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Anno 125 - n. 49
15 dicembre 1989
L. 900
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Gruppo II A/70
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a : casella postale - 10066 Torre Petlice
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
LA LEGGE SULLA DROGA
PREMIO NOBEL PER LA PACE 1989
Puniremo le vittime?
Tribunali in luogo di servizi
sociali, comunità terapeutiche
(in alternativa alla prigione) come mezzo di correzione. Abbiamo la nuova legge sulle tossicodipendenze.
E’ inutile esporre qui nei particolari il contenuto del testo
approvato dal Senato, già ben
noto ai più per averlo letto sulla
stampa quotidiana e per il vivo dibattito politico che su questo tema si è sviluppato negli
ultimi mesi. Basta ricordare che
quello che fa di questa legge
qualcosa di diverso dalla precedente disciplina (che risale al
1975) è la illiceità dell’uso « voluttuario » delle sostanze stupefacenti e la punibilità dei trasgressori con sanzioni amministrative e penali.
Molte sono state le argomentazioni, da parte dei molti oppositori del progetto, per evitare quella che è stata considerata una innovazione al tempo
stesso impraticabile, inopportuna, e soprattutto ingiusta.
Contro la punibilità si è schierata la sinistra, ma perplessità
profonde si sono avute anche
nella stessa DC (concretizzatesi
poi in alcuni voti contrari al Senato e in opposizioni annunciate alla Camera dei deputati). Intellettuali, studiosi del problema,
le ACLI e settori della chiesa
cattolica, hanno fatto sentire la
loro protesta. Due vescovi, mons.
Luigi Bettazzi e mons. Aldo del
Monte, alla vigilia del voto in
Senato hanno preso posizione
in favore di interventi di prevenzione del fenomeno droga, e
non di punizione dei consumatori, considerati le vittime.
Il papa stesso non si è sentito
di avallare lo slogan « Drogarsi
è illecito », inalberato dalla manifestazione del 5 novembre guidata sotto le sue finestre da Vincenzo Muccioli e don Pierino
Gelmini. Ma un’importanza ben
maggiore ha la critica di chi vive
a contatto coi tossicodipendenti,
e ha fatto di questo lavoro lo
scopo della sua vita: gli operatori dei centri antidroga e della
grande maggioranza delle comunità terapeutiche con in testa
don Luigi Ciotti, fondatore del
Gruppo Abele, e don Mario Picchi, del CEIS di Roma.
La Chiesa valdese esprimeva
alcuni anni fa una commissione,
che nella sua relazione prendeva posizione contro la criminalizzazione dei tossicodipendenti:
su questa base si registrava un
largo consenso nelle chiese vaidesi e metodiste.
Il nuovo testo di legge, come
si diceva, è stato tacciato di impraticabilità, inopportunità, ingiustizia.
Impraticabilità perché la nostra struttura giudiziaria non
l’cggerà aH'impatto del gran numero di processi che deriveranno dall’applieazione della legge:
basti pensare alle difficoltà e alle lentezze già esistenti.
Inopportunità perché è illusorio pensare di dissuadere una
persona dal drogarsi con la minaccia del carcere e perché l’attenzione alle piccole trasgressioni (i processi ai consumatori)
impedirà alla macchina della
giustizia di concentrarsi con efficacia sui reati connessi con la
produzione e col grande traffico
c spaccio della droga, nonché
sui reati economici connessi (e
sportazione di capitali, riciclaggio), cioè su quei reati sui quali occorre intensificare realmente le indagini di polizia e la
persecuzione in sede giudiziaria.
Ingiustizia perché lo Stato,
troppo spesso impotente contro
i veri colpevoli di questo gravissimo fenomeno sociale, è incapace di sviluppare un programma di prevenzione basato soprattutto suUa soluzione della
questione giovanile, in qualche
modo cerca un alibi nella punizione di quelle che sono le vittime di uno stato di cose per più
aspetti ad esso stesso addebitabile. Il giudice Franco Ippolito
così si esprime in un intervento al XX congresso dell’Associazione nazionale magistrati italiani: « Ci preoccupa la colpevolizzazione di una condizione
di dipendenza delle persone con
l’introduzione di una forma inedita di processo pedagogico, ...lesivo di ogni garanzia perché ripropone la mai spenta illusione
della pena terapeutica. Con questa legge si reprime una condizione della persona e si stravolge il ruolo stesso del giudice in
bilico tra quello di un maestro
e quello di un esperto di trattamento » (Perula, 8 dicembre
1989): a giudizio di un tecnico
la legge è dunque una stortura
sul piano giuridico.
Non si può che concordare
con tutte queste considerazioni,
e eon quelle che gli operatori
dei centri e delle comunità svolgono in rapporto alla condizione umana dei soggetti (e particolarmente dei giovani) colpiti
dal flagello della droga. Il timore di una denuncia li allontanerà sempre di più dai centri e dalle comunità, facendo loro mancare quella mano tesa che per
Marco Tullio Fiorio
Dalai Lama: la
comincia dal
vera pace
tuo cuore
Riconoscimento alla resistenza nonviolenta di un popolo, depositario
di grandi valori spirituali, che oggi cerca dialogo e solidarietà
(continua a pag. 4)
Il Dalai Lama, nella biografìa
diventata best seller che Hicks e
Chogyam gli dedicano, si dice
sicuro di tornare in Tibet e che
la maggior parte della popolazione è convinta che non manchi
molto al rientro del grande leader buddista. « Se in Cina ci fosse Gorbaciov — commenta Erberto Lo Bue, docente di tibetologia airUniversità di Milano —
il Dalai Lama tornerebbe nel suo
paese, da trentanni occupato dai
cinesi. In realtà, specie dopo il
massacro di Tien an-Men, non ci
sono garanzie per il governo teocratico del Dalai Lama, che continuerà a vivere in esilio in India ».
Grande oceano di saggezza,
questo il significato del titolo
religioso di Dalai Lama. Nato in
una povera famiglia di contadini,
il suo vero nome è Tenzin Gyathso e dai calcoli astrali dei saggi buddisti è stato scelto come
quattordicesimo di una stirpe di
maestri che inizia nel 1391. Proprio quest’anno il Dalai Lama è
stato insignito del premio Nobel per la pace. « Mi pare una
ottima scélta — continua Lo Bue
— anche perché il Dalai Lama
è diventato un simbolo della resistenza nonviolenta al sopruso
e all’invasione. E' una figura carismatica che all’interno della
religiosità buddista ha una sua
grande valenza positiva da proporre anche sul piano dei comportamenti morali ».
Il Tibet come nazione esiste
da duemila anni e i Dalai Lama
l’hanno governato per oltre quattrocento. Invaso militarmente alla fine degli anni ’50 dalla Cina,
1’« altro Tibet » vive oggi in esilio e il Dalai Lama è il portavoce autorevole di sei milioni di
persone. Il Tibet, prima dell’invasione cinese, era considerato
uno dei più arretrati del mondo
sul piano materiale, ma uno dei
più avanzati sul piano spirituale. A che punto stanno le cose?
I cinesi distruggono
popolo e tradizioni
Felizitas von Schoenborn, giornalista di Ginevra, è riuscita recentemente ad intervistare per
conto del p>eriodico protestante
« Reformiertes Forum » il Dalai
Lama al quale ha posto, come
prima domanda, la questione del
destino del Tibet. « La situazione in Tibet è tesa — ha risposto
il Dalai Lama —; se nulla cambierà i tibetani sono destinati a
diventare minoranza nel proprio
paese. L’assimilazione al comunismo cinese comporterà non solo la fine di un’etnia, ma anche
la scomparsa di un’antichissima
cultura. Per salvaguardare queste due ultime realtà tutto il
mondo è responsabile ».
Il marxismo, che avrebbe dovuto sostituire la fede buddista,
non ha funzionato. A distanza
di generazioni, malg^rado i vari
AVVENTO - 4
Il mistero del domani
« Ma, secondo la sua promessa, noi aspettiamo nuovi cieli e nuova terra, nei quali abiti la
giustizia» (2 Pietro 3: 13).
Fra pochi giorni celebreremo Natale: inni e
corali esprimeranno la venuta e la manifestazione
del Signore. La sua sovranità si manifesterà nell’umiltà del Fanciullo che ci è stato dato, e che è
chiamato a ridare un senso alla vita degli uomini, al creato visibile ed invisibile.
Ma Natale viene, nelle chiese cristiane tutte,
da quelle più antiche alle più recenti, in modi
diversi. E la Bibbia conferma questa varietà con
le più varie' letterature: storica, poetica, sapienziale, apocalittica. La quarta, domenica dell’Avvento ci richiama alla predicazione apocalittica.
Il mistero del domani è forte nel cuore dell’uomo
e esplode con la forza della predicazione del « giorno del Signore » del profeta Amos, con le immagini grandiose di Ezechiele, con i tempi infelici o
gloriosi di Daniele, coronati dalla vittoria del Figliuolo dell’uomo, con le Apocalissi dell’Evangelo
di Matteo (cap. 24), con l’Apocalisse di Giovanni
e con la piccola seconda lettera di Pietro. Siamo
al margine dei libri riconosciuti canonici, e ad
indicare alla chiesa i libri di una chiara rivelazione che guida il popolo di Dio in mezzo alle
contrarietà di una storia non maestra di vita, ma
teatro delle più gravi contraddizioni e delle pazzie collettive. Particolarmente attenta è la nostra
k
generazione alla « fine dei tempi »: la terra e i
cieli diventano malsicuri, i terremoti spezzano la
serenità della gente colta o non colta, spariscono
i frutti più belli dell’arte e della tecnica.
Ma il tempo di Avvento è vissuto da una cristianità che ha ricevuto una promessa: Dio interverrà nella storia delle creature terrestri, nel passare dei secoli e al di là ed al di sopra dei nostri
calcoli. Così anche la più piccola comunità di
fede riempirà la propria vicenda di una speranza: noi aspettiamo nuovi cieli e nuova terra, nei
quali abita la giustizia.
La maggior parte delle nostre confessioni di
fede sottolineano l’utilità di chiarezza teologica:
la formula trinitaria, la incarnazione della Parola di Dio, le definizioni mai finite delle due nature di Cristo, della loro unione fra quella umana e quella divina. Ma la piccola virtù, la speranza (come la chiamava il poeta Charles Péguv),
non può essere definita: è al margine della nostra esperienza, è sul confine fra il conoscibile e
l incono.scibile. Non è definibile, ma ogni tempo
prende da lei il suo profilo, la sua misura, il suo
canone. « Se abbiamo sperato in Cristo per questa vita soltanto, noi siamo i più miserabili di
tutti gli uomini» (I Cor. 15: 19). Vivere la speranza nel tempo che passa, nella perseveranza e
nella chiarezza, è la semina alla quale siamo
chiamati.
Carlo Gay
travasi di popolazione operati
dai governi cinesi, il popolo
tibetano coltiva il proprio attaccamento alla tradizione buddista. Il proselitismo è sostanzialrnente proibito e la forzata
coabitazione con i cinesi continua a rimanere una questione
dolorosamente aperta. Il problema è complicato dal fatto oggettivo che la Cina in Tibet non
ha portato solo distruzione (specie dei meravigliosi monasteri
dell’antichità), ma ha introdotto
nuove tecniche agricole e un inizio di organizzazione sociale moderna. C’è chi accusa i vari Dalai Lama che non avrebbero fatto altro che occuparsi di questioni .spirituali, mantenendo il
popolo in una posizione di sottomissione ai monaci e chiudendo il paese a ogni novità e rinnovamento.
« Sono convinto — dice il Dalai Lama sul ’’Reformiertes Forum” — che paesi poveri come
il nostro necessitano di un certo sviluppo economico e tecnologico, ma i paesi detentori di
un grande patrimonio tecnico e
scientifico nascondono dietro una
facciata di sicurezza e di forza
economica una grande angoscia
e un grande senso d’isolamento ».
Necessità della
conversione
Non è al livello di Papa Wojtyla, tuttavia il Dalai Lama viaggia molto, s’interessa di questioni religiose e politiche. In esilio ha varato la nuova costituzione tibetana, che propone una
democrazia basata sui principi di
Budda.
« La cosa più importante che
dobbiamo avere nella vita — afferma il Dalai Lama — è un
atteggiamento etico semplice ed
autentico. Occorre condivìdere
in modo universale la sofferenza degli uomini ed acquisire la
coscienza che siamo tutti membri dell’unica famiglia umana,
sia al Sud come nel Nord del
mondo. Non è tanto importante
se uno crede in Dio o nella reincarnazione. E’ la realtà stessa
che ci costringe a cambiare strada ».
C’è qualcosa che può unire tutti gli uomini? « Incontro durante i miei viaggi uomini di culture e religioni molto diverse.
Penso — continua il Dalai Lama
— che tutti gli uomini abbiano
solo differenze esteriori. Nel profondo cercano tutti la stessa cosa:_ felicità, amore. Ciò che può
unire tutti è un cuore buono.
Un cuore che produca bontà, misericordia, amore, dal quale crescano speranza e pace. La fonte
di un vero sviluppo è un cuore
buono. Se vogliamo che il mon
Giuseppe Platone
(continua a pag. 4)
2
commenti e dibattiti
15 dicembre 1989
L’IMPEGNO DEI CREDENTI
La via stretta
In un tempo fatto di gesti che i mass media
amplificano, c’è anche chi lavora in silenzio
Il rapporto tra verità cristiane e forme culturali dominanti.
■L’uso che si può fare dì stampa, radio, televisione per vedere
di rilanciare riflessioni e progettualità per la nostra convivenza, anche se questo non sembra essere molto di moda. Gli
spazi possibili di evangelizzazione e testimonianza per quanti
hanno speranza di credenti.
Su questi temi niente è scontato, nella dimensione trasversale delle nuove forme di aggregazione sociale, nell’evoluzione
di identità e fermenti culturali.
Siamo inseriti in una storia, ima
cultura postcristiana, postindustriale. Le organizzazioni chiesa, fabbrica, lavoro non offrono
più sistemi di norme, concezioni
del mondo, aspettative, valori
accomunanti. Osserva Sergio
Quinzio (« La Stampa », 17.5.89)
che c’è una forbice che si allarga fra gli attuali vertici della
chiesa romana (che si allontana
dal Concilio di Giovanni XXIII
e si riavvicina al Sillabo di Pio
IX) e le istanze più vive e dinamiche, teologiche e di vita
cristiana che, nello stesso campo cattolico, si confrontano e
dialogano col mondo moderno.
Il papa viaggia, si sforza di evangelizzare, utilizza la potenza
informativa e diffusiva della televisione. Ma è dubbio che gli
riesca di veicolare molto più che
la sacralità della sua leadership.
Il suo pellegrinare, nota Hans
Kiing, è la versione religiosa di
un turismo disinformato. Il papa
atterra negli aeroporti, incontra
le autorità, legge i discorsi preparati a Roma. Ma non vede e
non ascolta. La TV ne parla,
evento e spettacolo. Poi voci ed
immagini papali sì confondono,
fra le tante che il mezzo televisivo sovrappone. Irrigidita nel
modello polacco, nelle formulazioni tradizionali, la proposta
cristiana del papa è estranea ai
paradigmi della modernità, alla Riforma, alTIlluminismo.
I nuovi teologi, dice Quinzio,
rischiano di snervare il messaggio cristiano, di ridurlo ad « un
umanesimo vagamente cristianeggiante, ragionevole, comprensibile, accettabile ai più ».
Ma la restaurazione dell’attuale ponteflce fa correre im rischio anche maggiore: di un cristianesimo senza più forza contestativa e innovativa, un annuncio di Cristo latto passare
sopra le teste degli uomini, credenti o no.
II papa riassume in sé, anche
nell’ottica dei « media », tutto il
campo cattolico. Ma in questa
sterile alternativa, tra reazione
(dei cattolici integristi, dei protestanti fondamentalisti) e cedimento al mondo, pare talora
avvitarsi l’intero mondo cristiano.
In un cul-de-sac non dissimile
si è cacciata la cultura della sinistra, tra il rifiuto di ieri della società industriale e di mercato e l’accettazione di oggi del
sogno della merce e dei consumi. Qui la crisi è ancora più
buia, tutta terrena, apparente
mente senza sbocchi. Nata dal
disincanto della rivoluzione impossibile, alimenta l’arrotarsi
del « pensiero tragico » anche
nella pubblica opinione.
Pure, oggi ci sono segnali di
novità.
I baccanali attorno al vitello
d’oro hanno stancato alcuni,
c’è chi comincia a sentirsi sfruttato, schiavo dei consumi. Lo
mostrano vari indicatori, le rilevazioni di quella sociologia del
mercato, degli stili di vita che
ha antenne sensibili al cambiamento sociale e che quanti fanno il mestiere di parlare alla
gente, i politici ma anche gli
uomini delle chiese, dovrebbero
ascoltare con più attenzione.
La stagione del disimpegno è
al tramonto? Non possiamo dirlo, resta il fatto che giovani tornano a discutere nelle piazze, ad
appassionarsi. La sirena pubblicitaria ridiventa lìngua che si
parla da sola, timidamente le
televisioni provano a tornare a
programmi mirati a pubblici diversi, a contenuti di pregnanza
sociale.
La strada è stretta per chi voglia parlare il linguaggio della
speranza e restano i segni circostanti del barbaro sviamento, delle mutazioni « antropologiche » sconcertanti che hanno
caratterizzato questi anni.
100.000 giovani a Roma, qualche tempo fa, hanno parlato di
politica: di droga, di ambiente,
di corruzione nella vita privata
e pubblica, di solidarietà. « Oggi
le speranze bisogna avere il dovere di averle — ha detto Francesco De Gregori, cantautore di
impegno civile, che ha tenuto
un concerto per loro —; bisogna
lavorare per essere ottimisti ».
A Basilea, la prima grande assemblea ecumenica dei cristiani
ha tentato di dire una parola
comune per la pace, la giustizia, Tintegrità del creato, di incarnarla nell’azione pratica degli anni avvenire.
