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SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE BATTISTE, METODISTE, VALDESI
VENERDÌ 15 OTTOBRE 1993
L'ULTIMA ENCICLICA
V
LA VERITÀ
DEL PAPA
LUCIANO DEODATO
Annunciata e attesa dalla
stampa, preceduta ad arte da anticipazioni che hanno
sollecitato la curiosità di tutti,
è finalmente uscita il 6 ottobre (pur essendo stata firmata
il 6 agosto) l’ultima enciclica
di papa Wojtyla, Veritatis
splendor, la decima del suo
pontificato e anche la più
lunga, con le sue 176 pagine.
Quali aggiunte, quali tagli,
quali aggiustamenti o addirittura quali patteggiamenti ne
hanno reso difficile il parto?
Che non potesse essere un
parto facile è chiaro proprio
dal tema di cui tratta, la morale, in un momento come
quello attuale, nel quale vengono messi in discussione
antichi «valori», sono sconvolte «certezze»; mentre si
aprono nuovi spazi al potere
dell’essere umano aumentandone quindi le responsabilità,
e la conoscenza che questi ha
di sé si dilata di giorno in
giorno.
Delineare i nuovi fondamenti della morale per una
cristianità e una umanità che
si affacciano al terzo millennio della propria storia, far ricuperare al magistero cattolico una funzione guida in un
mondo diventato adulto che
vorrebbe fare a meno di maestri, diventare il perno dell’
unità dell’umanità intera esaltandone i valori e guidandola
verso il Sommo Bene perseguendo un progetto a un tempo egemonico e di servizio;
ecco, in sintesi, quelli che mi
sembrano essere gli scopi di
questa enciclica.
La stampa cattolica l’ha
presentata come un grande
evento e la presidenza della
Gei si è affrettata a dichiarare
la propria «docile» ubbidienza all’insegnamento del pontefice. Più critiche invece le
voci della stampa laica, colpita dalla riproposizione di una
morale antiquata per quanto
concerne l’etica sessuale, debole e generica riguardo a
quella politica.
L’enciclica si apre con una
lunga omelia sull’episodio
dell’incontro tra Gesù e il
«giovane ricco» (Matteo 19)
il quale domanda a Gesù:
«Maestro, che cosa devo fare
di buono per ottenere la vita
eterna?». E una scelta che ci
fa sussultare. Non possiamo
infatti dimenticare il ruolo
svolto da questo testo nella
nascita dei movimenti pauperistici del medioevo tra cui
alcuni, come il francescanesimo, rientrarono non senza
forzature nell’alveo della
Chiesa cattolica ma altri, come il valdismo, furono cacciati come eretici. La lettura
che il papa fa di questo passo
è profonda e interessante; la
conclusione un po’ meno. Per
due motivi: primo, perché il
papa rimane legato alla domanda del ricco: «Che cosa
devo/are?», mentre la risposta di Gesù è proprio quella,
paradossale, di non fare nien
te, nel senso che la sequela
significa, dopo essersi liberato di tutti i suoi beni, di seguire Gesù. Cioè di lasciare
che sia lui a fare. E, secondo,
perché il seguire Gesù si traduce oggi per il papa nel seguire la Chiesa cattolica,
prolungamento dell’incarnazione del Cristo.
Perché il papa sente la necessità di rivisitare questa pagina dell’Evangelo? Il pauperismo medioevale, ricordiamolo, è nato nel momento in
cui il papato attuava il suo
progetto egemonico sull’intera cristianità, provocando da
un lato la separazione con le
chiese d’Oriente e dall’altro
quelle lacerazioni all’interno
della cristianità occidentale
durate fino ad oggi e arricchitesi nel corso dei secoli di
molti altri elementi.
Ma v’è di più. La parola
«pontefice» significa «colui
che fa, getta, dei ponti». E il
papa, coerente con la sua funzione cerca, nella seconda
parte dell’enciclica, di gettare
un ponte tra la chiesa e il
mondo, tra la libertà e la legge, la ragione e la fede, la libertà di coscienza e la sottomissione al magistero, la legge naturale e i comandamenti
di Dio, ecc. Tutto viene ricomposto in un grande quadro unitario di cui la Chiesa
SEGUE A PAGINA 10
La Parola di Dio ci chiama ad essere trasformati nell'immagine di Cristo
Come specchi senza veli
ANNO I - NUMERO 39
___________NUNZIATINA FORMICA _________
«E noi tutti' contemplando a viso scoperto, come in uno specchio, la gloria
del Signore, siamo trasformati nella
stessa immagine di lui, di gloria in gloria, secondo che opera il Signore che è
Spirito»,
(2 Corinzi 3, 18)
Anni fa, insieme a un gruppo, visitai
il castello di Donna Fugata nei pressi di Ragusa. Fra le tante e bellissime sale vi era quella degli specchi. Il particolare importante da ammirare era il fenomeno dei riflessi. Gli specchi erano tutti
uguali, appesi tutti alla stessa altezza. Ricevevano e si rimandavano l’un l’altro
l’immagine di un enorme lampadario che
troneggiava sul soffitto della stanza.
