antiochia che contraddice affatto a quello di Zosimo,
non permettendo appelli ad altri che al metropolitano ed ai vescovi
della provincia attigua. Il grande e dottissimo Fozio di Costantinopoli non sapeva nulla di questi canoni, a tal segno che venne da
Niccolò I rimproverato per la sua ignoranza così dei medesimi che
delle altrettanto veridiche Lettere Decretali!
Vi sono altre notevoli cose rispetto a questi rhiomati canoni: per
esempio nel latino, ve né sono 21, nel greco xxi, e questo per farli
maggiormente rassomigliare ai canoni di Nicea. Nel latino, il 18° ca-
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uoiie vieu proposto da uii certo Januarío, il quale è totalmente sottinteso nel greco. Nel latino il canone di Zozimo è il seiiimo, nel greco
il quinto, e molte altre discrepanze di questa fatta. Di più, questi non
sono proposti come tutti gli altri che precedettero, come decreti e
leggi positive, ma nella forma di domande e risposte; e, cosa più
strana ancora, sotto la presidenza di Osio, che era prima presidente
del Concilio di Nicea! Inoltre gran parte di questi canoni sono i
medesimi, in sostanza, che qtielU di Antiochia, e quello di Zozimo è
identico in sostanza ai 14 e 15 del Concilio di Antiochia, mio alla
parola “ Metropolitano attiguo ” è sostituita la parola “ Vescovo
di Roma”. Arroge che iu tutta la Imiga contesa tra le chiese dell'Africa e tre papi che si succedettero, (piesti ulthni, benché si sforzassero, con tutta la possibile energia, di basare il diritto cui volevano usurpare sopra un canone falsamente attribuito ad un Concilio
generale, non ardirono tuttavia profferire silkiha di un diritto di
supremazia divinamente conceduto, il “ Tu es Fetms ” essendo uu
esjìediente posteriore, sorto d0¡)0 che il Concilio generale di Calcedonia ebbe sancito uguaglianza di privilegi ecclesiastici a Costantinopoli, come alla nuova Eoma! Tja crassa ignoranza in cui, a quei tempi,
era awolta, l’Europa, fu molto favorevole alla imova interpretazione,
che servì come di base all’usurpazione antiscritturale. Non vi fu
scrittore eminente prima di Gregorio Magno, che fosse o romano od
italiano ; e la stessa dottrina di Gregorio, come è stato giustamente
ossei-vato,era piuttosto, come il chiarore della lucciola, visibile a motivo
delle tenebre che lo circondavano. Dopo Gregorio, a sommo vantaggio sem|)re della Sede romana, non vi fu, in otto secoli, chi si possa
meritatamente chiamare dotto, o nelle Scritture, o nelle antichità ecclesiastiche. A così soverclùa e crassa ignoranza della chiesa occidentale, durata per tanti secoli, è da attribuiisi quel nmuero stragrande
di scritti apocrifi, fabbricati allo scopo preciso di accrescere l’autorità
papale, e la fede che venne ai medesimi prestata.
