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TQimS PSLLXCE
BELLE VALLI VALBESI
Quindicina!e
deila Chiesa Valdese
" Gettale lungi da voi tutte le vostre trasgressioni per le quali »vete peccato, e fatevi un cuor nuovo e uno spirito nuovo
Anno LXXXni — Num. 4
Una copia L*
ABBONAMENTI
Eco; L. 600 per l'interno Eco « Ea Luce: L
L. 1000 per reitero
L.
per l’interno | Spedie. afcb. postale II Grappo I TORRE PELLICE, 13 Febbraio 1953
per l'estero | Cambio d'indiriaao Lire 30,— I Ammin. Claudiana Torre Pellaee - C.C.P. 2-17537
PER LA SETTIMANA VALDESE
Messaggio del Moderatore
La celebrazione del XVII Febbraio avrà luogo, a Dio piacendo,
in tutte le nostre Comunità, dal 15 al 22 Febbraio.
Come per il passato, di nuovo quest’anno, e speriamo finché il
Signore ci darà vita, noi consacreremo in modo particolare al Signore
la settimana che siamo soliti chiamare « Settimana della Rinunzia »
o, secondo una consuetudine più recente, cc Settimana Valdese».
Lo scopo della nostra celebrazione è duplice. Si vuole da un lato
linnovare il ricordo del passato per ravvivare e fortificare in noi il
senso della responsabilità che ci viene dalla nostra storia; e si vuole
d’altro lato manifestare in modo tangibile che questa responsabilità
noi la sentiamo come un impegno concreto al quale non possiamo sottrari'L e per far fronte al quale offriamo con gioioso sacrificio quello
che possiamo.
Per questo, accanto ai tradizionali fuochi di gioia sulle alture
delle nostre Valli, accanto alle celebrazioni fatte in Chiesa, e alle
agapi fraterne, elemento di fondamentale importanza è pure l’offerta
che in quell’occasione siamo soliti fare per l’opera della Chiesa^ in
quanto essa testimonia in modo inequivocabile della sincerità e dell’ardore che mettiamo in queste nostre celebrazioni e dell’interesse
vivo che esse hanno acquistato per noi, in vista degli sviluppi futuri.
Poiché è pacifico che non si tratta soltanto di ricordare il momento in cui, per una svolta decisiva della storia, imo spiraglio si
è aperto per la nostra testimonianza al di fuori delle Valli, ma si tratta
di proseguire l’ardua lotta perché questa testimonianza non sia soffocata da chi ha interesse a soffocarla, né si esaurisca per mancanza di
slancio vitale e di amore da parte nostra.
I due pericoli cui accenniamo sono reali e gravi. Chi ha seguito
un po’ da vicino in questi ultimi tempi il problema della libertà religiosa non può non aver l’animo angustiato per la chiara e manifestata
tendenza, concretatasi in un numero sempre maggiore di fatti documentati, a restringere sempre di più quella libertà che credevamo
ormai destinata invece ad essere uguale per tutti e garantita a tutti.
Se le cose non dovessero cambiare in meglio, e non vediamo come
possano cambiare, dato il clima e l’orientamento di oggi, dobbiamo aspetlarci il peggio ed essere pronti ad affrontarlo.
Ma, accanto a questo, c’é l’altro pericolo, non meno concreto,
e cioè che noi stessi indeboliamo la nostra testimonianza privandola
di quei mezzi che le sono necessari per manifestarsi ed espandersi.
Basti a questo proposito rilevare un solo fatto che poniamo in
questi giorni in modo particolare sulla coscienza di tutti.
II fatto è questo, che quando consideriamo la somma necessaria
per provvedere agli assegni e alle pensioni dei nostri operai, per la
sola cassa del culto, cioè ad esclusione degli Istituti di Istruzione e
della Facoltà di Teologia, e la paragoniamo ai versamenti fatti dalle
Chiese, riscontriamo che 'questi sono ancora inferiori al fabbisogno
per la cifra non indifferente di 16 milioni.
Questo fatto è grave, perchè non solo ci costringe a mantenere
gli assegni dei nostri operai ad un livello insostenibile, non solo ancora ci costringe alla ricerca affannosa e angosciosa di altre fonti con
le quali fjrovvedere, ma ci impedisce pure di cogliere quelle opportunità che ancora ci sono, nonostante tutto, di estendere l’opera nostra e di potenziarla.
Qualsiasi commento ci sembra superfluo. E assolutamente necessario ed estremamente urgente che le Chiese trovino il modo di sopperire alle necessità fondamentali dell’opera e innanzi tutto a far sì che
questa voce vitale, insopprimibilodel nostro bilancio sia coperta.
Celebrando il XVII Febbraio .siano tenute presenti queste cose, al
nostro spirito e apprestandoci a fare la nostra offerta particolare,
facciamo in modo che essa possa essere benedetta dal Signore, non offriamogli cioè dei sacrifici che non ci costino nulla.
Il Moderatore
Achille Deodato
Prali sorto la neve
Il culto evangelico trasmesso settimanalmente daiRadio Trieste viene
pubblicato sull’|9legante foglio quindicinale ; !
PRESENZC CRISTIANA
che vÌ€Mè ifiVeihso "grataitameate su
richiesta. Oltre alle radiotrasmissioni esso pubblica mia regolare corrispondenza con i lettori e una spiegazione continuata deU’evangelo dì
Marco che ne costituisce un succinto
commentario.
Richiedere il foglio presso l’amministrazione: Piazza Libertà, 6 •
Trieste (312).
FALÒ’
— 0 fratei mio che meco sali, guarda:
nova una stella sul monte s’accese
e un’altra... e un’altra su ogni vetta appare...
e fanno cenni come a salutare...
Sono i falò del Popolo valdese!
— Fratello che a me chiedi, tu ben sài
come ogni pietra che il tuo piede ascese
. rechi nella sanguigna orma una storia.
Quelle stelle ne awivan la memoria;
sono i falò del Popolo valdese!
Fuochi di gioia poiché la giustizia,
la libertà non sono ancor riprese;
ma ascolta: òggi vicina è una grande ora;
ascolta: dicon molte cose ancora
oggi i falò al Popolo valdese:
« Su! aduna, ammucchia tutti i tuoi mrmenti,
« l’arido sterpo che frutto non rese,
cc il tralcio vano, lo spino, ogni scoria!
« Fanne un falò per la tua nuova storia,
« e sarai grande, o Popolo valdese!
« Sprizzi la fiamma — accesa alla scindila
« che tanto a lungo il cuore tuo difese —
cc strugga ed esalti, impetuosa e forte,
cc vessillo di vittoria in vita e in morte,
ft segnacol sacro a Te, Popol valdese!
« E l’ineffabil vento dello Spirito, '
cc —. come turbine a cui nulla contese —
(c mar di fiamme trabocchi al colle, al piano
or e fino all’orizzonte più lontano!
cc ORSÙ’ : FUOCO AI FALÒ’, POPOL VALDESE! »
17 Febbraio 1953.
Ada Giovanni Meille
L’Olanila e le alluvioni delle Valli
Nessuno è rimasto insensibile alla
tragedia che ha colpito nei giorni
scorsi la nobile Olanda in modo particolare, insieme al Belgio e all’Inghilterra Meridionale. Gli Olandesi
hanno sottratto, come ognuno sa, il
loro paese alle onde del mare, ma
la natura sembra essersi voluta vendicare dell’affronto dell’uomo, seminando strage e rovina...
Nell’udire le notizie relative a
quel paese, la nostra mente ha rivissuto un momento la lunga tradizione di amicizia e di appoggio che
lo ha legato da almeno tre secoli alla nostra chiesa e alla sua opera: in
ognuna delle grandi pagine drammatiche della storia valdese noi vediamo comparire con generosità di
mezzi e di aiuti la piccola Olanda.
Nel 1655, in occasione delle Pasque
Piemontesi, per primo quel paese intervenne finanziariamente e diplomaticamente; accolse poi il moderatore Léger, che vi pubblicò la sua
storia; nel 1686 lo stesso intervento
si ripetè, e nel 1689 fu il banchiere
Olandese Clignet a finanziare il rimpatrio e fu Guglielmo d’Orange a
suggerirlo al nostro Arnaud. E così
per tanti altri versi, l’aiuto pecuniario e morale che venne alla Chiesa
Valdese dai Paesi Bassi fu costante
ed efficace, specialmente nel campo
dell’istruzione primaria e secondaria.
