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Anno 114 - N. 39
29 settembre 1978 - L. 200
Spedizione in abbonamento postale
1“ Gruppo bis/70
BIBLIOTECA VALDESE
10066 TORRE PEIL ICS
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
UNO SGUARDO ALLA SITUAZIONE ITALIANA
Impegno o vanità
« Chi ama padre, madre, fratello, sorella, più di me
non è degno di me.i. » (Matteo 10: 37)
Al di là dell’ideologia
Siamo un paese che discute volentieri delle basi teoriche della giustizia: diamole anche il contenuto di una rigorosa onestà personale
Bisogna pur dire che in questa
fine d’estate oltre all’elezione del
nuovo papa e all’esposizione della sindone (di cui siamo tutti
quanti, volenti o nolenti, informati) è successo qualcos’altro
che merita attenzione. Penso alla disputa sollevata da Bettino
Craxi, segretario socialista, tra
leninismo e socialdemocrazia, tradizione rivoluzionaria e riformismo. Non staremo ovviamente
qui a riprendere tutti i termini
della questione che ha comunque
dato un forte scrollone alla stasi, per non dire al precario equilibrio politico su cui regge l’attuale governo.
Nel corso della disputa si è insistentemente parlato di una
« terza via » (lontana dal capitalismo come dal socialismo sovietico) ispirata più dal filosofo
francese Proudhon che da Marx.
Si ha così Fimpressione che il
partito socialista italiano importando, di recente, il garofano rosso dalla Francia, come nuovo
simbolo del partito, si sia anche portato dietro le teorie di
uno dei più duri filosofi antistatalisti, come è appunto PierreJoseph Proudhon, padre indiscusso del socialismo libertario
e anarchico (per intenderci quello che scrisse: « la proprietà è
un furto »).
In altre parole i craxiani, con
l’ultimo "vangelo socialista” del
loro leader, hanno rilanciato il
dibattito sull’ideologia all’interno della sinistra italiana. Non
che le preoccupazioni ideologiche
prima della polemica sollevata
da Craxi fossero assenti (si pensi proprio ad un anno fa alla
lettera di Berlinguer al vescovo
Bettazzi) ma era facile accorgersi che il difficile assetto governativo aveva pressoché costretto
al silenzio o per lo meno ad un
tacito accordo sui massimi sistemi, compreso anche cosa s’intende per socialismo, con tutte
le sfumature che sappiamo.
Ma oggi, su quella che sarà la
futura società senza classi, si discute con foga: socialismo di sinistra o socialdemocrazia alFeuropea?
Socialismo di stato o socialismo autogestionario secondo le
idee di Proudhon (definito da
Marx: « filosofo e economista
della piccola borghesia »)?
Di questa futura società senza
classi, tuttavia, anche i due partiti coinvolti nella disputa sono
avari di dettagli mentre a molti
interesserebbe sapere se i risvolti pratici dell’attuale dibattito
ideologico avranno, per esempio,
ripercussioni nelle amministrazioni locali dove socialisti e comunisti siedono insieme. Un accentuarsi della polemica sollevata da Craxi potrebbe infatti inasprire i rapporti tra i due maggiori partiti di sinistra a tutto
vantaggio dei settori democristiani del Paese che, da un anno
intero, mietono successi elettorali senza interruzioni.
Riforma
più che polemica
Una polemica quindi inutile e
dannosa? Da tempo il fuoco di
questa disputa covava sotto la
cenere (non a caso anche in
Francia dai giorni dell’elezione,
socialisti e comunisti stanno approfondendo temi ideologici) ma
nessuno può farci credere che da
questo scontro dottrinale possa
venir fuori la ricetta per guarire i mali italiani.
A proposito penso ad un recente articolo apparso su « Panorama » di Stefano Rodotà, il
quale, ragionando sul malessere
della nazione, si chiedeva come
mai la proposta del senatore Anderlini, che prevede il fissare ad
un tetto massimo di quaranta
milioni annui gli stipendi nel
pubblico settore, non abbia ricevuto in Parlamento degna accoglienza. In effetti è proprio così:
mentre tutti si lamentano della
giungla retributiva, nessuna (o
quasi) forza politica mette mano all’ascia per abbattere privilegi di tipo economico (che sono
quelli più duri a morire).
L’esempio è piccolo ma sufficiente per affermare che oggi in
Italia vuoi per l’intrico delle alleanze o per i vecchi contrasti
provvisoriamente congelati, nessuna forza politica può esprimere compiutamente (sul terreno della storia non sul piano delle intenzioni) l’esigenza di moralizzazione del Paese. Tant’è che
dietro ai grandi dibattiti ideologici continua a sussistere (per
rendersene conto basta aprire il
giornale ogni giorno) la realtà
dello sfascio e della corruzione
che vede coinvolti uomini ai
massimi livelli dirigenziali della
nazione. Più che di alchimie di
formule politiche o di complesse contrapposizioni teoriche (eurosocialismo contro eurocomunismo) vi sarebbe bisogno di una
forza politica che offrisse a se
stessa e al Paese una trasparente immagine di stile di vita; una
intransigenza etica che in una
epoca di crisi, di nefandezze e
privilegi che continuano a sussistere sulle spalle dei contribuenti, offrisse una reale alternativa,
anche nel costume.
Per un nuovo modo
di essere italiani
Si parla molto della « terza
via » ma poco, per non dir nulla,
della strada (più stretta e diffiG. Platone
(Continua a pag. 2)
Quando ci accingiamo a fare
una riflessione su questo testo, la
cui prima lettura ci ha lasciati
sconcertati e disorientati, al nostro pensiero si pone immediatamente un interrogativo come prima reazione immediata: le persone che ci vivono accanto o che
sono comunque membri della famiglia non sono forse il nostro
prossimo più immediato da amare subito dopo Dio, come applicazione dell’amore per Lui?
Come mai Gesù si frappone fra
noi e i nostri cari per essere amato più di loro? Lui che ha dimostrato « di quale amore ci è stato largo il Padre » un amore sofferto in prima persona, che ha
per obiettivo tutti gli uomini,
non soltanto si interpone fra tutti
i membri del ’’clan” familiare, ma
vi si sovrappone con forza e autorità, fatto che a tutta prima ci è
veramente difficile comprendere.
Se però con l’aiuto dello Spirito Santo, noi proseguiamo la ricerca esaminando la nostra, prima
reazione con un confronto critico
con r Evangelo, scopriamo che
LA «PACE» DI CAMP DAVID
Sulla pelle di un popolo
« Vi ordino di mettervi d’accordo ». Questo pare essere stato l’imperativo rivolto da Carter a Begin e Sadat durante il
vertice di Camp David. Formalmente il presidente americano è
stato accontentato. Mentre tutto sembrava compromesso, improvvisamente la notizia di un
accordo di pace tra Egitto e
Israele sotto la mediazione americana. Vittoria della diplomazia americana si è detto. Ma gli
entusiasmi iniziali si sono presto raffreddati. Soprattutto dopo il nuovo fallimento di Cyrus
Vance, segretario di stato americano, ritornato a Washington
con il paniere vuoto dopo i colloqui di Amman, Riad e Damasco.
Ci si poteva aspettare una risposta diversa? Era possibile illudersi di trovare accordi nel
mondo arabo a questa « pace
separata » tra Egitto e Israele
quando era stato affermato a
più riprese e con estrema chiarezza che la soluzione del conflitto escludeva precisamente
quanto si è voluto forzare a
Camp David? Possibile che l’ingenuità politica di Carter arrivi
a questo punto? Probabilmente
non si tratta di ingenuità ma di
una precisa linea politica ame.
ricana tendente a « costringere »
con la mano forte gli altri paesi
ad accettare questo tipo di soluzione sulla quale si è trovato
un punto di confluenza tra Israele ed Egitto. Però, stando alle
dichiarazioni ufficiali diramate
subito dopo il vertice di Camp
David, è apparsa in tutta evidenza la profonda divergenza di
interpretazione sull’accordo di
pace. Divergenze che incrinano
fortemente il significato che la
stampa internazionale e le dichiarazioni di alte personalità
hanno voluto attribuire all’accordo di Camp David. Valutazioni così contrastanti che solo
un cieco potrebbe scambiare
per un reale accordo di pace.
È molto più onesto, anche se
doloroso, riconoscere che a
Camp David non è stato fatto
alcun passo avanti sulla via della pace; è vero, per il momento
è scongiurato il pericolo imminente di un nuovo conflitto, un
armistizio che rinvia nel tempo
ed accresce la tensione per il
nodo del problema rimasto insoluto. Come si può parlare di
accordo di pace quando esiste
il disaccordo su tutti i punti
cruciali del conflitto: su Gerusalemme, sulla Cisgiordania, su
Gaza, sugli inseciiamenti ebraici nel Sinai?
Viene in mente quella parola
del profeta Geremia rivolta alla
classe dirigente del suo tempo:
« Essi curano alla leggera la piaga del mio popolo ; dicono :
’Pace, pace’, mentre pace non
v’è» (6/14; 8/11).
Il frutto amaro
della diplomazia
dei potenti
La forzata mediazione di Carter in questo formale accordo di
pace è servito ad irrobustire i
paesi arabi non allineati con
l’Egitto, a dare credito ai paesi riuniti nel « fronte della fermezza» che cercano ora di isolare Sadat rispetto ai paesi del
mondo arabo che sin qui avevano assunto una posizione di
equidistanza, di attesa. Il « fronte della fermezza» riunitosi a
Damasco assume chiaramente la
fisionomia di un patto politicomilitare, anche se non privo di
divergenze interne e di ambiguità: ciò che appare evidente è
comunque l’intenzione di guardare con rinnovata speranza a
Mosca. Non si deve escludere
che questo fronte arabo che ha
duramente condannato l’atteggiamento di Sadat (accusato tra
l’altro di aver accettato il principio di una pace « rinunciataria») rompa ogni rapporto diplomatico, economico e politico
con il Cairo ed estrometta l’Egitto dalla Lega Araba.
In conclusione questi accordi
di pace di Camp David rischiano di accentuare una volta di
più le divergenze tra l’Unione
Sovietica e gli Stati Uniti e
quindi, invece che portare ad
una rapida o comunque progressiva soluzione del conflitto arabo-israeliano, rischiano di ingrandirlo e di accentuarne la
drammaticità. Il fatto stesso che
a Camp David non si sia tenuto
in alcun conto la questione palestinese, è indice di una politica imperialista che si illude di
portare la pace sulla pelle di un
popolo. Una pace costruita sulla diplomazia, sull’ingiustizia,
una pace che si vuole acquistare allontanando dal tavolo delle trattative i più diretti interessati, giocando sulla loro vita
senza scrupoli. Dopo il criminoso appoggio di Carter allo scià,
libero di reprimere i dissidenti
violando le norme elementari
dei diritti umani per cui il presidente americano in altri casi
è intervenuto con fermezza, lascia purtroppo vedere come la
via americana alla pace e alla
distensione dei rapporti internazionali continui a calpestare,
quando occorre, la dignità e il
diritto alla vita di intere popolazioni. Popolazioni che attendono una pace che non sia il
frutto amaro della diplomazia
dei potenti, ma una pace fondata sulla giustizia e sull’autodeterminazione dei popoli. Questa
pace è, purtroppo, ancora lontana. Vi sarà sempre ancora chi
dovrà gridare: «Noi aspettavamo la pace, ma nessun bene
giunge; aspettavamo un tempo
di guarigione, ed ecco il terrore! » (Ger. 8/15).
Ermanno Genre
avevamo, forse anche inconsciamente, giudicato Gesù desideroso
di essere amato in modo egocentrico, come noi desideriamo di
essere amati. Scopriamo che quando Gesù vuole che nell’amare il
prossimo siamo « degni di Lui » è
perché vuole che l’amore sia indirizzato verso gli uomini che lui
personifica e che sono gli uomini
che maggiormente soffrono nel
mondo.
Se quindi vogliamo passare all’applicazione di questo implicito
comandamento di Gesù, prenderemo come riferimento della nostra tabella di marcia l’altro comandamento che è la sintesi di
tutto l’insegnamento di Gesù: « Ricercate prima il regno di Dio e la
sua giustizia ».
O qui comincia l’azione politica del credente che esce dalla
Chiesa, dove ha imparato questo
per applicarlo nella sua vita appunto nella ’’città”, nella ’’polis”
o non succede niente. Cioè in termini molto onesti: o il credente
si impegna nella vita, per ricercare la giustizia, denunciando le ingiustizie anche quando questo lo
tocca al punto da diventare una
confessione di peccato personale,
o tutto quello che ha imparato
dall’ Evangelo nella Chiesa non
serve a nulla. Amerà solo se stesso, i suoi familiari, la sua casa, la
sua automobile, il suo lavoro, forse anche la sua patria e le sue
istituzioni, pur essendo convinto,
in buona fede di amare Gesù.
Gesù non ama se stesso, e non
vuole essere amato in separata
sede, ma vuole che
« nel volto d’ogni mio fratello
scoprir io possa quello
del nostro Salvatore ».
Umberto Rovara
Numero
speciale
per fine
ottobre
Domenica della Riforma e ripresa dei corsi alla Facoltà Valdese di teologia sono due date
che coincidono quest' anno per
l'ultimo fine-settimana di ottobre. Su questi due centri d'interesse stiamo centrando il n. che
porterà la data del 20 ottobre
che conterrà tra l'altro:
— Un articolo di Franco Giampiccoli su Autorità della Chiesa
o autorità della Scrittura?
— Una pagine a cura di Maria
Bonafede sulla Confessione di
fede della Chiesa presbiteriana
di Cuba del 1977 (da un seminario tenuto in Facoltà).
— Intervista a Pierre Bonnard, un professore di teologia
che ha dato molto al protestantesimo dei Paesi latini.
Raccomandiamo molto questo
numero alle chiese per una diffusione straordinaria e per
l'apertura della campagna abbonamenti 1979, a cui sarà dedicata buona parte dell'8® pagina.
Prenotazioni per copie da diffondere vanno fatte per telefono alla redazione dell'Eco-Luce
entro domenica 15 ottobre.
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29 settembre 1978
[ NOTIZIE DALLA REGIONE RIOPL ATENSE a cura di Mireille Gilles ]
Una chiesa che vuol servire
Per una nostra maggiore conoscenza della Chiesa valdese nell’area rioplatense riteniamo importante l’illustrazione dell’opera condotta dai nostri fratelli nelle chiese e negli istituti. Iniziamo quindi una breve panoramica sugli istituti che proseguirà nei prossimi due numeri.
Nella storia delle colonie vaidesi di Rio de la Piata vi sono
molti elementi che rivelano il
costante spirito di servizio —
espresso in forme diverse attraverso i 120 anni di esistenza —
delle sue comunità in Argentina
ed in Uruguay.
Inizialmente la preoccupazione principale fu l’insegnamento :
vediamo infatti con ammirazione
che i primi coloni, prima di costruire i loro templi, si preoccupavano di creare scuole primarie e addirittura un liceo. Già
nel 1861 avevano ottenuto l’assegnazione di un maestro per le
prime attività dell’insegnamento
primario, e nel 1878 si potevano
contare iben 8 scuole nei diversi
gruppi che si erano formati vicino a La Paz (colonia piemontese) ed a Colonia Vaidense (si
ricordi che i primi valdesi erano
arrivati al Rio de la Piata negli
anni 1856-58).
Nel 1888 si crea il Liceo della
Colonia Valdese, il terzo del paese ed il primo sorto in aree rurali. Esso fu auspicato e per molti
anni, prima di essere statalizzato, fu sovvenzionato dalla stessa
Chiesa Valdese; è sempre stato
aperto a tutti coloro che desideravano elevare la loro cultura,
senza distinzione di credo religioso.
