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Anno IX — N. 7.
II SERIE
15 Aprili
LA BUONA NOVELLA
GIORNALE DELLA EVANGELIZZAZIONE ITALLVNA
Seguendo la verità nella carità. — Efes. VI. 10
PREZZO DI ASSOCIAZIONE
Per lo Stato [franco a destinaaione]____3 00
Per la Sviz*era e Francia, id........... „ 4 25
Per r Ingliilten*a, id..................„ 5 50
Per la Germania id................... „ 5 50
Non si ricevono associazioni per meno dì un anno.
LE ASSOCIAZIONI SI RICEVONO
In Torino airUffizlo del Giornale, via del Pj-incipe
Tommaso dietro il Tempio Valdese.
Nelle Provixcib per mezzo di francft-òoUi postali, che dovranno essere inviati franco al Direttore della Buona Novella.
AH’estero, a’seguenti indirizzi: Parigi, dalla libreria C. Meynieis, nie Rivoli:
Ginevra, dal signor E. Berond libraio ; Inghilterra per mezzo di franco-bolli
inglesi spediti franco al Direttore della Bnona Novella.
SOMMARIO
Attualità: Salutari effetti della Scomunica — AfeciiYa«. biblica: Tenera sollecitudine — Varietà: Stato
attuale della religione in Italia. - I. Un po’ di Storia — Corrìspondenxa della B. Novella: Pisa —
Notizie relioiose: Savona — Livorno — Londra — Gran ducato di Baden — Austria — Uuiiheria —
Anniinzit.
ATTUAIilTA
SALUTARI EFFETTI DELLA SCOMUNICA
Anche la scomunica è or dunque un fatto compiuto : il Papa ha
lanciato i suoi fulmini divini, e questi, secondo gl’ intendimenti di
Roma, sono destinati a scuotere la pubblica coscienza in favore della
religione degli Antonelli e dei Nardoni. Io lascierò che il tempo
s’inoarichi deiravveramento di questi propositi, sicuro che il malefico
genio di Roma non è onnipotente, ma deve soccombere, acciò la vera
Chiesa di Cristo sia maggiormente esaltata nel suo trionfo. Quando
l>ertanto considero gli effetti che la scomunica potrà produrre in
Italia, non posso a meno di convincermi sempre piiì che il Papato
Ria irresistibilmente spinto alla sua propria ruina, rivelandosi per una
mostruosa istituzione umana, che si arrogò una divina origine, e che,
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come tale, s’impose alla pregiudicata coscienza dei popoli, in tempi
’ di deplorabile ignoranza. Epperò il primo salutare eifetto che la
Scomunica produrrà in Italia, sarà certamente quello di persuadere
i popoli, che il Papato non ha alcuna ragione di essere, uè secondo
lo spirito, nè secondo la lettera della legislazione cristiana, perchè
eglino lo coglieranno in manifesta contraddizione coll’evangelico
insegnamento, il quale elimina dall’economia della Chiesa di Cristo
ogni temporale e spirituale dominazione, divietando recisamente che
i banditori della fede cristiana signoreggino i loro fratelli alla foggia
dei dominatori del secolo.
L’illegittimità di questa istituzione si farà poi loro ancor più manifesta dal veder confermato col fatto l’empio insegnamento romano,
che il cristianesimo non possa compiere su questa terra la sua divina
missione, senza il prestigio e l’ajuto di mondano potere. L’empietà di
questo insegnamento è la vera pietra di paragone per conoscere la
spuria origine del Papato. Quando pertanto questa istituzione, sè
dicente divina, è costretta a sovvertire ogni nozione e principio di
cristianesimo, per imporsi ai popoli, egli è ben ovvio di riconoscere
che il Papato ebbe origine e vita dall’umana sùperbia, che volle
innalzarsi a Dio per esautorarlo. Il perchè, se il Papato fosse una
vera istituzione cristiana, non sarebbe certamente costretto d’insegnare, che il trionfo della fede è subordinato al prestigio degli onori
e della potenza del secolo, nè di rendere la religione mallevadrice
delle umane passioni, interessandola alla difesa di un ordine di cose
che è inconciliabile coll’eterna giustizia e col Vangelo, colla ragione
e la coscienza. Eppure tale è l’insegnamento romano, che si volle
confermare col fatto della scomunica; nè certamente gl’italiani sono
così malaccorti da non essersene avveduti.
Come potranno eglino dunque non riprovare colla piiì alta indignazione quell’autorità che percosse coll’armi della religione un
popolo di martiri ed eroi, ed un Re magnanimo e prode, che arrischiò corona e vita per l’italico riscatto ? E per qual colpa, o buon
Dio? Per un atto, per parte del popolo, che tutta Europa fu costretta
di approvare; e così generoso e grande, per parte del Principe, che
si avrà tributo d’ammirazione e riconoscenza, eziandio dalle future e
più lontane generazioni. Lo ricorderò io ? Ma chi noi sa ? Eravi un
popolo di forti ed italici propositi, che numerose orde croate avevano
asservito al mal governo dei Bedini e degli Antonelli. Or bene, questo popolo, che mordeva disperatamente le catene del suo duplice
servaggio, rialzò uu giorno l’umiliata fronte e, conscio di un diritto
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che non si prescrive giammai nè da Dio uè dagli uomini, lo spezzò
ed acclamò suo Monarca il più leale dei Re, volendo essere governato come si governano popoli civili e cristiani; e questo Re galantuomo fe’ pago il voto di quel popolo. Fu delitto il suo? e tale che
il Papa lo dovesse recidere dal corpo della Chiesa e bandirlo dalla
comunione dei fedeli? Mi si dica or dunque se gl’italiani, al cospetto
di tanta enormezza, vogliano e possano riconoscere ancora per d’vina
una siifatta istituzione che rivolta la pubblica coscienza, })erchc calpesta la ragione e la giustizia, e divinizza la libidine del potere ?
