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ECO
DELLE VALLI VALDESI
Slg. FEYROT Arturo
Via C. Gabella 22/5
16122 GENOVA
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 108 - Num. 8
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TÜKKE PELLICE — 19 Febbraio 1971
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La Riforma e noi
L’ultimo numero di « Gioventù
Evangelica », u.scito in questi giorni, contiene tra gli altri un bell’articolo di Giorgio Bouchard intitolato: Le alternative della testimonianza, che affronta senza timore il più temibile dei nostri
problemi: cercare di riscoprire o
reinventare il senso, il contenuto
e le manifestazioni di una fede
protestante nel nostro tempo, ritrovando così la via smarrita della
nostra testimonianza. L’articolo è
da sottoscrivere, se non in ogni
singolo giudizio o affermazione,
certo nella sostanza del suo contenuto sia critico che positivo.
L’analisi dell’odierna realtà evangelica italiana pare corretta e la
sua valutazione realistica ma non
scettica, severa ma non sfiduciata.
Il discorso resta costruttivo, e anche per questo convince.
Un punto però è discutibile e comunque merita di essere ripreso
e sottoposto a ulteriori verifiche:
è il punto, invero non secondario,
dei rapporti tra il protestantesimo
italiano odierno e la Riforma del
16“ secolo. Bouchard sostiene che
nelle nostre chiese « il rapporto
con il passato protestante è stato
sdrammatizzato » nel senso che si
è capito che la Riforma « non fa
parte della rivelazione, ma solo
della storia » e quindi va considerata come « un momento di testimonianza storicamente definito ».
Di fronte a simili proposizioni sorge immediata la domanda: Il rapporto delle nostre chiese con il
loro passato protestante e in particolare con la Riforma del 16°
secolo è talmente vivo, tenace,
appassionato da dover essere
« sdrammatizzato »? Francamente
tutta questa drammaticità non la
vediamo. Vediamo il contrario. Le
nostre chiese non hanno mai dimostrato particolare attenzione
per la Riforma: ne hanno per lo
più solo utilizzato l’aspetto polemico in funzione antipapale. La
Riforma, come è noto, non ha potuto prender piede in Italia: nel
16" secolo fu stroncata sul nascere dall’implacabile repressione romana; in seguito venne bloccata
entro i confini ben stretti delle
Valli valdesi; infine, nel secolo
scorso e in questo, conobbe una
modesta ma vivace diffusione in
tutto il paese, però nella sua versione ottocentesca di protestantesimo « risvegliato » o liberale. In
sostanza l’Italia ha conosciuto e
conosce vari movimenti evangelici
che però, più che figli, sono « figliastri della Riforma », come li
chiama Troeltsch. Perciò il riferimento alla Riforma del 16° secolo in Italia non ha mai paralizzato
nessuno, a cominciare dalle chiese evangeliche che nel loro insieme di questo riferimento si son
sempre curate assai poco. Non solo oggi ma già ieri. È un malanno
antico, cronico.
È dunque ingiusto affermare
— come qualcuno fa — che le giovani generazioni evangeliche del
nostro paese hanno « rifiutato la
Riforma » (come se le vecchie generazioni evangeliche l’avessero
veramente capita e vissuta). Bouchard, con ragione, respinge l’addebito. I giovani non hanno rifiutato la Riforma, ne hanno solo criticato certi aspetti effettivamente
criticabili o perlomeno discutibili.
Semmai il rilievo da fare è un altro e cioè questo: i giovani, dopo
aver criticato le scelte politiche
dei Riformatori, specialmente di
Lutero, non sembrano essere andati molto oltre. Essi hanno de
nunciato i grossi limiti politico-sociali della Riforma specie luterana; ma hanno compreso e giustamente valutato gli altri aspetti
della Riforma? I giovani conoscono e giustamente condannano il
Lutero della guerra dei contadini,
prima equidistante tra questi e i
principi, poi tutto dalla parte dei
principi e violentemente avverso
ai contadini. Ma conoscono altrettanto hene il Lutero teologo e
predicatore che riscopre l’Evangelo per il suo secolo e lo proclama
con tanta forza di verità da dare
alla Chiesa del tempo non solo un
nuovo volto ma un nuovo cuore e
una nuova forma di esistenza? I
giovani conoscono il Lutero conservatore; conoscono altrettanto
bene il Lutero riformatore? Oppure lo ignorano come, in genere, lo
ignorano i loro padri e nonni? Oppure, scandalizzati e delusi dal
Lutero politico, si allontanano anche dal Lutero teologico prima ancora di conoscerlo? Così non dovrebbe essere, perché come è errato interpretare tutta l’opera di Calvino a partire dal rogo di Serveto,
così è errato interpretare tutta
l’opera di Lutero a partire dalla
sua posizione nella guerra dei contadini.
La Riforma « non fa parte della
rivelazione ma solo della storia ».
Di questo nessun protestante ha
mai dubitato, almeno teoricamente. La Riforma è un momento della storia, non della rivelazione,
però — questo va detto — non è
un momento qualunque e ogni
protestante dovrebbe sapere perché quello non è stato un momento qualunque e che cosa ne fa un
momento particolare e privilegiato nella storia della parola di Dio
nel mondo. C’è da dubitare che le
nostre chiese siano al chiaro su
questo punto. Ecco perché i loro
rapporti con la Riforma non sono
tanto da « sdrammatizzare » quanto da chiarire e vivificare.
Questo non significa vivere nel
passato e camminare a ritroso come i gamberi. Nessuno vuole dare
ai problemi del 20° secolo le risposte del 16° secolo né si illude
di poter interpellare l’uomo del
20" secolo con la formulazione che
l’Evangelo ha ricevuto nel 16° secolo. Nessuno desidera tornare indietro, sia pure alla Riforma. Nessuno pensa che la fedeltà consista
nella ripetizione, sia pure delle
formule della Riforma. Non si
vuole tornare indietro, si vuole invece andare avanti con la Riforma.
Non si tratta di ripetere ma solo
di conoscere. È chiaro che la Riforma del 16" secolo non fa parte
della rivelazione; è però una risposta alla rivelazione e, come risposta, merita considerazione. È
chiaro che la Riforma del 16° secolo non è normativa; essa resta
però indicativa, non solo per i
protestanti ma per la Chiesa intera. Sarebbe una grave perdita
spirituale se nel nostro tempo questa indicazione non venisse raccolta.
Le nostre chiese devono cercare
e scoprire le vie della testimonianza cristiana nel nostro tempo, come i Riformatori le cercarono e
scoprirono per il loro tempo. Sarà
comunque molto meglio se, nella
loro ricerca, esse non ignoreranno Lesperienza e la testimonianza
della Riforma e ne terranno conto
non solo per criticarla (o esaltarla) ma anche per imparare qualcosa.
Paolo Ricca
A proposito deH’impegno del Consiglio ecumenico delle Chiese contro il razzismo
le Chiese e i movimeeti di iiberazione
Nella sua recente sessione di Addis
Abeba il Comitato centrale del Consiglio ecumenico delle Chiese, superate
le riserve di alcuni, ha approvato alla
unanimità la decisione presa all’inizio
dello scorso settembre dal Comitato
esecutivo del CEC, riunito a Arnoldshain presso Francoforte: mettendo in
atto una decisione che il Comitato centrale aveva già approvato nelle sue
grandi linee fin dall’agosto 1969 (sessione di Canterbury), il Comitato esecutivo si impegnava nella lotta contro
il razzismo, offrendo fra l’altro un contributo finanziario a 19 organizzazioni
antirazziste. Fra queste — ecco la novità ’esplosiva’ — alcuni movimenti di
iiberazione africani: Angola, GuineaBissau, Mozambico, Namibia (SudOvest africano) c Zimbabwe (Rhodesia), con la clauc-ila che i fondi versati
sarebbero stati usati a scopi non bellici; programmi sanitari, sociali, d’istruzione etc.
Da allora — ■' lo abbiamo ripetutamente documentino — si è accesa nelle Chiese una . i'. ace discussione e si
sono alternate ;U -cse di posizione decisamente favore :i o nettamente contrarie o esitanti i)ate per scontate le
reazioni ufficiali negative sudafricane e
rhodesiane, bih e -iate del resto da coraggiose e non .alate voci di apprezzamento (il Porie.gallo, specie non trattandosi di un ile’’.-vento cattolico, non
ha fiatato, ma i ! indurito la stretta
anti-missionaria e anche questo l’abbiamo documeii ¡to), e per altrettanto
scontati i più iieno accesi rallegramenti di persoi. :Tà e Chiese africane,
si può dire che gualche perplessità si
è manifestata r 'le Chiese europee e
americane, a proirosito del problema
della violenza. Tuli perplessità sono
state Darticolarmeqte marcate in Gran
Bretagna e in Germania; in quest’ul
iMMiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiMiiim iiiiiiimiiiiiimiMii.iiiimii
Reviviscenze
fasciste
Le violenze fasciste — in azioni di massa o
in spedizioni intimidatorio o "punitive" .— si
intensificano e moltiplicano un po’ dovunque,
il Italia, pur avendo attualmente due epicentri principali a Reggio Calabria e a Roma, in
particolare in quell’università. Anche senza
prendere per oro colato tutte le informazioni
al riguardo, che potrebbero in qualche caso
risultare delle amplificazioni, il fatto è innegabile e registrato dagli organi d’informazione
meno sospettabili. Questa accresciuta virulenza pare rispondere a una certa strategia, colpisce or qua or là e vuol dare l’impressione di
una forza che probabilmente non ha e che
non avrebbe alcuna possibilità di svilupparsi
se non fosse per la colpevole acquiescenza del
governo e dei suoi organi. Ad esempio è stata
ripetutamente documentata dalla stampa d’informazione l’esistenza di vari centri di addestramento paramilitare, con indicazione di nomi e di località, interviste in loco, eppure non
risulla che vi sia stato alcun intervento per
sciogliere tali centri manifestamente fuorilegge; né si fa un discorso demagogico se si
nota che non di rado le forze dell’ordine e
talvolta la magistratura sono più sensibili alla
violenza di sinistra che a quella di destra.
C’è chi pensa con inquietudine che si vada
ricostituendo una situazione carica di analogie con quella del '21. Malgrado certe analogie, però, la .situazione differisce profondamente, per due ragioni essenziali. La prima è
la presenza, oggi, di un’opposizione solida
(continua a pag. 6)
timo caso c’è da domandarsi quanto
abbia giocato un certo lealismo luterano nei confronti dello Stato costituito,
rnentre per il mondo britannico non
si può prescindere dalla profonda divisione dell’opinione pubblica nazionale, quale appare nel contrasto che oppone governo e opposizione sulla questione delle forniture d’armi al Sudafrica. Anche la Chiesa riformata di
Francia e ultimamente la Federazione
delle Chiese protestanti svizzere hanno espresso con varie sfumature qualche riserva. In questo panorama, le
Chiese italiane sono assenti: finora
hanno taciuto.
11 placet di Addis Abeba ci sollecita
a prendere finalmente coscienza di un
avvenimento nel quale non possiamo
illuderci di restare spettatori: membri
del CEC, siamo coinvolti nelle decisioni che gli organi di questo prendono e
per le quali sollecitano il nostro impegno fattivo.
Non è qui la sede per discutere della
procedura seguita dagli organi ecumenici; si può soltanto avanzare una riserva sull’opportunità di decidere una
azione chiedendo dopo il parere (e l’appoggio) delle Chiese, quando, come in
questo caso, si tratta di un’iniziativa
la quale, modesta di entità, solleva
questioni di fondo che non possono
rientrare nelTordinaria amministrazione. Ci troviamo qui di fronte a un ’sistema’ che pare ormai consolidato nell’apparato del CEC e che neppure le
critiche udite al riguardo a Uppsala
hanno incrinato; un altro esempio, anche più discutibile, è dato dalla procedura seguita nei rapporti CEC/Vaticano.
Ma veniamo al contenuto del programma. Sulla necessità, e urgente, di
impegnare battaglia sul fronte antirazzista non ci può essere da parte cristiana che accordo pieno e caloroso;
ogni rifiuto, diretto o indiretto, sarebbe cecità o colpa, e bisogna essere grati al CEC per l’ampiezza dell’azione intrapresa e per lo stimolo vigoroso alle
Chiese. La coscienza cristiana non può
però evitare il problema della violenza, e lo hanno avvertito i membri del
Comitato esecutivo, ponendo come
condizione che l’aiuto finanziario ai
movimenti di liberazione non sia usato a scopi bellici: ripugnava l’idea che
cristiani forniscano armi ad altri uomini, sia pure per una lotta riconosciuta giusta e necessaria. Ma il problema, in tal modo, non è evitato, poiché sollevando i movimenti di liberazione da determinati impegni assistenziali (personale e materiale sanitario e
educativo, aiuti alle famiglie di combattenti, di prigionieri o di caduti, etc.)
si permette loro di dedicare ad altri
scopi — bellici, in particolare — le
somme così risparmiate. Chi ricorda
l’esperienza della guerra partigiana sa
molto bene che l’assistenza al partigiano ferito o il vettovagliamento di una
banda non era soltanto un’azione umanitaria, ma un atto politico e, in qualche modo, militare; e la raccolta di
fondi per aiuti medico-sanitari al Vietnam, di cui ci siamo anche noi in passato occupati, aveva pure questo aspetto indiscutibile, anche se non ben presente alla coscienza di tutti.
Come chi, in un conflitto, serve nella
sanità o in un servizio civile (al limite,
lo stesso obiettore di coscienza) non
può pretendere — a parte la sua personale ripugnanza a impugnare le armi, ’segno’ che accenna a un’altra dimensione — di avere le mani pulite e
di essere oltre il problema e la responsabilità di quel conflitto, così è eviden
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiMiiiiifi.iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiimmimmmmiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiMiMiiiiiiiiiiiiiiiii
Indocina straziota
L’invasione di una nuova nazione indocinese, il Laos, da parte di truppe
sudvietnamite comandate, istruite e armate dagli americani ha inferto un
nuovo, gravissimo colpo alle prospettive di pacificazione di quelle regioni.
Non intendiamo qui fare gli strateghi o commentare le tattiche militari.
Non ci interessa in questo momento
sapere se accanto ai sudvietnamiti sono entrate nel Laos truppe americate.
I « cervelli» del Pentagono e della Casa Bianca vi sono comunque presenti.
Noi sappiamo solo che da anni e anni
l'Indocina viene straziata da milioni di
bombe, dalle armi più subdole e mortali, da diserbanti e defolianti che uccidono piante e uomini, dalle stragi
compiute nei villaggi, dalle gabbie di
tigre e da mille altri ritrovati bellici.
Tutto questo a causa dell'intervento
sempre più massiccio, indiscriminato e
frenetico di una nazione occidentale
che si dice cristiana e democratica, ma
che nell’intento di portare la « democrazia » nella penisola indocinese, si è
resa responsabile di una delle guerre
più odiose ed infanti, non curandosi
dei sempre più vasti dissensi che provengono non solo dal suo interno, ma
da ogni parte del mondo.
Perfino i « giustizieri » di Burgos e
di Leningrado hanno rinunciato alle
esecuzioni dei condannati a morte, certamente a seguito delle pressioni dell'opinione mondiale. Gli Stati Uniti procedono imperterriti nel massacro, nella
incredibile convinzione di poter risolvere colle armi e col terrore quanto
deve essere affidato alla sovranità e
alle decisioni dei popoli direttamente
interessati, e per di piti col rischio sempre meno ipotetico di irrimediabili conseguenze. R. P.
te che oggi il CEC e le Chiese che lo appoggiano in questa azione si pongono
deliberatamente al fianco dei combattenti per la liberazione africana, fanno
causa comune con loro per il meglio
e per il peggio.
Non si gridi troppo facilmente allo
scandalo. Non è così lontana, appunto, l’esperienza della lotta partigiana,
nella quale molti fra noi hanno dovuto scegliere, non senza tormento; così
corne nel XVI secolo, dopo quattro secoli di non violenza e dopo lungo travaglio di fede, i Valdesi si sono decisi
a impugnare le armi e a usare anche
per la lotta armata le somme di denaro che mandavano loro i paesi protestanti (e così poi i Camisardi, etc. etc ).
Fino al grande Giudizio nessuno può
dire in modo definitivo se hanno fatto
bene o male, o se senza quelle spade e
quegli schioppi, o se necessario i macigni, oggi saremmo qui alle prese con
la nostra vocazione cristiana.
Attenzione, dunque, a fare il discor,so della nonviolenza (specie quando
violentati sono altri). L’Assemblea di
Uppsala ha avuto il merito di chiamare le Chiese a prendere atto di questo
latto: è la violenza oppressiva a generare, nella maggior parte dei casi, la
violenza liberatrice ed eversiva; la violenza oppressiva ha il vantaggio di essere al potere (con tutto ciò che questo significa nel mondo tecno'ogico
odierno, dalla forza militare ed economica al monopolio deH’informazione
etc.) e può darsi la maschera della legalità, in realtà è la più inescusabile e
corruttrice. Le nostre chiese sono ben
lontane, nel loro insieme, dall’avere accolto e assimilato questo richiamo. Si
tratta però di una tappa che non potranno evitare; ogni posizione che pretenda evitarla è cieca o colpevole e
anche in questo senso guai a chi dice
« Pace, pace » quando non c’è pace.
Da questa presa di coscienza l’esecutivo del CEC ha tratto una conseguenza che del resto un numero crescente
di cristiani sta traendo, un po' dovunque: fra l’alternativa di quelle due violenze che si scontrano a livello planetario, non ci resta che la scelta per la
violenza liberatrice, l’impegno solidale
accanto agli uomini che hanno personalmente e a loro rischio fatto tale
scelta; scegliere diversamente, lasciare le cose come stanno, limitandosi
magari a inconcludenti proteste verbali, significa di fatto essere solidali con
la violenza oppressiva e aiutarla nel
generare situazioni esplosive. Non è
stata questa la corresponsabilità di
tanti cristiani ’fin troppo religiosi’ nelle esplosioni sanguinose della rivoluzione francese o di quella d’ottobre, o
nel lungo travaglio — non conchiuso
né ad ovest né ad est — della rivoluzione industriale?