L'Ente che nei Paesi Bassi seguiva con particolare sollecitudine le vicende dei Valdesi era il cosidetto
Comitato Vallone, con sede a Amsterdam, Comitato che esiste ancora
oggi sebbene in proporzioni più modeste; nelle attuali circostanze è interessante ricordare che esso fu or
ganizzato proprio in seguito ad una
terribile alluvione verificatasi nelle
Valli. Nell’agosto del 1728 infatti
una tromba d’acqua si precipitò con
inaudita violenza sulle alture di Bobbio, unita a vento e grandine: fu la
rovina; tutto il fondo valle fu invaso
dalle acque del Pellice, campi, prati e vigne furono inghiaiati e distrutti. La sventura fece piombare nella
più nera miseria la popolazione che
in quel tempo non aveva altre risorse che. l’agricoltura e che dopo essere uscita da una persecuzione disastrosa quarantanni prima era oberata di tasse: la notizia commosse
gli Olandesi ed immediatamente il
Concistoro della Chiesa di Amsterdam decise di versare tutto quanto
aveva in cassa e fu aperta una sottoscrizione, che fruttò cinquanta mila fiorini, di cui trenta mila furono
subito distribuiti ai sinistrati e il resto conservato in fondo permanente. Due anni dopo un’altra colletta
fruttò ventimila fiorini, e nel 1735
sorse il Comitato, con l’incarico di
raccoglier fondi e di distribuirli alle chiese valdesi secondo la loro necessità. Nell’Archivio della Tavola è
conservata la corrispondenza di tale
Comitato, e sfogliandolo si può vedere con quanta cura e con quale
amore gli Olandesi abbiano seguito
le sorti di ogni parrocchia, si può
dire di ogni pastore e di tutti i maestri.
Nel 1744 il soccorso pecuniario olandese permise di rinforzare e orolungare la diga di Bobbio Pellice,
chiamata ancora oggi impropriamente di Cromvcell, e che quindi è stata
costruita con denaro venuto dai fratelli dei Paesi Bassi: essa ha salvato
Bobbio, se non prima, almeno nel
1920 in occasione della grande alla- ,
vione di quell’anno e in quelle di
questo dopoguerra.
Oggi che le dighe dell’Olanda sono state frantumate dalla violenza
del mare, è giusto ricordare quello
che quel paese ha fatto per noi.
A. H.
Dalla Parola Eterna
Confidati nell’Eterno con tutto il
cuore e non t’appoggiare sul tuo discernimento. Riconoscilo in tutte le
tue vie ed Egli appianerà i tuoi sentieri. Non ti stimar savio da te stesso; temi l’Eterno e ritirati dal male.
Figliuol mio, sta attento alle mie
parole, inclina l’orecchio ai miei
detti; non si dipartano mai dai tuoi
occhi, serbali nel fondo del cuore;
perchè sono vita per quelli che li
trovano e salute per tutto il loro
corpo. Custodisci il tuo cuore più
d’ogni ^altra <K>sa, perchè da esso
procedono le sorgenti della vita.
Il principio della sapienza è il timor dell’Eterno, e conoscere il Santo è l’intelligenza.
Figliuol mio, queste cose non si
dipartano mai dagli occhi tuoi! Ritieni la saviezza e la riflessione! Esse saranno la vita dell’anima tua e
un ornamento al tuo collo. Allora
camminerai sicuro per la tua via e
il tuo piede non inciamperà.
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2 —
L'ECO DELLE VALLI VALDESI
Una nwsica che non cambia 1 FDOCHI DEL XVII FEBBRAIO!
hochì di gioia
La sera del 16 « ialò » tradizionali rallegrano i nostri monti, a ricordo della gioia cJie proruppe spontanea dai cuori dei valdesi nel lontano 1848.
Ma... non bisó^a dimenticare
qualcos’altro. Era pronto l’editto e
i delegati Valdesi, anche se proprio
non era ancora promulgato, lo conobbero per qualche indiscrezione e fu la delusione più sconfortante! Essi si aspettavano una emancipazione assoluta; un effettivo tradurre ne']a realtà l’art. I che affermava la perfetta uguaglianza e parità di diritti civili e politici dei cittadini di confessione valdese. Invece, all’art. I seguiva l’art. Il: Nulla
è innovato, quanto all’esercizio del
loro (valdese) culto. ~
E’ chiaro?
Parità di diritti civili e politici,
però, in fatto di religione, nulla è
Cambiato. Su per giù è la stessa musica di 100 anni dopo. C’è ima Costituzione che proclama la piena libertà dei cittadini, senza discriminazione di sesso, fede, credo o razza! Però c’è una « Vigente legislazione » (fascista) che regola l’esercizio dei culti ammessi.
Quando i nostri padri si accorsero
de]la cosa, anche questo è bene ricordarlo, anche se la tradizione ufficia e lo vuol dimenticare, partì dai
delegati di Toriuo una lettera amara e sconfortata: festeggiamenti?
discorsi celebrativi? Via tutto!
Ma i fuochi di gioia erano pronti!
Ma i discorsi erano preparati!
Ma i banchetti aspettavano i commensali! Eppoi si poteva offendere
il magnanimo sovrano che, al postutto, im passo avanti aveva voluto farlo, anche se, tentenna sempre,
era rimasto sullo striscione di partenza?
' E cosi si accesero i fuochi, i ragazzi cantarono:
« Con l’azzurra coccarda sul petto
Con italici palpiti in cuore... »
e tutti gridarono: Viva l’Italia! Viva la Costituzione! Viva Cariò”Alberto !
Quando il testo dell’editto venne
pubblicato e Fart. II meditato, il
vecchio brontolone (e ce ne sono
sempre stati nelle Valli Valdesi) diceva : « Per una festa è stata una bella festa! Ma cosa abbiamo festeggiato? La Costituzione o l’editto: nulla è innovato?! Ai posteri l’ardua
sentenza! »
Settimana Valdese
Alcuni anni or sono, nella Chiesa
Valdese si cominciò a parlare di una « Settimana deJa Rinunzia». Le
nostre autorità ecclesiastiche le diedero una configurazione giuridica e
la settimana del XVII febbraio servì come richiamo ai Valdesi per una
« rinunzia » in favore dell’opera della Chiesa nella patria nostra.
Il solito brontolone (e ce ne sono
sempre ancora nelle Valli Valdesi)
diceva: « Per una istituzione è una
bella istituzione, anche se non molto originale^ i Salutisti l’osservano
da anni e noi siamo sempre in ritardo. Sta poi a vedere che questa rinunzia non significhi poi nulla per
i buoni .Va desi e che non si debba
presto cambiar la parola! »
Ed ecco la Settimana di Rinunzia
è stata... sepolta! E’ nata la Settimana Valdese! Ed anch’essa ha avuto subito la sua dignitosa configurazione... quasi giuridica nel seno
delle istituzioni valdesi: anch’essa
ha il suo fuoco nella celebrazione
del XVll febbraio. Il solito brontolone (e ce ne sono sempre, per fortuna, nelle Valli Valdesi) dice: « Settimana di rinunzia, ieri; settimana
valdese, oggi; cambia la musica;
purtroppo non cambiano i cantori! Chi potrà cambiare il cuore dei
Valdesi? »
4 Gennaio 1048
In questa data il generale Beckwith
scriveva al suo caro amico, il pastore Lantaret, una lettera strana! E’
pieno di gioia perchè sente che tempi nuovi maturano; eppure è preoccupalo:
« Nuovi amici spuntano da tutte le
parti; i nostri nemici si eclissano; è
straordinario,.. Per^^anto il vostro
destino non eia ancora fissato, siete
virtualmente emancipati ed avete
larga parte in tutto quello che si
svolge qui. Con energia, coscienza
del vostro dovere ed unn tenace volontà potrete raggiungere grandi mete; mà^ tutto ciò dipende esclusivamente da voi stessi... Le vecchie cose sono passate; le nuove cominciano a schiudersi. D’ora imumzi, o sarete missionari, o non sarete nulla.
Il vostro primo dovere è di rivendicare i vostri diritti civili, poiché
^ il vostro futuro dipende dàli’esistenza e dalla realizzazione di questi diritti; tutta la vostra futura utiliià riposa sul posto che saprete conquistare nella società piemontese e sull’atteggiamento morale e religioso
che saprete conservare nei suo seno...