No, mille volte no, ciò non è possibile, perchè Iddio non diede il ben
dell’intelletto agli uomini, acciò disconoscessero eternamente il vero.
Questa scomunica pertanto insegnerà ai i>opoli italiani in qual
conto debbano tenere il Papato, principio ed autorità onde s’informa
la romana Chiesa, e qual sia poi il debito di oneste cd illuminate
coscienze verso una Chiesa, sè dicente la sola e la vera, la quale sbugiarda Cristo ed il suo Vangelo, volendo nel loro nome tirannicamente imperare sui popoli. Per la qual cosa, se la scomunica avrà
contribuito ad illuminare gl’italiani sulla illegittimità del Papato,
avrà pure contribuito ad allontanarli da una Chiesa che nel Papato
s’incarna. Ed ecco come Roma stessa, spinta a suicidarsi dal malefico genio che la informa, scuota dall’ime sue basi quel malaugurato
edificio ch’essa innalzò sulla credulità umana. Il perchè, egli è pur
giuoco-forza che l’umana stoltezza faccia trionfante la sapienza divina, e che la fede di Cristo abbatta finalmente l’ultimo palladio del
paganesimo romano, esautorando il novello Giove assiso in Vaticano,
sol prodigo di fulmini e di maledizioni, di stragi inique ed orribili
carnificine.
L’Italia si apre certamente il varco ad un era novella di grandezza
e dì splendore, che sai’à suggellata dal riscatto dell’asservito pensiero,
e dal ritorno alle pure credenze del Vangelo. Intorno alla qual cosa,
se non s’ingannassero, direi che la calunniano coloro, che la sospettano di respingere if cristianesimo, sedotta dalle scettiche teorie del
moderno razionalismo. E per fermo, come si potrà credere che essa
voglia e possa disconoscere la_ più splendida manifestazione del divino amore ? 1/Italia? Quella terra, dove la fede cristiana combattè
le sue più grandi battaglie, e bagnò del sangue de’ suoi martiri?
L’Italia? Quella terra che è coperta di tanti monumenti imperituri,
innalzati dalla più alta potenza del genio umano inspirato dalle sitblimi credenze del Vangelo? No, non sarò certament» io quello sconsigliato che voglia sfregiare del suo vanto più bello la mia patria
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diletta, la quale, privilegiata da Dio iu ogni piii leggiadra opera
d’ingegno e d’arte, e nel riso del suo cielo, e nel bacio de’ suoi mari,
e nel soave profumo de’ suoi campi di fiori perenni, mi sembra eziandio predestinata alle più splendide glorie della fede cristiana. L’Italia
sta ora attuando il primo còmpito del suo risorgimento religioso, die
si è quello di distruggere anzi tutto, e coll’armi del Vangelo, ogni
mal’opera politica del genio anticristiano di Eoma; ed è perciò
ch’essa può sembrare per avventura a taluno o indifferente, o semplicemente negativa in fatto di religione. Ma, e non si abbatte forse
il logoro edificio, prima d’innalzarne un secondo sulle ruine dell’antico ? Per mio avviso, ciò è appunto quello che or fanno gli uomini
illuminati d’Italia. Eglino portano dapprima la scure al Papato
civile, perchè non ignorano che il Papato spirituale si puntella oggi
giorno esclusivamente su quello, e che per conseguenza la ruina del
primo deve condur seco pur quella del secondo, e che la caduta
d’etitrambi deve seppellire sotto le stesse macerie il papismo o romanesimo che dir si voglia. E Roma sa tutto ciò, e sallo ben meglio
d’altri, ed è per questo ch’essa va movendo terra e cielo per conservarsi la temporale signorìa del suo singolarissimo patrimonio di San
Pietro. Ma, per una fatale necessità, ogni suo sforzo e conato partorisce effetti onninamente opposti ai suoi intendimenti, ond’è che il
suo informe edificio va in isfacelo, trascinato dal pondo delle sue
enormezze, e spinto dal sofBo onnipotente della parola del Signore,
che confonde i superbi della terra, e non comporta che le potenze
d’abisso abbiano a prevalere contro la sua Chiesa.
S’ingannano, per mio avviso, pur grandemente coloro che credono
i popoli italiani avversi al puro cristianesimo, perchè alieni dallo
spiritualismo evangelico. Se ciò fosse, converrebbe anzi tutto cancellare la Storia dei primi secoli del cristianesimo in Italia, e poi regalare, come fece Roma, un’ insigne patente d’insipienza al divino fondatore della Chiesa cristiana, per averle ingiunto il formale precetto
di adorare solo Iddio, ed in ispirito e verità. Ci è per tanto notorio
che le primitive chiese cristiane d’Italia adorassero Iddio secondo
l’evangelico comandamento, e non si abbandonassero alle profanazioni e fantasmagorìe del culto pagano, se non quando Roma papale,
che aveva fatto ritorno al concetto di Numa Pompilio, si era posta
nel mondo cristiano come sovrana, maestra e donna. Nulla perciò di
men vero, che la maestosa semplicità del culto evangelico non si confaccia al genio degli Italiani, perchè l’uomo, di qualunque paese egli
sia, non sente il bisogno di puerili trastulli ne’ suoi rapporti con Dio,
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e fu dotato di ragione aj)puuto acciò sapesse governare la sua fantasìa, e rettamente giudicare della convenienza o disconvenienza dei
suoi atti. Del resto, lo spiritualismo evangelico, facendosi geloso custode del comandamento divino, non dichiara una guerra vandalica
alle Belle Arti, ed io sono sicurissimo che anche i piii timorati evangelici non crederebbero punto di offendere Iddio, adorandolo sotto
le splendide e magnifiche vòlte di Santa Maria del Fiore, e del
San-Pietro, nè tra gli stupendi monumenti di questo, o quelli di
Hanta-Crocc. Quello che la Chiesa evangelica riprova e ripudia si è
un culto irrazionale, che non ha alcuna ragione di essere nelle cristiane istituzioni ; ond e che essa non sa e non può comportare chc
si adorino simulacri o santi, o si sfoggino ornamenti e pompe che
disdicono alla maestà divina, perchè o sono un’offesa del senso comune, 0 sono talvolta persino un’insidia al buon costume.
