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ECO
DELLE valli VALDESI
Spett.
biblioieca valdese
torre PEIilCE
(Torino)
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno XCI — Num. 13
Una copia lira so
aRRniuAME'M'ri / rintenio | Eco e La Luce: L. 3.000 per rintemo | Spediz. abb. posule - I Groppo
HO AMENTI ^ j Pesterò 1 L. 8.800 per l’estero | Cambio d’indirizzo Lire
S 0
TORRE PELLICE — 31 Marzo 1961
Ammin. Claudiana Torre Pellice - C.C.P. 2-17557
Non vaga speranza
ma fiduciosa cerlezza
Ezechiele 37: 1-14
La nostra generazione l’ha vi^to. Non
possiamo parlare della visione profetica, in questo luminoso mattino di
Pasqua, senza riandare col pensiero
a dodici anni fa: neH’aprile del 1945
la Bassa Sassonia fu occupata, e il
Lager di Bergen-Belsen si apA con le
sue molte migliaia di cadaveri nudi,
insepolti, di morti di fame; nel documentario francese « Nuit et brouillard» ce ne fu mostrato il quadro,
non visione profetica, nia realtà pesante di maledizione e di colpa, e la
potenza mortale del quadro era così
grande che ancora dopo dodici anni
comprendiamo bene quanto poca speranza potesse avere U mon^o in un
popolo in cui si verifica unà cosa simile : « la nostra speranza è perduta ».
Pensando alla nazione tedesca gli uomini più seri del mondo si , chiedevano, anche senza senso di sùperiorità,
se essa avrebbe saputo vincere in sè
questo avvelenamento mortale; e coloro che più erano turbati — ce n’erano certo anche nella nostra terra —
non formulavano alcuna prognosi, ma
facevano come il profeta sconvolto;
affidavano la cosa all’onnipotenza di
Dio: «Signore, Signore, tu lo sai».
In cosa si poteva sperare? in cosa si
può sperare? « Il principio della
speranza », così s’intitola un’opera,
pubblicata dal filosofo ebreo Ernst
Bloch, di origine sveva, docente fino
a poco fa all’Università di Lipsia, come una summa’ di esperienza filosofica, attaccando con marxista decisione la nostra stanchezza occidentale,
di noi che egli vede asserviti al « principio della paura »... Ora, per quanto
riguarda il « principio della paura »,
ci conosciamo, e la nostra febbre, e
la nostra grande clinica... Anche di
ciò che s’intende con il « principio del
la speranza » pfensiamo di capire un
poco : vive profonda in noi l’aspirazione a sperare. Dopo ogni notte, dopo ogni inverno^ dopo ogni malattia
dopo ogni rovinà riaffiora il seme della vivente speranza — e come potrebbe essere altrimenti? Come potremmo
esser giunti qui ciechi e sordi, in questo luminoso mattino primaverile? La
apparenza era per noi e per la nostra
speranza. Avevamo pur scritto giustamente, insieme a strofe sconvolte, nel
giorno di Pasqua 1946, quando apprendemmo meravigliati:
Il mio corpo, dato per voi
Disprezzato e abbandonato dagli uomini,
uomo di dolore, familiare col patire,
pari a colui dinanzi al quale ciascuno si nasconde la faccia,
era spregiato, e noi non ne facemmo alcuna stima.
E nondimeno, eran le nostre malattie ch’egli portava,
erano i nostri dolori quelli di cui s’era caricato;
e noi lo reputavamo colpito,
battuto da Dio ed umiliato!
Invece egli è stato trafitto a causa delle nostre trasgressioni,
fiaccato a motivo delle nostre iniquità;
il castigo per cui abbiamo pace è stato su lui,
e per le sue lividure abbiamo avuto guarigione.
(Isaia 53).
Michelangelo lavorò ripetutamente ¡alla deposizione di Cristo; delle
tre « Pietà » che ci ha lasciato, è qui riprodotta quella conservata nel
Duomo di Firenze. Nella tormentata figura incappucciata (Giuseppe
d'A rismatea? ) pare che l’artista abbia raffigurato sè stesso, ad esprimere iit sua .partecipazione ai frutti del sacrificio di Gesù Cristo.
Che questo avviene: che la terra
può di nuovo così dimenticare il dolore causato,
da riparare la distruzione con fresco muschio,
e con fiammante fioritura la crudeltà sanguinosa.
Guarda la valle, Iq nuova vita sulle pendici,
dove spirano, pasqfuali, i venti azzurri,
risonanti di intimo saluto e ringraziamento,
di gioia, ah! come se nulla fosse avvenuto. ^
Come se essa, la terra di Dio, non fosse stata ovunque,
per cmni, profanata e ridotta a segreta [tortura.
Che essa può dimenticare! O messaggio della mammola,
O beato, dolce profumo della rosa di macchia!
Cosi potevamo scrivere, ma bastò
che ci toccasse un’unica notizia del
giornale, che riferiva che l'allagamento d’acqua marina della terra olandese — per colpa nostra — aveva reso
infruttuose per anni vaste zone, ed
ecco svanito il « come se nulla fosse
avvenuto' », svanito il « fresco muschio », e il « principio della speranza »... Ovvero scrivemmo :
Rimase un unico seme. Pure, con l’unico seme
Terra e sale nutriente, e l'onda ristoratrice del cielo.
e mandammo questa strofa ad una
grande scrittrice, anziana. Essa rispose : « Grazie. He letto con piacere...
ma non ho più alcuna speranza».
Poi, proprio alla fine, come se volesse ritrattarsi : « Del resto, certo, nascono sempre ancora dei bimbi ». Si,
certo, nascono bimbi, e già sonò abbastanza cresciuti da partecipare come cadetti al nostro culto... Ma prima che la nostra speranza, la nostra
gicla possano prender coraggio, ecco
un’altra pagina di giornale metterci
setto -gli occhi il rapporto sui bambini nati ad Hiroschima, nella zona
ato'mizzata ; la gelida statistica che
rende noto quanti di questi bimbi
debbano avviarsi nella vita storpiati,
intristiti, spiritualmente deformata...
In verità, anche questo può ora l’uomo, il « piccolo Dio del mondo » ; distruggere il limpido miracolo della
creazione.
« Non c’è certezze ; ma c’è speranza; il princip’-o. che sempre si riafferma — l’avven’re dinanzi agli oc
chi » ...così leggiamo in Ernst Blcch.
Invece l’annunzio di Pasqua — se lo
leggiamo con lo sguardo angosciato di uomini del 1957 — si legge proprio all’inverso: la speranza, il principio della speranza non esiste; ma
esiste la certezza. Pasqua non offre
nuovi impulsi al principio della speranza. Pasqua canta un uruco, limpido canto : « Gesù, mia certezza ».
Non si può separare le due TOse:
Eicacciare la visione delle ossa disseccate e festeggiare Pasqua sui prati
primaverili. Pasqua è presso* alle ossa
disseccate — presso quelle di Ezechiele e quelle di Bergen-Belsen e presso
a noi e alla nostra morte —: là o m
nessun posto.
La, afferma il messaggio di Pasqua
« Cono.scerete che io sono l’Eterno ».
Lo. certezza di Pasqua sj fonda sui
fatto che Cristo sta accanto a queste
ossa disseccate. Ciò che Ez^hiele s^'
rimenta, che l’esercito dei morti fli'
venta il grande esercito dei viventi,,
lo eporimenta come un evento elm si
-reatina gradualmente, a tappe. Questo è il messaggio di Pasqua; nessuna
tappa viena saltata; e non ci si-arresta fino aH’ultima tappa.
Nessuna tappa viene saltata. Non il
« crucifixus » con tutto il suo orrore. Pensiamo a Lutero che un giorno si era chiuso nel suo studio e che
non dava risposta alla moglie che
batteva alla porta. Quando si abbattè
la porta, lo si trovò intento sul testo
t
della Passione : « Mio Dio, mio Dio.
perchè mi hai abbandonato? » — ed
egli disse : « Credi forse che sia così
facile da comprendere come Dio possa essere abbandonato da Dio? »
Non il «mortuùs», con tutta la sua
mortale gravità. ■ Non il « sepultus »...
Ma quando i Cristiani hanno creduto -questo « sepolto » come una tappa
sulla via di Dio, àllcra hanno già dato H questo « sepolto » una nota pasquale. In modo ìneguagliato nelle
Passioni dì J. S. Bach. Quando la crudeltà umana ha compiuto l’opera
sua, e compaiono,. Giuseppe d’Arimatea e l’amore dell^ Madre, della «Pietà», allora e^li ,Àa uri^ tono nuovo.