Guardandoli si aveva l’impressione che
vi fossero centinaia di lampadari. Provai
ad immaginare le luci acce.se, le musiche, il brio, l’animazione che avrebbero
invaso la sala. Poi, per contrapposizione,
mi vennero in mente quelle sale disabitate o in lutto, i cui specchi sono coperti da
lenzuola. Quale contrasto! Un velo e ancor più un lenzuolo opacizzano lo specchio, non lasciano intravedere le immagini e i riflessi bellissimi che può proiettare, che possono trasformare la fisionomia di un ambiente.
Il Signore ci chiama ad essere specchi
senza veli che riflettono in tutta la sua
gloria e bellezza l’immagine di Cristo.
Un appello molto attuale, vista l’esigenza sempre più pressante di trasparenza
da parte degli italiani nel mondo della
politica, della gestione del denaro pubblico, dei servizi sociali; vista la disperata corsa al suicidio di chi ha visto la propria immagine danneggiata dopo aver
lottato a oltranza per affermarla. Specchi
senza veli per riflettere l’immagine di
Cristo: un’impresa ardua. I nostri specchi sono coperti da tante immagini che
giornalmente la cultura, la moda, la pubblicità televisiva e persino le chiese ci
propongono e ci impongono.
Penso pure alle immagini che abbiamo
ereditato dalle nostre famiglie e che noi
trasmettiamo ai nostri figli/e. Non importa se sono in bianco e nero, sbiadite,
intaccate dal tempo, dalla discriminazione, dall’ingiustizia. Non importa se sono
tetre, cupe, minacciose, se offuscano la
nostra identità. Conservare, difendere,
trasmettere la propria immagine sembra
essere il programma della propria vita. E
per perpetuare l’immagine die si fanno
determinate scelte, che si dà priorità a
determinati valori.
Ma la parola di Dio ci chiama ad essere trasformati nell’immagine di Cristo e
a rifletterla. Noi credenti ci siamo dimenticati che dal momento che abbiamo
creduto in Cristo ci siamo giocati la no
stra immagine, ci siamo giocate tutte le
immagini per riflettere l’immagine di
Cristo. Quale immagine di Cristo? E
un’impresa molto complicata, dal momento che ognuno sventola la propria
immagine di Cristo. Perfino i mafiosi ne
hanno una. È molto più complicato per
le donne perché sono chiamate a riflettere un’immagine al maschile. Specialmente per le evangeliche perché non
hanno neppure l’alternativa di Maria.
Penso pure agli omosessuali.
Ognuno riflette l’immagine di Cristo
col proprio «look» fisico, morale e spirituale. In realtà è la nostra propria immagine che riflettiamo. Ciò è dovuto alla
condizione e alla posizione del nostro
specchio. Nella sala del castello gli specchi erano tutti nudi e tutti alla stessa altezza. Cristo ci ha messo in questa condizione e in questa posizione perché fossimo in grado di contemplare la sua gloria e riflettere la sua immagine.
Lasciamo che Cristo denudi il nostro
specchio, lasciamo che ci spogli delle
nostre immagini vecchie, vane, ingiuste,
discriminatorie. Lasciamoci trasformare
perché ci renda trasparenti e l’un l’altro
possiamo rimandarci i riflessi della sua
immagine. Oggi il mondo più che mai ha
bisogno di vedere il eontrasto fra la luminosità, il brio, l’animazione della sala
degli specchi con la sala cupa, spettrale, i
cui specchi rimangono coperti.
Gerusalemme
Anglicani: no
al colonialismo
ecclesiastico
Intervistato a Gerusalemme
dall’agenzia Nev, il vescovo
anglicano Samir Kafity, vescovo-presidente della Chiesa
episcopale di Gerusalemme e
del Medio Oriente e copresidente del Consiglio delle
chiese ortodosse, cattoliche,
protestanti della regione mediorientale, ha parlato del futuro di Gerusalemme. Riguardo alla richiesta del Vaticano
di garanzie intemazionali per
Gerusalemme, ha affermato;
«Non sono affatto interessato
ad un intervento e a garanzie
internazionali. Perché mai
dovremmo aver bisogno di
una garanzia internazionale
per risolvere un problerha che
riguarda le comunità locali?».