Esempio di tale intenzione di
contribuire allo sviluppo della
vita in tutti i suoi aspetti, sono
anche l’istituzione delle Scuole
di Casa nel 1918 e di una Piazza
di Sports nel 1920.
Tutte queste istituzioni passarono via via alle dipendenze degli organismi ufficiali competenti, nei momenti in cui la sitiiazione lo rese opportuno.
Ora quattro sono le opere assistenziali propriamente dette che
continuano a dipendere, nel loro
aspetto organizzativo, negli orientamenti e nel sostegno economico, dalla Chiesa Evangelica
Valdese del Rio de la Piata:
— La Casa per Anziani di Colonia Vaidense;
— La Casa Nimmo - Colonia;
— Il Sarandì - Casa Valdese;
— Il Centro di Servizio Sociale.
La Casa per anziani
di Colonia Vaidense
L'opera assistenziale più antica e per questo più conosciuta
fuori e dentro la Chiesa è la Casa per Anziani di Colonia Vaidense. La sua fondazione fu decisa dalla Conferenza del Distretto svoltasi nel 1930, ed aveva il fine di onorare la memoria
del pastore Daniel Armand Ugon, allora recentemente scomparso dopo 52 anni di pastorato
fecondo in terra americana. Una
colletta fatta nelle colonie vaidesi di quell’epoca diede il
primo impulso a quest’opera di
cui si tenne l'inaugurazione il
12 ottobre 1933.
Gli inizi furono modesti, essendo il lavoro cominciato con
la cura di una mezza dozzina di
ospiti, ma la quantità del lavoro
aumentò pian piano fino ad arrivare ad esaurire la capacità iniziale dell’edificio che era di circa 60 posti.
Nei principi base della fondazione era stato detto che il fine
di questa casa era quello di offrire agli anziani un « ambiente
di vera carità cristiana, protezione, affetto, pace e fraterno
trattamento » durante gli ultimi
anni della loro peregrinazione
terrestre. Quando si visita la Casa per Anziani, si pensa che questo proposito è in gran parte
realizzato.
Negli ultimi anni, la capienza
della Casa è stata sempre esaurita e c’è ancora una lista di
aspiranti che è più lunga di
quella degli ospiti stessi.
Nel 1962 si inaugura l’ampliamento dell’edificio iniziale che
eleva la capacità locativa della
Casa a 110 ospiti. Tale è il loro
numero attuale e la sua massima capienza è sempre colmata,
ad eccezione della lunga lista di
attesa che continua a permane
re, nonostante che attualmente
abbiano cominciato a funzionare
altre Case per Anziani in località
vicine, in maggior parte dipendenti da enti privati.
Sarebbe molto lungo fare la
lista delle persone che hanno
collaborato alla vita di questa
Casa, soprattutto se si pensa ai
suoi Direttori, alle Commissioni
Direttive, al personale ed ai Professionisti che molte volte in forma gratuita, prestano, il loro contributo alla vita di questa istituzione.
Il giorno della Casa — il 12 ottobre di ogni anno — i giardini
si vestono di festa; chioschi con
commestibili vari, capi di vestiario ed altri articoli, sorgono in
ogni angolo. Quel giorno un pubblico numeroso visita la Casa. È
un modo per dire agli anziani
che non sono soli, ma che una
intera comimità veglia su di
loro.
Infine diciamo che dal punto
di vista economico, la Casa è
l'istituzione che ha minori difficoltà. Ad eccezione di un 6%, tutti gli ospiti contribuiscono con
l’intera pensione o con una parte di essa al bilancio della Casa,
così che queste sono nelle entrate le voci maggiori. Certamente, il mantenimento di tutto Torganismo a volte richiede sforzi
eccezionali, perché bisogna ampliare una sala da pranzo, aggiungere nuovi elementi alla cucina, comprare nuovi attrezzi
per la fattoria, ecc.
In questi casi si fa appello a
sforzi eccezionali o si ricevono
aiuti da organismi o chiese amiche. '
Molte delegazioni visitano annualmente la Casa per studiarne
il funzionamento visto che è una
delle opere più antiche e che
serve da modello per le altre. Ciò
non significa comunque, che
dobbiamo fermarci a quanto
abbiamo fatto; è invece preoccupazione continua della direzione applicare gli ultimi orientamenti della gerontologia di
modo che gli anziani non si abbandonino ad una semplice vita vegetativa, ma continuino,
nella misura delle loro possibilità, a lavorare, a partecipare alla vita, ad assistere ai servizi di
culto — in sintesi — a sentirsi a
tutti gli effetti parte della società.
(1 - continua)
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Una veduta
della Casa per Anziani
di Colonia Vaidense.
COLLETTIVO TEOLOGICO LOMBARDO
Regno di Dio e
libertà del cristiano
Dopo mi primo anno di attività, che ha visto una media di
45 persone coinvolte nel suo lavoro, riprende il 30 settembre
l’attività del Collettivo teologico
lombardo. Impostato su una linea di apertura evangelica, con
la partecipazione delle comunità valdesi, battiste e metodiste
non solo di Milano ma del resto
della Lombardia, il Collettivo
ha ricevuto adesioni anche nell’ambito delle comunità di base
cattoliche.
Il Collettivo si propone di
continuare quest’anno a coinvolgere in una ricerca teologica chi
vive il travaglio della società
moderna e intende riflettere sulla propria fede a confronto con
il messaggio evangelico. In particolare quest’anno saranno affrontati in 2 cicli e con l’intervento di esperti i temi del Regno di Dio e della libertà del
cristiano.
1” ciclo; 30 seti. - Michele Sinigaglia: II Regno di Dio neil’Antico Testamento; 21 ott. Domenico Cappella; Il Regno di
Dio nel Nuovo Testamento; 11
nov. - Domenico Maselli: Il Regno di Dio nella storia (con
particolare riferimento al tempo della Riforma) ; 2 die. - Giorgio Girardet; Il Regno di Dio
oggi.
Gli incontri avranno luogo
nella sede valdese di via F. Sfor
za 12 con l’orario 9.30 - 17.30 e
il pasto ih comune.
2» ciclo: 13 genn. e 3 febbr. Valdo Vinay: Libertà del cristiano e predestinazione ; 24
febbr. - Giorgio Bouchard; libertà della chiesa - libertà nella
chiesa.
Il secondo ciclo si terrà nella
sede metodista di via Porro
Lambertenghi 28. Informazioni
e iscrizioni (L. 4.500) presso
Giorgio Cavazzutti, via Gallarate 131, tei. 02/3092900 Milano.
Protestantesimo
in TV
Lunedì, 2 ottobre
seconda rete - ore 22.45
IL CATTOLICESIMO
TRA PAOLO VI E
GIOVANNI PAOLO I
Incontro tra il pastore
Giorgio Bouchard e alcuni giornalisti.
Coordinamento degli istituti
« La missione che Dio ha
affidato alla Chiesa è queUa
di porsi al servizio del mondo, dell’umanità, di ogni persona bisognosa. È chiamata
dunque a soffrire con Cristo
a causa deli’amore per l’uomo e perché ogni uomo raggiunga la salvezza totale, piena.
Ciò che muove o deve muovere ia Chiesa in ogni opera
assistenziale o d’azione so
ciale, dovrà sempre essere,
in ultima istanza, la sua fedeltà a Gesù Cristo. Le Opere di assistenza sociale della
Chiesa Evangelica Valdese di
Rio de la Piata e delle quali
diamo qui notizia, vogliono
esprimere in forma concreta
ai fratelli in necessità, la loro vocazione al servizio ».
Commissione Centrale degli
Istituti e delle Opere Sociali
Questa chiara finalità era
espressa nel primo opuscolo
pubblicato nel 1972 per iniziativa della «Commissione Centrale degli Istituti e delle
Opere Sociali» (CCIOS). La
CCIOS, che già da circa dieci anni funziona nella Chiesa
Evangelica Valdese di Rio de
fa Piata ha l’incarico di consigliare, coordinare e stimolare il compito di tutti i cen
tri assistenziali della Chiesa.
È attraverso questa Commissione Centrale che si pianifica il lavoro di un Consiglio Generale delle Opere
Assistenziali, compito svolto
da un Assistente Sociale che
periodicamente visita tutte le
opere ed è messo al corrente
dei loro problemi e contribuisce con le sue indicazioni alla loro risoluzione.
Sempre periodicamente la
CCIOS riunisce i rappresentanti di tutti i Centri perché
comunichino le loro esperienze ed affrontino i problemi
più importanti.
Fu per iniziativa di questa
Commissione che il Sinodo
stabilì, una colletta annuale a
favore dei Centri Assistenziali. In origine, questa colletta
si faceva a favore della Casa per Anziani di Colonia
Vaidense, ma negli ultimi anni, il ricavato viene distribuito equamente fra tutte le opere. La colletta raccoglie
gli apporti non soltanto dei
membri delle nostre comunità valdesi, ma anche degli innumerevoli amici e simpatizzanti delle nostre opere che
in questo modo contribuiscono a sostenere il loro andamento.
Ricordando il pastore
Angelo Incelli
Il 9 settembre, in Vicenza, all’età di 77 anni, ci ha lasciati il
pastore Angelo Incelli.
Giovanissimo, aveva iniziato
nel 1923 il suo ministerio nel
ruolo dei Predicatori Locali delTallora Chiesa Metodista Episcopale. Qrdinato diacono nel
1927, era stato assistente pastore a Genova Sestri ed a Trieste
dimostrando subito la grande serietà con la quale affrontava i
doveri del pastorato. Nel 1931
veniva consacrato ministro in
piena relazione e gli era affidato
l’incarico della cura della comunità di Savona.
Nel periodo della seconda
guerra mondiale è a Venezia dove affronta con coraggio le difficoltà, anche finanziarie, del periodo bellico. Svolge poi un lungo ministerio a Parma ed a Napoli lasciando in quelle comunità il ricordo di un’attività intensa e ricca di frutti evangelistici.
Trasferito poi a Vicenza curò
con amore quella comunità fino
alla data della sua emeritazione
avvenuta nel 1970.
Con la fusione dei due rami
del metodismo nel nostro Paese
egli entrò a far parte della Chiesa Evangelica Metodista d’Italia
e in tale Chiesa fece parte di varie commissioni, svolse le funzioni di sovraintendente di Circuito, fu quasi ininterrottamente membro del Comitato Permanente. Segretario per molti anni
sia del Comitato Permanente come della Conferenza, svolse tali
incarichi con la diligenza e la
scrupolosità che erano una delle caratteristiche della sua personalità.
Sia nella Chiesa come nella famiglia era considerato un uomo
severo, ma la sua severità, sempre addolcita da tratti di grande
umanità, era frutto dell’amore
che portava all’una e all’altra e
del suo vivo senso di responsabilità sia come padre che come
pastore.
Gli ultimi anni della sua esistenza terrena furono spesso
turbati da prove e da amarezze,
non solo per le precarie condizioni sue e della sua amata consorte, ma soprattutto per la perdita del figlio Vezio, giovane pastore ricco di promesse, perito
tragicamente in un incidente
automobilistico. Ma in queste
svariate prove la fede gli fu sempre di sostegno.
Ricordando l’anziano collega
vogliamo ringraziare Iddio per
tutto quello che egli ha dato con
fedeltà e dedizione piena alla
Chiesa metodista ed alle comunità che sono state arricchite
dal suo ministerio.
Alla signora Emma che gli è
stata amorevole compagna di
vita e di servizio pastorale, alle
figlie Dina, Liliana ed Evangelina, quest’ultima moglie del pa
store Giulio Vicentini, giunga anche da queste colonne il sentimento di cristiana ed affettuosa
partecipazione al loro dolore.
Ricordando il pastore Angelo
Incelli, possiamo ben ripetere
con Tángelo che nelTApocalisse
proclama « la costanza dei santi
che osservano i comandamenti
di Dio e la fede in Gesù: Beati
i morti che da ora innanzi muoiono nel Signore. Si, dice lo Spirito, essendo che si riposano dalle loro fatiche, poiché le loro
opere li seguono » (Apocalisse
14; 12, 13). M. Sbaffi
Al di là
deirideologia
(segue da pag. I)
die) dell’onestà personale e della
giustizia sociale; due elementi
che, se vogliamo credere in un
rinnovamento del Paese, debbono procedere insieme.
Su questa strada, fatta di onestà e di impegno rivolto più agli
altri che a se stessi, non abbiamo una forza politica capace di
presentare un modello, abbiamo
però un uomo; il primo cittadino dello stato: Pettini. Quando
ha pagato il caffè e il biglietto
deU’aereo di tasca sua molti
giornali hanno registrato il fatto conte un atto eccezionale; capace cioè di spezzare la vecchia
logica che si credeva definitivamente connessa al potere costituito. La logica del mettere le
mani nel piatto per arraffare il
più possibile; la logica dello
sfruttare al masimo le posizioni
raggiunte per aumentare il prestigio personale. Contro questa
logica, che è tutta italiana e che
tutti conosciamo, da qualche mese abbiamo questo vecchio presidente che pagando, e avendo
pagato di tasca sua, salva la faccia a tutta la nazione
Intendiamoci: non è solo questione di pagare un caffè. Si tratta, nel caso di Pertini, di onestà
e coerenza più profonde che
vanno dal non inviare messaggi
augurali ai capi di stato nei cui
confini si pratica tortura e "apartheid” sino al condannare i processi sovietici ai dissidenti; tutti
questi sono segni di una precisa
volontà politica. Tuttavia questo « nuovo modo di essere presidente » rischia di rimanere la
bella facciata che nasconde la
vecchia mentalità di sempre. È
da augurarsi che Te.sempio-Pertini riesca invece a diventare un
preciso punto di riferimento sia
per i cittadini, sia per le forze
politiche. Proprio per costruire
un nuovo modo di essere italiani: un modo in cui l’impegno per
la giustizia sociale sia sorretto
da una rigorosa onestà personale.
G. Platone
3
29 settembre 1978
LETTERE DALL’INDIA
In giro per Bombay
La raccolta dei Fratelli Moravi edita in italiano
Ritorno aiia Bibbia
Í
Bombay, 14 agosto
All’alba arriviamo a Bombay.
Ma non arrivano tutte le nostre
valigie (succede spesso da queste parti) e alcuni di noi devono fermarsi e aspettare: le ritroveremo il giorno dopo. « Air
India » ci ospita in un albergo
lussuosissimo, introducendoci subito in quella che senza dubbio
è la contraddizione maggiore di
questo paese: isole di ricchezza
favolosa circondata, per non dire assediata, da un mare di miseria indescrivibile.
Con l’amico Sartori — l’unico
italiano della nostra comitiva
ecumenica, oltre a me — approfittiamo della sosta forzata
per visitare, guidati da un indiano cattolico, il più grande
lebbrosario della città. Ospita
molte centinaia di lebbrosi, uomini, donne e anche bambini :
solo per questi ultimi c’è speranza di guarigione. Ma i lebbrosi in città sono duecentomila
e vivono, finché vivono, mendicando. Quelli ospitati nel lebbrosario sono dunque una piccola minoranza. La grande lebbra
è altrove, disseminata nei quartieri poveri, incontrollabile. Il
lebbrosario costituisce un piccolo mondo a sé, isolato dal resto
della società e quasi auto-sufficiente. I malati vi sono nutriti
e per quanto possibile curati;
quelli che possono lavorano :
fabbricano vestiti, calzature,
suppellettili, per il lebbrosario e
i suoi ospiti. Tutto è molto povero, essenziale, ma dignitoso.
