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ECO
DELLE VALLI VALDESI
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 98 - N. 10
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TORRE PELLICE - 8 Marzo 1968
Ammin. Claudiana Torre Pellice - C.CJ. 2-17557
Lina questionfì che investe tutta la vita itnliaivj, presente e nvuenire
La protesta degli studenti
L’ondata di Fondo del movimento studentesco, anche se rischia di essere strumentalizzata [da
sinistra e da destra] e se non è esente da intemperanze e da ingenuo ottimismo sulla natura dell'uomo, esprime una esigenza morale proFondamente sana e rallegiante ~ Guai alla nazione che non sa rispondere se non col manganello della polizia o la riprovazione dei «tartufi»
. Uomini e granchi
Un romanzo che parla della fame assai
meglio di un trattato d’economia politica
® L’argomento è di grande attualità: giornali di tutte le
tendenze, periodici d’ogni genere, dibattiti pubblici anche sul piano nazionale (in particolare televisivi),
tavole rotonde ecc., tutti parlano e
scrivono deH’avvenimento politico del
giorno, che meraviglia, preoccupa, commuove, che è certamente fra i più importanti, più significativi degli ultimi
anni.
La stampa evangelica italiana è stata particolarmente sensibile al problema, ed ha reagito nella giusta direzione, cogliendone la sostanza di fondo
per l’aspetto che agli evangelici maggiormente interessa: l’aspetto morale
e religioso, il significato della protesta
in funzione della crisi generale gravissima che la società attuale attraversa
(si vedano per es. gli articoli apparsi
nell’ultimo n. di «Nuovi Tempi»). Ritengo tuttavia che un contributo ad
una più precisa conoscenza dei caratteri specifici, « scolastici » del problema, sia molto utile.
Una tale conoscenza mi sembra anzi indispensabile per poter arrivare poi
ad un giudizio più sicuro e più illuminato. Inoltre, poiché la protesta si è
espressa, negli ultimi tempi, con punte decisamente rivoluzionarie, non si
può pretendere che chi, come il sottoscritto, rivoluzionario non è, dia senza
altro piena ragione agli studenti semplicemente per motivi (diciamo còsi.)
sentimentali.
Ma SI rassicurino i dubbiosi. I motivi pe r c i TI ti si sono mossi e
si muo 0 talmente validi, da
giust ne p an ente la loro con
dotta arti Dunto di vista morale. Un
collega, certo in ottima fede, ad una
assemblea che, per la prima volta nell’Università di Torino, ha visto a confronto studenti (quasi duemila) e professori (più di cinquanta), si è alzato
per gridare ai suoi contraddittori : « Ho
cantato ’’Giovinezza” una volta, non
la canterò una seconda ! ». Quel collega
è fuori della realtà storica che stiamo
attraversando. La protesta degli studenti non assomiglia per nulla al fascismo del primo dopoguerra : essa non
è un movimento borghese, non è strumentalizzato da nessuno (fino ad oggi)
e tanto meno dalle classi conservatrici.
I,’altro collega che, in una seduta
di professori ancora pochi giorni fa,
ha esclamato : « Ma chi sono questi
studenti? Che credenziali hanno? Chi
rappresentano ufficialmente? Prima si
presentino, poi parleremo !» ; e l’altro
collega ancora che non sa far altro
che ripetere : « Il dovere dei giovani è
sempre e soltanto quello di studiare!»,
o infine : « Hanno sbagliato indirizzo.
Non è all’Università che si fanno le
leggi: si rivolgano al Parlamento!»;
tutti questi colleghi, dico, sono fuori
della realtà. E mi esprimo così, per
non dir di peggio.
È certo che le cause della protesta
sono molto lontane, complesse, profonde. Norberto Bobbio, su « Resistenza »
del gennaio del c. a. (« Un dialogo difficile ma necessario»), ha stigmatizzalo acutamente i difetti deH’insegnamento universitario in Italia: interi
corsi su argomenti noiosi e troppo eruditi, mancanza di contatti fra studenti
e professori, lezioni cattedratiche in
cui non v’è alcun colloquio ma solo atteggiamento passivo da parte di chi
ascolta, esami-controllo affrettati, giudizi sommari fatti su programmi di nozionismo pedante, spesso addirittura
asfissiante, esami fatti forzatamente
valutando i puri sforzi mnemonici dei
andidati...
Questi gravissimi difetti sono ben
noti e chiaramente denunciati da moltissimo tempo. Ad essi se ne aggiungano altri relativi all’attività scientifica
nelle Università: la formazione delle
nuove leve dei futuri professori, fatta
scegliendo accuratamente gli allievi
più 0 meno sgobboni che sanno furbamente « inserirsi » nel sistema, aggiogandosi ai « baroni » e servendoli materìalmente, oltre che spiritualmente;
gl'intrallazzi dei concorsi, le omertà,
le evasioni dei cattedratici nelle attività extrauniversitarie (pur conservando lo stipendio universitario), ecc. Si
potrebbero raccogliere, dalle montagne
dei ciclostili che gli studenti sfornano
quotidianamente nelle università più
«malate» d’Italia, le documentazioni
più interessanti, più scandalose o più
ridicole, ma anche le caricature più
spinte.
L’Università italiana è decrepita!
Ma a questo punto occorre, con tutta
sincerità e al difuorì di ogni retorica,
affrontare l’obiezione : « Qui si va all’assurdo ! Se le università italiane fossero veramente quel letamaio che si
descrive, se esse non fossero altro che
una colossale truffa, come si spiegherebbe il fatto che i medici (che pure
sono laureati nelle nostre università)
conoscono quel minimo del loro mestiere occorrente ad impedire la diffusione delle epidemie, che i ponti e i
palazzi costruiti dai nostri ingegneri
non crollano in massa, che le navi
non si capovolgono il giorno stesso
del varo...? ».
Quest’obiezione non tiene conto del
fatto che, in un’atmosfera socialmente
o politicamente arroventata, fiorisce
spontaneamente la satira. Il rimprovero che qualche storico (e, se ben
ricordo, anche il Carducci) ha fatto a
Giuseppe Giusti, che il quadro da lui
dipinto (per es. nel «Gingillino») della « gioventù squarquoia » della Firen
di TuÊÊÊo Viola
ze dell’epoca, non corrisponde alla
realtà, è pedantesco. Una società senza satira, è una società clericale, morta. Si accettino i libelli degli studenti,
senza rimproverarli di «maleducazione » : costituiscono una satira, se non
artistica, per lo meno spiritosa. Chi
esamini attentamente e con onestà le
accuse, non può non riconoscere che i
fatti rilevati, quando siano ridotti alle
loro giuste proporzioni, sussistono. E
deve anche riconoscere che quei fatti,
in fondo, ci sono sempre stati fin dalla fondazione -dello Stato Italiano, anzi fin dall’epoca in cui Napoleone tolse, sul Continente, il monopolio della
cultura ai conventi e attribuì alle università una nuova funzione sociale.
Quei difetti, fino allo scoppio della
prima guerra mondiale, rimanevano
latenti, e potevano essere anche pressoché ignorati, cioè finché le universi
tà rimanevano scuole di élites (un
professore e un assistente ogni venti
o trenta studenti, in media), e nei limiti d’una scienza e d’una tecnica relativamente ristretti e richiedenti attrezzature e mezzi economici (locali,
laboratori, biblioteche specializzate)
ridotti. Essi erano anche vigorosamente neutralizzati da una coscienza e da
una pratica abbastanza sani della democrazìa, da certe virtù preziose fra
le quali vorrei mettere il valore altissimo, non soltanto scientifico ma soprattutto umano, di certe personalità
di eccezione : medici, matematici, letterati insigni. Uomini veramente di
grande statura, di carattere adamantino (si pensi a un Quintino Sella, a
un Luigi Cremona, a un Vito Volterra). Facevano — è vero — il bello e
il cattivo tempo, ma : allora ci si credeva! E questa era, ed è, la situazione,
con poche differenze, della gran maggioranza delle università europee ( continentali; diversa è la situazione delle
università anglosassoni od extraeuropee).
Semplicemente: la situazione stori
ca è cambiata.
Lo studente Luigi Bobbio,
laureando in legge e figlio
del professore sopra citato,
ha per parte sua scolpito in poche righe lapidarie le caratteristiche della
categoria dei professori universitari.
Eccole :
« Le funzioni di docente e di amministratore dell'università si cumulano nella s'essa
persona, in virtù del principio dell’autonomia universitaria; si aggiunga che i docenti
costituiscono l'ultimo livello di decisione e
che al disotto di essi nessuno (professori incaricati, assistenti, studenti) ha alcun potere
e che d'altra parte l’autonomia dei professori è pesantemente limitata dalle competenze
spettanti al parlamento e al governo. In questo quadro l'autonomia dell’Università significa semplicemente permettere 1’esistenza di
una fascia di feudatari che, se hanno troppo
poco potere per imprimere all’università un
indirizzo diverso, ne hanno abbastanza per
controllarla secondo i loro interessi. Fra i
docenti si costituiscono gruppi di potere fondati su importanti interessi non solo di pre
stigio. ma soprattutto economici che essi
hanno in quanto cattedxatici. Basta pensare
ai redditi della professione per i clin'ci e
gli avvocati o alle consulenze industriali
per i professori di materie scientifiche. L unico vero scopo comune-di questi grupp. di
potere è la conservazione del potere stesso.
In questo modo essi Ifanno una reaie influenza sulla poiliiica scolastica del governo: anzi si può dire che il progetto c riforma presentato dal goVerno è in sostanza
un punto d’incontro fra gl’interessi di potere dei cattedratici e le esigenze di razion.*lizzazione della produzione. Esiste quindi una
linea chiaramente individuabile, anche se
assai contradittoria. ch^lega fra di loro i
vari centri di potere che incidono sulla
scuola » (Dai "Quaderni piacentini", n. 30
dell’aprile 1967). T
Istituzionalmente i professori d’università formano, nella nostra società,
una categoria di assoluto privilegio:
istituzione d’ispirazfone tipicamente
illuminista, la cui origine (in tutto il
Continente, come ho detto) può farsi
risalire al periodo napoleonico, e che
ha avuto funzioni gloriose per tutto
il sec. XIX. Finché l’ideologia dominante era il liberalismo, finché la morale corrente sì fondava sul concetto
deH’individualismo puro e si credeva
ancora alla definizione individualistica
della democrazia (1), finché si credeva
al progresso sociale(2), finché lo scientismo e la cultura (la Kultur col Herr
Professor tedeschi)-erano una fede
(poiché proprio d. tóa fede si trattava o, per esser più precisi, di una pseudo-fede), finché si poteva credere o
continuare ad illudersi (3) che i professori universitari fossero in maggioranza personalità d’eccezione, e soprattutto finché un conseguente buon costume (onestà, serietà, forza di carattere)
riusciva, bene o male, a tenersi, le cose
(continua a pag. 2)
(1) « Quello stato sociale in cui io sono
persuaso che le tue idee sono sbagliate, ma
sono pronto a versare il mio sangue fino all’ultima goccia, per difendere il tuo diritto
ad esprimere e diffondere codeste tue idee
sbagliate ».
(2) A « le magnifiche sorti e progressive »,
secondo l’ironia del Leopardi.
(3) Anche sul significalo e sul valore delle illusioni, sia nell’individuo ehe nella società. ha scritto pagine acutissime il Leopardi.
Nel mondo vi è un problema altrettanto grave e luttuoso quanto
quello della guerra, ed è la tragedia
della fame. Migliaia di esseri muoiono di fame nel mondo attuale, milioni non mangiano a sufficienza, milioni mangiano in modo totalmente
incompleto per il benessere del loro
organismo; di qui ogni sorta di malattie. Guerra fame pestilenza..., il
quadro delle sofferenze umane è ancora oggi quello di sempre, antico
come il mondo, tragico come il peccato. I lettori del nostro giornale, i
quali, sensibili a queste sofferenze,
danno la loro offerta per « la fame
nel mondo », si interesseranno certamente alla lettura di un libro di
un autore brasiliano, Josuè De Castro, uscito nel 1966 nella traduzione francese per le « Editions du
Seuil » (Parigi), intitolato ; « Des
bommes et des crabes », Uomini e
granchi. In questo libro è presentata la vita dei miseri abitanti delle
bidonvilles di Recife, città del Nordeste brasiliano, terra d’origine ' di
Josuè De Castro. L’autore è noto
come sociologo di fama mondiale :
già in altri suoi scritti ba richiamato l’attenzione sul problema della
fame; ricordiamo quelli usciti negli
ultimi anni: Geografia della fame —
La geopolitica della fame — Una zona esplosiva; il Nordeste del Brasile
(già presentato su queste colonne);
ed ora questo Uomini e granchi, di
cui è stato detto che: « è un romanzo che parla della fame assai meglio di un trattato d’economia politica ».
Alla periferia di Recife vi è una
zona paludosa, piena di zanzare, di
alte ed invadenti piante, i paletuvieri dalle robuste radici capaci di
trattenere il terriccio alluvionale,
dove, in misere baracche esposte a
tutte le intemperie, vivono circa
200.000 individui che si nutrono
esclusivamente di granchi : cc ne succhiano le zampe, ne leccano e ripuliscono il guscio, finché diventa terso come vetro, e di questo fango di
Presenti nella città
Gli evangelici romani accolgono sinistrati siciliani venuti
a Roma per protestare presso il governo - Facoltà di
teologia e universitari
Le Chiese evangeliche romane hanno partecipato, negli ultimi giorni, ad avvenimenti
cittadini.
In primo luogo, hanno manifestato la loro
solidarietà con i 1200 circa siciliani del
triangolo delia morte , cioè delle zone terremotate, che hanno compiuto una silenziosa
e composta marcia su Boma’, per protestare
pubblicamente, presso il governo, circa il modo con cui vengono (o non vengono) intraprese le opere di assistenza e di ricostruzione. nella zona del disastro. Centro motore
dell'azione, che ha portato a Roma cosi numerose delegazioni di parecchi dei comuni
più colpiti, guidate da alcuni sindaci, è stato l’équipe che lavora con Danilo Dolci; fra
coloro che hanno guidato i profughi venuti
a Roma vi è infatti Lorenzo Barbera, uno
dei collaboratori di Dolci, del Centro Studi
e Iniziative di Partanna : si noti che quasi
tutti i profughi accolti a Vittoria-Adelfia
provengono da Partanna, e che vi è un legame fra l’opera intrapresa da alcune nostre
comunità siciliane, quella delle Libere Assemblee avviate nell’isola e l’équipe di Dolci.
Si tratta di lottare perchè si sfugga al dilettantismo, allo sciupìo, alle lentezze e agli
abusi (centrali, ma ancor più regionali e locali), ma anche e soprattutto perchè, come
scriveva qui il past. Panasela di Palermo,
nel numero scorso, la scossa brutale valga al.
meno a stimolare iniziative ehe vadano davvero alla radice di mali secolari.
Non era ovviamente cosa da poco organizzare l'ospitalità per questi milleduecento siciliani; e le comunità evangeliche della città, interessate appunto dai responsabili iso
lani dell’iniziativa, hanno preso di petto la
situazione; parecchie diecine di questi manifestanti-profughi sono stati accolti e rifocillati con mensa calda nelle varie chiese
evangeliche cittadine, a molti di loro è stata
offerta ospitalità (un certo numero dei più
anziani è stato ospitato nella Facoltà Valdese
di Teologia). Hanno funzionato efficienti
gruppi di servizio e nel complesso si può
dire che questa volta le chiese — almeno
quelle evangeliche — sono state più efficienti e pronte delle organizzazioni politiche;
un simpatico spirito di servizio ha accomunato molti in questo gesto di solidarietà,
concreto e senza secondi fini.
* * *
Anche per ciò che riguarda la crisi universitaria, la Facoltà Valdese di Teologia è
stata ’implicata . Non che gli studenti in
teologia Tabbiano occupata (ci abitano, ed è
loro!); ma al Consiglio di Facoltà è stata rivolta la richiesta di poter usare l’aula magna per assemblee studentesche, da parte del1 ala studentesca democratica (democratica
nel senso che rifiuta le violenze, non nel
senso melenso che la parola ha assunto in
larga parte della stampa e dell’opinione pubblica benpensante: lo studente che non pensa che a studiare buono buono, pago dell’or,
dine costituito, e che ordine!, o fiducioso
nella buona volontà di chi invece così a lungo ha trascurato i problemi della nostra scuola, a tutti i livelli). L’uso dell’aula magna
è stato accordato, e nel pomeriggio di sabato 2 il grande locale si è riempito da tra
(continua a pag. 6)
ventato carne essi formano la carne
ilei loro corpo e la carne del corpo
dei loro figli. Ciò che l’organismo
rifiuta ritorna nel fango; poi i detriti ridiventano granchi... ». Un ciclo
desolante di estrema indigenza.
Gli abitanti delle bidonvilles di
Recife sono contadini sospinti via
dalla siccità che infierisce nelle terre dell’interno e qui giunti in riva
al fiume, stremati dalla fame e dalla sete; sono operai delle fabbriche
di canna da zucchero, cacciati dalle
dure condizioni di lavoro e dai maltrattamenti; sono ancora altri relitti umani, come un lebbroso, che
non vuole essere ricoverato in un
istituto e si nasconde nella palude;
una negra che cerca di celare agli
occhi del mondo la vergogna di avere una figlia prostituta; un paralitico affetto dal beriberi, malattia provocata dalla mancanza di nutrimento fresco, il quale sogna e prepara
la rivoluzione sociale. Le capanne
ove abita questa povera gente sono
costruite con materiale offerto dal
terreno alluvionale: tetto di paglia
di cocco, pareti di rami di paletuvieri intrecciati, cartone e latte vuote prese dalFimmondizia : il tutto
non costa nulla, se non un po’ di fatica per costruire. Invano le autorità di Recife harmo cercato più voite di spazzare via codeste bidonvilles; esse sempre risorgono, di notte
si riedifica ciò che di giorno per
legge viene demolito. Perciò la distesa di capanne nella zona paludosa è chiamata « Villaggio Cocciuto »,
cioè un villaggio che vuole esistere
a tutti i costi. La pesca dei granchi
è l’occupazione principale degli abitanti, dato che si mangiano granchi
alla prima colazione, granchi a mezzogiorno, granchi la sera, più un po’
di farina di manioca, quando c’è.