Dovete scegliere : stare nascosti nelle vostre tenebre, o attirare su di voi
l’attenzione degli uomini...
Dovete mettervi in contatto con
gli altri uomini ed essere in condizione di sopportare questo contatto
e quello delle cose...
...Bisogna che siate convinti della
vostra causa ed abbiate il coraggio
di marciare senza esitazioni sul cammino delle libertà civili e religiose,
con onestà e perseveranza, senza calcoli; se no, sarete sorpassati, eclissati, cancellati dal catalogo. O diventate una realtà, o non sarete niente ».
E il generale è « inquiet » !
Mollo « inquiet »!
« La massa non è aU’altezza dell’ora che volge; a giudicare dalle apparenze non sarebbe facile oggi (cioè
ieri: 1848. Ked.) di raccogliere nè
i trecento di Gedeone, nè la compagnia di GianaveUo... ».
« Sempre la stessa musica — dice
il solito brontolone — le cose sono
più grandi di noi. E il nostro cuore
è pauroso! Rivendicare dei diritti
è un dovere: è un concetto profondo, ma è cosi piacevole staie tranquilli, nella penombra delle Valli,
piccolo museo storico, mèta di simpatici peRegrinaggi ! »
Eppure, per una volta, ha avuto
torto l’amico brontolone: dopo il
1848 sono usciti dall’ombra, i Vaidesi, e qualcosa hanno pur fatto, con
l’aiuto di Dio.
Ma dopo il 1948?
Anche qui, Dio provvederà. Cl.
t-.
fp-, I
« Io sono venuto' a gettare un fuoco sulla tetra, che posso dcs.dtrare sé non che
sia già acceso? àio v’è un battesimo del
quale ho da essere ^battezzatoti e come sono
angustiato finche i£h sia compiuto! » (Luca 12: 49)f
Cristo è un f^òco divorante; egli
è la fiamma ossidrica che sulla croce ha bruciato, ùbbsumato, liquefatto il massiccio legno di Satana. La
sua morte infamante è stata determinante per la. consumazione deUa
giustizia dell’uomo e la accensione
della fiamma della giustizia «'come fuoco d’affiùsrtore, come lo potassa dei lavatoii di panni ». Gesù
annunzia questa’ rea-tà alla schiera
dei suoi discepoli, alla vigilia del
suo viaggio a Gdinsalemme.
guardarci in viso e domandarci fino
a qual punto agonizziamo, ci sbottoniamo per altrontare e risolvere i
problemi de.la nostra chiesa. Altra
volta, su queste colonne, si è parlato del problema finanziario, dell’assenteismo ai culti. Oggi, dobbiamo
parlare della nostra stanchezza, della nostra politica rinunciataria, della nostra « non agonia », della nostra « non pazzia ».
Un incóntro unico .
I fuochi del XVII febbraio debbono esprimere questa verità. La gioia
dei graziati del 148 dev’essere la gioia dei graziati i^èl ’53. Noi ci rallegriamo che il fuoco acceso da Cristo sul Golgota, possa divampare,
estendersi e incendiare la terra dove siamo nati. Il gesto dei bambini
e dei giovani mentre porteranno i
loro fasci di ginepro, di abete e di
rovi per i grandi falò di gioia, dovrà
esprimere il gesto del cuore per la
propagazione della fiamma del vangelo delia grazia. La comunità del
XVII febbraio (|evjessere, come afferma Goccioli in un suo romanzo
« una Comunità ^di fuoco; essere di
fuoco significa ardere; il fuoco divampa; vuol prgpa^rsi ed ha in sè
la possibi-ità di farlo, fino alla consunzione totale.^ Il fuoco brucia,
consuma, si estende, si muove, salendo verso l’altp; è semplice e puro; è un rinnovarsi continuo. E’ una
continua agonia; però ne nasce la
cenere e la cenere è un fertilizzante,
è vita ». Eppure la comunità che
celebra il XV fi febbraio è una comunità tiepida, .stanca, tradizionalista. S’incendia si per la osservanza
delle regole del 'focolare, ma non
accetta di « ardere, impazzire, di agonizzare, di sbfid^narsi la giaeca ».
L’incontro delr'XVII febbraio è un
incontro eccezioiiale e forse unico.
La comunità dei ferventi e dei tiepidi è presente e partecipa alle manifestazioni. Direi; sono tutti orgogliósi e lieti di incontrarsi. « Comperiamo queste opportunità » per
Agonia perenne
Cristo è un fuoco divorante, in
perenne agonia. Come il fuoco agonizza, e consuma il materiate che inghiotte, cosi noi dobbiamo agonizzare. E agonizzare vuol dire « entrare per la porta stretta », lottare
cioè tino aJl’uiUmo sangue; vuol dire estrema tensione detto Spirito
per la vittoria contro Satana. Si tratta d’una lotta corpo a corpo, perchè
la nostra vecchia natura sia consumata per sempre. Una sera del me
se di gennaio mi trovavo in una
Vorrei rimeditare oggi, 17 febbraio 1953, sulla figura di Pietro Valdo
e sul motivo della sua conversione,
quasi per fare il punto sul modo di
vivere e di agire di noi, suoi discendenti spirituali.
Questo uomo di Dio, precursore
delta Riforma, era, come ben sappiamo, un ficco mercante di Lione
che viveva come tanti altri, senza
particolari pensieri religiosi; ma una
sera, durante un pranzo, vide un amico morire improvvisamente sotto
i suoi occhi. Una sìmile morte fu per
Valdo un appello da alto; e con l’aiuto di Dio, egli abbandonò la vita
spensierata di prima e le cose transitorie del mondo per dedicarsi completamente alle cose che dimorano
e che neppure la morte può distruggere; la salvezza in Cristo ed il Regno di Dio. Pietro Valdo divenne
quel grande predicatore e fedele servitore di Dio che noi tutti conosciamo.
Se 4>
Neppure noi siamo estranei allo
spettacolo della morte: esso è stato,
in tempi recentissimi, tragicamente
continuo davanti ai nostri occhi; lo
è tuttora quotidianamente in cento
modi violenti e drammatici, basta
scorrere ’je cronache dei giornali;
l’alba dell’anno 1953 con le sue guerre ed i suoi rumori di guerra, con
le sue armi atomiche, e soprattutto
a causa dell’ odio che impera ne!
mondo, si presenta a noi con angosciose visioni di morte. Eppure lo
spettacolo della morte sembra non
avere più il potere di farci riflettere
nel modo grave, virile, costruttivo
con il quale faceva riflettere Pietro
Valdo: noi non ci «convertiamo,
onde abbiamo la vita », ma proseguiamo il nostro cammino terren
comportandoci come fanciulli; se
spendiamo ancora tutta la nostra esistenza a cose che passano, fortuna,
vanità, ricchezza, opinione degli up
XVII lebhraio 1953
* * He
mini, saggezza umana. Ci affanuia;
mo a costruire con tutto ciò un edificio imponente, brillante, ma quanto fragile!
Ecco, infatti, una visitatrice, la
morte, che vibra un taglio netto tra
quel che è transitorio e quel che dimora; tra ciò che non è nulla, o è
poca cosa, e ciò che ha un valore
reale. Essa \iene come la tempesta
sulla pianura, sradieando e dissolvendo tutto quello che è soltanto terrestre: vanità delle vanità.
Indaghiamo nella nostra vita personale: non vi scopriamo, forse, con
sbigottimento a voAe, che la morte
ci troverebbe singolarmente vuoti,
mancanti? Pallida e smarrita la nostra fede; inconfessabile, talvolta, il
movente profondo delle nostre azioni, anche le mig^ori; misero e seialbo il nostro amore per i fratelli; misconosciuta da npi quella « charitas
Chris ti », che ppre l’apostolo designa come la virtù eccellente sovra
ogni altra; minima la vita dello spirito, in confronto delle passioni e
dei desideri materiali. Pietro Valdo
abbandonò ogni cosa per seguire il
Cristo, ma noi rimaniamo tenacemente attaccati aUe cose terrene, a tante piccolezze; e la rinuncia ci appare grave a tal punto che ci aggiustiamo per servire due padroni; Cristo e il mondo, per quanto il Vangelo definisca simile doppio servizio, impossibile ed assurdo.
