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Anno VII
numero 29
del 16 luglio 1999
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IL PANE DELLA VITA
«Io sono il pane della vita; chi viene
a me non avrà più fame e chi crede in
me non avrà mai più sete»
Giovanni 6, 35
La prima parte dell’attività di Gesù
culmina nella moltiplicazione dei
pani, evento che impressiona ed entusiasma gli abitanti dei paesi intorno
al lago, tanto da indurli a tentare di
proclamarlo re. L'ostacolo maggiore
per la realizzazione di questo progetto
non sono le autorità che ritengono
Gesù destabilizzante e pericoloso e
cercano di eliminarlo, ma è Gesù stesso con i suoi atteggiamenti e le sue parole. In alcuni momenti dà l'impressione di essere il Messia atteso, in altri
infrange platealmente la legge o pronuncia frasi che appaiono senza senso. Tutti sanno che è di Nazareth, conoscono la sua famiglia: la sua affermazione di esser disceso dal cielo li lascia allibiti. Per questo gli domandano: «Che segno fai perché ti crediamo?». Poiché il più grande miracolo di
Mose è stato la discesa della manna e i
tempi del Messia, secondo la credenza
popolare, devono essere caratterizzati
da un nuovo dono della manna, essi
vorrebbero che Gesù istituzionalizzasse la moltiplicazione dei pani.
/L Padre mio vi dà il vero pane
che dà la vita al mondo» afferma
a un certo punto Gesù. «Finalmente ci
siamo - avranno pensato i suoi fans ora che hai capito cosa vogliamo da te
dacci Sempre di codesto pane». Come
la samaritana al pozzo: «Dammi di
quest'acqua, affinché io non abbia più
sete e non venga più fin qui ad attingere». Ma è solo un momento, poi Gesù
sfugge nuovamente di mano: «Io sono
il pane della vita...». Il vero pane,
quello che risolve definitivamente il
problema del vivere, di cui il saziarsi
fisicamente è solo un aspetto. Se è vero
che abbiamo bisogno di nutrirci materialmente, e Gesù lo sa e ci esorta a
pregare il Padre per il «nostro pane
quotidiano», il suo invito è ad alzare
lo sguardo, a vedere gli affamati e assetati di giustizia, a cercare risposta a
quell’esigenza morale, .sociale, spirituale che trascende l’aspetto biologico
e affonda le sue radici nelle profonde
inquietudini esistenziali che sono in
noi. Pur parlando di pane e promettendo il pane Gesù respinge come tentazione diabolica la riduzione del senso profondo della vita a soddisfazione
delle necessità biologiche: «Non di solo
pane vive l'uomo».
La proposta di Gesù di andare da
lui e di credere in luì sembra oggi
ancora più desolatamente inadeguata
di quanto apparisse ai suoi contemporanei. Ci si illude, o si finge, di saper
dare da mangiare agli affamati, di poter fermare l'odio, la violenza, la tortura, la guerra, di essere in grado di risanare la terra ferita a morte daH’insipienza umana, di aver la capacità di
riparare i mille torti che si perpetrano
ogni giorno. Al tormento della fame e
della sete si risponde con ristoranti,
trattorie, tavole calde, osterie, ma il ci^0 offerto è inquinato, avvelenato,
mortale. Il menù cambia i nomi, i
piatti più recenti si chiamano «pulizia
etnica» e «operazione umanitaria con
dotta con armi intelligenti», ma pie
tanze e bevande hanno sempre lo stes
so sapore: egoismo, odio, razzismo, sopraffazione, distruzione, morte. L’essere umano, affetto da una disperata
bulimia, è divenuto un insaziabile divoratore di porcherie. La Parola di Dio
ci propone una dieta semplice e genui
na: il pane della vita, l’acqua fresca
che disseta eternamente, Gesù Cristo,
Salvatore e Signore nostro e delTuni
verso, re di giustizia, principe della pace, luce del mondo. Chi si ciba di lui si
sazia, si disseta e ha vita eterna.
Emmanuele Paschetto
SKTll.MW.VU: DKU.i: C HIESE EVANGELICHE BATTÍSTE, METODISTE, VALDESI
Una missione ecumenica ha visitato la provincia nei giorni dal 29 giugno al 2 luglio
Kosovo, l'immane compito del ricostruire
La delegazione ha incontrato i principali leader religiosi della regione. Urge ristabilire l'ordine
pubblico e una nuova amministrazione civile. L'impegno delle chiese per la riconciliazione
y
JEAN-JACQUES PEYRONEL
IVTELLE circostanze attuali è
aCÌAI difficile immaginare che il
Kosovo possa rimanere multietnico»; questa è una delle conclusioni v
a cui è giunta la delegazione ecumenica inviata dal Consiglio ecumenico delle chiese (Cec) e dalla
Conferenza delle chiese europee
(Kek), che ha visitato la provincia
martoriata dal 29 giugno al 2 luglio
e che, al suo ritorno a Ginevra, ha
redatto un lungo rapporto.
Nonostante la brevità del soggiorno, la delegazione ha potuto visitare Pristina, Prizren, Pec e Mitrovica, e incontrare i principali leader
religiosi del Kosovo nonché alcuni
capi della Kfor, i responsabili delrOnu a Pristina, e il capo della missione Osee (Organizzazione per la
sicurezza e la cooperazione in Europa) . Attraversando la provincia,
gli 8 membri della delegazione hanno potuto rendersi conto concretamente dell’enormità dei danni e
delle atrocità compiute dalle truppe
serbe. Un orrore indescrivibile, come testimonia del resto il primo
rapporto ufficiale dell’Onu, reso
noto in questi giorni.
Quasi ovunque terra bruciata: case distrutte e incendiate (il 64% secondo rOnu), per non parlare delle
famigerate fosse comuni e dei forni
crematori improvvisati rinvenuti
dalle truppe della Kfor. Eppure, in
poco tempo, gran parte dei profughi sono rientrati nella loro terra. Il
rapporto della delegazione parla di
500.000 persone, ma gli ultimi dati
deH’Alto commissariato dell’Onu
per i profughi (Acnur) parlano di
640.000, cioè oltre il 60% del totale.
Ma cosa trovano al loro ritorno? Per
lo più solo macerie, muri inceneriti
e pericolanti. I più fortunati riescono a risistemare qualche stanza, ma
come faranno quando tornerà l’inverno? E che cosa mangeranno?
Tutto è stato distrutto, saccheggiato, bruciato, inquinato, minato,
dalla follia delle truppe serbe. E ora
che queste ultime se ne sono andate, tutto è da ricostruire, come ha
detto subito dopo la sua nomina, il
Familiari sulla tomba di un kosovaro albanese ucciso dai serbi a Pec
2 luglio scorso, Tamministratore civile deirOnu in Kosovo, Bernard
Kouchner, ex ministro francese della sanità, fondatore di «Medici senza frontiere» e di «Medici del mondo» e primo ideatore, anni fa, del
concetto di «dovere di ingerenza
umanitaria». Kouchner, che si dice
sostenitore della «imparzialità, ma
non della neutralità», ha detto al
giornale Le Monde (4-5 luglio) che
«la sicurezza delle due comunità
[albanese e serba, ndr] è un compito urgente».
Tre giorni prima Paul Miller, di
Amnesty International, aveva detto
ai membri della delegazione, a
Skopje: «L’assoluta assenza di quadro legale e i ritardi delTOnu nelTawiare un’amministrazione civile
pongono seri problemi». Questo
vuoto, secondo Miller, ha lasciato
via libera all’Uck (Esercito di liberazione del Kosovo) che si è autopro
clamata nuovo governo della provincia e che caccia via sistematicamente tutti 1 serbi della regione (si
parla di oltre 100.000 profughi). Secondo Naim Ternava, direttore
dell’Accademia musulmana di Pristina, la responsabilità della maggior parte dei crimini commessi in
Kosovo non ricade sul «regime» di
Belgrado ma su un’ampia parte della popolazione serba del Kosovo. Di
diverso parere il patriarca Pavle e il
vescovo ortodosso Artemije: quelli
delTUck, hanno detto, approfittano del vuoto legale e amministrativo per imporre ovunque la propria
legge, emarginando di fatto il leader moderato Rugova, come ha rilevato con rammarico il vescovo
cattolico romano Sopi.
Tutti concordano: urge instaurare una polizia internazionale e un
tribunale. «C’è bisogno - ha detto il
patriarca Pavle - di un processo di
Irlanda del Nord
Per le chiese è giunto
il tempo della pace
«La storia giudicherà
questo giorno come uno
dei più importanti nella
storia deirirlanda»: con
queste parole Robin Eames, primate della Chiesa
d’Irlanda (anglicana), ha
accolto l’accordo del 2 luglio (vedi lo scorso numero di Riforma, pag. 1) che
stabilisce le date di insediamento del governo
delle 6 contee del Nord e
del disarmo dei gruppi
paramilitari. Entusiasta
anche Sean Brady, primate della Chiesa cattolica,
che ha elogiato coloro che
«hanno lavorato senza sosta, così coraggiosamente
e così pazientemente per
portarci dove oggi siamo
arrivati». Più moderati ma
comunque positivi i toni
del pastore Sam Hutehin- '
son, moderatore della
Chiesa presbiteriana, la
più consistente denominazione protestante dell’isola. In particolare egli
ha invitato tutte le parti
ad ascoltarsi a vicenda e a
considerare con grande
attenzione l’accordo raggiunto «con un atteggiamento di preghiera di
fronte a Dio che ama tutti
1 popoli di quest’isola».
Per Norman Taggart, presidente della Chiesa metodista, «ancora molto resta da fare. Dobbiamo lasciare le divisioni e la violenza dietro di noi», (nev)
La decisione del Tar Lazio
Credito scolastico: esame
di merito a novembre
Il presidente della Fcei,
pastore Domenico Tomasetto, ha reso noto un aggiornamento sul ricorso
presentato al Tar del Lazio
relativo all’Ordinanza ministeriale sulTattribuzione
del credito scolastico.
Pubblichiamo di seguito il
testo: «Oggi 12 luglio si è
tenuta avanti al Tar Lazio
l’udienza fissata per la sospensione delTOrdinanza
del ministro della Pubblica Istruzione riguardante
Tattribuzione del credito
scolastico agli studenti
che si sono avvalsi dell’insegnamento della religione cattolica. Avverso tale
provvedimento avevano
presentato ricorso tutte le
chiese evangeliche italiane che hanno stipulato Intese con lo stato e l’Unione delle comunità israelitiche, denunciando la grave discriminazione nei
confronti degli studenti
che, per motivi di coscienza garantiti dalla Costituzione, non si sono avvalsi
di tale insegnamento.
Il Tribunale, con l’adesione delle parti, ha ritenuto che la delicatezza
della materia e la sua incidenza sull’organizzazione della scuola richiedessero un completo esame di merito in tempi relativamente brevi e a tal
fine ha fissato l’udienza al
22 novembre». (nev)
pubblico pentimento e di perdono». II patriarca ha insistito sulla
priorità della ricostruzione del Kosovo, ribadendo che Milosevic deve dimettersi pacificamente.
Secondo il vescovo ortodosso Artemije, è in atto una pulizia etnica
alla rovescia da parte dei kosovari
albanesi, sotto gli occhi della Kfor.
Se questo dovesse perdurare, ha
detto, sarebbe «il più grande fallimento dell’Onu». Questa preoccupazione sul comportamento delTUck era già stata espressa dallo
stesso segretario generale deU’Onu,
Kofi Annan, in un’intervista al giornale Le Monde del 19 giugno scorso:
«Prevedo che l’Uck porrà dei problemi alTOnu. Incoraggio la Nato a
dispiegare le sue forze il più rapidamente possibile per ristabilire l’ordine pubblico e evitare che TUck ci
impedisca di lavorare in Kosovo».
Che fare dunque nell’immediato? Prima di mtto, scrive la delegazione, garantire il massimo aiuto
umanitario a tutti, e Tincolumità
dei serbi e degli zingari rimasti. Disarmare TUck e sequestrare il maggior numero possibile delle tanti
armi leggere che ci sono in giro.
Stabilire un piano di sminamento
dell’intera regione. Instaurare rapidamente una nuova amministrazione civile, costituire una corte
penale, e ricostruire la società civile. La delegazione ritiene indispensabile la partecipazione delle comunità religiose del Kosovo alla
Conferenza dell’Unione europea
sulla ricostruzione della provincia
convocata per il 31 luglio.
Tutte le personalità incontrate
hanno ribadito la loro speranza di
vedere rinascere un Kosovo multinetnico che rispetti i diritti umani,
la giustizia e le leggi, anche se tutti
hanno ammesso che le ferite dei
massacri e dell’odio reciproco richiederanno molto tempo per rimarginarsi. Ma il compito specifico delle chiese e delle comunità
religiose, oltre a quello immediato
degli aiuti umanitari, rimane quello della riconciliazione, anche se
per ora questa parola appare del
tutto utopica.
MEDITAZIONESf
Profezia e sacerdozio
di ARRIGO BONNES ^
A PAGINA ^
SPIRITUALITÀ W ... .
L’immagine del fuoco
di ENRICO BENEDETTO
A PAGINA
^ Ci. U LTT U Fi V i»''?
Esegesi biblica femminile
diLGIORGIeM.D’AURIA ^
A PAGINA .5
EDITORIALE
La sanità del 2000
di DANIELE BUSETTO ^
A PAGINA / 0
COMMENTO
Eutanasia e suicidio
di SERGIO BflOPFERIO
2
r
PAG. 2 RIFORMA
All’As
Della Parola
VENERDÌ 16 LUGLIO 19qq
«Woi offrite sul mio
altare cibo
contaminato,
ma dite: “In che
modo ti abbiamo
contaminato?”.
L’avete fatto dicendo:
“La tavola del
Signore è spregevole.
‘^Quando offrite in
sacrificio una bestia
cieca, non è forse
male? Quando ne
ojfrite una zoppa
o malata, non è forse
male? Presentala
dunque al tuo
governatore! Te ne
sarà egli grato?
Ti accoglierà forse
con favore?” dice il
Signore degli eserciti.
® “Ora, implorate
pure il favore di Dio,
perché egli abbia
pietà di noi! È con le
vostre mani che
avete fatto questo!
Egli dovrebbe aver
riguardo alla
persona di qualcuno
di voi?” dice il
Signore degli eserciti.
“Ci fosse almeno
qualcuno di voi che
chiudesse le porte!
Così non
accendereste invano
il fuoco sul mio
altare! Io non prendo
alcun piacere in voi”,
dice il Signore degli
eserciti, “e non
gradisco le offerte
delle vostre mani.
^'Ma dall’Oriente
all’Occidente il mio
nome è grande fi-a le
nazioni; in ogni
luogo si brucia
incenso al mio nome
e si fanno offerte
pure; perché grande
è il mio nome fra le
nazioni” dice il
Signore degli eserciti.
“Voi però lo
profanate quando
dite: La tavola del
Signore è
contaminata, e ciò
che dà come cibo è
spregevole.
Voi dite anche:
Ah, che fatica!
e mi trattate con
disprezzo”, dice il
Signore degli eserciti.
“Offrite animali
rubati, zoppi o
malati, e queste sono
le offerte che fate!
Dovrei io gradirle
dalle vostre mani?”
dice il Signore.
“Maledetto il
disonesto che ha nel
suo gregge un
maschio, e offre in
sacrificio al Signore
una bestia difettosa!
Poiché io sono un Re
grande” dice il
Signore degli eserciti
“e il mio nome è
tremendo fra le
nazioni»
(Malachia 1,7-14
PROFEZIA E SACERDOZIO
L'ultimo profeta, Malachia, tenta di ricompattare il popolo attraverso il servizio
del Tempio che era diventato il segno dell'alleanza tra Yhwh e il suo popolo
ARRIGO BOHNES
Lì INVETTIVA del profeta conI tro il sacerdote sembra confermarci nella convinzione che
c’è un’incompatibilità tra fede e
religione, tra profezia e Legge,
tra etica e rito. E Malachia, questo anonimo profeta che chiude
la lista dei Dodici minori, sembra
perfettamente in linea con gli altri grandi profeti che l’hanno
preceduto nel cammino della
storia dei rapporti tra Yhwh e il
suo popolo di Israele.
Come non pensare alle pagine memorabili di denuncia pronunciate da un Amos e da un
Geremia contro i sacerdoti del
loro tempo? Sì, certo, l’invettiva
di Malachia non sembra avere
la stessa forza d’urto: uno scrittore ebreo lo definirà «un modesto artigiano che si sforza di
rendere profeticamente valido il
nuovo Stato» ma lui, in realtà,
incarna un nuovo tipo di profeta poiché mentre i suoi illustri
predecessori avevano come
preoccupazione fondamentale
l’etica del popolo e dei sacerdoti, Malachia e suoi immediati
predecessori, come Aggeo e
Zaccaria, hanno il compito di
salvaguardare il Tempio, il rito.
macchiano invece i sacerdoti
della metà del quinto secolo, che
viene denunciato da Malachia, è
quello di aver offerto dei sacrifici
impuri: «Voi offrite sul mio altare
cibo contaminato...» (1,7).
Anche Amos aveva dovuto dire
per conto di Yhwh «Io odio, disprezzo le vostre feste... se mi
offrite i vostri olocausti e le vostre offerte io non le gradisco; e
non tengo conto delle bestie
grasse che mi offrite in sacrifici
di riconoscenza» (5,21-22) e Malachia, a sua volta, annuncia ai
sacerdoti la parola di Yhwh che
dice: «Io non prendo alcun piacere in voi e non gradisco le offerte delle vostre mani» (1, 10).
Ma l’analogia finisce qui. La situazione è profondamente cambiata. Nel primo caso Israele viveva un tempo di abbondanza,
le offerte erano generose, il popolo andava a Betel o a Ghilgal,
offriva i suoi olocausti ma peccava sempre più e l’invito non poteva che essere: «Scorra il diritto
come acqua e la giustizia come
un torrente perenne!» (5,24).
anche un tipo corruttibile se
Malachia domanda: «Ti sarà egli
grato [il tuo governatore] se gli
porti una bestia malata? Ti accoglierà forse con favore?» (1, 18).
Gerusalemme era sempre una
piccola città, senza mura, scarsa
di popolazione, provincia di un
altro impero, da secoli lontana
dall’antico splendore. Fin dall’inizio, il popolo baldanzoso
che era ritornato si era arenato
davanti alle difficoltà e già per
ricostmire il Tempio era dovuto
intervenire il profeta Aggeo.
L’allora governatore Zorobabele
e il sacerdote Giosuè non erano
riusciti a convincere la popolazione a collaborare...
Le ragioni del giudizio
Al tempo di Amos
Ricordiamo tutti le infuocate parole di Amos contro
coloro che «vendono il giusto
per danaro e il povero a causa di
un paio di sandali» (Amos 2, 6) e
contro il sacerdote Amasia il
quale dicendo ad Amos «a Betel
non profetizzare più, perché è
un santuario del re» (7, 13), afferma di non essere al servizio di
Dio, ma del Re e quindi, profanando volontariamente il suo
sacerdozio, vuole essere considerato soltanto un devoto funzionario. Il peccato di cui si
Preghiamo
Concedi, Padre di ogni grazia, a tutte le nazioni che hai
poste sulla terra, la benedizione di conoscere te, l’unico
vero Dio; ma benedici soprattutto la tua santa chiesa universale e ricolmala di grazia e verità. Dove è corrotta, purificala; dove sbaglia, correggila; dove è nel giusto, rafforzala; dove è divisa e lacerata, sana le sue fratture. Ricolma
tutti coloro che in essa hai chiamato a qualsiasi ufficio di
verità dottrinale e innocenza di vita. Che le preghiere salgano fino a te come incenso prezioso, che le loro invocazioni e lacrime per la città di Dio non siano vane.
John Wesley
(tratto da Cuori ardenti - Le preghiere della famiglia
Wesley, Claudiana, Torino, 1996, p. 130)
Al tempo di Malachia
Al tempo di Malachia le cose
non dovevano andare altrettanto bene; se le offerte consistevano in bestie cieche, zoppe o
malate (1, 8) possiamo pensare
anche a dei possibili problemi
economici, ma il problema di
fondo era che il popolo faceva
offrire dai sacerdoti a Yhwh gli
scarti e non le primizie perché
era profondamente deluso: Dio
non aveva mantenuto le sue promesse! Che cosa non avevano
promesso i profeti su quello che
sarebbe accaduto dopo il ritorno dall’esilio babilonese: «Sì, voi
partirete con gioia, e sarete ricondotti in pace; i monti e i colli
daranno in gridi di gioia dinanzi
a voi...» (Isaia 55, 12) e ancora
«Non più il sole sarà la tua luce
nel giorno; e non più la luna ti illuminerà col suo chiarore; ma
Yhwh sarà la tua luce perpetua... Il tuo popolo sarà tutto
quanto un popolo di giusti; essi
possederanno il paese in perpetuo... Yhwh Tha giurato: Io non
darò mai più il tuo frumento per
cibo ai tuoi nemici; e i figli dello
straniero non berranno più il
tuo vino, frutto delle tue fatiche...» (Isaia 60, 19; 21; 62, 8).
Che splendido quadro avevano
tracciato del nuovo Israele, della
nuova Gemsalemme! E invece al
posto dei babilonesi erano venuti i persiani.
Il governatore doveva essere
E così, una difficoltà dopo l’altra, la popolazione viveva
sempre più nella convinzione
che Dio non aveva mantenuto la
parola. Non solo non aveva manifestato la sua potenza e aveva
lasciato il popolo a rotolarsi nei
suoi problemi, ma in più poneva
delle grandi esigenze: pretendeva un culto costoso con grassi
olocausti da offrire e una pletora
di sacerdoti da mantenere per il
servizio del tempio e, non ultima, una vita retta da leggi severe! Cosa potevano fare i sacerdoti in questo contesto? Perché il
profeta se la prende con loro?
Malachia indica tre ragioni:
- la prima è l’insoddisfazione
con la quale vivono il ministero
loro affidato. Essi dicono «La tavola di Yhwh è spregevole» (1,
7). «La tavola di Yhwh è contaminata, e ciò che dà come cibo è
spregevole» (1, 12). «Voi dite anche: “Ah che fatica! E mi trattate
con disprezzo’’» (1,13). Vivono il
loro ministero con insoddisfazione, recriminano, lo giudicano
faticoso, improduttivo. Si sentono defraudati del loro diritto di
essere trattati da «fùnzionari del
divino». Sono al servizio di un
«divino» di poco peso: promette
molto, mantiene poco! Non è in
grado di raccogliere molto! Altri
«padroni» sono decisamente in
grado di dare di più...
- la seconda è il rapporto fondato sul sistematico inganno nei
confronti di Yhwh: «Maledetto il
disonesto che ha nel suo gregge
un maschio e offre in sacrificio a
Yhwh una bestia difettosa!» (1,
14). Un inganno perpetuato da
colui che deve offrire il sacrificio, ma avvalorato dal sacerdote
consenziente! L’insoddisfazione
produce svalutazione. Il rito del
sacrificio diventa appunto solo
un rito, dietro ad esso non c’è
più il Dio che ha stabilito un
patto con Israele, ma un’entità
astratta che si può liberamente
ingannare, forse perché nemmeno esiste: l’insoddisfazione
ha forse prodotto incredulità.
A queste prime due realtà Malachia contrappone una realtà
sconosciuta ai sacerdoti, ma già
presente nell’orizzonte della
diaspora ebraica nata dalla deportazione babilonese: «Ma
dall’Oriente all’Occidente il mio
nome è grande fra le nazioni; in
ogni luogo si brucia incenso al
mio nome e si fanno offerte pure; perché grande è il inio nome
fra le nazioni» (1, 11). È il culto
sinagogale? È la diffusione della
conoscenza della fede in Yhwh
portata dagli ebrei nel mondo di
allora? È il proselitismo? È l’apertura alle nazioni più volte
promessa dai profeti che si sta
realizzando? È l’inizio dell’abrogazione del sacrificio cruento? Si
sta per aprire un tempo senza
un sacerdozio codificato, e lo
deve dire proprio Malachia, l’ultimo profeta che farà poi posto
soltanto ai sacerdoti che per secoli poi egemonizzeranno la vita
religiosa di Israele?
il tradimento della Legge
La terza ragione è il tradimento della Legge. «Le labbra del sacerdote sono le custodi della scienza e dalla sua bocca si ricerca la legge, perché egli
è il messaggero di Yhwh ma voi
vi siete sviati, avete fatto inciampare molti nella legge, avete violato il patto di Levi» (2, 7-8). È in
virtù della Lepe, della Torah,
che i sacerdoti dovevano insegnare e praticare il culto nel
Tempio. Tolto il fondamento
non c’è più spazio neanche per
il ministero. Parole gravi, pesanti come macigni. I profeti Aggeo
e Zaccaria, il governatore Zorobabele, il sacerdote Giosuè avevano cercato di ricompattare il
popolo di Israele attorno al
Tempio e Thanno ricostruito. Lo
scriba e sacerdote Esdra e il governatore Nehemia hanno cercato di ricompattare il popolo
intorno alla Parola intesa come
Legge e commento. L’ultimo
profeta, Malachia, tenta di ricompattare il popolo attraverso
il rito, il servizio del Tempio. Esso era diventato il segno dell’alleanza tra Yhwh e il suo popolo
in un tempo in cui la tqrra non
era più il luogo dell’alleanza.
Note
omiletiche
(l-continua)
- Giovanni Boggio, Giàele-Baruc-Abdia-AggeoZaccaria-Malachia, gli ultimi profeti: Queriniana,
Brescia, 1991, LoB 1.26; il
capitolo: «li periodo del
dopo esilio» e quello relativo al libro.
- C. E. Cornili, / profeti
di israele: Gius. LaTerza &
Figli Editori, Bari, 1923; il
capitolo: «Gli epigoni del
profetismo israelitico».
- André Neher, L'essenza del profetismo: Marietti, Casale Monferrato,
1984; in particolare il capitolo su «Profezia e sacerdozio».
- Carol A. Newsom &
Sharon H. Ringe (a cura
di). La Bibbia delle donne
- Un commentario, volume 2°, da Ester ai Beuterocanonici (edizione italiana a cura di Teresa Franzosi): Claudiana, Torino,
1998; il capitolo «Malachia» a cura di Beth Glazier-McDonald.
- Mary Margaret Pazdan, / libri di Gioele - Ab
dia-Aggeo-Zaccaria-Male
chia: Queriniana, Brescia,
1996, BT17; il capitolo:
«Introduzione» e quello
relativo al libro.
- P. G. Rinaldi, C.R.S-fLuciani (a cura di) La Sacra
Bibbia - I profeti minorivolume 3”, Marietti, Tonno-Roma, 1969.
- Paolo Sacchi, Storia
del Secondo Tempio
abbonamenti 1999
. » /s
interno
Per
approfondire
- /
srae/e tra VI secolo a.C et
secolo d-C-, Sei Torino
1994; parte 2“: «Il periodo
sadocita-il primo sadocitismo (520-400 circa a.C.)»- J. Alberto Soggin, Storia di Israele - Dalle origli
a Bar Kochbà: Paideia,
Brescia, 1984; parte IV capitolo 12° «Sotto l'impero
persiano».
vene
Il libro di Malachia conclude la raccolta dei dodici
profeti e chiude, nelle nostre Bibbie, la parte relativa alla «Scrittura di Israele». Gli studiosi non hanno la certezza che si tratti
di un nome proprio, assunto dai profeta magari
dopo la vocazione, e nulla
sappiamo della sua vocazione: né i tempi, né i modi. La situazione che egli
denuncia è quella che ci
aiuta a stabilire, anche se
còn qualche lieve approssimazione, l'epoca del suo
ministero, ma non ci è di
aiuto per la durata. Il luogo dove ha svolto il suo
compito di «profeta» deve
essere necessariamente
Gerusalemme visto che la
sua prima denuncia è contro i sacerdoti.
Da un lato Malachia ci
offre l'immagine di un
nuovo tipo di profeta: egli
presenta una relazione
creativa tra la Legge e i
profeti ma nello stesso
tempo, con lui, il profetismo fa la sua ultima apparizione e lo spazio religioso verrà, dopo, interamente occupato dai sacerdoti.
Malachia ha esercitato il
suo ministero in una situa- i
zione di estrema diffi- !
coltà. Aveva davanti a sé
un sacerdozio stanco che
non era più in grado di |
valutare gli abusi cultuali,
religiosi e sociali che si aggrovigliavano nella vita
del popolo. Per Malachia
Dio è il gran Re che sarà
onorato in un culto universale. Egli ha stabilitola
sua alleanza col suo popolo e anche se quest'ultimo
pare non accorgersene (I,
2-5), Dio lo ama e interverrà in suo favore invian- !
do il profeta Elia che convertirà il cuore dei padri e
dei figli per non coipireil
paese di sterminio (4, 5-6).
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PAG. 3 RIFORMA
La Bibbia ci insegna a parlare di Dio con immagini, metafore e parabole
Dio «mette a fuoco» ciascuno di noi
Quella del fuoco è una delle imnnaginj più frequenti utilizzate nella Bibbia per
descrivere la relazione appassionata dell'essere umano con il Signore e viceversa
ENRICO BENEDETTO
STAI fermo, altrimenti
il babbo non riesce a
métterti a fuoco!». Bambino,
mi chiedevo perché mai papà
dovesse bruciarmi, e con la
complicità di mamma, armeggiando dietro un macchina fotografica. Non che
fossi veramente spaventato.
Ma, in attesa che a scuola mi
insegnassero i rudimenti
deU’ottica, quella misteriosa
fiamma nascosta nell’apparentemente innocuo apparecchio paterno mi turbava
come, in tutt’altro campo,
l’atroce favola della «Piccola
fiammiferaia», che consuma
I uno dopo l’altro gli zolfanelli
rimasti quasi fossero una lanterna magica cui affidare i
propri sogni, mentre la notte
e il gelo incalzano paralizzandola poco a poco nel sonno
della morte.
Ci ho ripensato lo scorso
anno, vedendo guizzare i falò
I del XVII Febbraio. Festosi,
I gagliardi, solari, prometei.
Punteggiavano le Valli disegnando una mappa notturna
d’esultanza antica. Fuochi
sin troppo umani eppure
I ogni qualvolta è in gioco la
I fiamma viva, dunque non ancora colonizzata dall’Italgas,
fremiamo. Malgrado la nostra reticenza e le inerzie
dell’abitudine, riesce ad aprire. una breccia anche nell’io
più blindato, risvegliando
sotto le ceneri delle nostre
placide e incombustibili esistenze un barlume di «fuoco
sacro». Gli esempi non mancano. Dagli accendini che
trasformano in Pentecoste
rock i concerti più divinamente belli affratellandone il
pubblico, ai «fuochi artificiali» a cui si affida il rituale propiziatorio di Capodanno, al
diluvio di fuoco purificatore
su Belgrado novella Sodoma
(nelle Bibbie versione Nato),
Infiamma ci infiamma usando spesso le contraddizioni
umane per combustibile. Le
fiaccolate neopaganeggianti
in cui eccelleva il nazionalsocialismo, i roghi di uominidonne-libri e i carboni accesi
iitfemali cari al nostro immaginario, eclissano spesso il
«frate foco» laudato da Francesco, le lampade che nella
parabola evangelica le vergi
ni savie seppero mantenere
accese aspettando il Messia e
il Dio amante focoso cui la
Bibbia dedica pagine indimenticabili.
Orfana del pruno ardente e
purtroppo al riparo da tentazioni pentecostali, la civiltà
occidentale si lascia nondimeno ipotizzare con straordinaria facilità dal solo elemento che l’uomo sappia «produrre» ma incontrollabile, pericoloso e ambiguo per definizione. «Il fuoco non dice
mai “basta”», leggiamo al capitolo 30 dei Proverbi. E il
Cantico dei Cantici ammonisce: «Le grandi acque non potrebbero spegnere l’amore»
inaugurando la fortunata metafora della passione amorosa
come incendio inestinguibile.
Tra gli insospettabili piromani troviamo peraltro GesùPrometeo: «Io sono venuto ad
accendere un fuoco sulla terra; e che mi resta da desiderare se già è. acceso?» (Luca 12,
49). E Mefistofele, a cui Goethe fa dire; «Se non mi fossi
riservato la fiamma, non avrei
nulla di mio».
L’ambivalenza del fuoco è
tale che riesce difficile farsene, dentro e fuori la Bibbia,
una ragione. Nei due Testamenti costituisce Grazia, castigo, tempratura, kit per il
sacrificio, ammonimento minaccioso, segno escatologico,
utensile quotidiano e tuttavia
mai neutro. Il testo forse più
scottante, in senso esegetico,
del Pentateuco non esordisce
forse «Abramo prese in mano
il fuoco e il coltello» per scannare Isacco e offrirlo in olo
causto? Controprova: nel linguaggio corrente «focolare»
polarizza valori positivi mentre «focolaio» evoca pericoli,
epidemie, morte. Eppure, ci
dice l’etimologia, sono esattamente la stessa parola, divaricata in accezioni antitetiche.
Il catalogo dei «fuochi» si
direbbe inesauribile. «Anche
la lingua è un fuoco» osserva
Giacomo, aggiungendo che
«può incendiare una grande
foresta». Non si riferiva ai
media, ma due millenni dopo
sappiamo che propaganda,
manipolazione e giornalismo
tendenzioso sono deleteri come la maldicenza individuale; «ognuno verrà salato con
il fuoco» ammonisce inoltre a
sorpresa Gesù (Marco 9, 49)
accorpando in un’immagine
ardita due simboli di grande
potenza evocativa. Sì, Dio
tempra l’uomo. Il «battesimo
del fuoco» (Matteo 3, 11) è
affar suo, non delegabile, per
nostra fortuna, alla chiesa.
Leggiamo infine nei deuteroIsaia (cap. 43, 2b-3a); «Quando camminerai nel fuoco
non sarai bruciato e la fiamma non ti consumerà, perché io sono il Signore, il tuo
Dio, il Santo d’Israele, il tuo
salvatore».
L’uomo-falena giunge qui
al capolinea. Se, come sostiene la psicoanalisi, il fuoco
prefigura il desiderio nella
sua valenza più divorante e
non di rado autodistruttiva, la
Scrittura ci suggerisce un approccio nuovo. L’«attrazione
fatale» cede il posto alla speranza. L’Eterno abolisce la soglia del non ritorno. Conti
nueremo forse a valicarla per
bruciarci le ali come Icaro,
ma il precipitare schiantandosi non è più ineluttabile.
Un Dio di misericordia ci invita nell’Evangelo a deporre
in lui le nostre pulsioni, i fuochi più o meno fatui intorno a
cui ruota l’esistenza umana.
Ma, nel contempo, avoca il
fuoco a sé, trasformandolo
nel proprio sigillo. Dio non
spegne, incendia. Confessando un Gesù pompiere edificheremmo una religione
freddina calibrata sulla paura, l’astinenza e la rinuncia
permanente. Meglio riscaldarsi al fuoco della fede. O almeno provarci.
In definitiva, non è casuale
che la Sacra Scrittura ci risparmi il mito più diffuso
nelle mitologie indoeuropee,
africane e amerinde ossia
l’«invenzione del fuoco». La
Genesi non ci spiega da dove
arrivi. Il settimo giorno, Dio
si riposerà ignorandone sovranamente il ruolo. Ma se,
complice questa provvidenziale dimenticanza, la sua
origine resta nel vago obbligandoci quindi a non divinizzarlo, la Bibbia ne fa in compenso una presenza costante
e decisiva che accompagnerà
l’uomo nella sua relazione
con Dio. E viceversa.
Dio «mette a fuoco» ciascuno di noi senza immobilizzarci in posa. Coglie l’uomo, da
paparazzo divino, nel suo
movimento. Anzi, glielo rivela
in maniera nitida, irrefutabile. E talora impietosa («ma
sono davvero io quello lì? Eccome»). A differenza dei grandi fotografi, non uccide i suoi
modelli consegnandone il
profilo «immortalato» ai posteri, bensì ci fa ri-vivere. Il
suo è uno sguardo che interagisce con il nostro, cambiandolo. Ricordo che negli Anni
70 furoreggiava il distintivo
«Smile! lesus loves you». Sorridi! Gesù ti ama. Io che ero
incapace di sorridere a comando per esigenze da album familiare, avvertii forse
per la prima volta che dietro
la Kodak poteva esserci un
Padre Nostro, diverso e liberatorio. Iniziavo ad accorgermi, ma il cammino fu lungo e
non si può dire concluso, che
lontani da Dio rimaniamo irrimediabilmente sfocati.
Un falò del XVII Febbraio a Villar Penice
(foto s.a.h.)
UN INNO
Metti la tua lampada
sopra il moggio
«Metti la tua lampada sopra il moggio,
E tanto meglio se si spegne!
Giacché proverai una vera gioia.
La tua preghiera sarà la torcia
Che il Signore manterrà accesa.
Metti la tua lampada sopra il moggio,
E tanto meglio se la rovescia
E se il tuo legno prende fuoco;
Non patirai il male
Che ti avrebbe fatto il fuoco di là sotto?
Metti la tua lampada sopra il moggio,
E tanto meglio se le tue dita bruciano
Sino a non poterla più reggere:
Visto che nel tuo cuore c’è posto per due,
il Signore la reggerà in tua vece.
Metti la tua lampada sopra il moggio,
E tanto meglio se non hai più nulla
da consumare, nemmeno per lui:
Dio fornisce il fuoco e la legna.
Dunque brillerai in lui».