Ognuno ha una dolorosa storia da
raccontare; e il piccolo Joao-Paulo,
un ragazzetto di circa sette anni,
passa il suo tempo sia ad ascoltare
con occhi spalancati queste tristi vicende, di cui è anche un protagonista, sia a correre nella palude dietro il curato per aiutarlo in una
strana pesca di granchi, che però
per il prete sono soltanto una leccornia, e non l’unico cibo, ■ naturalmente; oppure a visitare il suo
grande amico Cosmo, il paralitico
che prepara la rivoluzione, il quale
sa tante cose; o ancora a cercare di
intravedere il lebbroso Chico, che
esce furtivo solo di notte con una
piccola imbarcazione che scorre silenziosa sul fiume.
Un giorno la rivoluzione scoppia
davvero: si spara per ogni dove, dagli isolotti immersi nel fango, dai
ponticelli di canne, dietro le capanne; la rivolta dura soltanto 24 ore,
ma molta gente muore; tra gli altri
anche il piccolo Joao-Paulo, che si
affannava ad aiutare i rivoluzionari.
Invano, con coraggio e disperazione, gli abitanti del Villaggio Cocciuto aiutano i poveri genitori a cercare il corpo del ragazzo caduto nel
fiume: esso non viene mai più ritrovato. La piccola creatura, vittima della grande distretta umana e
della peccaminosa incuria degli uomini, ancor più che della mancata
rivoluzione, è rimasta in fondo al
limo, in pasto ai granchi... Poi i
granchi si pescano, vengono mangiati, e così ricomincia sempre da
capo l’angoscioso ciclo della vità e
della morte di questi derelitti e dimenticati figli di Dio.
Edina Ribet
Des hommes et des crabes di Josuè De Castro, tradotto dal portoghese, Ed. du Seuil,
Parigi 1966, L. 1.900.
2
pag. 2
I VALDESI E ]L DIRITTO COMUNE - I
N. 10 — 8 marzo 1968
Che cos’è questo “diritto comuno,, che basta
0 devrehhe bastare atta Chiesa per vivere?
Neirarticolo sugli eventi del 1929
(Eco-Luce del 9-2), Gino Conte, dopo
avere affermato che a quel tempo da
parte della nostra Chiesa non si capì
la situazione, nè « vi fu chiara obiezione di fondo al principio concordatario in sè», conclude che tale obiezione « in larga parte della nostra
chiesa non è maturata neppure oggi »,
e cerca di dimostrare le implicazioni
« concordatarie » che a suo avviso si
sarebbero verificate in questo ventennio, da che la Costituzione repubblicana ha previsto che il regolamento dei
rapporti tra le nostre Chiese e lo Stato
avvenga mediante « intese ».
4c 4c qe
Non mi pare tuttavia che Tautore
riesca a dimostrare il suo assunto, perchè non si può documentare ciò che
non esiste. E mi spiace altresìi rilevare
l’inesattezza e l’artificio con cui le
notizie sono riportate, quasi ohe egli
non conosca i fatti o non abbia maturato il problema.
Siamo tutti d’accordo che il cosidetto « matrimonio religioso acattolico » è
un pasticcio, non solo sul piano liturgico, ma anche su quello giuridico;
ma è errato affermare che il ministro
di culto che vi presiede « funge da ufficiale dello stato civile ». Il non senso
di tale pasticcio non sta nella circostanza che il ministro di culto compie
un atto civilmente rilevante (che non
lo contamina al pari di molti altri che
compie per ragioni diverse), ma nel
fatto che nella legge che regola questo
matrimonio — che non è frutto di
« intese », ma di norme unilaterali dello Stato — si nega, e ad un tempo si
riconosce, il carattere religioso del rito
che i credenti desiderano celebrare nel
contrarre matrimonio.
Parimenti, l’esonero dal servizio militare per i pastori, che non è obbligatorio, ma a domanda, non è frutto di
« intese », ma proviene da norme unilaterali dello Stato. Lo stesso dicasi
per la previdenza sociale dei ministri
di culto; anch’essa è frutto della legislazione unilaterale dello Stato. Le
« intese », che in questo caso si è ottenuto venissero previste dalla legge,
hanno avuto l’unico scopo di garantire la libertà di coloro che non volevano valersi di tale forma di piensionamento, che però il « diritto comune »
italiano vorrebbe applicata ai lavoratori di ogni tipo. Ed anche l’insegnamento della « religione valdese » nelle
scuole delle Valli dipende, non già da
« intese », ma da disposizioni unilaterali dello Stato. Ed infine, ì « ventilati
sussidi statali a scuole confessionali
evangeliche » son frutto, non già di
« intese » che non esistono, ma della
sola ventilazione vocale di Gino Conte. Infatti, in quanto sono vietati dalla
Costituzione, oggidì, a differenza di
40 e più anni fa, la nostra Chiesa, per
quanto mi consta, non solo non li richiede, ma anche se offerti li rifiuterebbe.
* * *
Io comprendo che ad alcuni dei nostri queste cose non piacciano perchè
sono indotti a vedervi solo una contaminazione della vita spirituale od un
trionfalismo ecclesiastico; ma questo
è un altro discorso che va impostato
su di un piano del tutto diverso. Quello che conta rilevare qui è che i cinque esempi portati da Conte provano
soltanto quale sia la legislazione che
10 Stato ha imposto in via unilaterale,
e quale possa essere quindi quel « diritto comune» che egli ritiene possa
costituire la panacea ideale per le nostre tribolazioni di carattere giuridico.
Proprio il contrario quindi di quello
che sì sarebbe voluto dimostrare. È
perciò quanto meno imprudente, per
non dir peggio, affermare che la nostra chiesa si sia da vent’anni incamminata in «una via, se pur modestamente concordataria, in qualche modo al di là del diritto comune ».
Io sono però riconoscente a Gino
Conte di essere tornato ancora una
volta sul tema del cosidetto « diritto
comune », a cui anche altri tra i nostri
si appellano in modo del tutto vago.
Egli, invece, integra in quel suo articolo le sia pur scarse indicazioni già
date in altri precedenti suoi scritti,
consentendo di accedere in una qualche misura alla comprensione del concetto a cui egli intende riferirsi.
L’importanza di questo insistente riferimento al « diritto comune » non
sta tanto nel fatto specifico, ma iiell’istanza che viene cosi posta in ordine
al problema della ricerca di una linea
che indichi con chiarezza quali siano i
principi che debbono presiedere alla
condotta della nostra chiesa nei suoi
rapporti con lo Stato e la società civile in genere.
Da tempo urge infatti che tutta questa tematica venga ripensata in modo
adeguato. È doveroso pertanto cercar
di capire in quali termini viene posto
11 problema di un ricorso al « diritto
comune » per rendersi conto delle implicazioni insite nella soluzione proposta.
« « «
Non vorrei andare errato, ma a ine
sembra che al fondo di questo richiamo al « diritto comune », che viene ripetutamente invocato come parametro
per assicurare alla chiesa garanzie
giuridiche sufficienti, soggiaccia una
forse inconscia preoccupazione di ri
durre al minimo possibile il deprecato
contagio con il diritto da cui si vorrebbe preservare il mondo dello spirito e
della grazia.
Se ho ben capito, questo richiamo al
« diritto comune » consisterebbe in
un’istanza tendente ad applicare alle
manifestazioni della vita religiosa senza discriminazioni nè privilegi, quelle
norme che lo Stato ha emanate ed
emana per disciplinare le attività e la
condizione giuridica delle altre forme
di vita associata le più diverse. Nella
carenza di maggiori indicazioni delucidative, sembrerebbe che questo ricorso
al « diritto comune » si presenti come
uno slogan con cui si voglia esprimere,
sia pur con qualche variazione, qualcosa di simile a ciò che certe correnti
politiche di circa 100 anni fa volevano
intendere con quell’altro slogan non
ben precisato della « riduzione della
chiesa al diritto privato».
Se dunque sulla base delle informazioni rilevate ho ben capito di che si
tratterebbe, occorre rendersi esatto
conto del portato concreto di questo
« diritto comune » e considerare se in
effetti con esso si offre alla chiesa una
condizione giuridica sufficiente per lo
svolgimento della sua testimonianza;
e Se le obiezioni eventuali pongano in
risalto solo dei rischi, a cui nessun
sistema di regolamento umano dei rapporti giuridici può pretendere di sottrarsi, o se invece al ricorso al « diritto comune » ostino ragioni preclusive di fondo.
Valga per tutti, a titolo di esempio,
una delle situazioni più favorevoli perchè offerta'da uno stato improntato
politicamente ai principi di una democrazia laica. La legge separatistica
francese del 1905 tuttora vigente, imponendo il « diritto comune » sulle associazioni anche alle chiese, le ha costrette a truccarsi e ad assumere, oltre alla loro congeniale struttura ecclesiastica secondo la costituzione che
ciascuna si è data, anche una seconda
struttura fittizia di « association pour
l’exercice du culte », che non ha per esse alcun senso, nè è loro sufficiente,
ma anzi tende ad alterarle nella loro
fisionomia organizzativa. Queste l’hanno dovuta subire e ora vi si adattano
per conformismo essendosi abituate a
vivere in una condizione di accomodante compromesso.
Si potrebbero addurre altri esempi
assai più gravi presentando le situazioni insorte in altri paesi « laici » o
« confessionisti », « democratici » o « totalitari », dell’ovest o dell’est, nei quali l’imposizione del cosidetto « diritto
comune » per la condizione giuridica
della chiesa non si dimostra per nulla
sufficiente sotto vari aspetti e dove
quindi, quanto meno, detto « diritto
comune » dovrebbe essere sostanzialmente modificato, o in modo generale
nei ritardi dell’intiero paese, Oi almeno nei riguardi della condizione afferente la chiesa.
* *
Anche Gino Conte si è reso conto
che, cos’: com’è, il « diritto comune »,
nelle situazioni concrete che egli ha
dovuto constatare in alcuni paesi, non
rispecchia quell’optimum che con il
predetto assunto voleva enunciare. In
un rilievo sui recenti fatti di Spagna
(Eco-Luce 20-10-’67), egli riconosce i
rischi che esso comporta ed avverte
l’insufficienza del « diritto comune »
come trincea difensiva per la libertà
degli evangelici; ma vi insiste egualmente come unica soluzione auspicabile.
Egli, ritornando ora sull’argomento,
nell’intento evidente di salvare il principio affermato, ripiega su di una nuova trincea nella quale però l’invocazione al « diritto comune » assume la veste di uno slogan espresso in termini
massimalisti.
Alla sua precedente affermazione
dogmatica ; « il diritto comune è sufficiente alla chiesa», ne aggiunge ora
una seconda : « ...e se non lo è, significa che è insufficiente per tutti, e oc
corre lottare in questo senso ». Ma
tarito rneno in questa seconda formulazione il ricorso al « diritto comune »
mi pare possa reggere all’urto della logica.
Sulle ragioni che inducono a formulare pesanti riserve circa la possibilità
di accedere ad una tale soluzione come
principio che dovrebbe presiedere ad
una confacente soluzione del problema
dei rapporti tra stato e chiesa, mi riservo di ritornare in un prossimo articolo.
(continua) Giorgio Peyrot
Società ili Studi Valdesi
Doni in memoria del prof. Arturo Pascal:
Cav. Ugo e Iolanda Rìvoiro Pellegrini, lire 50.000.
^ 4:
Si ricorda che la quota d’associazione, che
dà diritto alle pubblicazioni, è di L. 2.000
(più L. 200 per i nuovi soci). L’importo può
essere versato sul C.C.P. 2/4428, intestato
alla Società.
I soci non in regola con la loro quota, sono pregati di aggiornare la loro situazione.
Hi * *
E‘ uscito (ed è in vendita alla Claudiana)
la seconda parte del V volume di Arturo
Pascal, Le Valli Valdesi negli anni del mar.
tirio e della gloria, che presenta con la solita ricchezza di documentazione il periodo
della resistenza valdesé alla Balziglia (16891690).
LETTORI
aiutate il vostro
giornale con le
vostre offerte
Lettere alle Chiese: TIATIRI
la èiesa che tollera la presenza di Jezabel
Alla chiesa cristiana di Tiatiri il Signore si presenta
con un'autorità unica al mondo: «Queste cose dice il
Figliuol di Dio, che ha gli occhi come fìaitiima di fuoco,
e i cui piedi sono come terso rame ». E' l'unica volta che
l'Apocalisse usa l'espressione « Figliuol di Dio », assai
frequente invece negli Evangeli e riferita a Gesù proprio
nei momenti essenziali della sua vita, come in occasione
del battesimo e della trasfigurazione, allorquando Egli
accetta di compiere la sua missione nell'umiliazione e
nella morte.
La Chiesa cristiana è edificata sulla confessione di
fede in Gesù Cristo, « il Figliuol dell'Iddio vivente ».
Nessun altro riconoscimento può sostituire questa confessione di fede, tanto più quando si guarda a Gesù Cristo come al servo, al riformatore, al martire di un idea,
all'instauratore di una nuova giustizia fra gli uomini. Il
« Figliuol di Dio » è colui che prese forma di servo e
abitò per un tempo in mezzo a noi ; ma è anche colui
che sta di fronte alla Chiesa qual Signore e giudice.
I suoi occhi scrutano in fondo ai cuori come « fiamma di
fuoco »; i suoi piedi, di « terso rame », possono distruggere i suoi avversari.
Come già altre volte, il Signore mette prima di tutto
in evidenza gli aspetti positivi della comunità. Quante
chiese cristiane vorrebbero sentirsi dire dal Signore;
€c lo conosco le tue opere e il tuo amore e la tua fede e
il tuo ministerio e la tua costanza»! Ci sembra di avere
dinanzi a noi la comunità ideale, come la si vorrebbe
oggi : opere, opere, opere nel mondo oltre che nella
chiesa e soprattutto « ministerio », cioè « diaconia », una
chiesa che serve, che prende posizione e non vive di eredità, non s'accontenta più di importanti definizioni teologiche, ma vuole fatti concreti e significativi. La chiesa di
Efeso aveva lasciato « il suo primo amore », ma alla chiesa di Tiatiri il Signore dice; «le tue opere ultime sono
più abbondanti delle prime ».
* * *
A questo punto vorremmo dire; «Amen, Signore!
Così sia per noi e per le nostre comunità, da oggi in poi
e in tutti i Sinodi della nostra cara Chiesa Valdese »1
Ma è chiaro che nessuna comunità cristiana può illudersi d'aver raggiunto un ideale livello di vita e di testimonianza. L'apostolo Pietro ci invita ad aggiungere
alla nostra fede « la virtù, poi la conoscenza, la continenza, la pazienza, la pietà, infine l'amor fraterno e la
carità » ; e tutto ciò per non essere « nè oziosi nè sterili
nella conoscenza del Signor nostro Gesù Cristo ». E, come se ciò non bastasse, c'è il fatto che il Signore scruta
e conosce la vita della chiesa. L'occhio suo penetra al di
là della nostra spiritualità e dei nostri attivismi e dice
alla chiesa: «Ho questo contro di te». Che cos'è che
non va secondo la volontà del Signore nella chiesa di
Tiatiri? Che cos'è che turba la vita della comunità? Egli
aggiunge : « Tu tolleri quella donna Jezabel, che si dice
profetessa e insegna e seduce i miei servitori perchè
commettano fornicazione e mangino cose sacrificate agli
idoli ».
APOCALISSE 2. 18-29
Jezabel, moglie del re Achab, colei che fece uccidere
Naboth al tempo di Elia, era nota per aver favorito l'idolatria in Israele e, con l'idolatria, l'impudicizia. Gli antichi profeti definivano l'idolatria come una « fornicazione », cioè l'abbandono dell'Eterno per correr dietro a
vari « amanti ». Nella comunità di Tiatiri il nome di Jezabel era probabilmente simbolico ; alludeva ad una donna la quale, con il pretesto di rivelazioni sensazionali e
di riti misteriosi, induceva a fornicare e non soltanto in
senso figurato. Nella comunità c'era una falsa « profetessa » che, in definitiva, era anche una « mala femmina »,
fonte di seduzione e di deviazioni.
Le comunità cristiane debbono vegliare contro le seduzioni di Jezabel, carnali e spirituali. Non soltanto la
carne può essere sedotta, ma anche lo spirito o gli spiriti. Ci sono dei peccati carnali che turbano la vita di una
comunità; ma ci sono degli errori e degli sbandamenti
spirituali ancora più pericolosi perchè allontanano i credenti dalla Parola di Dio, fonte di verità. « Diletti », scrive l'apostolo Giovanni, « non crediate ad ogni spirito,
ma provate gli spiriti per sapere se son da Dio ; perchè
molti falsi profeti sono usciti fuori nel mondo. Da questo conoscete lo Spirito di Dio : ogni spirito che confessa
Gesù Cristo venuto in carne, è da Dio ; e ogni spirito
che non confessa Gesù, non è da Dio ». Nessuna chiesa
è al riparo dalle « insidie del maligno»; non lo sono
quelle che si impegnano a fondo nel mondo, ma neppure quelle che hanno già prenotato un posto nella Gerusalemme celeste. « Chi supera i limiti superiori tracciati
da Dio all'uomo », scrive un commentatore, « supera ben
presto quelli inferiori. Le passeggiate celesti, i caroselli
mistici in comune, al di là di ogni limite biblico, fanno
presto a scivolare verso l'anarchia dei sensi ».
* * *
La colpa della comunità di Tiatiri sta nella sua facile
tolleranza ; « Tu tolleri quella donna Jezabel ». La chiesa
non è chiamata a pronunziare un giudizio definitivo, ma
è il Signore che giudica; «Jezabel non vuol ravvedersi
della sua fornicazione ; ecco, io getto lei sopra un letto
di dolore, e quelli che commettono adulterio con lei in
una gran tribolazione, se non si ravvedono delle opere
d'essa ».
Ed è anche il Signore che ammonisce ed esorta quelli
che « non hanno conosciuto le profondità di Satana ».
Egli dice loro; « Soltanto, quel che avete tenetelo fermamente finché io venga ».
« Quel che avete » è l'Evangelo; tenetelo fermamente così come è, senza deformarlo, senza mescolarlo ad
altre dottrine, senza venerarlo come una reliquia. La chiesa che « tiene » l'Evangelo ha un messaggio per sè e per
il mondo, per ogni eventuale colpevole avventura nelle
braccia delle varie Jezabel, di ieri e di oggi.