Per quanto riguarda i dialoghi
in corso tra il Vaticano e lo
Stato di Israele in vista del riconoscimento, il vescovo Kafity ha espresso soddisfazione
per l’avvio dei colloqui, ma
ha affermato: «Vogliamo segnalare al Vaticano la necessità di non dimenticare che in
Medio Oriente ci sono comunità cristiane locali: quando si
discute di Gerusalemme e
della cosiddetta Terra Santa
si deve ascoltare anche la loro
voce». (...) «Il tempo del colonialismo ecclesiastico - ha
detto ancora - è finito. Gli ultimi dieci anni hanno segnato
la morte definitiva di questo
tipo di colonialismo: chiese
“madri” che pensano al posto
di quelle più piccole. I cristiani di questa terra hanno la capacità di affrontare i problemi
di questa terra, e la loro aspirazione è quella di avere rapporti di amicizia sia con gli
ebrei che con i musulmani. Il
concetto di protezione
dall’esterno da parte di una
specie di “superpotenza cristiana” non fa per noi; preferiamo avere rapporti fraterni
con quelli che ci stanno accanto, con i nostri vicini di
casa». (Nev)
Ecuìhene
Eritrea: l’Islam
e la chiesa copta
pagina 3
All’Ascolto
Della Parola
Una domanda
difficile
pagina 6
L’emigrazione
italiana
in Francia
pagina 9
2
PAG. 2 RIFORMA
Ecumene —
VENERDÌ 15 OTTOBRE 199.q
Dopo la riunione del Consiglio tenutasi a Tahiti dal 22 giugno al 4 luglio
Le chiese della Cevaa sono convinte che essa
rimanga uno strumento insostituibile
BRUNO TRON
Atre riprese, Riforma ha
riportato tempestivamente informazioni sui lavori
del Consiglio della Cevaa,
che quest’anno si è riunito
per la prima volta nell’area
del Pacifico, a Tahiti, dal 22
giugno al 4 luglio. Ciò che ha
caratterizzato questa riunione
in modo marcato è stata la
straordinaria accoglienza di
tutta una chiesa, quella evangelica della Polinesia francese, che si è mobilitata per
ospitare i 50 e più partecipanti al Consiglio e ha reso indimenticabili i quindici giorni
trascorsi insieme in quella
chiesa, della quale abbiamo
imparato a conoscere le speranze, le paure e le gioie. La
Chiesa evangelica della Polinesia francese rappresenta il
45% della popolazione di
quel territorio. Essa è dunque
ben visibile e conosciuta, e ha
un suo peso nella vita del
paese.
Le impressioni avute dai
culti in occasione dell’apertura e della chiusura del Consiglio, dalle visite alle comunità delle isole di Tahiti e
Morea nelle domeniche 27
giugno e 2 luglio e degli inviti a tutto il Consiglio da parte
di due comunità durante la
settimana, ci hanno dato l’impressione che quella chiesa
sia giovane (per età dei membri), vivace e ben frequentata
nelle sue diverse attività. Ma
è anche una chiesa chiamata
a affrontare con il suo popolo
seri problemi speciali del territorio quali la disoccupazione, la droga, l’alcol, l’Aids,
che colpiscono soprattutto la
fascia giovane della popolazione, la più numerosa.
Pescatori nell’arcipelago dei Tuamotu, a est di Tahiti
Questi problemi sono aggravati da uh’economia che
vede il territorio pesantemente dipendente dall’importazione di quasi tutti i beni di
consumo e la lenta e progressiva spoliazione dello stupendo ambiente naturale da parte
del grande capitale straniero,
che costruisce attrezzature ricettive di lusso per i turisti
ricchi, o mira allo sfruttamento spinto di risorse naturali
degli atolli (giacimenti di fosfato), con conseguente distruzione rapida del fragile
habitat e con poca o nessuna
ricaduta benefica per le popolazioni della Polinesia. A ciò
si aggiungano gli esperimenti
atomici da parte della Francia
(atollo di Muroroa), per ora
sospesi, e l’uso del Pacifico
come discarica di rifiuti nucleari da parte delle nazioni
industrializzate.