Patrice de la Tour Du Pin
(da «Prióre du Temps présent», 1980, p. 1536)
Il testo di Isaia
- (versione Nuova Riveduta)
'Nella morte del re Uzzia, vidi il Signore seduto sopra un
trono alto, molto elevato, e i lembi del suo mantello riempiWno il tempio. ^Sopra di lui stavano dei serafini, ognuno
àei quali aveva sei ali; con due si copriva la faccia, con due
ti copriva i piedi e con due volava. ^L'uno gridava all’altro,
^diceva: «Santo, santo, santo è il Signore degli eserciti! Tutìa terra è piena della sua gloria!». “le porte furono scosse
dafie loro fondamenta dalla voce di loro che gridavano, e la
fu piena di fumo. ^Allora io dissi: «Guai a me, sono
perduto! Perché io sono un uomo dalle labbra impure e abfi
in mezzo a un popolo dalle labbra impure; e l miei occhi
hanno visto il Re, il Signore degli eserciti!». ^Ma uno dei serafini volò verso di me, tenendo in mano un carbone ardente, tolto con le molle dall’altare. ^Mi toccò con esso la bocca,
e disse: «Ecco, questo ti ha toccato le labbra, la tua iniquità
è tolta e il tuo peccato è espiato».
Ogni settimana...
i^iforma ti fa conoscere un mondo evangelico più grande
quello che puoi conoscere con la tua esperienza diretta.
L’abbonamento ordinario costa 105.000 lire (invariato dal
^997); se il tuo reddito familiare non te lo consente, puoi utilizzare liberamente l’abbonamento ridotto di 35.000 lire,
oppure puoi fare un abbonamento semestrale che costa
55.000 lire; se, invece, hai qualche risorsa in più, aiutaci con
i abbonamento sostenitore di 200.000 lire o inviandoci una
qualsiasi cifra in dono: aiuterai chi non se lo può permettere.
*9ll abbonamenti decorrono, per dodici o sei mesi, dal giorno
di ricevimento della prima copia del giornale.
Isaia parla di un Dio piromane, l'opposto di un Dio pompiere spegni ardori
Spesso la vocazione dei profeti scotta da capo a piedi
La vocazione di Isaia scotta
da capo a piedi. 11 fuoco è la
miccia e, nel contempo, il coronamento della narrazione.
Camminiamo sui carboni ardenti come quello che un
messo d’eccezione (l’angelo
a sei ali: e gli angeli sono i
media della Rivelazione) usa
per cauterizzare le labbra di
Isaia, sancendo in tal modo il
perdono. Serafino è, letteralmente, «colui che divampa».
Senza consumarsi, beninteso, come la spada fiammeggiante che i suoi colleghi cherubini brandiscono nella Genesi per impedire che l’uomo
e la donna tornino sui loro
passi barattando il futuro con
le nostalgie di un passato irreversibile. Angeli incandescenti, insomma, e non freddini, calmi, compassati... come l’aggettivo «serafico» vorrebbe farci credere. E dopo le
fiamme, il fumo. Lo incontriamo al versetto 4, dove invade la casa del Signore. Protegge l’uomo, schermando
Dio, la cui gloria acceca. È
uno scenario mosaico, resoci
familiare dalla trasfigurazio
ne di Gesù. Del resto ancora
oggi il rabbino officiante si
pone le mani sul volto affinché il fiammeggiante splendore divino lo risparmi. E la
fanciulla, la donna che il venerdì sera accende le candele
dello shabbat, suole farlo a
occhi semichiusi. Rammentiamoci inoltre che l’incenso,
onnipresente nella liturgia
ortodossa e a cui ricorre anche la tradizione cattolica,
non profuma solo: la sua funzione è introdurre una cortina fumogena, velare il creatore in presenza della creatura. Terzo elemento igneo: le
braci. Il nostro serafino ricorre a una precauzione assai
umana e poco angelica: estrae il carbone acceso con le
molle per non ustionarsi. Ma
brucerà, perlomeno simbolicamente, la bocca di Isaia.
Nasce l’uomo dalle labbra in
fiamme. Come stupirsi che i
suoi discorsi infiammino il
popolo e la corte? Sì, la Parola non costituisce soltanto
una lampada ai nostri piedi,
come dice il salmista ma anche una formidabile e inatte
sa torcia: al suo cospetto
l’uomo, che si credeva ignifugo, scopre di essere combustibile. Può quindi farsene
lambire, irradiando verso altri uomini e donne calore, luce, misericordia.
È un Dio piromane, quello
che parla a Isaia. Rendiamogli grazie. Smaschera il Dio
pompiere, il Dio spegni ardori, il Dio rinuncia caro a una
certa morale cristiana. Bisognerebbe scrivere «Attenzione: pericolo d’incendio» sulle
porte di chiese, templi e sinagoghe. Come il perdono e la
grazia il fuoco è, a differenza
dell’acqua, contagioso. Dal
pruno ardente attraverso cui
l’Eterno parlò a Mosè fino al
calor bianco dell’Apocalissse
Dio scalda (e, talora, surriscalda) il suo popolo. Cercheremmo invano nelle Scritture
un Dio tiepido. Rassegniamoci: è bollente.
Eppure preferiamo sovente
ignorarlo. Tanto più che tradizione vuole che il fuoco
simboleggi un Dio a rovescio:
Satana. E il carbone acceso
del versetto 6 ricorderà forse
a qualcuno i supplizi danteschi; Ma raccontando la sua
chiamata in un breve flashback, un profeta di Israele ci
suggerisce di non cercare la
salvezza negli estintori. A
Pentecoste non piovono gocce ma fiammelle sui discepoli
di Gesù, infuocandoli. La
combustione è una straordinaria metafora del cambiamento. Il fabbro non opera a
freddo, ben sapendo che è
impossibile modellare il metallo senza infrangerlo. Il Dio
di scottante attualità che forgia (cioè ri-forma l’uomo)
usa in fondo la stessa amorevole precauzione. Non simboleggia morte né condanna
ma duttilità ritrovata.
Un insospettabile Charles
Baudelaire pregava: «...è davvero, Signore, la migliore testimonianza che possiamo
offrire della nostra dignità.
Questo singhiozzo ardente
che rotola d’era in era e viene
a morire sul bordo della vostra eternità». Una preghiera
di acqua (le lacrime) e fuoco.
Come il battesimo. Come la
nostra vita.
4
PAG. 4 RIFORMA
VENERDÌ 16 LUGLIO 199q
È deceduto il 29 giugno scorso di un cancro alla gola all'età di 66 anni
Karekin^ pastore del popolo armeno
Nel '95 venne eletto catholìcos di tutti gli armeni. Riportò la sua chiesa nell'ambito
del movimento ecumenico. Fu membro dei Comitati centrale e esecutivo del Cec
Il catholìcos Karekin, capo
della Chiesa apostolica armena e grande ecumenlsta, è
morto 11 29 giugno scorso, di
un cancro alla gola. Aveva 66
anni.
Karekin aveva studiato teologia a Oxford e parlava diverse lingue. Nel 1995 era diventato patriarca e catholìcos
supremo di tutti gli Armeni
della Santa Sede di Etchmladzln, con una comunità di
oltre sei milioni di fedeli nel
mondo. Aveva la visione di
una chiesa dinamica, vicina
al fedeli e aperta ad altri cristiani pur rimanendo radicata nella propria tradizione.
Così come le vecchie chiese
orientali non calcedonesl, la
Chiesa apostolica armena rifiutò le conclusioni del Concilio di Calcedonia del 451,
molto tempo prima del grande scisma del 1054 tra Roma
e Costantinopoli.
I leader ecclesiastici di tutto 11 mondo hanno pregato
per Karekin e Inviato messaggi di condogfianze alla Chiesa
apostolica armena. «È con
profonda tristezza e con un
profondo senso di perdita
che 11 Consiglio ecumenico
delle chiese (Cec) ha saputo
della morte di Karekin, che fu
vicepresidente del Comitato
centrale del Cec dal 1975 al
1983. Karekin era diventato
catholìcos di tutti gli armeni
della Santa Sede di Etchmladzln nell’aprile 1995 e fu
11 primo leader della Chiesa
eletto dopo secoli In un’Armenia Indipendente. SI trovò
confrontato con l’Immensa
sfida posta dalla nuova situazione di quel paese di 3,5 milioni di abitanti dopo sette
decenni di oppressione comunista e secoli di dominio
russo, turco e siriano.
Karekin era il 131“ catholicos ad occupare la carica della Santa Sede di Etchmiadzin.
L’Armenia adottò ufficialmente il cristianesimo intorno al 301 sotto il re Tiriade
III, convertito da Gregorio
rilluminatore, un decennio
prima della conversione dell’imperatore Costantino. Karekin era nato nel villaggio di
Kessab, in Siria, il 27 agosto
1932, e ricevette il nome di
Nishan Sarkissian. Dopo studi al seminario, fu ordinato
prete nel 1952 e prese il nome di Karekin, in memoria di
un ex responsabile della
chiesa. Studiò a Oxford dal
1957 al 1959, quindi diventò
decano del Seminario armeno di teologia del Catholicossat di Antelias. Dopo essere
stato prelato della diocesi di
lulfa, in Iran, poi rappresentante del catholìcos Khoren
presso la diocesi orientale di
New York, fu coadiutore del
catholìcos dal 1977 al 1983,
quindi eletto catholìcos col
nome di Karekin II di Cilicia
presso la sede di Antelias, in
Libano, tra 11 1983 e il 1995.
II Catholicossat della Cilicia della Chiesa armena, con
sede in Libano, fu fondato
nel 1293. Sul piano spirituale
e amministrativo, è su un
piano di parità con la sede
della chiesa in Armenia, a Etchmiadzin. Nel 1956, il Catholicossat di Cilicia ruppe
con la sede di Etchmiadzin
alla quale rimproverava il
suo asservimento al regime
sovietico in Armenia. I rapporti tra le due sedi sono fortemente migliorati a partire
dal 1983. Il Catholicossat di
Cilicia respinse però la proposta della sede di Etchmiadzin che chiedeva che il
Catholicossat della Cilicia venisse retrocesso al rango di
sede patriarcale, come i Patriarcati storici di Gerusalemme e di Costantinopoli.
Durante quegli anni, Karekin si sforzò di riportare la
Chiesa armena nell’ambito
del movimento ecumenico
internazionale, incontrando
responsabili cattolici romani,
ortodossi, anglicani e protestanti, partecipando al Concilio Vaticano II in qualità di
osservatore, e impegnandosi
nelle attività del Cec dopo
l’Assemblea di Nuova Delhi
nel 1961. L’anno dopo, la sua
chiesa diventò membro del
Cec e, più tardi, Karekin venne eletto membro dei Comitati centrale ed esecutivo dell’organizzazione.
Karekin era noto come
grande teologo. La sua tesi di
dottorato su «Il Concilio di
Calcedonia e la Chiesa armena» trattava la questione delicata dei rapporti ecumenici
della sua Chiesa. Ma in una
recente intervista, pubblicata
sulla rivista cattolica russa,
Istinia I Zhizn, aveva detto:
«Mi considero prima di tutto
un pastore. Il lavoro amministrativo è molto importante
per la nostra chiesa, in particolare qui in Armenia e in altri stati dell’ex Unione Sovietica... ma, a parte questo, occorre raggiungere i nostri fedeli ovunque si trovino. Ricordo spesso che Gesù non
aveva un ufficio, era proprio
in mezzo alla vita della gente,
si identificava con loro: il clero deve ritrovare questo atteggiamento. Nel Medioevo
la Chiesa si è chiusa troppo
nelle proprie strutture, oggi,
deve porre l’accento sul contatto con la gente e non sulle
attività amministrative».
Karekin venne eletto catholicos di tutti gli armeni
durante la riunione del Consiglio nazionale della chiesa
Karekin, catholìcos della Chiesa apostolica armena
nel 1995, dopo la morte del
popolarissimo catholìcos
Vaksen I di Etchmiadzin nel
1994. Il presidente armeno
Levon Ter-Petrossian si era
espresso a favore dell’elezione di Karekin dichiarando
che la sua nomina avrebbe
portato all’unificazione delle
sedi di Etchmiadzin e di Cilicia. Ma ciò non si verificò.
Karekin, che era considerato
come un leader pro-occidentale, aveva un rapporto complesso con vescovi e responsabili di chiesa dell’ex Unione Sovietica. «Purtroppo, come catholìcos di tutti gli armeni, non ha saputo fare
quello che aveva fatto come
catholìcos di Cilicia», ha rilevato l’arcivescovo Tiran Kyuregian, capo della Chiesa
apostolica armena di Russia,
il quale ha inoltre criticato i
rapporti particolari di Karekin con il Vaticano, sproporzionati ai suoi occhi in
confronto ai legami tradizionali della Chiesa con i cristiani ortodossi.
Negli ultimi mesi, dopo
aver subito tre operazioni,
Karekin aveva nominato l’arcivescovo Karekin Nersesian
per seguire le attività della
chiesa. Secondo alcune informazioni, quest’ultimo potrebbe essere considerato come uno dei candidati alla
successione, quando il Consiglio della chiesa si riunirà
alla fine di quest’anno o all’inizio del prossimo per eleggere il nuovo catholìcos. Fra
gli altri candidati potenziali
ci sono il catholìcos armeno
di Costantinopoli, Mesrop
Mutafan, e l’arcivescovo del
Karabakh (regione storicamente armena rivendicata
anche dall’Azerbaigian) Pargev Martirosian. (eni)
Consultazione annuale delle Federazioni protestanti
Protestanti delPEuropa latina a confronto
Si è svolta a Parigi, il 16-17
giugno, la consultazione annuale delle Federazioni protestanti dei paesi latini d’Europa. Presenti all’incontro, svoltosi presso il Centro europeo
d’incontro delle chiese protestanti «Le pont», i rappresentanti della Federazione protestante di Francia (Fpf), della
Federazione delle chiese protestanti di Svizzera (Feps),
della Chiesa protestante unita
del Belgio (Epub), della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei) e della
Conferenza delle chiese protestanti dei paesi latini d’Europa (Cepple).
Numerosi gli argomenti affrontati durante la consultazione, che ha carattere informativo e informale: i rapporti
fra lo stato e le chiese, vari
problemi di etica sociale, le
iniziative in vista del 2000, il
problema dei nuovi movimenti religiosi, il rapporto fra
il protestantesimo storico e le
nuove chiese evangeliche. La
delegazione Fcei, composta
dal presidente Domenico Tomasetto e dal segretario esecutivo Luca Negro, ha illustrato il recente documento del
Consiglio Fcei su «Evangelici
italiani e anno santo», che da
un lato afferma l’impegno ecumenico dei protestanti italiani e dall’altro motiva il loro
«no» alla partecipazione a iniziative connesse all’istituzione cattolica dell’anno santo.
Commentando i provvedimenti al vaglio in vari paesi
per limitare l’azione di movimenti religiosi a carattere settario, i partecipanti hanno
convenuto sul rifiuto di una
legislazione speciale in materia: la libertà religiosa di tutti
va garantita, e di fronte a
eventuali azioni criminose è
sufficiente il ricorso al diritto
comune. Un ampio dibattito
è stato dedicato alla discussione della problematica dell’omosessualità e del riconoscimento civile delle convivenze. Quest’ultimo tema è
particolarmente caldo in
Francia, dove è in fase di approvazione il cosiddetto Pacs,
patto civile di solidarietà. La
Federazione protestante di
Francia ha espresso in merito
una posizione critica ma articolata: purtroppo, è stato
detto, la semplificazione operata dai mass media ha appiattito le posizioni della Fpf
su quelle cattoliche, totalmente negative nei confronti
del Pacs. In realtà, i protestanti francesi ritengono positivo riconoscere la «coniugalità» delle coppie di conviventi (eterosessuali o omosessuali che siano), mentre
hanno espresso riserve sull’adozione di figli da parte di
omosessuali e single. (nev)
L’abbazia di Sant’Antimo (XII see.) a Montalcino - Siena
Chianciano: XXXVI sessione del Sae
«La preghiera
respiro delle religioni
»
EMMANUELE PASCHETTO
PUNTUALMENTE con il
giungere dell’estate arriva il programma della sessione di studio del Segretariato
attività ecumeniche (Sae). Per
il terzo anno, dopo la pausa
del 1996, soci e non soci che
prenderanno parte al raduno
saranno chiamati a riflettere
sulTecumenismo di fronte al
dialogo interreligioso.
«La preghiera, respiro delle
religioni» è il tema della sessione. Un argomento suggestivo e intrigante. Si entra nel
cuore della religiosità umana,
nel suo affannoso tentativo
di innalzarsi oltre i limiti della propria pochezza, di sfuggire alla precarietà e alla fragilità dell’esistenza: ma si entra anche in contatto con
quel mistero affascinante e
sconvolgente che diciamo
Dio. Dopo migliaia di anni,
nonostante i tentativi per
escluderlo dai nostri orizzonti, con voce sempre più chiara egli ci rivolge la parola, ponendoci quelle stesse domande che il vecchio racconto della Genesi ci riporta:
«Adamo dove sei?» «Dov’è il
tuo fratello Abele?».
Come se non bastasse la fascinosa attrattiva del tema,
un secondo motivo renderà
ancora più appetibile l’appuntamento di quest’anno: la
settimana ecumenica si sposta a Chianciano, a sud di Siena. Ci eravamo abituati a
chiamare la sessione di studio «rincontro della Mandola». Non sarà più così. Ci
mancheranno le fresche ristoratrici montagne del Trentino quando, scorrendo il
giornale a colazione, rabbrividavamo, leggendo dei 36-38
gradi del resto d’Italia. Sentiremo nostalgia per le pioggerelline notturne, le nebbie
mattutine, le terse e radiose
giornate, le nuvole infuocate
della sera, le passeggiate nelle
abetaie, le rapide discese a
Bolzano e Merano, città che
Secondo i dati ufficiali della Chiesa d'Inghilterra
Crescono le ordinazioni nella chiesa anglicana
Secondo i dati ufficiali della Chiesa d’Inghilterra (anglicana), quest’anno il numero delle ordinazioni di
diaconi e preti ha raggiunto
il tasso più elevato dagli Anni 80. Le diocesi hanno annunciato l’ordinazione di
396 diaconi, ovvero un aumento del 9% rispetto all’anno precedente che già aveva
registrato un aumento rispetto al 1997. E 362 diaconi
dovrebbero diventare preti,
ossia l’8% in più rispetto allo
stesso periodo nel 1998.
«Certo non dobbiamo adottare un atteggiamento
trionfalistico, ma occorre riconoscere che questo si sta
verificando mentre altre
chiese hanno problemi di re
clutamento», ha rilevato l’arcidiacono Gordon Kuhrt che
individua quattro ragioni
principali per il successo
della chiesa nel campo delle
vocazioni: la crescente fiducia nel valore dell’Evangelo;
l’impatto del Decennio di
evangelizzazione della Chiesa, peraltro «molto criticata»;
équipe di parrocchie comprendenti laici e membri del
clero; «presa in conto» della
decisione sull’ordinazione
delle donne al sacerdozio.
Fra le ultime ordinazioni, su
396 diaconi, 141 sono donne
(36%) e su 362 preti, 138 sono donne (38%).
Circa l’ordinazione delle
donne, decisa nel ’92 dal Sinodo generale della Chiesa,
Gordon Kuhrt osserva; «I
media sono spesso negativi,
ed è facile dimenticare che,
anche se il 15% non approva
l’ordinazione delle donne,
l’85% se ne rallegra». Le cifre
mostrano inoltre che ci sono
sempre più giovani candidati all’ordinazione anche se
l’età media si situa sulla
trentina. All’inizio degli Anni
60 ci fu un gran numero di
ordinazioni e oggi molti di
questi preti vanno in emeritazione. Secondo Gordon
Kuhrt ci vorrà quindi «un
certo tempo prima che il numero dei nuovi membri del
clero rimunerati superi quello di quelli che vanno in
emeritazione, ma lo scarto
sta diminuendo». (eni)
esperienze diverse, occasio
VENì
ancora respirano l’aria di
Ceccobeppe. Ci tufferemo in
un altro clima, un’altra atmosfera, un altro paesaggio: l’Italia centrale, il cuore del nostro paese, che ne custodisce
la storia più significativa. Farà
più caldo fra le ondulate colline toscane, ma ci saranno
tante attrattive interessanti,
ricordi etruschi e abbazie medievali, cittadine arroccate
sulle alture e piacevoli scorci
panoramici punteggiati dagli
ulivi e dai vigneti.
Il Sae è sceso al Centro per
venire incontro alle esigenze
di quanti non ce la facevano a
salire fino alla vai di Non.
Lungo e costoso era il viaggio
per gli amici di Sciacca e di
Palermo, e poi a molte persine il medico aveva proibito i
1.400 metri del Passo della
Mandola. Tuttavia, come
sempre, saranno i 7 intensi
giorni (dal 24 al 31 luglio) di
ascolto, di studio, di scambio,
di lavoro che cattureranno
l’attenzione di tutti. Impossibile elencare gli innumerevoli
interventi e citare le persone
che guideranno le diverse iniziative. Ci piace sottolineare
la varietà delle esperienze che
porteranno le persone a cui è
affidata la meditazione quotidiana della parola di Dio: un
laico ebreo, un frate e una
suora cattolici, un arcivescovo ortodosso, un pastore valdese e uno battista. E la ricchezza di argomenti che impegnerà i convenuti nel lavoro dei gruppi. La preghiera
sarà al centro della riflessione: personale e liturgica, di
meditazione e di impegno,
nel canto, nella gestualità,
nella poesia... Ma non si parlerà solo della preghiera cristiana: su questo nodo cruciale vi sarà un confronto con
credenti ebrei e musulmani,
buddisti e induisti.
Non si possono tacere i
«servizi» collaterali che accompagneranno l’impegno
quotidiano dei corsisti, rendendone più accogliente il
soggiorno: i bambini dai 3 ai
7 anni saranno seguiti da
una maestra, due ragazze e
un ragazzo guideranno i giovanissimi dagli 8 ai 15 anni.
Ci sarà il vescovo emerito
mons. Pietro Giachetti, un
veterano delle sessioni di studio, disponibile per chiunque
voglia saperne di più sull’ecumenismo. E un singolare quartetto formato da un
cattolico e tre battisti, due
uomini e due donne, due napoletani e due torinesi, curerà le diverse liturgie.
Speriamo solo che il tanto
disquisire sulla preghiera
non faccia dimenticare che u
modo migliore per approfondire l’argomento è la pratica. Occorre saper approfittare di occasioni carne
queste, assai rare, in cui ci si
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IfP- Un convegno di studi promosso dal Centro Adelaide Pignatelli di Napoli
La Bibbia nellinterpretazione delle donne
In una quindicina di interventi si è cercato di delineare la specificità dell'esegesi
biblica e della predicazione femminile nei secoli. Una storia di passione e libertà
Esiste una comprensione femminile del testo biblico?
LIDIA GIORGI
SULLE pendici di San Martino, a Napoli, sorge uno
stupendo complesso conventuale (33.000 mq), risalente
alla seconda metà del XVII
secolo, ad opera di suor Orsola Benincasa (1550-1618),
la quale si era ritirata in quel
luogo per fondarvi una comunità di laici che nel raccoglimento e nella preghiera
preparassero la riforma della
chiesa. In seguito, la principessa napoletana Adelaide
Pignatelli del Balzo fondò nel
1891 la scuola «Suor Orsola
Benincasa», con un disegno
coraggioso e innovatore che
mirava alla promozione della
cultura femminile nel Mezzogiorno d’Italia.
In questa scuola, che oggi
ricopre l’intero iter scolastico, dalla scuola materna all’università, è nato il centro
«Adelaide Pignatelli» per gli
studi storico-religiosi sulla
donna ed è stato anche istituito un master in «Women’s
studies» di una durata biennale, che intende offrire ai
giovani laureati un’occasione
di alta formazione nel campo
degli operatori culturali di
genere. Proprio in chiusura
dell’anno accademico ’98-99,
nei giorni 27 e 28 maggio, si è
tenuto un convegno di studi
dal titolo: «La Bibbia nell’in
terpretazione delle donne».
Ha introdotto i lavori Adriana Valerio, ricercatrice in
Storia del cristianesimo all’Università «Federico II» di
Napoli, le cui attuali ricerche
vertono proprio sulla storia
dell’esegesi e della predicazione femminile.
Le donne conoscevano le
Scritture? Non è raro incontrare nella storia donne dalla
profonda conoscenza biblica,
ma è difficile valutarne le
specificità. È una lettura diretta, sorretta dallo studio o
piuttosto appresa dalla liturgia, dalla predicazione, dal
patrimonio iconografico da
loro interiorizzato? È una
comprensione omologa a
quella maschile o porta con
sé dati interpretativi personali e originali? E quanto è
mediata da redattori maschi
nella stesura di diari, trattati
e lettere delle donne? Il rapporto donna-Bibbia è ancora
troppo poco studiato. Il convegno si è proposto di offrire
alcuni spunti di riflessione a
partire da esempi concreti,
con l’intento di elaborare criteri fondanti per una storia
dell’esegesi femminile.
Degli interventi (una quindicina), tutti estremamente
vivaci e stimolanti, è possibile riferire qui in maniera
sommaria. Interessante notare il dato costante e cioè
MARTA D’AURIA
La clandestinità delle
ugonotte nel 700 francese
stine; per lo più appartenevano al mondo artigianale e
agricolo e l’età media si aggirava sui 43 anni.
Di grande interesse e non,
è la storia delle prigioniere
ugonotte e in particolare la
testimonianza di Marie Durand, simbolo delle donne
imprigionate nella Torre di
Costanza. Sorella di un pastore, Marie rimase reclusa
per 38 anni. Di questi anni
Marie ci consegna 49 lettere
scritte dal 1734-1775 e indirizzate al pastore Rabaut e alla nipote. Con riferimento al
tema generale del convegno.
Bruna Peyrot ha sottolineato
che le missive della Durand,
che presentano la vita quotidiana del carcere, non citano
mai letteralmente i testi della
Bibbia, ma vengono richiamati liberamente dalla memoria, a testimonianza di
una fede che si è nutrita della
lettura e dell’insegnamento
delle Scritture. Marie cita i
Salmi, il profeta Isaia, la lettera di Paolo ai Corinzi, l’Evangelo di Matteo, e soprattutto,
non a caso, il libro di Ruth.
Marie Durand vive il presente di prigioniera come risultato della sua scelta di essere donna riformata. In un’
epoca legata al censo e al rango, le donne ugonotte agiscono come soggetti autonomi, e
come tali pagano il prezzo
delle loro azioni. La testimonianza della resistenza delle
ugonotte si gioca, per Bruna
Peyrot, proprio sul filo che va
dalla Scrittura alle scritture di
queste protagoniste della storia. Nella lettura delle vicende
del popolo di Israele liberato
dalla schiavitù e in cammino
verso la terra promessa e del
racconto apocalittico della
bestia sconfitta, le donne trovavano giorno dopo giorno
nuovo vigore e speranza per
riconfermare la propria scelta
di essere prigioniere per restare libere.
IL racconto deH’appassionante resistenza delle prigioniere ugonotte del ’700 è
stato oggetto della relazione
introdotta da Bruna Peyrot,
che nell’ambito della storia
sociale ha condotto studi sul
protestantesimo e sulla storia
delle donne.
Con la revoca dell’editto di
Nantes (1685) il protestantesimo viene considerato fuorilegge: donne e uomini non
possono pubblicamente dichiarare la loro fede religiosa,
che trova vita soltanto nella
solitudine domestica o nei
culti notturni. In questo contesto le donne si presentano
come mediatrici della memoria sconfitta e come promotrici del mantenimento della
fedeltà alla Bibbia attraverso
la cosiddetta «devotio privata»: la sera, accanto al fuoco,
le donne confutano ciò che il
prete fa studiare ai propri figli, obbligati al catechismo
cattolico. Nei racconti delle
donne si tramanda la memoria genealogica familiare che
diventa impianto di una mepiù ampia, legata a una
chiesa clandestina.
E nella clandestinità, detta
ri Désert, metafora biblica
densa di significati, vissero
domini e donne. Generalmente in seguito agli agguati
Notturni delle truppe reali i
pastori, se catturati, venivano
mandati al rogo, gli uomini
finivano nelle galere e le donde rinchiuse nella Torre di
Costanza che dal 1730 divende prigione femminile. «Fu
proprio questo maniero insaubre - ha ricordato Bruna
Peyrot - circondato da stagni
maleodoranti, a consegnare
mia storia la resistenza delle
dgonotte francesi». Dal 1709
m 1759 soggiornarono nella
orre ben 88 donne, il 60%
delle quali per aver preso
perle ad assemblee clande
che ci sia sempre stata una
continuità, senza interruzioni, da parte delle donne, nel
leggere e nel commentare la
Bibbia, con immutata libertà
e freschezza; da quelle colte
della cerchia geronimiana,
alcune delle quali martiri nel
II sec., fino alle predicatrici,
ex schiave afroamericane del
XIX secolo, le cui esperienze
anticipano (1840) quelle delle suffragiste bianche e la
stessa famosa Woman’s Bible di Elisabeth Cady Stanton (1896).
Sono tutte animate da un
«sacro fuoco» per la Scrittura
che è decisamente una «auctoritas» nella loro vita. Colpisce, per esempio, la rivendicazione all’ispirazione divina
diretta, non mediata dall’istituzione ecclesiastica da parte
di Duoda, una signora dell’alta nobiltà carolingia, nel suo
libro dedicato al figlio: «Non
sono sapiente ma Dio può
darmi sapienza». Oppure il
caso di Maria di Agreda, autrice di un trattato che è un
commentario biblico (Spagna dei secoli Sedicesimo e
Diciasettesimo), che dimostra come nonostante la proibizione tridentina della lettura della Bibbia, essa è invece
continuata nei monasteri.
Le quacchere rivendicavano il diritto alla predicazione
delle donne, provocatoria
mente proprio a partire dal
«tacciansi le donne...» di I
Corinzi 14. E le prigioniere
ugonotte nel ’700 trovano
nella Bibbia motivi forti ispiratori per la loro resistenza
che sfoceranno nel grande
ma significativo paradosso:
ogni giorno scegliere di essere prigioniere, per restare libere!
Infine, un itinerario storico-iconografico proposto da
Genoveffa Palombo, docente
di storia sociale e religiosa
delle donne presso l’Istituto
universitario Orientale di
Napoli, ha messo in evidenza
la ricerca di ciò che le immagini possono dire di un approccio femminile alla lettura della Bibbia. L’impresa,
certo non facile ma interessante, si è snodata in un percorso di avvicinamento progressivo dal simbolico al reale. Molte sono infatti le donne e le madonne ritratte con
un libro in mano, ma difficile
è stabilire che esso sia effettivamente il Libro dei libri. Ma
non ci sono dubbi per quanto concerne la bella tela di
Gerard Dou (1613-1675) che
ritrae la madre di Rembrandt
con una Bibbia aperta tra le
mani al capitolo 19 dell’
Evangelo di Luca, ed è anch’ella, visibilmente e straordinariamente, lettrice appassionata e attenta.
Le donne quacchere
e la lettura della Bibbia
Quale ruolo occupasse la
Bibbia nella teologia quacchera è chiarito dal concetto
di «Luce interiore». I quaccheri erano convinti che ogni
uomo e ogni donna potesse
giungere alla conoscenza interiore del Cristo e di Dio
senza l’intermediazione di
altri uomini, e senza bisogno
di leggere alcun libro. La
concezione della luce interiore condusse, in effetti, a
una sottovalutazione delle
Scritture, la cui lettura veniva
considerata utile solo se veniva fatta con lo stesso spirito con cui esse erano state
scritte (anche per questo i
quaccheri venivano spesso
accusati dagli altri protestanti di essere «ranocchie papiste»). Invero le donne quacchere non solo conoscevano
molto bene le Scritture ma
tutta l’attività editoriale
quacchera era nelle loro mani: scrissero opuscoli, trattati
teologici, epistole, lettere e
resoconti autobiografici. In
particolare le donne del movimento difesero per iscritto
il loro diritto a predicare. Pri
scilla Cotton, moglie di un
mercante di Plymouth, e
Mary Cole, sposata con un
piccolo negoziante della stessa città, imprigionate nella
prigione di Exeter nel 1655,
scrissero un opuscolo in cui
con ironia e sarcasmo demolivano, Bibbia alla mano, il
divieto della predicazione
delle donne, paragonando la
sapienza delle prime seguaci
di Cristo e degli Apostoli con
la vuota superbia intellettuale degli eruditi a loro contemporanei. La stessa Margaret Fell, moglie di George
Fox, fondatore del quaccherismo, pubblicò durante la
detenzione nel castello di
Lancaster (1666), un’operetta
intitolata «Women’s SpeakIng Justified», in cui, utilizzando i consueti strumenti
teorici della teologia quacchera e portando numerosi
esempi tratti soprattutto dal
Nuovo Testamento del ruolo
assegnato alle donne nel disegno della salvezza del genere umano, rivendicava alle
donne il diritto di parlare e di
predicare, (m.d.)
Adriana Valerio e Stefano Villani, fra i relatori al convegno
Ex schiave e predicatrici
negli Usa di fine Ottocento
Il Claustro (1668) nel complesso Suor Orsola Benincasa
Riponiamo di seguito l’intervento di Cristina Mattiello, dottore di ricerca in studi americani
presso l’Università La Sapienza
di Roma, dal titolo: «Genere, razza, schiavitù: donne e Parola nelle chiese afroamericane del XIX
secolo».
«Da dove è venuto Cristo?
Da Dio e da una donna. I maschi non c’entrano per niente!», è la risposta provocatoria data da Sojourners Truth
a un gruppo di ministri del
culto che pretendevano di
sostenere con argomenti teologici l’inferiorità femminile.
Siamo negli Stati Uniti, negli
anni che precedono la guerra
civile (1861-65), infiammati
dal dibattito teorico sulla
schiavitù e dalle battaglie
abolizioniste. Sojourners
Truth è la più nota tra le predicatrici ex schiave che in
questa fase esprimono il loro
impegno per la liberazione di
tutti i neri attraverso l’esercizio della parola, sia sul piano
politico (conferenze, incontri, discussioni anche in zone
calde e pericolose del Sud)
sia sul piano religioso.
La fede cristiana, infatti,
che i padroni e le chiese
bianche avevano strumentalizzato a sostegno della
schiavitù, letta correttamente dalla parte degli oppressi e
nell’ottica dell’uguaglianza
di tutti gli uomini poteva diventare un punto di forza
nella lotta per l’emancipazione, tanto che anche leader
abolizionisti laici utilizzavano spesso un linguaggio e riferimenti religiosi. Ma l’aspetto rilevante e niente affatto scontato dell’esperienza di queste predicatrici è
proprio la loro identità di
donne che, in quanto tali,
devono lottare aH’interno
delle loro chiese per affermare il diritto a leggere autonomamente i testi sacri. Infatti
la chiesa afroamericana, che
pure trae la sua origine dalla
clandestinità della piantagione e dall’affermazione conflittuale di autonomia nei
confronti delle chiese bianche, se la linea di demarcazione è interna e di genere,
diventa facilmente a sua volta discriminante.
Le donne predicatrici devono superare innanzitutto
le proprie resistenze di fronte
a quella che appare anche a
loro una grave trasgressione:
«Ero sempre stata contraria
alla predicazione delle donne
- racconta, ad esemplo, Julia
Foote - me lo vedevo davanti
come una montagna (...). Mi
ritraevo e gridavo: Signore,
non posso andare». Secondo
Old Elizabeth, «la sensazione
era che l’Onnipotente tirava
da una parte, l’uomo dall’altra». Solo l’intima convinzione che quella è la volontà di
Dio consente a queste donne
di superare la lacerazione:
«Mi alzai di scatto, come per
un impulso soprannaturale»,
così Jarena Lee comincia a
predicare, tra lo sconcerto
generale, subentrando al ministro sul pulpito. E ancora:
«Ardevo di uno zelo non
mio», spiega Old Elizabeth,
mentre la stessa Sojourners
Truth racconta così l’inizio
del «viaggio» che intraprende
per mobilitare le coscienze:
«Lo Spirito mi chiama. Devo
andare».
In un contesto in cui il solo
parlare in pubblico era, per
una donna, un atto di trasgressione inconsueto, gli attacchi alle ex schiave predicatrici sono durissimi, e arrivano spesso alle minacce fisiche. E provengono non solo,
come era ovvio, dagli ambiti
razzisti o dai ministri di culto
bianchi, ma anche dalle stesse chiese nere, sia quella metodista che, in alcuni casi,
quella battista. Non vengono
mai concesse loro né le sedi
ufficiali né tanto meno la
qualifica di «prédicatrice». Al
massimo queste donne riescono ad ottenere il titolo di
«esortatrice», che consentiva
loro di affiancare un predicatore ma non di commentare i
testi sacri autonomamente.
Proprio queste difficoltà inducono a cercare appoggi e
solidarietà in ambito femminile. Furono spesso altre
donne ad aprire per prime le
loro case alle predicatrici e si
formarono presto, soprattutto in ambito battista, i primi
gruppi di lettura biblica interamente composti da donne.
Si sviluppa in questo modo
una nuova consapevolezza
che rafforza l’impulso a lavorare insieme per superare il
ruolo tradizionale nella chiesa e nella società.
Ma ancora oggi, a più di un
secolo da quell’esperienza, le
resistenze al rinnovamento
sono ancora fortissime e la
tendenza da parte della chiesa afroamericana a leggere la
sua storia tutta al maschile è
ancora dominante. Ricostruire, anche attraverso frammenti, il percorso delle donne, diventa quindi fondamentale. Ed è quello che
stanno facendo le storiche e
le teologhe femministe nere,
che hanno sviluppato una loro linea di ricerca specifica.