C’è anche un tempietto indù e
una cappella cattolica. Qui tutti
sono lebbrosi, anche gli impiegati dell’amministrazione. Passando e incontrando qualcuno,
si possono riconoscere i vari stadi della malattia : dagli inizi appena percettibili (una piccola
macchia sulla pelle) alle fasi finali quando gli arti (mani e piedi soprattutto) sono come rosicchiati e distrutti per sempre. La
lebbra — come si sa — può essere bloccata, se presa a tempo:
ma i più cominctano a curarsi
quando è troppo tardi, o perché
non se ne accorgono o non l’individuano subito (la lebbra è indolore), o perché non se ne dan"
no troppo pensiero (per molti è
« solo » una sventura in più, accanto a tante altre, forse anche
peggiori), o perché temono di
essere messi al bando dalla società una vòlta riconosciuti come lebbrosi.
La città dei ’’rifiutati”
Parlare in Occidente di lebbra
e di lebbrosi, e-vederli in foto.grafia, è una cosa; vederli al vivo, è un’altra. L’impressione è
incancellabile. E si capisce perché, nell’evangelo, Gesù ha fatto più guarigioni di lebbrosi (e
di ciechi) che di ogni altro malato.
Dalla lebbra come malattia
individuale passiamo alla lebbra
come malattia urbana: visitiamo gli slums di Bombay, la città dei poveri, ma dire poveri è
un eufemismo. È il mondo degli
outcaste, letteralmente dei « fuori casta » o « senza casta », che
gli occidentali traducono elegantemente con « emarginati » ma
che bisognerebbe tradurre con
« respinti », « rifiutati ». È un popolo la cui condizione può essere descritta solo in termini negativi, dicendo non quello che
questi uomini sono ma quello
che non sono. Anche qui la realtà supera ogni immaginazione.
Tutte le nostre miserie europee,
anche le peggiori, impallidiscono. Quando piove poi, come in
questa stagione che è quella dei
monsoni (va da giugno a settembre e può piovere ininterrottamente per giorni e giorni),
questa immensa bidonville brulicante di vite umane si trasforma in un unico, grande acquitrino, con l’acqua che invade tanto
la strada (ma non sono strade)
quanto le case (ma non sono
case). La «strada» è l’unica vera « casa » di questa gente. Ma
i poveri (chiamiamoli cost) non
vivono solo nei quartieri loro
destinati, li si incontra quasi
dappertutto: lungo molte strade
di Bombay (7 milioni di abitanti) si vedono centinaia e migliaia di famiglie che bivaccano
sotto un telo fissato alla meglio
contro un muro, a circa un metro d’altezza, e poi a terra con
qualche sasso : lì, in questo minuscolo triangolo, « abitano »
intere famiglie. C’è naturalmente anche la Bombay dei ricchi,
con alberghi da favola, residenze lussuose, campi da golf riservati, maneggi, etc. Ma il contrasto stridente tra la Bombay
dei poveri e quella dei ricchi non
fa che rendere ancora più evidenti le proporzioni di questa
tragedia senza nome e, apparentemente, senza vie d’uscita.
Ambiguità della
missione cristiana
Una cosa è certa : basta affacciarsi sul mondo outcaste per
convincersi che nessuna attività
caritativa o assistenziale, anche
la più efficiente, può far fronte
a una miseria cosi, sconfinata.
E_ purtroppo bisogna constatare
che le chiese cristiane hanno finora sviluppato quasi esclusivamente, insieme al lavoro di evangelizzazione, l’attività assistenziale. Ci sono, in questo ambito, esempi luminosi di abnegazione e servizio: nel cuore degli slums di Bombay, ad esempio, abbiamo visitato una piccola missione medica cattolica, gestita da poche suore indiane,
che hanno creato un ambulatorio con annesso un mini-reparto di maternità; non fanno proselitismo ma servono il loro
prossimo spendendo davvero la
loro vita per gli altri, nel dono
di un amore disinteressato. Iniziative di questo genere sono
certamente una trascrizione dell’Evangelo e non possono perciò
che essere lodate. Eppure sono
poco più che una goccia d’acqua
su un ferro rovènte. Si può dire
che le chiese fanno molto e,
nello stesso tempo, poco : molto
sul piano caritativo e poco (o
nulla) sul piano politico. L’attività caritativa lenisce le ferite
del corpo sociale ma non lo guarisce; combatte i frutti dell’ingiustizia ma non le cause ; serve in parte ad accrescere il numero dei cristiani ma non a diminuire il numero dei poveri. Vi
sono — è vero — dei cristiani
che hanno preso coscienza della
necessità di non limitarsi, come
chiesa, a un’attività assistenziale per quanto generosa ma di
affiancarvi una consapevole e decisa iniziativa politica: ma sono
ancora una minoranza. Le chiese, e più ancora le missioni, continuano a coltivare la loro antica neutralità. Cos;-| almeno ci dice un vecchio missionario sale
Troppi studenti
nelle facoltà
di teologia?
Da alcuni anni a questa parte il numero degli studenti che
frequentano le facoltà teologiche nella Repubblica Federale
tedesca sono aumentati di circa
il 100%. Questo desta preoccupazione in molti di loro i quali
temono che d’ora innanzi gli
esami per l’ammissione al servizio pastorale saranno ulteriormente inaspriti. E non solo nel
senso di pretendere una maggiore preparazione teologica e
biblica, ma nel senso di una
maggiore selettività da parte
delle direzioni ecclesiastiche, in
cui anche le opinioni di tipo politico potrebbero non essere del
tutto escluse.
Tuttavia, secondo un autorevole rappresentante delle chiese, questo pericolo non sussisterebbe: in molte chiese territoriali infatti si sta facendo tutto
il possibile per mettere in risalto i doni particolari di ciascuno, creando nuove possibilità di
lavoro pastorale in settori specializzati, talvolta anche assai
lontani, come impostazione, dal
tradizionale lavoro parrocchiale.
Nello stesso senso è previsto
anche un piano che prevede l’integrazione della preparazione
degli studenti con la riqualificazione dei pastori che da alcuni anni sono in servizio nelle
siano, veneto, in India da più di
cinquant’anni. È forse troppo
facile per noi oggi fare il processo al passato, ma certo sentendo parlare questo salesiano,
veterano della missione, ci si
rende conto di quanto paternalismo e classismo, per lo più
inconsapevoli, vi fosse (e vi sia)
nei missionari dell’epoca coloniale. Il colonialismo ha certamente inquinato la missione.
Questo « padre », ad esempio,
ci diceva con molto candore che
qui in India « i servi costano ñe co », e quindi la missione può
permettersene diversi. Un «servo », s’intende indiano, assunto
dalla missione, guadagna 100
rupie (circa 10.000 lire) al mese,
ma altrove guadagnerebbe meno, quindi la missione, secondo
questo padre-padrone salesiano,
dà il buon esempio: alimenta la
servitù ma la paga un po’ meglio. Appare allora chiaro quale ambiguità abbia accompagnato l’opera di evangelizzazione
che, vista retrospettivamente, è
come una medaglia a due facce :
una è quella della diffusione della Parola di Dio e di un’attività
caritativa molto intensa e sovente encomiabile; i altra è quella
di dare, insieme a una « nuova
religione », anche una coscienza politica nuova e, con essa, il
senso pieno della dignità di ogni
creatura umana.
Noi abbiamo e
loro non hanno
Da questo giro, fugace certo
e superficiale, per la Bombay
dei poveri emerge una seconda
evidenza, e cioè che noi, occidentali e cristiani occidentali, siamo davvero — come disse Gollwitzer all’assemblea ecumenica
di Uppsala — il ricco epulone
della parabola di Gesù davanti
al povero Lazzaro. Non è che
>^01 sblfiamq di più e loro di
meno'f f òhe riroì’abbiàmo e loro non hanno. Ma il giorno del
rendiconto verrà — quello di
Dio comunque, che la Bibbia
chiama anche « giorno di vendetta ». Mi chiedo se le generazioni future, quando giudicheranno la chiesa dei nostri giorni,
non lo faranno proprio indicando l’abisso che abbiamo lasciato sussistere tra nói e il mondo
degli outcaste. Mi chiedo se prima o poi non dovremo necessaria,mente precipitare in questo
abisso, a meno che non riusciamo, qui sulla terra, a sederci
alla stessa mensa con Lazzaro.
Ci siamo decisi a promuovere
l’edizione italiana di ’’Parole e
testi” per due specifici motivi.
Il primo è quello di ricondurre
alla lettura biblica le famiglie
delle nostre chiese, abitudine che
si è andata man mano spegnendo. Un’abitudine può esser buona o cattiva. Questa era buona.
Né vale dire che una routine
svuota di senso l'azione. Il valore di questa è dato non dal ripetersi dell’atto ma dalla tensione
con cui l’atto è fatto. Se ci si avvicina alla Parola per ascoltare
il Signore, la Parola è sempre
nuova. Può succedere a volte che
per pensieri diversi, che ci assalgono, la Parola è letta ma non
ricevuta, però non leggerla per
questa possibilità è volerci escludere da queU’ascolto del quale
tanto più abbiamo bisogno quanto più siamo impegnati nella vita. La vita si esprime in atti economici, politici, sociali ed immersi in tali settori sentiamo
mille voci diverse. L’udire la Voce è essenziale proprio perché
essa dia senso e significato a
quel che facciamo sia in economia che in politica o società. Credo che molto si è perso anche
nella vitalità delle nostre chiese
dal fatto che la Bibbia rimane
troppo spesso chiusa sul nostro
tavolo e poco letta o meditata.
’’Parole e testi” danno oltre a un
versetto deH’Antico Testamento
ed a uno del Nuovo, una breve
preghiera e l’indicazione di due
letture che si possono fare se abbiamo maggior tempo a disposizione. L’edizione italiana è la 26»:
ormai da tre secoli e mezzo quest’opera dei Fratelli Moravi aiuta i credenti in moltissime nazioni. La nostra speranza è che
l’edizione italiana sia un aiuto al
ritorno alla Bibbia delle chiese
evangeliche italiane. Ve n’è molto bisogno proprio perché essendo noi una piccolissima minoranza siamo continuamente chiamati a testimoniare della nostra
fede. E la « fede vien daH’udire »
la Parola del Signore.
La seconda ragione è contingente: la nostra chiesa è purtroppo divisa, mentre abbiamo
bisogno gli uni degli altri. Siamo
di Cristo e « Cristo non è diviso ». Le preghiere sotto i testi biblici sono state chieste a laici e
a pastori delle più svariate tendenze teologiche ed ecclesiali.
Così anche senza conoscerne il
nome ascolteremo il fratello, nel
momento della verità che è quello della preghiera. E saremo con
lui nella tensione verso l’unico
Signore nel quale abbiamo una
unità reale, al di là di particolari
visuali e soprattutto al di là di
posizioni preconcette.
E ci dia il Signore, attraverso
queste brevi letture quotidiane,
di poterlo ringraziare per tutti
i benefici che ci ha dato gratuitamente, dei quali troppo spesso ci
dimentichiamo, e ci dia pure di
non aver lo sguardo fisso solo
alle nostre preoccupazioni ed alle nostre ansietà.
Per il "Servizio Cristiano"
di Riesi
Tullio Vinay
______A PROPOSITO DI CARCERI SPECIALI
Nessuna indagine
compiuta da Amnesty
Paolo Ricca
(2. Continua).
Il Ministro di Grazia e Giustizia, Bonifacio, ha dichiarato:
« In Italia non ci sono lager, come hanno potuto constatare
gmppi di giornalisti durante le
visite- nei vari penitenziari e come ha riconosciuto la stessa
Amnesty International ». Questa
dichiarazione l’ho sentita alla
Radio e alla Tivù il 3 giugno (se
non erro) e l’hanno pubblicata
vari quotidiani domenica 4 giugno. Fra questi La Repubblica,
con il titolo « Non ci sono i lager », e il Tirreno con quello
echi dal mondo cristiano
a cura di BRUNO BELLION
chiese, in vista della stessa possibilità di. attività particolari nei
vari campi in cui la chiesa è impegnata. Secondo lo stesso prof.
Müller, di Erlangen, che si è
espresso su questa tematica, ciò
dimostra che la chiesa prende
coscienza del fatto che « il mondo è in continua evoluzione e
nessun pastore potrebbe accontentarsi di quanto egli ha appreso una decina d’anni fa nel
corso dei suoi studi teologici ».
Chi era presente
airintronlzzazlone
Alla solenne messa di « intronizzazione » per l’inaugurazione
ufficiale del pontificato di Giovanni Paolo I, oltre ai capi di
stato o loro rappresentanti, hanno partecipato anche molte delegazioni ecclesiastiche. È interessante vederne l’elenco, soprattutto perché esse rappresentano,
in quanto organismi ecumenici
o confessionali, anche le nostre
chiese:
Patriarcato ecumenico di Co
stantinopoU: metropolita Melitone di Calcedonia;
Patriarcato di Mosca e di tutte
le Russie: metropolita Nikodim;
Patriarcato di Romania: Monsignor Nicola;
Patriarcato di Bulgaria: Monsignor Gregorio;
Chiesa ortodossa d’America: metropolita Theodosios;
Patriarcato copto di Alessandria:
Monsignor Pachomios;
Catholicòs supremo degli Armeni: Monsignor Manukian;
Catholicòs delle Indie: Monsignor Paul Gregorios;
Unione dei vecchio-cattolici:
Monsignor Marinus Kok;
Comunione anglicana: molto reverendo Stuart Blanch;
Federazione luterana mondiale:
pastore Josiah Kibira;
Alleanza Riformata Mondiale:
pastore Edmond Perret;
Consiglio metodista mondiale:
pastore Frank Northam;
Chiesa presbiteriana di Scozia:
Rev.- Peter Brodie;
Consiglio ecumenico delle Chiese: pastore Philip Potter;
Comunità di Taizé; fratello Roger Schutz.
« Tutti lo hanno visto: in Italia
non ci sono lager ».
Prima di dubitare di un ministro o di perdere la fiducia nel
metodo di indagine internazionale di Amnesty , ho dovuto sincerarmi se questa avesse realizzato lo studio previsto sulle carceri italiane che era stato annunziato nel periodo della detenzione di Aldo Moro da parte
delle B.R. da Franco Evangelisti. sottosegretario al Consiglio
dei Ministri italiano. A tutti i livelli, ovvero Sezione italiana,
presidenza. Consiglio nazionale,
sezione locale, è risultato che
A.I. non ha ancora effettuato tale studio e che non ha rilasciato
alcuna dichiarazione nel senso
della affermazione del ministro
Bonifacio in occasione di una
riunione dello stesso con i giudici di sorveglianza.
Resta invece Timpegno di A.Idi portare avanti lo studio delle
condizioni di vita nelle carceri
di massima sicurezza dell’Europa (Tccidentale, deciso nel suo
Consiglio Internazionale del 1975,
e la visione ampia di una indagine che includa le condizioni di
vita in qualsiasi altro tipo di carcere. Di questo ho avuto conferma dal Consiglio nazionale di
A.I. riunitosi a Roma l’l-2 luglio
corr., sulla base di una delibera
scritta, apparsa sul notiziario
Amnesty International del giugno 1978.
L’indagine quindi non è stata
ancora fatta. Il ministro è male
informato. Quando verrà fatta
sarà, credo, una cosa seria. Alla
luce di tale indagine si potrà forse giudicare meglio e trovare la
terminologia corretta per qualificare le mille, diverse, situazioni
carcerarie in Italia.
Davide Melodia
Hanno collaborato a questo
numero: Dino Gardiol, Erica Gay, Franco Davite, Ivana Costabel, Adriano Morelato, Marco Rossi, Sergio Ribet, Giorgio Tourn.