Qualcuno, nell’incontro fra
Consiglio Cevaa e Consiglio
della chiesa evangelica in Polinesia, ha chiesto: «Ma con
tutto questo carico di problemi come fate ancora a cantare
e a danzare, non è un tentati
vo di fuga dalla realtà?». La
risposta è stata: «No, non è
un tentativo di fuga, è la nostra forza nelle molte lotte
che siamo chiamati a affrontare».
I tempi di lavoro del Consiglio sono stati assorbiti molto
da questioni di carattere interno e poco da un confronto
aperto e sincero su problemi
comuni. Ne cito alcuni che
vengono appena accennati
nelle discussioni, senza che si
trovi mai il tempo per approfondimenti: le chiese e
l’Islam (di ciò però si parlerà
in un incontro apposito che
avrà luogo tra poco), le chiese e la Chiesa cattolica, le
chiese e le sette, le chiese e le
migrazioni, le chiese e le
donne e i giovani (il rapporto
del segretario generale uscente accennava alle strutture patriarcali delle nostre chiese),
e ancora Formai ricorrente
domanda di che cosa sia
l’animazione teologica.
Se anche solo un terzo del
tempo degli incontri del Consiglio fosse dedicato a uno di
questi temi, lo spirito della
Cevaa acquisterebbe consistenza e il confronto sarebbe
arricchente per tutte le nostre
chiese.
Un’importante decisione
del Consiglio è stata la nomina di una commissione sui diritti umani, che dovrebbe iniziare la sua attività a partire
dai primi mesi del ’94.
I problemi finanziari rimangono la preoccupazione
della Cevaa, sia che si tratti
del bilancio della struttura
centrale che della situazione
economica delle singole chiese (abbiamo appreso al Consiglio che anche la Chiesa
della Nuova Caledonia, oltre
ad alcune chiese africane, ha
difficoltà a pagare i propri
pastori e altri operatori).
Ma nonostante tutto le
chiese della Cevaa sono convinte che essa rimane ancora
uno strumento insostituibile e
sono determinate a mantenerlo vitale.
Scambio di
servizi
all'interno della
Cevaa
Sono richiesti i seguenti servizi:
Camerún: medico
con esperienza in oftalmologia; agronomo.
Benìn: agronomo.
Polinesia: giornalista.
È necessaria la conoscenza del francese.
Per informazioni tei.
al 0121/322009.
Si è svolto a Dublino un seminario della Federazione mondiale delle donne metodiste
«Sii tu la mia luce e la mia speranza»
LIDIA RIBET_________
jy e Thou my vision»
^ MJ (Sii tu la mia luce, la
mia speranza, la mia guida)
era il tema del convegno della
Wfmw (Federazione mondiale delle donne metodiste) che
ha riunito dal 26 al 30 agosto
al St Patrick’s College di Dublino 250 donne provenienti
dalle chiese metodiste dell’
area europea.
Speranza per la pace: uno
studio biblico sui testi di Marco 4. 35-41 e Marco 5, 1-43
invitava il credente a non separarsi dal mondo ma a lottare anche nel disordine e nel
caos con tutta la sicurezza e la
tranquillità che la fede può
dare.
Speranza di giustizia: per
quelle centinaia di migliaia
di bambini/e (dai 6 ai 14 anni) che vengono violentati e
portati nel giro della prostituzione.
Renate Bloem, rappresentante della Wfmw presso l’organizzazione deirOnu di Ginevra, ci ha presentato il
dramma di questi bambini
spesso venduti dai genitori
non sempre per fame ma per
adeguarsi allo standard di vita
europeo. Agenzie turistiche
dall’apparenza innocua organizzano regolarmente viaggi
promettendo «emozionanti
esperienze». Militari di .stanza
in Asia in cerca di nuove avventure fomentano questo tipo
di prostituzione. Il diffondersi
dell’Aids fa sì che i «clienti»
cerchino bambini/e sempre
più giovani.
