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la luce
19 febbraio 1993
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via Pio V n. 15
10125 Torino
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE BATTISTE, METODISTE, VALDESI
venerdì 19 FEBBRAIO 1993
ANNO I - NUMERO 7
NUOVA OFFENSIVA CONTRO LE DONNE
SANTE
0 DANNATE?
FRANCA LONG
Ancora e di nuovo sante o
dannate. L’attacco rituale
contro le donne che abortiscono e contro la legge che glielo
consente ha avuto quest’anno
toni particolarmente accesi.
Non solo negli accenti del cardinale Biffi che le ha accomunate ai responsabili dei delitti
mafiosi, ma anche nell’esaltazione speculare da parte degli
esponenti della gerarchia cattolica, dai semplici parroci al
cardinale Martini, del gesto
della giovane madre gravemente ammalata che ha sacrificato la vita «pur di mettere al
mondo un figlio». E, a sostegno, la dichiarazione di Leoluca Orlando e di numerosi parlamentari.
C’è da chiedersi come mai
in una situazione politica ed
economica allo sbando, in un
tempo di odio e di violenza, attraversati come siamo da ingiustizie e sopraffazioni di
ogni tipo, si impieghino tante
energie per controllare l’autodeterminazione delle donne.
Perché questo è il cuore della
legge 194, su questo si giocò
nel 1981 la campagna per il referendum abrogativo e su questo si vinse. Su questo e sulla
volontà di fare emergere e di
arginare il fenomeno dell’aborto clandestino: esteso, drammatico, a tutti noto e da tutti
taciuto.
La libertà delle donne deve
avere in sé qualcosa di intollerabile. Altrimenti non si spiega,
perché coloro che tanto parlano di «cultura della vita» in
Parlamento e fuori non abbiano fatto nulla in questi anni,
non dico per la qualità della vita adulta, ma almeno per creare
condizioni di accoglienza della
nuova vita. Nulla per la prevenzione deH’aborto; i consultori previsti dalla legge sono
stati chiusi 0 ridimensionati
per mancanza di finanziamenti,
in gran parte d’Italia, o addirittura mai aperti; la legge
sull’educazione sessuale nelle
scuole è ancora da discutere:
nessun impegno per la cultura
della contraccezione.
Ma soprattutto nulla è stato
fatto per rendere vivibile con
agio la maternità, per favorirne
la scelta. Perché è un fatto che
gli aborti sono comunque diminuiti, ma certo sono anche e
vistosamente diminuite le nuove maternità. Siamo il paese, a
quanto si legge, che nel mondo
ha la più bassa percentuale di
nascite. E intanto sono sempre
meno garantiti i servizi sociali,
il lavoro, la casa; e paradossalmente sempre più insistenti i
miti del consumo, del corpo
giovane, del successo facile. È
possibile che i crociati della vita non colgano il nesso?
L’obiettivo, consapevole o
meno, è colpire la libertà delle
donne e il potenziale sovvertimento dei ruoli che essa contiene. Nella pratica della sessualità, ma anche nella famiglia, nella politica, nella chiesa. Perché la legge sulla violenza sessuale è caduta nell’
oblio? Perché il nuovo catechismo cattolico rubrica lo stupro
tra le «offese alla castità» e
non tra le violenze contro la
vita, quella intera della mente
e del corpo?
Altre aggressioni alla libertà
profonda delle donne.
Quando papa Wojtyla, o chi
per lui, condanna l’aborto in
nome di un valore sacro ed assoluto, perché non si misura
con la riflessione di tanti/e credenti, anche cattolici, che hanno compreso l’aborto non come un bene, ma come un momento negativo, drammatico
su cui pesano gravi responsabilità collettive e su cui solo la
donna può avere potere? Perché si tende ad ignorare questo
modo di accostarci al problema? C’è troppo spazio per 1’
autonomia femminile?
Gli assoluti sono violenti,
sempre. Vorrei dire però che,
se è vero che la libertà delle
donne subisce aggressioni, è
anche vero che essa, insieme
memoria e progetto, esiste e
resiste, possibile «luogo» di vita. Lì viviamo le contraddizioni, gli egoismi, i desideri, la
sconfitta; lì, e non nel ricatto,
siamo chiamate ad accettare
l’evento imprevisto, la scommessa di una relazione d’amore; lì solo conosciamo la dimensione del peccato e 1 confini della nostra autonomia.
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I cristiani di fronte allo stato: né idolatria, né disprezzo
La libertà del cristiano e il servizio
GIOVANNA PONS
«Pietro, apostolo di Gesù Cristo, ai fedeli dispersi nel Ponto,
nella Galazia, nella Cappadocia,
nell’Asia e nella Bitinia, eletti secondo la prescienza di Dio Padre, mediante la santificazione
dello Spirito, per obbedire a Gesù Cristo»
(I Pietro 1,1)
La prima lettera di Pietro è indirizzata ai dispersi che vivevano ai margini dell’impero romano. Questi dispersi, questi
emarginati credevano in Gesù
Cristo e lo dicevano apertamente,
tanto che lo confessavano persino
ai funzionari dello stato. Questa
confessione: «Credo in Gesù Cristo, il Signore», era considerata
un reato politico perché, confessando un unico Signore, i cristiani rifiutavano i culti ammessi
dallo stato e, ciò che è peggio, relegavano l’imperatore, vale a dire
la massima autorità dello stato,
tra le creature umane, subordinato
anch’esso al Creatore e Signore
della storia.
Più oltre, sempre nella stessa
lettera, leggiamo: «State sottomessi ad ogni istituzione umana
per amore del Signore: sia al re,
come al sovrano, sia ai governatori come ai suoi inviati per punire i malfattori e premiare i buoni.
Perché questa è la volontà di
Dio: che, operando il bene, voi
chiudiate la bocca all’ignoranza
degli stolti. Comportatevi come
uomini liberi, non servendovi della libertà come di un velo per coprire la malizia, ma come servitori di Dio. Onorate tutti, amate i
vostri fratelli, temete Dio, onorate il re» (I Pietro. 2,13-17).
Queste parole ci sembrano di
stampo conservatore. In questo
senso infatti le ha interpretate
l’etica cristiana tradizionale, istituzionalizzando su questa base
una gerarchia di valori, sì che i
cittadini devono essere sottomessi
allo stato, le mogli ai mariti, i figli ai padri, i servi ai padroni...
perché questa è la volontà di Dio.
Questi ordinamenti, siano essi
statali o ecclesiastici, diventano
così i garanti dell’ordine pubblico: un buon cittadino è anche un
buon cristiano. L’ossequio all’autorità diventa garanzia di buona
condotta morale e civile. Così che
il punto di riferimento per gli uomini e le donne non è più il Signore Gesù incarnatosi nella storia, che confessa se stesso di fronte ad un governatore romano dichiarando di essere il figlio di
Dio, ma il punto di riferimento
diventa questa o quella struttura,
lo stato o la chiesa. Il contenuto
della fede non è più Gesù Cristo,
ma l’istituzione stessa.
In realtà il senso dell’esortazione del messaggio apostolico sta
nell’invito a non uscire dalle
strutture umane della storia e ad
esercitare in esse una funzione
critica nei loro confronti. Il testo
di Pietro non ci esorta a rinunciare alla ribellione verso l’ingiustizia, ma ad operare la trasformazione delle strutture umane, a
renderle più giuste e più conformi
alla volontà di Dio. Il nostro
inserimento come fermenti critici
della società non può essere una
copertura per fughe e conformismi, siano essi politici o culturali,
teologici o sociali, per presentarli
poi come la nuova etica che testimonia del regno di giustizia di
Gesù Cristo. La ribellione verso
le strutture ingiuste è condizionata alla sottomissione a Cristo, il
Signore, perché sta scritto: «Basti
al discepolo di essere come il suo
maestro». Basti a noi di conformarci a Cristo, per questo l’apostolo dice: «Come liberi... come
servi di Dio..».
Dispersi nella comunità umana
percorriamo le vie che le sono
proprie, quali la via della ricerca
scientifica, della cultura, del lavoro, dello sviluppo economico,
della pianificazione familiare,
dell’istruzione scolastica, dell’
ecologia e del rispetto per la vita
umana... perché queste sono le
vie che Dio ha scelto per trasformare il mondo, per portare a
compimento il suo piano. Ed alla
fine l’apostolo riassume il suo dire in poche frasi: «Onorate tutti.
Amate i fratelli. Temete Dio.
Onorate il re».
Amare i fratelli vuol dire amare
la comunità. Perché quell’amore
del prossimo che noi vogliamo
esercitare nella società , nella comunità dei credenti deve diventare evidente. Se noi possiamo fare
l’esperienza dell’amore di Cristo
nella comunità cristiana, possiamo anche solidarizzare con il
mondo che questo amore non conosce ancora.
Prendono quindi forma concreta le parole: «Onorate tutti»,
«Onorate il re», vale a dire il governo. Usando lo stesso verbo per
«tutti» e per «il re», Pietro colloca l’autorità che governa lo stato
allo stesso livello di tutte le creature. Governo e cittadini sono degni dello stesso rispetto. Contro
ogni idolatria verso il potere costituito, contro il culto della personalità. Parole dense di significato in questi tempi di corruzione, in cui uomini politici e di
governo si sono serviti del potere
per continuare a fmire di quel rispetto che la mancanza di etica
non poteva più consentir loro.
Ma se lo stato e i cittadini stanno sullo stesso piano, Dio e lo
stato non stanno sullo stesso piano. Infatti sta scritto: «Temete
Dio. Onorate il re». Ora, unicamente Dio è da temere; il re si rispetta soltanto. 11 limite è chiaramente tracciato: «E non temete dice l’Evangelo - coloro che uccidono il corpo, ma non possono
uccidere l’anima; temete piuttosto colui che può far perire e
l’anima e il corpo nella geenna»
(Luca 12,5).
BATTISTI
No all'8%0
EMMANUELE PASCHETTO
Un’Assemblea tesa ma
non nervosa, appassionata ma non passionale, tranne qualche raro momento,
un’Assemblea cosciente
dell’importanza delle cose
che discute e consapevole
delle sue prerogative a cui
non sembra disposta a rinunciare. Queste le prime impressioni a caldo, che non
fanno che confermare il giudizio espresso a proposito
dell’Assemblea generale dello scorso settembre: il battismo italiano non è in crisi,
ma ha raggiunto una sua maturità e una dignità che intende preservare. Sa benissimo
di non essere che una goccia
nel tumultuoso torrente della
società italiana, ma vuole essere una goccia che possiede
una sua identità e mantiene le
sue peculiarità.
L’Assemblea è stata presieduta dalla pastora Adriana
Pagnofti di Roma e dalla sorella Rossana Di Passa di Isola del Liri, che haimo guidato
con mano ferma e materna i
114 convenuti - delegati di
chiese, pastori, responsabili
vari, membri del Comitato
esecutivo - nelle discussioni
sull’otto per mille e la defiscalizzazione delle offerte e
sulla nuova figura del Segretario generale.
Il lungo dibattito condotto
nell’Assemblea di settembre
e la situazione di stallo che si
era venuta a creare facevano
prevedere che la decisione se
avvalersi o meno del denaro
pubblico sarebbe stata comunque presa con uno scarto
minimo di voti. E così è stato.
La mozione che dava mandato al Comitato esecutivo di
includere nella bozza di Intesa l’accesso all’otto per mille
dava il seguente risultato: votanti 114, quorum 58, favorevoli 55, contrari 56, voti nulli
3-,
E passata invece, con 62
voti favorevoli e 49 contrari,
la mozione che chiedeva di
SEGUE A PAGINA 3
Per la pace
nel Caucaso
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Al principio
fu violenza?
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La chiesa
delle donne
pagina 10
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PAG. 2
RIFORMA
Ecumene
VENERDÌ 19 FEBBRAIO 1993
Sotto gli auspici del Consiglio ecumenico e della Conferenza delle chiese europee
Firmato a Montreux un comunicato comune
dei capi religiosi per la pace nel Caucaso
Il previsto incontro (vedi
Riforma del 25 dicembre)
tra il leader musulmano azero, Sheikh-ul-Islam Allahshukur Pasha-zadeh, presidente del Consiglio dei musulmani del Caucaso, e il patriarca catholicos supremo di
tutti gli armeni, Vasken 1°,
capo della Chiesa apostolica
armena (ortodossa), ha avuto
luogo il 9 febbraio scorso a
Montreux (Svizzera), sotto
gli auspici del Consiglio
ecumenico delle chiese e della Conferenza delle chiese
europee. I due capi religiosi
hanno sottoscritto un comunicato comune in presenza di
Konrad Raiser, segretario del
Cec, e di Jean Fischer, segretario della Kek. Il documento
vuole essere un contributo al
processo di pace, dopo cinque anni di conflitto nella regione del Nagomo-Karabagh.
Il comunicato congiunto
inizia in questi termini: «Responsabili religiosi dei nostri
due popoli, preoccupati per
la sorte dei nostri figli spirituali e per la crudeltà, la cattiveria e l’odio che li porta
ad atti contrari alla volontà
di Dio, ci siamo incontrati a
Montreux, Svizzera, dal 6
all’8 febbraio 1993, per grazia di Dio e su iniziativa del
Consiglio ecumenico delle
chiese, in collaborazione con
la Conferenza delle chiese
europee».
Il documento prosegue:
«Avendo dibattuto dei pro
Montreux: i due capi religiosi del Caucaso sottoscrivono il comunicato comune (Peter wunams/wcc Photo )
blemi che minacciano noi e le
nostre nazioni, ci sembra essenziale sottolineare prima di
tutto che, malgrado i tentativi
miranti a fare del conflitto
(...) un confronto tra cristiani
e musulmani, non si tratta di
un conflitto religioso. I cristiani armeni e i musulmani
azeri hanno vissuto e vivranno in pace, in un clima di rispetto e di buon vicinato.
Preghiamo con tutto il cuore l’Altissimo per il riposo
delle anime di coloro che sono morti nel corso dei tragici
avvenimenti. Per rispetto per
la loro memoria, e nell’interesse dell’avvenire delle nostre due nazioni, chiediamo
ai nostri figli spirituali di
cessare di versare il sangue e
di risolvere tutti i problemi
nella pace e la giustizia, ricorrendo a mezzi politici,
conformemente alle norme
internazionali universalmente
riconosciute.
Chiediamo alle due parti in
causa di liberare senza condizioni i loro ostaggi, fra i
quali si trovano parecchie
donne e bambini e, nello spirito della Convenzione di Gi
nevra, di trattare i loro prigiopieri di guerra in maniera
umana».
Il comunicato precisa infine: «Per esprimere la nostra
compassione nei confronti
delle vittime (...), abbiamo
deciso di creare un Fondo
umanitario internazionale
unito, che chiediamo al Consiglio ecumenico delle chiese
e al Consiglio islamico internazionale della Daw’a di patrocinare, affinché esso serva
a tutti coloro che soffrono,
senza distinzione di nazionalità o di religione».
Forte messaggio del «pràses» della Chiesa evangelica in Renania
Germania^ dove stai andando?
_________PETER BEIER________
Questa domanda evoca la
Bestia, quella bestia ancora incatenata che credevamo già putrefatta da tempo, la
carogna. Guai a noi se essa
riuscisse a strapparsi dalle catene.
Diciassette persone sono
state assassinate da bande criminali lo scorso anno, ammazzate nel modo più vile
che si possa immaginare. Ed
esse erano gli invitati, gli
ospiti del nostro popolo, esse
ci erano affidate, erano sotto
la nostra protezione. Ma non
erano protette.
Lo stato; la sua reazione fu
davvero lenta, esitante, si è
impelagato in litigi di partiti.
Quanta differenza tra la reazione degli organi statali dopo i primi delitti delle Brigate
rosse tedesche di estrema sinistra, anni fa, e le contromisure giunte con ritardo, indecise e mal coordinate prese in
questi ultimi mesi. Grazie a
Dio, ora le cose sono cambiate.
Cosa può dire e cosa deve
fare la Chiesa protestante?
Cosa c’è da fare?
Ho preso una posizione
inequivocabile, tanto nella
mia lettera alle chiese nel settembre 1992 quanto in numerosi interventi pubblici, contando fermamente sulla solidarietà della mia chiesa. La
speranza esiste! Le comunità
non dormono, esse si sono
mobilitate - e lo sono tuttora
- esse hanno aiutato, agito e
soccorso. Le ringrazio tutte,
in particolare le donne che,
mi è stato detto, erano spesso
le più coraggiose sul terreno,
di fronte al pericolo.
Dico al Sinodo: Il Signore
ama gli stranieri. Egli li ama
al punto di dar loro il nutrimento, il vestito e un tetto
(Deut. 10, 16-19). Egli esige
dai suoi cristiani che essi agiscano immediatamente; egli
li chiama ad una diaconia
senza riserve. Gli stranieri sono qui, in massa.
Non siamo noi, la chiesa,
Forigine del problema, ma la
catena di causa ed effetto di
una situazione di fronte alla
quale la chiesa aveva messo
in guardia già da due decenni.
I suoi appelli venivano presi
in giro, essa era diventata sospetta e oggetto di una sprezzante indifferenza.
Questo è certo: non potremo conservare il nostro livello di vita e neppure il nostro benessere a scapito della
maggior parte dell’umanità.
Noi non abbiamo alcuna ricetta per la soluzione dei problemi dei migranti. Non siamo più intelligenti né più avveduti di altri. Non prevediamo alcuna regola, nulla ci autorizza ad essere moralizzatori. Ma vediamo la disperazione e cerchiamo di affrontarla. Sfidiamo il sovrano
della Repubblica, il popolo,
ad aprire finalmente gli occhi
e a riconoscere la realtà.
Il grande dibattito sul diritto di asilo, qualunque ne sia
l’esito, non cambierà nulla.
Siamo un paese di immigrazione, tanto la Germania
quanto l’intero continente.
Per questo abbiamo bisogno
di una vera politica nei confronti dei rifugiati e degli im
migrati, una strategia con regole molto chiare. Abbiamo
bisogno di un Alto commissariato tedesco ed europeo dotato di pieni poteri nel
campo dei profughi.
E soprattutto bisogna dire
la verità alla gente: il nostro
livello di vita non potrà essere mantenuto. Per quanto ci
riguarda, abbiamo detto alle
comunità:
- Accogliete nelle vostre
case quelle e quelli che sono
minacciati nella loro carne e
nella loro vita.
- Offro per questo la mia
propria casa e persisto.
- Se capita che un cimitero
ebraico venga profanato, nella vostra città, chiamate, se
non c’è una comunità ebraica, ad un culto di pentimento,
sul luogo stesso. Lavate voi
stessi le pietre insozzate dalla
porcheria fascista e rimettetele su. Mettete sul posto dei
guardiani.
- Non cedete la strada alla
canaglia. Se sono cento, saremo mille; se sono mille,
tocca a noi mobilitarne diecimila.
- Parlate con i giovani che
non hanno prospettive e che
sono in pericolo di essere
adescati da capobanda criminali.
- Parlate con loro dell’identità nazionale dei tedeschi
e dei compiti da compiere in
Europa.
Avvisate la gente affinché
il Signore Iddio non si allontani da noi. Pregate, pregate
sempre!
(Estratto del messaggio
al Sinodo della Chiesa
evangelica in Renania).
Consiglio ecumenico
Un nuovo
profilo
Il Consiglio ecumenico delle chiese - a giudizio del nuovo segretario generale Konrad
Raiser - ha un «profilo incerto». L’organizzazione, che
raccoglie 322 chiese non cattoliche di tutto il mondo, si occuperebbe di troppe cose contemporaneamente e non avrebbe un chiaro programma unitario.
Il prof. Raiser, nel primo incontro che ha avuto con i suoi
collaboratori del Cec, ha detto
che nei prossimi mesi occorrerà individuare chiaramente
quali sono le priorità su cui
concentrarsi.
Raiser ha anche detto che
due dei nuovi direttori per le
unità programmatiche dovranno essere donne, e che sarebbe
bene anche avere un esponente
ortodosso ai massimi livelli
dirigenziali. Secondo il segretario il Consiglio ecumenico,
negli ultimi anni, si è occupato
prevalentemente di se stesso.
La nuova riforma strutturale
non ha dato sinora i risultati
sperati.
Raiser ha inoltre esortato i
collaboratori a «non perdere
mai i contatti con la base, con
le persone che lavorano nelle
comunità». Se la gente che vive nelle chiese non è convinta
di quello che si fa «allora siamo perduti» ha aggiunto.
Il segretario si è anche dispiaciuto per il fatto che il Cec
si sia avvalso troppo di «ecclesiastici», trascurando il contributo importante dei laici.
Mondo Cristiano
I battisti in Polonia
VARSAVIA — L’Unione battista polacca non ha avuto vita
facile negli ultimi 50 anni. Alla situazione generale del paese
si aggiungevano per i battisti le pressioni ideologiche e la forte
ostilità cattolica: molte famiglie sono emigrate all’estero. Ciò
non ha impedito una crescita delle chiese. I membri che erano
nel 1946 circa 1.500 sono ora 3.200, distribuiti in 56 chiese e
52 stazioni missionarie. Nel 1990 ci sono stati 214 battesimi e
201 nel 1991. Si progetta l’apertura di nuove chiese, ma resta il
grave problema dell’istruzione teologica dei pastori il cui numero è insufficiente. La maggior parte non ha fatto studi regolari perché non esiste un seminario o un centro dove coloro che
sentono la vocazione possano essere seguiti e preparati al
ministero pastorale, all’evangelizzazione ed alla missione.
Alcuni anni or sono, grazie all’aiuto di altre Unioni battiste, è
stata iniziata la costruzione di un centro teologico a Radosc, nei
pressi di Varsavia. Nel periodo dall’89 al ’92 sono venuti anche dei volontari dalla Convenzione battista della North Carolina (Usa) per dare una mano in quest’opera, ma attualmente il
progetto è realizzato solo al 50% ed è stato sospeso per mancanza di fondi. L’Unione battista polacca fa appello alle Unioni
consorelle perché la aiutino a completare la costruzione.
Separazione tra Chiesa e Stato?
ZURIGO — L’iniziativa cantonale per la separazione della
Chiesa e dello Stato a Zurigo, di cui si parla da un anno, è stata
lanciata ufficialmente martedì scorso. La Commissione centrale cattolica romana del cantone di Zurigo e il Consiglio della
Chiesa evangelica riformata hanno immediatamente reso pubblica la loro opposizione a questo progetto. Ritengono die la
situazione stabilita dalla legge ecclesiastica del 1963 sia soddisfacente e corrisponda alla tradizione zurighese. Una tale separazione era già stata respinta dalla popolazione nel 1977, rifiuto
confermato nel 1980 in occasione di un voto federale.
Il comitato d’iniziativa, presieduto dal radicale Kurt Egloff,
ex consigliere comunale della città di Zurigo, chiede una separazione totale della Chiesa e dello Stato. Egli constata che un
numero crescente di persone abbandona le chiese, sicché queste ultime non possono più beneficiare della situazione privilegiata di corporazioni di diritto pubblico. La causa: le chiese
hanno trascurato i loro compiti spirituali per dedicarsi troppo al
temporale (politica).
La Chiesa evangelica riformata ricorda che i rapporti tra la
Chiesa e lo Stato a Zurigo risalgono al riformatore Ulrich
Zwingli e che sono durati fino ad ora. La Chiesa evangelica
riformata vuole essere una chiesa del popolo e intende restarlo,
portando i suoi servizi alla società con l’annuncio della Parola
di Dio, l’insegnamento ai bambini e alla gioventù e le sue opere sociali, sottolinea il Consiglio. La «privatizzazione» delle
chiese provocherebbe un calo delle comunità ecclesiali e potrebbe portarle a limitare i loro servizi, finora aperti a tutti, ai
soli membri iscritti nei registri di chiesa.
La Bibbia nella Chiesa copta
IL CAIRO — Molte chiese in Egitto cooperano strettamente
con la Società biblica e tutte ricevono da essa la Bibbia nella
versione in arabo. Il fatto che i cristiani di ogni confessione usino le stesse Bibbie è un elemento non trascurabile di unità fra
le diverse chiese.
Nella Chiesa copta la Scrittura ha un posto centrale nel culto.
Ciò lo si può riscontrare, per esempio, nella cattedrale copta di
S. Marco, al Cairo, alle cui funzioni partecipano generalmente
dalle 3.000 alle 5.000 persone. La liturgia copta è costruita intorno a nove letture bibliche, scelte dall’Antico e dal Nuovo
Testamento in modo che vi sia un collegamento fra loro e venga sviluppato un tema particolare.
Vi sono poi particolari riunioni in cui i presenti pongono per
iscritto delle domande su diversi aspetti della vita cristiana: ad
esse risponde, durante lo stesso incontro, il capo della Chiesa
copta, ii pope Shenouda III, che fa sempre riferimento ai testi
della Scrittura nelle sue risposte.
Società biblica in Polonia
VARSAVIA — Per 176 anni la Società biblica ha operato in
Polonia come agenzia della Società biblica britannica e forestiera e ora, novembre 1992, si è costituita ufficialmente la Società biblica polacca. La riunione costitutiva è stata aperta dalla
signora Barbara Enholc-Narzynska, segretario generale della
Società biblica che ha tenuto un discorso introduttivo. La signora Narzynska è stata confermata nel suo incarico dai delegati presenti che hanno anche eletto i diversi incaricati previsti
dallo statuto.
Erano presenti all’incontro rappresentanti della Chiesa cattolica romana, della Chiesa ortodossa autocefala polacca, della
Chiesa evangelica (confessione di Augusta), della Chiesa evangelica riformata, della Chiesa metodista, dell’Unione battista
polacca, dei vecchio-cattolici, della Chiesa avventista e delle
comunità pentecostali.
450.000 marchi per la
campagna di Billy Graham
RENANIA — Il «pràses» della Chiesa evangelica in Renania, Peter Beier, ha difeso la decisione della chiesa del suo land
di sostenere la campagna evangelistica che Billy Graham terrà
in marzo ad Essen. Rispondendo ad alcuni membri del Sinodo
che criticavano la decisione di stanziare 450.000 marchi per la
manifestazione Beier ha detto, in una seduta del Sinodo, che
Billy Graham negli ultimi anni ha mutato il suo atteggiamento,
come appare anche dalle sue ultime pubblicazioni in cui confessa di essersi sbagliato in passato quando ha difeso la «benedizione» delle armi.
3
.venerdì 19 FEBBRAIO 1993
Vita Delle Chiese
PAG. 3 RIFORMA
L'esperienza del primo gruppo scout promosso da una chiesa valdese in Italia
faiermo: nel bosco della Ficozza all'insegna
dell'amicizia^ sotto la bandiera scout
LA SEniMANA DELLA LIBERTA
MAFIA
E PENTIMENTO
PIETRO VALDO PANASCIA
UURA SELVAGGIO
I omenica 24 gennaio il
«Branco della grotta»,
nome del primo gruppo scout
valdese di Palermo, formato
da 17 lupetti insieme al «Reparto Palermo 1 » (6 guide e
un esploratore), si è ritrovato
davanti al pòrtone della chiesa valdese di via Spezio per
trascorrere una giornata al
bosco della Ficozza all’insegna del gioco e dell’amicizia
sotto la bandiera dello scoutismo.