6
PAG. 6 RIFORMA
Cultura
venerdì 16 LUGLIO iQn^
L'iniziativa editoriale della Elledici-Velar
Un dizionario di omiletica
Uno strumento di lavoro, unico nel suo genere, che ripercorre
i vari accenti posti nella storia sul concetto di predicazione
EMMANUELE PASCHETTO
Lì OMILETICA, dice il voI cabolario Zingarelli, è
«l’arte di comporre omelie»
e l’omelia è «Spiegazione,
commento di passi delle Sacre Scritture che il predicatore rivolge ai fedeli per ammaestramento ed edificazione». Su questo argomento è
uscita un coedizione Ldc-Velar dal rispettabile spessore
di oltre 1.700 pagine, a due
colonne’*. L’opera, progettata
e diretta da Manlio Sodi e
Achille M. Triacca, deH’Università pontificia salesiana, e
realizzata da oltre 240 collaboratrici e collaboratori, specialisti a livello internazionale ed ecumenico, si propone
come strumento di lavoro
per l’aggiomamento dei predicatori e fonte di informazioni per studenti e professori di teologia, patristica, di
scienze della comunicazione, catechetica, pastorale,
spiritualità e, ovviamente,
omiletica.
Preceduta da una presentazione del card. Piovanelli e
da una prefazione di Sergio
Zavoli, l’opera è unica nel
suo genere e ha subito suscitato interesse oltralpe, tanto
che stanno per iniziare traduzioni in francese, inglese,
spagnolo, portoghese e sloveno. Nel dizionario compare anche la voce «omelia»
che non intende tanto sviluppare un’analisi di questo
concetto quanto proporsi come una chiave di lettura per
l’intera opera, offrendo un
riepilogo dell’intero percorso
e una traccia per entrare nella logica Secondo cui sono
stati pensati i numero^ conttìbutf. • , • ■
' StèribNik) questo lemma
si'jwè'^not^e cora^,* partendo (tdi londameato biblico,
OilK^iAMO
sia dato ampio spazio alla
storia seguendo lo sviluppo
naturale dell’omiletica attraverso le generazioni successive a quelle del Nuovo Testamento e proponendo anche una gaMeria di personaggi che con il servizio alla Parola hanno arricchito il ministero della predicazione.
Molte voci si riallacciano
all’intera attività e missione
della chiesa, altre si propongono di esaminare i vari
gruppi di persone che dovrebbero costituire i destinatari dell’annuncio. Ne risulta
quindi una duplice finalità:
qualificazione e riqualificazione dell’omileta per quanto attiene l’acquisizione dei
contenuti da trasmettere, le
modalità di tale trasmissione, la conoscenza di quanto
possa meglio qualificare la
proposta comunicativa e
creazione di un atteggiamento diverso nel fedele per disporlo a una migliore accoglienza della Parola predicata. Onde evitare equivoci è
bene chiarire ehe l’opera non
è assolutamente un «manuale per il predicatore» tuttavia
può. essere proficuamente
ria rivi^deìfa Facoltà etnologia
SO ami dei Cec nelkuitimo
numero di «Protestantesimo»
La parte più cospicua del
numero 2-1999 della rivista
Protestantesimo è dedicata ai
50 anni del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec). Dopo
l’introduzione del decano
della Facoltà valdese di teologia, prof. Ermanno Genre, il
segretario generale del Cec,
Konrad Kaiser, lancia la sua
sfida con il motto «Allargare il
tavolo ecumenico». 11 sociologo ortodosso libanese Tarek Mitri offre da parte sua
una valutazione delle differenze religiose che si affacciano sul bacino del Mediterraneo. La posta in gioco, secondo Mitri, non è l’incastro
di minoranze cristiane in
paesi islamici e viceversa, ma
la partecipazione politica, i
diritti, la giustizia basata sulla
cittadinanza. Il filosofo Vittorio Sainati si chiede: come
può il cristianesimo attestare
che Dio non è morto? Sainati
distingue tra storia ed escatologia e ipotizza infine una parola costituente che non si risolve nel costituito, un tema
che troveremo anche nel
contributo di Debora Spini.
I tre successivi interventi
sono sul tema «Lo statuto
della religione nella società».
Maria Sbaffi Girardet, presi
m mmoditric»
dauchana
via Principe Tomaso, 1 - Torino
011 -6689804 • fax 011 -6504394
dente della Commissione per
le relazioni ecumeniche nominata dalla Tavola valdese,
analizza con ragionata passione le attuali richieste di
verità e di identità; Giuseppe
Ruggieri, muovendo dal contrasto tra chiesa e Civil Religion, esprime in una serie di
punti una valutazione teologica della situazione religiosa
e culturale; Debora Spini si
spinge avanti con decisione
sia nelle critiche sia nell’indicazione di prospettive che
potrebbero essere praticabili,
alla luce di un chiaro rapporto tra identità e promessa. Simone Morandini, studioso
con una vasta esperienza
ecumenica alle spalle, che ha
partecipato aH’VIII assemblea del Consiglio ecumenico
delle chiese tenutasi ad Barare dal 4 al 14 dicembre 1998,
ne dà un quadro molto vivo.
Questo fascicolo della rivista contiene ancora varie
schede di Ermanno Genre
dedicate all’omiletica e al
problema dell’accoglienza
delle persone omosessuali
nelle chiese. Segue un buon
numero di recensioni in parte dedicate, in armonia con la
tematica del numero, all’ecumenismo o all’identità protestante.
Per abbonamenti (£ 40.000,
studenti 28.000, sostenitori
70.000): ccp 27822006 intestato a Protestantesimo - Rivista trimestrale - Roma.
utilizzata anche da chi cerca
consigli per l’annuncio della
parola di Dio.
Così come ora si presenta è
un’opera di impianto saldamente cattolico che tuttavia
fa delle incursioni nell’ambito delle altre confessioni
inserendo diverse voci informative sia sulle liturgie (abbastanza completa quella sui
vari rami del protestantesimo), sia su alcune figure significative delle altre famiglie
cristiane, non sempre predicatori. Correttamente affidati
a specialisti protestanti o, se
del caso, ortodossi, questi
sconfinamenti danno però
l’impressione di essere stati
un po’ lasciati al caso. Prendendo come esempio i vari
predicatori o, genericamente, «uomini di chiesa» a cui
viene dedicata un articolo,
colpisce, per quanto attiene
il protestantesimo, l’assenza
dei grandi predicatori del
«Risveglio», a cominciare da
John Wesley, o per l’ortodossia lo spazio dato a una piccola chiesa marginale e il silenzio su grandi figure che
hanno illuminato il cammino delle chiese d’Oriente.
Singolare, per i meno giovani, ritrovare alcuni personaggi discutibili che l’ambiente evangelico italiano
degli Anni Cinquanta non ricorda con particolare entusiasmo, come padre Mariano
e padre Lombardi, il «microfono di Dio», e non veder
citato Billy Graham, il più
noto predicatore protestante
del secolo. Pare che sia già in
preparazione una seconda
edizione riveduta e accresciuta: siamo curiosi di vedere quali modifiche apporterà.
Uno stimolante libro di Giancarlo Gaeta
Come vivere la fede cristiana oggi?
FRANCO MACCHI
{*) Aa.w: Dizionario di omiletica; a cura di Manlio Sodi e
Achille M. Triacca, Editrice LdcVelar, Leumann (To), pp 1.728.
Alla Foresteria valdese di
Venezia ha avuto inizio
un interessante ciclo di incontri proposto dal gmppo di
lettura Servitium di Venezia e
che viene realizzata insieme
con altre realtà cristiane del
territorio veneziano, fra le
quali il nostro Centro culturale Palazzo Cavagnis. L’iniziativa consiste nel proporre
delle riflessioni-bilancio su
ciò che ha caratterizzato la vita civile e religiosa degli ultimi decenni e di scrutare gli
orizzonti del nuovo millennio, che si apre di fronte a
noi. L’idea dei promotori è
quella di organizzare degli incontri imperniati sulla lettura
e sulla presentazione critica
di alcuni libri particolarmente stimolanti usciti di recente.
La rassegna è stata aperta
dalla dott.ssa Isabella Adinolfi e dal prof. Paolo Bettiolo,
ambedue docenti all’università di Ca’ Foscari, che hanno
presentato un libro di Giancarlo Gaeta, docente di storia
del cristianesimo all’università di Firenze.
Segnaliamo alcuni dei temi
presenti in questo libro e
messi a fuoco dai due relatori.
È stata sottolineata innanzitutto la presenza insistente
del tema della kenosis come
modalità propria di rivelazione del Dio cristiano. Una modalità che deve contraddistinguere anche la presenza del
cristiano nel mondo. Nel suo
libro Gaeta, facendo proprie
alcune osservazioni di Simone Weil, afferma che a partire
dalla crociata contro gli Albigesi la chiesa romana ha deciso invece di scegliere la via
della potenza a scapito di una
presenza più nascosta ma più
genuina nella società e nella
storia. Se questo è vero, ha
sostenuto la Adinolfi, allora
occorre che i cristiani riprendano la strada seguita da Dio
e rivelata in Cristo, quella dell’increazione, tanto per citare
ancora una terminologia cara
Per i «Concerti del Quartetto)
Musica e impegno civile
di Mstislav Rostropovich
«Questo concerto è per coloro che soffrono. È triste che
all’inizio del terzo millennio
debbano ancora esserci delle
vittime innocenti (...). Dio
aiuta coloro che soffrono e io
suonerò la Sarabanda di Bach in memoria delle vittime
della guerra nei Balcani».
All’incirca con queste parole
Mstislav Rostropovich, con
l’aiuto di un’interprete, si è
presentato il 22 giugno alla
Sala Verdi del Conservatorio
di Milano per eseguire l’unico bis concesso alle pressanti
richieste del pubblico, al termine di un concerto organizzato per raccogliere fondi per
le vittime della guerra nell’ex
Jugoslavia.
Mstislav Rostropovich
Il concerto era iniziato con
la Suite n. 2 in si min. Bwv
1067 di Johann Sebastian Bach, risalente al periodo di
Köthen, eseguita dall’Orchestra del Festival internazionale «Arturo Benedetti Michelangeli» di Brescia e Bergamo con l’interpretazione
nella parte solistica del flauto
traverso di Chiara Tonelli,
che ha reso l’esecuzione con
bel piglio sonoro, anche se è
mancata in certi passaggi un
po’ di fluidità. Il Concerto n. 1
in do magg. Hob. Vllb n. 1 di
Franz Joseph Haydn confina
col il brano precedente quanto il barocco concertante
confina spesso con il rococò,
e in questo brano ha fatto la
prima comparsa il Rostropovich solista, di piglio deciso e
quasi aspro.
Più oltre i suoi suoni diventano flebili dolcezze, disegnando una gamma sorprendente di possibilità. La
Sinfonia n. 6 in re min. op. 12
n. 4 di Luigi Boccherini, con i
suoi manierismi rococò, ci
ha condotti alle Sette variazioni su un tema rococò in la
magg. op. 33 di Ciajkovskij,
in cui la maestria del sommo
violoncellista ha trascinato
orchestra e maestro: Agostino Orizio e l’orchestra tutta
hanno fatto onestamente la
loro parte per sostenere un
grande non solo sul piano
musicale ma anche su quello
umano, (p.f)
a Weil, in altre parole dell’impotenza. Ma allora, si è chiesta la relatrice, ci si deve incamminare verso un cristianesimo senza chiesa? Verso
una libertà dalla religione? E
la centralità del Cristo? Non
esiste il rischio di un ritorno
ad una religione filosofica?.
Il prof Bettiolo ha ripreso
molti di questi spunti e li ha
approfonditi con ricchezza
di citazioni e di rimandi culturali molto suggestivi. La
sua attenzione si è soffermata in particolare sul tema del
catastrofismo presente in
quasi tutte le pagine dell’opera di Gaeta. La storia è
tutto un succedersi di catastrofi e noi dobbiamo affrontare quella contemporanea,
che è la nostra. Ma anche
oggi, come gli ebrei (si veda
il libro dei Salmi). Secondo
Kierkegaard, anche di fronte
alla peggiore delle intemperie sociali e umane, esiste la
possibilità fondata sull’Alleanza di Dio di una nuova
rinascita, della realizzabilità
di una nuova vita. Questa fiducia è un’energia che il cristianesimo può sempre sprigionare, e ci riuscirà quanto
più non si adeguerà alla legge della violenza e della prepotenza tipica del mondo.
Un libro interessante e stimolante. Per quanto riguarda
il lettore protestante ritenni
opportuno segnalare un teij!!
emerso nel dibattito e che i
tipico del modo di pensate dj
molti cattolici più aperti e critici: si afferma, e questo acca^
de ripetutamente anche neii
radicale di quanto si senti-!
rebbe di fare un protestanteper non essere accusato di
acida e stantia critica antiro.
mana, che l’istituzione cattolica è negativa ed è irrefornia.
bile. Non si vede però e non
si accetta neppure l’idea che
ci siano stati e che possano
prendere vita altri modelli di
chiesa evangelicamente leciti, legittimi e realizzabili, diversi da quelli definiti dalla
Chiesa cattolica. È ignoranza
di storia del cristianesimo? È
una paralisi determinata da
modelli sociologici ed ecclesiologici talmente assimilati
da costituire quasi una seconda natura per chi è stato '
educato cattolicamente? Le
risposte possono essere tante
e diverse. Il libro di Gaeta certamente offre buon materiale
per riflettere su questi e su altri temi teologici a chiunque
si pone con serietà il proble- ’
ma di come vivere il cristianesimo nel nostro tempo.
(*) Giancarlo Gaeta; Religioni
del nostro tempo. Edizioni e/o,
Roma, 1999.
Palazzo Cavagnis a Venezia
Un libro di Bruno Giccarelli
Conoscere i personaggi
per avvicinarsi al testo biblico
PIERO bensì
DOPO Le donne della Bibbia, ecco ora il prof Bruno Giccarelli, appassionato
studioso biblico, offrirci ben
37 profili di uomini della Bibbia, 27 dall’Antico e 10 dal
Nuovo Testamento*. Si tratta
di un libro di eccellente impostazione tipografica, scritto
con linguaggio piano e comprensibile per tutti, capace di
suscitare l’interesse del lettore fin dalle prime pagine.
Dei personaggi più famosi
dell’Antico Testamento vengono presentati i fatti salienti
della vita e del loro itinerario
di fede, e quindi del loro impatto sulla storia del popolo
d’Israele. Dei profeti (nessuno è stato tralasciato), dopo
una breve biografia, è dato
un riassunto chiaro del messaggio contenuto nei loro libri. Per il Nuovo Testamento
vengono scelti dieci «testimoni» di Cristo, con partico
lare rilievo per Giovanni Bat
rista, Simon Pietro e ovvia
mente l’apostolo Paolo. D'
quest’ultimo vengono sottO'
lineati alcuni dati fondamen
tali della vita, come la con;
versione, vengono descritti!
viaggi missionari, e in modoi
molto succinto ma chiarii
viene indicato il contenuto:
delle lettere, il tutto in uii|
quadro storico armonico. |
Nel complesso un libro chi ^
«si lascia leggere» con
da tutti. In modo del tutt |
particolare lo ritengo assai,
utile per quanti desideran
per la prima volta accostars
alla Bibbia, ma si trovano u
po’ in soggezione di
testo, che a volte trovano
difficile comprensione; qu®
sto libro è un'ottima por
d’ingresso per accedere
grande palazzo biblico
(*) Bruno Ciccarei.u:
bibliche. Palermo, Pdg, 199^'
280, £ 20.000 (c/o l’autore,
Pacinotti 80, 95122 Catania)
Vl3
Oltre 20 radio commerciali ed evangeliche trasmettono
in tutta Italia dal lunedì al venerdì una serie completa di j
meditazioni della Parola di Dio, dalla Genesi all’Apocalisse. |
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tei 039-2010343; fax 039-2012520 I
E-mail: mailto:crcrcb@tin.it-Web: http://bibbia.lombardia.com
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saggi di Gaeta, in modo pü¡!
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Fondato nel 1848
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SAN SECONDO: MODIFICHE NEL CENTRO — Da
diverse settimane è stato abbattutto il muro della proprietà
della nota «Casa Gallea»; l’operazione consentirà di recuperare un piccolo parcheggio di circa 400 metri quadri e nel
contempo è il primo tassello per dare il via alla realizzazione di un marciapiede che partendo dalla zona del peso pubbhco raggiunga le scuole medie. Quel breve tratto di strada
sarà uno dei pochi del centro del paese a restare a doppio
senso di marcia. Successivamente potrà prendere il via anche la ristrutturazione complessiva del fabbricato storico,
attualmente in cattivo stato di manutenzione.
■<1 A
VENERDÌ 16 LUGLIO 1999 ANNO 135 - N. 29 LIRE 2.000 - EURO 1,03
Innovi Consigli comunali
eletti nelle ultime elezioni
amministrative alle Valli si
sono praticamente tutti insediati e intanto arrivano già le
prime notizie di aggiustamenti politici, di dimissioni
di consiglieri. La notizia che
ha fatto più rumore è della
scorsa settimana e arriva da
Inverso Rinasca dove nel
gruppo di minoranza si sono
dimesse Luna dopo l’altra otto persone, pare per far entrare in Consiglio comunale
un candidato non eletto. Ma
anche la manovra ventilata a
Luserna San Giovanni, dove
fra le ipotesi possibili vi è
quella di chiedere a un consigliere dei D di farsi da parte
per far posto al primo non
eletto (sempre Ds) giudicato
NUOVI CONSIGLI COMUNALI
PIÙ RISPEHO
DAVIDE ROSSO
di maggiore esperienza che
si vorrebbe proporre come
membro della futura Comunità montana, si inserisce nella stessa linea anche se su dimensioni diverse.
Certamente queste operazioni sono possibili e, dal punto di vista formale, del tutto
legali. Da un paio di elezioni
in qua ogni lista ha, anche se
vincente, degli esclusi, talvolta eccellenti, a causa del mec
canismo della preferenza unica non ancora ben «assimilato» dagli elettori. Tuttavia pare davvero poco opportuno far
rientrare in un modo o in un
altro chi gli elettori non hanno
scelto. C’è stata una campagna elettorale, ogni forza politica ha fatto la sua propaganda, ha presentato e appoggiato
determinati candidati e, alla
fine, crediamo vada rispettato
il volere di chi ha votato, op
pure vanno spiegati chiaramente agli elettori i motivi di
certe scelte. La disaffezione
dei cittadini alla politica deriva anche da qui. Le campagne
elettorali, quelle nazionali come quelle amministrative, ma
soprattutto il voto, si basano
su una sorta di contratto fiduciario che si viene a instaurare
fra forze politiche e singoli
elettori. Ma la persona o la
forza in cui si ripone la fiducia
per non «bruciarsi» deve dimostrarsi credibile e affidabile
anche dopo che è stata scelta.
Queste operazioni, anche se
giustificate col miglior governo finiscono con il generare
confusione e smarrimento, e
con il produrre un conseguente ritiro della «fiducia» e un
disinteresse nei cittadini.
ICO
ni BaiovviadIo. Di
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A Pinerolo
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in municipio
alcuni locali
poco sicuri
Durante un’ispezione nei
locali del Comune di Pinerolo
operata dall’AsI 10 sono state
riscontrate alcune violazioni
alle norme in materia di sicurezza e di igiene. Per questo
motivo, l’8 luglio, il Servizio
di prevenzione e sicurezza
ambienti di lavoro dell’Asl ha
inviato una comunicazione
all’amministrazione comunale in cui nello specifico contesta al Comune il «non buono stato di stabilità di alcune
parti dell’edificio comunale;
la mancanza, in alcuni locali
usati come deposito, di indicazioni del carico massimo
consentito; la mancata richiesta al comando provinciale
dei vigili del fuoco del certificato di prevenzione incendi;
la mancanza di dispositivi di
dluininazione sussidiari e degli indicatori delle uscite di
emergenza oltre che la scarsità di informazione ai lavoratori sul comportamento da
tenere in caso di pericolo».
Ora il Comune di Pinerolo
dovrà provvedere a porre rimedio alle mancanze riscontrate dagli incaricati dell’Asl
entro 120 giorni dalla notifica
del provvedimento.
L’ingegner Giuseppe Castiglione, dirigente del settore Lavori pubblici, ha fatto
sapere che alcuni interventi
indicati dal Servizio prevenzione sono già stati effettuati
Mentre per gli altri si sta
provvedendo. Comunque la
situazione preoccupa l’amniinistrazione che ha subito
ttwbilitato tutti i suoi tecnici.
<<Dirigenti e collaboratori
esterni - ha dichiarato il sindaco di Pinerolo, Alberto
barbero - hanno assicurato
dhe sono in corso procedure
d interventi volti a risponde^ alle prescrizioni date.
Lonsiderate anche le preoccupazioni manifestate dagli
dperatori dell’Asl, ho invita‘d gli uffici a operare con la
diassima tempestività».
Domenica 18 luglio Ìl tradizionale raduno al Colle della Croce
L'Europa dei protestanti
non è solo quella del Nord
PIERVALDO ROSTAN
Domenica 18 luglio alcune centinaia di protestanti da tutta Europa si ritroveranno al Colle della Croce,
sullo spartiacque fra Francia
e Italia in alta vai Pellice; è
una giornata dal clima molto
particolare, festa di popolo e
momento di culto e meditazione insieme; una dimensione davvero europea. A 66 anni dal primo incontro, nel
1933, arrivano fin qui dalla
Germania come dal Belgio,
dall’Glanda come dall’Inghilterra, anche se ad organizzare
la «rencontre» sono in sostanza le chiese francesi e italiane. «Un anno - ricorda il pastore Claudio Pasquet che si è
occupato dell’incontro al Colle durante il suo ministerio a
Bobbio Pellice - abbiamo
contato la presenza di ben
sette nazionalità».
E questa della dimensione
europea è una delle caratteristiche di tutto il movimento
protestante; da Agape al Collegio valdese, dalle occasioni
più istituzionali a quelle più
informali, specialmente i giovani davvero si incontrato
senza confini. «Del resto se
andiamo alle origine della
“rencontre” siamo nel 1933,
in piena epoca fascista: un
campo delle Unioni cristiane
decide di andare a fare questo
culto insieme ai francesi, sotto gli occhi della milizia che
presidiava il confine, per rivendicare una vocazione europeista del protestantesimo.
In particolare del protestantesimo di minoranza che un po’
per necessità e un po’ per nascita ha sempre avuto bisogno
di contatti con le altre realtà
europee. Certo è un avvenimento di un solo giorno, ma
forse anche per questo mantiene inalterata la sua freschezza. Ulteriori momenti significativi sono rappresentati
dal culto, che negli ultimi anni è stato organizzato dai giovani, e dal dibattito pomeridiano che quando il tempo lo
consente permette di affrontare, lassù nel cuore delle Alpi,
problemi centrali della nostra
Europa: ricordiamo un tema
per tutti, quello della immi
grazione, affrontato nel pieno
degli Anni 80 quando il fenomeno da noi era molto meno
evidente di oggi ed invece per
i francesi era una realtà con la
quale confrontarsi».
Dunque qui più che altrove
si realizza un’Europa che non
è fatta soltanto di borse e di
economia, di multinazionali e
di parametri monetari. E del
resto è la stessa storia protestante che si è proposta, attraverso i secoli, su un piano
certamente europeo, al di là
degli stessi attuali confini
dell’Unione europea. Oggi,
soprattutto per i giovani, è
più che naturale parlare e
pensare «europeo». «In realtà
questa apertura culturale aggiunge Pasquet - è un po’
di tutti; prima delle elezioni e
dei parametri economici, i
valdesi che salgono al Colle
hanno ben presente questa dimensione, che in fondo fa
parte delle loro storia; certo,
nel mondo giovanile c’è oggi
una ben maggiore omologazione generazionale rispetto a
quella che si registrava 40 o
50 anni fa».
Eppure questa caratteristica
viene per lo più ignorata a livello italiano; negli ultimi
anni, più di una volta abbiamo sentito all’interno del
mondo evangelico italiano la
frase «forse con l’ingresso in
Europa dell’Italia il nostro
paese scoprirà anche questa
dimensione di un’Europa
protestante». Non è detto che
sia così; anzi vi è chi ha l’impressione che se si comincia
a parlare di più di protestanti
in Italia, a conoscerne l’esistenza, non è tanto per l’ampliarsi dei confini quanto
piuttosto perché si assiste a
E incaricato il sig. Jourdan di Pinerolo
per affrontare il tema «La Bibbia nella scuola». È una relazione tutta tesa ad
analizzare i pro e i contro delle metodologie per l’insegnamento della cultura biblica e della catechetica. Si fa accenno
all’orrore che l’Olanda ha destato quando
«ha minacciato di sopprimere 1 insegnamento religioso dalle scuole», si porta ad
esempio la Svizzera, Basilea in testa, «dove nelle scuole si studia la storia biblica
tutti i giorni, nonostante il razionalismo e
l’incredulità presenti in quel popolo».
Seguono una serie di raccomandazioni
di ordine didattico: importante è la collaborazione con la famiglia (anche se molte
vivono nell’indifferenza e nel materialismo), far lavorare i ragazzi direttamente
sulla Bibbia (anche se questa narra a volte
fatti immorali), il maestro deve limitarsi a
raccontare un solo fatto storico, una
boia o un miracolo e vanno proposti agli
IL FILO DEI GIORNI
LA BIBBIA
NELLA SCUOLA
FRANCO CALVETTI
alunni soggetti di preghiera in rapporto
alla lezione. Mi piace riportare quanto
l’oratore sostiene a favore di un clima
gioioso, sereno dell’apprendimento: «La
religione cristiana bandisce il cattivo
umore, le parole acerbe e pungenti, le
contestazioni, le querele... Bando ad ogni
sorta di punizione, nessun pensum... Bisogna interessare gli alunni all’insegnamen
to... non dimenticando mai che i fanciulli
si affezionano a chi parla loro il linguaggio dell’amore».
Tutto è preso in considerazione, persino
la ricerca: «Chi vuol cercare un passo
su...?». Molto suggestiva è la raccomandazione 0 meglio i consigli per i maestri:
«Visite a domicilio quando il ragazzo è
malato, visite ai genitori...».
Il dibattito che ne seguì è quanto mai
ricco: si richiede che venga adottato un
manuale di storia sacra anche se alcuni
(conservatori?) ritengono che basti la
Bibbia. Ci conforta che tutti siano contrari ai castighi per fare imparare la Bibbia e qualcuno sostiene, non contraddetto, che le preghiere non vadano imparate
a memoria. Una conferenza, quella del
Jourdan, che farebbe da stimolo ancora
oggi ai sostenitori del «Progetto Biblia»
per l’istruzione biblica all’interno del
curriculum scolastico.
un generico aumento di attenzione verso le minoranze.
In sostanza si studiano e si
conoscono i buddisti piuttosto che gli zingari e in questo
quadro ci si accorge della
presenza evangelica in Italia.
«Vorrei spendere però due
parole sulle strategie della
gerarchia cattolica e del papa
- dice ancora Pasquet -: essi
hanno intuito che la nuova
Europa avrà bisogno di valori
spirituali, oltre che di valori
materiali e il papa si pone come “riferimento” per questa
Europa. I giornalisti italiani
tendono a far coincidere la
spiritualità europea con ciò
che accade in Vaticano. Noi
sappiamo che è diverso, conosciamo l’importanza del
protestantesimo tedesco e di
quello svizzero, dei movimenti di risveglio britannici.
Gli italiani prima o poi dovranno rendersi conto che
non solo il nord europeo
“biondo” è protestante, ma
anche molti immigrati dal
Sud o dall’Est del mondo sono protestanti. Bisogna però
superare un grosso deficit
informativo che ha portato i
giornali nazionali a ignorare
l’assemblea mondiale di protestanti e ortodossi di quest’
anno e a dare pochissima
informazione su assemblee
come quelle di Basilea e di
Graz, semplicemente perché
la Chiesa cattolica non vi era
impegnata col papa».
8
PAG. Il
E Eco Delle "\àlli moEsi
VENERDÌ 16 LUGLIO ■
GEMELLAGGIO TORRE PELLICE-WALLDORF — Si è
consumato nell’ultimo fine settimana il primo atto ufficiale
di sottoscrizione del gemellaggio fra Torre Pellice e Morfelden-Walldorf, cittadina fondata 300 anni or sono dai coloni
valdesi delle Valli a pochi chilometri da Francoforte. La delegazione italiana era composta dal sindaco Armand Hugon,
dagli assessori Alessio e Coisson, dalla segretaria comunale
Salerno, dal consigliere di minoranza Merlo e dal consigliere regionale Bellion. Si sono alternati momenti più «laici»,
tra cui la firma dell’atto di gonellaggio venerdì sera (nella
foto) e altri più legati al mondo delle chiese evangeliche come il culto della domenica presieduto dal pastore Paolo Ricca. Apprezzata anche l’esibizione del coro vai Pellice che ha
tenuto un concerto. Ci saranno presto altri incontri in Italia:
a settembre un gruppo di tedeschi sarà in visita alle valli e
nel maggio 20(X) dovrebbe esserci la firma ufficiale in Italia.
BIGLIETTI VINCENTI DELLA SOTTOSCRIZIONE
DELLA CROCE ROSSA — Ecco l’elenco dei biglietti
vincenti della sottoscrizione a premi estratti durante la festa
dei volontari e dei pionieri della Croce.Rossa di Torre Pellice del 3 e del 4 luglio scorso: vince il 1° premio il numero
0878, seguono 0385, 0239, 3138, 1239, 0722, 2779, 1934,
0671, 3036, 1736, 1944, 0920, 1526, 0612, 0622, 2530,
0131, 3134,1453, 1625, 0975, 2255.
UNA MOSTRA AGLI ODIN — Nel Museo degli Odin-Bertot di Angrogna, dal 17 luglio al 31 agosto, viene allestita
una mostra sul Trattato di Cavour (1561). L’iniziativa è
frutto della collaborazione tra Comitato dei musei di Angrogna, Pro Loco di Angrogna e Pro Loco di Cavour.
GRUPPO CIVICO DI SINISTRA: I PRIMI PASSI — Il
gruppo civico di sinistra ha cominciato a muoversi su alcuni
problemi della vai Pellice: «Intendiamo lavorare insieme su
alcuni temi che coinvolgono tutte le realtà comunali della
vai Pellice aprendo il nostro gruppo a tutte le persone della
società civile e al mondo dell’associazionismo - spiega uno
dei promotori del gruppo, Piervaldo Rostan, consigliere comunale a Bobbio Pellice nello stesso tempo puntiamo a
diventare un punto di incontro anche per alcuni consiglieri
comunali che si affacciano per la prima volta alla vita amministrativa». «Lavóro, gestione del territorio, spazi di incontro per » cittadini, a cominciare dai giovani, sono le nostre
priorità» aggiunge Roberto Charbonnier, riconfermato con^
, i sigliere comunale a Lusema San Giovanni. Intanto il gruppo
civico si occuperà presto della progettata apertura di una cava al Moncucco di Lusemetta, dove si è già creato un comitato spontaneo di cittadini, e ha già preso alcune decisioni.
In merito all’eventuale ripescaggio a Lusema San Giovanni
di Mauro Suppo ha ribadito la propria contrarientà: «Non ci
presteremo a manovre che vadano contro la volontà espressa
dagli elettori», afferma Roberto Charbonnier.
BELLION ASSESSORE PROVINCIALE — È stata resa
nota, dalla presidente Bresso, la composizione della giunta
della Provincia di Torino. Due i pinerolesi presenti nell’esecutivo: l’assessore uscente Giuseppe Gamba, passato dai Ds
ai Democratici, è anche vicepresidente e mantiene la delega
all’Ambiente. Con lui ci sarà anche Marco Bellion (che lunedì si è dimesso da consigliere regionale) con delega
all’Agricoltura, Montagna, Caccia e pesca: «Ci sarà molto
da lavorare dopo che la Provincia ha ottenuto importanti deleghe sull’agricoltura - ha detto a caldo Marco Bellion
cercherò di lavorare in stretto contatto con gli amministratori della montagna torinese, in primo luogo con quelli delle
Comunità montane». Gli altri assessori provinciali saranno i
riconfermati Luigi Rivalta, Franco Campia, Luciano Ponzetti. Maria Pia Brunato, Silvana Accossato, Valter Giuliano, Barbara Tibaldo, e i nuovi Antonio Buzzigoli, Giuseppina De Sanctis e Alessandra Speranza.
VISUS
Ottica
Lenti a contatto
Laboratorio in sede
con il montaggio lenti computerizzato
Fotografia
LUSERNA S. GIOVANNI
Via Roma, 42
TORRE PELLICE
Via Arnaud, 5
Siglato il Patto territoriale del Pinerolese
identità vista come
elemento di sviluppo
«Rafforzare l’identità del
Pinerolese come fattore decisivo per attrarre nuove imprese, nuovi investimenti e
ottenere maggior credito a livello istituzionale». È questa
l’idea dichiarata che sta dietro al Patto territoriale del Pinerolese il cui bando di adesione è stato pubblicato il 23
giugno scorso e che vede il
Comune di Pinerolo come
promotore di questa iniziativa che mira allo sviluppo
economico e occupazionale
del territorio.
L’attuale amministrazione
di Pinerolo, come capofila
del progetto, ha puntato molto sulla costituzione di un
Patto che permetta uno sviluppo concertato dell’area Pinerolese che vada al di là del
«piccolo orticello» di ogni
singolo Comune puntando a
creare un soggetto forte dal
punto di vista dell’integrazione delle forze sociali presenti. Ora sembra che si sia arrivati a un punto decisivo: capire, dal punto di vista progettuale, la risposta delle
aziende del Pinerolese e non
alle sollecitazioni che vengono dal sodalizio.
Con l’atto di pubblicazione
del bando il Patto, che vede
l’adesione di 51 Comuni (fra
cui due della Provincia di
Cuneo, Bagnolo e Barge), di
2 Province (Torino e Cuneo)
e di 3 Comunità montane (Pinerolese pedemontana, valli
Chisone e Germanasca e vai
Pellice) oltre a 40 tra enti e
STA
Ma siamo
dei sudditi o
dei cittadini?
Vorrei raccontare una delle
tante disavventure «da disservizi» in cui il comune cittadino rischia di incappare.
Mercoledì 30 giugno, il treno
proveniente da Torino e il
cui arrivo era previsto a Pinerolo per le 12,13 arriva a
destinazione con tre minuti
di ritardo. Poiché non viene
data alcuna precisazione tramite altoparlante circa la
prosecuzione del viaggio per
Torre Pellice, chiedo informazioni a un ferroviere, il
quale mi indica il cortile interno della stazione dal quale
dovrebbe partire Tautocorsa
sostitutiva. Passa un quarto
d’ora ma nessun autobus arriva in quel piazzale. Nel
gruppo di una quindicina di
persone in attesa vi è un ferroviere, quel giorno non in
servizio, che si offre di andare dal capostazione. Apprende che l’autobus in effetti c’è
stato, ma deve essere partito
prima dell’arrivo del treno da
Torino. Il capostazione telefona immediatamente alle
Autolinee Sdav di Cavour,
che rintracciano l’autista e lo
invitano a ritornare alla partenza. Sono le 12,30 quando
l’autobus ritorna sul piazzale; alle rimostranze di alcune
signore anziane, l’autista risponde che era stato autorizzato a partire. A questo punto il ferroviere, seccato, ritorna dal capostazione e lo invita a un confronto. Diventa
così palese a tutti che l’autista per salvarsi la faccia aveva mentito.
Disguidi di questo genere
organizzazioni rappresentanti
le forze economiche, sociali
e religiosi del Pinerolese, entra in una nuova fase. Con
questo nuovo passo, infatti,
gli aderenti al Patto invitano
le impresè a presentare progetti di investimento nell’ambito delle linee tracciate alla
fine di un lungo lavoro che
ha impegnato da prima i soggetti coinvolti nel sodalizio a
individuare un’idea guida da
porre il rafforzamento dell’identità pinerolese come
obbiettivo finale da raggiungere, e a insediare un Tavolo
di concertazione che ha come
compito quello di «regia del
Patto territoriale per le azioni
che ne definiranno la fisionomia prima e l’erogazione delle risorse e il monitoraggio
dei risultati poi», e infine a
promuovere la costituzione
di Tavoli tecnici su particolari tematiche come la formazione e il sistema del Credito
alle aziende.
L’idea di un Patto concertato su tutto il territorio del Pinerolese quindi procede; occorre ora, come del resto hanno avuto modo di dichiarare i
sottoscrittori del sodalizio,
che non si abbassi la guardia
dal punto di vista delle infrastrutture: strumento indispensabile per lo sviluppo di una
zona che per troppi anni in
questo settore e stata un po’ al
palo anche se ora (vedi autostrada, fornitura dell’energia.
Polo integrato di sviluppo)
qualcosa sembra muoversi.
succedono e non solo raramente. Da segnalare innanzitutto che alla stazione di Pinerolo non vengono sempre indicate le corse sostitutive
dell’autobus, per cui l’ignaro
turista rischia di perdere la
coincidenza, e se è sera è costretto a rimediare con un taxi.
Questi casi di ordinaria leggerezza non aiutano certo a
migliorare l’immagine che il
Pinerolese vorrebbe dare di
sé come territorio aperto e
ospitale che punta sul turismo
come una delle proposte per
diversificare gli sbocchi economici alternativi o complementari alTindustria.
A pensarci bene, se succedono queste cose, emerge un
problema di fondo sul quale
varrebbe la pena di riflettere:
siamo dei cittadini responsabili con dei diritti e dei doveri, e tra i doveri c’è anche il
fatto di opporsi ai disservizi,
oppure ci rassegniamo a perpetuare un ruolo impostoci
tempo addietro, brontolando,
ma in fondo continuando a
comportarci come dei sudditi?
Adriano Longo - Angrogna
Un viaggio
alle Valli
Sono 28 le persone che hanno preso parte al breve viaggio nato per iniziativa del Père
Massot, che da tanti anni conosce le valli valdesi attraverso incontri ecumenici e legami
con pastori della Chiesa valdese. Nominata «correspondant locai», ho preparato un
intenso programma di visite.
A Torre Pellice, i partecipanti sono stati ospiti della
Foresteria valdese («maison
d’accueil sympathique, chambres agréables, nourriture
abondante, vin chaleureux».
