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Anno 125 - n. 36
15 settembre 1989
L. 900
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Gruppo 11/70
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a : casella postale - 10066 Torre Pellice
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
DIVARIO
Euforia
e realtà
La predicazione del pastore
Aldo Comba durante il culto di
apertura del Sinodo 1989 ci ha
posto ancora una volta di fronte al problema del drammatico
divario fra il mondo ricco e
quello povero.
Mi è venuto spontaneo confrontare quel sermone con le parole ottimistiche — quasi euforiche — spese dai sette Grandi (visti in termini economici)
in occasione del vertice di Parigi
del luglio scorso. In quell’incontro infatti si è parlato del
boom della produzione industriale, della creazione di nuovi
posti di lavoro, dei profitti dei
grandi gruppi, ecc. Se a questo
si aggiunge poi Poflerta del premier sovietico Gorbaciov di entrare a far parte a pieno titolo
del mercato mondiale con un potenziale di acquisto rilevantissimo, ecco che alle soddisfazioni più « materiali » del mondo
occidentale si aggiungono anche
quelle politiche per lo scacco
del cosiddetto socialismo reale.
Su quest’ultimo aspetto anche i
sanguinosi fatti di piazza Tién
an-Men hanno avuto la loro influenza ma, dopo le esecrazioni
di rito, ecco che il mondo industriale è ora pronto a combinare lucrosi affari anche col gigante cinese.
Ma è tutto oro quello che
luccica? Come fa notare I. Ramonet nell’ultimo numero di « Le
Monde Diplomatique », anche
nel mondo dei Sette (500 milioni di persone sui 5 miliardi che
annovera il pianeta) è impressionante il numero degli abbandonati a se stessi, dei disoccupati,
dei vecchi senza risorsa alcuna,
degli analfabeti... La sola Comunità economica europea ha
oltre 40 milioni di poveri, mentre_ il 9,3 per cento della popolazione attiva è disoccupato. Ma
altre ineguaglianze aumentano:
il suddetto mensile ricorda che
nel suo paese, la Francia, l’uno
per cento della popolazione possiede il 25 per cento del patrimonio totale.
Certo, nelle regioni sottosviluppate la situazione è ben altrimenti drammatica : si sono incaricati di ricordarcelo i
7 Paesi più poveri (che hanno
avuto il loro « vertice » accanto
a quello dei 7 ricchi): Bangladesh, Brasile, Burklna Faso, Filippine, Haiti, Mozambico, Zaire, Basterà ricordare, per fare
Un cO'nfronto, che il reddito medio di un abitante dei paesi
ricchi è 50 volte superiore a
quello del paesi sottosviluppati.
I tre quarti deH’umanità sono
spettatori della crescita dell’altro quarto, non solo, ma gli sono debitori della cifra astronomica di 1.300 miliardi di dollari.
C’è veramente da chiedersi,
con profonda preoccupazione e
con angoscia, quando i governi
Occidentali — dell’occidente cristia(no — si decideranno ad affrontare responsabilmente questi temi, fondamentali per un
più giusto assetto mondiale.
Possano le chiese continuare
“7 e rafforzare — la loro azione
di denuncia, di testimonianza e
di fattiva partecipazione.
Roberto Peyrot
ELEZIONI IN SUD AFRICA
Un voto di paura
Il dato più rilevante è certamente l’alta percentuale delie astensioni - Non si intravvedono, da questa consultazione, concrete speranze di cambiamento nella politica di Pretoria
E’ proprio vero? E’ vero che le
elezioni dei bianchi sudafricani
hanno prodotto una svolta a sinistra con il successo del nuovo
Partito democratico, e che quindi si può ragionevolmente sperare nell’attuazione di un significativo programma di riforme?
Tentiamo di leggere i segnali
contraddittori che giungono dalla intricatissima realtà sudafricana.
Alle urne è andato poco meno
del 69% dell’elettorato bianco, e
il Partito nazionalista, grande
teorizzatore ed esecutore dell’apartheid, ha preso circa un milione di voti. Cifre molto basse per
un paese in crisi, dove mai come
ora i bianchi hanno la coscienza
che le loro decisioni politiche
hanno il valore di scelte di vita o
di morte.
Vuol dire che c’è stata una
astensione dal voto di proporzioni e peso non indifferenti. Il nuovo Partito democratico, che si pone alla sinistra del nazionalista,
è aumentato di 14 seggi, raggiun
gendo quota 33 sul totale di 166
seggi. Ma non è così automatico
e sicuro che si sia rafforzato alle
spese del partito di regime. Infatti sono tornati a votare i cittadini di origine anglosassone,
che per lunghi anni avevano disertato la politica attiva. E questi cittadini non si trovano bene
in compagnia del vecchio ceppo
boero, che continua a discriminarli, e col quale non hanno affinità: hanno dato dunque fiducia
al partito che vede come fondatore un nome inglese ben noto,
Dennis Worrall, insieme a due
transfughi del Partito nazionalista, W. Malan e Z. Peer. Gli interessi che questo raggruppamento rappresenta non sono certo « popolari », ma sono gli interessi dei grandi industriali del
paese e del capitale anglosassone.
Grave è il salasso di voti che
è andato invece a quasi raddoppiare i seggi dell’estrema destra,
che trova supporto nell’apparato
militare e nella polizia. Questo
Nonostante le vaghe promesse, per i neri sudafricani la vita è ancora fatta di sfruttamento e di terrore.
spiega come mai non era ancora
finita la conta dei voti che già si
scatenava la furia, per qualche
DAI CULTI MATTUTINI AL SINODO
Dio ama lo straniero
« Amate dunque lo straniero, poiché anche voi
foste stranieri nel paese d’Egitto» (Dt. 10; 19).
Il testo del Deuteronomio ci presenta la situazione: in questo momento Israele non sta vivendo
l’avventura dell’esodo, e neppure quella della conquista. Ora Israele si è installato: siamo nel tempo della stabilità nella terra promessa. Sono arrivati, gli israeliti, come stranieri in una terra che
è di Dio e che loro hanno ricevuto come un dono.
Ma ora le esperienze vissute con Dio nel periodo
del deserto corrono il rischio di restare soltanto
un ricordo, un mito, qualche cosa che rimane laggiù, nel passato.
E’ arrivatoci tempo di ridefinire l'esperienza
della fede. .Non siamo nel tempo dei nonni, quando si era nell’esodo, si era nel deserto (e c’erano
solo cose provvisorie). Ora il lavoro di alcune generazioni ha dato un risultato; si sono ottenute
delle cose. Ma ci sono altre tentazioni, divinità,
idoli. E’ facile, soccombere abbandonando t valori
del Dio creatore e Signore.
In questa .situazione ci imbattiamo nella predicazione raccontata in questo passo biblico.
Ai versetti 14-15 Dio ricorda al suo popolo che
la creazione è opera sua. E se voi siete qui, e siete
un popolo, una comunità, questo avviene perché
Dio ha scelto i vostri antenati, e solo per questo.
Egli è il Creatore ed il Signore.
Certo, ora che le cose vanno bene, non avete
bisogno di manna, di acqua, non siete sottoposti
al potere dominante che vi rende schiavi.
Com’è facile dimenticarsi del Signore della vita, e dei comandamenti! Com’è facile dimenticarsi di quel ch’è passato...!
.Ai versetti 16-19 Dio ricorda il patto. Una parola di vita e di evangelizzazione giunge da parte
di Dio ver.so il suo popolo che ora è installato nella terra promessa. Dio fa sapere al suo popolo che
egli è l’unico Creatore e che la terra e i cieli gli
sono sottomessi. Egli ricorda al suo popolo che
lui è un Dio che non fa distinzioni, né si lascia
comprare da regali o da atteggiamenti disubbidienti (che si allontanano dai suoi comandamenti). Egli è un Dio giusto. La sua giustizia si manifesta nel .suo modo di guardare agli orfani, alle
vedove, nel suo dar da mangiare e da vestire allo
straniero. Questi stranieri sono la gente messa da
parte; la gente che non riceve misericordia; la
gente verso la quale non c’è compassione: questo
succede perché chi ha avuto non si ricorda dei
doni ricevuti e pensa di aver fatto tutto da solo.
Dio ricorda al suo popolo che nel passato era un
popolo straniero e che nella sua storia ha ricevuto amore profondo e meraviglioso. Dio ha amato
il suo popolo quando esso era in Egitto.
Il Signore si appella al cuore della sua gente,
ma non per ragioni umanitarie (come potrebbe
fare con chi non crede, o con chi non sa cosa sia la
vocazione). Dio si rivolge al suo popolo partendo
da una motivazione squisitamente teologica: parla
dell’esperienza della fede che non può essere confusa con alcun’aura esperienza. Si tratta dell’identità profonda di questo popolo e della sua solidarietà. Il Dio che lo ha chiamato, ama lo straniero!
Questa è la condizione senza equivoci di Dio, del
Dio della fede, del Dio della promessa. « Ora che
state bene, non potete mettere da parte coloro
che hanno bisogno di voi ».
Che cosa chiede Dio al suo popolo? La necessità di rivedere il rapporto tra Dio e il popolo, a
partire da questa definizione che egli dà di se
stesso: « Egli è il Signore del cielo e della terra;
egli è colui che ama lo straniero ». Il Signore non
ha lirniti. La terra r sua, e quindi è per tutti, l
confini, i limiti, sono il risultato deU’inimicizia tra
gli uomini, non della volontà di Dio. Sono le conseguenze degli odi, degli egoismi, delle paure.
Il popolo di Dio non può accettare questi limiti e Questi confini, perché essi sono i simboli
della morte, della mancanza di libertà, creano contese e distruggono la vita comunitaria.
Qra noi, che siamo anche arrivati come attraverso il de.serto, essendo stati « stranieri »; noi, che
siamo popolo di Dio, dobbiamo sapere che abbiamo un segno di riconoscimento: figli del Dio misericordioso, figli di colui che è Signore del cielo
e della terra, pellegrini e stranieri (anche se ci
.siamo installati da qualche parte), dobbiamo vivere badando a non essere uccisi dagli dèi dell’egoismo umano.
Hugo Malan
giorno repressa, contro i neri delle township. Furia, a quanto pare,
dei reparti speciali di polizia, che
sono addestrati al puro e semplice assassinio di qualsiasi essere
vivente con la pelle nera, indipendentemente dal sesso e dall’età.
Il nuovo presidente De Klerk
non può seriamente rischiare di
sconfessare queste forze, anche
se ne farà le spese la sua credibilità, tanto è vero che si dà per
certa la riconferma del ministro
Adrian Vlock, che le presiede e
che promette altri bagni di sangue esemplari; eppure può contare sulle simpatie dei democratici, proprio per una questione
(ironia della sorte) di razza.
D’altra parte, ai fini delle riforme, poco conta ciò che anche i
democratici sono disposti a fare
nella realtà: per esempio nessuno di loro vorrebbe vedere i neri insediarsi a proprio piacimento, come dimostra la pesante
ostilità del feudo democratico di
Johannesburg contro il ghetto
nero di Alexadra.
Con pragmatismo essi mirano
soprattutto ad un apparato burocratico meno oneroso, alla riduzione del tasso di inflazione con
l’arresto della emorragia di capitali, e a un alleggerimento delle
leggi che regolano il mercato del
lavoro.
Ma questo, per i neri, è niente !
Perno dell’apartheid è la legge
sul suolo, che dà ai bianchi T85%
del territorio, il 2% a meticci e
indiani, e il 13%, misero, arido e
improduttivo, ai circa 26 milioni
di neri.
Nessuno dei partiti eletti ha
intenzione di toccare questa
legge fondamentale. Se una qualche speranza c’è, viene piuttosto
da quelle astensioni dal voto, più
numerose di quanto si potesse
presumere, e dai nuovi intellettuali afrikaner che stanno coraggiosamente emergendo ed hanno
persino fondato un giornale alternativo che tenta di far sapere
ai bianchi sudafricani tutto quello che il regime ha nascosto e far
loro finalmente conoscere qual è
il vero volto dell’apartheid.
Febe Rossi Cavazzutti
2
commenti e dibattiti
15 settembre 1989
IL PROBLEMA DELLA RELIGIONE A SCUOLA
Denunciamo l’iniquità
Ce la prendiamo con il ministero, con il governo, con il Parlamento:
perché non parlare a chiare lettere a chi vuole questo stato di cose?