Ermanno Rostan
La protesta
degli studenti
(segue da pag. 1)
andare avanti. Ma quando
politiche del sec. XX
% quando un nuovo tipo
comunista, andò lennÌit c gradatamente istituendosi,
non più individualista ma isnirata a
un’ideologia del tutto nuova (fi marxfsmo), a una nuova fede (o pseudofede), quando soprattutto il costume del
l’Europa occidentale finì per corrompersi e precipitare nelle forme più
sconce e ripugnanti che oggi contempliamo in tutta la vita pubblica italiana e perciò anche nella scuola, in tutta
la scuola (4), quando tutto questo accade dico — anche la crisi delle università non fu più differibile.
la parentesi fascista
E LA RESTAURAZIONE IN ATTO
In realtà la crisi avrebbe potuto
scoppiare già nel primo dopoguerra,
ma non scoppiò perchè sopravvenne
il fascismo a paralizzare e addormentare la nazione. Dopo la liberazione
furono fatti molti gravi errori, che
tutti possono sostanzialmente riassumersi nella parola « restaurazione ».
Non pretendo di fare un’analisi politica degli ultimi vent’anni, che supererebbe di gran lunga le mie capacità e
la mia cultura, ma non credo di dire
una novità se affermo che troppe cose
furono riportate a com’erano prima
del fascismo, oppure (peggio ancora)
furono lasciate com’erano nel fascismo. Fra queste cose, tipica appunto
la scuola. Tutto fu frenato, trattenuto,
edulcorato, paralizzato. La scuola secondaria era fascista e tale rimase;
l’università era feudale e tale rimase.
Era inevitabile che, continuando semplicemente a rattoppare un vestito vecchio, questo a un certo punto si sarebbe strappato senza possibilità di
rimedio. Fuor di metafora: le strutture barcollanti dell’Università non avrebbero più potuto reggere alla pressione interna d’una popolazione studentesca in continuo, vertiginoso aumento, non equilibrata da un congruo
aumento del numero degl’insegnanti.
Chi, come il sottoscritto, seguì, con
estremo interesse e con impegno quotidiano il progressivo deteriorarsi della
situazione scolastica italiana negli ultimi anni, non può oggi dirsi sorpreso
dagli avvenimenti. Deve però dichiarare che non credeva che le cose camminassero con tanta rapidità e violenza. Una delle cause contingenti più
funeste di quanto oggi accade, è stata
la condotta fascista delle autorità delle scuole secondarie, che per anni repressero duramente i nuovi fermenti
di vita che andavano sorgendo fra i
giovani di quelle scuole (tipico l’esempio della «Zanzara», a Milano). Presidi, provveditori, funzionari del Ministero P. I. avevano fatto a gara nel reprimere, nel negare ogni dialogo ai
giovani. La categoria dei professori delle scuole secondarie, anch’essa profondamente umiliata, maltrattata da più
di quarant’anni di fascismo (è la parola), si era dimostrata sensibile soltanto per rari elementi, eccezionali per
scienza sociale e politica, per forza di
personalità, per amore verso i giovani, per interesse professionale. La riforma delle scuole secondarie, già ritenuta urgente vent’anni fa (chi scrive
ricorda il diluvio di carte che inondarono l’Italia per l’inchiesta del ministro Gonella) e sempre rimandata di
legislazione in legislazione fino ai nostri giorni, era stata via via sostituita
da rimedi parziali e a carattere evidentemente sempre provvisorio, fatta
soltanto eccezione per l’istituzione della
scuola media unica, peraltro gravemente insufficiente nel suo complesso,
e addirittura sbagliata in certi aspetti
particolari ma essenziali.
LA RADICE DELLA CRISI
UNIVERSITARIA ODIERNA
STA NELLA REPRESSIONE
AUTORITARIA ESERCITATA
NELLE SCUOLE SECONDARIE
I nuovi fermenti di vita furono fatti
rientrare nel sangue dei giovani delle
scuole secondarie superiori e lo avvelenarono. Le università videro arrivare
le nuove leve pazzamente desiderose
(nei loro elementi più intelligenti, più
coscienti, più vitali) di libertà, di azione, di rinnovamento. E i professori
universitari, degni discendenti di quei
loro maestri che, nel corso del ventennio fascista, avevano giurato fedeltà
al regime (ad eccezione, in tutta Italia, dei 13 professori ben noti), ma
più colpevoli di quelli, restarono rinchiusi nelle torri d’avorio dei loro studi, oppure intenti ciascuno al « suo
particulare » fuori della scuola. « Più
colpevoli » — dico — perchè volutamente ignari d’una situazione storica
del vicino passato, che avrebbe pur
dovuto lasciare un insegnamento ed
un monito.
E intani o l’Italia ufficiale — dall alta
magistratura alla chiesa (alla chiesa
cattolica soprattutto, ma un poco anche alle altre chiese), dalla classe politica dirigente agli alti comandi militari, e l’Italia ricca dei grandi capitalisti, in gran parte ignara o immemore, insieme coi professori universitari di quella situazione, in piccola
parte tutt’altro che immemore ma
stoltamente, perversamente fiduciosa
che « la prossima volta sapremo far
(4) Poiché, com’è stalo acutamente osservato, « ogni società ha la scuola che si merita », e « la scuola è lo strumento piu sensibile che registra i mali della società », mali
spesso latenti e profondi.
(contìnua a pag. 6)
3
8 marzo 1968 — N. 10
pag. 3
UNA FIGURA MOLTO DISCUSSA DEL XVI SECOLO
'Ammiraglio di Coligny
Un credente nella bufera delle guerre di religione: “ Dio sia servito ovunque e anzitutto in questo paese,.
L’ammiraglio di Coligny è una figura
molto discussa del XVI secolo, sia per
la parte avuta nelle guerre di
ne, sia per il modo di servire il m. Ma
come fa giustamente notare ClaireE. Engel, nella biografia che gli dedica,
per giudicare bene una personalità storica, è necessario riporla nel suo quadro nel suo ambiente. E difatti la vita
d' Coligny è cosi strettamente legata
ai secolo nel quale egli vive, che non
si può separare l’una dell’altro.
Il XVI secolo è pieno di contraddizioni; se la Chiesa romana lo domina
ancora colle sue pratiche bigotte e le
sue superstizioni, l’umanesimo di Errasmo o di Ronsard si fa strada poco
a poco. Sul piano politico, si passa dal
concetto medioevale ad una teoria nazionalistica. È l’età della Riforma, l’età
delle conoscenze intellettuali ; basta
pensare che i nobili scrivono e leggono
il latino, il greco, l’italiano e lo spagnolo come il francese.
INFANZIA
E GIOVINEZZA
Gaspard di Coligny, nato nel 1519,
subirà tutte le grandi correnti d’opinioni. Appartiene ad una famiglia nobile ; la madre, che si è convertita alla
Riforma, è una donna energica ed educherà con cura i suoi figli e in particolare i tre ultimi Odet, Gaspard e François. Li seguirà alla corte del re ed
e.serciterà su di loro una notevole influenza. Gaspard incontrerà alla corte
il famoso duca di Guise che sarà dapprima il suo amico, ma che diventerà
il suo persecutore ed il nemico dei Riformati. Coligny come ufficiale del re
Francesco I partecipa a molte campagne, sia nelle Fiandre che in Italia,
dove ritornerà più tardi in viaggio di
piacere alia corie di Renée de France,
a Ferrara. Fatto poi colonnello di fanteria, sposa Charlotte di- Lavai che sarà per lui una moglie fedele, coraggiosae che l’aiuterà quando si tratterà di
combattere per la Riforma. Nauseati
dall’ambiente di corte, essi si ritirano
nel castello di Chatillon in Borgogna;
ma presto Coligny è chiamato a combattere contro l'Inghilterra e in seguito a partecipare a Londra alle trattatite di pace : così, per la prima volta assiste ad un culto riformato e si crea
molte solide amicizie inglesi che sapranno aiutarlo più tardi.
Nel 1550 è nominato Ammiraglio. Il
nuovo re Enrico II sembra geloso dei
successi militari di Coligny.
LA CONVERSIONE
L’ammirag'f;: è fatto prigioniero da
Filippo IT iU ¿pagna nella battaglia di
Saint-Quentiri e durante le lunghe
giornate d; prigionia si volgerà definitivamente alle idee riformate. Si fa
portare una Bibbia e probabilmente
una dèlie opere di Calvino; corrisponde col grande Riformatore e con Thèodor de Bèze. Da tempo i tre fratelli
Coligny sono a contatto con i riformati; il più giovane sin converte per
primo, fa celebrare il culto nel suo castello e naturalmente cade in disgrazia !
Tornato in Francia. Gaspard di Coligny trova il re Enrico II sempre ostile ai riformati. Ma un nuovo personaggio esce dall’ombra: è la regina
madre Caterina dei Medici, intrigante e divorata da una folle ambizione.
Non vi è ancora un vero partito protestante, ma diverse chiese si costituiscono un po’ dovunque (una a Parigi
nel 1559, in occasione del primo sinodo). Siamo al momento della congiura
di Amboise, di cui Coligny rimarrà
all’oscuro, ma approfitterà deU’occasione per protestare ufficialmente contro
la mancanza di libertà religiosa e contro i massacri di protestanti.
IL CASTELLANO
Ogni volta che la sua carica a corte
glie lo permette, Coligny ritorna nel
suo castello di Chatillon. Là è felice;
coltiva le sue terre e si occupa dei contadini, protegge gli artisti (tra i quali
Ronsard), dedica molto tempo all’educazione dei figli, studia teologia, non
esiia a fare lui stesso il sermone quando la Santa Cena è celebrata al castello, mantiene una corrispondenza con
Calvino, Renata di Francia e Giovanna d’Albret (queste ultime avranno
una parte di primo piano nel propagare le idee riformate). Coligny diventa popolare; il suo carattere cos',
equilibrato dà fiducia a coloro che lo
'Circondano e che saranno pronti a seci.crlo ed a obbedirgli.
VASSY-POISSY
PRIMA GUERRA RELIGIOSA
Nel 1561 Caterina dei Medici deve
fare i conti con un forte numero di
Riformati. Un colloquio religioso tra
Cattolici e Riformati ha luogo a Poissy, ma, come sappiamo, fallì, in parte
per opera dei Guise. L’Editto di gennaio è firmato dal nuovo re Carlo IX;
egli autorizza la celebrazione del culto,
!,;) fuori delle città. Purtroppo il parlamento rifiuta di ratificare l’editto e
i Guise, approfittando dell’occasione,
fanno massacrare i protestanti nel
tempio di Vassy. I capi protestanti entrano in dissidenza e Coligny si mette
alla loro testa. Utilizzando le sue amicizie all’estero, cercherà aiuti in Inghilterra, in Germania presso i principi
riformati, a Ginevra. Gli sarà sempre
rimproverato di avere introdotto sul
suolo francese un esercito straniero;
ma se ha fatto appello a mercenari forestieri, è unicamente perchè la regina madre pagava una quantità di svizzeri, tedeschi e italiani per lottare contro i protestanti.
Si combatte un pò ovunque; la città di Orléans, accerchiata dai cattolici, resiste disperatamente, ma la peste
si abbatte sulla città e il figlio maggio
re dell’Ammiraglio muore. In quell’occasione, Coligny scrive alla moglie :
« Sono tenuto a ricordarti che il nostro diletto figlio apparteneva a Dio
più che a noi e poiché Egli ha voluto
prenderselo tocca a te ed a me obbedire alla Sua santa volontà».
Dopo diverse battaglie sporadiche,
un « editto di Pacificazione » è firmato ; ma Coligny è minacciato di morte ;
egli si ritira nelle sue terre, sperando
di godersi la vita di famiglia. Purtroppo, Caterina vuole fare una politica
di riavvicinamento alla Spagna; incontra il re cattolicissimo che la persuade a « liberare la Francia dai protestanti ». La tregua non avrà durato
a lungo e Coligny riparte in guerra.
SECONDA GUERRA RELIGIOSA
Coligny pensa di portare la guerra
contro la Spagna fuori dall’Europa;
il che è un concetto molto nuovo per
il suo tempo. Egli pensa di potersi Impiantare in America e di lottare contro l’infiuenza spagnola. Ma il tentativo fallisce. Allora si allea con Guglielmo d’Orange-Nassau, riformato,
il quale lotta per liberare i Paesi Bassi dalla potenza spagnola.
La guerra riprende più accesa che
mai; i due partiti si scontrano a Saint
Denis, vicino a Parigi. La battaglia
non sarà decisiva nè per un partito nè
per l’altro. Molti protestanti si rifugiano in Orléans e ancora una volta questa città sarà accerchiata dai cattolici. La moglie di Coligny, dopo essersi
dedicata a curare ammalati e feriti,
muore mentre l’ammiraglio assedia
Chartres; bisognerebbe potere citare
per esteso la magnifica lettera d’addio
che questa donna ammirevole scrive
al marito, lettera piena di fede e di
coraggio.
Una volta ancora la tregua è firmata; tregua illusoria, poiché le città riformate di La Rochelle, Montauban,
Albi e Castres sono accerchiate dai
cattolici. Caterina dei Medici vuole ad
ogni costo far arrestare Coligny e fa
pressione sul re perchè egli firmi un
nuovo editto, nel quale si proibisce
sotto pena di morte di praticare la religione protestante. Coligny, malgrado l’odio dei Guise e della regina, protesta contro l’editto e contro le accuse d’infedeltà al suo re. In risposta alla sua protesta una taglia è messa sulla sua testa. Malgrado l’accerchiamento, La Rochelle resiste grazie ai rifornimenti ricevuti per mare. Coligny,
aiutato da mercenari tedeschi, blocca
la strada che porta a Parigi e davanti
a una tale minaccia,la pace è firmata
a Sant-Germain. Essa permette il culto riformato nei sobborghi di due città e nei castelli dei signori, decreta
un’amnistia per i fatti di guerra e permette ai protestanti il libero accesso
alle università. Un sinodo è convocato
a La Rochelle, il primo sinodo nazionale autorizzato dal re ! Il suo atto più
importante sarà la stesura della confessione di fede riformata (chiamata
in seguito « Confession de foi de La
Rochelle »).
Alla corte si forma un nuovo partito
detto « dei politici » ; avendo capito
l’inutilità delle guerre religiose, la stupidità dell’alleanza colla Spagna, esso
chiede un accordo con i Paesi Bassi in
piena ribellione, coH’Inghilterra e con
i Principati tedeschi. Il giovane re, malato, incapace di seguire una politica
propria, oscilla tra la pressione del
nuovo partito e la volontà della regina
madre. Coligny però viene richiamato
alla corte.
COLIGNY ALLA CORTE
LA SAN BARTHELEMY
L’ammiraglio eserciterà la sua influenza sul re per chiedere la messa
in libertà dei numerosi prigionieri protestanti e per protestare contro gli assassini dei SU! i correligionari, perchè
la famiglia dei Guise non ha disarmato. Inoltre cerca di aiutare il re nella
lotta contro la Spagna. Egli assiste il
18 agosto 157‘2 al matrimonio di Enrico di Navarra con Margherita di Valois; il principe è riformato e la principessa è cattolica. Il matrimonio è
celebrato in Not re-Dame a Parigi in
un modo molto curioso: la principessa, con tutto il partito cattolico, assiste sola alla messa; il suo promesso
sposo, con tutto li partito protestante,
è uscito lasciandola sola all’altare maggiore. Dopo la messa Enrico di Navarra rientra, bacia la sposa, e senza avere promesso nulla, eccoli sposati! La
libertà religOSa di entrarabl è stata
rispettata.
Malgrado l’odio sempre più palese
dei Guise. Coligny il 22 agosto si reca
al consiglio del re. Un uomo nascosto,
armato dai Guise, lo ferisce gravemen
te. L’ammiraglio è trasportato a casa
dei suoi amici, curato dal celebre medico Ambroise Paré; egli, credendosi
in punto di morte, dice a coloro che
lo circondano : « Perchè piangete? Sono contento di essere stato ferito a
causa del nome di Dio! Lo ringrazio
di permettermi di soffrire a causa del
Suo Nome». Li incoraggia a fuggire
davanti all’imminenza del pericolo,
perchè i protestanti hanno avuto sentore del complotto che si trama contro di loro. La regina e i Guise hanno
fatto un censimento di tutti i riformati della città e hanno fatto segnare
tutte le case protestanti con una croce. Nella notte del 22, tra le 2 e le 3
del mattino, la casa nella quale riposa
Coligny è invasa da mercenari svizzeri che hanno l’ordine di ucciderlo.
Malgrado la difesa dei suoi amici, Coligny viene colpito più volte dalla spada d’un soldato, poi è gettato dalla
finestra ai piedi del duca di Guise che
aspettava, e che lo calpesta. È il segnale del massacro; tutti i protestanti
della città saranno uccisi.
Cosi muore miseramente un uomo
che ha avuto come scopo di difendere
la sua fede e di servire il suo re. Nel
suo testamento troviamo questa frase: «Voglio vivere e morire quando
piacerà a Dio e essere felice se per
questo devo soffrire... Partendo da
questo mondo, so che devo comparire
davanti al trono di Dio per essere giudicato, e che sia condannato se mento,
poiché quel che desidero di più è che
Dio sia servito ovunque e per primo
in questo paese, in tutta purezza, secondo quello che Egli ha ordinato ».
In questa biografia. Claire-E. Engel
ha avuto il merito di mostrarci un
eroe protestante, non un puritano come tanti lo vedono, ma un uomo con
una forte personalità, che ha saputo
dominare e condurre gli uomini del
suo tempo per la gloria di Dio.
Louise Rochat
CLAIRE-ELIANE ENGEL - L’Amiral
de Coligny - Labor et Fides, Genève
1967, p. 333, con 8 tavole f. t.
iiiiMiMiiiiiiiMitiiimiiiitmiiiiiii
iiiiimiiiimiiiiiiii
U^A CÛNFERENZA Di GIORGIO BOUCHARD A PÜMAREïTO
Cristiani e marxisti alla sbarra
Mereoledì 28 febbraio 1968. alle 20,30,
nella sala del cinema Edelweiss di Pomaretto, il Pastore Giorgio Bouchard ha presieduto un dibaltilo organizzato dalla Chiesa valdese locale e dai Circolo culturale « Il Torrente » •rui lama: Cristianesimo e Marxismo.
Erano presenti più di duecento persone
i;ro\cnÌenti da tutta la valle Germanasca.