Verso le 9 si riesce a partire
verso l’avventura! Dopo
un’ora di viaggio ecco il paese di Ficozza, circondato da
un meraviglioso paesaggio
con alberi di ogni tipo e con
la piazza cosparsa di foglie
dorate. Il pullman non si ferma lì, ma prosegue lungo la
strada che costeggia il bosco.
A questo punto Branco e Reparto si dividono, da qui comincia il gioco che coinvolge
i gruppi.
I lupetti, immersi compietamente nella natura, vanno alla
ricerca di un tesoro, quello
che la natura stessa offre ogni
giorno, e trovano acqua per
bere, carbone per riscaldarsi,
foglie per prepararsi un giaciglio.
I ragazzi del Reparto nel
frattempo, nel molo di «cattivi», perlustrano i dintorni alla
ricerca di un posto tutto loro
per poter organizzare un attacco simbolico nel campo
dei piccoli lupi e rabare il tesoro. Studiano una tattica, si
dipingono il volto come gli
indiani e, guidati dal mmore
di un piccolo mscello che costeggia il campo, si avvicinano, si nascondono e... all’at
I ragazzi e le ragazze del gruppo «Palermo 1 » delle chiese valdesi
tacco! Purtroppo la loro tattica fallisce, i lupetti riescono a
difendere il tesoro.
Dopo pranzo il Reparto
chiede al Branco una sfida
con giochi di abilità, ma proprio a questo punto nasce un
dibattito, perché ognuno dei
due gmppi vuole per sé il tesoro trovato dai lupetti. Finalmente Atì, un simpatico elefante protagonista del Libro
della giungla, con discorsi di
pace, riesce a riconciliare i
due gruppi e a far sì che il resto della giornata sia vissuto
con amore e fraternità.
Finito il grande gioco si
procede all’Investitura, una
cerimonia che ricorda quella
degli antichi cavalieri medievali, in cui i componenti
del Reparto, ripetendo la pro
messa e la legge scout davanti al Branco, entrano realmente a far parte di questo
nuovo gruppo, diventando
«esploratori» e «guide».
È così che abbiamo voluto
cominciare questo anno insieme ai bambini (lupetti) e ai
ragazzi (esploratori) giocando, cantando, confrontandoci, vivendo una giornata in
mezzo alla natura tra mucche
al pascolo e alberi secolari.
Ed è stata sicuramente una
bella esperienza.
All’inizio di questa avventura, tre anni fa circa, non
eravamo sicuri che le cose
sarebbero andate per il meglio, a causa della nostra
scarsa conoscenza scoutistica e della nostra paura di lasciarci troppo coinvolgere.
Ma grazie alla caparbietà del
nostro pastore Giuseppe La
Torre e del nostro impegno
nel riunire i bambini sia della comunità che di altre
realtà, consapevoli che nella
nostra società molto spesso
mancano dei punti di riferimento, quest’ anno siamo
riusciti a ottenere risultati
inaspettati.
La prova di ciò sono il
grande numero di bambini
iscritti e questo nuovo gruppo
di ragazzi che, consapevoli
delle responsabilità e degli
impegni che esso comporta,
hanno deciso di fame parte e
di percorrere insieme il lungo, faticoso e affascinante
sentiero che li condurrà alla
scoperta della vita come dono
di Dio.
Si prova un senso di tristezza, a Palermo, quando
attraversando la strada non si
può fare a meno di passare
davanti ai fucili spianati dei
soldati che montano la guardia sulla soglia di casa dei
magistrati.
È come un segno di guerra
e di morte. Le bocche delle
armi da fuoco sono spianate
nel vuoto. La mafia non c’è,
forse è dietro l’angolo, ma
non si vede. Per questo qualcuno continua a dire che la
mafia non esiste.
Fino a qualche tempo fa
sembrava che nel nostro paese non ci fosse male peggiore
della mafia siciliana.
Perciò si guardava al Nord
come a regioni non solo di
benessere ma anche di elevato tenore di vita civile e morale, sole degno di entrare a
far parte della Comunità europea.
Ma da quando alcuni giudici coraggiosi hanno
cominciato a fare dei controlli nelle pubbliche amministrazioni di Milano e hanno sollevato il coperchio
della pentola, ne è venuta
fuori una mai sospettata
corruzione fatta di scandalose speculazioni, di illecite
appropriazioni di denaro, di
tangenti che ben poco hanno di diverso dalle estorsioni della mafia e in cui sono
risultate coinvolte prestigiose, insospettabili personalità
della politica e dell’economia.
L’opinione pubblica ha applaudito i giudici, ha protestando contro Tangentopoli,
ha chiesto mani pulite, si è
levata contro quei politici
Segue dalla prima pagina
No all'otto per mille
inserire nell’Intesa con lo stato la possibilità di defiscalizzare le offerte «alle chiese,
alle istituzioni, agli organismi operativi e all'ente patrimoniale deli U cebi».
Sulla questione del segretario generale l’Assemblea ha
ritenuto che la istituzione di
questa figura meritasse una
discussione più approfondita
da parte delle chiese. La proposta elaborata dal Comitato
esecutivo era infatti pervenuta alle chiese solo da un paio
di settimane e pochissime assemblee avevano avuto il
tempo di esaminarla.
L’Assemblea ha espresso
anche il timore che il segretario generale, così come veniva configurato, venisse ad assumere una rilevanza preponderante che - di fatto - poteva intaccare le prerogative
degli organi dell’Unione,
compromettendo certi delicati
equilibri che il patto costitutivo ha inteso costruire.
In parole povere entro il 30
settembre le chiese devono
far pervenire al Comitato esecutivo osservazioni e proposte di cui esso dovrà tener
conto insieme con alcune indicazioni votate dall’Assemblea: il segretario non sarà
«generale», ma «esecutivo»,
palesemente subordinato al
Comitato esecutivo ed al presidente, che resterà a tempo
pieno; l’Assemblea dovrà comunque esercitare un potere
di ratifica sull’operato del segretario. La nuova proposta
che il CE elaborerà su queste
basi, sarà nuovamente sottoposta alle chiese e quindi presentata all’Assemblea generale dell’autunno ’94.
I problemi delle chiese in un contesto di dispersione
La Sicilia battista spera...
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10062 Luserna San Giovanni.
________ELENACHINES_________
C9 è chi dice che «chi di
speranza vive, disperato muore».
Chiunque sia a dirlo ha perfettamente ragione. Questo
proverbio vale per le persone
di tutte le latitudini, di tutti i
fusi orari, e cozza con l’idea
tradizionale che i siciliani siano fatalisti e rassegnati. Certamente la maggioranza dei
battisti siciliani, grazie a Dio,
non appartiene a questa categoria. I battisti siciliani osano
sperare sempre e nonostante
tutto.
In Sicilia vi sono ben quattro comunità più una diaspora, con un solo pastore a
tempo pieno! La comunità
battista geograficamente più
vicina alla Sicilia è quella di
Reggio Calabria, anch’essa
senza pastore. Le sorelle e i
fratelli battisti siciliani hanno costituito un Coordinamento regionale con lo scopo di aiutarsi vicendevolmente. Già all’Assemblea
Generale a S.Severa il Coordinamento ha presentato una
mozione a sostegno di un
piano di risveglio di queste
comunità, qualcuna agonizzante. Questo piano è stato
meglio elaborato in questi
mesi. Innanzitutto è stata avviata una turnazione dei predicatori locali per i culti nelle tre sedi senza pastore (Catania, Siracusa, Fioridia),
che era quanto di più immediato si potesse fare.
Il resto del progetto è articolato in cinque anni ed avrà
inizio ufficialmente il 6 marzo 1993. Per tale data sono
stati convocati a Catania il
presidente dell’Ucebi, i segretari dei dipartimenti di
evangelizzazione e di teologia, il presidente del Collegio
pastorale, i quattro Consigli
di chiesa siciliani e quello
della Calabria. Perché questo
incontro?
Esso non vuole essere solo
l’apertura ufficiale del progetto, visto che già si è iniziato a lavorare, ma servirà a definire alcuni aspetti del programma che vanno meglio
approfonditi. Con il Dipartimento di evangelizzazione
sono già stati programmati alcuni seminari di formazione.
Il primo si terrà in febbraio a
Catania, poi sarà la volta di
Siracusa e quindi di Dentini e
Fioridia. Il Dipartimento di
teologia si occuperà in modo
più specifico della formazione dei predicatori locali.
Al Comitato esecutivo si è
pensato di chiedere di far
compiere nel periodo estivo
degli «stages» pastorali a studenti/esse di teologia. Ai pastori e alle pastore in attività
di servizio si è proposto di
dare un po’ del loro tempo alle chiese della Sicilia: da una
settimana a un mese.
Altri contatti sono stati av
viati con il circuito delle chiese valdesi e metodiste, con le
quali si è sempre stati in ottimi rapporti. Riteniamo che il
reciproco riconoscimento significhi anche mettere a disposizione gli uni degli altri i
propri doni. Una proposta da
prendere in considerazione
potrebbe essere quella di
compilare una «anagrafe dei
doni».
Ma le chiese battiste siciliane non pensano solo alla loro
edificazione interna: dato il
contesto in cui esse vivono ed
intendono testimoniare
dell’Evangelo, si è individuata la necessità di costituire un
centro di documentazione
sulla mafia. La sede sarà a
Dentini, dove la chiesa può
mettere a disposizione un locale. Naturalmente all’inizio
non c’è bisogno di grandi
strutture: si intende partire da
piccole cose, come un computer, alcune riviste, un telefono e un fax. Poi la cosa
dovrebbe crescere e stimolare
anche la testimonianza evangelica che non può non incarnarsi e incidere nei fatti, nella
realtà sociale ed in particolare
nell’impegno di lotta contro
la mafia.
Ecco in poche parole in che
cosa consiste il «progetto Sicilia». Speriamo che non rimanga un progetto solo sulla
carta ma che si traduca in
realtà con la collaborazione
di tutti.
che considerano la cosa pubblica come Cosa Nostra, e
l’essere onorevoli come poter far parte anche dell’Onorata società.
Ma era naturale che anche
da parte delle più alte autorità della Chiesa cattolica
si levasse un grido d’allarme
e una forte reazione contro
quei politici accusati non di
«servire il popolo, ma di asservirlo» a cui, attualizzando
alcuni versetti del Salmo 53,
vengono rivolti i più severi
rimproveri: «Tutti quanti si
sono corrotti, non v’è alcuno
che faccia il bene, neppur
uno. Son essi senza conoscenza questi operatori
d’iniquità che mangiano il
mio popolo come mangiano
il pane».
Sorprende tuttavia che in
questa requisitoria non ci sia
traccia di coinvolgimento di
responsabilità morale e spirituale, come se ad esempio la
classe politica corrotta non
fosse,in gran parte, di formazione e di estrazione culturale
cattolica.
Bene pertanto hanno fatto il
Sinodo e la Federazione a
proporre alle comunità evangeliche di dedicare la ricorrenza del XVII febbraio al tema della libertà dalle mafie,
ma anche a proporre una
giornata di digiuno e di preghiera centrata sul ravvedimento.
Mi sia consentito ricordare
che nel 1963 la comunità
valdese di Palermo pubblicò
un manifesto contro la mafia.
Ma anche le nostre chiese
siciliane lasciarono cadere
nel vuoto l’iniziativa, mentre
allora era opportuno intervenire affinché la mafia non
mettesse radici più profonde.
Solo ora, dopo 30 anni, il
nostro Sinodo mobilita tutte
le chiese in Italia contro la
mafia.
Il ravvedimento va predicato dunque anche all’interno
delle nostre chiese e delle nostre istituzioni. Infatti non è
vero che esse possono essere
additate come modello alla
società civile.
Ma va da noi predicato anche nel mondo della mafia e
della corruzione, non solo
perché Dio non vuole la
morte del peccatore, ma anche perché in quel mondo ora forse in rovina - non c’è
solo arroganza e criminalità,
ma c’è anche vergogna, paura, disperazione; c’è chi è
colpito da infarto, c’è chi si
suicida, ci sono pentiti minacciati da vendette trasversali, latitanti braccati come
belve.
Ma come predicare questo
ravvedimento? Mi sovviene
lo spettacolo commovente di
quella vedova che, l’anno
scorso, nella chiesa di san
Domenico a Palermo, rivolgendosi agli assassini di suo
marito come se fossero presenti, diceva loro con accenti
accorati, mentre le lagrime le
rigavano il volto: «Inginocchiatevi, pentitevi, pentitevi,
pentitevi!».
Quella povera vedova non
chiedeva vendetta contro gli
assassini ma li invitava al
pentimento, al ravvedimento,
e in quell’appello, che veniva
da un cuore affranto di dolore, c’era la predicazione più
autentica di tutta quella solenne cerimonia rituale, appello in cui tutti eravamo allora e dobbiamo sentirci coinvolti anche ora.
4
PAG. 4 RIFORMA
Vita Delle Chiese
VENERDÌ 19 FEBBRAIO I993
Dibattito sul futuro del Centro «Jacopo Lombardini» di Cinisello Balsamo
Cambiano i problemi^ cambiano i progetti
cambiano gli attori: come cogliere il nuovo?
LAURA BALDASSINI
MANFREDO PAVONI
Nel lontano febbraio del
1975 Giorgio Bleynat,
in un ampio e «seduttivo» articolo pubblicato da Gioventù
evangelica sul Centro culturale «Jacopo Lombardini»,
così esordiva: «Nello scorso
settembre, per la settima volta dalla sua esistenza, i locali
della scuola si sono aperti a
un nutrito gruppo di giovanni
lavoratori di Cinisello». Forse anche oggi potremmo far
sapere agli amici e ai simpatizzanti che quei locali si sono riaperti per la venticinquesima volta a un gruppo (non più folto) di ragazzeragazzi e stranieri immigrati.
Vorremmo comunque tentare
qualche riflessione per arricchire e articolare l’intervento
sul Lombardini apparso sul
numero di Riforma del 30 ottobre.
Il Lombardini c’è e esiste,
potremmo dire un po’ ironicamente, anche se non si vede. Il gruppo della comune ha
vissuto in questi due anni
enormi cambiamenti: sono
andati via Marco Rostan e
Roberta Peyrot, dopo una
lunga e profonda presenza
nel lavoro del Centro; è andata via Pina Puglia, giunta anche lei nei primi anni ’80 e
che aveva dato un contributo
considerevole all’impostazione del lavoro politico, religioso, e non ultimo alla socialità
della vita comune.
Nello stesso tempo il gruppo si è rinnovato nella sua totalità e gli ultimi ingressi ri
salgono a qualche mese fa.
Dunque esiste un problema
ben noto di cambiamento generazionale nel contesto di
una situazione sociale e politica che cambia più velocemente del nostro pensiero e
spesso mette in crisi non solo
partiti o forze culturali, ma
addirittura i vignettisti di satira politica.
In questa fase delicata il
gruppo è comunque impegnato su diversi temi e progetti
che non si esauriscono esclusivamente nel gruppo biblico
o nella presenza protestante a
Cinisello (anche se gli evangelici nella comune sono la
maggioranza, come nel 1977,
e questo è un dato importante).
Nell’ultima assemblea, che
abbiamo tenuto a settembre,
abbiamo indicato e elaborato
queste linee di lavoro che vogliamo rapidamente riassumere: da un lato si è riconfermata la volontà di continuare
l’insegnamento della lingua
italiana per stranieri, suddiviso in due cicli e, sempre
nella scuola, il corso per la licenza media, che vede iscritte
una dozzina di persone.
La scuola dunque funziona,
anche se non «a pieno carico», tenendo particolarmente presente le questioni didattiche, i problemi particolari dei singoli studenti e curando il coinvolgimento di
quegli studenti che frequentano il Lombardini.
Si continua a lavorare con
gli stranieri nell’ospitalità (attualmente vive con noi una
donna con le sue due figlie.
provenienti da Sarajevo) e nel
progetto di incontro e di aggregazione con gli stranieri
che abitano nel territorio tramite feste e iniziative esterne.
Un altro progetto che si
sta tentando di lanciare è il
progetto giovani. La commissione composta da una
decina di persone ha individuato l’utenza con cui lavorare, cioè i giovani di Cinisello, senza concentrarsi
esclusivamente su coloro
che sono portatori di problemi particolari. La seconda fase di questo progetto
dovrebbe vedere l’organizzazione di un incontro con i
giovani per capire insieme
che cosa si potrebbe fare (a
questo proposito risulta importante la collaborazione e
l’amicizia che si è creata
con due educatori di strada
di Cinisello che conoscono
bene i problemi e le potenzialità che il territorio può
esprimere).
Certo tutto è ancora in costruzione, ma comunque crediamo importante sottolineare
che elementi di riflessione e
progettualità esistono e richiedono uno sforzo di ideazione e attuazione che va comunque messo in relazione
con una situazione socio-politica che non è più quella degli anni ’70 (anche se gli ultimi avvenimenti, la ripresa
delle lotte sindacali, l’auto
organizzazione giovanile,
l’interesse per la città, per i
servizi che potrebbe offrire
ma non offre dovrebbero essere presi sul serio e analizzati più attentamente).
Ivrea
No al
razzismo
Mercoledì 3 febbraio, presso la sala di un cinema cittadino, le comunità cristiane
di Ivrea (cattolica, dei Fratelli, valdese) hanno organizzato un incontro sull’antisemitismo.
La serata si è articolata in
diversi momenti: un’introduzione, in cui sono stati ricordati gli avvenimenti dal 30
gennaio 1933, data della salita al potere nella Germania
della repubblica di Weimar di
Adolf Hitler, fino al 1945,
che hanno segnato i 12 anni
più tragici di tutti i tempi per
l’umanità, con la responsabilità di tutte le chiese cristiane.
C’è stata poi la proiezione
del video Voci e volti dai
campi di sterminio seguita
da alcuni minuti di silenzio e
poi da un ampio dibattito.
Interlocutori del numeroso
pubblico sono stati il vescovo
di Ivrea, mons. Bettazzi, la
professoressa Finzi della comunità ebraica di Torino, il
pastore Gianni Genre e
Giampiero Venturini della locale comunità dei Fratelli.
Chiesa metodista di Savona
Verso il confronto
con la città
Anche quest’anno la Chiesa metodista di Savona ha
mantenuto i collegamenti
amichevoli con le associazioni e gli enti comunali, dando
loro ospitalità nella propria
sala. Essa ritiene importante
sostenere, su quegli argomenti che approva, quelle
iniziative cittadine che danno
un contributo culturale o
umanitario.
Sono da segnalare due belle
conferenze, ambedue accompagnate da un’appropriata documentazione con diapositive. La prima è stata
quella di Amnesty International, gruppo Savona, che ha
ospitato il 22 novembre in un
incontro pubblico Bruce Harris e Hector Lopes, dirigenti
di «Casa Alianza», che difende i bambini di strada del
Guatemala.
La seconda quella del 1 ° dicembre, con l’Associazione
per la pace, che opera a favore dei profughi della Bosnia;
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in quell’occasione ha parlato
Dinko Slany, del Movimento
per la pace di Fiume.
Con gli organismi comunali si sono concordati anche
due interventi culturali di alto
livello: a novembre due circoscrizioni hanno organizzato
una rassegna di 4 concerti
delle corali di Valtoumanche
in costume, di Calizzano Alpina, di Savona (composta di
sole donne) e del gruppo polifonico di Albisola.
L’Università per la terza
età poi ha programmato fino
a maggio la serie di 12 lezioni del corso sul tema: L’uomo
e la sua psicologia.
Se le due conferenze hanno
richiamato una sessantina di
persone, le iniziative del Comune hanno riempito la sala
con 200! Inoltre il deposito
libri della Claudiana editrice,
in chiesa, ha predisposto un
banchetto di libri a Varazze,
durante il ciclo di conferenze
che durerà fino a febbraio, sul
tema: Dialogo con le religioni non cristiane, condotto dal
«Volontariato internazionale
donne».
E stato fatto anche un intervento presso la Biblioteca
civica di Albenga, tramite il
locale Centro evangelico,
che ha deciso di acquistare
una trentina di pubblicazioni
di storia e cultura evangelica. (.v^)
Il disagio sociale, l’emarginazione, l’attacco alla salute
e al lavoro con decine di migliaia di licenziamenti annunciati devono essere collocati in una lettura non solo
sociale e educativa ma anche
politica. Se il Lombardini saprà cogliere il nuovo che
avanza e riuscirà a rinnovarsi
in una fase che segna la fine
di un’epoca ma in cui è difficile intravedere le prospettive
e i rischi, allora forse sarà più
vicino alle donne e agli uomini che vivono qui e ora, e che
spesso vivono male, vivono
un disagio che non è più solo
giovanile, ma è sociale e generalizzato.
Questa è certamente un’analisi parziale, uno spaccato
della situazione in cui questo
Centro culturale si trova oggi,
alle porte del duemila. Per
questo invitiamo tutti i lettori
di Riforma a esprimere idee e
proposte che magari potrebbero costituire una base su
cui trovarci a parlare del
Lombardini e a pensare come
andare avanti.
Il gruppo continua a autogestirsi nel senso che il pastore, pur dando un contributo importante a diversi livelli, fa parte del gruppo ma
non ne è il capo o il direttore.
Certo, senza un pastore il lavoro teologico e evangelico
subirebbe una battuta di arresto, ma nella comune è ancora una volta l’assemblea, e a
volte la faticosa ricerca di
mediazione e di sintesi, a
«dirigere» il gruppo, le sue
decisioni e forse anche gli
errori.
Fgei
Con ortodossi
e albanesi
Nell’ambito del progetto di
solidarietà e scambio culturale Italia-Albania della Federazione giovanile evangelica e del Servizio rifugiati e
migranti della Fcei, in
collaborazione con le chiese
di Puglia e Basilicata, è stata
organizzata dal 16 al 20 febbraio la visita di una delegazione di albanesi appartenenti
alla Chiesa ortodossa autocefala. La delegazione, composta da tre persone fra le quali
il segretario generale della
chiesa ortodossa, Aleko Dhima, sarà a disposizione per
esporre le problematiche sociali e politiche che stanno in
questo magmatico periodo
storico interessando l’Albania, e in particolare per offrire informazioni dirette sulla
situazione della testimonianza cristiana ortodossa attualmente in forte ripresa nel
paese. Il calendario prevede
tappe in varie località; in particolare, dopo aver visitato
Corato, Mottola e Venosa, il
19 gli ospiti saranno a Conversano e il 20 a Bari, da dove ripartiranno per l’Albania.
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Giovani evangelici del Nord Italia
Bibbia e sessualità
Dal 5 all’8 dicembre si è
svolto a Venezia il seminario
di formazione quadri Fgei del
Nord Italia sul tema della sessualità.
La tematica è stata affrontata con diversi metodi: abbiamo avuto alcune relazioni,
dei momenti di discussione in
piccoli gruppi e in plenaria,
dei giochi e delle animazioni.
All’inizio si è affrontata la
questione della naturalità e
dell’innaturalità e di come la
cultura influisca nella determinazione di questi due
concetti.
Non è mancato il confronto
con la Bibbia e con il nostro
essere credenti, discussioni
che ci hanno anche aiutato
nel preparare il culto che abbiamo tenuto a conclusione
del seminario.
Ulteriore stimolo a riflettere è stata una discussione
del pensiero di Mario Mieli.
Nel momento delle valutazioni più interventi hanno
rilevato che la partecipazione di persone dichiaratamente omosessuali e bisessuali è servita alla nostra
crescita individuale e collettiva. Infine si è tentato di
capire quanto nelle nostre
comunità il tema della sessualità sia dibattuto, e ci
siamo lasciati con l’esortazione a continuare le riflessioni iniziate nei singoli
gruppi Fgei e nelle comunità locali.
Oltre ai momenti di riflessione abbiamo incontrato la
comunità di Venezia al culto
domenicale, abbiamo visitato
la città (acqua alta permettendo) e trascorso le serate giocando e cantando. Ciò ha
contribuito a creare quell’affiatamento che è stato particolarmente intenso a fine seminario. (md e gj)
Settimana per l'unità dei cristiani
Incontri ben riusciti
CASORATE PRIMO — Giustizia e pace, come frutto dello Spirito Santo, sono state oggetto di riflessione durante la
riunione pomeridiana di domenica 24 gennaio, in cui con spirito ecumenico si sono trovate nel tempio battista di via Tosi
circa 200 persone, evangelici e cattolici.
Don Sante, parroco di Casorate Primo, ha messo in risalto il
dono della giustizia e in che cosa consista, mentre il past. Inguanti ha rivolto un messaggio a tutti i presenti che gremivano
il tempio (un centinaio in piedi), mettendo in rilievo le varie
«paci», quelle effimere e la vera pace, frutto dello Spirito Santo.
Hanno partecipato anche credenti e sacerdoti del decanato
(Motta Visconti ecc...). La riunione è stata caratterizzata da
spirito di fraternità, pur nella diversità dottrinale, suscitando
in tutti gioia spirituale.
Secondo il programma letture bibliche, preghiere e canti
evangelici (fra i quali Sol Cristo è della chiesa e il Discendi
Santo Spirito, cantato con ritmo ambrosiano da un coro) hanno arricchito la liturgia
Alla fine della riunione la comunità di Casorate ha distribuito a tutti un foglio che dice: Cristo è la nostra pace.
ROVERETO — La settimana universale di preghiera per
l’unità dei cristiani ha registrato anche quest’anno alcuni momenti di incontro fra comunità valdese e comunità cattolica.
- Domenica 17 gennaio (giornata dedicata in particolare al
dialogo ebraico-cristiano dal 1989, su proposta del Sae) la settimana è stata aperta con la nostra predicazione nel corso di
due celebrazioni eucaristiche, presso due diverse parrocchie
della città; nella predicazione è stato introdotto il tema della
settimana, incentrato sul testo di Calati 5, 22-23.
- Venerdì 22 gennaio un giovane della nostra comunità ha
predicato presso un’altra parrocchia cattolica, nel corso di una
veglia ecumenica giovanile.
- La mattina di domenica 24 siamo intervenuti, con letture e
brevi commenti e con una preghiera di Lutero sull’unità, durante la celebrazione eucaristica nella principale chiesa di Rovereto.
Al pomeriggio è stato celebrato in una ampia sala cittadina,
messa a disposizione dai Rosminiani, un culto evangelico presieduto dal pastore valdese di Verona, Giulio Vicentini: oltre
a diversi membri della diaspora evangelica del Trentino, era
presente quasi un centinaio di fratelli cattolici.
La settimana era stata previamente sottolineata da parte nostra e da parte cattolica sulla stampa locale ed ha anche segnato la ripresa di un ciclo di trasmissioni radiofoniche su tematiche ecumeniche.
La sorella Florestana Sfredda ha avuto inoltre occasione di
recarsi in una chiesa cattolica di Treviso, su invito di mons.