R.icordo un ragazzo che si
divertiva a tormentare il suo cane con un bastone: non lo picchiava, ma lo stuzzicava, perché
gli piaceva vederlo ringhiare.
Il cane, poveretto, non pensando di prendersela direttamente
contro il giovane padrone, si limitava a mordere rabbiosamente il
bastone, cosa che piaceva mollo
al tormentatore.
Questo piccolo aneddoto mi
sembra un po’ una parabola del
modo in cui noi evangelici italiani ci comportiamo in merito ai
soprusi che in questi ultimi tempi stiamo subendo a proposito
dell’ora di religione nelle scuole
pubbliche, dove i nostri figli, nonostante i diritti di libertà ampiamente dichiarati dalle leggi e
dalla recente sentenza della Corte Costituzionale, sono comunque
costretti a rimanere dentro l’edificio scolastico durante quell’ora.
A me pare che noi ci comp>ortiamo come quel cane: protestiamo,
anche vivacemente e con indignazione contro lo strumento con cui
veniamo vessati, ma non lo facciamo con altrettanta vivacità e
forza contro chi lo maneggia.
Infatti, nei nostri pronunciamenti in ordini del giorno di varie assemblee circuitali e distrettuali (e anche in quelle
sinodali) noi ce la prendiamo
principalmente col ministro della
Pubblica Istruzione, con quella
maggioranza parlamentare che
ha approvato la risoluzione che
impegna il Governo a « disciplinare l’attività dei non avvalentisi
nell’ambito della scuola », con
certe forze « laiche » incoerenti
che opportunisticamente si vendono e tradiscono i loro stessi
princìpi, ma non ci rivolgiamo
mai direttamente ai veri responsabili, cioè ai gerarchi del cattolicesimo romano, di quella Chiesa, richiamandoli energicamente
e, se necessario, denunciandoli
quali prepotenti calpestatori della libertà altrui davanti all’opinione pubblica nazionale e mondiale.
Certo, le forze politiche non
sono semplicemente « un bastone » inanimato nelle mani del
vessatore, ma sono delle persone umane con una intelligenza,
una volontà, un potere e ima responsabilità precisa. Tuttavia sono asservite al potere iniquo di
quella chiesa gerarchica che, dove è presente in maggioranza, ha
sempre cercato di dominare con
tutti i mezzi, schiacciando le minoranze dissidenti.
Così queste forze politiche si
riducono ad essere in queste faccende, anche oggi, in pieno secolo ventesimo e persino in regimi
delle valli valdesi
settimanale deUe chiese valdesi e metodiste
Direttore: Giorgio Gardioi
Vicedirettore: Giuseppe Piatone
Redattori: Alberto Corsani, Luciano Deodato, Adriano Longo, Plervaldo
Rostan
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Bo, Alberto Bragaglla, Franco Chiarini, Rosanna Ciappa Nitti, Gino
Conte, Piera Egidi, Claudio Martelli, Emmanuele Paschetto, Roberto
Peyrot, Mirella Scorsonelli
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Amministrazione: Mitzl Menusan
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Registrazione: Tribunale di Pinerolo n. 175. Respons. Franco Giampiccoli
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Ricerche lavoro: gratuite. Se ripetute, dalla seconda L. 400 ogni parola
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Prezzi non comprensivi dell'IVA
Il n. 35/89 è stato consegnato agli Uffici postali delle valli valdesi l’il
settembre e a quelli centrali di Torino il 12 settembre 1989,
Hanno collaborato a questo numero: Archimede Bertolino, Giorgina Giacone, Gregorio Plescan, Aldo Rutigliano.
di democrazia, « il braccio secolare della Chiesa ». E di fatto, in
definitiva, a chi interessa e a chi
preme veramente che non si faccia una normativa che dia attuazione alle leggi esistenti e che
permetta ai non avvalentisi di
stare fuori dalla scuola durante
l’ora di religione? Certamente
non alle forze politiche stesse,
ma solo a quella Chiesa che teme
di vedere diminuire sensibilmente il numero degli avvalentisi delriRC (perché molti ragazzi sceglierebbero volentieri di non farlo!) e quindi di perdere il suo potere in un ambito così importante della società come quello della
scuola.
E allora, se le cose stanno così
come mi sembra, rivolgiamo pure
le nostre vibrate proteste contro
« il braccio secolare » che, dovendo essere un organo puramente
civile, libero e indipiendente, ha la
sua grande e grave responsabilità; ricorriamo pure ai tribunali
e chiediamo, come la vedova della parabola, di « farci giustizia »;
ma prendiamo posizione chiara e
netta soprattutto contro le manovre di quella Chiesa che vuole,
determina e ordina questo iniquo
stato di cose; diciamo con fermezza al pontefice romano, ai vescovi della CEI e al cardinale
Poletti, esponenti di quella Chiesa che fa tanta mostra di essere
diventata « ecumenica », di essersi aperta al dialogo e al lavoro
ecumenico, che accetta e anche
promuove incontri di fraternità a
vari livelli con i « fratelli separati » anche in Italia, che non è
giusto e soprattutto che non è da
cristiani comportarsi così! Perché, se i cosiddetti « laici » tradiscono i loro princìpi, quelli che
si professano seguaci di Cristo
tradiscono lui e il suo Evangelo
(molto più preziosi di tutti i princìpi laici e democratici!) quando
vogliono affermare il loro potere
e calpestano di fatto i diritti di
quelli che poi dicono di volere
incontrare come fratelli. Denunciamo questa iniquità e diciamo
chiaramente a tutti che i cristiani
non trattano così i loro fratelli,
anche se « separati »: non lo fanno se sono degni del nome che
portano!
Agostino Garufi
PROTESTANTESIMO
IN TV
DOMENICA 17 SETTEMBRE
ore 22.30 - RAIDUE
Replica: lunedì 25 settembre
ore 11 - RAIDUE
«IL GRANDE VIAGGIO»
Ricostruzione storica della
avventurosa vicenda del rimpatrio dei valdesi.
Il racconto è di J. Louis
Sappè, partecipano molti giovani delle comunità delle valli, la regìa è di Gianna Urizio.
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IL GIALLO CONTINUA
Sul numero 16/89 è apparsa una
mia lettera aperta spedita al ministro
dei Trasporti, dove chiedevo chiarimenti sulla marmitta catalitica e sulla benzina senza piombo.
Il ministero mi ha risposto in due
parole, dicendo praticamente questo;
« Le marmitte catalitiche possono essere montate solo sulle vetture predisposte. Queste e la benzina verde
sono di valido contributo al problema
dell'inquinamento ».
A questa risposta incompleta, ho
riscritto chiedendo maggiori delucidazioni dal punto di vista scientifico.
Leggendo l’articolo, un lettore mi
ha inviato da Bruxelles — tramite il
giornale, e lo ringrazio molto — un
articolo apparso sul bimestrale della
Volkswagen, dove sinteticamente si
diceva: la benzina verde conviene
perché costa di meno (ma non è il
caso dell’Italia) e non inquina, a prescindere dal catalizzatore.
Con queste risposte ottimiste de!
ministero e della Volkswagen però
non sono d'accordo né la « Lega per
l'ambiente » (che mi consiglia una
macchina con l’alimentazione a metano) e nemmeno il « W.W.F. », che
— a firma del responsabile dei settore conservazione Paolo Lombardi —
così scrive: Sulla questione marmitta catalitica/benzina verde, esiste
un fitto dibattito anche all’interno de!
movimento ambientalista.
Per le nostre cognizioni Le possiamo rispondere che:
1) Effettivamente il montaggio delle marmitte catalitiche sulle auto che
non ne sono state fornite direttamente
dalla casa costruttrice è problematitico (difficoltà tecniche, mancanza dei
componenti necessari in commercio) e
molto costoso. La marmitta catalitica
più efficace, quella a tre vie, richiede
l'iniezione elettronica e non tutte le
auto ne sono fornite;
2) La benzina « verde » (che verde
non è; bisognerebbe chiamare « verde » la benzina prodotta con materiale
organico, ovvero l’etanolo o il biogas) produce un inquinamento diverso da quella con il piombo. Si elimina
il piombo ma si emettono più idrocarburi incombusti. Il tipo di idrocarburi
che si emettono dipende dagli additivi
che si usano in sostituzione del piombo, ma in genere ne fanno parte certi
composti detti • aromatici » che sono
potenti cancerogeni. Queste emissioni
possono essere quasi eliminate bruciando benzina senza piombo in auto
dotate di marmitta catalitica.
Come vede il problema è piuttosto
complesso. Limitare le emissioni delle auto sarà possibile adottando motori più efficienti, marmitte catalitiche,
benzina più raffinata ma, soprattutto,
usando di meno l’automobile. Solo
quest'ultima, infatti, è una seria risposta al problema deH’inquinamento da
automobili... ».
...Quattro risposte, due positive
e due negative. A chi credere?
Il giallo continua!
Nino Gullotta, Pachino
DOBBIAMO TUTTI
IMPARARE...
Vorrei scrivere alcune riflessioni
sul breve articolo di Giorgio Bonnet dal
titolo « I giovani: il culto deve essere
più comunitario », pubblicato sul numero del 14.7,89,
Alla domanda come mai mediamente
i giovani non partecipano ai culti si
risponde che forse è un problema di
struttura del culto stesso.
A mio avviso, invece, il punto centrale della questione non si individua
nella struttura ma nel significato che
vogliamo dare al culto domenicale:
se pensiamo che debba essere un momento in cui ancora una volta ci si
incontra per discutere, per « confrontarsi », per affrontare le grandi tematiche universali, per dimostrare quanto siamo bravi e preparati ed impegnati socialmente allora sarebbe meglio sopprimere completamente il culto e frequentare in via alternativa
uno o più dei vari gruppi e sottogruppi di cui le comunità valdesi sono
tanto ricche, visto che » si può tare
chiesa anche in un bar... », come mi
è capitato di sentire dalla bocca di
alcuni ferventi partecipanti ai suddetti
gruppi.
Personalmente sono convinto che il
culto è un momento comunitario di
partecipazione globale della comunità,
gruppi compresi, in cui la lettura della Parola, la meditazione, la preghiera,
il canto e l'ascolto del sermone rappresentano comunque un’occasione,
per chi vuole, di crescita individuale
spirituale. In realtà credo che il problema della struttura del culto sia un
falso problema, generato da anni di
dibattiti, « confronti » e contorsionismi cerebrali. Perché dunque non
« restituire il diritto di parola sulla
predicazione »? Certamente, così sì
potrà dimostrare ancora una volta quanto siamo preparati e bravi oratori divenendo finalmente veramente protagonisti. A questo punto però ci stiamo
dimenticando che il vero protagonista
del culto è il Signore.
Dall’articolo sembrerebbe che una
serie di handicap mentali e fisici
colgano chi partecipa ai culti domenicali: c'è chi « dorme » e, quello che
è peggio, « nessuno se ne accorge »,
c’è chi « non capisce la liturgia », per
non parlare poi della predicazione ohe
« non è capace di convertire continuamente il credente », A mio parere la
conversione continua del credente è
possibile solo quando abbandoniamo
le nostre infrastrutture intellettualoidi
e cerchiamo con umiltà di capire e
far nostro quello che ascoltiamo e
leggiamo, senza filtri ideologici o saocenze da studentelli liceali, imparando una volta tanto quella ohe è tra
le più difficili delle arti: quella di ascoltare.
Sergio Costa, Sesto S. Giov.
CI SERVE QUEL
RICONOSCIMENTO?
Caro direttore,
si parla di immagine. Preferisco attirare l'attenzione sull'ambiguità. E'
vero che i giornalisti confondono spesso « ciò con brocca » e scambiano fischi per fiaschi, ma capita anche che
riferiscano abbastanza fedelmente. Si
riconoscono gli intervistati in questi
virgolettati de La Repubblica?
Aldo Comba, presidente del Sinodo (numero del 1° settembre); il presidente della Repubblica viene « nelle vesti di Capo dello Stato... E' per
noi un riconoscimento ohe proprio
grazie a Cossiga ci arriva da tutto il
paese e ci fa sentire parte integrante dell'intero tessuto nazionale ». Il
moderatore della Tavola valdese. Franco Giampiccoli (num. del 3/4 settembre): - Il presidente della Repubblica
oggi "legittima la nostra presenza nel
paese” » (doppia virgolettatura).