Sì, noi abbiamo paura di seguire
il Cristo, ma in verità ne abbiamo
rinnegata la potenza che sola suscita i viventi e fedeli servitori di Dio.
« Non abbiamo noi fatto questo e
quest’altro nel Tuo nome, o Signore? », interrogano i falsi discepoli
del Cristo nel giorno del giudizio;
ed Egli risponde loro: « Io non vi
ho mai conosciuti ».
gelide, perchè manca quella fiamma che attrae e invita le anime ad
accostarvisi. Ci affanniamo a predicare, a tenere conferenze, a diffondere Fevangelo con lutti i mezzi che
la tecnica moderna ci offre e dimentichiamo di costituire una comunità calda, accogliente, neTa quale,
più della parola, parla la vita, l’esempio, il cuore. I fuochi del XVII
febbraio devono quindi ammonirci
che lo Spirito Santo, lo Spirito di
fuoco che incendiò il cuore deg’i apostoli ci deve incendiare noi pure.
Senza !o .Spi’rito non possiamo balbettare il nome di Dio, non possiamo agonizzare, non possiamo impazzire come è impazzito Pietro, Paolo
e Valdo. Senza lo spirito non possiamo ripetere le parole del Cristo
« che posso desiderare, se non che
sia già acceso! »
La vigilante attesa
scuo-etta di montagna ed aspettavo
che entrassero i fedeli. Ad uno ad
uno sono arrivaui, con la loro Bibbia ed il loro cantico sotto il braccio, e in più, un pezzo di legno.
Con gesto abituale hanno deposto
la legna vicino alla stufa. Qualche cosa dev’essere deposto e buttalo nei fuoco perchè la comunità si
riscaldi, si i.lumini, produca della
cenere e fertilizzi le anime. Non possiamo rimanere accanto alla stufa;
il nostro legno è un legno buono,
capaee di emettere molte calorie,
come il faggio, la quercia, il frassino; bisogna che entriamo nella stufa e agonizziamo ed emettiamo dei
gemiti, perchè la comunità sia riscaldata daU’amore. Bisogna che deponiamo l’io pervicace, ostinato,
intrattabile nella fornace dove la
Grazia di Dio consuma, affina, rigenera. Purtroppo la nostra missione
langue, il fuoco ' dell’evangelo non si
estende, perchè vogliamo rimanere
come i pezzi di faggio, di quercia
accanto al fuoco; ci reputiamo saggi, intelligenti, virtuosi, ma non vogliamo « rinunciare a noi stessi ».
Non ci stupiamo se altri fuochi invadono le nostre chiese e si propagano nelle nostre comunità e ne attraggano attorno ad essi i membri!
Le nostre comunità, specialmente
quelle grandi sono spesso fredde.
Una donna valdese anziana, tornata alle Valli dopo molti anni vissuti all’estero, una schietta figura di
credente, temprata da una lunga e
non facile esistenza, mi comunicava
le sue impressioni sulle Valli, dopo
sì lunga assenza: « Molti, troppi di
voi — diceva — hanno abbandonalo il Signore. Non era così, tanti anni fa, quando io sono partita: quante famiglie, di cui conobbi i genitori
ed i nonni, — persone pie che avevano messo tutta la loro vita sotto
la guida di Dio, — hanno oggi abbandonato la pietà e sono decadute,
tanto spiritualmente che materialmente, perchè le due cose si accompagnano molto più di quanto non
pensiamo ».
Perchè questa decadenza spirituale e religiosa, o valdesi?
Perchè diventano sempre più rare, per esempio, in mezzo a noi,
quelle figure di donne credenti, come colei di cui vi parlo, e che io
sorprendevo ogni mattina nella sua
camera a leggere, a meditare e pregare sulla sua Bibbia? QueTe donne forti, dignitose, capaci, ligie al
loro dovere, che soltanto la Bibbia
può formare; le quali, a loro volta,
possono trasformare intere famiglie?
17 febbraio 1953! Possa questa storica data segnare un rinnovo nella
vita spirituale di ciascuno di noi, o
addirittura suscitarla piena e viva,
pensando che gli anni si susseguono
rapidamente l’uno all’altro, e noi,
presto, non saremo più: convertiamoci finch’è tempo, mettendo il cuore alle cose invisibili che durano in
eterno, mentre le visibili non sono
che per un tempo; come Pietro Valdo, volgiamoci definitivamente al
Cristo e siamo vivificati dalla Sua
potenza.
{Voce)
Cristo ha gridato queste ultime
parole nell’orecchio dei discepoli
per esprimere la sua gioia travolgente per Fapprossimafsi de.la fine
del regno di Satana e di tormento
per le tremende prove le quali andava incontro. L’attesa della fine
dei regno di Satana e il tormento
per le tremende prove alle quali anbri della comunità primitiva: essi
attendevano il ritorno del Cristo con
esultanza e davano il loro corpo, in
pasto a.le belve, cantando e salmeggiando. Oggi, attendiamo sì un regno di Pace, di calma mondiale, ma
non attendiamo il regno del Signore, affermantesi attraverso le convulsioni del mondo che perisce. La
angosciosa attesa del Signore die. viene è avvertibile presso i settari, presso le comunità delle soffitte, meno
dignitose perciò dei nostri templi,
ma dove possiamo ancora imparare
a « uscir fuori di senno » per ritrovarci in Colui che viene.
Cristo nel pronunciare la profezia deJ.a sua Passione ha espresso
anche il suo tormento; in questo ci
è-atato-lestremanaente- vici»«L- «In
ogni cosa è "stato tentato come noi »
e « può soccorrere coloro che sono
tentati ». L’agonia, anche se prelude alla vita vittoriosa, comporta sofferenze, angoscie, tribolazioni. « Nel
mondo avrete tribolazioni; ma fatevi animo, io ho vinto il mondo ».
Lresù è profondamente umano nella sua predicazione ai discepoli e
ci consola ueUe dure battaglie della
vita presente. Penso alle comunità
pentecostali più duramente provate
in questi ultimi anni; penso ai fratelli ed alle sorelle deila dispersione, non sostenuti da una comunità
ufficia.e e più facilmente esposti alla persecuzione; penso a tutti coloro che sono impegnati in una lotta
paurosa contro il male nelle città,
nelle fabbriche, là dove esso signoreggia ed impera. Penso alle comunità delle valli più facilmente esposte alle lotte per la difesa dei valori dello Spirito.
Nel noto romanzo « Dio ha bisogno degli uomini » l’autore descrive la vita dei pescatori dell’isola di
Sein, in Bretagna. Egli narra come
essi fossero soliti, di quando in quando, di accendere dei fuochi sulla paurosa scogliera dell’isola, per attrarre le imbarcazioni sperdute nell’oceano. Accadeva così che molti battelli andassero a frantumarsi sulle
rocce angolose dell’isolotto. Gli abitanti, simili ad avvoltoi affamati
depredavano barbaramente i naufraghi, li spogliavano dei loro tesori e
poi li lasciavano vagare, con gli occhi bendati, per le vie di Sein. I
fuochi dalla scogliera di Sein ci ricordano i molti fuochi accesi nel
mondo, nelle nostre valli dove le anime dei nostri fratelli fanno naufragio e muoiono. Dobbiamo gettare
Tallarme, in oceasione della festa a
noi tanto cara! Non stanchiamoci di
pregare, di vigilare, di richiamare i
deboli, di operare. I fuochi del XVII
febbraio annunziano una verità gloriosa e nel contempo un pericolo
mortale che sovrasta su noi e le nostre comunità. Possa l’incontro di
quel giorno accostare gli evangelici
delle valli e della Penisola allo scopo di rinnovare la fiamma della consacrazione a Dio e della testimonianza gioiosa in vista del regno che viene.
Gustavo Bouchard.
3
L^ECO DELLE VÂLLT VALDEST
___%
1853 /1953
Cronaca delle Valli Valdesi
La semplice cronaca degli avvenimenti delle Valli di un secolo fa è
di notevole intéresse, oltre che per
i fatti in sè, anche per le considerazioni ed i confronti che il lettore
avveduto ne potrà trarre. Si tratta ovviamente di cronaca spicciola locale, che non ha un grati peso nella
vita e neH’attività della chiesa valdese, ma che ci rivela le preoccupazioni e la situazione del piccolo mondo delle Valli.