Se havvi pertanto un popolo ragionevole e civile, capace di comprendere la giustezza di questi principii, egli è certamente il popolo
italiano. Non si sconfortino dunque i banditori della santa Parola
del Signore, ed i promotori della riforma religiosa in Italia: l’impresa è più agevole che non sembri, e la Provvidenza divina ha
disposto nei suoi sapienti consigli che Roma stessa, colle esorbitanze
delle sue improntitudini e de’suoi delirii, accorresse alla grand’opera
del religioso rinnovamento.
MEDITAZIONE BIBLICA
TENERA SOLLECITUDINE
I capelli del vostro capo sono tutti annoverati.
(Mat. X, 30).
Qual parola è cotosta! E che? Iddio prende cura di quanto vi concerne,
conta persino i vostri capelli! Nulla può giugnere per azzardo, per caso.
Nulla può fuggire al suo sguardo; la caduta della foglia nella foresta, il
volo dell’insetto eiEmerico, gli angeli che percorrono il cielo, i mondi che
gravitano nello spazio, tutto è visto egualmente da Dio. L’uomo chiama le
cose della terra grandi o piccolo secondo il limitato apprezzamento che ne
fa; ma Dio non conosce tali distinzioni.
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E coiu'è sopratutto consolante il pensare alla di lui tenera sollecitudine
verso il popolo della sua alleanza, al quale misura egli stesso la parte di
gioje e di dolori! Dolcezze o amaritudini, ogni cosa ci viene egualmente
mandata dal nostro Padre. Neppur una notte penosa che non sia assegnata da Lui (Giob. vii, 3) ; neppur un dolore, neppur una lagrima chc
non gli sia nota.
Ciò che noi chiamiamo vie tenebrose, non sono che le manifestazioni
della sua immutabile fedeltà. L’uomo può ingannarsi, le sue vie sono tortuose, ma la via del Dio forte è perfetta. Egli pone le mie lagrime ne’ suoi
vasi; le di lui braccia miscricordTose si stendono sopra di me e mi accerchiano; guardami come la ptipiìla del di lui occhio; mi porta come un
uomo porterehhe il proprio figliuolo.
Allorquando cerco di leggere neU'awenire, io forse non intravedo che
incertezza, mistero o prova; ma che importa? Ho collocata in Dio la mia
fiducia; so che quanto mi concerne è voluto da lui. Minaccianmi pericoli?
egli può liberarmene; i laberinti di difficoltà ne’ quali mi perdo si spiegheranno un giorno, grazia alla di Lui misericordiosa provvidenza. Egli custodirà i piè de’ suoi diletti. Non cadrà un capello dalle lor teste, senza il
permesso di lui. Or ci conduce per vie oscure, or per vie dolorose, più
spesso per sentieri indiretti che non avremmo scelto noi stessi; ma ci conduce sempre con sapienza e compassione, e per quanto faticosa, penosa,
ineguale sia la strada, per la quale ci fa passare, siamone certi ch’è
buona, anzi, la sola buona, la sola che potesse accordarsi con un’alleanza
piena d’amore e di sapienza. « Nulla, dice un cristiano distinto {Geremia
« Taylor'), raffermaci’anima, in mezzo alle vicissitudini e allo strepitn delle
« cose presenti, quanto il gettare uno sguardo al di sopirà ed un altro al
« di là di coteste cose : al di sopra, cioè alla mano sicura e paterna che
« tutto dirige; al di là, cioè allo scopo glorioso e rallegrante verso il quale
4 questa mano medesima ci conduco. »
« Il grande Consigliere, dice un’altro autore cristiano (Tomaso Brooks),
« s’avviluppa di nubi e d’oscurità, chiamandoci a seguirlo al minimo segno
« a traverso queste nubi, e promettendoci dall’altra parte dell’orizzonte un
« sole eterno e senz’ombra di mutamento. »
Sì, è all’altra parte, o Gesù, che noi sapremo come i venti così impetuosi, in apparenza, della vita, hanno spinto le nostre barche verso il desiato porto. Io posso dunque rimetterti l’anima mia con tutta fiducia qual
mio Creatore. Tu stesso ti sei dato a me ! Cotesta prova immensa dell’amor
tuo mi garentisce che mi darai tutte le altre benedizioni di cui potrò aver
bisogno. — Oh! qual dolce pensiero! E che? le mie prove sono tutte contate da Colui che si chiama l’Uomo dei dolorif I miei pianti son conosciuti
da Colui chc sparse in prima le sue lagrime, indi il proprio sangue per me !