Ma perchè dunque, si può domandare, dopo che furono dimostrate
false le Decretali, non cadde in quel giusto discredito che si meritava, quell’ammasso di frode e d’impostura clùamato “ Papismo? ”
l’er questa ragione, rispondiamo noi, che prima di quel tempo di
critica e di discernimento, Eoma avea raccolte tante ricchezze, rannodato a se tanti interessi mondani, che questi soli bastarono da per
se stessi a mantenere quello che esisteva come fatto. Pochi sono
coloro cui piace la nuda verità e la severa giastizia; pochissiyd poi
quelli che sien forti abbastanza da sacrificar loro i più grandi interessi
mondani, lo ricchezze, gli onori del secolo presente. Come da taluno
venne maliziosamente osservato, parlando delle contese fra i Concilj
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e di papi : “Fu una sciocchezza per parte del Concilio di Basilea,
che non avea nulla, il contender di superiorità col papa che avea
tanto ! ”
Italiani, nostri amatissimi fratelli, sarà per sempre meritato da voi
un tale obbrobrio? — Bisogna vivere, voi rispondete. — Sì bisogna
vivere, ma bisogna vivere in eterno, vivere ancora e sopratutto in
quel mondo avvenire ove il Signore, il giusto Giudice, darà cento
cotanti a chi, per amore di lui e deU’Evangelo, si sarà spogliato di
quanto possedeva. Ecco le stesse parole di Colui che siede, la verità
incarnata, alla destra di Dio; “ Chiunque avrà abbandonato casa, o
fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o moglie, o figliuoli, o possessione per lo mio nome, ne riceverà cento cotanti ed erederà la vita
eterna ”. Matt. xix. 29. Ma ecco ancora altre parole dello stesso Giudice imparziale, che renderà ad ognuno secondo le sue opere; “ Se
alcuno ha vergogna di me e delle mie parole, il Figliuol dell’Uomo
altresì avrà vergogna di lui quando egli verrà nella gloria sua, e del
Padre suo e dei santi Angeli ”. Luca ix. 26.
F.
IL GIORNALE D UNA GIOVINE DONNA
Signor direttore,
Permettete ch’io faccia parte ai vostri lettori d’alcuni brani tolti da ben
poche, ma notevoli pagine, lasciate da una giovanissima Signora, cui già da
qualche mese compiangiamo la dolorosa perdita.
Vi ammiro come Dio attrae, prepara, travaglia l’anima ch’ei vuole far
salva, come in.sensibilmentc ne compie la rigenerazione. Si vede come, sotto
l’influenza dello Spirito Santo, l’eletto del Signore ansiosamente ricerca la
divina giustizia di cui egli è, secondo vuole la Scrittm-a, affamato ed assetato.
Lotta incessante contro ad ogni movimento di peccato; assidua vigilanza
sovra i proprj pensieri, sovra le parole e gli atti; sforzi indefessi intenti a
lavare la macchia della propria natura; fervide supplicazioni per ottenere
perdono ed ajuto, umiliazione frequento ma senza scoraggiamento anzi con
rendimento di gi-azie, applicazione ad ogni huona opera, tutti quei segni
d’una vera conversione a Dio, li ravvisiamo, con vivo soddisfacimento, nelle
ingenue memorie di L. C. M.
Un anno preciso dopo il suo matrimonio guardando addietro su quel
tempo della sua vita conjúgale, si lamenta di averlo scorso senza implorare
con bastante ardore l’ajuto di Dio, e porre in Lui tutta la sua confidenza.
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“ O Dio di bontà, Padre di grazia e di misericordia, esclama ella, abbi pietà
della tua figliuola che t’ha offeso così sovente, che non ha voluto udire la
tua voce! Non abbandonarmi! Ma per l'amore del mio Salvatore vieni al
mio ajuto, acciò io combatta il buon combattimento della fede..... Che io
viva per te, affine di morire teco! ” (10 luglio 18.*)7).
27 Novembre. “ Egli (Dio) mi ricolma ogni giorno di beneficii, e sono
sempre la stessa! I miei progressi nella conoscenza del mio cattivo cuore e
nella via stretta che conduce alla vita, sono stati poco sensibili. 0 mìo
buon Padre! vieni al mio ajuto!.... Esaudiscimi e Hberami dalle mie iniquità, per l’amore del mio ¡Salvatore diletto che è venuto a chiamare a yenitenza, non i giusti ma i peccatori... ”