Piero Fietta, docente del Seminario vescovile trevigiano, a seguito di una proposta del Sae locale: sono stati chiesti due interventi: uno nel senso del pregare insieme e uno più specificamente sul tema dello Spirito e dei suoi frutti.
Al di là della settimana di fine gennaio, continuano intensi a
Rovereto i rapporti con la comunità cattolica, che ci chiede
esegesi bibliche, riflessioni comunitarie, momenti di dialogo e
di comune preghiera.
SUSA — Anche quest’anno la comunità valdese ha partecipato ad alcune iniziative ecumeniche svoltesi in città. La prima
il sabato 16 gennaio in occasione di una veglia ecumenica per
la pace, preceduta da una marcia silenziosa, con fiaccole, di
circa seicento persone e culminata nella chiesa di San Francesco dove il vescovo, mons. Bemardetto, e i pastori Baldi e Paschetto e un giovane musulmano hanno guidato i momenti di
riflessione e di preghiera.
La seconda, nell’ambito della settimana di preghiera per
l’unità dei cristiani, la domenica 24 gennaio nella cattedrale di
Susa, con la presenza del vescovo, dove il pastore Baldi ha predicato sul brano di Matteo 5, 9-10: «Siano benedetti i portatori
di pace».
5
\/F.NERDÌ 19 FEBBRAIO 1993
Vita Delle Chiese
PAG. 5 RIFORMA
Analisi testuale e soggettività: un'interessante iniziativa delle chiese valdesi di Roma CRONACA
Un «laboratorio della parola» per imparare
a leggere e a dire la storia della Bibbia
FRANCA LONG
Chi volesse salire quattro
piani a piedi e affacciarsi
il martedì sera alla stanza «alta» della chiesa valdese di
piazza Cavour, si troverebbe
di fronte uno scenario inusuale: una quindicina di persone di varia età impegnate a
controllare il proprio diaframma in esercizi di respirazione
e in tentativi spesso infruttuosi di dare sonorità e colore ad
alcune vocali, sillabe, parole.
È il «laboratorio della parola», animato dal fratello Franco Giacobini, che ha messo la
sua lunga esperienza di attore
e la sua passione per la Parola
a disposizione di un gruppo
di membri di chiesa e simpatizzanti. L’intento è quello di
acquisire strumenti per la lettura e la comprensione dei testi biblici in vista di una partecipazione più corale al culto
e di possibili letture pubbliche della Bibbia, nei pomeriggi di apertura del tempio
(per esempio durante la Settimana della libertà).
L’iniziativa promossa dal
Concistoro all’inizio dell’anno ecclesiastico si è articolata
in due direzioni: un incontro
mensile domenicale di riflessione sulle varie parti del culto, sul significato, la collocazione, i modi dei momenti liturgici e del sermone; un incontro settimanale serale di
vero e proprio «laboratorio».
Partendo dal presupposto
che bisogna imparare a leggere con lo stesso impegno
con cui si impara a cantare, il
laboratorio ha dato spazio
agli interventi di alcuni
«esperti» di Bibbia e di linguaggio e a una serie di lezioni sulla tecnica della comunicazione. Obiettivo: una
lettura limpida, sobria, partecipata.
Parallelamente alla «scuola» tecnica, il gruppo ha lavorato sui testi biblici, cercando
di individuarne le parole
chiave, il tema principale; si è
anche esercitato nell’immaginare per ogni lettura un «sottotesto» che aiutasse a cogliere lo spessore di esperienze,
sentimenti, idee dell’autore
del testo e suggerisse un prima e un dopo all’episodio
preso in esame (Ezechiele
nella valle di ossa secche,
Giona in fuga, in fondo al
mare, a Ninive...).
Ma l’esperienza più insolita
per i partecipanti al corso,
abituati a un’analisi il più
possibile oggettiva dei passi
biblici, è stata quella di fare
emergere la propria «memoria emotiva», nel tentativo di
comunicare attraverso la lettura la memoria di un’esperienza autentica: la scommessa cioè di trasmettere a chi mi
ascolta che quel testo è stato
ed è «vero» per me, che quella particolare parola è capace
, di cambiare la vita e io ne sono testimone.
Un traguardo tutt’altro che
Un momento del culto nella chiesa valdese di Roma
facile, naturalmente, ma ricco
di suggestioni. L’intreccio tra
una lettura «politica» della
Bibbia (mai forse impegnativa come oggi) e una lettura
attenta alla «soggettività» (alle emozioni, ai desideri, alle
sconfitte personali) si è rivelato subito terreno affascinante da indagare, a prescindere
dai risultati strettamente tecnici che hanno bisogno di
tempi lunghi.
Il laboratorio entra ora in
una fase più organicamente
legata al culto della domenica
successiva. Ogni incontro
prevede una presentazione e
un inquadramento del testo
scelto per il sermone, a cura
della pastora Maria Bonafede, seguiti dall’elaborazione
collettiva di un sottotesto,
dall’analisi strutturale del
brano e dalle varie prove di
lettura.
La festa delle Corali valdesi, un'esperienza culturale e fraterna
Testimoni del tuo amore
La Festa di canto delle corali si terrà il 9 maggio a Villar Porosa.
Secondo il calendario questa sarà la domenica dedicata
alla Comunità evangelica di
azione apostolica, e per questo l’Assemblea delle corali
ha pensato di proporre un tema riguardante l’evangelizzazione.
Nell’Innario cristiano, e
precisamente nelle strofe
dell’inno 107, si è trovata la
frase chiave, che farà da filo
conduttore alla giornata: Testimoni del tuo amore.
La giornata si svolgerà
sulla falsariga della festa di
due anni fa, a Agape: al mattino i partecipanti si ritroveranno alle 9,15 per provare
gli inni d’insieme. Alle 10 si
terrà il culto, e dalle 11 alle
12,30 i laboratori.
Questa è un’esperienza un
po’ nuova e consiste nell’organizzazione di diversi gruppi, con ciascuno una propria
proposta, a scelta dei corali
ISTITUTO MEDICO-PEDAGOGICO
«Uliveto»
LoseroaJ^^ Giovanni
. -.i
■li
. ' i \ '
. ^hveto, in vista della fprton^
ffkinica che chUosse «fitóf^iatcì a lìÉmme con portatori
CB handicap può presentare domanda errtro, a n<»iwe, il
giorno 8 marzo 1993, purchéjfebla i
- diploma di scuota medld superiore
- sei mesi di ei^perNim»i nel e^ore^aoeie-sssi*
stenziale;
-diplomadiedueirtoraspaciallzzato .........^
. ^ -età 18^anni
La domanda In carta libera dovrà essere corredata da currteulumvitae. s
isfitirto medico-pedagogico «UllvelQ*
Strada vecchia di S. Giovanni, 89
10062 LusamaSaljl^ifwanni-tei. 0121/960253
sti. I primi due lavoreranno
insieme, il primo con il canto e il secondo con l’accompagnamento di strumenti
musicali Orff.
Un laboratorio proporrà lo
studio di uno spiritual; un altro proporrà un canto africano, e altri coralisti potranno
scegliere di imparare un inno
tradizionale e saranno indirizzati a altri laboratori e altri direttori di corale, a seconda del numero di partecipanti.
Alle 13 ci sarà la pausa per
il pranzo, che si potrà consumare tutti insieme nei locali della Pro Loco a Inverso.
La «festa» vera e propria
avrà inizio alle 15: ci sarà la
presentazione del lavoro effettuato al mattino e ogni corale o gruppo di corale potrà
presentare un inno preparato
durante l’anno.
Gli inni d’insieme saranno
i nn. 278, 145, 129 dell’Innario cristiano, e un canto
Peuple de frères, che le corali riceveranno.
Altri argomenti che saranno affrontati saranno la manutenzione degli organi a
canne da parte di un organaro che, periodicamente, si
occuperà dei lavori da fare,
per mezzo di un abbonamento sostenuto dalle chiese, e il
problema del canto dell’assemblea ai culti.
È sempre meno seguito, e
su questo le corali devono
interrogarsi e i coralisti dovrebbero fare delle proposte
per ovviare alla carenza di
interesse.
Treviso:
manifestazione
evangelistica
in piazza
La sala comunale di Trevi
so, un tempo appartenuta alla contessa valdese Zenobia
Teodolinda in Onigo, ha visto riunita una quarantina di
fratelli e sorelle della chiesa
di Venezia residenti nella
città lagunare, a Mestre, Treviso e Mogliano Veneto, per
un’iniziativa di carattere
evangelistico.
Un banco libri della Claudiana e un’introduzione
evangelistica del pastore Eugenio Stretti hanno permesso
a una quindicina di persone
di entrare in contatto con la
realtà evangelica valdese e
metodista.
Muovendo da Ebrei 11, 16, testo non letto ma presente nell’intera esposizione,
il pastore Stretti ha illustrato
il tema Gesù Cristo speranza
del mondo. La speranza è
prima di tutto il dono della
fede, il miracolo sempre attuale di Dio.
Questa speranza si traduce
in una militanza quotidiana a
favore delle sorelle e dei fratelli minimi.
Nel dibattito è poi emersa
la necessità di leggere tutta
la Bibbia: l’Evangelo è, come ricordava Giovanni Calvino, semplice e chiaro.
Si è trattato di una prima
esperienza evangelistica, resa possibile dalla dedizione
di alcuni fratelli di Treviso
che hanno profuso energie e
denaro per la buona riuscita
della manifestazione.
GRAVINA - Sabato 9 gennaio si è svolta la festa dei bambini
della scuola domenicale con recite, canti ed intervento della
corale dell’Unione giovanile.
Il gruppo dei piccoli e piccolissimi ha presentato una recita
su «Giona, il profeta disubbidiente», mentre quello dei medi e dei grandi ha drammatizzato la storia di «Ruth, la moabita». Entrambi gli argomenti erano stati studiati nei mesi
precedenti.
SAN GIOVANNI DI GALERMO (CT) - Sabato 30 gennaio
nell’aula consiliare si è svolto un dibattito sul tema «Circolazione delle idee e libertà religiosa», organizzato dall’associazione «Nuovi Orizzonti» con la partecipazione dei giornalisti Gaetano Ventimiglia e Salvatore Loria e dei pastori
Mario Romeo e Salvatore Rapisarda.
Il dibattito, molto animato, ha fornito vari spunti di riflessione, in particolare sulle «impari opportunità» date ai gruppi minoritari, alle opposizioni, a chi non detiene alcun potere istituzionale.
Il modello culturale cristiano, lo stile di vita dei discepoli di
Cristo, il loro concetto di politica che «fa sedere il povero
coi principi» (Salmo 113), rappresentano un’alternativa di
indiscutibile valore etico per ogni epoca.
FERRERÒ — La comunità esprime la sua simpatia fraterna
alla famiglia di Elsa Poèt in Peyrot, mancata recentemente.
PINEROLO — Si sono svolti i funerali di Evelina Barai ved.
Claro, originaria di Massello.
SAN GERMANO — Domenica 31 gennaio, durante una vivace assemblea di chiesa, è stato approvato il bilancio preventivo 1993 che per quanto concerne la somma da inviare alla
cassa centrale prevede un aumento del 19% richiesto dalla
Tavola.
• Ci ha recentemente lasciati, dopo un lungo periodo di malattia, il fratello Edvi Gallian. Rinnovando l’espressione
della nostra cristiana simpatia alla moglie, ai figli e ai parenti tutti, ricordiamo le parole del Signore: «Io sono /a resurrezione e la vita; chi crede in me anche se muore vivrà».
TORRE PELLICE — Formuliamo i nostri auguri a Lilia Davit e Walter Roland che si sono uniti in matrimonio.
• Con cristiana simpatia la comunità è vicina alle famiglie
di Erminia Rivoira ved. Travers, Daniele Ghigo e Alda
Pellenc in Ferma, che ci hanno lasciato.
RORÀ — Nella circolare ricevuta in questi giorni abbiamo notato in fondo il bilancio complessivo del ’92 e il preventivo
proposto e approvato nell’ultima assemblea di chiesa. Unita
alla circolare vi è una bustina «prò tempio». A tutti coloro
che hanno partecipato attivamente alle attività della chiesa e
a tutti quelli che si uniranno in futuro un grazie affettuoso
dal Concistoro.
POMARETTO — La comunità si rallegra con Riccardo Barai
e Marisa Bergantin, che hanno presentato il piccolo Edoardo Emanuele al battesimo; con Italo Giai Checco e Luciana Barai, che sono stati allietati dalla nascita di Alex; con
Luigi Baret e Alina Ribet, che hanno festeggiato il loro
50° anno di matrimonio. Che il Signore rimanga con tutti
loro come guida costante per la vita.
IVREA — Il gmppo donne ecumenico, composto da sorelle
cattoliche e evangeliche, continua a incontrarsi regolarmente e quest’anno ha scelto come argomento lo studio di alcune figure femminili dell’Antico Testamento. Nella prima
riunione il libro e la personalità di Ester ci sono stati presentati da un’amica ebrea, che ci ha promesso la sua presenza anche nella prossima riunione, in cui rifletteremo sul libro di Ruth.
Il gruppo sta diventando quindi sempre più ecumenico, e
speriamo di trovare presto anche una voce femminile musulmana (cgv).
LUSERNA SAN GIOVANNI — Durante il culto di domenica
14, presieduto dal past. Davite, i coniugi Claudio Cariucci e
Loredana Gaydou hanno presentato al Signore e alla comunità il loro bimbo, Emanuele. Il Signore benedica questo
fanciullo e lo aiuti a crescere sotto la sua grazia.
• Fa ormai parte della storia dell’Unione femminile l’incontro con Bruna Peyrot la seconda domenica di febbraio. Le
unioniste si sentono sempre coinvolte dalle vicende che
Bruna racconta con semplicità ed entusiasmo.
Quest’anno rincontro ha avuto per tema una ricerca per
scoprire qualcosa di più della vita delle donne nella storia
valdese. Ringraziamo Bruna per questo lavoro e per la sensibilità dimostrata nel dedicarci questo incontro.
PINEROLO — Per i postumi di un intervento chirurgico è
mancato Italo Eynard, lasciando nel lutto la sua famiglia,
la sua comunità, i suoi studenti e i collaboratori.
Noto come studioso di agricoltura, era stato preside della
facoltà di Agraria dell’Università di Torino, era autore di
importanti pubblicazioni, aveva lavorato in varie parti del
mondo partecipando anche a un progetto della Fao in Patagonia. Molti ricordano la sua funzione di promotore della
ripresa dell’attività agricola dopo l’incendio di Prarostino
nel febbraio 1990 e della valorizzazione dei vecchi vitigni
locali.
Nella nostra comunità era stato per molti anni animatore
della scuola domenicale e dei cadetti; tutta una generazione
di giovani ricorda le riunioni del sabato al tempio e i campeggi da lui organizzati in varie località per far conoscere
molte opere delle nostre chiese, coinvolgendo la maggior
parte dei ragazzi valdesi a Pinerolo in programmi di studio
e divertimento.
Pensiamo con simpatia in questo momento a Giuliana, Carlo, Anna e a tutti i familiari, invocando su di loro la benedizione dall’Alto.
6
PAG. 6 RIFORMA
VENERDÌ 19 FEBBRAIO 1993
AL PRINCIPIO
FU
LA VIOLENZA ?
MASSIMO APRILE
Mentre abbiamo tutti una
certa dimestichezza
con i racconti biblici della
creazione di Genesi 1 e Genesi 2, spesso ignoriamo un racconto mitico della creazione
del mondo antico quanto
quello biblico, se non di più,
che risale alla civiltà babilonese.
La storia, che data nelle sue
tradizioni più antiche al 1250
a.C., viene chiamata «Enuma
Elish», dalle sue prime parole
che significano «Quando in
alto». Essa ebbe grande impatto nella cultura babilonese
e mesopotamica in generale.
Il poema pare fosse letto ogni
anno durante la festa del Capodanno.
«Quando in alto» dunque,
Tiamat ed Apsu, rispettivamente divinità femminile e
maschile, personificazione
dell’acqua salata la prima e
dell’acqua dolce la seconda,
si unirono, generarono Mummu, da cui nacque un’intera
schiera di giovani dèi.
La nuova generazione si dimostra molto rumorosa e ribelle, al punto che gli dèi più
anziani decidono di sopprimerli per ritrovare così la
pace e poter finalmente dormire tranquillamente. Ma i
giovani dèi, venuti a sapere
combattere contro i giovani
dèi ribelli. Anche Qingu fu
assassinato. La ragione per
cui gli umani furono creati fu,
secondo quel racconto, quella
di servire gli dèi in eterna lotta fra loro.
Il mito babilonese
Questo molto sinteticamente il mito babilonese
della creazione. Notarne i
contrasti con i racconti biblici
riportati dalla Genesi ci viene
quasi naturale e non ci pare
esercizio inutile.
Secondo il mito babilonese
della creazione il mondo è
fondato fin dall’inizio sulla
violenza. Al principio, prima
che il mondo fosse, c’era la
violenza e l’odio.
Entrambi i testi della Genesi, sia quello della redazione
sacerdotale (cap. 1) che quello Yavista (cap. 2), pongono
aH’origine del mondo la volontà di un Dio che dichiara
ogni cosa «buona» e che crea
un giardino ricco di acque e
di frutti dove l’essere umano
può vivere. Ogni creatura vive in armonia col resto della
creazione.
La violenza non manca, ma
entra in scena successivamente, in un’escalation scan
BRj
«E Dio creò l’uomo a sua immagine; lo
creò a immagine di Dio; li creò maschio e femmina. E Dio li benedisse »
(Genesi 1,27)
«E Dio vide tutto quello che aveva fatto, ed
ecco, era molto buono»
(Genesi 1,31)
«E Dio benedisse il settimo giorno e lo santificò, perché in esso si riposò da tutta l’opera
che aveva creata e fatta»
(Genesi 2, 3)
*E l’Eterno Iddio formò l’uomo dalla polvere della terra, gli soffiò nelle narici un alito vitale, e l’uomo divenne un’anima vivente»
(Genesi 2, 7)
«Tu, con la tua forza, spartisti il mare,
tu spezzasti il capo ai mostri marini sulle acque,
tu spezzasti il capo del leviatan,
tu lo desti in pasto al popolo del deserto»
(Salmo 74, 13-14)
della trama contro di loro, uccidono Apsu e Mummu. Tiamal allora medita vendetta.
L,a forza e lo spirito vendicativo della terribile Tiamat
sono temute dai giovani dèi,
che ricorrono a Marduk, altra
divinità conosciuta per la sua
forza e il .suo coraggio. Egli
accetta di battersi con Tiamat,
a patto però di essere poi riconosciuto come loro capo.
Avendo ricevuto sufficienti
garanzie, egli sfida Tiamat e
riesce ad intrappolarla in una
rete. Le soffia addosso venti
furenti e le trafigge il ventre
con una freccia. .Squarciata in
due Tiamat. Marduk con
metà del suo corpo fece il
mondo, e con l'altra metà fece le acque di sotto. L'essere
umano invece fu creato, per
volere di Marduk. dal sangue
del dio Qingu, che era un mostro creato da Tiamat per
j dita dal su.sseguirsi dei primi
11 capitoli della Genesi, dopo
cioè la ribellione degli umani
a Dio. Fu così ad esempio che
nacque la città, fondata dalla
violenza di Caino e attraversata dal terribile canto di vendetta di Lamec (Gen. 4. 23).
L'intervento di Dio era invece sempre teso a mettere un
, argine alla violenza umana.
[ come ad esempio il segno poI sto a protezione del fratricida
I Caino dimo.stra (Gen. 4, 15),
j violenza che affonda le sue
radici nella ribellione contro
Dio. non nella sua originaria
I volontà.
Nel racconto dell'Enuma
! Elish la violenza non è soli tanto fondante, ma perdurante. violenza è il principio
ordinatore del mondo. Gli
! umani sono costretti ad un
destino di guerra che è scritto
per loro e dentro di loro. Essi
sono al servizio della violenza. La creazione è prigioniera
di un ciclo di violenza che
non ha mai fine.
Nei racconti della Genesi il
principio ordinatore è invece
la Paola di Dio (Genesi 1 ). La
Parola ordina e ogni cosa immersa nel caos primordiale riceve da Dio una sua collocazione e un suo limite.
L’essere umano, creato per
volontà di Dio, è posto al servizio di un giardino (Gen. 2),
custode del rapporto armonioso che Dio ha creato. Egli
è servitore di un ordine di
«shalom».
Testi biblici come quelli
del Deutero-Isaia, o quelli
contenuti in varie parti nel
Nuovo Testamento, ci parlano poi di una «nuova creazione», una creazione alla fine
dei tempi, in cui non solo è
restaurata l’armonia originaria, ma in cui Dio stesso partecipa divenendo «tutto in
tutti».
Secondo l’Enuma Elish
Tessere umano è di sostanza
divina, essendo infatti generato dal sangue di una divinità uccisa. Tuttavia, que.sta
sua «qualità» non lo sottrae,
anzi lo condanna, al suo destino di «servitore della guerra». Egli porta nel suo essere
il grido di vendetta di un sangue versato.
Il racconto biblico
Secondo la Genesi Tessere
umano è creato da Dio e
tra i due non c'è confusione
di sorta. Dio è Dio e l’umanità è umanità. C'è senz’altro
un rapporto tra Dio e l'umanità, quest’ultima creata ad
«immagine e somiglianza» di
Dio stesso (Gen. 1 ). ricevente
il re.spiro dalT«alito di vita»
soffiato da Dio nelle sue narici (Genesi 2). tuttavia la distinzione è netta. L'umanità
non è ritagliata dalla sostanza
divina. La creatura umana è
posta su un piano di responsabilità rispetto all'ordine che
Dio le affida. Es.sa è invitata
ad accettare i suoi limiti creaturali (Gen. 2, 17), ed è invitata a partecipare alla festa
sabbatica, nella quale Dio si
riposò (Gen. 2. 1-3).
.Solo l'eliminazione del nemico. secondo TEnuma Elish, permette la na.scita di un
nuovo ordine. Alla violenza
viene così riconosciuta una
sua forza redentiva. La violenz.a è una vera e propria religione. che vuole sacrifici e
obbedienza assoluta.
Seeondo la Genesi (eap. 2)
non l’eliminazione fisica del
nemico è all’origine, ma la
ereazione della donna e
l’amore tra l’uomo e la donna
(Gen. 2, 23) quale sua
compagna e partner di pari
grado e dignità.
Certo è vero che anche
nella letteratura biblica
ci sono echi di questa mitologia babilonese. Alcuni Salmi,
ad esempio, contengono reminiscenze di un’antica battaglia di Yahwè contro dei
mostri primordiali (Salmo 74,
13-14 o anche Salmo 89, 10),
ma niente di questa mitologia
entra sistematieamente nella
riflessione teologica delle origini del mondo.
La violenza viene rieonosciuta con realismo anche
dalla Scrittura, ma essa non
riceve una dignità particolare
da essere posta all’inizio o alla conclusione della storia
umana.
Il eonfronto ci porta, quasi
spontaneamente, ad una serie
di riflessioni che sono anche
di attualità.
Innanzitutto, noi di chi siamo figli? Non è forse vero
che la nostra cultura sembra
affondare le sue radici più
nella mitologia babilonese
che nella storia biblica della
creazione?
La mitologia televisiva che
offriamo ai nostri figli, a partire dai eartoni animati ai film
di James Bond o di Rambo,
non sono forse inconsapevole
eredità di questo mito pagano? La violenza ha la prima e
l’ultima parola. La guerra appare come la eosa più naturale di questo mondo. La sconfitta del nemico sembra Tunica maniera di riportare ordine
sulla terra. Il nuovo ordine
mondiale è dunque quello dei
muscoli, delle portaerei, dei
missili aria-aria, degli sbarchi
armati c di ogni altro intervento violento.
La violenza
è una religione
La violenza è una religione. E Dio non smette di
essere invocato, e bestemmiato. come l’Iddio della propria
tribù, contro quella nemica.
I^ violenz.a è religione anche
nelle nostre metropoli. Qui
T«Arancia meccanica» è culto. Si ammazza per la droga,
ma anche per pagarsi la di
scoteca. Si uceide per mafia,
ma anche solo per un diverbio nel traffico caotico
della città. Non ci si chiede
neppure più la ragione della
violenza. Essa è fine a se
stessa. È la gabbia, il destino
degli umani. Essi sono creati
per essere suoi servitori.
Ed è così che di fronte alle
guerre, ai raid, alle azioni dimostrative non si sente più
quella nausea, quel senso di
umana ribellione per la vita
violata, poca o nessuna solidarietà viene espressa per le
vittime innocenti, per quelli, i
più indifesi, che poi devono
passare alla cassa per pagare
il prezzo delle decisioni strategiche prese sempre altrove.
Gli avvenimenti di questi
giorni che coinvolgono oggi
città simbolo della violenza,
come Sarajevo, Mogadi.scio,
di nuovo Baghdad, e aneora
Gerusalemme, dimostrano
che la guerra non è principio
ordinatore proprio di niente.
Es.sa, dopo aver seminato migliaia di morti, lascia tutto
com’era prima, spesso peggio
di prima.
Qualcuno, all’indomani
della guerra del Golfo, aveva
cereato di consolarsi affermando che finalmente il con
flitto tra israeliani e palestinesi si sarebbe risolto e che
Saddam Hussein avrebbe dovuto archiviare le sue idee
bellicose e i tanti avventurieri
della storia eon lui. Così non
è stato.
I pessimisti, chiamati spesso
anche «disfattisti», avevano invece affermato che
quello scontro aveva solamente ridato cittadinanza alla
guerra come mezzo di risoluzione dei conflitti e che l’unico risultato sarebbe stato
quello di rimpinguare i budget dei ministeri della difesa
di molti paesi occidentali.
A noi cristiani è data piena
facoltà di avere idee molto
diverse sui casi concreti che
ho appena citato e tale dialettica deve poter esprimersi.
Non ci è data però facoltà di
credere nella violenza o di
cedere alla eultura della guerra.
Nella violenza non si esprime né l’originaria volontà
creatriee di Dio, né la sua potenza redentriee, manifestatasi quest’ultima nell’amore,
nella nonviolenza e nel dono
della vita che ci ha fatto nel
suo unigenito figliuolo. Cristo Gesù.
Cristo nostra pace
Tuo figlio, o Signore,
venne e predicò la pace.
Per questo subì la morte amara sulla croce.
Ma noi, cosa abbiamo fatto?
Ci siamo raccolti come sua comunità,
ma abbiamo abbandonato il mondo a se stes.so.
Volevamo la calma del nostro paese,
ma abbiamo chiuso gli occhi
davanti alle sofferenze degli altri.
Abbiamo costruito il nostro .stato nel nome di
Cristo
e abbiamo ritenuto giusta la guerra contro il
nemico.
Cercavamo la sicurezza completa in questo
mondo,
ma abbiamo portato insicurezza e paura tra le
persone.
Siamo falliti davanti a te,
il nostro Salvatore,
e perciò ti supplichiamo:
Cristo, pietà.