Egli non m’imporrà inutili pesi, non esigerà sacrificii superflui. No, in
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quella guisa che non vi ebbe uua goccia di troppo nel calice delle di lui
sofferenze, così non ve ne sai-à una di troppo nel calice del di lui popoloQuand’anche mi uccidesse, io non cesserò di sperare in lui.
CONSOLATEVI GLI UNI GLI ALTRI PEB QUESTE PAROLE.
TARIETA
LO STATO ATTUALE DELLA IlELIOIONE IN ITALIA
I
rs po’ di storia.
Molto ai è parlato delle miserie, e tribolazioni del Papa, Pio IX, perchè
silcuue delle sue provincie, ribellandosi, si distaccarono dal suo Stato. Sia
nessuno per altro de’ suoi difensori gli rivolse una parola di verità, facendogli conoscere che le rivoluzioni non accadono fra i popoli che quando
Kono vessati e male governati. Anzi alcuno dei suoi fanatici adulatori osò
dimostrare, che l’amministrazione degli stati papali era la più benevola e
paterna possibile, la più fortunata sopra la terra.
Tali stoltezze e manifeste falsità, uscite dalla penna d’un vescovo, fecero
sorgere il pensiero che se i vescovi mentiscono così manifestamente sopra
gl’interessi materiali, come non mentiranno trattandosi di materie astratte,
di dottrine, e di religione?
Questo pensiero fece pur sorgere l'altra idea di fare come un’analisi dello
stato religioso in Italia, delle dottrine della curia romana, e quali sieno le
attuali pretensioni di Roma.
Il Governo francese sotto il primo Napoleonide,.nel breve corso di pochi
anni, sul principio del secolo XIX, aveva distrutto in Roma quasi tutte le
antiche istituzioni gerarchiche. Più non pensavasi nè a papi, nè a cardinali,
e solo riconosoevasi il semplice prete ed il curato, come i veri ¡strumenti
opportuni alFuopo della religione.
Un partito secreto però erasi formato, composto di vecchi Cariali, e di
parto dell’antica nobiltà, che riconosceva onori e ricchezze dal solo papato,
lirettosi in Roma in comitato di soccorso, raccoglieva danari a tutta possa,
e spedivali a Pio VII, allora tenuto come prigioniero in Avignone, cd ai
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proti lioii giurati che ritenevansi prigionieri in Corsica, od in altre parti
deirimporo. Capo e tesoriere di questo Comitato era un certo Curiale, per
nome Cristaldi, che divenne poscia Monsignore, e Cardinale. Caduto il
governo francese, e ritornato Pio VII in Eoma, quel partito, perchè benemerito, divenne potentissimo; ottenne le maggiori cariche dello Stato, e
richiamò a nuova vita le viete leggi romane, e le antiche abitudini della
f’uria. Perfino gli abborriti segni della tirannide clericale tentò di risuscitare, come il Cavalletto e la Corda, per torturare i delinquenti di minori
colpe, e poscia l'Inquisizione. Delle istituzioni francesi altro non conservò
che la GuiUottina, perché proficua per la pronta giustizia papale. Ma lo
spirito dei tempi opponevasi a tali istituzioni, cd il Cardinal Consalvi, cho
nelle sue peregrinazioni in Francia ed in Inghilterra avea alquanto moderato e dirozzato lo spirito sacerdotale, si oppose a maggiori incongnienze,
e moderò la foga dei reazionarj.
Il papa era uno strumento passivo in mano di questi due opposti partiti,
p, non aveva altro scopo che di goder pacifico della vita, e del papato. Pure
onde calmare l’ansietà di. Cristaldi, allora divenuto Monsignore, ed i suoi
aderenti, scrisse il Breve con cui si restituivano i Gesuiti al loro primiero
splendore. Lo spirito di parte acciecò talmente i retrivi su questo particolare, che mettendo in contradizione il Breve di Pio VII con quello di Clemente XIV, non si accorsero che la tanto vantata infallibilità dei papi
veniva distrutta.
I Gesuiti allora sbucando dalle steppe della Polonia, e dai geli della
Russia ritornarono in Italia pieni di fiducia, e di speranze. Crebbero in
breve tempo in Roma, e sotto Leone XII, sì trovarono alla testa di sette
grandi stabilimenti, compreso il Collegio Romano. H generale dei Gesuiti
divenuto in breve l’oracolo maggiore dei pontefici, tutta la chiesa Rojnano-Cattolica cadde nelle sue mani. E la conseguenza ne fu, che i principj,
e le massime generali gesuitiche ebbero pieno vigore. Le scuole di Filosofia
e Teologia si occuparono di nuovo delle questioni di parole vuote di senso,
di verbali definizioni, e tutto lo scolasticume del medio evo risorse.
In Roma tenevasi il popolo a bada con processioni continue, con funzioni
spettacolose. Nelle provincie face vasi altrettanto; ma senza gran profitto sì
nell’una che nelle altre.
In Francia ristaurati gii antichi re, i Gesuiti ebbero un vasto campo
d’azione, e secondati dal governo operarono con ardore e profitto. Insinuatisi
come professori nei seminarj vescovili guastarono il cuore ai nuovi Leviti;
empirono le menti loro delle solite scolastiche questioni; gl’indussero ad.
abominare il governo napoleonico, a rinunziare affatto ai principj della chiesa
Gallicana, e a darsi al romanesimo in anima e corpo. Le antiche liturgìe
delle varie chiese scomparvero, e tutto divenne romano. Anzi nelle riscaldate fantasìe di quei leviti di nuovo conio sorsero le novelle istituzioni mo-
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n.asitiche d'ambo i sessi, che poscia iuoudarouo l'Europa. Essendo tutte
iniziate ai principj gesuitici, sotto pretesto dell'istruzione e beneficenza,
cercarono con sommo sforzo d'impadronirsi della gioventù e del popolo, per
dar loro quella piega che meglio gl'interessi del romanesimo portavano. Fra
tutte queste 'monastiche istituzioni si distinsero le Suore della Carità, ed i
Padri della Dottrina Cristiana, detti ancora Tgnorantelli. Con questi mozzi
poderosi cercossi di ristabilire fermamente in Francia la vecchia dinastìa
dei Borboni, e consolidare in Italia la dominazione austriaca, la romana
Inquisizione, e la schiavitù del popolo.