29 Nov. “ Come io sono lungi daH'osservarmi in ciascuna delle mie parole!
Quanto spesso dico cose vane, cui non dovrei manco pensare! Quanto tempo
perdo ogni giorno, e quanto ne ho già perduto lungi da Dio !...... Sin da
ora voglio adoprarmi, coll'ajuto di Dio, a svegliarmi da questo sonno di
morte, ad andare a Dio di tutto cuore, mentre egli è tempo ancora, affinchè
io abbia quella pace così preziosa, che supera ogni intendimento, e ch’io
viva con Dio, per morire altresì in Lui! ”
Più volte ancora, abbenchè giovane, robu.sta, e fatta madre di una bambina prosperosa, ella si mostra preoccupata del bisogno di prepararsi alla
morte, e sappiamo che tal pensiero si tradiva frequentemente nelle sue conversazioni ed influiva santamente sulla sua vita. — AI terzo giorno di Grennajo, ella scriveva: “ Durante l'anno che cominciamo, io voglio, coll'ajuto
di Dio, divenire una nuova creatura, e vivere da ora innanzi sotto lo sguardo
di Dio! Sì die io ricerchi avanti ogni cosa l’amore di Dio; che io mi rammenti della sua bontìi, della sua misericordia verso i poveri peccatori, e
ch'io impari a fa re il conto dei miei giorni in tal guisa ch'io ne acquisiti un
cuore savio ; imperocché io non so quando Dio mi chiamerà a sè, e debbo
prepararmi ogni giorno a partire in breve. ”
fi Gennajo. “ 0 mio buon Padre Celeste, insegnami ad esaminare me
stessa, e guarda la mia lingua e le mie labbra di proferire cose cattive ! —
La neve cade da due giorni, e gli uccellini vengono a beccare ai vetri, e
chiederci alcune briceiole di pane, che dobbiamo dare di buon cuore. Dobbiamo pur pensare ai poveri che non hanno ricovero confacente, nè calde
vesti da coprirsi, e dei beni che Dio ci ha dati, far parto ai nostri fratelli
bisognosi, poiché colui che dà al povero, impresta all’Eterno, cd il suo beneficio gli verrà restituito. ”
8 Gennajo. Ciò che predomina nelle confessioni della beata nostra sorella
è il sentimento della sua debolezza, un perpetuo lamento sopra i medesimi
falli. Tuttavia ella esprime altresì la gioja della vittoria, ncH'incessante suo
combatthnento. “ Jeri ed oggi mi sono adoprata ad avere maggiormente
imperio su di me, ho implorato l’ajuto di Dio, e spero di essere stata più
paziente e più ferma colla domestica ”.
La propria giustizia della quale S. Paolo tanto bramava di essere spoglio, per non essere rivestito che della giustizia di Gesù Cristo, dovea
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essere a parer nostro, una delle cagioni per cui la pace di Dio ancora non
abbondava nel di lei cuor©. Ognuno che è chiamato da Dio ha da Éare
esperienza della propria miseria, avanti di godere appieno della gratuita salvezza ; laonde è penoso il principio della via che conduce alla vita ! Ma non
andava perduta l’esperienza dolorosa che di mese in mese L. C. faceva
della sua impotenza. Ella imparava adire di vero cuore al Signore: “dammi
sovra tutto di guardare a te, mio Salvatore diletto, e di confidarmi interamente in te! Sii mio sostegno o Dio forte! e mio ricetto sino nella morte! ”
Giunta al suo ventesimo anniversario, ella s’accusa fortemente delle varie
mancanze di cui s’è riconosciuta colpevole nel passato, e dopo avere espresso
altresi *Dn energia il suo proponimento di servire al Signore, adempiendo
regolarmente ad ogni dovere di sua vocazione, ella fa la seguente supplicazione. “ Sì o Dio di bontà e di misericordia, tu che non vuoi la moHe del
peccatore, anzi la sua conversione e la sua vita, tu che sei venuto a salvare
ciò ch'era perduto, nou abbandonarmi ! abbi pietà di me, c non permettere
che questo ventesimo anno venga speso come gli altri, nel fare ciò che dispiace
agli ocelli tuoi. Fa grazia, perdona, dammi un sincero desiderio di appartenerti; ajutami a resistere al male, infrangi la dm-ezza del mio cuore; crocifiggi in me l'uomo vecchio; concedimi il Consolatore, lo Spirito Santo, che
mi rigeneri e mi santifichi, acciò io faccia quaggiù la tua volontà, ed un
giorno poi io possa cantare nel cielo le tue lodi coi santi tuoi angeli. Tu
che ci hai dato il tuo Unigenito Figliuolo per salvarci, concedimi di credere,
d’intendere bene il sacrificio che per me facesti, di spargere lagrime su quel
peccato che ha fatto soffrire tanto il mio Redentore^ Insegnami a pregarti
incessantemente e di tutto cuore, ed esaudisci la mia debole orazione,
per l'amore delle tue compassioni e delle tue gratuità infinite ” (25 feb.).