Come cristiani la speranza dell’azione, Tottimismo della volontà bisogna avere il dovere di
averli. E la speranza che lo
Spirito soffi su di noi.
Sergio ’TurtuUci
RAI 2
Culto
di Natale
Domenica 24 dicembre, alle
ore 23.30 circa, andrà in onda un programma speciale
della RAI 2 che trasmetterà
un culto della Chiesa valdese di Torino in occasione
del Natale.
Predicazione del pastore
Franco Giampiccoli.
LE CHIESE
EVANGELICHE IN RDT
Rifacendomi all’esortazione di Saverio Merlo (n. del 24.11.89, p. 2) di
« essere loro (= alle chiese evangeliche nella RDT) vicini ed aiutarle »,
vorrei esprimere alcuni pensieri a questo proposito.
Prima di venire in Italia nella comunità di Villa S. Sebastiano (AQ), essendo tedesco occidentale, sono stato ancora una volta vicino a Dresda ed
a Lipsia per trovare degli amici, giovani pastori e le loro famiglie. Era proprio il periodo delle prime grandi manifestazioni, dopo la « preghiera per
la pace » svoltasi nella Nikolaikirche
di Lipsia, manifestazioni che videro a
larga maggioranza non più la partecipazione di chi era alla ricerca di un luogo per rendere pubblica la sua voglia
di andarsene, bensì di gente che chiedeva sempre più insistentemente riforme, volti nuovi e soprattutto un cambiamento dell’intero sistema, offrendo al tempo stesso la propria collaborazione (e non per avere uno stato
consumista o « riunifioato »!). Allora
nessuno osò pensare a ciò che è avvenuto nel frattempo.
Negli ultimi giorni ho letto un articolo finalmente realistico, anche se
troppo generico, sul ruolo delle chiese
evangeliche nella RDT a proposito
del sostegno continuo all'opposizione democratica nella Germania Orientale («la Repubblica» del 21.11.89,
p. 15). In poche righe viene ricordata
l’eredità spirituale e socio-politica delle nostre sorelle e dei nostri fratelli
nella RDT, incominciando con la pur
parziale resistenza al regime hitleriano, messa in atto soprattutto da pastori e comunità della « Chiesa confessante ». Va ricordato che una
« Chiesa confessante » esiste tuttora
nella RDT, come corrente ecclesiastica che si fa in particolare portavoce contro sopraffazioni dello stato o
del partito, ma anche contro una
politica ecclesiastica a volte troppo
conciliante nei confronti di quelle
strutture.
Guardando alla pubblicazione di
libri evangelici (dellia Evangelische
Verlagsanstalt Berlin), soprattutto nell'ultimo decennio, troviamo molti tentativi di rifarsi di nuovo all’operato ed
aria vita di Dietrich Bonhoeffer, personaggio tanto contestato anche nell'ambito della stessa Chiesa confessante quanto importante per l'attuale
teologia protestante.
Proprio la riscoperta di questa tradizione, anche dopo il 1961, ha indirizzato le chiese nella RDT a cogliere
la sfida dello stato socialista, per
essere una « chiesa in una società socialista » che entra in un dialogo attento e difficile con le autorità, mantenendo però l’indipendenza dallo stato
(sinora non ci sono tasse ecclesiastiche raccolte dallo stato).
Proprio queste chiese, di tradizioni luterane oppure « unite » (= chiese
composte da riformati e luterani, non
semplicemente « luterane », come si
dice spesso sui nostri giornali), in
un cammino lungo e difficile, hanno
dato spazio ai diritti umani, a movimenti di opposizione democratica, offrendo le loro chiese come « territori
liberi ». Nonostante le chiese tedescoorientali siano spesso dipendenti finanziariamente dalTEKD tedesco occidentale, la loro strada è quella di
una testimonianza diversa, non solo
per il diverso contesto politico. In
molti casi, almeno dove le strutture
e soprattutto la testimonianza evangeliche non sono state sradicate o assorbite dalla secolarizzazione, appartene
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re attivamente alla chiesa (e ciò vale nella RDT anche per i credenti cattolici in minoranza) comportava sì
svantaggi, ma anche spazi in cui l'ideologia dominante trovava dei limiti, dove la fede, pur esprimendosi anche in concetti « socialisti », dava la
forza per uno stile di vita alternativo sia politicamente che anche culturalmente, nutrito dall'Evangelo.
Anche se probabilmente non vedremo nessuna accoglienza trionfale di
qualche « leader » evangelico in Vaticano e se la maggioranza degli
italiani scambierà le forme liturgiche,
gli edifici ed i vestiti con quelli « cristiano-cattolici », credo che per le nostre comunità della penisola lo sguardo verso la testimonianza nell’attuale
RDT possa essere molto utile. Ricordo
a questo proposito quanto è stato detto sul nostro continuo compito di trasformazione in speranza e di « inculturazione » del messaggio evangelico
al convegno di Ecumene suU’argomento della santificazione (17-19.11.'89),
certo senza rinunciare allo scandalo
che TEvangelo rappresenta sia per noi
che per le nostre culture. E ricordo
ugualmente le parole dei miei amici
pastori nella RDT: abbiamo bisogno,
mi hanno detto e ripetuto, di un maggior scambio di esperienze e di testimonianza non tanto tra evangelici
della RDT e RFT quanto tra evangelici
della RDT, Cecoslovacchia, Ungheria,
Austria, Italia.
Sono convinto e fiducioso che una
« casa comune » di questo genere,
cioè di essere chiamati insieme figli
e figlie di Dio, ampliando i contatti
già esistenti tra le nostre chiese e
quelle deila RDT, possa contribuire
alT'impegno di noi evangelici per l’umanizzazione delle società, per l'uguaglianza di tutti i cittadini (compresi i
problemi per quanto riguarda i rifugiati del cosiddetto Terzo Mondo). Ma non
solo per questo — altrimenti basterebbe fondare e formare un partito
politico, cosa che le chiese della RDT
giustamente rifiutano — bensì innanzitutto per predicare sempre di nuovo,
con più fervore e forza, la liberazione
che ci è stata donata in Gesù Cristo.
Anche se le nostre chiese non comprendono l’82% della popolazione, come statisticamente è il caso degli
evangelici nella RDT, lo stesso la nostra testimonianza può prendere nuovi stimoli da loro, forse più che correrne in soccorso, incominciando o
continuando come loro con l'autocritica, con riflessioni e contributi critici,
partendo dal messaggio che porta ai.
la liberazione in senso biblico, cioè
aH’impegno nell’amore.
Ulrich Eckert, Villa S. Sebastiano
Appuntamenti
e Sabato 16 dicembre — Brescia.
il Centro valdese di cultura organizza
una conferenza nella sala di v. dei
Mille 4, alle ore 17.30, sul tema: « La
chiesa valdese e l’ecumenismo dal 1948
al 1989 - Linee ufficiali e problematiche in questi 40 anni ». Parla il past.
G. Scuderì.
• Domenica 17 dicembre — Roma. Alle 16.15, presso il SAE (v.
Giusti, 12), Lea Sestieri, doc. in ebraismo, parla sul tema: « Le feste dell’anno ebraico ».
• 11-22 dicembre — Torino. Presso
Palazzo Lascaris è aperta la mostra
fotografica di G. Cavalli, P. Monti,
M. Giacomelli, dal titolo « Nella continuità della ricerca » (feriali ore
10-19).
11-17 dicembre — Carnate (Mi).
Presso Villa Banfi, con orario dalle 16
alle 19, sono esposte le riviste cristiane che hanno documentato l'assemblea ecumenica europea di Basilea.
• 27 dicembre - 2 gennaio — Bethel,
Taverna (CZ). il Centro evangelico di
Bethel organizza un campo invernale
sul tema: « La religiosità popolare nella dimensione ecumenica ». Relatori
saranno Eugenio Stretti e Cesare
Milaneschi. Quota di partecipazione L.
150.000 (sconti del 20% per nuclei
familiari, dal 3° partecipante). Rivolgersi
a Beatrice Grill, v.Ie della Libertà,
115 - 98100 Messina (tei. 090/52817.
ore 13-15 e 21-23).
delle valli valdesi
settimanale delle chiese valdesi e metodiste
Direttore: Giorgio GardioI
Vicedirettore: Giuseppe Platone
Redattori: Alberto Corsani, Luciano Deodato, Adriano Longo, Plervaldo
Rostan
Stampa: Coop. Tipografica Subalpina - via Arnaud, 23 - 10066 Torre
Pellice - telefono 0121/91334
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Il n. 48/'89 è stato consegnato agli Uffici postaii di Torino e a quelli deile
valli valdesi il 7 dicembre 1989.
Hanno collaborato a questo numero: Marco Borno, Luigi Marchetti, Lucilla
Peyrot, Paolo Ribet, Aldo Rutigliano, Claudio Tron, Liliana Viglielmo.
3
I
15 dicembre 1989
commenti e dibattiti
INCONTRO A TORINO
Le scomode figlie di Èva
Organizzato dal Centro evangelico di cultura ruolo delle donne nelle chiese cristiane. Le donsi è tenuto a Torino, il 18 novembre scorso, un ne, « scomode » per la chiesa cattolica sono « inconvegno che, partendo dal libro « Le scomode visibili » in quelle evangeliche. Come valorizzafiglie di Èva », ha cercato di fare il punto sul re la ricerca di fede delle donne nelle chiese?
Rompere l'invisibilità
Con un occhio al « pensiero
della differenza» (cioè all’elaborazione del movimento delle
donne attualmente in atto) riportato da Lidia Menapace — giornalista —, Adriana Valerio — teologa — per le cattoliche ed Erika
Tomassone — teologa e pastore
valdese — per le protestanti hanno sviluppato il tema: «Le scomode figlie di Èva : donne, chiese,
società negli anni ’90».
E’ questo un tema su cui si appuntano grandi differenze tra le
due confessioni, a partire dalle
diverse « condizioni materiali »,
sia teologiche che ecclesiologiche.
Per chiarire, un convegno organizzato da donne riformate difficilmente si sarebbe intitolato « le
scomode figlie di Èva », in primo
luogo perché le donne non sono
scomode ma invisibili, poco coscienti di sé e della propria spe
cificità, e poi perché nella riflessione protestante la figura di Èva
è poco interessante, né si colora
di rimandi sessuali, legata al peccato originale : due differenti storie che si confrontano ma non si
interrogano.
Detto questo, in casa valdese e
metodista i problemi ci sono, nonostante lo scarso interesse per
il progetto decennale « donne e
uomini nella chiesa» (lanciato
dal Consiglio ecumenico delle
chiese nel 1987) e la crescente
femminilizzazione possano far
pensare che abbiamo realizzato
quanto proclamato dalla Libreria delle donne di Milano :
« L’orizzonte della libertà femminile si è aperto..., non c’è più la
contraddizione fra la fedeltà soggettiva e l’oggettività sociale, fra
il partire da sé e l’andare in giro
per il mondo »1.
COMUNITÀ’ DI BASE
Creare la scomodità
L’incontro del 18 novembre ha
voluto essere un’occasione per
vedere come procede il cammino iniziato dalle donne. Cammino
avviato ormai da lungo tempo,
che presenta varie tappe superate, ma che ancora ha davanti a
sé lunghi percorsi.
Lidia Menapace, con la sua incisività sintetica e brillante, ci
ha proposto spunti di riflessione
sull’evoluzione della « scomodità » come donne nella società e
nella chiesa.
Le figlie di Èva stanno scomode e producono scomodità ; il loro
cammino e la loro richiesta non è
solo verso spazi quantitativi, ma
soprattutto qualitativi. Non è solo una richiesta degli stessi diritti, e quindi di essere riconosciute uguali, ma invece diverse, in quanto donne. Anche nel
più brillante cammino di emancipazione, il modello è stato fatto senza di noi, per cui la nostra
richiesta e il nostro sforzo non
sono un adeguamento ad un
modello stabilito da altri, è la
richiesta di una parità non a
senso unico. Vogliamo sia riconosciuto il principio della disimmetria e quindi la possibilità di
inventare, creare modelli nuovi,
diversi. Perchè parità deve essere adeguamento e non viceversa? Si battano gli uomini per
avere la parità con noi.
Come già detto, il problema si
pone sia all’interno della chiesa, sia all’interno della società.
Pare chiesa in quanto donne non
significa fare chiesa come l’hanno fatta gli uomini. Creare scomodità, in quanto donne scomode, significa anche voler sapere, parlare, nonostante sia
sempre stato imposto di tacere,
quindi essere presenti. Questo
è lo stimolo che Adriana Valerio ha lanciato all’assemblea dei
presenti. Infatti le tradizioni dei
movimenti scomodi di donne
sono un invito a continuare
questa eredità, a promuovere e
ad espandere ciò che attraverso
i secoli, in modi diversi, è sempre stato presente. La teologia,
in quanto scienza intellettuale,
è sempre stata preclusa alla
donna, considerata incapace di
un’attività intellettuale. Oggi,
per fortuna, ci sono donne che
si sono avvicinate a questo tipo
di studi portando modalità -diverse di fare teologia.
C’è una doppia novità nel fare teologia; un modo nuovo di
parlare di Dio e un modo nuovo di fare esperienza di fede.
Esiste tutta una tradizione
femminile che presenta il volto
di Dio non visto solo in termini
patriarcali, ma un Dio maschile
e femminile, un Dio di misericordia, anziché giudice, come è
presentato da Luca nelle sue
parabole del figliol prodigo,
della dracma perduta, della pecora smarrita.
L’altro aspetto nuovo consiste nel partire daU’esperienza
del quotidiano, che non riguarda
solo l’aborto e la contraccezione, ma tutto il vissuto fino all’esperienza di Dio. E’ in questa
linea che va ricuperato il misticismo femminile e la capacità
di stupore della donna e di intuizione di un Dio multiforme.
Fare teologia in quanto donne, teologia femminista, è una
-delle modalità più scomode all’interno delle chiese.
Questo è uno dei concetti chiave su cui Erika Tomassone ha
impostato la sua riflessione.
Teologia femminista intesa come processo di fede all’interno
di un processo di liberazione,
come lotta nei confronti delle
forme tradizionali di fare teologia. E’ un porre le proprie domande, quelle che incrociano
il nostro vissuto in quanto -donne soggetto. Il discorso teologico
va quindi ancorato alla pratica
della differenza.
Alcuni cavalli di battaglia -della teologia tradizionale vengono
messi in questione, come la teologia della croce, il concetto di
peccato, le virtù cristiane, l’immagine di Dio. Anche per la lettura biblica non è il caso di
ghettizzarsi leggendo solo i libri
riguardanti le figure di donne,
ma piuttosto cercare di tracciare delle linee di ermeneutica
femminile.
L’intervento di Erika Tomassone si conclude con un invito
a tutte le dorme ad esercitare
creatività e inventiva.
Giovanna Oggero
del Coordinamento
donne credenti di Torino
Poiché a me non sembra che
questa sia la fase, credo possa
essere presa in considerazione
come ipotesi di lavoro la possibilità che sia necessario lavorare
sul piano del simbolico (cioè il
sistema dei valori, le regole del
gioco della nostra società) per
liberarsi dalla figura dell’« oppressore», ben più potente del1’« oppressore » stesso, creando
estraneità e delegittimazione come spinta alla trasformazione.
Mi sento di affermare che, almeno in prima approssimazione,
le strutture delle nostre chiese
non sono patriarcali, ovvero, che
nel nostro caso questa parola sia
ormai una scatola svuotata che
è stata utile in fase di denuncia
di una discriminazione e ghettizzazione, di fatto, delle donne in
alcuni ruoli specifici (educazione dei più piccoli e assistenza,
nonché segreteria), ma che non
serve più a spiegare perché questa « divisione dei ruoli » continui ad esistere, nonostante in
molte realtà ci siano azioni positive di promozione della presenza femminile in luoghi solitamente maschili (pastorato, concistoro, predicatori, monitori, incarichi sovracomunitari, quali il
Circuito, il Distretto, la Tavola).
Ritengo possa essere utile per capire la realtà fare lo sforzo di
nominare, esemplificandole, le
forme in cui il patriarcato si manifesta, impedendo alle donne di
esprimersi.
Personalmente do per irrilevante un’oppressione specifica
delle donne e credo che il problema stia nel fatto che da un lato
la chiesa non è in grado di originare/non origina un sistema di
valori autonomo dal « mondo »,
e dall’altro le donne portano dentro di sé, e quindi anche nella
chiesa, il disvalore di sé e la
disabitudine a pensare a partire
da sé, ad individuare il proprio
specifico peccato.
Le nostre chiese quindi sarebbero la dimostrazione che non
basta aprire la gabbia per iniziare a volare se si è nate in cattività: se sei stata a lungo muta,
se nessuno ti ha mai chiesto il
tuo parere, quando parli non sai
cosa dire, non sai cosa vuoi, te
lo sei dimenticata ed è rimasto il
malessere, la frustrazione, la sensazione di essere stata sopraffatta.
« Praticare la differenza » nelle
nostre chiese potrebbe tradursi
nel dar vita a gruppi di donne
che, secondo gli auspici della teologia femminista, da un lato provino a parlare di Dio e a leggere
la Bibbia con un riferimento
sempre più consapevole alle proprie esperienze personali, e dall’altro riflettano sul modo di essere chiesa, sulle strutture di cui
fin qui essa si è dotata per testimoniare collettivamente, sulla loro efficacia e su come le donne
ci si trovano.
Significherebbe, quindi, andare
oltre la ricerca nella Bibbia di
una genealogia femminile (pure
necessaria), e riprendere i temi
della riforma della chiesa, passando dalla denuncia al progetto.
E’ questo un percorso che ci
collegherebbe al dibattito in corso da anni in molti Paesi, di cui
in traduzione italiana esiste solo
una traccia. Anche la politica editoriale è, infatti, poco sensibile
a questo tema e ciò è penalizzante — come ha rilevato Erika Tomassone — perché significa dispersione, non accumulo di sapere.
Antonella Visintin
L’OMELIA DEL CARD. BIFFI DI BOLOGNA
La donna moderna
è squallida?
