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I.
3«.
LA BIOSIA IVOVELLA
GIORNALE RELIGIOSO
PREZZO UM«K0CIAZ10:«E
Torino, per un anno ... L. 6 »
» per sei mesi ...» 4 «
Per ie provincie c l’estero franco sino
ai conlìni, un anno . . L. 7 20
per sei mesi , « 5 20
La direzione della BUONA NOVELLA è
in Torino, casa Bellora, via del Valentino, n” 12, piano 3’.
Le associazioni si ricevono da Caiii.otti
Bazzarini e Comp. Editori Librai In
Torino, via Nuova, casa Melano.
Gli Associali delle Provincie potranno provvedersi di un vaglia postale,
inviandolo franco alla ditta sopradetta.
^©aasaiiiaad)
Origini e dottrine della Chiesa Valdese (Articolo decimoqiiintoj,— L’inquisizione
in Toscana. — Notizie religiose : —Consecrazione del Tempio valdese di Torre.—
Cronachetta politica.
mimi E DOTTRINE DEllA CHIESA V AIDESE
Ariicoio decimoquinto.
^ Chi erano i scgiiaci iti Valtlo. — Chi sono i Valtl«si
dfl ricmonte. — i cattolici papali si chiaraeri-bbcro a torto Domenicani, Francescani e
Ocsuiti. — Cosi a torto si chiamano da Valdo
di Lione gli evangelici del Piemonte. — Comunione cristiana di Chiesa con Chiesa.—Non
vrt confusa con la dipendenza di chiesa da chiesa. — Separazione delle chiese d’Italia da
Roma. — Non per fellonia. — Innovazioni dei
curiali. — Corpo del dritto canonico. — Massime erronee del medesimo. — Quindici arti<roli non ammessi dall’antica chiesa di Boma.
— Violenza usata dai cnriali. — I primitivi
rristiaoi calunniati dai pagani. — I Valdesi
italiani calunniati dai curiali, —Origini apostoliche della Chiesa Valde.sn. — Sofisticamente
negate dai loro cnrialeschi avversari.
259. Da (|uanto ahbiam detto si fa
manifesto che Pielro Valdo di Lione
ed i suoi seguaci, erano più pre.sto
una porzione, o vogliam dire uua
setta di fedeli organizzata sul modello
di tutte quante le sette monacali e
fratesche, le quali al corrotto secolo
voleano persuadere virtù coll’esempio
della più austera condotta. E in ciò
solo si distingueva dall’altre, che pigliava per norma e'regola di fede la
parola evangelica mentre quelle si
rassegnavano a dipendere in tutfo e
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per tullo dai voleri del papa che riconoscevano per monarca assoluto della
Chiesa, e vicario di Cristo in terra.
Le sette monacali e fratesche venivano per conseguenza protette, e di
privilegi ed onori arriccliite dai papi;
e i seguaci di Valdo erano esecrati,
maledetti e scomunicati. Quelle nel
presente secolo e nei successivi si
accrebbero di numero e di potenza;
questi furono come gli antichi martiri
calunniati, e sulle calunnie cuiialescamenle processati e condannati, e finalmente col ferro e col fuoco distrutti.
240 Della stessa guisa adunque
che si chiamerebbero giustamente offesi i cattolici papali, se alcun li chiamasse 0 Francescani, o Domenicani,
0 Loiolesi dal nome degli istitutori
dei frati minori, predicatori, e gesuiti,
perchè realmente la chiesa cattolica
papalé esisteva da secoli prima che
simil prosapia nascesse; hanno oggi
similmente il drittij di lagnarsi i Vaidesi del Piemonte, della ignoranza e
malvagità di coloro che li fanno disciBndere da Valdo o da suoi seguaci,
perchè anche a confession degli storici a loro non amici esistevano secoli
prima.
241. 1 Valdesi del Piemonte sono
nè più nè meno quegli stessi, che brano gl’ Italiani convertiti ai tempi
degli Apostoli: non hanno avuto inai
altra dottrina che quella, non altri
dogmi, non altra fede. Costanti ed
immobili nel tenere gl’ insegnamenti
scrini nel nuovo Testamento, non sL
sono mai lasciati ingannare e sedurre
da quei novatori, che modificandoli,
0 ampliandoli, o correggendoli, acquistarono riputazione di santi e parvero angeli in altri luoghi, ma furono
da essi considerati per anticristi e demoni. Così la pensavano tutte quante
le chiese primitive d’Italia, e la storia rapidamente corsa da noi del cristianesimo da Nizza a Fiume, e dal
Monviso a Ravenna c’insegna che
clero e popolo iufin dal quarto secolo
opposero una resistenza invincibile
alle innovazioni e pretensioni del vescovo di Roma. Se Pietro Valdo di
Lione sia mai venuto in Italia o no,
e-se alcuno de’suoi discepoli vi abbia
0 no predicato le sue dottrine, è cosa
del tutto indiiferenle pei Valdesi del
Piemonte che tengon nè più nè meno
l’antica fede delle chiese d’Italia.