(Chiesa evangelica in Renania)
7
Spedizione in abb. post. Gr 1] A/70
In caso di mancato recapito rìsp>edire a;
CASELLA POSTALE 10066
TORRE PELUCE
Fondato nel 1848
E Eco Delle Yaui ¥ilde
venerdì 19 FEBBRAIO 1993
Cittadini ammalati, medici e farmacisti alle prese con le nuove leggi sanitarie
Dottore: mi conviene con la mutua o senza?
La vendita delle medicine tra bollini e ticket
XVII FEBBRAIO 1993
PIERVALDO ROSTAN
Icittadini non sanno più
che pesci pigliare: ticket, bollini, medicinali
salvavita.
Si ha la sensazione di
non potersi ammalare più di
tante volte pena, dopo un po’
di tempo, esauriti i famosi
bollini, il doversi pagare interamente farmaci o prestazioni diagnostiche.
Oltre ai medici, i farmacisti
sono probabilmente le persone
che vivono più direttamente il
contatto col cittadino malato
(e preoccupato).
«Mi conviene di più con la
mutua o senza?» o ancora:
«Quando saranno finiti i bollini che cosa succederà?». Questi sono alcuni degli interrogativi che è più facile sentire;
quali sono le prime impressioni dei farmacisti?
«È francamente presto per
dire se questa nuova regolamentazione della partecipazione alla spesa farmaceutica
da parte dei cittadini porterà,
in futuro, ad un cambiamento
del rapporto medico-pazientefarmacia - dice Andrea Garrone, farmacista a San Germano -,sono comunque possibili
alcune riflessioni. Nella realtà
locale la grande maggioranza
degli utenti della farmacia è
costituita da pazienti esenti
per reddito: ora, in questo
senso, il meccanismo vigente
non pare, al momento, modificato nella sostanza.
Farmaci omeopatici: non c’è ticket, bisogna pagarii interamente
Certo quasi quotidianamente si registrano proteste, allarmismi e sfiducia accanto,
però, ad un più generale senso di responsabilità sull’uso
corretto dei farmaci, sulla necessità di un contenimento del
costo dei farmaci più cari e
sulla possibilità di partecipare alla spesa sanitaria con
l'obiettivo di migliorare i servizi e non già (come a molti
pare avvenga!) per "tappare
le falle" che continuamente si
aprono nella nostra .sanità!»
Dunque ci parli di un certo
«senso civico» diffuso...
«È effettivamente cosi; la
conferma viene ad esempio
dal fatto che non abbiamo dovuto riscontrare una sfrenata
corsa all’accaparramento dei
medicinali in vista di una
possibile “carenza di bollini
per esenzioni’’. Rimaniamo
per altro convinti che questa
manovra difficilmente comporterà dei risparmi globali
per il servizio sanitario del
nostro paese, così come più
utile, al fine di un vero risparmio, ci sarebbe parsa
una riduzione del numero di
cittadini esenti a fronte di una
partecipazione ai ticket sui
medicinali meno gravosa ma
estesa ad un numero maggiore di cittadini, escludendo,
beninteso, le categorie sociali
più indifese».
Più o meno le stesse impressioni ci sono confermate
da altri farmacisti del Pinerolese. C’è chi comunque sottolinea il fatto che «Alcuni hanno piuttosto sostituito l’acquisto diretto dei farmaci alla
procedura diventata più onerosa della prescrizione medica con pagamento del ticket;
infatti in certi casi il prezzo
commerciale dei prodotti risulta inferiore alla somma
dei ticket.
La riduzione delle richieste
di prodotti più generici quali
vitamine o ricostituenti rappresenta invece un fenomeno
non recentissimo ma già precedente agli ultimi provvedimenti restrittivi.
La spiegazione più immediata di un simile fenomeno
può essere trovata nella riconosciuta “rigidità” della domanda di farmaci e di cure
mediche in genere, cioè dello
scarso effetto di aumenti o diminuzioni di prezzi sul comportamento del consumatore.
Chi ha gravi problemi di salute, ma il discorso si potrebbe
anche fare per un banale mal
di denti, non si fa impressionare dal costo elevato del
prodotto che gli assicura la
soluzione o il controllo di tali
problemi».
Comunità montana valli Chisone e Germanasca
Apicultori nonostante le leggi
_______LILIANA VIGUELMO_______
Chiunque voglia dedicarsi
aH’allevamento delle api
con conseguente produzione
di miele, non solo per sé o per
gli amici ma in vista di una
possibile vendita per integrare
il proprio reddito, deve ormai
fare i conti con una serie di
norme di legge tali da scoraggiarlo.
Con queste osservazioni il
doti. Piero Piton ha iniziato il
suo intervento nella seconda
serata sull'agricoltura organizzata dalla Comunità montana
a Perosa Argentina.
Subito dopo però Piton Ija
rassicurato i presenti affermando che, per fortuna, con
un po’ di oculatezza, si possono trovare le giuste vie per rispettare le leggi senza esserne
sopraffalli. Avendo studiato
J
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per anni quest’attività produttiva che coinvolge un buon
numero di apicultori nelle nostre valli, l’esperto ha intrattenuto in modo piacevole il suo
uditorio, con un percorso a
zigzag attraverso i tranelli burocratici.
L’apicoltura locale, che può
essere praticata su un territorio
ricchissimo di Fiori profumati e
dunque produrre un miele eccellente, deve però fare i conti
con difficoltà sempre crescenti; oltre alle norme burocratiche talvolta cervellotiche, si è
infatti chiamati a fare i conti
con una forte importazione di
mieli stranieri, sicuramente
meno pregiati, ma altrettanto
meno cari. Soprattutto in questi ultimi anni gli apicoltori
hanno dovuto confrontarsi con
un nemico micidiale per le famiglie di api, formai famigerata varroa, un parassita in grado di moltiplicarsi assai rapidamente senza interventi di
contenimento e di portare a
morte l’intera colonia.
Ma sulla questione della
presenza sul mercato di molto
miele proveniente dall’estero
(Sud America in particolare) e
sulle possibilità di «autodifesa», grava un’ulteriore ipoteca: d’ora in avanti scomparirà
infatti dal mercato la dicitura
NON SI FA FESTA,
QUI SI LAVORA
SERGIO RIBET
Il «XVII febbraio» non è
una data festiva, non è né il
santo patrono né una festa nazionale.
Tuttavia nelle valli valdesi
le aziende, le fabbriche, le
«boite» abitualmente hanno
concesso ai dipendenti di fruire, a vario titolo, della giornata: permesso non retribuito o
giorno di ferie o turni concordati per permettere di celebrare la festa. Abitualmente, ma
non sempre.
La «Manifattura» di Perosa
Argentina da alcuni anni cerca
di creare tutte le difficoltà
possibili.
Non si tratta di una «persecuzione», e neppure di una grave forma di discriminazione,
ma certo si tratta di una espressione di ottusità e di formalismo profondamente iniquo perché segue la regola del far valere il proprio potere là dove si
riesce, cioè verso la parte più
debole delle maestranze.
Che cosa succede? Che
quanti lavorano ai livelli superiori riescono a prendersi la
giornata di festa, i livelli inferiori, quanti sono in produzione, in maggioranza le donne, non ottengono né la giornata di permesso non retribuito né di poter fruire di
una giornata di ferie (per le
esigenze superiori della produzione, del profitto...).
A dire il vero molti «si aggiustano»: scambiando il proprio turno con altri, «preno
tando» la giornata di ferie mesi prima, ecc..., e questo rende
ancora più fastidiosa la discriminazione: tra i «valori» che
si vogliono premiare c’è il valore di quelli che sanno essere
furbi, contro quelli che non
sono, o non vogliono, essere
furbi (come li chiameremo?).
In tempi di sindacalizzazione forte, di mercato del lavoro
vivace, il padrone lungimmante, ma anche il padroncino
meno aperto, non si mette
contro il lavoratore per così
poco, e benevolmente o meno
concede qualcosa.
In tempi di stretta economica il padroncino crede di essere forte, e fa le sue piccole,
meschine vendette.
Certo c’è un abisso tra la
grande storia biblica dell’Esodo e le nostre piccole storie;
ma ci ricordiamo di una parola detta da Mosè e Aaronne al
Faraone: «Così dice l’Eterno,
l’Iddio di Israele: lascia andare il mio popolo, perché mi
celebri una festa nel deserto».
Ricordiamo anche la risposta del Faraone: «Chi è l’Eterno, che io debba ubbidire alla
sua voce e lasciar andare
Israele? Io non conosco
l’Eterno e non lascerò affatto
andare Israele (...) Sono dei
pigri (...) sia questa gente caricata di lavoro».
Faraone era un padrone potente; i nostri padroncini molto meno, ma la loro arroganza
è della stessa stoffa.
Rincari dei biglietti ferroviari e nuovo pericolo di soppressione
Pìnerolo-Torre: ramo secco?
«miele italiano» che in qualche modo rappresentava una
garanzia di qualità, sostituita
dalla semplice distinzione tra
miele comunitario ed extracomunitario. È comunque facile
prevedere che il mercato valligiano, basato quasi sempre su
conduzioni di tipo familiare,
resisterà e continuerà ad essere conosciuto ed apprezzato.
Alle considerazioni del dott.
Piton hanno fatto seguito altre
informazioni presentate dal
dott. "Voghera, veterinario
dell’Ussl. Richiamando gli
apicultori presenti alla necessità di restituire l’Apistan distribuito per combattere la
varroa. una volta esaurito il
suo compito, il tecnico
dcU’Ussl ha anche sconsigliato l’uso della naftalina come
tarmicida ed ha segnalato la
presenza nei tampioni di miele presi in esame durante dei
controlli di residui di metalli
pesanti, come il piombo emesso dalle automobili, in ugual
misura sia nell’alta valle che
all’imbocco della vai Chisone.
Questo conferma che l'inquinamento comincia ad esserci anche da noi, pur non a
livelli urbani, ma in misura tale da rappresentare comunque
una minaccia potenziale con
cui fare i conti.
La notizia che dal prossimo
1° aprile le tariffe finora
agevolate per i pendolari delle
ferrovie (studenti e lavoratori), saranno equiparate a quelle normali ha allarmato notevolmente gli abituali fruitori
del .servizio su rotaia.
Questo elemento di preoccupazione si viene ad aggiungere
alle voci non smentite né confermate di probabili tagli di
circa 2 mila km della rete di
trasporto ferroviario locale (tra
cui si potrebbe trovare anche il
tratto Pinerolo-Torre Pellice).
Le Fs su questo problema
dicono poco, rimandando il
discorso ad un confronto con
gli enti locali, specificatamente le regioni, titolate in materia di trasporti, ma queste ultime hanno a loro volta i loro
problemi di bilancio, né bastano a fornire assicurazioni i generici ordini del giorno come
quello approvato dal Consiglio regionale del Piemonte in
cui, dando il via a megainvestimenti per l’alta velocità, si
aggiunge anche un paragrafino in cui si prevede un
generico rilancio del trasporto
locale.
A confermare dubbi e perplessità c’è, sull’ultimo numero della rivista «Amico treno», un intervento del respon
sabile della divisione trasporto
locale, Cesare Vacciago, che
tra l’altro afferma: «Abbiamo
fatto i conti; se non interverrà
un fatto nuovo (l'attesa riforma del trasporto pubblico locale) noi dovremo offrire,
dall’orario estivo '94, il 18%
in meno di treni locali (aggiungendone nelle grandi
aree metropolitane, ma
togliendone dalle linee meno
frequentate) e tagliare 2.000
km di linee a scarso traffico».
«Non potete chiederci più
treni - aggiunge Vacciago -;
potrete chiederci treni più
giusti, ad orari più consoni;
non potete chiederci, per tre
anni, carrozze migliori; non
potrete chiederci più personale. Alle Regioni, chiamate a
scegliere e a finanziare, potrete chiedere, dopo la riforma, o il treno o l’autobus (meglio .se intelligentemente integrati fra loro) e non il treno e
r autobus...».
In questo clima di incertezza, soprattutto su quali enti
debbano affrontare quali problemi, vivono il problema del
trasporto pendolare gli utenti
della ferrovia Torino-Torre
Pellice.
Nei giorni scorsi il coordinamento pendolari ha distribuito un comunicato in cui si
chiede tra l’altro alla Regione
«un intervento immediato sul
problema degli abbonamenti
ridotti per portare V istanza a
Roma».
Qualora questa strada non
risulti praticabile si chiede
«che la Regione stessa, come
già .si verifica da anni con le
autolinee, integri il costo
dell' abbonamento ferroviario.
Inoltre si chiede in tempi brevissimi di pervenire alla definizione di programmi di gestione e di .sviluppo della rete
ferroviaria piemontese in accordo con le province interessate».
1 pendolari propongono poi
che vengano assunti impegni
precisi circa il raddoppio di
parte della linea (almeno nel
tratto Candiolo-Airasca ) onde
consentire gli incroci in corsa
dei treni e che il Comune di
Pinerolo si attivi per trovare
una soluzione, anche temporanea, per rendere passante la
stazione e diminuire così i
tempi di percorrenza.
Non sono grandi novità; si
tratta di richieste più volte
avanzate e legittime. Ma qual
è il livello politico e tecnico in
cui decisioni potranno essere
prese? Quand’è il momento
ognuno fugge dalle proprie responsabilità.
8
PAG. Il
L’Eco Delle Valli Valdesi
venerdì 19 FEBBRAIO 19q.g
ii¡rTiifr'~"'T.'...
NO ALL’ACCORPAMENTO — Ancora un deciso no ad
ogni ipotesi di accorpamento del liceo classico «Porporato»
al magistrale «Rayneri» di Pinerolo.
Il Consiglio di istituto, di fronte alla riproposizione da parte
del provveditorato di accorpamento dei due istituti pinerolesi, nel piano di razionalizzazione della rete scolastica, ha riconfermato la sua contrarietà. Viene fatta presente la storia
e la fase di sviluppo dell’istituto che negli ultimi anni è passato da 10 a 13 classi, con aumento di allievi da 190 a 280.
Il «Porporato» è inoltre l’unico istituto pubblico di questo
genere nella zona.
Inoltre presso questa scuola potrebbe anche sorgere, secondo le richieste, una sezione di liceo artistico, al momento
totalmente assente dal comprensorio.
SEMINARIO SULL’ETRUSCOLOGIA — Il gruppo di studio vai Lucerna sta organizzando dei brevi seminari su temi
a carattere culturale; il primo verterà suH’etruscologia e
sarà tenuto dal prof. Giorgio Mazza. I tre incontri avranno
luogo in aprile, a Torre Pellice. Gli eventuali interessati
possono rivolgersi direttamente al Gruppo di studio vai Lucerna, casella postale. Torre Pellice.
NUOVE GRADUATORIE PER IL COLLOCAMENTO —
A partire dal 10 febbraio, presso la sede della circoscrizione
per l’impiego di Pinerolo, in corso Torino 324, è pubblicata
la nuova graduatoria per il collocamento. Eventuali ricorsi
vaimo indirizzati alla commissione provinciale per l’impiego di Torino, tramite l’ufficio di Pinerolo.
I termini di dieci giorni per ricorrere, decorrono dal 10 febbraio.
NO ALL’IMMUNITÀ PARLAMENTARE — Il gruppo per
l’alternativa di Pinerolo, in analogia con quanto è avvenuto
sul territorio nazionale da parte del movimento della Rete,
sostiene la campagna per l’abolizione delTimmunità parlamentare (pur conservando le più ampie garanzie di libertà e
di espressione per deputati e senatori); sabato 19 febbraio,
nel pomeriggio, sotto i portici di piazza Cavour si concluderà la raccolta di firme a sostegno già avviata fra la popolazione. '
II gruppo politico intende organizzare prossimamente un
pubblico dibattito su questo tema mettendo a confronto le
posizioni delle varie forze politiche.
NIENTE FUOCHI NEI BOSCHI — Da sabato 6 febbraio è
fatto divieto di accensione di fuochi nei boschi di tutto il
territorio regionale a causa dello stato di siccità. Particolarmente a rischio sono considerate le zone esposte a sud al di
sotto dei 1.500 metri di quota. In questa prima parte
dell’anno in Piemonte si sono verificati già 144 incendi (19
in provincia di Torino) che hanno interessato una superficie
di 294 ettari di bosco.
Dibattito del Pds a Bricherasio
Le UssI non devono
essere accorpate
Una dura e documentata
opposizione al decreto
governativo, definito una vera e propria Controriforma, e
l’impegno ad agire nel consiglio regionale del Piemonte
perché sia salvaguardata l’attuale organizzazione dei servizi sanitari in vai Pellice e
vai Chisone e Germanasca,
sono stati espressi dal Pds
della vai Pellice in occasione
di una serata ben seguita dal
pubblico che si è svolta a Bricherasio venerdì scorso 12
febbraio.
Marco Bellion, vicepresidente della Comunità montana vai Pellice, ha mostrato
come il problema sia assai
più serio del già grave caos
suscitato dai vari bollini e
ticket; si tratta in pratica della
fine di un diritto particolarmente sentito dai cittadini,
quello appunto alla salute,
che diventa semplice opportunità.
Le risorse stanziate sono
inferiori a quelle di tutti gli
altri paesi europei; si spende
poco e soprattutto male, non
c’è lotta agli sprechi ed ora si
riprende la vecchia e perdente
strada delle mutue e delle
assicurazioni. Il denaro di tutti i cittadini, e in particolare
dei meno abbienti, servirà a
rimborsare le cure che i ricchi
si sono potuti permettere.
Germano Calligaro, responsabile della sanità per il
Pds regionale, ha soprattutto
criticato la falsa privatizzazione prevista nel settore.
Magari ci fosse una seria iniziativa privata nel campo
sanitario, che produca efficienza e competitività, ha
detto, ma qui come al solito
si fanno le privatizzazioni
sotto l’ombrello protettivo
del pubblico; si inventano
manager e direttori generali
senza neanche avere, come
ad esempio in Francia, una
scuola superiore di sanità che
li prepari.
Si tolgono competenze ai
sindaci e ai consiglieri comu
nali, soprattutto si rompe la
giusta idea che c’era nel servizio sanitario, quella di una
organizzazione unitaria di
ospedali e servizi sul territorio; l’ospedale diventa
un’azienda a sé e conseguentemente resta in piedi
unicamente in base a criteri
di produttività.
E sbagliata e anche pericolosa l’idea dell’ospedale sotto
casa, ma prima di arrivare a
tagli dolorosi (tutti gli ospedali sotto i 120 posti letto e
privi di certi requisiti sono da
considerarsi a rischio) occorrerebbe discutere con le popolazioni come utilizzare
diversamente i piccoli ospedali. Insomma, si sbriciola un
sistema sanitario nazionale
che ci toccherà rimpiangere
fra qualche anno se il decreto
governativo non sarà modificato fortemente.
E ben vero che in Italia in
questi anni, la riforma sanitaria è.stata applicata malissimo e che le Ussl sono state
centro di potere lottizzato dai
partiti più che servizio per i
cittadini; è vero tuttavia che
nelle nostre valli le cose sono
andate diversamente e non si
vede perché si dovrebbe rinunciare ad una cosa che funziona. Non si tratta neanche
di difendere a tutti i costi i
confini delle Ussl, ma si tratta
di proporre un riassetto generale dei servizi, che salvaguardi le specificità delle regioni montane ed il legame
degli ospedali con il territorio.
In questa direzione si sono
fra l’altro espressi i Sinodi ed
i cittadini come dimostrano le
migliaia di firme raccolte; il
Pds, rilanciando un forte impegno su questi temi e criticando una pressoché totale
assenza dei sindacati (eppure
non è più importante la salute
del salario?), ha espresso con
gli interventi di vari suoi
esponenti, Tauspicio di poter
ancora intervenire a livello
regionale in modo positivo.
Comunità montana vai Pellice
La Lega vota lo
Statuto con la sinistra
L? ultima riunione del
Consiglio della Comunità montana vai Pellice ha
confermato quanto già era
chiaro fin dalla nascita
dell’attuale giunta «di sinistra» e cioè che all’interno
dei consiglieri si possono individuare almeno due grandi
linee di pensiero.
Da una parte la giunta attuale che molto punta (anche
perché comunque figlia delle
passate gestioni) su una visione dell’ente considerandolo
non solo ente di gestione di
un certo territorio ma anche
propositore di servizi a favore
della popolazione che comprendono tutta la rete di risposte al disagio, nel settore
sociale e assistenziale, ai confini cioè con il settore sanitario.
Dall’altra la minoranza De
che punta ad una netta divisione dei ruoli fra sociale e
sanitario, ad una gestione Comune per Comune di molti
servizi in sostanza ad una minore «pianificazione». Questa
spaccatura è emersa in modo
anche duro al momento di discutere lo Statuto che la Comunità montana doveva darsi
ai sensi della legge' 142. Per
la terza volta la bozza è stata
portata in Consiglio.
Alla sua stesura avevano
concorso i vari gruppi, coinvolti in una apposita commissione anche se, per la verità,
alcuni componenti, segnatamente i democristiani, ben
poco hanno collaborato.
Spazio per discutere ed approfondire dunque ce n’è stato; lo ha confermato il consigliere della Lega Nord Hertel, che avendo visto accolte
le sue proposte in commissione ha poi votato lo Statuto e
stigmatizzato il comportamento della De parlando di
«ostruzionismo deliberato».
Dal canto suo la De, per
bocca del suo capogruppo
Bonansea, ha accusato la
maggioranza di «idiozia politica», incorrendo nelle ire del
presidente Cotta Morandini,
per aver voluto forzare la
stessa legge sulle autonomie
locali attribuendo, con lo Statuto, alla Comunità montana
dei compiti che non le spetterebbero prevaricando l’autonomia dei singoli Comuni.
Al lungo intervento del
consigliere di Bricherasio
hanno risposto diversi membri della maggioranza ed alla
fine il documento è stato approvato con il voto favorevole della maggioranza e della
Lega Nord e quello contrario
della De e del sindaco di
Bobbio, Charbonnier.
In precedenza il Consiglio
aveva preso atto dell’iter seguito dalla giunta nella redazione delle schede per la presentazione di progetti di valorizzazione transfrontaliera nel
quadro delle possibilità offerte dal regolamento Cee denominato Interreg.
Si tratterà sostanzialmente
di interventi di valorizzazione
ambientale delle aree dell’alta valle e del confinante
Queyras.
Altre iniziative, coinvolgenti anche altre Comunità
montane, riguarderanno la
possibilità di mettere in piedi
una rete telematica di collegamento fra i due versanti per
far circolare al meglio informazioni di carattere commerciale e turistico.
Infine, all’unanimità, è stato approvato un documento di
forte critica e riserva verso il
progetto di costituzione di
un’unica associazione regionale di squadre antincendio
che da un lato vanificherebbe
un’attività ormai da anni consolidata sul territorio quale
quella delle numerosissime
squadre operanti nelle valli,
dall’altro renderebbe probabilmente molto più macchinoso ogni intervento. Del resto le stesse squadre locali
già si erano espresse nel senso di non voler aderire a tale
progetto di associazione regionale.
Il gesuita Pintacuda a Pinerolo ospite della Rete
Cittadini, politica e società civile
«Di fronte all'azione dei
giudici impegnati a sradicare
il sistema di tangentopoli, ci
rallegriamo: non siamo fra
quanti temono una delegittimazione del sistema politico
ma ci aspettiamo la delegittimazione di un certo regime».
Questi sono alcuni dei concetti espressi da padre Ennio
Pintacuda che ha partecipato
ad una serata organizzata dalla Rete di Pinerolo in una sala dell’ex comprensorio assai
più gremita che per la conferenza economica del Pinerolese.
Pintacuda ha analizzato
l’attuale situazione politica
notando come oggi dall’Olimpo cadano quelle «divinità
che non hanno più alcun diritto di rappresentarci. Se si
fosse intervenuti in precedenza (e di segnali e possibilità
ce ne sono stati molti) oggi
potremmo semplicemente
parlare di riforme, ma ora
non basta più.
Ho visto il disagio dei vecchi socialisti siciliani che per
una vita hanno lottato e creduto in certi valori; oggi essi
sono completamente sfiduciati e smarriti vedendo la sede
del loro partito perquisita
dalla polizia.
Ma c’è ancora chi oggi
vuole strumentalizzare il lavoro dei giudici parlando di
attentato politico; sono queste persone i veri distruttori
della democrazia».
Pintacuda, che in taluni momenti è parso un po’ dimenticare la critica alla De puntando tutti i suoi strali sul Psi, ha
però segnato come momento
molto positivo la fine del voto
cattolico come voto esclusivamente democristiano. «Ricordo però sempre quella
suora che un giorno mi confidò di avere sempre votato
Salvo Lima, perché così le
era stato detto, per arginare
l’avanzata del comunismo».
Ma è possibile ricostruire
qualcosa di positivo?
«E necessario — riprende
Pintacuda -; cittadini e società civile devono riappropriarsi della politica; occorre
che tutti si rendano conto del
ruolo che è possibile e doveroso giocare. Finora è acca
duto, al Sud come al Nord alla luce del caso Milano, che
ogni cittadino sentisse in
qualche modo di “appartenere” a qualcuno, e questo per
necessità di ottenere un posto
di lavoro, vincere un concorso, in sostanza costruire la
propria vita. Verso la metà
degli anni ’80 in Sicilia si è
scatenata un vero e proprio
duello fra De e Psi non solo
per ottenere il consenso, ma
soprattutto il potere».
Ed ora che fare?
«Non provo soddisfazione
di rivincita verso le persone
oggi inquisite dopo che per
anni avevamo denunciato i
loro comportamenti; ritengo
solo improponibile che arrivino a proporsi come rinnovatori personaggi che per anni hanno occupato le istituzioni.
Credo ormai che l’unica
cosa da fare sia lo scioglimento delle Camere e l’avvio
di una nuova fase costituente
che veda la gente impegnata
in prima persona; dovremo
tutti imparare a farci cittadini».
Affollato incontro a Torre Pellice col professor Genre
Toponomastica perché e come?
_______ROBERTO PEYBOT______
Un numeroso pubblico ha
affollato venerdì scorso
la sala della Comunità montana vai Pellice a Torre Pellice in occasione della conferenza del prof. Arturo Genre,
organizzata dal gruppo di
studio vai Lucerna sul tema
Toponomastica: perché?
Il prof. Genre è docente di
fonetica sperimentale presso
la facoltà di Lettere dell’Università di Torino ed è promotore, dal 1982, del «progetto
di ricerca sulla toponomastica del Piemonte montano».
Anzitutto, qual è il significato del vocabolo toponomastica?
L’origine della parola, ha
ricordato l’oratore, è greca:
deriva infatti da tòpos = luogo e da ònoma = nome. Essa
perciò significa letteralmente: nome dei luoghi.
11 toponomasta si trova di
fronte a enormi difficoltà per
giungere alle origini dei nomi e deve consultare un vasto numero di documenti,
mappe, archivi, atti notarili.
biblioteche e tradizioni orali
(queste ultime particolarmente difficili per la corretta
trascrizione).
Queste eccezionali difficoltà hanno fatto sì che non
esista una cattedra di toponomastica il cui titolare dovrebbe ad un tempo avere competenze storiche, archeologiche, geografiche, geologiche,
etimologiche, nonché una
buona dose di immaginazione.