Rassegna di concerti a Torre Pellice
Incontrare la grande
musica da camera
L’estate in vai Pellice si arricchisce in questo mese di
luglio di quattro importanti
appuntamenti musicali, grazie
alla collaborazione tra l’Associazione musicale divertimento di Torre Pellice e l’Associazione Xenia Ensemble
di Torino.
Dopo la «Stagione concertistica invernale» e dopo i
«Concerti di primavera» che
nel primo semestre 1999 hanno riscosso un crescente successo, è la volta ora di una
piccola quanto ricca rassegna
dedicata al repertorio da camera. La presenza di Natalia
Gutman e Valentin Berlinsky, due tra i più grandi violoncellisti a livello mondiale,
offrirà un’occasione d’ascolto irripetibile.
I biglietti di ingresso costeranno 15.000 lire gli interi e
10.000 i ridotti (in vendita la
sera del concerto); il concerto
del 31 luglio sarà ad ingresso
gratuito. Il primo appuntamento è per martedì 20 luglio
nel tempio valdese, alle ore
21,15; si esibiranno Natalia
Gutman, violoncello, Alexander Kagan, violino, e Ivan
Rudin, pianoforte. Insieme
proporranno: di Franz Schubert. Sonatina n. 2 in la minore per violino e pianoforte; di
Johann Sebastian Bach Suite
in do minore per violoncello
solo; di Dmitri Schostakovitch. Andante e Allegro dal
Trio n. 2 per violino, violoncello e pianoforte; di Felix
Mendelssohn-Bartholdy, Trio
secondo il diario di un ex
scout). Toti Rochat, guida
competente, li ha guidati nella visita del Museo storico e
detnografico valdese; nél
tempio di Torre Pellice ha
avuto modo di rispondere ad
alcune loro domande su sacramenti, matrimonio, divorzio, ecc. Distensiva la pausa
alla Casa di riposo Miramonti
(«à vaiar Pellice où Roberto
Taglierò interprète quelquesunes des 800 chansons de son
répertoire, avec son ami
beaucoup plus jeune que lui
Enrico Gay, le tout accompagné de gâteaux et de boissons»), Una breve puntata a
Torino, tra Superga, il duomo, il Museo egizio, la sinagoga, il gmppo ha potuto visitare il tempio di corso Vittorio. Un momento di raccoglimento davanti al monumento di Chanforan e alla
stele di Bobbio, e poi la vai
Chisone e la vai Germanasca:
da Prali ad Agape a piedi
(«l’orage de a veille ayant
coupé la route; le pasteur
Daniele Bouchard nous parle
de ce centre d'accueil spirituel pour les jeunes et les
in re minore per violino, vi
loncello e pianoforte. Nat*
Gutman è nata a Kazanl
Russia: ha iniziato lo sttìi
del violoncello all’età di 5I
ni; la sua educazione musit
le è stata influenzata dal nn
no, il violinista Anis Berli
allievo di Leopold Auer, ej
Gaiina Kozolupova, sua’inj
gnante per 15 anni. Allia
prediletta di Mstislav Rostí
povich al Conservatorio!
Mosca, nel 1967 ha vinto'
Concorso deU’Ard di Mon**
di Baviera. Da allora ha iij
ziato una brillante carriera j.
temazionale che la vede osiate delle più famose sale euM
pee e delle maggiori ordii
stre. Ospite abituale dei p
prestigiosi festival (Salzbm
Festspiele, Berliner Festspi
le, Wiener Festwochen), ¡
labora con direttori d’ordij
stra quali Claudio Abbai
Wolfgang Sawallisch, Ric^
do Muti, Bernard Haitink.
Gran parte dell’attivitàc
certistica di Natalia Guti
dedicata alla musica da cai
ra: suoi partner sono Sviai
slav Richter, Isaac Ste|
Martha Argerich, Jury Ba| j
met e Elisso Virsaladze. Coi I
suo marito, il violinista 01^ |
Kagan, ha suonato dall '
al 1990. In questo conceitei ^
esibiranno anche i giovani talenti di Ivan Rudin (
te) e del figlio di Naialia|
Alexander Kagan (vMmo)|
entrambi studenti presso la f
nomata accademia di5peci|
lizzazione di Mosca.
moins jeunes»), «En passi
uno sguardo al tempio di
sema San Giovanni, l’i
di stile napoleonico e uni
to a don Giorgio Grietti,]
roco di Bricherasio.
Nella prima serata fos
è don Mario Morero, sq
rio del vescovo di Pineroì
(«il nous présente son dico
se»y, alla seconda prende pi
te il vescovo di Pinerolo. Si
gue un incontro con il pnst«
Franco Davite che spiega'
francese, in modo esaurienï
il funzionamento della Chis
valdese («ce pasteur et cii
que nous avons rencontri
nous sont apparus comme
gens de foi, vivant dansjk
milité de "leur” vérité et\
respect de cele des auW
Etonnante église vaudoi
qui, depuis sept siècles,
continué de vivre, a stiriti
aux exils '
aux persecutions.
témoigne d’une vraie
ck
rité»). Nella terza serata, P
ma di proseguire per Cavoi
Staffarda e la Francia, i noi
ospiti hanno ascoltato il
valdostano Mont Rose.
Liliana Ribet-'^°^
ARREDA
ESpOSizIONE E UbORATORiO:
vìa S. Stcoisdo, Î8 - * 0121/201712 Ia.x01
E'MAÌI; qRÌvA@qitivA.ÌT hnp://www.qRÌvA.ÌT
ABBADIA ALPINA ^ PINtROLO (To)
(eli ffiONTE aIU caserma AlpÌNÌ «BeRARCIÌ»’)
1RÎNA IMOVirÀ - vicolo CÌBAud/DORTÌCÌ VÌA CHÌAPP^**^
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NOTIZIARIO DELLA FEDERAZIONE GIOVANILE EVANGELICA ITALIANA
UN VIAGGIO TRA I PROFUGHI
IN ALBANIA I IN MACEDONIA PER UN PROGETTO DI PACE
L'articolo che segue è il resoconto di un viaggio compiuto a seguito di una delegazione
del Consiglio Ecumenico delle Chiese (CEC) in visita all'Albania e alla Macedonia.
Questo viaggio è stata anche l'opportunità per prendere contatti con la Fondazione Battista di Tirana nella persona di Saverio Guarna con la quale la Egei (assieme alI'SRM della
FCEI) sta intessendo un progetto per il prossimo Luglio.
E la terza volta che la Egei è impegnata in Albania, il primo viaggio fu nell'ottobre 1993
in CUI una delegazione visitò il paese ancora completamente prostrato dalla dittatura. In
quell occasione la Egei cercò di venire concretamente in aiuto alla Chiesa Ortodossa Albanese e di stabilire dei contatti con il loro gruppo giovanile. Negli anni successivi venne tenuto aperto questo corridoio, che ebbe quale appuntamento di rilievo un convegno sull'Ortodossia nel quale intervenne il pope Martin Ritzy, allora attivo a Tirana. I contati scemarono
a causa delle difficoltà interne al paese e dinante un secondo viaggio (nella primavera del
97) fu chiaro alla Egei che i giovani e le giovani ortodosse non avevano le forze per portare
avanti i rapporti con la Egei.
La Egei organizzerà un Campo cadetti sulla «gestione non violenta dei conflitti» insieme
ad un gruppo di giovani albanesi che fara parte integrante della staff. Crediamo che la nostra testimonianza di fede sia inscindibilmente legata alla promozione della convivenza pacifica tra culture diverse e che l'esperienza diretta delle contraddizioni scoppiate in Albania
sia un patrimonio importante per la nostra prossima elaborazione politica.
Il Coi^siglio della Egei ha espresso la propria preoccupazione per la guerra in ex - Yugoslavia (vd.: scorso Notiziario) e ha aderito alla manifestazione del 3 Aprile a Roma La Egei si
riconosoe inoltre pienamente nelheditormie redatto dalla redazione di GE (apparso in stralci
in Riforma del 14 maggio) e che uscirà sul prossimo n' di Ge. s.s.
To)
di')
Ha il volto aperto e stento a credere che la
donna che ho di fronte sia la stessa che ha
visto sterminare gli uomini della sua città e
bruciare la sua casa. Ha due figlie bellissime, la più grande ha gli occhi densi di parole. la più piccola l’energia di qualsiasi bambina della sua età. È un’insegnante di matematica, racconta della morte del marito anni
la per una malattia ai reni. Mi chiedo se questa perdita le ha risparmiato una tragedia
encora più efferata.
Incontro le kosovare, perché sono quasi
tutte donne e bambine, nei campi profughi e
nelle famiglie albanesi in un viaggio che ho
fatto di recente al seguito di una delegazione del Consiglio Mondiale delle Chiese
(WCC) in macedonia e in Albania.
Le rifugiate hanno molte stòrie da raccontare. Sono storie tremende, le stesse che
l®9giamo sui giornali e che vediamo in televisione, ma avere di fronte il volto della persone che le ha vissute è diverso. Le persone
she ho incontrato hanno - come scrive Prinio Levi - “¡| bisogno di raccontare agli altri,
•fi fare gii altri partecipi (...)” e sono storie
she hanno “il carattere di un impulso immediato e violento” (Se questo è uomo, p. 9). Il
pensiero sì ingolfa, non arriva a comprendete come mai l’umanità sia impazzita collassando ancora una volta su una guerra e su
ono sterminio etnico.
hfei campi le profughe cercano di avere
••fa vita dignitosa, di essere coinvolte e promotrici di una quotidianità autogestita e che
fOh sia soltanto una snervante attesa di un
esito e di un ritorno per ora improbabile. Alinia e Macedonia sono paesi distrutti o
I ®uH’orlo del collasso. La Macedonia intratte! feva l’80% dei suoi scambi commerciali con
[ guerra ha congelato. Il
I ^0% di disoccupati è inevitabilmente desti; fato a crescere.
L'Albania è stata distrutta dalla crisi finan^•aria, politica e sociale del 97. L’80% degli
albanesi ha perso tutti i suoi averi dal giorno
alla notte e adesso il 70 % è disoccupato
senza una prospettiva di futuro decente per
sé e per i propri figli. Gli albanesi vogliono
fuggire dalla loro terra. Sono già più di un
milione i migranti albanesi nel mondo, la
maggior parte uomini e donne che avrebbero potuto per capacità e formazione ricostruire il paese. Durante la crisi del 97 pressoché ogni albanese si è armato. In una casa di una famiglia albanese che ospita kosovari ci mostrano la parete dietro alla quale
hanno murato i Kalashnikov perché , ci spiegano, non si mai... La vita in Albania vale
poco e quarant’anni di regime del terrore ha
radicato nelle persone un clima di sospetto
reciproco fortissimo. A qualsiasi sgarbo si
reagisce con la vendetta scatenando una
spirale di morte. Anche in questo caso chi
paga i prezzi più alti sono le donne, soprattutto le ragazze adolescenti che rischiano
quotidianamente di essere rapite per alimentare il mercato della prostituzione in Italia e in Europa.
Nella latitanza dello stato di diritto e
nell’assenza di una classe che possa farsi
carico della ricostruzione nazionale le chiese
sono poste di fronte ad enormi tentazioni,
ma possono svolgere un ruolo molto importante.
La tentazione più grande è di sostituirsi allo Stato. In prossimità delle chiese vengono
edificate scuole e centri sanitari. IndubbiaiY,0pte questo e essenziale perche spesso
forniscono l’istruzione e l’assistenza medica
che altrimenti sarebbe inesistente, tuttavia
manca una qualsiasi riflessione sulla laicità
dello stato. In Albania le chiese si propongono copie una serie di piccoli stati che garantiscono un minimo di qualità della vita, ma
appunto confessionale.
Penso che la grande opportunità delle
chiese albanesi sia di contribuire alla formazione delle e degli albanesi perché sappiano
gestire pacificamente e democraticamente i
propri rapporti e la vita pubblica. È in questo
ambito che si inserisce il progetto della
FGEI. Assieme alla Fondazione Battista di
Tirana vorremmo organizzare un campo cadetti per albanesi e kosovari la cui staff sia
composta da italiani e albanesi. Il tema del
campo sarà proprio la gestione non violenta
dei conflitti. Il rilievo di questa esperienza sta
nel contributo che speriamo di portare, ma
soprattutto sarà nell’occasione di poter fare
esperienza concreta della situazione in Albania e dei profughi kosovari.
Proprio la presenza nei luoghi dove maggiormente si esplicano le contraddizioni del
disordine internazionale può sostanziare la
riflessione politica che la FGEI si appresta a
fare con il suo campo studi. Si potrebbe dire:
guardare i volti per pensare politicamente.
Sandro Spanu
||0 0
luglio 1999
La pROSSiMA RÌUNÌONE Óe[ CoNSiqlio AllARqAIO È STATA
fiSSATA PER il OTTobRE '99ÌN luoqo cJa dEfiNÌRE.
Il Campo sTudi È pREvisTO per i qioRNi 28 OTTobRE-l°
NOVEMbRE A EcUMENE. IsCRÌZÌONÌ PRESSO SANdRO SpANU,
teI. 02-6599605, e-maìL spANu@iol.iT
10
IL SISTEMA CI SISTEMA!
RIFLESSIONI IN VISTA DEL CAMPO STUDI NATIONALE FGEI
A
UN
All’ultimo Congresso della Federazione si
è tornati a parlare di politica e dell’esigenza di aprirsi alla società e di essere
interattivi con essa, di agire concretamente
quando è possibile e di prendere posizione rispetto a quelle situazioni o avvenimenti che ci
riguardano, non solo come membri di una federazione evangelica, dunque sensibile a certe problematiche, ma anche come cittadini e
cittadine della società che ci circonda e di cui
facciamo parte. A questo proposito è stato
creato il Laboratorio politico che in generale
ha il compito di monitorare «l’esterno», di studiare le dinamiche politiche, sociali, economiche che nella società si manifestano al fine di
stimolare un intervento della Federazione rispetto a dette dinamiche.
L’ultimo Congresso ha dato, tra l’altro,
mandato al Laboratorio politico di organizzare
il campo studi di quest’anno ed il Laboratorio,
considerando il percorso seguito dalla Federazione negli ultimi anni (identità-testimonianza-fede/impegno), considerando il significato
di cui lo stesso Laboratorio è investito, ha ritenuto fondamentale che al campo studi si discutesse dell’agire politico (o se vogliamo si
progettasse sull’agire politico).
Scorrendo le tappe del «recente passato»
della Fgei è impossibile non cogliere le tracce
evidenti di un percorso di crescita spontaneo
e consapevole, intrapreso dalla Federazione.
Riguardando i titoli del nostro Notiziario
dal ‘94 in poi il percorso si delinea nei suoi. a
aspetti più salienti: nel Marzo del ‘94 Lello
volpe in «Attenti alle balie», tra i flash di una
citazione e l’altra ci faceva riflettere sui contenuti della tanto attesa «Seconda Repubblica»
concludendo la, sua riflessione con una sequenza di tematiche di importanza fondamentale per la valorizzazione dell’individuo,
teorico nucleo centrale della società, ma nei
fatti strumento e terreno della realizzazione di
un sistema fondato sull’interesse capitalistico: la valorizzazione dell’impresa, l’affermazione delle comunità locali, l’avvicinamento
all’associazionismo, le riforme degli interventi
sociali come strumenti di inserimento e non
più di assistenza... Nello stesso anno Laura
Casorio e Michele Rostan introducevano il
campo studi sulla politica con un nuovo articolo: «Noi e la politica: un campo minato?».
Un’intervista allo staff di quel campo studi
sulla politica sottolineava le motivazioni che
avevano portato alla realizzazione del campo
stesso: si raccontava come in passato la Fgei
era stata politicamente attiva all’esterno, godendo di una identità religiosa e politica forte
dei suoi membri, dovuta, probabilmente, anche alle contingenze storiche di quegli anni.
Già nel corso degli Ottanta, c’era la sensazione di una certa difficoltà, da parte della Federazione, nel colmare la distanza tra il «parlare
di politica» ed il «fare politica» e probabilmente questo era dovuto al fatto che l’identità
politica della Federazione rispetto al passato
si era indebolita. Dunque era necessario riaprire un dibattito interno su questo problema,
al fine di ricostruire, rielaborare o comunque
chiarire un aspetto essenziale per una Federazione che vuole agire nella società in cui i
suoi membri vivono, e dove vuole testimoniare il suo pensiero.
Dal ‘94 in poi si è aperto un periodo di riflessione interna sull’identità protestante, sulla
testimonianza, sul ruolo stesso della federazione rispetto ai gruppi giovanili evangelici ed
alle chiese stesse («Testimonianza plurale»
‘96. «Lo spirito della narrazione» ’97. «Attenzione testimonianza in corso» ‘97, «Il muro a
secco» ‘97) il tutto correlato da tematiche altrettanto scottanti: «Il senso della memoria»
(’95); «Educhiamoci al conflitto» (’95); «Le famiglie: modelli in movimento» (‘96); «Solidarietà e democrazia: un connubio perfetto?»
(‘96). Oggi l’esigenza di parlare dell’agire politico nasce anche come spontanea reazione
all’analisi critica della nostra epoca, del modo
di vivere, dei rapporti sociali, del. lavoro, della
cultura, dei valori... I complicati meccanismi
economici che avvolgono il mondo, il liberalismo economico, l’universalismo giuridico, la
globalizzazione hanno condizionato il modo di
vivere sotto tutti i suoi aspetti.
Si tende alla cancellazione delle differenze, alla uniformazione del mondo come un
grande mercato; Guerra e pace si confondono in una guerra permanente che pullula nei
diversi focolai regionali; Crimine e rivolta politica si mescolano nell’ambiguità inquietante
del terrorismo che crea squilibrio nella sfera
dell’opulenza e del benessere; i rapporti sociali si basano sulla surreale lotta per l’accaparramento o il mantenimento di status che
hanno preso il posto dei principi morali, della
spontaneità e della solidarietà.
Il capitalismo, dice Barcellona, rompe il
rapporto tra produzione e vita sociale, fra la
logica della crescita quantitativa e del profitto
e creazione sociale dei bisogni, sradica l’individuo dalle forme di vita che danno senso al
produrre è al consumare. Noi abbiamo oggi
bisogno di ciò che viene prodotto; ciò che viene prodotto viene imposto al nostro consumo.
Infatti da più parti l’infelicità viene indicata come la «malattia del secolo»; è una infelicità
aggiuntiva rispetto a quella provocata dalle tipiche situazioni dell’uomo (dolore, morte, sofferenza), è una infelicità provocata dai desideri indotti daH’immagine del consumo opulento e dall’organizzazione sociale.
Oggi tutto il nostro piccolo mondo è condizionato dal sistema in cui viviamo, poiché fa
parte integrante di esso. La nostra vita inconsapevolmente si conforma al sistema.
Recepiamo le informazioni mediate dal sistema, seguiamo le tappe «necessarie» per
realizzarci e vivere «bene» nel sistema. Il sistema ci priva di quella fantasia e creatività
che dovrebbero essere gli ingredienti fondamentali per la realizzazione dell’individuo nel
lavoro, nella cultura, negli hobbies; ma è già
tutto prestabilito ed ognuno non deve fare altro che operarsi per raggiungere quei modelli
considerati la felicità, l’approdo ad uno status
migliore. Siamo stimolati sempre più a desiderare ma non si sa bene che cosa. Il Libe
ralismo ha ridotto il soggetto umano a soggetto economico. L’individualismo è l’altra
piaga della nostra epoca. La perdita di rapporto con l’altro annienta la solidarietà. I legami sono sempre più fluidi: concetti come
identità e appartenenza non sono più, alla
base della vita. Questo è uno degli effetti più
disastrosi provocati dal sistema. Il venir meno del senso dei gruppo, del legame dovuto
alla tradizioni, costruito insieme con la lotta
per i diritti... riduce il senso di potere che l’individuo ha sulla società, riduce il suo interesse rispetto alla cosa
pubblica, annienta il
senso del suo agire
politico. Barcellona ribadisce che «...se
continuiamo a pensare
che la nostra identità è
data da ciò che consumiamo è inutile continuare a fare seminari
e convegni ...non ci
rendiamo conto che
questo è un rovesciamento del nostro rapporto con i mezzi per i
vivere, che ha preso il
sopravvento la ragione
strumentale, ...siamo
condannati a diventare
appendici delle macchine, appendici del consiglio e non abbiamo più
la capacità di mettere
in discussione nulla».
Questa è la lettura che Pietro Barcellona
docente dell’università di Catania, fa del si^.
sterna in cui viviamo. Partire da questo tipo
d’analisi potrebbe esserci utile al campo studi per dare senso al nostro agire politico e
per studiare le formule in cui vogliamo intraprenderlo.
Moltissimi saranno gli ospiti e le sorprese
e altrettanto i beveraggi: ricordate che al
campo studi festeggeremo il trentesimo anni
versario della nostra Federazione?
S-9.
M
LE ÉLITES NELL’EST EUROPEO
INCONTRANDO AUUNI 6IOVANI DI QUESTI PAESI
Ritrovarsi faccia a faccia con una trentina
di cittadini dell’est dell’Europa in un paesino di montagna della Germania del
Nord (Waldsieverdorf) fa certamente il suo effetto, pensando che fino a dieci ani fa per loro
era veramente difficile spostarsi dentro l’Europa, e fa ancora più effetto pensare di incontrarli per parlare delle elites che all’Interno dei
loro paesi attualmente detengono un potere
tale da poterne influenzare la vita politica ed
economica.
Questo incontro ecumenico è avvenuto tra
il 26 novembre e l’1 dicembre 1998. Sono intervenuti ragazzi provenienti dall’Estonia,
Russia, Ucraina? Lituania, Polonia, Rep. Ceca, Slovacchia e Germania.
L’attuale situazione politica di questi paesi
naturalmente risente degli avvenimenti che
negli ultimi dieci anni hanno interessato l’area
est dell’Europa; nel 1988 la Tatcher dichiarava la fine della guerra fredda, la quale per più
di 40 anni aveva dominato il proscenio mondiale e la politica internazionale; nell’89 è avvenuto il crollo del muro di Berlino; nel ‘91
Gorbaciov ritira le forze militari sovietiche dalla Cecoslovacchia e dall’Ungheria concludendo un accordo formale per il controllo degli armamenti; nel ‘91 avviene anche lo scioglimento del Patto di Varsavia tra l’Unione Sovietica e i paesi dell’Europa Orientale (chiave
di volta del sistema sovietico di sicurezza e
controllo) così come del COMECON, che
aveva assunto il compito di disciplinare il
commercio tra tutti quei paesi per oltro 40 anni; infine nel ‘91 la stessa Unione Sovietica si
dissolve lasciando al suo posto la Russia e altri 14 stati all’interno dei quali, già prima di
questa dissoluzione, si erano verificate aperte
manifestazioni di dissenso e movimenti separatisti, e dove in seguito, le libere elezioni portarono al potere molti governi anticomunisti.
Dunque questi avvenimenti anno comportato un «rinnovamento» teorico all’interno dei
governi di questi paesi e ad un riassetto delle
posizioni di potere di quei gruppi che esercitano, grazie al loro status (sociale, politico o
economico...) una forte influenza suH’orientamento della vita nella società.
Nella prima fase dell’incontro ci siamo
scambiati pareri rispetto alla definizione stessa di “élite”; poi ognuno ha descritto la situa
zione delle elites e le relative modalità di
esercizio di potere e influenza all’Interno del
proprio paese. Su questi argomenti sono intervenuti diversi esperti. Svetlana Kataeva,
lettrice dell’Università di Samara (Russia),
raccontava come in Unione Sovietica tutto il
sistema fosse sotto il controllo del Partito
Comunista, controllo esercitato attraverso gli
organi di governo. Oltre a questa élite politica ne esisteva anche una economica, subordinata però alla prima. La Svetlana ricordava
altre élites importanti come quella militare, i
servizi segreti, i mass media... Alla fine degli
ottanta il ruolo del partito nel controllo della
società declina. Le riforma di Gorbaciov portarono ad elezioni con molti nuovi candidati
che sembravano dimostrare la concretezza
deH’orientamento democratico assunto dal
sistema politico. Infatti la democrazia si inceppa la dove i canali di reclutamento della
classe politica sono sotto il controllo di una
so|a élite, poiché non avviene un rinnovamento dei rappresentanti politici del paese e
la domanda della base sociale non filtra attraverso le istituzioni, praticamente si crea il
cosiddetto «regime».
La Svetlana sottolineava però come, se da
un lato il partito perse molto del suo potere,
questo veniva in qualche modo riassorbito attraverso le varie postazioni politiche; in ogni
caso l’orientamento fu quello della formazione
di nuove élites e di un rinnovamento di quelle
già esistenti. Infatti molti nuovi elementi, provenienti soprattutto dall’accademia, sfruttarono le elezioni come opportunità di ascesa sociale. L’aspetto più interessante fu lo stabilizzarsi di due fondamentali élites, cioè quella
politica e quella economica. La Perestroika
aveva portato alla nascita di molte imprese
private; spesso i nuovi proprietari erano gli ex
ufficiali del governo sovietico responsabili
dell’andamento dell’Impresa quando era proprietà dello Stato. Così l’élite economica si
era rafforzata tanto da poter agire più indipendentemente dal potere politico.
Negli ultimi anni questo sistema di élites si
è stabilizzato; la chiusura dei gruppi di potere
sembra profilare raffermarsi di un nuovo stato
oligarchico. Nel ‘95 l’Istituto di Sociologia
dell’Accademia di Scienze russa presenta come gruppi di élites aventi potere nella società:
il presidente e il suo apparato, il governo,/
membri del partito, il Parlamento, i grupfi
economici e alcuni gruppi regionali.
In Germania invece sembra che l’unificazione abbia portato ad una completa «occidentalizzazione» dell’Est e ad una proliferazione di élites tutte, bene o male, competitive
fra loro.
In Slovacchia l’élites più forte è ancora
quella politica insieme a quella economica.
Esistono minoranze non sempre con molta
voce in capitolo. Gli intellettuali non detengono grande influenza sulla società, al contrario
l’élite ecclesiastica.
Naturalmente non è possibile in questa sede fare un resoconto completo degli interessanti contenuti sviluppati nel corso dell’incontro, ma in generale devo dire che a Waldsieverdorf ciò che mi ha particolarmente colpito
sono stati i dati forniti da Jakob Baumgardt,
dell’Università di Humboldt di Berlino, i quali
sondavano il livello di soddisfazione, rispetto
allo sviluppo ed il funzionamento della democrazia nei vari paesi ex sovietici, da parte del
le popolazioni. Gli insoddisfatti in generale su
peravano ampiamente il 50%; tra l’altro i
evidenziavano una notevole disaffezione nei
confronti del presidente e degli organi di g°
verno in generale, mentre una grossa percen
tuale di intervistati si dimostrava particolar
mente fiducioso verso l’esercito, le TV pubbliche, la Chiesa e verso la polizia.
Certamente la democrazia non è facile da
costruire, bisogna anche allenarsi ad essa,
abituandosi ad esercitare i propri diritti e a ri'
spettare le idee altrui. Questi paesi stanno
ancora da poco sperimentando i nuovi moduli economici e politici, dunque devono ancora superare molte difficoltà, e per loro l'Occidente rappresenta il modello ispiratore, >l
mondo del consumismo, del benessere o
della libertà.
Speriamo che dall’ovest copino solo le cose buone, visti gli orientamenti della politico
internazionale in Europa degli ultimi mesi. A
la festa finale dell’incontro ho avuto al possi;
bilità di “tastare» ampiamente i prodotti tipici
degli altri paesi tra cui grappa e vodka; spero
che in questo campo, almeno i russi non
cambino mai.
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A CONFRONTO CON LA «NEW AGE»
UNA SERIE DI INCOHTRI DEL RICOSTITUITO GRUPPO DI PINEROLO
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Apinerolo, dopo un anno di silenzio, è rinato un gruppo F.G.E.I. Siamo una decina di simpatiche e agguerrite donnine
non solo della «metropoli», ma anche della
«piana», e delle valli Pellice e Chisone. La
composizione tutta femminile del gruppo è
stata casuale, ma alla fine ha contribuito anche a dare un certotaglio alle nostre attività.
Durante la prima riunione, il 12 ottobre dello
scorso anno, dedicandoci sia alla scelta del
tema che alla scadenza delle riunioni, ci siamo rese immediatamente conto che stava nascendo qualcosa di nuovo. I nostri incontri
ogni quindici giorni e la scelta collettiva di un
tema che ci appassionava, sono state indubbiamente le carte vincenti di quest’annata favolosa ricca di attività, dibattiti, incontri e discussioni infervorate...
Il tema che è saltato fuori è stato quello
del confronto con la filosofia «New Age», per
la verità senza che nessuna di noi sapesse
• bene con che cosa avremmo avuto a che fare. Abbiamo deciso di contattare un amico:
Mauro Challier. Mauro per due incontri ci ha
esposto i punti più importanti della Scienza
dello Spirito che lui studia ormai da diversi anni e della quale ha fatto una sua scelta di fede. Ricordiamo ancora nitidamente quelle prime due serate che per certi versi ci hanno lasciate silenziose e affascinate e per altri ci
hanno stimolato a dibattiti assolutamente entusiasmanti. Come chiunque, crediamo, anche noi ci aspettavamo riunioni a parlare di
energia, chakra, aureole, tecniche di autoguatigione, contatto con la natura e cibi macrohiotici, invece... la sorpresa! Lucidamente e
con molta serenità Mauro ci ha aperto la strada ad un confronto reale e vivo su tematiche
ben più complesse. La fede nella reincarnazione 0 nella resurrezione ha assunto, nella
nostra discussione, un ruolo specifico: quello
di «scelta di vita». Di vita, badate bene! La
possibilità di riscattarsi e di contribuire all’evoluzione deli’umanità nel corso di più esistenze
(la possibilità cioè di reincarnarsi) non poteva,
in buona sostanza, non scontrarsi con una visione, la nostra, che invece proprio dalla limitatezza temporale della vita parte per rivalutare fortemente il «qui e ora».
Da questa premessa si sono sviluppati sostanzialmente tre punti di discussione:
- il rapporto corpo/anima
- il problema della responsabilità dell’individuo
- il tema della giustizia
Rapporto corpo/anima
Secondo la Scienza dello Spirito l’anima è
protagonista del processo di evoluzione
deH'umanità e veicolo necessario per mettere
in pratica tutte le teorie spirituali. In ognuno di
noi, in sostanza, sarebbe presente una scintilla di Dio e l’anima per ricongiungersi al divino
dovrebbe compiere un percorso di purificazione, di perfezionamento e di crescita: dovrebbe
cioè raffinarsi. Convinte che questo sia un modo per «scalzare Dio» mettendo al centro l’uomo, abbiamo opposto il nostro concetto di Dio
trascendente, che proprio grazie al suo essere
totalmente altro da noi, ci permette un confronto e un dialogo con lui. Per noi Dio diventa
immanente solamente quando crediamo e aftormiamo la nostra fede in Gesù ovvero quando prendiamo coscienza del Dio che si è fatto
oomo, del Verbo che è divenuto carne.
Responsabilità dell’individuo
Secondo la Scienza dello Spirito l’individuo
6 pienamente responsabile di tutto ciò che gli
succede poiché si sceglie così com’è prima di
incarnarsi. In questa prospettiva ogni individuo è responsabile del proprio cambiamento
m funzione del cambiamento globale e la sua
^voluzione è necessaria per l’evoluzione gloriale dell’umanità, processo questo che non si
ssaurisce nel corso della vita terrena ma neJtossita di più vite per realizzarsi. Guerre, doinfe, malattie e sofferenze di ogni genere venQono accettate come esperienze di crescita
rifili per la realizzazione del processo di evoluzione. Qui è emerso il contrasto con il nostro
rioncetto di responsabilità e con il nostro rapporto con i concetti di bene e male. La nostra
tosponsabilità in quanto protestanti è «qui e
rito»: non si agisce per ottenere una salvezza
ritura 0 in prospettiva di un processo evoluti''0, ma per il presente con la speranza di coriftoire qualcosa, sia in termini pratici che in
ritolini di idee, per le generazioni successive.
Da un lato quindi una visione rassicurante
che tutto spiega, anche il male e il dolore.
Dall’altro una visione problematica e complessa della realtà che si pone il problema del
rapporto bene/male e di un scelta di azione
consapevole in questo mondo e in questa vita. Una visione difficile ma anche, secondo
noi, piu autentica che pone l’accento sul singolo conferendo pieno senso alla vita, una visione che incarna la nostra passione per il
mondo senza ridurre la fatica del vivere, convinte che ciò che ha valore non deve necessariamente essere eterno.
Giustizia
Secondo la Scienza dello Spirito la giustizia è legata a leggi universali quali ad esempio la legge del karma o di causa-effetto per
cui «tutto ciò che semini raccoglierai». Tali
leggi regolano e garantiscono il processo di
evoluzione. In una prospettiva di questo genere ci sembra che manchi un approccio critico agli eventi. Infatti, in un certo qual modo, il
senso umano della giustizia o il senbo di una
giustizia umana vengono meno. 1 fatti vengono spiegati secondo le leggi upiversali e di
conseguenza accettati come parte dell’evoluzione, come utili e necessari. La giustizia
umana perde così valore e validità. L’unico
vero giudice diventa il processo evolutivo con
le leggi che lo regolano.
1 successivi incontri con Francesca Spano, donna e protestante, e con Claudio Canal, ateo, ci sono sembrati importanti per arrivare ad un confronto più «istituzionale» sul
tema scelto. Entrambi hanno voluto discutere
ancora sul significato della morte. Francesca
ha voluto, mettendo sullo stesso piano di ipotetica assurdità la fede nella reincarnazione o
nella resurrezione, sottolineare quanto dal
suo punto di vista solo la seconda assuma in
pieno la tragicità e la incomprensibilità della
morte di contro ad una teoria, come quella
esposta da Mauro, in cui la morte è vista solo
come un momento di passaggio ad una esistenza successiva. Claudio invece, con un rapido excursus filosofico - storico, ha voluto
centrare il suo intervento sull’analisi di un processo, che lui chiama di addomesticamento
della morte, che tocca tutte le religioni e le fi
losofie da secoli. Un processo, quello di cui lui
parla, che tenta da secoli di «dare un senso a
ciò che senso non ha» ovvero appunto la fine
della nostra esistenza.
Gli incontri con Francesca e Claudio hanno
arricchito molto il nostro dibattito. Dalla discussione con loro è emerso chiaramente come la
visione cristiana e quella della Scienza dello
spirito, che si sviluppano da una diversa concezione della morte, influenzano in realtà ila
nostra stessa vita e il nostro «stare al mondo».
Il modo che abbiamo scelto per dialogare su
questi argomenti, prima con Mauro e in seguito con Francesca e Claudio, ci ha permesso
un confronto, ma anche nu’elaborazione di
idee e immagini, insomma di pensiero... ‘ stata
così organizzata una serata di dibattito aperto
durante la quale, proponendo il nostro perocrso, con le peculiarità che lo avevano reso autentico e profondo, abbiamo lasciato libero
campo alle idee e alle perplessità dei/lle pinerolesi che vi hanno partecipato. Lunedì 1 marzo nella sala del Tempio Valdese di Pinerolo
una buona sessantina di persone si è trovata
con noi a discutere. C’erano persone provenienti da contesti molto differenziati, e questo
in certi momenti ha generato un po’ di difficoltà
di comprensione reciproca. Una parte del tempo è stata così spesa per sviscerare quella
che secondo noi era solo la cornice del tema,
ovvero il dialogo, la sua utilità e i suoi limiti.
Siamo comunque entrati anche nei contenuti
ed è stata una buona occasione se non per
andare maggiormente in profondità, almeno
per condividere con i partecipanti una conoscenza vera delle due posizioni.
Alcuni punti, che vorremmo sotolineare,
sono stati per noi importanti, chissà che non
possano diventare spunti interessanti anche
per qualche altro gruppo??? Ad esempio, ii
fatto che il lavoro di quest’anno sia iniziato
con un argomento che ci sembrava abbastanza neutro e che pensavamo non ci avrebbe richiesto, conoscendoci poco, di scoprirci troppo e che invece ha finito per farci raccontare
parti di noi abbastanza profonde e personali;
il fatto che i nostri incontri abbiano avuto scadenza quindicinale, perché volevamo che il
gruppo fosse un momento di entusiasmo e
non di fatica; così sebbene più sporadici, gli
incontri sono sempre stati piuttosto intensi; il
tema potrebbe essere ancora approfondito:
pensiamo ad esempio al rapporto tra il dilagante psicologismo delle filosofie new age e il
rapporto dialettico tra uomo e Dio che invece
consideriamo fondante della nostra fede e
della nostra identità.
Tutto il materiale da noi prodotto, la bibliografia e soprattutto le idee, sono a vostra disposizione. Mettiamoci in rete!!!
Sara Gorrea Sabina Barai e Laura Vattano
Guppo F.G.E.I. di Pineroio
RAGGIUNGI I LONTANI
♦ ♦♦
I; I titolo di quest’articolo era anche il titolo
: del convegno che si è appena svolto a CaI sier (TV), dal 28 al 30 maggio. Questo convegno, organizzato dal Dipartimento di Evangelizzazione deirUcebi, dal Servizio Rifugiati e
Migranti della Fcei e da un gruppo di chiese di
immigrati del Nord Italia, si collocava all’Interno
del processo «Essere chiesa insieme» e voleva essere un incontro di confronto e di condivisione tra evangelici immigrati ed evangelici italiani, per promuovere una reale integrazione
degli immigrati nella comunità italiana,
A rappresentare i giovani del Triveneto,
c’ero io e Pierdavide, venuto di sua spontanea iniziativa, insieme al nostro segretario nazionale, Sandro.
Nonostante le mie iniziali titubanze riguardo a questa partecipazione e nonostante lo
sciopero dei treni, il convegno si è poi rivelato
incredibilmente superiore alle mie aspettative.