242. Gli atti pubblici della cristianità di Milano, i nobili scritti di Claudio (1) vescovo di Torino, i Patarini
di Lombardia da S. Pier Damiani
descritti come eretici infetti dagli
stessi errori dei Subalpini, i documenti conciliari e pontificii, sempre
(1) Card. Mai nel t. IV. ilei suo Spicileffium Honianwn a p 501, nega che Claudio
fosse Spagnuolo (quasi Claudtus essel gen~
lis llibernensis quod immerilo credilum est)
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conconli nel deploriire la stessa conlagione nreticalc c pestifera diffusa
per tutta Italia, la Nobla Leisson che
previene i fedeli contro le frodi e te
astuzie dei confessori sono tutte prove
evidenti, che le curiidesche istituzioni
di Roma incontravano un nemico comune indomabile nell’ antica fede
degli Italiani. Che se coll’andar dei
tempi si accusarono dai papali i fedeli
Valdesi del Piemonte di mutate dottrine, quasi avessero un tempo obbedito a Roma, cd accettato per voce e
parola di Dio gli oracoli de’papi, è
ben da distinguere la difTerenza che
passa tra l'essere in comunione cou
una chiesa, e l’essere dipendente da
lei. Certamente la Diocesi d’Italia
con tutte le cltiese in cui era distinta
visse in comunione con Roma come
vivea con tutte le altre cliiesc latine
e greche; dacché un vincolo di carità
crisliana legava i fedeli fra loro benché fossero divisi di luogo e di lingua,
e la chiesa di s. Massimo a Torino,
e quelia di s. Eusebio a Vercelli riveriva cd amava quella di S. Cipriano
a Cartagine, di s. Agostino ad Ippona,
di s. Gio. Grisostomo a Costantinopoli, senza che per questo si desse
luogo a preminenze dèli’una sull’altra. Badavano anzi a soccorrersi con
fraterno amore ne’bisogni, a consigliarsi ne’dubbi, c a darsi animo
nelle persecuzioni. In ciò, tutto adem
piendo i doveri della carità cristkina
non sognavano aifatto d’istituire primato nè dipendenza fra loro. Finché
dunque rimasero in questi termini di
carità le relazioni con Roma, le chiese
d’Italia vissero in perfetta unione con
lei come con l’altre. Quando però ella
affacciò pretensioni, o mescolandosi
a contese politiche lanciò fulmini d’anatema, dovettero naturalmente difendersi, e pel meglio ruppero ogni
corrispondenza con lei, e come abbiamo osservato (165) ne vissero separate. Traggono di qui occasione i
papali per dare l’imlìeccata ai semplici
dicendo loro: «Vedete? quei porfidi
si sono ribellati da noi; dunque prima di un tal atto di fellonia erano
con noi; professavano le stesse dottrine nostre; e se oggi non le professano più, è che hanno mutato fede, e
staccandosi da noi hanno rigettato
quell’unico ed inalterabile insegnamento di verità, che soli noi conserviamo intatto ed immutabile». ^
245. A comprendere quanto sia
grossolana , iniqua e stolida questa
maniera di ragionare, basta scmpli •
cemcnte riflettere che la separazione
delle chiese italiane da Roma non
venne da nissun dogma novello, nè
da nessun precetto morale che volessero queste introdurre nel Simbolo o
Decalogo cristiano. In (jnesto caso
stali sarebbero novatori I fedeli delle
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chiese d’Italia , e si potrebbero condannare per eretici ribelli come insegnatori di dottrine meritamente respinte da Roma come nuove, perchè
non comprese fra quelle del santo
Evangelo. Ma i fedeli d’Italia non sognarono affatto nulla di nuovo, e in
quella vece fu la chiesa curialesca
di Roma che dopo l’infausta invenzione delle false decretali mise fuori
pretensioni e diritti che aveva sempre ignorato la cristianità dei secoli
passati, perchè non li vedeva istituiti
da Cristo, non predicati mai dagli
Apostoli, nè registrati affatto nei libri
divini del Nuovo Testamento. La regola unica ed infallibile di fede per
le chiese d’Italia, come per quella di
Roma, e per tutte le altre del mondo,
sono i sacrosanti evangeli ; chiunque
aggiunge o toglie un solo iota a questi, si allontana dalla verità e si ribella da Cristo. Or, nel caso nostro,
chi dei due tra i fedeli delle chiese
d’Italia e i curiali di Roma aggiungeva 0 sottraeva alla rivelazione evangelica? La cosa è chiara: i fedeli d’Italia si tenevano strettamente a ciò
che è scritto nei libri divini, e i curiali di Roma volevano imporre la
credenza e il giogo di giurisdizioni e
prerogative ottimamente pensate per
arrivare allo scopo da loro voluto di
una moniirchia universale, ma niente
affatto rivelate nella legge di Cristo.
244. Pigliate le diverse collezion
de’ canoni sopra cui appoggiavano le
tante loro pretensioni; incominciate
dalle supposte costituzioni apostoliche
e da quelle de’ Concilii ammassate per
Dionigi il Piccolo, e per Giovanni
Scolastico uel sesto secolo, e per una
turba di raccoglitori Grecie Latini del
settimo, e venite alle false decretali
del nono; da queste arrivate a quelr informe repertorio del decreto del
monaco Graziano che, anche dopo le
ultime correzioni di Gregorio XIII,
rimane, al dire di Benedetto XIV,
cosi sfornito d’autenticità, che ogni
citazione che se ne faccia ha quel
tanto di valore che avrebbe, se mai
non fosse entrata in quella collezione
{Inter omnes receptum est, quidquid
in ipsocontineiur tantum auctoritatis
habere, quantum ex se habuisset si
nunquam in Gratiani collectione insertum foret, De Synodo Dioecesana
lib. vn); e dal decreto di Graziano
scendete alle collezioni di Celestino
III, di Innocenzo III, e di Onorio
III, fino alle crudelissime deci'etali
di Gregorio IX sostenitore accerrimo
della barbara inquisizione, e da queste
giungete al sesto delle decretali pubblicato da Bonifazio Vili, che modestamente intitolavasi il Re dei Re,
fino alle Clementine e alle Stravaganti che chiudono la serie dei trattati di quella scienza spuria rh(>
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dritto canonico fu dello. Voi vi avverrete in tulio queslo lungo e inlricalo cammino in massime e teoremi
legislativi non compalibili affallo col
Vangelo di Cristo. I crisliani pertanto
che vi si opposero non si possono
tacciar di ribelli, come non sono tacciali i martiri che non vollero piegarsi al l’adorazione degli idoli. I fedeli delle chiese d’Italia rigettarono
con dispetto i dogmi d’una supremazia curialesca, e se tutti non ebbero la sorte di reggere alle prove
della persecuzione, vanno certamente
lodali coloro che vi ressero, e dobbiamo in essi ammirare una predilezione della Provvidenza di Dio che,
quasi fuoco sacro, li conservò sotto il
fango della universal corruzione. Di
questi fedeli è composta anch’oggi la
Chiesa Valdese in Piemonte.