4
29 settembre 1978
ALL’ASCOLTO DELLA PAROLA: UNA MEDITAZIONE SU LUCA 24: 13-35
SULLA VIA DI EMMAUS
Ottobre. Con le scuole già avviate, riprende
anche il lavoro di educazione biblica (scuola domenicale e catechismo), l’attività che forse più
di ogni altra impegna energie e coinvolge un’ampia fascia di persone: bambini, ragazzi, famiglie,
monitori, catechisti, pastori. Uno sforzo che richiede l’impegno di quanti sono coinvolti nella
costruzione della chiesa che tuttavia, non dimen
tichiamolo, diventa fatica vana « se l’Eterno non
edifica la casa ». A Lui rivolgiamo la preghiera di
servirsi di questo nostro sforzo e nello stesso
tempo di non far mancare a tutti, giovani e adulti, bambini e insegnanti, la fame e la sete dell’Evangelo.
La meditazione che pubblichiamo in questa
pagina è stata presentata alla chiesa di Pomaretto dalle monitrici della Scuola domenicale ed è
emersa dal lavoro dello scorso anno centrato sulla « sequenza » della resurrezione. E un segno di
come il lavoro dell’Educazione cristiana in vista
della fede può penetrare nella vita della comunità e non essere confinato nei limiti di una singola
attività.
Una responsabilità che
deve coinvolgere tutti
Ed ecco, due di loro se ne
andavano in quello stesso
giorno a un villaggio nominato Emmaus, distante da
Gerusalemme sessanta stadi; e discorrevano tra loro
di tutte le cose che erano accadute. Ed avvenne ehe mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù stesso si
accostò e cominciò a camminare con loro. Ma gli occhi
loro erano impediti così da
non riconoscerlo. Ed egli domandò loro : Che discorsi son
questi che tenete fra voi cammin facendo? Ed essi si fermarono tutti mesti. E l’un
dei due, per nome Cleopa, rispondendo, gli disse: Tu solo, tra i forestieri, stando in
Gerusalemme, non hai saputo le cose che sono in essa
avvenute in questi giorni? Ed
egli disse loro; Quali? Ed essi gli risposero: Il fatto di
I due discepoli provengono da
Gerusalemme e stanno ritornando al loro villaggio. È lo stesso
giorno della Pasqua, ma loro sono tristi e depressi, perché le loro aspettative, apparentemente,
sono state deluse dalla morte di
Gèsù. Tutto il Icù'o mondo è crollato.
La sconfitta di Gesù li lascia
soli e smarriti.
Questo smarrimento giunge a
tal punto che impedisce loro di
riconoscere nello sconosciuto che
li ha avvicinati strada facendo,
Gesù, e impedisce loro anche di
accettare come valida la testimonianza delle donne al sepolcro.
Essi sono paragonati a dei
ciechi, perché non riescono a
percepire la realtà che sta loro
intorno fino in fondo.
Non riescono a credere a questo avvenimento perché lo vivono come un’esperienza fatta da
altri, che non li tocca in prima
persona. Ciò che invece hanno
vissuto insieme a Gesù: i suoi
Gesù Nazareno, che era un
profeta potente in opere e in
parole dinanzi a Dio e a tutto il popolo; e come 1 capi
sacerdoti e i nostri magistrati l’hanno fatto condannare a
morte, e l’hanno crocifisso.
Or noi speravamo che fosse
lui che avrebbe riscattato
Israele; invece, con tutto ciò,
ecco il terzo giorno da che
queste cose sono avvenute.
Vero è che certe donne d’infra noi ci hanno fatto stupire; essendo andate la mattina di buon’ora al sepolcro, e
non avendo trovato il corpo
di lui, son venute dicendo di
avere avuto anche una visione di angeli, i quali dicono
che egli vive. Ed alcuni de’
nostri sono andati al sepolcro, e hanno trovato la cosa
così come aveano detto le
donne ; ma lui non l’hanno
veduto.
insegnamenti, le guarigioni, la
vita che per tre anni hanno condotto con lui, li ha colpiti molto di più e ha lasciato delle tracce profonde, tant’è che ne parlano con convinzione al loro occasionale compagno. Che cosa
mahcà lóro per essere dei veri
testimoni?
Riescono a testimoniare la vita che Gesù ha trascorso in mezzo a loro, ma non riescono a testimoniare invece la realtà del
Cristo vivente.
Questa incapacità dei discepoli
ci sembra molto vicina alla realtà della nostra chiesa. Anche noi
oggi siamo perfettamente in grado di testimoniare del passato,
sappiamo raccontare ai nostri
bambini gli episodi dei Vangeli,
dell’Antico Testamento, della nostra storia passata, ma ciò che
ci manca è la capacità di saper
trasferire il messaggio, che scaturisce da essi, nella realtà del
nostro tempo e della nostra vita.
Per questo la nostra testimonianza è parziale, come quella
dei due discepoli sulla via di
Emmaus.
Noi abbiamo vissuto questo
problema in modo particolare
nel nostro lavoro di monitori,
specialmente quest’anno in cui
il programma ci portava a testimoniare ai bambini la realtà del
Cristo risorto e vivente. Spesso
ci rendiamo conto che non riusciamo a farcela, da soli, come
monitori. La Scuola Domenicale
è una predicazione ma non può
limitarsi al sabato pomeriggio.
Deve essere vissuta nelle famiglie e più in generale nella comunità.
Quando noi dobbiamo spiegare ai bambini il messaggio, dobbiamo fare in modo di farglielo
vivere come la loro e la nostra
realtà di tutti i giorni.
Non possiamo quindi trasmetterlo come degli addetti ai lavori, perché pensiamo che la responsabilità della trasmissione
del messaggio deve coinvolgere
tutti, perché il Cristo risorto vive non solo nella chiesa, ma entra nel mondo del lavoro, della
scuola, nel come viviamo la nostra vita comunitaria, nei nostri
rapporti verso i bambini e verso gli adulti, nell’uso che facciamo dei nostri soldi e del nostro
tempo.
La Bibbia,
unico
fondamento
Allora Gesù disse loro: O
insensati e tardi di cuore a
credere a tutte le cose che i
profeti bando dette! Non bisognava che il Cristo soffrisse queste cose ed entrasse
quindi nella sua gloria? E cominciando da Mosé e da tutti i profeti, spiegò loro in
tutte le Scritture le cose che
lo concernevano.
Dopo il racconto dei due discepoli interviene Gesù che in un
TRA I LIBRI
Hanno scritto di storia vaidese
L’interesse per la storia valdese si va sempre accrescendo,
anche da parte di autori non
specificatamente competenti, ma
che non passano più sotto silenzio, come succedeva altre volte,
le vicende valdesi di una regione o di un paese, ed anzi le riscoprono con interesse e le mettono in luce.
Walter Odiardi, in collaborazione con Ettore Patria, ha scritto una storia di Meana di Susa
(Mediana, Storia breve di Meana e dei meanesi, Borgone di
Susa, 1978): in essa trova posto
la vicenda dei Valdesi (pp. 1739), che a partire dal Medioevo
erano presenti nella zona, e che
erano menzionati anche nella
pace di Cavour del 1561 come
autorizzati a tenere il culto evangelico. Purtroppo l’isolamento e
la violenza delle repressioni distrussero man mano la comunità meanese, e l’evangelismo risorse nel posto solo col 1893 come chiesa battista, a seguito
della predicazione avvenuta tra
gli operai della regione.
Arsura è un comune della Calabria, a cui Nello Manduca dedica un affettuoso volume (Nello Manduca, Arsura, Chieri,
1978), e nel quale trova posto
(pp. 91-98) la storia dei Valdesi
di Calabria, presenti a Monterosso Calabro secondo l’autore
già fin dal 12(X): di essi è presentata sommariamente la triste persecuzione del 1561.
Più abbondante e circostanziata la parte dedicata ai Valdesi di Calabria in un altro volume di storia locale (Pietro De
Seta, Un antico paese del Sud,
Rapporto monografico su Fuscaldo, Paola, Guardia Piemontese, voi. II, Cosenza, 1978) : un
centinaio di pagine (pp. 525-625)
sono dedicate alla presentazione di quell’episodio di intolleranza che portò alla distruzione
dei Calabro-Valdesi, con citazione dei documenti già noti, e riguardanti il martirologio di
Guardia, il martirio di G. L. Pascale, i ricordi attuali nel dialetto e nei luoghi, ecc. Tutto
esposto con simpatia ed interesse.
Di carattere diverso, ma ancor più notevole, un recente lavoro dello studioso tolosano
Jean Duvernoy (Le regístre d’inquisition de Jacques Fournier,
Paris, La Haye, New York, 1978,
2 voli.), che già aveva pubblica
prìmo momento ha parole molto dure nei loro confronti. Gesù
mette il dito sulla piaga: « Come siete lenti a credere » per
scuoterli e metterli di fronte alla loro mancanza di fede. Gesù
vuole portarli alla fede nella risurrezione attraverso la riflessione sulle scritture, che sono la
testimonianza al Cristo.
Gesù quindi offre la chiave per
leggere le scritture.
Gesù dà ai discepoli uno strumento che è valido anche per
noi, per giungere alla comprensione del Cristo vivente.
Ciascuno di noi come genitore
o come monitore può dare ai ragazzi la testimonianza usando lo
stesso strumento che Gesù ha
fornito a questi due discepoli.
È per questo che il punto fondamentale della predicazione nella scuola domenicale e nella comunità rimane, pur con l’uso di
metodi didattici diversi, lo studio della Bibbia, come ricerca e
riflessione sul Cristo vivente.
Siamo convinti che la chiesa
del Cristo vivente è appunto
quella che si basa sulla continua
ricerca e non sulla compiacenza
del passato e sulla tradizione.
Non confondere la fede
con i sentimenti
E quando si furono avvicinati al villaggio dove andavano, egli fece come se volesse
andar più oltre. Ed essi gli
fecero forza, dicendo: Rimani con noi, perché si fa sera
e il giorno è già declinato. Ed
egli entrò per rimaner con
Dopo le spiegazioni di Gesù i
due discepoli giungono ad Emmaus ed invitano questo sconosciuto, secondo le norme dell’ospitalità ebraica, a fermarsi
presso di loro per la cena e per
la notte.
Durante la cena mentre i commensali compiono atti più che
normali ed usuali, come può essere lo spezzare il pane in un
pasto o la preghiera di ringraziamento, i due discepoli giungono alla fede, riconoscendo in
quel forestiero il Cristo vivente.
Che cos’è che ha fatto scattare questa fede?
Non c’è nessun elemento che
ci indichi chiaramente come e
perché ciò sia avvenuto proprio
in quel momento. La normalità
del contesto in cui questo avviene, ci aiuta solo a comprendere
che la fede è dono di Dio.
Questo fatto ci porta inoltre a
riflettere che la predicazione nei
suoi diversi aspetti (scuola domenicale, culto, catechismo) non
consiste nella trasmissione della fede, perché la fede non si può
trasmettere, ma consiste nel porsi in un atteggiamento di ricer
loro. E quando si fu messo
a tavola con loro prese il pane, Io benedisse, e spezzatolo lo dette loro. E gli occhi
loro furono aperti, e lo riconobbero; ma egli spari d’innanzi a loro.
ca e di apertura che ci immette
nella possibilità di ricevere questo dono.
Immediatamente i discepoli si
ricordano delle frasi scambiate
durante il cammino: « Noi sentivamo come un fuoco nel cuore
quando Egli lungo la via ci parlava e ci spiegava la Bibbia ».
I due discepoli già durante il
viaggio avevano un vago sentimento. Ma i sentimenti non sono
sufficienti per la fede, sono sempre troppo vaghi e possono ingannare. Il cuore può anche ardere e succede spesso anche a
noi oggi quando ricordiamo avvenimenti del nostro passato che
hanno lasciato un’impronta nella
nostra vita, hanno segnato una
svolta. Ma avere fede nel Cristo
risorto non significa sentire il
cuore ardere, una convinzione
sentimentale e psicologica.
La fede nella risurrezione è un
dono di Dio, non la si può perciò
racchiudere in formule dottrinarie o nella storia. La risurrezione va oltre la storia per rimanere iniziativa di Dio, che è sempre iniziativa in favore degli uomini.
Impegno di testimonianza
to nel testo latino il famoso registro inquisitoriale del 13181325, ed ora ne dà la traduzione
francese; la maggior parte dei
processi sono consacrati ai Catari del Sud Ovest della Francia, ma tre di essi sono rivolti
a valdesi, e di grande interesse.
Su questo processo, come è noto,
uno studioso francese. Le Roy
Ladurie, ha pubblicato un grosso volume, ricavando del centro ereticale di Montaillou usi,
costumi, storia economica e sociale, in quella visione della sto^
ria cosiddetta globale che si va
ora imponendo. (Il volume è
stato anche tradotto in italiano
e pubblicato da Rizzoli (Storia
di un paese, Montaillou. Un villaggio occitanico durante l’inquisìzione, 1977).
Lentamente, nella ricostruzione della storia dell’umanità, ci
accorge della importanza sociale della storia religiosa, e
pian piano le configurazioni della identità di una regione o di
un popolo non possono ignorare il peso avuto dalla componente religiosa e tanto più quando essa è stata o di stimolo o
di contestazione.
Augusto A. Hugon
Ed essi dissero l’uno all’altro: Non ardeva il cuor nostro in noi mentr’egli ci parlava per la via, mentre ci
spiegava le Scritture? E levatisi in quella stessa ora,
tornarono a Gerusalemme e
trovarono adunati gli undici
I discepoli ricevuto il dono
della fede, non lo possono tenere per sé; infatti ritornano immediatamente, quella stessa notte, a Gerusalemme per riferire
la loro esperienza agli altri discepoli che sono riuniti nella camera alta. Qui ricevono la testimonianza degli altri e danno la
loro. Ciò che caratterizza tutta
questa scena è la gioia che si
contrappone alla tristezza che
abbiamo notato nella prima parte del testo.
Da questa gioia scaturisce l’esigenza di testimoniare prima di
tutto aU’interno del loro gruppo,
e poi fuori verso gli altri.
A questo punto la domanda
che ci viene spontanea è se noi
siamo capaci di vivere questa testimonianza gli uni verso gli altri all’interno della nostra comu
e quelli che eran con loro, i
quali dicevano: Il Signore è
veramente risuscitato ed è
apparso a Simone. Ed essi
pure raccontarono le cose
avvenute loro per la via, e come era stato da loro riconosciuto nello spezzare il pane.
nità, presupposto questo indispensabile per portarla anche e
soprattutto al di fuori.
La testimonianza degli apostoli, lo sappiamo dal libro degli Atti, si espanderà in seguito in comunità diverse, in situazioni diverse, sempre con diverse modalità.
Siamo in grado noi oggi di
adattare la nostra testimonianza
al Cristo nelle diverse situazioni
che dobbiamo fronteggiare?
La scuola domenicale è una di
queste?
Noi siamo convinti di sì, a patto che non sia una cosa staccata dal resto della comunità ma
che diventi Timpegno della testimonianza della comunità intera.
Le monitrici della Scuola domenicale di Pomaretto.
5
29 settembre 1978
í PRESENZA EVANGELICA IN ITALIA
FIRENZE
“Gould": impegno educativo
in un contesto moderno
Un convitto con una quindicina di bambini e ragazzi,
uno studentato e una foresteria per ex convittori e ospiti, un lavoro di apertura e inserimento nel quartiere sono oggi
le attività dell’Istituto Gould
che da più di cinquant’anni ha
la sede nel bel palazzo Salviati,
nel cuore delholtrarno fiorentino, che fu un tempo sede della
Facoltà valdese di teologia.