Non più anni, solo poche settimane le rimanevano ancora per compire il
suo pellegrinaggio; e due volte soltanto scrisse ancora nel suo giornale.
“ Come dobbiamo ringraziare Dio, dic’ella un giorno di neve, di ciò ch'egli
ci concede tutto ciò eh' è necessario per ripararci dal freddo di questo
rigoroso inverno I Dobbiamo altresì, per quanto possiamo, venire in ajuto ai
nostri fratelli bisognosi. ” — Ma commoventi sono l'ultime parole, che tradiscono la sua stanchezza nel duro combattimento contro al peccato. “ Sono
annojata ed afflitta, o mio Dio! Sino a quando mi lascierai tu vivere co.sì
lungi da te, nella mia miseria e nel mio peccato ! Per l'amore del mio diletto
Salvatore, vieni! non abbandonarmi! fammi grazia o misericordia! danmii
un nuovo cuore! Che io guardi a te, o mia diletto Redentore! Ch'io mi confidi in te ! Io spero nella tua bontà e nel tuo amore per noi, per la tua povera
e debole creatiu-a. Liberami dalla potenza di Satana, ed ajutami a resistergli, acciò io faccia quaggiù la tua volontà, e possa altresì morire teco! ”
Tali sono l’ultime sue parole scritte! Poco dopo ella fu colta da una
breve malattia durante la quale non parlò quasi più. — Benedetto sia Dio
che le ha fatto udire la sua voce pietosa e l'ha disposta a ricercarlo, con
tutto il suo cuore avanti che fosse sorpresa dalla morte !
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CORRISPONDENZA DELLA BUONA NOVELLA
Genova, addì 11 settembre 1858.
Culto Evangelico — La Chiesa della Gran Madre di Dio — Il Tempio Valdese iu ria Assarotti —
La Chiesa dell’immacolata — Funerali del sig. Marmocchi.
Caro signore e fratello!
Il pensiero che alcune notizie intorno a Genova, in rapporto coH’opera
evangelica che vi si sta facendo, non riusciranno discare ai vostri lettori,
m’induce ad indirizzarvi queste righe, lasciandovi però facoltà di gittarle al
fuoco, qualora le giudichiate inopportune o immeritevoli di veder la luce
nel vostro giornale.
E per cominciare da una notizia che, anni sono, il viaggiatore evangelico
non avrebbe avuto campo di darvi, da questa città, vi dirò che ho as.sistito,
con vero diletto ad un tempo e viva edificazione, la scorsa domenica, nella
Cappella Valdese, al culto presieduto dal reverendo sig. Charbonnier, ed al
quale eran presenti più di 120 persone numero ragguardevole se si ha riguardo alla stagione in cui siamo, e la maggior parte delle quali erano individui dalla chiesa Romana passate all'Evangelica. La raunanza presieduta
dal sig. Jlazzarella, e detta comunemente dei Fratelli ne conta anche un numero bastantemente vistoso; cosicché si ha motivo di sperare che siavi in
Genova, /)gni domenica, un numero grande di cattolici romani, o che furono tali, i quali godono il beneficio di una predicazione schiettamente
evangelica.
