1
ECO
DELLE miXI VALDESI
BIBLIOTECA VALDESE
TORBE PELLICE
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno XCVl - Nuni, 4
Una copia Lire 40
abbonamenti
}Eco: L. 2.000 per rintemo
L. 3.000 per Testerò
Spedizione in abbonamento postale - I Gruppo bis
Cambio di indirizzo Lir'* 50
TORRE PELLICE - 28 gennaio 1966
Ammin. Claudiana Torre Pellica • C.C.P. 2-17557
Mistica del dialogo
e vocazione missionaria
Come avviene quando una grande
forza economica getta il suo peso sul mercato, ora che la Chiesa romana ha reso ufficiale e istituzionaliz«zato la lucida aspirazione dei suoi spiriti di punta e ha gettato tutto il suo
peso morale e spirituale (e storico) a
favore delTideologia del dialogo, questa sta seguendo un’impressionante
spirale inflazionistica. A costo di essere monotono, devo notare che, sia
pure grande ultima, Roma viene ultima o quasi ad unire la sua voce al
contemporaneo coro in lode dell’ideologia del dialogo; il suo apporto, tipico della sua vocazione sacralizzatrice
di o^i « valore » umano, è forse quello di fornire una mistica del dialOigo,
elevando l’ideologia a valore religioso. Sarebbe infatti ingiusto accusare
Roma di puro tatticismo; vi sono indubbiamente elementi e correnti, nel
suo seno, che accettano o subiscono
l’esigenza del dialogo come una dura
necessità, un male minore; ma tutta
l’ala più viva del cattolicesimo
sta appunto riscoprendo la vocazione
« cattolica », universale di una Chiesa
che riacquista la fiera e duttile convinzione di avere la capacità e l’autorità di sintetizzare e sacralizazare (consecratio mundi!) tutti i migliori valori cristiani e umani, validi ma unicamente nella misura in cui saranno
inseriti nella grande sintesi di cui essa
sola ha la chiave per diritto divino:
è la versione cattolica della vocazione missionaria della Chiesa.
Con il tempismo ohe ha spesso contraddistinto il cattolicesimo, e comunque contraddistingue quello contenaporaneo, esso ha sentito il punto di
maturazione dell’ideologia del dialogo, che si'sia imponendo a tutti i
livelli e in tutti i campi, diventando
non solo un metodo di lavoro, ma un
clima, uno stato d’animo, im’impostazione di vita; fra una branca e l’altra della scienza come fra le classi
e le razze, fra le generazicni dei padri e dei figli e dei nipoti, fra credenti e atei e agnostici, fra scienza,
filosofia e psicologia come fra religione e politica. V’è indubbiamente, in
questa ideologia, la nausea e il rifiuto degli orrori a cui sono giunti e
giungono i contrasti d’ogni tipo ohe
dividono gli uomini; vi è la proiezione (abbellita come si addice a ogni
ideologia) della brama di buona pace
egoistica latente in ogni uomo; e vi
è anche, fra gli uomini, una profonda
crisi di lutti i valori tradizionali, una
crisi di verità che rende necessariamente tolleranti, comprensivi, « aperti», umili, ma anche dubbiosi, incerti.
In questa situazione aperta, ma che
è anche sentita come intima rottura
e profondo disorientamento, Roma è
entrata ufficialmente, mis.ticizzando il
dialogo (mistificandolo, anche, in un
certo senso?), aprendovisi sinceramente ma forte della sua vocazione integratrice a cui accennavo. A noi qui
interessa in modo particolare ciò che
questa entrata ha significato e sta determinando nel movimento ecumenico. Non voglio certo accollare alla responsabilità cattolica tutte le debolezze e l’involuzione di quest’ultimo;
ma credo indubbio che Tingre,sso nel
movimento ecumenico del cattolicesimo vi sta accentuando una situazione
di disorientamento e di atonia evangelica che i più vigili e chiaroveggenti, come Visser’t Hooft, individuano
inquieti; nella sua grande maggioranza, il movimento è diventato istituzione articolata in tanti organismi, alcuni dei quali anche efficienti, ma ha
perduto la sua spinta profetica originaria; le chiese collaborano certo
più di prima, ma la voce che le scuoteva dal loro farisaismo e le chiamava
non a unirsi in forme organizzative
anzitutto, ma a riavvertire la loro comune tensione verso Cristo e lui soltanto, quanto si è affievolita! E ora
che quella voce si è affievolita, la sola
che potesse realmente minacciarla
nella sua coscienza di sè, Roma entra in campo: alle chiese e comunità ecclesiali non in piena comunione
con la sede petrina, nel momento
della riprova del loro cronico disordine ecclesiologico, ecco essa si ripropone come la realtà ecclesiastica ohe
tale disordine può ricomporre in armonia, concedendo l’onore delle armi
a tutte le teologie, a condizione che
il filo di tali armi, se ancora è tagliente, non venga u.sato contro Timmenso
corpo « cattolico » ohe si delinea nel
mondo intero ; anche la Parola, s\ ma
a condizione che non sia un bisturi,
quella spada affilata a due tagli di cui
parla TEvangelo, quella Parola che
dall’esterno — dall’alto — ci interpella, libera dagli schemi in cui cer
chiamo sempre di costringerla neutralizzandone il taglio.
Sono perciò fra quelli che guardano
con preoccupazione al nuovo :<clima»:
rallegrante in sè, include però il pe
ricolo che si sacralizzi la buona volontà umana con tutti i suoi equivoci,
e si faccia passare l’unità prima della
verità, il buon accordo prima delTEvangelo.
Ora, concretamente, come si attua
questo dialogo? Cattolici e protestanti, a molti livelli, cominciano a
parlare insieme. E’ molto bello ; è giusto anche notare quelTaffiorare di una
comunione di problernatiche, di cui
parla Paolo Ricca, anche se insisterei sul fatto che si tratta di problematiche parallele vissute in modo assai diverso. Tuttavia non dobbiamo
dimenticare quel che giustamente ricorda Oscar Cullmann: il vero dialogo ecumenico è quello che affronta i
punti di dissenso (1). Questo dialogo,
allora, è realmente un dialogo nel senso corrente del termine? Quando dialogo con un uomo diverso da me per
nazionalità, per razza, per formazio
30 GENNAIO 1966
Domenica
delle
Missioni
ne culturale, per scuola filosofica o
scientifica, per convinzione politica,
per gusto o sensibilità, per esperienza
di vita lavorativa e affettiva, se voglio
essere uomo — cioè pienamente me
stesso e aperto all’altro nella sua diversa e complementare umanità — devo per forza di cose vivere fortemente
la mia posizione e al tempo stesso
sentirne tutta la relatività, devo accettare un vero dialogo — che presuppone il socratico «so di non sapere» e quindi la ricerca con l’altro di
una verità dispersa nella realtà umana, avvertita in misura diversa e
complementare da questo e da quello.
Ma può il « dialogo ecumenico » essere un dialogo in questo senso? Potrebbe esserlo, se in gioco fosse la nostra
pietà religiosa^ di cristiani; ma cristiano è chi vive una pietà religiosa,
o non piuttosto chi professa la fede
nelTIddio d’Israele e di Gesù Cristo?
Dialogare come dicevo sopra è real
(1) In una riunione interconfessionale di
preghiera, il testo del « Credo », al 3“ articolo, è stato gentilmente riveduto, e anche da parte cattolica si è accettato di confessare « la santa Chiesa universale. » an
zichè « cattolica ». Resta chiaro il fatto
che, anche con lo stesso termine, si professano due realtà, due fedi diverse? non
era più conforme a verità, anche se più
scabroso, conservare la doppia dizione?
iimiMiiimiiiiiiiiiMiitmiiiii'ii
iiiiiiiiitiiiiiiri<miiiiiiiimii
mente un atteggiamento di fedeltà al
Signore che ci ha chiamato alla fede?
è lecito relativizzare la nostra fede, riducendola a psicologia (quindi parziale e perfettibile in doverosa collaborazione fraterna), al nostro personale modo e alla nostra personale capacità di credere? non significa, questa umiltà, in fondo un concentrare
Tattenzione — critica finché si vuole
—- su ciò che noi facciamo e pensiamo,
anziché su ciò che Dio fa e dice, e
che è il vero cuore della fede, TEvangelo? Questo Evangelo, che supera
certo la mia capacità di viverlo e di
esprimerlo, ma chf,.,d’altra parte la
determina, può essere oggetto di dialogo, cioè di discussione? L’Evangelo,
la verità di Dio pgr noi è LOGOS,
non DIALOGOS, affermazione, dichiarazione, professione di fede, non
discussione con l’uomo ; il profeta,
l’apostolo, lo scrittore biblico non dialoga con l’uomo, nè con gli altri n§
con se stesso: è vero, è un uomo che
cerca, che soffre, che si abbatte e che
grida e protesta fino a chieder conto
a Dio, è uomo pienamente : ma la
meraviglia è che, proprio nella sua
umanità, agli altri e a se stesso egli
porta la indiscutibile Parola del Signore: credere è —oltre la serietà e
il travaglio della ricerca e della discussione — piegare il ginocchio davanti al Signore e aóèettare i suoi pensieri, nel rapporto dèlia fede che scaturisce indiscutibile ¡come l’amore.
Concludiamo (ma il discorso andrà
ripreso). ■*’
11 colloquio col m^ndo va impeenato a fondo ; con umiltà, sinceramente
pronti a continue ^nfessioni di peccato, poveri accdnib a poveri; ma
senza cedere all’ideologia del dialogo,
alla relativizzazlone della fede nell’odierna crisi dei valori, nè al sincretismo in campo missionario. Riconoscere le nostre infedeltà, ma distinguere chiaramente gli idoli ( Ateniesi,
vi vedo fin troppo religiosi...»).
Il colloquio con i cristiani, il « dialogo ecumenico» non deve cedere
mai alla mistica dei dialogo : non può
essere un confronto di verità che si
riconoscono relative come le psicologie religiose e le strutture ecclesiastiche che le incarnano ; può essere unicamente il sentirsi insieme interpellati dalla Parola del comune Signore,
il quale dalTesterno, dall’alto si rivolge a tutti coloro che professano di
credere nel suo Cristo, a tutte le
chiese nelle quali egli conosce e chiama la sua Chiesa, a tutti gli uomini
di cui egli non accetta mai l’indifferenza o Tincredulità. Quando questo
rapporto^ verticale viene ugualmente
inteso, è possibile dialogo umano,
orizzontale ; la base unica del dialogo
fra cristiani, la sua atmosfera vitale
è Dio soltanto, rivelatosi in Cristo,
secondo Tesclusiva testimonianza dei
profeti e degli apostoli, animata per
noi dal suo Spirito Santo ; ogni altro
« dialogo » è babele ( anche la prima
Babele — la città-tempio! — era impresa religiosa unitaria).
Gino Conte
MESSAGE DU COMITÉ DIRECTEUR
DE LA SOCIÉTÉ DES MISSIONS ÉVANGÉLIQUES DE PARIS
AUX ÉGLISES QUI LA SOUTIENNENT
Action apostolique commune
Frirt s et Soeurs,
Au moment où datis beaucoup de paroisses est célébré le Dimancip des Missions, nous nous adressons à vous qui par vos dons
et par votre intercession partagez avec nous la tâche apostolique de
l’Eglise.
Cette année une vision nouvelle de l’oeuvre missionnaire a été
placée devant nous tous, celle d’une action apostolique commune aux
Eglises d’Afrique, de Madagascar, du Pacifitiue et d’Europe pour annoncer l’Evangile dans les régions non évangélisées d’Afrique ou
d’ailleurs e:t pour fortifier les Eglises dans leur témoignage.
Nombreuses sont les populations qui n’ont pas reconnu en JésusChrist leur Seigneur et Sauveur et au millieu desquelles il n’existe pas
encore d’Eglises chrétiennes établies pour le leur annoncer; l’oeuvre
n’est pas achevée, il faut la poursuivre; c’est une grâce que Dieu nous
fait de nous appeler à ce service avec des frères d’autres continents
et d’étendre les limites de nos paroisses à celles du monde.
Pour répondre à cet appel et pour que se continuent l’aetwité et
le témoignage des 319 missionnaires et détachés militaires qui sont au
service des Jeunes Eglises, il est nécessaire que nous puissions, par
l apport de vos dons généreux, terminer l’exercice financier en équilibre.
Que Dieu une fois encore nous fasse la grâce d’être exaucés et de
travailler tous ensemble pour Vavancement de Son Règne.