Il lavoro educativo, pur non
essendo più il solo, resta l’attività principale e più impegnativa. Attualmente la provenienza
dei convittori in linea di massima è questa: una minoranza di
bambini soli oppure orfani, ragazzi di zone dove ancora mancano scuole, figli di emigranti,
di famiglie divise o in grave disagio economico. Sia che i ragazzi ci vengano per un corso di
studio o per altre ragioni, per
molti all’atto pratico la prospettiva di un soggiorno transitorio
nella casa scompare: la loro
permanenza al Gould costituisce
perciò un’esperienza fondamentale per la loro formazione.
Partendo da questo presupposto, mancando cioè la prospettiva di un rapido rientro in famiglia ed essendo estremamente
ridotti i casi possibili di adozione, è logico che tutto il lavoro
ne sia influenzato ricevendone
sia nell’impostazione che nell’indirizzo delle caratteristiche nen
precise.
Per valorizzare maggiormente la funzione supplettiva di una
casa come il Gould, si è puntato
aU’interno su un lavoro di équipe (il successo del lavoro deve
molto al modo in cui le persone
che lo conducono riescono a capirsi ed a collaborare insieme) e
sulla sensibilizzazione degli studenti disponibili ai problemi
dell’educazione e della gestione
comune dell’istituto.
All’esterno della casa intanto
ci si avvale della collaborazione
attiva di psicologi ed assistenti
sociali; viene curato particolarmente l’inserimento dei ragazzi
nella comunità evangelica; comunità ed opera sono vive ed
operanti solo nella misura in cui
sono complementari l’una dell’altra; si tenta di sensibilizzare
ed ottenere la collaborazione degli insegnanti delle varie scuole;
ci si muove in sostanza in più
direzioni per fare della Casa un
centro attivo di interessi non
staccato dalla realtà che lo circonda. Ma soprattutto il Gould
cerca, quando la collaborazione
è possibile, di curare in modo
particolare i rapporti con le famiglie degli alunni, stimolarne
gli interessi per le attività dei
figli e quando ciò è possibile,
cercando di conoscerle nel loro
ambiente e nelle loro abitudini
perché ciò permette poi di capi
Prosegue
l'integrazione
Tra gli Istituti « Gould »
e « G. Comandi » prosegue
l’integrazione, impostata
l’anno scorso, che prevede l’unificazione delle sedi in via dei Serragli
(Gould) e l’alienazione
della villa di via Trieste
(Comandi).
Il « gruppo dei dieci »
(5 Valdesi e 5 Fratelli) lavora alla stesura dello statuto e alla costituzione di
un Comitato autonomo
(composto da Valdesi e
Fratelli) nell’ambito dell'ordinamento valdese.
re ed aiutare meglio i ragazzi.
Naturalmente la realizzazione
di un piano di lavoro di questo
genere richiede l’impegno di un
maggior numero di persone di
quanto non ne richieda un’impostazione diversa, per esempio
di tipo tradizionale, e qui come
nelle ricorrenti difficoltà finanziarie sta la debolezza dell’istituto.
Attualmente il gruppo di lavoro, discretamente qualificato dalla presenza di educatori ed insegnanti, permette che si realizzi quanto sopra esposto ed è aperto alla ricerca di nuove linee
con lo studio di contatti e di
scambi con gli altri gruppi che
agiscono nella città sia nel campo della psicologia che della pedagogia.
Particolarmente intenso infatti si è fatto oggi il rapporto con
gli Enti Locali, in particolare
con il Comune di Firenze. L’inserimento funzionale del Gould
nella rete più complessiva dei
servizi pubblici ha qualificato l.n
sua presenza nel territorio, senza affievolire, anzi esaltando, il
suo significato di testimonianza
evangelica.
I difficili rapporti
istituto-scuola
Problemi di più difficile soluzione sono invece quelli connessi al rapporto Istituto-scuola.
Quando una scuola infatti accoglie i ragazzi di un qualsiasi istituto, in genere si sente molto
« martire eroica »: Istituto significa ancora, in molti casi, vita
collettiva, obbligatorietà di scelte, impegno assistenziale molto
più che impegno educativo, formarsi di gruppi di leaders e di
gregari sulla base di criteri di
forza. I problemi, irrisolti, pervengono così agli sventurati insegnanti. La scuola reagisce o
riscoprendo la sua componente
materna e missionaria o rispolverando il suo aspetto rigorosamente educativo, escludendo i
ragazzi « per il bene di tutti ».
In ogni caso, non ne riceve alcuna scossa, se non occasionale,
solo un’episodica mareggiata:
poi tutto torna come prima e la
lezione riprende.
D’altra parte al Gould si è superato l’antico modello di Istituto e non si è caduti nella trappola illusoria della casa-famiglia: è veramente un Convitto,
dove, tra le mille difficoltà personali, si tenta di realizzare una
comunità educativa che dia spazio ad ogni singolo ragazzo e
problema. Il rapporto che si
instaura con l’educatore non è
un rapporto di dipendenza, né
da un’autorità né di dipendenza
puramente affettiva: l’educatore
è un punto di riferimento in un
colloquio più vasto, è colui che
sostiene il ragazzo e lo guida,
con affetto, nella difficile ricerca
dei motivi del suo comportamento, nell’analisi obiettiva dei
propri errori, della propria situazione, delle proprie finalità;
ma accanto all’educatore ci sono anche i compagni, coinvolti
nell’opera educativa; il ragazzo
cioè non è mai oggetto dell’educazione, ma protagonista, non è
mai solo nella sua ricerca, il suo
problema diventa il problema
di tutti, ma senza pietismo né
spirito di giudizio. Cresce così
la sua capacità di autoanalizzarsi, di valutarsi, di assumere le
sue responsabilità sociali, cioè
la sua ciutonomia, garanzia per
la futura necessaria indipendenza.
Il suo inserimento a scuola,
dove naturalmente porta e i
■ pagina a cura del gruppo di
lavoro del « Gould ».
suoi problemi personali e questo modello educativo, suscita
perciò problemi ben più complessi e profondi della « mareggiata » cui si accennava. Egli
trova infatti una scuola che è
in perenne disagio, eternamente
sulla difensiva perché ha perso
il suo ruolo tradizionale e non
riesce a trovarne uno diverso.
Inserimento
nel quartiere
Certo, al Gould, oggi, molte
cose sono diverse rispetto al
passato, in modo particolare, accanto al lavoro del convitto, si
sono avviate nuove attività ma
in sostanza non si può dire che
si facciano delle cose veramente
nuove. Le si fanno, semmai, in
un modo diverso, diciamo così,
rispondente ai tempi, in riferimento al momento storico che
attraversiamo. Desideriamo, insomma, rendere un servizio che
sia valido, non anacronistico, ed
occorre quindi che ciò che facciamo sia una risposta a delle
esigenze reali ed al tempo stesso sia strumento di promozione
umana, di educazione alla libertà, di testimonianza cristiana.
Queste sono state le premesse
di sempre ed in questo, si ritrova il collegamento con il passato: con il Gould alle sue origini
e, via via, con tutte quelle espressioni di impegno sociale ed evangelico che vi sono confluite.
È cosi che si è sviluppato l’attuale modo di gestire il convitto ed è sempre in questo modo
che si sono avviate le altre attività quali l’ambulatorio pediatrico, la foresteria che accoglie
gli amici in visita, lo studentato universitario cresciuto intorno alle esigenze di alcuni nostri
ragazzi divenuti studenti-lavora
tori, la piccola scuola francese
che è gestita insieme alla comunità di lingua francese di Firenze.
In modo particolare si può dire che un riferimento al passato lo ha il nostro volerci mantenere in contatto con il quartiere in cui viviamo. È stata anche questa una caratteristica
delle prime comunità evangeliche fiorentine.
In questo senso, giocano diversi fattori: primo fra tutti
quello di curare l’inserimento
dei nostri ragazzi che devono infatti essere il più presto possi
bile autonomi ed in grado di fare a meno della struttura. Poi
perché si è del parere che, come credenti, non si può non avere un rapporto con il prossimo,
partecipare ai suoi problemi ed
alle sue scelte e, quando si è capaci, proporre anche delle alternative. É questo, si ritiene, il
compito di ogni comunità (cristiana) ed un riferimento storico non risale solo ad alcuni anni fa ma va direttamente al contenuto della predicazione di Cristo e diventa quindi, per il
Gould, un’esigenza di fedeltà all’evangelo.
Il palazzo Salviati
sede dell’Istituto
« Gould » visto
dal lato interno.
Accanto al titolo,
alcuni bambini
nel giardino
dell’Istituto.
Un istituto nato
per «fare gii italiani»
L’Istituto « Gould » è nato
a Roma all’indomani di Porta Pia, nel 1871, fondato dalla
nord americana Emilia Gould
consorte di un medico della
colonia straniera.
Tutto cominciò con una
scuola a pieno tempo, quindi
venne un servizio per bambini fragili di salute, poi si aggiunsero dei modesti reparti
d’arte e mestieri; nasceva intanto un nucleo di ospiti che
nell’istituto avevano la loro
casa.
L’iniziativa dei coniugi
Gould s’inquadrava nel generoso impegno dell’Italia risorgimentale di « fare gli italiani» una volta «fatta l’Italia» come unità geopolitica.
I protestati davano un
apporto enorme — se consideriamo la loro esiguità numerica — a questo impegno
educativo. Essi fruivano di
una illustre tradizione che si
rifaceva a Pestalozzi, il padre
della pedagogia moderna, ed
avevano l’apporto di educatori toscanizzati come Matilde Calandrini a Pisa e Enrico Maier a Livorno.
Una fitta trama di scuole
evangeliche, di istituti e iniziative per il rilevamento
dell’infanzia molte volte apri
la strada a interventi dello
stato e di enti ecclesiastici
cattolico-romani. Purtroppo
una disinformazione se non
astiosa almeno ingenerosa ha
tentato di far dimenticare
tutto questo. E dire che gente come i Gould, per esempio, non aveva intendimenti
proselitistici, non volle mai
fare dei protestanti ma semmai dei cittadini dell’Italia
unitaria. Se fosse stato altrimenti, considerate le migliaia di bambini che in tutta Italia fra il 1861 e il 1914 sono
passate per scuole e istituti
evangelici, ben altra consistenza numerica avrebbe il
protestantesimo italiano !
Ma ci si può domandare
perché l’istituto «Gould» da
Roma sia venuto su Firenze
e perché sia gestito dalla
Chiesa valdese. Occorre al
riguardo sottolineare un carattere del valdismo: bene o
male che sia, con la Riforma
esso ha cessato di essere un
movimento per erigersi in
Chiesa, con le conseguenze
istituzionali che questo comporta. E dell’istituzione ha
anche il senso dell’impegno
nei tempi lunghi e della conservazione: le iniziative affidate ai valdesi sono ancora
vive, e vitali, rischiano addirittura di creare un cumulo
eccessivo di responsabilità
per una chiesa così piccola.
Fu quindi ai valdesi che
l’Istituto « Gould » fu affidato dopo la morte dei fondatori e del gruppo straniero
di iniziativa. E quando nel
1922, in seguito ad una ristrutturazione organizzativa,
la Facoltà teologica da Firenze fu trasferita a Roma, il
«Gould » emigrò a Firenze
nei locali lasciati liberi.
Il nuovo sviluppo fu favorito dal fatto che la direzione fu affidata al pastore Virgilio Sommani. Questi, insieme ad alcuni collaboratori.
lasciava l’Istituto « G. Comandi» in cui, attraverso il
suo fondatore, aveva preso
corpo l’eredità protestante
di un Enrico Pestalozzi e di
un Giorgio Miiller, come dire
della sapienza pedagogica unita al fervore cristiano. Il
Sommani seppe riprendere
questa eredità, ma senza far
soffrire ai ragazzi l’impegno
religioso che animava l’Opera. Ci si muoveva in uno spazio di libertà, continuamente
stimolati a progettare ed a
fare: lavori manuali e giardinaggio, studio della musica e
di strumenti, teatro e passeggiate, campeggio. (Come
si vede il « Gould » dì quegli
anni su molti piani praticava
già molte « scoperte » del nostro tempo).
Il «Gould» di allora usufruiva di un direttore-pastore, cioè Virgilio Sommani
che era a un tempo direttore
dell’istituto e pastore della
comunità valdese di via Serragli : questo stabiliva un
rapporto inimitabile tra comunità credente e comunità
dei ragazzi, mentre apriva
dei varchi verso la città, impediva che l’istituto fosse un
piccolo mondo chiuso.
Il « Gould », ha perso col
tempo la sua originaria caratteristica di orfanotrofio
divenendo, soprattutto nell’ultimo dopo-guerra un’opera per ragazzi che si muove
in più direzioni. Ma l’eredità
del passato è un patrimonio
vivo che costituisce un punto di riferimento per il lavoro di oggi.
\
6
29 settembre 1978
cronaca delle valli
ALLE VALLI OGGI
Arroganza
Dopo un lungo silenzio sulla
Sindone (alcuni mesi or sono
era apparsa una pagina ben curata da F. Trombetto), l’Eco del
Chisone interviene con un lungo
e combattivo articolo del suo vicedirettore.
Articolo brioso, tranciente, ricco di spunti ed osservazioni che
meritano attenzione. Neppure
stavolta, ennesima riprova che
dalle parti nostre Vecumeriismo
è spesso vissuto a fior di pelle,
don Trombotto ha misurato e
soppesato le parole. La nostra
posizione, di valdesi e metodisti,
è liquidata con giudizi severi,
sbrigativi; non un accenno alla
posizione assunta in Sinodo e
Conferenza che a questo problema hanno dedicato ben due ordini del giorno (non sarebbe il
caso, per una pii corretta informazione verso gli oltre 20 mila
lettori dell’Eco del Chisone, pubblicare questi messaggi?).
Il club degli intellettuali
A detta di don Trombotto chi
si permette di assumere, nei
confronti della Sindone, un atteggiamento di rifiuto, appartiene automaticamente al « club di
intellettuali avvezzi a spaccare un
capello in quattro», mentre chi
con devozione scénde a Torino
in visita al lenzuolo è « gente
semplice, operai con le mani rugose dai lavoro, contadini con
la faccia arrossata dal vento
frizzante delle montagne... ». È
un discorso molto affascinante.
Ma anche ambiguo. Vi si ritrova
un « populismo » a buon mercato
che traspare ancora quando si
sottolinea che in questa operazione non esiste « nessun imbroglio » per il popolo.
Sono soltanto questi cattolici
che «sanno molto bene che la
Sindone non è un dogma » a poter essere annoverati fra questa
« gente semplice »?
Forse che fra quanti ritengono
cosa sufficiente rimanere radicati nella Parola di Dio non vi è
di questa gente con i calli alle
mani? O l’aver la faccia rossa
dal sole e dal vento di montagna fa parte di una indiscutibile
prova di fede evangelica? E chi
sono poi questi « intellettuali
ben pasciuti, avvolti come un
istrice dalla corazza scostante
del loro orgoglio »? Con chi ce
l’ha don Trombotto? Perché non
dirlo apertamente? Un ecumenismo onesto e franco dovrebbe
superare questo stile non veritiero. Non è questo lo stile né il
contenuto dei messaggi che le
nostre comunità hanno indirizzato ai fratelli cattolici che rendono visita alla Sindone di Torino. Forse che, come scriveva
l’apostolo Paolo ai Calati, siamo
diventati vostri nemici perché
abbiamo cercato di dirvi la verità? (Gal. 4: 16).
Il dibattito: un pericolo
per la chiesa?
Ciò che ritengo grave e triste
allo stesso tempo sono le parole
poco fraterne (è dire ben poco)
indirizzate, se capisco bene, alla
Claudiana per aver osato pubblicare un libro (La Sindone, radiografìa di una prova, dossier n.