Se mai, dato l’orientamento scelto,
si potrebbe notare che l’iniziativa del
CEC non è poi così audace (senza trascurare la macchia che pesa, su questo stes.so esecutivo, per il suo ’disimpegno’ nel dramma del Biafra, che non
tutti abbiamo dimenticato). Perché, ad
esempio, non è stata offerta una quota
del fondo anche alle Pantere Nere, al
Black Power (e nemmeno ad alcun
movimento nonviolento statunitense
per i diritti civili!)? o ai Curdi in lotta
con Sovietici, Irakeni e Iraniani per
la loro autonomia? o alle minoranze
etniche (non solo ebraiche) oppresse
neirURvSS? o ai Tibetani oppressi o
esuli dopo l’occupazione cinese? Il
CEC ha aiutato i profughi palestinesi,
ma non risulta che abbia mai dato appoggio alle minoranze ebraiche oggi
oppresse nei paesi arabi. E gli esempi
si potrebbero moltiplicare. Portoghesi,
Rhodesiani e Afrikaans sono i soli reprobi, capri espiatori atti a liberarci
delle nostre responsabilità dirette e inrette nelle situazioni lontane e vicine?
In ogni caso, dobbiamo essere ricoscenti al CEC per questo suo richiamo
alle Chiese, a noi. Non penso che la
questione decisiva qui in gioco, per la
coscienza cristiana, sia quella della
violenza, perché mi pare impossibile
sfuggire alla realtà della tragica alternativa di cui sopra e alla scelta, talvolta, fra due violenze. Il problema è piuttosto quello del senso da dare, esplicitamente, a questa scelta, affinché sia
pubblica testimonianza al Signore e
Salvatore del mondo, ultimo e vero fine della nostra esistenza come chiesa
sua. Il compito caratteristico e insostituibile della chiesa comincia qui, oltre
il gesto del Samaritano; ma pare che
le Chiese non sentano molto, neppure
nei loro settori più seriamente impegnati, tale compito. E il discorso che
cercherò di continuare la prossima settimana.
Gino Conte
2
pag. ¿
N. 8 — 19 febbraio 1971
L’ATTUALITÀ’ TEOLOGICA
A proposito di uno studio recente sul movimento valdese
LUTERANI E RTORMATU
Nascita o formazione di un’eresia? Sì a lin Concilio VGraniGlltG unÌVBrsalG
La problematica sulla genesi delle eresie è sempre viva, ed investe anche lo
sviluppo e le caratteristiche del movimento e della chiesa valdese attraverso i
secoli: quale delle due storiografie ha ragione, la ctmarxista» o la «borghese»?
Il Comitato congiunto della Federazione Luterana Mondiale
e dell'Alleanza Riformata Mondiale dà parere positivo sulla
proposta di convocare « un concilio veramente universale »
Bene ha fatto VAIMAL a presentare
ai lettori deir£co-L«ce, nei numeri del
4 e 18 dicembre 1970, l’opera di un
marxista polacco sull’origine delle eresie medievali, e se oggi prendo la penna sull’argomento non è certo per correggere o controbattere quanto è stato egregiamente detto, ma perché sono
convinto anch’io che in questo campo,
come in tanti altri che riguardano la
storia valdese, « l’ultima parola non è
ancora stata detta ».
Il Manteulfel, a cui si deve l’opera
recensita da VAIMAL, è docente ben
noto, almeno negli ambienti accademici: professore all’Università di Varsavia, direttore dell’Istituto di Storia
del l’Accademia polacca delle Scienze, è
autore di numerosi contributi sui Premostratensi in Polonia, sugli ordini monastici nell’Europa del secolo X, sulrOlivi, sul feudalesimo polacco e sul
movimento dei poveri nel medioevo.
Come tale, ma specialmente per la sua
competenza nelle questioni riguardanti la povertà volontaria nei secoli di
mezzo, fu invitato nel maggio 1962 al
« Colloque de Royaumont » in Francia, dove presentò una relazione avente lo stesso titolo del volume apparso
l’anno dopo su Nascita di un'eresia. Il
« Colloque de Royaumont », organizzato dalla Scuola pratica di Studi Superiori della Sorbona sotto la direzione
del noto medievalista Jacques Le Goff,
era centrato sul tema Eresie e società
[al plurale] nell’Europa pre-industriale dei secoli XI-XVIII ma, più che collezionare un’ennesima serie di contributi scientifici sui singoli movimenti
ereticali, aveva per scopo quello di rispondere a taluni quesiti estremamente
lineari: che cos’è un eretico? è un
anormale, un isolato, un prodotto di
classe? quale la sua funzione nella società? l’eresia da lui personificata, ridotta ad un solo individuo o estesa a
seguaci più o meno numerosi, è rottura col passato oppure rappresenta
un’altra tradizione? quale in essa il peso dei singoli o dei gruppi? quali i legami con l’ambiente, rurale o cittadino? fu opera di gente semplice o di
dotti? quali le eresie addomesticate,
non coagulate, mancate ecc.?
Ora, nell’indagine del Manteuffel
quel che conta sono i risultati a cui è
giunto, sicuri o no che siano, non i
suoi apriori marxisti, che però valgono per quel tanto che apportano di
nuovo nell’esame concreto dei fatti
umani. A Royaumont il Nostro si soffermò non tanto sulle caratteristiche
della prima predicazione di Valdesio
quanto sulle circostanze esterne per
cui un Roberto d’Arbrissel e un Francesco d’Assisi, pur così vic'ni a Valdesio nell’attuazione della povertà volontaria, furono poi innalzati agli altari,
mentre Valdesio ed un suo «predecessore » — il monaco Enrico — furono
condannati come eretici in quanto, anzicché sottomettersi come i primi due
alla Chiesa e al suo magistero appena
sorsero i primi contrasti con le gerarchie ecclesiastiche locali, pr. ferirono
ripetere entrambi la famosa risposta
dell’apostolo Pietro davanti al Sinedrio gerosolimitano: « Bisogna ubbidire a Dio piuttosto che agli uomini »
(Atti 5: 29), Durante la discussione che
seguì alla comunicazione del Manteuffel, si parlò a lungo delle condizioni di
fatto per cui uno è ed è riconosciuto
come « eretico », e il Nostro finì per
accettare una osservazione del Manselli, professore di storia meoievale
nell'Ateneo romano e ben noto per le
sue ricerche su Catari, Valdesi, Gioachimiti, Begardi ecc., cioè che quel che
conta nella nascita o formazione che
dir si voglia di un’eresia, è la pertinacia degli eretici, vale a dire la loro consapevolezza di essere staccati ormai
dal corpo della Chiesa ufiiciale (cf. Hérésies et sociétés dans l'Europe préindustrielle lle-l&e siècles, Paris-La
Haye 1968, pp. 97-103).
Ün altro studioso dell’est europeo,
l’ungherese Susanna Kulcsàr di Budapest, pubblicando nel 1964 una bibliografia dei movimenti ereticali dei secoli Xl-XIV, la faceva precedere da un
« avant-propos » in cui distingue nettamente due storiografie, una marxista
l’altra borghese. Per la prima è pacifico — scrive la Nostra — che « nell’Europa medievale l’ordine stabilito
era consacrato e sostenuto dal cristianesimo e dalla Chiesa, che facevano
apparire le istituzioni della società
feudale come ordinate da Dio e perciò
eterne. Di conseguenza ogni attacco
generale contro il feudalesimo dovette
rivolgersi in primo luogo contro la
Chiesa... Ecco perche i movimenti ereticali avevano, all’epoca del feudalesimo, una grande importanza, proprio a
causa della loro tendenza antifeudale.
Onci movimenti diedero l’opportunità
al popolo lavoratore sottomesso di
esprimere i suoi desideri c la sua opposizione all’ordine stabilito..., per cui
è naturale che la storiografia rnarxista
e la ricerca marxista della storia delle
religioni s’interessino seriamente alle
eresie del medioevo. Un interesse simile — aggiunge la Kulcsàr — si manifesta anche da parte della storiografia
borghese, ma sotto un aspetto e per
dei motivi del tutto differenti » (cf.
Les mouvements hérétiques aux XleXlVe siècles — in ungherese, francese
e russo —, Budapest 1964, pp. 7-8). Che
ciò sia avvenuto per le ragioni suesposte in determinate regioni e circostanze storiche, nulla da eccepire, anche se
non si può generalizzare, e ci rincresce
che la studiosa ungherese si sia fermata proprio al termine della nostra citazione senza dirci quali siano secondo lei le motivazioni e visuali della storiografia borghese.
A Royaumont nel 1962 c’erano altri
storici marxisti, come il bulgaro Dimitri Angelov, professore all’Università
di Sofia e uno dei migliori conoscitori
sia del feudalesimo bulgaro sia della
eresia dei Bogomili ( = Teofili, amici di
Dio) che, com’è noto, nacque in Bulgaria sul finire del secolo X e si estese
poi a est verso Bisanzio c a ovest in
Serbia e soprattutto in Bosnia e Erzegovina. Ë chiaro che, per i nostri tre
storici dell’est, l’attrazione maggiore è
costituita dall’evidente nesso tra feudalesimo e eresia. Secondo l’Angelov
(Aperçu sur la nature et l’histoire du
bogomilisme en Btdgarie, in « Hérésie
et sociétés » cit., pp. 75-81), questo movimento ereticale non fu adatto « una
manifestazione isolata senza legami
con la realtà sociale », anzi furono proprio gli antagonismi esistenti nella
Bulgaria del secolo X tra i contadini
da una parte e l’aristocrazia feudale
dall’altra a far nascere il bogomilismo,
che seppe dare un contenuto religioso
al malcontento degli oppressi non solo
contro i grandi proprietari terrieri ma
anche contro la Chiesa, la cui « ideologia religiosa — scrive il Nostro — non
aveva soltanto lo scopo di convertire
il popolo ancora pagano alla nuova religione, ma si sforzava anche di convincerlo che le istituzioni politiche e
sociali erano perfette e sanzionate da
Dio ». Ma, cambiati i tempi, cambiano
anche gli atteggiamenti degli eretici.
Quando la Bulgaria da impero indipendente nel secolo X cadde sotto la
dominazione bizantina nei due secoli
successivi, si constatano presso i predicatori bogomili dei sentimenti totalmente diversi verso lo Stato, non più
combattuto come il sostegno della
Chiesa, ma questa volta difeso e persino idealizzato, mentre permane la
lotta contro la Chiesa, ma limitata alla
sua parte dottrinale e liturgica in vista di una riforma dall’interno. In Serbia il proselitismo bogomilo non ebbe
successo, anzi fu fieramente perseguitato e dalla Chiesa e dallo Stato, e gli
storici ne vedono la ragione principale
nella fondazione ai primi del secolo
XIII di una chiesa nazionale serbo-ortodossa, la quale privò la propaganda
dei Bogomili di uno dei suoi mordenti
più efficaci, cioè la reazione contro
un’influenza eccessiva di Bisanzio sulla chiesa e sullo stato serbi. Così almeno il giudizio deirObolensky, professore a Oxford e autore di un bel volume sui Bogomili apparso nel 1948
(The Bogomils. A study in Balkan NeoManichaeism, Cambridge 1948, pp. 277285: Bogomilism in Russia, Serbia, Bosnia and Hum), che attribuisce invece
il successo del bogomilismo in Bosnia
alle mutate condizioni storiche: se in
questa regione esso diventò persino
religione di stato, lo si deve soprattutto al fatto che i reggenti (han) bosniaci, nella lotta per difendere la conquistata indipendenza contro Serbi, Croati, Ungheresi e Veneti, ebbero l’appoggio proprio dei Bogomili, che si presentavano come una terza chiesa indipendente tra l’est ortodosso e l’ovest
cattolico, anzi come i soli veri cristiani. Ma tutto finì nel nulla con la conquista turca nella seconda metà del
secolo XV!
Se mi sono attardato su questa storia lontana nel tempo e nello spazio,
almeno rispetto alle regioni in cui si
estese la diaspora valdese lino al suo
incontro con la Riforma protestante
ai primi del secolo XVI, è perché la
stessa problematica politico-sociologica, messa in evidenza soprattutto dagli
storici marxisti, può valere anche per
i nostri Valdesi mcdioevali, così diversi nei loro vari gruppi francesi, italiani, tedeschi c boemi attraverso i seco
li XII-XV che videro la loro massima
espansione ma anche il loro massimo
differenziamento. Se è vero che una
delle esigenze nate dalla Riforma gregoriana fu la proclamazione sempre
più pressante della necessità di tornare all’ideale apostolico della povertà
conformemente alle descrizioni della
vita comunitaria dei primi cristiani
contenute in Atti 2: 41-47 e 4: 32-35, è
anche vero che una delle pietre d’intoppo della Chiesa medievale fu la donazione di Costantino, creduta vera da
tutti i movimenti d’opposizione e giustamente contestata, anche da parte
di un Dante o di un Petrarca, in omaggio agli ideali sia della povertà evangelica che della separazione tra Stato
e Chiesa. Ora, ammesso che l’esperienza di Valdesio non aveva nulla d’eccezionale, in lui però non c’era alcun
presupposto d’ordine politico o sociale, preoccupato solo di ubbidire alla
sua vocazione, non solo in vista della
propria salvezza ( « se vuoi essere perfetto ») ma anche per essere veramente libero da ogni preoccupazione mondana e mettersi totalmente a disposizione di Cristo («vieni e seguimi»),
questa volta in vista della salvezza altrui mediante Te\angelizzazione popolare, che non era soltanto predicazione di povertà ma predicazione di penitenza. Ma Valdesio ebbe anche lui i
suoi guai, soprattutto con i Poveri
Lombardi, assai più rivoluzionari dei
loro confratelli francesi e sostenitori
di altre idee proprio sul terreno dei
rapporti tra povertà e lavoro. Nei secoli successivi altri principi, oltre a
quello della povertà, subirono dei conti accolpi dalle mutate condizioni storiche. Penso in particolare al principio della non violenza, tante volte contraddetto e prima e dopo l’incontro
con la Riforma protestante: basterà
ricordare — oltre alle ribellioni dei
Valdesi di Angrogna, Villar e Bobbio
Penice nel 1483-1484, oltre alle difese
dei Valdesi dell’alta Val Chisone contro la crociata del Cattaneo, oltre ad
altre innumerevoli opposizioni a mano
armata contro gli attacchi congiunti
della Chiesa e del .suo braccio secolare
in Provenza e in Calabria — basterà ricordare, dico, i nomi di Giosuè Gianavello e di Enrico Arnaud, alla cui « resistenza » si deve — almeno a viste
umane — il sopravvivere delle comunità valdesi nel loro classico rifugio alpino. In quanto al principio della povertà, è bene tener presente che nei
secoli XIV-XV i Valdesi delle Alpi parlavano piuttosto di poyertà spirituale,
prova questi versi significativi che leggiamo nella « Nobla Leyczon »:
Si nos volen amar ni segre Jeshu Xrist
Paureta speritual de -or deven tenir,
E amar la castità, l'io humdment
[servir.
(vv. 443-445, ed. De Stefano 1909,
p. 34).
E in un altro poema valdese, il « Novel Sermon », l’autor.' anonimo scrive
testualmente che, se l’arnore delle ricchezze è una fonte quaggiù di preoccupazioni e nell’aldilà d: tormenti, l’estremo opposto della « gran povertà » potrebbe essere causa di « grant perilh »,
per cui conviene attenersi al giusto
mezzo, guadagnando onestamente il
proprio pane e dando il superfluo ai
poveri, onde procurarsi un tesoro nei
cieli (cf. ed. Chaytoi 1930, pp. 16-33 e
89-101).
D’accordo, l’ultima parola non è stata ancora detta e c’c ancora molto da
indagare e approfondire.
Giovanni Gonnkt
iiiiiiimiiiiiiminimMmiiiiin'
Ginevra (Iwf) — In linea di massima
il comitato congiunto della FLM e dell’ARM ha dato parere favorevole alla
proposta di convocare « un concilio veramente universale ». Quest’idea era
stata avanzata per la prima volta alla
Assemblea di Uppsala e da allora è
stata ampiamente discussa; in particolare è stata sottoposta agli esecutivi
della FLM e dell’ARM dal loro comitato congiunto di studio, costituito nel
1969 per continuare l’indagine sul dialogo teologico, sulle implicazioni pratiche del consensos teologico, sul ruolo delle famiglie confessionali mondiali nei confronti delle Chiese più giovavani e sui modi per giungere a un rapporto operativo più stretto fra le due
organizzazioni.
I due segretari teologici, il dr. Harding Meyer, luterano e il dr. Richmond
Smith, presbiteriano, hanno riferito a
Ginevra sui risultati cui è pervenuto il
comitato congiunto. Qltre ai commenti
aH’idea di un concilio universale, definiti il primo « approccio positivo, attivo », da parte dei gruppi confessionali,
alla realizzazione di quest’incontro
pan-cristiano, il Comitato congiunto ha
udito una presentazione panoramica
delle relazioni luterano-ri''ormate in vari paesi e ha formulato un concreto
« piano di lavoro » per giungere a una
posizione comune sul ruolo delle due
famiglie confessionali nell’ambito del
movimento ecumenico. I segretari teologici hanno affermato che, siccome il
comitato considera che l’idea di questo concilio universale necessita anco
ra di serio studio, occorre impegnarsi
su questa via.