Si è parlato e scritto molto in questi giorni di riconoscere formalmente
(Stampa Sera de! 4 settembre). Ma ohe
vuol dire? I valdesi ne hanno bisogno?
E casomai non c'è già la Costituzione? Q non se lo sono già guadagnato
combattendo anche con la spada e
le schioppettate trecento anni fa e
anche quarantacinque anni fa partecipando alla Resistenza? Più sobrio e
« laico » ci è parso questa volta Cossiga nel suo disborso di domenica 3
al Convegno storico, pur nell’indotta
confusione tra Chiesa valdese e Società di studi valdesi. Quale è il ruolo rispetto alle religioni, ai movimenti
e organizzazioni religiose del Presidente della Repubblica, che è il Capo dello Stato . e rappresentante dell’unità nazionale » (art. 87 della Costituzone)? Ambigue anche le ultime parole. Ma non è detto Nazione. Lo Stato non è la Nazione. E questo Stato
è oggi laico o piuriconfessionale? (Date a Cesare...).
Cari saluti.
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15 settembre 1989
sinodo valdese e metodista
LA DISCUSSIONE DEL CORPO PASTORALE
L’UFFICIO STAMPA
Un organismo poco noto a colloquio con ¡giornalisti
Una funzione di consulenza teologica - La questione dei ministeri
nella chiesa richiede un’ulteriore e più approfondita discussione
Ancora una volta, e in numero ancor più elevato, presenti le maggiori testate nazionali
Il Corpo pastorale (CP) è un
organismo le cui funzioni sono
conosciute da pochi nelle nostre
chiese. Eppure esiste, lavora, discute con passione. Si ritrova, di
consuetudine, il venerdì che precede l’apertura del Sinodo: un
gruppo di poco più di cento persone, donne e uomini, formato da
pastori in servizio ordinario e
straordinario e dagli emeriti. Tutti hanno diritto di voto.
Secondo i nostri regolamenti il
C.P. ha sostanzialmente una funzione di consulenza teologica: lavora ed esamina i nuovi testi liturgici e catechetici, le nuove versioni della Bibbia, si pronuncia
sugli argomenti che il Sinodo gli
sottopone, esprime pareri sulla
riammissione in ruolo dei pastori, propone al Sinodo dei nominativi per eleggere i professori alla
Facoltà di teologia.
Ouest’anno si è discusso, nel
corso dell’intera giornata, sui temi legati alla liturgia del matrimonio, a quella della consacrazione e dell’assenso alla Confessione
di fede del 1655 ed al problema
del ribattesimo.
Problemi concreti e spesso fonte di grande sofferenza per le tante persone che nella nostra chiesa si trovano ad impostare la propria vita comune o l’educazione
dei figli con un partner che appartiene ad un’altra confessione
religiosa.
Liturgia matrimoniale
Il pastore Bruno Rostagno, per
la Commissione per il culto e la
liturgia, ha rilevato le difficoltà
che si incontrano nel dare alla
stampa una nuova liturgia matrimoniale. Le domande e le perplessità che soggiacciono a questa decisione sono tante: esiste
nella nostra chiesa una « teologia del matrimonio » che prenda
in considerazione i diversi aspetti della vita coniugale (la fedeltà,
la procreazione, l’educazione dei
figli alla fede)? Ed è lecito parlare di teologia del matrimonio in
casa riformata, dove il matrimonio rientra nella sfera dell’etica?
Non corriamo anche noi il pericolo di sacralizzare il matrimonio? E’ corretto parlare di diversi
tipi di matrimonio (quello civile
e quello religioso) quando invece
si dovrebbe riflettere semplicemente sul matrimonio, comunque esso avvenga? Anzi, non è
forse vero che il problema profondo non sta tanto nel modo in
cui viene vissuto nel corso della
nostra esistenza?
Sono domande grosse, per le
quali la riflessione deve proseguire anche nelle comunità prima di
giungere ad un testo definitivo.
Consacrazione e
riconoscimento
Anche per quanto riguarda la
consacrazione o il riconoscimento e conferimento di mandato, il
C.P. non è ancora giunto a risultati definitivi. E’ stato sottolineato che il termine consacrazione è
carico di ambiguità e non trova
un fondamento biblico convincente. Ma è sufficiente sostituire
questo termine per risolvere il
problema? Esiste una terminologia soddisfacente e davvero non
sacralizzante? Il sostituire un termine unico con due parole: « riconoscimento» e «invio o mandato » non porterebbe ad una maggiore confusione?
Non possiamo poi scindere
questo problema da quello del riconoscimento degli altri ministeri se non vogliamo incorrere in
Claudiana editrice
NOVITÀ’
SERGIO CARILE
I METODISTI
nell’Inghilterra della Rivoluzione
industriale (sec. XVIII - XIX)
pp. 364 + 8 tav. con 14 ill.ni f.t. e 18 nel testo, L. 33.000
( Collana « Riforma Protestante nei secoli », 5)
Dalla voce stessa dei protagonisti emerge il profondo coinvolgimento metodista nella rivoluzione sociale e ideologica del
Settecento e primo Ottocento: una pacifica rivoluzione che ha
forgiato il modo di vivere e l’etica anglosassone. Le battaglie
per l’abolizione della schiavitù, della povertà, per l’uguaglianza,
la predicazione femminile, la pace ecc.
UGO GASTALDI
I MOVIMENTI DI RISVEGLIO
NEL MONDO PROTESTANTE
Dal « Great Awakening » (1720) ai
« revivais » del nostro secolo
pp. 208, L. 18.000 (Collana P.B.T.)
Storia di un fenomeno che ha segnato il protestantesimo
di ogni paese d’Europa all’insegna dell’« ecclesia semper reformanda ». Un avvenimento ricorrente che ha dato la sua impronta ad un settore larghissimo del cristianesimo mondiale,
oggi in piena espansione (movimenti carismatici ecc.).
FONDATA NEL 1855
Via P. Tommaso, 1 - 10125 Torino - Tel. 689804
C.C.I.A, n. 274 .182 - C.C.P. 20780102 - cod. fise. 00601900012
un clericalismo che non si addice
certamente alla nostra chiesa ed
alla nostra teologia.
Se non vogliamo dare un’impressione di esclusività per il ministero pastorale, dobbiamo dunque riprendere seriamente la riflessione sui ministeri.
Questo è il compito di tutta la
chiesa, mentre dalla Commissione aspettiamo un testo ulteriore
con una nota esplicativa su ciò
che esprimiamo con il termine
consacrazione.
Per quanto riguarda la formula di assenso alla Confessione di
fede, che deve essere sottoscritta
dai pastori, i] Corpo pastorale ha
approvato il testo redatto dal
prof. Sergio Rostagno e che poi è
stato trasmesso al Sinodo, che a
sua volta lo ha approvato. Sarà
il testo che verrà sottoscritto dall’anno prossimo.
Gianni Genre
73 - Nuova formula
Il Sinodo, in riferimento all’art.
6 f RO. 3, delibera di modificare
la formula di assenso alla Confessione di fede come segue:
FORMULA DI ASSENSO
Sostituisce la formula attuale in
vigore dal 1840 in varie versioni,
l'ultima delle quali risale al 1968.
Prefazione del Moderatore;
La firma della Confessione di
fede da parte dei candidati avviene
in coerenza con le dichiarazioni contenute nell'art. 5 del Patto di Integrazione e intende affermare la
nostra lealtà all'eredità di fede e
di testimonianza della Riforma.
Dichiarazione sottoscritta
dal candidato
lo sottoscritto/a, presa conoscenza della Confessione di fede valdese del 1655, riconosciutone il
significato di richiamo alla Riforma. alla sua fede e alla sua teologia, l'accetto e la sottoscrivo.
Invocando l'aiuto dello Spirito
Santo, prometto di predicare fedeimente la Parola di Dio manifestata in Gesù Cristo e mi impegno
a confermare verbalmente queste
dichiarazioni al momento della mia
consacrazione.
Per casi speciali si aggiunge:
fermo restando l'impegno da me
assunto verso la Confessione di
fede della chiesa da cui provengo.
L’ufficio stampa della Tavola
valdese è entrato in funzione a
metà agosto per organizzare una prima conferenza stampa a
Torino, alla quale hanno partecipato ima ventina di giornalisti
di diverse testate interessate a
conoscere il calendario e i contenuti delle varie manifestazioni connesse al Glorioso Rimpatrio. Durante i lavori del Sinodo i giornalisti de « Il giorno »,
« Corriere della sera », « La
Stampa », « Stampa sera », « Famiglia cristiana », « La Repubblica », « Il manifesto », oltre alla RAI e ad alcune televisioni
private, hanno seguito con regolarità attraverso i comunicati del
nostro ufficio e alcune conferenze stampa organizzate al momento tutti i lavori del Sinodo. Il
fatto che i giornalisti abbiano
potuto avere un luogo in cui
poter discutere del mondo protestante e decodificarne la terminologia ha permesso interventi sui vari giornali raramente sbilanciati o, peggio, fuorvienti.
Per l’occasione — piccola nota di colore — il nostro ufficio
stampa ha organizzato, proprio
alla vigilia del pranzo presidenziale, una cena riservata a tutti
i giornalisti accreditati (una ventina) presso il ristorante « Flipot » per valutare in anteprima
l’eccezionale menù proposto da
Gisella e Walter Eynard, i ristoratori più « in » di Torre Pellice.
Non è quindi un caso che alcuni giornali abbiano ripreso fin
nei minimi dettagli il menù del
pranzo offerto al Presidente
Cossiga. In conclusione il gruppo di giornalisti che ha seguito il Sinodo ha costituito un forum concitato, ansioso di capire i meccanismi di quel popolo protestante d’Italia che, come
ha scritto « Il Giorno », « abbia
finalmente degno rilievo nei libri di scuola e nella nostra coscienza ». Anche il « Sole - 24
ore » ha dedicato un bel commento alla realtà valdese, rappresentativa di una comunità
che ha saputo farsi strada malgrado « un terribile passato di
persecuzioni ed enormi sofferenze ». G.P.
DAL 1990-91
Bentornato!
Il Corpo pastorale e successivamente il Sinodo hanno deciso
di reinserire nel ruolo pastorale
il past. p. Davite, da alcuni anni
in servizio presso l’Eglise réformée in Francia.
43 - Reinserimento
Il Sinodo, ricevuta daila Tavola
la richiesta presentata dal pastore
Franco Davite di essere riassunto
nel ruolo come pastore in attività
di servizio, udito il parere positivo
espresso dal corpo pastorale, accoglie la richiesta e chiede alla Tavola di rendere operativa la decisione a partire dall'anno ecclesiastico 1990-91.
REGOLAMENTI
Modifiche
Una chiesa riformata come la
no.stra è retta da regole il cui rispetto è essenziale per il suo
buon funzionamento. Ma le regole devono essere modificate secondo le varie esigenze e le novità
a cui le chiese devono far fronte.
Così, ad esempio, la regola secondo cui i componenti della
stessa famiglia non possono far
parte di una stessa commissione
è parsa al Sinodo un po’ stretta.
Ci sono commissioni consultive
che non comportano decisioni e
ci possono essere, in una stessa
famiglia, esperti il cui apporto
alla commissione è indispensabile. Per questo il Sinodo ha modificato la norma.
Le altre modifiche riguardano
la partecipazione ai Circuiti dei
pastori e dei candidati al pastorale che servono nelle chiese metodiste e la partecipazione dei segretari regionali della EGEI alle
Conferenze distrettuali.
70 - Parentela
Il Sinodo modifica la seconda
parte del primo comma dell’art. 2
del RO. 2 come segue:
« I suddetti legami di parentela
e affinità non hanno rilievo ai fini
dell'esercizio dei ministeri nella
chiesa, per i concistori o consigli
delle chiese locali e per le commissioni non aventi responsabilità
amministrativa ».
71 - Assemblea dì circuito
Il Sinodo modifica l'art. 2, n. 1,
lett. a) del RO. 5 come segue;
« L'Assemblea di Circuito si compone:
I - Quanto alle chiese metodiste. ivi comprese le chiese In formazione:
a) dei pastori in attività di servizio, dei candidati e dei pastori
emeriti addetti alle chiese del circuito o residenti nel suo ambito,
iscritti nel ruolo tenuto dalla Tavola ».
II Sinodo dà mandato alla Com
missione per le Discipline di predisporre le necessarie modifiche di
coordinamento al n. 2 lett. a] dello
stesso articolo 2 del RO. 5.