Fatti con questo mezzo molti progressi, i Gesuiti allora proclamarono la
.supremazìa della Chiesa sopra lo Stato, ed attribuirono gli eifetti funesti della
rivoluzione francese a danno dei troni, all’abbandono di questa massima,
regolatrice suprema della Società. P^er tal motivo Leone XII riassunse con
maggior vigore l’antico costume di citare, il giorno di S. Pietro, tutti i debitori del patrimonio ecclesiastico a soddisfare iloro debiti, sotto pena di scomunica, e fra i quali figuravano l’Austria, e la Francia. La prima per l’uwurpazione di Comacchio, del Polèsine, e della fortezza di Ferrara, la seconda
per Avignone.
All'occasione delle dispute sorte nel Belgio, allora sotto il re d’Olanda,
■si chiamarono in vigore le teorie d'William Alien, e di Parson, che contrastarono alla regina Elisabetta la sua autorità, ed i quali proclamarono
che non dovesse ubbidirsi a quel sovrano che opponevasi agli ordini papali,
e che dovesse anzidetronizzar.si. Ed i Belgi, mossi da tali teorìe, proruppero
in qnella rivoluzione che gli distaccò per sempre dall’Olanda; rivoluzione,
che tramata secretamente in Roma, venne eseguita per mezzo del partito
liberale congiunto coi clericali. Io stesso vidi in Roma in casa di Monsignor
-Mazio, assessore del sant’UiKcio, un marchese Belga, che avea fatto a piedi
a traverso della Svizzera, e delle Alpi tre volte il viaggio por la S. Città,
portando la secreta corrispondenza poco prima che la rivoluzione scoppiasse.
Nè sorte dissimile sarebbe toccata alle provincie renane della Prussia, se
il Governo ed il re prussiano, mossi da soprafina politica, nou avessero fatto
qualche cessione alle pretese romane, e non avessero richiamato il loro ministro, che avea stabilito una chiesa Luterana sul Campidoglio.
llichiamòssi infine in pieno vigore l’elaborato sistema del Card. Bellarmino, da cui risulta essere il Papa capo-guardiano della Chiesa, agente di
Dio, ripieno d’ogni potere spirituale, e che non può fallire. E Sisto V, come
ai nostri giorni Leone XII, di cui pretendevasi imitatore, paragonava il
potere temporale al corpo, e lo spirituale all’anima. Nella guisa che questa
domina quello, così il dominio spirituale dominar deve il temporale. E che
forse, dice la «Curia romana, l’anima non comanda talvolta che il corpo
perfino muoja? Così il Papa, qualoi-a il pericolo delle anime lo richieda,
può cambiare le forme di governo, trasportare il dominio toraporalo da una
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ad altra persona. Così opinò il Bellarmino, e così opinano i Gesuiti attuali,
che governano la Curia romana.
Infatti Pio IX nella sua ultima enciclica aU’Episcopato francese, reclamò
non solo la restituzione delle Romagne, ma la ristorazione pure dei duchi
dell’Italia centrale, giudicandoli ingiustamente espulsi dai loro troni.
Abbiam ancora letto a questi giorni una specie di protesta deU’Episcopato toscano, firmata almeno da quattro arcivescovi, uno dei quali cardinale,
ed in cui reclamano dal governo di Toscana i dritti ottenuti sotto l’espulso
gran duca. — Essi mettono fuori una nuova teorìa, prevalendosi del nome
di Chiesa. Questo termine che suonava una volta la congregazione del
popolo cristiano, od il corpo mistico di Gesù Cristo, suona, secondo loro, un
non so che di ente astratto, che dipende dai vescovi, e per ciò dal Papa.
La Chiesa dicono essi riconosce la sua origine da Dio; da lui prese la sua
forma, e modo d’esistere, e non dipende affatto dalla potestà secolare; anzi
questa da quella, avendo la Chiesa cristiana fatto risorgere la civile società
di mezzo al Caos, prodotto dalla distruzione delle società pagane. La Chiesa
dunque madre della civile potestà ha dritti sopra di questa, e non dipende,
che da Dio. Essa ha in sè la ragion della sua esistenza; si regola, e si governa da sè stessa, e niuno può cedere i diritti che ha sopra i suoi possessi,
sopra le sue giurisdizioni, ed essa sola può disporne a piacimento. Leopoldo I,
gran duca di Toscana, che pretese colle sue leggi raffrenare il potere dei
vescovi, fu degno di biasimo.
Ma la Chiesa composta soltanto dei vescovi e del Clero è un essere morale per sè stesso esistente, che deve aver rendite proprie, il foro, le prigioni, gli sgherri, e così uno Stato completo nello Stato, con leggi feudali
e dispotiche, indipendente da ogni sovTano. E siccome il capo della Chiesa
è il Papa, da cui emanano ai vescovi tutte le loro facoltà, così la monarchia
universale del vescovo di Roma, ambita e combattuta nell’undecimo secolo,
otterrebbesi completa, qualora le massime esternate dall’episcopato toscano
ottenessero pieno vigore.