245. E perchè ogni noslro lettore
vegga, se quei fedeli avevano o no
ragione di respingere, come innovazioni non appoggiate al Vangelo, i
dogmi e i diritli dei curiali di Roma,
esamini di grazia i seguenti che noi
fra l’infinita farraggine gli mettiamo
soli’occhio togliendoli dalla collezione
canonica di s. Anseimo vescovo di
Lucca. Dei tredici libri in cui è divisa,
il cardinale Mai nel tomo sesto del
suo Spicilegium Rommum ha pubblicalo i soli capitoli; ma bastano a
mostrare il delirio in cui erano ca
duti i curiali di potere in nome di
Crislo usurpare l’impero del mondo.
Al libro 1“ il capitolo 47 dice: che
la sede del bealo Pietro ha dritto di
giudicare tutle le chiese, .e non essere
giudicala da nessuna:
Il 63; che la Romana Chiesa inslituisce tutte le dignità ecclesiastiche,
e chi osa negarle un tal privilegio è
caduto in eresia ;
11 71 ; che il mondo si regge dall’autorità de’ Pontefici, e dal potere
dei Re, ma il poter regio deve essere
soggetto ai pontefici :
Il 72: che ai preti gli imperadori
debbono obbedire, non comandare :
L’84: che alle ammonizioni apostoliclie debbono prestare obbedien/.a
, i regnanti.
Al libro 6" il rapitolo secondo st,abilisce, che niuno possa mettere in
dubbio la santità di colui che è leggittimamente innalzato all’apice della
dignità apostolica {Ut sanctum esse
nemo dnbitet, quem apostolica) dignitatis apexjuste attollit).
Al libro VII il capitolo 142 ordina
che le concubine dei chierici sieno
vendute, e i chierici obbligati a far
penitenza.
Al libro XI il capitolo 27 comanda
che ogni giovedì prima di pasqua si
dia l’assoluzione a tutti i peccatori ;
Il 153 notifica che il fuoco del purgatorio è più tormentoso di quahin-
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que pena si possa soffrire in questa
vita.
Al libro XII il primo spaccia come
scomunicato chiunque si arroga di
riprendere i difetti della chiesa romana.
246. Se queste sieno ordinazioni
evangeliche, i curiali di Roma non
l’hanno saputo provare fin qui ; e per
conseguenza, finché non l’abbiano
provato, la chiesa Valdese del Piemonte avrà sempre il diritto di sostenere che ella ha cessato dalla comunione coi curiali di Roma, perchè
essi per i primi hanno cessato di le - '
nersi dentro i limiti della legge evangelica. Appena vorranno cancellare
dal simbolo tulle le teorie curiali, e
abbandoneranno le sottigliezze scolastiche per tornare alla semplicità
della fede primitiva, la chiesa Valdese
li riabbraccerà con trasporto di fraterno amore, e come oggi vive unita
con le chiese presbiteriane ed episcopali di lutto il mondo, sarà lieta di
vivere pure unita con essi, cosa impossibile finché le nuove dottrine da
loro nel medio evo introdotte , le
avranno per essenziali alla fede , c
obbligatorie per l’eterna salute.
247. Abbiam detto nuove, perchè
la chiesa stessa di Roma non le professava in antico, avanti che da lei
si staccassero le chiese d’ItaUa.
1“ Ella infalli non imponeva al
lora la legge di riguardare per ugualmente autentici i libri apocrifi ed i
canonici della sacra Scrittura. Ciò
consta incontrastabilmente dalla testimonianza degli autori suoi propri
dai primi secoli fino al concilio di
Trento.
La distinzione che fanno oggi i
prolestanti tutti tra i libri apocrifi cd
i canonici, si trova negli scritti di
Ridolfo Gualberto , dell’abate Pietro
di Clugny contro i Pietrobusiani, di
Ugo e Riccardo di San Vittore, di
Pietro Comestore, del cardinale Ugo,
di s. Tommaso d’Aquino, del padre
Ocamo, di sant’Antonino arcivescovo,
di Dionigi Cartusiano, del cardinale
Xiinenes, del cardinale De-Vio, detto
il Gaetano, e negli scritti di quanti
ammisero il Prologus Galeaius, posto
da san Girolamo innanzi alla sua
versione della Bibbia.
2° Ella non credeva che la tradizione bastasse a stabilire articoli di
fede. 11 secondo concilio di Nicea non
adottò, come suppongono, quel principio , raa solo se ue servì, come risulta da san Tommaso d’Aquino, per
conserviire il cullo delle sacre immagini. Gli articoli di fede per ogni cristiano si riducevano al simbolo degli
Apostoli. Leone X pel primo determinò che i papi avessero il dritto di
fare decisioni dogmatiche, le q^'ali
fossero articoli di fede o regole di
7
moral« conilotla. In fíull. Exurye.
5® La letlura della sacra Bibbia
non venne mai proibita ai laici sino
all’anno 1200. Innocent. Ili, epist.
ad Melenses.
4° I concilii non erano stimati infallibili, benché presieduti dai papa.
La storia dei secoli posteriori al decimo è ripiena d’esempi che rendono
ciò evidente. A tal proposito possono
i lettori consultare il Trattato dell'unità della Chiesa, scritto da Venerico vescovo di Vercelli, le opere
di Ocamo sulla .deposizione dell’imperadore Ludovico di Baviera, quelle
di Pietro d’Ailly, quelle di Enea Silvio, e di altri molti che comprovano
la verità di quanto abbiamo asserito.
Anche dopo il concilio di Trento
la chiesa Gallicana non accettò per
dogmatiche diverse ilecisioni del medesimo, considerandole come lesive
dei dritti della corona.
5° Non si attribuiva alcun merito
alle opere buone, venivapo anzi olibligati i fedeli di professare formalmente il contrario neirulliraa confessione, 0 al punto di morte, come apparisce dalla formola prescritta dall’arcivescovo di Cantorbery sant’Anseimo.
6“ Le indulgenze che vennero in
uso qualche lempo dopo la separazione della diocesi di Milano, si guardavano come pie frodi o sanie ipo
crisie (I). Così ne parla Pielro cantore. Non erasi mai udito parlare di
giubileo prima dì papa Bonifazio Vili,
vale a dire sino all’anno 1300.