Innanzitutto il luogo dove eravamo ospitati
era molto accogliente ed abbiamo anche avuto la possibilità di lavorare all’aperto, protetti
dall’ombra degli alberi, c’erano tantissimi
bambini, così belli e spontanei; e c’erano tanti
immigrati, provenienti soprattutto dal Veneto
ma anche dalla Lombardia, uomini e donne
così diversi da me eppure accomunati nell’essere insieme in quel momento.
Il convegno prevedeva alcuni interventi,
quali quello della pastora Laura Leone, che ci
ha parlato dei 150.000 evangelici stranieri in
Italia e dell'opportunità, creata da questa
realtà, di crescere insieme, cercando di superare gli ostacoli che ci dividono; in seguito è
intervenuto anche il presidente deli’Ucebi, Renato Maiocchi, che ci ha spiegato l’importanza della chiesa locale per provocare un cambiamento e favorire la reale integrazione degli
immigrati nelle nostre comunità.
Ma aldilà di questi momenti «istituzionali»,
la maggior parte del tempo è stata dedicata al
la preghiera comunitaria e al canto ed è stata
proprio questa la cosa che più mi ha colpita.
Credo di non aver mai detto così tante volte «Amen» o «Alleluia», come in questa occasione, 0 di aver cantato così tanto o di aver
pregato così tanto, o di aver tenuto le mani di
qualcuno per così tanto tempo. Mi sono meravigliata della capacità che questi immigrati
(ma sarebbe meglio chiamarli fratelli) hanno
di pregare a voce alta, con così tanto fervore,
di ballare con un ritmo che io non possiedo, di
saper ringraziare il Signore con una spontaneità che non conosco.
Devo ammettere che mi sono sentita diversa, in un certo senso, mi sentivo straniera, ma
anche affascinata da questa realtà, che esiste
e davanti alla quale non posso chiudere gli
occhi. Certo, non è facile creare dei ponti di
collegamento ma è necessario rendersi conto, soprattutto per noi giovani, che questa è
un’importante sfida da raccogliere, per la nostra comune crescita.
Sarebbe molto bello, a livello di Egei Triveneto, riuscire a coinvolgere nelle nostre attività o comunque a creare dei rapporti costruttivi con alcune realtà giovanili che abbiamo incontrato a Treviso. Infatti abbiamo conosciuto
delle ragazze di Bussolengo (VR), che fanno
parte della chiesa pentecostale, e che ci hanno intrattenuto con alcuni bellissimi spirituals
e abbiamo conosciuto un gruppo di ragazzi/e
brasiliani, che da poco vivono a Ferrara, con i
quali ho condiviso un'incredibile serata danzante alla Sagra del paese! E sarebbe anche
molto bello riuscire a coinvolgere il maggior
numero possibile di giovani, in questo processo «Essere chiesa insieme», perché ci riguarda da vicino e dobbiamo dargli l’importanza
che merita. Preparatevi quindi, e la prossima
volta venite anche voi, perché ne vale la pena! Ciao a tutti
Cipriana Tomaselli
LUCI NELLA NEBBIA
Pi utto è iniziato quando il nostro battello
della Caremar, in viaggio verso Ischia,
è stato speronato da un altro traghetto
a causa della nebbia nei pressi di Precida.
La paura di essere travolti dal mare, però
ben presto trasformata in amore per il mare,
meraviglioso contesto del nostro incontro
Rhcz, è stato un vortice incredibile di emozioni. La grande partecipazione dei giovani
evangelici (quasi 80 persone), soprattutto
della provincia di Napoli, ci ha permesso di
conoscere meglio le problematiche ma anche la grande fiducia e voglia di vivere queste reaità metropolitane. Il cammino, dunque, continua insieme e questa volta seguendo le tracce di Abramo, Sara ed Agar.
Di questa vera e propria investigazione mi
ha colpito in particolare l’esperienza di Àbramo. Il «non sacrificio» di Isacco (Genesi 22,
1-19) ci ha posto soprattutto domande e riflessioni riguardo alla fede di un uomo pronto
ad uccidere il figlio per Dio. Dubbi, tormenti
eppure serenità nelle notti, nei momenti di silenzio, nei vuoti di un testo così aperto.
Ma ecco che poi, nel processo di immedesimazione dei personaggi della storia, il pensiero va anche ad Isacco e alla sua paura di
morire. Personalmente confesso di non aver
potuto che pensare ai momenti di terrore vissuti sul traghetto il giorno prima e a come
siamo riusciti ad unirci insieme nella preghiera, nella speranza ed infine nella felicità di
essere salvi.
Il cammino continua, come ho letto negli
occhi dei ragazzi e delle ragazze che, sulla
nave del ritorno, esprimevano contentezza
per i bei momenti trascorsi insieme e le amicizie fatte, tristezza perché ciò che è sbocciato sembra finire, ma anche tanta speranza e voglia di riprendere il cammino più forti
e numerosi di prima.
Paolo De Luca
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dal Consislìo
IL «MERCATINO DI SCAMBIO»
FRA GIOVANI METODISTI
Atti
Riunione del 5-6 giugno 1999 a Mottola
22. Il Consiglio stabilisce di organizzare una visita ad alcune chiese e gruppi giovaniii itaiiani, deila durata di circa 10 giorni. Il viaggio, chiamato “Teshuvà”, si prefigge di agevolare lo scambio di iniziative e di doni tra gruppi giovanili, li Consiglio individua otto
tappe che potrebbero far parte del viaggio: AgapeA/alli valdesi, Omegna/Intra, Venezia, Pisa, Albano (RM), Ponticelli (NA), Matera, Adelfia.
23. Il Consiglio incarica il segretario di contattare i gruppi giovanili e le chiese deile aree
di cui all’atto precedente, al fine di coordinare l’organizzazione dei viaggio “Teshuvà”.
24. Nel contesto dell’attuale crisi baicanica e in continuità con le iniziative della FGEI in
coordinamento con il Servizio rifugiati e migranti della FCEI e la Fondazione battista
di Tirana svolta negli ultimi anni, il Consiglio incarica Cristina Cipriani, Michel Charbonnier, Davide Rostan, Alessandro Spanu, Elisa Stillitano, di organizzare un campo
cadetti in Albania dal 5 al 21 luglio sulla gestione nonviolenta dei conflitti.
25. Si incarica Alessandro Spanu di scrivere l’editoriale per il prossimo numero del Noti- |
ziario FGEI sulla situazione albanese e sulla crisi in Kosovo. I
US* 26. Si incaricano Marta D’Auria e Sara Grasso di partecipare al IV Campo nazionale di
formazione nonviolenta antimafia organizzato dall’associazione Libera (Castellamma- I
redi Stabia, 17/7-178/99).
I i@- 27. Il Consiglio stabilisce di tenere la rpossima discussione di contenuto del Consiglio al
largato sulla crisi balcanica e il conflitto in Kosovo.
I Ds* 28. Si stabilisce di tenere la prossima riunione del Consiglio allargato in data 1 °-3
ottobre ‘99, in luogo da definire.
’%4
li siste un’associazione, la European
Methodist Youth Council che si occupa
H; dei problemi dei giovani, specialmente in
ambito metodista.
Per problemi si può intendere il ruolo dei
giovani nella comunità, il loro rapporto con i
membri di chiesa, i temi da affrontare durante
la scuola domenicale, i metodi di insegnamento. L’Emyc si riunisce ogni anno a settembre in paesi sempre diversi (l’ultimo è stato in Inghilterra, il pròssimo sarà forse nell’lrlanda del Nord). Durante questi incontri viene
anche fissato il periodo e il luogo dove tenere
gli Swop Shop.
Swop Shop significa «mercatino di scambio». ovvero opportunità di scambio di opinioni ed esperienze relative al lavoro con i bambini nelle scuole domenicali. L’ultimo Swop
Shop (che è triennale) si è svolto a Jànské
Làznè, nella Repubblica Ceca, a 200 km da
Praga, sulle montagne del nord, dal 1 al 7
aprile. Per una settimana si è discusso, attraverso riunioni, dei bambini metodisti di tutta
Europa, del loro comportamento a «lezione»
la domenica mattina, del loro rapporto con la
Bibbia. I probiemi che sono sorti erano tutti
molto simili fra loro, problemi che abbiamo
cercato di affrontare e risolvere attraverso
«laboratori» di scambio di idee.
Idee per avvicinare i bambini alla preghiera, ideò per rendere più semplice e divertente
l’approccio con la Bibbia, idee per convincere
che la Scuola Domenicale non è tanto una
scuola dove imparare e prendere appunti, ma
è un momento di raccoglimento durante il
quale è possibile giocare e cantare.
Questa esperienza è stata molto interes.
sante; ho visto a confronto il lavoro con i batn.^
bini delle chiese metodiste di molti paesi':
d’Europa (i paesi partecipanti erano 12: in.'
ghilterra. Scozia, Irlanda, Francia, Estonia
Austria, Germania, Svizzera, Russia, Unghef
ria. Repubblica Ceca e Italia, ed in tutto eravamo 42 persone), e nonostante le diverse;
lingue parlate, siamo lo stesso riusciti a capir-^
ci, a discutere, ad interagire tra di noi, accomunati, l’un l’altro, da un grande amore peri
piccoli e da una grande fede.
In una settimana è stato possibile raccogliere moltissimo materiale, mi sono resa conto che quell’ora, la domenica, non è da dedicare solo alla lezione sul libro, ma va sfruttata'
per avvicinare sempre più i nostri bambini
all’idea di Dio, che per alcuni resta ancorai
astratta e lontana. |
Silvia Blaszczyk (Firenze)
A MOTTOLA
CON IL
CONSIGLIO FGEI
LITURGIA: OGGI VI PROPONIAMO
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I abato 5 giugno, presso la chiesa evangelica battista di Mottola, ha avuto luogo
un incontro di giovani evangelici pugliesi
con i membri del Consiglio nazionale Egei. Dispiace tanto usare il termine «incontro»; sì,
perché questo evento sarebbe dovuto essere
molto più che uno scambio ristretto di idee,
opinioni ed esigenze fra giovani delia comunità mottolese e giovani della realtà di Corato
e Policoro. Si era tanto atteso il week-end dal
4 al 6 giugno per organizzare un convegno a
livello regionale che, in occasione di un aitro
incontro giovani tenutosi a Bari in Aprile, era
sembrato tanto desiderato. E invece questa
occasione mancata è stata un po’ il segno di
una difficoltà di aggregazione e partecipazione attiva da parte di fgeini e fgeine deila Puglia alla vita della Federazione. Si avverte
spesso l’esigenza di ritrovarsi insieme il più
possibile per condividere difficoltà ma anche
attività ed iniziative; questa volta, però, non si
è riusciti a tenere insieme quel puzzle così
bello e ricco, ma anche così delicato e per
certi versi complesso, che è il mondo giovanile evangelico della nostra regione.
Nonostante i tanti assenti aH’appello, inizialmente motivo di tristezza e di delusione,
certamente positivo è stato l’incontro, che è
culminato nel culto domenicale, organizzato
dal gruppo dei giovani di Mottola a chiusura
delle loro attività, con la preziosa e significativa partecipazione dei consiglieri Egei, in particolare di Sandro Spanu che ne ha curato la
meditazione.
Questa è stata ancora una volta una preziosa occasione di condivisione tra fratelli e
sorelle in Cristo; resta ora la gioia per i piacevoli momenti trascorsi e la viva speranza in
una più grande risposta da parte di noi tutti
giovani ai successivi appuntamenti fgei.
Giovanna Speranza
Quella che segue è una parte della liturgia (la S. Cena) del culto conclusivo del week end teologico di Agape che si e’ svolto dal 1 ‘
al 5 gennaio ‘99, sul tema “Colpa, peccato, perdono”.
LITURGIA DI SANTA CENA
(nella liturgia che precede c’è già stata ia confessione di peccato ma non ancora l’annuncio del perdono)
apparecchiare la tavola tutti insieme
Lettura di Marco 2,13-20
Noi crediamo che in Gesù Cristo Dio è venuto a chiamare i peccatori e le peccatrici, è venuto a passare il suo tempo con
loro - con noi - a mangiare e bere insieme, ad annunciare ii suo desiderio di perdonare, ad offrire a tutte e tutti la possibilità di chiedere perdono.
si mangia e si beve, continuando fino a nuovo ordine
lettura di Marco 14,12-31
Il processo del perdono è laborioso, difficile, doloroso. Così è anche per il perdono di Dio nei nostri confronti in Gesù Cristo. L’ultimo pasto comune è segnato dalla divisione, dal tradimento, dal litigio, dall’abbandono, dal dolore, dalla morte,
dal sangue versato, dal corpo spezzato.
viene versato un bicchiere di vino suiia tovaglia, spezzato del pane con violenza e gettato sulla tovaglia; si cessa di mangiare e bere
Seguono tre Interminabili giorni segnati dall’assenza, dalla separazione, dal lutto. Non c’è incontro, non c’è relazione durante i tre giorni in cui matura il perdono.
Dio ha offerto il perdono, gli uomini e le donne hanno confessato la loro colpa, l’uno e gli altri stanno sperimentando
quanto sia dolorosa la riconciliazione, quanto sia difficile il perdono.
E qui mi vorrei discostare dalla tradizione per supporre che il dolore di questi tre giorni abbia anche una causa aggiuntiva: Dio si è accorto che perdonare - per quanto duro - non è sufficiente. Occorre anche essere perdonato. Soffre - oltre
al resto - per la difficoltà di umiliarsi ulteriormente per chiedere perdono alle sue creature, soffre per il fatto che loro non
sembrano udire questa sua richiesta o non sembrano disposte a perdonarlo. Alle più classiche accuse aggiungono anzi
quella della sua assenza.
lettura di Marco 16,1-8
I tre giorni di separazione sono terminati - questo è l’annuncio di Pasqua - il perdono è una realtà, l’Incontro costruttivo
tra Dio e l’umanità è di nuovo possibile.
Questa mensa non sarà più apparecchiata: l’incontro a tu per tu con Dio in carne ed ossa appartiene per noi solo alla
memoria e alla promessa; e alla dimensione rituale che ci aiuta a vivere nel ricordo e nell’attesa.
Qra sparecchiamo tutte e tutti insieme.
^ il
REDAZIONE: a Torino C/o Riforma, via S.Pio V 15, 10125 Torino (tei. 011/65520787; fax 011/657542); a Napoli C/o Riforma, via Foria 93, 80137 Napoli (tei 081/291185, fax 081/291175).
REDATTORI/TRICI: a Torino Anna Bottari, Cristina Ferrara, Bettina König, Paolo Montesanto,Elia Piovano, Simona Piovano, Loredana Pecchia, Pietro Romeo. A Napoli Deborah D'Auria, Marta
D'Auria (coordinatrice - tei 081/273194ÌJ’aolo De Luca; a Roma: Lula Nitti. ^
CORRISPONDENTI REGIONALI: Arcidiacoi^^ura Casorjp^iuri Pallagr^Sarah MarJ^^, Maria M^^ello, Gianlu^uggioni, D^atella Ros^agno,Oriana Soullier, Paolo Testa.
la corrispcjildenza affPè: romi<^iformaJi^ppure: r|K^@riformai
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Fascicolo interno a RIFORMA n. 29 del 16 luglio 1999. Reo. Trib. Pinerolo n. 176/1951. Rospo
Fotocomposizione: AEC - Mondovì. Stampa: La Ghisleriana - Mondov).
: Piera EgidFTdizioni Protesfiiiti srl, via
125 Torino:
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Una comunità radicata e tenace nonostante lo spopolamento
Rodoretto, una chiesa d'estate
pavide rosso
Sembrerebbe una Chiesa
valdese che vive solo in'
estate quella di RodorettoFontane, composta per la
maggior parte da non residenti invece è una comunità che
si ritrova anche nelFinverno
non certo mite dell’alta vai
Germanasca. La storia relativamente recente di Rodoretto
è stata caratterizzata, come
quella di molte altre località
delle nostre montagne, dal
progressivo abbandono del
paese da parte di molti suoi
abitanti che cercando una sistemazione migliore si spostavano più a valle. Questo spostarsi a «valle», o in alcuni casi addirittura l’emigrare, ha
comportato per la borgata di
Frali (che fino al 1860 aveva
una sua amministrazione autonoma) un crescente spopolamento culminato qualche anno fa con la totale assenza di
abitanti residenti (ora però vi
sono nuovamente quattro famiglie che abitano tutto l’anno
nella borgata). La cura pastorale della comunità, non po, tendo essere seguita da un pastore residente a Frali, già da
alcuni anni è guidata nelle periodiche meditazioni dal predicatore locale Claudio Tron.
«Il culto si tiene nel periodo
estivo a settimane alterne nella chiesa di Rodoretto e nella
sala di Fontane - spiega Enzo
Tron, da anni anziano di chiesa - con un’affluenza di circa
20 persone di media, e anche
nel periodo invernale vi sono
Il tempio di Rodoretto
alcuni incontri, per il Natale e
il XVII Febbraio, in casa di
alcuni membri di chiesa».
La comunità, composta ormai per la maggior parte da
persone che risiedono altrove
anche se ritornano appena
possono, ha continuato in
questi anni a mantenendosi
viva e a darsi da fare. Il Concistoro, composto da quattro
anziani più il presidente, aiutato dai membri di chiesa, oltre a occuparsi dei due quartieri in cui è suddivisa la parrocchia, Rodoretto e Fontane,
ha provveduto soprattutto dagli Anni 80 a oggi alla cura e
al mantenimento dei diversi
edifici di proprietà della chiesa. E così benché sia una piccola chiesa (una quarantina di
persone in tutto) sono state
spese molte energie per la ristrutturazione del patrimonio
edilizio e tutt’oggi sono in
corso diversi interventi. «La
comunità - dice ancora Enzo
Tron - ha il dovere di mantenere e continuare ciò che hanno fatto i nostri nonni ed è
anche per questo che si è
provveduto alla parziale, per
ora, ristrutturazione dei locali
del presbiterio a fianco della
chiesa di Rodoretto Villa e si
è ridato inizio proprio in questo periodo alla ristrutturazione del forno, così come si è
pensato al rifacimento degli
impianti elettrici sia del tempio di Rodoretto che della sala di Fontane dove sono state
rifatte le persiane».
Ma il fiore all’occhiello
della comunità è il museo storico attraverso cui, come mette in evidenza Claudio Tron,
«anche una piccola chiesa come Rodoretto-Fontane può
dare una sua testimonianza».
E in effetti i locali su due piani della scuola Beckwith, proprio di fronte alla chiesa di
Rodoretto che ospitano il museo, lo scorso anno hanno
avuto ben 490 visitatori, molti dei quali arrivati anche
dall’estero. «Questo è un dato
importante - sottolinea Enzo
Tron che ricopre anche il ruolo di accompagnatore nelle
visite al museo - perché qui
da noi bisogna venirci apposta e veder arrivare visitatori
dalla Germania o come è ca
pitato in passato addirittura
dalla Nuova Zelanda è un fatto importante anche per la
chiesa». Una Chiesa valdese
attaccata alla sua tradizione,
quella di Rodoretto-Fontane,
che riesce a fare testimonianza e che si è data un suo preciso cadenziario ecclesiastico
e amministrativo con un’assemblea di chiesa annuale
(l’ultima si è svolta TU luglio di quest’anno), un preciso calendario di culti e di incontri e varie attività.
Esperienze a confronto in un dibattito a Torre Pel lice
Strutture per i sofferenti psichici
BIANCA GENRE
Il Centro diurno, considerato indispensabile dalle famiglie per la riabilitazione, a
cui possano accedere regolarmente e quotidianamente le
persone affette da disagio psichico per essere avviate a un
reinserimento nella vita sociale, secondo le possibilità e
i ritmi di ognuna di esse, è
stato il tema dell’incontro del
2 luglio alla Casa valdese di
Torre Pellice. Violetta Sonelli
L'Uliveto e la libreria Claudiana
Pomeriggio con libro
CLAUDIA JALLA
C9 era una volta, tanto tempo fa, in un piccolo paese niolto
lontano da qui... È così che di solito iniziano le fiabe,
ed è proprio così che è cominciata la «nostra storia». La Csd
Comunità alloggio-Uliveto con il mandato ben preciso di occuparsi di disagio, ma anche di promuovere l’agio, la libreria
Claudiana di Torre Pellice, che non è solamente un punto di
vendita di libri ma vuole stimolare e promuovere la lettura per
grandi e piccoli (soprattutto per questi ultimi, perché è importante gettare buone fondamenta), si sono incontrate, fatto non
tanto consueto tra le nostre opere, spesso chiuse nel proprio
specifico ambito. Hanno deciso così di provare a raccontare
delle fiabe, a commentarle, a disegnarle e perché no? a inventarne una tutta nuova, con un gruppo di bambini e bambine tra
gli 8 e i 10 anni. Così Antonella, Irma, Susanna e Vera hanno
animato tre pomeriggi. Io purtroppo non c’ero ma il vento nii
ha raccontato molte cose e mi ha detto che tutti erano attenti,
allegri e che si sono divertiti un mondo. Ci abbiamo provato,
ci siamo riusciti e pensiamo in autunno di riprovarci ancora. E
così, insieme, vissero felici e contenti!
ha parlato con entusiasmo del
proprio lavoro presso il Centro diurno di riabilitazione
psico-sociale gestito dalla
cooperativa «La riforma» a
Firenze, illustrandolo con un
video per fare conoscere più
da vicino le attività che vi
svolgono gli utenti per sei
giorni la settimana per nove
ore al giorno.
La signora Alonzi e il sig.
Darò hanno presentato le attività svolte nel Centro di salute mentale della Asl 1 di Torino, in cui sono coinvolte associazioni e cooperative sociali
di cui fanno parte anche i pazienti che sono, a seconda
delle loro attitudini e delle loro condizioni di salute, utenti
e fornitori di servizi. I relatori
di queste esperienze hanno
sottolineato l’importanza dell’apertura del Centro verso
l’esterno e della solidarietà e
disponibilità all’accoglienza
da parte della comunità circostante, perché il lavoro riabilitativo svolto porti al reinserimento reale nella società delle
persone più deboli e si eviti la
ghettizzazione. La palestra
che accoglie le persone in difficoltà, il ristorante che le
ospita per il pranzo, l’artigiano che offre la propria collaborazione per qualche ora la
settimana, coloro che partecipano ai momenti di festa sono
elementi importantissimi, perché permettono il contatto diretto con la realtà lavorativa e
sociale a persone che generalmente si rinchiudono in se
stesse e in mondi irreali pervasi da paure e ossessioni.
Il dott. Emanuele Fontana
ha illustrato il lavoro del Servizio di salute mentale dell’Asl 10 sul territorio della vai
Pellice e della vai Chisone. In
un territorio montano, con
scarsi mezzi di comunicazione, un Centro diurno come
quelli illustrati non è realizzabile, perché non rispondente
ai bisogni prioritari degli utenti; esso assorbirebbe infatti
troppe risorse a scapito di altre necessità impellenti come
le visite domiciliari. Inoltre, se
si creano strutture in cui concentrare le attività riabilitative, si rischia di riprodurre il
modello del manicomio.
i • DONI • DONI • DONI •
# Asilo valdese
di Luserna San Giovanni
ELENCO DONI 1° SEMESTRE 1999
GENNAIO
£■ 20.000: Franca e Marco Eynard
(Torre Pellice).
£■ 50.000: Vittoria Colongo, nel perenne ricordo dell'avvocato Roberto Jouvenal; Bice Bertarione; Guido
Rossetti; Carlo Barberis, in mem.
sorella Morando; Liliana Ribet.
£■ 65.000: Eunice Biglione.
70.000: Sauro Gottardi.
75.000: Fiorella Bounous.
100.000: Orfilia Godino; Giulia e
Giovanna Bertoli; Emma Ayassot;
Domenico Odetto; N.N.; Onoranze
funebri Bessone, Perassi e Monnet;
Germana Colongo Jouvenal; Telma
Malacrida (Milano); Erica ArmandPilon, Genova.
*• 245.000: Lionello Gay.
1.000.000: I famigliari della sig.ra
Giovanna Long ved. Sarui con riconoscenza.
FEBBRAIO
10.000: N.N.
33.000: N.N.
*■ 50.000: Tina Pons; Renzo Cerotti;
Emilia Travers Pons in mem. del
marito Silvio Pons; Emilia Travers
Pons in mem. dei cugini Delfina
Giordan e Guido Pasquet; Vittoria
Battaglino.
*■ 60.000: Fiorella e Emilio Bounous
Bertalot.
100.000: Enza Molineri; Matilde
Benech Rostagnol en souvenir de
soeur Jeanne Pent; Caterina Long
Piston in mem. dei suoi cari; Ines
Malanot Riva ricordando Alma
Long; Onoranze Perassi, Besson,
Monnet; Fernanda e Aldo Monnet
in mem. del sig. Ferruccio Rivoir.
£. 200.000: Francesco Cerotti e Margherita Canova; Ines Malanot Riva
in mem. dei genitori.
£. 300.000: Marcella Benecchio in
per i 60 anni di matrimonio dei genitori; Paola Vinçon Ribet; Erina e
Milena Ciafrei in mem. della sig.ra
Dina Gobelin e Silvia Cornelio.
£. 500.000: Susanna Long Mathieu
in ricordo della cara sorella Margherita Long Sarò; Unione femminile e Gruppo Omega della Chiesa
valdese di Milano; Edda Bounous
in mem. della sorella Ada Bounous
Rovara. , „
£. 700.000: Dante, Dario e Italo Rostan in mem. della mamma, con riconoscenza.
£. 1.000.000: Giuliana Gay Eynard
per acquisto automobile.
MARZO
£. 50.000: Chiarina Coisson.
£. 100.000: On. Funebri Giacotto; Lilia Jon Scotta in mem. della sig.ra
Dina Jalla Gobelin; Onoranze Funebri Perassi, Besson, Monnet; Domenica Odetto; Emilio Perotti.
£. 155.000: Carlo Travaglini.
£. 200.000: Gruppo anziani di Torre
Pellice in mem. di Alina Giordan;
Giulia Bensa.
£. 230.000: I nipoti in mem. dello
zio, pastore Pier Luigi Jalla.
£. 265.650: Vigne Ribet, Parigi.
t. 300.000: Unione femminile di Luserna San Giovanni.
£. 470.000: Lionello Gay.
£. 500.000: Lucilla e Laura Mathieu
in mem. di Ersilia Mathieu; Mario,
Annalisa e Renato Coisson in mem.
di Ersilia Mathieu.
£. 557.500: Il personale dell'Asilo in
mem. di Dina Jalla Gobello.
£. 557.500: Il personale dell'Asilo in
mem. di Dina Jalla Gobello, devolute all'Associazione Rafael.
£. 1.000.000: I familiari in mem. di
Ada Bounous Rovara.
£. 10.000.000: Fam. Zagrebeisky.
APRILE
£. 20.000: N.N.
£. 100.000: N.N. ricordando due care persone; Margherita Canova e
Francesco ¿erutti in occasione del
compleanno di Margherita.
£. 10.500.000: Eglantina Martinat.
MAGGIO
£. 50.000: Susanna Charbonnier.
£. 60.000: Davide Caffarel.
£. 100.000: Anna Malanot con riconoscenza; il coro della Chiesa dei
Fratelli di Torino; Giovanni Revel e
Ester Pons in occasione del loro
66° anniversario di nozze; Lina Revel in memoria dei suoi cari; Rosetta Vittone in mem. di Dina Jalla;
Laura Long Lodi.
£. 200.000: A G.
£. 250.000: Elena e Romano Ippolito in mem. di Raffaella Berra.
£. 300.000: Elena e Romano Ippolito in mem. di zia Emilia; Giuliana e
Vincenzo Vernetti in mem. di Ersilia Mathieu; la sorella in mem. di
Amato Roman.
DONI • DONI • DONI • DONI • DONI • DONI • DONI • DONI • DONI • DONI • DONI * DONI
I famigliari dei sofferenti
psichici si chiedono perché le
normative vigenti prevedono
che i Centri diurni siano aperti per otto ore al giorno e perché la «Ipotesi di accordo e di
programma per l’integrazione
formativa di persone con difficoltà psichiche, psicofisiche
e sociali» del Centro intercomunale servizi sociali (Ciss)
indichi come primo strumento
riabilitativo il Centro diurno,
se i singoli utenti possono
svolgere attività risocializzanti per poche ore alla settimana, per la mancanza di locali
e/o di operatori. Esse hanno
manifestato preoccupazione
inoltre su che cosa succeda ai
loro congiunti quando non
possano più prendersene cura.
I malati non sono più ghettizzati in strutture che bisogna
comunque creare, piuttosto
che accoglierli in un Centro
diurno, ben inserito nel territorio, che permetta loro di acquisire poco a poco una maggiore autonomia con la possibilità di tornare a casa la sera.
Pur apprezzando quanto è
stato fatto, non dimentichia-_
mo però che sono passati
vent’anni dall’approvazione
della legge 180, che sanciva
la chiusura degli ospedali psichiatrici: i malati e le loro famiglie chiedono che siano
considerate con maggiore attenzione le loro difficoltà ed
esigenze. Esse si impegnano
al fine di mobilitare le forze
sociali che possono contribuire all’attivazione di risposte
che corrispondano alle loro
attese, ma è pure indispensabile la solidarietà concreta di
tutta la comunità locale.
£. 500.000: Liliana e Dario Varese.
£. 1.200.000: Bruno ReveI in mem.
di sua moglie.
£. 1.407.975: W.C.M.
£. 2.000.000: Renato Travers, Torino; Società di cucito della Chiesa
valdese di Torino.
£. 4.000.000: Il nipote Livio Gobello
con Tatiana, Elisabetta e Ester in
mem. di Domenico Martina.
GIUGNO
£. 100.000: Alfieri Vittone e Elena
Roman in mem. di Dina Jalla; Silvana Gerard!; Lyda Meynier; Lilia Jon
Scotta in mem. di Delfina Giordan.
£. 200.000: On. Funebri Bertot.
£. 1.000.000: Commissione ricevimenti di Luserna San Giovanni.
£. 2.136.150: Collette dei concerti
prò Asilo del 29 maggio e del 12
giugno '99
£. 4.000.000: Società di cucito di Luserna San Giovanni.
£. 5.000.000: Olga Rivoir Fuhrmann,
per il giardino.
£. 8.776.410: Comitato valdese vallone (Svizzera).
Nei ringraziare calorosamente tutti i
donatori qui sopra elencati, ricordiamo che i doni non dedicati a uno scopo specifico sono destinati al progetto
«contenimento delle rette», per gli
ospiti non in convenzione con l'AsI con
¡1 quale ci prefiggiamo di ridurre di
4.000 lire giornaliere le rette a carico
di tali ospiti; in merito, poiché l'obiettivo non è ancora stato raggiunto, ci
rivolgiamo a tutti i nostri amici sostenitori per aiuto. Grazie in anticipo.
Nelle
Chiese
Valdesi
COLLE DELLA CROCE
— Domenica 18 luglio si
svolgerà il tradizionale incontro italofrancese al Colle della Croce, appuntamento al quale, come ogni
anno, sono centinaia i convenuti.
AGAPE — Dal 18 al 25
luglio XX incontro fede e
omosessualità dal titolo
«Sognando il principe azzurro: approcci, incontri,
relazioni».
BAGNÒOU (CA D'LA
PAIS) — Da giovedì 15 a
domenica 18 iniziano i
campi estivi con il gruppo
dei piccoli su: «La casa racconta e noi raccontiamo».
MASSELLO — Domenica 18 luglio, alle 15, riunione quartierale all'aperto a
Balsiglia.
PERRERO — Sabato 17
luglio riunione quartierale
a Besséa, alle 15.
POMARETTO — Domenica 18 luglio, alle 15, riunione quartierale ai Faure.
RODORETTO-FONTANE
— Domenica 18 luglio culto a Fontane alle 9.
PRAROSTINO — Domenica 18 luglio, alle 10, culto alla Brusà e giornata comunitaria, per l'assado
prenotarsi presso Valdo
Plavan, tei. 0121-500776 o
presso il pastore tei. 0121500765. Giovedì 22 luglio,
alle 16, riunione ai Gay.
VILLASECCA — Domenica 18 luglio culto a Combagarìno alle 9; alle ore
15, riunioné quartierale
all'aperto a Torre.
RADIO
BECKWITH
EVANGELICA
FM91.2(D0-9B.550
rbe@tpellice.it
tei. 01S1-S54194
14
PAG. IV
L* Eco Delle "älli ^ldesi
VENERDÌ 16 LUGLIO 1999
Una mostra nella ex scuola di Miradolo
«Oniy» Ciro Cirri
artista multiforme
FRANCO CALVETTI
UN colloquio coinvolgente
quello con Ciro Cirri, a
poche ore dall’apertura ufficiale della sua mostra, che
prosegue come esposizione
permanente nell’ex scuola
elementare di Miradolo di San
Secondo di Pinerolo. La mostra è curiosamente intitolata
«I am only Ciro Cirri»; chi si
avvicina alla produzione artistica ma soprattutto alla personalità di Ciro Cirri si accorgerà che quel «only» (solamente) è messo lì per civetteria perché la creatività e l’impianto esistenziale dell’artista
sono ricchi e complessi. Molto conosciuto come musicista,
apprezzatissimo al contrabbasso classico degli «Architorti», Ciro Cirri scopre la sua
vena artistica sia in campo
musicale sia in campo pittorico. Scoperta tarda sicché dovendo fare i conti con le sue
energie privilegia la musica,
fino a 8 ore di lavoro al giorno per arrivare al diploma
conseguito al Conservatorio
di Brescia; e tiene a freno, si
fa per dire, l’impulso al segno
grafico per alcuni anni.
L’esposizione si snoda sui
due piani dell’edificio scolastico, i primi pezzi al piano
superiore, quelli più recenti al
piano inferiore. Alcune opere
diventano allestimenti, suggestivi quelli inseriti nelle toelette della scuola. Si parte da
uno sgabuzzino che l’artista
ha opportunamente tappezzato dei suoi primi approcci alla
pittura e in cui già si prefigura il cammino fìjturo. Il tema
ricorrente, trattato su compensato medium density, è
quello delle donne vagamente
boteriane per le procaci forme e modiglianesche per
l’asetticità dei visi, contornati
da pettinature alla Vergottini.
11 tema delle donne, ripetuto
con registro ossessivo, si snoda in campo rosso (la sensualità) e poi azzurro cenere (la
spiritualità). Colpisce l’assenza di iride nell’pcchio delle
sue donne, ma l’artista non
sembra aderire a nessuna ipotesi formulabile. Ancora tante
donne accompagnate da uomini, da bambini, in sparuti
elementi spaziali nel ciclo
della natività festaiola; il tutto
trattato con registri narrativi
che sfiorano l’umorismo.
Nell’ultimo periodo Ciro
Cirri indaga su un altro elemento; la rosa e la sua ombra.
Rose trattate come metafora
con l’evidenza della loro ombra proiettata a terra in modo
vigoroso, esagerato. E, proprio nelle ultime creazioni,
sarà un tronco materialistico
fornito di spine che raccorderà rosa e ombra. Un messaggio? La materialità che si
trasforma in bellezza e un
raccordo fra questi due poli
rappresentato dal fusto spinoso, indice dell’asperità della
comunicazione?
Ma è Ciro Cirri fotografo
che ci stupisce: due immensi
autoritratti con figura intera
assemblati da un intrigante
gioco di collage; alcune installazioni in cui le foto marcate da segnaletiche grafiche
creano «un pezzo» pieno di
armonia ma anche di rottura
con il dejà vu. Chi fosse curioso di conoscere di persona
Ciro Cirri può telefonare allo
0335-5618323.
Sabato 1711 tradizionale concerto estivo l APPUNTAMENTI
A Salza ì «Modena
City Ramblers»
Saranno i Modena City
Ramblers i protagonisti dell’estate musicale di Salza di Pinerolo; sabato 17 luglio, alle
ore 21,30, terranno un concerto nell’area della Pro Loco
(15.000 lire), dove sarà anche
permesso il campeggio libero.
La band modenese dei Modena City Ramblers nasce nel
1991 come gruppo folk irlandese e due anni dopo nasce il
primo demotape, una mistura
di punk, folk e canti della resistenza italiana, oggi introvabile, Combat Folk. Seguono negli anni successivi gli
album Riportando tutto a casa, La grande famiglia (il
folk, all’inizio suonato con
attitudine punk, comincia a
essere contaminato dal rock).
Cent’anni di solitudine, Terra e libertà e l’ultimissimo
Raccolti. I Modena City
Ramblers, più che una band a
formazione fissa, si considerano una specie di «session
itinerante» e hanno subito
senza traumi vari avvicendamenti nella formazione, sempre aperti alla collaborazione
con altri artisti. Il gruppo ha
anche fatto numerose tournée
in Italia e in Spagna, alla
«Semana Negra», manifestazione letteraria organizzata a
Gijon dallo scrittore Paco
Ignacio Taibo II e supportata
da Luis Sepùlveda. A questo
proposito, si riconosce nella
musica del gruppo modenese
il contributo della letteratura
latinoamericana contemporanea. Ne è un segno il titolo
stesso di uno dei lavori più
recenti dei Modena, Terra e
libertà, un tempo rivendicazione degli anarchici spagnoli negli Anni 30, ai tempi della Repubblica di Spagna, e
prima ancora grido di guerra
dei contadini-soldati di Emiliano Zapata. I Modena City
Ramblers sono Alberto Cottica, fisarmonica e voce, Francesco Moneti, violino e chitarra, Franco D’Aniello, fin
whistle e flauto, Giovanni
Rubbiani, chitarra, armonica
e voce. Massimo Ghiacci,
basso e voce, Roberto Zeno,
batteria e percussioni, Stefano «Cisco» Belloni, voce.