3) sulla Sindone e soprattutto
per averlo diffuso e discusso in
pubblico; parole poco fraterne ugualmente indirizzate alla Comunità cristiana di base di Corso Torino per aver avuto il coraggio di organizzare un dibattito pubblico sulla Sindone.
A detta di don Trombotto noi
saremmo tutti dei « fanatici...
che snobbano con superficialità
decenni di ricerche scientifiche
e trasudano il fetore sgradevole
deZi'arroganza spirituale, da primi della classe» (la sottolineatura è mia).
Giudichino i lettori dove è di
casa l’arroganza spirituale. Mi
limito a ricordare a don Trombotto che — e sarei lieto di essere smentito — in tutta la diocesi di Pinerolo la chiesa cattolica non ha organizzato un solo
dibattito pubblico per discutere
coi fratelli i problemi di fede
che la Sindone pone. L’operazione Sindone è stata curata nel
chiuso delle singole parrocchie.
Ermanno Genre
(continua a pag. 7)
COMPRENSORIO PINEROLESE: OSPEDALE DI PRA-CATINAT
Quale futuro per il sanatorio
ad alta quota?
Quale sarà il futuro dell’ospedale di Pra-Catinat? Hanno ripreso a discuterne le forze politiche del comprensorio di Pinerolo.
L’ospedale, un sanatorio destinato alla cura delle malattie polmonari e della tubercolosi, è stato costruito 50 anni fa a 1.800 m.
di altezza. Fin quando la terapia
di queste malattie era basata su
cure da svolgersi ad alta quota,
questo ospedale ha avuto una
importante funzione. Oggi, con
la diffusione della prevenzione,
la dneidenza della tubercolosi è
molto diminuita e la scienza medica utilizza altre terapie che
non prevedono necessariamente
soggiorni in alta quota. Inoltre
con il passaggio di gestione dell’ospedale dall’INPS alla Regione, operato dn seguito alla legge
386/74, è venuto a mancare uno
dei canali di afflusso (da tutta
Italia) dei malati.
L’ospedale conta 294 posti letto che sono utilizzati mediamente al 25% (cioè sono ricoverati
in media 80-90 persone di cui 1520 affetti da malattie di tipo tubercolare). Il bilancio dell’ospedale è di tre miliardi e trecento
milioni, con un costo per giornata di degenza che supera le
90.000 lire (uno dei più alti del
Piemonte, quasi il doppio del costo medio della degenza all’ospedale di Pinerolo). Inoltre l’organico del personale sanitario è
molto basso: 5 medici, 1 capo
sala, 1 infermiere professionale,
e 9 infermieri generici su un totale di 132 dipendenti. Il personale sanitario è pressoché nello
stesso numero degli impiegati
amministrativi ! !
Di fronte a questa situazione
le diverse forze politiche e sindacali stanno ricercando soluzioni
a quello che tutti considerano
uno spreco di risorse.
La DC, molto legata alla gestione dell’ospedale, ne ha fatto
oggetto di una iniziativa nei confronti della amministrazione regionale rossa. Ha cominciato a
parlare di « difesa deH’occupazione » ed ha iniziato, già lo
scorso anno, la mobilitazione
della popolazione dell’alta Val
Chisone. Sindaco di Pragelato in
testa, si sono chieste riunioni
con la comunità montana e l’assessore regionale per affrontare
il problema. Riunioni « calde »
nelle quali si è deciso di trasferire il problema in sede politica
al comprensorio.
Dopo alcune riunioni di commissione nel comprensorio, la DC
ha reso pubblico un suo docu
PINEROLO
Dibattito sulla Sindone
Un incontro ben riuscito - Assente, come sempre, a queste iniziative,
il clero pinerolese
Quanti pinerolesi saranno andati fino ad oggi a rendere omaggio alla Sindone di Torino? Certamente più di duemila. Duecento persone, invece, si sono radunate neH’auditorium di via Serafino sabato scorso per discutere
un problema che partendo da
una reliquia più o meno autentica coinvolge la vita stessa di
ogni credente: come testimoniare oggi della morte e della risurrezione di Gesù Cristo, di fronte
ad una deviazione così clamorosa
dalla predicazione evangelica?
Qrganizzato dalla Comomità di
base di Corso Torino, l’incontro
è stato introdotto da quattro relazioni: Ermanno Genre, come
pastore valdese, ha presentato
la questione dal punto di vista
teologico ed ecumenico, Carlo
Papini ne ha illustrato l’aspetto
storico, il sindacalista Chiriotti
quello politico. Infine Franco
Barbero ha espresso in termini
molto efficaci il pensiero delle
comunità di base nei riguardi di
questo avvenimento oculatamen
te pilotato dalla gerarchia ecclesiastica.
Sarebbe assolutamente impossibile riassumere i quattro interventi in poche parole: è sperabile che si possa leggere per
intero sulla nostra stampa quanto hanno detto Ermanno Genre
e Carlo Papini. Ma proprio perché inconsueti per noi, e assolutamente ignorati dalla stampa
ufficiale, mi pare importante
riassumere le posizioni degli ultimi due relatori, accomunate
dalla preoccupazione pastorale,
laica per il sindacalista, ecclesiastica per il predicatore della comunità di base.
Dietro a questa ostensione, calcolata e reclamizzata in modo
ossessivo, sta, secondo Chiriotti,
il proposito di affossare il dissenso ecclesiale, che nella classe
operaia ha avuto fin dagli inizi il
suo punto di riferimento. I problemi di una città come Torino
(lavoro, casa, scuola) vengono
liquidati in un momento unitario di preghiera che vorrebbe
DAL 1 OTTOBRE 1978 AL 29 MAGGIO 1979
Nuovo orario
ferroviario
In attesa della pubblicazione
del nuovo orario ferroviario invernale che, a partire dal 1° ottobre 1978 resterà in vigore fino
al 26 maggio 1979, segnaliamo le
variazioni avvenute sulla linea
Torino-Torre Pellice. Tra parentesi, a fianco dei nuovi orari, indichiamo quelli attualmente in
vigore che scadranno il 30 settembre.
Torre Pellice - Torino:
part. 7.14 ( 7.23) 11.56 (nuovo)
arr. 8.37 ( 8.42) 13.08 »
14.03 (14.01) 17.11 (17.14)
15.18 (15.15) 18.34 (18.38)
Torino - Torre Pellice:
part. 12.40 (12.34) 14.52 (15.25) 18.30 (18.33 ) 22.55 ( 0.09)
arr. 14.00 (13.51) 16.08 (16.45) 19.57 (19.53 ) 0.08 (1.23)
Per inciso notiamo che la variazione d’orario del «treno di
mezzanotte» (che partiva da
Torino alle 0.09) anticipato alle
22.55, di fatto, aumenta l’emarginazione della Valle rispetto alla città poiché tale orario impedisce la partecipazione a talune
attività (concerti, scuole, dibattiti politici, teatri etc.) che si
protraggono normalmente oltre
il nuovo orario di partenza del
treno.
Sappiamo che molti hanno già
espresso la loro protesta contro
questa dannosa variazione, speriamo che la protesta si organizzi e trovi ascolto presso il
competente Compartimento ferroviario.
cancellare tutti i soprusi e le ingiustizie.
Chiriotti ha anche criticato
l’atteggiamento dell’amministrazione comunale di Torino e dei
partiti di sinistra, i quali, per
opportunismo politico, hanno
rinunciato a dibattere la situazione reale della città e hanno
sottoscritto senza senso critico
questa mistificazione anti-operaia.
Anche le preoccupazioni pastorali di Barbero hanno preso
la forma di un’appassionata requisitoria, rivolta contro i centri di potere ecclesiali presenti
ed operanti a Pinerolo.
Le comunità di base, ha dichiarato Barbero, hanno voluto
centrare la loro predicazione soltanto sulla parola di Dio e hanno perciò rifiutato le sovrapposizioni che si sono formate nel
corso dei secoli. Tuttavia, la Sindone di Torino pone il problema
della religiosità popolare, che
forse non è stato preso abbastanza sul serio. C’è un divario
scandaloso tra gli studi teologici
molto critici sul culto dei santi
e della Vergine e ciò che viene
propinato ai semplici fedeli. La
Chiesa ha saputo inserirsi in
questo bisogno di fede popolare
per aumentare il proprio potere.
Terminata la relazione di
Franco Barbero, si è aperta la
discussione che non è stata sensazionale, anche a causa dell’ora tarda. Tre lunghissimi interventi contrari alla Sindone
hanno assunto la forma di confessioni di fede: uno brevissimo
a favore non è stato niente più
che un attacco personale. Dal
punto di vista organizzativo, sarebbe stato meglio ridurre le relazioni introduttive per lasciare
più tempo al dibattito, con i minuti contati, però.
Per mancanza di tempo, molti
argomenti relativi alla situazione
ecclesiale nel Pinerolese sono
stati soltanto sfiorati, eppure sarebbero molto importanti per un
confronto ecumenico tra cattolici e valdesi: Barbero ha proposto alle comunità di base di riflettere sul trionfalismo nella
Chiesa; ma anche il problema
dell’informazione, degli strumenti con i quali si vuole comunicare il messaggio evangelico alla
gente, dovrebbe essere studiato
più attentamente. A rischio di
doverci trovare uniti sì, ma soltanto nelle battaglie di retroguardia.
L. Viglielmo
mento che prospetta questa soluzione: « la fusione in un unico
ente ospedaliero dei due ospedali di Pra-Catinat e Pinerolo ».
Questo con lo scopo di salvaguardare l’occupazione in valle
e per potenziare le strutture per
lungodegenti, presenti nel comprensorio.
A questo documento del giugno scorso rispondono ora PCI
e sindacati.
Per il PCI il numero dei posti
letto negli ospedali del comprensorio è adeguato alle necessità
e tutt’al più si tratta di procedere ad una riorganizzazione dei
presidi sanitari. Inoltre la destinazione dell’ospedale per lungodegenti lascia aperti molti interrogativi per quello che riguarda
l’emarginazione dei malati. Mentre per quanto possibile, l’indicazione da seguire per questo tipo di malati dovrebbe essere
del potenziamento dell’assistenza domiciliare e di presidi poliambulatoriali nell’ambito delle
unità Ideali dei servizi. Pertanto
per il PCI l’ospedale di Pra-Catinat non « può essere oggetto
dì programmazione ospedaliera ».
Si tratta quindi di chiudere
l’ospedale, di trovare una collocazione per il personale in altri
servizi pubblici in valle, e di utilizzare le strutture come complesso « residenziale alberghiero
a utilizzo continuato e polivalente ». Utilizzo alberghiero cui dovrebbero essere interessati scuole, cooperative, sindacati, università, ed enti locali.
Per il Consiglio dei delegati dell’Qspedale Civile di Pinerolo e
per CGIL-CISL-UIL non è possibile una utilizzazione dell’ospedale come convalescenziario e
ospedale per lungodegenti sia
per problemi di emarginazione
dei malati che per carenze di
qualificazione dell’ospedale soprattutto nella sua parte sanitaria.
Né questa carenza potrebbe
essei'e risolta dall’integrazione coll’ospedale di Pinerolo perché anche qui vi è mancanza di
personale qualificato.
Per i sindacati non deve essere trovata una soluzione in due
tempi: prima la chiusura e poi
le alternative. I due problemi
devono essere affrontati insieme. I sindacati infine individuano come possibile u,so sia quello alberghiero sia quello sanitario (da definire).
Giorgio Gardiol
PERRERO
C.A.I. Sez. VALGERMANASCA
L’8 ottobre
il pranzo sociale
Il Consiglio direttivo ha deciso di organizzare il pranzo sociale alla baita di Parant. Si
tratta di sostituire il pranzo tradizionale, troppo costoso, con
una giornata vissuta insieme,
aperta a tutti : soci, familiari,
ragazzi, amici e simpatizzanti.
Come località d’incontro si è
scelta la baita di Parant a 1388
metri, che per l’occasione sarà
resa agibile a chi vuole pernottare. La si raggiunge da Traverse di Perrero in 45 minuti di facile marcia su mulattiera. Il
Consiglio direttivo intende offrire ai partecipanti la possibilità
di consumare un piatto di polenta con salsiccia e spezzatino.
Chi intende prendere parte al
pranzo è pregato di iscriversi
entro il 30 settembre, presso i
consiglieri del C.A.I.
Il Consiglio direttivo
SERVIZIO MEDICO
Dal 30 settembre al 6
ottobre è di servizio il
dott. Enrico Gardiol Tel. 91.277.
7
29 settembre 1978
CRONACA DELLE VALLI
i
I
Arroganza
(segue da pag. 6)
E dire che sarebbe stato possibile discuterne fraternamente,
alla luce della Parola di Dio, con
le comunità valdesi.
Non potrebbe per caso consistere in questo /’arroganza spirituale di una chiesa, quando cioè
si rifiuta di aprire un confronto
ecumenico, teme dibattiti e, sicura del suo potere, tira giù la
saracinesca?
Recupero della
religiosità popolare?
Don Trombotto cita Gramsci
per ridare credito alla religiosità popolare. Nessun dubbio che
occorra da parte nostra maggiore attenzione a ciò che vien chiamato religiosità popolare. Ma
occorre anche dire che la questione non solo è complessa, ma
anche densa di ambiguità e di
equivoci. Perché una cosa è rispettare la fede semplice e rude
delle classi subalterne, e un'altra
cosa è mantenere le masse eternamente in questo stadio di subalternità per dominarle spiritualmente e politicamente. L’apostolo Paolo è consapevole del
fatto che vi è una gradualità nella fede (1 Cor. 3: 1 sg. eoe.): chi
non può sopportare il « cibo solido » deve essere nutrito con
latte, ma l’obiettivo è quello di
raggiungere la piena maturità
della fede. Questa deve essere
la preoccupazione della chiesa:
promuovere una crescita di fede. È questo che succede con
l’ostensione della Sindone? Non
crediamo.
Gramsci parlava di un « nucleo sano » della religiosità popolare; ma da un’ottica evangelica, che cosa mai può essere
questo « nucleo sano » se non le
tracce ancora visibili dell’Evangelo di Gesù Cristo? Se così è
allora l’approccio che la chiesa
cattolica ha verso la religiosità
popolare ■ è chiaramente da ripensare: occorre non giustificare, non fare l’apologià della religiosità popolare che cancella
progressivamente le tracce del
messaggio evangelico, ma far leva sull’Evangelo per una crescila diversa, libera e liberante.
Questo deve essere il proponimento di una chiesa che centra
il suo messaggio nel Signore vivente e non sul mantenimento
del potere sulle anime. Senza dimenticare che il Nuovo Testamento è univoco su questo fatto, e cioè che « la fede viene dall’udire e l’udire si ha per mezzo
della parola di Cristo » (Rom.
10: 16). Perciò siamo su un’altra
strada quando don Trombotto
afferma che « guardare la Sindone » significa « rileggersi mentalmente la passione raccontata
dai vangeli ».
Concludendo, vorrei avanzare
una proposta concreta: perché
non creare, nel. pinerolese, un
centro che studi la religiosità
popolare della nostra gente, estendendo questo studio e questa ricerca anche ai valdesi che,
pur con ben altri connotati, hanno anche loro forme ed espressioni di religiosità popolare?
Ermanno Génre
Domenica TEV
L’undicesima ’Domenica TEV’
avrà luogo a
VILLAR PEROSA
domenica 8 ottobre iniziando alle ore 10 nel tempio con il culto
presieduto dal dr. Ugo Zeni.
Alle ore 14 l’Assemblea TEV
si riunirà nella sala delle attività, gentilmente concessa. Tutti sono invitati.
Colazione al sacco. Chi desidera essere trasportato si rivolga ai coordinatori.