Parecchie sono le ragioni che militano a favore di un simile concilio; fra le
principali:
— i padri della Riforma — Lutero,
Calvino e Zwingli — hanno tutti
espresso il desiderio che esso fosse
convocato;
— un concilio potrebbe stimolare un
« concetto più dinamico » dell’unità
cristiana, anziché quella « uniformità
statica » che secondo alcuni caratterizza gli sforzi in vista dell’unione organica fra corpi ecclesiastici;
— un concilio potrebbe essere un
mezzo per giungere a realizzare in rnodo nuovo le diversità esistenti all’interno della cristianità ma che non necessariamente sono di ostacolo sulla
via dell’unità;
— parecchi colloqui teologici bilaterali rischiano di isolarsi fra loro, mentre un concilio universale potrebbe diventare un luogo d’incontro per una
cooperazione e un coordinamento
nuovi.
Lo studio di quest’idea di un concilio dovrebbe incentrarsi sulla proposta
iniziale che esso « possa un giorno parlare a nome di tutti i cristiani e indicare la via del futuro». Il comitato,
congiunto non vede in questo concilio
un corpo che abbia una sua autorità,
ma piuttosto un’espressione plastica
della conciliarità e della comunione
che potrebbe portare a determinate
azioni nelle singole Chiese; perc’ò lo
sviluppo crescente di « una mentalità
conciliare » e di « strutture conciliari »
fra le Chiese, a livello regionale e nazionale, costituisce un requisito preliminare alla convocazione di qualsiasi
tipo di concilio generale.
II dr. Meyer e il dr. Smith hanno dichiarato che il piano di lavoro, in vista di una posizione ecumenica comune LWF/ARM, ha il suo punto di forza
neU’insistcre sull’esigenza che « la proclamazione dell'evento di Cristo » e la
giustifica'ione mediante la fede siano
riconosciute come il mandato essenziale della chiesa. D'altro lato, tale proclamazione non può essere disgiunta dal
Anche i luierani brasiliani
il pasìoraìo femminile
riconoscono
Porlo Aiegre (Iwf) - Il Consiglio della C!)iesa evangelica di confessione luterana in Brasile — Chiesa che conia 750.000 membri ■—
ha approvato una dichiarazione che dà via
libera al pastorato femminile al proprio interno. Il problema era in discussione da vari
anni, e ora la decisione è slata sollecitata dal
NOVITÀ CLAUDIANA
GIORGIO SPINI
UEvangelo e il berretto frigio
Storia della Chiesa Cristiana Libera in Italia ( 1870-1904 ì
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Il sogno di tina rivoluzione religiosa nell'Italia risorgimentale:
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la considerazione di come il cristiano
sia coinvolto nei problemi sociali e politici e dalla valutazione dell’importanza delle strutture e dell’ordinamento
della chiesa.
Il piano di lavoro richiede dunque
un « orientamento confessionale » nello sviluppo delle relazioni ecumeniche
globali. A questo proposito, però, si è
sottolineato che il comitato parlava di
un ri':onoscimento della legittimità
delle confessioni, ma anche del pericolo « di un confessionalismo angusto o
della conservazione di strutture confessionali tradizionali », che potrebbero benissimo mutare con il progredire
del dialogo ecumenico.
Incorporata nello stesso piano si
trova la riaffermazione delle recenti dichiarazioni delle assemblee della FLM
e dell’ARM, invitate ad aumentare la
collaborazione; e a tale riguardo si
chiede che vengano creati, in vari settori, nuove strutture congiunte.
Le conclusioni cui è pervenuto il Comitato congiunto saranno presentate
al Comitato esecutivo della FLM che
si riunirà a Qslo dal 6 al 13 giugno e
a quello dell’ARM che si riunirà a Cartigny, presso Ginevra, dal 25 agosto al
f® .settembre. La prossima sessione del
Comitato congiunto è convocata per
l’inizio di marzo 1972, in località da
stabilire.
fallo che una giovane ha conclu.so i suoi .studi
presso il Seminario leologieo di San Leopoldo,
mentre altre due li stanno seguendo. Attualmente la neo-licen/.iala. Lli/.aheth Dietsehi,
sta compiendo ulteriori .studi in Germania.
Secondo la mozione del Consiglio. I ammissione di donne nel seminario teologico « non
l>one problemi teologici » né si deve esercitare fra gli studenti alcuna discriminazione,
a .seconda del sesso, nel concedere ilii>lonii teologici. Cosi pure i reg<damenli relativi alle
nomine pastorali non eseluilono le donne.
« in linea di principio non c"e differenza
giuridica fra pastori maschi e femmine » e
l’ainministrazione di una parro(u:hia puf)
e.ssere escriùtala da un pa.slore donna.
Santiago (Relazioni Religiose). - La Giovane
Cliiesa Cilena, un movimento progressista ecclesiastico del Cile, che viene anche definito
« Chiesa clandestina cilena ». ha re.so noto un
documento nel (piale afferma che « La ¡lastra mis.sione storica è di incorporare il Cristianesimo neH edificio del socialismo... la nostra
esistenza come organizzazione è legittima nerche si basa sul fatto che la Chiesa nei suoi
livelli gerarchici rimane in lega con i ricchi
eli potenti ».
Le religioni
e l’Evangelo
Una lettrice, da Noto (Siracusa):
Signor direttore.
ho letto Tarticolo del Pastore Paolo
Ricca : « L’Evangelo e le religioni »
(sul n. 5) e oltre ad ammirare la profondità di pensiero e chiarezza d’esposizione, esso ha suscitato in me delle
considerazioni che penso — provenendo da una persona molto alla buona su
problemi teologici, ma credente cristiana con una fede sperimentata — possano giovare a chi vuole meditare sui
problemi esposti nell articolo su detto.
Con l'uomo, è nato il senso religioso in un Essere superiore e attraverso
i millenni gli ha reso il culto, secondo il proprio sviluppo spirituale e culturale. Co.sì sono nate le diverse religioni che sono state una preparazione,
specialmente quella d’Israele, alla religione cristiana.
Ma sehhene tutte le religioni debbano essere giudicale positivamente e si
debba stabilire con esse un dialogo,
come si esprime il pensatore protestante Tillich. pure, non si può non
affermare che solo la religione cristiana è (juella definitiva ed insuperabile
perché la sola che nella Croce di Gesù
stabilisce il vero incontro fra Dio e gli
uomini! Iddio che si è fatto carne, c
che ha dato se stesso per la redenzione
deiruomo in Gesù Cristo, ha rivelalo
l'amore .suo e ci ha dato di chiamarlo
Padre, che è nello ste.sso tempo Giustizia e Mi.sericordia!
Da un po' dì tempo, si parla di unificazione delle Chiese cristiane e se ciò
è auspicabile, ci chiama ad andar cauti, e a riflettere molto su (juesto pio desiderio, Ma il pensare di volere unire
tutte le religioni esistenti nel mondo,
vuol dire fare nascere una confusione
tale, da ijrovocare un pericolo per la
ste.ssa religione cristiana, fino alla ne- '
»azione di un Dio che salva Puomo
donandosi con la pazz.ia della Croce!
Ilo sentito dire, anche da cattolici,
che basta avere una fede, basta non
fare il male, per e.s.sere salvati: ma
anche gli adoratori del Sole avevano
una fede, eppure erano come gli Ateniesi che innalzavano un tempio al
Dio sconosciuto ed ebbero bisogno che
r apostolo Paolo annunziasse loro
l'Evangelo della Salvezz.a in Gesù Cristo! Si dice ancora che cosi pensando
noi cristiani facciamo apparire Dio
crudele ((uasi non gli importasse la
sorte di lutti coloro che non sono cristiani. Si .sbaglia chi pensa in questo
modo: perché noi cristiani .sap|)iamo
che Iddio si occupa di tutte le Sue
creature e abbiamo fede che anch es.se verranno alla conoscenza deH'Evangelo di Ge.sù Cristo: e preghiamo per
questo, e costituiamo le missioni, per
annunziare loro In buona Novella della
salvezza. Noi sapt)iaino che Dio c all’opera sempre, lino alla consumazione
dei .secoli! Non sta a noi organizzare
unioni religio.se. ma piuttosto unioni
degli uomini, per i (piali noi dobbiamo essere testimoni della Verità!
Ringraziando invio fraterni .saluti.
Snndrina Ciardina ved. Carpinleri
Riceviamo con piacere questa lettera. che ci trova pienamente d'accordo
nella seconda ¡¡arte: quanto alla prima
parte, non pensiamo che si debba conlondere la fede d'Israele con le religioni scaturite dal cunre deiruomo. La
fede d'Israele è risposta alla rivelazione del Dio vivente, e il Dio vivente
d'Israele e il medesimo solo e vero Dio
che si è pienamente rivelato in Cristo.
red.
3
19 febbraio 1971 — N. 8
pag. 3
Le Chiese a confronto con le religioni: l’ISLAM
NeH’ambito del movimento ecumenico si moltiplicano gli incontri fra rappresentanti delle Chiese e rappresentanti delle religioni, in particolare nel quadro delle
varie attività di studio e di azione del C.E.C. Ha contribuito a tale “apertura” la crescente partecipazione della
Chiesa cattolica romana, particolarmente sensibile e interessata a questi contatti, convinta com’è — a differenza
delle Chiese della Riforma — che vi è una continuità fra
l'esperienza religiosa dell’umanità e la fede cristiana.
In un suo recente articolo di fondo (L’Evangelo e le
religioni, n. 5 del 29-1-1971), uno dei nostri redattori.
Paolo Ricca, ha affrontato questo problema prendendo
lo spunto dalle discussioni che su di esso si sono incentrate in alcune delle recenti sessioni del Comitato centrale del C.E.C., riunito ad Addis Abeba. Egli notava che,
accanto al persistere di una linea teologica risalente a
Karl Barth, la quale nega ogni possibilità di accordo e di
sintesi fra le religioni e l'Evangelo, ve n’è un’altra, risalente a Paul Tillich e orientata verso il dialogo più che
verso la conversione; e parrebbe che questa seconda
linea acquisti terreno (se non validità).
Poiché, tuttavia, ogni confronto serio, anche se critico, può avvenire soltanto se vi è conoscenza (come sa
ogni missionario in terra non cristiana e come dovrebbe
sapere ogni credente in una società secolarizzata), abbiamo pensato di presentare in una serie di articoli — che
Gustavo A. Comba ha gentilmente accettato di preparare — le principali l'eligioni con le quali le Chiese si trovano oggi a confronto. In questo numero pubblichiamo
inoltre con piacere la testimonianza che un missionario
cattolico ha data recentemente nella chiesa valdese di
Corso Principe Oddone, a Torino, in occasione della « Domenica della Missione ». Ci auguriamo che gli scritti che
offriamo e offriremo interessino e facciano riflettere, confermino nella fede ponendo in luce critica la nostra religiosità, stimolino la testimonianza. red.
Religione iaica o laicità religiosa ?
« ISLAM » (dedizione a Dio) è il nome dato da Maometto alla religione da
lui fondata, l’anno 630 d. C., a cui oggi
appartengono circa 350 milioni di fedeli.
La scrittura su cui si fonda l’Islam è
il Corano (letteralmente: la lettura)
che contiene le rivelazioni ricevute dal
Profeta direttamente da Dio o dall’angelo Gabriele. La redazione del Corano,
come oggi si presenta, è dovuta al califfo Olhman, genero di Maometto.
Per il musulmano, il Corano è in pari tempo legge religiosa e civile.
Come tutte le religioni, l’Islam doveva aver valore per lunghi periodi di
tempo e pertanto il Corano doveva essere riconosciuto valido in circostanze diverse di tempo, di luogo e di costumi. Di qui la necessità d’interpretazioni d’adattamento a quelle circostanze sia dal punto di vista religioso che
da quello civile.
Ciò diede luogo a scritti successivi,
chiamati « hadith », (poi sfociati in 4
diverse scuole e da esse sviluppati) rispecchianti la tradizione e l’abitudine.
La loro redazione è generalmente l’opera di un Iman, cioè di un saggio, il quale doveva tener conto del parere degli
Ulema (i conoscitori della legge) e dei
fedeli. L’unanime interpretazione di
una comunità era infatti considerata
valida partendo da una sentenza del
Corano e cioè che « chi segue una via
diversa da quella dei credenti, brucera
nell’inferno ».
Come in tutte le religioni e ideologie,
le diverse interpretazioni hanno portato a scissioni, divisioni e sette. Alcune
divisioni risalgono ai primi tempi dell’Islam, tantoché per una buona parte
dei musulmani già i primi tre califfi
erano usurpatori. Vi furono naturalmente sette con particolare accentuazione mistica ed altre con caratteristiche assai strane. Fra queste mette conto citare la setta degli Ismailiti per il
fatto ch’essi considerano il loro capo
innocente ed infallibile, oggetto di particolare venerazione e dotato di poteri
sopranaturali. Questo capo è l’Agha
Khan, ben noto per la frequenza con
cui ne parlano le cronache della mondanità internazionale. A viste profane,
il suo potere speciale appare più che
altro quello di accumulare ricchezze
astronomiche senza grande fatica e attraverso le più spregiudicate imprese.
Né l’Islam per sé, né le varie correnti e sette costituiscono una chiesa. Si
tratta di comunità e di insieme di comunità che, o si danno un capo (Iman)
che non ha alcun legame con altri in
via gerarchica e non ha avuto alcuna
consacrazione, oppure si affidano semplicemente a un saggio della comunità
stessa (quello che noi chiameremmo un
anziano) per celebrare i riti. Altro servitore della comunità è il Muezzin,
banditore di preghiera (il campanaro
della tradizione cristiana).
Il musulmano ha cinque principali
doveri: la professione di fede - la preghiera (cinque volte al giorno) - il pagarnento della tassa per i poveri - il
digiuno durante le ore del giorno del
mese di Ramadan - il pellegrinaggio
alla Mecca. Si rileva passando che il
numero cinque ricorre spesso nell’Islam, come un numero sacro, rappresentato spesso dalle cinque dita
della mano di Fatma, figlia di Maometto. — La professione di fede è
molto semplice: « Non c’è altro Dio
che Allah e Maometto è il Suo profeta ». Nessuno dei cinque doveri principali è configurato come un sacramento e correlativamente non esiste clero
né chiesa. In questo modo l’Islam accentua la relazione diretta dell’uomo
con Dio e pone il fedele nella condizione di poter adempiere da solo a tutti
i doveri derivantigli dalla sua religione. Tali doveri non hanno, come già
detto, carattere sacramentale, tantoché
ad es. il pellegrinaggio alla Mecca, di
indubbia radice pagana, è da farsi almeno una volta durante la vita... se
possibile.
L’Islam, oltreché religione, è legge civile, che nel pensiero di Maometto avrebbc dovuto conquistare e reggere
lutto il mondo. Perciò quella patrie del
mondo che non era islamizzata doveva
essere combattuta con la guerra, vìnta
e dominata dai musulmani, sotto i quali i pagani dovevano convertirsi o andarsene, mentre i cristiani e gli ebrei
potevano rimanere e conservare la loro religione pagando una tassa. Il risvolto di questa concezione fu ed è
tuttora in diversi paesi africani la facile adesione dei pagani all’Islam, poiché convertendosi diventano, se così si
può dire, cittadini di diritto. In effetti
la motivazione religiosa della conquista
islamica non poteva dare e non diede
a questa un carattere coloniale. Il contrario è avvenuto nelle guerre e nelle
conquiste attuate dai paesi cristiani
per rapaci motivi economici o politici
perfino sotto il nome di crociate, il che
in molti casi andò a detrimento della
cristianizzazione tentata attraverso le
missioni. Per contro, specialmente all’inizio delle conquiste, nessuna pressione fu esercitata per ottenere la conversione dei cristiani e degli ebrei; anzi
tali conversioni furono perfino ostacolate perché con esse cristiani ed ebrei
cessavano di pagare il testatico.
Questo indirizzo politico - religioso,
che trovò al principio rapida attuazione attraverso le estese conquiste arabe,
fu arrestato e regredì in Europa dopo
la vittoria di Carlo Martello a Poitiers
nel 732, mentre in Asia e in Africa continuò e tuttora continua ad estendersi.
Nei secoli della colonizzazione, tuttavia, la maggior parte degli stati islamici furono sotto dominazione cristiana e
tale percentuale raggiunse il 75% delle
popolazioni islamiche, per cui qualcuno
pensò che il sogno di Maometto stava
tramontando. Ma con l’indipendenza
del Pakistan e deH’Indonesia in Asia e
di quasi tutti i paesi africani non v’è
praticamente più popolazione islamica
sotto il dominio cristiano.
La distinzione fra pagani da un lato
ed ebrei e cristiani dall’altro era dovuta, nel pensiero di Maometto, al fatto
che questi ultimi avevano una scrittura
ed avevano avuto dei profeti ch’egli
stesso riconosceva come tali. Il massimo fra essi è Gesù, figlio di Maria,
creato da Dio (come era stato creato
Adamo) nel seno di Maria, e quindi non
concepito dallo Spirito. Gesù è per
Maometto il più grande dei profeti, che,
a differenza di Abramo e di Mosè, sa
che vi sarà un giudizio escatologico al
quale egli sarà presente come accusatore dei cristiani, Dio restando il solo
giudice.
Maometto è per contro l’ultimo dei
profeti, il sigillo di Dio. A lui è stata
fatta l’ultima rivelazione, contenuta nel
Corano (parte di un libro esistente presso Dio ab aeterno); Egli riconosce anche le scritture degli Ebrei e dei Cristiani, dicendo però che, là dove contraddicono il Corano, sono state falsificate.