Uno scorcio di Saiza di Pineroio
I Luoghi Della Memoria
a cura di Marco Rostan
Luogo: Turinet
Data: maggio 1690
In questo luogo, situato nel vallone di Riclaretto, sul sentiero che scende dal Gran
Truc a Ferrerò, dopo la Gavia di Cialvet, di
fronte a Tiriero, i valdesi sfuggiti alla Balziglia passarono la notte prima dell’attacco a
Pramollo.
Luogo: Gros Passet (Massello)
Data: 1689-90
Borgata prima della Balziglia che fu sede
del quartier generale di Catinat durante l’assedio alla Balziglia. Altro accampamento di
Catinat fu sul Col Clapier, comunicazione tra
il vallone del Bourcet e quello di San Martino attraverso Maniglia e Massello.
Luogo: Gran Guglia
Data: 26 ottobre 1689
Luogo: Las Ara’ (Pramollo)
Data: 1686, 1690, 1704
Dopo Sibaud, la lotta continua contro gli
attacchi del marchese di Barella. Montoux
viene fatto prigioniero e grazie all’aiuto delle
truppe francesi Barella potè concentrare i
suoi attacchi in vai Lusema. I valdesi dovettero così abbandonare uno dei loro tradizionali rifugi, alla Gran Guglia ( nel Vallone degli Invincibili). Il nemico trovò qui, il 26 ottobre, la relazione scritta dal giovane Reinaudin di tutte le tappe del rimpatrio, fino al 17
ottobre; questo scritto inviato da un ufficiale
a Torino, passò di mano in mano e giunse fino a Ginevra, dove il vecchio Gianavello
potè leggerlo con emozione, poco prima di
morire (5 marzo 1690).
Pianori situati sulla cresta che scende dal
Gran Truc e separa il vallone di Pramollo
dalla Val Germanasca. Su questo colle passarono, nel 1686, le truppe di Catinat per invadere Pramollo; nel 1690 i valdesi, dopo esser
sfuggiti all’assedio della Balziglia, conquistarono La Ruà; finalmente nel 1704 il generale La Feuillade ne fece un campo permanente con le trincee (i solchi =: las ara’) di cui
ancora oggi si vedono bene le tracce.
Luogo: Barma Pertus d’Ia ciauvia
(Bobbio)
Data: 1689
Luogo: Balziglia
Data: 14 maggio 1690
Dopo l’abbandono della Gran Guglia, il
baluardo di difesa diventano i contrafforti
dei «Quattro denti» alla Balziglia, dove i
valdesi costruiscono trincee e 80 baracche,
trascorrendo 5 mesi invernali in attesa
dell’assalto finale, che viene affidato da Catinat al De Feuqiuères e sferrato il 14 maggio con 4.000 soldati e due cannoni. Nella
notte, guidati dal capitano Tron Poulat lungo un passaggio esposto fra due posti di
guardia nemici, i superstiti 360 combattenti
valdesi riescono a sfuggire all’assedio e
all’alba sono già in alto, sulle creste del
Ghinivert, inutilmente inseguiti.
Profonda caverna situata sul fianco di Punta
Fautet, sulla cresta che sale da Bobbio verso
il Col Barant. Qui, nel 1689, 12 valdesi si batterono eroicamente contro numerosi nemici.
Luogo: Chiot di Angrogna
Data: 18 maggio 1690
Dopo avere avuto notizia deH’ultimatum
trasmesso a Vittorio Amedeo perché si decidesse prò o contro la Francia, i reduci dalla
Balziglia, ricevono da due messi del duca la
notizia, decisiva per le loro sorti, che Vittorio
Amedeo aveva aderito alla lega formata da
Inghilterra, Olanda, Austria e Germania contro Luigi XIV. Così il 4 giugno il duca emanava un editto che lasciava liberi i valdesi
nelle loro valli e offriva anche ai riformati
francesi di rifugiarvisi.
Sport
PALLAVOLO
MINA AL 3S — Nel terremoto pallavolistico pinerolese si inserisce questa settimana il 3S Pinerolo; dopo
aver richiamato i suoi atleti
più rappresentativi Actis Danna e Violino dal Body Sistem,
si è ufficializzato il nome del
nuovo allenatore: Claudio Mina siederà sulla panchina della
giovane e ambiziosa formazione di Pinerolo, che è alla
ricerca dei diritti sportivi per
partecipare a un campionato
regionale. Il prof. Marco Gardiol, che in questi anni ha dimostrato di essere uno dei
migliori tecnici piemontesi
del settore giovanile, seguirà
l’attività della categoria allievi con il preciso obiettivo di
ricreare a Pinerolo un movimento che ha perso lo smalto
della vecchia tradizione.
ATLETICA A CAVOUR
Si è disputata mercoledì 7
luglio a Cavour la gara regionale di corsa in montagna denominata cronoverde «Memorial Priotti». Buoni i piazzamenti di alcuni atleti del 3S
Sangermanese, a cominciare
da Barbara Cavallone che ha
vinto nella sua categoria. Sul
podio anche Roñal Mirabile,
2°, Giuliano Girard, a sua
volta 2°, Sabrina Blangero e
Matteo Riba, terzi; 4° posto
per Agnese Beitone, 6° e 7°
Massimiliano Marchisene e
Mohamed FI Bahi.
Al LETTORI
Il nuovo numero di telefono dello
nostro redazione di Pinerolo è
0121-371238
16 luglio, venerdì
PINEROLO: Dalle 20 alle
21, nel parco di villa Prever
«L’atelier», laboratorio di pittura, dalle 21 alle 21,30 giochi teatrali; alle 21,30, spettacolo teatrale «Cappuccetto arrosto»,
compagnia Stilema; alle 22,30, i
racconti della buonanotte. Ingresso lire 3.000.
FRALI: Concerto del coro
olandese «Rejoice» nel tempio
valdese.
16 luglio, venerdì
SAN SECONDO: In piazza
Europa, alle 21,30, proiezione di
«La gabbianella e il gatto», ingresso lire 6.000, ridotti 3.000.
TORRE PELLICE: Nell a
trio del Centro culturale mostra
dal titolo «Il commercio equo e
solidale» a cura dell’associazione Johnatan di Torino, aperta fino al 14 agosto.
FROSSASCO: Alle 21,30,
nei giardini della scuola materna,
«Shakespeare in love», ingresso
lire 6.000.
TORRE PELLICE: Dalle
8,30 fino alle 11,30, all’ospedale
valdese, prelievi di sangue a cura
della Fidas vai Pellice.
TORRE PELLICE: Alle ore
21,30, al cinema Trento, nell’
ambito della rassegna di musica
nomade e klezmer organizzata
dalla Comunità montana, concerto del gruppo Lokshen.
17 luglio, sabato
ANGROGNA: Per la ristrutturazione della Casa unionista
giornata di festa con «Il Cantovivo», gruppo vocale strumentale
di musica popolare, alle 12,30,
polenta, spezzatino e salsiccia,
alle 15, concerto, alle 19,30 cena
con assado (prenotazione presso
alimentari Vecco per il pranzo e
la cena).
TORRE PELLICE; Alla ro
tonda di piazza Muston, alle 21,
musica di ascolto con il gruppo
Carisma.
FROSSASCO: Alle 21, nei
giardini delle scuole elementari,
teatro dialettale con la compagnia «J amis dij borg» che presenta «Fomne, galin-e e oche tenine poche», ingresso lire 7.000.
18 luglio, domenica
TORRE PELLICE: Per «Festa di mezza estate», nell’isola
pedonale, alle 10,30, grande stima; alle 12, aperitivo; alle 16
esibizione, alla rotonda, della
scuola di ballo Panda Club; cena
a partire dalle 19,30 (costo lire
25.000, prenotazioni presso la
Pro Loco); alle 21, serata danzante con Marina.
20 luglio, martedì
PINEROLO: Dalle 20 alle
21, nel parco di villa Prever, «Le
pagine dell’immaginario», racconti, giochi, animazione con
l’amico libro; dalle 21 alle 21,30
«Manimani», attività di manipolazione; alle 21,30, incontri con i
cantastorie, fiabe e leggende delle valli alpine; alle 22,30, racconti della buonanotte. Ingresso
lire 3.000.
21 luglio, mercoledì
LUSERNA SAN GIOVANNI: Alle 21,30, in piazza Cañavero, proiezione del film «La
leggenda del pianista sull’oceano». Ingresso lire 5.000 adulti,
gratuito fino a 13 anni.
MASSELLO: XXI festa de
«La valaddo».
SAN GERMANO CHISO
NE; Alle 21,30. al parco Widemann, esibizione del gruppo «Silence teatro figurazione».
22 luglio, giovedì
BIBIANA: Alle 21, serata cinematografica con il film «Matrix», ingresso lire 5.000.
FENESTRELLE: Alle 21,
nella chiesa del Forte, musica da
camera con l’associazione Xenia
Ensemble.
23 luglio, venerdì
ANGROGNA; Nel tempio del
Serre, alle 21, conversazione storica del pastore Emanuele Fiume
su «Scipione Lentulo pastore di
Angrogna nel XVI secolo».
24 luglio, sabato
MASSELLO: Alle 15,30, nella scuola di Campolasalza, inaugurazione dell’undicesima mostra dal titolo «Dieci anni di mostre a Massello».
Servizi
VALLI
CHISONE - GERMANASCA
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva
telefono 167-233111
Guardia farmaceutica:
(turni festivi con orario 8-22)
DOMENÌCA18LUGLÌO
San Germano Chisone: Farmacia Tron , tei. 58771
Ambulanze:
Croce Verde, Perosa: tei. 81000
Croce Verde, Porte : tei. 201454
VAL PELLICE
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
telefono 167-233111
Guardia farmaceutica:
(turni festivi con orario 8-22)
DOMENICA 18 LUGLIO
Torre Peiiice: Farmacia Internazionale - Via Arnaud 8,
tel. 91374
Ambulanze:
CRI - Torre Pellice, tei. 953355
Croce V. - Bricherasio, tei. 598790
PINEROLO
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva;
Ospedale civile, tei. 167-233111
Ambulanza:
Croce Verde, tei. 322664
SERVIZIO INFERMIERISTICO
dalle ore 8 alle 17, presso le
sedi dei distretti.
SERVIZIO ELIAMBULANZA
telefono 118
Cinema
TORRE PELLICE — Il
cinema Trento ha in programma, giovedì 15, alle 21,15,
Lost in space; sabato 17, Le
parole che non ti ho detto;
domenica 18, ore 21,15, Shakespeare in love; lunedì 19,
ore 20,30, A bug’s life, megaminimondo (cart, animati); mercoledì 21, ore 21,15,
La maschera di Zorro.
BARGE — Il cinema Comunale è chiuso per ferie.
PINEROLO — La multi
sala Italia ha in programma
alla sala «5cento», da giovedì, Tre amici, un matrimonio e un funerale; feriali
e festivi 20,30 e 22,20, sabato
ore 20,30 e 22,30; alla sala
«2cento», da giovedì. Virus;
feriali e festivi 20,30 e 22,20,
sabato 20,30 e 22,30.
Luserna S. G.
città d'arte
Luserna San Giovanni
sarà di nuovo «città d’arte
a porte aperte», domenica
18 luglio. L’evento, su
proposta della Provincia di
Torino, si ripete da alcuni
anni e permetterà a turisti e
forse anche ai cittadini del
luogo di meglio conoscere
le ricchezze della cittadina,
a cominciare dalle cave di
pietra per passare ai vari
luoghi dell’arte e del culto
ed ai prodotti locali
dell’artigianato. Ci saranno
varie mostre (pittura, fotografie) concerti, proposte
di itinerari turistici a piedi,
in bici o mediante un apposito pullman in partenza
dalla stazione Fs.
L’Eco Delle Valli Valdesi
Via dei Mille, 1 - 10064 Pinerolo
tei. 0121-371238; fax 323831
recapito Torre Pellice
tei. 0121-933290; fax 932409
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Resp. ai sensi di legge Piera Egidi
Stampa: La Ghisleriana Mondovì
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ì 16 LUGLIO 1999
— Vita
PAG. 7 RIFORMA
Nostra intervista al direttore della rivista ecumenica pubblicata a Roma
Dieci anni ricchi di «Confronti»
y4/ centro degli interessi del mensile ci sono il pluralismo delle fedi, la società
multiculturale e il dialogo interreligioso. Contro il virus dei fondamentalismi
____tUfiEWIO BERNARDINI
A maggio la rivista ecumenica Confronti ha compiuto 10 anni. Per questa occasione abbiamo rivolto ali^e domande a Paolo Naso,
' direttore di Confronti dal giugno del 1992.
^Innanzitutto, quanto pesano dieci anni nella vita di
lina testata?
«Molto. Soprattutto questi
dieci anni. Quando la testata
è nata, raccoglieva l’esperienza di Com Nuovi Tempi,
che è stato certo il primo periodico ecumenico italiano
ma anche la “voce” dei movimenti critici interni alla Chiesa cattolica e il “network” di
tanti gruppi di base che si
[allocavano nell’esperienza
ideila sinistra cristiana. Dieci
’anni fa, per intenderci, c’era
ancora il muro di Berlino,
c’era l’Unione Sovietica, c’era
' il Pei e Mani pulite non era
Ì'neanche all’orizzonte. E c’
era, forte e influente la De, il
partito cattolico. In pochi an|, 'ni tutto questo è franato e,
, per un giornale “politicizzato” come il nostro, sono stati
giorni di dibattito vivace e
I anche aspro. Ma Confronti
\ ha resistito, perché intanto si
I era definito un nuovo “nui eleo tematico”, un centro di
iateresse editoriale e culturale il pluralismo delle fedi, la
società multiculturale, il dialogo interreligioso».
- Insomma, c’è stata una
svolta anche per la rivista.
Puoi chiarire meglio questo
^punto?
«Il sottotitolo della rivista è
rimasto “mensile di fede, po' litica e vita quotidiana”. Nei
fatti abbiamo parlato meno
di poHticà e più di fede e di
virai quotidiana. O, quantomeno, Abbiamo iniziato a
parlare di politica in modo
diverso. Vi sono stati anni in
eui, per capire dove andava il
paese, bisognava seguire i
’.congressi di alcuni partiti,
nioniforare il pensiero di
questo o quel capocorrente: e
poco importa che fosse Napólitahb piuttosto che De Mita, un giovane D’Alema o Gerardo Bianco. In pochi anni
tutto questo è divenuto assolutamente inessenziale; oggi
la politica "nasce” e cresce in
altri luoghi più informali, più
casuali, certamente più framnientati. Non rimpiangiamo
il passato che non è più e non
celebriamo questo nuovo che
ci pare ancora incerto. Certamente oggi la politica ha forme diverse: è più internazionalizzata, è più globale, è più
interdipendente rispetto alla
cultura, all’economia, all’etica. Non a caso si parla tanto
tini fenomeno del volontariato, del privato sociale, del cosiddetto Terzo settore. È naJutale, quindi, che su ConFonti oggi si parli meno di
politica” e più, molto di più
^ne in passato, di religioni e
di società».
~ Scorrendo le vostre annata, più che di (fede» si parla di
mi 0 meglio di religioni. Co”ta mai dedicate a questi temi
^tito spazio?
«Perché tra luci e ombre,
Stolte ombre, questi sono gli
^ni delle religioni. Il fattore
toligioso è ormai una chiave
di interpretazione di molti
Ptocessi culturali e anche di
'^nri scenari internazionali:
•ton sempre il riferimento è
Appropriato anzi molto spesè solo strumentale, ma è
An fatto che le grandi tradizioni religiose sono rientrate
Pesantemente sulla scena
Politica e culturale. Basta enitare in una libreria: ormai
f}on si contano più i titoli “redgiosi” proposti da impor
tanti editori laici, da Mondadori a Laterza, da Baldini e
Castoldi a Einaudi... Significherà pur qualcosa. Sul piano
più generale si pensi al ruolo
dell’Islam in intere regioni
dell’Africa o nel Maghreb; si
pensi al revival della cultura e
delle tradizioni ebraiche, oltre che in Israele anche negli
Stati Uniti e in Europa, e
all’attenzione con cui la cultura laica è tornata a guardare al pensiero dei maestri
ebrei, da Maimonide a Martin Buber; si pensi alla vitalità
evangelical in grandi regioni
dell’Asia; alla nuova, inattesa
rilevanza delle chiese ortodosse in tutto l’Est europeo;
persino negli Stati Uniti le
grandi denominazioni protestanti storiche sembrano recuperare consensi e autorevolezza spirituale e politica.
Oltre, ovviamente, alla visibilità internazionale della Chiesa cattolica. A fine secolo, insomma, le religioni sembrano godere di una salute migliore che al suo inizio. Certo
devono stare attenti ai virus
in circolazione: i fondamentalismi, i radicalismi, la tentazione di una grande rivincita
contro il mondo moderno e
quello laico, gli esclusivismi
che impediscono di riconoscere che Dio parla anche
agli “altri” a quello che frequentano una chiesa diversa
dalla nostra».
- In che modo restate fedeli
alla vostra originale vocazione ecumenica?
«Insieme ai nuovi collaboratori ebrei, musulmani e
buddisti, senza i quali Confronti non sarebbe mai decollato, resta un consistente
nucleo di cattolici ed evangelici. Certo, anche qui qualcosa è cambiato: se i collaboratori cattolici restano quelli
più legati all’esperienza delle
comunità di base, il giornale
accoglie anche altri contributi di segno diverso. Il mondo
cattolico è sempre più articolato e, forse, frammentato in
tanti segmenti: rendere conto
di questa complessità, documentarla, è uno dei nostri
doveri “istituzionali”. Ed è in
li «La residenza»
Assemblea
annuale dei soci
Il 12 giugno scorso, nella
casa svizzera di soggiorno
per anziani «La residenza» di
Malnate (Varese), si è svolta
l’assemblea annuale degli
Amici della Fondazione Asilo
evangelico. Durante la sua
relazione, il presidente Sandro Mumenthaler ha preseritato la nuova direttrice, signora Marina Lari e la vicedirettrice, signora Mariangela
Tajana. Inoltre ha ricordato
le iniziative che si sono svolte
nel corso dell’anno, auspicando la presenza di una persona che coordini le attività
con ospiti esterni.
Il presidente ha evidenziato il notevole impegno per
l’adeguamento alla legge 626
i cui effetti sono un maggiore
e ancora più rigoroso controllo delle norme di sicurezza. Inoltre, grazie al contributo finanziario degli Amici
della Fondazione, la Residenza ha potuto fare fronte
alle richieste di aiuto economico di alcuni ospiti. La relazione del presidente è terminata con il ringraziamento a
tutti i sostenitori e i collaboratori e con la tradizionale
«grigliata sotto il faggio».
Riunite le chiese di Calabria e Sicilia
Condivisione e accoglienza
nella grande famiglia battista
Paolo Naso
questo quadro, molto fluido,
spazzato da onde opposte,
che cerchiamo di parlare di
ecumenismo. Non ci pare
possibile un arretramento
ecumenico; la tensione all’
unità nella testimonianza è
ormai troppo forte e radicata
anche in ampi settori della
base delle chiese. Certo, alla
vigilia del Giubileo tutto appare più difficile e le scorte di
“buona volontà ecumenica”
acquisite a Graz nel 1997 e in
altre occasioni simili, anche
più modeste, potrebbero non
bastare».
- Negli ultimi anni Confronti ha promosso molte iniziative: convegni, giornate di
dialogo interreligioso, seminari itineranti, «Viaggi della memoria» per gli studenti. Tutto
questo come si collega alla vostra proposta editoriale?
«Una rivista, per vivere, ha
bisogno di gente e di iniziative attorno a sé. L’organizzazione di Convegni come “Uccidere in nome di Dio” sui
fondamentalismi religiosi o
“Islam plurale” sulle dinamiche aH’interno della seconda
comunità religiosa in Italia, ci
ha offerto molti spunti che
abbiamo sfruttato editorialmente e ci ha aperto a nuovi
interlocutori. E anche a nuovi
abbonati il che, per una rivista, è essenziale. Lo stesso si
può dire per i “Viaggi della
memoria” nei luoghi della
deportazione e della Shoah
che in pochi anni hanno finito per coinvolgere oltre 500
studenti; o per i seminari itineranti in Israele-Palestina e
in Russia: sono tutte occasioni di approfondimento e di
scambio che, negli anni,
sembrano dare qualche risultato significativo. Penso, per
esempio, a “Semi di pace”,
un’iniziativa di scambio interculturale che ha coinvolto
educatori “per la pace” sia
israeliani che palestinesi:
un’iniziativa di cui si è molto
parlato, e che è stata realizzata anche grazie al contributo
delT8 per mille della Tavola
valdese».
- Quali sono i rapporti con
il mondo evangelico italiano?
«Molto buoni, mi pare. Esiste una costante comunicazione con le chiese evangeliche italiane. Da una parte
permane il sostegno della Federazione delle chiese evangeliche in Italia e della Tavola
valdese; dall’altra vi sono
molte occasioni di scambio,
di riflessione e iniziative comuni su temi come il Giubileo e il debito internazionale,
la laicità nella scuola e nella
società, il pluralismo nell’informazione religiosa. La presenza evangelica nel giornale
è considerata da tutti uno dei
suoi tratti più originali e preziosi: i valori della laicità, della responsabilità, del confronto nella diversità, della libertà di coscienza sono nel
codice genetico del protestantesimo e tutti a Confronti
sono convinti che ve ne sia
I grande bisogno anche nell’Italia di oggi. Tante volte abI biamo scritto che essere più
europei significa anche essere
più “protestanti”. Ma detto
questo, l’obiettivo di Confronti non è di essere “più
protestante": in questi anni
abbiamo cercato di costruire
un laboratorio visibile di quel
pluralismo delle fedi e delle
culture che è alla base di ogni
società veramente moderna.
Nell’Italia del Giubileo e di
Padre Pio è moho difficile. E
siccome, come tutte le piccole esperienze siamo anche tenaci e persino un po’ testardi,
ci siamo dati appuntamento
per i venti anni della rivista».
ANNA ORANO
Dal 1“ al 6 giugno si è
svolta una settimana di
evangelizzazione sul tema
«Dio interroga l’umanità.
L’umanità interroga Dio»,
promossa dall’Associazione
evangelica battista del Napoletano (Aben). Ogni giorno in
una comunità diversa i pastori e i predicatori locali si sono
succeduti nella predicazione
a partire da diversi argomenti: la sofferenza e il dolore; la
fede e la speranza; la vita
eterna; la giustizia; la pace e
la creazione. Temi difficili che
interrogano quotidianamente
e che hanno appassionato, in
questi 7 giorni, le numerose
persone che si sono ritrovate insieme col desiderio di
ascoltare la Parola di Dio.
In particolare, momento di
grande comunione fraterna è
stato il culto conclusivo della
settimana, che si è tenuto
nella chiesa battista di Arzano. Partendo dalla lettura di
alcuni passi contenuti nel libro della Genesi, del profeta
Isaia e della lettera di Paolo ai
Colossesi, abbiamo ascoltato
con gratitudine l’invito di Dio
a riconoscere la grandezza e
la potenza del suo amore.
Chiese battiste del Napoletano
Domande fra Dio e l'umanità
manifestato attraverso le meravigliose opere compiute nel
creato per l’umanità intera.
In particolare il gesto liturgico di offrire in dono a ognuno dei presenti una piccola
ciliegia ha accompagnato il
ricordo che noi, uomini e
donne, non solo siamo parte
del creato, ma siamo stati
chiamati a essere responsabili custodi di esso.
Al termine del culto c’è stata un’agape fraterna, a cui i
fratelli e le sorelle delle diverse comunità battiste hanno
partecipato con allegria,
mentre nel pomeriggio i giovani delle chiese battiste, accompagnandosi con il suono
delle chitarre e di alcuni strumenti a percussione, hanno
proposto alcuni canti di lode.
La preghiera che abbiamo rivolto a Dio è che il desiderio
di dare testimonianza di Cristo e del suo Evangelo, per la
salvezza dell’umanità intera,
possa essere la vocazione di
tutte le comunità battiste napoletane.
SALVATORE RAPISABDA
Domenica 6 giugno le
chiese battiste di Calabria e Sicilia hanno tenuto
l’annunciato convegno «Il
senso della cooperazionecondivisione all’interno della
famiglia battista» presso il
Centro «Nella Cantarella» di
Lentini. L’incontro è stato tra
l’altro una occasione di inaugurazione implicita del Centro: infatti molti dei circa 80
partecipanti all’incontro vedevano la struttura per la prima volta. Si tratta di una
struttura in trasformazione
che, grazie all’infaticabile lavoro di Nunzio Sciacca e di
quanti hanno collaborato
con lui, ha retto bene alla
prova di una consistente presenza numerica.
I lavori del convegno sono
stati presieduti dalla presidente dell’associazione. Angela Lorusso, e la relazione
introduttiva è stata tenuta
dalla past. Anna Maffei, vicepresidente dell’Ucebi. Tra i
ministeri a cui i battisti si
sentono chiamati oggi è stato
evidenziato quello dell’accoglienza alle nuove chiese formate da fratelli e sorelle provenienti da altre parti del
mondo. Nel dialogo che a
partire da questa puntualizzazione si è svolto nei gruppi
di discussione, si è puntualizzato che in questo quadro
«accoglienza» non può significare soltanto ospitalità nei
locali di culto, ma deve abbracciare il confronto con
nuove liturgie, con nuove
spiritualità, con nuove priorità. Infatti una presenza
consistente di nuove chiese,
escludendo l’atteggiamento
egemonico della cultura delle
chiese consolidate, può significare acquisizione di
nuove fisionomie ecclesiologiche e teologiche, fisionomie che potrebbero modificare lo status quo. Intanto,
però, le chiese sono chiamate
ad evangelizzare e a rìconsacrare i propri talenti (ministeri e risorse economiche).
È stato ricordato che attualmente vi è una ricchezza di
studenti e studentesse in teologia, che studiano in vista
del ministero pastorale. Si
tratta di futuri ministri e ministre qualificati, da spendere
al servizio delle chiese. Altri
ministeri sono quelli svolti da
fratelli e sorelle che operano a
livello locale, senza oneri per
l’Unione. A fronte di quanti si
accingono a entrare nel ministero attivo delle chiese, vi è
un consistente numero di pastori che nel breve termine
andranno in emeritazione. Si
può notare che l’emeritazione non è un risparmio per le
casse dell’Unione, mentre è
sicuramente una perdita di
esperienze, di lavoro, di cultura. Di fronte a queste e ad
altre sfide a cui le chiese debbono fare fronte, qualsiasi ristrutturazione, qualsiasi risanamento di deficit pregressi,
qualsiasi sguardo al futuro
passa per una maggiore assunzione di responsabilità
delle singole persone: maggiore impegno nella crescita
culturale e spirituale, maggiore coinvolgimento nelle attività della chiesa, maggiore
condivisione del proprio denaro. Tutti attendiamo di vedere segnali concreti di crescita, segnali che edificano.
Nella sua relazione la past.
Maffei ha anche evidenziato i
rapporti in atto con le chiese
valdesi e metodiste. Sono
rapporti arricchenti, è stato
detto, ma è necessario che
non vengano intesi a senso
unico. Le chiese battiste hanno ricevuto molto, in termini
di cultura teologica, di radicamento allo specifico evangelico, di legami con le chiese
dell’ecumene. Ma le chiese
battiste debbono sentirsi impegnate a condividere i loro
ministeri e il loro specifico.
Spesso questi aspetti non
vengono valorizzati abbastanza all’interno delle chiese, 0 non vengono nemmeno
individuati. Capita, però, di
vedere altri, i nuovi arrivati in
mezzo a noi, che apprezzano
quel che siamo in grado di
offrire. Senza orgoglio, ma
anche senza falsa umiltà,
dobbiamo sentirci come degli ingranaggi utili per il funzionamento dell’intero meccanismo. In altri termini, essere partner di un’impresa,
quale quella del ministero
delle chiese evangeliche in
Italia oggi, significa sviluppare e potenziare le proprie capacità di cooperazione.
Ancora Anna Maffei ha annunciato che il Comitato esecutivo deU’Ucebi sta per indire un’assemblea straordinaria per fine anno, allo scopo
di definire alcuni aspetti
stmtturali che erano stati appena affrontati e poi rinviati
nel corso dell’ultima Assemblea generale. A questo riguardo le chiese riceveranno
la necessaria documentazione per prepararsi al dibattito
assembleare.
Il convegno comprendeva
un culto, presieduto dalla past. Silvia Rapisarda, con predicazione del past. Massimo
Aprile. All’irrterno di una li-.
turgia ricca di canti vivaci e di
preghiere spontanee, il past.
Aprile ha predicato dalla parabola, comuneolente intesa,
del figlio prodigo, e per la sua
esposizione si è servito di una
riproduzione del quadrò di
Rembrandt dedicato al tema
di Luca 15. Ardita, ma certamente significativa, è stata la
lettura cristologica della parabola, per cui Cristo-figlio prodigo lascia la casa del padre,
per poi farvi ritorno dopo
aver conosciuto l’estraneamento. Al figlio prodigo fa riscontro un padre materno
che con tenerezza va incontro al suo figlio ritrovato.
Un aspetto particolare del
convegno è stata la ripresa
della proposta del comitato
dell’Associazione delle chiese
battiste di Calabria e Sicilia
(Abes) di indire tra le chiese
di Calabria e Sicilia un «Festival». Scopo-del festival è
quello di una proiezione delle chiese verso l’esterno. A
questo scopo le chiese sono
state invitate ad elaborare dei
progetti da sottoporre al comitato dell’Abcs, entro giugno, affinché il comitato possa stabilire delle priorità e dare pratica attuazione, con la
collaborazione di tutte le
chiese, al progetto prescelto.
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16
PAG. 8 RIFORMA
Vita Delle Chiese
VENERDÌ 16 LUGLIO
Delegazione della Chiesa valdese di Biella a Dornholzhausen (Germania)
Trentanni dì gemellaggio tra valdesi
La visita di quest'anno è stata resa più significativa dalla coincidenza del 300°
anniversario della cittadina che fu fondata dai profughi valdesi di Pragelato
ANNA PIOVESAN ZEGNA
r\AL 4 al 6 giugno scorso
Anuria delegazione della
chiesa valdese di Biella si è recata a Dornholzhausen (in
Assia, Germania) per partecipare ai festeggiamenti organizzati per celebrare i 300 anni di fondazione della cittadina situata a pochi chilometri
da Francoforte. Da circa 30
anni la chiesa evangelica di
Dornholzhausen è gemellata
con quella valdese di Biella.
Avevamo impiegato una
decina di ore in auto per percorrere i mille chilometri che
dividevano la nostra città piemontese di Biella dal piccolo
sobborgo di Bad Homburg,
Dornholzhausen, il «paese dei
boschi di rovi». Chissà quanti
giorni, quante settimane e
con quali fatiche trecento anni fa avevano compiuto un
viaggio simile le quaranta famiglie valdesi in fuga dalle
persecuzioni, costrette ad abbandonare per sempre la loro
valle di Pragelato. Eppure anche loro erano arrivati qui,
avevano chiesto e ottenuto un
po’ di terra, fondato un piccolo paese, una chiesa, una comunità che vive tuttora anche
se i cognomi non sono più gli
originali valdesi.
Vive molto di più del loro ricordo, ho scoperto stando qui
insieme agli attuali abitanti
della comunità religiosa evangelica di Dornholzhausen:
hanno seminato qui la loro testimonianza di fede, il coraggio di cambiare vita in nome
di un ideale di fede e libertà.
L’ho visto negli sguardi commossi della gente, tutta la
gente che dalle case era uscita
in strada per salutare il corteo
del Giubileo, trecento anni
dalla fondazione del paese.
Salutavano tutti ma in modo
speciale proprio noi tre, i tre
biellesi che sfilavano con i costumi dell’Alta Valle Cervo, il
lavo Burat, alto e imponente
nel suo costume di lana tinto
con il mallo di noce e le scarpe di legno, la Bmna, sua moglie, bellissima con la sua ampia gonna granata, il grembiule e lo scialle tutti colorati
e poi io, Anna, con indosso il
costume della loro figlia, gonna nera e giubbino nero di
velluto, così di misura che dovevo stare attenta a respirare.
Pensavo a come era potuto
succedere che io fossi lì, a
rappresentare il coraggio di
una scelta di vita così temeraria e determinata, a raccogliere le chiavi lasciate dagli esuli
in Italia per riunirle di nuovo
qui, alle porte delle loro nuove case. Io non ero valdese,
non era valdese la mia famiglia e mio marito era diventato valdese per scelta due anni
prima. Se c’era un’affinità era
nel mio sentirmi diversa e perennemente in fuga dalla
pressante omologazione, per
me a stretto confine con l’indifferenza, nel desiderio di
trasformare la mia vita perché
seguisse al meglio e più fedelmente il compito che mi era
stato assegnato alla nascita.
Pensavo al mio strano modo
di essere credente: non avevo
avuto bisogno di grandi spiegazioni per riscoprire la mia
fede sicura in Dio e nel suo
amore, l’avevo percepito semplicemente nell’esistenza di
questo mondo, nell’esistenza
della vita umana.
In realtà mi sentivo molto
vicina, non per parentela né
per appartenenza storica, a
quella gente, a quelle donne
che nel 1699 avevano con i loro mariti raccolto tutto in pochi carri ed erano partite per
paesi lontani e sconosciuti.
Oggi toccava anche a me portare la loro fiaccola qui, in
questa bella festa che non era
solo una rappresentazione
storica con corteo in costume
ma era un tributo, un omaggio sentito e sincero che la
gente di qui, benestante e
tranquilla, nella vita e nella
tradizione religiosa, rendeva a
chi aveva dimostrato con il
suo esempio che ogni vita e
ogni fede devono avere un
senso, una destinazione, un
perché. Per questo non avevo
potuto stupirmi quando il
presidente della chiesa di
Dornholzhausen mi aveva
spiegato che per lui, in particolare, era significativo cogliere e far cogliere la motivazione profonda contenuta in
quell’esodo di trecento anni
fa. Credo volesse interrogarsi
e far interrogare la comunità
sullo spirito della fede e il valore della testimonianza, sul
perché si crede in Dio e che
cosa succede quando si prende coscienza dell’essenza,
confortante e stravolgente insieme di questo modo di credere. Tutto quello che potevo
cogliere con la comprensione
sapevo essere solo piccola cosa, non sapevo perché arrivasse proprio alla mia mente
e al mio cuore ma una ragione certo c’era.
Posso permettermi, mi sono chiesta, di dare un senso
sotterraneo alla resistenza
«storica» eccezionale delle comunità valdesi in Italia e nel
mondo? Posso pensare che i
valdesi, così pochi e così diversi, sono fra coloro che hanno il compito di rappresentare nel tempo e nell’essenza il
coraggio di vivere per una
scelta ideale e autentica, vissuta nell’insicurezza della libertà, al di fuori di grandi
chiese protettrici? Sento che
c’è del vero in questo pensiero. Credo sia stata la sua semplice potenza a piantare dei
semi sparsi nel tempo e nello
spazio, perché chi ha fede lascia un segno indelebile, anche quando il suo nome non è
mai stato famoso.
L'anno ecclesiastico si è concluso con l'accoglienza di venti nuovi membri
Un bilancio dell'attività della Chiesa valdese di Torino
GIUSEPPE PLATONE
Ly ANNO ecclesiastico della
I Chiesa valdese di Torino
si è concluso con tre assemblee, di cui una interamente
dedicata all’esame della relazione annua delle attività.
L’incontro, che si è svolto T8
giugno, ha previsto un lavoro
in gruppi, com’è ormai consuetudine per questo tipo di
assemblee, incentrati su tre
temi diversi: le questioni interne alla chiesa, la spinta
verso l’esterno e l’impegno
diaconale. Com’era prevedibile non si sono raggiunte
decisioni definitive, ma se da
un lato si è verificato il cammino di un intero anno ecclesiastico, dall’altro si è gettato uno sguardo sulTimmediato futuro.
In particolare sulla questione della presenza e del dialogo con la città si è auspicata
l’installazione di una bacheca
luminosa accanto all’ingresso
principale del tempio di corso Vittorio che possa rendere
maggiormente visibili le varie
iniziative (da quelle culturali
a quelle musicali) compreso
anche il tema del culto domenicale. Si pensa inoltre di riprendere con maggiore energia anche l’iniziativa del
«tempio aperto» fornendo del
materiale ai vari curiosi e interessati; l’impegno dovrà soprattutto svilupparsi nei mesi
caldi dell’anno giubilare sarà
particolarmente nutrito. L’assemblea ha anche valutato
positivamente l’andamento
del centro culturale Pascal
che propone, praticamente
ogni mese, una conferenza.
una tavola rotonda o la presentazione di un nuovo libro;
in genere quelli culturali sono
appuntamenti ben frequentati. L’ultimo, particolarmente
affollato, è stato sulla guerra
dei Balcani che ha visto un
acceso quanto angoscioso dibattito, ripensando al quale ci
si rallegra enormemente dei
primi segnali di pace giunti
dopo tanto dolore.
Sui temi e gli impegni a livello diaconale, al di là del
processo di crescita e di riqualificazione in atto all’ospedale valdese, che non è
solo questione tecnica ma
anche di ordine spirituale, si
è chiesto alla commissione
«chiesa e società» di proseguire ancora per un anno la
propria riflessione sull’impegno diaconale, anche in vista
di nuovi progetti. «Facciamo
tante cose in campo diaconale - ha detto il referente
del gruppo di lavoro che ha
studiato questo tema - ma rischiamo di disperdere le
energie; occorre concentrarsi
su meno cose per essere più
incisivi». Dunque la ricerca
continuerà parallelamente al
lavoro del «deposito bagagli»
per gli immigrati situato nei
locali del tempio di corso
Oddone, al lavoro di «sportello» e di accoglienza e sostegno economico verso tanti deprivati. Sul tema dell’impegno diaconale è stata segnalata la necessità di investire maggiormente nel campo della cura pastorale ospedaliera. Si investono miliardi
per lo sviluppo del polo ospedaliero valdese di Torino,
bisogna che cominciamo a
investire di più nella cappellania. La crescita ospedaliera
non deve essere solo tecnica
ed efficientistica, che è preliminare e indispensabile, altrimenti rischiamo di trovarci con un semplice etichetta
di evangelici.