« Lo splendore della Madonna Immacolata ci fa comprendere con pungente chiarezza
quanto sia grande la sventura di questa nostra epoca, che
vede esaltata e quasi proposta a modello una figura di
donna che sembra la contraddizione programmatica della
Vergine Madre di Dio: una
donna sostanzialmente squallida, anche se esteriormente
raffinata, che pare avere in
eguale abominio tanto la condizione verginale quanto la
missione materna; - una donna
che non dice al Signore: «Eccomi, sono tua », ma istericamente grida: « Io sono mia »;
una donna che non vuol più
essere sorgente di vita, ma
deliberatamente si offre come
collaboratrice della morte;
che non si consacra più al
servizio di Dio — cioè della
verità, della bontà, nella dedizione agli altri — ma si arroga il diritto, che è solo del
Creatore, di decidere dell’esistenza e della non esistenza
del frutto delle sue viscere ».
Queste parole, pronunciate
neH’omelia dell'S dicembre
dair-arcivescovo di Bologna,
Giacomo Biffi, hanno indotto
la Chiesa metodista della città a prendere posizione con
una lettera aperta che qui riproduciamo:
« Non c’è qui né Giudeo né
Greco; non c’è né schiavo né
libero; non c’è né maschio né
femmina; perché voi tutti siete uno in Cristo Gesù» (Gala« 3: 28).
Il Nuovo Testamento annuncia con chiarezza il messaggio di Cristo circa la piena
parità e la totale identica di
gnità di tutti gli esseri umani,
quindi anche uomini e donne.
Questa parità si verifica sia
nell’essere entrambi « eredi
della promessa» (Gala« 3:
29), sia nell’essere entrambi
peccatori redenti dalla croce
di Cristo.
Nella Sua omeUa deU’8 dicembre scorso non sembra
che Lei abbia tenuto conto del
fatto che l’Evangelo ha spezzato ogni catena ed ogpii differenziazione discriminante
nell’umanità.
Non è certo « evangelico »
colpevolizzare una delle parti
più dehoU deUa società, in
questo caso la donna, evitando di prendere in considerazione le cause che il più deUe
volte costringono la donna
stessa a fare delle scelte dolorose, scaricandole egoisticamente su di lei, per poi accusarla di peccato. Siamo tutti corresponsabili del malessere della società e della sua
buona o cattiva condizione
etica.
L’Evangelo è un appello alla
libertà ed alla responsabilità
rivolto a uomini e donne affinché entrambi sappiano rispondere con disponibilità e
«accoglienza» al dono della
vita e della salvezza che hanno ricevuto da Dio in Gesù
Cristo. Solo accettando e vivendo questa disponibilità si
può contribuire a liberare
l’umanità dalle sue catene e
dalle sue sofferenze senza
creare demoni di comodo per
potersi poi sentire innocenti.
« Non c’è alcun giusto, neppure uno» (Romani 3: 10).
La comunità evangelica
metodista di Bologna
SCHEDA
Silenzio e parola
^ Sottosopra - « Un filo di felicità » •
Libreria delle donne di Milano, 1989.
Questo libro (1), recentemente
edito dalla cooperativa « comnuovi tempi », raccoglie gli interventi del IX Seminario nazionale delle Comunità di base tenutosi a Brescia dal 23 al 25
aprile 1988, che ha proseguito
un confronto serrato sulla condizione femminile risalente agli
anni ’70, e che ha visto un do]>
pio impegno. Da un lato il coinvolgimento delle donne delle comunità nelle battaglie a difesa
delle leggi sul divorzio e sub
l’aborto, dall’altro il pungolo critico nei confronti del movimento delle Comunità di base nel
suo complesso, riguardo all’importanza dei « processi di autodeterminazione delle donne alrinterno dei processi di liberazione ».
Il libro è diviso in tre parti,
di diverso ma complementare interesse. La prima è quella, per
così dire, più « teorica »: I percorsi di ricerca delle donne, suddivisa ancora in due filoni; nella società e nelle chiese. E’ questa una sezione molto densa e
vitale, che si apre con un excursus brillante e critico di Lidia
Menapace su « Il movimento delle donne negli anni ’70 e ’80 »,
seguito da un intervento a tre
voci (Claudia Mancini, Bia Sarasini e Livia Turco) su « Donne
e laicità », in cui si individua la
laicità, in quanto crescente autonomia del singolo al di fuori
dei principi di autorità e dei ruoli precostituiti, come una tendenza fondamentale della modernità, e l'estraneità storica delle
donne alla politica come un principio attivo di critica alle istituzioni politiche. Per quanto riguarda poi le chiese, il contributo della teologia femminista è
svolto da vari aspetti (Adriana
Valerio, Maria Cristina Bartolomei, Rosine Gibellini), mentre il
percorso « Dalla Maria del vangelo alla ’’mariologia" » viene affrontato in una vivace intei-vista
a Uta Ranke Heineman.
La seconda parte del libro si
intitola II vissuto donna-uomo
nelle comunità cristiane di base,
e comprende i contributi di Pinerolo, Roma, del collettivo donne di « com-nuovi tempi », della
Sardegna, di Firenze: un confronto di esperienze concrete, da
cui nasce la riflessione teologica. La terza sezione, infine. Mani di donne a spezzare il pane,
raccoglie la liturgia dell’assemblea eucaristica presieduta da
doime, in cui ricorrente è la
gioia, la benedizione, la danza e
l’esultanza, il ringraziamento,
concludendo così in un’atmosfera di festa « questi giorni di riflessione in cui abbiamo cercato, talora con fatica, di preparare le strade affinché uomini e
donne possano ’’camminare insieme" per essere fonte reciproca di gioia e di resurrezione ».
Piera Egidi
' AA. VV., Le scomode figlie di Eva.
Roma, Edizioni com-nuovi tempi, 1989.
pp. 155, L. 18.000.
4
4 fede e cultura
15 dicembre 1989
r
Dalai Lama Puniremo
LA STRENNA DELLA CLAUDIANA
(segue da pag. 1)
Giuseppe Platone
S^fiert\UmUnj
PIERRE R. OLIVETAN
La Bible
In folio (25x35)
pp. 882, Lire 1.170.000
□
H. ARNAUD
Il Glorioso Rimpatrio
dei Valdesi
Note e introduzione di G. Gönnet, postfazione di M. Miegge
con 16 ili. fuori testo
pp. 472, Lire 35.000
□
G. AUDISIO
« Les Vaudois »
Naissance, vie et mort d’une
dissidence
pp. 262, Lire 30.000
□
C. DE MICHELIS
/ nomi dell’avversario.
Il « papa-anticristo »
nella tradizione russa
pp. 113, Lire 20.000
Per ogni ordine effettuato direttamente alla casa editrice
verrà offerta una copia del calendario in cinque lingue sul
« Glorioso Rimpatrio ».
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10121 TORINO
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orario segreteria 8,30-13.
le vittime?
do continui ad esistere occorre
che ci occupiamo delle sofferenze altrui. Le religioni, più che
promuovere loro stesse e quindi approfondire le divisioni, debbono cercare il dialogo ».
Che cosa può imparare l’Occidente dal buddismo tibetano?
« L’Occidente — conclude il Dalai Lama — potrebbe impadronirsi delle nostre antiche tecniche di meditazione e controllo
delle proprie forze negative come la rabbia, la stupidità, l’invidia. La pace del mondo comincia dalla pace del cuore ».
L’antico messaggio buddista
propone ideali di pace. Per molti tibetani esso si traduce in un
comportamento di pacifismo integrale. Ma non è così per tutti
i paesi a forte tradizione buddista. Si pensi al Giappone durante la II guerra mondiale. Del
resto, attraverso i secoli, anche
il cristianesimo è stato piegato
alle esigenze del potere. Ma alla radice del problema, cristianesimo e buddismo hanno molti tratti in comune proprio sul
terreno della pace.
(segue da pag. 1)
I canti delle valli valdesi
essi può essere l’unica possibilità di salvezza. Isolati, come è
nella generalità del casi, dalle
famiglie e da qualunque altro
ambiente non legato alla droga,
non avranno altro referente, paradossalmente altro « amico »,
cbe lo spacciatore, colui cbe vuole la loro rovina.
Coloro poi cbe, incappati nella legge, saranno inviati in comunità, come alternativa al carcere, è ben dlflìclle cbe possano
uscirne guariti; infatti il trattamento psicoterapico, e quello
ambientale e occupazionale attivati nella comunità, non possono essere utili se il soggetto
non è profondamente convinto
della necessità di uscire dalla
dipendenza, e non si' añida fiducioso a qualcuno considerandolo
amico e non carceriere.
C’è da pensare che una legge
come questa possa essere stata
proposta e sostenuta dai partiti
di governo soltanto per un calcolo politico, col fine di aumentare
il proprio consenso negli strati
benpensanti dell’elettorato, maggioritari in questo periodo di riflusso.
Come cittadini sentiamo il dovere di un impegno individuale e
collettivo nell’opera di prevenzione del fenomeno droga e la
necessità di favorire il recupero
e il reinserlmento dei soggetti
colpiti nell’ambiente sociale.
Come credenti avvertiamo lo
stridere della legge con l’esigenza evangelica della solidarietà e
dell’aiuto fraterno e ne respingiamo lo spirito punitivo, consapevoli della nostra partecipazione alle responsabilità del corpo sociale, ritenendo ingiustificato e controproducente anche
un atteggiamento paternalistico
verso questi fratelli (« con i deboli mi sono fatto debole, per
guadagnare i deboli », I Cor. 9:
22).
Marco Tullio Fiorio
Una ricerca minuziosa per fissare un patrimonio di una cultura che
scompare - Foto e disegni illustrano le vicende ispiratrici dei canti
E’ uscito in questi giorni l’ultimo libro della collana che la Claudiana editrice dedica alla cultura
orale ed alle tradizioni popolari
dell’ambito alpino, con particolare
riferimento alle valli valdesi.
Questo volume, come i precedenti, fra cui ricordiamo i due volumi di Teofilo Pons, ha intenti
divulgativi e non ha la pretesa di
essere un testo di ricerca o di analisi esaustivo del repertorio vocale; cerca di offrire un quadro d’insieme delle canzoni diffuse nelle
valli valdesi sino agli inizi del nostro secolo.
canzoni aneddotiche e moralistiche, canti di vita quotidiana, pastourelles, filastrocche, scherzi e
canzoni burlesche.
Ciascuno dei capitoli offre
un’ampia presentazione, con diversi riferimenti storici e letterari
sui temi e sulle vicende narrate
nelle canzoni, in particolar modo
nel primo capitolo.
Molti i pregi,
pochi i difetti
Nell’introduzione, dopo alcune
pagine dedicate al problema della
musica colta e popolare, affrontato
in maniera breve ma corretta, ed
alcuni paragrafi dedicati all’origine dei repertori valligiani, alla persistenza del patrimonio tradizionale nelle valli ed agli elementi caratterizzanti del canto tradizionale, quest’ultimo senza dubbio il
più interessante, si passa, prima di
presentare i brani con le allegate
trascrizioni musicali, ai criteri di
interpretazione delle fonti orali e
manoscritte da cui proviene il materiale. Criterio guida nella organizzazione dei canti è quello letterario; i cinquanta documenti sono infatti suddivisi fondamentalmente secondo questo criterio in
otto capitoli dai seguenti titoli:
canti storici, canti celebrativi e
professioni di fede valdese, canti
d’ispirazione biblica, canzoni narrative su temi storici e militari.
Il libro si presenta ricco di fotografie che mostrano tra l’altro i
cahiers, i quaderni manoscritti da
cui sono stati tratti alcuni dei brani pubblicati; inoltre molte sono
le riproduzioni di incisioni e quadri, spesso ispirati alle vicende od
ai temi narrati nei testi delle canzoni, ma anche ai momenti della
vita tradizionale.
SESSIONE DI STUDI MEDIOEVALI A CARCASSONNE
Studi sugli eretici
Organizzata dal locale Centro
di studi catari e svoltasi dal 28
agosto al 1« settembre 1989 sotto la presidenza del prof. André
Vauchez dell’Università di Parigi, con l’apporto di 14 specialisti
ed una presenza complessiva di
una sessantina d’iscritti, essa è
stata interamente consacrata allo studio dei movimenti dissidenti e novatori che operarono in
seno al cristianesimo medievale,
con sedici tra relazioni e conferenze serali, sugli argomenti
seguenti:
1) Rapporti tra eresia e società (Annie Cazenave, del
CNRS).
2) Il movimento francescano
del secolo XIII, nel contesto della dissidenza del tempo: Francesco d’Assisi, Cesario di Spira, Gerardo di Borgo S. Donnino, Jacopone da Todi (padre Michaël Cosato, OFM).
3) Il modello evangelico degli
apostoli all’origine dell’ordine
domenicano (padre Humbert Vicaire, OP, Università di Friburgo, Sivizzera).
4) Il problema ontologico del
male presso i Bogomili orientali
(Lydia Dcnkova, Università di
Sofia).
5) Dissidenze e contraddizioni
nell’Italia del secolo XIII, a partire da un riesame dei trattati
antiereticali (Anne Reltgen, Scuola normale superiore, Parigi).
6) I Catari, « buoni cristiani »
ed eretici (Anne Brenon, direttrice del Centro di studi catari).
7) Le origini del movimento
valdese (Jean Duvemoy, Tolosa).
8) I Valdesi dell’area germanica sul finire del secolo XIV,
secondo Tinquisitore Peter Zwicker (Peter Biller, Università di
■York).
9) L’internazionale taboritovaldese (Giovanni Gönnet, Roma).
10) I Valdesi dell’alto Delfinato dalla crociata del 1488 alla
Riforma cinquecentesca (Pierrette Paravy, Università di Grenoble).
11 ) Le Beghine del secolo XIV;
Margarete Porete, Guglielma di
Milano, Prous Boneta (Daniela
Müller, Università di Würzburg).
12) La minoranza ebraica nella Linguadoca eretica (MarieFrance Godfroy, CIREJ, Tolosa).
13) Magia e stregoneria: residuo pagano o dissidenza cristiana? (Dieter Harmening, Università di Würzburg).
Il ruolo dei catari
nel medioevo
Durante la sessione si sono
avute tre conferenze pubbliche,
di Giovanni Gönnet {Il movimento valdese dalle origini ad oggi),
André Vauchez (Evangelismo e
povertà nel Medioevo) e Lydia
Denkova (7 Bogomili, fratelli
orientali dei Catari).
In sintesi, cinque relazioni o
conferenze sui Valdesi, due sui
Bogomili, ed una rispettivamente sui Catari, Beghine, Ebrei, Sortileghi, Francescani, Domenicani,
eresia c società, evangelismo e
povertà, inquisizione italiana.
Una gita all’Abbazia benedettina di Lagrasse (nel massiccio
delie Corbières), seguita dalla
trato negli aspetti più specificatamente etnomusicologici.
Se, come giustamente Daniele
Tron sottolinea nella prefazione, il
libro è importante per la presenza
delle trascrizioni musicali, dobbiamo dire che alcune attenzioni avrebbero reso queste complete e
più fruibili.
Per essere precisi era senza dubbio preferibile la denominazione
di informatore relativa a coloro
che hanno cantato i brani e non
di melodia, dal momento che i
brani e la relativa melodia non
sono legati ad un solo esecutore,
come lo stesso Lantelme sottoli
nea.
Chiudono il libro un’ampia ed
utile bibliografia ed una discografia che permetteranno certo, a coloro che desiderano approfondire
l’argomento, di trovare i riferimenti necessari.
Ci sembra dunque che il libro
si presti allo scopo per il quale è
nato; in particolare risulta valida
la scelta di non escludere nessun
« genere » presente nelle valli per
offrire un- quadro complessivo che
spesso viene a mancare. Riteniamo tuttavia di dover far presenti
alcuni limiti che abbiamo riscon
Inoltre sarebbe stato necessario,
nelle trascrizioni, indicare il tempo metronomico per rendere eseguibile il canto ed inoltre la precisazione dell’anno della raccolta
avrebbe fornito elementi per una
valutazione della persistenza dei
brani nella tradizione orale.
Un libro
scritto per tutti
partecipazione ad uno spettacolo
all’aperto a Villerouge-'Termenès
(ibid.) centrato sui roghi a cui
furono condannati vari eretici
(Valdesi, Catari, Spirituali, Beghine, Apostolici, ecc.), ha concluso
felicemente queste intense giornate storiche, la cui organizzazione va additata come un ideale modulo di lavoro: due sole
relazioni la mattina, ed altrettante nel pomeriggio, seguite subito da un ampio dibattito, le cui
risultanze saranno debitamente
pubblicate negli « Atti » relativi.
Tra le relazioni che hanno suscitato il maggior interesse va
ricordata quella di Anne Brenon
(autrice di un bel volume su Le
vrai visage du catharisme, Portet-sur-Garonne 1988), la quale ha
risuscitato il vecchio dibattito
sul catarismo, insieme evangelismo e mito, intendendosi per
« mito » le varie componenti non
cristiane, gnosticismo, manicheismo, ecc. Il sottoscritto ha cercato di chiarire che i Catari occidentali ebbero in fondo due « anime », una cristiana l’altra dualista, e che a seconda dei luoghi, dei tempi e delle circostanze è prevalsa Luna o l’altra o si
sono sincrctisticamente confuse.
Anne Brenon è rimasta fedele
all’interpretazione di Raoul Manselli, secondo cui « il fenomeno
cataro... è stato una componente essenziale della religiosità medievale: se ha potuto presentarsi come un corpo estraneo, è perché si è data importanza ad aspetti isolati del catarismo » (cfr.
« Heresis », n. 5, dèe. 85, pp. 5-17:
Evangélisme et mythe dans la
foi cathare).
Crediamo infine che la presentazione degli elementi di analisi musicale, presenti solo in alcuni brani, avrebbe meritato maggior spazio, forse in un capitolo a sé stante, in cui sarebbero certo risultate appropriate alcune precisazioni sulle forme e sulle scale musicali a cui si fa riferimento e che
al contrario, inserite nel testo così
come strutturato, tendono ad appesantirlo.