Nello stato attuale delle cose pertanto i Gesuiti attribuiscono al Papa la
plenitudine d’ogni potere. A Pietro solo, dicono essi, diede Cristo la facoltà di pascere il suo gregge, di sciogliere e di legare. E però ogni cardinale innalzato al soglio di Pietro, quando si asside suUa cattedra di Lui,
ottiene la facoltà delle chiavi, il dominio temporale su tutti i popoli, ed il
potere speciale di governare i suoi sudditi, come meglio gli aggrada. Nel
caso poi di lamenti o di ribellione, egli può invocare il soccorso di tutti i
fanatici dell’universo per sottometterli, e castigarli. Niuna variazione si può
ammettere nè di leggi, nè di costumi ; nessuna regolare amministrazione, o
giustizia, essendo i popoli una proprietà della Chiesa inalterabile, eonic la
Chiesa stessa.
Massime cosi strane, in perfetta opposizione all umana ragione, cd all'E-
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vangelo, non furono mai prima d'ora apertamente professate. Negli sconvol
gimenti e guerre attuali d’Italia, non agitasi solo la questione dell’unità, e
indipendenza italiana, ma trattasi pure della sicurezza degli Stati, della in dipendenza dei re, e della libertà dei popoli. Le pretese doU’episcopato
toscano sono comuni a tutti i vescovi romano-cattolici. Tutti pretendono i
concordati per ottenere un dominio indipendente, e superiore a tutti; uno
Stato in tutti gli Stati.
Se la crociata promossa dall’Episcopato francese in questi ultimi tempi
a favore del Papa avesse trovato il governo meno vigile, e meno preparato,
avrebbe forse eccitato in Francia una rivoluzione; e sarebbe già in quelle
regioni un’altro imperante. E vedemmo con dolore la fazione clericale congiunta alla legittimista aver fatto qualche progresso nel Senato, e fra i
generali dell’esercito francese. L’ira episcopale scagliò a destra ed a sinistra
colpi mortali contro i vìvi, e contro i morti, e contro chiunque osasse resisterle. Ma per fortuna della presente società, e grazie alla divina Provvidenza, i lumi sono troppo diffusi, l’incivilimento troppo generale, perchè le
declamazioni del clero possano fare profonda impressione nelle moltitudini,
e produrre le scene di sangue che si sarebbero desiderate.
COKRISPONDENZA DELLA B. NOVELLA
Pisa, li 9 Aprile 1860.
Caro signore e fratello,
I membri della Società di San Vincenzo di Paola, e, con essi, gli amici
tutti deU’intolleranza e dell’inquisizione che trovansi in Livorno, sono nel
giubilo; e, diciamo il vero, ne hanno ben d’onde.
Due settimane fa, il pensiero che l’Evangelo era predicato nella loro città,
e che il numero di coloro che intervenivano al nostro culto andava crescendo, toglieva ad essi il sonno; ma, ora, il pio loro desiderio è soddisfatto:
la nòstra chiesa è chiusa.
Mercoledì, 27 marzo, per ordine della Delegazione, la nostra pacifica
radunanza fu sciolta da una brigata di carabinieri, nel mentre che alcuni
giovinastri (probabilmente onde turbare il nostro culto) schiamazzavano
liberamente fuori della nostra cappella.
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Invano nii recai a Firenze onde pregare il Governatore generale della
Toscana, barone Ricasoli, di prendere i provvedimenti necessarj, affinchè,
d'or’innanzi, fosse fatta rispettare dal Governo la libertà di coscienza e dei
culti, non soltanto teoricamente, ma nei fatti. Disgraziatamente non ottenni
da lui un’udienza. Mentre io era in Firenze, i carabinieri si recarono all’albergo ove ordinariamente alloggio, quando sono a Livorno, per cercarmi.
Saputo questo, accorsi, senz’ indugio, dal sig. cav. Biscossi, Governatore
della città, e protestai contro le misure illegali prese, sia relativamente
alla nostra chiesa, sia relativamente alla mia persona, dal Delegato del
porto. — Mi rispose aspramente il Governatore che gli ordini, in proposito,
gli aveva dati lui stesso. Pretese di aver assistito, qualche anno fa, in Alessandria, ai dibattimenti d'un processo, intentato ad alcuni Valdesi, accusati di proselitismo. Non mi venne fatto di convincerlo ch’egli s’ingannava,
quantunque gli spiegassi chiaramente che, nel processo sopraccennato, i
Valdesi non c’entrarono per nulla. D’altronde l’intolleranza dei magistrati
Alessandrini, costituirebbe ella una giustificazione sufficiente e la legittimazione di quella del sig. Governatore Biscossi ?
Son lieto di potervi annunziare che i cristiani evangelici di Livorno, desiderosi di potere, quanto prima, rendere di beinuovo a Dio, pubblicamente,
quel culto che gli è dovuto, indirizzarono, al principio della settimana scorsa,
una petizione al barone Ricasoli, in cui gli dicono con tutta franchezza ;
« Noi non comprendiamo come sia possibile che ciò che è lecito a Firenze
« ed a Pisa (la predicazione del Vangelo) non lo sia a Livorno ; non com« prendiamo che, in un paese ov’è proclamata la libertà dei culti, possansi
« minacciare dell'esiglio o del carcere uomini che non commettono altro
« delitto che quello di adorare Iddio secondo la loro coscienza; non com« prendiamo che il Delegato possa dar l’ordine di arrestare un Pastore
« Valdese (l’ordine, pare, fu dato in un momento d’ aberrazione, perchè
« è stato ritirato) per aver predicato l’Evangelo di Cristo, che, ormai è
<s predicato dappertutto nel regno Italico...........................