Sulla questione più interna
della formazione delle giovani generazioni, la principale
novità consiste nella proposta, da parte delle monitrici
della scuola domenicale, di
avere un anno di transizione
tra la scuola domenicale e il
catechismo, una sorta di precatechismo, che permetta un
maggiore inserimento successivo nel catechismo dove
si registrano ancora tante,
troppe assenza. È significativo che quest’anno, con venti
nuovi ammessi, vi siano stati
solo due catecumeni di 17
anni, le altre persone avevano da venticinque anni in
su. Da molte parti, infine, è
giunto il suggerimento di
non spendere le proprie
energie solo nei confronti del
dialogo con il mondo cattolico ma anche verso il mondo
evangelico. L’incontro di
preparazione della predicazione domenicale, che si
svolge ogni mercoledì presso
la sede valdese, vede ormai
una partecipazione di oltre
venti pastori e predicatori
che sono attivi in varie chiese
pentecostali, dei Fratelli, avventiste oltre che i battisti e i
valdesi di Torino e cintura.
Cresce, accanto allo studio
della Scrittura in vista della
predicazione, il desiderio di
conoscerci di più e meglio. È
infatti prevista per fine otto
bre una seconda riunione tra
evangelici, storici e non, in
vista di una testimonianza
comune a Torino.
Per il prossimo anno ecclesiastico (subito dopo la gita
annuale che quest’anno toccherà un itinerario tra Praga,
Budapest e la Stiria sulle tracce di Hus e dei valdesi medioevali) ci sono molti stimoli
e idee. Li tiene insieme un desiderio di maggiore visibilità.
E quest’ultimo aspetto si collega anche al progetto, ormai
approvato dopo due apposite
assemblee straordinarie e dopo mesi di ricerche, studi, dibattiti, di dare vita, proprio
accanto a un tempio sempre
chiuso, sul centrale corso Vittorio Emanuele, a una vera e
propria «Casa valdese» che
dovrà essere sempre aperta.
Insomma, si tratta di uscire
un po’ dall’anonimato, dal
privato e giocarsi in una dimensione più pubblica, il che
vorrà dire più lavoro, più presenza attiva nei locali ecclesiastici, più intreccio con le
varie realtà cultuali, religiose
e sociali della città.
È la sfida del prossimo millennio, ma senza una forte
coesione interna, costruita in
un continuo dialogo con la
Parola di un Dio vivente e
operante, rischiamo un serio
declino. La stima di cui siamo circondati, grazie anche
bel lavoro dell’ospedale valdese e alla politica dell’8 per
mille perseguita dal nostro
Sinodo, è per noi un invito a
fare di più e meglio. Bisogna
avere il corallo di buttarsi, a
stare fermi si rischia una paralisi mortale.
Opere valdesi per anziani
Per un coordinamento
di tutti gli animatori
MARCELLO GALETTI
Ancora non gii abbiamo
dato un nome, ma in
fondo è quel che meno importa. È il gruppo degli animatori e delle animatrici che
lavorano nelle Case di riposo
della Chiesa valdese. La figura stessa di chi si occupa di
animazione in Casa di riposo
era, fino a qualche anno fa,
una rarità, almeno nelle valli
valdesi. Atmalmente è invece
una realtà. Al Rifugio Carlo
Alberto, all’Asilo di San Giovanni, all’Asilo di San Germano, alla Casa delle diaconesse
c’è qualcuno che, con sfumature diverse a seconda dei casi, si occupa di organizzare
iniziative di animazione dentro e fuori la casa; non solo
per «far passare il tempo»,
cosa peraltro importante, ma
cercando di dare degli stimoli
a chi in Casa di riposo ci vive
perché, non ci si stanca di
dirlo, non basta essere puliti,
alimentati e al sicuro per
«stare bene»; non solo di
questo abbiamo bisogno.
Chi si occupa di questo
compito lo fa quasi sempre
da solo, con poche possibilità
di confronto e di scambio di
idee sul proprio lavoro. E allora perché non incontrarci,
ogni tanto? Quattro o cinque
teste pensano meglio di una.
Anche perché veniamo tutti
da professioni diverse: c’è chi
è educatore, chi prima faceva
l’assistente domiciliare, chi
faceva l’infermiera, chi lavorava in ufficio, chi è diacona
della chiesa.
Abbiamo iniziato nell’agosto scorso e ci vediamo ogni
mese e mezzo circa, a tuj
nelle diverse strutture, c»
confronta su piccoli o graJf.
progetti che ognuno coiS
ce, sulle difficoltà che inco)
triamo, ci si scambia idees
le «cose da fare»; «DavinRER-R
quell’attività funziona, vo£efest
proporla anch’io»; si cornlC27giUÌ
nano iniziative da attuare^fi R
sieme, gite, pranzi, si comOahn
na una visita di ospiti di uKjia coi
casa presso un’altra, visSiversai
che poi sarà restituita, dan&va il
la possibilità agli anziani e Srarrivc
le anziane di fare conosceiik
(ciò che si può fare ancheS
novant’anni suonati, e pu
con qualche acciacco).,
informano gli altri su partici
lari iniziative all’interno dei
rispettive strutture; vengoJ
passati indirizzi e telefoni!
persone da invitare a suona
re, a mostrare diapositiva
ecc. Si combinano anche i
ziative «grosse», come l’ora
nizzazione comune rii imi
soggiorno marino (in situaM oro:
zione di ristrettezze economi||vrar
che, come quelle delle nostit'¡n'fiem
Case, Timione fa la forza), ¿tà cos
Nell’ultima riunione ci sia-fifc-Ran
mo detti che, dopo alcuDÌi«nica
mesi di rodaggio, era forse
l’ora di venire fuori e di fan 1
sapere che esiste questo cooi-,
dinamento. In fondo è anche ;
un modo per rafforzare questa figura nuova ma, ritenia- iWorf,
mo, molto importante. Inol-Ivifo n
tre ci teniamo a dire cheque- soììom
sto gruppo è nato sì tra opera- reifcpi
tori di strutture della Chiesa ¡ftffeu
valdese, ma sarebbe ben con- knidi'
tento di accogliere al suo in-faenza
terno chi fa lo stesso lavoro intende cc
Case di riposo che della Qiie-povo pi
sa valdese non sono.
Sont
Attività con gli anziani all’Asilo valdese di San Germano
Chiesa battista di Mottola
Gioiosa festa di fine anno
per la scuola domenicale
;relatlv
tí lo stat
,no dei
¡mille I
gonot
te dal
ottie:
GIOVANNA SPERANZA
Domenica 13 giugno,
nella chiesa battista di
Mottola, il gruppo «Scuola domenicale» composto da circa
15 ragazzini, a chiusura delle
proprie attività, ha offerto alla
comunità un momento di riflessione. Per la celebrazione
le giovani monitrici hanno ritenuto validi gli spunti offerti
nel I volume di quest’anno
prodotto dal Servizio istruzione educazione (Sie) della Fcei,
per spiegare la simbologia del
pesce, adottata dai primi cristiani, da cui partire per affrontare il più ampio tema
della «chiesa».
La liturgia proposta è stata
rielaborata in modo da suscitare una più attiva partecipa
zione al culto dei bambini*
delle bambine. In particolai*
i bambini, accompagnati dalla lettura della simpatica sto
ria di Guizzino, un intrapreO'
dente pesciolino, hanno attaccato su di un cartellon*
tanti piccoli pesciolini cheiosieme hanno formato ti®
grande pesce.
Inoltre i ragazzi hanno
condiviso con l’intera comunità numerosi e allegri canti*
alcune preghiere scritteti
loro stessi. Come di consiiO'
to, a conclusione del cultOi
stato rivolto un caldo
accompagnato da un picco
dono, a quanti hanno con
eluso il ciclo della scuola do
menicale con l’augurio
una loro duratura presene
nelle attività della comunitu
all’oti
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Per la
pubblicità su
tei. 011-655278, fax 011-657542
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17
16 LUGLIO 1999
*
Vita Delle
PAG. 9 RIFORMA
pestaggi amenti in Germania per i 300 anni delTarrivo dei rifugiati valdesi
Il prezzo della libertà di fede e predicazione
nOermania ci sono 23 località cosiddette valdesi sorte con l'arrivo, nel 1699, di
jjj^liaia di persone in fuga dalla Val Chisone a seguito della repressione religiosa
háleme bboeckehs
■ca, a tur,
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3; vengoBi
telefoni
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^ e festoso corteo, dome27 giugno, attraversando
Rohrbach, WembaeHahn (in Assia, Germaha concluso un doppio
iiyersario: quello che ri
____ jgva il 300“ anniversario
nziani e S’arrivo di 240 profughi
onosceiidesi dal Piemonte e il ven
nquennale del gemellagtra Ober-Ramstad e Praito. Quest’ultima è la paI degli antenati valdesi
! nel 1699, trovarono inlo a Darmstad accoglienlella loro fuga dalla feroce
iessione conseguente alla
Ica dell’Editto di Nantes
- jplatn all’epoca era terrime rorg}5irancese) che ribadiva il
ne di ijÌGipio assoluto dell’obbli(in situa|(iprofessare la religione
economi-||)vrano.
ille nostre’in'ilermania ci sono 23 loForza), ¿tà cosiddette valdesi, ma
tne cisia Olier-Ramstadt è al momento alcuai ttoca che ha stabilito un
era forse r^gemellaggio con la locai e di fan lim provenienza dei suoi
esto coor-afe profughi [il 18 luglio
o è anche 5rà il gemellaggio anche
zare que- ttfftrre Pellice e Morfeldena, ritenia-lifcrf, ndr]. E questo è avute, Inol- !v^ nel lontano 1974, non
3 cheque- sotódme un atto di maggiotra opera- temprensione tra popoli a
Ila Chiesa lliv^europeo ma anche co; bencon-teindicazione di una coalsuom-pnza ecumenica che in) lavoro iuende costruire qualcosa di
Iella Qiie-liiovo per l’oggi.
In questo senso non stupiste il fatto che per i festeggia‘ ^iti di questo doppio annirario siano stati invitati i
ipresentanti della cittadigemellata di Pragelato e
ella vicina Sestriere. Ma non
erano solo loro; erano an
Alla testa del festoso corteo che attraversa i villaggi valdesi di Rohrbach, Wetnbach, Hahn
che presenti ospiti provenienti da otto nazioni di tre
continenti diversi. Particolarmente nutrita la delegazione americana, composta da
una trentina di persone, discendenti di Peter Bert che
emigrò negli Usa nel 1830. Il
sindaco di Ober-Ramstad,
Bernd Hartmann, e il pastore
della locale chiesa evangelica, Diethard Mertens, hanno
salutato i vari ospiti, in particolare il vicario generale della
diocesi di Pinerolo, don Paolo Bianciotto, e il parroco di
Pragelato, don Giuseppe Alluvione, il professor Paolo
Ricca, della Facoltà valdese di
Roma, e il pastore valdese di
Torino, Giuseppe Platone,
che nel suo discorso ha par
lato anche a nome della Federazione delle chiese evangeliche in Italia.
Ricca ha conquistato il numeroso pubblico con un discorso in italiano e tedesco
sul tema: «Valdesi perché?».
La libertà della predicazione,
una libertà che non può essere gestita dal clero è, dice Ricca, il primo aspetto importante della protesta valdese.
Ricca ha anche ricordato che
i valdesi erano pronti a lottare per la libertà di fede e di
coscienza, e questo tipo di
impegno, teologico ed etico,
torna ad essere attuale per i
cristiani nel nostro presente.
In riferimento al testo biblico
del giorno (Genesi 50, 17-21)
proposto dal lezionario dei
Fratelli moravi, diffuso da alcuni anni anche in Italia con
il titolo «Un giorno una parola», che racconta l’epilogo
della storia di Giuseppe e dei
suoi fratelli, il moderatore
della Chiesa evangelica dell’Assia-Nassau, il pastore Peter Steinacker, ha predicato
con efficacia ricordando che
«spesso il male che è stato
pensato e attuato contro le
persone, come nel caso dei
fratelli di Giuseppe, Dio, a
volte, lo converte in bene». La
vicenda valdese dunque può
essere letta anche in questa
luce che riesce a squarciare le
tenebre di una tragedia dell’umanità come fu quella fuga dalla morte per ragioni di
fede nel 1699.
LA SPEZIA — Domenica 27 giugno si è tenuto nella chiesa metodista un incontro tra le comunità metodiste e awentiste
provenienti da La Spezia, Savona e Genova. Il tema è stato
il ruolo della donna nella chiesa. La riunione è stata un’occasione proficua per uno scambio di idee e di testimonianze. In particolare il momento del culto ha visto due sorelle.
Dora Bognandi e Gabriella Lo Brano, impegnate in un’analisi del ruolo specifico affidato alla donna nella chiesa primitiva (in base alle testimonianze che ci vengono fornite
dal libro degli Atti degli Apostoli) e delle fasi storiche attraverso cui si è giunti a un riconoscimento della parità dei diritti della donna, anche all’interno della struttura ecclesiastica, fino ad arrivare a oggi: la donna, pur nella parità con
l’altro sesso, ha rivendicato una sua specificità da tutelare e
sviluppare. La giornata si è conclusa con un’agape nei locali della chiesa metodista e con l’impegno di ripetere questa
iniziativa anche nel prossimo futuro.
VALENZA (Al) — Alla sala incontri di Radio Gold (via Megara
10), sabato 17 luglio alle ore 16, si tiene un incontro introdotto dal candidato Maurizio Abbà sul tema: «Gesù e
Buddha. Affinità e differenze di due messaggi ). A partire
dalle ore 17 si tiene il culto.
PONTICELLI (Na) — Il 25 maggio scorso, nella piccola chiesa
metodista, si sono riunite circa 80 persone in occaiuone della Pentecoste per il culto ecumenico organizzato con la vicina chiesa cattolica «M.SS. della Neve». Già da alcuni anni le
due comunità si incontrano sia per momenti di riflessione
biblica che di preghiera. In questa occasione, il culto, oltre a
essere stato organizzato e preparato insieme, ha avuto la
particolarità, per espresso desiderio del parroco Don Ciro
Cocozza, di concludersi con la Santa Cena celebrata secondo la tradizione evangelica, dalla pastora Elisabeth Löh. Pur
nelle rispettive diversità la partecipazione è stata molto intensa e le due comunità si sono riunite nello Spirito e hanno sperimentato insieme U miracolo della Pentecoste. Altro
momento di gioia e ringraziamento per tutta la comunità
metodista è stato il culto di domenica 27 giugno, durante il
quale è stato celebrato il battesimo di Sara Cortini, figlia di
Salvatore e Mena Gioia. Sulla piccola e sui suoi genitori sono state invocate le benedizioni del Signore.
LIVORNO — Domenica 6 giugno e domenica 4 luglio barino
reso la loro testimonianza battesimale nella chiesa battista
di villa Corridi Marco Morelli e Laila Paganucci. In queste
due occasioni sono seguite le agapi fraterne a cui hanno
partecipato amici, parenti, simpatizzanti e un membro del
Centro cristiano pentecostale di Livorno. Nei due culti,
presieduti dal past. Mario Del Nista, sono scesi assieme ai
battezzandi rispettivamente Ennio Weatherford e Anna
Mastrodicasa: la scelta è stata decisa nei due venerdì precedenti dopo la riunione di preghiera indetta dalla comunità per interpellare lo Spirito Santo proprio su chi debba
essere indicato a compiere 1 atto pratico. Così la chiesa ha
gioito, ha reso grazie al Signore confermando l’esclusiva
gloria che gli appartiene. All’uscita dalla vasca al fratello e
alla sorella che il Signore ha aggiunti alla chiesa, sono state
imposte le mani da tre membri a nome di tutti, chiedendo
allo Spirito Santo la potenza occorrente per l’inizio della loro nuova esistenza nel Signore, (m.d.n.)
Le chiese evangeliche e l'otto per mille dell'Irpef
[Piiivilegiati i progetti umanitari e sociali
0
e
bambini!
particolari
agnati dal'
patica stointrapreC'
hanno al
:artellon*
lini cheiD'
•mato nn
zi hann»
era contn
;gri canti*
scritte
li consue
lei culto,*
do saluW'
m picco'“
nno coO'
scuola dougurio d
presenz*
omunitd'
Sono quattro le chiese eIvangeliche che, in base alle
relative Intese stipulate con
lilflo stato italiano, usufruisco¡00 dei proventi dell’otto per
Itnille dell’Irpef. I fondi vengono erogati retroattivamento dal ministero del Tesoro
ontrolafine di giugno.
^ Tavola valdese, in base
o'I’lntesa stipulata nel 1993,
ottiene quest’anno per la
terza volta i proventi relativi
f otto per mille. Nel 1998 il
'0>5% dei fondi (3.280 miliooi) sono stati destinati a progetti relativi all’Italia: il 29,5
(1.370 milioni) per progetti
ed estero. «La gestione dell’
etto per mille della Chiesa
oldese è caratterizzata dal
•? ohe tutti gli importi distribuiti sono stati spesi per
Ptogetti assistenziali, ciae culturali - ha ricordato
tuno Ricca, membro della
Oinmissione otto per mille
®da Tavola valdese, nel cor?' un’intervista per la tra“tissione televisiva «Protel^tesimo» (Raidue) andata
. eh^e il 30 maggio -. Non
. diira è stata spesa per il
ontamento dei pastori e
j, 'Ohi 0 per la costruzione
locali di culto, perché è no® principio fondamentale
questo tipo di spese debjOesere sostenuto dalla lisofferta dei fedeli». I fonD®ho assegnati in base a
Sgotti specifici, anno per
^0. Le richieste, esaminate
^ Apposita Commissione
j^Per mille, vengono poi
T^^'^ate dalla Tavola valde® infine sottoposte al vaSinodo. La Tavola
dose collabora sia con or
ganizzazioni protestanti che
laiche: ad esempio con l’associazione laica Naga (medici e operatori sanitari), svolge
progetti a favore di nomadi,
migranti e rifugiati. In Mada-gascar ha sostenuto quest’
anno un progetto in collaborazione con il Wwf a favore
delle foreste equatoriali e di
educazione al rispetto dell’ambiente.
I fondi dell’otto per inille
destinati all’Unione italiana
delle chiese cristiane awentiste del 7“ giorno (Uicca) vengono impiegati esclusivamente per attività umanitarie
e culturali. Da anni la Chiesa
awentista è impegnata riel
settore sociale, con la realizzazione di progetti di cooperazione e sviluppo e di emergenza e soccorso. I fondi relativi al 1998 (4.706 milioni)
sono stati usati per finanziare
progetti in Italia (2.922 milioni) e all’estero (1.761 milioni). In Italia la Fondazione
Adventum si propone di sostenere le famiglie colpite
dall’usura: nel 1998 sono stati
risolti 122 casi. Il «Progetto
Airone» promosso dalla Lega
vita e salute è interamente
dedicato a bambini e adolescenti in situazioni familiari e
sociali difficili. Nei paesi in
via di sviluppo la Chiesa avventista gestisce progetti
agricoli, idrici, alimentari, di
alfabetizzazione, prevenzione e cura sanitaria.
Anche le Chiese evangeliche «Assemblee di Dio in Italia» (Adi) utilizzano i proventi
dell’otto per mille esclusivamente per finanziare progetti
a carattere sociale e umanita
rio. «Le Adi svolgono la loro
missione a carattere evangelistico, sociale e umanitario
verso tutti, senza discriminazione di religione, di lingua e
di razza», si legge nel resoconto dell’utilizzo dei fondi
del 1998. Il «Servizio evangelico di assistenza sociale», diretto dalle Adi, sostiene programmi di aiuto alimentare,
medico e sociale in Africa,
Asia, America Latina, Europa
dell’Est (2.302 milioni nel
1998). Un investimento eccezionale è stato fatto quest’anno a favore dei profughi del
Kosovo nei campi dell’Albania e della Macedonia. Al momento sono state inviate 210
tonnellate di aiuti di prima
necessità, alimenti, indumenti. In Italia nel 1998 le Adi
hanno impiegato 4.707 milioni per sostenere progetti che
vanno dalle case di riposo per
anziani, a centri di riabilitazione per tossicodipendenti,
al sostegno della Missione
evangelica contro la lebbra.
Circa 35.000 contribuenti
italiani hanno scelto di devolvere la quota dell’otto per
mille alla Chiesa evangelica
luterana in Italia (Celi), che
riceverà quest’anno per la
prima volta i proventi dell’otto per mille dell’Irpef, in
base all’Intesa stipulata con
lo Stato italiano nel 1995. Un
terzo dei proventi verrà impiegato per progetti sociali,
assistenziali, umanitari e
culturali delle comunità della Celi, un terzo per il sostentamento dei ministri di culto, un terzo per progetti sociali e di evangelizzazione
della chiesa. (nev)
Convegno alla Chiesa battista di Bari
Una nuova Fdei per il 2000
VIRGINIA MARIANI
Domenica ii giugno
nella chiesa evangelica
battista di Bari si è svolto un
importantissimo convegno
del Movimento femminile
evangelico battista (Mfeb) e
della Federazione donne
evangeliche in Italia (Fdei)
sul tema «Una federazione
rinnovata verso il 2000». Il
convegno, oltre alla partecipazione delle Unioni femminili di Puglia e Basilicata, ha
visto anche la partecipazioni
di alcune giovani: infatti,
dallo scorso congresso, la
Fdei ha instaurato un ponte
di collegamento con la Federazione giovanile (Fgei), tramite l’attuale segretaria regionale, con l’intento di collaborare e portare avanti comuni temi di riflessione, e di
curare incontri di confronto
e condivisione.
La mattinata, dopo il saluto iniziale della segretaria regionale del Mfeb, Maria Secci, e di Pinuccia De Crescenzo, segretaria della commissione del «Decennio ecumenico delle chiese in solidarietà con le donne», ha visto
l’intervento della coinvolgente Doriana Giudici, presidente Fdei, che ha fatto una
panoramica sull’attuale sta-to della Federazione, la cui
presenza in Puglia è molto
forte, e ha anche presentato
il prossimo incontro delle
donne del Mediterraneo a
Barcellona.
Dopo alcuni interventi (c’è
da dire che il convegno ha
visto la partecipazione di
numerosi uomini e diaconi
delle comunità presenti), la
parola è stata data alla storica Bmna Peyrot che nel suo
intervento dal titolo «Memoria delle donne, le scritture e
gli archivi», ha incitato a raccogliere e appuntare tutto
quanto è possibile sulle memorie individuali e collettive
delle donne alle quali, in memoria di Miriam Castiglione,
verrà dedicato un settore
dell’archivio valdese di Torre
Pellice.
Interessante e stimolante è
stato anche l’intervento di
Elena Chines, che attualmente sta curando tutte le
Unioni femminili del Sud e
in particolare la diffusioneraccolta dei questionari i cui
esiti permetteranno di organizzare interventi in gruppi,
commissioni e proposte di
lavoro per meglio annunciare l’Evangelo che libera.
Coazze
Appuntamenti
culturali
Prosegue nella seconda
metà di luglio la serie di iniziative culturali organizzate
dalla Chiesa valdese di Coazze. Domenica 18, alle 21, si
tiene un concerto di chitarra
classica eseguito dal maestro
Paolo Garganese organizzato
in collaborazione con la cooperativa «Il ponte» a favore
della scuola popolare «San
Francesco Echeverría». Sabato 24, alle 17,30, invece sarà
presentato il libro Una storia
«a suo modo». La chiesa valdese di Coazze con la partecipazione di Gianni Oliva, monsignor Oreste Favaro e Daniele Tron. Presiede l’incontro
Fon. Giorgio Gardiol. Venerdì
23 inoltre verrà aperta la mostra della pittrice Maurizia Testa, che resterà aperta fino a
metà agosto.
Radio & Televisione
CULTO EVANGELICO: ogni domenica mattina alle 7,27 sul
primo programma radiofonico della Rai, predicazione e
notizie dal mondo evangelico italiano ed estero, appuntamenti e commenti di attualità.
PROTESTANTESIMO: rubrica televisiva di Raidue a cura
della Federazione delle chiese evangeliche, trasmessa a domeniche alterne alle 23,40 circa e, in replica, il lunedì della
settimana seguente alle ore 9,45 circa. Domenica 25 luglio
(replica lunedì 2 agosto) andrà in onda: «Vedi alla voce amore: la questione dell’omosessualità nella riflessione degli
evangelici; Topaza, una casa per sperare; l’esperienza di una
casa di accoglienza per minori a rischio in Madagascar».
FiCn m mmeditrice
J Claudiana
via Princ. Tomaso, 1 - Torino
tei. 011 -6689804 fax 6504394
http://www.arpnet.it/valdese/claudian.htm
18
PAG. 10 RIFORMA
Commenti
VENERDÌ 16 LUGLIO ■
«ì'erdi
Riforma
La sanità del 2000
Daniele Busetto*
Bassa mortalità generale e infantile in particolare, buona copertura vaccinale pediatrica, alta longevità, discreto
grado (medio) di benessere, clima favorevole, alimentazione adeguata (a volte eccessiva) rendono oggi la popolazione italiana sufficientemente «garantita» sul piano della salute, pur con una spesa globale sanitaria tra le più basse in
Europa. Sono queste alcune considerazioni del «Rapporto
1999 sulla salute in Italia», presentato recentemente a Roma dal prof. Giovanni Berlinguer, presidente del Comitato
nazionale di bioetica e medico igienista dell’Università di
Roma. Una situazione che però non è così positiva sempre
e ovunque visto che, di tanto in tanto, finiscono sulle prime pagine dei giornali episodi vari di «malasanità», come
quello inquietante di questi giorni che ha coinvolto il Policlinico romano Umberto 1 (bambini infettati, sale operatorie largamente inadeguate anche sul piano igienico, ecc.).
11 decreto legislativo del 18 giugno scorso («Norme per la
r^ionalizzazione del Servizio sanitario nazionale»), che
giunge dopo la stesura del Piano sanitario nazionale 19982000, ribadisce (art. 2) che: «...il Servizio sanitario nazionale assicura (...) i livelli essenziali e uniformi di assistenza
(...) nel rispetto dei principi della dignità della persona
umana, del bisogno di salute, dell’equità nell’accesso
all’assistenza, della qualità delle cure e della loro appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze nonché
dell’economicità nell’impiego delle risorse». Sono poi più
volte citate (artt. 6, 7 e 8) efficacia, efficienza, appropriatezza delle prestazioni, programmi di ricerca, linee-guida e
percorsi diagnostico-terapeutici, evidenze scientifiche su
cui basare gli interventi e la programmazione sanitari.
In particolare, il decreto prevede molte novità per
quanto riguarda i medici dipendenti (spariscono i dirigenti di primo e secondo livello, ex primari, e nasce un
unico livello articolato in base alle funzioni: dirigente medico, responsabile di unità operativa; scompaiono i primariati a vita; ogni cinque anni c’è una verifica sull’operato di tutti i dirigenti; dal 1° gennaio 2000 per i dirigenti è
richiesta l’esclusività di rapporto con il servizio pubblico
mentre per gli altri medici l’esclusività è ammorbidita,
per esempio salta il «tetto» deUe ore da dedicare alle visite
private per chi esercita la libera professione aH’interno
deUa struttura ospedaliera; U limite di età per il pensionamento sarà portato a 65 anni), i medici convenzionati o di
famiglia (possono esercitare la libera professione ma in
modo regolamentato dalla convenzione; si va in pensione
a 67 anni), l’organizzazione e il finanziamento della sanità (per esempio gli ospedali avranno due remunerazioni diverse per le prestazioni fornite a seconda che siano
«standard» o per «acuti»), e infine c’è la novità dei fondi
integrativi riconosciuti dal Servizio sanitario nazionale,
che potranno essere istituiti da aziende, sindacati, associazioni provinciali. Regioni, enti locali, Onlus e società di
mutuo soccorso, e che potranno fornire prestazioni aggiuntive in centri accreditati dal Ssn stesso.
Tutto bene dunque? Ne esce una sanità «rafforzata» o,
ancora una volta, una pur lodevole dichiarazione di intenti? È lecito essere moderatamente ottimisti tuttavia alle
parole devono seguire i fatti, deve esserci la volontà operativa di tradurre nella pratica quotidiana le enunciazioni di
principio. È una responsabilità che deve essere condivisa,
un «patto di solidarietà» tra chi ha funzioni e compiti
alTinterno del Servizio sanitario nazionale e cittadini che
devono avere fiducia e rispetto delle istituzioni e delle persone deputati alla tutela della salute.
Certo, fiducia e rispetto possono esserci solo se competenza, professionalità e umanità sono l’asse portante di
un’attenzione naturalmente dovuta. Se, invece, pressapochismo, non trasparenza o tornaconti personali di vario
genere prevarranno, avremo una esauriente normativa
che in alcuni punti recepisce il senso e le parole della cultura scientifica più seria e qualificata, ma vi sarà un basso
livello comunicativo tra tecnici e «laici» e, soprattutto, non
vi sarà fiducia né rispetto del proprio Servizio sanitario nazionale, ma solo inciviltà e arroganza.
* medico internista aU’Ospedale San Bortolo di Vicenza
http:illwwiw.riforrtia.it TORINO: Via S. Pio V, 15 -10125 Torino tei. 011/655278 - fax 011/657542 e-mail: redaz@riforma.it; NAPOLI: Via Foria, 93-80137 Napoli - tei. 081/291185 - fax 081/291175, e-mail riforma.na@mbox.netway.it; PINEROLO; Via dei Mille, 1 -10064 Pinerolo tei. 0121/323422 -fax 0121/323831, e-mail: edipro@tpellice.it;
DIRETTORE: Eugenio Bernardini. VICEDIRETTORE PER IL CENTRO-SUD: Anna Maffei. IN REDAZIONE: Alberto Corsani, Marta D'Auria, Jean-Jacques Peyronel, Davide Rosso, Piervaido Rostan (coordinatore de L'eco deiie vaiii) Federica
Tourn, COLLABORANO: Luca Benecchi, Alberto Bragagiia, Avernino Di Croce,
Paoio Fabbri, Fulvio Ferrano, Giuseppe Ficara, Pawel Gajewski, Giorgio Gardioi,
Maurizio Giroiami, Pasquale lacobino, Milena Martinat, Carmelina Maurizio, Luca
Negro, Luisa Nitti, Nicola Pantaleo, Emmanuele Paschetto, Gian Paolo Ricco, Fulvio Rocco, Marco Rostan, Mirella Scorsonelli, Florence Vinti, Raffaele Volpe,
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REVISIONE EDITORIALE: Stello Armand-Hugon; GRAFICA: Pietro Romeo
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^ ordinario: L. 105.000; ridotto: L. 85.000; semestrale: L. 55.000;
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1998
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periodica italiana
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Riforma è il nuovo titolo della testata La Luce registrata dal Tribunale di Pinerolo con il n. 176 del 1® gennaio 1951. Le modifiche
sono state registrate il 5 marzo 1993.
Il numero 28 del 9 luglio 1999 è stato spedito dall'Ufficio CMP
Nord di Torino, via Cebrosa 5, mercoledì 7 luglio 1999.
Una riflessione comune delle chiese di Milano
Eutanasia e suicidio assistito
Il documento inviato alle chiese dal Sinodo 1998 è stato
apprezzato ma si sono individuate anche alcune lacune
SERGIO BROFFERIO
IL documento «Eutanasia e
suicidio assistito» inviato
dal Sinodo 1998 alle chiese è
stato discusso da due gruppi
di studio (nella fase finale
confluiti in uno solo) delle comunità battiste, metodiste e
valdesi di Milano in vista del
dibattito al prossimo Sinodo.
La discussione si è orientata
anche verso argomenti trattati
solo marginalmente dal documento. Si è dedicata particolare attenzione alla vita relazionale e psicologica e cioè alle relazioni fra il malato, i parenti, il medico e il pastore. Il
documento, apprezzato per la
sua chiarezza, ha rilevato alcune lacune e imprecisioni
che è utile evidenziare.
Poiché si tratta di un documento etico è necessario ricordare alcune specificità del
nostro approccio come l’importanza del senso di responsabilità, il rifiuto della sofferenza come strumento di salvezza, le problematicità sulla
sacralità della vita e sulla
bontà della natura. Ciò è importante in quanto nel nostro
paese si dà per scontato che la
sofferenza ha una valenza salvifica, che «dobbiamo offrire
le nostre sofferenze a Gesù».
Altrettanto fondamentali
sono i problemi psicologici ed
esistenziali della morte, del
morire e del vuoto lasciato nei
sopravvissuti per cui le considerazioni etiche e pastorali
poste alla fine del documento
(sezione 5) andrebbero sostanzialmente anticipate così
come alcuni punti della sezione 4 (la ricerca di orientamenti). Anche le considerazioni
sulla differenza fra vita biologica e vita biografica e sulla
problematicità dell’eutanasia,
presentate nel documento
della Tavola valdese del 1977
sulla Bioetica (sezione 11
punto 76) non sono state riprese e approfondite.
La differenziazione fra eutanasia attiva e passiva è cavillosa e nella realtà clinica
inapplicabile: infatti in molte
situazioni è il non intervento
del medico a far sopraggiungere la morte in modo irreversibile. L’eutanasia va esaminata caso per caso e non
essere una casistica più o
meno complicata di soluzioni in quanto al centro dell’attenzione ci deve essere sempre la persona umana. Si può
cercare di dare solo indicazioni generali che tToveranno
applicazione nei casi specifici. Per cominciare si potrebbe prendere a modello, almeno in via ipotetica, la prassi
operativa prevista dalla legislazione olandese.
La dignità dell’essere umano malato e delle persone a
lui affettivamente più vicine
deve essere al centro delle dinamiche relazionali e struttu
UN sacerdote cattolico,
che a più riprese aveva
già criticato la nostra trasmissione, insiste nella sua corrispondenza, che sembra mossa da uno spirito di crociata.
Mi sembra uno stile e un contenuto ormai superati, ma il
nostro ascoltatore ci tiene a
farci sapere quel che pensa e
noi lo accontentiamo. Ascoltate e giudicate con serenità.
«Non vi siete ancora accorti, cari fratelli e care sorelle,
di essere fuori strada? Siete a
Roma e non vi siete ancora
accorti che da 2.000 anni c’è
il Papa, Vicario di Cristo? Voi
siete sbandati, perduti, senza
autorità legittima, senza vera
eucarestia, senza molti altri
sacramenti. Con quale auto
rali ma nel documento, per
esempio, manca un richiamo
alle varie figure che maturano
sul campo le proprie posizioni essendo a contatto quotidiano con il malato terminale:
i parenti, i medici, gli infermieri, i cappellani e altri operatori. Ogni figura che interagisce con il malato lo fa da
punti di vista che differiscono
quantitativamente, ma non
qualitativamente; in particolare il coinvolgimento delle
persone affettivamente vicine
al malato è molto critico e pesante: da una parte la compartecipazione è necessaria,
ma insufficiente per aiutare
efficacemente.
Dal punto di vista cristiano
si vorrebbe incontrare l’essere umano nel suo bisogno
ascoltandolo: lenire la sofferenza (ungere il malato, Giacomo 5, 14), dare il conforto
di cui ha bisogno. La terapia
medica è la componente farmacologica della terapia globale alla malattia che include
altre componenti: psicologiche, sociologiche e tante altre
ancora. Nella cura pastorale
si dovrebbe ricordare che il
pastore non può fare altro
che ascoltare il malato. L’interazione del pastore con il
malato può anche avvenire
all’interno dell’equipe e in
particolare attraverso U medico, ma ciò richiede un’evoluzione della concezione etica
delle professionalità: più preparate e quindi più aperte
verso altre professionalità,
verso il malato e le persone a
questo più vicine. Su questo
punto il documento dovrebbe essere più esplicito.
Per quanto riguarda il suicidio assistito si confuta l’affermazione che non si può imporre l’obbedienza a valori
non condivisi (come il non
voler pagare le tasse se il governo prende iniziative non
condivise); infatti questa affermazione può portare a
estremi paradossali e a un
individualismo pericoloso.
Si condivide la necessità di
un’educazione alla responsabilità in particolare per quanto riguarda il consenso terapeutico che deve coinvolgere
anche il senso di responsabilità del medico. Il documento
dovrebbe quindi suggerire
una linea mediana che evidenzi, oltre alla libertà dell’individuo, le sue componenti di
relazionalità, cioè il valore
della vita biografica. Una situazione più difficile si ha
quando il malato non è in
grado di partecipare alla scelta per cui la responsabilità
non può che ricadere sulle
persone dalle quali egli dipende totalmente.
Uno degli scopi del documento è contribuire al dibattito legislativo: è perciò necessario evidenziare anche le
problematiche assistenziali
iSHiiSISìPliiSi
ed economiche. Maggiore attenzione andrebbe dedicata
ai problemi sollevati dai vincoli economici e derivati, che
medici e operatori hanno normalmente presenti e potrebbero fare parte di un documento con dichiarati intenti
etici. Si dovrebbe quindi insistere sulla necessità di sostegni sociali alle famiglie con
malati terminali e sulla realizzazione degli «hospice».
Desideriamo infine fare
presente due punti che andrebbero modificati. Al paragrafo 1.6 sarebbe bene precisare che l’Organizzazione
mondiale della sanità usa la
quantità di morfina utilizzata
in ogni stato come parametro
per monitorare l’effettiva assistenza ai malati terminali.
Inoltre al paragrafo 3.5 pare
che il senso della vita (e cioè il
suo «valore» intrinseco) dipenda principalmente dalla
professionalità della persona,
mentre sembra più corretto
affermare che senso della vita
e relazionalità dovrebbero essere modulati in funzione della sua situazione contingente.