72 - Rappresentanza FCEI
Il Sinodo modifica l'art. 8, n. 1,
lett. g) del RO. 5 come segue:
« Compongono le conferenze:
1 - con voto deliberativo:
g) i segretari regionali della
FGEI che operano nelle zone rlcomprese nel distretto o, in caso di
impedimento, loro sostituti che
siano membri eletti nelle giunte
rispettive ».
74 - Controrelazione
Il Sinodo dà mandato alla Commissione per le Discipline di studiare una diversa articolazione della lettura della relazione della
Commissione d'esame nel corso
del Sinodo, e di riferire al prossimo Sinodo.
4
4 prospettive bibliche
15 settembre 1989
ALL’ASCOLTO DELLA PAROLA
Non è ancora manifesto
quel che saremo
Nella I lettera di Giovanni, all’inizio del
capitolo tre, leggiamo: « Vedete di quale
amore ci è stato largo il Padre, dandoci di
esser chiamati figli di Dio! E tali siamo...
Noi siamo figli di Dio, e non è ancora reso
manifesto quel che saremo. Sappiamo che
quando egli sarà manifesto, saremo simili
a lui... ».
Care sorelle e cari fratelli — e tra questi consentitemi di salutare in mezzo a noi
in modo particolare il presidente della Repubblica Francesco Cossiga e con lui il vescovo Clemente Riva di Roma e gli altri che
sono con loro; vi salutiamo non solo e non
tanto come ospiti graditi, ma con il più bel
nome e la più bella qualifica che possiamo
dare e ricevere nella nostra vita: quella di
fratelli in Cristo; voi, partecipando al nostro culto, ci considerate vostri fratelli e sorelle in Cristo, e noi apprezziamo altamente
questo vostro atto di fraternità — cari fratelli, dunque, e sorelle, e voi tutti amici telespettatori in Italia e altri paesi europei
che siete collegati oggi con noi grazie alla
televisione che qui ringraziamo, la parola
evangelica sulla quale desidero soffermarmi e che vorrei restasse scolpita oggi, nei
vostri cuori, è questa: « non è ancora reso
manifesto quel che saremo ».
Sono passati trecento anni da quando i
nostri padri sono rientrati in queste valli —
eppure non è ancora reso manifesto quel
che saremo. Sono ottocento anni che esistiamo come valdesi, con alle nostre spalle
una lunga storia travagliata e benedetta —
eppure non è ancora reso manifesto quel
che saremo. Sono duemila anni che dura la
vicenda cristiana di cui nel nostro piccolo
siamo partecipi — eppure non è ancora
reso manifesto quel che saremo. Quante
cose siamo già stati! Quante identità stanno
dietro di noi! Ma anche: quante cose sono ancora da scoprire nello scrigno del nostro passato!
Abbiamo bisogno di
conoscere ciò che
siamo stati
Pubblichiamo qui il testo delia predicazione tenuta dal prof. Paolo
Ricca nel tempio di Torre Pellice la domenica 3 settembre.
Al culto, inserito nel quadro delle celebrazioni del terzo centenario
del « Glorioso Rimpatrio » e trasmesso in diretta in eurovisione, era presente, in forma privata, il presidente della Repubblica Francesco Cossiga,
accompagnato da monsignor Riva, vescovo ausiliario di Roma, (red.)
il suo fascino e tutti i suoi messaggi, che
racchiude il segreto del nostro futuro. Malgrado il nostro lungo passato « non è ancora reso manifesto quel che saremo ». Ma
come! potremmo dire con un certo senso
di frustrazione. Non bastano dunque i nostri
centenari, tricentenari, millenari, bimillenari, non basta l’intera vicenda cristiana e
tutta la storia della fede, da Abramo fino
ad oggi, con tutto quel che c’è in mezzo, la
Legge e i Profeti, Gesù e gli Apostoli, la
croce, Pasqua, Pentecoste, l’Evangelo e la
chiesa, e poi via via un secolo dopo l’altro
questa grande avventura di cui siamo figli,
questo immenso patrimonio di cui siamo
eredi, così grande che nessuna chiesa, da
sola, lo può possedere e vivere... tutto questo non basta per rendere manifesto quel
che saremo? No, non basta. Non basta tutta
la storia passata per aprirci le porte del futuro.
Come mai? Come mai possiamo a malapena dire quel che siamo stati ma non possiamo ancora dire quel che saremo? La risposta a questa domanda sta racchiusa nel
mistero stesso di Dio. Voi ricordate la grande rivelazione di Dio a Mosè, al pruno ardente « che era tutto in fiamme, ma non si
consumava » (Es. 3: 2).
La domanda intorno a Dio
che tutti ci poniamo
be definire la sua identità al passato, dicendo: Io sono tutto quello che sono stato —
per te, per la tua casa, per il tuo popolo. Liberatore, Creatore, Legislatore, Giudice, Redentore, Riconciliatore, Consolatore. Ma
non è così che Dio si presenta a Mosè e a
noi. Il suo nome più santo non è « Io sono
colui che sono stato » ma « Io sono colui
che sarò ». Il nome di Dio è pieno di futuro.
Ed ora ascoltate, fratelli e sorelle, la
grande notizia che oggi l’Evangelo ci dà:
questo Dio, il cui nome è pieno di futuro,
« ci ha dato di essere chiamati figli di Dio...
Ora siamo figli di Dio » (I Giov. 3: 1-2). E
se il nome di Dio è « lo sono colui che sarò », il tuo nome non potrà essere molto diverso — se è vero che sei figlio di Dio.
Se non sei solo figlio di una storia, di una
terra, di una nazione, di una cultura, di una
razza, di una classe, di una religione — se
non sei solo figlio dell’uomo, ma ti lasci
chiamare così come l’Evangelo ti chiama, e
cioè figlio di Dio, allora sei figlio di « Colui
che sarà », il suo nome diventa il tuo nome,
anche tu, come lui, sei colui che sarai, anche la tua identità, come quella di Dio, è
piena di futuro. La fede cristiana è piena di
futuro; essa è sbilanciata in avanti, non all’indietro. Il futuro è il nostro compito, il
campo della nostra vocazione. « Non è ancora reso manifesto quel che saremo » ma
viene il tempo in cui sarà reso manifesto
quel che saremo.
Inizia oggi un grande convegno storico
internazionale sul Glorioso Rimpatrio. Dunque non solo non è manifesto quel che saremo, ma non è ancora ben chiaro neppure
quello che siamo stati! Abbiamo bisogno di
chinarci ancora e di nuovo su questa storia,
piccola e grande a un tempo: e più la si libera dalla leggenda, dal mito, dalla retorica, più la si restituisce alla nuda verità di
ciò che realmente è accaduto, più essa desta stupore e meraviglia. 1 fatti sono più
eloquenti delle parole. Abbiamo bisogno
di questo. Abbiamo bisogno del passato.
Abbiamo bisogno di conoscere ciò che è stato e ciò che siamo stati. Abbiamo bisogno
di memoria. Non aveva torto sant’Agostino
quando diceva che la memoria è il vero
tempio di Dio. Perdita di memoria equivale a perdita di coscienza. Chi non sa ricordare non sa neppure veramente essere. Rimuovere, ignorare, dimenticare la storia significa incamminarsi verso la barbarie. E’ il
barbaro che non sa che cosa fare della storia, che non sa neppure di averla. Sì, abbiamo molto bisogno di memoria.
Eppure non è il nostro passato, con tutto
Alla fine del dialogo Mosè pone a Dio
una domanda. E’ la domanda che prima o
poi noi tutti ci poniamo perché in un
modo o nell’altro tutti la portiamo dentro;
la domanda su Dio. Chi sei, chiede Mosè,
tu che mi parli dal fuoco, vedo il fuoco ma
non vedo te, mi parli ma mi sfuggi, ti riveli
ma ti nascondi, ti posso udire ma non afferrare — chi sei. Signore, qual è il tuo nome? Venne allora una risposta carica di
verità e di mistero. Iddio disse a Mosè;
« Io sono colui che sarò » (v. 14). La nostra
Bibbia traduce: lo sono colui che sono. Ma
la traduzione più esatta è: Io sono colui
che sarò. Ecco il nome di Dio, il suo nome
tre volte santo, che gli Ebrei preferiscono
non pronunciare per il timore di profanarlo: un nome, potremmo dire, impregnato di
futuro.
Certo, Dio avrebbe potuto anche rispondere altrimenti e qualificarsi dicendo quello
che egli era stato. Che cosa non è stato Dio
per Israele, prima e dopo Mosè! Che cosa
non è stato per noi — anche per noi valdesi! — che cosa non è stato per tutti nella
vita, nell’opera, nella predicazione, nella
morte e resurrezione di Gesù Cristo!
La memoria e il coraggio
creativo rivolto al futuro
Il nome di Dio è
pieno di futuro
I Giovanni 3: 1-3
professionale, ad esempio, o su quello affettivo, o su quello sociale. Ma come cristiani, non siamo ancora « arrivati », non
siamo ancora « realizzati », dobbiamo ancora essere manifestati.
In altre parole: il nostro cammino verso
la pienezza cristiana è ancora lungo; ci sono davanti a noi nuove conversioni ehe ci
aspettano. Perché è nella conversione, anzi
in una specie di conversione continua, che
diventa manifesto quel che saremo. E’ nella conversione che prende via via corpo la
nostra vera identità, quella futura, quella
che non è ancora resa manifesta. E qui
comprendiamo che ’’identità” — questa
parola magica ma ambigua soprattutto per
un cristiano — può significare tante cose,
tranne una: ’’identità” non può significare
’’restare identici”, come le mummie egiziane, che da tremila anni hanno un’identità
molto precisa! Vorrei dire: la tua identità
cristiana è quella della tua prossima conversione, e ì’affermazione « non è ancora
reso manifesto quel che saremo » si traduce in fondo in questa domanda; Qual
è la prossima conversione alla quale Dio ti
sta chiamando?
« Quando egli
sarà manifestato,
saremo simili a lui »
Sì, certamente, già rispondendo a Mosè
e tanto più rispondendo a noi, Dio potreb
Abbiamo bisogno di passato, cioè di radici. Ma abbiamo ancora più bisogno di
futuro, cioè di novità. Abbiamo bisogno di
memoria. Ma abbiamo ancora più bisogno
di visioni, di sogni audaci, di coraggio creativo. Abbiamo bisogno di sapere quel che
siamo stati e quel che siamo, ma abbiamo
ancora più bisogno di concentrarci su quel
che non siamo ancora e che saremo. Che
cosa può voler dire questo per noi, come
singoli e come chiesa?
1. Anzitutto lo dice bene l’apostolo
Giovanni: non si tratta semplicemente di
guardare avanti con qualche timido progetto o di cercar di decifrare un futuro per
tanti versi inquietante, lanciando un grido
d’allarme in più e un messaggio rassicurante in meno — o viceversa. No, non si tratta,
come dice l’apostolo, di essere manifestati.
Per questo ci è dato un futuro: per essere resi manifesti. Vuol dire che non lo siamo ancora. 11 nostro essere cristiani è ancora latente, come nascosto. Ma forse non
è solo latente. E’ anche incompiuto. Sì, dopo trecento, ottocento, duemila anni, siamo ancora dei cristiani incompiuti.
Può darsi che per altri aspetti della nostra vita siamo già «arrivati», eome si dice,
o che ci sentiamo «realizzati»: sul piano
2 Ma c’è una seconda e più grande
realtà nel futuro che l’Evangelo oggi ci di- j
schiude davanti. Non c’è solo la promessa
che noi saremo resi manifesti, c’è la prò- |
messa che Dio sarà manifestato. i
Quando egli sarà manifestato, saremo
simili a lui » dice Giovanni. E’ la promessa maggiore, non solo per noi ma per il
mondo: quella di una ulteriore, grande, definitiva manifestazione di Dio. Certo, egli
si è già pienamente rivelato: in Gesù Cristo non ci sono zone d’ombra, né doppiezze, né oscurità: in Gesù Cristo Dio è luce, luce perfetta, luce piena. Ma non è ancora pienamente manifestato. Neppure per
Giovanni e per la prima generazione cristiana. Neppure per noi, venti secoli più
tardi. Questo significa che dobbiamo ancora scoprire molte cose di Dio.