Le Trésorier Le Président Le Directeur
J. Courvoisier M. Boegner Ch. Bonzon
> iMimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiuiiiiiiiiiimiiiiiitiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Le miniere di talco
della Val Germanasca
Da oltre un secolo nella Val Germanasca
è cominciato lo sfruttamento di ricchi filoni
di talco. Dapprima vennero scoperti degli'
affioramenti sulle montagne di Frali, oltre
i 2.000 metri di altitudine e vicino a Maniglia. Veniva usato localmente per confezionare a mano arnesi iper la casa: padelle, pentole, ferri da stiro data la caratteristica del talco più duro di resistere al
fuoco e di conservare a lungo il calore. Veniva trasportato a valle su slittonf o nelle
gerle delle donne per confezionare, soprattutto, i gessetti per i sarti. Più tardi,
diffusoisi l’uso di questo minerale come
base di cosmetici’, prodotti chimici e farmaceutici, lo sfruttamento seguì i filoni
nelle viscere della terra, si scopersero altri
giacimenti più vicini' alle strade di fondovalle, sorse una industria completa con le
teleferiche, centrali elettriche, e tutti quegli impianti' che caratterizzano una miniera : -compressori per le perforatrici e martelli pneumatici, decaitvilles per il trasporlo dei' minerali, apparati per la ventilazione delle gallerie che raggiungono talvolta oltre due km. di lunghezza, fino alle
attrezzature per la prevenzione delle malattie professionali, sopraltulto la silicosi
che nei tempi passati ha mietuto numerose
vittime e che rappresenta sempre una minaccia concreta.
L’impresa, che dapprima era rappresentata da diversi piccoli proprietari', in parte
abiìanli della Valle stessa, passò alcuni decenni or seno in mano ad una unica società
a carattere prevalentemente familiare
Talco Grafite Val Chi'sone che sfrutl
la
an
La Commissione Missionaria del I Distretto
Nel Giugno 1964 la Conferenza del
I Distretto dava mandato alla Commissione Distrettuale di costituire una
Commissione Missionaria. Questa decisione era il risultato di una corrispondenza prolungatasi per 2 anni,
tra la Società delle Missioni di Parigi e il Moderatore della Chiesa Valdese, il cui oggetto era la ricerca del
modo più opportuno di rafforzare i
legami che uniscono la nostra Chiesa
a quella Società da quasi un secolo.
Il compito di questa commissione
era di prendere delle iniziative atte
a mantenere e, dove necessario, creare l’interesse ner le missioni nelle
Chiese delle Valli Valdessi. Non era
escluso, però, nella mente dei promotori di questa iniziativa, la possibilità
che ciò che veniva fatto nel I Distretto venisse poi esteso più tardi
ad altri distretti, dove nel passato
l’interesse per le missioni è stato
scarso e molto sporadico, e dove molti membri delle comunità sembrano
credere che l’opera apostolica della
nostra chiesa non debba andare al
di là dei confini dell’Italia.
Può quindi avere un interesse particolare riferire ciò che, in un anno
e mezzo di attività, la detta commis
sione ha potuto realizzare, con la
collaborazione pronta ed efficace dei
pastori, dei gruppi femminili e dei
gruppi giovanili.
Fin dell’inizio essa ha preso contatto con le Società missionarie esistenti a Torre Pellice, e cioè la Pra
del Torno (comiposta in maggioranza da studenti del Collegio) e tre
gruppi femminili. Questi ultimi svolgono la loro attività con riunioni
mensili e l’organizzazione di un bazar annuo, con risultati notevoli
anche dal lato finanziario.
La commissione ha noi promosso
alcuni incontri tra gruppi femminili
e le signorine missionarie che abitano alle valli. In occasione della Domenica Missionaria essa ha chiesto
a tutte le parrocchie di distribuire la
domenica prima, a mo’ di avvisi, dei
volantini forniti dalla Società delle
Missioni. In Marzo ha organizzato
una « tournée » per un missionario
del Gabon, che ha potuto visitare
una diecina di parrocchie, e in Novembre, con la collaborazione del
Comitato Regionale della PUV, ha
fatto proiettare in 8 parrocchie un
bellissimo film documentario della
Società delle Missioni di Parigi.
A riconcscimento dell’attività svolta dalla commissione la Società delle missioni ha invitato il suo presidente ad assistere alla sua Assemblea Generala del novembre scorso.
Questa attività può sembrare modesta, ma noi crediamo che quello
che conta non è tanto la frequenza
delle riunioni e conferenze missionarie, quanto piuttosto la regolarità e
la continuità della informazione e
dei contatti con missionari attualmente al lavoro, che possono darci
notizie aggiornate: cosa molto importante allorché le situazioni cambiano rapidamente ovunque. Certo,
alle Valli, dove il francese è capito
dalla maggioranza dei membri di
chiesa, è niù facile valersi della testimonianza di missionari francesi e
svizzeri, ma questa testimonianza potrebbe anche essere utilizzata altrove
per mezzo di un interprete.
Per Tanno in corso sono stati
stampati e distribuiti dei volantini
per la domenica missionaria del 30
gennaio, e sarà organizzata dal 12
al 24 marzo una «tournée» del misr
sionario svizzero Gui Subilia, la cui
famiglia è oriunda delle Valli Valsesi. R. coisson
PRESA DI POSIZIOSE
della Commissione Distrettuale
La stampa quotidiana, almeno nel Nord,
ha dato notizia del progressivo aggravarsi
del'a tensione fra maestranze e direzione
della Società Talco e Grafite Val Chisone.
culminata nell’occupazione della miniera
da parte degli operai. La medesima stampa ha dato notizia di una dichiarazione che
la Commissione del I Distretto ha ritenuto
di dover pubblicare in seguito al precipitare della situazione, il 18 gennaio. Riportiamo qui sotto tale dichiarazione
— che i pastori sono stati invitati a leggere, Se lo ritenevano opportuno, al momento degli annunzi al culto domenicale
del 23 c. m. ; l articolo del pastore Franco
Davite, presidente della C. D-, chiarirà la
situazione a coloro che non ne sono ni
corrente.
La Commissione Distrettuale delle
Chiese Valdesi delle Valli del Pellice,
del Chisone e della Germanasca
— che rappresenta buona parte
delle popolazioni colpite dalla grave
crisi ohe da tempo si è determinata
nelle miniere di talco della Val Germanasca
— e che pertanto non può sentirsi estranea alle gravi condizioni di
disagio economico e inquietudine che
tale situazione crea nella vita quotidiana delle famiglie in tutte le Comunità della Valle.
— desidera sottolineare l’assoluta
necessità che si addivenga anzitutto,
da chi di dovere, all’osservanza degli
impegni che derivano da regolarci
contratto di lavoro e dalle vigenti
leggi minerarie:
— e si dichiara disposta a fare
ogni sforzo, per quanto le può legittimamente competere, perchè si contribuisca a dare alla vertenza una soluzione rispondente a giustizia e al
rispetto dei diritti legali di chi lavora. La Commissione Distrettuale
« « ti:
La Commissione del I Distretto indice per la domenica 30 gennaio due
riunioni (a S. Germano alle ore 15,
a Torre Pellice in serata) in cui, con
la partecipazione di competenti, sarà
discussa la situazione lavorativa delle
Valli, con particolare riguardo alla
crisi mineraria in Val Germanasca.
La Commissione Distrettuale
elle aleuni giaeimenti di grafite a S. Germano e Pramollo iiondiè in Val Cliisone
oltre Perosa Argemina e che costruì a Pinerolo duo stabilimenti per la lavorazione
della grafite e di una parte di' talco industriale. Recentemente la scoperta di notevoli filoni di minerale nella zona della
Gianna, 5 Km. a valle di Frali, dove sor
CON'nNUA
IN QUARTA PAGINA
2
pag. 2
N. 4
28 {gennaio 1966
VALDESI E METODISTI
DECISIONI E rinvìi
per una vìla ecclesiastica camene
E’ indubbio che, senza voler far qui
anticipazioni di sorta, il fine dell’integrazione è indicato compiutamente
neU’espressione « vita ecclesiastica in
comune » con cui i nostri Sinodi hanno inteso configurare il precesso in
atto (A. S. 1965, art. 11 - Coni, metodista 1963).
Abbiamo veduto sinora la situazione per quanto riguarda la posizione
dei pastori, la loro preparazione, la
posizione dei membri dii chiesa; i suoi
sviluppi al livello delle comunità, sul
piano della stampa; abbiamo cercato
di fare il punto dei suoi ridessi nella
opinione pubblica, e quella delle sue
incidenze sul piano dottrinario come
nei riguardi della confessione di fede.
Tenendo conto ohe sul piano integrativo il concetto di « autonomia ecclesiastica » sfocia in quella di « unione
di chiese », ogni qual volta ci si porti ad un livello diverso da quello delle
chiese locali la vita ecclesiastica viene a concemere quegli interessi e questioni comuni ohe le chiese intendono
appunto curare e gestire in comune
attenendosi ad una comune disciplina. Ed allora secondo i principi dei
nostri rispettivi ordinamenti -affermiamo che il luogo dove le nostre chiese
locali svolgono in comune le attività
comuni e pertanto divengono un solo
corpo che esprime il loro essere Chiesa insieme, è il Sinodo.
Anche su questo piano qualche primo passo integrativo è stato compiuto-, attraverso la presenza al rispettivo Sinodo e Conferenza di delegazioni deH’altra denominazione (A. S. 1965,
art. 15; Sin. Met. 1957; A. S. 1957,
art. 7)., il cui riserbo però di fronte ai
problemi di comune interesse che non
tocchino direttamentp le trattative
in corso dà Timpressione che esse,
più che sentirsi rispettivamente « integrate nell’assemblea, vi siedano ancora quali semplici « ambascerie » ai
soli fini appunto delle trattative ohe
si perseguono. Manca, anche a questo livello, la percezione che l’interazione valdese-metodista è un processo nialettico che avanza i^r la sua
stessa attuazione assai i>iù che mediante dosate trattative, in quanto in
definitiva ai tratta più di un costume
di vita ecclesiastica da acquisire che
di accordi da trattare e concludere.
Paricuenti può dirsi delie relazioni
in atto sul piano dei Circuiti e delle
Conferenze distrettuali, dove sporadici incontri, talune occasionali rap
presentanze, qualche convegno in comime, talune campagne evangelistiche condotte insieme, testimoniano
più di una buona collaborazione che
di una opera di integrazio-ne reciproca. Invero occorre dire che a questo
livello non sembra che i problemi dell’integrazione siano stati neppure esaminati. Ed egualmente accade tuttora, sebbene si sia di fatto già più avanzati come coscienza integrativa, sul
piano delle organizzazioni di settore,
quali le rispettive federazioni femminili e giovanili. Attività in comune se
ne conducono, la gioventù partecipa
con frequenza alle attività promosse
dagli uni e dagli altri in concominanza di intenti, ma il processo integrativo è foriero di maggiori sviluppi.
Il piano su cui formalmente il processo integrativo è certamente più
avanzato è quello delle amministrazioni centrali dove Tavola e Comitato Permanente harmo continuativi incontri periodici congiunti; anche se
sostanzialmente si tratti di incontri
per le sole questioni relative al progetto d.i integrazione, ma è indubbio
che altre tematiche affiorino trattando dell’integrazione e così il lavoro in
cc-mune si avvia seppur lentamente.
Parimenti avviene in seno ad alcune
ComniÌ53Ìcni di studio dove l’abbinamento è in atto, ma allargandosi la
panoramica di interessi cornimi è da
auspicare che lavori operativi in comune tra gli organi delle due denominazioni possano svolgersi nel campo della liturgia, della catechetica, su
varie questioni teologiche, circa la
strutturazione degli organi rispettivi,
sulla d sciplina ecclesiastica. Questi
sono i punti sostanziali da affrontare
assai prima di quelli ammir.iistrativi
che sembravano cosi importanti quando si trattava di una soluzione denominazionale unitaria e che ora si sono del tutto sbiaditi, assumendo quel
rango di accessorio di fronte al principale come è giusto che avvenga sul
piano ecclesiastico dove non c’è nè
pòvero nè ricco, nè dotato nè diseredato, e dove tutto ciò che ha bisogno
dei numeri per essere espresso, dal
denaro alle consistenze quantitative,
ha solo un valore di mezzo a fine di
fronte alla fede ed alla testimonianza che sole dominano la scena.