La festa del 17 febbraio
Essa si svolse in tutte le parrocchie del.e Valli con funzioni religiose e ricreative, durante le quali
non mancarono gli accenni di gratitudine a Dio ed al Re. « A Prarostino, ove trovaronsi riuniti i deputati di parecchie parrocchie, si' trattò dei mezzi più acconci per lo sviluppo della industria“'nelle Valli ed
una commissione venne nominata
per fare degli studi in proposito ».
Una specie di cc Pro Valli » ante litteram! Non sappiamo che gli a studii » abbiali dato altrettanto buoni
risultati...
Centro dell’attrazione in Torre
Pei lice, furono le esibizioni militari
degli studenti del Collegio: come vedeismio l’anno scorso, in occasione
del XVII febbraio a S. Giovanni era
staf.i lanciata una sottoscrizione per
provv'cdere gli alunni del Collegio
di fucili: all’anniversario del 1853
noi iroviamo i nostri studenti (quasi iiUli destinati a diventare dei paste: i!) «in uniforme, eseguire le
majcie e contromarcie militari, alle
quali è riuscito in pochi mesi a renderli abi.i il benemerito loro istruttore signor Camalero »,
In occasione della festa, gli studenti licevettero in consegna la bandiera, udirono il sermone di prammatica del prof. Koliier, che disse
loro; « Alla patria voi darete il vo>
stro- sangue,- la. vostra-vita.; al Signore dei Signori, voi darete la vostra
coscienza, ia vostra vita », e giurarono, prima gli ufficiali, poi la compagnia.
Al banchetto « semplicissimo »
presero parte 170 convitati, senza
contare gli studenti che fecero un
prasïzo al Collegio stesso sotto la sorveglianza di uno dei loro professori. « Tutto passò colla maggior tranquil ita e con la maggior decenza
che si potesse desiderare »: al levare deile mense, discorsi di prammatica del Sindaco e di altri, e canto
patriottico degli studenti : « Di battaglicii intrepidi - Noi siam drappello eletto... » ...e risparmiamo il
resto, E per finire « Tutta la moltitudine si avviò alla volta di S. Giovanni a stringere la mano ai fratelli
che ivi pure si erano riuniti a banchetto... »,
la festa del 1S agosto
Essa fu organizzata dall’Unione
Cristiana di S. Giovanni ed ebbe luogo solo il primo settembre, poiché
essendo stato scelto il luogo di Sibaud, si desiderò farla coincidere
con la commemorazione del giuramento del 1689 ivi prestato dai Vaidesi. Vi convennero oltre duemila
persone, dalle due vallate, e per la
prima volta fu cantato, naturalmente in francese, il noto « Giuro di Sibaoud », che ricevette lì la sua consacrazione. Nel pomeriggio « i discorsi, fatti quasi tutti da contadini,
si aggirarono principalmente sulla
importanza somma che la parola di
Dio venga sempre più conosciuta,
apprezzata ed attentamente meditata dalle nostre popolazioni ».
La situazione delle Valli
La situazione religiosa alle Valli
ci viene descritta nella corrispondenza del giovane pastore Giorgio
Appia, consacrato nel sinodo di quell’anno. Ecco che cosa ci dice di Angrogna: « Le travail ne manque certe pas: besoins phisiques, misères
morales, le champ est vaste et pou
exploité, soit manque d’hommes,
soit manque de fonds... Ces descendants des martyrs gémissent dans des
souffrances que tout chrétien doit
désirer faire disparaître le plus tôt
possible... Tout le monde possède
bien la Bible, néammoins elle n’est
pas réguhèrement lue, le culte de
famille est tombé en désuétude... ».
«J’ai prêché hier dans la petite
Eglise du Serre:' l’auditoire était attentif, composé en grande partie de
pauvres, surtout de femmes, qui écoutaient sans tout comprendre, je
pense, car elles ne savent pas toutes
suffisamment le français ». Ed ecco
il sua impressione su Frali: a Je
suis monté en chaire devant un auditoire de montagnards aux expressions intéressantes et attentives. Le
local n’était pas plein; les habitants
de Frai vont porter le vendredi leur
beurre et leur fromage à Fignerol
et ne reviennent que le dimanche,
après le marché du samedi... Il est
certain que si l’on compare la vie
religieuse de ces populations avec la
grandeur des souvenirs dont diles
sont dépositaires, on trouve une
grande disproportion... ».
Mi pare che le relazioni odierne
non potrebbero essere molto diverse...!
L’opera a PInerolo
In settembre la Tavola destinava
come evangelista a Finerolo Giov.
Daniele Charbonnier: lo richiedeva
il nucleo di Valdesi scesi dalle Valli
nella capitale del circondario e stava nascendo la nuova comunità. Intanto la Tavola aveva previsto già la
costruzione del tempio e leggiamo
quanto segue: « Il Consiglio Comunale (di Finerolo) delibera primieramente sovra una domanda della
Tavola Valdese per cessione di un
tratto di terreno comunale a giorno
dei pubblici viali detti il Rondò, tra
la strada vicinale detta dei Battitori
ed il nuovo mercato del bestiame,
sovra il quale terreno di proprietà
privata la Tavola si proporrebbe di
erigere un tempio... Il Consiglio ha
deliherato^all’upi^apimità, di. concedere alla Tavola, al prezzo che verrà
concordato, quella quantità di terreno comunale che rimarrà libera
nel sito sovra designato, riservandosi di vedere il progetto del nuovo
tempio,., »,
La vita ecclesiastica...
Il prof. Bartolomeo Malan fu autorizzato a stabilirsi a Nizza per l’opera tra i correligionari ed il suo
posto al Collegio Valdese fu preso
da G. B. Niccolini, il toscano rifugiato per motivi religiosi alle Valli,
poeta e scrittore. Altri due professori del Collegio, Rollier ed E. Malan, furono invitati dalla Tavola a
fare durante le vacanze un giro di
evangelizzazione nelle provincie di
Vercelli, Novara, Cuneo e a Casale,
Biella, Saluzzo e Mondovi.
In occasione del Sinodo di quell’anno furono consacrati cinque pastori, tra i quali il rifugiato De Sanctis, ben noto apologista e polemista.
...e quella politica
In dicembre, in occasione della seconda legislatura subalpina, fu nuovamente e’etto nel collegio di Bricherasio il candidato valdese Giuseppe Malan, banchiere a Torino, costruttore della ferrovia Torino-Finerolo. Egli ottenne 304 voti, mentre
il suo competitore, prof. Cesano, ne
ottenne 174. In quei tempi non si
parlava di legge elettorale, ma è cu
rioso osservare in occasione di quel
le elezioni l’atteggiamsnto del clero
I giornali cattolici di Torino anche
allora andavano dicendo che le pros
sime elezioni sarebbero state questio
ne di vita o di morte per la chiesa
e pubblicavano la circolare (redat
ta allora in latino) dei Vescovi ai
loro dipendenti. Essa diceva: «Tutti hanno l’obbligo di votare, e non
debbono dare il voto all’impensata,
nè seguendo il consiglio di chicchessia; il candidato dev’essere degno e
garantire di essere non un ateo, non
un liberale, ma un candidato che
possa difendere i sacri valori ecc. ».
Esattamente come quelli di oggi...
Tempora imitantur...: ma gli uomini sono sempre quelli...
Augusto Armano Hugon
Un amico provvidenziale dei Valdesi
I Valdesi hanno avuto, nel loro
passato, dei nemici accaniti specie
fra i politici e gli ecclesiastici; ma
più forse fra questi ultimi, in ambiente cioè dove in apparenza meno dovrebbe allignare l’odio verso i
propri simili, verso i cosidetti fratelli, anche se separati da differenze
più o meno profonde negli articoli
di fede e nei problèmi dello spiritq.
Donde tutte le persecuzioni, le angherie, i soprusi di cui essi furono
oggetto attraverso le vicende secolari della loro esistenza come chiesa.
Ma in compenso, e si può dire
proprio in conseguenza di tale osti- ,
lità, un po’ dovunque e in ogni ceto
sociale sono sorti degli amici e dei
benefattori che hanno cercato di riparare al male ed al danno che le
ostilità subdole o la guerra aperta
aveva loro r<;cato. E à questi numerosi amici, ispirati da Dio, deve andare la nostra profonda gratitudine:
perchè è pure per opera loro che
j Valdesi hanno superato una dopo
l’altra le loro arditó prove e sono
pervenuti al godimento 'delle libertà di cui godono oggi.
il "maestro delle poste,,
di Leida
Fra questi amici e benefattori
provvidenziali, uno ve n’è del quale
desideriamo oggi brevementi; rii-ordare le benemerenze incontestabili
e generalmente poco note.