L’oscuro cantò raè Inneggia alla sera : « Momento sereno, ora della seia»... e poi prosegue con grande intensità ; « Purificati, mio cuore, io voglio seppellire Gesù... ». E quando alla fine sgorga ancora possente il coro : « Ci sediamo piangendo... », la
tempesta della musica di Bach parla
qui centro le lagrime, già per Pasqua... qui, e ancora piu intensamente, anche nelle parole, al termine della Johannespassion ; «Il sepolcro... mi
dischiude il cielo e chiude rìnferno».
« E chiude l’inferno ». Anche il « discese nel soggiorno dei morti », con cui
prosegue il Credo, è una tappa che
non viene saltata, un respingere
l’oscura irrimediabilità, un pezzo di
Pasqua prima del giorno di Pasqua.
Lo stesso giorno di Pasqua è una tappa; aurora del mondo nuovo, inizio.
Tutto è circondato dalla nebbia luminc'sa di un santo mistero; Maria
Maddalena confonde il Signore con
il giardiniere, e il discepolo considera
l’annunzio una favola; è qui l’inizio,
non la fine. Dov’è la fine? Presso il
grande esercito, che il profeta ha
scorto, presso l’esercito di coloro che
sono chiamati dai sepolcri. La certezza non rimane legata ad un anno, ad
un giorno d’aprile dell’anno 33 — la
certezza vive con il Signore, nella cui
mano sono i tempi, ogni tempo — e il
cui nome è ; « Io sono vivente nei secoli dei secoli ».
La certezza di Pasqua si oppone all’orgoglio. « La nostra speranza è
perduta», e non vuol darsi per vinta. Sempre di nuovo, con breve, af
fannoso respiro rincorre i suoi fini
immediati, come se potesse attrarre
ciò che attende : bel tempo per il giorno festivo, guarigione dalla malattia,
fortuna al gioco, grandi e piccole cose, essenziali e secondarie. Non sprezziamo ciò che è in noi, in tutti noi.
Ma non confidiamo nella nostra speranza e in ciò che essa ci fa balenare
davamti. Chi pone la sua certezza soltanto in quello che ha udito : « Io,
l’Eterno, ho parlato e ho messo la
cosa ad effetto », nella risurrezione e
nella vita eterna, quegli celebra la
Pasqua 1957 in questa nostra realtà:
presso le ossa disseccate; senza fuggire in un altro rifugio, senza cercare
altre forze, nè bisognoso di altro che
del segno : ser\'o - attendo. Non trion
fo, ma trionferò con Lui.
Ed essa si oppone anche alla tristezza. Quando, poco tempo fa, Martin
Niemceller visitò le comunità polacche, giunse anche nel villaggio in cui,
Getsemani
Fallosi sera, venne un nonio rieco eli .Arimatea, chiamato Giuseppe, che ora divenuto anch’egli discepolo
di Gesù. Que.sti, presentatosi a Pilato, chiese il corpo
di Gesù. Allora Filalo comandò che il corpo gli fosse rilasciato. E Giuseppe, preso il corpo, lo avvolse in un panno
lino netto, e lo pose nella propria tomba nuova, che aveva
fallo scavare nella rocc a, e dopo aver rotolata una gran
pietra contro Papertura del sepolcro, se ne andò. Or nella
notte del sabato, quando già albeggiava il primo giorno
della settimana. Maria Maddalena e Maria madre d; Giacomo vennero al sepolcro per imbalsamare Gesù. E dicevano fra loro: Chi ti rotolerà la pietra dall’apertura del
sepolcro? E alzati gli ocelli videro che la pietra era stala
rotolata, ed era pur mollo grande. Essendo entrale nel sepolcro, non trovarono il corpo del Signor Gesù. E mentre
se ne stavano perplesse, apparvero dinanzi a loro due
uomini in vesti sfolgoranti e dissero loro: Perchè cercate
il vivente fra i morti? Egli è risuscitato come aveva detto.
La pietra rotante all’ingresso della ” tomba dei re”.
Me pone di Gerusalemme.
Gesù uscì con i suoi discepoli e andò, secondo il suo
solito, al monte degli Ulivi, di là dal torrente Chedron, dov’era un orto detto Getsemani; e d’sse ai
suoi discepoli: Sedete qui finché io abbia pregato. E prese
con sè Pietro o Giacomo e G’ovanni e cominciò ad essere
spaventato ed angosciato. E disse loro: L’anima mia è
oppressa da tristezza mortale; rimanete qui e vegliate.
E andato un poco innanzi, circa un tiro di sasso, si gettò
a terra e pregava: Abba, Padre! ogn’ cosa ti è possibile;
allontana da me questo calice! Ma pure non quello che io
voglio, ma quello che tu vuoi. E un angelo gli apparve
dal cielo per confortarlo. Ed essendo in agonia (lottando
contro la mòrte), pregava sempre più 'ntensamenle; e il
suo sudore divenne come grosse gocce di sangue che cadevano a terra. Alzatosi dall’orazione, venne ai discepoli e
Il trovò che dormivano di tristezza, e disse: Non siete stati
capaci di vegliare con me un’ora sola? Vegliate e pregate
affinchè uon cadiate in tentazione; ben è lo spirito pronto,
ina la carne è debole!
Gerusalemme, il monte degli Ulivi.
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secondo ogni probabilità, doveva trovarsi la tomba del figlio. Cercò e
chiese. Ma nessuno nel villaggio potè
dargli una informazione sicura. Gli
abitanti — tutti — erano gìvmti net
villaggio solo dopo la guerra; nessuno
degli abitanti di prima era rimasto
in vita. « Ed ecco, le ossa erano numerosissime, ed erano anche molto
secche » — è sempre ancora il tempo
di Ezechiele, e l’ora della sua visione
Martin Niemoeller riferì del suo viaggio; dell’esperienza di questa ricerca
della tomba del figlio disse solo : « Ora
non cerco più; il Signor Gesù lo troverà ».
Così coesistono, finché dura la terra: tentazione e certezza; basta se
esse coesistono in noi. Sempre nuovi
desideri non saranno adempiuti, e
nuove speranze deluse; sempre di
nuovo cercheremo e — dopo un tempo — abbandoneremo la ricerca. E
possiamo abbandonarla, possiamo osare l’ampio, profondo respiro della certezza, perchè alta sopra la nostra
speranza e il suo volo mutevole si
inarca la promessa del Signore di tutti i tempi, grande cielo sopra il grande campo dei morti, cielo più ampio:
« Ecco, io faccio ogni cosa nuova ! ».
Albrecht Goes
Albrecht Goes è nato il 22 marzo 1908
nel Wiirllemberg, dove è stato pastore dal
1930 al 1952. Dal 1953 vive come libero
scrittore a Stuttgart, dove ha un regolare
Incarico di predicazione. Le sue opere,
svariate, sono note in Germania, e alcune
si sono affermate anche all’estero. Ricordiamo, pubblicate di recente da Einaudi,
« Prima dell’alba ne « La vittima n.
m BH9IDI8
All’Aja un protestante ed un cattolico
vanno insieme di porta in porta ad offrire
— secondo che si tratti d; una famiglia cattolica o protestante — l’una o l’altra edizione della Bibbia. Alla fine di marzo, 35.(100
famigl e avranno ricevuto la visita di sedici
gruppi di que.sli colportori.
A Edimburgo il consiglio dell’assemblea
generale della Chiesa libera di Scoz’a ha
protestato energicamente « contro il fatto
che il governo ha consigliato alla regina di
rendere visita al papa a Roma » e respinto
« !a spiegazione nffic’ale della visita di cortesia, ricordando che lo Stato vaticano non
esiste che per servire alle 'pretese del papato, e che concessioni a tali pretese, anche
ì" solo apparenti, sono nocive alla fede riformala stabilita legalmente in questo regno ».
A Pinerolo giovedì scorso si è svolto —
indetto dal Circolo Sociale e dal Circolo
della Resistenza — un dibattito sul tema
» Censura e libertà », presieduto e introdotto dal prof Alessandro Galante Garrone;
hanno presentalo relazioni divergenti il doti.
Mario Berutti, Avvocato Generale presso la
Corte d’Appello di Tor’no, e il prof. Marcello Gallo, Ordinario di Diritto Penale all'Università di Torino; al termine, malgrado l’ora tarda, si è avuto un pubblico dibattito, cui è validamente intervenuto tra gli
altri l’avv. Ettore Serafino.
NEGATIVO
Come premio per la vittoria della
squadra calcistiica del Milan, domenica scorsa, l’editore RizzoU, suo presidente, ha regalato un milia«ie ad
ognuno degli undici giocatori.
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L’ECO DELLE VALU VAU^
Aiti
si marzo 196Ì — N. 13
La wM di Pilato
Mentre ¡e generazioni umane passano, incredule o credenti, attente o beffarde, la scritta di Pilato resta li,
alta, davanti a tutti e nessuno potrà mai cancellarla
Mi piace immaginare Pilato ohe
pronuncia queste parole, nel
bel latino deU’età post-augustea :
« Ouod scripsi, scripsi ». Con un freddo e distaccato sorriso sulle labbra.