7“ Oltre la contrizione non si richiedeva anche l’assoluzione per la
remissione de’ peccali. Niuno mai
sognò, che san Giacomo nel capo
quinto della sua lettera avesse parlato di confessione auricolare. Appena si usava di farla in pubblico in
occasione di pubbliche penitenze ; oppure qualche volla a maniera di domandare consiglio, non mai d’accusarsi per impetrare perdono. Per
semplice atto d’umiltà la prescrisserc»
i fondatori degli istituii monastici e
frateschi e militari; nel secolo xii
suU’esempio dai claustrali presero a
praticarla i divoti, e le confralernilà
organizzate alla fratesca, e infine la
massima parte della cristianità dominala dai frali. Il precetto di confessarsi una volla all’anno non va
più in là del 1215, e fu imposto da
papainnocenzolll nel quarto Concilio
Ecumenico di Laterano.
(l) Vincenzo di Beauvais chiama sanie
ipocrisie le austerità che san Domenico
ordinava a’ suoi frali per meglio renderli
rispettabili agli occhi del pubblico. La
corruzione era giunta a tale, che si chiamavano santi finanche i vizi più detestati
dal Vangelo. Cosi il seuuiu de’ curiali fu
anche quello de’ farisei
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8“ Alla validità del Minislero Ecclesiaslico non si esigeva come condizione necessaria l’intenzione dei
preli. Ciò consta apertamente dagli
scritti di Aldermanno di Brescia conlro Berengario, e da quelli di S. Pier
Damiani.
9° Non era proibito ai preti il matrimonio, 0 solo si teneva proibito in
forza di leggi umane promulgate dagli ecclesiastici, non mai per dritto
divino, come si ricava dal decreto del
monaco Graziano.
10. Il sacramento eucaristico non
era segno di adorazione. Nulla trovasi di ciò nella lunga disputa con
Berengario che negava la transustanziazione. Leggesi altresì che Enrico II
re d’Inghilterra ricevè, sul letto di
morte, l’Eucaristia con riverenza, ma
non si dice che in modo veruno l’adorasse. E veramente il decreto con
cui venne prescritto di adorarla, non
risale che al secolo xiii, e sappiamo
che a quest’ epoca i fedeli ricevevano
in piedi la comunione dalle mani del
diacono secondo l’antichissimo rito
della Chiesa Greca e della Latina.
Non si credeva che il fine e lo
scopo della presenza reale del Sacramento Eucaristico fosse di offerire
Gesù Cristo in sacrifizio a Dio per
espiazion de’peccati de’vivi e de’
morti. Pietro Lombardo infatti chiamato il maestro delle sentense, e ve
nerato da lutti gli antichi scolastici,
insegna che l’oflerla della Eucarislia
uon è niente altro che una commemorazione.
A quell’epoca erano pochissime le
Chiese che avessero in uso di comunicare sotto una sola specie , cioè
quella del pane. Colesta pratica fu
soltanto autorizzata dal concilio di
Costanza l’anno 1415. Enrico Gatidavense, morto nel Belgio l’anno
1293, è, nella somma teologica e ne
suoi commenti a Pietro Lombardo,
manifestamente contrario a quella
pratica.
11. Si principiò solo nel x secolo a
porre immagini sugli altari che servivano esclusivamente alla celebrazione
del mistero Eucaristico ; oltre che ciò
fecesi in poche chiese. In questo stesso
secolo s’introdusse l’usanza di collocare sopra gli altari la croce, ma
senza che vi fosse appesa l’immagine
di Gesù crocifisso.
La solenne consacrazione delle immagini incominciò ad usarsi verso i
tempi di Ludovico IX (Gualfridus
de Vit. Ludov. IX).
12. L’Uffizio della Vergine non fu
stabilito nelle chiese occidentali che
nell’anno 1195 in un concilio convocato a Clermonl.
15, Prima del secolo xu si hanno
ben pochi uffici pei morti, e pochissime messe da morto. Appena i frali
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mendicanti sì furono installati nella
cristianità moltiplicarono per modo
ali ulTici, le messe, le oblazioni, i voti
e i legati pii pei morti, che divenne
impossibile ad essi celebrare ^ante
messe e cantare tanti uffici, e si dovette con acutezza scolastica inventare come appendice del supremo potere della chiesa, di cui erasi investito
il vescovo di Roma, anche la facoltà
di ridurre quegli obblighi mediante
una tas^sa proporiionata al valoredella
riduzione.
14. Quanto alia moltiplicazione
delle feste de’ santi e delle madonne
bisogna chiamare In colpa il secolo xv,
che in questa parte seppe rendersi da
lutti gli altri segnalato, come ebbe
provato Clemangis. Lib. de novis festivitalibus non instituendis.
13. Le confraternità o sodalizi di
divozione sono di recentissima invenzione; e fanno pietà e ridere que’ scimuniti ascetici che scrivono essere
copia di quella società apostolica adunata nel cenacolo, quando nel giorno
di Pentecoste vi discese lo Spirito
Santo. Il sig. Thiers nella sua dissertazione sul coro delle chiese ne stabilisce con molla esattezza le date in
lempi vicini a noi.
248, Ora tutti questi articoli o
erano affatto ignoti, o non ancora
ricevuti nella chiesa di Roma, quando cou lei comunicavano le antiche
chiese d’Italia; laonde resta evidente
che queste non potevano opporvisi
se non a misura che vedevano essere
da lei adottati. E l’opposizione sarebbesi forse ristretta a sole proteste, iu
seguito delle quali sarebbe avvenuta
una divisione o uno scisma pacifico,
siccome quello della chiesa greca, se
la nuova organizzazione curialesca,
assunta dal vescovo di Roma non lo
avesse spinto a fare uso della violenza e della forza per sostenere i
pretesi suoi dritti.
249. La violenza e la forza Io fece
conlro ogni dettame di religione, di
ragione e di umanità traboccare negli
eccessi delle condanne e dei supplizi, e i crisliani che si sentivano
sicuri in coscieuza nel combattere le
innovazioni dei curiali di Roma, dovettero sostenere lotte da martiri.