L'oggetto sul quale voglio quindi attrarre la vostra attenzione, si è il
tempio della Gran Madre di Dio, situato, come sapete, sotto al ponte di
Carignano. Vi ricordate senza dubbio, il gran parlare che, quattro anni sono,
si fece intorno a questo tempio, quando, divietati i Valdesi, chc l'aveauo
comprato, di celebrarvi il loro culto, si trovarono nella necessità di venderlo;
6 come diventasse uua tal vendita pretesto ad una scissura le cui dolorose
conseguenze durano e dureranno per lungo tempo ancora. Io aveva mai
sempre quella rottura deplorato, ma allora sovratutto la deplorai, e non solo
la deplorai, ma in me stesso la qualificai di insensata e di colpevole, quando
giunto a Genova, mi fui recato a visitare il tempio in discorso. Non guardando che all'edificio in sè stesso, non vi sarebbe stato male; ma se si guardi
al sito in cui si trova, in fondo ad una valle, nel quartiere forse più sudicio.
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più rumoroso, e probabilmente più male abitato di Genova, io, anziché considerare l'abbandono di un tal locale come una calamità, e sovratutto di fare
d'un tal abbandono argomento sufficiente ad una rottura, sono di parere
che si debba considerarlo come un’ottima ventura, e l’impegno di Monsignor Gharvaz a procacciarlo, come un vero servigio che non avrebbe
avuto diritto la famiglia evangelica di questa città, di aspettarsi da un
prelato cattolico. Ed in questa opinione io venni maggiormente confermato,
quando, lasciando le viuzze fangose e puzzolenti del Borgo de’ Lanieri, mi
trasferii nella magnifica via Assarotti, vicina all’Acqua sola, una fra le più
splendide di Genova, ove ergesi presentemente il Tempio che i Valdesi,
dietro regio decreto, vi hanno edificato, e che stanno per consecrare al
culto in ispirito ed in verità quale vien richiesto dall’Evangelo. Quest'edificio, posto uella parte superiore della via, in prossimità della Chiesa di
S. Bartolomeo degli Armeni, consiste in un quadrato di 600 metri, e
che comprende sotto al medesimo tetto, unitamente al tempio propriamente detto, situato al primo piano, lungo 24 metri per 14, spaziosi loca,li per le scuole, a pianterreno, e nell’angolo orientale una modesta abitazione per il pastore. L’Architettura del medesimo, graziosa anziché no, non
può ascriversi a nissun genere speciale, ma ofifre piuttosto un misto di tutti
i generi, in modo da farne un’iusieme diverso assai da quanti edifiij reUgioai esistono in Genova, eppure abbastanza nel gusto del paese da non fare
spiacevole contra.sto colle fabbriche adjacenti. Il quattordici del venturo
mese, se sono bene informato, sarebbe il giorno stabilito per la solenne
eonsegrazione a Dio di questo edifizio ; e così la predicazione del puro
Evangelo avrà anche in questa città primaria del regno, dopo la capitale,
la sua sede in proprio; e la libertà religiosa un nuovo monumento da aggiungersi a’ parecchi cho, in breve lasso di tempo, si sono innalzati nella nostra
patria !
Cosa strana, e ben degna- di considerazione! in quella medesima via Assarotti— appena si ebbe sentore della facoltà data ai Valdesi di erigervi uu
tempio, e furono riusciti vani i tentativi dei clericali allo scopo p«r opporvisi—si gittarono, per scongiurare il pericolo, le fondamenta di un’altra chiesa
assai più splendida, da dedicarsi a Maria Immacolata, e chc as.sai prima
del Tempio Valdese dovea essere ultimata ed aperta al culto ..... Ora, non
solo le mura di quel progettato edifizio non raggiunsero, in tre anni, la metà
della loro altezza ; ma morto il precipuo iniziatore di questa impresa, furono
fermati i lavori, cd una persona, che ho motivo di credere molto bene informata, mi assicurava che, a giorni, quel fabbricato sarebbe posto in vendita
all'aRta pubblica, e le mura disfatte o adattate ad uso di casa ! !