Pilato esegue così il suo « saluto alle
armi » di fronte al Galileo crocifisso,
e conclude, a modo suo, la giornata.
E’ stata una giornata dura e faticosa;
difficile mantenere l’equilibrio tra interesse imperiale romano e susceftibilità locali,- tra esigenze d’ordine pubblico e politica generale; ma ana>r
più difficile © stato mantenere l’equilibrio tra interesse (personale o politico-imperiale) e superiore giustizia.
La soluzione è stata un compromesso, da cui Pilato pensa d’essere uscito
con le mani lavabili, se non pulite.
Ed ora Pilato è stanco: e col suo
sorriso stanco e un po’ scettico, chiude l’ufficio e si ritira in casa sua, forse nella sua bella biblioteca di romano colto. Possiamo immaginare che
gli capiti tra le mani il « De Officiis »
di Cicerone, e che egli legga il capitolo sul contrasto tra dovere e interesse: talvolta, dice il forbito filosofo-oratore, il dovere viene soverchiato daU’interèsse, e vengono compiute
azioni feroci ed inumane. Cicerone
cita come esempio la distruzione di
Corinto, utile all’impero, anche se
barbara. A questo punto, forse. Pilato
ha segnato in margine al manoscritto
un altro esempio ; « giusto! cfr. la liquidazione di un innocuo pro'feta galileo, da me dovuta eseguire nell’anno 783 ad Urbe condita ». Intanto si
udivano, dalla periferia della città, le
grida dei condannati, il piangere delle donne e lo sghignazzare dei soldati
che giocavano ai dadi qualcosa.
In realtà, quel giorno, senza saperlo. Pilato aveva scritto qualcosa di
definitivo: era stato suo dovere, suo
compito preciso lo scriverlo; per questo egli era venuto al mondo: per
scrivere sopra una croce questa breve, essenziale frase: GESÙ’ IL NAZARENO, IL RE DEI GIUDEI. Il
compito di Pilato, fissato da Dio, era
di affermare, volente o nolente, che
queU’uomo crocifisso è il RE, il Signore di tutti coloro che sono credenti.
Potremmo dire che Pilato, senza
volerlo, ha scritto queste parole nel
Libro deU’Etemità, dove esse risplendono di luce immortale; o che le ha
scritte ned gran Libro della Storia. Ma
è meglio dire semplicemente che quelle parole sono state scritte lì, alla periferia di Gerusalemme, su di un palo
alto due metri. Soltanto quelle quattro parole sono rimaste lì, e non sono
più sparite. A dire il vero, molti hanno provato a cancellarle, perchè sono
parole che danno noia: sono parole,
che una volta lette, pretendono di essere accettate e di trasformare la vita
di chi le legge.
I primi a cui hanno dato noia sono
stati, naturalmente, i Giudei; non
perchè essi fossero più malvagi degli
altri, ma perchè si sa che gli ebrei sono il popolo più sensibile del mondo
ai problemi spirituali. I giudei hanno
subito capito che questa scritta metteva in questione tutte le loro pretese, ed affermava Qualcosa e Qualcuno che essi non erano disposti ad accettare. Perciò sono andati dal procuratore e gli hanno detto : « cancella
la scritta. Pilato, perchè non ci piace,
è sbagliata. Quel tale non è mica il
Signore, è un cretino qualsiasi che
avanzava pretese inaccettabili: credeva di essere il Signore, ma in realtà
era un uomo come tanti altri. Adesso
che è morto possiamo anche rispettarlo, ma certo non possiamo accettare la sua assurda pretesa ; è contraria
alla sana ragione, ed anche ad una
equilibrata posizione religiosa. Cancella la scritta, PiJato ». Ma netta, secca, imprevedibile, è giunta la risposta
di Pilato : « quel che ho scritto, ho
scritto ». Al tentativo dei giudei ha
dunque resistito Pilato: bastava.
Ma poi, nei secoli seguenti, molti
altri si sono sforzati di cancellare la
scritta, perchè dà noia, perchè relativizza ogni pretesa umana, perchè è
un grande e tremendo appello alla
fede. E’ un appello ohe fa tremare le
vene e i polsi; perciò è comprensibile
che migliaia di uomini, piccoli e gran
di, sapienti ed ignoranti, buoni e cattivi, si siano sforzati di cancellare la
scritta : ma non ci sono riusciti. Ed a
loro un’altra voce ha risposto, una
voce autorevole che risuona dal profondo dell’eternità, con una parola
definitiva come il secco verdetto di
.Pilato ; « Quel che ho scritto, ho scritto»: «quel che ho scritto nei libri
dei profeti e degli apostoli, quel che
ho fatto nei giorni del procuratore
Ponzio Pilato è scritto e fatto definitivamente; è il centro della storia dell’umanità e del cosmo. Non si può
cambiare, perchè così doveva essere,
perché è bene che così sia stato. Quel
che ho scritto, ho scritto ; Gesù è il
Signore ».
F orse anche a noi viene qualche volata voglia di correggere un poco
la scritta di Pilato : ed allora noi chiediamo : « Ma proprio dovevi morire
Signore, ma proprio questa croce deve essere il centro della nostra fede? »
Ed anche a noi il Signore risponde
con le parole di Pilato, che allora suonano al nostro orecchio come parole
di assicurazione suprema : « così è
stato perchè così doveva essere, quel
che ho fatto è ben fatto, puoi esserne
certo». Q, come ha detto Paolo;
« certa è questa parola, e degna di essere accettata, che Cristo Gesù è morto per i peccatori ».
Allora non ci sgomentiamo più del
fatto ohe tanti si sforzino di cancellare la scritta e di dimostrare che Gesù non è il Signore. Anzi, proprio questi sforzi attestano la potenza di Cristo: infatti, non si combatte uno che
non ha più nessun potere; nessuno
sente il bisogno di lottare contro Giulio Cesare o Amenoteph III (eppure
essi regnarono con grande efficacia, al
loro tempo). Se si sente il bisogno di
lottare contro Cristo, di dimostrare
che è proprio morto e che comunque
non è risuscitato, e ohe quindi non
può essere Re e Signore, se si lotta
contro di lui è perchè si sente oscuramente che egli è forte; nei secoli, la
polemica anticristiana è, in realtà,
una involontaria testimonianza alla
potenza di Cristo.
Perciò possiamo guardare con ottimismo la sfilata degli uomini che
cercano di cancellare la scritta di Pilato, come guardiamo con gioia la sfilata di coloro che leggono la scritta e
l’accettano con cuore aperto: tutti,
positivamente, o negativamente, volenti 0 nolenti, rendono testimonianza
alla sovranità ed alla forza di Gesù
Cristo.
E menffe le generazioni umane passane, incredule o credenti, attente o
beffarde, la scritta di Pilato resta lì,
alta, davanti a tutti: e nessuno potrà
mai cancellarla. Giorgio Bouchard.
L’OFFRANDE
Le péché me surmonte et ma peine est si grande
Lorsque, malgré moi-même, il triomphe de moi
Que, pour me retirer du gouffre où ¡e me vois.
Je ne sais quel hommage il faut que je te rende.
Je voudrais bien t'offrir ce que ta loi commande,
Des prières, des voeux et des fruits de ma foi,
Mais voyant que mon coeur n'est pas digne de toi.
Je fais de mon Sauveur mon éternelle offrande.
Reçois ton Fils, ô Père 1 et regarde la croix
Où, prêt de satisfaire à tout ce que je dois,
Il te fait de lui-même un sanglant sacrifice;
Et puisqu'il a pour moi cet excès d'amitié
Que d'être incessamment l'objet de ta justice.
Je serai, s'il te plaît, l'objet de ta pitié.
Jean Ogier de Gombauld
(XV!!» siècle)
CORRESPONDANCE DE NEW YORK
Visiteurs d’Italie
Nous avons revu avec plaisir notre ancien camarade Mr. Tullio Vinay qui est
arrivé le 16 Janvier à New Jork pour
visiter les Etats Unis avec M.me Vinay.
Mr. et M.me Vinay ont reçu le plus chaleureux accueil de la part des amis d’Agape qui ont une réelle admiration pour
cet homme «i simple et si sincèremient dévoué à ce qu’il croit.
Nos grands amis de la Waldemian Aid
Society ont donné à l’honnem- de Mr. et
M.me Vinay un thé reception le 18 janvier, après quoi, dans une causerie fort
appropriée, Mr. Vinay nous a parlé d’Agape, suivi comme en suspens par tous
les présents, environ une centaine provenant de différentes Eglise» de New York
et alentours.