Nonostante queste incompletezze riteniamo di poter consigliare
questo libro a tutti coloro che desiderano avere un approccio non
specialistico al repertorio cantato
delle valli valdesi, sia per l’accuratezza e l’interesse dei riferimenti storici e letterari che per il linguaggio, nel complesso chiaro, ma
anche per il completamento che il
libro rappresenta nell’ambito della
collana.
Desideriamo inoltre consigliare
le eccellenti cassette con registrazioni originali raccolte in una ricerca sul campo, sempre nelle valli
valdesi, corredate di un opuscolo
illustrativo e realizzate dalla associazione culturale La Cantarana
che, indicate dallo stesso Lantelme nella sua discografia, costituiscono un utile se non fondamentale complemento a questo libro.
Claudio Dina
Enrico Lantelme, / canti delle
Valli valdesi, Torino, Claudiana, 1989, pp. 311-V, Lit. 38.000.
Giovanni Gönnet
PER NATALE
REGALATE AI VOSTRI
BAMBINI E RAGAZZI:
FAVOLE PER ALICE
Editrice A. Meynier, Torino
L. 16.500
ALICE NELLE VALLI
Editrice Alzani, Pinerolo
L. 18.000
di
ETTORE SERAFINO
In tutte le librerie
5
P
15 dicembre 1989
fede e cultura 5
LE OPERE DI LUTERO EDITE DALLA CLAUDIANA
Che cos’è il papato?
Nella collana Lutero: Opere
scelte, diretta per la Claudiana
da Paolo Ricca, esce, curato da
Laura Ronchi De Michelis, uno
dei testi meno noti del Riformatore: L’Anticristo (1).
L’« Apocalisse »
di Lutero
Scritto, in un solo giorno, alla
vigilia della fatidica dieta di
Worms, il libro si presenta come
risposta allo scritto polemico del
domenicano italiano Lancellotto
de' Politi (che da religioso aveva
assunto il nome di Ambrogio Catarino), il quale, su richiesta dei
suoi superiori, aveva difeso la fede romana adversas impia ac valde pestifera Marthini Lutheri
Dogmata (contro le dottrine empie e molto pestifere di M.L.).
Ma la replica a Catcuino è solo
un pretesto, ciò che a Lutero interessa è affrontare una volta per
tutte, a completamento di quanto
esposto nella Cattività babilonese
della chiesa (1520), il problema
della natura teologica del papato,
e la risposta non potrebbe essere
più chiara: sulla base dell’esegesi di numerosi passi biblici (in
particolare Matteo 16: 16-18 —
passo « papale » per eccellenza!
— e Daniele 8: 23-25), Lutero ritiene di poter dimostrare che il
pontefice romano sia l’Anticristo,
l’avversario diabolico degli ultimi
tempi. Di certo, afferma il Riformatore, non si può applicare al
papa la promessa di Mt. 16: 18:
le porte deH’infemo hanno effettivamente trionfato sulla chiesa
papale, fomite di ogni possibile
peccato; e il re potente annunciato da Daniele non è il Turco, un
pagano, ma colui che, sotto spoglie cristiane, perverte in radice
revangelo, trasformandolo nel
proprio contrario. Lutero non se
la prende con Leone X: non si
tratta di polemica morale contro
una persona, ma di critica teologica dell’istituzione papale, di cui
si nega la provenienza divina, sostenendone quella demoniaca, in
un quadro molto particolare.
L’argomentazione di Lutero si
può comprendere infatti solo a
partire dalla sua convinzione di
vivere nel tempo finale, come ha
lucidamente evidenziato Giovanni
Miegge (uno dei pochissimi a cogliere la centralità di questo
scritto luterano), parlando di
« apocalissi di Lutero »: il Riformatore non intende semplicemente ^lfferma^e che il papato costituisce una entità estranea, cancerosa, nel corpo di Cristo; anche, ma non solo, né principalmente. Piuttosto, attraverso di
esso le potenze demoniache sono
impegnate a confondere e fuorviare la chiesa nell’ora ultima. La
domanda, spesso sollevata in ambito ecumenico, se oggi Lutero
identificherebbe ancora nel papa
l’Anticristo, domanda che vorrebbe essere retorica, sottintendendo una risposta negativa, ha
dunque poco senso, in quanto
l’analisi luterana è in tutto e per
tutto legata al clima apocalittico
che l’ha vista nascere; come precisa Paolo Ricca: « Fuori dal contesto apocalittico, la qualifica di
Anticristo, comunque applicata, è
non solo incomprensibile, ma inutilizzabile ». La concezione della
storia che ispira questo testo ci è
dunque profondamente estranea,
così come non sempre è facile seguire la metodologia esegetica
del Riformatore, che certo sottolinea l’importanza del senso letterale della Scrittura, ma abbonda in letture allegoriche tipiche
precisamente della letteratura
apocalittica.
Rimozione
Queste caratteristiche hanno
favorito una « rimozione » dello
scritto, rispetto alla quale la decisione di tradurlo in questa collana (non ne esistono altre traduzioni recenti, nemmeno in tedesco) appare opportuna per almeno due ragioni.
Dal punto di vista storiografico,
viene messa a disposizione una
fonte decisiva per verificare direttamente Tinterpretazione di
Lutero offerta da Miegge (che,
con i suoi 45 anni, rimane il contributo maggiore della
storiografia italiana alla ricerca
sul Riformatore) e, in generale,
per comprendere la concezione
luterana della storia, la sua convinzione di vivere nel tempo finale. Dal punto di vista teologico,
bisogna ripetere quanto afferma
Ricca nella prefazione: se la risposta di Lutero alla questione
della natura teologica del papato
è, nella struttura e nella fraseologia, inattuale e irripetibile (non
solo e non anzitutto per ragioni
di « educazione ecumenica », ma
perché la visione apocalittica della storia non è più la nostra), la
sua domanda rimane centrale e
ogni tentativo di aggirarla si rivela miope: mentre sembra costituire una scorciatoia ecumenica, lascia in realtà non chiarito
Teologia e satira
LIBRI PER RAGAZZI
Come nascono
i bambini?
LO SCRITTO E L’IMMAGINE
Uno scritto « scomocio » del riformatore ripropone il problema della
istituzione del papato, punto cruciale che divide l’ecumene cristiana
Il ponte
di Salbertrand
un punto fondamentale, con grave pregiudizio per l’intera discussione.
Il testo di G. Bouchard, le foto di A. Merlo e
i disegni di U. Stagnare in un’opera rievocativa
wm^KÊtoamm
...WÊÊ....
Il terzo volume delle Opere
scelte presenta anche un’altra
« chicca »: l’Antitesi illustrata
della vita di Cristo e dell’Anticristo. Si tratta di una serie di 26
incisioni, non firmate ma dovute
certamente a Lucas Cranach il
Vecchio, in cui Gesù viene mordacemente contrapposto al papa:
l’atteggiamento del primo è illustrato dall’evangelo, quello del secondo trova la propria sanzione
nel diritto canonico. Attraverso
opere di questo genere, il pensiero della Riforma, sintetizzato
con estrema chiarezza, ottiene la
più ampia diffusione.
Introduzioni e note sono esaurienti: il lettore, accompagnato
in un mondo per lui strano, distante, è posto in grado di cogliere, sotto la scorza delle complicate dispute esegetiche del XVI secolo, la domanda centrale che
oggi ancora divide l’ecumene.
Fulvio Ferrano
^ M. Luterò, Opere scelte: 3 - L’Anticristo. Replica ad Ambrogio Catarina
(1521). A cura di Laura Ronchi De Mitìhelis. Claudiana, Torino, 1989, pp.
208, L. 19.000.
Nei pressi
del punto in
cui sorgeva
il ponte,
il comune
di Salbertrand
ha oggi eretto
questo cippo.
Che cosa rappresentano le immagini, imite al testo di una
narrazione storica? L’illustrazione piatta di località e di individui? Certo, se ci si riferisce
a fatti e a luoghi deH’oggi, oggetto dell’esperienza di tutti.
Ma quando i disegni e le fotografìe sono riferiti alla storia,
anzi, ad un passato vecchio di
tre secoli?
In questo caso, ed è quello del
volume di Giorgio Bouchard
corredato delle illustrazioni di
Umberto Stagnare e delle foto
di Attilio Merlo, scattano altri
meccanismi, altri rimandi e altre suggestioni.
Se la storia del Glorioso Rimpatrio è una vicenda che le varie
generazioni di valdesi (ma non
solo loro) hanno interiorizzato
e fatto propria, come parte rilevante di im’identità costruita
nei secoli e oggi di difficile identificazione, il percorso offerto da
questo libro offre una guida
per l’adesione di ognuno (interiore, appunto) a quei fatti.
Il testo riassume in un discorso avvincente i fatti, le premesse, gli equilibri e gli equilibrismi
dei potenti dell’epoca, le inquietudini e le certezze: e lo la con
arguzia, sempre nella consapevolezza del ruolo che ebbe la
fede nell’itinerario (geografico e
spirituale) dei valdesi, dal Lemano alle Valli. i
I disegni di Stagnare evocano le persone: i pastori, la gente
comune, i capitani, il popolo;
figure idealizzate, anche se vicine al vero. Ma poco importa la
rassomiglianza del tratto somatico: contano gli atteggiamenti,
il modo di presentarsi; spesso
i protagonisti sono ritratti frontalmente, quasi « francamente »,
nel senso dell’atteggiamento di
chi si dichiara per quello che è,
di chi è convinto, oppure, per
dir meglio, di chi in ogni azione confessava la propria fede.
Oppure sono silhouettes, sullo
sfondo dei monti, di fronte ad
un borgo, mèta, tappa, trappola
o salvezza. Sempre questi uomini sono legati alle loro montagne.
E d’altra parte anche le foto
di Attilio Merlo lasciano sgomenti, dopo la lettura del testo.
Sono i paesaggi come li possiamo vedere adesso (con l’eccezione del vecchio ponte in legno,
ora superato, ma immortalato
negli anni ’30 in una delle decine di migliaia di foto del pastore Roberto Jahier); in tutto e
per tutto simili ad altri paesaggi alpini, o addirittura montani,
chissà dove. Eppure basta leggere la didascalia (sembra una
banalità...) per collegare l’impressione visiva alla vicenda, alle sofferenze, alla fede. Anche
un brullo costone ha qualcosa
da dirci. Anche le pietre parlano, così come i testi elaborati
nel corso degli anni della sofferenza (dalla Confessione di fede al patto reciproco fra soldati e ufficiali) restano, e restano
in quanto parole scolpite come
pietre.
Le foto tratte da un film dicono molto poco a chi il film
non Tha visto, ma sono un ricordo per chi lo conosce. Così
questo libro, passate le celebrazioni del tricentenario, anche a
riprenderlo fra le mani per pochi minuti, ci rimanda a questa
fetta di storia.
A. C.
‘ G. BOUCHARD, li ponte di SaJbertrand. II ritorno dei valdesi in Italia. Torino, 1989, pp. 80. L. 18.000.
Tra le osservazioni che si fanno alla nostra casa editrice vi è
quella di avere pochi titoli per i ragazzi. Per ovviare a questo la
Claudiana ha stipulato un accordo di distribuzione delle pubblicazioni della casa avventista adv, che presenta unq vasta gamma di
libri sia di informazione sulla fede che educativi (vedi qui sopra).
Tra questi consigliamo per i ragazzi delle scuole elementari il libro/
gioco «Come nasce un bambino» (con una guida per i genitori).
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Í
6
6 prospettive bibliche
15 dicembre 1989
ALL’ASCOLTO DELLA PAROLA
DALL’UGUAGLIANZA
ALLA SOTTOMISSIONE
L’esegesi femminista ci rende attenti al modo in cui i testi biblici
parlano delle donne, e ci fa anche
scoprire un fenomeno ambivalente.
Restando nell’ambito del Nuovo Testamento, ci si accorge infatti che
mentre Gesù di Nazareth instaura
nei confronti delle donne una prassi
liberatrice, il modo in cui questa è
recepita varia molto. Alcuni ambienti (per esempio Paolo e i suoi diretti
collaboratori) portano avanti questo
progetto di liberazione; altri invece
l’occultano (come per esempio i movimenti deutero-paolinici). Ci troviamo quindi di fronte a dei processi regressivi aU’interno del Nuovo Testamento stesso. Uno dei contributi dell'esegesi femminista è appunto quello di studiare queste diverse linee e
come esse sono state occultate nelle
pagine della Bibbia e infine di mettere in evidenza la questione.
Cercheremo di sviluppare brevemente questo aspetto, delineando il
problema posto dai « codici domestici » del corpo paolinico.
Il punto di vista
di Paoio
L’apostolo Paolo è senza alcun
dubbio uno degli eredi tra i più perspicaci della predicazione e dell’azione di Gesù di Nazareth. Interpretando la buona notizia della vicinanza
del regno di Dio, annunciato da Gesù,
nei termini della giustificazione gratuita dell’empio, fa chiaramente vedere che ogni essere umano è ormai
nella stessa situazione di fronte a
Dio. Ognuno è infatti perdonato, accolto ed accettato così com’è, qualunque siano le sue origini, la sua
situazione sociale o la sua appartenenza sessuale. La donna — ed è questo un punto di rottura con il giudaismo — ha una sua piena identità
religiosa, del tutto simile a quella del
maschio. Il fatto che il rito di aggregazione alla comunità cristiana non
sia più la circoncisione, ma il battesimo, è segno della importanza dej
cambiamento avvenuto. Da quel momento, a livello ecclesiologico, la comunità cristiana è costituita da compagni uguali, maschi o femmine.
Il famoso testo di Galati 3: 27-28
ha in tal caso un valore emblematico: « ... voi tutti che siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di
Cristo. Qui non c’è più né giudeo, né
greco; non c’è più né schiavo, né libero; non c’è più né maschio né femmina, perché voi tutti siete uno in
Cristo Gesù ». A questo testo fa eco
Romani 3: 23-24: «Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma
Sembra di poter rintracciare nel Nuovo Testamento un cammino involutivo per quanto riguarda la posizione della donna. J, Zumstein, in
un articolo pubblicato nel «Cahier biblique» di «Foi et vie», n. 5/1989
voi. LXXXVIII, tenta di individuarne le linee principali. La questione è
complessa ed ha implicazioni per la lettura della Bibbia, (red.)
sono giustificati gratuitamente per la
sua grazia, in virtù della liberazione
compiuta in Gesù Cristo ».
E’ però necessario a questo punto
fare due precisazioni. In primo luogo l’uguaglianza è, secondo l’apostolo, una nozione che trova il suo campo di applicazione nella comunità
cristiana. L’evangelo indica qual è il
sistema di valori che deve essere assunto dai credenti; non enuncia un
programma sociale di portata universale. E’ anche per questo, per esempio, che a Filemone, un padrone
cristiano, è richiesto di affrancare
Onesimo, il suo schiavo, che nel frattempo è diventato un fratello in fede (Filemone 16), perché questo fa
parte delle relazioni all’interno della
comunità. In secondo luogo questa
uguaglianza in Cristo, anche se concerne anzitutto lo spazio comunitario, non può successivamente — non
fosse altro che per il fatto che i cristiani sono cittadini del mondo —
non entrare in conflitto con le strutture sociali dominanti.
Ci si può domandare se questa
uguaglianza in Cristo, in quanto concretizzazione dell’evangelo della giustificazione, sia stata vissuta tra gli
uomini e le donne delle comunità
paoliniche. Sebbene sia difficile dare
una risposta categorica, ci sembra di
poter dire che potere e responsabilità
sono stati divisi in modo uguale tra
uomini e donne. Pensiamo ad Aquila e Priscilla, la coppia amica di Paolo, che con lui lavora a Corinto e ad
Efeso; a Lidia, della comunità di Filippi; a Febe, la diaconessa di Cencrea; alle profetesse di Corinto; al
lungo elenco di Romani 16: son tutte,
queste, indicazioni che vanno nella
medesima direzione.
Il problema che ora si pone è il seguente: il movimento iniziato da
Paolo è sopravvissuto alla morte dell’apostolo?
I <c codici domestici »
La letteratura deutero-paolina, e
cioè le lettere scritte a suo nome dai
discepoli di Paolo dopo la morte dell’apostolo, vedono apparire una forma letteraria alla quale l’apostolo
non era mai ricorso, vale a dire il
« codice domestico ». Si indicano con
questo nome tradizioni etiche attestate tanto nello stoicismo quanto nel giudaismo ellenistico e nel
le quali sono indicati i doveri degli abitanti di una casa dell’epoca. In
genere sono considerate tre coppie:
mogli-mariti, genitori-figli, padronischiavi (esempi classici sono Colossesi 3: 18 - 4: 1; Efesini 5: 21 - 6: 9).
Nella parenesi [le esortazioni finali di un’epistola - ndi] il ricorso al
codice domestico ha un doppio significato. Da un lato sono ripresi i
ruoli sociali così come sono definiti
dalla società antica; questo implica
l’accettazione del modello della famiglia patriarcale. Dall’altro lato è
anche adottata la figura del padrone,
un termine costitutivo di questi codici; si tratta infatti della sottomissione della moglie al marito, dei figli
ai genitori, degli schiavi ai loro padroni. Come si vede il tema dell’uguaglianza in Cristo, che era al centro
del pensiero di Paolo, è ormai abbandonato e le relazioni all’intemo della
casa cristiana sono ormai poste all’insegna della sottomissione.
Va indubbiamente sottolineato il
fatto che si tratta di un fenomeno in
certa misura ambivalente: i codici
domestici sono ripresi, ma anche fortemente umanizzati. Lo si vede per
esempio in Efesini 5, dove le relazioni sociali diventano lo spazio nel
quale si deve esercitare e concretizzare l’agàpe cristiana. La moglie deve essere sottomessa al marito, ma il
marito deve amare la moglie come
Cristo ha amato la chiesa e « ha dato
se stesso per lei » (Ef. 5: 25).