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E questo fatto, che potete ritenere come autentico del tutto, che cosa ci
dice? se nou che il fervore cattolico conviene che sia ben scemato in
Genova, perchè in uua città che annovera tanti ricchi patrizj e cittadini,
— i padri dei quali eressero quella quantità di chiese che, per ricchezza e
splendore fanno l'ammirazione dei forestieri—non si possa raccogliere sufficiente danaro, da mandare a compimento un'opera (notate questo!) impresa
sotta tali auspici !
Ma lo scemare del ferv'orc cattolico è egli, alla sua volta, indizio di una
seria attrattiva alle dottrine evangeliche? Io temo di no, ed anzi ne sono
certo. Lo scetticismo, uno scetticismo come il simigliante non si trova forse
in nissun altro paese, ecco ciò cho, nella mente della clasSe colta, in Italia,
è sottentrato alle credenze cattoliche, che sono svanite. La maggior parte
fra le persone appartenenti a questo ceto non credono più al prete, nè alle
dottrine di cui il prete è rappresentante. Ma a che credono elleno? A poco, o
nulla. La negazione è Tunica cosa di cui sieno capaci; affermare nou sanno;
ed ecco perchè non valgono tutti i loro sforzi, diciamo meglio i loro strepiti, ad abbattere quella spirituale tirannia cui abborriscono, avendo- questi
per effetto, tutt’alcontrario, di accrescerle forza e potere, I fatti che vengono
in appoggio a questa mia asserzione sono tutt’altro che rari, e di uno fra
questi potei essere te,stimone oculare io stesso, non sono che poche ore, in
occasione della sepoltura di uno dei nostri concittadini più insigni, il geografo Jlarmocchi, che puossi con ragione chiamare il Hitter dell’Italia. Egli,
quantunque fosse stato ammalato per lungo tempo, non volle saperne mai
dei preti, e così morì senza essersi nè confessato nè comunicato. Ma chè?
Egli erasi limitato a protestare ohe non credeva ai preti ; ma che credesse
in buona sostanza, quale fosse la sua speranza, egli è da supporsi che non l’abbia dichiarato, o non in modo schietto abbastanza da sentirsi i di lui congiunti in obbligo di rispettare, fino alla fine, la sua volontà. Ciò essendo, che
avvenne? Il prete, che quando non può aver l'anima, si accontenta del corpo,
non volle che si seppellisse senza il di lui intervento la salma dell’illustre
estinto e non mancò d’impossessarsi morto di chi, vivente, non avea voluto
di lui. Vero è che invece di dieci o venti, cantando a piena gola, e di una
interminabile serie di confraternite , impugnando i ceri e bizzarramente
mascherate, il prete era un solo, che correva piuttosto che non camminava,
bisbigliando a sommessa voce parole chc uon s’intendevano, in mezzo a
cinque o sei incappucciati, ch’io credo fossero i becchini, ed a cui tenevan
dietro, alla rinfusa, e senza ceri di sorta, gli amici ed ammiratori dell’illuBtre estinto. Ma comunque fosse, il prete pure c’era; e bastava questo solo
fatto a togliere alle proteste, qualunque fo.«sero, dei defunto, ogni loro valore
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cjj efficacia. Lo stesiio sarebbe egli avvenuto, se invece di limitarsi a negare,
fosse, l’uomo illustre di cui discorriamo, giunto ad una fede positiva, alla
quale egli avesse francamente dichiarato innanzi ai suoi, ed innanzi il prete
.sovra tutto di aderire? No di certo Epperciò io non posso trattenermi
dairesclamare; Oh! sorga presto il giorno in cui, nella nostra Italia, invece
di quelle miriade d’uomini, che la vita spendono a dileggiare i preti e le
cose sacre, per poi sottoporsi, nel punto di morte, a tutto quanto vien loro
domandato, possiamo annoverare, non fosse altro che alcune centinaja d’uomini di mente e di cuore, i quali, sapendo in chi hanno creduto, al prete
che verrà ad oifrir loro il suo perdono, i suoi sacramenti, sieno in grado di
rispondere, con càlmo convincimento: “ Noi non abbiamo bisogno di voi,
bastando alla nostra pace Cristo e le sue promesse! ” Quando un tal fatto
si sarà verificato, allora si che i preti avranno ragione di temere, perchè la
scure sarà stata poilia alla radice deU’albero; ma finché non sarà spuntato
un tal giorno si beffino pure i preti, e deridano gli sforzi di quanti li osteggiano, chè ne hanno ben d’onde, ed io, al loro posto, farei lo stesso.