Mr. et M.me Vinay dans leur tournée
rencontreront beaucoup de vieux amis; ils
s’en fairont des nouveaux. L’amitié chrétienne n’est pas un vain mot, Agape est
la réalité la plus sincère, la plus profonde, la plus universelle, elle est partout,
« là où deux ou trois sont réunis en mon
nom » a dit le Seigneur.
Enfin après longtemips qu’on avait parlé
de sa visite nous avons revu Mr. Ermanno
Rostan, notre Modérateur.
Avec quelques amis de la Waldensian
Aid Society nous lui avons souhaité la
bienvenue au port le 2 mars, heureux de
le revoir bien reposé après une bonne traversée, prêt à entreprendre sa grande tournée qui sera la plus fatiguante peut-être
de toutes celles qu’il a jusqu’ici accomplies.
Pour être présente à son arrivée nous
savons d’une dame qui a déplacé son jour
de travail pour être libre ce jo-ur-là, ce
petit détail, nous pourrions en citer plusieurs d’autres, nous témoigne de l’empressement par lequel le Modérateur a
été reçu et sera accompagné pendant son
voyage.
Nous avons eu à l’Eglise Vaudoise le
privilège de recevoir le Modérateur les
premier» car c’est avée nous qu’il a passé
la plus grande partie de son premier dimanche aux Etats Unis.
Le 5 mars après avoir prêché à l’Eglise
Réformée de Passaie à une assemblée de
plus de mille personnes, Mr. Rostan est
venu chez nous pour notre Cidte de l’aprèsmidi. Nous avions une bonne assemblée
dans notre petite Eglise, 150 personnes en
viron, au cours de ces dernières années
une bonne moitié de notre communauté
s’est dispersée dans les campagnes et elle
nous manque énormément, surtout dans
des occasions comme celle-ci.
La rencontre de l’Assemblée avec le Modérateur fut des plus chaleureux, pleine
d’affection, de cette affection un peu nostalgique que les Vaudois à l’étranger
éprouvent toujours pour leur pays et pour
leur Eglise.
Mr. Rostan serra la main à bien de personnes connues ou inconnues au noms
bien familiers cependant.
Avec émotion nous avons reçus les nouvelles de l’oeuvre et revu sur l’écran des
scènes des Vallées.
Le .soir nous nous sommes retrouvés encore pour une agape fraternelle au Barliizon Plaza Hotel: c’était un dîner de bienvenue pour le Modérateur et de réception
pour quelques amis de la Waldensian Aid
Society qui se dévouent vraiment beaucoup ipour nous assister dans l’oeuvre en
Italie.
Nous disions à ce propos que si nous
pouvàoms brûler un peu de leur zèle et de
leur amour pour l’Egliise Vaudoise, beau
coup de difficultés seraient applanies
« Cela nous fait du bien que de vous ai
mer et de travailler pour votre oeuvre »
ces mots du Président de la Soiciété, Dr
Elliott, puissent être d’encouragement et
aussi d’appel pour plusieurs.
Le dîner fut superbe, même à l’Hôtel on
nous gâte: la faute est peut-être du Chef
qui est vaudois.
Les discours qui sont quelquefois des
cauchemars après un bon dîner se suivirent assez rapidement, légers et pétillants
d’humour, on peut dire de grandes vérités et les faire sentir sans en avoir l’air:
c’est un art de convaincre qui ne fatigue
pas. Nous en fûmes redevables pour cette
soirée aux différents orateurs y compris
notre ober Modérateur que nous avons
bien applaudi et auquel nous souhaitons
un succès béni pour sa mission.
Nous aurons D. v. la visite de Mr. Rostan pour le culte de Pâques et dans l’entretemps, s’il sera possible, nous lui fairons visiter les groupes vaudois de Cornwall et Ulster Park dans la belle vallée
de l’Hudison et il faudra bien l’excuser
quelque part car il ne peut pas prendre
tous les engagements qu’on lui demande.
A. Janavel
L'augurio per i neo - confermati
Sta sempre più diffondendosi l’uso di inviare ai giovani, al momento
Clelia loro professione di fede, biglietti d’augurio. TcUvolta, il diluvio di cartoline e biglietti augurali
— come a Natcde e, un po’ meno, a
Pasqua — si riduce ad un invio in
serie, una specie di tappa obbligata
del nostro vivere associato e cortese... Ma non si vuol certo negare che
spesso tali auguri siano sinceri e profondamente sentiti.
Quello che sovente lascia perplessi è il contenuto dell’augurio. Non
(il rado è un augurio generico. Talvolta un augurio totalmente distorto, come quello del bigliettino che
riproduciamo — e che ha circolato
anche da noi, finché il rivenditore
non Tha tolto di circolazione, pur
avendo constatato stupito che awva
avuto molto successo! Il versetto riprodotto sul retro, non valeva certo
a compensare quella serie di pagani
portafortuna. Che cosa si voleva augurare ai giovani? buona fortuna?
purtroppo fjuesto è talvolta l’augurio che si fa loro: ” State diventando maggiorenni: buona fortuna nella vostra vita!”.
Ora l’augurio che come Chiesa,
come credenti noi rivolgiamo ai gio
RICORDO DI CONFERMAZIONE
iiiiiiiiiiimiiiimiiiiii III
iiiiiiiiimitiiiiimiiiiiimiim'
vani a cui il Signore ha fatto il dono
di una fede personale inserendoli
pienamente nella Sua Chiesa, non è
affatto un ” buona fortuna! ”.
Nel giorno della confermazione diciamo loro, anzi: il nostro augurio
per voi non è che abbiate fortuna
nella vita, che vi facciate una ” bella posizione ”, che guadagniate un
mucchio di soldi, che facciate un bel
matrimonio, che godiate sempre di
ottima sedute, che il vostro lavoro
non vi dia che soddisfazioni... Non
solo quest’augurio potrebbe rivelarsi, forse presto, tristemente superficiale o menzognero, ma soprattutto
per auguri del genere non sarebbe
certo necessario raccoglierci insieme
davanti alla croce del Cristo, sarebbe assai più logico sedere insieme a
una buona tavola e brindare!
iiiiiiiiMmitiiiiiii'iiiiMiiiiiiiKiMiliimiiMiiiiiiiiii'iuiiiimiimiimmiiiiiinilMimiiiiiimiiiiiqiiiliiiiiiiiiiiHtiiiiuiliHiiMioit'
Invece il nostro augurio è che il
Signore vi mantenga fedeli, gioiosamente fedeli, seriamente perseveranti sulla via su cui Egli vi ha chiamati, e che è la via della croce, del
dono di >p,- ” Se il chicco di frumento, caduto in terra, non muore, rimane solo; ma .se muore porta molto frutto ”. Gesù ha percorso in modo perfetto questa via, fino in fondo, per noi, e ci chiede di seguirlo:
” Chi ama la sua vita, la perde; e
chi odia la sua vita in questo mondo, la conserverà in vita eterna ”.
Chi vi s’incammina sa che non è una
vita rinunciataria, ma la sola degna
d’essere vissuta, in incrollabile speranza, in lieta riconoscenza.
Davvero, il credente non è un uomo fortunato: è un eletto, un benedetto. g. c.
Nos.fleurs
^ U y a dans l’air comme un
avant-goût de pïtotemps j’aime à relire ma poé^e préférée, «Les Narcisses», de William Wordsworth. L’idée
qui s’en dégage est qu’im beau spectacle de la nature n’est pas perdu même si on ne peut plus le contempler
matériellement. Le poète, au bord
d’un lac, aperçoit, tout-à-coup, des
centaines de narcisses que la brise
balance doucement. C'est un spectacle dont il gardera le souvenir. Toujours. Plus tard, de sa couche, il « verra» encore les fleurs merveilleuses et
ce sera comme une richesse secrète
dont son coeur jouira encore en dansant avec les narcisses...
Et bien, je ne puis relire cette poésie sans évoquer immédiatement dans
mon esprit une vieille femme aux
yeux clairs, dans un visage tanné par
l’air vif de nos montagnes. C’est une
bergère qui, .pendant presque quarante ans, a suivi tous les matins du bei
été un petit sentier qui monte, qui
monte vers une cascade. Elle est armée d’une petite verge... à ses côtés
trottine un petit chien qui aboie furieusement quand les veaux, ces écervelés, s’éloignent du bon sentier... Ce
sentier qui mène à un grand pré...
Là. finalement ils pourront gambader à leur aise. La bergère, alors,
après la longue marche, pourra jouir
d’un moment de loisir en contemplant, à son aise, les fleurs étincelantes encore de rosée. Les fleurs sont
l’amour secret de Dandanot. A midi
c’est le moment pour la bergère de
sertir de sa sacoche un morceau de
pain bis et du fromage de chèvre.
C’est aussi le moment de la contemplation. La « Lombarde » s’est levée et
balance des milliers de fleurs merveilleuses au bord d’un torrent impétueux.