«. Gli oltraggi fatti alla libertà dei culti ed alla libertà di coscienza, a
« Livorno, ci sembrano mostruosi, sopratutto nei tempi in cui viviamo. Lo
« scettro costituzionale di Vittorio Emmanuele non ha mai protetto l’intol« leranza, che conduce facilmente all’inquisizione, e non comincierà, ne
(( siam certi, a proteggerla d’or’innanzi.
« Eccellenza, confidando nella sua e<j[uità e nella sua saviezza, chc. dui-
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« l'Europa intiera, sono altamente apprezzate, c’imiirizziaino a Lei, suppli« candela di non permettere clie la libertà di celebrare il nostro culto,
« secondo la nostra coscienza, ci sia negata dalle autorità di Livorno. Non
(( domandiamo un privilegio, ma l’applicazione del principio della libertà
« dei culti, proclamata da Lei, Eccellenza, e dallo Statuto Sardo. I nostri
« correligionarj celebrano liberamente e pubblicamente il loro culto in
« Torino, Genova, Alessandria, Nizza, Casale, Voghera, Firenze e Pisa: i
« Cristiani evangelici di Livorno saranno, essi soli, privi della libertà di
« cui tutti gli altri godono ? »
G. R.
NOTIZIE RELIGIOSE
Savona. — Morie del sig. Cándelo.— L'uomo di cui annunziamo dolenti la
morte prematura, quantunque a pochi conosciuto, era tuttavia uno dei frutti
più consolanti di quel risveglio religioso che, grazie a Dio, va propagandosi
nella nostra penisola. Venuto a conoscenza dell’Evangelo, egli vi si dedicò
con tutto il cuore; e dopo un’anno circa passato a Genova come maestro di
quella scuola evangelica ed un’altro anno a Torino nella stessa qualità, recossi a Savona, suo luogo natio, spintovi da una irresistibile vocazione di
fare, come egli diceva, i suoi concittadini partecipi di quel tesoro che il Signore, nella sua misericordia, gli avea rivelato. Colà egli stette per più anni
a costo di molte privazioni, rendendo, unitamente alla degna sua consorte,
buona e fedele testimonianza a quell’Evangelo nel quale ambedue aveano
creduto; e noi portiamo forma fiducia che se i frutti di quella testimonianza
non furono quali egli, nel primo fervore della sua fede, se gli aspettava, verrà
tuttavia il tempo in cui saranno manifestati più abbondanti di quello che
ora appajono. Còlto da fiera malattia che, in otto giorni, lo tolse da vita,
egli esalava l’ultimo respiro, il 12 del p. p. marzo, proferendo queste parole:
« lo ho lungamente e ■pazientemente aspettato il Signore, ed Egli mi ha
« risposto. ))
Il gionio 14, vennero da Genova i signori Ma'-zarella e Betti, per accompagnare all’ultima dimora la salma del fratello defunto. Più di 2,000
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persone, d'ogni età e condizione, concorsero nel campo santo, ove il signor
Mazzarella lesse e spiegò alla numerosa udienza il capo xi dell’Evangelo
di S. Giovanni, in mezzo al massimo silenzio e raccoglimento. — La vedova
del nostro amico, onde sottrarsi ad angherie e molestie troppo dolorose al di
lei cuore, ha lasciato Savona e si è ritirata a Sarzana, ove attende all’istruzione dei bambini degli evangelici di questa ultima località. Noi caldamente
la raccomandiamo all’interesse ed alle preghiere degli amici, cui verranno
sott’occhio queste righe,
Livorno. — Violazione della libertà di coscienza. — Con vero rammarico, dobbiamo portare oggi a notizia dei nostri lettori un fatto che contraddice a quanto, fino ad ora, siamo stati in grado di asserire riguardo alla
libertà religiosa che si godeva in Toscana. L’ultimo mercoledì del p. p. marzo
il sig. Ribetti, ministro valdese, spiegava da un quarto d’ora la parola
evangelica alla nascente congregazione che si raccoglie attorno di lui, quando
presentaronsi i RR. carabinieri, i quali si dissero mandati dal Delegato del
Porto, allo scopo di disperdere la raunanza. H sig. Ribetti ubbidì, protestando contro una violazione così flagrante del diritto di associazione proclamata dallo Statuto. A tale protesta egli aggiunse passi numerosi presso le
varie autorità sì di Livorno che di Firenze ; ma finora, ci dispiace il dirlo,
inutili riuscirono le sue premure, ed il locale in cui officiava rimane chiuso
per ordine dell’autorità.