Anche se crediamo di sapere molto,
quello che sappiamo già è poco rispetto a
quello che non sappiamo ancora. Come dice san Paolo: « Ora vediamo come in uno
specchio, in modo oscuro; ma allora vedremo faccia a faccia; ora conosco in parte,
allora conoscerò appieno » (1 Cor. 13; 12).
Non è ancora manifesto quel che saremo,
però viene il tempo in cui sarà manifesto.
Non è ancora manifesto quel che Dio sarà,
però viene il tempo in cui Dio sarà manifestato. Così, sul nostro orizzonte si staglia
la promessa di una doppia manifestazione:
quella nostra, come cristiani, e quella di
Dio, come « colui che sarà ». Dio ci convoca nel futuro. Egli vuole radicare la nostra identità nel futuro della nostra conversione. E’ questo il futuro che egli ci offre.
A trecento anni dal Rimpatrio dei nostri i
padri, ci tocca ripartire: mettiamoci in !
cammino con fiducia, perché non solo Dio
ci dà un futuro, ma egli è il nostro futuro.
Paolo Ricca
5
15 settembre 1989
obiettivo aperto 5
TESTIMONIANZA
Ricostruzione
di un sopruso
Venerdì 25 agosto, alle ore
16.30, ero in chiesa per una
riunione sociale; mia figlia
Miriam è in casa e riceve una
telefonata con la quale si richiedono ragguagli circa i funerali di Jerry Essan Masslo.
Non sapendo cosa dire invita
la persona al telefono a richiamare verso le 21 al mio
ritorno.
Questa persona non ha più
chiamato.
Verso le 11 del sabato ricevo una telefonata dal pastore
Giampetruzzi, il quale mi informa che il giovane ucciso a
Villa Literno è un evangelico
battista; ha saputo questa notizia a seguito di una telefonata di una certa Anastasia
Anna della comunità di S. Egidio che, rispettosa della fede
religiosa di Jerry, ha trovato
corretto avvertire un ministro
battista che potesse officiare i
funerali. Purtroppo, però, non
sa a quale comunità battista
di Roma Jerry appartenga.
Per accertare questo chiamo
il pastore Marziale a S. Severa e gli chiedo se conosce
questo giovane e se può indicarmi la comunità di appartenenza. Il Marziale risponde negativamente e mi
consiglia di consultare il fratello Sessa della comunità
della Lungaretta, ma anche il
fratello Sessa risponde allo
stesso modo, non conoscendo
Jerry.
Verso le 13.30 ritelefona il
pastore Giampetruzzi che è,
nel frattempo, riuscito a sapere che il fratello Jerry è
membro della Chiesa di lingua inglese di Roma piazza in
Lucina.
Cerco di prendere contatto
con il pastore Lawson ma non
conoscendo il recapito telefonico chiamo il pastore Holifield, il quale è ben felice della
telefonata e mi informa che
Lawson avrebbe piacere che
mi interessassi per i preparativi del funerale.
Verso le ore 16, insieme al
fratello Roberto Affinito, mi
reco a Villa Literno per contattare il sindaco, dott. Aldo
Riccardi. Insieme al figlio
del fratello Carbone (responsabile della comunità evangelica locale) ci rechiamo a casa del sindaco, ma il padre di
questi ci informa che al momento il figlio è assente per
il week-end settimanale alla
Baia Domizia e che quindi
avrei dovuto telefonare la domenica mattina verso le 9.
Impossibilitati a parlare
con il sindaco, ci siamo recati
ad Aversa nel tentativo di
contattare monsignor Giovanni Gazza, vescovo della diocesi. Siamo giunti alla Curia
dove abbiamo incontrato un
gruppo di giovani, mi sono
qualificato come pastore battista chiedendo di parlare con
il vescovo; uno di questi mi
ha gentilmente accompagnato fino all’alloggio del vescovo e mentre sono rimasto in
attesa sulla strada egli è salito per informarsi se il
vescovo poteva ricevermi. Dopo un po’ è sceso accompagnato da una anziana signora
e mi hanno riferito che il vescovo era assente e che se
volevo contattarlo avrei dovuto telefonare la mattina
della domenica.
La domenica mattina telefono al sindaco a casa e mi
rispondono che è al comune. Telefono al comune e finalmente riesco a parlargli.
Gli notifico ufficialmente che
il giovane Essan Masslo era
di fede protestante, battista,
e che quindi ad officiare i
funerali doveva essere un
membro di questa confessione. Il sindaco risponde che
insieme alla giunta, ha disposto che i funerali siano fatti
a spese del comune e che non
è sua competenza stabilire chi
li deve officiare, perché questo è un problema che va risolto tra la chiesa cattolica
e la chiesa battista ; inoltre
afferma che non essendo a
conoscenza dell’esistenza di
una chiesa evangelica nel
paese ha ritenuto necessario
rivolgersi al vescovo (è strano che il sindaco ignori la
presenza a Villa Literno di
una comunità evangelica con
propri locali, una cinquantina di membri e antica di circa trent’anni).
Cerco comunque di contattare il vescovo e dalle 9 della
mattina alle 18 del pomeriggio non mi è possibile avere
contatti con lui.
Poi, verso le 22, ricevo una
telefonata di un padre gesuita che dirige un centro di
accoglienza per immigrati dall’Etiopia a Roma, che è un
mio vecchio amico, il quale
mi informa della disponibilità del vescovo a che, dopo la
messa cattolica, si offici anche
il rito battista. La cosa mi
sorprende perché trovo strano che si faccia una messa a
un non cattolico.
Comunque non era il momento per fare una discussione di questa natura, per cui
propongo di utilizzare questa
duplice presenza di chiese
per sottolineare con un momento ecumenico la solidarietà delle due comunità che,
pur diverse per la tradizione
ecclesiologica e teologica,
trovano il coraggio profetico
di vivere l’unità della fede in
Cristo attraverso un atto di
solidarietà con la comunità
nera, auspicando la comprensione e la fratellanza tra bianchi e neri.
Quindi assicuro che lo spazio di tempo a noi necessario
sarebbe stato di un quindiciventi minuti: il pastore Lawson avrebbe letto un salmo
in inglese, lasciando a me la
predicazione. La cosa si doveva definire ulteriormente
essendo d’accordo in linea di
principio, e quindi ci saremmo incontrati un’ora prima
dei funerali per stabilire il
tutto.
Ma quando, lunedì alle ore
16, siamo giunti alla parrocchia di Villa Literno, abbiamo trovato tutto capovolto,
lo spazio a noi concesso era
appena di 7 minuti, e non si
trattava di un culto battista
ma di un semplice intervento.
Finita la messa il pastore
Lawson ha parlato per 5 minuti, tradotto dal pastore
Giampetruzzi, mentre io per
protesta mi sono rifiutato di
intervenire.
Alcuni rilievi si impongono:
— nel saluto introduttivo
sono state nominate tutte le
delegazioni ad eccezione della
delegazione battista;
— la radio e la televisione
hanno completamente ignorato la nostra pur legittima
presenza, evidentemente un
funerale evangelico in questo
contesto era molto imbarazzante per molti personaggi
locali. Resta il fatto che il
fratello Jerry è stato discriminato anche nel sentimento
religioso.
Umberto Delle Donne
Chi era Jerry Masslo,
profugo sudafricano
Il lavoro nei campi di pomodoro, la partecipazione alle attività della Chiesa battista: la fede di un fratello costretto a una vita dura
Una foto
di Jerry Masslo,
il giovane
sudafricano
ucciso a
Villa Literno.
Quella di Jerry Masslo è stata una morte annunciata?
In un certo senso sì. Nel corso dell’estate si sono susseguiti
vari episodi di violenza, che qualcuno continua a non voler
considerare razzista, nei confronti degli immigrati di colore.
Jerry era uno di loro, anzi viveva suo malgrado la duplice esperienza di essere un lavoratore extracomunitario,
che si adattava ai posti più umili del « .sommerso », e di essere anche un rifugiato. Era scappato dal Sud Africa dell'apartheid per cercare una vita più umana. Era anche un
credente, lo esternava nel canto. Lo ricorda qui il suo pastore, mentre a fianco pubblichiamo una ricostruzione dei
fatti che hanno portato a quello strano funerale imposto a
Jerry.
Jerry Essan Masslo era mio
amico. Ero suo amico, e il suo pastore. Parecchi mesi fa, non ricordo nemmeno più quanti, Jerry
venne da noi alla Chiesa battista
di lingua inglese di Roma. Era un
giovane africano di bell’aspetto,
molto tranquillo, riservato — e
spiritualmente inquieto. Quando
lo conobbi, al suo arrivo a Roma,
in fuga dal suo paese, non si fidava di nessun bianco.
Dal Sud Africa, per
andare in America
Me lo fece conoscere una delle
nigeriane del nostro gruppo, e
Jerry mi parlò a lungo dei suoi
problemi, della sua vita, della sua
famiglia, della sua fuga dal Sud
Africa, del desiderio di andare in
America. In questo non ebbe fortuna, sino alla fine: ostacoli, incomprensioni (ironicamente la
notizia che per lui, tramite nostri
conoscenti in Canada, si era aperta la porta per l’immigrazione
giunse il sabato successivo alla
sua morte). Jerry frequentava i
culti nella nostra chiesa e mi disse che era battista. Trovò un posto dove vivere presso la comunità di sant’Egidio, a Trastevere,
dove aveva molti amici. Suonava
la chitarra e cantava, e con la sua
chitarra e i suoi canti partecipò a
una delle nostre riunioni in onore
del vescovo Tutu, quando venne
a Roma.
Jerry lavorava con altri tre uo
mini nei campi di pomodori presso Villa Literno. In tutto erano in
sei, della nostra Chiesa battista
di Roma, a lavorare laggiù: Jerry, tre del Kenya, incluso uno
che venne poi ferito a un braccio,
e due del Sudan. Il martedì precedente la sua uccisione (giovedì), Jerry era nei campi e durante il lavoro cantava un inno, tratto dall’Apocalisse (7: 12): «All'Iddio nostro la benedizione e la
gloria e la sapienza e le azioni di
grazia... ».
Venimmo a sapere della morte
di Jerry il venerdì mattina. Telefonammo, io e mia moglie, ad alcuni nostri membri di chiesa per
avere altre informazioni: ma essendo stranieri, e trattandosi di
una faccenda che riguardava la
polizia, attendemmo ulteriori sviluppi.
La strana storia
di quel funerale
Il sabato mattina un rappresentante della comunità dove viveva Jerry mi fece sapere che
avrei potuto dare il mio contributo ai funerali, che anche Umberto
delle Donne avrebbe parlato a
nome dei battisti italiani, oltre a
coordinare la cosa. Dissi che sarei intervenuto volentieri, perché
Jerry era un nostro membro di
chiesa e lo conoscevo bene. Tenemmo un culto in memoria di
Jerry in piazza San Lorenzo in
Lucina, la domenica pomeriggio.
e la sera seppi da delle Piane che
ci sarebbe stato concesso di intervenire brevemente alla fine
del servizio cattolico: otto minuti in tutto che io e delle Piane ci
dividemmo metà per uno.
Quando arrivammo a Villa Literno, nel pomeriggio, le strade
erano piene di gente venuta per
il funerale e di curiosi. C’erano
poliziotti dappertutto, Tatmosfera era tesa. Fummo ispezionati
molto accuratamente, perché venivamo da Roma ed eravamo
stranieri. La gente si mostrò amichevole.
Alcuni prelati ci stavano aspettando. Non capisco ancora perfettamente l’italiano, specie
dove prevale il dialetto: ma quel
che capii fu che il vescovo diceva di esser dispiaciuto che si fosse scoperto che Jerrv non era cattolico, ma battista, quando ormai
il servizio funebre era pressoché
completamente predisposto. Potevamo prendervi parte, a suo avviso, ma mi chiese di parlare solo
brevemente alla fine del rito.
Faceva un caldo terribile; c’era
polizia dappertutto, dentro e fuori la chiesa. Su una pedana c’erano una ventina di personaggi che
rappresentavano la Chiesa cattolica. Umberto, il pastore di Napoli e io fummo fatti sedere a lato. Davanti e dietro avevamo
agenti con stendardi; potevo sentire abbastanza bene, ma non vedevo niente, in pratica.