Cemunque non sta a noi, a far progetti per il futuro; ed è bene lasciar
alle chiese di manifestare al riguardo
la loro opinione ed a segnalare le
iniziative da prendere; certo è che
tutti i problemi di vita ecclesiastica
comuni hanno bisogno di essere ancora ampiamente dibattuti ed a tal
fine ben vengano incontri, convegni,
riunioni in comune ad ogni livello,
poiché abbiamo fiducia che solo nello
scambio delle opinioni, diffondendosi
la reciproca conoscenza, si stemperano le residue prevenzioni di taluno,
si risolvono i dubbi di altri, si pongono a punto le varie questioni superando le inevitabili difficoltà operative con adeguate soluzioni di ricambio.
Tuttavia ci sembra che in questo
campo vi siano taluni criteri di base
che dovrebbero esser tenuti costantemente presenti. Infatti ci sembra che
per evitare ogni insorgente equivoco,
bisoignerebbe che ciasoun organo delle due parti, per quanto possibile, manifestasse i suoi voti e le sue delibere
su testi esprimenti una terminologia
comune, come del resto è già qualche volta avvenuto allorché l’un Sinedo ha fatte proprie le decisioni dell’altro.
Per svolgere una vita ecclesiastica
comune producsnte, occorre far lavorare insieme i rispettivi organi via
via su di un maggior numero di questioni; compiendo altresì nel medesimo modo, alle stes.se condizioni e
termini quegli atti che è tuttora necessario compiere separatamente.
Per attuare un’integTazione fattiva
ciascuna parte deve ovviamente porre
in comune l’apporto dei propri doni
evitando ogni nual volta di opporsi
alle caratteristiche peculiari deH’altra
parte. Valdesi e metodisti si integrano rimanendo quello che sono sia sul
piano individuale come su quello collettivo e strutturale delle comunità e
delle assemblee superiori di carattere
centrale (cfr. Messaggio alle Chiese
iKiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimimtiiiiiiiiMiiimiiiitiiiiimiiiiiiii
« Casa Materna » di Portici
Napoli - 1-3 febbraio 1966
Incontro pastorale
di studio
Questo incontro si inserisce nel quadro
delle iniziative di vario genere prese dalla
Chiesa Valdese, su invito degli ultimi Sinodi, per favorire Taggiornamento teologico dei
pastori e invito fraterno è stato rivolto pure
a pastori di altre denominazioni.
Per i pastori del V -e VI Distretto questo
incontro fa seguito a quello svoltosi a Vittoria nel Febbraio del 1964 e nel quale il Prof.
J. A. Soggin trattò alcuni temi riguardanti
l'Antico Testamento. Questa volta sarà fra
noi un,^ altro professore della nostra Facoltà
di Teologia, il Prof. Bruno Corsani, titolare
della cattedra di Nuovo Testamento Egli
terrà una serie di conversazioni sul seguente
argomento: « La storia della salvezza nel
Nuovo Testamento: il pensiero di Cullmann e
la Scuola Bultmanniana ».
Ringraziamo in anticipo il Prof. Corsani
per aver aderito al nostro invito, e insieme
con lui ringraziamo la Facoltà di Teologia
che lo ha autorizzato ad allontanarsi da Roma nei tre giorni delTincontro. Dn grazie
molto sentito anche ai fratelli Santi per aver
accettato di ospitarci a Portici.
Le Commissioni del V e VI Distretto
del Moderatore e dei Presidente metodista deH’aprile 1959), sommando i
valori rispettivi e non già riducendo
alle sole caratteristiiche comuni la
vita di insieme eliminando quanto
forse è da ciascuno più gelosamente
custodito.
In tutte quelle situazioni in cui vengono coinvolte rappresentanze e strutture e opportuno non cedere alla facile tentazione di alambiocare dosature e proporzioni quantitative, ma scegliere secondo occorrenza le soluzioni
migliori nel quadro delle competenze
e degli apporti più significativi di cui
si dispone in comune.
Ed è appunto tenendo conto della
validità di tali criteri che non riteniamo ad esempio operativa la proposta conclusiva contenuta nel Rapporto della Commissione mista circa
la convocazione di un «Sinodo unito»
da dosare nella sua composizione secondo le ipotesi formulate nel Rapporto stesso, o quelle altre che richiamandesi ad un criterio proporzionale
^o state ventilate in altre sedi. Se
il processo in corso deve, come ci
sembra che debba, mantenere il suo
carattere di integrazione secondo i
princ'pi ormai assodati e chiariti da
entrambe le parti, occorre anzitutto
a nostro avviso procedere al livello
delle chie.se locali, quindi rendere prcpuisive le attività comuni attravèrso
il lavoro abbinato degli organi rispettivi, e solo dii poi, quando in sede
strutturale ciascuna deneminazione
avrà ridimensionati i propri organi■smi e rese più simili le proprie discipline, per rendere il tutto più praticamente funzionale per un lavoro in
comune, avviare in modo continuativo il sistema delle convocazioni congiunte. Cosicché quelle che saranno
state sino ad un certo momento ad
esempio riunioni congiunte delle rispettive strutture sinodali esìstenti,
diverranno di fatto quel Smedo unito
che con troppa, sollecitudine mal raffrenata ed alle volte scomposta, taluno vorrebbe imporre prima di subito.
Nel settore della vita ecclesiastica
al livello centrale occorre avere particolare riguardo a non precipitare le
situazionii, a non progettare nulla che
abbia il carattere di imposizione dall’alto. L’integrazione si compie dalle
cinese, partendo dalla loro autonomia ed incammina.ndosi verso l’unione dedle stesse i.n un unico corno.
Questo sarà un^ req-ltà quando’ dall’esperienza della vita in comune ciascuna delle nostre singole chiese ne
avrà acquistata precisa coscienza. La
unità sarà cos'i consolidata come lo
fu quella operante da tempo e di poi
consolidata nei patti di unione del
X'VI secolo. Imponendo dall’alto un
sinodo unito che decida sopra gli attuali esautoreremmo almeno in parte
quell’unione di chiese che già esiste
CONTINUA
IN QUARTA PAGINA
VALDO VINAY
NOVITÀ’ CLAUDIANA
Luigi Desanctis
e II movimento evangelico
fra gli italiani durante il Risorgimento
il nuovo volume della Collana della Facoltà Valdese di Teologia.
,170 pagine; L. 3..100 - Rilegato in tela: L. 4.500.
La biografia di una delle figure dominanti nella prima evangegelizzazione italiana. Da teologo del Sant’Uffizio e parroco nella Roma di Gregorio XVI e di Pio IX, a evangelista e professore nella
Chiesa Valdese: una eccezionale testimonianza di coerenza e di fedeltà all’Evangelo nel quadro storico degli anni decisivi per l’evangelizzaz one in Italia.
Un libro che aiuta a comprendere la situazione attuale dell’evangelismo italiano, l’origine delle sue divisioni e le possibilità di unione. Un libro che le giovani generazioni dovrebbero leggere per comprendere meglio il nostro presente.
Non più anatemi
fra Roma e Costantinopoli
Il riauvicinnmento fra Cattolicesimn e Ortodossia segnerà una c ittolicizzazinne dnlla cristianità orientale? Ragioni di prestigio, ma anche
vive motivazioni teologiche la contrastano
Nella sua sessione del 6 novembre scorso,
il sinodo del patriarcato ecumenico di Costantinopoli ha esaminato fra Taltro le relazioni della Chiesa ortodossa con la Chiesa cattolico-romana, e ha deciso di togliere Tanatema pronunciato contro il papa Leone IX, il
24 luglio 1054, da Michele Cerulario patriarca di Costantinopoli. Prendendo tale decisione, il santo Sinodo ha sottolineato che non
impegnava gli altri patriarcati e le Chiese
ortodosse autocefale, poiché gli anatemi pronunciati recìprocamente tra Roma e Costantinopoli riguardavano solo queste due sedi.
Tuttavia mons. Crisostomo, arcivescovo di
Atene e primate di Grecia, ha levato una vigorosa protesta, affermando che c il diritto
di una simile iniziativa non spettava che al
l'insieme delTortodossia ». Gli è stato obietta
to che, in base alle decisioni prese nello scor
so autunno dalla terza Conferenza panorto
dossa di Rodi, ogni Chiesa ortodossa autoce
fala era libera nello stabilire le proprie rela
zioni con ìi Vaticano; ma Tarcivescovo di
Atene ha risposto : « Non cerchiamo di asservir?] al Vaticano. Sfono convinto" òhe Nessuna“
chiesa ortodossa vorrà imitare Tazione del jia.
triarca ecumenico ».
Il 7 dicembre, nei corso di due cerimonie
svoltesi simultaneamente a Roma e a Costantinopoli, è stata letta una dichiarazione comune del Vaticano e del Patriarcato ecumenico, che annullava gli anatemi pronunciati
reciprocamente nel 1054. La dichiarazione ricorda <( decisioni, atti e penosi incidenti che
nel 1054 hanno portato alla sentenza d'anatema pronunciata contro il patriarca Michele
Cerulario dai legati della sede romana, i quali furono poi a loro volta oggetto dì analoga
TacCi questa volta,
il vescovo di Proto
Sullo {( Specchio dei tempi » de « La
Stampa » (16 gennaio 66) è apparsa questa
lettera di un lettore di Gallarale. Victor Piceni :
« ... Come mai il vescovo dì Prato — tanto premuroso delle sorti delle sue pecorelle
cattoliche e non cattoliche al punto di ferire
pubblicamente un istituto dello Stato italiano. quale il matrimonio civile, con tanto
ardore e passione pastorale — non ha aperto
bocca sulla faccenda dei poveri ragazzi di
cui si parla in questi giorni? Se non lo sapeva. quale responsabilità per lui e per i
suoi informatori cosi diligenti quando sì traila di concubini! Se lo sapeva... ».
A questi interrogativi risponde indirettamente su « L Espresso n (2.3 gennaio *66) Lino Jannuzzi. in un ampio servizio da Prato:
(( San Giuseppe Immobiliare — Una grossa
«pcculazione sulle aree dietro lo scandalo dei
Celestini di Prato ». Già due anni or sono,
la fuga e la denuncia di uno dei ragazzi
ospitati aveva portato in luce lo scandalo, ma
la curia vescovile aveva appoggiato coloro
che erano interessati a porre la cosa a tacere:
si sa. il Comune è in mano ai rossi, e non gli
par vero di screditare quel sanl uorno di don
Leonardo e la sua opera... Ma la vita nelì ospizio di S. Maria Vergine dell'Assunzione,
dietro a cui sta una cospicua società inimohiliare. la MA VE (((Maria Vergine»),^ malgrado l avvertimento, continuò come prima,
peggio di prima: «Ma tanto li li.istonavano
conclude lo .Jannuzzi lanlo soilrivano
i] freddo e la fame, quelle disgraziate creature che i piu dis])erali ripresero a scappare,
a invocare aiuto, a implorare pietà. E il
giorno di Natale un capitano dei carabinieri
che è stalo per due anni chiuso in un lagcr
nazista, finalmente ha credulo al bambino e
non al vescovo, c* ha denunciato al magistrato
i più noti di quei fraticelli. F/ a fjiieslo punto che chi .stava nascosto dietro le folli visioni di padre Leonardo si è fatto avanti e,
per salvare il .salvabile. le vere Madonne € i
reali San Giu.seppe sono venuti allo scoperto.
Va bene, ha proclamato il vescovo, forse sulla collina qualcosa non andava, forse qualcuno dei collaboratori di padre Leonardo ha
esagerato; ma ora ci penso io, prendo in
mano io 1 ospizio, ci mando dei preti veri e
delle monache autentiche e rimetto tutto a
posto. Quella meritoria opera di beneficenza,
aggiungeva il Querci {amministratore della
MA VE), spalleggiato dai soci, deve continuare. punite pure i responsabili, ma lasciateci stare quei terreni c i nostri progetti per
valorizzarli. E tutti a darsi da fare attorno
ai bambini : senza di loro, senza la loro presenza su quella collina. c*è rischio che .siano negati i permessi di costruzione niente
basilica, niente alberghi, niente ristoranti:
ss non .sono giustificati da superiori ragioni
di fede e di carità, la zona deve restare verde. Invece, un'ordinanza del ministro ha
sconvoilo lutti i piani. Fiorentino di San
i'rediano, anche se non è proprio un giacobino. il sen. Luigi Mariotti ha mandalo il
sindaco e il capitano dei carabinieri a prendere i bambini e a serrare i cancelli ».