Le sostennero infatti, ma i curiali
appoggiati alla ragione della forza li
sacrificarono a migliaia, uccidendoli
per ogni guisa, e simili ai persecutori
pagani, li calunniarono quasi nemici
della religione, dell’irapero, de’i)opoli e della salute delle anime. Così
gli iufelici morivano trafitti dall’armi della persecuzione e della calunnia, e i nomi loro apposti di Albigesi,
di Patarini, di Catari e di Valdesi,
non erano che marchi d’infamia per
renderli odiosi al pubblico. Se noi
leggiamo gli scrittori pagani dei pri-
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mi lempi del cristianesimo, troviamo
egualmenle Irallati nè più nè meno i
seguaci (li Cristo. Come erano tutte
false quelle impulazioni, così sono
anche queste, e come la falsità di
quelle impunemente non si potè dimostrare prima che avesse pace la
Chiesa dopo tre secoli di persecuzione
aU’apparire dell’imperatore Costantino, così l’innocenza di quei crisliani
trucidati e calunniati dai curiali di
Roma non si potè difendere senza
pericolo prima dello scoppiare della
provvidenziale riforma del secolo xvi
al sopragiungere di Lulero e di Calvino. In tutto questo lungo intervallo
i fedeli delle antiche chiese d’Italia
i-imasero come agnelli fra i lupi, e la
carnificina fu senza posa e senza
pielà. Un piccol gregge si rintano fra
i monti, visse cheto nelle valli, ma
non mai sicuro. Questo gregge di
fedeli italiani è appunto la chiesa
Valdese in Piemonte, sola superstite
da lante stragi, ed emancipata dì
fresco dallo Statuto di Carlo Alberto
, il Magnanimo. Ebbe anch’essa il suo
nome d’insulto nel titolo di Valdese,
e i suoi nemici partono con vana malignità dalia data di questo titolo,
che fu da principio un insulto ed è
oggi un onore, per negarne le antiche
origini die toccano ai lempi primitivi
ed apostolici del cristianesimo.
li’iiVQiiisizioivi:
IN TOSCANA.
É questa la terza volta in meno di
sette mesi che questa brutta parola noi
siamo costretti ad iscriverla nelle nostre colonne. E piacesse a Dio che
facendolo, potessiraavenirgiustamente
addebitati o di falsità o solo di esagerazione! Piacesse a Dio che non fosse
vero che in colesta parte più gentile
della gentile nostra Italia, l’Inquisizione va rialzando il suo lurido capo.
Ma purtroppo lungi dall’essere o falsa
od esagerala, questa parola si mostra
sempre più esalta ad ogni processo
religioso che si va intavolando; niV
varranno ad invalidare la nostra asserzione i documenti che qui sotto
riportiamo, e specialmente la sentenza
della Regia Camera, colla quale vengono condannali i coniugi Madiai di
Firenze : il marito a 56 mesi di lavori forzali, e la moglie a 45 di
ergastolo, per il solo delitto di aver
esternato convinzioni religiose opposte
alle dominanti.
Una cosa però consola in quella
sentenza, ed è la cura singolare che
pone il tribunale, nel tempo stesso
che manomette nel modo più oianil'esto la liberlà di coscienza e la tolleranza religiosa, a difendersi dalla taccia d’intaccarle anche menomamente.
Questo tentativo di giustificazione, so
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è prova di consumala ipocrisia, lo è
in pari tempo del progresso che han
fallo nel nostri costumi quei due santi
principii, poiché anche quelli che li
conculcano, si devon dar l’aria di rispettarli.
Un’altra cosa ancora ci è di conforto in quella condanna, cd è che per
essa una beila testimonianza è stata
resa all’Evaugelo in una delle principali città d’Italia. Poiché 1’ Evangelo
Ila dei martiri in Toscana, la Chiesa
evangelica vi è impiantata, e non varrà
potenza umana a schiantarla.
Ben è vero che il dibattimento, invece di essere pubblico, come era di
dovere, ha avuto luogo a porte chiù-,
se. Vana precauzione anche questa !
Ai dì nostri, porte chiuse o porle aperte è tutt’uno; e per le vie e sulle
piazze di Firenze si vanno ripetendo
ad una ad una le belle e cristiane risposte dei coniugi Jladiai, che la Corte avrebbe voluto non oltrepassassero
le pareti dell’aula in cui siedeva.
Ben è vero ancora che per togliere
a quella condanna l’odioso suo carattere, si è fatto uso della gran parola
Empiet.ì. Ma si ricordino 1 giudici fiorentini che appunto per empietà erano
condannati dai tribunali di quei tempi
gli apostoli ed i primitivi cristiani, e
che questo non impedi alla loro dottrina, che era tutt’altro che empia, di
trionfare. Si ricordino che se vi fu un
lempo in cui bastava chiamar empio
un uomo per fario segno all’universale
riprovazione, un tal tempo è passato
e non tornerà più. Si ricordino infine
la parola del savio (iamaliel, che un
tribunale sentenziando su materie religiose dovrebbe sempre aver pre-^^entc
alla mente: i> Se questo consiglio a
quest'opera è dagli uomini, sarà dissipata; ma se pure ò da Dio, voi noìi
la potete dissipare: e guardatevi che
talora non siate ritrovati combattere
eziandio con Diol (Atti V, 38, 59;».
Ecco intanto preceduto dall’ atto
di accusa il documento che abbiamo
annunciato :
ATTO DI ACCUSA
Il Regio Procuratore Generale alla
Corte Regia di Firenze.