L’Onu, rUnesco e le chiese
stanno cercando di fermare
questa vergogna ma i paesi
coinvolti bloccano ogni loro
iniziativa per paura di perdere
un mercato redditizio. La speranza è di togliere dal giro
molti di questi bambini e di
riuscire a reinserirli nella vita
normale. Le delegate al seminario hanno votato il seguente
ordine del giorno:
«Le delegate europee della
Federazione mondiale delle
donne metodiste, riunite al seminario di zona in Dublino
1) esprimono profonda
preoccupazione circa le notizie che giungono di cittadini
di paesi sviluppati che nei loro viaggi all’estero incoraggiano l'uso di bambini/e per
la prostituzione e per la pornografia;
2) affermano il loro impegno di sostenere i princìpi
della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dei bambini/e che vuole proteggere i
giovani dallo sfruttamento
sessuale;
3) chiedono agli organi governativi dei loro paesi di
esercitare un ruolo attivo nelle azioni organizzate a livello
internazionale per risolvere
questo problema e in particolare di esaminare i modi per
garantire che le persone
coinvolte in tale sfruttamento
vengano giudicati nei propri
paesi».
Andrea Siegrist, anche lei
rappresentante presso l’Onu,
ha presentato il problema degli anziani: il mondo moderno, con gli appartamenti
sempre più piccoìi e la vita
sempre più frenetica, ha fatto
.sì che non ci sia più posto per
gli anziani aU’interno della
famiglia costringendoli molto
spesso alla solitudine. 1 credenti devono farsi carico di
queste ingiustizie e adoperarsi
perché vengano corrette.
Molto interessante è stata
l’esperienza di partecipare a
gruppi nelle diverse chiese
metodiste della zona intorno a
Dublino. Ho avuto la fortuna
di essere con una comunità
che si è autodefinita come
«rigidamente wesleyana».
Simpatica è stata anche l’agape comunitaria che ha seguilo
il culto: mi sono sentita proprio a casa. Altre hanno avuto
esperienze diverse dal nostro
modo di essere chiesa, specialmente se erano andate in
grandi comunità di stile anglicano.
1 numerosi momenti di incontro sono sempre stati
interessanti, come conoscere
il lavoro delle chiese dell’Est
che con tenacia e molta fede
stanno rifomiando le loro comunità. Altri momenti erano
un po’ fuori delle nostre abitudini: ho trovato strano che
le meditazioni iniziale e finale fossero tenute da una suora cattolica in un incontro
metodista. E necessario tener
presente la grande importanza dei rapporti ecumenici
in Irlanda dove le chiese lottano per la riconciliazione e
la pace.
Una curiosità: non siamo
abituati a considerare il lavoro del clown come un «ministerio» ma devo dire che le
tre sorelle del «clown ministry» hanno saputo condurre
la serata del sabato come vere professioniste e darci uno
spettacolo veramente bello.
Anche la ricerca della gestualità e di un certo misticismo
sono elementi un po’ estranei
al nostro modo di essere
chiesa.
Questa è .stata un’occasione
per cono.scere le realtà delle
chiese e dei credenti di altri
paesi e per farci conoscere.
Abbiamo avuto anche l’occasione di incontrare ancora una
volta Dibbie, Elsi e Nancy
che avevano partecipato al
Congresso della Ffevm (Federazione femminile evangelica valdese e metodista) a
Santa Severa l’anno scorso.
Dal Mondo Cristiano
Ex Germania orientale; proteste
per i cappellani militari
WEISSENFELS — In Sassonia (ex Germania orientale)
sono ricomparsi i cappellani militari evangelici. Il primo, il
pastore Albrecht Steinhäuser, è stato insediato il 1° settembre
scorso. In un servizio religioso a Weissenfels, Steinhäuser ha
affermato che gli eserciti sono necessari perché «con la propria nonviolenza non si possono lasciare altri in balia della
violenza». «La realtà - ha aggiunto - non è ancora libera
dalla violenza, ancora vengono forgiate spade». Davanti alla
chiesa stazionavano molte persone contrarie all’istituzione dei
cappellani militari con cartelli su cui era scritto: «Non rafforzate l’esercito: disarmate» e «Meglio spendere 6 miliardi di
marchi per il pane nel mondo che 60 miliardi per mantenere
l’esercito». Metà dei partecipanti al servizio religioso era costituita da militari in uniforme.