Non toccate
papà Natole!?
■Su «La Vie proteslanle » (7-i-'66) abbiamo lotto quest articolo di Max Dominicé:
11 giorno di Natale, ne « La Suisse ».
Heurle*!)ise ha attaccato uiTinscgnante per
aver ilicliiaraìo ai suoi scolaretti che non bisognava credere a papà Natale: essa avrebbe
così gravemente superalo i suoi diritti.
Lascio al Dipartimento dcllTslruzione la
cura di regolare questo piinlo della deontologia. Ma. sulla questione di fondo, tengo a
rispondere a Heurtebise. La sua lesi è clic
non liisogna dire ai piccoli che papà Natale
sono tutte storie, perchè « da quesio a non
più erodere a Natale, non c'è clic un salto
molto breve ».
Tocchiamo appunto il nodo delia questione. Quando dei genitori assumono la grave
responsabilità di MENTIRE ai loro figli facendo loro credere che papà Natale esiste e
interviene nella loro vita, corrono il terribile rischio che questi bimbi, il giorno in
cui scopriranno che « sono tutte storie », siano portati a respingere la storia di Natale —
quella vera — che forse, dopo tutto, non è
che una storia, o una bugia dei genitori. E'
così grave mentire ai bambini.
Vorrei felicitarmi con queirinsegnante e
ringraziarla per avere trucidato l ometto di
stoffa, dal cappello a punta, dal naso rosso e
la barba folt<a. che non ha nulla a che vedere con la festa di Gesù Cristo!
Pregano per l'unione
con sincere intenzioni
Letto su//'« Osservatore Homano » (21-11966) in un articolo su « Il ciclo li preghiere per Puniono dei cristiani, nella venerabile
Chiesa del Gesù » :
«Venerdì 21: 'Preghiamo per i fratelli
protestanti' (...). Intenzioni particolari: affinchè i protestanti siano sostenuti dallo Spirito Santo nella ricerca della pienezza della
fede affinchè comprendano che la Chiesa
cattolica, sotto il governo del Papa e della
Gerarchia, è la medesima Chiasa che nacque nel giorno della Pentecoste - aiTinchè
essi, che come noi credono nella morie redentrice di Gesù, giungano anche a partecipare a tutti i sacramenti che ci comunicano
la vita — affinchè riconoscano nel cullo lidia Madonna uno sviluppo autentico ilei messaggio evangelico - - affinchc i] dialogo c la
collaborazione fra protestanti c cattolici si
svolgano felicemente.
«Sabato 22: 'Prcgliiamo per i r rolcslanli
in Italia (...). Intcn/ìonì parlicolari: affinchè il nostro amore per le loro anime sia
come quello di Cristo, morto per la salvezza
ffi lutti affincliè essi sappiano scorgere
nei nostri dogmi gli insegnamenti del Vangelo affinchè da cnlranil>e le parti siano
dissipati i rancori e sorga la spcranz.ii di intesa e eli fraterni rapporti - affinchè le ani.
me angosciale che cercano la verità di Cristo e la sua con.solazione siano illuminate a
scoprire la vera natura della Madre Chiesa ».
Grazie per la sincerità (senza ironia).
sentenza da parte del patriarca e del sinodo
costantinopolitano.
« Oggi che il giudìzio è più sereno ed
equo, occorre riconoscere gli eccessi che han.
no pesato su tali eventi, determinando ulteriori conseguenze che hanno superato, per
quanto ci è dato di giudicare, le intenzioni e
le previsioni dei loro autori, le cui censure
si rivolgevano alle persone colpite e non alle Chiese, e non intendevano rompere la comunione ecclesiastica fra le sedi di Roma e
di Costantinopoli.
« Perciò il papa Paolo VI e il patriarca
Atenagora I con il suo sinodo (...) dichiarano
di comune accordo :
a) di rammaricarsi per le parole offensive,
le critiche infondate e i gesti condannabili
che da ambo le parti hanno segnato o accompagnato i tristi eventi di quest’epoca;
b) di rammaricarsi pure e di eliminare
dal ricordo e dal seno della Chiesa le sentenze di anatema che hanno fatto loro seguito. e il cui ricordo opera fino ai giorni
nostri corne un ostacolo al riavvicinamento
nella carità,’votandoli alTohlTo*;'" •
c) di deplorare infine gli incresciosi precedenti e gli eventi successivi, che sotto la pressione di vari fattori, fra i quali l'incomprensione e la sfiducia reciproche, hanno infine
condotto alla effettiva rottura della comunione ecclesiastica ».
Sottolineando che questo gesto non pone
fine allo scisma fra Roma e la Chiesa ortodossa, la dichiarazione la definisce « l’espressione d una sincera volontà reciproca dì riconciliazione e come un invito a proseguire,
in uno spirilo di fiducia, di stima e di mutua carità, il dialogo che le condurrà, con
1 aiuto di Dio, a vivere di nuovo, per il mag.
gior bene delle anime e per l'avvenio del Re.
gno di Dio, nella piena comunione di fede,
di comunione fraterna e di vita sacramentale
che esistette fra loro nel corso del primo millennio della vita della Chiesa ».
L arcivescovo di Atene, mons. Crisostomo,
ha annunciato che convocherà )1 s. Sinodo
della Chiesa ortodossa greca per conoscere il
suo pensiero sulla questione. « Spellerà a quest'aila assemblea — ha detto — decidere se
la Chiesa di Grecia deve associarsi a questo
atto ».
L arcivescovo Makarios, capo della chiesa
ortodossa autocefala di Cipro, riunirà anche
egli il sinodo della suo Chiesa per esaminare
la questione.
A Damasco il oatrìarca greco-ortodosso di
Antiochia ha affermato che « Tannullamcnlo
degli anatemi fra la chiesa cattolica e i] patriarcato ortodosso di Costantinopoli è di Inion
auspicio, in quanto permetterà di consolidare
1 intesa fra queste due Chiese ».
11 patriarca greco-ortodosso di Gerusalemme, mons. Benediktos, ha dichiarato a un
inviato deH'agenzia France Presse: « Studie-,
rò. con il s. Sinodo della mia Chiesa, il tosto
uffieiale della proclamazione fatta a Poma c
a istambul. Conferirò quindi su tale problema con gli altri palriareaii ortodossi. Solo
allora potrò fare commenti sulla decisione
presa dalle Chiese di Roma e di Costantinopoli ». A Gerusalemme, numerosi ialtolici e
ortodossi hanno deciso di celebrare qnesl’annullamcnlo degli anatemi, celebrando insieme il Natale, in base al calendario occidentale, il 2.) dicembre, e disponendosi a celebrare Pasqua alla data della festa ortodossa.
(soepi)
ufiirAi
di Scevola Paolo
O N E G L I A
Offerta speciale del rinomato OLIO
DI ONEGLIA per forniture alle Famiglie direttamente dalla produzione
in recipiente pratico e sicuro e cioè la
lattina da litri 1 circa:
N. 20 LATTINE
pagamento anticipato L. 16.000
pagamento c. assegno L. 16.400
N. 12 LATTINE
pagamento anticipato L. 9.800
pagamento c. assegno L. 10.080
versare gli anticipi .sul c/c postale
n. 4/23840 intestato a Scevola Paolo Oneglia.
Per informazioni scrivere a Scevola
Paolo ■ Casella Postale n. 426 . Oneglia
3
2a -966 -- N, 4
pa?- 3
A Madagascar
fi
FAMADIHANA
fi
Sin dal 1964 il pastore Roland de
Pury aveva sottolineato l’importanza
che ha nel quadro della vita malgascia quello sconcertante fenomeno che
ha nome, in lingua locale, « famadihana » e che, con voluta irriverenza,
chiameremo in italiano « giorno in cui
i morti vanno a spasso», seguiti da
tutto il corteo di parenti, secondo un
cerimoniale ben definito. Sì che questa festa appare ai nostri occhi come
un macabro ballo in costume. Ci è
parso interessante riferirne ai lettori,
valendoci tanto di un articolo atroarso
a suo tempo sulla rivista «Foi et Vie»,
quanto di tre corrispontdenze apparse
su « L’Ililustré protestant » tutti dovuti al già citato de Pury.
Non possiamo, evidenteipente, fermarci solo al fatto che, a Madagascar,
si usa tirar fuori dalle tombe i morti
affinchè essi partecipino alla festa inr
detta in loro onore. E’ necessario capire la ragione di tutto questo. Alcune
parole di un intellettuale malgascio,
riferite dal de Pury. sono veramente
rivelatrici. Il malgascio afferma (le
sottolineature sono sue) ohe la cerimonia di famadihana « concretizza la
credenza fcndamentale che nutriamo
nella sopravvivenza dell’anima umana. Vediamo, infatti, come parla la
saggezza malgascia. Essa insegna che
l’essere chiamato comunemente Uomo
è costituito daH’associazione di tre
elementi : il corpo, che viene dalla
terra, il soffio vitale, che viene dal
Creatore, e l’anima, di origine celeste,
a cui Dio ha dato origine. Il corpo ed
il soffio vitale costituiscono un tutto,
destinato ad essere uno strumento a
servizio deli’anima durante il suo soggiorno terreno, sì che questa abbia
sempre coscienza della sua origine, e
del suo destino celeste. Alla morte,
questi tre elementi si dissociano : mentre il corpo si riduce in polvere e il
soffio vitale torna alla sua origine,
l’anima, dal canto suo, liberata dai
suoi legami, s’incammina verso il
cielo (...). La saggezza naturale del
popolo malgascio ha raggiunto queste
vette ben orima dell’impiantarsi delle
religioni cristiana e musulmana nella
nostra isola. Ed è per mantenere questi valori che conserviamo pienamente, senza reazioni xenofobe, in seno allo sbocciare della civiltà occidentale,
queste manifestazioni proprie della
nostra terra
L’abitante di Madagascar non conosce rindividualismo. Per lui « la comunità fondamentale è quella del san.
gue che costituisce il legame di parentela. Prima ancora di dilatarsi nella
coppia, famiglia, clan e tribù, la comunità di parentela affonda le sue radici incrollabili nella tomba degli antenati. Dal Dio Creatore fino al grano
di sabbia perso in fondo al mare, passando per l’uomo, l’universo è senza
cuciture, senza fratture o discontinuità. La famiglia ne costituisce il
centro che, vero microcosmo, integra
tutta la creazione e il Creadore della
vita. E’ l’unità del mondo (...). La coesione della nostra comunità di parentela è fondata sull’autorità reale dell’antenato comune. Chi dice autorità,
dice potere, octere tutelare o nefasto.
Vi è qui un’influenza diretta (...) dei
morti sui viventi. Che importa! se
questa autorità, riconosciuta volontariamente e biologicamente fondata,
contribuisce a rafforzare l’unione di
tutti (...ì. Il giorno di famadihana è
un giorno di gioia (...). E’ raro infatti
di poter vedere riuniti in imo stesso
luogo tutti i membri della grande famiglia: i vivi insieme con i morti (...);
si è felici di rivedersi. Ecco perchè i
pianti ed i rimpianti sono rigorosamente vietati nel corso di questa cerimonia che vi pare macabra, ma che
per i malgasci è una solenne riunione
di famiglia ».
Lunga la citazione, ma essenziale
per capire quale significato si dia a
questi cadaveri esumati, rivèstiti di
seta, portati in giro e poi resi alle loro
tombe, vere divinità ancestrali nei
loro templi. Si pensi che queste tombe possono costare — in un paese povero dove neanche i salari vengono
pagati tutti i mesi — fino a 20.(X10 F,
l’equivalente di trent’anni di lavoro di
una famiglia di coltivatori!
Si, effettivamente si tratta qui di
una religione vecchia come il mondo,
fondata sulla fede nell’unità dell’universo, sulla certezza della continuazione della vita, sulla coesione della farnigha malgascia. Il de Pury nota giustamente ohe le « vette » raggiunte dalla religiosità malgascia sono «i luo
ghi comuni di tutti i paganesimi. Non
V è religione ohe non le abbia ragpunte, coimpresa, senza dubbio, la religione cristiana (...)., mantello evangelico gettato su verità pagane (...) »,
che non c’interessa, ma ohe è stata
talvolta presentata, a Madagascar,
ma non solo là, come il cristianesimo.