Il che non impedisce che abbiano
poi avuto luogo degli sviluppi, anche
impensati, come dimostra lo statuto
della donna negli evangeli apocrifi.
Tuttavia, da una comunità di uguali
si è passati ad una concezione
molto più tradizionale relativa ai
ruoli sociali, e in particolare a quello
della donna.
E’ merito dell’esegesi femminista
porci di fronte a questi fenomeni di
distorsione, che segnano l’ultimo
quarto del I secolo e che sono attestati dagli scritti tardivi della letteratura neotestamentaria.
Il problema
della pertinenza
Mettendoci di fronte ai testi e ai
loro derivati, l’esegesi femminista ci
costringe a porci la domanda sul
problema della pertinenza\ a domandarci cioè dove si trovi, all’interno
del discorso biblico, l’istanza della
verità. Insomma, deve essere accettato il testo globalmente, oppure si
accettano soltanto alcuni dei suoi
enunciati? Per esempio, la predicazione e la prassi di Gesù, e di Paolo
devono essere superiori agli enunciati posteriori e costituiscono la norma critica che permette di valutare,
e quindi anche di svalutare, le affermazioni regressive? Oppure, ponendo la questione in modo ancora più
radicale, sarebbe il sistema di valori
che si sviluppa dalla lotta femminista contemporanea a fornire i criteri di valutazione della intera letteratura biblica?
Per illustrare quest’ultimo aspetto del problema vorrei brevemente
ricordare le epistole pastorali, e in
particolare il passo di I Timoteo 2:
11-15. In questo testo la donna ha
la consegna della sottomissione di
fronte al marito, deve osservare il silenzio nelle assemblee ed è indicata
come la responsabile della caduta. E’
un passo in contrasto con la teologia
paolinica e veterotestamentaria. Paolo, come abbiamo osservato, non predica la sottomissione all’interno della comunità cristiana, né impedisce
alle donne d’intervenire nel culto comunitario per profetizzare (cfr. I
Cor. 11). Inoltre la tradizione che
rende la donna responsabile del peccato originale si oppone al racconto
di Genesi 2 e 3 ed alla predicazione
paolinica (cfr. per esempio Romani
5: 12 ss.). L’esegesi femminista ci
conduce dunque proprio a porci la
questione della pertinenza del testo.
E da qui dunque la domanda se
esista nel Nuovo Testamento stesso
una norma critica che consenta di
mettere sotto accusa un certo numero di affermazioni regressive in modo
da squalificarle di fronte al messaggio liberatore inaugurato da Gesù e
ripreso da Paolo. La letteratura biblica non dovrebbe avere il coraggio
di esercitare tutta la sua autocritica,
per rendere giustizia ai suoi testimoni più eminenti?
Tocchiamo qui la punta estrema
della sfida della teologia femminista,
ma anche una questione essenziale
per il lettore contemporaneo.
Jean Zumstein
* L'autore riprende qui un termine classico della semiologia, formulato da A. Martinet in Eléments de linguistique générale,
Paris 1960. Col principio di pertinenza si
decide di non descrivere i fatti raccolti se
non da un unico punto di vista, e perciò
di prendere in considerazione, nella massa
eterogenea di questi fatti, solo i tratti che
interessano questo punto di vista, escludendone ogni altro (tali tratti sono detti
pertinenti). (Cfr. Roland Barthes, Elementi
di semiologia, Torino 1966, pag. 84).
7
15 dicembre 1989
obiettivo aperto
DOPO LA CADUTA DEL MURO
Quale ruolo per le chiese evangeliche
nella Repubblica democratica tedesca ?
Divisa politicamente la Germania ha mantenuto negli anni una unità ecclesiastica - Dal ’78 con le « Decadi per la
pace » comincia una critica al regime, anche se il socialismo è accettato - Le chiese si sono aperte al nuovo
Alla fine della seconda guerra mondiale la Germania è stata divisa in quattro zone, e questo ha comportato uno sconvolgimento delle strutture, comprese quelle religiose.
L’EKD (Chiesa protestante
della Germania) è stata creata
nel 1947, cioè due anni prima
della creazione della Repubblica federale tedesca. Tra il 1949
e il 1969 è esistita una sola struttura per le 27 chiese provinciali (allTEst come all’Ovest).
L’EKD può essere paragonata
alla Federazione protestante di
Francia, nel senso che è come
un « portavoce » pubblico nei
confronti dell’ambiente esterno
e dello Stato.
Nel 1969 le chiese dell’Est sono state obbligate a crearsi una
Federazione delle chiese evangeliche autonoma dall’EKD, in
seguito a un articolo della Costituzione della Repubblica democratica tedesca che proibisce
alle chiese della DDR ogni attività diaconale fuori del territorio nazionale. Va sottolineato, a
questo proposito, che il lavoro
comune delle chiese dell’Est e
dell’Ovest è durato ancora otto
anni dopo la costruzione del
muro, e che, per vent’anni,
l’EKD è stata l’unico segno visibile dell’unità tedesca.
Il 6 marzo 1978, nel corso del
primo incontro fra il vescovo
Schonherr e il segretario del
partito comunista (SED), Walter Ulbricht, sono state poste
le basi di un nuovo compromesso tra la Chiesa e lo Stato. Bisogna notare, tuttavia, che a
partire dal 1971 il Sinodo di
Eisenach aveva formulato il
principio delle relazioni tra
Chiesa e Stato: « Nicht gegen,
nicht neben, sondern im Sozialismus » (Non contro, non. a
fianco, ma nel socialismo); nella stessa occasione si era affermato il principio del rifiuto da
parte della Chiesa di qualunque
ruolo d’opposizione, contrariamente alla scelta fatta dalla
Chiesa cattolica in Polonia.
Nel 1988 ha luogo un secondo
incontro di vertice tra il vescovo W. Leiche e il leader della
DDR, Honecker. Quest’ultimo assiste rii giugno 1989 alla riconsacrazione della cattedrale di
Greifswald, alla presenza di tutti
i vescovi della DDR, con l’eccezione di quello di Berlino, giudicato già troppo « contestatore ». Al culto seguirà un incontro presso il municipio.
Il ruolo delle chiese
dal "78 ad oggi
All’inizio del 1978 lo Stato inserisce H’educazione paramilitare
nei programmi d’insegnamento, al livello delle prime classi.
La Chiesa rileva che questo insegnamento era contrario ai discorsi fatti ufficialmente sulla
pace.
Perciò la chiesa dà vita, come
risposta, alle « Decadi per la
pace », a partire dal novembre.
L’iniziativa viene illustrata con
la riproduzione (portata da New
York da un pastore) di una statua offerta daH’URSS alle Nazioni unite, che raffigura il versetto di Michea 4: 3: « Delle loro spade fabbricheranno dei vomeri ».
Le « decadi » diventano in breve tempo un luogo di libera
espressione su tutti i problemi
che non toccano i discorsi ufficiali del partito, come la pace,
ma anche l’ecologia, presentata
ufficialmente come un lusso capitalista.
L’interdizione, avvenuta nel
1985, di impiegare l’insegna che
illustra il versetto di Michea,
sarà poi all’origine della manifestazione di Jena, nel corso
della quale i giovani manifestanti si rifugiano in una chiesa. Finalmente si trova un compromesso: la Chiesa può conservare il simbolo, ma questo può
essere esibito solo nel corso della decade.
Due manifestazioni, organizzate a Berlino il 13 dicembre ’87
e il 7 gennaio ’88 dal governo,
dal Partito comunista e dalla
gioventù comunista, provocano
delle contro-manifestazioni: gli
slogan della prima, sul tema dei
diritti umani, e lo slogan di Rosa Luxemburg (« La libertà è
anche libertà di pensare diversamente ») nel corso della seconda, che doveva appunto commemorare la Luxemburg, e Karl
Liebknecht, sono ricuperati dai
« contro-manifestanti ». Ne seguiranno arresti e espulsioni
con ritiro del passaporto, come
a dire la perdita della cittadinanza.
Lo stesso scenario (manifestazioni, contro-manifestazioni, arresti, espulsioni) si ripeterà nel
corso della commemorazione del
bombardamento di Dresda, nel
febbraio ’88. Nel corso degli
anni ’87-’88 la Chiesa prende le
difese dei giovani arrestati, mette a loro disposizione un avvocato e ottiene che non si proceda al ritiro dei loro passaporti.
Il fenomeno
dell’emigrazione
I viaggi all’estero, anche verso
gli altri paesi socialisti, sono stati sempre molto difficili, con la
eccezione dei viaggi in gruppi.
Verso la Germania Ovest potevano andare facilmente solo i
pensionati, i membri della Nomenklatura e delle chiese. Va
ricordato che d’altra parte l’emigrazione è sempre esistita
(circa 250.000 persone dal 1984,
37.000 a partire da questa estate). E il fenomeno si è ancora
ampliato con la decisione presa
dall’Ungheria, nel giugno scorso,
di sopprimere la cortina di ferro alla frontiera con l’Austria.
Questa soppressione è legata alla «Conferenza sulla dimensione umana della sicurezza e cooperazione in Europa », e l’Ungheria ha inteso così manifestare la realtà degli accordi di Vien
na, presi nel gennaio di quest’anno.
Le basi
del rinnovamento
Il movimento della contestazione nella DDR esisteva già, per
quanto allo stato larvale; da
poco si è reso evidente e ha
cercato di darsi una struttura.
Ne fanno parte sei componenti:
— Neues Forum: una sorta di
piattaforma che riunisce tutte
le correnti in vista di un dialogo politico con lo Stato.
— Bürgerbewegung Demokratie jetzt (Movimento dei cittadini per la democrazia adesso): chiama al dialogo marxisti
e cristiani, e raggruppa le correnti « Iniziativa per la pace e
i diritti umani » e 1’« Appello per
l’ingerenza nei nostri affari ».
— Demokratische Aufbruch
(Rinnovamento democratico):
riunisce diversi movimenti d’opposizione sotto lo slogan « Restiamo in DDR e restiamo socialisti ». Suo obiettivo è col legare
un approccio ideologico socialista ad una lettura ecologica della
società. E’ la ricerca di una nuova via al socialismo.
— Böhlenerplateform (Piattaforma di Böhlen, nome di una
città): ha come obiettivo l’unificazione di tutti i partiti della
sinistra, essere una via all’opposizione, ricercare un’alternativa
socialista in uno spirito di socialdemocrazia e libertà.
— SDP (originariamente SPD,
Partito socialista di Germania):
il vecchio SPD si era fuso nella
DDR con il Partito comunista e
aveva messo da parte le proprie
attività dopo la costruzione del
muro.
— CDU (settore dissidente rispetto alla GDI della Germania
Ovest): la «lettera di Weimar»
indirizzata da quattro suoi membri richiede l’autonomia rispetto alla politica governativa, cioè
il diritto di poter diventare un
vero partito d’opposizione.
La mediazione del
vescovo luterano
Nel suo ultimo rapporto alla
Conferenza della direzione delle
chiese in DDR, il vescovo Leiche ha citato Giovanni 6: 37, e
ha sviluppato il tema della chiesa come luogo di accoglienza
per gruppi diversi (vi si ritrova
il problema di una chiesa aperta a tutti). Ha messo poi in
guardia le chiese rispetto al
zi muro di Berlino alla vigilia del crollo: la linea di demarcazione
sta diventando punto di dialogo.
L’allegra invasione
delle Trabant,
le piccole
utilitarie
della RDT.
l’eventualità di essere « ricuperate » ad altri fini.
Tutto questo attiene al dibattito sulla dottrina della separazione dei due regni e risponde alle critiche secondo cui le chiese non hanno diritto di immischiarsi nella politica, ricordando che il semplice fatto di rendere testimonianza nel mondo
e per il mondo è una questione
di credibilità per le chiese.
Dal discorso del vescovo Leiche sono emerse tre conclusioni: da dove veniamo? Dove ci
troviamo? Dove stiamo andando?
Leiche ha ricordato le difficoltà avutesi nella ricostruzione in
DDR nel 1945 e il tributo pagato all’URSS. L’avvio dei processi
di discussione è cosa sensibile
in tutti i settori della vita economica, ma è necessario che le
relazioni tra lo Stato e i cittadini escano dallo schema padre/
bambini, per lasciare spazio ad
una relazione tra partner.
Egli ha ancora chiesto: libertà
d’espressione; una politica dell’informazione più aperta; modifica della legge elettorale; riforme economiche; convertibilità
monetaria.
Il rappresentante dell’EKD ha
detto al sinodo che le chiese dell’Ovest applicheranno le decisioni di quelle dell’Est per quanto
attiene ai pastori o ai laici inquadrati nei ruoli delle chiese
che siano passati all’Ovest.
La discussione sul messaggio di
Leiche si è poi orientata su tre
temi: modificazione della società e partecipazione; riforme economiche e pluralismo; speranze
dei giovani e esperienza delle
generazioni.
Sui muri si vede apparire una
scritta: « Marx è morto, Gesù
vive ».
Un molo
di leadership?
La Chiesa della DDR rischia
di perdere il suo ruolo di partner privilegiato dello Stato con
la comparsa di nuove strutture di
opposizione. Non si può dimenticare il fatto che alcuni pastori
sono presenti in tutti i movimenti, senza la benedizione o l’opposizione della loro gerarchia.
E’ difficile sapere come la
Chiesa veda la strutturazione di
una forza d’opposizione nella
DDR. Per questi movimenti si
pongono vari problemi. Hanno
bisogno di farsi conoscere, e la
Chiesa può essere una « piattaforma pubblicitaria », ma d’altra
parte questa sua presenza può
anche allontanare dei laici o degli atei. Sui giornali si rimprovera alla Chiesa di essere finanziata, se non manipolata, dall’Ovest; da qui, in DDR, il rischio
di una possibile perdita di credibilità. La Chiesa ha sicuramente bisogno di un riconoscimento internazionale, ma non
con tutti i mezzi. La soluzione
consisterà nel farsi riconoscere,
all’interno della DDR, il suo
ruolo di mobilitazione popolare.
past. André Lazérus
segret. esec. della Commissione sociale, economica e
internazionale della Federaz.
protestante di Francia
8
8 vita delle chiese
15 dicembre 1989
CONVEGNO DI FORMAZIONE PER DIACONI
Sotto il segno
della contraddizione
Discusso il problema del rapporto tra le nostre opere e lo stato, del
cattolicesimo e della lettura biblica in un convegno a Casa Cares
Dovendo definire in modo sintetico il convegno di formazione
per diaconi che si è tenuto a Casa Cares dal 3 all’8 novembre, la
parola che mi sembra più opportuna è: contraddizione.
1) Contraddizione tra le finalità — e i modi — di intendere
il servizio (diakonìa) e « gli imperativi di una società razionalizzata » (N. Barracani).
2) Contraddizione che sembra emergere dall’uso del termine « Controriforma » e che dovrebbe essere ricomposta nel termine « riforma cattolica ».
3) Contraddizione aperta dalla nuova comprensione delle figure profetiche. Non più « giganti
dello spirito » che si oppongono
alla religiosità-oppio-del-popolo,
ma persone ben inserite in una
minoranza ortodossa, chiamate a
staccare il popolo dal sincretismo
e dall’idolatria e a richiamarlo all’osservanza della legge.
A tutti e tre i momenti — amministrativo-organizzativo, storico, teologico — l’attenzione e il
coinvolgimento dei partecipanti
sono stati molto alti, ma se la
quantità ha un suo significato, mi
sembra che la maggior presenza
di diaconi durante la prima parte
del convegno indichi che i problemi messi sul tappeto sono gli
stessi con cui i nostri diaconi e
membri di commissione si trovano a dover fare i conti ogni giorno. E’ tra le diverse finalità indicate al punto 1) che si può creare, e di fatto si crea, un attrito.
Questo è un livello su cui le diversità premono di più, proprio
per la pretesa neutralità del terreno. Questo viene normalmente
rappresentato come un modello
oggettivo, applicabile ad ogni situazione per renderla più efficace
e razionale, dall’azienda all’ospedale, mentre è un modello funzionale alla situazione per cui è
stato concepito. La sua funzionalità si perde in parte, sino a poter diventare un ostacolo, se la
situazione a cui si deve applicare ha funzioni e motivazioni diverse, od opposte, alla situazione
per la quale è stato studiato originariamente.
Opere e rapporti
con lo stato
Controriforma o
riforma cattolica?
Nella seconda parte del corso
la prof.ssa Susanna Peyronel ci
ha illustrato le ragioni, di analisi
e di metodo, che hanno indotto
una parte della moderna ricerca storica a privilegiare il termine « riforma cattolica », con la
proposta di abbandonare il termine « Controriforma ». La ragione principale è individuata nel
fatto che il cattolicesimo romano
non usò solo l’arma della repressione pura e semplice (Inquisizione), ma che dal Concilio di
Trento uscì un nuovo assetto della Chiesa cattolico-romana.
Interessante fu il ruolo assunto dalla Compagnia di Gesù in
questo nuovo look. Sono sicurissima che tutto quanto illustrato
dagli storici sia assolutamente
vero, ma mi sembra anche che le
conclusioni che si traggono scaturiscano, in ogni caso, da quale
angolatura si guardano i fatti. O
a quale grado della scala delle
priorità si collochino questi « fatti ».
Un esempio. I gesuiti si presero senza dubbio carico di colmare il vuoto del sistema scolastico, e lo fecero in modo magistrale. Ma questo vuoto era stato
creato dalla Chiesa romana stessa, dato che contemporaneamente all’insediamento dei gesuiti
venivano distrutte le Accademie
(definite dal Muratori « covo di
eresie ») e le Università. Senza
docenti e studenti stranieri smisero progressivamente di essere
luogo di dibattito e circolazione
delle idee. Il cordone sanitario
fu perfetto. Soprattutto la classe
dirigente fu formata nei collegi
dei gesuiti, e quando dico « formata » non uso un termine a ca
so: non uscirono certo degli intellettuali organici.