Si tratta dell’olandese Nicola Clignet, vissuto nella seconda metà del
600 e nel primo quarto di secolo
del 700, e conosciuto come «maestro delle poste » di LeyRa.
Nicola Clignet era nato in quella
città, il 14 aprile 1643, in una famiglia patriarcale, che ebbe ben 18 figliuoli, ma dei quali, nel 1687, sopravvivevano cinque soli; fra i quali il nostro Nicola, una sorella rimasta nubile, Elisabetta (probabilmente quella a cui accenna Arnaud), un
fratello Ermanno, un’altra sorella.
Enrichetta, che andò sposa nel 1690
ad Enrico Du Rieu, ed un quinto
di cui non conosciamo i) nome.
Non sappiamo nulla di lui fino al
momento in cui egli, appena ventenne, iniziò quella carriera che gli
doveva dare nella sua patria una giusta rinomanza ed una invidiabile posizione economica e sociale. Egli fu
infatti il riorganizzatore del servizio
postale della sua città natia, ove iniziò l’opera sua rinnovatrice verso
la fine del 1663: nell’anno in cui
Giovanni Léger, accettando la vocazione della Chiesa riformata di quella città (che per ben quattro volte
gli aveva rivolto il suo appello) vi
era stato installato il 25 febbraio.
Negli anni successivi egli seppe
accrescere con grande perseveranza
ed alacrità la sua inteUigente attività, per rendere sempre più rapido
quel servizio pubblico, cercando soprattutto di renderlo indipendente
da Amsterdam che aveva allora, se
non il monopolio delle comunicazioni con l’estero, almeno una parte
preponderante ed un vero primato.
La sua instancabile attività fu presto ricompensata: chè nel 1666-67
(periodo della' ^éìrra accanita fra
l’Olanda stessa e l’Inghilterra) il servizio delle poste passò a poco a poco completamente nelle sue mani,
essendo stato licenziato il suo competitore, Adriano du Moulin. Di modo che egli fu presto solo a disimpegnare il servizio postale fra la città di Leida e le altre dei Faesi Bassi,
ed anche fra l’Olanda meridionale e
le città dell’estero.
La sua operosità e diligenza vennero riconosciute specialmente verso il 1672 e durante la guerra fra
l’Olanda e Luigi XIV, il quale, approfittando delle lotte intestine nelle provincie olandesi, aveva assalito
i Faesi Bassi, duramente provati dalla guerra precedente, con la speranza di abbatterne la potenza e d’impadronirsi di quella corona, per appagare i suoi sogni di potenza e di
grandezza.
Egli tenne quell’impiego fino al
1714, anno in cui chiese di esserne
esonerato, proponendo un suo nipote per sostituirlo: probabilmente
perchè non si sposò o non ebbe figli. La proposta fu accettata dal ma
Per le vittime deii’immense disastro
deii’Oianda, inghiiterra e Deigio
L’immane sciagura che ha colpito Tlnghilterra, l’Olanda e il
Belgio ha suscitato un senso di angoscia e di viva solidarietà fraterna nel cuore di tutti gli uomini.
Quando si trattò del Polesine si verificò lo stesso fatto nei
nostri riguardi e noi non possiamo dimenticarlo.
La Chiesa Valdese, che annovera fra le popolazioni dei paesi colpiti molti fedeli amici, ha consacrato le offerte della Domenica 8 Febbraio a soccorrere tanta sventura, e tutti i Pastori
riceveranno^ ancora con gratitudine gli eventuali singoli doni offerti allo scopo, onde poter presentare un’unica sostanziale offerta.
Si raccomanda vivamente la tempestività, affinchè la somma raccolta possa essere trasmessa senza ritardo, e cioè mentre
il bisogno è più urgente.
Il Moderatore :
Achille Deodato.
gìstrato di Leida e cosi Roberto di
Neufvüle, di 44 anni, succedette allo zio nella direzione del servizio
postale deUa sua città, fino al 1734.
Nicola Clignet mori a Leida, il
7 ottobre del 1727, ottantaquattreime.
Uomo di fede
e filantropo
Ma per noi, del Clignet, non interessa tanto l’opera tecnica come
riorganizzatore fortunato deRe poste
del suo paese, quanto la sua persona, la sua qualità di cittadino privato e di credente, che mise la sua
opera e le sue risorse finanziarie a
disposizione dei correligionari perseguitati.
Egli fu infatti grande amico di
tutti i rifugiati per motivi di fede
e fu anche, per diversi anni, tesoriere della Commissione che era stata creata nei Faesi Bassi, dopo la
revoca dell’editto di Nantes, per venire in soccorso alle centinaia di migliaia, dL reiigionari che erano stati
costretti ad abbandonare la loro patria per motivi religiosi.
Ma il Clignet si' interessò particolarmente dei Valdesi costretti all’esilio negli anni del 1686-87, fra i
più tragici della loro storia. Infatti,
senza la sua opera preziosa di intermediario fra gli Stati generali ed
il loro agente generale in Svizzera,
Gabriele de Convenant, da una parte, e le Autorità svizzere e valdesi
dall’altra, i Valdesi non avrebbero
assolutamente potuto effettuare il
Rimpatrio del 1689. ‘
Lo dichiara onestamente Enrico
Arnaud, nella « Histoire de la Glorieuse Rentrée »... ove dice testualmente: « C’est Monsieur Clignet...
qui envoya à ces pauvres gens de
l’argent pour acheter les choses nécessaires pour cette entreprise; et je
puis dire ici à sa gioire que sans lui
la chose aurait été impossible ».
Grande è dunque il debito di riconoscenza che i Valdesi hanno contratto all’epoca del Rimpatrio con
il Clignet ed i correligionari olandesi, e del quale non ci potremo sdebitare mai. Ma l’amore del « maestro delle poste » di Leida si manifestò verso i nostri antenati in altre
circostanze ed in altri modi. Non solo infatti il Clignet perorò la causa
dei Valdesi negli anni dell’esilio e
del loro soggiorno in terra straniera, non solo egli rese possibile l’intervento tempestivo dell’Impero a
fianco del duca''di Savoia, contro la
Francia, all’epoca della lega di Augusta, con un prestito senza interessi della somma di oltre 100.000 fiorini olandesi; non solo egli assistè,
unitamente ad una sorella, su grande scala numerosi francesi e valdesi, ma anche più tardi continuò ad
interessarsi attivamente di quest’ultimi.
Cosi nel 1708 egli diede ampie informazioni, al sinodo vallone di Amsterdam, degli intrighi e dei maltrattamenti che venivano fatti ai Valdesi, durante l’effimera repubblica di
S. Martino, e continuò fino alla sua
morte ad agire in loro favore.
Infatti, l’anno precedente alla sua
scomparsa, nel suo testamento, egH
manifestò ancora il suo profondo attaccamento ai Valdesi ed il suo vivo
interesse alla loro sorte spirituale,
destinando un lascito cospicuo alla
4
4: —
L’ECO OELLE VALLI VAIDISI
----------4-—--------
Chiesa italiana di Ginevra, i ^ interessi dovevano essere devoluti per
aiutare i giovani valdesi desiderosi
di studiare teologia in (juella Università, allo scopo di esercitare poi
il loro ministerio pastorale nelle chiese delle Valli natie. S
Antonio Clignet
ed i valdesi.
N'
Come dunque si può spiegare questo persistente interesse del Cli^pet
verso i Valdesi?
Un cosi profondo amore per i nostri antenati ed una sì intima conoscenza delle loro necessità, non dev’essere stato casuale; deve avere avuto una origine di carattere personale, che per ora non è documentabile. Ma non pensiamo di essere
molto lontani dal vero se esprimiamo la supposizione che il Clignet abitasse nei pressi della chiesa di S.
Pietro, nePa quale era stato battezzato, e nelle vicinanze della quale
sappiamo che lo studente Enrico Arnaud, negli anni 1667-68, quando
dalla Svizzera si era recato nei Paesi Bassi a continuarvi i suoi studi
di teologia, aveva preso alloggio, nella casa del marchese di Haucourt,
influente rifugiato francese.