Dandanot sourit doucement. C’est
pourtant une vie dure que celle d’une
bergère. Une vie que personne ne lui
envie. Mais une vie qui a des joies secrètes: les fleurs. Elle les contemple
avec amour. « L’è si bel»!
Mais un jour vient, hélas, quand
les forces déclinent... La bergère comprend que désormais il lui reste tout
juste assez de force pour allumer un
peu de feu et faire chauffer sa soUpe
dans une pauvre maison, au fond de
la vallée. Elle fait sécher des fleurs
dans les feuillets d’un vieux livre.
Mais ces fleurs décolorées ne lui donnent aucune joie. Elles sont mortes.
Elles sont moisies.
Alors, un jour qu’elle est alitée elle
essaie de penser aux fleurs qui lui tenaient si bonne compagnie là-haut à
la montagne, et alors, oh miracle!
comme le poète voyait de sa couche
danser des milliers de fleurs merveilleuses elle voit elle aussi des fleurs,
ses fleurs, qui se balancent au souffle de la « Lombarde », des fleurs vivantes, frémissantes. Et elle aime à
y penser. Cela lui aide à s'évader de
ses soucis...
« Les soucis, ça ne sert à rien ».
C’est la ber^re qui parle. Elle préfère penser à quelque chose de beau, de
réel, à quelque chose qui aide à vivre.
Elle « voit » encore les lys frémissants
d’allégresse au bord d’un torrent nouveau-né. « Ils sont plus beaux que la
robe des rois, c’est même dit dans la
Bible». C’est encore la bergère qui
parle de ses fleurs préférées, que Dieu
revêt avec tant de splendeur. D’y penser cela lui redonne de la confiance...
les mauvais soirs, quand elle se sent
matériellemerit si pauvre.
Mais elle n’ose pas beaucoup parler de ce qui enrichit son âme... Elle
sait, d’intuition, qu’on la croit un peu
simple, et que, pour sa voisine, ce qui
est réel c’est ce qu’on voit vraiment,
ce qu’on touche vraiment. Et, quant
aux fleurs, elles n’intéressent vraiment qu’en tant qu’elles sont utiles
pour faire du foin à donner aux bêtes.
Ce soir, peut-être parce qu’il y a
dans l’air comme im avant-goût de
printemps, j’ai voulu relire ma poésie préférée et tout de suite j’ai évoqué la vieille femme aux yeux d’enfant, et à l’âme poétique. Et j’ai voulu m’évader moi aussi. J’ai « vu » les
fleurs éclatantes de beauté comme je
les avais contemplées un jour lointain déjà... un beau jour d’été.
Il y a encore des plaques de neige
là-haut, dans le creux des rochers et
dans les combes mais les fleurs courageuses qui ont bravé le froid et le
gel et les tourmentes de neige et les
avalanches reflemiront encore pour
danser joyeusement dans un air léger. Elles ont une profonde racine
dans un sol béni, nos fleurs.
Il y a comme un avant-goût de
printemps, ce soir. Je pense qu’elles
fleuriront encore. Bientô! G. T.
Libri ill vetrina
ELENA CASSIN, San Nicandro. Histoire d’une conversion, L. 1.500.
Siamo nel Gargano degli anni trenta: nn
colportore fa (pervenire ima Bibbia a San
Nicandro, dove già vivono comimità dei
Fratelli e Pentecostali. Alla lettura dell’Antico Testamento, un uomo si converte
airebraismo e organizza una minuscola comunità; fra prove e sventure, gran parte di
essa s: trasferisce dopo la guerra in Palestina. Libro singolare, di grande interèsse
per la sociologia religiosa; di scorcio è
considerata anche la testimonianza protestante nel Sud'; una lettera che arricdiisce.
. ‘ .1 ;
Rivolgersi alla Libreria Claudiana
Torre PelMoe,
3
31 manso 1961'—iN.'13
L’ECO DELLE VALU VALD^
9H- 3
du condamné
Qui esf libre et qui est enchaîné?
Relisons le procès de Jésus tel que nous le racontent ^les quatre Evangiles. Contemplons cette
scène. 1 arrestation, de nuit, au Jardin des Oliviers;
la trahison-de Judas: 4e:^anquiUe «c’est moi! » du
Seigneur; le désarroi des^disciples ; Pierre qui renie
son Maître, un sintula<re de .procès basé sur de faux
témoignages, 1 embarras -df^n magistrat qui sait
qui! va condamner un innocent; les soldats qui
raillent, la foule qui crie..; p '
le silence accablant de
1 Accuse. Et dans ses rares paroles, quel calme et
quelle autorité! Qui est libre et qui est enchaîné?
Voyez Anne et Caïphe; ils sont les gardiens de
I ordre ecclésiastique, de la tradition, du concordat
avec César. Pour eux, ce rabbi qui annonce la fin
du temple, qui attire à lui les foules, est un danger
public. Il va détruire les bonnes rrfations que les
dirigeants d Israël s’efforcent de maintenir avec l’Etat romain! « Il vaut mieux qu’un seul homme meure pour le fieuple et que toute la nation ne périsse
pas! » (Jri. 11. 47-53). C’est là le noeud de l’histoire.
L autorité ecclésiastique se sent menacée dans son
prestige, dans son pouvoir, dans son existence même, elle se pose en défenseur du peuple juif. La défense de 1 institution est devenue plus sacrée que la
justice et la vérité.
Voyez Pilate: un magistrat romain, c’est-à-dire
un homme qui a, par sa formation, un certain sens
de l’équité, de la légalité, et aussi une certaine connaissance des hommes. Il flaire l’intrigue; ces querelles de Juifs ne l’intéressent manifestement pas.
II voit très vite qu’il n’y a aucun motif d’accusation
sérieux. Il essaie de sauver Jésus. Mais tous ces
Juifs sont bien excités. Pilate craint une nouvelle
affaire: Rome n’aime pas les émeutes et le blâme
en retombera sur lui, ' Pilate. « Si tu délivres cet
homme, tu n’es pas ami de César! » Cette fois, c’en
est assez. La bonne grâce de César vaut bien la
mort d’un homme. Pas d’histoires. C’est ce qu’on
appelle la « raison d’Etat ».
Faut-il parler d’Hérode? le seul homme pour
qui Jésus n’a pas caché son mépris (Luc 13. 31-32),
qu’il n’a pas daigné honorer d’une parole (Luc 23.
8-15); le collaborateur né, à la solde de Rome,
l’usurpateur du trône juif; le chacal qui se nourrit
des restes qui lui jettent les grands.
Les pharisiens sont là aussi. Depuis longtemps
ils poursuivent Jésus de leurs soupçons et de leur
haine. Et cela au point de s’allier avec les sadducéens qu’ils détestent. Jésus met en question toute
leur théologie, toute leur sécurité de gens bien-pensants qui se croient en règle avec Dieu et avec les
hommes. Us sont prisonniers de leur système, de
leur orgueil de docteurs de la loi, de leur théologie.
Et la foule, la pauvre foule crie ce que ses meneurs lui disent de crier. Elle hurle avec les loups.
Elle raille celui qui n’a fait au milieu d’elle qu’oeuvre d’amour. « Sauve-toi toi-même! » Elle est le
jouet de toutes les propagandes.
Et les soldats jouent aux dés pour abréger une
garde ennuyeuse; c’est eux pourtant qui auront un
geste de pitié et tendront une éponge imbibée de
vinaigre au Crucifié (Jn. 19. 28-30).
Pierre a renié son Maître; il a suffi pour cela
des remarques ironiques d’une servante. Les autres
disciples ont fui — presque tous; une incertitude
affreuse s’est installée en eux. Se seraient-ils trompés? Jésus ne serait-il pas Celui qu’ils avaient cru?
Quelques femmes sont là, fidèles et bouleversées.
Tel est le tableau humain qui nous est présenté.
Ce ne sont pas là des hommes plus mauvais que
d’autres. Ils ne sont que lâches; les uns ont peur
pour leur peau s’ils ne font pas cause commune
avec les autres; les autres défendent l’un sa position, l’autre son prestige, le troisième « l’ordre établi ». — Leurs peurs, leurs intérêts, leurs préjugés
les enchaînent. Mais ils ne savent pas leur esclavage. Ils ne savent pas que ce sont eux les prisonniers.
Ces hommes, c’est notre humanité dans tout son
aveuglement, son égo'isme et son orgueil. Il suffit
d’une émeute pour que les passions se déchaînent
— que dans l’homme reparaisse la bête — et le goût
du sang.
En face de ces hommes, le condamné. Quelle
force dans son silence. Son recard se pose sur Pierre et Pierre s’effondre. Son regard se pose sur la
foule hurlante : « Père, pardonne-leur, ils ne savent
ce qu'ils font ». Au sanhédrin qui l’accuse, il répond : « Vous verrez le Fils de l’homme assis à la
droite de Dieu venant sur les nuées, du ciel ». Affirmation, il le sait bien, qui contribuera à le perdre.