Espone
Clic la Camera delie Accuse della Corte Regia predetta con Decreto emanato II
2r> novembre pro.ssimo passato lia ordinato che Francesco e Rosa coniugi Madiai, siano posti in accusa per delitto tll
Empietà. *
In esecuzione di tal Decreto il solloscritto avendo ripreso in esame la istruzione regolare cortipilata nel TrlliLmale,
di 1’ Istanza di Firenze, dichiara che dalla
medesima viene sostanzialmente a resultare quanto appresso;
Esiste da qualche tempo, e sventuratamente si è cercato e si cerca di propagare anche tra noi una confessione eterodossa della aReligione Evangelica o del
puro Evangelo», la quale rlfiutanilo molti
punti delia Fede e disciiillna Ciiltolica
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Romana, e sostituendo nella intelligenza
cd interpretazione dei Libri Santi lo spirko
privato alle Autorità e Tradizioni della
Chiesa, mira empiamente a svellere dalla
mente e dal cuore dei Fedeli i puri e
sani principj del Cattolicismo, a porvene
di'i falsi e condannati, ed accrescere i
suoi seguaci, e a dilatare i suoi confini
in onta e danno della nostra Religione
Santissima, e dell’ordinamento civile che
su questa principalmente riposa.
A (|uesta confessione appartengono i
coniugi Francesco e Rosa Madiai; i quali
non contenti di aver apostatato dal Cattolicismo in cui nacquero e furono educati,
si sono permessi di dare opera essi pure
a disseminare ed insinuare in altri i loro
errori senza riguardo ad età, a sesso, a
condizione; e indirizzando anzi la propaganda malefica ai più deboli e meno
esperti, sottoposti anche alla influenza
della lora autorilà dominicale e magistrale.
Uesulla infatti che essi hanno prestato
la comodità dell’abitazione alle riunioni
cosi di esercizio come di istruzione per
gli affigliati, specialmente dopoché in
altre località dovettero queste cessare;
che una consimile riunione vi si teneva
nella sera del 17 agosto ultimo passato
quando vi accedè la pubblica forza e vi
operò arresti e perquisizioni ; che ivi sono
stati più volte depositati e custoditi libri,
opuscoli e fogli a stampa eterodossi, che
si passavano poi ai decurioni per distribuirsi ; che alle indicate adunanze e istruzioni intervennero non pochi, sino oltre
venti, anche cattolici (non esclusi i fanciulli), alcuni dei quali souo così imbevuti
e confermati negli errori della setta; e che
i coniugi Madiai, anche fuori di dette
riunioni, profittavano d* ogni favorevole
occasione per esercitare il proselitismo
predicando e insinuando, infra altre, delle
massime contrarie alla confessione sacramentale , alla presenza reale nella SS.
Eucaristia, al sacrifizio della Messa, al
dogma del Purgatorio, al culto delle sacre
Immagini, alla intercessione della Beata
Vergine e dei Santi, al Sacerdozio, al
Pontificato, all’osservanza di certi giorni
Festivi, al divieto di alcuni cibi ecc. Distribuivano anche delle Bibbie tradotte
e dalla Chiesa non approvate ; e libri
di preghiere corrispondenti agli errori
enunciati.
Di alcune persone si sa, che ricusarono
di aderire, ad onta di ripetute insistenze;
di altre cheoorsero assai rischio di cadere;
di una poi (l’Antonietta Marsini loro serva)
che cadde effettivamente nell’errore, fino
al punto di partecipare per due volte alla
Comunione che fanno in memoria della
ultima cena, e di secondare in parte la
Rosa Madiai che la istigava a rompere le
corone del Rosario, e lo scapolare che
avea al collo, perchè subietti d’idolatria.
I coniugi Madiai cjonfessano la loro
apostasia, ma negano il proselitismo ; ed
ammettono tutto al più di avere insegnato
la verità a quei che ne li hanno richiesti.
Sono peraltro in ciò smentiti da non pochi
testimonii.
Iq conseguenza
Francesco del fu Vincenzio Madiai di
anni >i8, coniugato senza figli, nativo di
Diacceto, Pretura del Pontassieve, domiciliato in Firenze, corriere, ed affittacamere.
Rosa del fu Stefano Pulini, moglie di
detto jl/od/ae, nativa di Roma, domiciliata
in Firenze, di anni 50,
Sono accusati di Emfìielà commessa
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nel corso del cadente anno ; c segnataniente dai Coniugi Jladiai col farsi operatori di Propaganda e di proselitismo alla
cosi detta Confessione Evangelica o del
puro Evangelo; non tanto con l’insegnamento, quanto con la difiusioae di libri e
fogli a stampa in danno ed in onta alla
Heligione Catlolica dominante nel Granducato.
Fatto all’ uffìzio del Regio Procurator
Generale alla Corte Regia di Firenze li 6
dicembre 1851.
A. Bicchierai Regio Procurator Generale.
Udienza del 8 Giugno
Aperta l’udienza a ore 3 pom. il sig.
Presidente legge la seguente
SENTENZA
Contro
1. Francesco del fu Vincenzo Madiai,
coniugato senza figli, d’anni 48, nato a
S. Lorenzo a Diacceto, Pretura del Pontassieve, domiciliato in Firenze, Corriere
di famiglia, ed affitta-camere.
2. Ro«a del fu Stefano Pulioi, moglie
di Francesco Madiai, d’anni 50 circa, nata
a Roma, domiciliata in Firenze, attendenlealle cure domestiche.
Accusati di Empietà
Visto il Decreto di questa stessa Corte,
Camera delle Accuse, del 25 novembre
1831.
Uditi in pubblica discussione l’interprete, i testimoni, il pubblico Ministero,
l’avv. Odoardo Maggiorani Difensore degli
accusali Madiai, e gli accusati ste.ssi, i
quali coi preindicati rispettivi loro difensori hanno avuto gli ultimi la parola.
Ritiene in punto di fatto come resultalo
dalla pubblica Discussione.
1" Che Francesco e Rosa coniugi Madiai
nati e cresciuti nel cattolicismo, da quattro 0 cinque anni addietro se ne distaccarono per abbracciare la religione da essi
chiamata Eva.ncelica 0 del puho Va.vGELo ; che da quell’epoca in poi e più
specialmente nel corso dell’anno 1851
prestarono la propria casa alle riunioni di
esercizio e di istruzione in detta credenza;
le quali riunioni da chi vi fu assistente è
stato dichiarato che vi si componevano
dapprima sotto la direzione di un estero
Precettore anche, di oltre a trenta persone, per la massima parte Toscane, alcune
cattoliche ed altre già protestanti il cattolicismo, ed appartenenti alla classe degli
artigiani, alle quali si consegnavano RinBiE tradotte in italiano e proibite dalla
Chiesa Cattolica, ed altri opuscoletti in
materia Religiosa contenenti errori dalla
Chiesa medesima condannali per essere
distribuiti anche al di fuori dell’adunanza
agli adepti divisi in decurie, e formanti
una società che chiamavano Fratei.i.an'/,a.