I due erano coetanei, essendo nato FAriiaud nel 1641, nel 1643 il Clignet: erano entrambi zelanti riformati ed erano gli anni in cui il Léger teneva desta la simpatia olandese verso le Chiese valdesi del Piemonte. E’ quindi assai probabile che
i due giovani iniziassero fin da quegli anni la loro conoscenza e si legassero di salda amicizia : frutto
della quale sarà non solo l’approvazióne incondizionata dello Stato e
dei Paesi Bassi, di Guglielmo III, al
progetto di rimpatrio dei Valdesi, il
provvidenziale contributo finanziario del mnostro delle poste di Leida,
che rese possibile ai Valdesi il loro
ritorno in patria, nel 1689, ma ancora quel generoso lascito di 10.000
fiorini alla Chiesa italiana di Ginevra, i cui interessi dovevano permettere di erogare ogni anno una somma sufficiente per coprire le spese
di studio, presso l’Accademia ginevrina, di uno studente valdese che
si destinasse al ministerio pastorale
nelle Valli natie.
Queste due azioni generose del Clignet hanno avuto per i Valdesi degli effetti d’incalcolabile portata, di
cui ognuno può agevolmente rendersi conto solo che pensi all’importanza del Rimpatrio per la continuità
storica delle Chiese valdesi, ed al
numero dei pastori che dal 1728 fino al 1855 frequentarono l’Accademia di Ginevra in vista della loro
preparazione pastorale.
Per cui dobbiamo essere riconoscenti al Signore di averci suscitato
nel passato degli amici come Nicola
Clignet che hanno in vario modo
e grandemente contribuito a salvare
i Valdesi dalla rovina completa e a
tenere così accesa la fiaccola della
fede.
T. G. PoNS
Il Troleo “Inrico Cay„
a Prali
Organizzato dalla S. P. E. S. si è disputato domenica 18 gennaio a Prali il t ofeo
« Enrico Gay », offerto dalla famiglia dell’eroico caduto.
Il trofeo è stato vinto dall’UGV di Prali, grazie agli ottimi tempi realizzati nella
gara di fondo dai giovani Rostan Ettore e
Richard Sergio: al terzo posto, anch’egli
con un brillante tempo, Monnet Remigio
di Angrogna, La gara di discesa, disputata
nel pomeriggio, ha visto al primo posto
Migliori Bruno, di S. Giovanni, seguito
da Maurin Aldo, di S. Germano. La conca
di Prali si è presentata agli intervenuti in
una smagliante luce di sole e di neve, degna cornice alla manifestazione, la cui riuscita deve essere valutata non solo in lelazione agli ottimi risultati sportivi, ma
anche allo spirilo che l’ha pervasa: non
agonismo fine a se stesso, ma emulazione
leale nella reciproca consapevolezza delle
singole capacità. Essa ha inoli g posto in
rilievo le stupende possibilità che Pra'.i
ed Agape, con la sua efficiente attrezzatura, offrono per incontri di questo genere.
Un vivo ringraziamento al Pastore di
Prali, che. con un leggero spostamento di
orario, ha voluto consentire agli intervenuti di iniziare la splendida giornata con
la partecipazione a] culto; alla famiglia
Gay, alle autorità locali, a] sig. Marcoz,
prodigatosi per la buona riuscita della competizione, ed al giovani atleti, i quali,, con
la loro partecipazione, hanno voluto degnamente onorare la memoria di un nostro
giovane, il cui ricordo rimarrà vivo nel
cuore di quanti lo hannp conosciuto ed amato. A, R
■ vaa..'
I
PADRI
In questo clima di celebrazione Valdese che Ijv XVII Febbraio
p<»ta con isè, mi è accaduto di rileggere una pagina di J. Wittig che,
per una curiosa associazione d’idee mi ha fatto pensare e ripensare,
per contrasto, ad un certo tono encomiastico delle nostre celebrazioni. Ecco la pagina, tradotta con qualche approssimazione:
cc Molti uomini credono che dove viva qualcosa di divino o di
santo, anche subito si debba manifestare qualche lìice esteriore; per
10 meno essi esigono qualche esteriore straordinaria virtù, un’angelica
gentilezza, delicatezza, mansuetudine. Così, per lo più, il N. Signor
Gesù Cristo ed i Santi vengono comunemente rappresentati come se
essi uscissero da una laboriosa seduta con un parrucchiere fuori serie, mi si perdoni l’irriverenza del paragone... E questo mi dispiace
e mi irrita. Il santo e il divino non possono esser cosi; intorno al
capo del, frmciullo Gesù non ha certo mai potuto risplendere un’aureola luminosa; egli era un vero fanciullo come tutti gli altri (in tutto
uguale a noi, tranne nel peccato). Ma poiché gli uomini credono che
11 santo ed ip divino debba sempre, in qualche modo, risplendere di
luce sovrannaturale, essi tirano avanti, senza riconoscerlo... ».
i' ■
e e *
■
Non vogliamo qui aprire una polemica sulla stòria valdese, tanto
più che ci soccorre una affermazione di uno dei più grandi cristiani
del nostro tempo, che vive la sua fede nei suoi libri; è nella sua opera
missionaria : « La storia è la balia delle più grandi menzogne ed arbitri; quando l’uomo non sa più a che santo votarsi, per puntellare
le sue fragili impalcature, ricorre alla storia ».
E la storia generosa soccorre! Gli esempi non mancano e non
staremo a citarne. Nel caso nostro, riteniamo che non sia stata e non
sia la storia Valdese una balia, generosa distributrice di episodi sapientemente manipolati; abbiamo l’impressione che ci sia invece
come una incomprensione.
La storia valdese è rimasta quella che è: fedele e critica esposizione, ma il clima ha imposto, alle celebrazioni, un’atmosfera irreale.
Si vuole, al XVII il dramma valdese in cui le virtù dei padri, la purezza delle figlie, la modestia delie madri devono trionfare.
Il pranzo tradizionale si chiama sempre cc l’agape fraterna », anche se di « agape» ha conservato ben poco, ed i comitati locali devono affannarsi a contenere nei più ristretti limiti il prezzo del pranzo, pur sviluppando al massimo il cc menu ».
I discorsi celebrativi sono sempre degni del • giorno fatidico:
Riconoscenza, libertà, progresso, immancabile trionfo, belle sonanti
parole.^ ^ ,,
E i fuochi di gioia sono sempre più numerosi (e rumorosi!); c’è
tutto un crescendo impressionante di coreografia, sconosciuta per il
passato: mortaretti, fuochi d’artifizio.
Anche questo un segno d^ tempi!
Il fuoco: la fiamma viva che sale nel cielo stellato; promessa di
vita ardente, che si consuma nel servizio.
La cenere : tutto quel che rimane di un cc falò » ; anche di una
promessa; anche di una vita; un po’ di cenere, molta cenere che il
vento porta via!
Il fuoco: la Chiesa vivente!
La cenere: la Chiesa che è morta!
* * *
Molti anni or sono, ad un convegno giovanile, un pastore parlò
di « quelli che non furono fedeli », ai piedi del monumento di Chanforan. La cosa fece scalpore! Perchè ricordare i debon, i pavidi?
Perchè?
Perchè, per fortuna, ce ne sono stati!
Non ti scandalizzare, amico lettore!'
I nostri padri non erano dei superuomini, non giravano con l’aureola intorno al capo!
Erano dei poveri uomini, come noi! Che amavano la loro terra,
il loro lavoro, come noi! Degli uomini cui sanguinava il cuore quando
dovevano lasciar le loro valli, come a noi! Degli uomini die difendevano i loro interessi, come noi! Che non andavano d’accordo
coi loro vicini, come ned!
Come noi!
Eppure Dio si è servito di loro!
Eppure Dio li ha conservati e salvati a traverso i secoli, piccolo
pugno di poveri uomini che erano solo come noi!
Cioè:
dunque Dio può servirsi di noi che siamo come loro;
dunque Dio può conservare e salvare anche noi, piccola Chiesa
in un mare in gran tempesta!
« « «
Non temere, amico valdese, che, il XVII Febbraio, ti senti piccolo piccolo quando ascolti l’esaltazione delle virtù dei padri !
E dici: Allora i giganti camminavano sulla terra!