SAN SECONDO
Sabato 9 settembre, nel tempio di S. Secondo è stato celebrato dal past. Arnaldo Oenre
il matrimonio di Isabella Grassi (Centro) con Sergio Perone.
Lo stesso giorno e nello stesso
tempio è stata invocata la benedizione del Signore sul matrimonio di Gemma Paschetto
(erotta) con Enzo Mancarelli
già celebrato nel Municipio di
S. Secondo. Sempre sabato 9,
nel Municipio di Prarostino Piavia Coisson (Cavoretto) si è unita in matrimonio con Mario Ribet. Infine Silvana Gaudin ( erotta) si è sposata nella chiesa cattolica di Torre Pedice con Pacchiardo Dario il 23 settembre.
A tutte queste nuove famiglie
che si sono cos?, formate, giunga il nostro augurio con la preghiera che il Signore le benedica adesso e sempre.
• Esprimiamo la nostra solidarietà cristiana a Elsa Fornerone in Cascarano per la perdita della sua mamma.
TORRE RELUCE
• Sabato sera abbiamo avuto
rincontro dei responsabili delle
attività (Concistoro, scuole domenicali e catechismo. Associazioni varie, giovani ecc.). Le questioni sul tappeto sono molte e
non si possono affrontare e risolvere in una seduta. Si è come prima cosa deciso dì avere
nel corso dell’anno altri incontri del genere per verificare l’impegno di tutti e l’andamento delle attività.
Per quello che riguarda le attività della nostra comunità, si
presenta il problema di sempre
e cioè la scarsità di persone che
si possano impegnare specialmente nel campo dell’istruzione
e dei giovani. Scarsità s’intende
rispetto a quello che si potrebbe
fare, perché non mancano fratelli impegnati. Le occasioni e le
possibilità dunque non mancano.
Fra le cose nuove che sono
state discusse c’è l’idea che il
concistoro abbia delle sedute
aperte a tutti come esigenza di
una maggior partecipazione alla
vita della chiesa, e la proposta
di iniziare anche da noi un’attività di studio biblico. Ne verrà
data comunicazione a suo tempo.
• È deceduto improvvisamente
all’età di 59 anni Paolo Bertalot. Ai familiari rinnoviamo la
espressione della nostra simpatia fraterna.
PRAMOLLO
• Sabato 16 settembre si sono
sposati nel tempio di Ruata Riccardo Beux e Ornella Reynaud,
entrambi abitanti a San Germano. Ai giovani sposi la comuni
tà augura una vita serena e benedetta dal Signore.
• Domenica 24 settembre, nel
corso del culto, è stato presentato al battesimo Diego Sappè,
di Eraldo e Peyrot Olga. Il Signore lo aiuti a crescere nella
fede e secondo l’insegnamento
dell’Evangelo.
• La comunità ringrazia il pastore Silvio Long che ha presieduto il culto di domenica 17/9
e gli augura un felice soggiorno
in America Latina dove si recherà tra breve, pregandolo di
portare il nostro fraterno saluto ai fratelli che sono emigrati.
ANGROGNA
• Giovedì; 21 si sono svolti,
presso il tempio del Capoluogo,
ì funerali di Bertalot Daniele
Davide mancato all’età di 93 anni. Originario d’Angrogna (Ciava) da tempo abitava, con là
moglie, ai Nazzarotti. Alla vedova la comunità esprime la propria simpatia cristiana.
• Nel corso del culto di domenica scorsa è stata battezzata la
piccola Miegge Monica di Ferdinando e Paola. Ai genitori
l’augurio di saper esprimere alla
piccola una fedele testimonianza, cristiana.
• Il Concistoro si riunirà sabato 7 ottobre alle ore 20,30.
Torre Pellice
Foresteria Valdese
6-8 ottobre 1978
XVII Congresso
Nazionale delle
YWCA-UCDG
Per una vita degna dei nostri tempi, donne maggiorenni, donne solidali.
Tutti sono cordialmente
invitati a partecipare ai
lavori del Congresso, che
avranno inizio alle ore 16
di venerdì! 6 ottobre. In
particolare si segnala il
pomeriggio di sabato (ore
15) in cui verrà presentato e discusso il tema del
Congresso; a questo seguirà una tavola rotonda
sulle Consulte femminili.
VILLAR PELLICE
Grave incidente
La sera di sabato 23 settembre, le sorelle Giuliana e Angela Berton, rispettivamente di 16
e 10 anni, sono rimaste vittime
di un incidente di cui non si possono ancora valutare le conseguenze.
Verso le 21 di quella sera alcuni giovani che transitavano nei
pressi del ponte di via Furca,
attratti da lamenti, rinvenivano,
nel prato lungo la strada, le due
sorelle ferite.
Trasportate d’urgenza al Pronto Soccorso dell’Ospedale Civile
di Pinerolo, Angela veniva ricoverata per contusioni e ferite
multiple, rivelatesi fortunatamente meno gravi del previsto,
mentre Giuliana, in stato di coma, veniva immediatamente tra
sportata al CTO di Torino dove
i sanitari si sono riservata la
prognosi.
Sulle cause dell’incidente, dato lo stato di choc delle vittime,
non si hanno precise notizie.
Sembra che le due sorelle, che
scendevano da Bobbio su una
unica bicicletta, abbiano urtato
un ostacolo, precipitando nel
prato dove la maggiore delle sorelle avrebbe battuto violentemente il capo contro una pietra.
Siamo fraternamente vicini alla madre Claudia Palange, vedova di Pietro Berton che fu
Diacono nel Concistoro di Villar Pellice e alle due giovani alle quali rivolgiamo i nostri più
fervidi auguri di una perfetta
guarigione.
Orario autolinea Angrogna*Torre Pellice in vigore daj 1 settembre al 30 giugno 1979
TORRE PELLICE
PRALAFERA
SAN LORENZO
SERRE
SERRE
SAN LORENZO
PRALAFERA
TORRE PELLICE
Fermate a richiesta.
gio - Bertot.
7,25 8,50 11,10' 13,10 16,00 2
7,28 8,53 11,13 13,13 16,03
7,40 9,05 11,25 13,25 16,15
7,45 — 11,30 13,30 —
7,45 11,35' 13,30 —
7,50 9,10 11,40 13,35 16,15“
8,02 9,22 11,52 13,47 16,27
8,05 9,25 11,55 13,50 16,30
Stallia! - Bivio Giovo - Bruere - Rag
1 30 giugno 1979
8,10 12,05 ' 16,30 “
8,20 12,18 16,40
8,30 12,30 16,50
8,30 12,35 ' 16,55 “
8,40 12,47 17,05
8,50 13,00 17,15
Molino Nuovo - Ghiu
TORRE PELLICE
CHIOT’DL’AIGA
PRADBLTORNO
PRADELTORNO
CHIOT-DL’AIGA
TORRE PELLICE
nira - Figeirosa - Rive - Rocciaglia Ponte Barfé - Molino Eissart - Soggiorno Alpino.
^Si effettua solo il venerdì e il sabato.
' Non si effettua il sabato.
In margine alla
gita aiie Cevenne
I partecipanti sono invitati a ritrovarsi ia domenica 8 ottobre alle ore
19 presso le ex-Scuole di
Pomaretto dove verranno
proiettate le diapositive
della gita. Sarà servita
una cena fredda.
RORA’
• Abbiamo ripreso la via del
cimitero martedì 26 per accompagnare la salma di Giulio Odin,
da anni residente a Luserna San
Giovanni, deceduto a Torino dopo un lungo periodo di malattia. Ai familiari rinnoviamo la
nostra solidarietà cristiana.
• A Didi Durand e Antonella
Robert (di Prarostino) che si
sposano sabato 30 settembre a
Prarostino, vanno i nostri vivissimi auguri.
BOBBIO PELLICE
Sono in corso di avanzata realizzazione i lavori per la costruzione di un nuovo ponte suila
strada Bobbio-Villanova, immediatamente prima dell’abitato
dei Cairus. È un’opera di cui
tutti si rallegrano grandemente
è con la sua ultimazione la strada citata sarà definitivamente
sistemata, almeno per quanto
concerne le opere d’arte. Il fondo, sebbene non asfaltato, è discreto, grazie soprattutto all’attenzione del cantoniere che se
ne occupa con zelo. Certo, se le
voci che circolano in paese hanno consistenza, e si giungerà ad
asfaltare almeno il tratto di 2,5
Km. dalla borgata Lausarot alla borgata Cairus, la vita per
gli abitanti di questa zona del
nostro paese sarà resa più facile, soprattutto per i pendolari
che risparmieranno sull’usura
dei loro mezzi.
LUSERNA
SAN GIOVANNI
• La trasmissione della Parola
alle nuove generazioni: questo
il significato della consegna della Bibbia ai catecumeni del primo anno durante il culto di
apertura delle attività, domenica scorsa.
Il testo del sermone, centrato
sulla parola di Gesù; «Se perseverate nella mia Parola sarete veramente miei discepoli, conoscerete la verità e la verità vi
farà liberi » è stato indicato come l’obiettivo verso cui dovranno tendere tutte le attività e tutte le iniziative che verranno realizzate durante l’anno.
Oltre cento i catecumeni, circa 120 i bambini alle Scuole Domenicali e oltre 40 gli iscritti al
pre-catechismo : sono cifre che
danno la misura dell’impegno
non indifferente che la comunità assume nel settore della formazione biblica ed evangelica.
Durante il culto sono stati
presentati i monitori ed i catechisti per i quali è stata pronunciata una preghiera di intercessione come segno di solidarietà
di tutta la chiesa. Il nostro augurio è che questa solidarietà
si concretizzi con una reale collaborazione da parte di tutte le
famiglie.
Le Scuole Domenicali avranno inizio sabato 30 c. m. alle
ore 14.30 agli Airali ed ai Bellonatti e domenica I« ottobre alle ore 9 ai Peyrot. Gli anni di
catechismo sono concentrati il
venerdì pomeriggio alle 14.30 il
1® anno, alle 15.30 il 2° anno, alle 17 il 3“ anno ed alle 18 il 4»
anno. Ulteriori accordi verranno presi con i ragazzi che per
ragioni di studio o di lavoro
. non possono adeguarsi a questi
orari.
• Presso la scuola delle Vigne,
domenica 1° ottobre, ci sarà un
culto per la popolazione locale
ed in particolare per i bambini
della Scuola Domenicale e le loro famiglie, alle ore 10,30.
• Ci sono ancora posti liberi
per la gita del 7 ottobre a Borgio Verezzi. È organizzata dalla
Unione Femminile ma è libera
a tutti. Prenotarsi presso il pastore Taccia.
• All’età di 93 anni è deceduto
nella sua abitazione, ai Nazzarotti, il fratello Bertalot Daniele
Davide. Il servizio funebre ha
avuto luogo nel tempio di Angrogna, paese d’origine del defunto.
Ai parenti, ed in modo particolare alla vedova, la comunità
esprime tutta la sua più fraterna e sincera simpatia.
POMARETTO
Sabato 23 settembre è stato
benedetto il matrimonio di Gaietto Donatella e Tron Umberto
di Pomaretto.
Sempre sabato 23 settembre
si sono uniti in matrimonio con
solo rito civile Micol Annalisa e
Micari Diego.
Che lo Spirito del Signore accompagni questi novelli sposi
durante tutta la loro vita.
Doni per l’Asilo
di Luserna S. Giovanni
Doni pervenuti nel mese di agosto.
L. 500.000: Salvarani Letizia (pro
deficit). . .
L. 200.000 : Nora Russo. Frattasì Rostan ; sorella Luisa. '
L. 100.000: Guido e Bdina Ribet; sorelle Morello.
L. 85.000: Aitime.
L. 50.000: Cangioii Margherita, in
mem. della zia Rachele; Guido e Edina
Ribet, in mem. della zia Lina Peyrot;
Zammar Ester, in mem. dei genitori Lino e Francesca Volta Gobello (Argentina).
L. 40.000: M. E./ Torino.
L. 30.000: Bellion Matilde, in mem.
dei miei cari nel nono anno dì ospitalità aM'Asilo; in mem. di Bosso Biglione Domenica, la figlia Eunice.
L. 20.000: Tìnette e Rina Bertin, ricordando con affetto Rachel Odin; Chauvie Geymonat Elena, per riconoscenza
(osp. Asilo); Anna Malanot, in mem.
dei suoi cari Lina e Gustavo Malanot.
L. 15.000: Olivero Ermelinda (To).
L. 10.000: Rina Bertin, in mem. della mamma dì Fiorella Paschetto Davit;
Peyrot Lina; Pontet Adele, in mem.
della cara Ivonne Balmas (S. G. Chisone) ; N.N., in mem. di Margherita
Boer e Luisa Pontet (osp. Asilo); Pons
Giovanni ; ReveI Paolo e Edith, ricordando I loro cari ; Ettore e Itala Beux,
in mem. del cav. Francesco Villa (To);
Ettore e Itala Beux, In mem. del sig.
Luigi Martinat (To); Livio e Dina Gobello, in mem. del sig. Taccia Vincenzo;
Artus Giuditta (To).
L. 5.000: Michelin Salomon Maria
ved. Malan ; coniugi Santonastaso (To);
famiglia Trocello, in mem. della sìg.ra
Evelìna Taccia (To).
L. 2.000: De Bettinì Elvira, in mem.
di Gönnet Paolina Villa e del comm.
Francesco Villa.
ERRATA CORRIGE
il dono della sìg.na Alìmonda Rita
pubblicato nel n. 15 dell'Eco-Luce dei
14 aprile 1978 è dì L. 100.000 e non
di L. 10.000.
RINGRAZIAMENTO
fc Chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini^ ancKio riconoscerò lui davanti al Padre
mio che è nei cieli ».
(Matteo 10: 32).
La famiglia di
Francesco Menusan
ringrazia sentitamente i medici e tutto il personale dell’Ospedale Valdese
di Pomaretto che Thanno assistito durante la sua breve malattia, il pastore
Paolo Ribet, la sig.ra Eline Quattrini
e quanti hanno preso parte al suo
dolore.
Traverse di Ferrerò, 19-9-1978.
« L’Eterno è il mio pastore,
nulla mi mancherà ».
(Salmo 23: 1).'
Dopo lunghe sofferenze, il Signore
ha richiamato a Sè
Nini Rossetto
di anni 64
Ne danno il triste annuncio i cugini : Ade Theiler col marito Dott. Enrico Gardiol, Sandra Theiler col marito Daniele Ghigo, Enrico' Theiler
con la moglie Olga Badai e 6glio Paolo, C. Alberto Theiler con la moglie
Ive Gardiol; la Sig.ra Gina Debemardin che l’ha amorevolmente assistita
e parenti tutti.
S. Germano Chis., 23-9-1978.
Eventuali offerte in memoria per la
Casa di Riposo di San Germano Chisone.
8
8
29 settembre 197S
MtLANO: UNA TAVOLA ROTONDA SUL LIBANO
A PROPOSITO DI UNA FRASE DELL’ECO-LUCE
Il fuoco sotto lo cenere Antisemitismo
rampante
Mentre i risultati di Camp
David sono al centro dell’attenzione della stampa internazionale, non vogliamo dimenticare
una situazione che rischia di covare tra le ceneri di una tregua
precaria nuove burrasche. C’è
qualcosa di nuovo sotto il cielo
libanese? Sulle ultime fasi del
dramma dell’ex-Svizzera mediterranea ricordiamo quanto abbiamo udito di prima mano durante una tavola rotonda svoltasi alcuni mesi or sono presso
la Chiesa metodista di via Porro Lambertenghi. Erano presenti il giornalista Maurizio Salvi,
la prof. Enrica Collotti Pischel
e il prof. Guido Valabrega, entrambi dell’Università di Bologna, un rappresentante dell’Olp,
un simpatizzante delle forze progressiste libanesi : presiedeva
Felice Besostri, membro della
Lega per i diritti e la liberazione dei popoli, con la collaborazione della quale era stata organizzata la serata.