Credetemi, caro signore e fratello, vostro devot.° in C. G.
N. N.
CRONACA DELLA QUINDICINA
Una scoperta interessantissima avvenuta non è molto tempo in un’isola
del GRANDE Oceano, è quella di una popolazione di 30,000 cristiani, fino
ad ora intieramente sconosciuti, e che dai libri che rimanevan loro, come
dalle credenze che professano, pajono essere stati anticamente in connessione
colle chiese evangeliche, senza che si sappia però come e da ehi il Cristianesimo fosse stato in mezzo a loro introdotto. Questa scoperta è dovuta a
quattro missionarj Olandesi, dai quali il battesimo venne amministrato,
poco tempo dopo il loro sbarco in quell’isola, a più di 3,000 persone.
Da Gibiltbiìra sentiamo con soddisfazione che la S. Cena venne testé
distribuita da iln ministro della Parola, a 24 fra gli uditori spagnuoli del
sig. Ruet, la maggior parte dei quali vi partecipavano per la prima volta. Il
giornale dal quale togliamo questa notizia soggiunge che il sig. Ruet secondo l’uso della Chiosa Valdese della quale egli è membro, il dì che furono
ricevuti, ponendo la mano destra sulla Bibbia aperta, domandò a ciascuno
dei neofiti individualmente, se s’impegnasse al cospetto di Dio, e fare della
Parola di Dio la regola della sua fede e condotta ed a dividersi per sempre
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dalla chiesa di Roma I A tal domanda parecchi si alzarono, stendendo la
mano, e tutti risposero con voce alta e spiccata. Questa cerimonia interessante ebbe luogo al cospetto di numerosi cattolici romani, parecchi dei quali
aH'uscire della cappella si fecero inscrivere onde ricevere istruzioni private
nella fede evangelica.
In Francia, mentre da certi prefetti si firmano circolari allo scopo di opporsi alla diffusione, per mezzo del colportaggio, delle S. Scritture, come di
libri cfìntrarii alia fede della maggioranza dei r.itladini, anime ognor più
numerose vengono da questa divina parola tolte alle tenebre in cui giacevano,
0 trasportate alla pura luce deU’Evangelo. Ultimamente era un ex-prete, il
sig. Ridoux già parroco di S. Pietro di Tournon, che in mezzo ad una gran
foUa di gente riunita nel tempio evangelico della città di Augov, solennemente abjurava gli errori della chiesa romana, per unirsi ai veri credenti in
Gesù Cristo. Il sig. Ridoux sta per recarsi a Ginevra onde prepararvisi, con
nuovi studii, all'esercizio del ministerio sacro.
I giornali Svizzeri sono ripieni di particolari interessantissimi intorno
alle generali adunanze di due società religiose aventi la loro sede in quel paese,
la Società pastorale svizzera e l'Unione cristiana dei Giovani. Alla prhna
tenutasi in una città del Cantone di Argovia i 17 e 18 dello scorso mese,
intervennero oltre 300 pa.stori, appartenenti alle varie denominazioni evangeliche della Svizzera; la seconda, numerosissima anch’essa, annoverava molti
membri accorsi dal Belgio, dalla Francia, dalle Valli Valdesi del Piemonte,
dalla Germania, dall Inghilterra, dalla Svezia, dagli Stati Uniti d’America,
e per lino dall’Australia. In ambedue vennero letti e poi discussi, sopra argomenti importanti in sè stessi e per la loro attualità, lavori di sommo interesse, e la massima cordiaUtà ed espansione cristiana formò il carattere distintivo di queste preziose raunanze che, a tutti quanti ebbero la ventura
d’intervenirvi, hanno lasciato la più soave impressione e la non men soave
speranza che sì l’una che l'altra sono destinate ad operare un gran bene.