E guardi, dubbioso, le fiamme che salgono verso il cielo.
Non erano giganti!
Erano uomini!
Uomini che sapevano piegare i ginocchi davanti al loro Dio.
Non temere: accendi il tuo lumicino ed esci nella notte; non nascondere la lampada sotto il mòggio; qualcuno ha bisogno della tua
luce!
o. /.
la voce delle Coeieeltà
Angrogna (Capoluogo)
Domenica pomeriggio, 1 febbraio, hanno avuto luogo i funerali del nostro fratello Bertin Aliredo deceduto improvvisamente all’età di 36 anni agli Stalliats di
Luserna S. Giovanni dove si era stabilito
con la sua famiglia. Il gran numero di persone che ha partecipato al servizio funebre
nel nostro Tempio è stato una eloquente
testimonianza di quanto il nostro fratello
fosse stimato ed amato da tutti noi.
Alla famiglia ed ai parenti tutti ridiciamo la nostra viva, fraterna simpatia cristiana invocando su loro le benedizioni di
Colui che ci sostiene e ei consola efficacemente in ogni nostra prova ed afflizione. e. a.
Rorà
Nel mese di dicembre abbiamo celebrato
il battesimo di Tourn Elda, di Gentile e
di Tourn Amabile, del quartiere dei Rumé. 11 Signore benedica questa bambina.
Nel mese di dicemore aboiamo celebrato
il matrimonio, col rito religioso di Durand
Nella e Jean-Pierre Bonnet; gli sposi si
sono stabiliti in Isvizzera, patria dello sposo. Formuliamo per questo focolare che
s’è formato i nostri auguri migliori, perchè
possano costruire la loro casa sulla roccia.
Nei mesi autunnali abbiamo avuto la
gioia di udire la predicazione dello studente in teologia Tourn Giorgio, dell’anziano
di Torre Pellice Aldo Varese, dell’anziano
di Rorà Aldo Tourn. Esprimiamo la nostra
profonda gratitudine a questi nostri amici,
per la loro preziosa collaborazione. Dicia
mo pure un grazie sincero all’anziano Va
rese per il messaggio rivolto aU’unione del
le madri delle Fucine.
Nel mese di Novembre lo studente uni
versitario Dario Varese ha tenuto una inte
ressante conversazione all’unione del Cen
tro di Rorà.
Npl mese di Gennaio il segretario gene
rale della F.U.V. Franco Sommani ha visi
tato la nostra unione del centro; egli ha
rivolto un messaggio di attualità e s’è viva
mente interessato ai problemi della nostra
unione, specialmente dell’erigenda sala.
Siamo lieti che le unioni, mediante il suo
interessamento, possano venirci incontro,
nel segno della solidarietà cristiana. A tutti
coloro che ci aiuteranno diciamo un grazie
di cuore. In qu -sti giorni la gioventù ro
renga ha lavorato con entusia.mo ammire
vole, compiendo una fatica non comune
nel trasportare uno notevole quantità d
pietre da costruzione dalle lontane cave
Siamo fiduciosi che la sottoscrizione lan
ciata due mesi or sono possa portare molt
frutti. Mandiamo una parola di vivo inco
raggiamento ai nostri amici, incaricati del
la raccolta delle offerte. Ringraziamo sen
titamente il segretario della F.U.V. per la
sua visita, nonché l’amico nostro Dario Va
rese, per il suo messaggio.
In prossimità del XVII febbraio deside
ro inviare a mezzo dell’Eco delle Valli un
saluto fraterno a tutti i rorenghi lontani, a
tutti i nostri amici villeggianti, con l’augurio d’una celebrazione ricca di benedizioni
dall’Alto.
Pramollo
U 2 novembre stato amministrato il
battesimo alla piccola Paola Ribet di Ferdinando ed Olga, dei Bocchiardi.
Il Signore la benedica abbondantemente insieme ai suoi genitori che in quel giorno hanno pure celebrato il decimo anniversario del loro matrimonio.
Sono stati uniti ip matrimonio Bounous
Franco e Plavan Fpna, di Pomeano. La
cerimonia ha avuto luogo il 24 gennaio.
Formuliamo per questi due cari sposi
l’augurio di una lunga vita felice vissuta
sotto la sguardo del Signore.
Ci ha ultimamente lasciato, per dirigersi verso le lontane terre dell’America del
Sud, ¡1 nostro giovane fratello Bouchard
EU, di Emilio, dei Bocchiardi. L’Unione
Giovanile e la Chiesa perdono in lui uno
dei loro fedeli meiùbri. Lo accompagnano
i nostri voti più sinéeri e l’augurio di ogni
benedizione nella nuova attività
I nostri scomparsi.
II 16 gennaio abbiamo accompagnato al
campo del riposo le spoglie mortali di Susanna Travers ned., nata Ribet, dei Ciauréng. Colpita da grave infermità parecchi
mesi Or sono, essa è andata lentamente
spegnendosi ,j
Alle due figlie, già precedentemente tanto provate nei loro affetti più cari, noi ripetiamo ancora tutta la nostra sentita e
fraterna simpatìa
Per la Casa delle Diaconesse
Ojferte in memoria di Margherita RibetGiampiccoli:
Le sorelle e le nipoti L. 100.000 — Ing.
Roberto e Giorgio Turin 5.000 — Linette
ed Emilio Decker 3.000 — Marta Turin 500
— Dr. Michele Talmone (anche in mem.
di Albertina Talmone) 10.000.
Dir. Resp. Ermanno Rostan
Autorizzazione Decreto 27 - XI - 1950
Tribunale di Pinerolo
Tip. Subalpina, s. p. a. - Torre Pellice
La vedova e la famiglia dell’indimenticabile
Enrico Daniele Monastier
commossa per la grande dimostrazione di
stima e d’affetto ringrazia tutti soloro che
hanno preso parte al loro dolore. In special
mo al Pastore Teofilo Pons, che lo sostenne moralmente durante il lungo periodo
di sofferenza e la Società Combattenti che
intervenne con la bandiera.
Angrogna-Serre, 16-1-1953.
Domenica 25 gennaio, nella Casa Valdese delle Diaconesse, a Torre Pellice, ha
terminato la^ sua esistenza terrena
MARGHERITA RIBET
vedova Giampiccoli
Profondamente afflitti, ma sorretti e confortati dalla fede_ comunicano la dolorosa
notizia: la sorella Emilia Ribet; la sorella Edina Ribet con il marito prof. Ernesto
Comba e la iiglia Nella Vacatello; la cognata Bianca Ribet-BigRardi col marito
ammiraglio C. Bigliardi e le figlie Luciana
Driussi-Ribet e Giovanna Corsi-Ribet; i figli di Ernesto Giampiccoli: Renato, Maria
e Lisa Coisson; le famiglie Turin, Ribet,
i pronipoti, i parenti tutti e la fedele Lidia Fontana.
Il servizio funebre ha avuto luogo nel
Tempio Valdese di Torre Pellice martedì
27 corr., e la cara salma è stata tumulata
nella tomba di famiglia del cimitero di San
Giovanni.
La famiglia esprime la sua commossa
gratitudine per le affettuose cure prodigate nella Casa delle Diaconesse durante la
lunga malattia e ringrazia sentitamente il
pastore Ern. Ayassot per la sua assistenza
spirituale, come pure i pastori Paolo Bosio,
di Torino^ e Rob. Jahier, di San Giovanni,
nonché tutti coloro che hanno dimostrato
la loro simpatia cristiana intervenendo ai
funerali ed inviando offerte "in memoria"
alla Casa delle Diaconesse.
« Dimenticherai le tue sofferenze »
(Giobbe 11: 16)
« L’Eterno sarà la tua luce in perpetuo » (Isaia 60: 19)
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Dott. DANIELE ROCHAT
riceve in Torre Pellice viale
Fuhrman 1 (presso Dr* Gardiol)
il venerdì*
dalle ore 10 alle 1%
a Torino riceve gli altrigiorni,
dalle ore 14,30 alle 16 in via
Berthollet, 36 iOspedaleEvan/
gelico ).
La redazione si associa al doloroso lutto
ed esprime ai familiari la sua sentita simpatìa.
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Dr. EMILIO FATTORI
Medico Chirurgo
Riceve: Mercoledì dalle ,ore 9-12
Sabato dalle ore 15-19
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