Un aspetto particolare dell’Islam deriva da una sentenza attribuita a Maometto, secondo la quale la diversità di
opinioni nella sua comunità era un segno della misericordia di Dio. Da ciò
deriva che le varie scuole e correnti sono tutte considerate ortodosse e tutte
si rifanno al rigido monoteismo per cui
« Allah non è stato generato e non ha
generato » ed egli, « Allah è il solo Dio
e Maometto è il Suo profeta », sentenza
quest’ultima che è l’essenza e il simbolo della religione islamica, la cui linearità e semplicità risponde al concetto
islamico secondo il quale « i comandamenti divini sono fatti per essere compresi dalla grande massa e non per soddisfare le aspirazioni intellettuali di
una élite », concetto derivato da una
sentenza attribuita a Maometto, che dice: « Meditate sulle creature di Dio ma
non portate la vostra meditazione sulla
Sua essenza, se no morrete ».
I motivi civili contenuti nel Corano
(accanto a quelli religiosi), come il divieto di bere vino, di mangiar carne di
maiale, di fare contratti aleatori (assicurazioni), di percepire interesse sul
denaro, il consenso alla poligamia e al
concubinato sono norme con cui l’Islam
voleva da un lato addattarsi a situazioni umane, daH’altra frenare certi istinti fonte di troppe discordie. Si pensi
che la poligamia .. l a una restrizione rispetto al matrimonio temporaneo allora in uso pressi! le tribù arabe.
Un altro esemplo di questo carattere
umano deH’Islam -■ quello della divisione delle azioni umane in cinque categorie: doverose - encomiabili - indifferenti - riprovevoli - delittuose, aventi effetti diversi nel giorno del giudizio. Così
di fronte al « noli uccidere » di Mosè,
Maometto dice: • Non uccidere alcuno
(ché Dio l’ha proibiio) senza giusto motivo », e si deve li conoscere che questa, e non quella ti’osaica, è stata ed è
la regola seguita .niche dai popoli cristiani con i pogrom, le stragi, i roghi,
le guerre, i cape .'d ;ri sempre dovuti a
giusti motivi!
•à V.- *
Nei sommari cenni fin qui esposti
sulla realtà islamica; accanto a molte
omissioni, sono stati rilevati alcuni
punti che, nel momento in cui si pensa
a un dialogo con gli altri, hanno un
particolare interesse.
Così dicasi del fatto che per l’Islam
il Corano è una rivelazione e tali sono
(dove non sono state falsate) le scritture ebraiche e cristiane; per contro per
Circa 350 milioni di musulmani
Le statistiche che seguono risalgono al
1949, non essendo riusciti a reperire fonte
più aggiornata (D. Sourdel, L’Islam. Milano 1956); si tenga conto del fatto che, a
parte rincremento demografico, che in vari paesi mu.sulmani è particolarmente forte,
si segnala comunemente un avanzamento
della diiTusioue dellTslam. Nel 1949 il
mondo musulmano comprendeva circa 350
milioni di persone, cioè allora 1/5 della
popolazione del globo, suddivisi in vari
gruppi; Arabi e arabizzati (Medio Oriente
e Africa mediterranea, dalFEgitto al Maghreb. circa 50 milioni). Iraniani (Persia
e Afghanistan, 30 milioni). Turchi (dal
Turkestan cinese all’Anatolia, 52 milioni).
Indiani (94 milioni, dei quali circa 70 milioni di Pakistani occ. e or.). Malesi e Indonesiani (65 milioni), Cinesi (circa 20
milioni'(), Africani (occidentali, equatoriali e orientali, 35 milioni). Balcanici (3 milioni), « dia.spora » europea e americana
(mezzo milione).
Come si vede dalla cartina, si possono
considerare islamici i seguenti paesi : quelli arabici, la Giordania, l’Irak, la Siria, la
Turchia, ITran, l’Afghanistan, il Pakistan,
1 Indone.sia (qui si segnala però un forte
avanzamento delle Chiese cristiane), l’Egitto, la Libia. la Tunisia, l’Algeria, il Marocco, il Mali, la Muritania, il Senegai, il
Niger, il Ciad e altre nazioni minori.
Forti comunità musulmane esistono in
vari paesi, superando talvolta il 50% della
popolazione: Albania, Sudan; Etiopia, Bulgaria, Jugoslavia, Nigeria, Madagascar,
india. Particolarmente densa è la concentrazione musulmana in talune regioni di
paesi ove in comple.sso l'Islam è in minoranza : rURSS (varie Repubbliche sono a
maggioranza, talvolta a totalità islamica;
Kazan, Bashkiria, Ciscausasia, Transcaucasia, Ka.sakistan, Uzbekistan. Turkmenistan)
la Cina (le regioni del Turkestan, dove
l'85% è musulmano, del Kan-Su e dello
Yunnan); inoltre tutta la fascia costiera
dell’Africa orientale, dalla Somalia alla
Tanzania e al Mozambico settentrionale, è
islamizzata (più rada la penetrazione all’interno), e (orti minoranze islamiche si
ritrovano fino al Natal e alla provincia del
Capo.
E noto quanto il fattore religioso giochi in molti Stati nei quali l’I.slam è presente: il contrasto India-Pakistan. in particolare nei due Stati indiani del Kashmir e
del Bengala; la guerra civile fra Sudan
settentrionale (musulmano) c meridionale (pagano o cristiano), fra varie etnie
ugandesi, fra Etiopia ed Eritrea, per non
liarlare dello scontro fra gli Ilaussa musulmani e gli Ibo cristiani in Nigeria, e di
non sopite ten.sioni in vari altri Stati africani, fra i quali il Camerún.
il cristianesimo la sola rivelazione è
quella del vangelo.
Così dicasi del fatto che per gli uni
Gesù fu creato e per gli altri fu concepito, donde per gli uni l’assolutezza del
monoteismo e per gli altri il concetto
trinitario che i primi respingono dicendo che o si tratta di un triteismo o la
grande massa non lo capisce.
Così dicasi ancora dell’inclusione di
Gesù, nato da Maria vergine, nell’Islam,
come il massimo profeta, e l’esclusione
totale di Maometto dal Cristianesimo
per il quale i musulmani sono sempre
stati più o meno, come al tempo delle
crociate, gl’infedeli occupanti i luoghi
sacri dell’ehraismo e del cristianesimo.
Di queste antitesi è possibile pensare
con Maometto che « la diversità dei
pareri è un segno della misericordia di
Dio » e che l’attuazione di un dialogo
è subordinata all’accettazione di un tale principio?
Se ci sarà consentito, ritorneremo su
questo argomento dopo d’aver, sia pure sommariamente, esplorato il contenuto di qualcuna fra le altre maggiori
religioni. G. A . Comba
Come si colloca la missiooe cristiana
nei paesi di religione e di cullerà mnsulmana?
Mi è stato chiesto di parlarvi delle
mie esperienze missionarie. Pur essendo sceso nel continente africano ben
nove volte — una fino all’Africa orientale e una all’Africa del sud — la mia
esperienza è circoscritta, per ragioni
di sirnpatia, di studio e di contatti personali, all’ambiente musulmano del
magreb, ossia dell’Africa del nord. A
questa esperienza, quindi, farò riferimento, restringendo notevolmente il
campo visuale della tematica missionaria.
Non intendo, in questa sede, tracciare una -teoria àéìVislàm, sia pure delVislàm africano. Non importa che le
frange siano in continuo movimento,
come nel nostro caso, in cui l’islàm,
contro i desideri del suo fondatore
Maometto, invece di conservare la sua
caratteristica squisitamente religiosa
(dlnu-l-islàmi = la religione della sottomissione) sta pericolosamente scivolando verso la «città terrena» {daru-lislàmi) di ordine essenzialmente politico e bellicoso. Mi chiedo soltanto: come si colloca la missione nei paesi di
religione e di cultura musulmana?
Non è possibile realizzare le tre
espressioni o dimensioni missionologiche analizzate dal pastore francese
Marc Spindler nel suo recente lavoro:
La mission, combat pour le salut du
monde, ovverossia
— un’espressione sociologica (ciò
che oggi viene chiamato « evangelizzazione e sviluppo »),
— un’espressione ecclesiocentrica,
con la fondazione di nuove Chiese, cui
dare una vitalità rinnovantesi quotidianamente nell’adattamento,
— un’espressione teologica (aspetto
trinitario e apostolico, con speciale riferimento alla predicazione di Cristo),
giacché per Vislàm esistono, oltre al
principio indiscutibile àeWunità e unicità di Dio (Allahu), due presupposti
che non vengono minimamente messi
in dubbio da nessuno, nemmeno da
quegli elementi, sempre più numerosi,
che si considerano musulmani « perché nati in territori musulmani », come
mi confessò apertamente nel luglio
scorso uno studente universitario tunisino. Il primo di questi presupposti
riguarda Maometto (Muhammad), considerato « Profeta conclusivo » della
tradizione precedente, il quale con il
qurànu kartmu ha abrogato tutti i libri sacri precedenti (sono noti nelVislàm la Torah, i Salmi, il Vangelo).
La conseguenza di questo presupposto è di ordine cristologico: Gesù Cristo, che nel Corano e nella tradizione
posteriore, specialmente mistica, è noto come Isa ibn Maryami (Gesù, figlio
di Maria) (1) occupa un posto di primo piano nel quadro generale delVislàm: quando se ne pronuncia il nome, subito l’interlocutore o gli interlocutori aggiungono la benedizione riservata a lui, ad Abramo e a Maometto: « Salla Allahu aleya wa sàllama! »
(Che Allah lo benedica e gli dia la pace!). Tuttavia si tratta di un Cristo
deturpato, dipendente, nella maggior
parte della cristologia coranica, dalle
narrazioni non sempre eleganti dei
vangeli apocrifi e in ogni caso, altissimo profeta, ma non Figlio di Dio. E significativa, a questo proposito, la Sura coranica 112, «Il culto sincero»:
« Nel notile di Allah, misericordioso e
compassionevole:
Proclama a tutti, o Muhammad: Egli,
Allah è uno!
Allah è eterno!
Egli non ha generato né è stato generato,
e non vi è alcuno uguale a lui ».
Evidentemente per il cristianesimo
questi sono aspetti negativi, con i quali bisogna fare i conti quando si tratta della missione.
In questi ultimi anni — direi dal
principio del secolo, con un bellissimo
lavoro del pastore inglese Zwemf.r,
(l) Egli è considerato in tal modo soprattutto .sotto un profilo storico, più che melafi.sico. Bisognerà giungere ad Al-Gazàlì (1111)
per avere dei cenni filosofici e teologici sul
Cristo.
Stampato a Edinburgo, dal titolo The
Moslem Christ (e mi sia lecito citare
alcuni valorosi pastori che, nonostante
le aspre difficoltà del loro ministero
apostolico in terra di missione, trovavano il tempo di preparare studi sulVislàm, tuttora validi: il già citato
Zwemer, il Me Donald, l’olandese Hurgronjie e altri ancora) — da parte degli orientalisti cristiani si sta sviluppando un cauto sentimento di simpatia verso la persona di Maometto, senza giungere tuttavia ad affermare che
l’uomo fu dotato di un ’carisma profetico’ come lo intende la nostra comune tradizione ebraico-cristiana. L’unica
concessione che forse si potrebbe fare
nei suoi confronti, è riconoscergli il
merito di avere fatto conoscere agli
arabi politeisti parecchie verità contenute nella Scrittura.
Ma da parte dei nostri fratelli musulmani (vogliate scusare il termine
affettuoso: gli voglio un gran bene e
ho, ricevuto da molti di essi delicati
esempi di squisita gentilezza) non c’è
stato — almeno a livello scientifico,
ché per il popolo è un’altra cosa (la
donna che mi prendeva il breviario e
se lo metteva sulla testa perché aveva
mal di capo mi richiamava la scena
veduta prima nella piccola moschea,
dove altre donne andavano a baciare
le frange della coperta funebre del santone locale) — non c’è stato, dico, alcun
cedimento nel riconoscere o almeno
nel cercare di approfondire le verità
della Trinità, della divinità di Cristo, e
quindi della redenzione e della salvezza.
Proprio per questa refrattarietà —
con origini storiche che non possiamo
qui analizzare a fondo — non è affatto possibile la missione classica, quella che Marc Spindler chiama la espressione ecclesiocentrica e teologica, ossia
la predicazione del Verbo (oggi è molto usato il termine kerygma), la quale
tende a trasformare l’animo del soggetto mediante quel totale rivolgimento o sconvolgimento psicologico (dire:
ontologico, di natura, sarebbe troppo)
che l’Evangelo conosce con il termine
greco metànoia, conversione totale.
Gli studiosi di missionologia delle
varie correnti cristiane sono oggi tutti
d’accordo nell’indicare due vie alla
missione in paesi musulmani:
— la prima è, per ora, alquanto ipotetica: predicare il Cristo servendosi
degli stessi temi cristologici del Corano, naturalmente corretti là dove si
nega la sua divinità. Sarebbe un lavoro interessante da farsi, ma ci si domanda fino a che punto tale lavoro di
ordine essenzialmente speculativo potrà rendere un servizio utile alla missione;
— la seconda è quella della testimonianza, intesa proprio nel senso del
termine greco martyrein = testimoniare con forza e con sacrificio, una testimonianza esistenziale cristiana.
Per la modesta esperienza che ho di
quei paesi, e per la profonda simpatia
che, al di sopra delle alterne vicende
politiche, o di soprusi nei nostri confronti, come nel caso della Libia, ho
verso i popoli musulmani, mi pare che
questa sia la via giusta della missione
cristiana in terra d’islàm.
Chiunque di noi ha la fortuna, chiamiamola grazia, di essere cristiano e
cristiano impegnato, può e deve dare
questa testimonianza. Ad essa i popoli
di religione islamica reagiscono in modo assai positivo: anche se non si parla espressamente del Cristo, lo si predica morihus, con i costumi, e questo
è il piccolo seme dell’Evangelo che
porterà i frutti nel suo tempo.
Potrei abbandonarmi all’ondata dei
ricordi personali. I musulmani ci considerano attentamente, osservano ogni
nostro gesto e rimangono amareggiati
quando si accorgono che il cristiano
non s’interessa più né dei suoi principi religiosi né della benevolenza verso
il prossimo. Quando manca questa testimonianza, viene a mancare la missione — per ora l’unica possibile —
in terra d’islam.
Michele Peirone
4
pag. 4
N. 8
19 febbraio 1971
Notiziario" Evangelico Italiano
Ecco le notizie che ci pervengono
dalle Chiese Evangeliche d’Italia, tramite i loro giornali, in questi primi
mesi del 1971.
L’ARALDO APOSTOLICO
della Chiesa Apostolica in Italia
porta la notizia della inaugurazione di
nuove Assemblee nelle città di Milano,
Palermo, Castiglione della Pescaia e
Torre Annunziata e del consolidamento del primo gruppo di lingua italiana
nella città di Basilea in Svizzera.
Parlando di queste mete raggiunte,
il Soprintendente lorwerth Howells invita i fratelli e le sorelle della chiesa a
compiere sempre maggiori sforzi per
evangelizzare nuovi territori.
« Nella vita della Chiesa — egli dice
— non esiste valido sostituto per l’evangelizzazione, e coloro che si contentano di altri metodi, sia pure leciti e
lodevoli, dovranno accontentarsi di vedere mantenuto lo status quo dell’opera o, peggio ancora, la sua disintegrazione ».
È in allestimento il nuovo Centro
Apostolico Nazionale nella città di
Grosseto, dove la costruzione del nuovo tempio procede grazie all’instancabile aiuto dei Fratelli di quel centro.
A Napoli, in novembre, è stato tenuto il Convegno Distrettuale, nel quale
si è studiato il tema: « Il profetismo
e la profezia nel Nuovo Testamento e
nella Chiesa ». Durante il convegno è
stato insediato alla cura della nuova
assemblea di Torre Annunziata il Pastore Roncavasaglia, e si sono elevate
preghiere di ringraziamento per l’Evangelista Aldo Grattagliano, da poco
dotato del carisma di guarigioni.
RISVEGLIO PENTECOSTALE
delle Assemblee dì Dio (Pentecostali)
Tra le notizie dalle molte comunità
pentecostali sparse in tutta Italia, scegliamo quella che ci parla della campagna di evangelizzazione ad Alberobello (Puglia)'.
Nel paese dei « trulli » è ?tata iniziata la Missione Buona Novella con culti
di evangelizzazione tenuti ogni sera in
una grande sala pubblica presa in af
litto. Si è tenuto anche un culto all’aperto con la partecipazione di cinquecento persone. Sono stati adissi nel
paese due grandi striscioni e numerosi manifesti annuncianti le riunioni,
nonché diramati avvisi con gli altoparlanti, così da raggiungere tutta la popolazione. Le corali di Alberobello e di
Taranto hanno portato alle riunioni il
loro contributo canoro. Molti credenti
e pastori delle località vicine hanno
collaborato. Organizzatore e predicatore della campagna è stato il fratello
Piraino. Vi sono state testimonianze di
guarigioni e la guarigione di una sorella, sanata sul luogo nell’istante in
cui si pregava per i malati.
« Siamo stati grandemente benedetti per la sensibile presenza del Signore. Vogliate unirvi a noi nel chiedere
a Dio che il seme della Parola, che è
stato sparso, possa portare frutto alla
Sua gloria e per la salvezza di molte
anime ».
IL GRIDO DI GUERRA
dell’Esercito della Salvezza
del mese di gennaio dedica alcune
pagine all'Anno dei fanciulli, perché tale è stato proclamato per i Salutisti
il 1971.
Il Col. Fivaz, capo dell’Esercito in
Italia, ne spiega il perché.