Ruolo che al contrario molti
pastori ebbero nelle comunità
protestanti, sia in Europa che, più
tardi, in America. E’ evidente che
eliminate l’opposizione e la critica, e la possibilità che si potessero sviluppare nuovamente, ciò
che rimase fu il consenso. Anche
nazismo e fascismo ebbero un
largo consenso, pure da parte
delle chiese, se non vado errando,
ma non mi sembra che questo
possa modificarne il giudizio storicamente negativo.
Nuovi metodi di
lettura biblica
Nella terza fase il prof. Daniele
Garrone, della Facoltà valdese di
teologia, ha tenuto uno studio vivace ed interessante sul libro del
profeta Geremia. Devo dire che il
« nuovo » metodo di lettura delle
Scritture ebraiche e cristiane, che
cerca una comprensione dei testi
sintetica (cioè ogni singola parte
non presa a sé, ma come facente
parte di un organismo complesso), è affascinante, proprio per il
grado di comprensione e di armonia a cui sembra poter tendere, anche se è evidente che può
mettere in crisi alcune letture di
certi concetti biblico-teologici, come ad esempio il termine « legge ». In ogni caso mi sembra che
il rispetto e l’amore per la Parola del Signore presuppongano
proprio una ricerca ed una tensione che si devono rinnovare ad
ogni generazione.
Forse non è così che il Signore ci vuole: in ricerca ed in tensione? Probabilmente è il modo
migliore per cercare di stare
svegli.
Valeria Fusetti
III CIRCUITO
Ecumenismo: silo no?
Difficoltà e speranze (del dialogo ecumenico e
tra le generazioni in un convegno a Chiotti
Mi sembra che gli incontri
coordinati dall’ing. Gianni Rostan
e dal prof. Nedo Barracani vadano nel senso giusto. Il senso cioè
di un approccio critico, per cercare di capire assieme quali strumenti di razionalizzazione possono essere usati dalle nostre opere, modificandoli secondo le nostre finalità.
La gestione delle nostre opere
deve tener conto dei rapporti con
lo stato nel quale ci troviamo a
predicare e testimoniare l’Evangelo. Il « tener conto » non è indice di opportunismo, bensì di
necessario rispetto della società
civile nella quale ci troviamo;
fa parte della nostra tradizione.
Tradizione che, per altro, ha buone e salde radici sia nelTEvangelo (Atti, Romani, lettere pastorali), sia nella vita della chiesa dei
primi secoli (Tertulliano, Didachè. Didascalia Apostolorum,
Pseudo Clementine, Aristide Marciano, ecc.) e in quella che è
stata definita la « politica sociale » di Calvino a (jinevra, e che
ha lasciato una buona e forte impronta nella vita delle chiese riformate.
Questo è il dilemma che il IH
circuito si è posto sabato sera 2
dicembre nella sala dei Chiotti.
Gregorio Plescan e Sergio Ribet
hanno introdotto l’argomento
cercando di irrigidire le ragioni
per il sì e per il no, in modo da
stimolare il dibattito. Per Plescan, che proviene dal cattolicesimo, le ragioni del no hanno un
grosso peso. Il dibattito ecumenico continua a essere pesantemente condizionato dal magistero, per cui, anche quando a livello di base si può raggiungere
tm certo consenso, questo può essere messo in crisi da un momento all’altro dalla gerarchla. Per
Sergio Ribet, invece, il dialogo
con il cattolicesimo non è oggi
questione di scelta nostra, ma è
una necessità che ci è imposta
dalla situazione in cui viviamo,
oltre che da ragioni teologiche.
Denso e interessato il dibattito. Si è ricordato che la serata
era stata indetta per studiare
una risposta alla domanda nata
nel culto della settimana dell’unità di gennaio. In quell’occasione era stato chiesto che ci fos
FIRENZE
Ampliato ‘Il Gignoro’
Una storia (di oltre 60 anni - Il rapporto
con la città ed il problema degli anziani
La nuova ala, appena inaugurata, del Gignoro.
In futuro finiremo per ricordare gli anni ’80 delle nostre
chiese come un periodo di grandi ristrutturazioni delle nostre
opere diaconali di assistenza, rendendo in questo modo anche una
testimonianza significativa in Italia.
Anche solo « limitandoci » a
considerare il settore anziani, si
vede il filo di un discorso comune che lega Lusema San Giovanni a Villar Pellice, San Germano a Gorle, Firenze a Vittoria: quante energie coinvolte,
sia umane che finanziarie! Una
responsabilità non indifferente
sorretta anche da una buona teologia.
Non tutti gli evangelici hanno
condiviso questa scelta; molti
fratelli hanno visto e vedono rischi diversi in una diaconia così « pesante », se non altro per
le difficoltà che possono sorgere nel momento di gestire tutte
le opere.
segnale positivo: credo infatti
che in un certo senso la generosità straniera finisca per l’abituarci male, convincendo molti
nostri membri di chiesa che tutto sia ormai pagato ».
La struttura,
le sue caratteristiche
Una nuova ala
sero incontri più frequenti e il
piacere provato nello stare insieme, sia da valdesi sia da cattolici,
era sembrato allora una realtà
promettente.
Per qualcuno è difficile intavolare il dibattito: i cattolici sembrano più disponibili a incontri
di preghiera e di meditazione che
a confronti e a scambi di esperienze.
Si è anche osservato che il problema del confronto tra di noi,
da un lato, e tra noi e la Parola
di Dio dall’altro non riguarda solo i rapporti ecumenici, ma anche quelli tra genitori e figli, tra
generazioni. A volte il dialogo
ecumenico non è più difficile rispetto a quello con i giovani. In
ogni caso quest’ultimo può essere un riflesso di quello ecumenico. Nel modo con cui cerchiamo di vivere con i nostri figli
ima fede comune, lasciando che
essi la esprimano in forme diverse dalle nostre, possiamo anche
incontrarci con credenti di altre
confessioni.
C. T.
Ultima in ordine di tempo, si
è inaugurata a Firenze una nuova ala della casa di riposo « II
Gignoro ».
Alla periferia della città, immersa nel verde della campagna,
l’ampliamento consentirà il potenziamento dell’assistenza ai
non autosuffìcienti ed ai disabili.
Parliamo di questo istituto, dei
suoi problemi, della sua storia
con il pastore Luigi Santini, da
anni direttore della casa.
«Nel 1927, per iniziativa della
signora svizzera Carolina Tobler
Corradini, si aprì in Firenze una
casa di riposo, denominata Asilo Italia; alla morte della fondatrice, i familiari non si sentirono di proseguire l’esperienza.
Le comunità fiorentine, che si
sentivano fortemente legate all’opera, decisero di non lasciar
morire questa iniziativa: valdesi,
battisti, metodisti, fratelli decisero di affidare la responsabilità della casa al consiglio di chiesa valdese. Si era nei primi anni ’40. Da allora questo servizio
ha avuto diverse sedi: dalla missione medica all’istituto Gould,
da una prima parte dell’attuale
sede all’inaugurazione, nel 1971,
della villa ”Il Gignoro”, proprietà dell’istituto Ferretti ».
Fra avvenimenti storici, date,
vicende che hanno segnato le
speranze di donne e uomini in
questi anni, Santini prosegue:
« Utilizzando i proventi della
vendita dell’istituto Comandi, abbiamo potuto realizzare la nuova costruzione; in dieci anni molti doni ci sono arrivati, e sono
stati un motivo di grande incoraggiamento: per la maggior
parte il sostegno ci è venuto dall'Italia. Si tratta in fondo di un
Venendo alle caratteristiche
della casa, alla sua struttura.
Santini sottolinea i pregi, non
dimenticando però anche i liniL
ti: « La casa ha parecchi limiti
strutturali: c’è la villa centrale,
poi un corpo separato ed ancora
altre parti aggiunte successivamente, spesso tenendo conto delle esigenze del momento. Certo
non vi sono barriere architettoniche, l’insieme è esteticamente
bello, ma potrebbero nascere dei
problemi, faccio un esempio, dall’aver voluto due corridoi con le
camere al centro. C’è poi un altro problema — prosegue Santini — legato alla difficoltà delle persone anziane ad accettare
le novità: è l’idea di un trasferimento nella parte nuova; per
questo cerchiamo di lavorare di
fantasia organizzando momenti
ricreativi in zone diverse della
casa, facendoli così prendere dimestichezza con tutta la struttura ».
Vi sono problemi riguardo alle rette?
« Il problema esiste, nel senso
che non sempre si arriva a coprire le spese; anche se da tempo esiste una convenzione con
il Comune, le rette integrative
non sono sufficienti e neppure
è semplice, Seppur forniamo un
servizio di una certa qualità, un
possibile rapporto con la Regione ».
C’è una presenza di non evangelici nella casa? Ed ancora, qual
è il rapporto fra II Gignoro e la
città?
«Molti fratelli cattolici vivono
con noi, senza problemi di inserimento; semmai sono gli evangelici non della regione che hanno problemi di inserimento, avendo abitudini e storie così lontane. La questione centrale comunque non è il rapporto fra
la nostra struttura e la città, ma
veramente il problema degli anziani in città: il futuro non sarà risolto dall'aumento delle case di riposo; solo una solidarietà vera di quartiere e di abitazione può supplire al ricovero.
Certo per questo serve una rete
adeguata di servizi assistenziali,
che attualmente non è sufficiente; quando questo dovesse avvenire, allora le case di riposo potrebbero essere limitate a quelli
che veramente non ne possono
più fare a meno ».
A cura di
Italo Pons
9
15 dicembre 1989
vita delle chiese
TRAPANI
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Ristrutturato il tempio Un giorno di festa
Una folla di sorelle e fratelli uniti dalla gioia nel culto inaugurale
del locale rinnovato - Il saluto dei rappresentanti di altre chiese
Il 26 novembre scorso è stato
per la Chiesa valdese di Trapani
una giornata indimenticabile. Si
è inaugurato il locale di culto
completamente ristrutturato. Il
locale, usato fin dal 1953, era stato acquistato dalla Tavola valdese nel 1983 grazie ad un prestito delle chiese estere. Negli anni
seguenti la Tavola aveva poi deciso di ristrutturarlo per render
lo più accogliente e per eliminare alcuni inconvenienti causati
dalla precedente destinazione di
uso (magazzino). Grazie al contributo delle chiese evangeliche
tedesche questo è stato possibile e così oggi la nostra chiesa
dispone di un locale adeguato
L’assemblea riunita nel giorno
dell’inaugurazione.
Sabato 30 dicembre
□ ASSEMBLEA TEV
TORRE PELLICE — La prossima riunione si tiene alie ore 15.30 presso
i locaii di viaie Mazzini, 3.
pastori Laura Leone, Gianna
Sciclone, Sergio Aquilante.
alla sua funzione di « casa delTEterno ».
Ha presieduto il culto di inaugurazione il past. Gianna Sciclone, delegato della Tavola per il
IV distretto, che ha predicato sul
testo: « Siete parte dell’edificio
che ha come fondamenta gli apostoli e i profeti e come pietra
principale lo stesso Gesù Cristo.
E’ lui che dà solidità a tutta la
costruzione e la fa crescere fino
a diventare un tempio santo per
il Signore. Uniti a lui, anche voi
siete costruiti insieme con gli
altri per essere la casa dove Dio
abita per mezzo dello Spirito
Santo » (Efesini 2: 20 ss.).
Il tempio era nell’antico patto e anche nel nuovo « la casa
delTEterno, ma non certo nel
senso degli idoli che esso non
ha, ma perché testimonianza di
Dio nella città, perché luogo di
preghiera comunitaria, perché
simbolo della pietra principale
— Cristo — su cui è fondata
l'unità di tutti i credenti al di
sopra d’ogni diversità, comprese
anche quelle teologiche ».
Partecipava alla cerimonia anche il vicario del vescovo, dcm
Adrogna, che prendendo la parola ha commentato: « Grazie. Mi
son trovato come a casa mia. Cristo è la pietra che ci unisce. Noi
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purtroppo siamo buoni solo a
dividere ».
Dopo il culto il past. Sergio
Aquilante, direttore della « Noce » di Palermo, ci ha esposto
un suo studio sulla questione
meridionale e sul ruolo del centro della « Noce » in essa.
Hanno poi preso la parola un
giovane pastore pentecostale, che
ha auspicato una maggiore collaborazione tra gli evangelici del
trapanese, il past. Enrico Trobia
ed il past. Paolo Giunco. La festa della comunità è poi proseguita con un rinfresco in cui tutti
gli intervenuti — molti da Palermo — hanno manifestato la
loro gioia per il nuovo dono del
Signore che spinge la chiesa alTobbedienza e alla testimonianza nella fede.
Si sono calorosamente ringraziati i pastori che hanno servito
nella chiesa, Carmen Trobia Ceteroni. Paolo Giunco, Laura Leone ed anche l’ex moderatore Giorgio Bouchard per l'impegno che
ha manifestato per la ristrutturazione del locale.
Alla fine tutti erano grati al
Signore per l’esperienza comunitaria e per aver sperimentato
« quant’è buono e quant’è piacevole che fratelli dimorino insieme » (Salmo 133).
Paolo Giunco
ANGROGNA — Domenica importante, il 10 dicembre, per la
comunità tutta; un giorno di festa gioiosa per la confessione di
fede e l’ammissione in chiesa
mediante il battesimo di Elio
Meggiolaro, un fratello che,
come lui stesso ha voluto comunicare pubblicamente durante il
culto, aveva fatto dell’ateismo la
sua certezza, dopo una giovinezza
vissuta in una famiglia « culturalmente cattolica, ma mai praticante ».
La stessa predicazione del pastore Platone, sui primi versetti
dell’Evangelo secondo Marco (il
Battista, battesimo e tentazione
di Gesù) ha fortemente sottolineato l’importanza della trasformazione interiore, della messa in
discussione di quello che si è
stati, fino al cambiamento radicale accogliendo Gesù Cristo come proprio salvatore nella vita.
Perciò Elio Meggiolaro ha voluto ringraziare, oltre al Signore
che ha operato in lui questa trasformazione, anche tutte quelle
persone che lo hanno seguito ed
incoraggiato, spesso mediante la
testimonianza, nella sua ricerca
di fede, dai familiari ai pastori,
agli amici.
La corale ha voluto condividere questo momento di gioia partecipando al culto.
Note liete e tristi
POMARETTO — Sabato 9 dicembre è stato benedetto il ma
TERNI
Ricordando Wesley
Il 19 novembre la chiesa metodista ha commemorato il II
centenario della morte di J. Wesley leggendo, durante il culto, il
sunto, con stralci originali, di
una predica del padre del metodismo, che qui di seguito commentiamo.
Si tratta di un sermone, pubblicato nel 1760, e ispirato da Luca 16: 9, sull’impiego del denaro, un tema di attualità anche
oggi, tra noi. Il discorso si sviluppa su tre precetti, due dei quali
sembrano, ma non sono, un po’
paradossali, e che sono; 1) Guadagnate quello che potete. 2) Risparmiate quello che potete. 3)
Date tutto quello che potete.
Questi tre concetti non possono isolarsi e potrebbero risolvere il problema della ricchezza.
Alcuni gridano al paradosso riguardo a questa formula con la
quale Wesley vuole racchiudere i
doveri del cristiano riguardo ai
beni di quaggiù. Ma dicendo :
guadagnate tutto quello che potete, egli non vuole incoraggiare
l’amore del denaro e del guadagno, ma piuttosto l’amore del lavoro; vuole incitare l’uomo a
mettere in opera tutte le energie
delTintelligenza e della volontà.
Gli altri due precetti debbono
servire di correttivo al primo,
l’uno mettendo in guardia i cristiani ricchi contro l’impiego egoista dei loro beni, l’altro ricordando che essi sono gli economi di
Dio, gli incaricati di distribuire i
suoi beni. Egli diceva ai cristiani :
siate ricchi se potete divenirlo
usando la più severa probità, non
al fine di soddisfare i vostri
gusti di benessere e di lusso, ma
di sovvenire ai bisogni dei vostri
fratelli poveri. Se ciò si comprendesse, il denaro non materializzerebbe la società e questa non
si troverebbe continuamente
pressata da questioni urgenti che
senza gli insegnamenti dell’Evan
gelo non potranno mai essere risolte.
Alla lettura sono seguite alcune considerazioni. Sono stati rilevati, in particolare, la maniera
di predicare, chiara, ben comprensibile agli ascoltatori di ogni
livello culturale, senza complicazioni o esibizioni teologiche - interpretative ; il preciso riferimento all’« anima » dell’uomo, la cui
vita non può essere compromessa da nessun vantaggio materiale; la realtà di una fede così intensa ed assoluta, convinta che
solo Dio può e deve punire i perversi, senza che lo sfiori l’idea
che ciò sia compito delle leggi
umane, purtroppo imperfette e
che comunque rappresentano solo il volere di chi, in quel momento storico, detiene il potere
politico.
Ma la sensazione più profonda
è stata quella di ricordare a tutti
che il metodismo è soprattutto
azione diretta, impegno completo che occupa totalmente individui e chiese, condannando ogni
forma di pigrizia, anche quella
conformista, in voga nel mondo
di oggi, che tende a demandare
sempre di più ad altri, ad enti,
allo stato, anche le nostre precise ed individuali responsabilità.
Reto Bonifazi
trimonio di Ada Richard di Porosa e Pierpaolo Massel di Ferrerò; che lo Spirito del Signore
possa guidare ogni giorno questa
nuova famiglia.
• L'Evangelo della resurrezione è stato annunciato in occasione dei funerali di Lorenzo Salvai, di Pinerolo, ma deceduto
presso il nostro ospedale, di Giovanni Augusto Pastre, deceduto
all’età di 80 anni e di Elsa Tron
(Elsina), deceduta presso la sua
abitazione all’età di 53 anni.
Ai familiari nel dolore esprimiamo la cristiana simpatia della comunità.
Serata di canto
VILLASECCA — Sabato 16 dicembre, ore 20,30, nel tempio dei
Chiotti, avrà luogo una serata
prenatalizia di canto con la partecipazione delle corali riunite di
Frali - Ferrerò - Villasecca e della
Badia Corale Val Chisone.