Mais il faut que la vérité soit dite.
A Pilate, qui s’étonne qu’on ne l’implore pas,
cette simple parole: «Tu n’aurais aucun pouvoir
s’il ne t'était donné d’En-haut ».
Jésus est seul à savoir d’où il vient et où il va:
on ne prend pas sa vie. il la donne de lui-même, et
il sait pourquoi (Jn. 10. 11, 17-18). C’est là sa liberté souveraine.
Tous les autres n’apparaissent soudain que comme de pauvres jouet — instruments aveugles d’un
destin qui les dépasse.
Et voici qu’au plus fort de son supplice celui
« qui ne peut se sauver lui-même » dénoue encore. '
souverainement, les liens de celui qui agonise à
côté de lui ; « En vérité, je te le dis, aujourd’hui
tu seras avec moi dans le Paradis » (Luc 23. 39-43).
Ce brigand su sa croix est un homme libéré.
« Tout est accompli ».
La carrière terrestre du Libérateur est achevée.
Et déjà, de la graine tombée en terre un premier
fruit jaillit: la conversion du centenier romain, témoin de son agonie (Mc. 15. 39).
S. de Diétrich
(extrait de « Hommes libres »,
Neuohâtel-Paris 1957, pp. 80-82)
ALLA MANIERA DI ALDOUS- HUXLEY
Questo bravo'XX Secolo
Il dilemma, o meglio il duello tra la
Fede e la Scienza, affrontato nell’Ottocento, risolto dalla teologia tradizionale del primo Novecento, risorge
oggi sotto nuove e più inquietanti
forme. Tanto più inquietanti in quanto, da un lato, la fede cristiana ha
rinunciato a rinnegare i più evidenti
risultati della scienza, e dall’altro la
scienza ha accolto talune premesse
della fede.
Enumereremo di tanto in tanto alcuni aspetti di quel dilemma ricorrente, proponendoli semplicemente all’attenzione dei lettori. Anche perchè non
si possono non affrontare, da parte
di esseri consapevoli — e i credenti lo
debbono essere! — i problemi che
giorno per giorno ne derivano.
/.
In una clinica, dopo otto giorni che
era morto, e conservato in cella frigorifera, un uomo ha letteralmente
ripreso a vivere. Le cronache non ci
dicono se egli vive tuttora; ma è certo che l’esperimento ha fatto « risuscitare » un cadavere.
Avrà parlato, il redivivo, di quel che
ha visto durante quegli otto giorni di
morte? o non avrà visto nulla? E’ il
problema risolto — a suo modo — da
Luigi Pirandello nel suo « Lazzaro » :
un uomo dei nostri tempi, richiamato
in vita da un’iniezione di adrenalina
al cuore, toma a vivere dichiarando
di non aver visto nè sentito nulla,
nell’intervallo. E, ovviamente, egli diventa ateo. Toma a credere subito
dopo che avrà visto la figlioletta, persa nelle gambe, riprendere l’uso degli
arti paralizzati e camminare. Ma è
sufficiente questa soluzione per procura?
Sta il fatto che, dai 'Vangeli, non
abbiamo; a) nessuna notizia circa il
soggiorno quadriduale di Lazzaro di
Betania nel sepolcro; b) nessuna notizia che da quel soggiorno, e soprattutto dal miracolo di cui fu oggetto.
Lazzaro traesse motivi personali di
rinascita spirituale, di testimonianza,
di zelo evangelistico. E allora? Si può
morire, non conoscere nulla, indi tornare a vivere sulla terra? O è vera la
teoria del « sonno delle anime »? E se
questa teoria è vera, che cosa se ne
dovrà dedurre sulla natura dell’anima, dell’Aldilà, il giorno in cui sarà
divenuto fácil cosa far riprender la
vita ai morti dopo un più o meno lungo intervallo?
2.
Uno scienziato straniero ha confer
mato, calcoli alla mano, quanto era
già da tempo supposto da molti stu
diosi di astronomia : cioè che il nostro
universo (composto di sistemi solari e
galassie a miliardi) è limitato nello
spazio; e che questo limite gli è dato,
non dal nulla, o dal vuoto, ma dall'esistenza di un altro universo — per
lo meno altrettanto esteso quanto il
primo — il quale gli è però opposto
volendo definire il nostro universo
con un più ( -f- ), l’altro universo sa
La Chiesa di Como chiede l'autonomia
Il motivo principale che ci spinge
oggi a dare qualche notizia della Chiesa di Como è la decisione presa dalla
comunità di chiedere al Sinodo il riconoscimento deU’autonomia.
Le cose si sono maturate un po’ alla
volta e forse interesserà qualche lettore sapere come è nata e come si
presenta oggi la Chiesa di Como.
La data di nascita della nostra comunità risale all’anno 1803, quando il
pastore ’Turino ebbe Toccasione di
parlare della Chiesa Valdese a un
gruppo di persone in un bar, e in seguito gli fu richiesto di tenere una
conferenza pubblica alla quale partecipò un buon gruppo di persone. La
comunità alTorigine era dunque formata da elementi locali. Purtroppo
scarseggiavano i nuclei familiari interamente convertiti, ma si trattava il
più delle volte di singoli individui.
Questo spiega, almeno in parte, la poca stabilità di questo gruppo inmale
che con il passare di una generazione
si assottigliò parecchio, in parte anche
riassorbito dalTambiente. Ai primi dei
1900 abbiamo però Timmigrazione degli stranieri, per lo più svizzeri e tedeschi, la cui attività si svolgeva soprattutto nelTiiidustria e nel commercio.
Così i due elementi affiancati, i locali e gli immigrati costituirono la comunità di Como fino ai nostri giorni,
senza forti scarti numerici. La caratteristica della comunità era di essere
piuttosto tranquilla, senza grandi
slanci, ma con una certa stabilità. Fin
dal 1930 contava però già più di 200
membri.
Il cambiamento nella fisionomia
della chiesa risale a pochi anni fa
(forse 4 o 5) quando, per le buone possibilità di lavoro, è iniziata una forte
immigrazione dal Veneto e dallTtalia
centro-meridionale. In questi anni circa 80 persone, fra adulti e bambini sono venuti a far parte della comunità, ,
Si capisce come questo fatto abbia dato una nuova vita e nuovi interessi ed
iniziative alla comimità così repentinamente ringiovanita.
Per esempio già Tanno passato, e
Il Tempio di Como aperto al Culto il 1906, a pochi
metri dal Duomo. La vetrina realizzata due anni fa è
un modesto ma fedele strumento di evangelizzazione.
L interno del Tempio di Como fortemente restaurato
alcuni anni or .sono nella sua semplicità tipicamente
Riformata.
quest’anno con maggiore frequenza,
abbiamo avuto, qualche domenica, dopo il culto delle àgapi che sono state
molto ben frequentate. Lo scopo di
questi pranzi fraterni è di conoscersi
meglio e di affiatare i fratelli della
comunità, specialmente i vecchi con
i nuovi. E nello stesso tempo di attirare l’attenzione e studiare insieme
alcuni argomenti d’interesse comune
per la comunità.
Dal gennaio scorso ha regolarmen
te luogo, prima del « Gruppo del Vangelo », una riunione di un « Gruppo
di preghiera» la cui importanza ci
sembra fcndamentale per la vita della comunità. L’intercessione per i fratelli, la coscienza della nostra debolezza e la richiesta della presenza di
Cristo vivente mediante il suo Spirito Santo in mezzo a noi, sono gli elementi principali che costituiscono la
nostra preghiera. E nonostante le difficoltà e le nostre incapacità abbiamo
la certezza dell’esaudimento che Cristo ci ha esplicitamente promesso in
più modi (Matteo 18: 19-20).
Arrivati a questo punto, consideriamo il riconoscimento delTautonomia
della nostra chiesa non come un punto di arrivo, ma piuttosto un pimto
di partenza; imo stimolo ad impegnarci maggiormente, a sentire di più
la nostra responsabilità di credenti,
prendere più sul serio la nostra fede
e il nostro imipegno di testimonianza.
rebbe un meno (—); al nostro uni
verso di realtà e creazione atomica si
contrapporrebbe im universo di realtà e creazione atomica in senso inverso.
« L’altra faccia della luna » sarebbe
ora così sostituita dall’« altra faccia
dell’universo », in cui abita Dio e sorge il suo Regno eterno; ma il problema delTidentificazione di una parte
dell’universo come Regno di Dio si
rende per noi sempre più difficile.