Di fronte alla morte il cristianesimo
dice, con Paolo « la morte è stata
sommersa nella vittoria» (1 Corinti
. ■ fronte a questa morte «che
m irighiotte, che continua nel modo più atroce, più assurdo, più scandaloso a inghiottire indifferentemente
1 figli di Dio e i figli del mondo, gli
operai Più indispensabili della Chiesa
corne i suoi nemici più accaniti, gli
amici che ci sono più cari come gli
esseri più indifferenti, morte che si leva come il sole sui buoni e sui malvagi, sui giusti e sugli ingiusti, sui
giovarli e sui vecchi, morte che inghiottirà ciascuno di noi ad un momento altrettanto imprevisto che quello del ritorno di Gesù», abbiamo la
fede in Colui che la morte non ha potuto trattenere. La morte sommersa
nella vittoria è la morte sommersa nella morte e nella resurrezione di Gesù.
Ma il pagano, qualsiasi pagano,
ohiunque si muove su di un piano
extrabiblico, non capisce nè apprezza
questo discorso. A Madagascar si è di
fronte ad una morte che non inghiotte affatto, che non annienta e
che non ha perciò alcun bisogno di
venir sommersa dalla vittoria di chicchessia. Perchè a Madagascar i morti
vivono, anche se indiscutibilmente alla luce deirEvangelo questa loro vita
è falsa e bugiarda.
Ma qui sta appunto la gravità della
situazione : non tutti i cristiani e, diciamolo pure con tristezza, non tutti
i protestanti malgasci hanno saputo
operare la necessaria rottura con la
gioia torbida del « famadihana » e di
tutto quello che presuppone. Anche
per certi cristiani rimane vero che
«i morti non fanno che succhiare i
viventi senza render loro nulla. Come
gli dei ». Perchè « una tomba non prò
un discutibile
ballo in costume
duce nulla, non fa che inghiottire le
risorse del paese (...), quelle squadre
di operai che lavorano per dei mesi
aU’edificazione di case mortuarie in
granito, non costruiranno strade, non
pianteranno frutteti, non installeranno alveari, non creeranno officine, non
impareranno la meccanica», ma soprattutto tutta la vita rimane ripiegata su se stessa. Lungi dall’espandersi armoniosamente, essa si rifa continuamente alla sterile influenza degli
antenati. Persino la demografìa viene
ad assumere un significato religioso.
« Dovete avere il maggior numerò possibile di figli ,che si occuperanno di voi
quando sarete morti. i discendenti sono i futuri sacerdoti della religione di
quell’antenato che diventerete grazie
a loro. Più un dio ha sacerdoti e più
esiste, è evidente. Così non soltanto i
morti assorbono il minimo vitale dei
viventi, ma i futuri morti li moltiplicano per garantirsi una divinità. Tutta la storia risale continuamente verso i morti ».
E’ così che nel settembre scorso è
stato celebrato ancora una volta, a
Madagascar, il festival dei morti. Anche la radio locale ha dedicato numerose trasmissioni a questo avvenimento, riferendo in particolar modo la storia di un notabile di Majunga. certo
Toto Vantana Honoré, morto nel 1960,
la cui salma veniva esumata e trasferita al suo villaggio di origine. Ecco la
scena che il de Pury fa rivivere : «Gran
messa in presenza del Caipo dello Stato, e altra messa all’arrivo e tutto ü
resto. Ci hanno spiegato ohe Toto Van.
tana Honoré era un cattolico fervente
e che il suo più ardente desiderio era
di riunirsi ai suoi antenati nella tomba della sua famigUa: infatti (cito
qui a memoria senza poter precisare
se la frase è dovuta allo speaker o al
sindaco di Majunga, protestante, che
pronunciava il discorso) ’’non crediamo soltanto che, alla sua morte, Toto
Vantana Honoré è andato a fondersi
nella divinità, ma anche che continua
ad esistere individualmente fra i suoi
antenati nella tomba”. Non v’è dunque un solo abitante di questo paese
che possa ignorare ¡.a questo punto
qual’è la fede di un malgascio cattolico (o protestante?) fervente e che possa augurarsi ricompensa più alta di
quella attribuita ai resti di Toto Van
tana Honoré. Ci si domanda se vai
la pena di continuare a gridare nel
deserto. Infatti la Chiesa romana ogni
domenica predica alla radio ravange
10 con una fedeltà notevole; ci sforziamo di fare altrettanto, e il Sinodo
3 964 ha condannato esplicitamente tutte le forme di culto dei morti. Ma cosa può servire se in altra sede si presta mano a un atto che svaluta totalmente quello stesso Evangelo (siamo
noi che sottolineiamo) (...). Quanto
alle credenze malgasce (...): esse costituiscono un capitolo interessante e
tipico della storia delle religioni (...).
Ma quel che è insopportabile, è la
commedia cristiana che tali credenze
rappresentano, è il ballo in costume
al quale partecipano su arie evangeliche, è questa sistematica presa in giro del nome cristiano. Che cosa siamo, lì dentro, noi ministri della Parola di Dio? dei truccatori? dei costumisti? dei mercanti di maschere? dei
registi? Sì, al massimo questo. Ma sarebbe più franco constatare che la risurrezione di un certo Gesù non è altro che un capello nella minestra di
questo gran festino in cui tutti i pagani del mondo fanno una scorpacciata di morti e di dei ».
Parole amare e dure, ohe sono ben
ccmprensibili nel quadro di un cristianesimo così evidentemente e, diremo, sfacciatamente sinoretista qual’è
quello della « Grande Isola », mentre
11 governo malgascio e quello francese
stanno accordandosi per il ritorno in
patria di trecento soldati malgasci
morti in Francia cinquant’anni fa.
Morti-viventi, che saranno accolti con
la debita gioia e le debite manifestazioni di parentela dal loro villaggio e
dalla loro famiglia.
Eppure, neH’ultima corrispondenza
da Madagascar, la più dura nella condanna e forse quella da cui traspare
più forte lo scoraggiamento, il pastore
de Pury scrive una picco! a frase :
« Resterò qua con i miei fratelli malgasci, partecipe della loro lotta spossante ». Vi sono molti modi, anche
per noi, (fi « restare accanto » a chi
lotta, o di non farlo. Chi è in prima
linea, si sappia sostenuto da tutta la
Chiesa. E nessuno dimentichi mai che
in Gesù Cristo non abbiamo un morto-vivente, ma IL Vivente.
Giovanni Conte
Il sincretismo deila reiigiosità naiuraie non è riservato ai cam/ìi di missione...
Culto dei morti e fede nel Vivente
Nella sua « Théologie de VAncien Testameni » (Labor et Fides, Genève 1963, p.
242-243) Gerhard von Rad dedica questa
nota alila religiosità dei « cari scomparsi »
che, dobbiamo riconoscerlo, non concerne
solo i Malgasci.
« Per quanto si possa risalire la storia, la
fede in Yalive -si è sentore oipposta con
assoluta intransigenza a qualsiasi forma di
culto dei morti. Per Israele, come per la
maggior parte dei popoli di formazione religiosa ancora primitiva, la tendenza spontanea era quella di attribuire al morto e
alla tomba un valore sacrale positivo. Non
c’era ragione di diuibitare della sopravvivenza del morto — almeno se essa era garantita da determinati riti; il morto era
soltanto trasformato e rappresentava, a un
livello più alto di quanto non fosse nella
sua vita terrestre, una potenza della quale
bisognava tener conto. Vi era quindi un
elementare vantaggio nel regolare il rapporto dei vivi con i morti. Possono nuocere, certo, ma si può pure trar partito dalla loro accresciuta conoscenza. Cj si può
rendere conto di quanto queste concezioni
fossero ancora vicine alla mentalità d’Israele, constatando che airepoca di Isaia o del
Deuteronomio ai era ancora tentati d’interrogare i mortifls. 8: 19; Deut. 18: 11)...
Se Si pensa che dopo tutto si tratta di vestigià rudimentali di un culto divenuto clandestino..., sarebbe del tutto errato sollovalutare da un lato la forza di tentazione
che proveniva da questo settore e dall’altro
la forza di resistenza che Israele mostrava nel rinunciare a ogni comunióne sacrale con i suoi morti. II Deuteronomio esige
ancora, al momento della presentazione
della decima, che colui che l’offre faccia
la solenne confessione che non ne ha fatto alcun uso per nutrire i defunti' (Deutelonomio 26: 14). Ci si può domandare se
la designazione di « culto dei morti ii non
rende troppo onore a queste pratiche isolate. Questi poveri gesti verso un defunto
avevano ancora valore di vero culto? Si
esprimeva comunque in essi una relazione
sacrale con i morti, ohe non poteva andare
di pari parsso con il culto reso a Yahve. E’
cliiaro elle resclusivismo cultuale di Yahve
Si è manifcistato in modo particolarmente
intransigente nei confronti del culto dei
morti, come di tutto ciò che poteva avere
il sia pur minimo rapporto con esso. Ad
es. alcuni riti funerari che non avevano con
il culto dei morti che un legame assai tenue, sono stati respinti con uno zelo che
può stupire OLev. 19: 28; 21: 5 s; Deuteronomio 14; 1). Il risultato di tutte queste
misure è una demitizzazione e una desacralizzazione della motte. Il morto restava
totahnente al di fuori deH’aniibilo cultuale
di Vahve e Israele non doveva conoscere
altro cullo che quello. 1 morti erano separali da Yahve e da ogni comunione vivente con lui, perchè erano al di là del
quadro del culto che gli era reso (Salmo
88: 11-13), In questo slava l’amarezza della
morte e i salmi di lamento esprimono in
modo impressionante quest’esperienza ».
F evidente, sullo sfondo di questa visione, quale novità sconvolgente, meravigliosa abbia coslitidto la resurrezione di Cristo e la sua predicazione: FEvangelo della
Vita, ma in Lui, per pura grazia, dono so
vrano e imineTitato, realtà nuova acquistata
a prezzo inconcepibile. Non ci è facile reggerci a questo livello^ su questo filo dii lama
che è la vita della fede ; continuamente
siamo tentati di ricadere nella religiosità
naturale^ anche in una qualche forma inconscia di culto dei morti {le estreme
onoranze », « rendere onore allo scomparso », ecc.). Su un bollettino di chiesa abbiamo letto queste ¡xrrole: « Per le varie
cerimonie liturgiche siate semplici*, non
imitate gli altri, non fate secondo quel che
dirà la gente, cercate piuttosto di vivere
quello che è predicato... per i servizi funebri, ricordate che Cristo è risorto e che
”un certo dolore inebria — scriveva un
pensatore — e dà un sentimento segreto
della propria importanza, ci assorbe nella
contemplazione di noi sle&si' e non ci consente di conoscere la gioia della liberazione . Per carità ricordiamoci dei viventi*:
asili, orfanotrofi, rifugi, opere del Signore
racchiudono persone (die aspettano il vostro fiore, la vostra corona ».
Calvino non volle altra tomba che una
fossa ignota; in genere diciamo che volle
così evitare venerazioni assolutamente incompatibili con la sola gloria di Dio per
cui aveva vissuto; ma ce qualcosa di più
profondo, cè l’orrore della fede per la
stoltezza di tutto ciò che, al momento in
cui risulta patente che siamo polvere, tende « distogliere lo sguardo dalVUn-ico, che
ha l onnipotenza di dare e riprendere, creare e distruggere e riscattare la vita, perche
c il Vivente, in eterno. Appartenergli, in
vita e in morte, è la nostra consolazione e
la nostra speranza.
Superamento
senza rotture
Il cattolicesimo conciliare
in una conferenza del pastore Paolo Ricca, seguita
da dibattito
Ivrea, 14 gennaio. — Ieri sera, nella sala
civiea per Conferenze, il pastore Paolo Ricea
ha tenuto una pubblica conversazione sul tema : «Un giudizio protestante sul Concilio
Vaticano II ». Un numeroso pubblico (tra
cui abbiamo notato anche il vescovo di Ivrea)
ha seguito con sostenuta attenzione l’esposizione dell’oratore, sempre documentato, profondamente sereno pur nella estrema chiarezza delle posizioni, delle obiezioni e delle critiche.
Paolo Ricea ha esoribto dando una rapida
analisi delle varie prese di posizione conciliari, interpretandole tutte in base allo schema « superamento senza rotture » : al filo dei
vari, fondamentali documenti conciliari, abbiamo visto profilarsi con sempre maggiore
chiarezza un cattolicesimo che si trasforma
profondamente, ma che rimane sostanzialmente fedele — anzi, sempre più fedele —
alla sua impostazione di fondo : un cattolicesimo diverso da quello conosciuto negli ultimi secoli, ma non meno cattolico di prima.