Inghilterra: sessione
di formazione della Fiacat
LONDRA — La Fiacat (Federazione internazionale della
«Azione dei cristiani per l’abolizione della tortura») ha tenuto
a Londra una sessione di formazione. 50 delegati provenienti
da 30 paesi d’Europa, Africa, Americhe e Asia hanno discusso per quattro giorni sui problemi relativi all’educazione ai diritti umani. Le Acat nazionali hanno deciso di porre l’accento
sulla prevenzione della tortura nel mondo. Durante il Consiglio internazionale seguito alla sessione, la Fiacat ha accettato
l’affiliazione di quattro nuove Acat: il Burkina Faso, il Camerún, il Centrafrica e il Messico. Ha anche preso atto della richiesta di affiliazione di altri sei paesi. In una risoluzione, la
Fiacat chiama tutte le chiese cristiane a dire chiaramente che
la lotta contro la tortura è parte integrante dell’Evangelo. La
risoluzione chiede che le chiese invitino i propri membri a impegnarsi in azioni di sostegno alle vittime. La Fiacat chiede
inoltre a tutti i governi di ratificare senza riserva la Convenzione intemazionale contro la tortura e di aumentare il finanziamento e le altre risorse essenziali del programma dell’Onu
per i diritti umani e di lottare contro l’impunità di cui troppo
spesso usufmiscono i torturatori, creando una Corte penale internazionale.
Egitto: nuovo assassinio
di un cristiano copto
DAYRUT EL-CHERIF — Un professore egiziano di 50
anni, membro della comunità cristiana copta, è stato assassinato nella città di Dayrut el-Cherif, a 320 km a sud del Cairo;
il professore è stato ucciso mentre stava lasciando la propria
casa per recarsi a scuola. È stato probabilmente vittima dei
fondamentalisti musulmani che da alcuni anni lottano contro
la presenza cristiana in Egitto. D’altra parte due altri attentati
sono stati perpetrati contro cristiani copti e hanno causato la
morte di un poliziotto e il ferimento grave di un’altra persona.
Il numero di cristiani assassinati in Egitto dall’inizio dell’agitazione islamica, un anno e mezzo fa, ammonta a 36. Nello
stesso tempo 55 poliziotti sono stati uccisi.
Francia; 25.000 mormoni
PARIGI — Sarebbero 25.000 in Francia i membri della
«Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli ultimi giorni», vale a
dire i mormoni. Nell’ultimo congresso, che ha radunato 5.000
persone, è stato precisato: «Niente tabacco, niente alcol, niente psicofarmaci. Diffidare della droga e del sesso, ubbidire al
Presidente e ai magistrati e pagare la decima».
Botswana: traduzione moderna
della Bibbia
GABORONE — Tre quarti della popolazione del Botswana (1.400.000 abitanti circa) appartiengono alla tribù Setswana, dove l’indice di alfabetizzazione è fra i più alti dell’Africa: oltre il 70%. Sin dal 1857 esiste una traduzione della Bibbia nella lingua locale, revisionata all’inizio del secolo e ormai obsoleta. Vent’anni è durato il lavoro per produrre una
versione purificata dagli arcaismi, da alcuni errori evidenti e
soprattutto per riadattarla alla nuova ortografia adottata nel
paese, quella che è seguita ormai da anni nelle scuole. Dal suo
iancio, avvenuto nell’agosto del 1992, alla presenza del presidente della Repubblica, già 16.000 copie della nuova versione
sono state vendute in Botswana e nel vicino Sud Africa e si ritiene che altre 9.000 saranno vendute entro l’estate del 1994.
L’accuratezza della traduzione fa di questa Bibbia un elemento culturale di primaria importanza per il paese e la sua introduzione nelle scuole la renderà familiare alle nuove genera
zioni.
Palmares dei luoghi
di pellegrinaggio religioso
LOURDES — Con 5,5 milioni di visitatori l’anno, Lourdes
è il primo luogo di pellegrinaggio nel mondo. Seconda Rom<L
con 5 milioni. Seguono Padova (2 milioni) e Gerusalemme (2
milioni). La Mecca e Fatima accolgono un milione di persone
ogni anno.
3
\/FNERDÌ 15 OTTOBRE 1993
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PAG. 3 RIFORMA
li
Di ritorno dal paese del Corno d'Africa dopo l'indipendenza
Viaggio nell'Eritrea di oggi:
la Chiesa copta e l'IsIam
CESARE MILAWESCHI
Una descrizione dell’atteggiamento con il quale
rEritrea vive il momento storico attuale non sarebbe esauriente se non si rilevasse a dovere la dimensione religiosa
del «sentire» della sua popolazione e se non ci si chiedesse cosa passa neU’animo
degli eritrei quando il suono
delle campane si incrocia con
la voce dei muezzin che proviene dai minareti.
I drammi del passato sono
visti allora come croce e martirio, e la ricostruzione come
un futuro escatologico, creato
da Dio più che dagli uomini.