Che in quelle adunanze spiegando- e
commentando la Sacra Scrittura e confrontandola cogli usi della Chiesa Callolica, s’intendeva di dimostrare come quosli
fossero al Vangelo contrarii.
Che sebbene espulso dalla Toscana
quell’estero Precettore, e rotte per opera
della polizia le fila di quella setta anlicattolica, i ricorrenti alla casa Madiai
diminuissero assai di numero, pure i convegni continuarono, ed uno vi se ne teneva
nella sera 17 agosto 1851 nella quale la
Forza Pubblica vi sorprese tre individui,
i quali unitamente ad una fanciulletta
trilustre, che i Madiai avevano ospitala
iu loro rasa da breve tempo, stavano occupali nella lettura della Bibbia, Iradollu
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(lui l)kidati, avendone ciascuno sott’occhio
unii copia. (Continua).
Consecrazione del tempio
Valdese di TORRE
Giovedì scorso, 17 giugno, siccome era
stato annunziato, ebbe kiogo a Torre-Luserna la solenne consecrazione a Dio del
nuovo (empio ivi innalzatogli. Pressoché
lutti i pastori e ministri delle Valli, il
concistoro, le autorità comunali, lo stato
maggiore della Guardia iVazionale, parecchi forestieri, inglesi, olandesi, svizzeri, francesi, americani, insieme a numerosissima frequenza di popolo, intervenivano a quella cerimonia.
Cominciò la religiosa funzione colla
lettura del Salmo 84, del capitolo VI del
2°. libro delle Croniche , del III della 1
epistola ai Corinti, e del Decalogo. Salito
in pulpito il Moderatore, dopo la confessione dei peccati ed il canto d’un Salmo,
con una fervida preghiera, solennemente
con.sacrò il nuovo tempio a Dio Padre,
Figliuolo, Spirito Santo, supplicandolo a
prenderlo sotto la sua protezione, a mantenervi illibata la predicazione del suo
Evangelo, ad aver per accetto il culto che
in esso gli verrebbe reso, a farne infine
una vera porta del cielo , una fonie di
consolazione e di salvezza per le successive generazioni che ivi si recheranno ad
adorare.
Nella predicazione che tenne dietro immediatamente a quella commovente preghiera, il medesimo svolgendo il salmo
XLVI. disse di quella Città d’iddio di cui
ivi parla il profeta, pos/a m mezzo al mare, ma rallegrala dal fiume e dai ruscelli
di Dio, perchè ¿n'jnKzo di lei è quel Dio
medesimo e che figura la Chiesa, parole
così appropriate alle circostanze della
Chiesa Valdese, che tutli ne rimasero commossi ed edificati, anche quelli cui rincrebbero certe rimembranze, esatte bensi,
ma che in un giorno di gioia come questo
miglior cosa sarebbe stato il tralasciare.
Un coro eseguito con sorprendente maestria, sopratutto se si consideri che i canlanli eran in massima parte ragazzi e ragazze della campagna, aggiunse alla religiosa comozione, e dispose ottimamente
alla celebrazione della S. Cena che venne
dopo, ed alla quale si accostarono insieme
ai loro fratelli Valdesi, tutti i forestieri
su accennali. Questa fu la prima parte della
funzione.
Alle due pomeridiane ii tempio era di
bel nuovo gremito di gente per assistere
al secondo servizio che si celebrava in
lingua italiana. In un discorso ricco di
di cristiana pietà ; sopra Isaia LVl. 7 : (La
mia Casa sarà chiamata Casa d'orazione
per tutti i popoli) il sig. minislro e professore B. Malan che funzionava, trattò
alla sua volta della Chiesa, che paragonò
ad una Casa edificata da Dio stesso, sopra
un disegno ch’Ei ci ha lascialo, ed al
quale noi dobbiamo attenere strettamente
la Sa'ittura; della qual Casa la pietra
angolare è Cristo ; in cui vi è ciiio abbondante per tutti coloro che vi abitano; i
quali forman tra loro una famiglia, raccolta da tutte le estremità del mondo, sostenendo i dolci rapporti di figli verso
Iddio, e di fratelli gli uni verso gli altri. Ma
perchè tale si mostri la Chiesa, fa mestieri
che diventi sempre più una Casa d'orazione, non di formole, ma sincera, non diretta
alle creature che non sono che scrviìori.
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— v.li» —
ma a Dio il Signoro della Casa, a G.C. che
ce nc aperse le porte, allo Spirilo Santo
che vi ci fa aliiinre. Terminò esortando
caldamente i suoi uditori a far si, e colle
parole, e coll’opre, e con fervide preghiere, che presenti sempre più qijella
frazione della Chiesa cui appartengono
e pella maggior prosperità della quale
era stato eretto un nuovo tempio, tutti
quei caratteri della vera magion di Dio, or
ora abbozzali. Molti Cattolici romani, così
delle Valli che dei circostanti comuni erano prewnti a questa seconda funzione,
che terminò con una colletta a favore dei
poveri della parrocchia. E così passò
quel giorno, fecondo, lo speriamo, di salutevoli impressioni per molti, ed in cui
echeggiarono con le lodi a Dio sommo
(latore di lui tanto benelìcio, i ben dovuti
ringraziamenti al .Monarca, che con lealtà
c coraggio ammirabile prosiegue l’intrapresa carriera di far vieppiù felici i suoi
popoli ed ili benefattori, dell’idefessa carità del quali era nuovo monumento quesÌO
tempio.
CROXACIIETTA POLITICA.