La parte più appassionante della conferenza, e largamente raccolta nel dibattito
seguente, è stata quella in cui l’oratore ha
affrontato il problema dei rapporti tra cattolicesimo e protestantesimo: l’atmosfera è
cambiata, non siamo più in tempi di scomuniche, certo: ma quando dobbiamo affrontare le questioni di fondo — egli ha detto —
proprio dinnanzi al cattolicesimo conciliare
dobbiamo dire che il dissenso tra cattolicesimo e protestantesimo si sta radicalizzando;
in un certo senso, questo dissenso sta diventando più puro, meno influenzato da fattori
puramente umani e storici : ma è chiaro
che, pur in un’atmosfera più serena, non
esistono vere e proprie convergenze teologiche e spirituali tra protestantesimo e cattolicesimo.
L’oratore ha poi puntualizzato questa divergenza in tre punti principali:
— la non accettabilità, da parte protestanle, del concetto cattolico di chiesa : questa
chiesa che si pone come centro di gravitazione della storia, e che vive con una gerarchia sempre più sacralizzata, non è la
chiesa qual’è compresa dagli evangelici in
base alla Scrittura;
— il rifiuto del tipico concetto cattolico
di sintesi di tutti i valori del mondo nell’ambito della chiesa stessa : la chiesa è chiamata a proclamare il ravvedimento e a portare delle rotture nella storia, non ad operare deUe sintesi di valori;
il rifiuto di valutare le chiese (cattolica e protestante) in base ai vedervi di cui
sarebbero portatrici : paradossalmente, proprio 1 ampia rivalutazione che il cattolicesimo sta facendo dei « valori protestanti » è
per i protestanti stessi inaccettabile, perchè
con questo si viene a giudicare la vita delle
chiese con un criterio completamente inadeguato : « non per i nostri valori, ma per
fede siamo giustificati davanti a Dio e alla
storia », ba detto l’oratore.
Malgrado questa chiarissima presa di posizione, la conferenza non si concludeva tuttavia su una posizione di chiusura: il dibattito deve continuare, nella sofferta coscienza
della serietà dei compiti che il Signore affida ai suoi credenti nel mondo.
II dibattito è infatti cominciato subito,
dopo la conferenza: da una parte è stata
autorevolmente puntualizzata la posizione
cattolica, daH’altra sono stati presentati molL’oratore ha lasciato in tutti
l’impressione d’una grande serietà di prepazione e d’informazione, e la serata ha indotto più d’uno a pensare che anche in una
città come Ivrea è possibile condurre con rigore quel dibattito tra Protestantesimo e
Cattolicesimo che è essenziale per la testimonianza cristiana nell’oggi, e che non può essere sostituito da superate schermaglie nè
tanto meno da illusori « dialoghi » in cui
venga taciuto l’essenziale.
Per i membri della chiesa di Ivrea e de!
Canavese (valdesi, fratelli, battisti) questa
serata ha rappresentato un punto fermo e
una svolta: senza inutili e infondati complessi d’inferiorità, ci siamo resi conto che
quantlo abbiamo qualcosa da dire lo dobbiamo dire, e troviamo anche chi ci ascolta con
attenzione e interesse: anzi, con tanto maggiore interesse quanto più mostriamo la nostra fisionomia propria, senza intrupparci an.
che noi nella vasta schiera dei compagni di
strada del cattolicesimo riformista.
Laicus
I L E T ¥ O R I CI SCRIVONO
Un presepio teologico
“aggiornato,,
Una !eflrice. da Roma:
Caro Direllore,
fra ì lanli presepi che presentano
ai ledeli della iioslra cillà la scena
della nalivilà, (jual; con iircoi’ciipazione artistica, quali con gusto moderno, (|iiasì limi sfruttando le possihiliìa della ti'eniea moderna, ime
mi Ila eoliiito, visitando eoii una
mia amica hi eliiVsa di S. Ale.ssio
all Avenlino. ¡Nella bella cripta, nascondendo fili aflreselii del XII e
XIII sf'colo, erano presentati ‘loi
quadri hihliei, alcuni dei qoali mi'
ricordavano quelli degli alberi di
INalale ■love i nostri bimb/ pa.ssano
e dove ditti noi eiamo passati, al
nostro tempo, ora come pastori, ora
come magi, ora rome membri della
sacra famiglia!
Ma la « punta » del presepio di
S. Alessio è un'altra. Mi ha rolpito
perchè vi ho visto un presepio « teo
logico », in cui sfilava, quadro dopo
quadro, tutta la storia della salvezze. Descrivo i 5 quadri: 1) La creazione. 2) Noè accanto all’aria;
Àbramo davanti all’altare; Mosè coi
roioll; Davi'de con l’arpa; nello sfon.
do Maria con l’angelo. 3) La stalla
in primo piano e dietro un movimenlalo paesaggio palestinese. 4| Le
vie di una città moderna e lontano
su una collina (’risio in croce. ,S)
Una voce evoca i'I passare delle varie civiltà di cui si vedono lemnli e
monumenti e ricorda elle cielo e
terra passeranno, ma la Chiesa caliolica fondala .sulla parola di Cristo
durerà in eterno. Appare allora una
n'prodiizione del Concilio Vaticano Il e la voce .spiega rlie papa e
VC.SCOVÌ continuano la missione di
Gesù, guidando gli uomini al cielo.
A questo punto la basilica di S. Pietro s’illuimina di lampaduie e di
giochi di luce e riempie il quadro.
Al giovane sacerdote che faceva
il servizio ho ehi'esto se lutti e
cinque i quadri erano sullo stesso
pi'ano. Mi ha risposto di sì, che
(( tutti e 5 fanno parte allo stesso modo della storia della iioslra redenzione ». All altra domanda, se fuori
deirauifbito di quella Chiesa non ci
sarebbe salvezza per gli uomini, mi
ha assicuralo che questo proprio non
è possihi'lc, secondo le Scritture. E
ha formulalo la certezza che il clima ecumenico porterà lutti — forse
ri vorranno seroli, « ma ci si arriverà » — nel 5o quadro del preticpio deH’Avenlino.
Cordiali salini'. Re,tu Subilia
Culto radio
ore 7.40
Domenica 30 gennaio
Fast. AURELIO SBAFFI
Airordine,
direttore!
Vf} lettore, da Torre Pellice:
Caro Diri'lloru,
premio allo del Suo desiderio, chiaramente espresso, dj vedere abrogalo
rAtlo dichiarativo del Sinodo 1894
sulla confes-sione di fede valdc.se. Devo però, sia pur .scherzo-samenle, repliearLc che la Tavola Valdese avrebbe ora tutti i motivi per richiaiuarLa
all'ordine, e chiunque abbia dei dubbi in proposito legga resatirienle articolo del prof. Peyrot nel n. 1 del
giornale, ila! titolo ti L integrazione e
la confessione di fede » : In esso è
specificato in tutte lettere che, a seguito di una richiesta di delucidazioni da parie del Presidente della Ghiesa Metodista, il Sinodo 1947 precisò;
« L'Atto dichiarativo del 1894 è Atto
sinodale c ritrae pertanto la .sua validità da'la stessa fonte di autorità
dalla quale è emanata la confessione
di fede del 16.35 ». E’ evidente per
tanto quanto .segue:
1) il Suo desiderio è un opinione
personale, per quanto più o meno
condivisa in un certo amliienle, e
finché resta tale non può consenliiLe
di dare giudizi as.soluti ili <■ ortodossia
valdese »;
2) l'abrogazione dell'Atto dichiarativo del 1894 porterebbe all lmmediala rottura delle Iraltalive per
l’unione eon la Chiesa Melodista (il
elle, dal Suo pun:o di' vi.sia, lo eomprendo bene, non sarebbe noi un
gran male...);
-1) tale idimgazione provoeliercbhe probahilmente mia frattura verticale nella CJiiesa Valde.se (il ihc, pcn.
so, sarebbe un male anche per Lei).
Sul « sentimentalismo » del Risveglio, sulla religione « de] cuore » cce.
ci sarebbe mollo da dire: con c argomento che si possa liquidare eon
poche parole di commiserazione. Ad
ogni modo è grazie :.d esso e alla sua
carica di evangelizzazione .se la Chiesa Valdese ha oggi qualcosa da dire
in Italia e non è eonfinata nel ghetto
delle sue valli.
Infine, è a mio avviso da respingeri la contrapposizione Dio e sua
parola -- uomo e suoi sentimenti, in
tpianlo è chiaro che se se c vero che
I uomo ha valore in quanto Dio glie
ne dà con la sua Grazia, è anche vero
elle, re si prescinde daH'uomo. non
Ila più senso 1 inearnazioue li Dio nel
Cristo vivente (efr. anche Lutero:
comm. a (¡lov. 6: 47).
Cordialmente Adriano Donini
Abbiamo ricevuto
I e, I anziano isolalo della diaspora :
Rima Maraiida (Aosta) L. 3.000 (ei
scusiamo per il ritardo con cui lo
eomiiniehianio).
Pro fondo costruzione cappella di
Marsala (tramite Salvatore Garzia):
R- E. (Torino) 550: M. L. (Torino)
1.250; I. G. V. (Milano) 1.000; J. E.
(Pomaretto) 650; V. S. (Firenze) .500.
Per Asilo dei Vecchi di Luserna
S. Giovanni^ in riconoscenza : Elsa e
Speranza Trou (Torre Pellice) 10.000.
Ringraziamo e trasmettiamo.
4
pag. 4
Valdesi
La Chiesa valdese perde un nobile e prezioso amico
e Metodisti 11 Dott. JULIUS BENDER
(già vescovo della Chiesa Evangelica Unita del Baden]
SEGUE DALLA SECONDA PAGINA
nel nostro Sinodo come nella Conferenza metodista e tenderemmo a distruggere lo stesso orincipio fondamentale deH’integrazione sostituendovi im oi^anismo fittizio ^pressione tipica di un nuovo denominaiismo unitario nel quale riprenderebbero vita
tutte le questioni pelose ohe il denominazionalismo unitario comporta, a
comiinciare da quella del nome e quella dei desaggi proporzionali.
Del resto ci sembra che la via da
noi indicata è quella su cui han camminato i nostri rispettivi Sinodi, come lo dimostrano le decisioni prese
nel 1963 allorché la Conferenza metodista volle che lo studio condotto dalla Commissione mista fosse presentato dopo l’esame da parte delle chiese
alla « sessione prossima della Conferenza metodista e del Sinodo valdese»; ed il nostro Sinodo propose che
la Commissione stessa riferisse « ad
ima sessione congiunta del Sinodo
valdese e della Conferenza metodista ».
Orbene noi crediam.o che il processo integrativo oompcrti ancora sul
piano disciplinare e strutturale una
quantità di questioni da esaminare e
studiare in comune per giungere a
proposte risolutive comuni da tradurre in pratica degli organi deliberanti delle due parti, congiimtamente
o separatamente poco importa. Solo
dopo che questo lavoro, ohe ad oggi
è assai trascurato, sarà stato compiuto, il funzionamento dei rispettivi organi centrali potrà integrarsi in un
lavoro comune mediante riunioni congiunte produttive, assumendo così di
fatto la coscienza precisa dell’unico
corpo costituito dalle nostre chiese.
Ma anche a questo livello «la teoria
ecclesiastica segue sempre la pra,tica»! Non si tratta quindi di ricercare organismi nuovi a nessun livello,
ma di uniformare la veste ed il funzionamento di quelli esistenti dalle due
parti per renderli adatti ad integrarsi
per lavorare insieme. Appaiare per
unire quindi, non già unire per appaiare. Questa seconda via è quella
della fretta, del lealismo e conduce
a quelle soluzioni che di comune intesa Ubiamo scartate sin dal 1955.
Sarebbe un errore ritornarvi. Del resto anxdie la Commissione mista afferma che « la base del nostro progetto è dunque la convocazione di un
Sinodo congitmto». Sono le modalità
proposte che appaiono improprie ed
inadeguate; in quanto non si tratta
di mi « Sinodo congiimto », ma di
convocare congiuntamente il Sinodo
e la Conferenza metodista. Ed a meno che le parole non abbiano più il
loro significato proprio, questa è la
volontà espressa dai rispettivi Sinodi. Ci sembra che tale convocazione
abbinata, per vedere più nel profondo
i problemi che ci sono dinnanzi potrebbe avvenire anche ora come avvieiie al livello delle amministrazioni,
ma se si vuol rendere efiBcente un tale procedimento di avvio costruttivo,
occorre prima operare nel campo delle struttuse e delle discipline relative
quei ridimensionamenti rispettivi e
quelle assimilazioni normative, per
null’affatto difficili sul piano tecnico,
che sole possono rendere utile e pratico un continuativo periodico lavoro
congiunto al livello sinodale.