• Domenica 17 avremo il culto
di Natale per i bambini della
Scuola domenicale e i catecumeni
dei 4 anni di catechismo. Alcuni
di loro parteciperanno allo svolgimento della liturgia. Subito
dopo il culto vi sarà rincontro di
tutti i bambini delle Scuole domenicali del 3° Circuito a Pomaretto per la consumazione di
un’àgape, seguita da una recita
da parte del Gruppo giovani.
Verso il Natale
PERRERO-MANIGLIA — La
comunità si rallegra per la nascita di Giulia di Ivana Ferrerò
e Ivano Pavan, e di Sara di Fiorenza Peyran e Roberto Toniolo: che il Signore benedica queste due bimbe con le loro famiglie!
• Domenica 17 dicembre, ore
10.30, a Ferrerò il culto sarà tenuto dalla scuola domenicale.
• Martedì 19, alle ore 14.30,
festa natalizia delTunione femminile, con la partecipazione della sorella Florence Vinti.
• Mercoledì 20 alle ore 20.30
riunione a Perrerce su un tema
di attualità: il sig. Claudio Lupo
di Amnesty International parlerà sul tema: « L’abolizione della pena di morte ».
• I culti del periodo natalizio
avranno luogo il 24 dicembre a
Ferrerò, ore 10.30, il 25 dicembre.
Natale, a Maniglia ore 9, a Ferrerò ore 10.30, entrambi con S. Cena; alle ore 19.30, a Maniglia, culto a cura della Scuola domenicale.
Domenica 31 dicembre, ore 10,
culto unico di fine anno a Ferrerò.
• E’ mancata all’età di 80 anni
la sorella Emma Luigia Micol
ved. Pons. Nel rammarico di
avere perso una sorella così assidua nelle attività di chiesa, esprimiamo la nostra simpatia
fraterna alla famiglia.
MASSELLO — Nel periodo natalizio i culti si terranno regolarmente le domeniche 17, 24 e 31
dicembre. Il 25 dicembre. Natale, il culto avrà luogo sempre alle ore 11, con S. Cena.
AUTORIPARAZIONI
Costantino Marco
Officina autorizzata FIAT
LA PRIMA m PINEROLO
Via Montebello, 12 10064 PINEROLO
Tel. 0121/21682
10
10 v^alli valdesi
15 dicembre 1989
VAL RELUCE: COLLEGAMENTI INTERNI
POMARETTO
Dal '90 un’autolinea
per l’ospedale
Il consiglio comunale di Luserna decide l’ampliamento del collegamento interurbano, estendendolo all’ospedale e alla sede USSL
Attività culturali
Le opere pubbliche spesso occupano uno spazio predominante nell’ambito delle attività e delle preoccupazioni di una amministrazione comunale, sia per gli
impegni di spesa indubbiamente
rilevanti, sia per i problemi burocratici che sono legati alle procedure per accedere ai mutui,
sia per i lavori stessi che coinvolgono la gestione di più annate.
In questa ottica si possono
considerare nella norma i lavori del consiglio comunale di Lusema S. Giovanni, che si è riunito giovedì 29 novembre scorso. C’è da rilevare anzitutto che
l’amministrazione comunale ha
adottato il progetto di variante
n. 2 al piano generale intercomunale. Come si sa questo piano, adottato negli anni ’70 secondo previsioni di distribuzione su
tutto il territorio della Comunità montana di particolari attività o servizi, ormai mostra dei
limiti vistosi e, se non modificato, rischia di essere un aggravio
anziché uno strumento utile alla pianificazione. La proposta di
variante, che compKjrta anche
cambi di destinazione, vorrebbe
correggere una serie di anomalie e nella proposta approvata
porta da uno a sei a uno a tre
il rapporto fra zona coperta e
zona scoperta per un insediamento nell’area industriale.
Per quanto riguarda l’assegnazione lavori, è stato aggiudicato
il secondo stralcio per adibire
a verde pubblico attrezzato una
area di piazza Cañavero, con una
spesa di poco superiore ai 50
milioni.
Su relazione dell’assessore Cesano, è stato poi concesso un
contributo di due milioni e mezzo al Consorzio « Gora Peyrota »;
nel contempo si è evidenziato
come ci sia la necessità dell’ampliamento del servizio, prolungando la gora sino alla località
Cartera. Naturalmente per rendere esecutiva la proposta verrà redatto entro breve il progetto. Sono stati anche destinati 60
milioni per il ripristino della
strada del Baussan e 15 milioni
per quella della Gianavella, prendendoli da altre voci per le quali la previsione di spesa è slittata nel tempo.
E’ ancora stato approvato in
località S. Giorgio di viale De
Amicis il piano esecutivo convenzionato privato per la costruzione di 5 case unifamiliari e 2
bifamiliari. Sul fronte dei servizi,
argomento di interesse è l’ampliamento del servizio di autolinea interurbana, che interessa i
comuni di Lusema S. Giovanni,
Lusemetta e Rorà. Oltre ai servizi per il giorno di mercato e
a quello scolastico, è stata approvata l’istituzione di una nuova autolinea, che a partire dal 1®
febbraio 19W con quattro corse
giornaliere, dal lunedi al venerdì,
farà la spola con la sede USSL
e con l’osjjedale valdese di Tor
re Pellice. Il servizio verrà realizzato con un autobus da 15 posti della ditta SDAV con un contributo del comune di 55 milioni. All’iniziativa verrà presto data pubblicità nell’ambito della
vallata.
Infine, il consiglio comunale ha
aderito per il 50% alla richiesta
di maggiorazione che la ditta
API aveva avanzato per la raccolta dei rifiuti solidi urbani, in
quanto in sede di verifica è risultato superiore al previsto il
numero degli utenti serviti nella zona collinare.
In chiusura una serie di delibere minori. L’amministrazione
ha approvato anche per il 198990 l’impegno di spesa per l’istituzione dei corsi di nuoto per le
scuole e contributi sino a 3 milioni per l’acquisto di riviste e
giornali per i centri d’incontro
di S. Giovanni e Lusema e di 1
milione per l’iniziativa « Laboratorio teatro » della scuola media E. De Amicis. Infine è stato
deciso di aderire con l’importo
di lire 850.000 al fondo di solidarietà per il risanamento bovino.
Infine, a maggioranza, è stato
approvato un ordine del giorno
in cui si esprime preoccupazione per la ventilata chiusura delle scuole elementari mauriziane
di Torre Penice, frequentate anche da un buon numero di bambini lusemesi, in quanto cessazione di un servizio; questo « dimenticando » ovviamente resistenza nei due comuni di più
di una stmttura pubblica.
Adriano Longo
In questo 1989 che volge al termine e che ha visto conferenze e
dibattiti a non finire sul Rimpatrio, l’ultima iniziativa in ordine
di tempo appartiene all’assessorato alla cultura della Comunità
Montana Valli Chisone e Germanasca, che ha esposto i sedici
pannelli della mostra, già presente a Pinerolo alla rassegna dell’artigianato.
Sfrattando i locali dell’ex portineria della villa Gùtermann,
che la Comunità montana ha acquistato per completare il patrimonio immobiliare di cui si serve, si è dato corso a questa iniziativa, che verrà seguita da altre
analoghe (mostre fotografiche o
di quadri, ecc.).
Contemporaneamente, si è ricuperata un’altra struttura ricettiva molto utile, il cinema Edelweiss di Pomaretto, che verrà
utilizzato per concerti e conferenze durante tutto l’anno. L’assessorato alla cultura ha così dato un aiuto finanziario al gestore
affittando il cinema per quaranta
serate. In questo stesso locale
l’associazione culturale « Alidada» ha organizzato il cinefórum
COMUNITÀ’ MONTANA VAL PELLICE - USSL 43
Si potrà ancora discutere?
Volge al termine una legislatura, lasciando grossi problemi per il futuro
con una serie di proiezioni di
film d’autore.
Giovedì 7 dicembre, l’Edelweiss ha ospitato un incontro
con Bruna Peyrot, che ha ripercorso gli eventi legati al Rimpatrio proiettando una serie di diapositive; sarebbe superfluo ricordare la successione degli avvenimenti, che tutti ormai conoscono,
ma non inutile elencare i principi
fondamentali che la relatrice ha
espresso con grande partecipazione.
Prima di tutto la necessità di
ricordare, perché soltanto la memoria del passato può aiutare a
riaffermare oggi im modo di vivere consapevole e non legato a
mode effimere, sia pure con la
diversità dei tempi attuali.
Quindi, non limitarsi a considerare gli aspetti militari della
vicenda, che sono indubbiamente
i più spettacolari, ma scoprire gli
aspetti più nascosti, della solidarietà, ad esempio, tra i reduci,
della riorganizzazione di un territorio dove non c’era quasi più
niente di intatto.
In ultimo, trasportare nel pr^
sente questa volontà di sopravvivere; ora che la montagna con i
suoi abitanti sembra tenuta al
margine di ogni processo produttivo, cercare di mantenerla in
vita per se stessi e per le generazioni che verranno.
L. V.
Sullo scorso numero abbiamo
riportato il grido d’allarme che
viene dalla vai Pellice rispetto
all’ipotesi di accorpamento di
USL viciniori, attraverso le pa
role dell’arch. Longo. Con il presidente della Comunità montana riprendiamo però alami temi; non le pare che in questi
ultimi tempi si sia accentuato
uno scollamento fra ente pubblico (siano essi politici o tecnici) ed i cittadini su parecchi
problemi e che, in più, ci sia
stato Un cambiamento intenso
del personale, che ha messo in
difficoltà gli stessi servizi?
« In parte sono d’accordo e
dunque vorrei brevemente illustrare quelle che possono essere
le cause di ciò. Sicuramente in
fluisce negativamente la costante diminuzione di capacità di governo nostra rispetto a livelli superiori quali quelli regionali o
nazionali. Va però tenuto conto
che la nostra Comunità montana-USSL è stata fin dal suo avvio un terreno di sperimentazione ed è dunque chiaro che molti tecnici qualificati sono "transitati” in vai Pellice, portando
la loro esperienza e lanciando
nuove esperienze, ma che successivamente se ne sono andati,
anche per proseguire la loro carriera; malgrado ciò il livello dei
servizi resi ai cittadini è notevolmente migliorato ».
Questo miglioramento dei servizi ha anche causato la forte
impennata nelle prestazioni am
ASILO DI SAN GERMANO
Abbiamo traslocato!
Tra la fine di novembre e Tinizio di dicembre la nuova Casa
dell’Asilo di San Germano è entrata in funzione. Sono occorsi
infatti ancora tre mesi di lavoro dopo l’inaugurazione perché
il grande complesso fosse messo in grado di accogliere gli ospiti. E finalmente, quando (quasi) tutto è stato in ordine, si è
operato il trasferimento. E' stata una giornata caotica e bella.
Il caos lo si può immaginare,
con cinquantanove ospiti della
VISUS
di Luca Regoli & C. s.n.c.
OTTICA - Via Arnaud, 5
10066 TORRE PELLICE (To)
Il posto degli occhiali
L’OTTICO DI LUSERNA
di Federico Regoli & C. s.n.c
Via Roma, 42
10062 LUSERNA S. GIOVANNI (To)
vecchia Casa che partono per
prendere possesso della loro nuova realtà; ma era bello vedere
accanto a loro altre cento e più
persone (amici, parenti, il personale) che portano bagagli, aiutano, sostengono.
Tutto finito dunque? Questo è
stato l’ultimo atto di una storia
durata più di cinque anni? No;
chiaramente non è così.
A parte i problemi di carattere finanziario (mancano circa
settecento milioni per finire di
pagare l’opera), non dobbiamo dimenticare chi vive e chi lavora
nella Casa. Come si prevedeva,
per gli ospiti il trasferimento
è stato duro: si sono sentiti disorientati e piano piano devono
ricostruire le loro relazioni con
le persone e con le cose. Per far
questo hanno bisogno dell’aiuto
di tutti i loro amici. In questo
periodo sarà estremamente importante che molte persone vengano a trovare gli ospiti dell’Asilo per essere loro vicine ed
accompagnarli nel difficile lavoro della ricostrazione del loro
« spazio vitale ».
P. R.
bulatoriali che si registrano all’ospedale valdese?
« Certamente; il 30% delle prestazioni ambulatoriali del nostro
ospedale è stato fornito a
persone non residenti in valle e
questo, credo, è un segno della
validità della struttura. C’è però un aspetto negativo che deriva dal deficit che questo comporta per l’ospedale rispetto a
quello che la Regione ci eroga
annualmente. Al momento di predisporre il bilancio per V89 abbiamo dovuto attenerci alla spesa dell’88, senza poter prevedere che quest’anno avremmo superato di due miliardi quella cifra. Certo, nel tempo, tutti i bilanci pubblici vengono risanati,
tuttavia credo sia evidente la
difficoltà a gestire l’apparato sanitario in queste condizioni ».
Una percentuale così elevata
come il 30% significa che tutte
queste persone provengono da
zone in cui determinati servizi
non esistono?
« Non è che non esistano; è
la qualità che è diversa. Del resto non possiamo certo chiudere loro la porta, dato che il servizio sanitario nazionale prevede
che ovunque il cittadino si trovi
gli deve essere garantito il servizio ».
L’ultima domanda di questa
intervista riguarda una valutazione di questi 5 anni di gestione
« unitaria » (salvo l’uscita dalla
maggioranza del FLI) delTUSSL
43 e le prospettive future.
« Mi auguro che dopo le elezioni del 1990 — conclude Tarch.
Longo — questa Comunità montana continui ad essere un luogo di grosso dibattito politico;
io in quel contesto non ci sarò
più, ma credo che nel dibattito
che si farà per l’avvio della nuova legislatura non si potrà non
considerare l’esperienza di questi 5 anni e si dovrà, ancora,
tener conto della necessità di
avere una maggioranza allargata, se non altro, alla rappresentatività dei Comuni. Qualsiasi tipo di progetto o di servizio che
la Comunità montana voglia proporre non può decollare se non
ha l’appoggio delle amministrazioni locali ».
Piervaldo Rostan
Amnesty International
TORRE PELLICE — Giovedì 14 dicembre, ore 16.45, avrà luogo al Centro d'incontro una riunione con il seguente o.d.g.: a) Azione urgente indirizzata alle autorità del Ghana (Africa) per violazioni dei diritti umani da
parte di quel paese; b) Azione urgente indirizzata al Presidente di E1
Salvador per l'uccisione di sei gesuiti e altre due persone; c) Proposta di
organizzazione di tavolini Amnesty in
occasione delle feste; d) Comunicazioni sulla Campagna per l'abolizione
della pena di morte; e) Varie.
______________Incontri_______________
TORRE PELLICE — Sabato 16 dicembre, alle ore 16.30, presso la sala
consiliare della Comunità montana in
corso Lombardini 2, si svolgerà un
incontro pubblico sul tema: • L'autunno 1943 fu il momento della svolta.
11 1943 fu Tanno dello sviluppo della
Resistenza in Europa. Nel 1993, cinquant'anni dopo, saranno aperte le frontiere. Ma con quale concezione dello
Stato? »; relazioni introduttive di Gustavo Malan e Lucrano Caveri.
______________Teatro________________
TORRE PELLICE — Sabato 16 dicembre, alle ore 21.30, presso la foresteria valdese avrà luogo uno spettacolo teatrale in lingua francese dal
titolo; <■ Diableries et apparitions magiques ».
______________Cinema_________________
TORRE PELLICE — Il cinema Trento
ha in programma: « Matador », venerdì 15, ore 21.15; « Mery per sempre»,
sab. 16, ore 20 e 22.10; «La più bella
del reame», dom. 17, a partire dalle
ore 16, quattro spettacoli.
POMARETTO — Il cineforum settimanale ha in programma, alle ore 21
di venerdì 15, presso il cinema Edelweiss la visione del film • Storia dì
Asja Kljacina che amò senza sposarsi ».
11
15 dicembre 1989
valli valdesi 11
LUSERNA SAN GIOVANNI
BANDO
Esperimenti concreti
Buoni risultati, conseguiti dalla sperimentazione avviata sei anni
fa, per l’insegnamento delle lingue straniere nelle scuole primarie
Due settimane or sono abbiamo riferito del convegno
di Torre Pellice sull’insegnamento delle lingue straniere nelle scuole; presentiamo ora un caso concreto
attivato da alcuni anni a
Luserna San Giovanni.
[L’attività di insegnamento del
francese nella scuola elementare
a tempo pieno di San Giovanni
prende avvio nel settembre 1983,
coinvolgendo le 5 classi elementari del plesso, più la sezione di
scuola materna dei bambini di 5
anni. L’insegnante di francese,
distaccato dal Ministero, fa parte del « team » di insegnanti titolari nel plesso e possiede una laurea in lingue. Obiettivo della sperimentazione: « ...creare, per gradi, negli alunni la convinzione
che la lingua straniera è un valido strumento per l’espressione
dei propri pensieri, sentimenti,
azioni e si possa ottenere l’abitudine ad esprimersi e pensare anche in ima seconda lingua ».
Contemporaneamente viene avviata una analoga attività anche
nelle tre classi a tempo pieno
della scuola del capoluogo, mediante una stretta collaborazione
tra le due insegnanti, collaborazione che si è mantenuta intatta
malgrado la diversa configurazione assunta ed i problemi nati
dal mutamento delle classi nei
due plessi.
Nel settembre 1987 la sperimentazione viene estesa alle tre sezioni di scuola materna (34-5 anni),
con distacco di un insegnante di
scuola materna, mentre il distacco dell’insegnante elementare non
viene rinnovato. Allora per due
anni il posto di titolarità dell’in
segnante di lingua straniera viene coperto da personale DOA,
permettendo così il normale funzionamento del laboratorio.
iPer l’anno scolastico in corso,
il « progetto DOA » non è stato
rinnovato, il che ha significato
per gli insegnanti del plesso una
seria valutazione delle possibilità
o meno di proseguire l’attività di
laboratorio di francese. Gli ottimi risultati ottenuti in questi 6
anni di attività e l’importanza
che essa assume nel quadro
odierno dell’educazione a livello
di scuola elementare hanno indotto gli insegnanti a rivedere,
non senza grossi problemi, l’intera organizzazione del plesso, pur
di mantenere in vita il laboratorio.