L’altra faccia della luna è stata fotografata dagli sputnik in volo: ed è
una faccia non diversa da quella che
ci era familiare, nelle notti di plenilunio. L’altra faccia delTuniverso non
sarà un semplice antipode dell’Universo in cui viviamo; all’opposizione,
ma sostanzialmente uguale?
Ma Gesù Cristo aveva già dato la
sua soluzione al problema, quando diceva che il Regno di Dio non è nè
qui, nè là — e, possiamo aggiungere,
nè dietro la luna, nè dietro Tuniver30 positivo in cui abitiamo — ma
:< dentro di noi ».
3
Un uemo adirato contro sua moglie, che lo ha demmeiato per sevizie, l’acceca col vetriolo. In prigione,
pentito del mal fatto, offre di dar la
cornea di un suo occhio sano perchè
la moglie ricuperi la vista.
Ma sembra che la legge italiana
corrente vi si apponga. Nessuno può
disporre, essa dice infatti, la mutilaz’one di sè stesso a favore altrui.
Eppure, semmai la scienza si possa alleare con la coscienza, questo è
davvero il caso. Quale errore, quale
vanificazione del valore spirituale e
religioso delTespiazione, quale disprezzo della forza dell’amore coniugale,
congiunto al sincero pentimento del
colpevole, sarebbe in questo caso compiuto da una legge cieca, materialistica, amorale! Davvero, Tegoismo e
l’avarizia degli italiani non avevano
bisogno di questa apologia giuridica.
4.
Non è stato ancora fatto, che io
sappia, l’elenco degli errori scientifici
della Bibbia (con la loro legittima
spiegazione, naturalmente, ed anche
su! piano filologico) : da quello del sole fermato da Giosuè a quella cronologia concernente il governatorato di
Quirinio in Siria. Solo nei libri dichiaramente irreligiosi, alla maniera
dell’ateo Simon si trovano le solite
citazioni dei soliti testi. Nulla di nuovo. E quanto ai cristiani essi sanno
benissimo che taluni errori della Bibbia non menomano la Parola dì Dio,
che non è un manuale di divulgazione scientifica o un sunto di storia per
ginnasiali, ma una rivelazione di Dio,
una sua Parola agli uomini in ascolto.
Eppure, quante credenze e quanti
usi saldamente ancorati a testi biblici, sono oggi del tutto tralasciati da
un sempre crescente numero di cristiani! Generalmente, a chi ne fa l’elenco — che qui non facciamo — si
risponde che «oggi non è più possibile far lo stesso», «creder la stessa
cosa » ; che « i tempi sono combiati »,
ecc.
E’ un errore. I tempi non sono cambiati. Anzi, il tempo è sempre lo stesso E’ il tempo delT«oggi, se udite la
sua voce, non indurate i vostri cuori ». Quel che è cambiato — e talora
disastrosamente — è la facoltà di
considerare il mondo circostante, i
suoi aspetti, i suoi elementi, dal più
grande al più piccolo, da un tramon
lo infuocato al semplice gesto di benedizione di una mano sul capo di
una persona cara, come tipo e simbolo di una realtà spirituale. Quella
facoltà è sul punto di perire.
La scienza non è nemica nè della
fede nè di Dio; è invece nemico del'a fede e di Dio questo inaridimento
degli spiriti, questa morte delTimmaginazione, questa consunzione della
fantasia, che noi portiamo nel nostro
intelletto e nell’anima nostra. Poiché,
fintantoché noi non potremo « vedere
Dio a faccia a faccia », sarà necessario dar luogo alla mediazione soccorrevole del simbolo, attraverso il quale
Dio medesimo ha voluto apparirci. O
la=oter perire la nostra più vera fede
in uno dei due abissi dell’indeclinabile dilemma; bloccare il simbolo in
realtà concreta (con il risultato di
finir per adorare i marmi e coltivare
le più rozze superstizioni) — o negar
ogni possibilità di riferimento simbolico al divino (e dar cosi luogo al più
agghiacciante materialismo che sia
mai apparso sulla terra). r. b.
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4
P«8- 4
L’ECO DELLE VALU VALDESI
31 marzo 1961 — N. 13
)Vl < ■ ,
C A N T O SACRO
Ricordiamo le date delle Feste di canto già fissate e pubblicate dall'ottobre scorso :
Domenica 23 aprile, ore 15: Festa di canto delle Corali della Val Chisone nel tempio di San Germano.
Domenica 30 aprile, ore 15: Festa di canto delle Corali della Val Pellice
nel tempio di Luserna S. Giovanni.
Le Corali della Val Germanasca si riuniranno per la festa di canto
nella data e nella località fissata previo accordo tra le Corali locali ed
il Pastore Franco Davite, membro della Commissione del Canto Sacro.
Domenica 7 maggio, ore 15: Festa di canto delle Scuole Domenicali nel
tempio di Pomaretto.
Domenica 7 maggio, ore 15: Festa di canto delle Scuole Domenicali della Val Pellice nel tempio di Torre Pellice od in una Comunità viciniore.
Per la festa d! canto delle Scuole Domenicali della Val Germanasca, vale quanto detto più sopra riguardo alla Festa di canto delle Corali della medesima zona.
I Direttori delie Corali e delle Scuole Domenicali sono pregati di
segnalare tempestivamente al Presidente della Commissione gli irini
che intenderanno eseguire da sole: ciò al fine di evitare doppioni. Nel
caso che due Corali o due Scuole Domenicali avessero scelto lo stesso
inno, esso verrà cantato da quella Corale o Scuola Domenicale che per
prima lo ha segnalato.
La Commissione del Canto Sacro.
R0RÂ
— Ringraziamo assai la sig.ra Enridietta
Conte per aver tenuto un’interessante conversazione all’Unione delle Madri.
— A cura del Patronato Scolastico ha
avuto luogo, domenica scorsa, una simparca serata. Vi hanno preso parte i bamhini della Scuola del Centro. L’insegnante
sig.na Gagliardo, aveva O'pportunamente
curato la realizzazione di scenette e canti
intonati all’unità d’Italia. Nella seconda
parte della serata un gruppo di giovani ha
messo in scena alcuni sketches. 11 pastore
? il presidente del patronato scolastico,
s’g. Oreste Tourn, hanno rivolto parole
di saluto agli intervenuti e ringraziato i
giovani attori.
— Prendete buona nota di quanto
segue: domenica 2 aprile, Pasqua, alle ore 20 avrà luogo al centro una serata di grande impegno, curata dall’Unione giovanile. Intervenite in
massa ad applaudire il numeroso stuolo di attori.
— Il lunedi di Pasqua alle ore^ 20,30
avrà luogo una serata che vedrà susseguirsi delle vivaci scenette nella
scuola delle Fucine. Attori, i bimbi
della scuola. ,
POMARETTO
Il giorno 9 aprile, visita deU’Evangelista Resini, che presiederà il culto
del mattino al Centro, alle ore 10,30.
Alla stessa ora culto all’Inverso.
Il giorno 14 aprile, venerdì alle ore
20,30, conferenza con proiezioni del
Pastore Bouneau, delle Cevennes.
La domenica 16 aprile il Past. Bouneau presiederà il culto al Centro.
Nessuno manchi.
n D
—1 u M —
Il nostro giornale di due settimane fa
ha brevemente accennato alla dipartenza
della nostra cara sorella Sophie Jeanneret
ved. Baridon. Con involontario ritardo desideriamo aggiungere una parola di vivo
e fraterno ricordo di Colei ohe ci ha lasciati. Perchè essa è stata durante tutta la
sua esistenza terrena una vera « ancella
del Signore ». Esisa ha fedelmente servito
il Signore fin dalla sua giovinezza. Ed è
stala in seguito un valido ainto pel nostro
rimpianto Amico Prof. Paolo Baridon,
nell’opera di fervida testimonianza all’Evangelo, ed in ogni ot>era buona. Hanno
lutt’e due sofferto, specialmente nella loro lunga malattia. Ma l’uno e l’altra hanno sopportato ogni cosa con vera serenità
cristiana.
Il Signore li ha chiamati a Sè, per un
più eccelso servizio, a breve distanza: lui
il 26 Giugno 1960, lei il 12 Marzo 1%1,
ambedue a 85 anni. Il Signore li ha riuniti, e la loro memoria rimane per molti
in benedizione.
Vorremmo che le nostre famiglie fossero come la loro. Ho in proposito un
dolce ricordo. 1 coniugi Baridon celebrarono le loro Nozze d’oro il 1 Novembre
1956, nella semplice intimità di famiglia.
Ma gentilmente m’invitarono a celebrare
con loro la lieta ricorrenza. Nel nostro
brevissimo Culto, ricordai la parola di
S. Paolo: « Or dunque queste tre cose durano: fede, speranza, carità» (I Cor. 13:
13). Tre cose che durano: tre fiori semprevivi. E di questi tre fiori, entrando in casa Baridon, sempre si sentiva il soave profumo. Perchè il Cristo era sempre l’Ospite divino.