Mi ero preparato a parlare in
italiano, ma mi dissero di parlare in inglese, e Umberto avrebbe
tradotto. Lessi il passo biblico
Apocalisse 7: 12, e dissi che ero
il pastore di Jerry: « Jerry era
battista, e frequentava i culti
della Chiesa battista di lingua inglese di Roma, in piazza San Lorenzo in Lucina ». Parlai di lui,
che quel martedì cantava nei
campi. Lo faceva per tre motivi.
Perché conosceva il Signore, anzitutto: aveva accettato Gesù Cristo come suo personale Salvatore. Cantava, in secondo luogo,
perché la gioia cristiana non dipende dalle circostanze esterne
ma dal cambiamento interiore.
Infine, Jerry poteva cantare anche se era un estraneo, un forestiero, perché un cristiano è sempre « di casa » con il Signore.
Il pastore di Napoli disse che le
mie parole avevano fatto arrabbiare il vescovo, perché avevano
disfatto quello che avevano cercato di fare. Quanto a lui, non lo
fecero parlare.
Uscimmo un momento, poi tornammo in chiesa. Parlarono parecchi altri preti. Il vescovo mi
fece un caldo sorriso e mi ringraziò per il mio intervento. Personalmente penso che la Chiesa cattolica finì col trovarsi coinvolta
nella faccenda e che poi, considerata la cultura italiana, specialmente in quella zona, non le sarebbe stato possibile uscirne
senza perdere la faccia. Cercarono di trarre il meglio da una situazione antipatica. Questa è la
mia opinione.
Cerano molli battisti italiani
al funerale, alcuni da Pozzuoli,
dalla Chiesa di Napoli. Sono in
pace con me stesso, per aver fatto ciò che Dio voleva e aver reso
omaggio, onestamente, al mio
amico e fratello in Cristo Jerry
Essan Masslo. La domenica sera
la Chiesa battista di lingua inglese di Roma fece una colletta; il
ricavato andrà alla famiglia di
Jerry, ovunque potremo rintracciarla.
Kenneth D. Lawson
6
6 vita delle chiese
15 settembre 1989
FESTA DI CANTO E CHIUSURA DELLE MANIFESTAZIONI DEL TRICENTENARIO
E ora rilanciamo il nostro impegno
La Festa di canto delle corali,
che abitualmente si tiene in primavera, ha avuto luogo quest’anno la scorsa domenica 10 settembre a Bobbio Pellice, per scelta delle corali di far cadere questo appuntamento in coincidenza con le manifestazioni conclusive delle celebrazioni per il terzo centenario del Rimpatrio: tutto, per quanto riguarda l’impegno profuso dalla chiesa locale e
dai coralisti è andato per il me
glio, la stessa giornata è risultata una di quelle splendide del
primo autunno valligiano.
Certamente più di mille le persone che hanno seguito con partecipazione il culto mattutino
sui prati di Sibaud, presieduto
dal moderatore Franco Giampiccoli. Ripensando a quella giornata a Sibaud, nel 1689, come ad
una svolta decisiva in cui i vaidesi rinserrarono le file cementando il patto espresso dal
giuramento, ripensando al testo
di Luca 16; 16: « La legge ed i profeti hanno durato fino a Giovanni; da quel tempo è annunziata
la buona novella del regno di
Dio, ed ognuno vi entra a forza. » su cui il past. Moutoux predicò allora, il moderatore ha esordito dicendo che con esso « non
possiamo non confrontarci nel
nostro scrutare il passato per
capire il presente ».
Rispetto al testo « questa estate di celebrazioni può essere
lo spartiacque che rompe tra un
passato di inerzie e tradizionalismi ed un futuro straordinario? ».
« Voglia il Signore che sia così ma lo sarà solo se ci mettiamo una grande passione e cioè
una spinta ideale che coinvolge
l'intera esistenza e la capacità
di soffrire ricevendo con rinnovata gioia e speranza l’annuncio del regno di Dio ».
Nel pomeriggio, dunque, spazio
alle corali sotto l’ampio tendone montato sulla piazza di Bobbio ad evitare possibili inconvenienti meteorologici. Le 14 corali delle valli del pinerolese con
la gradita aggiunta di quella di
Genova, Torino e Ivrea, hanno
presentato un ricco programma
incentrato sugli inni dell’Innario
cristiano e dello Psaumes et cantiques. A differenza dalle scorse edizioni della manifestazione, quest’anno nessuna corale si è esibita singolarmente ma
si sono avuti unicamente canti
d’insieme eseguiti sotto la guida
di vari direttori che si sono al
ternati nel corso del pomeriggio.
Durante un memento di pausa
Bruna Peyrot ha tenuto una breve conversazione sul canto, considerando come oggi esso sia
diventato una forma di spettacolo mentre un tempo esso accompagnava e sottolineava vari
e differenti momenti della vita.
E se pur il canto entra in pieno
nella vita della chiesa con la Riforma, fu in particolare dopo il
1848 che assunse una veste particolarmente significativa.
Momento conclusivo, ma come
al solito ricco di spunti di riflessione, il messaggio del past.
Giorgio Tourn, un messaggio che
si collega idealmente ed anche
intensamente a quello della Balziglia del XV agosto. « Noi abbiamo sempre considerato il
La piazza di Bobbio Pellice gremita per la festa delle corali.
TAVOLA: CIRCUITI E DISTRETTI A CONFRONTO
La fase operativa
La mattina del sabato, ormai
da anni, i responsabili dei circuiti
e dei distretti si riuniscono con
la Tavola, con l’OPCEMI e con
le commissioni sinodali amministrative, prendono un fascicolo
con gli atti appena approvati dal
Sinodo (finito la sera prima) e
si scambiano le prime idee ; come
rendere operative le decisioni
della settimana sinodale? E’ un
lavoro da fare subito, prima che
la gente si disperda nelle varie
comunità italiane, affinché la
collegialità, che ci caratterizza,
sia veramente tale. Il più diligente fra di noi si è già segnato, la
sera prima, tutti gli ordini del
giorno che impegnano in qualche
modo le chiese e le invitano a un
compito preciso. Questo articolo
vorrebbe, in modo molto semplice, continuare la ricerca con tutti
i membri delle nostre chiese e segnalare qualche aspetto da sottolineare.
Cominciamo dalle chiese sorelle dell’area rioplatense: ci siamo
impegnati, per contribuire al ripianamento del deficit, a raccogliere (in tre anni) 30 milioni di
lire; l’atto che il sinodo ha ap
provato « invita le chiese a rispondere con generosità alla richiesta » ; molti tra di noi pensano che questo significhi che la
somma dovrà essere abbondantemente superata. Ce la possiamo
fare solo se l’informazione passerà. D’altra parte il sinodo ha
sollecitato le chiese ad « avere
costantemente presente nella
propria riflessione, intercessione
e azione la questione della povertà e delia giustizia ». Ecco un bel
compito per i circuiti e le loro
assemblee autunnali, tenendo
conto del lavoro e dell’impegno
della CEvAA. Importante sarà
nel frattempo non dimenticare
che l’impegno personale per la
vita delle nostre chiese (naturalmente anche finanziario) è determinante, permette a tutti di
andare avanti insieme, ci aiuta a
fare quel che ci siamo prefissi.
Da esaminare insieme, in ogni
occasione possibile, è anche tutto
il problema del senso della nostra presenza evangelica in Italia.
Due linee di lavoro, mi pare, si
possono indicare: un atto sinodale invita le chiese ad « approfondire i contenuti del patto che
unisce le chiese valdesi e metodiste nel pieno rispetto dei capisaldi della teologia della Riforma e dell’apporto missionario
del Risveglio » ; un altro atto raccomanda alle chiese di dedicare
ampio spazio alla preparazione
dell’incontro con le chiese hattiste, tra l’altro nella preghiera e
nello studio.
La giornata passa in fretta.
Molti altri argomenti sono accennati, ci si scambiano informazioni. E’ anche questo il momento
per dare e ricevere consigli su
un mucchio di questioni grandi
e piccole un po’ da tutti i circuiti.
A metà anno ci si vedrà di nuovo, Tavola e circuiti, per nuovamente approfondire insieme le
situazioni.
Intanto, si riparte : buon lavoro a tutti.
Eugenio Rivoir
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AMICIZIA EBRAICO CRISTIANA
TORINO — Domenica 24 settembre
l'amicizia ebraico-cristiana organizza una gita « Sulle orme del Rimpatrio: da
Sibaud alla Balziglia » (appuntamento alle ore 8 in corso Stati Uniti, angolo
corso Re Umberto - programma di massima: arrivo a Sibaud (Bobbio), visita
al nuovo museo valdese a Torre Pellice, pranzo alla foresteria di Torre Pellice con attenzione alle norme alimentari, nel pomeriggio visita alla Balziglia
(Massello) e al locale museo - arrivo
a Torino verso le ore 20. Costo del
viaggio lire 15.000; costo del pranzo
lire 11.000. Prenotazioni presso la segreteria dellia chiesa (telefono 011/
669.28.38).
giorno di Sibaud come un grande momento di unità, alla fine
di un cammino, quasi un coronamento di una esperienza ». In
realtà se ripensiamo a quei fatti ci accorgiamo che non è così,
e per chiarire il suo pensiero
Toum presenta alcuni esempi di
fatti successivi al giuramento.
Il patto sancito diventò il simbolo del rimpatrio ricomposto,
di fronte alla furia devastante
della sera precedente con il saccheggio di Bobbio e dunque alla morte spirituale; « non si può
cancellare ciò che abbiamo fatto ma si può ricominciare, e si
ricominciò ».
Questo l’intendimento ma, nel
breve volgere di pochi giorni e
settimane si registreranno atti
profondamente diversi da ciò
che si sarebbe potuto immaginare; l’esecuzione brutale di prigionieri, la battaglia disperata
per conquistare Villar ed in conseguenza della sconfitta il disfacim.ento dell’esercito, il perdono
di cinque che avevano abiurato
ed infine la fuga delle poche
bande rimaste, fino all’assedio
alla Balziglia. « Abbiamo tutto
questo perché questa è stata la
nostra storia, di cui siamo figli.
Sibaud rappresenta dunque una
lezione della storia ». Tourn la
riassume in quattro punti.
« Sibaud fu una decisione: dopo lo sfasciarsi dell'esercito, si
decise di ricominciare; la nostra
vita è spesso fatta di decisioni
ma sovente noi dovremmo "imparare" a decidere.
Ma Sibaud è una decisione in
cui non si sa cosa succederà dopo: loro sono convinti che dopo
continuerà ad essere come prima, ed invece due giorni dopo
sarà tutto finito. Così è anche
per le nostre decisioni: noi non
sappiamo cosa ci accadrà, ma
è bene che sia così; le nostre
decisioni sono solo delle prese
di coscienza di noi stessi.
E la terza lezione ci dice che
il domani è sovente il contrario
di quello che si sperava e per
cui ci si era mobilitati; ma ciò
che abbiamo deciso, il fondamento del nostro impegno, resta,
e perciò proseguiamo.
L’ultima lezione, che' dobbiamo prendere anche per noi, è
quella del giuramento di rimanere uniti, malgrado tutto e conto tutto. Questo per coerenz.a
(si è partiti insieme e si è deciso insieme) e per solidarietà,
perché essi sapevano benissimo
che chiunque fosse uscito dal
gruppo cercando la sua personale strada sarebbe stato annientato ».
Questo vale per noi oggi « di
fronte all’Europa che si realizzerà nei prossimi anni, che cosa possono rappresentare le nostre piccole comunità? E d’altra
parte ci troviamo continuamente
a confrontarci con piccoli e locali problemi che paiono annegare nella dimensione europea;
ma se si perdono i piccoli non
ci sarà avvenire, per il nostro
continente. La nostra vocazione
è perciò duplice: da un lato di
guardare in grande all’Europa,
dall’altro di guardare in piccolo
dove noi cresciamo; non potremo assolverla se, come quelli di
Sibaud, non saremo capaci di
unità, se ognuno si illuderà di
combattere una battaglia per
proprio conto, da solo, senza che
questo voglia dire che pensiamo
tutti allo stesso modo, ma che
vogliamo tutti la stessa cosa,
che andiamo tutti nella stessa
direzione, fidandoci di quelli che
stanno a fianco. E’ questa fiducia che dobbiamo riconquistare
e realizzare ».
11 canto del «giuro» di corali
e spettatori insieme ha posto, infine, il sigillo alla giornata.