Rispetto alla situazione iniziale,
il laboratorio funziona ora con
tre interventi settimanali di
un’ora p>er ogni classe, anziché 4,
e si regge senza finanziamenti;
l’insegnante di lingua straniera
inoltre segue i bambini anche in
attività che esulano da quelle
normali di laboratorio.
L’approccio è comunicativo,
per i primi due emni esclusivamente orale. In questa prima fase vengono privilegiati il gioco, la
manipolazione, il disegno. Soltanto in terza classe, quando in
genere il meccanismo in lingua
materna è acquisito, si passa alla
lettura, dapprima di brevi frasi,
poi più complesse, fino alla lettura di facili testi, curando, soprattutto aU’inizio, che la maggior parte delle strutture presentate siano già conosciute oralmente.
L’avvio alla scrittura avviene in
4‘‘-5“ classe, limitatamente all’ana;
lisi fonetica dei principali suoni
CONVEGNO A TORRE PELLICE
Teoria dei doveri
Deontologia, ovvero teoria dei
doveri: per discutere su questo
tema, nonché sui rapporti tra
avvocati e magistrati, ha avuto
luogo, il 24 e 25 novembre scorso a Torre Pellice, un convegno
organizzato dalla Camera penale della Provincia di Cimeo e
dairOrdine degli avvocati e procuratori di Pinerolo.
L’incontro-studio ha visto una
qualificata partecipazione, giustificata non solo dal nome dei
relatori (tutti conosciuti a livello nazionale, come il presidente
del Consiglio nazionale forense), ma anche dall’attualità del
tema affrontato.
In un periodo di trasformazioni (tra l’entrata in vigore del
nuovo codice di procedura penale e l’intensificazione dell’attività oltre frontiera, all’interno della Comunità europea, dell’avvocato), una riflessione — come
quella proposta a Torre ■— sull’esercizio della professione forense risulta infatti di grande
utilità. Altrettanto valido appa
I ■
I TORRE PELLICE I
ed a qualche occasionale riflessione sulla lingua.
Fin dall’inizio, e durante tutti
i cinque anni, viene data grande
importanza al lavoro di ascolto,
essendo la comprensione orale
punto di partenza di tutta l’attività. Il laboratorio, dotato di registratore linguistico con cuffie
per l’ascolto, favorisce enormemente questo tipo di attività. Un
televisore, un videoregistratore
ed una telecamera permettono
inoltre l’analisi di videocassette
e la produzione di filmati.
Borse
di studio
TORINO — La Fondazione
aw. Faustino Dalmazzo (via
Bertolotti 7, 10121 Torino, tei.
011/547264) bandisce una borsa
di studio di lire 10 milioni per
laureati in giurisprudenza che
intendano dedicarsi alla professione forense, destinata a laureati che nel 1989 non superino i
28 anni, ed un premio di 10 milioni per l’autore di un saggio
inedito sulla storia della Resistenza o del Movimento di « Giustizia e Libertà ». Domande entro il 31 marzo 1990.
VALLI CHISONE E GERMANASCA
Iniziative
per la Palestina
re il contributo fornito, nella
circostanza, per una maturazione
dei contenuti espressi dalle norme deontologiche, di quelle regole, cioè, che permettono un
corretto esercizio dell’attività
forense.
Gli intervenuti al convegno
hanno ribadito la necessaria responsabilizzazione che è sottesa
all’attività di avvocato e procuratore legale. Una responsabilizzazione, s’è sottolineato, che impone una seria vigilanza e tutela, da parte di chi è impegnato nella difesa dei valori della
giustizia, sui comportamenti
propri e dei colleghi. Il tutto
nella consapevolezza che la sorveglianza contro abusi e mancanze, come contro condotte non
conformi alla dignità e al decoro professionale costituisce
la migliore garanzia per gli addetti ai lavori (avvocati), e per
il perseguimento dei fini pubblici connessi all’esercizio della
professione forense.
M. B.
Nel corso dell’89 numerose sono state le iniziative sulla situazione palestinese: vedi l’asseinblea ecumenica di Basilea, il
convegno a Torre Pellice su « Popoli senza terra », l’incontro pubblico con Guido Valabrega a Pinerolo...
Un gruppo di persone ha intrapreso un lavoro di documentazione e informazione sulla Palestina, pubblicando dei ciclostilati in cui sinteticamente viene
presentata la storia palestinese
tra il 1947 e il 1949 attraverso le
varie risoluzioni dell’ONU sui
profughi, su Gerusalemme, e sui
diritti di proprietà degli arabi,
per giimgere a quella del 15 dicembre ’88 dove vengono ribaditi i principi di fondo, quali il
ritiro di Israele dai territori occupati e la sicurezza di tutti gli
stati nella regione, compreso
quello palestinese, già definiti in
precedenti risoluzioni del ’67 e
del ’73.
Recentemente, a cura di varie
organizzazioni (Adi, Arci, Associazione pace) e rappresentanti
di forze politiche (PCI, DP, Arcobaleno), si sta curando la diffusione di un dossier con l’obiettivo di autofinanziare il viaggio
di una persona del pinerolese
tra i mille che parteciperanno all’operazione internazionale « 1990,
un tempo per la pace ».
L’iniziativa (dal 28/12 al 3/1)
comprenderà visite a villaggi, ospedali, istituzioni locali, campi
profughi palestinesi, incontri con
palestinesi e gruppi israeliani
p>er la pace.
Su questi temi venerdì 1/12
l’Associazione pace valli Chisone
e Germanasca ha avuto come ospite in una serata pubblica Claudio Canal, che ha riferito sulle
sue esperienze durante un recente viaggio in Palestina.
Vorremmo segnalare alcune
indicazioni emerse dalla sua esperienza:
— lo Stato di Israele si trova « immerso in un’area araba »
con la quale dovrà prima o poi
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interagire. Attualmente il suo rifiuto del « diverso » (in questo
caso il palestinese) è chiaramente un atteggiamento « nevrotico »,
anche se il termine può sembrare fuori luogo;
— lo Stato palestinese, anche
se non riconosciuto formalmente da Israele, in realtà è già operante attraverso organismi, comitati ed istituzioni, nonostante
il clima di repressione e violenza. L’arma vincente del popolo
palestinese potrebbe essere il
forte spirito di identità che caratterizza tutte le classi sociali;
— in Israele esiste « l’altro
Israele », anche se nettamente
minoritario.
Tutte le iniziative locali, nazionali ed intemazionali possono
essere di sostegno alle forze di
pace israeliane e palestinesi.
Al termine dell’incontro si è
ribadita l’urgenza di proseguire
nella informazione (i mass m&
dia ne parlano sempre meno, riferendo esclusivamente dati di
morti come se fossero soltanto
aride cifre) e di studiare forme
di contatto con diverse realtà
palestinesi: scuole, comunità cristiane, organizzazioni sindacali...
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TORRE PELLICE I
RINGRAZIAMENTO
« Gesù disse: Io sono la via, la
verità e la vita; nessuno viene
al Padre se non per mezzo di
me »
(Giov. 14: 6)
I familiari della cara
Elsa Tron (Elsina)
nell’impossibilità di farlo singolarmente, sentitamente commossi e riconoscenti per la grande dimostrazione di
stima e di affetto, ringraziano di vivo
cuore tutti coloro che con la presenza,
fiori, scritti e parole di conforto hanno
preso parte al loro immenso dolore. Un
ringraziamento particolare ai pastori
Coisson e Blitzer, alla doti. Patrizia Pascal, alla direttrice, ai medici del Day
Hospital deirOspedale valdese di Pomaretlo, ai medici ed infermiere delrUSSL 42, ai colleghi ed ex colleghi
dell’Ufficio imposte dirette di Pinerolo,
alle amiche, alla Corale valdese di Pomaretto, alle associazioni, agli enti pubblici ed ai vicini di casa.
Perosa Argentina, 5 dicembre 1989
RINGRAZIAMENTO
« L’Eterno è il mio pastore,
nulla mi mancherà »
(Salmo 23)
Luciana, Enrico e familiari tutti della cara
Ester Rivoira ved. Gay
riconoscenti, ringraziano tutti coloro
che con scritti, fiori e parole di conforto
hanno partecipato al loro grande dolore.
Un ringraziamento particolare al corpo pastorale, alla corale valdese di Torre Pellice, ai vicini di casa, ai vigili
del fuoco di Pinerolo e Torre Pellice,
ai carabinieri di Torre Pellice, al Centro d’incontro di Torre Pellice, ài gruppo anziani della vai Pellice e affa
Fidas di Bobbio e VBlar Pellice.
Torre Pellice, 6 dicembre 1989
RINGRAZIAMENTO
« Dio ha reso sicuri i miei passi,
ha fatto posare i miei piedi sulla
roccia »
(Salmo 40: 2)
I familiari della cara
Cesarina Grill ved. Tron
nell’impossibilità di farlo singolarmente, ringraziano tutti coloro ohe hanno
preso parte al loro dolore. Un grazie
particolare va alla Croce Verde di Perosa Argentina, all’Ospedale Valdese di
Pomaretto, al dott. Paolo Laurenti, ^
past. Tom Noffke, agli amici e ai vicini
di casa, ai compagni di lavoro dei familiari, alle comunità valdesi di Villar
Perosa e Pomaretto.
Villar Perosa, 7 dicembre 1989
« Tutto quello che la tua mano
trova da fare, fallo con tutte le
tue forze »
(Ecclesiaste 9: 10)
Improvvisamente il 9 dicembre è
mancato
Giovanni Klaus Koenig
Lo annunciano con profonda tristezza Maja, Bettina e Stefano, Martin, la
zia Giulia Ravazzini, i cugini Ravazzini-Corsani.
Firenze, 11 dicembre 1989
Redattori e tipografi partecipano al
dolore delle famiglie Koenig, Ravazzini e Corsani.
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Uniti daH’amare di Cristo, gli amici
di Agape ricordano con gratitudine
quanto hanno ricevuto da Gianni Koenig, e partecipano al dolore di Bettina
e dei suoi.
RINGRAZIAMENTO
I familiari tutti della compianta
Armanda Ricca in Rivoira
di anni 56
nell’impossibilità di farlo singolarmente, commossi e riconoscenti ringraziano
tutti coloro che con fiori, scritti, presenza e parole di conforto hanno voluto
essere vicini in questa triste circostanza.
Un grazie particolare ai pastori Bruno Bellion e Giuseppe Platone, all’Associazione Fidas di Torre Pellice, al
dott. Eugenio Marinaro.
Luserna S. Giovanni, 14 dicembre 1989
12
12 valli valdesi
15 dicembre 1989
Î
USSL 42
Per gli anziani
TI fenomeno deirinvecchiamento della popolazione delle valli
alpine è oiTnai noto a tutti; in
particolare, sul territorio dell’USSL 42 esso assume una tale
rilevanza da incidere profondamente sui bisogni e sui servizi
che l’ente pubblico deve organizzare. Oltre 3.500 persone hanno
ormai superato i 65 anni (circa
il 20% della popolazione) e le
risposte paiono non bastare mai.
A parte la rete di servizi per
le persone che possono rimanere comunque nelle proprie abit^ioni, vi sono due altre possibilità per chi non può rimanere autonomo o all’interno del
proprio nucleo familiare.
La comunità
alloggio
Scopo essenziale delle comunità alloggio è quello di consentire alle persone autosulficienti, o
parzialmente autosufficienti che
non siano in grado di vivere da
sole, di continuare ad essere inserite nel loro ambiente e di
mantenere tutti i rapporti che
hanno allacciato, la cui conservazione è indispensabile, anche
se non sufficiente, per un vivere
umano e civile.
Nella USSL 42 ci sono sei
USSL 42 - VALLI
CHISONE - GERMANASCA
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva; presso Ospedale Valdese di Pomaretto - Tel. 81154.
Guardia farmaceutica :
DOMENICA 17 DICEMBRE 1989
Perosa Argentina; FARMACIA FORNERIS - Via Umberto I - Tel. 81205.
Ambulanza :
Croce Verde Perosa: Tel. 81.000.
Croce Verde Porte: Tel. 201454.
USSL 44 - PINEROLESE
(Distretto di Pinerolo)
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva; Telefono 2331 (Ospedale Civile).
Ambulanza :
Croce Verde Pinerolo: Tel. 22664.
USSL 43 - VAL PELLICE
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: Telefono 932433 (Ospedale Valdese).
Guardia farmaceutica :
DOMENICA 17 DICEMBRE 1989
Bricherasio; FARMACIA FERRARIS Via Vittorio Emanuele 83/4 - Tel.
59774.
Villar Penice: FARMACIA GAY Piazza Jervis - Tel. 930705.
Ambulanza :
CRI Torre Pelllce: Telefono 91.996.
Croce Verde Bricherasio: tei. 598790
comunità alloggio che possono
ospitare fino ad un massimo di
10 persone, per un totale di 44
posti. Questi sono così distribuiti: 8 a Pragelato, 10 a Mentoulles, 5 a Ferrerò, 10 a Villar Perosa, 4 a Porte e 7 al centro
aperto per anziani a Perosa Argentina.
Nella comunità alloggio viene
fornita la pensione completa:
vitto, alloggio, pulizia delle camere, lavaggio della biancheria.
La retta è fissata, per l’anno
in corso, in lire 420.000 con lieve aumento in base al reddito
o pensione che l’utente percepisce.
Le comunità alloggio sono aperte tutto l’anno, ma complete
solo nei mesi invernali poiché
alcuni utenti passano i mesi estivi nelle loro abitazioni.
E’ allo studio l’attivazione di
altre comunità alloggio.
La casa protetta
Costituisce una forma di risposta alle situcizioni di bisogno di
persone, in genere ultrasessantenni, totalmente o parzialmente non autosufficienti oppure a
grave rischio di non autosufficienza, che per ragioni molteplici non possono essere assistite
al loro domicilio.
La USSL 42 ha stipulato una
convenzione con l’Asilo dei Vecchi di S. Germano Chisone. La
nuova struttura può ospitare sino a 48 anziani non autosufficienti e 32 autosufficienti.
In questa Casa la USSL provvede a garantire l’assistenza sanitaria con attività medica, infermieristica, riabilitativa, di salute
mentale.
O. N.
Comune di Torre PeUice
COMUNICATO
Il Sindaco rende noto che è
stato emesso un bando di concorso per assegnazione di alloggi di edilizia popolare in località San Ciò.
Possono presentare domanda di assegnazione entro 11 6
febbraio 1990 i residenti o con
attività lavorative nei Comuni
deirUSSL 43 (salva la riserva
di due alloggi, mai assegnati
in precedenza, e del 20% degli
altri a cittadini residenti o con
attività lavorativa in Torre
Penice) rivolgendosi all’apposito ufficio comunale, nell’orario d’ufficio.
IL SINDACO
(Armand Hugon dott. Marco)
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GENEVE
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PINEROLO
Tel. 0121-793775
CONSORZIO PER LA RACCOLTA E DEPURAZIONE ACQUE REFLUE
PINEROLO - PORTE
Ai sensi dell’art. 6 della legge 25 febbraio 1987, n. 67, si pubblicano i seguenti
dati relativi al bilancio preventivo 1989 e al conto consuntivo 1988 (1):
1) Le notizie relative alle entrate ed alle spese sono le seguenti:
(in milioni di lire)
ENTRATE
Previsioni di Accertamenti
Denominazione competenza da bilancio da conto consuntivo
ANNO 1989 ANNO 1988
— Contributi e trasferimenti
(di cui dai consorziati) L ) (di cui dallo Stato L ) (di cui dalle Regioni L )
— Altre entrate correnti 607 597
— Totale entrate di parte corrente 607 597
— Alienazione di beni e trasferimenti
(di cui dai consorziati) L ) (di cui dallo Stato L ) (di cui dalle Regioni L )
— Assunzione prestiti 600 —
— Totale entrate conto capitale 600 —
— Partite di giro 51 20
— Disavanzo — —
TOTALE GENERALE 1.258 617
SPESE
Previsioni di Accertamenti
Denominazione competenza da bilancio da conto consuntivo
ANNO 1989 ANNO 1988
— Correnti 453 243
— Rimborso quote di capitale 4 4
per mutui in ammortamento — Totale spese di parte corrente 457 247
— Spese di investimento 750 649
— Totale spese conto capitale 750 649
— Rimborso prestiti diversi da quota capitali per mutui — —
— Partite di giro 51 20
— Avanzo — —
TOTALE GENERALE 1.258 916
2) La classificazione delle principali spese correnti e in conto capitale, desunte dal con-
sentivo, secondo l'analisi economica è la seguente:
— Personale L. 103
— Acquisto beni e servizi L. 120
— Interessi passivi — Investimenti effettuati L. 12
direttamente daH’Amministrazione L. 649
— Investimenti indiretti L. —
Totale L. 884
3} La risultanza finale a tutto il 31 dicembre 1988 desunta dal consuntivo è la seguente:
— Avanzo di amministrazione dal consuntivo dell’anno L. 160
— Residui passivi perenti esistenti alla data di chiusura del conto con-
suntivo dell’anno L. 3
— Avanzo di amministrazione disponibile al 31.12.1988 L. 157
— Ammontare di debiti fuori bilancio comunque esistenti e risultanti dal-
la elencazione allegata al conto consuntivo dell’anno — (L. — )
4) Le principali entrate e spese per abitante desunte dal consuntivo sono le seguenti:
Entrate correnti L. 0,016.155 Spese correnti L. 0,006.689
di cui: di cui:
— contributi e trasferì- — personale L. 0,002.790
menti L. — — acquisto beni e servizi L. 0,003.256
— altre entrate correnti L. 0,016.155 — altre spese correnti L. 0,000.643
IL PRESIDENTE DEL CONSORZIO
Livio TROMBOTTO
(1) 1 dati si riferiscono all'ultimo consuntivo approvato.
^ «.Il