La famiglia Baridon non era iscritta
■nella nostra Comunità, bensì nella Assemblea 0 Chiesa dei Fratelli. Ma la Chiesa
Valdese era amata dai Baridon ed anche
aiutata. V’era fra di noi un saldo legame
spirituale di vera e propria fratellanza in
Cristo. Ne abbiamo avuto la prova ai funerali di tutti e due: nel numero degli
iulervenuti, a Torre e Villar Pellice, compresi ben cinque Pastori valdesi, oltre i
ima fraterna rappresentanza dell’Esercito
della Salvezza.
Conceda Iddio consolazione e benedizione alla sorella Sig.na Berthe Jeanneret
ed al fratello Sig. Max (Svizzera), al figlio
Prof. Silvio e consorte, alla figlia Prof.
Elda B. Valente, alle nipotine, ed a tutti
gli altri congiunti.
Un altro augurio: che il seme della Parola largamente sparso dai Coniugi Baridon produca molto fruito. G. Bertinatti
MARSEILLE
Post scriptum
Après avoir envoyé un conipie-ren-du
suücinet de nos manifestations du XVII
Féivrier à Miarseille, je viens de lire les
articles consacrés au même sujet par M.
l’Avocat Serafino et M. le pasteur Davite.
Dois-je taire le plaisir et — po-urquo
pa¡s? _ lia fierté — et M. TAvocat Serafino qui parle de notre « senso di modestia »! — que j’ai ressentis en parcourant
ces lignes? Le plaisir de savoir que nos
hôtes ont aipprécié notre accueil et la fierté de voir comibien notre oeuvre à Marseille a pû paraître utile aux envoyés de
la Table.
<( Nous avons été cocnipiris » : telle pa
rail être la concJusiion ¿e cette rencontre
El pour moi qui me suis quelquefois de
mandé si l’Union Vauidoise faisait vrai
ment oeuvre utile, cette réponse est en
courageante. Qui sait si cette « reconnais
sanee officielle » de la valeur de notre
témoignage ne va pas inciter les «tiède®»
et même les « froids » à agrandir le cercle
de notre Union de Marseille?
En effet — ne le cachons pas — notre
Union ne « touche » pas encore tous les
Vaudoi®. Pourtant, comment ne pas être
fiers (encore!) du chemin parcouru en
quelques années, depuis l’acquisition de
notre Maison. Et si j’écris ceci, bien que
faisant partie de l’équipe dirigeante, c’est
que je pense dire la vérité (sans pour cela
porter un jugement négatif sur nos prédécesseurs). Les memibres cotisants ne sont
certes pas encore 350 ou 400 (n’est-ce-pas,
César Peyronel?), mais c’est bien vrai que,
lors du XVII Février, ce sont quarante
quatre enfants vaudois qui sont montes sur
scène. Même s’ils n’étaient pas 200 au repas fraternel à midi (M. Davite, pardonnez-moi, mais vous exagérez comme un
vrai Marseillais!), s’ils n’étaient donc pas
200 à midi, les Vaudois étaient bien 350
à 400 dans raprès-midi pour applaudir
nos acteurs et chanteur®.
Et ici, permettez à un homme de dire
tout le bien qu’il pense des femmes... de
l’Union Vaudoise! La mienne ne sera pas
jalouse (pour cause: je suis célibataire, et
jeune pour celles que ça intéresserait!) si
j’affirme que l’Union, c’est un peu (soyons
enfin modestes!) leur oeuvre. Je regrette
d’ailleurs que pour des raisons familiales,
je ne puisse m’étendre sur le rôle prépondérant tenu par M.me Poët Henri, qui a
sa créer autour d’elle une équipe si pleine
d’idées et d’enthousiasme que nous, les
liomanes, sommes obligés parfois de contenir (un peu comme un barrage stocke
l’eau et ne laisse édiapper que la quantité
nécessaire au fonctionneiment des turbines!).
Ainsi, l’Union Vaudoise de Marseille
forme une grande famille, unie dans la
foi (même si les Vaudois, M, Serafino, ne
sant pas toujours aussi nombreux au Temple comme lors du XVÏî!).
Mais, au fait, pourquoi le « miracle »
ne se reproduirait-il pàs plusieurs fois'^par
an (chaque Dimanche, c’est peut-être
beaucoup?!) si nous avions un Pasteur
Vaudois? Je sais bien que l’Eglise Réformée nous accueille fraternellement dans
chacune de ses paroisses ; je sais aussi
combien ses Pasteurs sont près de nous en
toutes circonstances. Mais un Pasteur Vaudois à Marseille, est-ce donc un « luxe »?
Je n’ajouterai pas (?) que ça devient une
nécessité! Lucien Ferrerò
N. B. - C’est à titre strictement personnel que je viens d^écrirç ce P. S., conscient d’ailleurs d’interpréter les sentiments de beaucoup!
Billy Graham in italiano
E’ uscita, tradotta in italiano, l’opera di
Billy Graham: «Pace con Dio» - L. 600.
Richiedetelo alla Claiudiana.
La Corale germanica
ttJm tS'tew* MiSiMti m Vilte
un rapporto fraterno con le vane comunità delle Valli offrendo mro
dei concerti corali e strumentali di musica sacra le cui collette conclu
visite reme è programmato fino a questo momento :
Sabato 22 aprile: arrivo degli ospiti a Villar Pellice. villar PeUice
Domenica 23 aprile, ore 10,30: Culto e canto nel tempio di Villa^e^ce.
ore 14: partecipazione festa Corali a ». Germano,
ore 21: concerto nel tempio di Pinerolo.
Lunedì 24 aprile, sera : concerto nel tempio di San
Martedì 25 aprile, sera: concerto nel tempio di Hovriini
Mercoledì 26 aprile, sera: concerto nel tempio di San Giovanni.
Giovedì 27 aprile, sera: concerto nel tempio di Angrogna.
Venerdì 28 aprile: visita a Frali.
sera: concerto nel tempio di Rodoretto.
Sabato 29 aprile, sera: concerto nel tempio di Torre
Domenica 30 aprile, ore 10,30: Culto e canti nel t^^o di Tonno
ore 14 : partecipazione festa Corali a ». Giovami
Lunedilo maggio: (libero).
Martedì 2 maggio: visita a Bordighera e Vallecrc^a.
Mercoledì 3 maggio, sera: concerto nel tempio di Ferrerò.
\ S«r,o ne, 01 a CWs».,
Nel pomeriggio di Domenica, 12 marzo
rUnione femminile ha a-VTito la gioia d
accogliere nel nostro Tempio, le sorelle d
Chiotti e di Massello per la riunione d
preghiera. E’ rimasto in tutte le present
T dolce ricordo di. questa benefica espe
rienza che ci auguriamo possa essere an
cora ripetuta. Alle sorelle della comunilà
vicine, un caldo ringraziamento per la loro
partecipazione e collaborazione.
La nostra Unione ha ricevuto la visita
dei giovani di S. Germano Chisone, accompagnati dal loro pastore sig. U. Bert, sábalo 18 marzo. E’ stata una serata di gioiosa
l'omunione fraterna e ringraziamo ancora i
nostri ospiti per la loro gradita visita, per
il loro messaggio e per il loro studio che
c stato fonte di una interessante discussione.
Sabato 25 marzo nel nostro Tempio hanno celebrato il loro matrimonio Amandina
Poet (Perrero) e Giovannino Pons (Pian
c’a). A questi cari sposi rinnoviamo i nostri migliori auguri di felicità e benedi
zioni nel Signore.
Domenica 26 marzo sono stati ammessi
quali membri della comunità i catecumeni:
Bailma Franca (Traverse), Ferrerò Rina
(Barbencia), Massel Ida (Perrero), Ferrerò
Guido (Grangette), Pons Claudio (Forengo) e Pons Valdo (Plancia). Conceda loro
il Signore di mantenere fedelmente e gioiosamente le promesse pronunciate davanti alla sua chiesa.
Pec il fentenario deirUnilà d’Italia
Mentre si svolgono le celebrazioni
deirUnità dTtalia, ricordiamo che la
Società di Studi Valdesi ha_ pubblicatvi un vivace studio di Luigi Santini:
Dalla Riforma al Risorgimento. I Protestanti e l’Unità d’Italia.
L’opuscolo può essere richiesto alla Claudiana o alla S.S.V. inviando
L. 100 in francobolli.
Direttore resp.: Gino Conte
Coppieri . Torre Peli. ■ Tel. 9476
Sede e Amministrazione
Editrice Claudiana
Torre Pellice - c.c.p. 2/17557
Reg. al Tribunale di Pinerolo
________n. 175, 8-7-1960_______
Tipografia Subalpina - s. p. a.
Torre Pellice (Torino)
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