Chi ha dato inizialmente
tutti questi nomi che, si badi
bene, non si riferiscono solo
a paesi, borgate, frazioni,
montagne ma anche stanno
ad indicare precisi punti di
riferimento (una piega del
terreno, una salita, la curva
di un torrente) ma anche un
fatto o una funzione di un
luogo? Ecco intanto che ci si
spiega la grandissima diffusione; è stato ricordato che a
Pomaretto ne sono noti almeno 250 mentre a Perrero si
giunge fino a 3 mila!
Gran parte della loro origine risale alle invasioni cosiddette «barbariche» e, nel no
stro caso specifico, all’espansione dei celti e liguri
che, muovendo dall’Europa
centrorientale, hanno dato
inizio a quella straordinaria
diffusione che li ha portati
dalla pianura padana alla
Grecia, dalla Spagna alle isole britanniche.
Perché i toponimi sono importanti?
Perché, da un lato, si pos.sono paragonare a fossili che
si conservano intatti nei secoli e, dall’altro, hanno portato fino a noi una parziale
conoscenza della lingua celtica che si conosce appunto
solo attraverso i toponimi
.stessi.
Concludendo, l’oratore ha
espresso Tauspicio che le nostre valli, come in parte è già
successo, diano il loro massimo contributo per la miglior
riuscita possibile del progetto citato in apertura.
Sono seguiti vari interventi
del pubblico che oltre a richiedere informazioni ne ha
anche fornite, a riprova
dell’interesse che quest’argomento suscita in molti.
9
venerdì 19 FEBBRAIO 1993
L’Eco Delle Valli Valdesi a
PAG. Ili
Attività nelle Valli Chisone e Germanasca
Fai qualcosa di nuovo:
l'agricoltore
LILIANA VIGLIELMO
E crescente e molto sentita
l’esigenza di ritrovare un
contatto più equilibrato con
la natura; in quest’ottica vi è
la riscoperta e la valorizzazione, magari in chiave hobbistica, di attività quali il
giardinaggio, la .viticoltura,
l’apicoltura.
Parallelamente il mondo
agricolo avverte la necessità
di riqualificarsi e di adeguare
le proprie conoscenze ai mu
tamenti manifestati dall’opinione pubblica in termini .di
migliore qualità dei prodotti e
di pratiche agronomiche compatibili con il rispetto dell’
ambiente e della salute del
consumatore.
Con tale consapevolezza
ed in considerazione del successo conseguito da iniziative analoghe negli anni passati, l’assessorato all’Agricoltura ha organizzato, a beneficio di agricoltori ed appassionati del settore, una serie
di serate in cui verranno trattati argomenti quali la fratticultura, la viticultura, la tecnica apistica ed altri temi che
cercheranno di conciliare il
rigore scientifico con la curiosità per le novità che i diversi settori esprimono, non
senza tenere in considerazione gli aspetti anche di sbocco
commerciale.
La serata di apertura, il 2
febbraio alle 20 presso la sede della Comunità montana
valli Chisone e Germanasca,
ha visto la partecipazione del
dottor Bassi che ha trattato il
tema «Mini ortaggi, orticoltura e novità del settore».
Negli appuntamenti successivi, che si protrarranno fino
a metà aprile nelle serate del
martedì e venerdì, non mancheranno i momenti dedicati
ai viaggi di studio e alle esercitazioni pratiche.
L’ufficio Agricoltura della
Comunità montana è a disposizione per ulteriori informazioni.
Pinerolo: una serata di valutazione in vista della discussione sulla nuova legge
L'obiezione ha vent'anni: come cambierà?
PAOLO GAY
IO febbraio 1992: il presidente della Repubblica,
Cossiga, avvalendosi dei poteri concessi dalla Costituzione, rinvia alle Camere la legge contenente la nuova regolamentazione dell’obiezione
di coscienza al servizio militare, attesa da lungo tempo
per sostituire la legge del
1972 ritenuta ormai da tutti
superata, soprattutto dopo che
alcune sentenze della Corte
costituzionale negli anni ’80
avevano sancito la pari dignità del servizio civile rispetto a quello militare.
A un anno esatto di distanza il Comune di Pinerolo ha
organizzato una serata di valutazione dei vent’anni di applicazione della legge che riconobbe in Italia la possibilità di obiettare al servizio
militare per motivi di coscienza consentendo lo svolgimento di un servizio civile
sostitutivo.
Un pubblico piuttosto numeroso, composto in gran
parte da obiettori in servizio e
congedati ha ascoltato le riflessioni del prof. Rodolfo
Venditti, ordinario di diritto e
procedura penale militare
preso la facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Torino, che ha ricordato i grandi
passi fatti in Italia negli ultimi anni dalla cultura giuridica in materia di riconoscimento dei diritti degli obiettori di coscienza. Grandi passi che, a differenza di altri
settori di pensiero, hanno in
questo caso talora addirittura
preceduto e stimolato l’evolversi del comune sentire, in
CONSORZIO CO.RE.C.E.P.
INTERVENTO IN PIOSSASCO
ALLOGGI
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CON MUTUO AGEVOLATO
Il Consorzio Corecep informa che nell'ambito del comune di Piossasco verranno realizzate unità abitative (alloggi e villette a schiera) di
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vertendo una normale tendenza secondo cui il mondo del
diritto si muove con passi più
lenti del modificarsi dell’opinione pubblica.
Se infatti ancor oggi è facile sentir dire che l’obiettore
di coscienza è una persona
che ha trovato un modo di
evitare le fatiche della «naia»,
già del 1985 la Corte Costituzionale indicò le iniquità e i
disagi a cui dava luogo la natura puramente ordinatoria
(senza conseguenze sanzionatone per la pubblica amministrazione) del termine dei sei
mesi entro i quali il ministero
della Difesa deve comunicare
l’accettazione o meno della
domanda del giovane obiettore; quindi sancì che il servizio civile costituisce «un diverso modo di adempiere
l’obbligo del servizio militare», sottraendo gli obiettori
alla giurisdizione dei tribunali
militari; da ultimo (per citare
solo le pronunce più importanti) equiparò la durata del
servizio civile a quello militare, fino al 1989 l’uno otto
mesi più lungo dell’altro.
La legge del 1972 fu ottenuta dopo anni in cui molti
giovani avevano pagato con il
carcere la difesa dei loro principi di coscienza; il legislatore arrivò a riconoscere le ragioni degli obiettori, consentendo lo svolgimento del servizio civile non ancora come
diritto soggettivo, ma come
munifico beneficio concesso
dal ministro dopo un esame
delle coscienze.
La legge rinviata alle Camere da Cossiga faceva diversi passi avanti, configurando finalmente un «diritto
di obiezione di coscienza»
esercitabile in piena libertà
onde svolgere «un servizio
civile diverso per natura ed
autonomo dal servizio militare, ma come questo rispondente al dovere costituzionale
di difesa della patria», svincolandolo dal controllo del
ministero della Difesa, istituendo un «dipartimento del
Servizio civile nazionale»
presso la presidenza del Consiglio, stabilendo termini perentori per l’esame delle domande, prevedendo corsi di
formazione, rivedendo in generale il sistema delle convenzioni con enti pubblici e
privati per l’impiego di obiettori, prevedendo controlli sullo svolgimento e sulla gestione del servizio civile. Come
ogni legge,anche questa era
migliorabile ma accettabile.
Oggi, dopo quasi un anno
da che le nuove Camere si sono insediate, non si vede di
nuovo uno sbocco a tempi
brevi; nel dicembre scorso la
commissione difesa riapprovò l’articolo 1 della nuova
legge: il testo respinto dal
presidente Cossiga ne prevedeva 25.
Il servizio civile non è più
un fenomeno che interessa
poche persone mosse da alti
ideali: dal 1989 le domande
sono aumentate in modo vertiginoso. Però, osservava
Venditti, si sono indebolite le
motivazioni che conducono al
servizio civile; oggi non è più
sentito come necessario l’essere sorretti da ideali di obiezione di coscienza rivolti ad
un cambiamento della mentalità dominante nella società
per riformarla secondo intenti
di partecipazione, non violenza, pace. Venditti ha allora
chiuso il suo intervento con
un invito a riscoprire le motivazioni forti dell’obiezione di
coscienza, come punte di diamante per scalfire una mentalità corrente che induce a vivere con superficialità i rapporti umani, politici, sociali, a
un rifiuto del pensare delegando a pochi la gestione del
bene comune.
L’appello è stato accolto
immediatamente dall’assessore ai Servizi sociali, Rostagno, che lo ha posto come base per la ridefinizione dei
ruoli e dei compiti degli
obiettori in servizio presso il
Comune di Pinerolo.
Sabato 20 febbraio — TORRE PELLICE: Presso il
Centro culturale valdese, alle 17, viene inaugurata una
mostra di pittura di Carla
Bertola e Alberto Vitacchio.
La mostra reserà aperta fino
al 6 marzo in orario 15-18.
Sabato 20 febbraio — POMARETTO: Alle 21, presso il
cinema Edelweiss, Granbadò, la banda dei sospiri,
presenta lo spettacolo teatrale Ballate di Stefano Benni.
Domenica 21 febbraio —
PERRERO: Alle 16, l’associazione Alidada e la Pro
Loco presentano un pomeriggio di animazione di pupazzi presso il centro culturale dal titolo II gatto dagli
stivali.
CITTA DI PINEROLO
- RIPAF7T1ZIONE SERVIZI DEMOGRARCI
UFHCIO STATO CIVILE
L'ASSESSORE Al SERVIZI CIMITERIAU
avuta segnalazione dall’ufficio servizi cimiteriali che i seguenti loculi versano da tempo in stato d’incuria o abbandono, presentando lapidi rotte o pericolanti, epigrafi mancanti o illeggibili
INVITA
i concessionari delle seguenti sepolture e i loro aventi causa a provvedere entro tre mesi ai necessari lavori di restauro e pulizia, pena la revoca della concessione a norma deH'articolo 92 del vigente regolamento comunale dei servizi mortuari e cimiteriali approvato con deliberazione C.C. 25/1/1990 n. 10
CIMITERO URBANO
CAMPO ANTICO
Ponte Giovanni
Buggino Vittoria
Destefanis Matteo
Trucco Angela
Bertorello Felice
Bosio Enrico
Fantazzini Enrico
Giacosa Domenica
Leverà Giuseppe
Pochero Giacomo
Riq.B
Riq.C
Riq.C
Riq.C
Riq.D
Riq.D
Riq.D
Riq.D
Riq.D
Riq.D
N.2 loculi senza lastra e senza epigrafe, per i quali non è possibile stabilire le generalità delle salme che li occupano Riq.D
I AMPLIAMENTO
Mucci Eugenio Riq.E
Garbuio Vittoria Riq.F
N.1 loculo senza lastra e senza epigrafe, per i quali non è possibile stabilire le generalità della salma che lo occupa Riq.F
Levetti Angela Riq.G
Gagliardi Ida Riq.H
Ridetto Teresa (o Cardellasco) Riq.H
PASSAGGIO CENTRALE FRA
I AMPLIAMENTO E II AMPLIAMENTO
Gaietto Anna
Maniotto Alessandro
Maniotto Michele
Molinero Giacinta
N.1 loculo senza lastra e senza epigrafe, per i quali non è possibile stabilire le generalità della salma che lo occupa
II AMPLIAMENTO
Aicardi Virginia
Boeris Luigi
Coscia Angela
Culasso Maddalena
Gaboldi Nella
Grosso Teresa
Grosso Vincenzina
Lasagne Spirito
Liuzzi Paolo
Maffei Eugenio
Maniotto Luisa
Negri Antonio
Nizzoia Giulio
Perro Assunta
Reusa Carla
Rigai Antonio
Rolfo Maria Domenica
Rosani Ernesto
Rosani Luigi
Valerio Camilla
Vaglienti Carlo
Riq.l
Riq.l
Riq.l
Riq.l
Riq.l
Riq.l
Riq.l
Riq.l
Riq.l
Riq.l
Riq.l
Riq.l
Riq.l
Riq.l
Riq.l
Riq.l
Riq.l
Riq.l
Riq.l
Riq.l
Riq.l
N.10 loculi con lastra bianca e senza epigrafe, per ¡quali non è possibile stabilire le generalità delle salme che li occupano Riq. I
N. 3 loculi senza lastra e senza epigrafe, per i quali non è possibile stabilire le generalità delle salme che li occupano Riq.l
Antonione Pietro Riq.L
Bernardi Giovanni Lorenzo Riq.L
Berta Pietro Riq.L
Bertea Lucia Riq.L
Bianco Maddalena Riq.L
Biei Giuseppe Riq.L
Bocca Giuseppe Riq.L
Bocca Irma
Boero Caterina
Bouchet Erminia
Buffa Carolina
Caffaratti Teresa
Chiavazza Francesca
Ciceri Carlo
Eynard Gustavo
Faussone Anna
Gensana Rosa
Ghirardotti Erminia
Giraudo Giovanni
Gobbo Carlo
Gravier Maria
Mach Vincenzo
Melano Francesco
Matta Carlo Augusto
Moffa Felice
Muston Elena
Pendenza Goffredo
Perro Michele
Quagliotti Pietro
Ricci Aida
Rigai Antonio
Valerio Camilla
Riq.L
Riq.L
Riq.L
Riq.L
Riq.L
Riq.L
Riq.L
Riq.L
Riq.L
Riq.L
Riq.L
Riq.L
Riq.L
Riq.L
Riq.L
Riq.L
Riq.L
Riq.L
Riq.L
Riq.L
Riq.L
Riq.L
Riq.L
Riq.L
Riq.L
N.15 loculi con lastra bianca e senza epigrafe, per i quali
non è possibile stabilire le generalità delle salme che li occupano Riq.L
N.3 loculi senza lastra e senza epigrafe, per i quali non è
possibile stabilire le generalità delie salme che li occupano
Riq.L
Gabrielli Giuseppe Riq.M
Garnino Giuseppina Riq.M
Viarengo Azzone Annie Riq.M
N.2 loculi senza lastra e senza epigrafe, per i quali non è
possibile stabilire le generalità delle salme che li occupano
Riq.M
Birigozzi Rina Riq.N
Coppo Aurelio Riq.N
Corno Francesco Riq.N
Lardone Melchiorre Riq.N
Marocco Margherita Riq.N
Peano Maria Riq.N
Ponte Rocco Riq.N
CIMITERO FRAZIONALE DI
ABBADIA ALPINA
CAMPO ANTICO
Bruno Maria
Caffaratti Giuseppe
Chiapperò Lorenzo
Chiapperò Virginia
Giaveno Francesco
Nemor Alfredo
Traverso Carolina
0 Traverso Maria
Zaninetti Camillo
N.1 loculo senza lastra e senza
epigrafe, per i qu^i non è possibile stabilire le generalità della
salma che li occupa
CIMITERO FRAZIONALE DI RIVA
CAMPO ANTICO
Griotti Carolina
10
PAG. IV riforma
L’Eco Delle Valli Valdesi
VENERDÌ 19 FEBBRAIO 1993
Musei del Pinerolese
L'arte preistorica
________FEDERICA TOUBN________
APinerolo non manca il
Museo di arte preistorica,
che dal 1964 serve da punto di
riferimento per la ricerca di
tracce preistoriche nelle valli
del Pinerolese e lo studio
dell’arte rupestre in generale.
Fondato e organizzato dal
Cesmap (Centro studi e museo
d’arte preistorica), è aperto al
pubblico dal 1972 e illustra in
chiave didattica i risultati delle
ricerche degli ultimi anni. La
prima sala ha carattere introduttivo e fornisce alcuni dati
cronologici sull’evoluzione
biologica e culturale dell’uomo: alcuni pannelli illustrativi
ne mostrano lo sviluppo dalla
sua prima apparizione nel paleolitico inferiore all’età del
ferro, mentre delle fedeli riproduzioni di teschi aiutano il
visitatore a notare le differenze tra l’uomo di Nehandertal e
l’attuale homo «sapiens sapiens». Al fondo della stanza è
collocato un tabellone cronologico fra storia della terra,
preistoria e storia umana. Tutte le didascalie dei pannelli
sono composte a scopo didattico secondo tre diversi livelli
di linguaggio, in modo da interessare gli allievi di ogni
grado di scuola, dalle elementari alle medie superiori.
Nella stessa sala sono anche
affisse delle fotografie di scavi
iniziati nella zona alla ricerca
di insediamenti preistorici nel
Pinerolese, e precisamente a
Balm’Chanto, un riparo sotto
la roccia a Roure, in vai Chisone, in cui dal 1981 al 1983 è
stato rinvenuto il più antico
insediamento umano in Piemonte, datato intorno all’età
del bronzo antico, circa nel
2100 avanti Cristo. Altri rinvenimenti riportabili al bronzo
medio (1500 a.C), sono stati
fatti a Roc del Col - Usseaux,
«sempre in vai Chisone e dal
1985 si è cominciato a scavare
anche sulla Rocca di Cavour,
che si è rivelata un’interessante fonte archeologica: dalle
pitture rupestri risalenti a 5
mila anni fa, tra l’altro uniche
nelle Alpi, rinvenute nel parco
regionale della Rocca si è verificato che l’uomo del neolitico medio (IV millennio a C)
già conosceva bene la zona, e
cominciava ad applicare i primi rudimenti dell’agricoltura.
Testimonianze di queste ricerche continuano anche nella
sala successiva, dove vengono
spiegate al visitatore le tecni
che di scavo e di conservazione dei reperti; inoltre si possono osservare ceramiche, esempi di industria litica e reperti
botanici rinvenuti nelle valli.
La terza saletta è interamente dedicata all’arte rupestre ed
espone riproduzioni di celebri
incisioni, ottenute mediante
calchi in gesso; fra le altre il
«Toro di Papasidero» rinvenuto in Calabria ed attribuito al
paleolitico superiore, circa 12
mila anni a.C.
Nella logica di un rapporto
continuativo con il mondo della scuola, il Cesmap ha avviato
nel 1985 il «progetto Prometeo», che prevede prima una
serie di conferenze con proiezione di audiovisivi, tenute dagli archeologi del centro nelle
scuole, e poi una visita guidata
al museo, in modo da fornire
ai ragazzi una visione organica
dell’archeologia preistorica.
Per facilitare l’approccio degli studenti è stato introdotto
l’uso del computer con programmi elaborati a scopo didattico, senza dimenticare la
possibilità di utilizzare la biblioteca specializzata e gli archivi, a disposizione per ogni
approfondimento. Si contano
circa 2 mila studenti l’anno in
visita.
Il museo, situato in via Giolitti 1, è aperto la domenica
dalle 10,30 alle 12,30 e dalle
15,30 alle 18,30 e gli altri
giorni con prenotazione al
794382. L’ingresso costa 2 mila lire.
Mostra al Valentino di Torino
L'uomo e le Alpi
Viene inaugurata giovedì
25 febbraio alle 18, presso la
Promotrice delle belle arti nel
parco del Valentino a Torino,
la mostra «L’uomo e le Alpi», organizzata dal Cotrao,
la comunità di lavoro delle
Alpi occidentali di cui fanno
parte il Piemonte, la Liguria e
la Valle d’Aosta per l’Italia,
la Provence, Cote d’Azur e
Rhone-Alpes per la Francia,
Ginevra, Vaud e Valais per la
Svizzera.
Lo scopo di questa collaborazione è di offrire al pubblico europeo una visione globale della realtà del territorio
alpino e degli usi e costumi
delle comunità che lo abitano, partendo dalla considerazione di una certa vicinanza
di tradizioni che accomuna le
regioni transfrontaliere e che
emerge dalle ricerche di numerosi musei delle tre nazioni.
La mostra riproduce un
viaggio immaginario che viene compiuto dal visitatore per
la prima volta alla scoperta
delle Alpi, con le indicazioni
di guide illustri come Rousseau o De Saussure, che ripercorrono nel tempo le principali trasformazioni che negli ultimi due secoli si sono
operate in queste zone. Il
viaggiatore passa attraverso
le bufere di neve tipiche
dell’invemo, si inoltra nelle
gole nascoste tra i monti, visita una stazione alpina di fine ottocento e si ritrova in
una tipica abitazione alpina,
ricostruita con tutti gli arredi
dell’epoca. All’uscita scopre
l’estate sugli alpeggi, gli animali al pascolo e l’attività casearia in pieno fermento.
Il viaggio è immaginario
ma conduce diligentemente
alla realtà attuale: verso la fine della visita si scorgono già
riprodotti nei pressi del villaggio alpino un mulino, una
diga, una fabbrica, segni della
precoce industrializzazione
che nel nostro secolo non ha
tardato ad affiancarsi ad agricoltura e pastorizia. Compare
il turismo, risorsa recente della montagna, e il viaggiatore
constata il cambiamento avvenuto nella società tradizionale, trasformata dall’emigrazione e dalle nuove esigenze
economiche.
La mostra non è solo
un’occasione per guardare
nel passato, ma anche un momento di riflessione sul futuro: la caduta delle barriere
doganali è sembrata agli organizzatori il momento ideale
per riproporre un’identità culturale di storia, lingue e modo
di vita-che accomuna piemontesi, savoiardi, vallesani
e valdostani.
La mostra è aperta al pubblico fino al 2 maggio, tutti i
giorni dalle 10 alle 19 e il venerdì dalle 10 alle 22; per le
visite di gruppi e scolaresche
è necessario prenotare presso
il Museo nazionale della
montagna, tei. 011/6604104.
Pallavolo
Fra gli sport più diffusi nel Pinerolese si situa senz’altro il volley. Le compagini impegnate, a
vari livelli di campionato e tornei
sono numerosissime. Presentiamo
qui di seguito note e risultati di alcune formazioni.
Campionato provinciale,
1° divisione maschile
US Porte - 3S Lusema 3 - 0 (15-5;
15-4; 15-10)
Partita piatta e senza acuti quella disputata al palazzetto di Malanaggio. La squadra locale ha consolidato con altri due punti la sua
seconda posizione in classifica,
mentre la formazione lusemese rischia ora seriamente la retrocessione.
Campionato provinciale
2° divisione femminile
Orio S. Giorgio - 3S Nova Siria
Lusema 2-3
Nella prima giornata del girone
di ritorno il 3S vince lo scontro al
vertice e con l’ottava vittoria consecutiva pone una seria ipoteca per
la promozione. Le allieve di Marco Gardiol, nonostante l’assenza di
Albertengo, ottimamente sostituita
da Olsen, hanno confermato la loro superiorità nel girone.
Torneo Storello (girone A)
Quinta giornata di ritorno
Porte - Sangermanase 3-0
Vigone 90 - Villafranca A 2 - 3
Villaffanca A - Sangerman. 3-0
Villafranca A - Airasca 3 - 0
Classifica: Porte 16, VUlafranca A
10, Airasca 4, Sangermanese e Vinovo 2, Vigone 0.
Torneo Storello (girone B)
3S Nova Siria - Pablo Neruda 3 -1
Classifica; Nova Siria 18, Villafranca 14, Pablo Neruda e ¿.Pietro
vai Lemina 8, Svet Pinerolo 4,
Garzigliana e Volley La Torre 2.
Torneo Baudrino
3S Nova Siria - Cercenasco 3-0
Porte - Off. Data Perosa 3 -1
Villar Perosa - Pablo Neruda 3-0
Classifica: 3S Nova Siria 18, Cercenasco, Porte, Trisfera, Pablo Neruda 10, Perosa 8, Villar Perosa 6,
Barge e La Torre 4, Vigone 0.
Cresce la pallamano a Lusema
Una nuova
realtà
La pallamano rappresenta una
splendida realtà del mondo sportivo lusemese.
Nata alcuni anni fa grazie
all’impegno del professor Ezio
Gonnin, si è via via affermata ed
ora conta su due squadre, una
femminile e una maschile che,
entrambe iscritte ai rispettivi
campionati, coinvolgono una
trentina di atleti e atlete.
Le ragazze, al loro primo
campionato, hanno patito la loro
inesperienza contro formazioni
di rango come l’Aosta, il Valdengo, il Rivalla, l’Einaudi di
Torino. I ragazzi, nonostante
l’assenza di importanti pedine
che hanno dovuto rinunciare al
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campionato júniores per limiti di
età, hanno disputato un discreto
campionato, alternando vittorie e
sconfitte.
Gli atleti che compongono le
rappresentative del 3S Graphicard sono Gabriella Benech, Cristina Galbana, Alessandra Comba, Daniela Bertalot, Stefania
Rivoira, Katia Rivoira, Elena
Toum, Federica Gaydou.
La squadra maschile è composta da Ivan Benech, Ivan Gaydou, Enrico Comoglio, Andrea
Comoglio, Marco Re, Daniele
Martina, Fabrizio Martina, Domenico Bertalotto, Andrea Pons,
Stefano Gamba, Silvano Bounous e Fabrizio Bellion.
Sci di fondo: il trofeo «Quaranta»
Buone affermazioni
degli atleti delle valli
Ancora un ricco carnet per i
giovani atleti delle valli Chisone
e Germanasca; sabato e domenica si sono svolte gare di fondo
nel Cuneese, a Limone Piemonte. Si trattava del trofeo «Quaranta» che avrebbe dovuto svolgersi ad Usseglio e che è stato
spostato per mancanza di neve.
Nella categoria baby femminile, sul km e mezzo, ha vinto la
portacolori del Passet di Pragelato Monica Magnarini; fra i cuccioli femminile (3 km), successo
invece per la pralina Susy Pa
Pinerolo FC: a Gallarate buon gioco
Pareggio meritato
Dopo il tonfo casalingo con lo
Sparta, il Pinerolo si riscatta in
trasferta a Gallarate dove riesce
ad imporre il proprio gioco
uscendo dal confronto con un
buon pareggio.
Dopo una fase iniziale di predominio dei padroni di casa, i
biancoblù sono usciti alla distanza e soprattutto nel secondo tempo sono riusciti a mettere in difficoltà gli uomini di Prati, arrivando a sfiorare una clamorosa
marcatura a pochi minuti dalla
fine con Pallitto. Per il resto buona prova della difesa pinerolese
nel suo complesso che senza
sbavature ha allontanato ogni
minaccia tant’è che il portiere
Mulato non è stato praticamente
mai chiamato ad interventi impegnativi.
Il Pinerolo si mantiene così in
una tranquilla posizione di metà
classifica, a due punti dal Corsico, prossima avversaria sul campo Barbieri, domenica prossima,
con inizio alle 15.
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scal; settima Giulia Magnarini
(Passet) e 8° Valentina Richard
(Prali).
Fra i cuccioli maschili (4 km),
terzo posto per Fabrizio Grill
(Prali); nella categoria ragazzi
femminile (4 km), vittoria per
Stefania Ghiri (Passet); 4° Serena Peyrot (Prali), 8° Stefania
Bonansea (Passet), 10° Francesca Bonino (Prali).