Londra. — Un’opera ammirabile di cristiana carità. — Alcuni cristiani di Londra hanno intrapreso, è poco tempo, un’opera di evangelizzazione in mezzo alle donne di mondo di quella smisurata città. Cominciarono col fare distribuire fra di esse stampati da cui venivano invitate, senza che si dicesse loro il perchè, a trovarsi, la sera dell’8 febbrajo
p. p. a mezza notte, in uno estaminetto conosciutissimo, al numero 69 di
Regents-Street. Poco dopo mezzanotte, oltre un centinajo di queste sciagurate erano sedute attorno a delle tavole state a loro intento imbandite; e
parole improntate dalla più pura carità cristiana venivan loro rivolte dai
cristiani ivi adunati. Terminata le colezione, il rev. Brook dichiarò loro lo
scopo di tale convocazione, dopo di che il rev. Batt. Noël indirizzò loro
un discorso così bene adattato alla circostanza, ed ispirato da così tenera
carità e fede fervente, che tutte si mostrarono commosse, ed alcune perfino
proruppero in pianto. Al discorso tennero dietro delle preghiere e dei colloquii individuali. Più di venti fra queste misere donne consentirono a
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«
recarsi, quella notte stessa, nel Rifiiijio stato a tal fino preparato. Due
riunioni consimili, ma assai più numeroso ancora hanno di poi avuto luogo
in siti diversi, una il 23 febbrajo e l’altra nel mese di Marzo, ed in ambedue
un numero discreto di esse si sono determinate a valersi dell’offerta che
veniva loro fatta di essere raccolte in un rifugio. Vedendo l’ottima riuscita
di questa intrapresa fra le più caritatevoli che si potessero tentare, i cristiani
di Liverpool si sono anch’essi posti all’opera, in questo medesimo senso, e
come a Londra, si ottennero risultati molto incoraggianti. Se cristiani penetrati dello spirito e della santità del loro Salvatore, a suo esempio, si
accostassero ai peccatori, quanto bene si farebbe, che non si fa, rimanendo
lontani !
Granducato di Baden. — Un Concordato cìie fa capitombolo. — Il dì 30
marzo, la Camera dei Deputati adottò, a forte maggioranza, 45 contro 15,
previa discussione animatissima, che durò per ben due giorni, la proposta
della Comissione che conchiudeva al rigetto del Concordato. Il ministero
in seguito a questo voto, ha dato, come era naturale le sue demissioni. Tal
notizia venne ricevuta con grande gioja in tutto lo Stato, e le popolazioni
delle importanti città di Manheim, Heidelberge Friburgo, ornarono le loro
case di bandiere, come per una festa nazionale. — Intanto il Granduca ha
pubblicato un manifesto che dichiara, in principio, l’indipendenza della
Chiesa cattolica romana, aggiungendo che una legge, approvata a tenore
della Costituzione guarentii-à, su quelle basi, là posizione della Chiesa......
H Granduca promette pure leggi atte ad assicurare alla Chiosa evangelica
il più libero svolgimento.
Austria. — Nuova organizzazione delle Chiese Evangeliche — Si scrive
da Vienna, in data 8 marzo, essere il governo seriamente occupato intorno
alle questioni ecclesiastiche, allo scopo segnatamente di rimediare per quanto
sia possibile agli errori commossi in occasione del Concordato. Si lavora
altresì con molta alacrità ad un piano di riordinamento delle Chiese evangeliche delle provincie slave e tedesche, e di già la prima redazione di un
tal progetto è stata dal ministero dei culti adottata. L’intenzione del governo
sarebbe di estendere agli Evangelici di tutto l’impero le disposizioni della
patente del 1° settembre. Vedremo fra poco ciò che v’abbia di vero in questa notizia.
Ungheria. — Le Chiese evangelidte ed U Governo. — Leggesi nei giornali austriaci una lettera del barone Pronay, uno dei deputati che, a nome
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dei protestanti ungheresi, si recarono, due mesi sono, a Vienna per ottenere
modificazioni alla patente del 1° settembre. In essa, dopo aver ricordato
che, col mese di marzo, è spirato il termine accordato alle comunità ungheresi
della confessione di Augusta, per costituirsi a tenore della detta patente,
« senza entrare a discutere se quelle comunità che si sono costituite abbiano
abbandonato il terreno della legalità, oppure se quelle che non si sono costituite siano rimaste fedeli alle prescrizioni sinodali, ed alla loro capacità
legali, » espone, con dati statistici, lo stato attuale delle comunità ungheresi
in questo riguardo. Dice che 226 comunità si sono costituite e che 333 si
pronunziarono contro l’accettazione della patente imperiale. Ed osservando
il numero delle persone appartenenti alle comunità che si sottomisero, lo
trova di 306,786, mentre la popolazione diqueUe ohe mantennero le antiche
istituzioni ammonta a 543,712 anime, dando così una difiFerenza in favore
di queste 236,926 anime. La lettera del barone Pronay non parla che dei
protestanti della confessione di Augusta, e non di quelli della confessione elvetica. Come era da prevedersi, la resistenza passiva e legale opposta dalle
comunità calvanistiche alla introduzione della patente imperiale del 1° settembre, fu molto più energica di quella opposta dalle comunità luterane.
Non una sola delle 1,500 comunità calvanistiche, le quali comprendono
una popolazione complessiva di 1,800,000 anime, si sottomise ai decreti di
Vienna.
Si dice che i calvinisti vogliono radunarsi nei loro quattro distretti, il 20
aprile, per dichiarare, che qualunque cosa avvenga, essi non rinuncieranno
al loro antico diritto di regolare le materie ecclesiastiche in conformità alle
loro antiche leggi. Si temono per quel giorno gravi collisioni.
Domenico Grosso gerente.
Al DEPOSITO DI LIBRI RELIGIOSI, Via Príncipe Tommaso, sono vendibili
le seguenti open:
RÉVEIL RELIGIEUX DE L’ ANGLETERRE au XVIII.e
siede, 1 voi. in-12° ............................................. 1 25
LE SOUVENIR CHRÉTIEN ou réflexions pour tous les jours
de l’année, 1 voi. in-12° ....................................... 2 50
PENSÉES DE PASCAL, disposées suivant un pian nouveau, par
Astié, 2 voi. in-16 ................................................ 6 00
QUESTIONNAIRE sur les portions choisies des Saintes Ecritures,- publié par l’union des Ecoles du Dimanche de l’Amérique, 2 voi......................................................... 1 20
TORTìTO — Tipografia CLAUDIANA, diretta da R. Trombetta.