Pineroio, Torino. S. Germano, S. Secondo,
nonché cattolici di Perosa, Pinasca e Pinerolo. L’oratore, presentato dal maestro Amato. attraverso un analisi lineare ha indicato
in una prima parte, anche con esempi convincenti. le seguenti critiche mosse da
C. Marx e dal movimento operaio alla religione cristiana.
1) « La religione è Loppio dei popoli ».
2) La riforma luterana non è stata vera
rivoluzione, in quanto ha mantenuto pressoché la stessa posizione del Cattolicesimo
medioevale nella sua funzione di salvaguardia all’ordine costituito. Mentre il papa minacciava di scomuniche chi avesse osato tur.
bare Lordine gerarchico della società voluto
da Dio, Lutero, interiorizzando il fatto religioso, con assoluto rispetto per Lordine costituito alFermava che qualsiasi ribellione è
un rinnegamento della vocazione individuale
e conduce il mondo nel caos. Tale posizione
si avverte ancora nelle nostre Chiese Protestanti, che sono abituate a considerare a La
una tragica necessità e la rivoluzione
un inutile violenza ». Tutti, ha detto Giorg^o Bouchard, hanno applaudito i reduci del
lave, che hanno combattuto e ucciso per
nulla; ma hanno accolto invece con freddezza e diffidenza i partigiani che hanno
L’aieisnio marxista non ha originalità: es
so manca di una salda coesione interiore: ci
appare come una poco felice fusione del
l'ateismo borghese illuminista, hegeliano, po
sitivista e freudiano. Non è scientìfico, co
me pretende di essere, ma filosofico; prova
ne sia che Lateismo è diil iiso in ambienti no»
necessariamente marxisti. Non è tanto questo il problema posto alla Chiesa dal movimento operaio, quanto jiiutlosto quello di riflettere sui propri errori passati (di cui ora
paga le conseguenze) e fi; decidersi a realizzare il programma dell .onore e soprattutto
a rifiutare qualsiasi a!l< imza con il potere
costituito: in una parola, rinnegare la linea
costantiniana, così pericolosa per la nostra
chiesa. Sarà la chiesa capace di farlo?
Ne è seguito un dibattito cui ha preso
parte il maestro R. Amato, Franco Giarapiccoli. Il Pastore di Poniaretto ha ringraziato
Loratore per la sua efficace, ricca conferenza
che ha consentito un serio ripensamento di
problemi attuali e sulle nostre responsabilità
nell’ora presente. Sono previsti altri incontri in futuro nelLinteresse di tutte le nostre
zone. Un grazie di cuore al sig. Attilio Pons
per l’ospitalità nel suo cinema.
Claudio B. ed Elia B.
Diaspora evangelica europea a Poraaretto
combattuto e
UCCISO per qualcosa di real
mente sostanziale: l'abbattimento del fasci•snio. Non si usino due pesi e due misure:
troppo spesso si considera « la violenza rossa
come terrore, mentre la violenza bianca non
si nomina neppure ».
.1) La fede escatologica del Cristianesimo
è una remora all'impegno attivo nella storia
del mondo.
4) La carità cristiana, secondo le parole di
Lenin, riempie lo stomaco ai poveri c calma
la coscienza ai ricchi, cioè frena la spinta
rivoluzionaria della massa e rafforza nella
borghesia il senso nella sua missione storica.
Nella seconda parte il Dr. Bouchard ha
e.sprcsso le critiche al marxismo. L’oratore
ha fatto rilevare che tali critiche sono valide in quanto rivolte all'azione storica della Chiesa, ma non ne intaccano l’essenza
profonda: sono applicabili alla Chiesa costantiniana, non alla Chiesa del Nuovo Testamento.
Dopo i falò il tempio s'è riempito di fedeli provenienti da vario parti d’Europa:
Torino e dia.spora hanno recato il saluto a
mezzo del Pastore Ayassot e il segretario della nascente comunità di lingua inglese in
Torino ha espresso la sua simpatia per la
nostra chiesa; un folto gruppo di cadetti e
di giovani delle vecchie oomiinità protestanti della Drôme, guidate da due Pastori nonché dal Pastore Franco Glampiccoli, che ha
letto un interessante documento familiare
concernente la prima giornata di festa del
XVII nel 1848. La Svizzera era presente con
le delegazioni delle chiese madrine: Grand
Lancy con la sig.na Eynard, Petit Lancy con
i signori Prélat e per la chiesa di Onex il
signor Iwas. La banda di Pomarctto, guidata dal maestro Arturo Bernard, ha suonato
inni di circostanza e la corale ha cantato
inni di riconoscenza a Dio.
Al XVII il corteo consueto, il culto c alcune poesie appropriale di Ernesto Puzzanghera e Carlo Lupo, nonché della Signorina
Bert in ricordo del capitano Stephens; messaggio della chiesa madrina e corale diretta
da Speranza GriU. All’agape sempre numerosa, messaggio del giudice Aldo Rihet c saluto alle autorità presenti di persona o con
messaggi, nonché saluto del signor Iwas di
Ginevra con la partecipazione attiva delle
bande dei signori Arturo Bernard e Arturo
Coucourde. La sera, recita « Dentro di noi ».
preparata con impegno da Flavio Micol che
ha sostituito nel corso della preparazione
Eraldo Bosco, ormai in via di ristabilimenlo.
La comunità, tempestivamente avvertita a
mezzo stampa, s’è ritrovata in numero modesto alla cappella di Perosa per udire il giudice Rihet e il dr. Guido Botturi sul tema
delle hnanze : relazione chiara, dettagliata e
documentata : interventi utili per chiarire le
domande che sempre si fanno nelle chiese.
Nessuno potrà più farci domande su questioni finanziarie perchè tutti sono stati invitati e tutti hanno avuto la possibilità di
vederci chiaro. Attendiamo la risposta della
chiesa per la soluzione dei nostri problemi.
L’Istituto Comandi, dove fu educato Virgilio Sommani, è stato presentalo dalla signorina Selma Longo all’Unione femminile.
Le sorelle di chiesa sono state molto interessate a queU'opera e la colletta è andata
a beneficio dei carcerati. Grazie sig.na Longo.
Recentemente è deceduta la sorella Gianesini Celina nata Maurino: affezionata alla
chiesa ha sempre seguilo con vivo interesse
le opere e le attività varie della comunità:
al marito ed ai familiari il nostro pensiero
di salidarielà e di simpatia. In sua memoria
il marito, Matteo Gianesini, ha destinato
L. 50.000.
Rinuraziamn sentitamente il dr. Claudio
Tron e i: pasl. Franco Glampiccoli per i loro
messaggi rivolti alla comunità rispellivamen.
le il 18 c il 25 febbraio.
Ricordiamo la riunione del Concistoro e
responsabili fissata per domenica 10 marzo
a Pomaretlo, nella sala delle attività alle
ore 15.30.
Rammentiamo le prossime riunioni quarlierali: martedì 12 ai Masselli c giovedì 14
al Clot Inverso.
Urgente : la chiusura dei conti è vicina e
alla cassa il nostro cassiere sventola bandiera bianca. Se non c’è un aumento concreto e urgente quello che si paventava accadrà e allora sarà tardi!
DONI RICEVUTI
PER ECO-LUCE
Geremia Cielo (Lecce) 500; Irma Zecchiti (Venezia) 500; Carlo Neidhardt (Svizzera) 1.500; Alberto Ferrerò jr. (Ferrerò)
1.000; Lisa Coggiola (Perosa Can.) 500; Elsa
Janin (Ivrea) 500; Anna Perdio (Ivrea)
1.000; Pierina Buffa (Torre Pellice) 500;
Abele Ghigo (Torre Peli.) 500; Franco Bonnet (L. S. Giovanni) 500; Alpina MarioUa
(Balma Biell.) 500.
Da Bergamo: Bruno Morena 500; Luciano Gay 5.000.
Da Pinerolo: Elena Salce 200; Luigia Ribet 500; Attilia Grill Bonjour 500; Luigia
Long 500; Gabriele Coucourde 500; Mario
Bertin 200; Dante Gardiol 500; Edmondo
Bosio 500.
Da S. Secondo: Remo Gardiol 500; Levo
Rihet 500; Elisa Griglio Paschetto 100.
Grazie! (continua)
Notiziario
Metodista
Nei presentare queste note non possiamo
trascurare di rivolgere un pensiero di fraterna solidarietà ai fratelli (evangelici n
non) di Sicilia che hanno sofferto (ed ancora soffrono!) per la grave sciagura provocata daU'immanc terremoto. Quale segno di fraternità, anche le Comunità Metodiste hanno raccolto delle offerte durante
i Culti domenicali di fine gennaio e le
hanno trasmesse alla Federazione pei soccorsi ai terremotati. Alle grosse somme
laccolte dalle Comunità delle grandi città
come Roma, Milano, Bologna, sono state
unite le piccole offerte delle povere Comunità rurali. Poche migliaia di lire, che però
sono state pure esse un segno di amore fraterno verso chi ha perso ogni cosa.
Segnaliamo alcune manifestazioni di pubblica testimonianza svoltesi presso Comunità Metodiste. A Gorizia il pastore Massimo Tara ha tenuto una conferenza celebrativa pel 450“ Anniversario della Riforma nella Sala Consiliare della Provincia.
Presente la Comunità ed un numeroso pubblico qualificato. Ancora a Gorizia, il 15
febbràio, nel salone del Circolo di Lettura,
il pastore Tara ha introdotto una conferenza su « Cristianesimo e Marxismo » seguita
da un vivo dibattXo. Lo stesso pastore Tara ha parlato ai laureati cattolici di Gorizia
illustrando la figura del fondatore del Metodismo G. Wesley, e ha partecipato ad
una tavola rotonda, presso l'Università Popolare, sul problema del divorzio. Presenti :
rOn. Loris Fortuna, il Prof. Don Moretti,
la Prof. Mancini Lapenna.
A Bologna il pastore 'Valdo Benecchi è
stato invitato a parlare ad un Convegno di
aggiornamento teologico per suore di vari
ordini. Alle oltre 200 suore presenti, il pastore ha illustrato la costituzione della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia. Ne è seguito un animato dibattiio.
A Valenza Po, il piccolo gruppo metodista ha organizzato una pubblica riunione
che si è tenuta nella Sala della Biblioteca
civica gentilmente concessaci dal Sindaco.
Ha parlato il pastore valdese Giorgio Bouchard sul tema : « Impegno del Cristiano
per la pace nel Vietnam ».
Presso varie nostre Comunkà hanno luogo; in queste settimane, incontri femminili
in vista di Convegni Femminili interdenominazionali ed interregionali che avranno
luogo in primavera. In tali Convegni sara
affrontato e discusso il problema del « controllo delle nascite ».
La Attività Femminili Metodiste hanno
anch'esse celebrato la « Giornata mondiale
di preghiera della donna », il 1“ marzo. Per
tale celebrazione hanno seguito un’apposita liturgia redatta dalla Presidente delle
donne Cristiane dell'Asia; signora R. Selvaratnam di Ceylon.
Presso la nostra Comunità di Calosso
d'Asti. domenica 25 febbraio è stata fe.tteggiata la sorella Angela Allasia che ha
compiuto i 100 anni. Pur con un secolo di
vita sitile spalle, la nostra sorella conserva
una buona forza fisica e soprattutto una
sempre accesa fede in Cristo! Il Signore, che
rha benedetta fin qui. la benedica sino alla
fine! U.
Editrice Claudiana
10125 TORINO
Paolo Ricca, Giorgio Tourn
Le 95 Tesi di Lutero
e la cristianità
del nostro tempo
pp. 48 - L. 100
Bruno Corsani
Il testo primitivo del
Nuovo Testamento
pp. 36 - L. 100
4
pag. 4
N. 10 — 8 marzo 1968
Presenza evangelica in quel di Bari
Segnaliamo alcuni episodi di quella « presenza evangelica » che in questi ultimi due
anni si è intensificata a Bari ed in alcuni
paesi della provincia.
Il 3 febbraio a Capurso il pastore Enrico
Corsani ha partecipato ad un dibattito sul
divorzio tenuto nell’aula del Consiglio Comunale, insieme aH’On. Prof. Renato Dell'Andro, docente di diritto penale alla Università di Bari (e relatore democristiano alla
Camera sul progetto di riforma dell’istituto
familiare), all’avv. Giuseppe Luisi (della segreteria della Lega Italiana per l’istituzione
del divorzio), al Rev. Don Ambrogio Melzi
vicario generale della Chiesa Ortodossa in
Italia. E’ seguito un vivacissimo dibattito
con larga partecipazione dei presenti che, se
ha messo in evidenza l’interesse con cui anche in Italia è seguito ormai in tutti gli arn
bienti il problema del divorzio, ba anche ri
velata la contradizione in cui si trovano tan
ti cattolici che, pur continuando a conside
rare la Chiesa Romana « mater et magistra »
affermano però di essere liberi nella loro co
scienza di pronunziarsi sull’argomento an
che in modo difforme da quello della Chic
sa dimenticando che nel cattolico la coscienza' individuale deve sempre sintonizzarsi con
quella che è l’opinione della Chiesa, sui problemi che toccano la fede e la morale.
Il 1.5 febbraio nell’Aula del Consiglio Comunale di Bari, per iniziativa di una organizzazione culturale, è stata tenuta una conferenza sul tema: Eresie Medievali e Valdismo.
La prima parte è stata trattata dal prof.
Antonio Russo, ordinario di latino e greco
a Napoli. Egli, dopo essersi soffermato sul
concetto di « eresia », ha fatto un ampio
quadro della situazione religiosa nel secolo
XIII, relativamente a quei movimenti che,
sorti nelPambito del cattolicesimo con colora,
zinne più o meno eterodossa (naturalmente
dal punto di vista di una <c ortodossia » cattolica), finirono per staccarsene.
Sul « Valdismo » ha parlato il pastore Enrico Corsani, che ne ha messo in evidenza
le caratteristiche e le componenti principali :
1) Il richiamo al Vangelo inteso come
il luogo in cui l’uomo incontra Dio, senza
alcuna mediazione umana.
2) La predicazione itinerante, affidata
anche ai laici. Da qui la rivalutazione del
ruolo del laico nella vita della Chiesa, intesa come (c popolo di Dio ».
3) Il ritorno alla povertà applicata a
tutta la Chiesa ed alla società. Conseguentemente, critica radicale della società nella sua
gjf^jjtiirszioiic © rifiuto dclls concezione sS”
condo la quale il rapporto sempre più stretto tra Chiesa e Stato aveva favorito il determinarsi di una « società cristiana ». La con
fetenza concludeva rilevando che, se anche
il Concilio Vaticano II sembra indicare nel
messaggio evangelico della povertà (intesa
anche come rifiuto da parte della Chiesa di
ogni potenza ed appoggio umano) la prospettiva cristiana del futuro, si può bene affermare che il valdismo primitivo ha assolta
una funzione spirituale profetica di altissimo
valore, ed oggi ancora costituisce un inquietante appello rivolto a tutte le Chiese
cristiane affinchè tornino ad una predicazione radicale del Vangelo.
Alla fine della serata sono state sorteggiate tra il pubblico due pubblicazioni della
Claudiana offerte in omaggio dalla Chiesa
di Bari: Il Valdismo ieri ed oggi (Luigi
Santini); La nuova cattolicità del cattolicesimo (Vittorio Subilia).
Siamo lieti di rilevare che, per una felice
coincidenza, questa conferenza ha avuto luogo proprio due giorni prima del XVII febbraio di cui ha parlato anche il bollettino
Radio, rinnovando cosi nei confronti della
nostra' Chiesa quell’interesse che nei più diversi ambienti baresi si è allargato ed intensificato (come dicevamo iniziando questa nota) in seguito a numerose manifestazioni
evangelistiche.
TORRE PEUICE
I bambini delle Scuole Domenicali sono
stati invitati ad abbonarsi all*« Amico dei
Fanciulli » che è preparato per loro e che è
quanto mai utile, specialmente per i più
grandicelli, per completare la loro istruzione
religiosa. Il costo deirabbonamento annuale
(L. 750) è alla portata di tutte le famiglie e
il giornaletto diventerà sempre più interessante, quanto più numerosi saranno i fanciulli abbonati.
Hanno lasciato nel lutto le loro famiglie :
Giulia Rostan (Rifugio Carlo Alberto), Dante
Bleynat (Villa 2), Giovanni Daniele Jourdan
(Appiotti), Enrico Agli (Pinerolo) e Adolfo
Bertalot (Simound). Alle famiglie afflitte
esprimiamo la simpatia della nostra Comunità.
Lina Varese
Al « Centro P. Andreetti » di San Fedele Jntelvi
tilt miisciiii
Una ventina di battisti, uwtcdisti e valdesi studiano il Sermone sul monte
A CO RATO
Manifestiamo la nostra affettuosa simpatia
cristiana al diacono Nicola Loiodice per la
perdita del padre, da anni simpatizzante della nostra Chiesa. I funerali sono stati celebrati nel nostro Tempio, per desiderio di
tutti i parenti.
Anche alla signora Domenica Anelli espri.
miamo le nostre condoglianze per la morte
di una sorella residente in America.
Sia la Comunità come il Centro Sociale
(Doposcuola e Centro di Cucito) han trascorso
questi ultimi mesi nel ritmo di attività serene e feconde.
Particolarmente attivo il gruppo giovanile
che ha preparata una recita in occasione del
XVII Febbraio: «L’ispirazione del passato».
Per questa circostanza, domenica 25 febbraio
nel pomeriggio vi è stato un simpatico incon.
tro di numerose rappresentanze dei gruppi
giovanili e delle comunità di Bari, Cerignola
e Trani. Ai graditi ospiti è stato offerto thè
e biscotti, ed abbiamo trascorse alcune ore
serene ne’Ua gioia, neUa fraternizzazione e
nella ispirazione che ci veniva dalla recita
per la quale ringraziamo i giovani coratini
e particolarmente il presidente Pietro Abbattista che li ha preparati con cura ed
amore. C.
Il 13 febbraio la comunità dei Fassiotti
ha circondato, in modo particolarmente affettuoso i coniugi Bani che compiono 82
anni e festeggiano le nozze d’oro. Il pastore
Bruno Rostagno meditò il Salmo 103 rilevan.
do che, a misura che gli anni si accumulano sulle nostre spalle, più profonde si vivono e si ricordano le esperienze della vita che
si trasformano in benedizioni. Coloro che
confidano in Dio continuano serenamente il
cammino che li avvicina alla vita eterna.