ToKl^o, 21 giugno.—ija relazione sulla
legpe del matrimonio fu oggi presentala
alla Camera dal deputato Sineo. Come
ognun vede, la commissione non ha perduto tempo, e pare che proponga alla
Camera 1’ accettazione pura e semplice
del progetto ministeriale, non volendo
per amor del meglio perdere que! tanto
di bene cui offre spontaneo il governo.
“ Il ministro delle Finanze ha richiesto
alla Camera un aumento di credito pel
monumento da erigerti al re Carlo Alberto.
— La contribuzione prediale in Sardegna è stata equiparata dalla Camera
legislativa a quella del Contlnenle.
— 23 giugno. Oggi comincia alla Camera la discussione della legge sul matrimonio civile.
Uoma. — Centocinquanta giovani di
onorate famiglie sono rientrati pallidi c
scarni nelle pareli domestiche dopo mesi
di duro carcere, indovinale per (|nali
delitti ? Alcuni furono veduti ridere, altri
toccarsi amichevolmente la mano ed altri
gittar qualche razzo per aria il 0 febbraio, anniversario dell’ultima proclamazione in Campidoglio della Romana
UepubWica. Gli sbirri da cui siamo assiepati li hanno aggrappati sul fatto. I
inonsignori della Consulta li hanno giudicali colpevoli di lesa maestà, c condannati empiamente in galera. Alle influenze di gabinetti stranieri, fra i (juali
si vuole anche quello di Vienna, hanno
imposto al gove#rio clericale di cassare
la crudele sentenza. Questi, dopo tentati mille raggiri, ha dovuto finalmente
cedere, e i centocinquanta prigioni, ai
quali ogni altro paese anche barbaro
avrebbe tutlo al più applicato una paterna ammonizione , si vorrebbero far
credere centocinquanta luminose prove
di sacerdotale clemenza. Cosi sta scritto
nella gazzetta universale d’Augusta.
Francia, l.a causa dei beni della famiglia d’Orleans è stata discussa nel consiglio
di stato, e risoluta con 0 voli conlro e 8 favorevoli. Il presidenle Baroche ha interpretato quell’unico volo per vera maggioranza legale conlro la famiglia d'Orlcans.
16
— :>oo
— Gli impazienti di veder l’impero
gridano che esso è l’espressiune più viva
della grande rivoluzione, econ esso i paIrioti d’ogni paese possono sempre sperate
libertà. Il presidente non si lascia persuadere a simili dicerie, e non crede ancor
giunto il momento di proclamare l’impero,
I.NGiiiLTERBA. —La Sera del 14 giugno
il sig. Palmerslon parlando contro il ministero nella Camera dei Comuni, « lo
sono, disse, assai desideroso della indipendenza della Toscana, e richiamo l’attenzione della Camera e del Paese sopra
le sventurate condizioni di tanta parte
d’Italia (molle voci : udite udite).
Gli italiani sono un popolo fornito di
lutte qualità singolari ed eminenti, ed
hanno ingegno abile a tutte intraprese:
ne’teinpi andati come statisti e politici
non furono mai inferiori a verun altro
popolo d’Europa; fa dolore che debba
soggiacere alle misere condiaoni attuali.
È questa una vera calamità della inodeiit
Europa (applausi).
Conchiude invitando il governo ad annodare pratiche colla li’TBocia per indurla
a sgombrare coU Austria gli stati Toscani
e Romani. Rispondendogli, il cancelliere
D’israeli, parve si ricordasse d’essere
Italiano come discendente da una antica
famiglia che emigrò da Venezia, ed uscì
in queste calorose parole accolte fra gli
applausi unanimi dei deputati « Che sj
afTi’etti il tempo in cui l’Itaìia non sia più
com.pressa da baionette straniere, è desiderio di quanti amano la causa della liberlà Europea, e riconoscono i benefìci
che ii popolo italiano conferì alla civiltà
generale »
— li governo Inglese ba fallo presen- ■
Iure alla Toscana una nota ove chiede
energicameute riparazione aU’insulto fatto
al sig. Mather Inglese iniquamente ferito
da un ufficiale austriaco. Altra nota della
Francia si lagna dell’ abolizione dello
Statuto.
— ¡Sella seduta del 18 giugno è passato il nuovo bill della milizia, la cui
cifra imporla poco più di 20000 lire sterline.
— Il callivo tempo impedi l’evoluzioni
militari che dovevano aver luogo in Londra
a Saint-James-Parcic pel 57" anniversario
della battaglia di Waterloo. Si schierarono
però tutte quante le truppe col ramo
d’ulivo in capo, e le bandiere dei baltaglioni erano sormontate da mazzi d’alloro.
La sera si tenne il solito banchetto ad
Apseleyshouse ove ammiravasi il gran
quadro, opera di Slater, inciso da Moon,
che è stalo poi presentato in dono al vincitore di quella gran' giornata il duca di
Wellington. Napoleoné non aveva che dispie^zo ne’suoi bollettirti verso di un tal
cobdottierei cbe l’avea g/iferreggiato nelle
“ ine.
ii,gli avrebbe mai de|tó che il 18
del 1-81S dovea qumi sbalzarlo
tròno e dall’Europa !
Ngl- iri9 correva voce che il 1" luglio i
ministri avrebbero letto il decreto di scioglimento della Camera.
— Ad evitare conililti e scandali sulle
pubbliche vie il governo di Sua Maestà la
Regina si è veduto neH’obbligo di ricordare ai cattolici papali di non arrischiarsi
altre volte ad uscire dai termini della
legge, che ha sempre proibito le pfocessionl in pub1)lico.
Belgio. — Il parlilo clericale ha guadagnato molte elezioni nelle campagne,
ma non è giunto a formarsi la p uralità
nella Camera che per conseguenza rimane
ancor liberale. Nou paiono cose di questi
tempi le invenzioni,.le imposture, i miracoli e le calunnie con cui s’aiutarono i
preti; I fogli del Belgio ne sono ripieni.
Direttore G. P. MEILLE.
Rimaldo Bacchetta gerente.
Xorino. — Tip. Soc. dì A, Poni e C.