Piervaldo Rostan
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Pomeriggio comunitario
TORRE PELLICE — Domeni
ca 17 settembre, a partire dalle
ore 15 si svolgerà, presso la scuoletta dei Simound di recente ritinteggiata da alcuni abitanti del
quartiere, un pomeriggio comunitario.
• Sono mancati, nel corso della
settimana. Guido Lageard e suor
Melanie Cardon deceduta all’età
di 92 anni dopo un lungo e prezioso servizio, presso la casa delle diaconesse.
Auguri!
PRALI — Sabato 16 settembre, alle ore 15,30, si sposeranno
Enrica Rostan e Gregorio Plescan. Dopo la cerimonia nel tempio, a cui tutti i membri della comunità sono invitati, ci sarà un
rinfresco nella sala.
• Domenica 17 settembre, alle
ore 22,30, e lunedì, 25, alla mattina, nel corso della trasmissione televisiva « Protestantesimo »,
verranno presentati alcuni filmati girati a Frali; si tratta della
ricostruzione in costume dell’assedio della Balziglia e della fuga
nella nebbia; anche se sarà diffìcile da capire, il set del film era
a Pomieri e alla cascata.
Chi vedrà il programma potrà ammirare la recitazione della
star della nostra comunità — Daniele Rivoir — nei panni del segretario di Arnaud.
Arrivederci
ANGROGNA — Domenica 17,
al capoluogo, nel corso del culto
saluteremo lo studente in teologia Settimio Monteverde che ha
trascorso tre mesi ad Angrogna
collaborando alla vita ecclesiastica con molta energia.
• Sabato 2 settembre, nel tempio di Pradeltorno, si è celebrato
il matrimonio di Franco Fenouil
e Paola Gaydou e domenica 3,
nel corso del culto, si è anche celebrato il matrimonio di Donatella Rivoira e Luciano Paschetto.
• Mercoledì 20, alle 20,30, si incontrano al presbiterio i comitati della « Ca d’ia pais » e della foresteria La Rocciaglia.
Bazar
SAN SECONDO — Domenica
17 settembre alle ore 14,30 avrà
luogo l’annuale bazar organizzato dall’unione femminile con
banco dolci, prodotti locali e manufatti oltre alla « pesca » e a
una ricca lotteria.
• Il culto di domenica 3 settembre è stato presieduto dal pastore Gianni Rogo che ringraziamo ancora per il vivo messaggio
che ci ha rivolto.
Domenica 17 settembre
□ ASSEMBLEA TEV
TORRE PELLICE — Alle ore 15, presso la casa unionista si svoige la periodica assembioa TEV.
7
15 settembre 1989
valli valdesi
ALLE VALLI OGGI
VIAGGIO FRA I FORNAI DELLE VALLI
Politici I mille volti del pane
buTToni? Dai semplici ingredienti « di una volta » ai vari tipi oggi in commer
JJ * ciò: è il momento del pane di campagna - Come iniziare l’attività?
In breve
«POirriCI VERGOGNA
......BUFFONI!
TOftlW. 19 \<m IN RAZZA VrnOIQO
p'W .;aGi!o
Alle prossime elezioni amministrative avremo un nuovo partito che ci chiederà il voto? Quello dei cacciatori?
A giudicare dal manifesto affisso in questi giorni nelle valli,
i cacciatori non sono affatto soddisfatti degli attuali partiti.
Due anni fa gli ecologisti avevano raccolto 60MOO firme per modificare le leggi sulla caccia, in
senso restrittivo. Per evitare il
referendum il Consiglio aveva
allora modificato le leggi vigenti, restringendo il numero delle
specie cacciabili e soprattutto il
periodo della caccia con l’impegno, in tempo utile per la stagione venatoria, di nuovi ritocchi che avrebbero tenuto conto
delle « ragioni dei cacciatori ».
Così, prima delle ferie, i consiglieri regionali avevano cominciato a discutere le nuove modifiche. Ma alcune defezioni nella
maggioranza (le ferie per alcuni
consiglieri sono sacre), ne aveva
impedito l'approvazione.
Di qui la rabbia delle associazioni dei cacciatori, che hanno affisso dappertutto il manifesto:
Politici, vergogna, buffoni! Solo
11 consiglieri regionali su 60 si
salvano dall’accusa.
Per i cacciatori, con questa legge, « i parchi regionali continueranno ad essere pattumiere ecologiche; i danni all’agricoltura
continueranno a gravare sui contadini; la fauna autoctona andrà
sempre più degradando; i cacciatori saranno criminalizzati ed indicati come i colpevoli del degrado ambientale ». Per questo essi
si preparano a diventare un partito. Difficilmente però i cacciatori l’avranno vinta, l partiti in regione temono il referendum nazionale sulla caccia richiesto da
750.000 elettori e su cui la Cassazione e la Corte Costituzionale
si pronunceranno in dicembre.
Questo referendum potrebbe venire abbinato alle elezioni amministrative. E allora... addio voti
ecologisti e protezionisti. Per quest'anno, con tutta probabilità, la
caccia sarà fatta con le vecchie
regole.
E allora? Avremo il partito dei
cacciatori? Se fosse così —forse
— sarebbe una cosa positiva. Finalmente potremmo sapere cosa
pensano i cacciatori dell’ambiente, le proposte che essi fanno per
i parchi, par la tutela della montagna e di chi vi lavora. Finora,
proposte dei cacciatori ne sono
arrivate ben poche. Non si può,
se .si vuol far conoscere il bello
del loro "sport", gridare semplicemente « vogliamo sparare di
piti » senza prestare il fianco all’accusa degli ecologisti: « Siete
lina lobby degli armieri ». Una
cosa però è certa. Alcune specie
di animali sono sovrabbondanti.
E allora perché non accettare la
caccia « di selezione controllata »?
Giorgio Gardiol
« Il pane è vita » oppure « il
pane è natura cotta nel forno »;
questi sono alcuni slogan lanciati in Italia come in altri paesi
europei per incentivare il consumo di un alimento antichissimo ma che nel corso dei secoli
ha visto il suo consumo variare
in modo anche elevato. L'Italia
è probabilmente fra i paesi della CEE quello in cui se ne consuma di più (circa 100 chili pro
capite all’anno) eppure se chiedete in giro cosa la gente ne pensa troverete almeno due risposte che lo mettono in cattiva
luce: «il pane fa ingrassare» e
« il pane che oggi acquistiamo
è molto diverso da quello di un
tempo ». E’ vero tutto questo?
Non è forse il pane un prodotto
ottenuto molto semplicemente
da farina di grano, lievito, sale
ed acqua e successiva cottura in
forno?
E’ sicuramente così, ma in realtà ogni panetteria che si rispetti ne pone in vendita almeno cinque o sei tipi differenti: le varianti sono generalmente legate
a ragioni dietetiche: da quello
tradizionale di segala a quello
con strutto, da quello addizionato di olio o grassi a quello di
soia; quasi sparito il cosiddetto « pane comune » posto in vendita ad un prezzo generalmente
intorno alle 2.000 lire al chilo e
cioè di 200 o 300 lire inferiore ai
tipi più particolari.
Ci sono poi due tipi di pane
particolarmente appetiti: quello
integrale sulla cui richiesta è
logico incida in particolare il
fattore dietetico e quello, ormai
sempre più diffuso in quasi tutte le panetterie delle valli, definito « di campagna ».
Si tratta di una definizione
che di per sè non vuol dire nulla, eppure per il tipo di preparazione è indubbiamente quello
che più si avvicina ai « sapori
di una volta »: in molte panetterie risulta essere, malgrado il
Spesso, nelle cascine, c’è chi ha scelto di riattivare il vecchio forno.
prezzo maggiore, il più venduto. Oltre al sapore interviene
anche il fattore « conservazione »: infatti « a differenza di certe pagnottine che 24 ore dopo
l'acquisto hanno la consistenza
di una gomma squagliata dal calore, le famose micche possono
essere consumate anche a distanza di una settimana »: sono commenti unanimi raccolti a Pomaretto come a Torre Pellice o Luserna.
Eppure questo tentativo di recupero dei vecchi sapori funziona solo in parte, se è vero come è vero che un po’ ovunque,
nelle cascine o nelle borgate, è
possibile trovare il contadino
che si prepara da sé il pane; non
sono certo casi isolati nelle valli
ed i risultati, a giudicare da alcune verifiche effettuate, sono
più che dignitosi. Non si tratta
certo di un’alternativa ai panettieri professionisti ma è fuor di
dubbio che più di un turista sia
assai contento di poter acquistare in cascina, accanto a frut
« RISANAMENTO » ALLA MANIFATTURA?
40 in cassa integrazione
PEROSA — La direzione della
Manifattura ha collocato in cassa integrazione 40 lavoratori per
il periodo dal 4 settembre al 2
novembre. Secondo l’azienda, la
motivazione del provvedimento è
da ricercarsi nel nuovo programma di risanamento aziendale che
richiede un periodo di sperimentazione per una nuova assegnazione ad ogni operaio del macchinario di filatura. La direzione
propone di assegnare il macchinario a 4 gruppi di operai (anziché due) e prevede un maggior
controllo sulle forze lavoro (ferie
individuali scaglionate durante
tutto l’anno, tre turni a tempo
pieno e lavoro la domenica con
scorrimento del riposo settimanale). Ciò al fine di eliminare le
perdite dello stabilimento (300
milioni al mese).
Democrazia Proletaria, in un comunicato, denuncia la natura politica della decisione e invita i lavoratori e non farsi spaventare, affermando a chiare lettere che la
Cig servirà « a far lavorare di
più chi è in fabbrica ». DP invita
anche a « non fare l’aumento di
produzione richiesto » e a « bloccare completamente gli straordinari ».
I sindacati per ora stanno raccogliendo i pareri dei lavoratori
con assemblee di fabbrica.
ta e formaggi, anche una o due
forme di pane.
Il più delle volte si tratta comunque di un’attività legata ad
una ristretta cerchia di amici o
parenti.
C’è, qua e là, qualche giovane
che vorrebbe iniziare una attività di panificazione, magari attivandosi secondo le antiche tecniche della lievitazione naturale
ed usando farine di tipo biologico cioè provenienti da coltivazioni in cui non si utilizzano prodotti chimici di sintesi, ma non
sempre è facile, anzi. Ci sono
casi di persone che vi sono riuscite, ma anche altre, come D. L.,
che da anni cercano un Comune
in vai Pellice in cui possano iniziare l’attività. Che cosa lo impedisce? Il fatto che vi sia uno
stretto rapporto fra numero di
licenze e popolazione residente;
peccato che non si consideri di
quanto aumenta la popolazione
in determinati periodi dell’anno...
Ruota dunque un mondo molto complesso intorno al pane ed
alla sua produzione, da chi si
lascia assorbire totalmente da
un mestiere che comporta ovviamente orari « pesanti » in cambio del guadagno economico, a
chi cerca con difficoltà di entrarvi, con l’intento di mantenere
comunque l’uomo e la propria
salute al centro della giornata
a chi ancora ama semplicemente un alimento fondamentale della propria vita.
Piervaldo Rostan
Il manifesto giallo
Mancanza di spazio o zelo eccessivo potrebbero essere alla base della mancata affissione a
Torre Pellice di un manifesto
che gli occitani del MAO hanno
fatto stampare in occasione della visita nelle Valli del presidente della Repubblica Cossiga.
I! testo, dopo aver portato il
saluto degli occitani al presidente, poneva l’accento su alcuni
nodi irrisolti rispetto ai 180 mila abitanti delle valli « eccitane »
italiane: il riconoscimento istituzionale e Tapplicazione del loro diritto all'autonomia; il diritto alla gestione delle loro risorse economiche; il diritto all’insegnamento ed all'uso ufficiale
della loro lingua occitana.
L’appello al presidente, assolutamente legittimo al di là delle idee personali di ognuno in
materia di tutela delle minoranze etnico-linguistiche esistenti in Italia, è però comparso sui muri delle valli Germanasca e Chisone ed in vai
Pellice, con l’eccezione di Torre
Pellice. « AlTufficio affissioni —
dicono gli occitani — ci hanno
detto che non c’era spazio a disposizione... ».
A Torre intanto qualcimo parla di « giallo » del manifesto
giallo...