Regali e fiori, canti e dischi, un té copioso
furono l’espressione concreta e fraterna offerta ai cari coniugi. Il prof. Roberto Eynard ha proiettato molte belle diapositive
delle Valli e della Palestina.
Un dopopranzo allegro e familiare durante
il quale ci siamo sentiti legati dall’amore cristiano che ci permette non soltanto di condividere le sofferenze altrui, ma di rallegrarci con quelli che sono allegri.
« La benignità deU’Eterno dura ab eterno
e in eterno sopra quelli che lo temono ».
Graziella Jalla
Dal 25 al 27 febbraio si sono ritrovati a
San Fedele Intelvi al Centro « Pietro Andreetti », una ventina di partecipanti al secondo convegno ieologico, provenienti dalle chiese battiste, metodiste e valdesi, e dalle zone più vicine : Grigioni, Lombardia,
Emilia e Piemonte. Durante il primo convegno, tenuto l'anno scorso alla stessa epoca, il Prof. J. A. Soggin aveva presentato
una serie di studi introduttivi sull’An'tico
Testamento. Quest’anno' l’argomento trattato verteva invece intorno al Sermone sul
Monte ed era presenta'to dal Prof. Bruno
Corsani della Facoltà teologica di Roma e
dal Past. Aldo Comba di Bergamo.
Il programma di studio svolto in queste
giornate è stato parecchio intenso: 6 lezioni del Prof. Corsani e due dei Past. Comba, ognuna delle quali seguita da ampia discussione, hanno riempito le giornate e
fatto passare il tempo in un soffio.
Dopo un'introduzione sul contenuto del
problema delle diverse fonti a cui hanno
attinto i Vangeli sinottici (Marco, Matteo,
Luca), il Prof. Corsani ha presentato un'ampia panoramica della storia delle interpretazioni del Sermone sul Monte, secondo il
seguente schema; 1) Chiesa antica; 2)
S. Agostino e la Scolastica; 3) Lutero e la
Riforma; 4) Il moralismo del biblicismo e
dell’Illuminismo; 5) Albert Schweitzer e
l'escatologismo sistematico; 6) La scuola
dell’analisi delle forme seguendo le conclusioni di Dibelius, Thurneysen, Bultmann,
J. Jeremias. Due dibattiti sulla non violenza e sull'etica del Sermone sul monte
hanno permesso un vivace e proficuo scambio di opinioni anche sui problemi scottanti deH'ora.
11 Past. Comba ha presentato il problema
del matrimonio secondo il sermone sul monte e i vangeli, indicando l'orientamento nuovo dato da Gesù, anche in questo problema.
Non possiamo dare un resoconto nè
delle lezioni nè delle discussioni. Ci ripromettiamo però di preparare quanto prima
un resoconto ciclostilato delle lezioni e di
alcuni dibattiti essendo stato il tutto registrato. Chi gradisse ricevere queste lezioni
(pagando solo le spese vive) è pregato di
prenotarsi presso il Past. T. Soggin - Via T.
Grossi, 17 - 22100 Como.
Un « gruppo di servizio» da Como, com
posto dal trinomio M inotti. Pavone, Sarrubbi, ha curato in ottimo modo i servizi logistici e la cucina. Si prevede per l’anno
prossimo di organizzare un analogo convegno, alla stessa epoca.
Thomas Soggin
Il 17 Febbraio a Forano Sabino
rimiiiiiimiiimmniuiiiiniiiiniu
............................... ......................................................................................................................................................................................................................................................................... i
BOBBI
Le celebrazioni del 17 febbraio hanno potuto quest’anno avere il loro pieno svolgimento, favorite dalla clemenza del tempo.
La sera della vigilia, al suono a distesa
della campana e tra lo scoppio di mortaretti e lo sfaviUare di razzi, i « falòs » venivano accesi, tra i quali, i più importanti :
quello sul pianoro di Sibaud '6 quello vicino
al Pellice. Sul campanile, giovani animosi
avevano piazzato una coppia di bandiere illuminate vividamente da una potente lampadina. Canti e vociare di bimbi attorno ai
fuochi di gioia.
La mattina del 17, verso le ore 9 si formava il corteo della scolaresca che tra l’agitare e le grida di « W la libertà! » percorreva la Via Maestra fino al ponte sul Subíase. Poi, nel tempio, il Pastore rivolgeva
un messaggio a bambini ed adulti che,
traendo lo spunto dal passato della nostra
Chiesa, contrassegnato così chiaramente dalla manifestazione della grazia e dell amore
di Dio, ci invitava ad assumerci le nostre
precise responsabilità di Valdesi nel tempo
presente e ad essere solidali con tutti coloro
che oggi nel mondo vivono in condizioni di
inferiorità a causa delle ingiustizie sociali e
della malvagità degli uomini. I bambini,
preparati a puntino dai loro Insegnanti, ai
quali esprimiamo ancora qui la nostra viva
riconoscenza, svolgevano poi un nutrito programma di recite e canti; abbondante messe
di applausi ricevevano i nostri bambini della scuola materna che a varie riprese portavano il loro contributo alla festa. La Corale eseguiva lodevolmente il canto di due
salmi. In seguito, circa 160 pacchi dono ben
forniti venivano distribuiti ai bambini della Chiesa ed ai loro piccoli compagni.
Verso le ore 13 aveva inizio il pranzo.
Avevamo previsto, pensando di essere ottimi
sti, circa 80 coperti; in effetti i present
erano circa 120! Ma ci fu posto e cibo ab
liondante per tutti, grazie ai miracoli com
piuti dagli organizzatori, guidati anche que
st'anno dai Sigg. Paolo ed Anna Grand d
Roccia d'Giors. Ottimo il pranzo servito, ot
timo pure il servizio prestato da giovani
deirUiiione e da collaboratrici, che sin dal
giorno prima si erano duramente impegnati
per tutto il lavoro di preparazione. E soprattutto ottimo lo spirito regnante tra noi;
spirito di vera e profonda comunione fraterna e di solidarietà. Al levar delle mense,
il Pastore porgeva il saluto a tutti gli intervenuti tra i quali tre nostri giovani attualmente sotto le armi, un buon numero di
Bobbiesi residenti a Torre Pellice, Luserna
San Giovanni, Pinerolo, Torino, in provincia
di Novara, persino nel Sud Africa, cd i loro
amici. Il nostro sindaco, riferendoci una
conversazione avuta ultimamente con una
persona anziana di Bobbio Pellice notava
con piacere come questa gli avesse detto che
oggi, tra i Bobbiesi. regna un'unione inolto
più reale e profonda che in passato; egli ne
trasse lo spunto per invitarci ad essere sempre maggiormente uniti in ogni cosa onde
far fronte, solidali e compatti, alle numerose
difficoltà che la situazione del mondo di oggi
ci pone dinnanzi. Poi, un gruppo di cantori
ci fece udire le canzoni della nostra piccola
patria valdese che abbiamo ascoltato tutti
con viva gioia ed emozione.
La sera, una sessantina di commensali
consumò ancora con allegria, l’ottima cena;
poi, alcuni facevano ritorno alle loro dimore. altri partecipavano alla proiezione cinematografica, riconoscenti verso il Signore
che ci ha dato di trascorrere una di quelle
giornate delle quali rimarrà per molto tempo vivo in noi il ricordo.
Ci sia ancora concesso, terminando, di rivolgere il nostro più vivo ringraziamento ai
signori Grand ed a tutti i loro collaboratori
ed a tutte le loro collaboratrici assicurando
loro che tutti abbiamo vivamente apprezzato
l’impegno e lo zelo con i quali si sono sobbarcati a questa davvero non lieve fatica.
Domenica 18 una buona assemblea raccolta nel tempio ascoltava attenta la commemorazione del 17 febbraio fatta dal Pastore
il quale sviluppava questi tre punti principali; il passato ci parla della misermordia
del Signore verso la nostra Chiesa; il presente ci domanda di impegnarci come credenti e testimoni di Cristo dovunque Egli
ci chiama a servirlo; l’avvenire, qualunque
esso sia, richiede da noi fiducia e speranza.
Buona la partecipazione della assemblea alla
Santa Cena. Durante il culto, la Corale eseguiva lodevolmente il canto di due inni.
Terminando, vogliamo ancora una volta
ringraziare tutti coloro che in vario modo
hanno collaborato alla buona riuscita di que.
ste manifestazioni; un ringraziamento vivo
e particolare alla nostra Corale.
Martedì 20 febbraio ha avuto luogo U servizio funebre del nostro fratello Fostel Giovanni Daniele fu Giov. Giacomo deceduto
alla sua abitazione in frazione Malbec il
giorno 18 febbraio alla età di anni 84 dopo
lunga malattia. Colpito nell’autunno del 196
da trombosi cerebrale, il nostro fratello perdeva l’uso della parola e rimaneva parzialmente paralizzato. Recuperava m seguito
gradatamente l’uso delle sue membra ma
purtroppo la facoltà di parlare non gli era
ridata; il progressivo indebolimento, dopo
circa 17 mesi di infermità, ne segnava la
fine. Egli ha sostenuto la sua lunga e dura
prova con spirito di pazienza e di fede, amorevolmente e continuamente curalo t ai a
miliari. Alla moglie, al figlio, alla figlia, a
fratello, agli altri familiari e parenti tutti
ridiciamo la nostra viva e fraterna simpatia
cristiana domandando al Padre di ogni con
solazione di consolarli tutti in questura di
lutto. “•
A. I. C. E.
Convegno di primavera
Ricordiamo che l'annunciato incontro si
terrà a Pinerolo, nei locali della Chiesa Valdese, martedì 19 c. m. (dalle ore 9). Tema;
Incontri di educatori con i problemi del nostro tempo; parleranno Roberto Eynard e
Frida Malan.
XVII Febbraio. Quest’anno, per il 17 Febbraio, a Forano il tempo non era dei migliori ; soffiava un vento piuttosto forte, ma
siamo riusciti ugualmente ad accendere il
falò. L’anno scorso non avevamo neppure
potuto provare a causa di una pioggia violentissima. Anche se diamo questa notizia
prima delle altre non è perchè, ben inteso,
la consideriamo la più importante. E’ però
una curiosità, una nota di colore locale che
molti ignorano e che ha un suo valore .affettivo perchè richiama alla mente l’unità
delle varie comunità valdesi dell’Italia che
ove possibile trovano modo di manifestare,
anche in usanze esteriori i loro comuni sentimenti di gioia e di riconoscenza al Signore
per il dono della libertà! Prima del falò la
Comunità di Forano si è riunita nel locale
deU’As'ilo per una rievocazione storica dei
duri e travagliati autii immediatamente precedenti il 1848 che ci ha permesso di capire
quanto sia giunta gradita la notizm della
libertà concessa al popolo oppresso. Dopo la
riunione una preghiera dinanzi al falò ha
concluso la serata. La domenica 18, nel lem.
pio, ha invece avuto luogo il culto che e
stata l’occasione per puntualizzare 1 impegno
che ogni valdese deve assumersi dinanzi alla
chiara vocazione che il Signore ha rivolto
alla sua Chiesa. La colletta per la setti^na
di rinunzia che si è iniziata appunto il 18
non dovrebbe costituire che uno dei tanti
mezzi e deUe molte possibilità dati alla comunità per manifestare la sua riconoscenza
al Signore che opera ogni giorno continue li.
berazioni per i suoi.
Nel pomeriggio i giovani hanno presentato ad un numeroso pubblico la recita « Lutero » di Giorgio Tourn. 11 fatto che essi abbiano invitato alcune personalità cittadine
non facenti parte della nostra comunità e
una prova che hanno voluto cogliere questa
occasione per compiere un atto di testimonianza e di confessione della propria fede.
Attività varie. Le visite nella Diaspora si
sono fatte più difficili per il trasferimento
della famiglia Grimani in una località distante una diecina di chilometri dalla precedente, per cui bisogna ora visitare separatamente le tre famiglie che prima si riunivano invece quindicinalmente per il culto
in comune.
L'Unione femminile si riunisce, salvo eccezioni, settimanalmente per uno studio biblico e per dei lavori in vista del Bazar. L U.
nione giovanile sta per ricominciare un periodo di studi dopo l’interruzione necessaria
per la preparazione del 17 (anzi 18!) Febbraio.
L’Asilo ed il Doposcuola funzionano regolarmente. Se ne occupa con cura l’insegnante Graziella Tron venuta qui dal Reynaud
di Massello.
Stranezze più che medioevali nel XX secolo. « Sono il daziere! ». così mi dice la per.
sona alla quale ho aperto la porta. «Va bene. entri pure », dico io senza capire il perchè cerchi proprio me. Ma poi ogni cosa si
spiega. La primavera scorsa abbiamo rime.sso a nuovo dieci persiane con relativi infissi perchè erano... cadenti nel senso letterale
della parola; qualche anno fa una persiana
staccatasi aH'improvviso per poco non accoppò un vecchietto che se ne slava tranquillamente a godersi il sole nella sottostante
via del Passeggio! Ebbene ora ecco il daziere a chiedere che si paghi la tassa, il balzello, la gabella (non so quale sia il termine
tecnico!) per i lavori eseguiti. Io trasecolo,
tanto più che non ho ancora saldato il conto
con il falegname per mancanza di fondi in
cassa! Eppure è cosi: bisogna pagare, anche
per Un cambio di persiane, anche se il lavoro non era più dilazionabile! Ci dobbiamo consolare pensando che se effettivamente
i pezzi cadendo avessero colpito qualcuno
avremmo dovuto magari vendere il palazzo
per pagare i danni oltre ad avere magari un
morto sulla coscienza! Ma questo non è ancora nulla, il tragicomico, anzi il comico
tragico, è accaduto quando per fissare la
somma da pagare ho visto il daziere saltare
su un davanzale, estrarre di tasca un metro.
e mettersi a misurare l’ampiezza delle finestre!
Ed io che nella mia ingenuità pensavo che
da secoli fosse abolita quell’assurda legge per
cui bisogna pagare in proporzione all'ampiezza delle finestre. Avevo trovato che era
così inumana ed assurda quando per la prima volta ne av'evo sentito parlare in alta
montagna da un contadino che alle mie ri
chieste mi spiegava come un tempo i nostr
antenati aprissero dei buchi (quelli caratte
ristici di molte vecchissime « baite ») anzi
chè finestre perchè^ tra l’altro, si doveva al
loro, pagare forti tasse per avere... più luce
ed igiene in casa! Credo superfluo ogni altro commento!
Liturgia della gioia e del dolore. Il 25 Dicembre è stato amministrato il battesimo a
Picani Noemi, di Gianfranco e di Gennario
Miria; il 31 Dicembre a Carapucchio Laura,
di Romeo e di Serena Leda.
Il 14 Gennaio ha avuto luogo il funerale
di Terribili Rosa nata Pazzaglia. E’ stata
particolarmente sentita la perdita di questa
sorella, assidua frequentatrice dei culti domenicali a Forano e delTUnione femminile
di Piazza Cavour a Roma ove risiedeva in.
settimana. Con il marito ed i figli risiedenti
a Roma nonché con i numerosi parenti risiedenti a Forano la Comunità è solidale nel
dolore della separazione, ma anche nella speranza della vita eterna concessaci in Cristo
Gesù.
Offerte pro Missioni
Fiori in memoria della Missionaria Lily
Caisson: Elena Viglielmo, Riclaretto 5.000;
Anita Eynard Mathieu 5.000; Anita Long
Mathieu 1.000; Fanny Benech Buffa 1.000.
Totale L. 12.000. Totale preced. L. 149.600.
Totale generale L. 161.600.
Il 17 febbraio è stato una occasione non
solo di rallegrarsi della libertà, ma anche, c
soprattutto, di controllarne la situazione attuale e di precisarne le esigenze per U futuro.
Così, la sera prima, innumerevoli falò hanno raccolto la popolazione dalle borgate più
alte, nelle montagne, alla nuova Comunità
di Porte; intorno al falò, e poi nella Sala di
Porte, si sono riuniti i giovani per cantare
insieme degli inni di riconoscenza.
li 17 il tradizionale corteo è stato completato da un breve discorso tenuto dal i*uslore
sulla piazza del paese, discorso nel quale è
stata riaffermata la necessità che la libertà
comprenda la libertà di lavorare e di lavorare in condizioni umane.
Ancora la libertà, questa volta come dono
divino e insieme risposta deirimpegno umano, è stato il tema del sermone in un Tempio affollato; la riconoscenza per ciò che è
stato dato non può prescìndere da un esame
attento di ciò che è richiesto; la libertà, che
è liberazione dì Dio, deve fare degli uomini liberi, cioè coscienti e responsabili e solidali con i loro fratelli vicini e lontani.
Affollata anche la tradizionale agape, occasione di incontro e di gioia comune, agape
servita quest'anno nella Sala Valdese in modo che è stato vivamente apprezzalo e appro.
vaio.
Nella serata Tinfaticabile filodrammatica
ha presentato un dramma su un problema
estremamente attuale: le difficoltà, le responsabilità, gli impegni determinati dallo spopolamento; bravissimi tutti gli attori, ma indimenticabile l’interpretazione di « Magna
Lidia ». La recita affollatissima è stata ripetuta il giorno dopo con un breve film di
Alessandro Rìbet sul « glorioso rimpatrio »
Purtroppo il pomeriggio del 17 ha dovuto
invece venir dedicato a due tristi circostanze; « nonno » Duchène e Beatrice Avondet
sono stati accompagnati, alle 14,30 e alle
15,30, alPestremo riposo. Ancora una volta
una grande folla ha voluto esser presente al1 una e all’altra delle meste adunanze per le.
stimoniare alle famiglie afflitte l’affetto e la
solidarietà della Chiesa. E cosi è accaduto
il giorno dopo quando il Pastore Deodato ha
presieduto il funerale di Enrico Bert, già
Sindaco di San Germano, morto dopo dolorosa malattia a Pinerolo, dove era andato a
risiedere.
La affermazione, così ripetuta, della lidu
eia in Dio soltanto, della certezza di una risurrezione data per grazia, è stata così il vero centro di giornate dedicate alla libertà
nella fede, in tutti i suoi molteplici aspetti,
nella vita e nella morte, nella storia e nel
presente e. ogni volta, nella attesa sicura del
Regno di Dio.