I nostri bambini oggi sono molto
presto esposti a tutte le induenze esterne che possono danneggiare la loro formazione. L’educazione cristiana, impartita in una breve ora settimanale,
non basta a controbilanciare le induenze dannose che gravano sulla loro psiche. Bisogna quindi intensificare le attività esistenti per i bambini che ci sono affidati, mettere in contatto con
l’Evangelo quei bambini che non lo
conoscono.
II motto dei Salutisti per l’anno 1971
è: « Ogni bimbo ha valore ».
A Napoli, al principio di novembre,
ha avuto luogo la Giornata della Gio
ventìi, in cui si sono incontrati i giovani del Centro-Sud per uno scambio
amichevole di idee. Sono state consegnate delle chitarre elettriche, dono
di un territorio salutista americano ai
giovani che desiderano testimoniare
con la musica e il canto.
I lettori ci scrivono
Cercasi cronaca
Una lettrice, da Roma:
Signor direttore,
in questo periodo dell’anno dovrei rinnovare Pabbonamento all’Eco. Stavo pensandoci, e cosi mi son resa conto che se
10 farò, lo farò con la speranza di poter
leggere oltre all’articolo di fondo tanta -—
11 più possibile — cronaca spicciola delle
attività, degli avvenimenti, della « vita »
di un po’ tutte le nostre Comunità. E.
come me. siamo in parecchi a pensarlo.
Non so il come mai, ma ritrovo il fatto
che il giornale va facendosi sempre più
predicante, politicante, polemico (pesantuccio) con Io scarsissimo .sollievo di qualche colonna di notizie « nostre ». Queste
notizie sono invece prezio.se permettendo
di .seguirci Tun l’altro con affetto, con partecipazione — da « cristiani » insomma —
e di vivere, anche se materialmente separati, insieme. E inoltre di conoscere e
magari prendere spunto da iniziative positive attuate per tentarle e nostra volta,
fare nuovi programmi, ecc.
Non è che, valendoci dell’Eco, stiamo
predicandoci troppo e troppo accademicamente? Oltre alla « grammatica » la pratica è indispen.sahile e ben valida. Sarà perché ritengo che l'essere cristiani sia soprattutto: «parole poche, e molta solidarietà applicata ». E il mio da ritenersi
un errore? Veda ad esempio: ultimamente,
attraverso la cronaca di Torre ho appreso
anche di nascite e di morti. Non è, ciò, più
importante che leggervi (prendo un esempio a caso) la traduzione d'un racconto
del Soljenitzin — che posso trovare altrove se questo desidero — mentre è esclusivamente tramite l’Eco che le notizie dei
fratelli possono pervenirci? E ho detto
« più importante » perché consente di mettersi sia spiritualmente che materialmente
in contatto con chi gioisce o patisce.
Concludendo : l’Eco consta di 6 facciate :
perché non fare... 3 e 3? Intendo 3 di articoli vari, notizie daH'estero, ecc. che riflettono eo.se e idee che si possono anche
trovare altrimenti: e 3 di notiziario delle
nostre — mimero.se — Comunità. Ripeto:
l’e.sempio di alcune di es.se farebbe implicitamente scuola ad altre. Vivremo meglio l’Evangelo e comunque « L’Eco delle.
Valli (aggiungo: e delle Comunità) Valdesi » .senz'altro sarebbe più in tema con
la propria testata. In tal senso .sarebbe cosi fuori luogo ricorrere a un accurato referendum...?
A. Meii.i.k C^LVlNO (giornalista)
La ringrazio di questa Sua. che mi permette un chiarimento. Il Suo giudizio sul
no.slro lavoro redazionale non e precisamente incoraggiante, ma Ee assicuro che è
nostro de.siderio vivissimo intensificare la
pubblicazione di notizie dalle chiese. Mi
permetto quindi di girare questa Sua pressante richiesta alle chiese e ni loro respon.sahili: troppe sono le comunità a silenziose », per quanto spesso da noi sollecitate;
molte non ci inviano neppure il bollettino locale. Ringraziamo dunque di cuore
chi cura, spesso con regolarità e amore
degni di nota, questo servizio, e il gruppo
che redige quindicinalmente la pagina di
« Cronaca delle Valli », e facciamo appello ai corrispondenti. Tuttavia, il settimanale è per noi un mezzo di conoscenza e
di comunione anche oltre i nostri confini
(?) valdesi. Quanto all’informazione « eslerna », cerchiamo di fornire proprio dati
e spunti che non sono così correnti fra
noi (l’esempio della pagina di Soljenitzin
è tipico: era un inedito, in italiano). Comunque, siamo ben lieti dell’affetto che
la lega al settimanale, condividendo l’esigenza che ha giustamente sottolineato. A
proposito, chi ci fornirà qualche notizia
romana, senza attendere il prossimo (illustre) fratello scomparso? Quante chiese si
fanno vive solo per ricordare uno dei loro
membri scomparsi...
Gi.w Conte
Alle porte d’Italia
Una lettrice, da Villasecca:
Mi auguro che anche quest’anno il 11
febbraio sarà stato ovunque celebrato come
segno di riconoscenza a Dio per la libertà
che ci è conces.sa. Ai nostri padri questa
libertà costò sacrifici, persecuzioni e morti
orribili : forse il .sangue di questi martiri
non dice più nulla al nostro cuore? Essi
diedero la loro vita non solo per rimanere
fedeli a Dio, ma anche per amore della nostra cara Italia, che amarono fino al sacrificio: all'estero potevano vivere liberamente, ma la nostalgia della patria amata
li fece ritornare. E con 1 aiuto di Dio -—
|)OÌché la preghiera era la loro unica arma — il loro desiderio fu esaudito. Il nostro corteo con le bandiere è molto signilieativo e il nostro cuore palpita alla presenza della nostra bella bandiera. Come doveva essere commovente l’entrata dei Valdesi
a Torino! Carlo Allierto volle che sfilassero per i primi, salutati da un altissimo grido della folla, baciati, apostrofati da chi
domandava perdono e a cui essi rispondevano con le lacrime agli occhi : non abbiamo nulla da perdonare, non ci ricordiamo più di nulla, siamo fratelli, abbiamo
una sola patria, un solo avvenire. Questa
festa ci ricorda anche la misericordia di
Dio che ha fatto .sorgere l’amore al posto
dell’odio: basta leggere il libro di De Amicis, Alle porte d'Italia; lo .scrittore cattolico,
a pag. 261 dice: «Persino dei preti rompevano le file e gettavan le braccia al collo ai primi venuti, bella giornata di amore
e di perdono che al posto dell’odio regna
l’amore fra gli tiomini di Intona volontà.
Oh bei momenti della vita dei popoli, belle ore gloriose del cuore umano, pagine
d'oro della storia della civiltà, siate ricordate. amate, benedette in eterno. E benedetta tu pure, bella e nobile Val d’Angrogna che negli anni della grande guerra jter
la libertà dell’anima hai scritto col sangue
dei tuoi pastori una parola vittoriosa e immorlale ». Con questa festa noi rinnoviamo
ancora oggi la nostra riconoscenza c fedeltà verso le autorità che ci governano e
per le quali dobbiamo sempre pregare.
Solo amando la nostra chiesa noi onoreremo la memoria dei nostri padri che per
essa son inorlì.
E. C.
Domenica 24 gennaio è stata la Giornata del Giovane Soldato. (Ricordiamo
che per i Salutisti è chiamato soldato
ogni credente che si impegna in un
« corpo », per noi comunità).
A Milano, il 9 gennaio, nel teatrino
della Chiesa Valdese, i giovani del corpo della città hanno rappresentato un
dramma in tre atti che presentava tre
problemi morali e la loro soluzione
come la possiamo dedurre dalla Bibbia. Lo spettacolo è stato apprezzato
ed è stato un’occasione per incontrare
nuovi amici.
IL MESSAGGERO AVVENTISTA
della Chiesa Avventista del 7» Giorno
dà notizia che il 7 novembre è stato
inaugurato un nuovo tempio a Bologna.
L’edificio è una delle più belle co
struzioni cinquecentesche della città,
situato in un quartiere popoloso e
piuttosto centrale.
L’opera avventista in Bologna iniziò nel 1924. Il locale di culto si trovava in via Barberia ed era diventato ormai insufficente.
Giuseppe Ferraro, pastore della comunità di Bologna, trovò una chiesa
sconsacrata, che venne acquistata e,
con la collaborazione di tutti i membri della comunità, restaurata. Si chiama S. Maria del Buon Pastore ed è in
Via Lame 38.
Al culto di consacrazione hanno pailato il past. Ferraro, che ora lascia la
comunità di Bologna, e il past. Folkenberg. Egli ha messo l’accento .sul valore dell’edifìcio spirituale.
LA LAMPADA
periodico delle Unioni
femminili Battiste
nel numero di gennaio-febbraio, parla del « Biblitek ».
È questo un furgone Ford Taunus,
fornito di equipaggiamento audio-visivo, che trasporta, insieme con una
équipe di persone, Bibbie e stampa
evangelica.
Lo scopo di questo mezzo mobile è
di portare il messaggio dell’Evangelo
nelle piazze e nei mercati delle città e
dei paesi.
I risultati sono stati buoni: Un’ora
trenta paesi visitati, nella provincia di
Torino, con distribuzione di cento mila trattati; trecento persone hanno
chiesto un Nuovo Testamento.
II Biblitek deve portare la comunità
dalla chiesa, chiusa tra le quattro mura, fuori, a diretto contatto con la gente, sulla strada, nelle piazze, dove essa
« può essere vista e sentita nella sua
semplicità fondamentale ».
Un ciclostilato della Chiesa
dei Fratelli di Firenze
in data 7/1/71, ci lorta notizie di
Casa Cares.
Una lettera dal “Gould,,
Da otto anni Casa
Firenze, ragazzi e i:
Ora si è trasferita a
se non molto distami
villa « I Graffi ».
I ragazzi stessi ed
tutto una cinquanti
sono sobbarcati la '
boro, senza risparm
fittando delle vacan
Ora sono installati
bella villa e sono inaugurato la nuovi,
gennaio invitando la
Casa Cares della
tina.
Auguriamo a Casa
prosegua nella pros;
Cares ospita, a
igazze bisognosi.
Reggello, un paedalla città, nella
il personale, in
T di persone, si
aiica dello sgom) di forze, appronatalizie.
felicemente nella
xldisfatti. Hanno
residenza il 24
'Otti gli amici di
latellanza fioren
Cares che l’opera
icrità.
Inda Ade
Cari amici,
l'anno scolastico è ormai già avanzato e durante questo periodo di piena
attività il nostro lavoro si è maggiormente configurato e concretizzato nell'ambito delle previsioni e dei piani che
ne avevamo fatto. Da molti anni i
gouldini non erano così numerosi come
quest'anno, molti inoltre sono giunti in
settembre per la loro prima esperienza
comunitaria ed all'inizio è .stato difficile poterli conoscere tutti. Prendere atto
del loro carattere, della loro personalità e quindi creare per loro un ambiente positivo e formativo, ha richiesto un
certo tempo.
Per offrire ai nostri ragazzi quell'ambiente favorevole alla loro formazione,
particolarmente sul piano scolasticoeducativo, riteniamo di fondamentale
importanza insistere su due direttrici
diverse. ma strettamente collegate fra
di loro e quindi complementari; i rapporti con gli insegnanti che nella scuola pubblica curano la preparazione dei
nostri ragazzi e, all'interno della Casa,
il doposcuola e le attività del tempo
libero.
Col passare degli anni siamo riusciti
a stabilire dei rapporti chiari di intensa e reciproca collaborazione con quasi
tutte le scuole cui sono iscritti i nostri
ragazzi- Naturalmente però ogni anno
ci sono nuovi insegnanti, nuove scuole
ed anche nuovi alunni da presentare.
Non sempre l'inizio è facile: la provenienza, la condizione sociale, il dialetto, a volte provocano una sorta di prevenzione. Occorre individuare per tempo queste reazioni ed intervenire facendo capire quanto sia vana e crudele
una valutazione basata su questi pregiudizi In questo il più delle volte anche il ragazzo ci aiuta mostrando come
sotto una scorza di timidezza e di comprensibile diffidenza esista una intelligenza vivace ed attenta.
La scuola e l’Istituto anche se ricercano intesa e collaborazione in quanto
ambedue momenti del processo educativo, continuano a rimanere distinti e
divèrsi perché assolvono ciascuno ad
tre la scuola è una opera preordinata e
non frammentaria, l'Istituto, più vicino
aU’immagine che è propria della famiglia, pur possedendo un proprio programma pedagogico, educa più spontaneamente e diremmo quasi occasionalmente.
Di qui la grande importanza che acquistano nella Casa il doposcuola e le
attività del « tempo libero ». Ponendo
come fine educativo lo sviluppo delle
capacità di adattamento ad una società
in continua trasformazione e la preparazione dei ragazzi ad essere i cittadini
di domani, il nostro doposcuola non è
più limitato soltanto allo svolgimento
dei compiti di casa, ma partendo da
questi elementi e non appena i ragazzi
sono in grado di seguire, attraverso
una graduale autonomia si tenta di far
loro acquisire una maggiore indipendenza ed una maggiore libertà e responsabilità. Nasce così il bisogno di
esaminare, di criticare, vengono alla
luce difetti, contraddizioni, errori, ingiustizie attraverso un rinnovamento
dello spirito creativo di questi giovani,
i cui coetanei già nella cronaca quotidiana vediamo strumenti di trasformazione delle istituzioni sociali.
Il doposcuola articola perciò il suo
programma, su una molteplicità di progetti, di lavori di gruppo, per superare
l’individualismo e l'egocentrismo e rende i ragazzi disponibili verso quegli insegnamenti che non si esauriscono nell’ambito dello studio nozionistico ma si
trasferiscono nei rapporti con la famiglia, con l’ambiente esterno, in seguito
con l'ambiente di lavoro, con uomini a
loro diversi per cidtura, razza o fede.
Attraverso questa esperienza l'Istituto vive un'autentica vita comunitaria,
ed inoltre si rende conto di non essere
il solo organismo educativo, anche se
forse il più importante, ma prende atto
dell’esistenza di altre sorgenti educative e tenta di porsi con esse su un
piano di interazione e di collaboraz.ione
reciproca.
Miriam e Marco Jourdan
e i loro Collaboratori
una propria particolare funzione. Meri'
....................................................................................
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiuiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Meraviglie postali
Questo settimana abbiamo ricevuto, ritornate al mittente per varie ragioni (respinto, destinatario trasferito, eoe.)- f2 copie del giornale. talune abbastanza recenti, ma parecchie antichissime; il record è biitluto da un n. del 20
giugno 1969! C’è quasi da ammirare, se non
la rapidità, Taceuratezza delle poste, in cui
nulla (?) si perde.
Cogliamo Voccasìone jicr rinnovare ai lettori lina preghiera: in caso di trasferimento, ce
lo comunichino immediatamente; e in caso
respingano, per qualche ragione, il giornale,
abbiano la cortesia di ritagliare Tindirizzo e
rispedirlo airamminislrazioiic in busta chiusa. ad evitare lo spreco che è conseguenza inevitabile di questi ritardi nelle rese al mittente. Grazie!
¡J'a m m in istrazian e
IIIIItlillllimilllllllliltlllllllllllllllimilMIIIIIIIIIIIIIIIIIIil'
Doni Eco-Luce
Da Firenze: Cornelio Hartoletli 500; Giorgio Neumann 2.000.
Da Perro.ro: Desiderata Clot 300; Giidio
(ienre 500: Giulia Vigliclmo 500.
Da S. Germano Chisone: Davide Douchard
500; Elisa Peyronel 500: icario Alberto Bouchard 500; Luigia Bcrtalol 500; Mary e Anila Long 500; Paolo Vinçon 500.
Da Genova: Giovanni Cougn LOGO; Emanuele Tron 500; Felice C’-altaneo 500.
Da Massello: Luigi Mieoi 300; Luisa Micol 300.
Mario Bassetto, Vicenza 2.000; Alpina Maciotta, Ballila Biellese 500; Ennio Sas.so, .4renzano 1.000; Antonio Pellicciolta, Cesale 1.000;
Grazie! (continua)
Una '"Giomala dell
apre la sellimana
Domenica 14 febbraio, in apertura della
settimana valdese, si è tenuto una « giornata
della diaspora », un incontro cui erano stati
invitati i credenti sparsi nella nostra vasta
diaspora. L’incontro si è aperto con il culto
con santa cena, in Via Micheli; ci si è quindi
trasferiti nel Centro comunitario di Via Manzoni per l’agape comunitaria, in parte al sacco: quindi è stato dibattuto il tema: «La
diaspora evangelica nel passalo e oggi : problemi e prospettive ». Una bella e buona occasione di stare insieme e ripensare il privilegio
e la responsabilità della vocazione ricevuta.
In tutta la settimana, del resto. la comunità
è invitala a riflettere sul significalo di fondo
della proposta valdese: in una società che
rifiuta rinuncia, sacrificio e impegno personale affermiamo il significalo fondamentale
del .sacrificio e della rinuncia, perche 1 uomo
sia umano: ricordiamo che in una società
massificata le libere Istituzioni vivono solo per
la fedele solidarietà di lutti: e in questa linea
chiediamo che la « settimana di rinunzia »
riacquisti pienamente il suo valore antico e
ognuno si disponga a partecipare anzitutto intcriormente a un atto che è valido nella misura in cui è vissuto come protesta e sfida di
fronte a un mondo che crede nei "consumi”
c irride chi sa che « è i>iù felice cosa dare che
ricevere ».
* * *
Mentre, in un incontro regionale, i pastori
della Toscana hanno esaminato le recenti disposizioni della Chiesa romana in merito ai
matrimoni misti, nelle quali si è ancora ben
lontani dal rispetto chiaro e incondizionato
per gli evangelici, che è condizione essenziale per un progresso reale dell’ecumenismo, a
lutti i giovani e a tutte le giovani coppie della
comunità è stata inviata una lettera personale,
per renderli attenti al pericolo di chiudersi in
un cerchio sostanzialmente egoistico di interessi, dimenticando che la chiesa e le sue opere
vivono della compartecipazione generosa e .solidale. nella fede.