Quello che ci sembra importante è
di non farsi prender la mano da prospettive di anticii>azioni verso il futuro ,trascurando quel lavoro minuto
ma di base che al presente si impone; e che forse, per essere meno appariscente e meno brillante delle
grandi soluzioni di prospettive future, non riesce a richiamare su di sé
l’attenzione di quanti tia i nostri dalle due parti preferiscono abbandonarsi alle grandi ccstruzionì teoriche
prima ancora di attuare quelle fasi
preparatorie che sole possono dimostrare se i ventilati progetti possono
stare o meno in piedi.
E noi crediamo che se in questi
dieci anni che si pensa all’integrazione si fesse svolto maggiormente lur lavoro preparatorio minuto sulle piccole cose procedendo con metodo ai diversi livelli operativi, e non avessimo
saltellato qua e là perseguendo i fini
ultimi in grandi progetti e attuando
qualche sporadica soluzione di fondo,
la situazione non darebbe a molti
queirdmpresslone di stanchezza che
essa ha e di insoddisfazione e sarebbe
assai più avanzata e maturata nella
conoscenza delle nostre comunità e
quindi il restante operare sarebbe di
molto più facile.
Sul piano concreto crediamo che
non ci si possa discostare dalla linea
fondamentale della nostra comune
gerarchia di assemblee. Da quelle di
chiesa dove i singoli si sommano senza rinunciare ciascuno alla propria
posiziono confessionale, sino a quella
massima dove i Sinodi si congiimgono
sommando la loro rispettiva autorità
senza dovervi rinunciare in favore di
un supersinodo di per sé contrario
istituzionalmente nella sua impostazione a tutto lo spirito del processo
integrativo sin qui condotto. Il « Sinodo unito » già c’è, non v’è bisogno
di inventarlo, basta che ciascuno alleggerisca un tantino le sue strutture
e si convochino congiuntamente le
due supreme assemblee.
Giorgio Peyrot
Il 15 gennaio 1966 il Signore ha richiamato a sè, nella sua casa nei pressi di Karlsruhe il vescovo J. Bender, da molti anni familiare al cuore di molti Valdesi e ospite dei
loro Sinodi da un decennio.
La notizia era comunicata alla popolazione dai quotidiani con vistose partecipazioni,
la prima delle quali — quella della famiglia — recava questo avviso : « Il funerale
verrà celebrato nella Chiesa di città, venerdi 2 Igennaio 1966. In luogo di fiori e corone, gli intervenuti sono pregati di offrire
un dono per la Chiesa Valdese d’Italia ».
La stessa preghiera leggevasi anche in calce a una partecipazione della Amministrazione della Chiesa del Baden.
La notizia coglieva un po’ tutti di sorpresa e destava ovunque una grande emozione. Non erano però dimenticati gli amici
d'Italia e subito partivano telegrammi per
Roma e telefonate per le Valli Valdesi.
L’indomani presenziavano ai funerali a
Karlsruhe i pastori di Roma, Torre Pellice,
Basilea e Villar Perosa.
Il vescovo Bender era nato nel 1893 da un
impiegato deUe ferrovie del Baden, ed aveva
frequentato il ginnasio-liceo in Mannheim e
gli studi teologici a Kiel e Tübingen. Dopo
alcuni anni di pastorato nella Foresta Ner.,
a 35 anni era stato chiamato alla direzione
della Casa delle Diaconesse di Nonnenweier.
Egli era una personalità veramente eccezionale, e alle doti di una forte l’ultura univa quelle di una grande pietà e d* un lalento oratorio ed esegetico rari.
Il nazismo lo trovò fìn dairinizio alla opposizione. Fu nella direzione de.lla Chiesa
Confessante del Baden e come tale lottò e
soffrì quanto volle... Ma, appena cessata la
guerra, nel 1945, fu eletto vescovo del Baden e da quel momento affrontò il compito
immenso di ricostruire la sua chiesa dispersa
c i mille templi distrutti. Sotto la sua direzione, in poco più di tre lustri, avvennero
dei miracoli. Sulle antiche macerie sorsero
ovunque nuove chiese e nuove case pastorali
attorno alle quali le comunità ricevevano una
nuova magnifica organizzazione. Egli sapeva
stabilire con la università di Heidelberg un
collegamento prezioso per la chiesa e per
mezzo della Accademia Evangelica creata ad
Herrenalb riusciva a penetrare in tutti gli
strati sociali della regione. Fervido protestante sapeva pure stabilire con le autorità
cattoliche (metà del Baden è cattolico) degli
ottimi rapporti e cosi pure con il mondo civile e politico. Curava anche le cose apparen.
temente secondarie: fin daH’inizio aveva riorganizzato il canto della chiesa e stampato un
innario di oltre 500 inni. Anche sue merito
fu la riorganizzazione delle fanfare alla cui
direzione chiamò il nostro caro amico Emilio
Stober.
L’INCONTRO CON I VALDESI
Conobbe i Valdesi dieci anni or sono per
mezzo di un loro pastore incontrato nella
sua Accademia di Herrenalb. Si interessò vivamente alla loro storia e alla loro attività
presente. Non risparmiò sforzi per stabilire
sempre maggiori rapporti tra la sua grande
chiesa e la pìccola Mater Reforraationis dTtalia. Invitò il nostro Moderatore ai sinodi di
Herrenalb ed accettò egli stesso di venire
ai nostri in Italia. Venne talvolta apposta a
Torre Pellice per incontrarsi col corpo Pastorale Valdese e offrirgli uno studio sulla
Chiesa Germanica. Invitò ogni anno ad Herrenalb per dei periodi di riposo n.sico e spirituale numerose famiglie di pastori Valdesi.
E scrisse sui giornali della sua Chiesa innumerevoli articoli pc; far conoscere ed amare i Valdesi e parlò di loro in mille discorsi
davanti ai più svariati uditori. Gli ottanta
Valdesi venuti a Mannheim nel 1964 ricordano il suo grande discorso di commiato dinanzi a circa diecimila persone — egli stava
per entrare in emeritazione — e ^e appassionate parole rivolte aH'indirizzo della Chiesa
Valdese.
Egli la conosceva ormai per ogni dove,
aveva percorso le Valli in ogni senso, fin
nella Ghieisa d’Ia Tana e con alcuni collaboratori, si era spinto fino a Roma, Palermo
e Riesi. Apprezzava particolarmente il Collegio di Torre e confidava agli amici: « Una si.
mile scuola non deve essere chiusa per difficoltà economiche ... ». A viste umane, a viste Valdesi, egli non avrebbe ancora dovuto
esserci tolto!
LA FINE
Il giorno di quest'ultimo Natale, dal suo
letto, egli scriveva ad un pastore Valdese
queste parole :
« Caro Fratello in Cristo, Perdoni il mio
lungo silenzio. Una grave malattìa mi ha
impedito di scriver prima. Cinque settimane
or sono credevo d’esser giunto al termine
della mia vita. Poi una notte Dio ha operato
come un miracolo e mi son sentito meglio.
Debbo tuttavia ancora serbare il letto.
« I miei pensieri vanno spesso alla Chiesa
Valdese e ai nostri fedeli amici... .Mia moglie
ed io vi auguriamo un buon anno nella pace
di Dio... Spero che il Signore ci permetta dì
rivederci ancora in Germania. L’ampliamento
della casa della nostra Chiesa a Herrenalb è
liliimato, avevamo bisogno che fosse più grande per poterci ospitare anche i nostri fratelli
V^aldesi.
« Debbo concludere, le mie forze sono ancora mr^to deboli... vi salutiamo molto cordialmente... ».
Pochi giorni più tardi egli si aggravava
nuovamente e alla vigilia della morte al suo
collaboratore e Consigliere Ecclesiastico Dr.
Kiihlcwein, con voce ormai debolissima egli
dava alcune disposizioni circa i suoi fune
rali eppoi soggiungeva: «Vi prego, ricorda
tevi della Chiesa Valdese, non la abbandona
te, continuate ad assisterla quanto potete... »
IL FUNERALE
Ebbe luogo con 1^ partecipazione di una
folla imponente c di personalità giunte da
ogni parte della Germania. La liturgia scrit
la dal Vescovo stesso era molto breve e com
prendeva una semplice predicazione sulla pa
rabola del F igliuol Prodigo. Nessun discorso
Le personalità che portavano i saluti di al
tre chiese potevano farlo soltanto con la let
tura di un passo biblico. Il pastore Carlo
Gay, a nome della Chiesa Valdese disse: «Noi
non abbiamo quaggiù una città permanente,
ma cerchiamo quella futura ».
Al cimitero si recò solo la famiglia con
un gruppo di nove uomini che diretti dal
M'^ Stober rese Testremo omaggio dei trombettieri.
Addio dunque per sempre caro Vescovo
Bender!
Se tu hai mollo amalo la Chiesa Valdese,
anche in essa degli uomini ti hanno immensamente amato e hanno visto in te uno dei
migliori amici che il Signore avesse loro
mai fatto incontrare. Se il lutto dei tuoi familiari e della tua Chiesa è grande, anche in
Italia si piange. Se i tuoi collaboratori ed
Amici col nuovo Vescovo della tua chiesa,
vorranno assistere ancora la Chiesa Valdese,
come tu hai chiesto, credi pure che anche
in Italia vi sono dei cuori ben decisi a dedicare quel che resta della loro vita a far
essere « Uno in Cristo » quelli della Chiesa
Valdese con quelli del Baden.
E. Geymet
iiiiiimmmminMNini
iiriiiiiiiiiiimiuini
DALLE NOSTRE COMUNITÀ
AHGROGNA (Serre)
Per quanto il periodo natalizio stia ormai dietro le spaUe, ed anche di molto, e
neUe parrocchie delle valli si incominci
a pensare ai programmi delle celebrazioni
del XVII Feffrai'o, è giusto che col pensiero ritorniamo un po’ indietro nel tempo non per fare un’arida cronaca nia per
richiamare aUa mente il periodo sereno
trascorso. La neve, o piuttosto la mancanza di neve, che ha deluio forse qualrhè
sciatore, ha permesso comunque alla nostra comunità di svolgere i' programmi stabiliti. A Pradeltorno, il 24, la fes'.a dell’albero per i bambini ha registrato un
uditorio insolito. La strada ormai tracciata
dalla ruspa fino al termine ha permesso
una grande affluenza di' persone provenienti anche dal fondo vaRe. I pochi bambini
della scuola domenicale di Pradeltorno
hanno recitato le loro poesie, non sono
stati loro solo i protagonisti della serata
perchè anche il pubblico — se così ci è
lecito esprfmerci — ha collaborato con risposte a domande bibliche, col canto accompagnati da qualche altro giunti fin
lassù per farci un’improvvisata, colla letizia di ritrovarsi insieme. Il tempio e
l’albero adomati dalla Signora Barbiani, i
doni fatti dalla Chiesa del Serre, ma soprattutto quelli inviati daU’Avvocato E.
Serafino di Pinerolo alcuni dei quali distribuiti come premio a chi rispondeva meglio alle domande, le caramelle inviate
dalla Signora Bortoloiti hanno fatto si che
nessuno, nemmeno delle persone adulte,
tornasse a casa senza avere avuto qualche
leccornia o qualche balocco. Il meno che
possiamo fare è di dire grazie a tutti questi donatori ed animatori di questo incontro che ricordiamo come segno di benedizione da parte del Signore che ogni
poesia, ogni domanda biblica, ricordava
come il vero Donatore ed Ispiratore.
Un grazie di more diciamo anche agli
insegnanti ed alle monitrici che hanno
preparato ed istruito gli alunni delle scolaresche e delle scuole domenicali del Serre e del Gacel, nonché delle scuole del Capoluogo per la festa dell’albero avuta in
comune con la Chiesa del Capoluogo, al
Capoluogo il 26 dicembre. L’idea di celebrare insieme questa ricorrenza, per i
bimbi ripetuta quest'anno ha dimostrato la
piena validità e utilità della formula ora che
in Valle i bimbi diminuiscono.