Gli stessi fogli ne danno contezza di due fatti succeduti in due diversi Cantoni, facenti ambedue bella testimonianza d'elio spirito di tolleranza cristiana
di cui si mostrano colà animate le popolazioni cattoliche romane. Nella parecchia di Fraunfald, cantone di S. Gallo, trattavasi dell’installazione di un
nuovo pastore evangelico. Il ricevimento era fatto con una certa pompa,
per la quale le giovani cattoliche aiutarono alle evangeliche ad intrecciar
corone e adornare le fontane, il clero cattolico alla sua volta andò ad incontrare il nuovo pastore, ed un coro d’uomini, composto di cattolici e di Evangelici, avendo a capo un curato, cantava lodi di rendimento di grazie a
Dio. A Ennatinge (cantone di Turyovier) celebrandosi l’annua festa della
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Società di soccorso agli Evangelici dispersi, gli allievi delle scuole cattoliche,
avendo parimente a capo il curato, andarono a gara cogli Evangelici allo
scopo di ornare la chiesa di vaghe ghirlande di fronde e di fiori.
Fatti assai diversi da questi ci offre il nostro Piemonte dove, mentre
rArmonia fa i suoi complimenti al capitolo di S. Reparata in Nizza perchè
non volle concorrere in un donativo che la popolazione di quel quartiere si
dispone a fare a monsignor Sola, per mostrarglisi grata degli sforzi da lui
tentati onde ricondurre l’episcopato alla purità evangelica, gli uomini giudicati soli meritevoli da quel giornale, danno ogni dì prove novelle del loro
intollerante fanatismo, facendo battezzare da fantesche o da balie ignoranti,
bambini israeliti che poi si affrettano a dichiarare cristiani, materializzando
in tal modo e rendendo abboniinevole quanto vi ha di più spirituale e santo.
Ecco come ne narra Taccaduto il giornale YUnione:
I coniugi Le ri, israeliti, aveano ritirato presso di loro il proprio figliuoletto,
ed essendo questi ammalato, la figlia della nutrice, sedotta ed istigata da un
prete, probabilmente suo confessore, s'introdusse nella loro casa, col pretesto di volergli apprestare le sue cure, ed abusando della confidenza, violando
le leggi dell’ospitalità, si fece lecito di gittare sul capo del bambino israelita l’acqua benedetta, che erale stata apprestata dal prete per battezzarlo.
Sappiamo che la famiglia così tradita ed offesa, ha sporto querela al fisco,
il quale procede, come è suo dovere; ed è a sperare che un castigo esemplare impedirà il ritorno di atti così scandalosi.
Domenico Grosso gerente.
AL DEPOSITO DI LIBRI RELIGIOSI
Via. Principe Tommaso
IMPOSSIBILITA’ STORICA DEL VIAGGIO DI S. PIETRO A
ROMA dimostrata, sostituendo alla falsa tradizione la vera — volume in-8° piccolo di pag. 164....................................cent. 60
DE SANCTIS — La confessione, saggio dommatico-storico’ riveduto
ed accresciuto dall’autore — un voi. in-16° grande di pag. 106..... 25
LA DONNA, due discorsi di Adolfo Monod, un eleg. volume in-8?
piccolo di pag. 96.......................................................... 25
PREGHIERE DI FAMIGLIA, terza ediz. attentamente riveduta,
e notevolmente accresciuta............................................... 20
Invitati^ annunziamo con certezza, essere la solenne consagrazione della Cappella di Gen’OVA fissata pel dì 14 prossimo ottobre.
TOHTNO — Tiposn-afia rL.AUDTANA. ilirftta ila II. Tn.mbi'tta,