•k -k -k
La .sorella Verena Werner sta per tornare,
almeno temporaneamente, in Svizzera, lasciando il servizio fedele che per molti anni ha
.svolto nella nostra comunità: al Ferretti prima. poi nella segreteria della chiesa, nelle visite, nella scuola domenicale e nella scuola
svizzera: è stato un aiuto paziente e fede c.
gliene siamo tulli grati e non potremo dimenticarla.
* * *
Domenira 31 gennaio c stala presentata al
Signore nella eoiniinità la pieeola Sara Rotlini: siamo lieti della gioia di questa famiglia
ehe pone fidiieiosa la vita nella luce della grazia.
* * *
fi previsto per la fine del mese prossimo un
incontro con i genitori; .sarà ocea.sione per ri(lettere e cercare insieme come testimoniare
Cristo ai nostri figli, oggi.
* * *
11 grupjM) giovanile « Il Ponte », <lella Chiesa evangelica riformala (svizzera) si riunisce
ogni mereoledi alle 18 nel Centro comunitario
di Via Manzoni; in questi incontri vengono
affrontati, in queste .settimane, questi temi:
« 1 lavoratori italiani al nord », « Libri per
l’infanzia c modi educativi italiani », « Mili
a diaspora,,
valdese a Firenze
tarismo e pacifismo». «La volontà di Dio:
che cos’è? ».
Ecumenismo : incontri e scontri
Le tre .serale in comune con i gru|)pi e le
comunità « del dissenso » quest'anno .sono
stale assai travagliate: buona la ])rima. a
Palazzo Salviati, aspra le seconda e "calda”
rultima. Sarebbe addirittura sciocco e farisaico dire che « la colpa è di... » questi o
quelli.
Sta di fatto che il dissenso cattolico oggi
corre un rischio: creare delle conventicole
settarie che, liquefatto il messaggio evangelico nelPimpcgno politico-partitico, si allontanano progressivamente dalla rillessione biblica
c dalla concretezza ecclesiale ehe le distingueva. D'altra parte, anche il nostro ri.scbio è
grave: esorcizzala "la politica”, noi ci chiudiamo in conventicole (forse) pietistiche e pretendiamo una innaturale, illogica, separazione
fra la vita « come credente » e n come cittadino ».
Proprio per lil)erarci dalla spirale in cui gli
uni e gli altri ri.schiamo di cadere, è necessario ehe ci inconlriamo ancora, c ci .spieghiamo
serenamente, senza impuntale aggressive.
Anche la nostra comunità è messa in causa,
u se vogliamo veramente vivere un messaggio "eredihilc” per la nostra generazione, bisogna ehe esso "si comprometta” nei problemi
del tem[>o. nei fatti di lutti.
Fiorentini senza «spirto gentil»
« 1 tuoi parenti più prossimi sono i vicini
di casa ». dice un bel proverbio siciliano; ma
i meridionali a Firenze si accorgono, a volte
dopo anni di concittadinanza, di scambiare a
malapena un saluto eoi coinquilini, di avere a
che fare con gente riservata. gelo.sa della propria vita privala, di una gentilezza e affabilità che tiene a distanza. Non direi che sia
proprio gente tagliata bene. ma... è tagliata
cosi. Però, bisogna che i fiorentini « evangelici n cerchino di contraddire ((ueslo tratto
Icgno.so del loro earatteraecio. ehe si dimostra
già... airusrila di chie.sa!
Siena
Il culto domenicale è stato presieduto dai
pastori Sominnni. Santini. Tneelli. e dal fratello Donini. Nella ricerca di dare al cullo
una forma pili vivamente comunitaria, a titolo sperimentale, il gruppo del giovedì ha
preparato insieme la liturgia per la domenica
17 gennaio. 11 culto domenicale eo.si preparato è stato presieduto dal fratello Donini e dalla
sorella Pagliai, mentre il past. .Sommani ha tenuto la meditazione. Ci pare che la comunità
ahliia vivamente apprezzato questa iniziativa,
sempre che ei sia la possibilità di fare una
preparazione in comune ed accurata.
Nelle riunioni del giovedì ei siamo distaccali dallo srheina dello studio biblico che avevamo seguilo per pili di due anni. Quest anno
abbiamo fatto un programma più vario: riunioni di carattere omiletico, studio di argomenti particolari secondo il desiderio dei partecipanti. preparazione del cxdto; abbiamo in
programma la discussione di alcuni articoli di
« Nuovi Tempi ».
5
19 febbraio 1971
N. 8
pag.
Vita, problemi, prospettive delle chiese valdesi
Nulla dì nuovo sotto il cielo di Cerignoia?
Che di nuovo troverebbe un nostro
Collega degli anni 50 o 60 se ritornasse ad annunziare l’Evangelo della liberazione in quel di Cerignoia?
Vi troverebbe senz’altro una situazione socio-economica resasi ancora
più pesante. Il reddito prò capite in
agricoltura, ci è stato detto anche in
televisione, continua a decrescere. Il
che vuol dire che i contadini continueranno ad abbandonare la terra per inserirsi nell’industria nel nord, e di riflesso anche la nostra compagine ecclesiastica ne subirà i colpi. Come allora il Collega sarebbe impressionato
nel vedere il corso principale assiepato, ai margini, da una massa di contadini che vi sostano in attesa di venire ingaggiati dall’eventuale padrone. Il Maestro ne coglierebbe quel senso di estrema stanchezza che non è necessariamente soltanto il riflesso di
preoccupazioni di ordine materiale
quanto di sfiducia d’isolamento e d’incomunicabilità. Insomma quel senso
di vuoto che, se resta vuoto, esplode poi
nell’atto inconsulto, violento assurdo.
Quasi ogni settimana Cerignoia ricompare nella cronanca nera della Capitanata per qualche delitto passionale. La
religione con l’R maiuscola stende su
questa massa la coltre di una religiosità convenzionale, fatta di feste stabilite il cui scopo sarebbe quello di ravvivare la fede. Ad essere cattivi si potrebbe pensare ad una orchestrata
strumentalizzazione degli spiriti tutta
tesa a mantenere lo statu quo su un
paganesimo che non si sa a chi possa
giovare a lunga scadenza.
Uno studente col quale dialogavo,
tentando di portarlo nel giro dei miei
pensieri, mi diceva candidamente che
avrebbe continuato a fare quel che
gli dice la Chiesa, perché a come vivere la propria vita ci pensava lui stesso. Paganamente aveva diviso il mondo in due sfere: il sacro ed il profano
•e tacitava la sua coscienza. Aggiungeva: « Voi Protestanti ragionate troppo
ed io non amo farmi dei problemi ».
E coi laici non si potrebbe iniziare un
dialogo? La classe borghese intellettuale « alias » liberale ha da un secolo rinunziato ad assumere un ruolo di
guida e come altrove qui a Cerignoia
essa è apatica, introversa e passiva.
Un esempio. La biblioteca comunale,
che è ricca di riviste, qui serve agli
studenti delle scuole medie che, nei
giorni di freddo, vi trovano un luogo
riscaldato ed adatto per lo svolgimento collettivo dei compiti. Il Segretario
li sopporta perché mi dice: « Se non
A'enissero loro chi altri verrebbe nel
tempio della cultura? ». In cambio i
Caffè e i locali annessi ai diversi partiti politici li trovi affollati di clienti
abituali che vi trascorrono ore e ore
in idioti giuochi alle carte e in aria
malsana e irrespirabile.
Nella città che diede i natali a Di
Vittorio e che gode di una amministrazione comunale comunista, se cerchi
dal giornalaio una rivista di sinistra,
come « Vie Nuove », ti senti dire che
una volta, si, la riceveva e la esponeva
ma che da quando certi signori lo mi
nacciarono di non comprare mai più
i giornali da lui, ha ritenuto necessario, per queto vivere, di rinunziarvi.
Ma è proprio per tutto quello che son
venuto dicendo che le cose vive sono
veramente vive e le uniche vive. Cosa
viva è l’esistenza di una Comunità Valdese in questa terra di nessuno. Viva
per il suo no e per il suo si. La Comunità: la moltitudine di coloro che hanno creduto e che sono di un sol cuore
e di un’anima sola, non anagrafati in
un registro che rilascia certificati, ma
scritti nel libro della Vita e perciò
rendono testimonianza della Resurre
zione del Signore Gesù. Sono usciti
dalla massa accettando di vivere la fede coerentemente ai comandamenti,
mentre per il loro no perdono le occasioni ai matrimoni misti e rischiano su tutta la linea e tuttavia perseverano, amano il confronto con la Parola nella quale trovano il cibo spirituale nel presente e per la vita eterna.
I segni della vitalità li abbiamo nel
tono stesso di una fede semplice tutta
tesa alla realizzazione di una vita comunitaria; il Culto domenicale è qui
frequentato in modo plebiscitario talché non ti accorgi dei vuoti lasciati
dagli emigrati che vengono rimpiazzati dai figli dei credenti, l’aiuto al disoccupato o al fratello bisognoso e all’ammalato è fortemente sentito. Altri
segni di vitalità li abbiamo nei collaboratori. Da quando, per la grazia del
Signore che ha sovrabbondato verso
di noi, disponiamo del salone refettorio che funge anche da sala delle attività giovanili, una ventina di cadetti,
studenti e operai vi si ritrovano per
attenedere all’istruzione religiosa, lo
studio della Bibbia e della storia valdese sotto la intelligente guida del fratello Giacomo Campanelli che è anche
il nostro predicatore laico. Un altro
giovane che ci offre fervente collaborazione è lo studente in medicina Gio
vanni Magnifico. La Scuola Domenicale numerosa ed affiatata, dopo la partenza di Miriam Castiglione, l’abbiamo
affidata ad un dinamico gruppo di monitori e monitrici. Inoltre possiamo disporre di due gruppi di servizio permanente: quello che attende al buon
andamento dell’Asilo Infantile e quello che dirige la Scuola Laboratorio in
Maglieria. Codesti due servizi rappresentano come due avamposti del nostro buon combattimento. Essi ci mettono in contatto quotidiano con tutta
la zona umana che fin qui il Signore
ci fa fatto trovare e che costituisce il
campo della missione.
Un campo da dissodare, un campo
da seminare. Stagione necessaria, tempo duro e difficile ma se non siamo
pessimisti possiamo anche intravedere la messe biondeggiante. Non è codesta la legge del Regno? Il Regno, ci
dice il Maestro, è come un uomo che
gettti il seme in erra e dorma e si levi
la notte e il giorno, il seme intanto
germoglia e cresce nel modo che egli
stesso ignora. (Marco, cap. 4, vv. 26-27).
G. E. Castiglione
Pomaretto
11 programma di visite del Presidente della CIOV nelle Valli, per tenere informato il
nostro popolo sulPopera dei nostri Istituti, contempla per Pomaretto le seguenti riunioni
{ore 20,30): martedì 23: Masselli; mercoledì 24: Paiola; giovedì 25: Pomaretto; venerdì 26: Pons; mercoledì 3 marzo: Lausa: giovedì 4 : Perosa. Le oiTerte andranno a benefìcio degli Istituti.
Considerazioni in margine
ad un’assemblea di chiesa
Non starò a ripetere le conclusioni cui
è giunta la commissione incaricata di studiare il problema « finanze ». essendo state le conclusioni stesse ampiamente discusse nella assemblea di chiesa del 7 febbraio. Mi limiterò a sottolineare che il punto
chiave delle proposte verteva suH’impegno da
parte di ogni singolo membro di contribuire
per le opere della chiesa nella misura minima
deiri% della propria retribuzione.
La commissione, pur riconoscendo la validità, per un obiettivo a lunga scadenza, di
altre proposte, data Turgenza di trovare un
rimedio atto a superare la fase critica contingente, riteneva che al momento Punica soluzione da tentare fosse quella proposta. Condizione senza la quale lo scopo non sarebbe
stato raggiunto, era che tutti i membri di
chiesa accettassero tale linea.
Oltre alla maggioranza che ha approvato la
proposta, si sono delineate altre due correnti:
-— la prima ha continuato ad insistere, come
già in altre occasioni, per Pofferta anonima;
— la seconda non ha accettato Pindice delPl% suggerito -l.iiJla commissione, senza
peraltro proporrf- .u’altra soluzione in alternativa.
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Guido Baret
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A TORRE PELLICE
« 0 Signore. Punica cosa che possiamo fare
è di supplicarti di fare qualcosa per te : uomini che il mondo più non spaventa, che il
denaro più non attira, che Pamor proprio più
non condiziona, dei missionari, dei pastori,
dei membri di Chiesa, che siano un sol corpo,
vivendo per il resto del mondo, perché tutti
gli uomini, indipendentemente dal colore della loro pelle, siano uno in Te. Parla o Signore,
tu hai qualcosa da dirmi e che mi spingerà
non so dove, forse molto lontano; parla, io
t’ascolto ». Ricordiamo con questa preghiera
tratta dal giornale delle Mis.sioni di Parigi, la
domenica delle Missioni celebrala il 24 gennaio nella nostra Chiesa e nelle nostre Scuole
Domenicali in comunione con tutte le Chiese
Evangeliche.
Mercoledì 10 febbraio. Grande festa nel
nostro Ospedale. È il primo anniversario delPapertura del Padiglione Geropsichiatrico e le
ospiti vogliono festeggiarlo offrendo un simpatico ricevimento alle persone che si occupano
di loro. Eleganti, nei loro vestili più belli,
hanno fatto gli onori di casa, introducendo gli
SULLA RIVIERA LIGURE
invitati nella bella sala di soggiorno, preparando con cura i tavolini per il tè, pensando
ai fiori, ai dolci, al servizio. Due di loro hanno espresso la loro riconoscenza con parole veramente commoventi al Signore, al caro dottor
Martinengo, alla cara direttrice a cui vogliono
tanto bene, a tutto il personale a cui sono
affezionate, dicendo che sono veramente felici
di vìvere a Torre Pellice in un ambiente così
sereno e familiare che ha ianto contribuito al
loro reinserimento nella società: ricorderanno sempre con gioia il giorno del loro arrivo,
in mezzo a noi. Giochi e danze a suon di musica hanno terminato il simpatico incontro.
— Esprimiamo la nostra viva simpatia alle
famiglie ed ai parenti di Isidoro More, di
Carlo Franzosi e di Beatrice Long Simeoni,
che hanno terminato la loro esistenza terrena.
Lina Varese
Genova
La comunità si riunirà, per celebrare il
« 17 febbraio », la sera di saliato 20; dopo una
breve commemorazione, si ascolteranno i mes.saggi delle chiese sorelle, quindi i canti della
corale:.! giovani concorreranno al programma
della serata: sarà soprattutto un'occasione per
ritrovarsi fra fratelli, conoscersi, affiatarsi, occasioni sempre più preziose. L’indomani, nel
corso del cullo, con santa cena, avremo la gioia
dì accogliere un nuovo membro della comunità. Giancarlo Olivieri, che farà la professione di fede.
11 (c grup|)o di studio » contìnua il suo lavoro: alla riunione del 25 febbraio interverrà il
jiastore luterano Lucchesi per illustrare gli
aspetti caratteristici del pensiero teologico della sua Chiesa.
Sanremo
La celebrazione della « festa valdese » si è
avuta domenica 14 febbraio, con un culto dì
santa cena, nel corso del quale due catecumeni hanno raccolto le offerte di « rinunzia ».
Alle 13 si è svolta un'àgape fraterna con adesioni molto al di là del previsto; la gioia e
rentusìasmo hanno sopperito alle carenze di
attrezzatura, cui si vedrà di ovviare in futuro.
Nel pomeriggio, una rievocazione di storia
valdese, un momento musicale, il te, in un'atmosfera fraterna. Anche se quasi tutte le nostre comunità fuori delle Valli comprendono
fratelli e sorelle che non sono “valdesi”, la
fraternità nel ricordare con gratitudine il senso di questa data ci unisce tutti.
Durante la « settimana deìVunità », il 18
gennaio nel nostro salone don Contardo Colombi ha tenuto una conferenza su « Pregare insieme »: il locale era gremito di molti cattolici; il 25. neiristituto cattolico, alla presenza di almeno 150 persone, si è tenuta una
riunione presieduta dal past. Roberto Nisbet.
che vi ha rivolto un messaggio.
Nella nostra comunità un matrimonio è un
avvenimento piuttosto raro e perciò il culto
del 31 gennaio ha visto la chiesa gremita: in
queiroccasìone è stato celebrato il matrimonio di Giacomo Pastore e Giuseppina d'Jsanto.
cui rinnoviamo il nostro augurio fraterno.
Ogni sabato pomeriggio la chiesa è tenuta
aperta: abbastanza frequenti i visitatori e le
occasioni di distribuire la nostra stampa e dì
rispondere a domande: quando c’è una partecipazione sufficiente di fratelli, si imparano i
nuovi inni.
Bordighera - Vallecrosia
Ventimigiia
La celebrazione del 123® anniversario ileirEmancipazìone dei Valdesi avrà luogo la domenica 21. Al mattino il cullo con celebrazione della santa cena, a Bordighera, sarà presieduto dal pastore Mathieu e dal sig. Sergio
Nisbet, direttore della Casa Valdese: seguirà,
nella Casa Valdese di Vallecrosia. l'agape fraterna e un pomeriggio comunitario che ci
auguriamo frequentato e riuscito come in passato. 1 fratelli e le sorelle sono invitati a far
propria la « settimana di rinunzia e di riconoscenza ».