1 culli di Natale, di fine ed inizio d’anno liat;no naturalmente fatto risuonare la
nota della grazia e dell’impegno che i'I Signore ci concede ed a cui ci chiama e rimangono, ne siamo convinti, Fesscnziale
del periodo natalizio, il centro dove la
Parola risuona per annunziare l’amore di
citi siamo Poggello da parte di Dio.
— Le attività continuano normalmente
nella comunità. Il Pastore Taccia del Capoluogo sta visitando i nostri quartieri
dopoché il Pastore del Serre ha già visitalo quelli del Capoluogo, e ci intrattiene
sul problema della non violenza in uno
s-udio introduttivo dell’argomento che sarà ancora svolto in altre riunioni. Lo ringraziann per la sua collaborazione.
— L’Unione femminile conta su un numero di partecipanti esiguo, ma svolge il
suo lavoro con perseveranza. Ringrazia la
Si.na Ethel Bonnet, insegnante ai Jourdan,
per la bella ora di diapositive, naturalmente commentale, offertale domenica 16
corr. e scattate dalla stessa presentatrice in
un viaggio in Ispagna la scorsa estate.
— Il 18 Gennaio è improvvisamente de
ceduto alPArvura, Daniele Rivoira, all’età
di 71 anni. La morte lo ha stroncato, senza che nulla lasciasse presagire la sua
fine, mentre slava segando della legna. Il
funerale ha avuto luogo il 20 gennaio: la
salma è stala tumulata nel ctaitero di
Angrogna Capoluogo. Rinnoviamo ai familiari colpiti dal lutto, ed in modo particolare alla compagna dell’estinto, le
espressioni della solidarietà della comunità
tutta nel dolore e nella speranza.
VILLAR PELLICE
Ha concluso la sua lunga giornata terrena
i] nostro fratello in fede Bertin Paolo, dei
Cognelti (Inverso). La chiamata del Signore
gli è stata rivolta improvvisamente, alla soglia quasi del suo novantesimo anno di
età. ed egli l’ha accolta serenamente come
.-^ermamente era vissuto, sostenuto sempre
dalla fede e da un grande amore pel suo
Signore del (pjale egli amava parlare e che
egli .serviva con zelo. Benché carico di anni,
egli era ancora eccezionalmente vegeto e forte ed erano rare le domeniche in cui il suo
posto rimanesse vuoto nel tempio. Anche se
il tempo era inclemente, egli non temeva di
affrontare un lungo tratto di strada a piedi
per la gioia di potersi ritrovare nella casa
del Signore e unirsi alia adorazione ed alla
preghiera in comune. Egli lascia un vivo ricordo di sè e lesempio di una vita vissuta
nella fede e nella con.sacrazioiie al Signore.
A tutti i suoi familiari od ai numerosi parenti noi rinnoviamo Tesprcssione della nostra simpatia cristiana e del nostro affetto.
Abbiamo ricevuto la visita del Prof. Augusto Armand Hugon c del Past. Paolo Ricca. Il primo ha parlato ai giovani in occasione del loro raduno mensile tennlo alla
Pianta, intrattenendoli .sugli Istituti Ospitalieri Valdesi e il secondo ha presieduto una
riunione al Centro parlando del Concilio Vaticano IL II loro dire è stato seguilo con vivo interesse da parte di tutti e desideriamo
ancora far giungere a questi due graditi ospiti il nostro grazie più vivo.
1 giovani della filodrammatica deirUnione
del Teynaud ci hanno fatto trascorrere due
belle serate il 15 e lò gennaio pre.'^enlando
con bravura la commedia « L’ultimo rifugio ». L’afflueuza avuta nelle due serale e
gli applausi del pubblico hanno loro già detto quanto la loro recita sìa stata apprezzala
e lì hanno anche ricompensato un po’ —spe.
riamo — delle loro non lie.i fatiche. Diciamo loro anche il nostro grato plauso.
LUSERNA S. GIOVAHHI
Dopo la fitta serie delle tradizionali celebrazione di fine e inizio d'anno dal lieto
ricordo, la vita della comunità non ha conosciuto soste. Ottimo incentive alle varie attività è stata la decisione del Concistoro di
por mano a radicali lavori di restauro della
sessantenne Casa Valdese (1905-1965) sede e
prezioso strumento di lavoro per le nostre
diverse associazioni. I lavori sono stati eseguiti con fervido impegno e a tempo di primato da una schiera di bravi artigiani deUa
comunità, muratori, carpentieri, decoratori,
elettricisti e da due note Ditte Pinerolesi
che ci hanno prontamente fornito e messo
in opera nuove tende alla veneziana per gli
otto linestroni dell'arioso « Salone Atbarin »
e un magnifico funzionale sipario plasticato
per il palcoscenico. Così funzionale il nuovo
tendone che un fedele amico della comunità, appena entrato nella sala, ci ha « staccato » con generoso gesto... la robusta somma
necessaria a coprirne la spesa.
I restauri, che verranno ufficialni:.nte inaugurati in occasione delle celebrazioni del
aVII Febbraio, ci hanno già consentito di
offrire, nella rinnovata Sala -Vlbarin, una
cordiale ospitalità al Concistoro Valdese di
Torino, per la cerimonia di inaugurazione
ufficiale del nuovo i< Uliveto » « Convitto per
minori ritardati psichici » e il ricevimento
delle Autorità della Provincia e delle Valli.
II nostro Concistoro c stato assai lieto di
poter cosi esprimere la sua ricouoscenza alla
Chiesa e alla Direzione dcU'Ospedolc Valdese
di Torino per avere, con la creazione di
questo nuovo Istituto di fraternità umana,
completato la bella famiglia di opere di assistenza sociale, sorti da un settanlennio a
questa parte, nella nostra comunità, ad accogliere infermi, vegliardi, esuli, di terre, di
popoli e di religioni diverse.
Verso l'altra sponda. — Nuovi sensibili
vuoti si sono fatti, nella famiglia della chiesa, in queste ultime settimane. Ricordiamo
con riconoscenza e ferma speranza i nomi
dei compagni di viaggio che il Signore ha
richiamato a Sè dal dicembre scorso : una
giovanissima madre : Adriana Mourglia in
Rivoira dei Nazzarotli; il piccolo Elder Ernesto Gamba; Giuditta Rostagnol Ved. Martaglio; Stefano Luigi Malan dei Jalla, padre
delTimpiegato postale, in età di 79 anni;
Matilde Enrieu, già vice presidente della no.stra corale, in età di 75 anni; Paolina Volpe
.Ulta Tourn-Boncoeur degli Airali, in età di
75 anni; Giulia Forneron Ved. Martinat originaria di Roccapiatta in età di 75 anni c
Federico Bianquis, del Saret, riiscendente
dalla antica famiglia di pastori e missionari
Bianquis di Francia, in età di 77 anni. AUc
famiglie provate dalla separazione dei loro
congiunti la nostra profonda .solidarietà nel
Signore.
Riconoscenza. — Pastori e fratellanza
esprimono la loro viva gratitudine ai Pastori Seiffredo Colueci, direttore di Villa
Olanda, Gustavo Bertin e Guido Rivoir da
Lugano, per la loro fraterna partecipazione
all'opera di eriificazionc della chiesa. J.
te niifliere della Val fidriDanasca
SEGUE DALLA PRIMA PAGINA
gono le istallazioni priricilpali della Ditta,
consigliò di abbandonare lo sfruttamento
delle miniere più anticdie e sicotnode per
concentrare luita la forza di lavoro in
quella zona, mantenendo solo 'Una piccola
miniera di grafite a S. Germano Chisone
ed una di talco a Maniglia. Circa 500 minatori che alimentano il lavoro di altri 700800 operai e tecnici della Di;ta e delle fabbriche di Pinerolo.
Sarebbe lungo e troppo tecnico seguire
l6 varie fasi del lavoro e della lotta operaia
in questi due ultimi decenni e" che sono,
sostanzialmente, quelle d! lutfa la categoria. Comunque un certo eduili'brio sembrava raggiunto ed infatti inf questo ¡periodo molto diffìcile per l’oocifcazione nelle
Valli Valdesi e mentre moltiNaltri stabilimenti entravarjo in cri'si (Mazzoni«, Val
Susa, RIV di Villar Perosa) e chiudevano
o riducevano ¡1 personale, la Talco Grafite
poteva evitare quasi del tutto i licenziamenti accontentandosi della riduzione normale delerniinata dal fatto che j pensionati
non venivano sostituiti anche perchè il
concentrainento degli impianti' permette di
risparmiare mano d’opera. La considerazione di questa politica del pieno impiego
perseguita dalla ditta l'n.dusse anche gli ope
rai a respingere le proposte dei sindacati di
aprire una lotta per .alcuni punti del contratto nazionale del 1963 non applicati dalla
ditta.
E giungmmo alle ragioni de'la crisi in
a lo. Nel luglio del ’62 veniva firmato presso la Prefettura di Torino un accordo fra
la direzione e le organizzazioni operaie
che prevedeva la corresponsione di un superincentivo e di un premi'o una tantu ii
rinnovabile annualmente per una somma
complessiva di L. 88.OC0’ annue. Questa
somma, pagata regolarmente fino all’ultimo
trimestre del 1965 costituì la seconda ragione per cui non venne impugnalo H
mancato pagamento di aumenti intorno al
17-18% sul premio normale di produzione.
Verso metà dicembre la Direzione denunziò delle difficoltà economiche ilerivanli da un calo del prezzo del minerale,
difficoltà di concorrenza, aumento dei noli
di trasporto marittimo che 'i-ncidono sui due
terzi del prodotto totale che è destinato
all’esportazione. Per questi molivi la dire
zione denunziò unilateralmente gli accordi
del 1962 rimandando il pagamento dell’iil
limo trimestre e dichiarando che non avrebbe più corrisposto la somma per il 1966.
Un incontro a Roma il 13 gennaio dell >
due parti con alti funzionari del Mi'nistero
del lavoro non diede risultati se non quello del riconoscimento del diritto dei lavoratori a percepire le somme ìiberamenle
contratte e sottoscriMe dalle parli interessate. La legge offre infatti ad una ditta,
eventualmente in crisi, dei mezzi legali per
ri'durre le spese od il personale eccedente
Dopo alcun; giorni in cui si sperò in un
ammorbidimento della situazione, in ri
sposta ad uno sci'opero dì 4 ore al giorno
la Ditta decretò la chiusura delle miniere,
che vennero occupate dagli operai alle 2(
del 17 gennaio.
Ha avuto inizio cosi una prova di forza
che potrà essere lunga e certo non priva di
rischi ed imprevisti ed un« strana lolla
operaia. Dico strana perchè ques o t’oo di
lotta tende normalmente a .spostare la le
gislazione in senso sempre oiù favorevole
alia classe operaia; questa volta e sa con
sisle invece nel chiedere che la legislazion.esistente sia semplicemente rispettata ed
applicata e questo proprio nel momento in
(Ui ini'ziano le discussioni ner un nuove
contralto nazionale in cui le organizzazioni
operaie chiederanno un ulteriore miglioramento delle condizioni' di lavoro.
FUanco Dav:te
POMARETTO
— Domenica 30. culto alla CajvpcIIa dei
dot. ore 10.30; alle ore 15 recita dei Cadetti al teatro.
— Domenica 6 febbraio visita della Mi-sionaria Graziella Jalla. che parlerà al culle
e alle 14.30 alle .sorelle di tutta la chiesa.
Direttore resp. : Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
n. 175, 8-7 1960
Tip. Subalpina s.p.a. . Torre Pellice (To>
ringraziamento
La famiglia della compianta
Jenni Ferro
ved. Peyronel
commossa per le dimostrazioni di
simpatia e di affetto, ringrazia sentitamente quanti hanno preso parte
al suo dolore; un ringraziamento particolare al dott. Emanuele Quattrini,
« Io sono la risurrezione e
la vita ». Giov. 11: 25
Riclaretto, 20 Gennaio 1966.
RINGRAZIAMENTO
Giovanni Stefano e Marcello Rostan ringraziano sentitamente tutte
le persone che hanno voluto dar loro
prova di simpatia in occasione della
dipartita della loro amata mamma
Margherita Rostan
ved. Rostan
serenamente addormentatasi nel Signore ni gennaio 1966, all’età di 75
anni. Rivolgono un ringraziamento
particolare al Dott. E. Quattrini, alle
famiglie Arturo Meytre ed Adolfo Ribet ed al Pastore L. Rivoira.
Vallone di Maniglia (Ferrerò)
14 gennaio 1966.