Salvi, rientrato pochi giorni
prima da un soggiorno in Libano, ha ripercorso con i presenti le tappe del viaggio che lo condusse a testimoniare in prima
persona delle sofferenze dei profughi palestinesi. Sono diverse
decine di migliaia, in prevalenza donne e bambini, repentinamente costretti ad abbandonare
le loro poche cose per rifugiarsi
nella bolgia di Beirut. Un tempo città fiorente, privilegiato
centro di scambi e roccaforte
della finanza internazionale, la
capitale libanese si è trasformata in una trincea. Quartieri crivellati dai colpi delle armi da
fuoco, contrasti religiosi su cui
si innestano vendette private e
rivalità politiche: e una sterminata periferia in cui tutta ima
popolazione vive alla giornata
con troppe incognite sul suo futuro.
I risvolti della recente crisi,
anzi della ennesima guerra medio-orientale (migliaia di morti, 400.000 profughi, 60.000 militari di Israele impiegati nelle
azioni di guerra) mostrano che
il piano di invasione del Libano
meridionale era pronto da tempo, come ha sostenuto il prof.
Valabrega, docente di storia dei
paesi del vicino oriente.
Begin si proponeva di raggiungere il fiume Litani per rafforzare strategicamente il fronte settentrionale, mettendo nel
contempo le mani su un territorio ricco di acque irrigue.
Commenti significativi sono apparsi sulla stampa israeliana: se
il governo non desiderava che i
militari si spingessero oltre il
limite dei due chilometri all’interno del Libano, e tuttavia questo s’è verificato, allora i « falchi » dell’esercito hanno preso
la mano all’esecutivo. Rimane
il fatto che la resistenza palestinese si è rivelata più dura del
previsto e che l’Olp, ritirandosi, non è stata colpita nei gangli vitali. Israele deve oggi fare
i conti con un nemico che si è
sempre rifiutato di riconoscere.
Comitato di Redazione : Sergio
Aquilante, Dino Ciesch, Marco Davite, Niso De Michelis, Giuliana
Gandolfo Pascal, Marcella Gay,
Ermanno Genre, Giuseppe Platone,
Ornella Sbaffi, Liliana Viglielmo.
Direttore; FRANCO GIAMPICCOLI
Oirett. Responsabiie : GINO CONTE
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intestato a ; Roberto Peyrot - Corso
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Reg. Tribù.lale di Pinerolo N. 175,
8 luglio 1960.
Cooperativa Tipografica Subalpina
Torre Pellice (Torino)
Per quanto concerne le trattative con Sadat e la presenza
delle forze dell’Onu come garanzia per il ritiro israeliano dal
sud-Libano, Valabrega ha ricordato l’ambiguità della politica
di Israele: da una parte promesse di pace, dall’altra avventure
belliche. La nutrita presenza
francese tra i « caschi blu » non
lascia intravvedere altro che un
avallo alle dichiarazioni rese
tempo fa dal presidente Giscard : i Francesi vogliono riportare l’ordine a Beirut con
un’impresa di chiaro stampo
neocoìonialista.
Ma negli ultimi mesi in Israele non sono mancate le manifestazioni di dissenso. Esistono
forze giovani, consapevoli della
necessità di cancellare trent’anni di odio e risolvere il nodo
della questione palestinese.
Su questo argomento s’è soffermato il rappresentante delrOLP. La lotta dei palestinesi
pone il problema della creazione e del riconoscimento di uno
stato palestinese, col rischio,
ove questo non avvenga, di un
grave pregiudizio alla sicurezza
nel medio oriente e nel mondo
intero. Gli ha fatto eco l’esponente delle forze progressiste libanesi, mettendo in guardia l’opinione pubblica sull’azione concertata per la spartizione del
Libano in due zone di influenza.
Che ruolo giocherà in proposito
la forza araba di dissuasione, le
truppe che la Lega Araba aveva
inviato per ¡.far. rispettare la tregua?
« È un dovere di tutti gli antifascisti — ha concluso la prof.
Collotti Pischel, docente di storia dei paesi afro-asiatici —
esprimere solidarietà ai palestinesi. In passato il popolo ebreo
nelle terre arabe ha trovato una
tolleranza, che nell’Europa centro-orientale non ha avuto. Uno
stato multirazziale e non confessionale potrebbe riportare
questo clima di tolleranza,
aprendo spazi alla democrazia
nel mediterraneo, oggi preda di
oscuri interessi e terreno di lotta delle superpotenze ».
Stabilendo una netta distinzione tra ebraismo e sionismo
renderemmo un favore anche
agli ebrei italiani, troppo spesso visti non per quel che sono,
ma per quel che le contrapposte propagande li dipingono.
La storia del Libano (come,
per altri versi, quella dell’Uruguay), ci rende attenti a quel
che può avvenire in un paese
democratico, quando si involve
su posizioni autoritarie, mobilitando le destre contro i progressisti: la decadenza delle libertà
democratiche e il crollo economico s’intrecciano e si condizionano a vicenda, in ima spirale in
cui elementi interni ed esteri legati alla conservazione tolgono
spazi alle conquiste popolari.
Ecco perché nella nostra situazione italiana non ci possiamo permettere di guardare con
distacco agli avvenimenti libanesi: esiste il rischio, non poi
così; remoto, che il fenomeno
possa ripetersi in una nazione
da tempo oggetto delia destabilizzazione politica, sociale ed
economica.
M. R.
La nuova redazione Eco - Luce
La Tavola Valdese ed il Comitato Permanente Metodista hanno nominato la nuova Redazione del nostro giornale, che risulta cosi composta:
Direttore : Franco Giampiccoli; Redazione Nord: Dino Ciesch, Niso De Micheiis,
Giuliana Gandolfo Pascal,
Marcella Gay, Ermanno Genre, Giuseppe Platone, Liliana
Viglielmo ; Redazione romana: Marco Davite, Ornella
Sbaffl e Sergio Aquilante in
qualità di delegato della Tavola e del Comitato Permanente.
Rivolgiamo il più caldo
benvenuto ai nuovi redattori
e, nel ringraziare Bruno Bellion. Paolo Ricca, Fulvio Rocco, Sergio Rostagno, Roberto
Sbaffi che lasciano l’incarico,
ci auguriamo di poter contare anche per il futuro sulla
loro apprezzata collaborazio
Questa espressione è stata usata dalla Commissione d’esame
dello scorso Sinodo per qualificare un articolo dell'Eco-Luce
rilevando la mancanza di autocritica della redazione. Riteniamo necessaria una spiegazione
ed alcune considerazioni in merito.
L’accenno si riferisce ad uno
scambio di corrispondenza intercorso tra il prof. Alberto Soggin
e il direttore dell’Eco-Luce a proposito di una frase contenuta in
un articolo del prof. Tullio Viola, responsabile della rubrica
« La settimana internazionale »
considerata antisemita dal prof.
Soggin. Ecco la frase in questione:
« Abbiamo conosciuto un illustre fisiologo ebreo, capace di
dimostrare, ai propri allievi in
laboratorio, che la carne di maiale non contiene neppure un atomo di sostanze nocive all’organismo umano, ma che si sarebbe
fatto uccidere piuttosto che mangiarne un pezzetto » (Tullio Viola: Israele: le frontiere di Davide non sono eterne. Eco-Luce
n. 37, 16 seti. 1977).
Il contesto della frase — altrettanto importante per capire
il discorso — era questo: alla
base di una differente ottica politica e di una incapacità nostra
di prevedere gli sviluppi della
situazione del Medio Oriente, sta
una profonda differenza di mentalità tra noi e gli israeliani come del resto tra noi e i popoli
arabi. Ad illustrazione di questa
diversità e della granitica intransigenza israeliana' veniva riferito l'esempio contenuto nella
frase riportata.
Riconosciamo che la frase in
questione possa assumere una
coloritura antisemita indipendentemente dalle intenzioni dell’autore (con cui abbiamo discusso
la cosa e che condivide il contenuto di questa nota). Un conto
infatti è ciò che si intende dire
e un conto è ciò che il lettore
può intendere leggendo. Tullio
Viola intendeva illustrare con
l’esempio citato la diversità di
mentalità senza per questo deridere o dispreizare i principi religiosi su cui si fonda il rifiuto
ebraico di mangiare carne di
maiale. Ma la nostra cultura europea ha tutto un sottofondo
antisemita che non va sottovalutato e che può appunto indurre
a intendere la cosa secondo lo
schema antisemita che stravolgendo una convinzione religiosa
presenta un costume come ridicolo e disprezzabile. Se in altro
contesto, per illustrare la differenza di mentalità tra noi e gli
indiani si menzionasse il fatto
che questi, per le loro convinzioni religiose; pur morendo di fame non ucciderebbero mai una
mucca, questo non sarebbe sentito come un tratto offensivo nei
confronti degli indiani, dato che
non c’è nella nostra cultura un
sottofondo anti-induista. Poiché
invece l’antisemitismo è purtroppo tuttora presente nella nostra
società, una frase come quella
citata può diventare ambigua e
configurarsi come un tratto antisemita in modo del tutto indipendente anzi contrario alle intenzioni dell’autore.
Perché quindi tanto ritardo
nell’ ammettere questo tratto
(non articolo) involontario (e
non rampante) di antisemitismo? È doloroso constatare come questa questione non abbia
potuto trovare un chiarimento
nel modo più normale, attraverso una puntualizzazione ( ripetutamente richiesta) ed un successivo dibattito sul giornale che
avrebbe consentito una crescita
déda consapevolezza critica dei
lettori. Il dibattito pubblico è
infatti secondo noi il modo più
idoneo e più consono allo spirito evangelico non solo per mettere a confronto posizioni diverse ma anche per precisare o correggere eventuali errori o sviste.
Da questa vicenda riteniamo
quindi di dover ricavare queste
due indicazioni.
1. Molto abbiamo ancora da
imparare — direttore, redattori,
collaboratori — nel controllo
non solo delle cose che intendiamo dire ma anche del come possono essere intese da chi le riceve in modo difforme dalle nostre
intenzioni.
2. Molto abbiamo ancora da
imparare — tutti quanti — sulla
via di una fraternità che consenta la comprensione reciproca
nel quadro di un dibattito pacato e sereno.
La redazione
Í
LA SETTIMANA INTERNAZIONALE
a cura di Tullio
ViolaJ
Feroce oppressione in Nicaragua
Ciò ch’è accaduto e accade
in quello staterello dell’America
Centrale, ha un tristissimo e
profondo significato emblematico. Eccone un rapido riassunto,
tratto da « Le Nouvel Observateur » (n. 723; 18-24.9.78; art. di
Francois Schlosser).
« Equipaggiata di carri armati, inquadrata da aerei e cannoni, istruita dai Berretti Verdi americani, la guardia nazionale
di Somoza, dittatore del Nicaragua, smantella, una dopo l’altra,
le fragili barricate delV’insurrezione generale” cominciata il 9
corr. I "muchachos", che quel
giorno hanno preso le armi rispondendo all’appello del Fronte Sandinista di Liberazione
(Sandini è il nome del generale
che combattè, 50 anni fa, contro
gli americani e che fu assassinato per ordine di Somoza-padre),
si battono con vecchi fucili e
con bombe di fabbricazione artigiana. Sono già centinaia i
morti in Managua (la capitale),
nelle altre città e nei villaggi.
Giovedì 14 c., Somoza, instaurando la legge marziale, ha dichiarato l’intero paese "zona di guerra".
Chi è Somoza? Anzitutto e soprattutto (salve le timide e molto recenti esitazioni dell’amministrazione Carter) Somoza è
l’uomo degli americani. 42 anni
fa, ritirando da Managua i propri “marines", Washington legò
a corda doppia il Nicaragua alla famiglia dei Somoza: quella
famiglia che, di padre in figlio,
s’è trasmessa la fiaccola della
dittatura.
Programma standard: essere
partigiani della “libera impresa"
e difensori dell’Occidente "contro i marxisti"; appropriarsi di
un terzo delle terre coltivabili
del paese; essere i rappresentanti esclusivi della "MercedesBenz" (la ditta proprietaria della compagnia nazionale di comunicazioni aeree, oltre che monopolizzatrice del commercio del
cemento e della Coca-Cola). Brava famiglia, non è cosa da poco!
Quando nel Nicaragua affluirono i soccorsi internazionali dopo il terribile terremoto del ’72,
i Somoza se li spartirono fra
loro in famiglia.
Jimmy Carter cercò, in un primo tempo, di prender le proprie
distanze, da questa che può chiamarsi una vera e propria “caricatura" di dittatura latino-americana; una dittatura che Carter
aveva ereditata dall’amministrazione precedente. Somoza rispose a Washington, giocando la
sua carta abituale; “Se non volete una seconda Cuba nei Caraibi, mantenete l’attuale regime al suo posto". E, ancora una
volta, la carta ha funzionato:
quando, nel gennaio scorso, Somoza ha fatto assassinare Gioac
chino Chamorro, direttore di
giornale, gran borghese liberale,
nel quale alcune personalità del
■ Dipartimento di Stato vedevano
una possibile soluzione di ricambio, nessuno a Washington ha
mosso ciglio. E quando, essendo esplosi grandi scioperi in
tutto il paese, per protestare
contro quell’assassinio, Somoza ha scatenato una repressione feroce, Washington, che per
un momento aveva sospeso
i propri aiuti finanziari, li
ha ben presto ripristinati. Nel
luglio scorso. Carter è arrivato
persino a coprirsi di ridicolo,
congratulandosi per iscritto con
Somoza, per la sua buona volontà... a favore dei diritti dell’uomo!! L’aiuto militare, molto ipocritamente sospeso a livello ufficiale, è stato avviato per sentieri tortuosi, a cura del Pentagono. In poche parole: fino ad
oggi, ai macellai di Somoza, finanziati, istruiti e inquadrati dagli americani, non è mancato
nulla.
L’ostinazione di Washington
sembra tanto più incomprensibile in quanto il dittatore di
Managua non ha per oppositori
un semplice gruppo di guerriglieri progressisti. Tutta la popolazione gli è ostile, tutti gli
strati sociali, tutte le organizzazioni costituite: il banchiere come V impiegai uccio, il padrone
come l’operaio, il parroco quanto il sagrestano. Sono numerosi
i movimenti d’opposizione moderata che, da un anno a questa
parte, si sono candidati a sostituire il dittatore, con l’accordo
dell’ambasciata americana. Washington non ha colto l’occasione in tempo ed oggi deve fare i
conti col prestigio che i guerriglieri progressisti del Fronte
Sandinista di Liberazione hanno
saputo conquistarsi.
Supponiamo che Carter decida, un giorno o l’altro, di sbarazzarsi del truce Somoza: permetterà egli allora che, nella
nuova direzione, sia riservato un
posto ai rappresentanti di coloro che, per primi, hanno preso
le armi ed hanno combattuto?
Oppure Washington ritarda tanto a ritirare il proprio appoggio
al regime, apposta per permettere al dittatore di sterminare,
fino all’ultimo uomo, i militanti
di sinistra e i giovani delle città
che hanno messo mano alle armi? Il colmo del machiavellismo! La vera disgrazia dei “muchachos", che si preparano a morire nelle bidonvilles sotto le
pallottole degli sbirri di Somoza, è che il Nicaragua si trova
tanto vicino al Panamá da prospettarsi come la sola soluzione
di ricambio, per il caso in cui
il canale attuale sfuggisse all’influenza americana. Per una posizione strategica di così grande
importanza. Carter preferisce rischiare l’onore piuttosto che la
sicurezza ».