L’unione giovanile di Torre Pellice ha organizzalo una “serata africana”, presieduta dal
pittore e fotografo Guido Odin. che anche
nelle sue stupende diapositive a colori esprime
il suo talento artistico. In due settimane dì
soggiorno africano egli è riuscito a captare il
fascino di tramonti straordinari, la semplicità,
la gentilezza e la bellezza delle donne africane, almeno di quelle appartenenti a certe tribù: ma si indovina anche la miseria, le usanze secolari che ci appaiono crudeli come i tatuaggi praticali ai bambini, molli dei quali
muoiono d'infezione, o come l’orribile pratica (estetica?), per fortuna ora vietata per
legge, di infilare piattelli nel labbro inferiore
delle donne; caratteristica delle donne Haussa,
una cintura tatuata che fornisce loro un busto
naturale. Si è passali dai Tuaregh sahariani
ultravestili ai Kridi totalmente nudi; dal vecchio sultano camerunese che possiede cento
mogli acquistate all’elà di 10-12 anni, al morto di Mokodi che... partecipa alla danza funebre in .suo onore, debitamente fasciato e sostenuto a turno da tutti gli abitanti del villaggio...
La sala era gremita di giovani attenti e silenziosi, attratti e colpiti da questo primo
contatto con il continente nero. Abbiamo tutti
seguilo con vivo interesse quanto il nostro fratello ci ha detto con le immagini commentate;
e che, speriamo, ci dirà ancora, perché colpito dalla miseria di tante zone, dallo sguardo
triste dei bambini, desidera approfondire il
contatto con quelle popolazioni e partirà prossimamente per un nuovo soggiorno, accompagnato questa volta da Charles Paschelto, per
vìvere nuove e più profonde esperienze: li
seguiremo con vìvo interesse, certi che al loro
ritorno faranno partecipare tutta la chiesa,
aiutandoci a comprendere il privilegio e la responsabilità di essere cristiani: poiché invero,
malgrado tutte le colpe dei bianchi e anche
della missione, là dove la predicazione deìl'Evangelo è risuonata e ha trovato udienza,
gli orrori di certe superstizioni sono stati vinti,
talvalla da tempo, la mortalità infantile e la
soggezione della donna sono vinti o drasticamente limitati. Gr\zielea Jalla
A Forano i tempi “non sono maturi”
« I tempi non sono maturi », così rispondeva l’altro giorno il parroco locale quando si cercava di aprire un
dialogo tra valdesi e cattolici.
L’Assemblea di Chiesa aveva deciso
di provare ad avere due incontri con
i cattolici del luogo in occasione della
Settimana Universale di Preghiera per
l’Unità dei Critiani; non era una decisione presa a cuor leggero in nome di
quel facile ecumenismo che è sulla
bocca di molti... una decisione lungamente meditata e discussa; s’erano
esaminati i prò ed i contro che ciò
avrebbe provocato...: dopo quasi cento
anni di presenza evangelica in una delle roccaforti del cattolicesimo, dopo
che si è tracciato un solco abbastanza
profondo tra le famiglie evangeliche e
non del paese, si capiva che non era
facile, di punto in bianco, aprire un
dialogo, cercare di intavolare un nuovo tipo di discorso. La proposta era
lanciata, si attendeva la risposta; è nota la struttura del cattolicesimo: il
parroco non poteva chiedere il pareie
dell’Assemblea, sentire che ne pensassero i suoi parrocchiani, ha dovuto
quindi girare la proposta a « sua eccellenza il Vescovo ».
La risposta, in parte scontata, è arrivata ed i fatti « sembrano » dare ragione al cauto parroco: « i tempi non
sono ancora maturi »... In occasione di
un funerale, nel corso del sermone, il
pastore ha ricordato che il defunto era
un « convertito », una persona cioè che
aveva fatto una scelta, in quanto essere credenti comporta una scelta. La
parola urtò l’orecchio sensibile di qualche « buon cristiano » che per interposta persona ha ricordato al pastore
che in tempi come questi, in tempi di
così dichiarato ecumenismo bisogna
evitare certe espressioni; che non bisogna parlare di « conversioni » quando qualcuno dal cattolicesimo passa al
protestantesimo. In una recente visita
ad una persona ricoverata all’ospedale
capitò di incontrare, al capezzale dell’ammalata evangelica, alcuni parenti
cattolici; erano evidentemente imbarazzati per la presenza del pastore, ma
per dimostrare la loro buona volontà,
in quanto « dopo l’avvento del papa
buono i tempi sono cambiati », hanno
cercato di intavolare un discorso sull’ecumenismo e su quando « a parere
del pastore» avverrà l’unione di tutte
le chiese. Quando però l’inferma ha ricordato il motivo della visita pastorale, quello cioè di leggere e meditare la Parola di Dio e di pregare insieme a lei per tutti gli ammalati, allora
i parenti, nonostante le insistenze degli ammalati presenti, hanno apertamente detto che preferivano attendere
fuori dalla stanza piuttosto che assistere e partecipare alla preghiera.
Due episodi, modesti fin che vogliamo, che possono confermare come « i
tempi non siano ancora maturi », ma
ciò che sconcerta ancor più è il discorso conclusivo del parroco a proposito
dell’immaturità dei tempi: « come si
fa a parlare di ecumenismo, se voi per
i primi fate delle discriminazioni e
chiedete a scuola l’esonero dalla lezione di religione per i vostri ragazzi... è
giusto che i bambini si accorgano, a
scuola, di queste divisioni? » Si inizi
col non chiedere più l’esonero (in modo che i bambini sembrino integrati),
facciamoci vedere in giro assieme (in
modo che anche il pastore sembri integrato), facciamo delle visite assieme
(in modo che anche la comunità sembri integrata), poi « a nostro livello »
intavoliamo discussioni su ciò che ci
unisce e ci divide e vediamo di « appianare » le difficoltà; dopo questo,
forse, « i tempi saranno maturi »... Lascio al lettore la gioia di scoprire « per
che cosa saranno maturi i tempi »!
b.a.jr.
iiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiniiiiiiiiiiiiiiiii
COLLEGIO VALDESE
L'etica protestante
Terzo ciclo di lezioni di teologia,
a cura del past. Renzo Bertalot
Durante l’ultima settimana di febbraio — dal 20 al 28 — il pastore
Renzo Bertalot, Direttore della Società Biblica Britannica e forestiera in
Italia, terrà a Torre Pellice, nella Loresteria gentilmente concessa, il terzo
ciclo di lezioni di teologia, organizzato
dal Comitato del Collegio Valdese e
predisposto dalla Facoltà Valdese di
Teologia.
L’argomento scelto è « Etica protestante » e sarà trattato in 5 lezioni (inizio alle 20,30), dal lunedì al venerdì secondo Io schema seguente:
L’etica della Riforma — Etica generale e etica cristiana — L’etica nel nostro tempo — Il fenomeno umano —
La teologia della Storia e il Kairós in
Paul Tillich.
Il pastore Bertalot, come già avvenne per i precedenti cicli, terrà alcune
lezioni sullo stesso argomento agli
alunni della Scuola Media e del Ginnasio-Liceo e presiederà i culti delle domeniche 21/2 e 28/2 rispettivamente a
S. Secondo e a Villar Pellice.
La domenica pomeriggio 28/2, alle
ore 16, il pastore Bertalot chiuderà il
ciclo con una conferenza dal titolo:
« Le Società Bibliche in Italia ».
Mentre ringraziamo fin d’ora il pastore Bertalot per la sua preziosa collaborazione, ci auguriamo che questo
corso venga seguito con Io stesso entusiasmo dei precedenti e possa considerarsi, in modo particolare con la
conferenza del 28/2, come la commemorazione del l» centenario della attività in Italia della Società biblica britannica e forestiera.
* * *
Il Comitato è lieto di comunicare di
aver avuto conferma dal pastore Knall,
Segretario Generale del Gustav Adolf
Werk (West) della assegnazione di n.
Il borse di studio per studenti valdesi
per l’ammonlare complessivo di DM.
18.000 pari, al cambio attuale, ad oltre
L. 3.000.000.
Mentre il Comitato desidera ringraziare pubblicamente i generosi fratelli
tedeschi e il prof. Valdo Vinay, che lía
seguito con entusiasmo questa pratica, si compiace vivamente con gli allievi che, per il lusinghiero andamento
dei loro studi, hanno potuto essere
proposti dai Sigg. Presidi per l’ottenimento delle borse.
Con viva soddisfazione viene infine
osservato che uno dei borsisti frequenta la media alla Scuola Latina. Questo
fatto vuole essere considerato come
l’inizio di una simpatica collaborazione
fra gli Istituti di istruzione alle Valli.
Il Comitato del C. V.
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiimiMiniiiiiiiiiii
pubblicati recentemente in Italia e che riguardano il nostro lavoro (in modo -particolare
i libri della Claudiana), si riflette sul senso
della nostra presenza a Mantova.
Il responsabile del deposito della Claudiana è
cambiato. Ringraziamo Ester Bartoli che, impegnata in modo diverso, non può più continuare in questo lavoro e Danila Dessi che
prende il suo posto.
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiii
Verona
Mantova
Ci si riunisce op;ni settimana, il martedì, a
turno in case diverse. Si discutono i vari ordini del ftiorno sinodali, si e.saminano i libri
Il consiglio di chiesa ha fissato questo programma per le prossime assemblee di chiesa.
Domenica 14 febbraio, esame delLoriitne del
giorno sinodale sul terzo mondo ed il sottosviluppo, esame delle conseguenze pratiche di
quest’ordine del giorno; ha introdotto Ruggero
Mica.
Domenica 14 marzo, esame dell'ordine del
giorno sinodale sull'eventuale ingresso della
Chiesa Cattolica net Consiglio Ecumenico delle
chiese, introdurrà Eugenio Rivoir.
Domenica 18 aprile (se i documenti preparatori saranno in nostro possesso), esame delVordine del giorno sinodale sul nuovo regolamento del .sinodo.
Si è deciso di j)roporre che Tassemblea abbia luogo in matlinata. L’orario del culto è
quindi, in queste occasioni, anticipato alle
ore 10, affinché la discus.sione po.sssa avvenire
nel modo migliore.
La biblioteca continua ad arricchirsi di nuovi volumi; attivo il servizio librario, specie per
le pubblicazioni della Claudiana, curato da
Erica Kesselring.
In dicembre l'unione femminile ha organizzato una raccolta in favore di alcune delle
nostre opere, strumenti di servizio in Italia;
responsabile di questo settore di lavoro è la signora Elsa Filippi.
In occasione del culto del 3 gennaio Anna
Vezzosi ha chiesto di essere battezzata, confessando alla comunità la sua fede in Ge.sù
Cristo Signore. In quella occasione Ila avuto
luogo una buona discussione sul significato del
battesimo in una comunità di confe.ssanti; a
questa discussione ha partecipato un buon
numero dei presenti. D’accordo con rintcressata il battesimo è stato fissato per domenica 21
gennaio durante il culto comunitario. In qucll'occasione abbiamo celebrato la santa cena.
La liturgia battesimale c stata preparata insieme dal grup|)o di studio biblico che si riunisce settimanalmente il vcuertlì. Ci rallegriamo per questa occasione di ripen.sare insieme
al senso del nostro lavoro comune.
Visite a Bolzano
In seguito a un accordo con i membri di
lìngua italiana della comunità evangelica di
Bolzano, il pastore Rivoir si reca settimanalmente a Bolzano, il mercoledì, per incontri che servano alla predicazione dclTEvangelo in quella città.
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N. 8
19 febbraio 1971
I NOSTRI GIORNI
UOMINI, FATTI, SITUAZIONI
La situazione
degli ebrei in URSS
I recenti processi di Leningrado
contro i tentativi di espatrio di cittadini ebrei e la reazione che hanno provocato all’estero hanno probabilmente
indotto le autorità governative sovietiche, attraverso l'agenzia di stampa Novosti, a pubblicare un opuscolo, dal titolo « Gli ebrei sovietici: miti e realtà ». Scopo principale della pubblicazione — come informa il giornale « Le
Monde » — è quello di rispondere, secondo quanto viene precisato nella premessa, alle accuse della « propaganda
borghese sull’esistenza di un antisemitismo sovietico ».
L’opuscolo afferma di dover riconoscere che nel paese « disgraziatamente
a volte l'antisemitismo si manifesta
ancora ». Viene osservato che la cosa
capita specialmente negli ambienti meno colti e nelle classi più anziane, che
cercano di impedire i matrimoni misti
dei loro figli: è insomma — dice la
pubblicazione — una conseguenza delle inimicizie che animavano le diverse
popolazioni che abitavano l’antico impero zarista.
Con un’insistenza a volte un po’ sospetta vengono citate numerose cifre
per dimostrare quanto posto gli ebrei
occupino ancor oggi nella vita nazionale sovietica.
L’agenzia Novosti non è altrettanto
in grado di dimostrare che vige in
URSS un’adeguata pratica della religione ebraica. Viene infatti detto che
esiste un centinaio di sinagoghe in tutta l’Unione, numero poco proporzionato in relazione ai tre milioni di ebrei
censiti.
Anche sulla questione dell’emigrazione la pubblicazione lascia alquanto a
desiderare. Viene detto che, ad esempio, dalla sola repubblica della Georgia dal 1967 sono espatriate circa 300
persone. Poi, improvvisamente, « a
causa della situazione militare e politica del Medio Oriente il numero di
domande di espatrio è diminuito. E
questo l’argomento addotto da coloro
che hanno ritirato le loro domande »,
dice l’opuscolo. (A questo proposito
« Le Monde » fa un commento sull’umorismo sovietico).
Dopo aver reso omaggio ai lavoratori israeliani che hanno saputo trasformare aridi deserti in fertili campi, in
uno Stato che l’Unione Sovietica è stata fra i primi a riconoscere, la pubblicazione condanna la nozione di « nazionalità » ebraica, nozione che porta
dritto al sionismo.
D’altra parte, la stessa amministrazione sovietica — contraddicendo se
stessa — sui documenti degli israeliti
mette la qualifica « nazionalità ebraica », compiendo essa stessa una discriminazione.
L’agenzia Novosti afferma che non si
voleva questo, ma che lo si è avuto. Ci
si deve allora stupire — commenta
«Le Monde» — se messa a parte la questione del sionismo, gli ebrei sovietici
hanno la coscienza di appartenere ad
una categoria a parte e che i vecchi
riflessi dello zarismo e dello stalinismo
contribuiscono a ingrandire il loro timore di averne a soffrire?
Maniaci religiosi?
Nel giorni scorsi, a Torino, si sono
avuti altri processi ad obiettori di coscienza. Si tratta di « Testimoni di
Geova », e cioè la comunità di credenti che sin’ora ha dato il più alto numero di obiettori in Italia.
Uno è Alfonso Macchiarullo, ha 23
anni, fa il saldatore e abita a Cologne
Monzese. Nell’autunno 1967 ricevette il
primo invito a presentarsi al distretto
militare, e non ubbidì. Fu processato
per mancanza alla chiamata e condannato. Così è successo per altre quattro
volte (infatti, com’è noto, la condanna
inflitta all’obiettore non viene defalcata dal periodo di ferma): in totale
scontò nelle carceri militari oltre due
anni.
Ora, in occasione del nuovo processo
è stato definito da una perizia psichiatrica come un « giovane dalla personalità maniaco-religiosa » ed è stato riconosciuto come seminfermo di mente.
Mezzo matto, mezza pena: anziché i
soliti sei mesi glie ne sono stati inflitti tre. Il giovane non dovrà passare in
prigione questi tre mesi in quanto li
ha già trascorsi nella fortezza di Peschiera, come carcere preventivo. Inoltre, non dovrà più fare il militare dato che, come seminfermo di mente, è
stato riformato.
Un altro « Testimone di Geova » processato in occasione della medesima
udienza, Giuseppe Monaco, da Torre
Annunziata, è stato condannato a tre
mesi, già scontati, e scarcerato. Egli
era già al suo quarto processo, sempre
per obiezione di coscienza.Ha fatto in
totale 21 mesi di carcere. Anch’egli è
stato riconosciuto seminfermo di mente e quindi riformato.
Questa nuova formula per praticamente assolvere dei giovani cui la propria coscienza vieta di prendere le armi è anch’essa una prova del disagio
che le stesse autorità sentono nel dc>
ver continuare a condannare gente disposta ad essere utile alla comunità
nazionale non imbracciando delle armi
ma collaborando, ad esempio, a promuovere le condizioni di vita delle zone depresse italiane.
Parecchi progetti di legge stanno facendo anticamera in attesa di essere
finalmente adottati. Attualmente, la cosiddetta « legge Pedini » che pi evede
l’esenzione dal servizio militare per
pochi giovani aventi determinate caratteristiche è del tutto inadeguata, discriminatoria ed a carattere « punitivo ». Non c’è che da augurarsi che al
più presto venga varata una legge che
eliminando questa stortura riconosca
in tutta la loro portata presente e futura i valori morali e sociali dell’obiezione di coscienza.
Svizzera: il voto
alle donne
Nei giorni scorsi finalmente la Svizzera ha concesso il diritto di voto alle
donne, dopo un periodo di lotte durate parecchi decenni e che fino a pochi
anni fa erano parse vane. Ora la cittadinanza femminile svizzera ha alla fine
raggiunto il diritto di partecipare senza alcuna discriminazione alla vita politica della Confederazione, avendo nel
contempo anche ottenuto il diritto alla
eleggibilità.
Naturalmente, a votare col tradizionale sistema del referendum, sono stati solo gli uomini che hanno detto
« sì » con 620 mila voti contro 320 mila, in cifra tonda. Maggioranza indiscutibile quindi, anche se ci pare che questa maggioranza avrebbe potuto essere ancor più evidente. Comunque, rispetto al precedente referendum del
1959 si è verificata una vera e propria
inversione di tendenza: allora, i voti
contrari furono 650 mila e quelli favorevoli 330 mila.