Nella categoria ragazzi maschili ( 5 km), dietro Antonello
Bravo dello SC Valle Gesso, 2°
posto per Daniele Gerire (Prali),
4° per Demis Richard (Prali), 9°
per Fausto Bonino (Passet), 10°
per Marco Gribaudo (Passet),
11° Alex Barale (Prali) e 12°
Diego Lageard (Prali).
Fra le allieve (5 km) Karen
Grill (Prali) è giunta 3°; Francesca Albarello (Passet) 4°, Chiara
Groppo (Passet) 8°, Elena Groppo (Passet) 10°.
Negli allievi maschili (7,5
km) 10° Daniele Breuza e 11°
Simone Rostan, entrambi di Prali.
Si sono anche disputate gare a
staffetta; Richard, Barale e Lageard si sono aggiudicati il primo posto nella 3 per 4 km; buoni i piazzamenti delle altre formazioni di Prali e Pragelato anche nelle altre gare della giornata.
Intanto da giovedì a domenica
Lara Peyrot sarà impegnata nei
campionati italiani juniores, non
senza probabilità di ben figurare.
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TORRE PELLICE — Il cinema Trento ha in programma
venerdì 19, ore 21,15, il film
in lingua originale (francese)
Legge 627 di B Tavemier; sabato, ore 20 e 22,10, Guardia
del corpo; domenica, ore 16,
18, 20 e 22,10, e lunedì, ore
21,15, Il prìncipe delle
donne.
BARGE — Il cinema Comunale ha in programma, giovedì
18, L’ultimo dei moicani; venerdì 19, Betty; sabato 20, La
mia peggiore amica; da domenica a giovedì, Riky e Barabba; feriali ore 21, domenica ore 15, 17, 19, 21.
PINEROLO — Il cinema Italia
ha in programma, da giovedì
18, Luna di fiele di Polansky;
feriali 19,45 e 22,20, sabato
19,45 e 22,30, domenica
14,30, 17,10, 19,45, 22,20.
USSL 42
CHISONE - GERMANASCA
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale valdese, Pomaretto,
tei. 81154.
DOMENICA 21 FEBBRAIO
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Croce verde, Perosa: tei. 81100
Croce verde. Porte : tei. 201454
USSL 43 - VALPELLICE
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
telefono 932433
Guardia farmaceutica:
DOMENICA 21 FEBBRAIO
Lusema San Giovanni: Farmacia Savelloni - Via F. Slancio 4 - (Lusema Alta), tei.
900223
Ambuianze:
CRI - Torre Pellice, tei. 91996
Croce Verde - Bricherasio, tei.
598790
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Guardia medica:
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Ospedale civile, Pinerolo, tei.
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Reg. Tribunale di Pinerolo
n. 175/60
Resp. Franco Giampiccoli
Stampa:
La Ghisleriana Mondovì
Spedizione in abb. post.
Gr 2A/70
11
venerdì 19 FEBBRAIO 1993
PAG. 7 RIFORMA
Un fenomeno che si estende sempre di più e che preoccupa i governi di tutto il mondo
La mafia finanziaria multinazionale
alla conquista del^Europa e del mondo
JEAN-JACQUES PEYBONEL
La cattura di Totò Riina
sancisce la nascita della
«terza mafia»? E quanto sostengono diversi studiosi del
fenomeno, rilevando che dopo il passaggio dalla mafia
agraria alla mafia urbano-imprenditoriale negli anni ’60,
gli anni ’80 hanno visto raffermarsi di una «mafia
finanziaria» internazionale
che, grazie al traffico degli
stupefacenti, ha ramificazioni
in tutto il mondo. Crollato il
muro di Berlino e apertasi la
«cortina di ferro» che isolava
i mercati dell’Est, Cosa Nostra e i suoi emuli hanno colto la palla al balzo per infiltrarsi sistematicamente nella
maggior parte dei paesi
dell’Est, stringendo patti con
le nuove mafie orientali che,
in nome dell’economia di
mercato proclamata ovunque,
si dedicano ad ogni sorta di
traffico. Ma, in realtà, è l’intero continente europeo, ormai senza più barriere, ad essere sotto tiro, e in particolare l’Europa dei dodici,
quella del «mercato unico»
di Maastricht.
Non per nulla i due paesi
più colpiti dall’infiltrazione e
dagli investimenti delle varie
mafie nostrane sono proprio
la Francia e la Germania, oltre alla Svizzera in cui, da
tempo, avviene il riciclaggio
del denaro sporco. La Comunità europea, sempre più
preoccupata dal fenomeno,
ha cominciato a reagire negli
ultimi mesi dello scorso anno. Nel settembre ’92 è stato
creato a Bruxelles il Gruppo
europeo di responsabili antimafia. In Francia, alla fine di
ottobre, la Camera dei deputati ha votato all’unanimità la
costituzione di una Commissione parlamentare d’inchiesta, composta da 30 deputati,
per lottare contro la penetrazione della mafia sul territorio.
In Germania il Bka, la polizia criminale federale, controlla da vicino le numerose
«colonie» di immigrati siciliani, calabresi e napoletani,
specie in Baviera e nella regione di Colonia e Francoforte. Secondo il Bka, nel
1991 la mafia siciliana da sola avrebbe investito in Germania 27 miliardi di marchi,
e ciò senza difficoltà dato
che il riciclaggio è diventato
delitto solo nel settembre
’92. Dalla caduta del muro di
Berlino la Germania è diventata l’eldorado per le mafie europee, asiatiche e sudamericane, sia per la sua potenza economica sia per la
sua posizione strategica rispetto ai paesi dell’Est, a cominciare dall’ex Germania
orientale in cui sembra che
molti degli investimenti compiuti in questi ultimi anni siano di origine mafiosa.
A confermare il ruolo strategico della Germania, basta
ricordare che il clan Cuntrera-Caruana, originario di Siculiana (Agrigento) e trapiantato in Venezuela, ha
scelto proprio Colonia e Sarrebriicken come centri dei
suoi affari in Europa, non
esitando a scambiare i narcodollari con i narcomarchi.
In Francia, dopo l’arresto
del boss camorrista Michele
Zaza, si è avuto la conferma
che tutta la costa mediterranea e il suo entroterra, da
Marsiglia a Nizza, era controllata da «famiglie» mafioso, specie per quanto riguar
L’arresto a Roma di uno dei frateiii Cuntrera dopo i'estradizione dal Venezuela
da il settore dei casinò e quello immobiliare-turistico. Ma
da qualche anno la penetrazione mafiosa ha raggiunto
anche la Francia profonda, fino a toccare tranquilli villaggi del Nord e della Bretagna. Oltre a molti boss quasi
sconosciuti dell’Italia meridionale, operano in Francia
grosse imprese in odor di mafia; ad esempio l’Italimpresa
di Mario Rendo, uno dei
«Cavalieri del lavoro» di Catania, che dopo aver vinto appalti per la realizzazione di
Euro Disney e del tunnel sotto la Manica, ha ottenuto ultimamente l’appalto per la climatizzazione del gigantesco
«Bercy-Expo-Paris». L’onorevole François d’Aubert,
presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta
di lotta antimafia, ha denunciato il fatto in Parlamento il
14 settembre scorso.
L’aspetto più preoccupante
di questa penetrazione mafiosa in Europa è che tutti
questi investimenti sono operazioni di alta ingegneria finanziaria per riciclare gli immensi capitali accumulati con
il traffico degli stupefacenti
in tutto il mondo e che, a poco a poco, la simbiosi tra capitale legale e capitale illegale è tale da diventare un
tutt’uno. Nella sola Germania
si parla di un flusso di capitali mafiosi di circa 72 miliardi
di marchi, vale a dire 54.000
miliardi di lire (un terzo del
deficit pubblico dell’Italia).
Secondo una stima del comitato antidroga del Gruppo dei
Sette di qualche anno fa,
l’ammontare complessivo del
narcotraffico sarebbe tra i
600 e gli 800 miliardi di dollari l’anno. Altre stime più
recenti parlano di un valore
complessivo non superiore ai
122 miliardi di dollari. In
ogni caso, si tratta di ingenti
capitali che le organizzazioni
maliose, italiane e straniere,
devono «lavare» e quindi riciclare nel tessuto economico
legale. Il che, finora, è stato
relativamente semplice per
via dei meccanismi bancari
intemazionali, in particolare
la regola tuttora vigente del
segreto bancario e la
proliferazione dei «paradisi
fiscali» sparsi un po’ dovunque e ora fiorenti nella maggior parte delle capitali dei
paesi dell’Est europeo.
Come è noto, il commercio
delle droghe avviene su due
versanti: uno orientale e
estremo-orientale per il traffico di eroina, uno sudamericano per il traffico di cocaina. Le tradizionali aree di
produzione dell’oppio sono
la Mezzaluna d’oro (Iran, Afghanistan, Pakistan), il Triangolo d’oro (Birmania, Laos,
Thailandia) e il Messico. La
coca invece proviene dai paesi andini (Bolivia, Perù, Colombia). L’eroina che giunge
in Europa proviene sopratutto dalla Mezzaluna d’oro, via
Violenti scontri nella capitale Lomé
Anche nel Togo
transizione difficile
Anche il Togo, come molti
altri paesi africani, è stato
scosso da violenti scontri in
queste ultime settimane.
Il 30 gennaio scorso un’operazione di rappresaglia da
parte delle forze di sicurezza
ha causato una ventina di
morti e quattordici feriti, tutti
civili. Secondo il capo dello
stato togolese, il generale
Gnassingbé Eyadéma, i militari cercavano di «vendicare»
le aggressioni compiute nei
giorni precedenti contro i loro colleghi da parte delle forze dell’opposizione.
Lunedì 1° febbraio, la
Francia e la Germania hanno
proposto al governo e all’opposizione di ritrovarsi intorno ad un tavolo a Strasburgo. Intanto l’esercito del
Ghana, paese confinante col
Togo per circa 800 km, è stato posto in stato di allerta.
Il presidente del Ghana,
Jerry Rawlings, in un’intervista a Radio-France internationale, ha dichiarato che era
«tempo che il generale
Eyadéma lasci il potere perché la pace e la stabilità tornino nella zona».
La casa del leader dell’opposizione democratica in Togo, Léopold Gnininvi, è stata
saccheggiata.
Istanbul. Da lì, attraversa la
Romania, la Jugoslavia o
l’Ungheria. Vi è anche una
via africana in cui il paese
più coinvolto è la Nigeria. A
gestire il traffico è una miriade di organizzazioni mafioso,
tra cui Cosa Nostra e le altre
mafie meridionali. Cosa Nostra però gode di un ruolo
privilegiato, essendo collegata con i cartelli di Medellin e
soprattutto di Cali per garantire lo scambio tra eroina e
cocaina, e con le varie mafie
dei paesi dell’Est e dell’Africa per il traffico droga-armi.
Come rompere quella rete
infernale che ormai controlla
interi territori in America Latina, in Asia, in Africa, e sopratutto nell’Europa dell’Est
e dell’Ovest? Il fenomeno è
troppo diffuso per essere sradicato con la semplice repressione che pure è necessaria.
La mafia infatti ha saputo
inserirsi perfettamente nel sistema dell’economia di mercato e nella cosiddetta mondializzazione dell’economia.
Se non si interviene sui punti
dolenti di questo sistema (trasparenza delle operazioni finanziarie, riforma del sistema
bancario, questione del proibizionismo antidroga, corruzione politica, ecc...), la ragnatela mafiosa sarà la vera
protagonista economica dei
prossimi decenni. Ma esiste
una tale volontà politica a livello mondiale?
Mozambico: dopo la guerra civile
Alla ricerca
della riconciliazione
CAROL J. FOUKE
Angola: falliti
i negoziati
Al termine di tre giorni di
discussioni ad Addis Abeba,
la delegazione governativa
angolana è rientrata a Luanda, domenica 31 gennaio,
senza aver raggiunto un accordo di cessate il fuoco con
l’Unita di Jonas Savimbi.
Intanto i combattimenti
proseguono. Fra i punti di divergenza vi è la volontà
dell’Unita di ottenere lo
smantellamento della polizia
antisommosse. Il movimento
di Jonas Savimbi ha respinto
la proposta del governo di
porre la suddetta polizia sotto
il controllo delle forze
deirOnu in Angola. «Il popolo angolano deve prepararsi
al peggio» ha dichiarato il capo della delegazione governativa, il generale Higino
Cameiro.
Nel momento in cui i mozambicani si rallegrano
della firma di un cessate il
fuoco che pone fine alla
guerra civile nel loro paese,
essi fanno una constatazione
che li porta a moderare il loro entusiasmo: ora inizia la
tappa più difficile del loro
cammino verso la pace.
La violenta guerra di insurrezione che i ribelli della
Renamo (Resistenza nazionale del Mozambico) hanno
scatenato contro il governo
del Frelimo (Fronte di liberazione del Mozambico) ha
devastato il paese, facendo
un milione di morti e spostando da sei a otto milioni
di persone (su una popolazione totale di 14 milioni di
abitanti).
Tutte le infrastrutture sono
rovinate e la siccità è venuta
ad aggravare ulteriormente
la povertà. Fra i compiti che
deve affrontare oggi la popolazione, quello della riconciliazione in una società terribilmente divisa è uno dei più
ardui.
Per i cristiani del Mozambico si tratta ora di lottare
per promuovere l’ubbidienza
a uno dei comandamenti più
difficili di Gesù; amate i vostri nemici.
È una lotta che si svolge a
tutti i livelli della chiesa,
nelle comunità, nelle associazioni di donne e negli
«ateliers» nazionali e regionali posti sotto gli auspici
del Consiglio cristiano del
Mozambico (Ccm).
La riconciliazione sarà
particolarmente difficile nelle comunità locali in cui le
ex vittime e i loro oppressori
dovranno imparare a vivere
in pace fianco a fianco. «Che
cosa significa la riconciliazione per una donna che ha
visto i suoi nemici uccidere
suo marito o sua madre, e
bruciare la sua casa?» ha
chiesto una partecipante ad
un incontro biblico organizzato a Maputo dalle donne
presbiteriane (...).
Il Ccm, che raggruppa 21
denominazioni e organizzazioni, ha preso una parte attiva alla pianificazione del
processo di riconciliazione,
il quale consiste nel gettare
le basi dei negoziati di pace
tra la Renamo e il Frelimo e
nel fare accettare alla base il
messaggio di questa riconciliazione.
L’iniziativa di pace, lanciata nel 1988, era un’azione
comune del Ccm e della
Chiesa cattolica romana. La
«diplomazia dell’andirivieni» praticata dai responsabili
di chiese tra la Renamo e il
Frelimo ha portato all’incontro delle due parti per la prima volta nel 1990.
Ma il processo di pace era
lento e, nel frattempo, la
guerra continuava a traumatizzare la popolazione (...).
Per questo è nato il nuovo
Programma di pace e di riconciliazione. Coordinato da
Jacinto Muth, segretario per
i profughi del Ccm, esso è
iniziato con un «atelier» di
cinque settimane che ha riunito sessanta responsabili di
chiese venuti dalle dieci province del paese.
I partecipanti hanno affrontato diversi temi: la Bibbia, strumento di pace; il
ruolo della chiesa come mediatrice nei conflitti; il ruolo
della famiglia, delle donne e
dei giovani nel processo di
pace e di riconciliazione; gli
effetti della guerra sui bambini; traumatismi e interruzione della scuola; l’elaborazione di una Costituzione; i
diritti della persona umana;
l’apporto in questo campo
delle culture africane e in
particolare della cultura
mozambicana.
In seguito, il Ccm ha organizzato una dozzina di «ateliers» di quindici giorni, destinati a coinvolgere le varie
province del Mozambico e i
campi profughi dello Zimbabwe, del Kenia e del Malawi.
L’obiettivo era sopratutto
di formare degli «integratori
sociali», persone cioè che si
sarebbero poi impegnate a
promuovere la riconciliazione nelle comunità locali.
Per Iacinto Muth, «il pentimento e il perdono giungeranno quando parleremo insieme. Cerchiamo di fare capire alla gente che la vendetta non risolverà i nostri
problemi. Dobbiamo sforzarci di lavorare insieme e
di superare le nostre difficoltà perdonandoci gli uni
gli altri» (...).
Accanto alle sue azioni di
pace e di riconciliazione, il
Ccm porta avanti un lavoro
di aiuto, di sviluppo e di ricostruzione in tutte le province.
Per alleviare la disperazione causata dalla guerra e
dalla siccità, distribuisce
soccorsi alimentari, semi, attrezzi agricoli, coperte, sapone e scava pozzi. Nel quadro
della sua azione per lo sviluppo incoraggia l’agricoltura e l’allevamento. Il Consiglio cristiano gestisce già un
centro di accoglienza destinato alle persone che sono
fuggite in Sud Africa e che
vengono rimpatriate con la
forza. Il reinserimento dei
profughi avverrà in collaborazione con la Federazione
luterana mondiale e la Caritas cattolica.
Qualche anno fa il governo mozambicano era ostile a
qualsiasi impegno delle
chiese in campo sociale. Oggi le incoraggia a prendere
una parte attiva all’opera di
riconciliazione e di ricostruzione del paese.
Recentemente, un passo
importante è stato compiuto
nella cooperazione tra chiesa
e stato: in settembre, per la
prima volta nella storia del
paese, responsabili di chiese
si sono incontrati con il Comitato centrale dello stato.
Altri incontri seguiranno.
Le discussioni hanno riguardato in particolare la
partecipazione delle chiese
alle operazioni d’urgenza,
all’azione sociale, allo sviluppo, al rimpatrio dei
profughi e alla ricostruzione
materiale. D’altra parte, in
un incontro svoltosi ad aprile, il governo ha dichiarato
di accogliere favorevolmente
il sostegno delle chiese e la
loro partecipazione al ministero di riconciliazione.
* Carol Fouke è direttrice del
Servizio d’informazione del
Consiglio nazionale delle
chiese degli Stati Uniti. Nel
1992 è stata incaricata di
un mandato speciale presso
il Dipartimento di comunicazione del Consiglio delle
chiese del Sudafrica. L’articolo qui riprodotto è tratto
dalla rivista ecumenica
«Mensuel» di febbraio
1993.
12
PAG. 8 RIFORMA
VENERDÌ 19 FEBBRAIO 1993
L’opuscolo pubblicato nel 1904 in francese. Nel 1922 è iniziata la serie di pubblicazioni tutt’ora in corso.
L'interpretazione di un'allieva di Jung
Il popolo eletto
e la regina di Saba
________BRUNA PEYBOT_______
Un titolo inconsueto, Psiche e Bibbia, di Rivkah
S. Kluger*; in effetti l’autrice, psicanalista bernese, allieva di Jung, propone nel
suo studio una lettura «psicologica» della Bibbia attraverso tre saggi; il primo e il
secondo affrontano il tema
del «popolo eletto», prima
come destino di un intero popolo e poi come dramma di
un singolo individuo, Saul;
l’ultimo saggio è invece centrato sulla figura della regina
di Saba, nella Bibbia e nella
leggenda.
Ne «L’idea del popolo
eletto» la Kluger analizza i
passi dell’Antico Testamento che parlano di «elezione», un concetto spesso rimosso perché difficile da vivere. Procedendo con una
serie di domande, per esempio sul perché Dio abbia
scelto un popolo ben preciso, sul perché egli voglia un
popolo tutto per sé, arriva a
indicare alcuni verbi, come
«chashaq», fondamentali
per capire.
«Chashaq» significa «porre il proprio amore su qualcuno», attaccarsi letteralmente a qualcuno. La sua
forte intensità emotiva
esprime dunque l’atto
d’amore divino che sceglie
per amore e per rendere santo colui al quale «si attacca». Per il popolo eletto essere tale comporta il vivere
secondo la legge di Dio, che
è una regolamentazione diversa da quella naturale. Essere di Dio, cioè, è vivere
secondo un progetto.
Proprio qui sta la drammaticità della condizione umana, impigliata fra la tendenza
alla naturalità da un lato e la
progettualità dall’altro, di cui
l’uomo ha la piena coscienza.
La nascita dell’individuo
viene, con l’elezione, proiettata su un popolo che assume la caratteristica di un
«individuo collettivo». È il
segnale di un lungo processo
di individuazione che ac
compagnerà l’umanità. L’individuo viene tolto dall’anonimità del ciclo della natura
e collocato in un destino personale, unico, sotto gli occhi
di Dio.
L’elezione si capisce ancor
meglio collegandola all’esodo
dall’Egitto che simbolizza
questo passaggio dalla naturaschiavitù alla libertà nella legge di Dio, che ha volutamente
preso come interlocutori degli
schiavi.
In «Re Saul e lo spirito di
Dio» l’autrice continua il discorso della contraddizione
tra materialità e spiritualità,
base del tormento di Saul,
della sua incapacità a rispondere fino in fondo con «totalità» alla vocazione della sua
elezione. I suoi errori, la sua
relazione con personaggi positivi e a lui alternativi, come
Davide e Samuele, non fanno
che metterne in luce le lacerazioni interiori. In un certo
qual modo egli è stato vittima
dell’idea divina di integrità
(p. 80).
Infine sulla regina di Saba
molte sono le leggende e poche le certezze sui dati storici.
Essa appare, anche in tradizioni culturali diverse (per
esempio il folclore arabo) come una messaggera che viene
da lontano, ricchissima e geniale; incontra Salomone e
con lui ingaggia una gara di
enigmi (I Re 10, 3).
L’autrice sostiene con accurati ragionamenti che tutta
questa storia può rappresentare un percorso di conoscenza che parte dall’inconscio (la terra d’origine della
regina) per arrivare all’incontro-scontro con il maschile
(la gara con Salomone). Proprio questo viaggio alla ricerca della congiunzione tra
maschile e femminile alla fine lascerà scoprire il suo potere di redenzione in vista di
una maggior consapevolezza
e equilibrio fra ciò che sappiamo di noi stessi e ciò che
ci sfugge.
(*) Rivkah S. Kluger: Psiche e
Bibbia. Firenze, Giuntina,
199!, pp 143, £20.000.
Settantesimo compleanno per gli opuscoli che si pubblicano per il XVII febbraio
Date^ nomi^ pagine significative di storia:
l'emancipazione attraverso la cultura
_______QIORCIO TOUBN_______
Con il fascicolo di quest’
anno la serie degli opuscoli editi in occasione del
XVII febbraio oltrepassa il
suo settantesimo compleanno. Età di tutto rispetto per
un’iniziativa storica a carattere divulgativo qual è la nostra
che potrebbe essere oggetto
di interessanti riflessioni sulla
memoria storica. La serie inizia in occasione del 17 febbraio del 1922 con un piccolo
fascicolo di 16 pagine a cura
del presidente della Società di
storia valdese, Davide Jahier,
dal titolo L’emancipazione
dei valdesi.
L’idea di utilizzare una data
particolarmente significativa
come quella del 17 febbraio,
che ricordava la concessione
dei diritti civili, per riproporre
all’attenzione temi di storia e
utilizzare per questo agili stmmenti di carattere divulgativo
non era nuova, tutt’altro; aveva già una lunga tradizione su
cui merita riflettere.
Il più antico documento, a
nostra conoscenza, è un fascicolo di 8 pagine, in francese,
dal titolo scena dei tempi passati, edito nel 1859 e dedicato
ai fanciulli; l’episodio narrato
è quello della persecuzione
dei conti Truchetti nel 1560,
e si conclude con una serie di
considerazioni che già evidenziano i temi della riflessione storica valdese: confronto fra persecuzione di ieri
e libertà di oggi, invito a bandire ogni sentimento di odio,
a imitare la fede dei padri e a
impegnarsi nel presente per
una testimonianza di credenti
sapendo «che la vera emanci
pazione è quella che si ottiene uscendo dal male, dal peccato e dall’ignoranza».
A questo faranno seguito in
anni seguenti altri opuscoletti,
ora in francese ora in italiano:
sulla chiesa valdese, su Giovan Luigi Pascale pastore e
martire, sull’Emancipazione.
Nel 1870 un tema del tutto insolito: Tsékélo principe dei
Bassuto è in Francia per sostenere la causa delle sue tribù
spodestate dall’avanzata boera
e qui incontra le comunità
evangeliche parigine che ne
appoggiano le rivendicazioni.
Destinatari di tutta questa
produzione sono sempre i ragazzi, le scolaresche delle
scuole valdesi raccolte in occasione del 17 nel tempio,
con bandiere e tamburo, a
sentire le allocuzioni dei pastori e maestri e cantare gli
inni di circostanza.
Sempre con lo stesso intendimento divulgativo edificante, e destinata allo stesso pubbliéo scolastico, prende avvio
nel 1880 una nuova iniziativa; due anonimi benefattori
(Henri e Paul Melile), che diventeranno tre l’anno seguente, danno alle stampe un
vero e proprio opuscolo di 24
pagine con copertina illustrata a colori. Temi: i bambini
valdesi di ieri, Paschale, Pradeltorno, Gianavello, barba
Gonin, il Rimpatrio, le valanghe del 1885 (il 18 febbraio!)
che avevano fatto vittime e
danni ingenti.
Nel 1904 la Società, che recava ancora il suo nome originario di Société d’Histoire
Vaudoise, riprende a suo carico questa iniziativa e, allo
scopo di allargare il suo pub
blico inizia dal 1912, la pubblicazione destinata alle famiglie valdesi. Si tratta di un
progetto che rientra nella sua
politica culturale e che si affianca al Bollettino di studi e
ai numerosi articoli che compaiono sulla stampa evangelica del tempo. La serie prosegue regolarmente il suo cammino fino al 1935 (ad eccezione degli anni 1918, 1919 e
1921 quando si interromperà
per un complesso di motivi
socio-linguistici).
In questo caso, e dopo tre
numeri a carattere vario, il
progetto si fa organico: narrare la storia della Chiesa valdese dalla Riforma in modo cronologico e tale rimarrà, salvo
rare eccezioni, sino alla fine
giungendo alla guerra di Successione spagnola del 1917.
Tornando ora alla pubblicazione del 1922, mentre la serie in lingua francese prosegue regolarmente indirizzata
ai lettori della parrocchie delle Valli (il termine «paroisse»
abitualmente usato nelle relazioni annue e nel linguaggio
corrente non verrà italianizzato, forse perché ha sapore
troppo cattolico) la pubblicazione in lingua italiana inizia
il suo cammino rivolta come
ben dice la copertina «alle famiglie delle chiese evangeliche valdesi».
L’iniziativa, la data, il tema
tutto è significativo in quel
fascicolo. Esso si situa
all’inizio di una nuova tappa
del cammino della testimonianza evangelica in Italia.
Nel 1915 si era effettuata la
fusione tra la Tavola valdese,
che sino allora amministrava
le chiese delle valli valdesi, e
il Comitato di evangelizzazione; nel 1922 si avrà il 1°
Congresso evangelico italiano, a simboleggiare davanti
all’altare della Patria l’unità
dell’ evangelismo italiano.
In questo nuovo evangelismo, unitario, propositivo,
che guardava al futuro
sull’onda di esperienze passate Jahier presenta l’avvenimento del 1848 non come la
vicenda di una confessione
ma dell’evangelismo tutto e
Tanno seguente, parlando di
Pietro Valdo, sottotitola «il
movimento valdese italiano
nel Medio Evo». Importante è
cioè la proposta valdese medievale, nel cuore delle repubbliche medievali,
un’istanza di rinnovamento e
di spiritualità nuova; e questo
significa la riappropriazione
della storia spirituale del paese come premessa alla nuova
evangelizzazione.