Il gruppo di studio suggerisce che un documento sulla
eutanasia e il suicidio assistito, prodotto da una chiesa,
potrebbe qualificarsi sui seguenti temi:
a) la sofferenza e la cultura
che ne può derivare. La problematica legata alla concezione della sofferenza come
valore, o comunque il fatto
che la sofferenza non possa
essere eliminata, dovrebbero
essere i primi «bersagli» del
documento, prima ancora di
affrontare il tema della morte;
b) la capacità di affrontare
situazioni specifiche senza ricorrere a impossibili criteri
universali. Dovrebbe essere
evidenziato che l’eutanasia
non deve essere demonizzata,
ma neppure considerata come «la» soluzione. Come nel
caso dell’aborto, non si tratta
di qualcosa di positivo, ma
l’accento deve essere posto
con forza sulla differenza tra
vita biologica e vita relazionale (biografica);
c) la necessità di un’apertura al lavoro di équipe e quindi
di una nuova visione della
formazione professionale più
globale anche a scapito della
specializzazione. In questo
quadro rientra anche l’esame
della persona come individuo
prima che come malato, e con
lui la sua famiglia, denunciando certi valori mediati dalla
società che dipingono l’essere
umano solo come una persona sana, di successo, in piena
forma ed efficienza, eccetera;
d) la richiesta di idonee forme legislative e di una loro efficace applicazione. Le cure
palliative, la terapia del dolore
per i malati terminali, gli stessi hospice sono poco o per
nulla operativi in Italia.
( j A'- s
ijOli"]']; £) il] d/!Jlj]il'Ìil
EUGENIO RIVOIR
rità i vostri pastori (che sono
semplici uomini) si permettono di commentare la Bibbia, soprattutto il Vangelo? Vi
sento tutte le domeniche e
mi fate tanta compassione.
Solo agli apostoli e ai loro legittimi successori il Papa e i
vescovi cattolici Gesù ha detto; “andate e insegnate! Chi
crederà sarà salvo! Chi ascolta voi ascolta me! Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa”. Esiste
una sola chiesa vera e autentica: quella cattolica apostolica romana. Tutte le altre,
compresa la vostra, sono fasulle, fuori della verità e dell’autenticità. Deponete il vo
mmfm\
‘ 3»» r
^1
i6u
^líSszzsBaláB^t '"'Il ti
«««Me : ........ ' I
.. Í
Manine
L'otto per mille
delle donne
Sarebbero le donne a
sare in maggior misura 1’^,
per mille alla Chiesa catti
ca. Lo riferisce Mimmo N
olo (2 luglio), che riferisce
un’indagine condotta da
Eurisko su un campione
2.000 contribuenti, condì
per conto del Servizio
per la promozione del so;
gno economico alla Chi
«Stando ai dati diffusi
dallo stesso Servizio (.
scrive - risulta, infatti, c
nel 1998 le donne hanno 1
mato per la Chiesa cattoliì
nell’88,6% dei casi. Oltre
punti percentuali in pi
dunque, rispetto all’83,2
della media nazionale, G
uomini, invece, hanno fimii
to per la Chiesa cattolicait
78,2% dei casi». L’artico!
prosegue commentando da
«tra le ragioni che giustifica
^t“va ot
il fosse
no la più alta partecipazioiiÉ
del cosiddetto “sesso debole'
c’è, secondo una nota difitisa p
S>r
ai giornalisti, “una loro i;,, i fcrst
giore attenzione alla solida
rietà e una più forte consapevolezza che, grazie alla propria firma, è possibile sostenere tante iniziative della
Chiesa, in Italia e nel Terzo
Mondo, a favore dei pi deboli, dei bisognosi e della società intera”». «Lo confeima
il fatto - precisa Muoio - che
questa motivazione è stata
fornita dal 53 per cento de|
donne e “solo” dal 46pe|
cento degli uomini».
3H3ttf®aB8fni
La Bibbia e le armi )
Filippo Di Giacomo dedica ’
ai pentecostali (6 luglio)®
pezzo intitolato; «Usanola
Bibbia come un’arma».«S
credono cristiani - scrive-.
In realtà, della tradizioni
apostolica rifiutano tutto,
compreso il battesimo. I pen
tecostali rappresentano uni
delle punte estreme della ta
dizione evangelista [sicl-S’
amate il cinema americano,,
sapete già di cosa si tratta: li
Bibbia interpretata alla lette
ra e i testi sacri schieratif
battaglia contro tutto quell«'
che si oppone al “Verbo”»-f
poi: «Le radici dei pentecostali hanno il loro humUl
nell’Inghilterra della Rifof
ma». Seguono una trattaziO'
ne del dibattito su trinitari'
smo e antitrinitarismo nei s^'
coli e un accostamento al|
battisti e anabattisti radicaiij
Verso la conclusione si affeL
ma; «In Italia (...) non è la
ma volta che il trapasso d**
un cattolicesimo magico-U''
tuale al fondamentalismo bi'i
blico scatena una violenz^i
arcaica e im motivata». i
-Gmo
'dhset
Suine d
'^una»
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posizii
silo orgoglio. 1 leni Mie neltó)|
Chiesa cattolica, ripreiuienW
il vostro posto più sicuro I
più autentico. Pregherò p®i
'cnc :
voi e per i vostri cari, Pf
possiate aprire gli occhinalmente. Meglio tardi cn
mai! Non è mai troppo tardAuguri di buon anno santo
di vera, sincera conversione»Come il solito, non vogl'*
mo togliere la parola a colo
che ci scrivono, lasciamo *
si esprimano e dicano la lof_
Quest’opi, non commenti
mo minimamente. Lasciai»
che commentino gli usco
tatori, ognuno come crede.
(Rubrica «Parliamone
delia trasmissione «Culto ev
gelico» curata dalla Fcei anait
in onda domenica 11 lugW
19
ÜjQ l9L,ppntJ 6 LUGLIO 1999
í®MÍ
PAG. 1 1 RIFORMA
Riforma» e le posizioni ufficiali delle chiese evangeliche
juI dramma del Kosovo non si possono
ffisminuire le responsabilità dei serbi
re
nille
ne
®®y| direttore)
^0 ancora una volta dolermi ed esprime»p prave dissenso su un certo modo di fare
nformazione su Riforma a proposito della
iiprra nei Balcani. Nella sua risposta alla
milizie serbe contro l’Uck o quella dei bombardamenti Nato?), che differenza fa ai fini di
un giudizio sul regime di Milosevic se 0 genocidio sia iniziato prima o dopo? Ne verrebbe
attenuata forse la responsabilità e potremmo
-fa'rSS dì qVdcL sL3naS m qualche modo giustificarlo? La responsabi
•aSS“ à SSSé iS IKàVebbe da suddividere 1„ pani uguali tra
sre sull’argomento, lei affermava che
®ural’ot p un organo delle chiese valdesi.
---01 fjfyj-ma è un organo delle chiese valdesi,
sa catto „Modiste e battiste e che quindi rispecchiauimo m “I posizioni espresse ufficialmente nelle
iferisce^ iP assemblee. Vorrei sapere se lei ritiene
otta daE aoche l’articolo di Maurizio Girolami,
nr>i"""' jbblicato il 25 giugno, rispecchia la posi-,
¿ne ufficiale delle chiese. L’articolo, scritto
^rse quando le testimonianze dei massacri
in Kosovo non erano state sufficientemente
•certate, è stato però pubblicato quando si
ormai ampia notizia del ritrovamento
li fòsse comuni che ne dimostravano inetìvocabilmente la verità.
Si veda infatti nella stessa pagina la rubrica
Ito radio» del pastore Bensi. Non si può
care un principio di equidistanza e imlàiità con la pubblicazione di entrambe
psioni, perché una (quella del pastore)
,,„,isa sulla verità dei fatti, l’altra la distorce,
ijtondo questo articolo infatti viene ancora
la in dubbio persino la veridicità sulla
la etnica attuata da Milosevic: «Lunga
^ l’antologia di menzogne inventate
^nostro secolo per far aderire l’opinione
gSltìfcà alla guerra (...). Certo, seppure la
fifeetnica in Kosovo fosse cominciata primja guerra l’ha agevolata e amplificata»,
fbrse è il caso di ricordare che la pulizia
un programma di totale evacuaizioneitì intere zone da parte di etnie diverse.
Ili significa dunque che questo programma
è#to agevolato e ampliato? Al massimo può
a^e stato accelerato. Poi, ammesso e non
apesso che la pulizia etnica sia iniziata do¡»i’inizio della guerra (ma quale: quella delle
npione
I condoi
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del SOS,
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ei più de3 della 80conierma
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;ta
fiato Cianci,
à,iìsenta pure tranquillamente dalla rifles^ne di Maurizio Girolami che rappresenta
wna» posizione e non «la» posizione delle
nosdechiese e di Riforma.
Cóm ho già cercato di spiegare il 14 maggio nella mia risposta a una sua lettera precedente, Riforma cerca di rappresentare quanto
ù fa, SI dice e si pensa nell’ambito delle chiese
battiste, metodiste e valdesi e anche delle altre
chiese sorelle e delle istituzioni ecumeniche
nazionali e internazionali. Non per questo è
i im «organo ufficiale» nel senso inteso dei
I giomali di partito in cui un dirigente, o un
orgfuiismo politico centrale, stabilisce che cosfl a‘ debba pubblicare e come. Nessun moderatùre o presidente di una nostra chiesa o di
nn altro organismo ecclesiastico sostituisce
la Nato e Milosevic, come se ci fosse uno
stretto rapporto di causa-effetto tra ì bombardamenti Nato e la pulizia etnica? E perché
mai Milosevic avrebbe dovuto iniziare i massacri solo dopo l’intervento Nato, aggravando
così la sua posizione? Dunque se Riforma è
l’organo ufficiale delle nostre chiese e ne rappresenta le posizioni (ma spero che non sia
così, almeno in questo caso), ha un bel protestare il past. Tomasetto per rarticolo del Corriere della Sera che ci accusa di silenzio di
tomba sulle fosse comuni {Riforma del 2 luglio). Le nostre chiese farebbero di peggio:
mettono in dubbio che esistano (chissà perché, ma mi vengono in mente le «revisioni
storiche» su altri stermini).
Quando parliamo poi di testimonianza
evangelica, ricordiamocene: l’immagine della chiesa che diapro airesterno dipende
quassi esclusivamente dalle nostre posizioni
concrete su questi problemi, e non dalle dotte disquisizioni teologiché che interessano
solo pochi addetti ai lavori (sono il primo a
dolermene, perché ritengo che la visione
teologica incida direttamente sulla visione
della vita e sull’etica; ma purtroppo è così).
Io stesso, dopo aver ritenuto inevitabile in
un primo momento l’intervento Nato, me ne
sono dissociato in seguito alle gravi e inanimissibili conseguenze per la popolazione civile. Però certe affermazioni mi fanno ancora
rabbrividire, specialmente se lette su un settimanale evangelico.
Aldo Cianci
Polizzi Generosa (Pa)
quelle delle assemblee e dei vari organismi
ecclesiastici che, però, vengono sempre pubblicati comò tali, non come «opinioni» di
qiuzlcuno; tutto il resto è commento, dibattito, opinione più o meno personale (redattori
e collaboratori di Riforma compresi), e tutto
ciò viene pubblicato, a seconda delle caratteristiche, o nella pagina dei commenti o in
quella della posta dei lettori. L’articolo di Girolami rappresenta una posizione aWintemo
di un dibattito aperto e sofferto, pèr questo lo
abbiamo pubblicato nella pagina dei commenti. Mi chiedo sempre pm spesso se la passione, molte volte polemica, che esprimono
tanti evangelici non ci impedisca di cogliere
ciò che è essenziale e che è molto più condiviso di quanto possa sembrare a prima vista,
sia nelle questioni teologiche sia in quelle po
m altro organismo ecclesiastico sostituisce oim
quella che èia responsabilità specìfica dei re- litiche, e forse anche sul dramma delle popodattori e del direttore in particolare: cioè la lozioni dei Balcani.
pubblicazione di un settimanale evangelico
àie segua gli orientamenti che assumono le
nostre assemblee, sinodi, conferenze, organismi vari, che informi e faccia anche crescere
bi riflessione comune delle nostre chiese.
La prima pagina del nostro settimanale,
<dtre che toccare gli argomenti di maggiore
attualità, deve rappresentare il più possibile
gli orientamenti delle nostre chiese; le uniche
posizioni «ufficiali» che pubblichiamo sono
In questo la Federazióne delle chiese evan
geliche in Italia e il suo Servizio rifugiati e ini
granti hanno saputo esprimere bene l’uriità
degli evangelici italiani dicendo parole chiare
e mostrarido solidarietà concreta per tutte le
vittime della piolenza, prima e dopo i bombardamenti Nato. Perché, come ci insegna
Gem, non solo chi dice «Signore, Signore...»,
cioè esprime posizioni teoricamente giuste, fa
la volontà deÌPadre. (e.b.),
i Tra guerra e
azione di polizia
Condivido l’articolo di
Maurizio Girolami «Kosovo,
la guerra era evitabile» (numero del 25 giugno), ma vorrei discutere l’affermazione
«La guerra non ci abbandonerà poiché è una tendenza
intrinseca alla natura umana,
come l’egoismo individuale o
collettivo». A me pare che la
guerra non sia semplicemente l’egoismo, il male del cuore umano, il peccato, la violenza, l’omicidio, ma una
istituzione storica che struttura tale male in modo non
solo da stabilirlo e consolidarlo, ma addirittura da giustificarlo, onorarlo, glorificarlo, santificarlo! È quello che
tutti vediamo nella storia, fino al presente. Non è solo
l’omicidio, ma la sua organizzazione scientifica, tecnologica, politica, culturale; l’uccidere come uno dei mezzi
d’azione del potere.
Eppure la guerra in quanto
tale (non il male che è nell’
uomo) come ha un’origine
storica (con la città-stato, dicono gli antropologi, verso il
6000 avanti Cristo), così può
avere una fine storica. Il diritto internazionale nato nel
1945-48 (Carta dell’Onu, Costituzione italiana. Dichiarazione dei Diritti umani) ha lo
scopo di abolire l’istituzione
guerra. Tale grande obiettivo
è stato impedito nei decenni,
fino a questi giorni, dalle potenze (ora dagli Usa) che non
sopportano una legge «panumana» sopra la propria potenza arbitraria.
Quando l’uso della forza è
davvero necessario, deve trattarsi di azione di polizia, non
di guerra. La differenza è di
sostanza, di fini, di etica. La
polizia, se è corretta, riduce la
violenza, arresta ma non distrugge il delinquente. Nella
guerra, per vincere, si deve diventare più violenti del nemico. Senza entrare in questioni
teologiche o antropologiche
sulla natura buona o cattiva
dell’uomo, possiamo dire che
i comportamenti dipendono
molto dal tipo di cultura e
istituzioni in cui le persone vivono. Se lasciamo che l’istituzione guerra venga rilegittimata e onorata, sembreranno
inevitabili, senza alternative,
le soluzioni violente, omicide,
delle controversie. Se invece
sviluppiamo la cultura e le
istituzioni pacifiche, sarà possibile la soluzione civile, politica dei conflitti anche acuti. È
questa una realtà storica troppo ignorata, e una possibilità
più ampia di ciò che viene fat
to apparire. Quest’ultima
guerra atlantico-europea ha
un’eccezionale gravità in
quanto eversiva, poiché, per
esplicite dichiarazioni della
Nato, intende ristabilire la
sovranità della forza militare
sul diritto cosmopolitico delle Nazioni Unite. È da smascherare questa operazione
penetrante nelle menti, perché l’ingiustizia si è rivestita
di giustizia abusando di un
giusto motivo per imporsi.
Enrico Peyretti-Torino
I commenti
di «Riforma»
1».
Nella collana «Lutero: Opere scelte» è uscito il n. 8:
Martin Luterò
Contro i profeti celesti (1525)
sulle immagini e sui sacramenti
a cura di Alberto Gallas
384 pp., L. 42.000, Euro 21,69, COd 294
In questa opera Lutero polemizza vivacemente con il liformatoCarlostadio, già suo amico e
collaboratore. Lutero lo combatfa con grande lucidità e vigore,
Pfssentandolo come succube
«lell’altrui influenza. Quest’opera
^ tíüscita ad arginare la diffusioqa del pensiero dì Carlostadio
con effetti che arrivano fino ai
9iorhi nostri.
VIA PRINCIPE TOMMASO,T - 10125 TORINO
TEL: 011 /668.à8.04 - FAX 011/650.43.94 - C.C.P. 2076010Z
Hitp://w«irw.Arpnet.lt/~valdese/clau(iian.htm
confiv
7/8
LUGLIO-AGOSTO 1999
Balcani
Forum con Franzoni, Luzzato, Marcon, Spini
Società
«Ordine e legalità». Sinistra incerta
Buddismo
Vita da monaci
Ecumenismo
Verso un Forum delle chiese cristiane. Forse
Sviluppo
L’economia legale crolla, le mafie crescono
Confronti', una copia Ere 8.000; abbonamento annuo lire 65.000;
(sostenitore lire 120.000 con libro in omaggio). Versamento sul ccp 61288007
intestato a coop. Con» Nuovi Tempi, via Firenze 38,00184 Roma.
Chiedete una copia omagsio telefonando allo 06-4820508, fax 4827901,
(indirizzo Internet: Http;//heila.stm.it/market/sct/home.htm)
Signor direttore,
da un po’ di tempo ho l’impressione che il livello dell’editoriale e dell’articolo di
commento a pagina 10 di
Riforma siano in sensibile
peggioramento, quali che
siano gli argomenti trattati.
Tali articoli dovrebbero dare
una linea chiara e lineare degli argomenti trattati, ma non
sempre ciò si verifica. Per
esempio, sul n. 26 del 25 giugno, forse distratto dal pensiero del nonno dell’autore
dell’editoriale, devo confessare che non ho capito che
cosa lo scrivente volesse dire,
salvo il fatto che bisogna essere preparati e rassegnati a
essere avvelenati dai cibi che
mangiamo e mangeremo:
non mi sembra un concetto
fondamentale da meditare.
L’articolo di fianco sul Kosovo, pur avendo alcuni brevi
concetti condivisibili, riporta
molteplici inesattezze già sentite e già confutate. Ricordo
l’Assemblea-Sinodo del 1995
fra battisti, metodisti e valdesi
quando il fatto del riconoscimento politico da parte della
Germania, dell’Italia e dei Vaticano all’indipendenza della
Croazia come causa principale, se non unica, della guerra
fra Croazia e Serbia venne inserito in un ordine dei giorno
che venne poi criticato e completamente rifatto tralasciando simili teoremi. E perché i
cechi e gli slovacchi quando si
separarono non si massacrarono fra di loro come è successo nell’ex Jugoslavia? Ho
l’impressione che generalmente gli articoli sull’ex Jugoslavia dimenticano la storia,
non quella del 1300, ma quella di questo secolo che, se conosciuta, spiegherebbe tante
cose senza aggrapparsi a errate elucubrazioni.
E delle mine, plausibilmente messe dai serbi, nessuno
ne parla più, e delle fosse comuni, forse la responsabilità
è congiuntamente delle forze
americane e italiane? Chiudo
con la pagina 12, sempre dello stesso numero, dove vi è
una fotografia la cui didasca
lia mi sembra completamente errata; «Le truppe Nato arrivano, 1 serbi del Kosovo se
ne vanno», ma le due colonne, una che viene e l’altra che
dovrebbe andare, vanno stranamente nella stessa direzione: inoltre le «truppe Nato»
sembrano autocarri o russi o
serbi che inalberano una
bandiera a bande orizzontali
(russa o jugoslava).
Mi scuso per queste osservazioni, fatte tuttavia con lo
spirito di massima collaborazione: ma amerei che «Riforma» fosse di qualche gradino
migliore dei soliti giornaletti
di parte: articoli concisi, semplici e chiari con i concetti base in chiara evidenza. Le fonti
di informazioni sono ormai
diversissime, e tutti possono
farsi un’idea chiara di ciò che
avviene nel monc'o.
Italo Artus-Martinelli
Crema
Chi blocca
l'ecumenismo
Caro direttore,
riporto quanto ascoltato
per radio in un dialogo tra
due sacerdoti cattolici il 6 luglio scorso, poco dopo le ore
19, dalla onnipresente Radio
Maria. Si parla di ecumenismo, dei protestanti in gerierale e del professor Paolo Ricca in particolare.
Il problema: l’ecumenismo
è bloccato sui temi mariani. Il
motivo: Paolo Ricca e 1 pastori protestanti in generale (si
fa riferimento a un non meglio specificato incontro ecumenico al quale ha partecipato il professor Ricca) noti
sanno leggere il Vangelo di
Giovanni, hanno paura di
leggerlo come si deve e non
capiscono il ruolo di Maria’
come corredentrice attiva del
mondo. Qucdcosa l’hanno già
capita, ma non basta: bisogna che 1 pastori protestanti
si sforzino di più, anche se
pare che non ne abbiano intenzione. I due (uno in particolare) ritengono che non si
possa parlare con certa gente
che non cerca un accordo.
Complimenti, anche per il
tono della voce, agli ecumenici sacerdoti che ci lasciano
pigolare le briciole del loro
profondo sapere.
Stefano Frache
Pietra Ligure (Sv)
Laurea
Il 7 luglio Evangelina Incelli
si è laureata in Pedagogia, alla
facoltà di Magistero dell’Università di Verona, discutendo
la tesi Martin Lutero tra teologia e pedagogia, con ottima
votazione (110). Relatore il
prof. Aldo Bergamaschi.
RINGRAZIAMENTO
«lo abiterò nella casa del
Signore per lunghi giorni»
Salmo 23,6
Le chiese metodiste di Alessandria e Bassignana sono vicine
a Hilda Corteila per la perdita del
marito
Teresio Fiorini
di anni 83
Alessandria, 1- luglio 1999
RINGRAZIAMENTO
«Il Signore è il mio pastore
nulla mi mancherà»
Salmo 23, 1
La moglie, Anna Gai, la sorella
Frida e i familiari tutti del caro
Ruben Armand Bosc
di anni 79
riconoscenti e commossi per l’affetto dimostrato con la presenza,
parole e scritti, ringraziano II personale dell’Ospedale valdese di
Torre Pollice, il pastore Bruno Rostagno, l’Esercito della Salvezza
di Torre Pellice e gli amici tutti.
Torre Pellice, 9 luglio 1999
RINGRAZIAMENTO
«Il Signore è il mio pastore
nulla mi mancherà»
Salmo 23,1
Il figlio, le figlie e i familiari tutti
della cara
Elena Rivoire ved. Davit
commossi e riconoscenti, ringraziano tutti coloro che con presenza, fiori, scritti e parole di contorto
hanno preso parte al loro dolore.
Un ringraziamento particolare
ai dottori Ghirardi e Grindatto, alla
corale valdese di Torre Pellice e
al pastore Bruno Rostagno.
vaiar Pellice, 15 luglio 1999
AI LÈTTORI
Il nostro settimanale non
pubblica lettere anonime.
Sono tali anche quelle che
non riportano l’indirizzo
Completo (che ovviamente
non pubblichiamo) o ne riportano uno di fantasia.
Fate dunque attenzione e,
soprattutto, siate brevi.
20
PAG. 1 2 RIFORMA
i)ALE
VENERDÌ 16 LUGLIO 199g j ^
=== .
Viaggio da /Viottola a Tirana per consegnare vestiti ai profughi kosovari
Toccata e fuga^ trentaseì ore in Albania
«Ci è. rimasta impressa un'immagine che ci ha liberato dalla sensazione di tristezza
condizionata dal tempo e dalla guerra, quella dei bambini della chiesa battista»
NUNZIO LOlUDICE
Trentaseì ore in Albania:
toccata e fuga, come si
suol dire. Questa espressione
esprime bene la consapevolezza di aver vissuto un’esperienza fuggevole, transitoria,
di breve durata e quindi incapace di tracciare un quadro
complessivo della situazione.
Tuttavia, consapevoli della
parzialità nostra e della realtà
che ci circonda, oggi ricordiamo e possiamo condividere la
nostra esperienza che va al di
là dei vestiti o delle scarpe,
che la Chiesa battista di Mottola ha raccolto e portato direttamente alla Missione battista di Tirana, utilizzando il
pulmino della comunità.
Il 14 giugno scorso, dopo
una lunga attesa alla dogana
albanese del porto di Durazzo, Nicola, l’autista della missione battista a Tirana, sembra deciso, con mani al volante, ad affrontare le famose
strade coi buchi. Il primo
tratto, circa 500 metri, è completamente sdrucciolevole.
Con un occhio fisso sulla
strada e l’altro sul ciglio in
cerca di cartelli stradali per
Tirana, proseguiamo il nostro
viaggio. Presto ci accorgiamo
che non ci sono indicazioni
stradali. Fortunatamente la
qualità della strada presto
migliora e così finalmente
percorriamo un tragitto asfaltato. Lungo la via incrociamo
due campi profughi della
missione Arcobaleno e delTAcnur (Alto commissariato
delle Ncizioni Unite per i rifugiati). In seguito sono visibili
molti rifugi antiaerei e case in
costruzione. Per tutto il tratto
di strada Durazzo-Tirana ai
suoi bordi procede un brulichio di gente che procede con
asini e carretti carichi di ogni
tipo di materiale, mentre sulle
corsie sfrecciano automobili
di grossa cilindrata per lo più
Mercedes (vecchio tipo) perché, ci spiegano, sono le uniche che resistono sulle strade
dissestate. Ci risolleva, comunque, l’ultimo pezzo di
transito: un’autostrada che
conduce alle porte di Tirana.
Rinuncio a tratteggiare una
cartolina di Tirana, piuttosto
vorrei soffermarmi su un’immagine che per nulla si confonde con la desolazione delle strade sporche e dei tombini saltati, un’immagine che ci
ha permesso di conservare
nella nostra coscienza un ricordo che ci ha liberato dalla
sensazione di tristezza condizionata dal tempo e dalla
guerra. Il centro di questa immagine sono le persone, in
particolare un gruppo di ragazzi e ragazze della chiesa
battista di Tirana: nei loro occhi abbiamo scorto il desiderio di superare i limiti del
tempo e dello spazio, i mutamenti tanto attesi nella società albanese, la passione
«del primo amore» per l’Evangelo e il senso comunitario. Li accomuna l’aspirazione verso la ricerca, l’approfondimento e il desiderio di
pregare insieme. Li unisce la
voglia di essere gruppo per
verificare la propria vita, per
maturare le proprie scelte e
per riflettere sulle cause di
fondo di certe situazioni sfavorevoli. Nel gruppo ognuno
scopre la propria dignità di
persona e agisce per affermarla svelando situazioni di ingiustizia. Questo gruppo è la
«perla di gran valore», «il tesoro nascosto» tra i magazzini di
viveri, gli aiuti umanitari e le
strade infangate.
A fianco a questa vi sono
tante piccole altre immagini,
come ad esempio la cena in
una casa kosovara. Lui si
Kosovari nel campo profughi di Kukès, in Albania
chiama Rexhaj Besim, la moglie Patirne e la fìglioletta Donika. Besim, giornalista e autore di un paio di libri, è un
grande amico di Rugova ed è
sfato direttore dell’Istituto di
studi internazionali del Kosovo. Tra il cibo delicato si può
gustare un’accoglienza eccezionale accompagnata da uno
scambio di esperienze che sazia le nostre menti ignare e i
nostri cuori percossi da una
televisione italiana tempestante. Non meno importante
il ritratto di un team straordinario fatto di missionari di varie nazionalità e volontari albanesi, kosovari e italiani
(quest’ultimi mandati attraverso il progetto Fcei-Srm).
Un lavoro che ha risposto con
competenza alle esigenze di
varie mighaia di persone, fornendo assistenza e soccorso.
Al ritorno, al porto di Du
razzo conversiamo con un
uomo che è stato impegnato
nella missione Arcobaleno.
Quell’esperienza lo aveva
cambiato, non era più l’uomo
di prima. Piangeva perché
aveva scoperto una vita diversa. Presto, ci ha detto, sarebbe
ritornato in Albania. Trentasei
ore sono poche, ma sufficienti
per incontrare un’umanità il
cui spirito è pronto a reagire e
a ricominciare.
Presentata la denuncia dei familiari
Presto il processo per sei
«desaparecidos» italiani
MANFREDO PAVONI
Nello scorso mese di giugno, davanti alla Procura
della Repubblica di Roma, è
stata presentata la denuncia
dei familiari di 6 cittadini itaUani scomparsi in Sud America negli Anni Settanta. I delitti si riferiscono alla ormai
nota «operazione condor»,
una forma di coordinamento
dei servizi segreti cileni, argentini, uruguaiani e paraguaiani, ideata dal generale
Pinochet per neutralizzare
ed eliminare ogni tipo di opposizione in Cile e negli altri
paesi del «cono sud».
Il sistema operativo funzionava più o meno così: attraverso un coordinamento delle forze militari era possibile
sequestrare un oppositore in
Cile e subito trasportarlo in
Argentina, torturarlo e farlo
scomparire. Si poteva rapire
un oppositore cileno in Argentina e in seguito farlo interrogare dai servizi segreti
cileni della Dina. L’obiettivo
era appunto quello di creare
una rete attraverso la quale
non era più possibile varcare
le frontiere di un paese per
proteggersi dalla persecuzione politica. Le vittime si chiamavano Gerardo Gatti, Juan
Pablo Recagno, Daniel Banfi,
Alessandro Logoluso, Lorenzo Vinar e Orazio Campiglia.
Gli imputati sono ufficiali argentini, uruguaiani, paraguaiani e cileni.
Credo sia utile sottolineare!:
che «l’operazione condor»’
non e una invenzione delle
opposizioni di sinistra alle
dittature latinoamericane
ma è documentata da rap!
porti del Dipartimento di
stato americano e dal dettagliato rapporto dell’agente
del Fbi Robert Scherrer in cui
si dice che l’attività del condor poteva estendersi anche
nel continente europeo. Tra
le migliaia di vittime dell’«operazione condor» vi sono nomi illustri come quello
del generale cileno Carlos
Prats, ucciso con la moglie a
Buenos Aires nel 1974, e Orlando Letelier, ex ambasciatore del governo Allende, assassinato con la segretaria
negli Usa nel 1976.
Il processo sarà appoggiato
da diversi gruppi di lavoro costituiti da: Lega per i diritti e
la liberazione dei popoli, sindacati, familiari delle vittime,
Amnesty International, Fondazione Basso, Chiesa valdese in Italia e in Uruguay. Le
udienze sul caso degli scomparsi italouruguaiani precedentemente citati dovrebbero
tenersi nei mesi di settembreottobre e l’andamento del
processo potrebbe subire 1’
influenza dell’inchiesta condotta dal giudice Garzón a
Madrid e della relativa estradizione in Spagna di Augusto
Pinochet, che attualmente è il
massimo responsabile della
«operazione condor».
f
Intervista a Salpy Eskidjian, coordinatrice del progetto lanciato dal Consiglio ecumenico delle chiese
«Peace to thè city»: sconfiggere la cultura della violenza lavorando insieme
«Ne
nona
non il
LUISA NITTI
IL XXVIII Kirchentag delle
chiese evangeliche tedesche (Stoccarda, 16-20 giugno) ha dato ampio spazio ai
temi della violenza, della pace, della riconciliazione. La
campagna «Peace to thè city»
(Pace per la città) del Consiglio ecumenico delle chiese
(Cec) è stata presentata durante una sessione del Kirchentag evangelico tedesco
sul «Futuro della società».
Abbiamo intervistato Salpy
Eskidjian, coordinatrice del
progetto e segretaria esecutiva del Cec per le relazioni internazionali.
- Come è nata la campagna «Peace to thè city», e quali sono i suoi obiettivi?
«La cultura della violenza
fa parte di tutti noi. Tutti
dobbiamo impegnarci per
costruire una cultura della
pace: partendo da questa
constatazione, già nel 1994 il
Consiglio ecumenico delle
chiese stabilì con voto unanime di intraprendere un
“Programma per sconfiggere
la violenza”: significativo il
fatto che la decisione fu presa a Johannesburg, in Sud
Africa, all’indomani della
sconfitta del regime dell’apartheid. Con questo programma il Consiglio ecumenico invitava le chiese e le
comunità religiose a un
“viaggio del cambiamento”,
per costruire una cultura della pace e della giustizia.
Fra il ’94 e il ’95 abbiamo
deciso di concentrare l’attenzione su un’iniziativa a medio termine, chiamata appunto “Peace to thè city”. Abbiamo deciso di accettare
l’invito di alcune chiese e
gruppi di credenti, che sostenevano la necessità di non
creare nuovi progetti ma
proseguire quelli già avviati,
offrendo sostegno e mettendo in relazione le persone già
impegnate, in diverse realtà,
per ricostruire i ponti fra le
comunità dilaniate dai conflitti e creare una cultura di
pace. Nelle famiglie, nella
strada, nelle chiese, fra gruppi sociali o nazioni: la violenza è una realtà ad ampio raggio, che coinvolge tutti noi».
- Come mai avete scelto di
concentrare l’attenzione sulle
realtà urbane?
«Nella società moderna le
città sono i luoghi principali
della vita associata, in cui si
concentrano le attività finanziarie, il potere politico, la
cultura. Per questo motivo
esse costituiscono in un certo senso una metafora del
mondo moderno. Nelle città
vivono persone ricche e persone povere, e tutti sono potenzialmente vittime della
violenza. Ma c’è anche una
motivazione strettamente biblica. In molti luoghi della
Bibbia infatti si parla della
“Città santa”, la “Gerusalemme celeste”. Da un lato essa
richiama la dimensione escatologica della nostra fede:
Dio stabilirà un giorno il
. suo regno, in cui si realizzeranno pienamente la pace e
la giustizia. D’altra parte la
visione della Gerusalemme
celeste ci richiama al presente: la città celeste è quella in
cui i cristiani sono chiamati a
combattere contro le strutture dell’ingiustizia, per costruire oggi una realtà di pace e giustizia. Per il programma “Peace to thè city” abbiamo scelto sette diverse città
in tutto il mondo, luoghi
simbolici in cui si concentrano diversi tipi di violenza. La
campagna ha cercato in questi due anni di mettere in relazione le realtà locali impegnate per la riconciliazione e
la pace, consapevoli del fatto
che solo quando si lavora insieme è possibile sconfiggere la violenza. Le sette città
coinvolte nel progetto sono
Belfast, Boston, Durban (Sud
Africa), Kingston (Giamaica),
Suva (Isole Figi), Rio de Janeiro, Colombo (Sri Lanka).
In ognuna di queste realtà
siamo in contatto con alcuni
partner: per esempio a Rio
lavoriamo con l’associazione
“Viva Rio”, impegnata per la
riconciliazione fra i gruppi
sociali nella città brasiliana.
In questa città la violenza è
cresciuta negli ultimi anni al
di là (fi ogni controllo. Nel ’93
l’associazione “Viva Rio” iniziò la sua opera con un appello alle chiese e ai movimenti laici, alle forze politiche e alle autorità religiose:
“Fermatevi, fermatevi a pensare”. Tutta la città doveva
fermarsi. E riflettere».
- In continuità con la campagna «Peace to thè city», il
Consiglio ecumenico delle
chiese ha deciso di promuovere un «decennio ecumenico
per sconfiggere la violenza».
Quali strategie adotterete per
questa nuova iniziativa a favore della pace?
«L’idea (ii un Decennio delle chiese contro la violenza,
dal 2001 al 2010, è stata lan
Violenze in Sud Africa al tempo dell’apartheid
data dal Cec durante l'ultima Assemblea generale, ad
Harare. Il fatto che le Nazioni
Unite abbiano deciso di dedicare lo stesso decennio a
una “cultura di pace e nonviolenza per i bambini del
mondo” costituisce una sfida
importante anche per il movimento ecumenico. È chiaro
che le chiese hanno alcune
specificità, ad esempio la
realtà della riconciliazione
come capacità di riconoscere
il fratello anche nel nemico,
ma senza dubbio collaboreremo con l’iniziativa delle
Nazioni Unite. Siamo ancora
in fase di elaborazione del
progetto; proprio due giorni
fa qui al Kirchentag abbiamo
avuto un incontro con i partner del progetto per il Decennio. Auspichiamo l’adesione delle chiese: il progetto potrà decollare solo se le
cornunità locali lo fararino
proprio. Intendiamo invitare le chiese a fare qualcosa
che somiglia molto a ciò che
succede in questi giorni qu!
al Kirchentag, in cui tutti 1
gruppi e le comunità portane
la propria riflessione, contribuiscono alla prosecuzione
dei progetti.
Speriamo che il Decennie
possa fornire alle chiese gl|
strumenti per realizzarci
propri progetti e per creare
quella cultura di pace che
tutti auspichiamo e che e
ben espressa nella paroD
shalom: pace con giustizia
di
cristiani sono persone
speranza: dieci anni sona
lunghi, ma certo brevi pet
sconfiggere la violenza.
Mi
piacerebbe poter dire che alla fine del Decennio non
avremo più a che fare co
strutture di violenza, ma tuto
sappiamo che la battaglia
lunga. Allo stesso tempo co
me cristiani dobbiamo “spa
con'
rare contro speranza ,
sapevoli che in questa bah
glia per la giustizia abbiane
U
escati
salvij
giudi.
hora
dall’e
caria
dude
25 se
vato
no i
Letto
nifesi
La
ce. I
viole
pida
para
tra U
si as,
nasa
si co.
pegn
La
mag
tein
pote
fant
glic
. vers
la 1
obi
l
geti
di Vi
gua
can
con
15:
stri
pro
anche noi una grossa
re
sponsabilità».
(ne^ì
no
fruì
\]
mo
div
un
ceti
Sig
noi
pre
uni
go
va
1
do
fio
ini
Uì
pe
eq
co.
og
esi
ili
(
pi
ni
m
ci
ni
ve
si
te
m
st
Ri
tr
n
n
hi
a
n
Si
d
P
L
V