FRALI
In occasione del 17 Febbraio, nella linea
assunta anche da numerose altre Chiese delle Valli, la predicazione che ha dato il tono
a tutta la giornata ha messo in luce la nostra
responsabilità di credenti che vivono nella
libertà di fronte ad altri credenti e ad altri
uomini che non godono di questo
parabola del ricco e di Lazzaro (Le. 16 : iV-à t)
ci ha aiutato a riconoscere che i Valdesi
1 poveri di ieri — sono oggi evangelicamente « ricchi » di fronte ai fratelli che non godono deUa libertà del 17 Febbraio, di fronte a tutti gli uomini che vivono nel bisogno ed a quelli ai quali non è neppure riconosciuto il diritto di vivere. Ci ha anche
aiutato a riconoscere che il nostro Signore è
il Dio di Lazzaro e che lo possiamo quindi
trovare — noi i « ricchi » — solo se sappiamo riconoscere chi è nel bisogno ed essere
fraternamente accanto a lui.
In occasione del pranzo, al quale ha par
leelpato una sessantina di Fratelli e di orelìe, questa stessa responsabilità et e
ricordata da una pagina di stona valdese;
gli aiuti che da ogni parte di Europa e nei
più vari modi ricevettero i perseguitati vaidesi in occasione delle Pasque Piemontesi
del 1655 II Past. F. Giampiccoli diede lettura di una lettera scritta all’indoinani del
primo 17 Febbraio da un valdese delle Valli
a due giovani che studiavano teologia a Losanna, riflettente le emozioni e le grandi speranze nate di quel giorno.
La somma raccolta in occasione delle varie
manifestazioni collegate con il 17 Febbraio
sono state inviate al Pastore Vinay per il
Servizio Cristiano; la Comunità di Prali e
collegata in modo assai stretto a questa attività fin dal suo inizio e da diversi anni a
dedicato a questo lavoro di solidarietà traterna le offerte del « giorno della liberta ».
Fra t fattori della buona riuscita di questa giornata non possiamo dimenticare fi
collaborazione della famiglia Berger che ha
organizzato anche quest’anno il pranzo ne la sala comunitaria, le sorelle che hanno collaborato alla preparazione e le giovani che
hanno servito il pasto fraterno. La sera del
25 i ragazzi della scuola di Ghigo, della
Scuola Domenicale -e la Corale hanno orga
nizzato una serata fraterna molto riuscita,
sotto la direzione della Sig.ua L. Viglielmo.
che ha preparato anche il testo.
Domenica 4 Febbraio è stato celebrato il
matrimonio di Giancarlo Spiezio d, origine
pralina con la Sig.na Carla Pozzo (Ivrea).
L’8 dello stesso mese è nato Moreno di
Dino Peyrot e Franca Richard.................
Il 21 gennaio un gruppo di Pralini si e
recato all’Asilo del Vecchi di S. Germano
per la sepoltura della Sorella Maria Peyrot.
originaria di Malzat.
Chiediamo al Signore di essere con i suoi
figli nella gioia e nella prova. ^„,„110
L'Unione Giovanile, riunito a Mas.ello
con i giovani di quella Comunità- ha di,scusso il problema del matrimonio
GLIA - Sconto di L. 80 a It. con scatola di
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5
8 marzo 1968 — N. 10
pag. 5
Stranieri, pellegrini, sradicati
YILLAR PEROSA
Il me>ssaggio sinodale ci
mo, «dello sradicamento
Piibbiivhiamo la conclusione dell'articolo
■dì Enrico Pascal, iniziato nel numero scorso.
A questo punto, giunto al termine di
un lungo discorso, che più che offrire
delle soluzioni intende smuovere le acque, mi sento impegnato a delineare
la linea teologica che mi muove. Dico
sin d’ora che mi pare essere quella che
il messaggio sinodale ha chiamato teologia dell’esodo e che definirei teologia
Ciello sradicamento.
Preciso ancora che non ho alcuna
pretesa di essere nel giusto: intendo
semplicemente vivere la mia vita oggi,
condividere le angoscie dell’uomo mio
contemporaneo. Non si tratta di trovare soluzioni nuove solo perchè quelle vecchie hanno fatto il loro tempo,
non si vuole distruggere tutto per rifare da capo peggio dei predecessori,
nè soprattutto si pretende di fare
« meglio dei nostri vecchi » che forse
senza tanta prosopopea costruivano
delle case più solide di oggi e amministravano meglio e più onestamente i
loro beni. Si tratta che, in campo cristiano, nessuno ha il diritto di vivere
di rendita. Ognuno deve ricominciare
da capo ; non si può cucire una toppa
nuova su un vestito vecchio. Il fascino
di ogni avventura cristiana è proprio
questo inesauribile senso di novità che
scaturisce dall’Kvangelo, che, come la
vita, non è mai monotono. Soltanto
le liturgie e le giaculatorie sono monotone, come i pensieri ossessivi dei nevrotici.
Ogni generazione deve dunque « ricominciare da capo ». Le soluzioni delle varie generazioni cristiane possono
sembrare dal di fuori contradditorie,
ma un misterioso filo comune le unisce; il riferimento, oserei dire con linguaggio moderno « disinibito », all’Evangelo.
Quale è dunque la linea teologica da
cui sono mosso?
Semplicemente quella che si può ricavare da una certa interpretazione
della bozza di messaggio sinodale sul
cattolicesimo discussa al Sinodo Valdese 1967. In questa bozza, come è noto, la Chiesa finisce per ripiegarsi su
se stessa, anziché denunciare, come
sarebbe stato troppo facile, gli errori
del Cattolicesimo con cui dovrebbe
dialogare. E viene presentata quella
che potrebbe essere definita una teologia della povertà, poiché « le Chiese
Evangeliche non hanno nulla da difendere nè da propugnare di proprio:
nè una istituzione, nè una dottrina,
nè forme particolari di culto, di religiosità, di moralità, nè un particolare
ciclo di civiltà o un sistema politico
sociale. Esse sono oggi chiamate a
prendere nuova coscienza che il loro
compito è un compito di dissidenza e
di contestazione, in nome di una istanza che va oltre la storia e che proprio
per questo ha un potere di pressione
sulla storia. Occorre mettersi in marcia senza programmi prefissati ».
Questa è anche una teologia del deserto.
Ma, sottolineando un aspetto che
mi pare essenziale, vorrei definire la
linea teologica di partenza come teologia dello sradicamento.
Mai come oggi Dio ci ha mostrato
che cosa significhi essere sradicati,
strappati ad un certo stile di vita, a
un determinato tipo di società, alle
ha richiamati a una «teologia dell’esodo» o, se voglia) : lasciarci spogliare per veder chiaro in noi stessi
famiglie. Cos), la nostra generazione
ha visto deportare uomini e razze, nel
Lager; la guerra ha portato a morire
lontani, per esempio nelle steppe gelate della Russia degli uomini strappati via... e più semplicemente la società sradica continuamente i Valdesi
costretti a lasciare le loro Valli come
i meridionali costretti a lasciare il Sud
in cerca di lavoro. Ed ancora la mobilità sociale, l’arrampicata sociale, sradica continuamente nuovi individui,
rompe consuetudini e sicurezze religiose e sociali un tempo giudicate sicure e immutabili. Non si vede perchè
la Chiesa di Cristo non debba essere
sradicata dalle sue norme di pensiero
abituali, dalla sua routine ecclesiastica, dai suoi luoghi comuni teologici,
privata di ogni appiglio, sia pure nella
apparente sicurezza di un pio gioco
interiore o di certi schemi di valore
ritenuti eterni e immutabili. E non si
tratta di un semplice spogliarello teologico e ideologico!
Si tratta di essere sradicati da tutta
quella sapienza o ingenuità umana
che si risolve in una teologia del possesso, si tratta di assistere a quella
perdita (sul piano della civiltà del benessere) che il mettersi in marcia esige. Accettare lo sradicamento che la
contestazione del mondo e della società del nostro tempo impone alla
Chiesa, giudicata una società residua
di ipocriti o di falliti, rinunciando ad
opporre schemi prefissati o presunte
difese di valori... accettare di essere
messi a nudo anche nell’intimo, significa in fin dei conti andare nel deserto senza bagagli inutili, e là, senza lo
smog della civiltà del benessere o della chiesa del benessere, incontrare Dio.
Gesù Cristo ha sradicato senza pietà i discepoli; sradicato lui stesso («le
volpi hanno tane e gli uccelli del cielo hanno nidi; il Pigliol dell’Uomo
non ha dove posare il capo », Luca 9 :
58, egli pretende che « lasciata ogni
cosa » il discepolo lo segua.
La teologia del nostro tempo non
può essere presentata, mi sembra, in
termini di continuità; la Chiesa non
può restare una sorta di perpetua
scuola domenicale di piersone per bene, che, educate cristianamente sin
dalla infanzia, continuano a vivere
piamente e a comportarsi serenamente. Questi cristiani, che appesantiscono
le comunità, sono pecore capaci soltanto di belare.
La continuità non fxmziona, nemmeno nel caso di certi pastori che, da
sempre, senza rottura, sono stati nella Chiesa e al servizio della Chiesa.
C’è da chiedersi se conoscono il mondo. Comunque per tutti, e ancor più
per quei laici i quali si occultano nella Chiesa e cercano una protezione
che non meritano all’ombra di Dio;
Culto radio
domenica 10 marzo
P&stors
PIETRO VALDO PANASCIA
Palermo
domenica 17 marzo
Past. SALVATORE BRIANTE
Messina
per tutti coloro che vogliono una chiesa chiusa, per sè e non al servizio del
mondo in cui dovrebbe « servire », vale la parola sradicamento. Accettare
di essere spogliati di tutto, per vedere
finalmente più chiaro in se stessi e
negli altri. C’è dunque da augurarsi
che i cristiani sappiano accettare di
esser sradicati dalle loro consuetudini religiose di vita e di pensiero, scontrandosi magari, litigandosi, ma infine aprendosi l’uno all'altro, conoscendosi meglio, e amandosi di più. Nulla
di più formale, e talora ipocrita, che
il saluto di cortesia alla porta di un
tempio, quando le differenze di classe
e di mentalità perinangono invariate
aU’interno della Chiesa!
Se però la Chiesa accetta lo sradicamento che comporta il suo interessarsi del mondo contemporaneo, prende
su di sè in nome di Cristo i pesi reali
degli uomini di oggi, diviene vera comunità. Se è vera comunità è possibile
chiedere a ciascuno, realisticamente,
come vive, che uso fa del suo tempo
e del proprio denaro.
E questo è, sembra,fare della buona sociologia e della buona imlitica,
fondata sull’Evangelo.
Enrico Pascal
Avevamo domandato a Dio in preghiera
di benedire la nostra celebrazione del 120"
anniversario della emancipazione religiosa
del nostro popolo ed Egli lo ha fatto aldilà
di ogni nostra speranza.
Quelli di Rohrbach. — E’ cominciata per
noi la solennità il giorno della vigilia a 'Torino. quando un gruppo di villaresi incontrava, a Porta Nuova, 34 fratelli e sorelle di
Rohrbach — discendenti degli antichi profughi di Pragelato e di Roreto —, gli stessi
che otto mesi prima ci avevano offerto indimenticabili accoglienze in Germania : erano ora i nostri Ospiti d'onore per tutta
quanta la nostra celebrazione.
Pragelato. — Nel pomeriggio, con un
gruppo di viUaresi, salirono a dare una guar.
datina a Pragelato e, per la prima volta nella storia, vi furono accolti con grande cordialità dal sindaco Cav. Coxe, dai suoi collaboratori e da una buona rappresentanza della popolazione. Nel salone comunale, prima
del ricco rinfresco, vennero scambiati cordiali discorsi tra il Sindaco e gli ospiti.
Una campana. — Scendevano le prime
ombre della sera quando giunse dinanzi aUa
cappella un camion per scaricarsi una campana in arrivo da Berlino: dono di una chiesa di Berlino per il nostro nuovo tempio e
il cui trasporto 6no a casa nostra era stato
pagato dal vescovo di Berlino-Brandeburgo :
una campana nè pretenziosa nè piccola, del
peso di circa 650 Kg., l’ideale per noi e sulla quale, soprattutto, era scritto in rilievo
iiiiimiiimiiimiiiiii
..................................................................................................................... ui
u «immmiHiuiiKUitMmimiiiiMtMi».
MñE: dentro Ivan^elico di Solidarietà
Seguendo le nuose indicazioni scaturite
daU'esigenza di un allargamento del nostro
lavoro, il nostro ini pregno si è articolato nel*
la riorganizzazione .^irutturale assistenziale in
favore dei disoccupati, provvedendo, in alcuni casi, alla loro r internazione.
Con gli Istituti per ragazzi e persone anziane è proseguita la nostra collaborazione
sia provvedendo a -inanziare rinsegnamento
musicale per i raip.zzi, sia contribuendo al
miglioramento del « rde in uno dei loro giar.
dini mediante ractjuisto di alcuni alberetti
e sia con vari in te Menti presso gli anziani.
Un buon numeri di casi hanno interessato
il nostro lavoro dì assistenza sociale che ha
cosi espletato il si'o compito con vari interterventi, visite domiciliari anche fuori Firenze, colloqui in • e una serie di provve.
dimenti. Grazie alia presenza sempre attiva
dell'Assistente di Cliiesa s’è potuto visitare a
casa od in Ospedale gli ammalati evangelici;
mentre il lavoro irerente l’organizzazione di
Un servizio verso gli stranieri contìnua regolarmente la sua marcia facendone sentire
prossima la sua concreta realizzazione.
Qualche modesto aiuto, fortunatamente
concreto, lo si è potuto dare a qualcuno che
si ritrova senza lavoro fisso; dandogli la possibilità di badare alle pulizie dei locali e del.
le scale e dei cortili del palazzo che ci ospita, in cambio di un piccolo compenso.
Infine dobbiamo ricordare come il nostro
contributo sia andato anche ai terremotati
siciliani mediante l’invio di indumenti, coperte e altri pacchi.
Dopo Faltento riesami“ del lavoro svolto
nel mese di gennaio abÌDÌamo motivo, una
volta ancora, di ringraziare Iddio per l’ab*
bondanza dei suoi doni che non si rivelano unicamente nel computo delle rigide cifre. ma nella ricchezza spirituale che anima e
spinge il nostro agire e testimoniare di Cristo.
Alcune cifre:
Aiuto terremotati; Kg. 170 indumenti
scelti: 20 pacchi di biancheria nuova per al
trettante famiglie delle comunità Pentecostali (spesa complessiva L. 210.000); dalla Chiesa Battista abbiamo trasmesso 10 coperte;
dalla Chiesa Valdese 31 colli di indumenti.
Collaborazione Istituti: Finanziamento
Educazione Musicale; 10 alberetti; aiuti vari.
Assistenza sociale :
Aiuto disoccupati :
I ricerca continua.
20 casi.
3 impiegati; per altri
■MiiiiiiimimimiiiiiMiiiiiMiM
Il XVII Febbraio a Paridi
Il 18 febbraio 1968, rimanendo fedeli alla tradizione, una cinquantina di Valdesi
parigini (fra cui un giovane valdese delle
Valli, che sta facendo i suoi studi teologici
a Parigi, con una borsa di studio della Chiesa riformata di Francia) si radunarono in
casa di Louise Appia, vedova del pastore luterano Louis Appia. Già molto anziana, l’ospite quest’anno dovette accontentarsi di sorvegliare i preparativi dalla sua poltrona e tutta
l'organizzazione tradizionale riposò suUe spalle della nostra amica Biche Appia. Il prof.
Henri, figlio dei coniugi Appia, presentò gli
eventi attuali e le difficoltà particolari aUe
Valli: chiusura di fabbriche, esodo dei lavoratori, invasione estranea, facilitata dalle
nuove vie di comunicazioni; e in altre regioni, specie in Sicilia.
Il culto fu presieduto da un professore di
storia naturale, Friedel, in relazione coi terremoti e cataclismi, seguendo passi biblici
in Re, Apocalisse e Isaia. L’Eterno non si
vendica, ma vuol farsi riconoscere come Signore del mondo, e le scosse delle forze naturali, dovrebbero farci riflettere. Dobbiamo
riflettere .sugli ultimi avvenimenti, sul mistero di quelle popolazioni, dei villaggi spariti, in pochi istanti, inghiottiti non perchè
fossero più peccatori di noi, ma forse per
insegnarci a riavvicinarci gli uni agli altri,
a meglio aiutarci a vicenda e a liberarci dal
un testo biblico splendido : « Quelli che seminano con lacrime, mieteranno con canti
di gioia ». Parve come una risposta del cielo
ad una comunità stanca per le estenuanti
opposizioni al suo progetto di costruirsi un
tempio per il servizio del suo Dio. QueUa
sera, i numerosi falò della nostra comunità
parvero più lieti e luminosi.
Culto del 17 febbraio. — Culto gremito
come di rado, molta gente in piedi e malgrado le stufe spente, a metà culto siamo già
madidi di sudore : una cappellina alta due
metri e 78 cm. è piccola per dare ossigeno
a tanta gente! La predicazione studia la libertà secondo la Sacra Scrittura che non è
in definitiva quella emancipazione dai propri simili di cui si parla sempre, ma quella
liberazione dal Maligno che Gesù ci ha insegnato ad invocare. I canti delle corali di
Rohrbach e di Villar Perosa si alternano
man mano con quelli deU’assemblea mentre
un gruppo di Trombettieri presta un dignitoso servizio. Anche gli alunni della Scuola
Domenicale offrono il loro messaggio di recito e canti... Quasi tutto in francese come
anche i canti della corale e sembra quasi
strano per una comunità di fondo vaUe di
cui si diceva che avesse dimenticato la lingua dei suoi avi.
Il Pranzo. — Si riunisce presso il Ristorante Olivero in un grande salone. I convenuti sono 180 e lo spirito è splendido : sono
presenti i sig.ri Sindaei di Rinasca e di Inverso Rinasca, il prof. Gallo, preside delle
Scuole Prof. Riv, nonché il Dr. Manganaro
della Beloit, nostro caro amico da vari anni,
il pastore Bertin e Signora, eco. Molti che
non han potuto venire, hanno inviato cordiali messaggi. Vari discorsi si alternano come pure i canti delle due corali. La gioia
in tutti è viva e sincera, lo spirito è ottimo:
neppur la traccia di quelle piccole intemperanze a cui sono soggette le agapi del 17
febbraio. Nn pranzo di serena comunione
fraterna ehe è come una Santa Cena.