La Chiesa copta , che conta
circa un milione e mezzo di
fedeli, è la confessione religiosa più numerosa dell’Eritrea. Seguono l’Islam che
conta una popolazione poco
superiore al milione, la Chiesa cattolica di rito etiopico
con circa centomila persone e
la Chiesa evangelica dell’Eritrea, sorta circa centotrent’anni fa per iniziativa della Missione luterana svedese, che
conta poco più di cinquemila
membri, ma attorno alla quale
fa riferimento una popolazione di quasi diecimila persone.
La Chiesa copta
La Chiesa copta è anche la
più antica, se si eccettuano i
pochi animisti che ancora rimangono. La sua origine risale ai primi secoli del cristia
nelle sue modalità ha non poche somiglianze con la fine
del Ramadan dei musulmani.
Il vescovo Philippos, proveniente dal Monastero del Bizen, a circa 50 chilometri da
Asmara, fin dalla fine degli
anni ’80 si distinse per il suo
coraggio nel protestare contro
l’oppressione e i massacri
perpetrati dal governo di
Menghistu. Nei primi mesi
del 1990 destarono grande
impressione i suoi attacchi
contro il generale Tesfayé
Ghebrekidan, governatore
dell’Eritrea per conto di Menghistu, che Philippos qualificò
come assassino e sanguinario.
In seguito si è sparsa la voce
che fosse stato lo stesso generale Tesfayé a proporre la
consacrazione episcopale di
Philippos, per ridurlo al silenzio con la concessione di un
onore invece di fame un martire con una condanna al carcere o con la morte.
Comunque, Philippos fu
consacrato vescovo dal patriarca Merkorios (il patriarca
di Addis Abeba sostenuto da
Menghistu) nell’ottobre 1990,
e gli fu affidata la cura pastorale di tutti i monasteri della
Chiesa etiopica. Giunse poi
ad Asmara il 19 giugno 1991,
circa un mese dopo la liberazione. Essendo stato accolto
dal Sinodo di Asmara, è restato in questa città quale unico
vescovo copto di tutta l’Eritrea in attività pastorale. Ora
sta riorganizzando la Chiesa
Asmara: un prete copto davanti alla chiesa di San Francesco
nesimo ed è stata sempre in
stretta comunione con il Patriarcato di Alessandria, che
fino ai primi decenni di questo secolo forniva alla Chiesa
di Etiopia un proprio vescovo
in qualità di Patriarca.
La caratteristica di questa
chiesa, che è insieme la sua
forza e la sua debolezza, è il
radicamento nella propria tradizione. Una scelta nel senso
di questo radicamento è stata
compiuta in tempi recenti per
opera del Sinodo copto di
Asmara, quando ha eletto come proprio vescovo il monaco
Philippos e ha rifiutato il vescovo progressista Makharios,
noto per le sue propensioni
per l’ecumenismo e il rinnovamento delle antiche tradizioni ecclesiastiche.
Del resto l’attaccamento alla tradizione è per molti
aspetti l’anima stessa della
Chiesa copta, come di altre
chiese ortodosse. Presso le
chiese di Asmara non è difficile vedere persone di tutte
le età, uomini e donne, che
baciano i muri e le porte con
l’implicita convinzione che
quella sia la casa di Dio: spazio sacro e luogo di purificazione. Altro elemento di
tradizione è il digiuno, che in
genere precede le ricorrenze
principali come Natale e Pasqua, e si conclude con una
giornata di festa popolare che
copta in vista del completamento del processo di autocefalia che si concluderà con
l’elezione di un vescovo per
ogni regione e di un patriarca
per tutta l’Eritrea.
Nel frattempo Philippos si è
circondato di collaboratori efficienti e fedeli, fra cui l’amministratore Abuna Habte.
Costui, richiesto di notizie sul
vescovo Makharios, dice di
non sapere né il suo indirizzo
né quale sia il suo compito in
questo momento; asserisce
solo che Makharios (che fra
l’altro ha ricevuto la consacrazione episcopale dal Patriarca di Alessandria) non è
posto a riposo, e che il suo telefono si può avere tramite
l’Ufficio Telecomunication.
In realtà i settori più progressisti della Chiesa copta
sperano che, con il sostegno
del governo eritreo e dell’attuale Patriarca di Addis
Abeba Paulos, originario del
Tigrai, a Makharios venga assegnata una sede episcopale
di prestigio e sia pienamente
riabilitato nella sua funzione
pastorale. Quanto a sé, Philippos non disdegna l’ipotesi di
essere eletto Patriarca della
Chiesa autocefala dell’Eritrea,
e lo dimostra con l’accelerazione impressa al processo di
autocefalia: «Dal momento
che VEritrea è una nazione
sovrana, anche la chiesa
dell’Eritrea è una chiesa autocefala, ed ha un’amministrazione propria». Di conseguenza anche reiezione del
Patriarca sarà imminente:
«Fra tre o quattro mesi... forse il prossimo gennaio», afferma Philippos.