Da allora sono passati molti
anni, e puntualmente ogni anno l’opuscolo della Società è
venuto a scandire una data, un
nome, una pagina di storia;
centenari di chiese, attività,
movimenti, uomini e scorrendo i fascicoli di questa sorta di
piccola enciclopedia popolare
della storia valdese ci si rende
conto della varietà e dell’ampiezza dei problemi trattati.
In questa tradizione si inserisce anche il fascicolo di
quest’anno che vuole essere
una rassegna molto schematica della realtà valdese oggi,
un prontuario dei principali
temi e problemi che hanno attinenza ad essa risolti in modo semplice e discorsivo con
frequenti rimandi ai fascicoli passati.
Venezia: un incontro molto istruttivo nel quadro del dialogo fra ebrei e cristiani
Israele e la terra^ una pluralità di significati
FRITHJOF ROCH________
In occasione della «Giornata per l’approfondimento e
lo sviluppo del dialogo ebraico-cristiano», stabilita dalla
Conferenza episcopale italiana (Cei), il prof. Sergio Tagliacozzo, davanti a un pubblico numeroso e molto attento nell’Ateneo di S. Basso a
Venezia, ha parlato dell’importanza e del significato di
«Terra» nell’ebraismo.
La terra d’Israele è nel cuore
di ogni ebreo. Secondo la posizione del sionismo culturale di
Martin Buber esiste un «sacro
sposalizio» fra Israele e la sua
terra, scelti da Dio per essere
depositari del suo potere. Tre
concetti tuttavia turbano Buber
nella loro paradossalità; risiedere nella terra d’Israele bilancia tutti i comandamenti (solo
lì la loro osservanza è possibile); l’abitante di Israele è colui
che ha un Dio, chi risiede fuori
non ha un Dio (per rispettare i
precetti è indispensabile la presenza in terra d’Israele di un
nucleo di ebrei); «Io stesso lo
asptetto»: così secondo la tradizione rabbinica Dio si rivolge
al popolo (cfr. Giacobbe in
Genesi 31,3; solo nella terra di
Canaan Giacobbe è Israele, e
ne è capostipite).
Secondo Tagliacozzo il concetto di «terra» ha un grande
significato ecumenico. In Genesi 1 la terra non ha senso
senza l’uomo. La terra è sacra
e creata da Dio, donata da Dio
agli uomini perché la abitino e
la vivano: è l’ecumene.
Secondo il Talmud ogni
uomo è generato da tre fattori
(Dio, padre, madre): tutto ciò
che caratterizza l’uomo (il respiro, l’anima, la fisionomia,
la vista, l’intelletto) viene da
Dio. Come la terra così l’uomo, nato da terra, da polvere,
appartiene a Dio, è suo figlio,
creato a sua immagine e somiglianza. L’uomo, libero di
decidere com’è libero Dio,
può anche trasgredire. Allora
la terra da luogo di benedizione si trasforma in luogo di
maledizione, e la redenzione
potrebbe essere immaginata
come un ritorno all’Eden, alla
perfetta «abitabilità».
Noè rappresenta tutti gli
uomini, è persona ecumenica
per eccellenza; tramite i comandamenti (sette secondo la
tradizione rabbinica) insegna
una morale universale per gli
abitanti della terra. Si tratta di
un patto con Dio, basato sulla
fedeltà reciproca, del progetto
di abitare il mondo.
La storia sacra è un’allegoria: la torre di Babele è una
sfida a Dio da parte degli uomini che si sentono forti della
propria libertà. Dio allora stabilisce un nuovo patto con
l’uomo più buono. Abramo,
chiamato a essere modello
per gli altri: obiettivo è la
.santità di chi osserva la legge
(«Siate santi, perché santo è il
Signore Dio vostro»).
Con la scelta del nuovo
modo di essere al mondo la
vita dell’uomo ottiene un
orientamento: santificare il
modo di vivere la terra, mostrando a tutti gli uomini la
destinazione, il luogo santo
che è Gerusalemme. La grande stagione dell’esodo mostra
il significato profondo
dell’esilio del popolo ebraico,
del cammino da compiere per
la conquista della libertà.
Sul Sinai avviene il dono
della Torah, rivolto a tutti gli
uomini della terra. Anzi, secondo la tradizione rabbinica
la Torah e il trono del Signore
precedono di 2.000 anni la
creazione del mondo, e l'universalità della Torah stessa si
esprime nel fatto che fu data
in 70 lingue diverse, cioè a
tutti i popoli del mondo. Sul
monte Sinai, fra l’altro, il Signore aveva dato a Mosè un
principio molto importante: la
terra d’Israele non appartiene
all’uomo, ma al Signore (Levitico 25, Tanno sabbatico).
La terra è sacra, da abitare,
da vivere bene, realizzando il
Regno di Dio. Quando gli uomini avranno intrapreso la via
del bene e della pace, il Messia sarà autorizzato dalle
azioni umane ad arrivare per
il compimento del disegno di
Dio sulla terra.
PROTESTANTESIMO
rivista TRIMESTRALE
PUBBLICATA DALLA FACOLTÀ VALDESE
DI TEOLOGIA
ANNO XLVm N. 1 -1993
□ 0. Bayar, La questione aperta della teodicea
Q M. Rubfoolt, «Corine over and help us»: le
missioni cristiane e gli indiani nordamericani nel
secolo XVII □ E. itancini, Confini dell’io e fine
d^lla vita: appiicaziortf delle tesi di Oerek Parfit
□ E. Qenre, Il ‘caso’ Orewermann □ P. Ricca,
Taccuino romarroi Ferita doppia □ Recensioni.
13
venerdì 19 FEBBRAIO 1993
PAG. 9 RIFORMA
protestantesimo in TV: un «percorso» dalle realtà materiali all'identità di questi fratelli
Goti il pensiero a una nuova terra: i valdesi
e ^immigrazione nel Rio de la Piata
ALBERTO CORSARI
In una giornata sinodale di
6-7 anni fa si è toccato con
mano il legame che c’è con i
fratelli e sorelle del Rio de la
Piata. Almeno così ho vissuto
l’applauso rivolto a un pastore che, riparato in Italia
negli anni della dittatura, poteva tornare in patria. Era una
manifestazione di simpatia,
tutti i presenti erano solidali,
per una volta in una circostanza lieta, e vivevano la
consapevolezza di un vincolo
che si esprime anche al di là
dell’Oceano.
Dar conto di questo rapporto (chiarendolo, non va
dimenticato, ai telespettatori
non legati alle nostre chiese)
era l’intento della trasmissione del 7 febbraio, dal titolo Verso una nuova terra.
L’immigrazione dei valdesi
nel Rio de la Piata, realizzata da Gianna Urizio e Michel Kocher, in collaborazione con la Radiotelevisione della Svizzera romanda. I
materiali erano quelli dell’
oggi e quelli della memoria:
le cartine e le foto di un museo, un interlocutore che
spiega (in campo e fuori
campo) le origini dell’emigrazione a partire dal 1856,
le interviste a pastori e agricoltori valdesi in Uruguay; i
filmati di repertorio, infine,
relativi agli anni della dittatura.
L’«avventura» è stata ricondotta alla sua dimensione più concreta; la fame e la
povertà guidarono quelle famiglie, i terreni che mai erano stati coltivati resero durissimi i primi anni, altri
valdesi arrivarono quando le
cose cominciarono a andar
meglio e si dedicarono a
fondare delle comunità in
grado di assimilare la cultura locale senza rinunciare alla propria tradizione, dando
grande impulso all’istruzione. Sorsero chiese e istituti.
Nel periodo delle dittature si
rischiò la spaccatura, ma di
fronte all’ingerenza del potere il Sinodo si unì nell’
eleggere nell’esecutivo proprio quelle persone «non
gradite». E ora, in una fase
di crisi economica gravissima, si vive con difficoltà
ma con la volontà di speri
mentare nuove forme di
agricoltura cooperativa, senza chiudersi in un ghetto.
Questi discorsi sono stati
fatti direttamente dalle persone intervistate, ma erano
stati anticipati dalle immagini
dei campi, degli animali e poi
degli scontri di piazza; della
polizia, dei manganelli, delle
mucche e delle pompe eoliche...
Insomma la materialità della vita, i suoi alti e bassi, il
fascino del fiume, l’attaccamento alla terra, l’angoscia
della guerriglia, della repressione e del carcere hanno
spianato la strada alle rifles
sioni dei testimoni e al commento fuori campo, in un percorso che dal «vissuto» è
giunto alle questioni di identità.
È giusto che fosse così; intanto perché quelli erano gli
indizi che il mezzo televisivo
poteva cogliere e rimettere in
gioco per lo spettatore; e poi
perché a volte si rischia di
«drogare» il problema identità rendendolo misura di
ogni accadimento. La misura
in quel caso era la fame; poi è
stata la paura. La fede ha tenuto insieme questi fratelli e
queste sorelle, e li tiene anche
oggi vicini a noi.
I%l.s
Un’immagine della Santa Cena del Sinodo rioplatense del 1990
Napoli: al Centro Caracciolo un appassionante dibattito sul libro di Giorgio Bouchard
Libertà^ etica e socialismo: quale ruolo
hanno i cristiani in una fase di passaggio?
ROSANNA CIARPA RITTI
LO spirito è protestante,
l’etica è socialista. Questo è il nodo attorno al quale
si è sviluppato il dibattito sul
libro di Giorgio Bouchard
Spirito protestante e etica del
socialismo, il 30 gennaio a
Napoli per iniziativa del circolo «Caracciolo», con Biagio De Giovanni, Sergio
Aquilante e Valdo Spini, oltre
all’autore. Il protestantesimo
sarebbe quindi la radice culturale di tanta parte dell’Europa moderna.
Nell’incontro, moderato da
Alfredo Guarino, un osservatore da tempo interessato e
impegnato in alcune nostre
attività. De Giovanni ha colto
quella che gli sembra l’ispirazione filosofica del libro. «La
Riforma - ha detto - è l’atto
di nascita della modernità».
Questo implica un’articolazione dialettica del rapporto
tra Dio e il mondo che, senza
eliminare il primo termine,
restituisce piena autonomia al
secondo. Libertà dell’uomo e
sovranità di Dio non si escludono, anzi, mantenere i due
poli impedisce di cadere da
Una parte nella mondanizzazione, dall’altra nella sacralizzazione.
ì Se è vero, si potrebbe ag
giungere con Barth, che «Dio
è Dio» e «l’uomo è l’uomo»,
questo non vorrà dire solo
che Dio non si mescola al
mondo, ma anche che la storia è storia di libertà, libero
dispiegarsi di un progetto
mondano che mantiene il terreno della finitezza e non pretende la realizzazione di assoluti. È dunque un tipico contributo della cultura protestante aver intuito il senso di
questa distinzione che non
equivale alla «scristianizzazione della società», ma a
un’idea di «laicità non chiesastica né integralistica». E
le società, come quella italiana, dove è storicamente mancata una riforma religiosa, pagano il prezzo di questa mancanza nell’etica sociale e individuale, nel sentire religioso come nella pratica politica
di un trasformismo che è caratteristico di questa cultura.
Ma in che modo restano in
piedi l’idea e la prassi del socialismo, a cui in fondo tutti i
relatori hanno dichiarato di
voler restare in qualche modo
legati.Quale socialismo e in
quale rapporto con la democrazia per la costruzione di
una società giusta? Come
funziona il legame tra l’ispirazione religiosa e la costruzione della giustizia?
Sia Spini che Aquilante si
sono detti d’accordo con la
tesi di Bouchard, secondo la
quale se«// socialismo vuole
sopravvivere, deve ricollegarsi alle sue radici cristiane
e in particolare deve stabilire
un rapporto nuovo con lo spirito protestante».
Aquilante si è detto convinto che il socialismo è fattore
ineliminabile del processo
storico, se si vuole sciogliere
il nodo della giustizia sociale,
se si vogliono vincere le forme dell’esclusione e del privilegio. Un socialismo non
più modello teorico, rigido e
univoco, ma fortemente permeato di istanze etiche, attento alla dimensione dell’ individuo e alla costruzione
dell’uomo nuovo, un socialismo che si innesti sulla matrice cristiana e protestante.
Spini ha riconosciuto a
Bouchard il merito di aver
valorizzato la peculiare esperienza del valdismo, ricollocando il fenomeno protestante nel contesto della società
italiana.
Si è poi chiesto come dare
risposta alla domanda emergente di una presenza protestante più incisiva nel paese,
che sia capace di ricucire il
rapporto logorato fra cittadini
e istituzioni e costruire
un’etica pubblica della responsabilità. «E sotto accusa
il sistema dei partiti - ha detto Spini - ma una parte della
società si è prestata ed è stata consenziente».
È più che mai necessario ricreare un’etica della politica,
e qui può dare molto la presenza protestante, sapendo
tuttavia «che non esiste una
politica cristiana», ma un
«modo cristiano» di stare nella politica.
Per tutti e tre i relatori, dunque, oltre che per Bouchard,
l’idea di socialismo sembra
ancora un punto di riferimento; si riprende il filo spezzato
fra libertà, etica e socialismo.
Non si tratta di un neointegralismo di ispirazione cristiana. Se si vuole invece accogliere la suggestione iniziale sulla fondamentale laicità introdotta dalla Riforma,
si potrà concludere che non
si tratta qui di proporre un rigido «modello» protestante
dal quale discenda un progetto chiuso di società, ma di un
socialismo democratico a misura di individuo, ricavato
nell’alveo della tradizione
cristiana, liberamente ispirato
a quelle radici storiche protestanti di cui Giorgio Spini,
nel suo ultimo libro, offre
ampia documentazione.
Una veduta panoramica di Guardia Piemontese
Libri
Un emblema delle persecuzioni
È un vero gioiello teatrale: tra un’introduzione di 6 pagine e una
postfazione di 17, la rievocazione dello scrittore cosentino Angelo
Gaccione ci dà in sole tre brevi scene, con un preludio e un epilogo, un testo che «assurge ad emblema di altre persecuzioni: quelle
di ieri e quelle di oggi», come si legge in IV di copertina.
Rivivendo tragicamente l’eccidio dei martiri di Guardia Piemontese, vediamo passare veloci sul palco mentitori, impostori,
inquisitori, dogmatici, banditori, traditori, testimoni, sicari, pugnalatoti, innocenti, incorruttibili, con gli esecutori della Potestas magna, il viceré, il vicario, il governatore!
«Tutta la storia è storia di sangue... Il papa condanna a morte... La libertà non fu mai regalata ... I giusti non aspettano giustizia ... Sempre nel mondo vinse chi fu mediocre ... Lo sappiano gli eretici, i pensatori liberi, i dotti ingegni e gli artisti, gli
assetati d’amore». Così nella scena prima. Ma l’epilogo è agghiacciante: «Cosa può lavare il sangue? L’offesa. Cosa può lavare l’offesa? Il sangue. Cosa resta dopo il sangue? Il sangue».
Peccato che l’introduzione e la postfazione rivelino alcune
lacune, che non danno una reale immagine di quei resti della
vasta diaspora valdese europea che purtroppo, prima in Provenza nel 1545 e poi in Calabria e Puglia nel biennio 1560-61 furono martirizzati perché vollero rimanere fedeli alla loro vocazione di «testimoni della verità». Ma di ciò sono incolpevoli la
Claudiana e il pastore valdese di Milano, che vengono ringraziati in nota «per la sensibilità dimostrata (g.go.).
(*) Angelo Gaccione: La porta del sangue. Storia di un genocidio. Introduzione di Roberto Guiducci. Milano, ediz. Nuove scritture,
pp 42, £ 5.000.
IVISTE
Un punto di vista laico
È nata una rivista* promossa dalla Consulta laica di bioetica,
associazione laica nata a Milano alla fine del 1989, che si presenta come una pubblicazione «aperta al pluralismo dei valori», che cerca di contrastare la tendenza corrente dei media, rivolta «per lo più alla notizia “sensazionale”».
L’impegno a promuovere un dibattito aperto è un «ulteriore
segno del nuovo interesse per l’etica che negli ultimi anni è
emerso con forza in ambito laico (...), mostrando come anche i
problemi morali siano aperti al libero esame razionale e rigoroso». Il direttore Maurizio Mori, nell’editoriale del n. 1, chiarisce che tale prospettiva «non significa rifiutare o escludere i
contributi provenienti da posizioni religiose, ma semplicemente
riconoscere che nessuna “visione del mondo” può presupporre
di avere un qualche privilegio».
Nella linea deH’apertura, ogni numero conterrà almeno un intervento di un autore straniero. Questo primo fascicolo contiene
saggi che partono da approcci diversi (medico, filosofico, etico)
di U. Scarpelli, J. Harris, E. Lecaldano, P. Zatti, F. Toscani, M.
Mengarelli, dibattiti, documenti, interventi e recensioni.
(*) Bioetica. Rivista interdisciplinare. Milano, Franco Angeli editore, Gas. post. 17175 - 20125. Abbonamento (£ 48.000) anche con
ccp al n. 17562208 intestato a Franco Angeli srl Milano.
Appuntamenti
Martedì 23 febbraio — BRESCIA: Alle ore 20,30, nella sala
del Centro valdese di cultura (via dei Mille 4), il prof. Paolo Ricca parla sul tema II nuovo catechismo cattolico e la
visione ecumenica dei cristianesimo.
Giovedì 25 febbraio — CINISELLO BALSAMO: Alle ore
21, presso il centro «Lombardini», don Marcellino Brivio
e il past. Alfredo Berlendis parlano sul tema II Catechismo universale della Chiesa cattolica.
Giovedì 25 febbraio — COMO: Alle ore 19, presso la chiesa
valdese, il past. Giuseppe Platone del Servizio cristiano di
Riesi parla sul tema Testimonianza e servizio.
Venerdì 26 febbraio — ASTI: Alle ore 21, presso la Scuola
biblica ecumenica (corso G. Ferraris 81), il prof. Paolo De
Benedetti parla sul tema II segreto messianico.
Sabato 27 febbraio — UDINE: Alle ore 18,30, nella sala della
chiesa metodista (piazzale D’Annunzio 9), il past. Pasquale
Castelluccio, della Chiesa battista di Pordenone, parla sul tema Nuovi orientamenti teologici del dialogo ebraico-cristiano.
Sabato 27 febbraio — FIRENZE: Alle ore 17,30, presso il
Centro evangelico di cultura «P. Martire Vermigli», il past.
Claudio H. Martelli parla sul tema Bosnia: conflitto etnico o anche religioso?. Introdurrà il pastore Gino Conte.
14
PAG. 10 RIFORMA
VENERDÌ 19 FEBBRAIO 199'^
I percorsi e gli interessi teologici nel confronto con Elisabeth Schüssler Fiorenza
La chiesa delle donne e degli uomini femministi
_______DAKIEIA DI CABLO_____
Raccontarci teologicamente, cioè nominare i
percorsi, gli interessi e i luoghi teologici autorevoli, è stata la richiesta che la prof. Elisabeth Schüssler Fiorenza ci
ha rivolto per iniziare rincontro che noi pastore o diacone abbiamo avuto recentemente aH’intemo del nostro
aggiornamento.
Attraverso i racconti sono
emerse molte riflessioni stimolanti che le donne locali o
nei progetti di donne, nazionali o intemazionali. È proprio mettendo insieme questi
fili che contengono il pensiero delle donne che siamo arrivate a parlare della chiesa
delle donne.
Questa, così come la definisce Fiorenza, che ne è la
propositrice, è un luogo che
non rispetta né i linùti dello
spazio né quelli del tempo; è
stata presente là dove le donne si riuniscono per cogliere
la rivelazione e «la forza adirata dello Spirito», che invita
le donne a uscire all’estemo
per «nutrire, guarire e liberare il nostro popolo, cioè le
donne».
La chiesa delle donne diventa quindi il luogo del pensare e dell’agire di coloro che
vogliono denunciare i peccati
del patriarcato (sessismo,
adorazione idolatrica della
maschilità, che da un lato ha
prodotto l’uso esclusivo di un
linguaggio maschile per parlare di Dio, e dall’altro ha reso invisibili o inesistenti le
donne, ecc...), di ricostmire le
voci e i corpi di donna rimasti anonimi nel passato, di
creare un discepolato di
uguali che rende forza alle
donne escluse dalla autoproclamazione del potere maschile.
Ma, nota interessante, la
chiesa delle donne può vedere partecipi anche uomini.
Questi però devono essere intenzionati a collaborare nella
trasformazione di tutte quelle
strutture patriarcali che creano subordinazione, sfruttamento e quindi esclusione,
sofferenza. Gli «uomini femministi» possono accedere,
secondo Fiorenza, alla chiesa
delle donne perché alcuni di
essi sono diventati vittime del
loro stesso gioco. Lo sperimentare la condizione di vittima ha fatto prendere loro
coscienza, ponendoli in una
situazione di ricerca sia personale che collettiva, che ineludibilmente si scontra con le
stmtture patriarcali tuttora in
vigore nella chiesa.
È stato dopo queste affermazioni sull’apertura agli uomini della chiesa delle donne,
offertaci dalla prof. Fiorenza,
che il dibattito fra le partecipanti all’aggioraamento si è
ulteriormente vitalizzato.
Le pastore Adriana Pagnotti Gavina e Eiisabeth Green
Molte di noi infatti si trovano
perplesse di fronte a un’eventuale elaborazione teologica
femminista, o a un progetto
che parte dal desiderio delle
donne che veda una partecipazione maschile.
Stimolate più dal pensiero
della differenza sessuale che
dalle utopie americane, abbiamo ancora bisogno, è il mio
punto di vista, di spazi separati per poter nominare il dolore dell’esclusione al mondo
teologico che ci è stata inflitta, il disagio della nostra invisibilità nelle chiese, l’angoscia dei nostri lutti di fronte
alla morte del Dio solo padre,
il silenzio che ci ha rese mute
di fronte al mondo e di fronte
a Dio. Il desiderio e la forza
per reagire al dolore, al disagio, all’angoscia, le donne
possono trovarli attraverso altre donne.
Spostando il discorso su un
piano personale, direi che le
donne rappresentano il mio
punto di riferimento; per la
mia liberazione e per quella
del «mio popolo» (per usare
l’espressione che la prof. Fiorenza impiega per dire: tutte
le donne) non posso fare appello a un lavoro comune con
gli uomini, perché ciò mi farebbe ricadere nel riconoscimento di un’autorità maschile
(finora esiste quasi solo quella!) preoccupata di fagocitarmi.
Naturalmente attraverso la
forza che dalle donne ricevo,
necessaria non solo per lenire
il dolore, il disagio, l’angoscia, il silenzio, ma soprattutto per nominare il nuovo,
cioè l’essere delle donne nel
mondo, e l’essere di Dio nel
mondo, trasformo e cambio il
rapporto con gli uomini e forse il loro rapporto con noi. In
questo anche i luoghi separati
delle donne portano novità
nelle relazioni che accadono
tra uomini e donne.
C’è ancora un dato che mi
allontana dalla prof. Fiorenza: il discepolato di uguali.
Credo inesorabilmente che il
discepolato debba essere
svolto sia da donne che da
uomini ma a me, attrezzata
dalle categorie del pensiero
della differenza sessuale, uomini e donne non appaiono
né assimilabili né uguali.
Quindi non posso svolgere un
discepolato uguale a quello di
un uomo che ha un corpo diverso dal mio, e che nei secoli ha costruito e sviluppato il
binomio parola-potere puntando sull’annullamento del
mio genere. Posso svolgere
un discepolato solo a partire
da donne che lo hanno svolto
prima e con me. Donne ribelli
che hanno nominato l’inaudito: la loro esistenza.
Si è svolto a Santa Severa l'incontro delle pastore e diacene
La lunga attesa dell'angelo
_______ELISABETH GREEH____
Come diacene e pastore
radunate a Santa Severa
il 18 e 19 gennaio per il nostro appuntamento annuale
abbiamo scelto, ancora una
volta, di interrogare e di lasciarci interrogare da un pensiero «esterno» al nostro ambiente.
Dopo gli incontri degli anni passati, dedicati alla filosofia e al pensiero della differenza sessuale, quest’anno
ci siamo misurate con la
psicanalisi e precisamente
col pensiero di Leila Ravasi
Bellocchio, esposto nel suo
ultimo libro: La lunga attesa
deir angelo. Le donne e il
dolore (Milano, 1992).
I punti di contatto sono notevoli: come Leila Ravasi,
psicanalista di professione e.
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si può aggiungere, di vocazione, anche la nostra professione ci porta a stretto contatto con il dolore altrui e se
a noi viene richiesta una
qualche spiegazione della
sofferenza ed una qualche
giustificazione di Dio, anche
la Ravasi si confronta con le
stesse domande, a partire
dalla sua lettura di Giobbe,
attraverso il dolore delle
donne.
In modo aperto, spontaneo
e simpatico Leila Ravasi
Bellocchio ci ha esposto i temi principali del suo libro: la
dinamica delle sedute psicoanalitiche, la domanda
suU’origine del male che
l’aveva accompagnata da
sempre, 1’ avvicinarsi al libro
di Giobbe mediante l’interpretazione del biblista Gianfranco Ravasi, le categorie
junghiane da lei usate che
puntano su una valorizzazione del femminile.
Nel dialogo libero e franco
che si è instaurato tra tutte
(anche grazie alle capacità
della nostra interlocutrice),
abbiamo potuto chiarire certi
aspetti de) suo pensiero, ponendole alcune domande.
Il suo uso del «femminile», le abbiamo chiesto, non
rischia di riprodurre lo stereotipo patriarcale del femminile in una visione di complementarità fra i due sessi?
Inoltre, qual è lo status che
lei attribuisce al testo sacro?
E, infine, non si muove
forse in un circolo viziato
dall’interpretazione junghiana del libro di Giobbe, secondo la quale è Giobbe
stesso a rivelare a Dio il pro
prio male, così come sarà
l’incarnazione di Cristo a riscattare la divinità?
Di stimolo e di interesse
per tutte noi era l’abbinamento fatto dalla Ravasi tra
il femminile come limite
(air onnipotenza divina, ma
anche al desiderio di onniscienza da parte di Giobbe) e
la figura di Sofia presente al
cap. 28; oppure tra lo «spazio» e il «vuoto» all’intemo
di Dio (riscontriamo lo stesso, in forme diverse, nel pensiero di Hans Jonas o di Jürgen Moltmann), e la sapienza femminile, cioè il «vuoto»
che si crea nell’ascolto tra
psicanalista e paziente, il
quale permette il faccia a
faccia col dolore e il ricupero
lento e faticoso della salute.
L’incontro con Leila Ravasi ci ha spronate a riflettere
insieme sulla nostra cura
d’anime, sulla tentazione dei
pastori e delle pastore di dare
al dolore, come gli amici di
Giobbe, delle risposte pronte. Gì è parso utile, tenendo
conto della nostra diversa
competenza, considerare il
nostro ministero accanto alle
persone afflitte non tanto come «cura», quanto come
«accompagnamento».