La serata. — Si svolge ancora nel salone
Olivero, affollato anche questa volta da qual,
che centinaio di persone. Il programma, modesto a prima vista, ha però una notevole
particolarità : è stato totalmente preparato
dai giovani : così la scena rievocatrice di un
episodio storico, realizzata tra i giovani come una farsa concernente una certa statua
in carne ed ossa scritta dallo studente Bertin Claudio. Anche qui, altri canti deUe due
corali, tanta allegrezza e tanta pace.
Domenica 18 febbraio. — Un culto solenne nel tempio con predicazione del pastore Schmitt tradotta man mano in italiano e
concluso con la celebrazione della Santa Cena, suggella l’incontro Rohrbach - ViRar Porosa. I Germanici, poi, pranzeranno a Villa
Olanda, a Torre, accolti cordialmente dal
Pastore Colucci e visiteranno, nel pomeriggio, la « Ghieisa d’ia Tana ».
La sera, l’ultima esperienza, attesa e temuta da ambo le parti: gli ospiti sono invitati a cena presso le singole famiglie e
debbono mangiare insieme senza... comprendersi! Tornano però entusiasti oltremodo e
l’ultimo incontro notturno nelle catacombe
è tutto un inno di gioia fraterna.
17 Febbraio benedetto,-insomma, rivelatore
di un entusiasmo latente nei cuori e che attende soltanto, per esplodere, il consenso del.
la Tavola alla costruzione del proprio tempio.
Enrico Geymet
nostro egoismo senza dimenticare ehe tali
disgrazie potrebbero eapitare anche a noi.
Dall’Alsazia il pastore Georges Appia
scrisse per annunciare alla comunità il dono cospicuo di 50.000 fr. per Firenze, per
cooperare all’acquisto del tempio anglicano.
La dimensione
attuale dei
problemi sociali
Un collaboratore, da Torre Pellice:
Caro direttore.
mi sia consentito di esprimere la
mia perplessità in relazione alla polemica nata a seguito della veglia del.
la pace di Capodanno, la quale ha inevilahilmente deviato su un vasto seiloro della nostra vita sociale e polilira. c in particolare sui rapporti padrone-operaio, sfruttamento, società
dei consumi, lavoro a catena, ecc.
Proprio a proposito del lavoro a catena mi sono posto delle domande, che
vorrei partecipare ai lettori del giornale. E* indubbio che il sistema di
produzione moderno si vale sempre
più della catena di montaggio, in cui
Puomo diventa quasi una parte della
nìiircbina: e questo avviene nelPindu-^tria italiana, come in quella svizzera o americana; e sono anche convinto che quando in Russia si costruirà la 124, non sarà certo con un
sistema artigianale, ma con le catene
di monlaggio perfezionate al massimo; co.'ii avviene in Giappone e magari in Cina ecc. In altre parole, mi
pare che ci troviamo di fronte ad un
processo irreversibile, che è frutto
della civiltà, del progresso, della legge
dei mercati, ecc., e che in ultima analisi mi pare dare ben altre dimensioni e prospettive al problema padrone-operaio, sfruttamento ecc., che
sono in sostanza superati dal mostro
che abbiamo crealo noi. uomini, dì
cui non possiamo più fare a meno, e
di cui siamo vittima : la tecnocrazia.
Grazie ad essa, l’operaio non ha nemmeno più il tempo di pensare quan
do è al lavoro in catena, così come
Pimpiegato deve solo pensare in una
determinata direzione, quella impostagli dal suo rendimento, e il datore dì lavoro è a sua volta schiavo
di un sistema che gli chiede soltanto
di continuare a produrre, e molto e
a buon mercato.
Esiste su questo problema una letteratura che fantascientificamente
prevede una società di automi, privi
di personalità umana, che si logora a
produrre per consumare, e viceversa;
mentre sociologi e psicologi si preoccupano giustamente del destino umano in questa società delPautomazione.
Ma non è forse qui che la Chiesa, o
le Chiese, devono cominciare a preoccuparsi? Non è compito del cristiano
di aiutare Puomo ad essere se stesso,
a mantenere la propria autonomia, a
non diventare parte dì una gigante.sca macchina, a non ragionare e viveri unicamente in funzione del suo
posto nel grande ingranaggio?
Non deve il Cristianesimo lottare
contro la progressiva spersonalizzazione e il deleterio conformismo che è
il prodotto ineluttabile di questa situazione? Ineluttabile ripeto, perchè
alPeconomia artigianale non sì torna,
ed è inutile che noi ci immaginiamo
un’umanità diversa da quella che abbiamo sinora creato, e nella quale sia.
mo tutti insieme sfruttati e sfruttatori. schiavi e padroni...
Quali i mezzi, la forza e la possibilità del Vangelo per mantenere all’uomo la consapevolezza di avere ancora un’anima?
Un altro problema ancora : non ho
mai Ietto nessun intervento a favore
dei contadini, che pure, dobbiamo
ammettere, sono degli sfruttati, perchè non conoscono un orario di lavoro, stanno al solleone e al freddo se
condo le stagioni, hanno una scarsissima forma di assistenza e di previdenza, e guadagnano anche poco, tanto che il loro unico desiderio è quello dì poter diventare operai qualun^ que. Dietro a loro non c'è il capita*
I lìsmo, almeno qui da noi : ma c’è la
I nostra società, noi tutti compresi, che
continuiamo a chiedere al contadino
di darci la fruita, la verdura, il latte
ecc. a buon mercato... Anche per il
contadino, la tecnocrazia sarà un solI bevo : con le macchine e con Pauto, maziòne potrà anch'egli lavorare di
meno e guadagnare di più, ma cosi
anch'egli sarà lo schiavo della macchina e del sistema, sarà una ruotina
più perfezionala del grande ingranaggio...
Queste considerazioni molto sommarie mi rendono assai perplesso, caro
direttore, sulla reale validità di certe
polemiche, che forse hanno fatto il
loro tempo e vanno messe in soffitta:
la dimensione dei problemi non è
forse diversa, non investe forse la responsabilità del cristiano in una prospettiva meno arida e meno piccina?
Augusto Armand’Hugon
La pura verità?
Un lettore, da Pomaretto:
Caro direltor-e,
ho letto la lettera del sig. Guido
Pasquet da Torre Pellice, mi riferisco al finale della sua lettera che dice: « fino quando i Pastori vorranno
fare i politicanti e i sindacalisti trascurando il loro vero lavoro di assistenza ai malati, ai vecchi e quanti
ne hanno bisogno, fra la comunità
valdese, le cose andranno di male in
peggio ». Mi congratulo con lo scrittore che è venuto a capo della pura
\ erità. Oggi i Pastori sono sempre
)ironti a fare innovazioni trascurando la base del loro vero ministero.
Una prova di fatto l’abbiamo avuta
a Pomaretto, dove durante il corteo
del 17 febbraio, versi della Bibbia sono stati sventolati su larghi cartelloni scritti a colori carnevaleschi.
Sarebbe molto più utile se questi
versi fossero letti dal Pastore al capezzale dei vecchi e degli infermi,
cosa che succede di rado.
Grazie per Tospitalità. La saluto
cordialmente.
Carlo Ferrerò
La chiusa è un po* malevola e, sinceramente. dubitiamo che sia giustifirata.
Una risposta
esplicita
Un lettore, da Luserna S. Giovanni:
Signor direttore,
leggendo le varie lettere apparse
suH'ultimo numero delTEco-Luce devo dire di concordare con la signora
Mirella Bein, là dove dice che la polemica in corso è un dialogo fra sordi. L'attuale polemica ha preso origine da una mia lettera con la quale
però non intendevo iniziare un discorso sull'argomento delle condizioni di lavoro, ecc. So bene che tale di.
scorso non può essere fatto perchè,
per mia diretta esperienza — e non
sono tanto ingenuo da volerla ripetere — i contributi anche se meditati e onestamente esposti, se non
collimano con determinate impostazioni ideologiche non possono essere
creduti e valutati, in quanto sanno
di... « voce del padrone »!
Tuttavia, per coerenza, dopo aver
letto taluni giudizi sulla lettera di
Guido Pasquet che impostava un
chiaro, preciso, concreto problema —
giudizi che provengono da persone
che, a quanto mi consta, non hanno
mai procurato un solo posto di lavoro
(e voglio trascurare le facezie del ragazzino ultra quarantenne George, an.
che se dimostrano, se necessità ve ne
fosse, lo spirito di comprensione cristiana di taluni nostri pastori per chi
non la pensa come loro) — desidero
chiedere che il giornale da Lei diretto risponda in modo esplicito, senza condizionali a questa domanda: E’
bene o è male che uomini, come Guido Pasquet, quando richiesti aiutino
amici, conoscenti, fratelli ad ottenere
un posto di lavoro nelTindustria'?
Si è sempre detto che la stampa
evangelica deve avere una funzione di
chiarificazione e deve saper prendere
le sue resjronsabilità. In tanti argomenti ! Eco-Luce lo ha fatto. Lo faccia anche in questo caso: se ne trarrà le conseguenze. Se la risposta sarà
positiva, allora si dovrà dedurre che
le critiche avanzate sono puramente
accademiche, dettate da un partito
preso, se negativa molti potranno valutare il valore concreto dell’appoggio
ehe possono sperare di ottenere dal
giornale — che dovrebbe essere il loro — nei momenti di necessità reali,
vere e non semplicemente teoriche.
Cordiali saluti.
Guido Ribet
Ovviamente, e — ne sono certo —
per tutti coloro che sono intervenuti
nel dibattito, il sig. Guido Pasquet e
tutti gli altri che si sono adoperati
come lui a trovare posti di lavoro, alla FIAT o altrove, hanno fatto bene.
aiutando concretamente dei fratelli in
stato di necessità.
Altrettanto ovvio, ci sembra, e per
nulla accademico il diritto di discutere le condizioni di questo lavoro (la
questione operaia ha circa un secolo
ed è ben lungi dall'essere risolta, dal
neocapitalismo dei trusts come da
quello di StatoJ. l\on facciamo ai nostri amici l affronto di pensare che
il loro aiuto abbia avuto altro motivo se non quello puro e semplice di
tendere una mano fraternamente st^
Udale. Ma se considerate "facezid^
quanto è stato scritto, siete voi com^
prenslvi ?
Gino Conte
Il nostro appello
per le vittime
vietnamite
In risposta al nostro appello in favore dì aiuti medici alle vittime del
conflitto vietnamita abbiamo ancora
ricevuto: L.M.L., Angrogna, L. 6.000;
Scuola domenicale di Pomaretto (Cen.
tro) 5.000; Unione cadetta di Torre
Pellice (suppl. a quanto pubblicato
nel num. scorso) 365. Totale lire
11.365. Totale precedente L, 331.595.
Totale generale L. 342.960. Abbiamo
inviato un primo assegno di lire
200.000 al Comitato aiuti medici al
Vietnam, a Londra, l’organizzazione
di cui ci ha ripetutamente parlato la
nostra corrispondente Liliana Munzi
Ringraziamo quanti ci hanno rispo
sto e preghiamo quanti intendono far
Io ancora di affrettarsi, sì che possia
mo inviare a Londra il saldo. Grazie
N. N., per un fratello carcerato,
L. 10.000. Ringraziamo e trasmettia-
6
pag. 6
La protesta degli studenti
(segue da pag. 2)
meglio », insieme con l’Italia non ufficiale che, nella sua grande maggioranza dei piccoli borghesi e della gente comune addormentata nel dilagante benessere, tiene gli occhi ben chiusi
allo spettacolo del lento, progressivo
avvelenarsi della situazione internazionale che la circonda, e a quello del
ripetersi di episodi interni gravissimi
ed altamente significativi — ha continuato e continua « a mangiare, a bere, a prender moglie e ad andare a
marito, come nei giorni prima del diluvio ».
L’ultimo capoverso del n. precedente inserisce l’intero
problema nel suo vero contesto, che è quello internazionale dell’immane crisi della civiltà odierna.
Non bastano le carenze plurideoennali
che la scuola italiana, d’ogni ordine e
grado, e in particolare 1’« università
napoleonica » di tutto il Continente
attraversa, a spiegare il fenomeno.
Non bastano neppure gli aspetti degenerativi della società del benessere
nella quale oggi gl’italiani, per sè stessi, vivono. Si tratta di qualcosa di
non meno profondo, ma di universale
nel pieno significato del termine. Infatti la protesta universitaria si manifesta imponente in quasi tutti i paesi
di elevata civiltà (per così; dire), dall’Italia (oggi vi si contano ben 26 università in subbuglio) agli USA (università di Berkeley), dalla Francia
(Parigi, Nantes) al Belgio (Lovanio),
dalla Ge-rmania (Berlino occidentale)
alla Cecoslovacchia (Praga), dalla Spagna (Madrid, Barcellona) al Giappone (Tokio), dalla Cina (Pelano e Cantón) alla'Svizzera (Basilea). Dimentico
certamente delle citazioni; ma — ciò
ch’è veramente importante rilevare —
in ognuno di questi Stati, la protesta
assume caratteristiche diverse, motivazioni diverse, finalità dichiarate diverse. Questo è il segno sicuro che le università non sono la sede propria del
male, esse non ne sono in ultima analisi che gli organi registratori. Come
in un organismo gravemente ammalato d’un male generale (poniamo per
es. d’una malattia del sangue), certi
organi particolari (per es. il fegato o
il pancreas), magari anche perchè già
da tempo indeboliti o invecchiati, cominciano ad un certo momento ad infiammarsi e ad infettarsi, altrettanto
accade del corpo sociale in cui tutta
la civiltà moderna vive, ormai resa solidale o almeno interdipendente da
molteplici ragioni, fra le quali senza
dubbio emergono il progresso tecnico
e le prodigiose possibilità di rapida comunicazione.
In taluni Stati la protesta sembra
av6r6 p6r oggetto soprattutto motivi,
oggi ancora (ma chi può dire domarni‘>), ristretti e contingenti: per es. a
Praga si protesta soprattutto per la
cattiva organizzazione di certi collegi
(cattivo funzionamento dei servizi logistici, editori che non pubblicano a
tempo i libri di testo), a Lovanio soprattutto per motivi etnici (fiamminghi contro valloni), a Parigi soprattutto per motivi di libertà di costumi (i
ragazzi e le ragazze non vogliono wntrolli e divieti nella loro liberta dmcontro). In altri Stati l’og^tto è es^nzialmente la dittatura politica (Madrid
e Barcellona). A Berkeley è la ^erra
del Vietnam e la politica del Governo nel problema razziale, ecc. Soltanto in Italia, e più ancora a Berlino,
l’oggetto è politico-sociologico nel significato generale del termine.
Appaiono dunque chiare, evidenti
due cose :
1) che non è curando le sole università in sè stesse, che queste possono
completamente guarire;
2) che la guarigione, trattandosi d’una
malattia generale di tutta la civiltà,
non potrà essere che molto lenta, e
probabilmente non potrà realizzarsi
che con metodi oggi impossibili a
prevedersi.
Più ancora : probabilmente non può
parlarsi neppure di «metodi». Bisognerebbe parlare di « eventi » che sono più grandi di noi, eventi ch’è impossibile dominare nè tanto meno
programmare, e che non saranno verosimilmente neppure delle «evoluzioni
continue», ma evoluzioni interrotte
da « crisi », da « rotture », e non resta
che da sperare, e da cercar di fare, che
queste crisi o rotture non siano tragedie, nè grandi nè piccole.
Non è certo questa la sede per tentare un’analisi della civiltà in cui viviamo. A parte che non sarei personalmente in grado di farlo, andrei fuori
tema. E del resto questo è stato fatto,
e continua ad esser fatto, a un livello
considerevole, sia fuori della stampa
evangelica che dentro, come ho detto
all’inizio. La protesta degli studenti
non è stata forse chiamata, in Germania, la «protesta ma-mama» (MarxMao-Marcuse)? Mi limiterò dunque ad
alcune osservazioni specifiche, molto
semplici e generali, non pretendendo
certo di far delle scoperte.
Nella politica internazionale, 1 «evento del giorno» che ammorba, che appesta tutta la civiltà e la fa lentamente ma sicuramente decadere, mi sembra essere l’infame guerra del Vietnam.
La gravità di questa non sta soltanto
nella tragedia d’un piccolo paese aggredito, ma nel fatto che, facendo tale guerra, gli USA hanno tradito gh
ideali per i quali avevano combattuto,
0 affermavano d’aver combattuto sia
nella prima guerra mondiale che nella
seconda. Con la guerra del Vietnam,
gli USA hanno calpestato la carta delrONU, cioè il documento fondamenta
le di questa suprema associazione, e
si sono fatti beffa deH’ONU stessa. Alla guerra del Vietnam tutti i mali politici che affliggono l’umanità sul piano internazionale (cioè con effettive
ripercussioni internazionali) sono oggi
più 0 meno riconducibili, magari per
vie sotterranee: la guerra arabo-israeliana ed il colpo di Stato del 21-4-’67
in Grecia (5) ne sono gli esempi più
immediati e più evidenti.
Un altro « evento del giorno », meno
grave ma indubbiamente pernicioso
anch’esso, mi sembra essere la collusione in atto fra l’USA e l’URSS, secondo super-potenza mondiale. Una
valutazione di tale collusione dal punto di vista morale per l’UBSS, sembra
praticamente impossibile, perchè si è
troppo all’oscuro delle effettive ragioni, soprattutto di quelle interne, che
possono spingere l’URSS alla collusione stessa. Comunque è certo che la
collusione è in atto, e che questa determina una crisi rapidamente aggravantesi delle sinistre in tutto il mondo. In particolare, la crisi ha colpito
in pieno il PCI. Questo partito, da
molti anni e con ritmo ognor più accelerato, ha cominciato ad emarginare
gruppi di scontenti che anelano a posizioni alla sinistra del PCI (posizioni
cinesi o cubane). I gruppi, quasi tutti
costituiti da giovani intellettuali, si
sfaldano, si polverizzano, circolano
senza idee precise nel tessuto sociale,
cercano istituzioni o categorie sociali
da attaccare, nella speranza utopisti
alla Magistratura, sospensioni degi’indiziati, ritiri di libretti ecc.). Da quel
giorno non s’ebbe più pace. I disordini
aumentarono, le occupazioni e i successivi sgomberi polizieschi si succedettero a ritmo accelerato. Gli studenti
dettero alla protesta un carattere più
efficace, con l’azione cosiddetta « a gatto selvaggio », azione di disturbo, improvvisa e saltuaria, or qua or là. Estesero la protesta anche ad altre facoltà.