Già in materia locale la tradizionale
opposizione degli uom ni svizzeri nei
riguardi della emancip.ez one politica
delle donne si è negli ultimi anni notevolmente affievolita. In un decennio gli
elettori di 13 dei 22 cantoni che formano la Confederazione hanno accordato
il voto alle donne.
In altri cantoni — come ad esempio
quelli di Uri, Svitto, Glarona, Appenzell, Turgovia e San Gallo — dove è
stato anche sempre negato il voto locale alle donne (elez oni comunali,
ecc.), gli uomini hanno continuato a
dire « no » anche se la percentualità
del voto negativo della votazione nei
detti cantoni non ha alcuna importanza. La nuova legge infatti, approvata
dalla maggioranza degli svizzeri, avrà
valore per tutto il territorio svizzero.
Per contro — e questo è un paradosso addirittura incomprensibile — nei
suddetti cantoni le donne continueranno ad essere escluse dalle votazioni di
carattere locale.
Secondo una relazione delle Nazio:ii
Unite, pubblicata di recente, restano al
mondo solo cinque paesi che negano
il, voto alle donne. Si tratta dei paesi
arabi di Giordania, Kuwait, Arabia
Saudita e Yemen, più il Liechtenstein.
Ma questo principato voterà sulla questione il 28 febbraio.
Roberto Peyrot
Echi della settimana
a cura di Tullio Viola
CIFRE CHE PARLANO DA SOLE
Sotto questo titolo, 1’« Università
Italiana » (del gennaio c. a.) pubblica
l’elenco dei nuovi « stipendi annui lordi in vigore per i magistrati dal l» luglio 1970, così come risultano dal relativo decreto delegato sul quale nessuna indiscrezione era trapelata prima
della recente pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.
Il trattamento è onnicomprensivo e
pensionabile.
10 Presidente di Cassazione: L. 15 mi
boni 810.000.
Procuratore generale. Presidente della
Corte dei Conti e Consiglio di Stato,
Avv. Gen. d. Stato ed equiparati:
L. 14.010.000.
Presidenti di Sez. Cassazione, Corte dei
Conti, Cons. di Stato ed equiparati:
L. 12.540.000.
Consigliere di Cassaz-, Consigliere di
Stato ed equiparati: 10.200.000
Consigliere di Corte d'Appello, 1« referendario del Consiglio di Stato ed
equiparati: 8.670.000.
Sostituti procuratori e giudici istruttori militari di 1® e procuratori dello
Stato dopo 4 anni: 6.732.000.
Sostituti procuratori e giudici istruttoir militari di 2“, procuratori dello
Stato: 6.120.000.
Aggiunti giudiziari sostituti procuratori e giudici istruttori di 3", sostituti
procuratori dello Stato 5.100.000.
Uditori giudiziari (dopo 6 mesi), uditori giudiziari militari, procuratori aggiunti dello Stato: 3 570.000.
Uditori giudiziari: 3.060.000 ».
L’articolista prosegue affermando di
non voler far commenti. Ma poi invece
egli commenta come segue.
« Il trattamento dei magistrati si allinea a quello del parastato e restituisce dignità e tranquillità ad una funzione che, in uno Stato democratico, è
solo a paro di quella del Parlamento,
come garanzia delle libere istituzioni.
11 provvedimento precede quelli che
saranno necessari per affrontare la crisi dell’amministrazione della giustizia.
Se ciò è giusto, e non dubitiamo che
lo sia, ci domandiamo perché la stessa
logica non è stata applicata alla crisi
dell’Università, che non è un potere
dello Stato ma è forse il suo centro
nervoso più importante, donde parte la
luce delle idee, la forza delle innovazioni e la stessa capacità mediatrice
del legislatore, tra chiari principi giuridici e confuse esigenze funzionali, e
ci chiediamo se il Paese non pagherà
molto caro il persistere nell’errore di
voler umiliare l’Università fino in fondo per poterle dare una legge qualsiasi di riforma ».
Noi non ci sentiamo di sottoscrivere
questo commento, benché esso contenga alcune osservazioni valide. Ma la
prospettiva in cui queste sono fatte, è
equivoca. A parte la questione del trattamento dei magistrati, che restituirebbe « dignità e tranquillità » alla funzione (questione che non intendiamo qui
discutere), « la stessa logica non è stata applicata alla crisi dell’Università »,
per la semplice ragione che ormai non
è più possibile salvare l’Università
stessa. E persino il nome stesso di
« Università » ricopre ormai soltanto
un’istituzione, la cui esistenza è solo
apparente o convenzionale. Né le autorità accademiche italiane avrebbero
più alcun diritto a pretendere d’esser
salvate, anche se ciò fosse possibile.
Aggiungiamo infine che gli stipendi
lordi dei professori universitari di ruolo non sono poi tanto lontani... da
quelli elencati sopra!
UN GRAVE PROBLEMA
DEMOGRAFICO
« Le Monde » del 9 c. pubblica un
lungo articolo dal titolo: « Pericoloso
successo della politica malthusiana in
Giappone ». Ne riportiamo alcuni passi salienti.
« All’origine dei testi legislativi che
la Dieta giapponese ha adottati fra il
1948 e il 1955, per arginare la marea
rosa dei bambini, v’è anzitutto la reazione d’un paese vinto, che aveva conosciuto, prima della guerra, un fortissimo incremento demografico (a quel
tempo considerato una garanzia militare e politica), e dopo la guerra la
paura della sovrapopolazione su territorio esiguo. Di più, il paese ebbe anche a subire l’influenza americana; infatti le nuove leggi furono votate sotto
la pressione degli USA. In pochi anni,
un arsenale giuridico sempre più liberale, e una stupefacente campagna di
opinione, hanno tra (ormato una politica che, nrecedentc nente, era dichiaratamente presenta: i come “eugenica ” in una vera e propria “politica
malthusiana’’.
Nel luglio 1948, Parlamento giapponese adotta la “u gge di protezione
eugenica" che ammette, senza alcun
controllo, l’interruz '-ne della gravidanza e la sterilizzazione nei seguenti casi: lebbra, malattia nentale o ereditaria della madre o o :in parente, ed anche “quando lo sh-.o di salute della
madre sembra tale da rischiare d’esser gravemente da: -eggiato dalla gravidanza o dal parte'
Nel 1945, la vena a degli antifecondativi, in farmacia, è autorizzata e lo
aborto è ammesso per ragioni d’ordine economico”.
Nel 1952, l’aborU- è ammesso senza
alcun controllo: le commissioni che
avevano il compito di autorizzare, o
no, l’aborto, vengono soppresse, e le
ragioni di salute bastano ormai a giustificare, senza più alcun limite, il ri
corso ai metodi abortivi.
Infine nel 1955, dopo diversi anni di
campagna intensiva in favore della limitazione delle nascite, la vendita degli antifecondativi può praticarsi al difuori delle farmacie.
Questo ampliamento progressivo della legislazione, e soprattutto la propaganda, con la stampa, con la radio e
col cinema, dei mezzi antifecondativi,
hanno provocato, dal 1949 al ’57, un abbassamento considerevole del tasso di
natalità e del numero delle nascite, ab
bassamente che “in un così breve periodo, non è stato osservato in nessun
paese".
Gli antifecondativi, gU aborti e (in
misura minima) la sterilizzflzione, furono i tre metodi applicati dai Giapponesi per ridurre il tasso di natalità.
In quindici anni, dal 1950 al 1965, il
numero delle coppie praticanti gli antifecondativi, è stato moltiplicato per
2,5 (per 3 nelle donne in età fra i 25 e
i 34 anni). Questi metodi sono stati
applicati più dagl’impiegati, che dagli
operai e dai contadini; analogamente
le famiglie di 2-3 bambini, hanno^ fatto
ricorso agli antifecondativi più frequentemente delle altre famiglie.
Quanto alla sterilizzazione, anch’essa
s’è diffusa più tardi. Nelle donne essa
è passata da 5617 casi nel 1945 a 42700
nel 1956, negli uomini da 78 nel 1945,
a 1864 nel 1957. (...) Il prezzo molto
modesto dell’aborto ha reso possibile
una diifusione straordinaria degli aborti registrati: da 246.000 nel 1945, a
1.170.000 nel 1965".
Si calcola che, in tota'e, le nascite
evitate coi più svariati metodi, « /ormavano nel 1950 il 37% delle nascite
potenziali, e nel 1960 e nel 1965 più del
60% (i due terzi di queste ultime lo
erano per effetto degli antifecqndativi).
(...) In vent’anni, dal 1950 al 1970, la
Abrogazione dei Concordato
e revisione deiia Costituzione
Come annunciato, domenica 14 febbraio si è tenuta a Milano l'assemblea, promossa da vari raggruppamenti nazionali, che ha proceduto
alla costituzione della Lega nazionale per l’abrogazione del Concordato. In attesa di dare notizia delle iniziative che verranno prese dal1 esecutivo, pubblichiamo qui sotto il testo della proposta di revisione
costituzionale che, sin dallo scorso autunno, il sen. Lelio Basso ha
presentato in Parlamento. La cittadella sarà lenta a cedere, ma cederà.
Testo attuale
art. 7
Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno
nel proprio ordine, indipendenti e .sovrani.
I loro rapporti sono regolati .dai Patti Lateranensi. Le modificazioni d'd Patti, accetlite
dalle due parti, non richiedono procedimento
di revisione co.stiluz'onale.
art. li
tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge.
Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano.
I loro rapporti con lo Stato sono regolati per
legge .sulla base di intese con le relative rappresentanze.
art. 19
Tutti hanno diritto di profes.sare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma,
individuale o associata, di farne propaganda
e di esercitarne in privato o in pubblico il
culto, purché non si tratti di riti contrari al
buon costume.
Testo proposto
art. 7
Tutte le confessioni religio.se godono, dinanzi alla legge, di uguale libertà nell’esercizio
del proprio ministero spirituale. Ad esse la
Repubblica riconosce il diritto di darsi propri
ordinamenti, nonché la piena indipendenza
nello svolgimento della missione religiosa,
e.scluso ogni intervento da parte della Stato.
art. 8
Le attività eecle.siastiche, in quanto afferenti a interessi diversi da quelli propriamente
spirituali, sono disciplinate dalla legge, nel rispetto della indipendenza delle confessioni religiose. È fatta salva l’adozione concordata di
norme speciali, rispondenti a specifiche effettive esigenze prospettate dalle singole confessioni religiose. Tale regolamentazione non può
comunque ledere i diritti costituzionali garantiti ai cittadini.
art. 19
Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma,
individuale o associata, di farne propaganda
e di esercitarne in privato e in pubblico il
culto, purché non si tratti di riti contrari al
buon costume.
Lo discussione sulle materie religiose è pienamente libera.
Reviviscenze fasciste
(segue da pag. 1 )
mente strutturata e presente di diritto sulla
scena pubblica, mentre era quasi ines'stente
nel 21: gli 8 milioni di voti comunisti e il
resto della sinistra effettiva (senza dimenticrre
che vi è pure una sinistra liberale) rendono
assai problematica anche la pura ipotesi di
un edizione *70 della « marcia su (o da!) Roma ». La seconda ragione è data dall'esperienza della guerra civile e della Resistenza, che
ha segnato il nostro popolo; anche se quello
spirito, in molti di quegli stessi che hanno
lottato e sofferto, si è smorzato e accomodato,
vi sono però segni che non si è spento e che
reagirebbe alle velleità di colonnelli alla
greca.
Tuttavia la situazione è seria. Nella crisi
che travaglia la nostra società nazionale vi
sono gruppi i quali, .all’oppo.sto di ciò che accade nel movimento hippy, hanno il culto della forza e della violenza; e vi sono, come
cinquant'anni fa, interessi non alieni dal servirsi di queste forze per j propri fini : il mantenimento di un’^'ordine” di privilegi, minacciato dal processo di trasformazione sociale faticosamente in corso, o almeno l'opera di disturbo e di rallentamento nei confronti di tale
processo. TI caso di Reggio Calabria — sul
quale, carico com'è di ambiguità, anche persone generose hanno potuto pesantemente ingannarsi — è un caso-limite espressivo di una
situazione che si presenta in forme assai piti
sottili in molte altre direzioni.
C'è chi accomuna, con imparzialità pretesa
o presunta, le violenze dell'estrema destra e
deH'estrema sinistra nella medesima riprovazione. In effetti talune violenze deH’estrema
sinistra, essenzialmente studentesca, non solo
presentano un carattere velleitario non privo
di sfumature squadriste, ma portano la pesante respon.sabililà dì avere offerto alibi fin
troppo comodi alla parte avversa nella sua reazione. Detto questo, bisogna però reagire vigorosamente aH’equìdìstanza qualunquistica di
cui sopra, perché una massa operaia in agitazione e al limite in furore per le condizioni di
lavoro (o di sospen.sione del lavoro) non può
essere posta sullo stesso piano di una squadracela che si dà alla violenza ]>er il gusto della
violenza o perché prezzolata. Poiché anche
nelle nostre comunità si avverte la stanchezza
del disordine e si sente fare il discorso qualunquistico delPordine, occorre che anche in
esse — in esse anzitutto — la passione per la
verità conduca a porre i problemi in modo
chiaro e non ambìguo, a vederli in profondità
e non con pigra, comoda superficialità.
Ma a una chiesa, a coscienze cristiane il fenomeno fascista — riconoscendo che può
avere colorazioni diverse e presentarsi sotto
molti volti — propone una sfida particolare.
Esso è infatti la forma piu grossolana, ma capace di forte presa fascinatrice, dell adorazione
di forze primordiali della natura come il sangue, la razza, la terra, la patria, la forza e la
violenza. In storia (retoricamente trasfigurata
e deformala): è il riaffiorare, debitamente aggiornato, del pagane.simo millenario dei
ba'alim. il paganesimo che esalta le forze della natura, e fra queste anzitutto la forza vitale dell'uomo, legge a sé stesso e agli altri, fino
IIIIIII||||tlllllllllllllliII)IIIIMIIIIIi:illl)llllllllllllllllltllllll
Struttura (in funzione delVetà) della
popolazione giapponese, è passata da
un profilo prossimo a quello dei paesi
in via di sviluppo, ad un profilo prossimo a quello dei paesi del Nord-Europa (...) ».
L'artìcoHsla si chiede: « Dovrà forse
il Giappone fare appello alla mano d'opera straniera, e prendere dei provvedimenti eccezioiKili per correggere le
conseguenze d'iina politica troppo risolutamente malthusiana? ».
alia dominazione, tanto più riuscita se inebria
e esalta coloro che asserve. I simboli, i riti, la
mistica e la retorica di questo movimento __________
che è spirituale assai prima che politico __________
ne rivelano il carattere “religioso", crudamente pagano e costituzionalmente anticristiano.
Se questa non è la sola tentazione, religiosa
o cecoiarizzata, alla quale la chiesa sia oggi
sottoposta, e forse neanche la più grave perché almeno da noi e nella sua forma vistosa
il -fascismo ha il sapore inconfondibile dei re^
siduati storici, delle realtà già giudicate e
condannate — essa deve comunque essere
chiaramente individuata e, senza colpevoli acquiescenze, vigorosamente respinta anche nelle
sue manifestazioni più blande e nelle sue pieghe più riposte.
g. c.
iiiMiiiiiiiKiiiiiMiiiniMiiimiiiMiiiiiiiiniiiiniiiui iiuiiii)
LETTURE PER RAGAZZI
Avventure del KX secolo
Una nuova collana
dell’Editore Mursia
Lawrence Durrell. Aquile bianche sulla
Serbia. Edil. Mursia. L. 1.900.
Marino Ca.ssini, Operazione Overlord. Edit.
Mursia. L. 1.900.
Sono questi i due primi titoli di una nuova serie di Mursia intitolata « Avventure
del XX secolo ». Due libri veramente riusciti.
Il primo è ambientato in Jugoslavia nel
periodo delicato del dopoguerra, quando Tito
riorganizza il paese. Vi è descritta la resistenza di alcune bande partigiane, aU’msegna delle Aquile bianche, che sperano di rovesciare
il partito comunista e restaurare la monarchia. Interessante la ricostruzione storica di
avvenimenti che non sono- in genere- molto risaputi e che si snodano basati sullo spionaggio internazionale che tiene l’animo sospeso
per tutto il libro. Durrell è un noto letterato
inglese.
11 secondo, a cavallo degli anni ’40-’44, culmina con lo sbarco degli Alleati in Normandia. L’invasione della Francia da parte di
Hitler, la costruzione del Vallo Atlantico, la
resistenza francese, lo spionaggio britannico,
tutto è ricostruito con rigore e permeato dì
quell’atmosfera che Hitler e Mussolini avevano saputo creare nell’Europa di allora. La trama romanzesca che percorre il romanzo lo fa
leggere molto bene, mentre lascia più che mai
concordi .suH’assurditb della dittatura e della
guerra. Cassini è un giovane scrittore ligure.
Mary Mape.s Dodge, / Pattini d'argento.
Edit. Mursia. L. 1.900.
Chi desiderasse una bella e fresca edizione
integrale del noto romanzo per ragazzi, pubblicato nel 186.5 per la prima volta, la trova
in questo volume che Mursia ha stampalo recentemente. Il romanzo, scritto da una americana entusiasta dell’Olanda, non cessa di commuovere per la sua trama e di attrarre per la
sua ambientazione in una Olanda dolce e pulita e scintillante di canali gelati, che rimane
poi per sempre, in fondo, l’Olanda dei nostri
sogni.
Berta Subilia
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 - 8/7/1960
Tip. Subalpina s.p.a. - Torre Pellice (Torino)