Nel pezzo di strada che si
fa insieme a chi soffre, la
presenza di Dio come «terzo» può creare quello spazio
fecondo che lenisce il dolore
e guarisce.
Per quanto riguarda le domande di Giobbe, esse trovano risposta all’ombra della
croce di Cristo, là dove le
donne, neH’oscurità, custodivano il silenzio.
La gravidanza intesa come malattia
Le donne che lavorano
«categoria a rischio»
RFEDERICA TOURN
Le donne sono tornate ad
essere una «categoria a rischio». Almeno secondo la direttiva Cee sulla maternità, approvata dai governi dei 12
paesi della Comunità il 19 ottobre scorso, in cui la gravidanza e le sue conseguenze
vengono equiparate allo stato
di malattia. Nel documento
vengono fissati sì dei requisiti
minimi di protezione, salariali,
normativi e sanitari, che devono essere rispettati dalle leggi
dei singoli paesi, ma tutti sono
comunque insoddisfacienti rispetto alle garanzie italiane.
L’astensione dal lavoro che
spetta alla donna lavoratrice in
attesa di un bambino è di 14
settimane, 6 in meno rispetto
all’Italia; la retribuzione del
congedo deve essere «adeguata» e comunque non inferiore
al 50% dello stipendio, come
in caso di malattia, mentre la
legge italiana dispone un’indennità pari all’80%; viene
mantenuto il divieto di licenziamento durante l’assenza per
maternità. Il punto più discusso è però l’affidamento della
tutela della salute della donna
alla discrezione del datore di
lavoro, con la valutazione del
rischio fisico e psichico per la
lavoratrice madre. Non è tutto:
la direttiva Cee riduce il lavoro notturno per uomini e donne ma, in generale, a parte due
settimane prima o dopo il parto, non vieta alla lavoratrice in
gravidanza la possibilità di
continuare a lavorare, se lo desidera. Possibilità che si dimostra subito un’arma a doppio
taglio se si considera il livello
di crisi occupazionale del nostro paese: questa interpretazione in chiave economicistica
della maternità, non può che
andare a scapito della salute
della madre e del bambino.
Quindi, se è vero che la direttiva non impedisce il mantenimento delle condizioni di miglior favore presenti nei singoli paesi, e quindi anche in Italia, la ratificazione del documento segna una chiara inversione di tendenza, e soprattutto
un possibile appello alla Corte
di giustizia ogni qual volta
sorga una controversia tra datore di lavoro e lavoratrice nel
caso in cui il trattamento previsto dalla direttiva sia favorevole all’uno o all’altra.
Questi problemi sono emersi
chiaramente durante una conferenza sul tema «La direttiva
europea sulla maternità: che
fare?» organizzata dal Centro
d’iniziativa parlamentare del
Piemonte per fare il punto della situazione.
«Bisogna rivalutare immediatamente il valore sociale
della maternità - ha detto An
na Catasta, parlamentare europea del Pds - e ricordare che
aspettare un bambino non è un
impedimento fisico che va in
qualche modo risarcito, ma un
diritto universale che va riconosciuto e garantito». E per affermare questo diritto di cittadinanza va garantito alla neomamma l’autonomia e l’accesso alle risorse, in modo che
avere un bambino non sia sinonimo di rinuncia ma sia invece una scelta positiva non
intralciata da costi eccessivi,
responsabilità individuale, perdita totale dell’indipendenza.
«Si parla tanto di mamma ma
nei fatti non la si rispetta - ha
aggiunto Livia Turco, deputato del Pds - in Italia non c’è
nessuna politica a sostegno
dell’infanzia: per esempio siamo fra i paesi più arretrati per
quanto riguarda il livello e la
qualità dei servizi sociali quali
asili, consultori, programmi
per la preparazione al parto».
Proprio a questo proposito
giunge la proposta di legge di
iniziativa popolare sull’istituzione dell’asilo nido come servizio pubblico, come già succede negli altri paesi europei,
in considerazione del suo ruolo formativo utile a tutta la società e non solo alla singola
famiglia.
«Un altro obiettivo da raggiungere - ha aggiunto Livia
Turco - è l’estensione dell’indennità di maternità a tutte le
donne, non solo alle lavoratrici
dipendenti, a cui venga assegnato un contributo sulla base
del reddito individuale. A questo proposito la Cgil-donne ha
avanzato una proposta di legge
che prevede un assegno di cura intestato al componente che
svolge il compito di crescita
del bambino, a prescindere
dalla sua attività. Provvedimento che sarebbe d’aiuto a
tutte le donne sole e disoccupate».
Con la nuova direttiva cambiano i rapporti di forza, aumenta la competitività nella
definizione dei contratti fra
imprenditori e lavoratrici: questa è la prima direttiva Cee che
su un problema sociale, esplicitamente, riduce i diritti a livello economico.
Nonostante questo clima
culturale poco favorevole, le
unioni sindacali e politiche
femminili hanno deciso di reagire in modo compatto. Per
prima cosa le donne del Ces, il
sindacato europeo, faranno
delle controproposte entro il
’94, nel momento del recepimento della direttiva stessa nei
vari paesi, in modo che sia ben
chiaro che non c’è nessuna intenzione di avallare la decisione del Consiglio su questa specie di mercificazione della maternità.
OPERA BALNEARE VALDESE
MEILII - iOROIO VUEZZI
’ 5 'Là Chiesa valdese dì Torino organizza un
soggiorno marino con sistemozione alberghiero in due turni:
turnò dal 14 giuono al 28 giugno per bambini e
barttbine nati tra r 1.1.1^3 e it 31.12.1987
turno dal 28 giugno al 12 luglio per ragazzini e
ragazzine nati tra l' 1.1J 980 e il 31.12.1982
Per informazioni e ritiro moduli di accettazione
rivolgersi presfo lo sr^reforio
della Chiesa valdese di Torino, via S.ffe V o, 15 10125 Torino. Telefono 011/669.28.31.
La ¡scrizioni Nihnbito dal 1*
I membri! del comiioto sono o dh^tc^izione
per ogni ulteriore informaaskme.
15
venerdì 19 FEBBRAIO 1993
^ ^
Pagina Dei Lettori
PAG.
11
RIFORMA
fA
Posta
Il manifesto
della Fcei
Il manifesto della Fcei ha
suscitato nel nostro gruppo
molte perplessità. Risparmiando spazio diciamo che ci
riconosciamo sostanzialmente
nella reazione di Rita Gay
(numero del 5 febbraio). Su
questo versante vorremmo
solo aggiungere che siamo
colpiti daH’interpretazione
della crisi del nostro paese in
termini esclusivamente spirituali, nonché dalla stupefacente leggerezza con cui si
parla di popolo italiano, attribuendogli un’unica fede in un
unico Dio. Siamo consapevoli del livello raggiunto dalla
crisi che investe il nostro paese, ma questa è innanzitutto
di natura politica ed economica e, se di crisi spirituale si
può parlare, per quel che riguarda la componente cristiana della nostra società, essa è
sicuramente di vecchia data.
Un diverso aspetto che ci
preme sottolineare riguarda
«l’immagine di Dio» implicita, almeno apparentemente,' in
questo appello alla «nuova
nascita». L’espressione «immagine di Dio», diventata
usuale in ambito Fgei da un
po’ di tempo a questa parte, si
può in parte tradurre con:
«Qual è il Dio che intendiamo confessare oggi?». Noi
non abbiamo una risposta
chiara e definita ma siamo
convinti che il Dio in cui confessiamo la nostra fede oggi
non possa essere un Dio totalizzante, elitario, che ci indica
una via chiara, sicura, priva
di ambiguità e di dubbi.
In altre parole, rifiutiamo
l’idea che oggi la nostra fede,
e quindi la nostra predicazione all’interno e all’esterno
delle nostre chiese, possa
identificarsi con un generico
richiamo a «tornare a Dio»
senza rischiare di rendere
questo appello privo di significato o, peggio, identificato
con la peggiore tradizione cristiana, cattolica o protestante
che sia. Oggi, come cristiani e
come cristiane, siamo innanzitutto chiamati a mettere in
discussione la nostra storia e
in primo luogo a confrontarci
con le tragedie che essa ci testimonia. Ad esempio, dovremmo chiederci cosa abbiamo da dire oggi sul Dio cristiano dei croati e su quello
dei serbi, cosa del Dio ebraico
e cosa del Dio musulmano?
Noi pensiamo che, tutte e tutti
noi, le nostre comunità, le nostre chiese, ma soprattutto
«gli altri», chiunque essi siano, di tutto abbiano bisogno
fuorché di un Dio intollerante
e integralista, privo di contraddizioni, cercato senza
un’umile disponibilità all’ascolto del diverso da noi. Mai
come oggi abbiamo bisogno
di scrivere, o riscrivere, la nostra confessione di fede passando attraverso una riflessione (auto)critica dell’immagine
di Dio che le chiese cristiane
hanno proposto (e riproposto)
per secoli: il Dio onnipotente
e mai debole, il Dio padre e
mai madre, il Dio presente e
mai assente, il Dio giusto e ....
// gruppo Fgei - Torino
Come Rita Gay io pure sono rimasto impressionato negativamente dal manifesto
preparato dalla Fcei in occasione della «Settimana della
libertà» e che per la sua affissione in varie città italiane
verrà inteso come il pensiero
dei protestanti dinanzi a uno
dei momenti fra i più seri,
complessi e delicati nella storia del nostro paese.
Non credo sia giusto affermare che tutti 0 quasi hanno
perso il senso della verità e
della giustizia e che tutti, di
questo stato di degrado, devono riconoscersi responsabili
davanti a Dio.
Allora mi chiedo che mai
potrà pensare tutta quella
gente che nella nostra società
- segnata da tante ingiustizie,
dove esistono per esempio
scandalose differenze di reddito - è rimasta colpita da
tanti provvedimenti iniqui e
anche con la scelta di scendere nelle piazze tenta in qualche modo di protestare, di
rendere visibile il proprio disagio, di far sentire il suo
bisogno di giustizia. Perché la
Riforma
Via Pio V, 15 -10125 Torino - tei. 011/655278 - fax 011/657542.
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Economici: a parola £ 1000
Il presente numero 7 costituisce il n. 7 del 19 febbraio 1993 de La Luce. Reg.
Tribunale di Pinerolo n. 176/60. Sped. in abb. postale gr. Il A/70.
Nella foto di prima pagina: Ricchezza e povertà.
crisi è sì morale e spirituale,
ma è anche politica.
È certamente vero che, in
assoluto, nessuno può permettersi di «scagliare la prima pietra», ma sarebbe stato
importante - in un momento
così cruciale in cui la gente è
turbata per quanto accade, è
amareggiata, sfiduciata, disinformata sugli stessi meccanismi e effetti dei tanto decantati progetti di riforma,
quindi in una fase di disorientamento pericolosa per la
stessa libertà - non fare di
ogni erba un fascio.
Così facendo invece si corre il grosso rischio sia di apparire assolutori nei confronti
di coloro che hanno commesso gravi reati verso la società (sperando che i processi
facciano la dovuta chiarezza)
e che appartengono quasi
esclusivamente a un ben preciso ceto politico, sia per non
risultare penalizzanti o indifferenti verso chi, forze politiche e cittadini che le esprimono e le votano, si pone in alternativa a questo modo di
governare pensando a una società diversa, caratterizzata da
una maggior giustizia, da una
cultura di pace, una società
solidale e rispettosa dei diritti
di tutti e in particolare dei più
poveri, degli emarginati, degli ultimi.
Purtroppo, pur senza volerlo, mi pare che questo manifesto ferisca anche la sensibilità dei non credenti, verso i
quali dobbiamo comunque
amore e rispetto per le loro
scelte, anche se diverse dalle
nostre, non dimenticando che
tantissimi di questi uomini e
donne sono spesso in prima
fila, attraverso l’impegno sociale e politico in un servizio
del prossimo che ha molto a
che vedere con l’Evangelo.
Livio Taverna - Trieste
Nel n. 5 di Riforma, a pag.
11, ho notato un sorprendente
accostamento, in senso proprio spaziale, tra la lettera di
Rita Gay e la mia nota presentata come «Contrappunto». La sorpresa sta nel fatto
che i due scritti trattano di
etica e in termini non propriamente collimanti. La Gay
scrive: «Rendiamoci conto
che è proprio il pensiero laico, libero dai vincoli confessionali e anche da qualsiasi
forma di fede religiosa, quello che ci ha insegnato i valori
della tolleranza, del rispetto
dell’altro, della dignità della
persona, dell’umiltà della ricerca comune...».
Io, invece, parlavo di etica
protestante e di etica biblica.
A proposito di etica laica, mi
sia consentito dire che questa
nasce «dopo» l’etica religiosa, pertanto non può non avere risentito dei forti contributi
dell’etica che singoli e gruppi
religiosi hanno elaborato a
partire dalla loro posizione di
fede.
Qui vai la pena ricordare il
contributo di Thomas
Helwys. Questo puritano, dissidente inglese, vissuto a cavallo tra il 1500 e^il 1600, è
l’iniziatore della prima chiesa
battista sul suolo inglese
(1611). In un suo testo del
1612, dal titolo A short Declaration of thè Mystery of
Iniquity, inviato al re Giacomo I, Helwys afferma: «... la
religione è un fatto che concerne Dio e gli uomini. Siano
essi eretici, turchi, giudei, o
altro, non è compito dell’autorità terrena punirli». Per
questa difesa della libertà
«per tutti» Helwys morì in
prigione.
Anche Roger Williams si
battè, a Rhode Island, per
l’affermazione della libertà di
coscienza, di religione e per
la separazione tra chiesa e
stato. Roger Williams era un
credente, un predicatore
dell’Evangelo. I contributi
che i credenti, protestanti e
non in linea secondaria i battisti, hanno dato all’affermazione della libertà nelle sue
varie sfumature, e nei contesti
più disparati, possono essere
ripercorsi leggendo E. Troeltsch, Il protestantesimo nella
formazione del mondo moderno (Nuova Italia) e R. H.
Bainton, La lotta per la libertà religiosa (Il Mulino).
Quanto poi all’affermazione: «Ed è proprio il pensiero
ateo che ancora oggi ha qualcosa da insegnarci, stimolandoci a non perdere di vista la
dignità dell’uomo in quanto
tale, a prescindere dalla sua
appartenenza a qualsiasi ambito religioso», essa mi fa
pensare ai Gulag, alle Guardie rosse, alla Securitate di
Ceausescu.
La Settimana della libertà
ci invita a pregare, a meditare, a ravvederci, ci invita a
trovare nell’agire di Dio per
la salvezza del mondo la via
per il bene della città in cui
siamo stati posti come testimoni (Geremia 29).
Salvatore Rapisarda - Catania
Lettere brevi
Rimangono nel nostro archivio numerose lettere giunte in queste settimane: chiediamo a chi vuole scriverci di
farlo in modo succinto.
ONORANZE E TRASPORTI FUNEBRI
BERTOT TULLIO
Uffficio: c.so Gramsci, 5 - TORRE PELLICE
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Abitazione: via G. Modena, 8 - tei. 0121 - 932153
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CONTRAPPUNTO
IL VOTO
E IL LAVORO
MIMMO GUARAGNA
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V». V- -V Tf»
« 'f
Ho visto amici, persone con cui ho condiviso fraternamente tante cose, dare il voto a fior di mascalzoni, per avere in cambio il diritto a lavorare. Fa
molto male vivere in queste situazioni, perché anche
se taci è evidente la tua condanna; e se provi a giustificarli non attenui affatto l’umiliazione che vive dentro di chi si è arreso per poter sopravvivere.
Come sono lontani i tempi quando quel 40 per
cento di voto comunista era fatto dall’entusiasmo di
tanti che oggi piegano la testa e infilano la scheda
neU’uma.
È facile sdegnarsi contro il voto di scambio e prendersela (giustamente) contro i politici corrotti e la camorra. Provate però a discutere in campagna elettorale con un amico che ha impegnato il suo voto e
quello dei suoi familiari in cambio di una promessa
di lavoro. Il tuo diritto alla libertà di voto ti pesa come un privilegio. Leggi negli occhi la tristezza e la
pena di chi col silenzio ti implora di non giudicarlo.
E tu invece sei combattuto tra lo sforzo disperato
di comprenderlo e la rabbia che non puoi soffocare
perché quel voto uccide le tue speranze. Il voto di
scambio è un peccato moralmente abietto: umilia e
toglie dignità alle persone; è terribilmente violento
perché costringe a dare il proprio suffragio a chi si
disprezza.
«Dacci oggi il nostro pane». Che significa questa
preghiera là dove la lotta per la sopravvivenza definisce il rapporto tra chi ha il potere e chi ne è privo?
«Dacci oggi il nostro pane» come grido di giustizia
e di libertà.
Allora pregare è entrare nell’agone politico se vuoi
guardare negli occhi il fratello e dargli la speranza
che questo mondo può essere cambiato.
Partecipazioni
RINGRAZIAMENTO
Il 10 febbraio scorso, a Montecarlo dove era stato operato al
cuore, è mancato
Italo Eynard
all’età di 60 anni
un culto è stato tenuto a Torre
Pellice in occasione della tumulazione delle sue ceneri; i familiari
ringraziano quanti hanno dimostrato la loro simpatia.
Pinerolo, 15 febbraio 1993
RINGRAZIAMENTO
«lo ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa,
ho serbato la fede»
Il Timoteo 4,7
I famigliari di
Elsa Pòet in Peyrot
di anni 69
ringraziano di cuore tutti coloro
che con la loro presenza, fiori e
scritti hanno partecipato al loro
dolore: tutto l’Ospedale valdese
di Pomaretto, la pastora Lucilla
Peyrot, il medico curante dott.
Meli.
Frali, 29 gennaio 1993
«L'anima mia s'acqueta in Dio solo; da lui viene la mia salvezza»
Salmo 62,5
Ci ha lasciati
Emma Bonous in Ladik
lo annunciano con tanto dolore
il marito Tonino, la figlia Elisabetta, la sorella Ada con il marito
Giancarlo De Bettini, le cognate, i
cognati, i nipoti e parenti tutti.
Roma, 3 febbraio 1993
/ necrologi si accettano entro le ore 9 del lunedi. Teletonare al numero 011655.278-Fax 011-^mi.
Hai rinnovato
l’akiiioimifiento
RIFORMA?
16
PAG. 1 2
RIFORMA
VENERDÌ 19 FEBBRAIO 1993
Foresterìa «Cà d’Ia pais»-Angrogna
20 letti, 5 camere, per gruppi autogestiti
Loc. Bagnóou, Colle della Vaccera, 10060
Angrogna
Coordinamento strutture ricettive
tei. e fax (0121) 91801
via Arnaud 34 -10066 Torre Pel I ice
Centro ecumenico Agape - Praii
96 letti, 35 camere, escursioni in montagna,
cento di incontri e studi per gruppi, aperto
tutto l’anno.
resp. Letizia Tomassone
tei. (0121)807514; fax 807690
10060 Frali
Foresteria Vaidese
vaiar Perosa
resp. Thomas Noffke
tei. (0121)51372
via Assietta 4
10060 Villar Perosa
Centro vacanze «M.L King»
Meana di Susa
resp. Gina Serafino Cammisa, tei. (0122)
49610, viaTorino 11,10053 Bussoleno
Praz. Campo del Carro
10050 Meana di Susa
Casa vaidese per ferie - Viering
3 dormitori con letti a castello, corredo personale, prenotazioni tutto l'anno, all'Imbocco della Val d’Aosta,
resp. Alice Durand
Viering 39-11020 Champdepraz
tei. (0125) 960417
Foresterìa vaidese
«La Rocciagiia» - Angrogna
2 edifici, 20 camere, 40 letti, per gruppi autogestiti
Coordinamento strutture ricettive
tei. e fax (0121) 91801
via Arnaud 34 -10066 Torre Pellice
Casa Pons - Angrogna
tel.(0121)944144
resp. Concistoro di Angrogna
Foresteria «La Gianaveiia»
Luserna S. Giovanni
2 edifici nella pineta, 24 letti, 4 camere per
gruppi autogestiti.
Coordinamento strutture ricettive
tei. e fax (0121) 91801
via Arnaud 34 -10066 Torre Pellice
peri
vostri incontri
Foresteria vaidese - Torre Peiiice
102 letti, 45 camere, centro storico valdese
escursioni in montagna, 55 km da Torino
aperto tutto l’anno.
resp. Adriano e Carla bongo
tei. e fax (0121) 91801
via Arnaud 34 -10066 Torre Pellice
Casa vaidese per ia gioventù
Vaiiecrosia
127 letti, 24 camere, 5 minuti dal mare, 8
dormitori, 3 bungalow, colonie estive, aperto da febbraio a ottobre,
resp. Sergio Nisbet
tei. e fax (0184) 295551
via Col Aprosio 255 -18019 Vaiiecrosia
Casa baineare vaidese
Borgio Verezzi
68 letti, 35 camere sul mare, recentemente
ristrutturato, aperto tutto l’anno,
resp. Albina e Nicolino Canu
tel.(019)611907
c.so Italia 110-17027 Pietra Ligure
Casa vaidese - Rio Marina
48 letti, 15 camere vicino al mare, recente
mente ristrutturata con ampio giardino e solarium, aperta da aprile a ottobre,
resp. Ornella Grein Rovelli
tei. (0565) 962141; fax 962770
p.zza Mazzini 1 -57038 Rio Marina
Viiiaggio detta gioventù - S. Severa
120 letti, 29 camere sul mare, 40 km da Roma,
saloni a disposizione, aperto tutto l’anno,
resp. Paolo bandi
tei. (0766) 740055; fax 741527
lungomare Pyrgi 13 - 00050 Santa Severa
Foresteria - Cagiiari
3 letti ed uso cucina,
resp. Giuseppe Mollica
tel.(070)666876
v.le Regina Margherita 54 - 09124 Cagliari
Campo Sardegna
Casa colonica, 35 letti, 4 camerate, piazzole
per tende e camper, vasta boscaglia medi
terranea, aperta da giugno a settembre, su
richiesta anche in primavera.
resp. Giuseppe Mollica
tei. (070) 493237-666876 (abitaz.)
SS 125 Cagliari-Olbia al km 24,2
Foresterìa vaidese ■
tei,
viar
tei, (091)6817941/3
via Àngiò 56 - Palermo
Paiermo
Centro diaconato «La Noce»
Palermo
50 letti, 15 camere, uso cucina per gruppi,
nel centro di Palermo, aperto tutto l’anno.
resp. Karola Stobaus
tei. (091) 6817941; fax 6820118
via Gio. EV. Di Blasi 12 - 90135 Palermo
Servizio cristiano - Riesi
15 letti, 6 camere, foresteria in allestimento,
aperta tutto l’anno.
resp. Franca Cossa
tei. (0934) 928123; 928139 (abitaz.)
via Monte degli ulivi 6 - 93016 Riesi
Casa vaidese per ferie - Aosta
5 minialloggi con 3-4 posti letto ciascuno,
prenotazioni giugno-settembre, centro storico.
resp. Roberto Romussi
tei. (0165) 44345
rue Croix de Ville 11 -11100 Aosta
Centro evangelico «P. Andreetti»
S. Fedele
7 camere, 25 posti letto, altitudine 750
s.l.m., 30 km da Como e Lugano, aperto tutto l’anno, incontri giovanili e comunitari,
resp. Ennio del Priore
tei. (031) 830418; 525346 (abitaz.)
via Provinciale 55 - 22028 S. Fedele Intelvi
Centro ecumenico «L. Menegon»
Tramonti di Sopra
25 letti, 8 camere, campi studi per giovani e
famiglie in luglio e agosto, a disposizione di
gruppi autogestiti altri periodi,
resp. Silvio Marini
tel.(041)5233449; (0427) 869087
33090 Tramonti di Sopra
Foresteria valdese - Venezia
49 letti, camere ed appartamenti, centro storico, 5 minuti da p.zza San Marco, aperto
tutto l’anno,
resp. Piero Grill
tei. e fax (041) 5286797
Palazzo Cavagnis
Castello 5170 - 30122 Venezia
Centro giovanile (Gouid) - Firenze
72 letti, 25 camere di cui 21 con bagno,
centro storico, 20 minuti a piedi da stazione
Fs, aperto tutto l’anno,
resp. Gianluca Barbanotti
tei, (055) 212576; fax 280274
via dei Serragli 49 - 50124 Firenze
Casa comunitaria - Tresanti
Casa colonica ristrutturata, 30 km da Firenze,
resp. Heinz Fritschi, Leopoldo Sansone
tei. (0571) 659075; 608828 (ab.)
via Chinigiano 10 - 50025 Montespertoli
^ ’
Casa Cares - Reggetto
55 letti, 16 camere, antica fattoria a 35 km
da Firenze a 500 m sul Pratomagno, chiusa
in gennaio.
resp. Antoinette e Paul Krieg
tei. e fax (055) 8652001
via Pietrapiana 56 - 50066 Reggello
Ecumene - Vettetri
Centro di studi e vita comunitaria, 80 letti,
50 km da Roma, aperto da giugno a settembre e altri week-end.
resp. Ornella Sbatti
tei. (06) 4743695
Contrada Ciglialo - 00049 Velletri
Centro evangelico battista
Rocca di Papa
60 letti, 13 camere, 9 con bagno, 25 km da
Roma, spazi per incontri e giochi, aperto
tutto l’anno
resp. Vera Marziale latrate
tei. (06) 9499014
via Vecchia di Velletri 26 - 00040 Rocca di Papa
Casa valdese - Roma
56 letti, 29 camere nel centro di Roma a pochi passi da p.zza Cavour, 3 minuti dalla
metropolitana, aperto tutto l’anno,
resp. Aldo Visco Gilardi
tei. (06) 3215362; fax 3211843
via Farnese 18-00192 Roma
«La Casetta» - Bari
Camping, 20 piazzole per tende, 1 per caravan, zona alberata nella carhpagna, autobus
da Bari, aperto tutto l’anno,
resp. Gianna Sciclone
tei. (080) 493084; 333091
via Gentile 106-70126 Bari
Centro giovanile evangelico
Adelfla - Scogtttti
Centro per incontri e vacanze in ristrutturazione, sul mare, 20 posti letto.
Per informazioni: Giuseppe Ficara, tei.
(0934) 929433, via Faraci 63,93016 Riesi
Casa valdese
Guardia Piemontese
Minialloggi per famiglie, 10 minuti d’auto
dalle Terme Luigiane e a 15 dal mare, apertura estiva,
resp. Teodora Tosarti
tei. (0984)621490
p.zza della Strage - 87020 Guardia Piemontese
Centro evangelico - Bethel
tel.(0961)922059
88055 Taverna
Villaggio evangelico
Monteforte Irpìno
soletti, 13 camere, sale per incontri, ampi
spazi verdi, aperto tutto l’anno,
resp. Gianni Sagripanti
tei. e fax (0825) 682698
via Rivarano 18 - 83024 Monteforte Irpino