Poi la protesta dilagò in tutta Italia, con violenza sempre maggiore, fino agli episodi di questi giorni che
tutti conosciamo.
Alla domanda : « che cosa vogliono
gli studenti? », non è facile rispondere. I protestatari costituiscono un coar
cervo dalle idee più disparate, ma è
certo che coloro che guidano sono i rivoluzionari. Ma, anche tra questi, si
possono, anzi si devono distinguere
varie sfumature. Grosso modo, andando da destra verso sinistra, s’incontrano anzitutto quelli che sì preoccupano della « politica universitaria »
propriamente detta. Vogliono una « democratizzazione totale» delle università — dicono — cioè direzione e amministrazione in perfetta parità con le
autorità accademiche e con quelle amministrative. Propongono riforme didattiche sostanziali: continui colloqui,
esami in consultazione con gl’insegnanti, abolizione delle lezioni tradizionali ecc.
Altri protestatari, impegnati nella
Il progetto di riforma presentato dal governo è in sostanza un punto
d'incontro fra gl'interessi di potere dei cattedratici e le esigenze di razionalizzazione della produzione : per questo tanti studenti lo rifiutano
— Non si può rispondere, come a ogni altro aspetto dell'attuale crisi di
trasformazione, con quella « restaurazione » che ha caratterizzato il nostro dopoguerra — In un contesto internazionale : l'immane crisi della
civiltà odierna — In base all'analisi della situazione, valutare l'escalation del conflitto nei nostri atenei — Singolare e ingenuo ottimismo di
molte rivendicazioni studentesche.
ca di cominciare in qualche modo la
« rivoluzione mondiale ». Poiché il capitalismo è potenza mondiale, essi sono convinti (e mi sembra con ragione)
che il capitalismo non possa essere
vinto, e neppure attaccato separata^
mente, in una nazione o nell’altra. Si
tratta di sapere se sia possibile attaccarlo e vincerlo, con simultaneità cu
sforzi, in tutta la civiltà dei consurni.
A me sembra francamente che questo
non sia possibile, almeno ancora per
molti decenni. I giovani protestatari
invece lo credono ; ma si tratta di semplici opinioni.
Ridotte le cose alla loro piu semplice espressione, si può dire: i giovani
f^Sti dal PCI o dal PSIUP sono in
cerca di gruppi sociali non «
ti» nella civiltà dei consumi, cwè non
ancora « captati » dal capitalismo. Or
bene quali possono essere questi
pi? Evidentemente non ne
che due e cioè: il sottoproletanato (di
Si il gruppo più forte e che dà ai proSstantrmagiiori ^perarize, e certamente costituito dai negri degli USA),
f f giSanissimi, cioè gli studenti delle
Ictoirsecondarie e . delle umversrtà.
Ecco l’ultima e definitiva
chè le università vengono attaccate.
Un terzo « evento del giorno », anch
esso funesto, è il decadere dello spinto dell’ecumenismo, ad
tutto della chiesa cattolica Ma ved
tale evento in una Prospettiva causa
ip niù lontana, piu arretrata, piu debole nella quertione che c’interessa.
®Se tutta l’analisi, fatta nei
nn. precedenti, delle cause
vicine e lontane della protesta degli studenti è esatta, v’è ora la
possibilità di valutare in modo abbastanza proporzionato, e di risolvere
adeguatamente tutte le altre questioni
connesse.
a Inizio della protesta, situazione
• attuale, comportamento degli studenti. Riassumiamo brevemente i fatti, del resto noti alla maggior parte
dei lettori.
La protesta nelle università italiane
ebbe inizio due anni fa e si ripetè l’anno scorso (airuniversità di Torino)
sotto forma di semplici scioperi. Sostanzialmente si protestava contro lo
autoritarismo accademico, contro 1 arretratezza delle strutture universitarie,
contro l’antidemocraticità dei professori (6), contro la riforma Gm, contro
l’inerzia, l’inettitudine, il conservatorismo del Governo.
Di fatto la protesta rimaneva circoscritta, sempre a Torino, alle tfe facoltà umanistiche: di ^ttere, di Giurisprudenza e di Magistero. A parte
v’era la crisi, gravissima, della facoltà di Architettura (7).
Alla fine del novembre u. s., la protesta scoppiò a Torino violenta, sotto
forma di occupazione, da parte degli
studenti, della sede (Palazzo Campana) di quelle tre facoltà. Per un mese
intero durò tale occupazione, durante
la quale gli studenti iniziarono una
nuova attività didattica per conto loro, con gruppi di studio, seminari autonomi, contro-corsi ecc. Furono lasciati in pace, con la segreta spieranza,
da parte delle autorità accadeiniche,
che finissero per stancarsi. Ma gli studenti non si stancarono affatto.
Allora (27 dicembre) il Rettore fece
improvvisamente intervenire la POù;
zia e sgombrare la sede, iniziò metodi
repressivi o gravi minacce (denunce
politica universitaria, vanno molto più
in là, con tendenza politiche generali
evidentemente accentuate. La loro parola d’ordine è « Potere studentesco » :
cioè chiedono, esclusivamente per gli
studenti, la direzione e il governo dell’Università. Ritengono possibile una
forma pienamente autonoma di studio,
nella quale i gruppi stessi, oltre che
auto-formarsì, dovrebbero anche autoistruirsi, auto gestirsi, e infine autogiudicarsi.
Qui affiora un ottimismo antropologico veramente stupefacente 1 Auto-formazione significa: che i giovani, in
quanto studiosi, si raggruppano spontaneamente in conformità non solo
dei loro interessi culturali, ma anche
delle loro capacità. Ritengono evidente che, una volta formatosi un gruppo, se per il prevalere degli elementi
più efficienti si vengono a determinare
degli squilibri, dei distacchi troppo
forti, allora i meno efficienti, non riuscendo a seguire, si allontaneranno
spontaneamente e si aggregheranno
ad altri gruppi a loro più congeniali,
più accessibili dal punto di vista dello
studio. Dopo un breve periodo di fluttuazione e di adattamento, il risultato
finale sarebbe la spontanea distribuzione in gruppi omogenei, ciascuno dei
quali cioè sarebbe costituito da studenti pressapoco allo stesso livello. Di
qui la possibilità dell’auto-giudizio :
cioè il fatto che ciascun gruppo, cosciente del proprio posto in graduatoria, finirebbe per dichiarare spontaneamente tale posto esprimendolo con
un voto (s’intende sempre : di gruppo).
Se il gruppo dovesse decidersi per la
bocciatura, vorrebbe dire che esso si
assumerebbe, spontaneamente e lealmente, l’impegno di ripetere, un altr’anno, tutto lo studio del gruppo.
Auto-istruirsi significa : che i giovani
scelgono essi stessi la materia da studiare, i libri su cui studiarla, il modo
di studiarla. Naturalmente essi riconoscono che avrebbero bisogno di professori, o meglio di « consulenti », che
essi si riserverebbero di scegliere magari anche al difuori dell’università
stessa.
Potere studentesco significa precisamente: una particolare forma di democrazia diretta, in cui v’è un’assemblea che legifera, ed esegue senza una
rappresentanza stabile. La rappresentanza è sempre e soltanto temporanea
ed occasionale. Tipica, in proposito, è
l’operazione fatta nell’università di
Torino all’assemblea dell’« Interfacoltà », la sera del 24-1 u.s. Dal documento ufficiale, redatto al termine di quell'assemblea, riporto il seguente estratto ;
« L'assemblea deH'lnterfacoltà si è riunita
il 24 sera. È stata presentata una mozione
di sfiducia che ha costretto alle dimissioni
il presidente dell’assemblea (...), che aveva
più volte condannato l'agitazione sulle colonne de "La Stampa".
Presidente deH'assemblea è stato eletto
(...), vice-presidente (...). segretario generale
L'Interfacoltà ha inoltre approvato, a
maggioranza assoluta, una mozione in cui
si dichiara;
"Essendo stata l'elaborazione della linea
politica della lotta che il movimento studentesco torinese sta portando avanti, e la sua
conduzione in questi mesi gestita dall assemblea generale degli studenti e dalle sue emanazioni esecutive, ogni eventuale contatto
in funzione alle decisioni inerenti allo sviluppo dell’agitazione deve svolgersi tra la
assemblea generale degli studenti, le sue
emanazioni e la controparte... .
Con questa delibera dell’Interfacoltà, le
obiezioni ipocrite che i professori avevano
fatto sulla necessità di trattare con l'Interfacoltà stessa, cadono automaticamente:
soltanto 1 assemblea degli studenti e il comitato d'agitazione rappresentano effettivam^te la volontà degli studenti in lotta ».
Si noti che un tale documento non
deve considerarsi come espressione di
una psicologia rivoluzionaria, nè quindi passeggera. Al contrario, si vorrebbe proprio creare una specie di paradigma duna nuova società. Infatti L
Bobbio, nel luogo sopra citato, dice:
« Col "potere studentesco” non s'intende
soltanto l’immissione degli studenti negli
organi decisionali dell'università, perchè ciò
di per sè significherebbe ben poco se si lasciasse inalterata l’organizzazione complessiva degli studi. Potere studentesco implica
invece una ristrutturazione integrale dell’università in cui tale potere (e quindi il controllo sulla formazione) possa essere effettivo. Si vuole così superare la parola d’ordine della democratizzazione dell’università,
che da anni il movimento studentesco sta
portando avanti, perchè l’esigenza sostenuta
dagli studenti non è la democrazia (che poi
vuol dire generalmente collaborazione) ma
¡1 potere, che implica evidentemente un antagonismo. D’altronde parlando di democratizzazione si pone l’accento sulla subordinazione degli studenti rispetto ai professori, parlando di potere studentesco si pone
l'accento sulla loro subordinazione sociale (...). In tutto questo discorso i limiti del
movimento studentesco devono risultare
chiari : la non autonomia dell’università implica la non autonomia (anzi la subordinazione) del movimento studentesco rispetto
alla classe operaia: in essa il movimento
studentesco vede il suo punto di riferimento
e di verifica ».
Codesto programma, che mi permetterei di chiam;qre « della piramide
rovesciata», perchè pretenderebbe di
costruire una nuova società nella quale chi decide e comanda è la massa, e
il comando si trasmetterebbe per strati successivi fino al vertice (in basso),
costituito dalle personalità più competenti, le quali dovrebbero sempre e
soltanto ubbidire, è certamente utopistico. In una recente conferenza a
Torino, Ferruccio Farri ha detto ;
« Nessun cittadino è disposto ad assumere un certo grado di responsabilità, senza pretendere un corrispondente grado di fiducia. In questo semplice fatto sta il confine invalicabile della libertà, nell’organizzazione di ogni
società civile» (8).
Da ultimo vengono i protestatari che
strumentalizzano al cento per cento
l’università stessa, ai fini della rivoluzione sociale a cui aspirano, nel senso detto sopra (v. n. 3). Di questi, la
dichiarazione estrema che ho sentito
è la seguente ; « Ma non s’è ancora reso conto, professore, che appositamente chiediamo cose impossibili, proprio
affinchè la crisi delle università non
si risolva? 'Vogliamo una crisi irrisolubile, per preparare la rivoluzione totale della società». Su tale posizione
non intendo trattenermi, dopo quanto
detto sopra (n. 3), nè tanto meno —
ovviamente — sulla gran maggioranza
degli studenti che si lasciano rimorchiare, o che pensano ciascuno ai casi
nropri.
n Comportamento dei professori. I
professori, nella gran maggioranza, si sono poco o nulla interessati alla
protesta. Se l’hanno seguita (dando
ogni tanto qualche telefonata, o facendoci sopra quattro chiacchiere), l’hanno fatto con sufficienza e senza comprensione verso gli studenti. Fanno
eccezione alcuni gruppetti isolati, per
es. numerosi professori della facoltà
di Magistero di Torino.
Molti hanno assunto atteggiamento
di severi repressori, alcuni l’hanno anche fatto. Negli ultimi giorni i professori hanno cominciato a svegliarsi,
ed allora è uscito l’arrogante documento del prof. V. E. Alfieri, che si dice aver raccolto varie centinaia di firme
di ordinari. In esso si chiede il « ripristino della legalità » nei nostri atenei,
e in particolare la cessazione d’autorirità delle occupazioni di sedi universitarie da parte degli studenti, definiti
come « beneficiari » dell’ Università
stessa. Comportamento di tartufi.
Condivido pienamente il parere d’un
caro collega (B. de Finetti), il quale
mi ha scritto in proposito ; « Ritengo
errato, o quanto meno azzardato, ogni
giudizio che non parta da una spietata autocritica delle situazioni in cui
ci troviamo (più o meno per colpa di
tutti noi) e in cui si trovano anche
loro, gli studenti (senza alcuna colpa) ».
Vero è che al documento Alfieri è
stato ora risposto con altro documento
di tono del tutto contrario, firmato
da più di cento ordinari, e che nell’università di Roma molti professori hanno solidarizzato con gli studenti. Ma
è tardi e non credo che ciò possa servire, almeno nei riguardi degli studenti.
La responsabilità di quanto è accaduto si ripartisce interamente, e in
parti uguali, fra autorità politiche e
autorità accademiche. Per quanto riguarda Torino, sono convinto che, se
il 27 novembre u. s., appena occupato
Palazzo Campana dagli studenti, 20 o
30 professori si fossero uniti a loro,
per collaborare con loro nella ricerca
delle soluzioni ai problemi organizzativi e didattici proposti, la protesta si
sarebbe gradualmente pacificata. Non
sarebbe stato facile, perchè gli studenti diffidavano, e sempre più hanno
diffidato fino ad oggi, dei professori
cosiddetti « democratici », sospettando
in questi degli strumenti, consapevoli
o no, delle manovre assimilatrici della
civiltà dei consumi. Ma io credo che
infine il risultato desiderato si sarebbe
ottenuto.
Il inondo extrauniversitario ha
reagito in modi diversi. Complessivamente la protesta ha suscitato
^rtroppo, nelle prime settimane, non
‘i* tutti. (Questo costituisce l’aspetto più preoccupantC’ piu oscuro della protesta. Gli
studenti ebbero, fin dal principio, scarso ap^^io politico dai partiti di sinistra, diffidenza e nessuna considerazione da parte delle forze dominanti
disprezzo e irrisione da parte delle forze di destra.
Gradatamente l’interesse è aumentato e s’è ingigantito, ma nello stesso
tempo la reazione ha cominciato a
muoversi in modo subdolo e minaccioso. Alla reazione, oltre a tutto, si deve
la sobillazione, nel corpo degli stessi
studenti, dei conservatori e addirittura
dei missini. Le accuse di antidemocrazia contro chi deve pur difendersi, diventano allora facili!
I protestatari reagiscono disprezzando tutti 1 partiti, e facendo propaganda per la « Scheda bianca ». Ma non
è un buon segno e fa fortemente temere il vuoto politico.
Dal punto di vista politico, non si
può dunque essere ottimisti. Agli studenti evangelici che desiderano agire
nella protesta, vorrei vivamente raccomandare di non lasciarsi trascinare
dal « misticismo religioso » dei colleghi.
Il credente non può lasciarsi affascinare da nessuna ideologia, da nessun
misticismo extra-evangelico. Nella fede in Gesù Cristo, il giovane evangelico trovi la forza di guardare alle cose del mondo col necessario distacco,
non abbandonando mai le proprie capacità critiche, anzi rafforzandole e
raffinandole con costante e paziente
volontà.
Tullio “Viola
(5) Nell’articolo « Una analisi critica »
(« Eco-Luce » del 19.1.’68), ho affermato:
« Le due guerre del Vietnam e del M. Orien.
te sono essenzialmente diverse ». Vorrei non
esser frainteso. Io oggi non dico che la guer.
ra del M. Oriente abbia lo stesso fondamento ideologico di quella del Vietnam, ma che
essa « è riconducibile » a quella : il che è di.
verso. Intendo dire che la guerra del Vietnam
corrompe ogni senso morale, provoca il dispregio dell’ONU, incoraggia tutti i mascalzoni che vogliono provare a farla franca, tut.
ti gli avventurieri, i ladri e gli assassini in
ogni angolo del mondo, alimenta speranze in
aiuti perversi da parte di questa o quella
grande potenza, ecc.
(6) La parola « democrazia » è intesa dai
protestatari evidentemente con significato diverso da quello liberale e individualistico
(v. nota 1). Quel significato, tuttora fondamentale e inalienabile, si vuole ora sviluppato in senso sia sociale che operativo. Infatti che significa « Libero Pensiero », quando non vi sia più nè pensiero, nè tanto meno volontà di tradurlo in atto? Già Mazzini
ampliava il concetto del « Libero Pensiero »
in quello di « Pensiero ed Azione » (« Traducete in fatti il pensiero », Raccomandazioni « Ai giovani », dai <c Ricordi », 1848). In
una democrazia profondamente malata come
l’attuale in Italia, il pensiero tende a langui,
re ed a spegnersi, perehè impedito a tradursi nei fatti. Se il pensiero dovesse morire,
non si sentirebbe evidentemente più il bisogno d’averlo libero.
(7) Le difficoltà nello studio del tema sono
enormemente accresciute dal fatto che la situazione varia moltissimo da facoltà a facoltà. Ogni facoltà ha caratteristiche ed esigenze sue proprie. Quella d’Architettura è la più
malata di tutte, perchè la professione stessa
dell’architetto è in crisi. All'estremo opposto
sta il problema delle facoltà di Medicina,
che sono state, fino ad oggi, soltanto sfiorate
dalia protesta.
(8) Queste parole sono state da me raccolte a voce : non posso quindi garantirne la
formale, totale esattezza.
Presenti nella città
(segue da pag. 1)
beccare fin sulla via Pietro Cessa, con... apprensione, del resto del tutto ingiustificata,
dei negozi limitrofi. Visto il numero troppo
grande degli studenti, essi hanno deciso di
riunirsi per facoltà, e domenica si è ripetuta
nell’aula magna una assemblea degli studenti di architettura. Tutto si è svolto nel massimo ordine e con la massima serietà. Si
può essere lieti che i nostri universitari romani abbiano proposto ai loro colleghi di
avanzare tale richiesta e che questa sia stata
accolta dal consiglio di facoltà.
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