Violenza negli stadi
Violenza negli stadi; è un tema che si ripresenta con l’apertura di ogni stagione agonistica
e non soltanto nel calcio; pallavolo, pallacanestro e, sport più
vicino alla vai Pellice Thockey
su ghiaccio, sono periodicamente al centro di episodi di violenza, per lo meno verbale. Poche
persone facilmente individuabili? Frustrati? Si scomodano spesso psicologi e sociologi.
Il « Torino club vai Pellice Ezio Loik » ha organizzato per
il prossimo fine settimana alcune manifestazioni su questo argomento; in particolare, oltre ad
un torneo giovanile sul campo
di viale Dante a Torre Pellice
sabato 16, si segnala un significativo dibattito, al cinema Trento, alle ore 20.45 di venerdì 15
settembre, dal titolo; « Tifosi e
società uniti contro la violenza »; interverranno uomini legati al mondo dello sport e giornalisti. Sempre a partire dal 15
settembre, e fino al 25, sarà esposta nell’atrio del municipio
una mostra sulla storia del « Torino calcio » ed in particolare
sulle vicende della squadra scomparsa con la tragedia di Superga
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15 settembre 1989
BOBBIO RELUCE E IL RIMPATRIO
Musiche in piazza
« Sibaud, trecento anni dopo »: una manifestazione scesa tra la gente
Bobbio Pellice è geograficamente l’ultimo comune della valle omonima, protagonista ogni
anno di una stagione turistica
che vede l'afflusso di migliaia di
persone ogni domenica. Le iniziative non mancano: una Pro
loco efficiente e un’amministrazione comunale ricettiva permettono il proliferare, ogni estate,
di iniziative destinate a valorizzare quanto di meglio il comune può offrire: pro loco, appunta.
A Bobbio c’è anche quel piccolo prato, fra i castagni, dove
trecento anni fa i valdesi reduci
dal massacrante « Glorioso Rimpatrio » espressero il famoso
« giuro »: la promessa di vivere
p>er la loro fede e la loro unità,
o morire. Il secolo scorso, in
quel prato, fu eretto un cippo.
Ouest’anno, più semplicemente,
l’amministrazione comunale di
Bobbio e la Pro loco hanno deciso, insieme alla Chiesa valdese che ha organizzato la Festa
AMICI DEL COLLEGIO
Gran cabaret, piccole follie
Se la storia valdese è fatta di
varie tappe, di vicende, di avventure, di momenti alti, di sopravvivenza, di lotte e di missione, ci
sono alcune continuità frutto
dell’essere chiesa, dell’essere comunità e dell’essere aggregazione; la storia medesima esprime
un filo conduttore indirizzato e
finalizzato non casuale. Fra questi elementi di continuità c’è il
Collegio, fondato a Torre nel 1831
grazie all’opera di Gilly e Beckwith e all’impegno di tutti i comuni valdesi quale strumento di
formazione scolastica superiore,
volto in prima istanza a quei giovani che fino allora erano costretti a recarsi a Ginevra per la formazione pastorale. Anche il Collegio, inevitabilmente, ha avuto
(e ha) i suoi alti e bassi e ha
avuto, come tutte le opere, momenti di difficoltà, anche economiche.
Nel secondo dopoguerra fu istituito un comitato di « Amici del
Collegio » con lo scopo di rivitalizzare in qualche modo questa antica istituzione. Gli « Amici » iniziarcmo l’attività il 22 aprile 1951,
presidente l’allora vicemoderato
re Achille Deodato, cassiere Teofilo Pons, segretario Attilio dalla.
La storia de] trentennio seguente
è nota, una storia di incertezze.
Ma il nuovo Collegio è oggi rivitalizzato con una diversa importazione, e rivitalizzato si è anche
il gruppo di «Amici del Colle
gir; ». Ne è presidente Gianfranco
Mathieu (ovviamente un ex-allievo) ed è costituito da un folto
gruppo di persone — circa duecento — che al Collegio devono la
loro formazione culturale, una
rappresentanza {ancora troppo
esigua, dicono) dei circa dodicimila allievi della scuola.
Ma se il Collegio fa parte, come
fa parte, della storia valdese poteva essere assente proprio Tanno
de] tricentenario del Rimpatrio?
Ovviamente no, e gli « Amici »
hanno scelto proprio la data ufficiale della commemorazione per
organizzare il loro incontro annuale. L'hanno fatto da par loro:
da studenti. Un po’ stagionati forse, ma studenti. Non ha importanza se si è perso qualche capello, se ci vuole qualche taglia
in più per vestirsi, se si è diventati genitori, qualche volta nonni.
E’ nato, così, all’insegna della
più sana goliardia, un torneo
quadrangolare di calcio, che ha
impegnato il sabato e la domenica, e il grande « exploit » del sabato sera dove un numeroso pubblico ha potuto osservare e applaudire le più pazze e sfrenate
scenette del più classico cabaret.
L’età degli animatori era sugli
anta, mancavano le nuove leve;
e questo è anche lo scopo degli
« Amici ». Far rivivere lo spirito
della scuola nella sua unicità e
particolarità. Il Collegio non è
morto, ha una sua funzione ben
precisa, continua ad essere stru
Muscoli e leggiadria per esprimere « Il coma del cigno ».
mento di aggregazione e di formazione culturale. Di una cultura che non vuole solo essere informazione tecnica, ma espressione del nostro essere, delle nostre radici, deve riversare il nostro ieri nel domani di tutti. E se
questo dovesse passare — anche
— attraverso i colori di una cravatta, come nella migliore tradizione anglosassone, perché no?
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Segnalazioni
di canto delle corali a chiusura
delle manifestazioni centenarie,
di fare un tutt'uno, a coronamento delle manifestazioni. Una
« tre giorni » che ha visto concerti nel tempio (Vivaldi, Bellini, Ravel, Donizzetti, Händel,
Massenet, Saint-Saens) balli in
piazza con il Gruppo folcloristico del Queyras (la valle francese confinante con Bobbio — una
trentina di musicanti e ballerini
che volevano venire a piedi per
sottolineare il fatto che l’unico
collegamento tra le due valli sorelle è ancora, a tutt^oggi, la
mulattiera costruita da Napoleone Bonaparte, ma ne sono stati
impediti dal cattivo tempo), il
culto sulle alture di Sibaud, l’esibizione delle corali valdesi in
piazza, e ancora una serata altrettanto piena con i vecchi amici della « Camerata corale La
Grangia », uno dei più noti con
alpini, che ha voluto per l’occasione preparare un repertorio
particolare intitolato « Omaggio
alla cultura valdese » composto
di canti popolari valligiani e
complaintes. Per tre giorni, anche. i ristoratori di Bobbio hanno servito, in piazza, piatti tipici e antichi della zona a condimento, è il caso di dirlo, di quella che è stata Tunica festa popolare in occasione del tricentenario del Rimpatrio. Grazie, Bobbio! Stello Armand-Hugon
TORRE PELLICE — La Commissione
tutela ambiente montano del CAI Val
Pellice organizza per domenica 17 settembre una gita al Vallone delle meraviglie (monte Bego) alla ricerca di
incisioni rupestri. Le iscrizioni si raccolgono presso la sede CAI di piazza Gianavello venerdì 15 dalle ore 21;
per ulteriori informazioni telefonare
allo 0121-932816. La partenza è prevista per le ore 5,30 in auto.
Consigli comunali
BOBBIO PELLICE — Riprendono le
riunioni del consiglio comunale: il
prossimo appuntamento è previsto venerdì 15 settembre alle ore 21.
LUSERNA SAN GIOVANNI — Il consiglio comunale è convocato in seduta
ordinaria per le ore 20,30 di giovedì
14 settembre; all’interno di una lunga
serie di argomenti segnaliamo l'approvazione del piano esecutivo convenzionato della zona di via Aitali e la
convenzione fra il Comune e l'Asilo sacro cuore.
Rassegne
PANCALIERI — E' giunta alla nona
edizione la rassegna « Viverbe » nata
all'Inizio degli anni '80 nella terra
della menta con l'intento proprio di
valorizzare questa ed altre erbe officinali. Anche quest'anno perciò vi saranno stand con prodotti naturali, spettacoli, mostre e conferenze-dibattiti,
il tutto dal 15 al 20 settembre.
Concerti
RORA’ — Dopo un anno di pausa
ritorna la manifestazione musicale denominata « Rorà in rock » in programma sabato 16 e domenica 17 settembre al parco montano, area attrezzata
per il campeggio ed il ristoro. L’edizione di quest'anno, oltre agli incontri musicali con molti gruppi, prevalentemente locali, prevede un rilancio
dell'Impegno nei confronti del razzismo:
saranno perciò presenti rappresentanti eritrei, somali, ruandesi e marocchini, oltre ad un esponente dell'ARCIGay.
Corsi
PINEROLO — L ARGÌ organizza per
la stagione '89-90 dei corsi di lingue
estere, pittura, recitazione, maschere,
e marionette, fotografia, chitarra; per
informazioni si può telefonare alla sede di zona, in piazza S. Donato 8, al
n, 0121-75025 fra le 16,30 e le 18,30
dal lunedi al venerdì.
Cooperativa
TORRE PELLICE — La società coop.
operaia di consumo, anche quest'anno, organizza la tradizionale festa « del
ritorno a scuola »,
Lo svolgimento della stessa, nonché la consegna di un pacco dono ai
figli dei soci iscritti alla scuola dell'obbligo e la proiezione di un film per
ragazzi, avverrà II giorno 19 settembre
alle ore 20,30 nei locali del cinema
Trento,
Programmi di Radio Beckwith
_____________91,200 FM_______________
Radio Beckwith trasmetterà, domenica 17 settembre, ore 11,30, il culto
tenuto dal past. Ricca nel tempio valdese di Torre Pellice, Si segnala inoltre che nella rubrica "A confronto”,
proseguono le interviste realizzate durante il recente Sinodo: nella puntata
in onda lunedi 18, alle ore 17, l'argomento sarà la CIOV,
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REMERCIEMENTS
« Pour nous qui avons cru, nous
entrons dans le repos dont Dieu
a parlé »
(Hébreux 4: 3)
Madame Jacques Pons et ses enfants,
tous ses parents et alliés, ont la douleur
de vous faire part du décès de
Jacques Pons
Pasteur de PEglise Réformée de France
survenu le lundi 21 août 1989. à Page
de 58 ans.
Que tous soient remerciés pour les
marques de sympathie et d'affection
reçues à celte occasion.
Chiotti Inferiori, 28 agosto 1989.
RINGRAZIAMENTO
(c L’Eterno conosce i giorni degli uomini integri e la loro eredità durerà in perpetuo »
(Salmo 37 : 18)
I familiari di
Guido Lageard
riconoscenti, ringraziano tutti coloro
che hanno preso parte al loro dolore.
Un particolare sentito grazie ai pastori Giorgio Tourn ed Eugenio Rivoir.
Torre Pellice, 11 settembre 1989.
RINGRAZIAMENTO
«Tu mi hai preso per la mano
destra, tu mi condurrai col tuo
consiglio, e poi mi riceverai in
gloria »
(Salmo 73: 9A)
Il 29 agosto, all'età di 88 anni,
E iena Cirardet
ha terminato serenamente la sua giornata terrena. Fiduciosi nelle promesse
del Signore ne danno l’annuncio il fratello Alberto e i nipoti Giorgio. Franco.
Lilia, Evelina, Maria, Enrico e le loro
famiglie.
I familiari ringraziano tutti coloro
che hanno espresso la loro fraterna
simpatia.
Roma. 15 settembre 1989.
RINGRAZIAMENTO
« Io alzo gli occhi ai monti,
donde mi verrà l'aiuto? »
(Salmo 121: Il
I familiari della cara
llda Rostan
ringraziano di cuore tutti coloro che
si sono uniti al loro <lolore ed esprimono un pensiero di particolare gratitudine alla direzione ed al personale tutto dell’Asilo dei vecchi di San Germano Chisone ed al pastore Tom Noffke.
S. Germano Chisone, 15 settembre '89.
RINGRAZIAMENTO
«Il Signore è il mio pastore,
nulla mai mi mancherà »
(Salmo 23: ])
Signore ha richiamalo a sé
Daniele Hugon
•li
64
La famiglia, riconoscente, ringrazia
per la grande dimostrazione di affetto
e simpatia manifestata per il loro caro.
Un ringraziamento particolare ai pastori Bellion e Zolla, ai medici e al
personale dell’Ospedale valdese di Torre Pellice.
Ribiana, 15 settembre 1989.
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