In materia di rapporti fra le
confessioni cristiane, le posizioni di Philippos riflettono
l’esperienza passata della sua
chiesa. La sua memoria, parlando con un italiano, ritorna
all’approvazione della «campagna d’Etiopia» del 1935 da
parte di Pio XI, e ritiene che
la Chiesa cattolica sia stata
«sempre quella che ha recato
offese e creato problemi; non
ha mostrato nessuno spirito di
fratellanza».
Unità delle chiese
Tuttavia, nell’ambito più ristretto del territorio eritreo, il
vescovo non manca di rilevare la buona collaborazione
esistente oggi fra la Chiesa
Ortodossa, la Chiesa cattolica
e la Chiesa evangelica, collaborazione che si esprime in
particolare in un progetto comune di insegnamento religioso nelle scuole pubbliche,
che le tre confessioni gestiscono insieme su invito del
governo, e che ha un progetto
parallelo elaborato dai musulmani. Philippos crede possibile anche una futura unità delle
tre chiese, ma solo «quando
Dio lo vorrà». Per il momento, l’unica sua preoccupazione è che «l’annuncio delVEvangelo raggiunga tutti i
membri della chiesa» perché
abbiano come preoccupazione
principale il compimento della volontà di Dio e siano garantiti dal rischio di deviazione rappresentato da
nuovi messaggi religiosi, quale quello dei Testimoni di
Geova.
Per il resto, la tradizione e
la prassi consolidata della
Chiesa copta si identificano,
secondo il vescovo, con la volontà di Dio e le esigenze di
rinnovamento, o quelle di
confrontare la propria teologia
e la lettura della Bibbia con
quelle attuate da altre chiese,
sono preoccupazioni che non
10 riguardano. Anzi, evita
esplicitamente di rispondere a
domande su questi temi. Maggiore sensibilità dimostra, al
contrario, sul tema dei rapporti fra chiesa e stato. Durante il
regime di Menghistu, «il massacro del popolo è stato anche
11 massacro della chiesa», ricorda il vescovo, mentre ora
«il popolo eritreo gode di una
pace serena», e la chiesa collabora intensamente con il governo nel processo di ricostruzione del paese.
L'IsIam e lo stato pluralista
Vorrei descrivere la realtà
dell’Islam, poco conosciuta e
allo stesso tempo oggetto di
equivoci e pregiudizi, attraverso la parola del segretario del Centro culturale islamico di Asmara, Abduselam
Ahmed Saleh. Richiesto di
descrivere l’atteggiamento
con cui la comunità islamica
dell’Eritrea vive questo momento storico, Abduselam
espone anzitutto la generosità
con cui intorno alle ventotto
moschee dell’Asmara si è
creato un grande impegno per
la ricostruzione. Oltre a notevoli offerte in denaro, sono
stati raccolti cinquanta bidoni
di datteri per gli orfani dei caduti in guerra; le pelli degli
animali ammazzati per la fe
Asmara: un gruppo di donne in festa davanti a un seggio elettorale
sta che pone fine al digiuno
del Ramadan (per un totale di
2.500 pelli di capra e di pecora) sono state donate a favore
dei ciechi (per lo più ciechi a
causa della guerra); in tutto il
paese sono stati inviati numerosi esperti in lingua araba per
preparare la parte araba delle
carte di identità, dato che in
Eritrea i documenti personali
sono bilingui: in tigrino e in
arabo. Ma il contributo più significativo che i musulmani
danno al paese, insieme a tutti
gli eritrei, è il forte senso di
solidarietà che comunicano
alle giovani generazioni, in
modo che la comunità islamica non viva separata dall’insieme della popolazione eritrea, e all’esterno non sia vista
come una realtà «diversa»,
ma sia vista come realmente
vuole essere, cioè pienamente
integrata: «Di fronte alla patria non esiste il cristiano o il
musulmano. Sappiamo di essere solo dei fratelli...Cristiani e musulmani, siamo morti
per uno stesso ideale: la liberazione e la pace; tutti, senza
distinzione, abbiamo pagato
un caro prezzo, e il ricordo di
quel sacrificio terrà unita
l’Eritrea».
La comunità islamica
Alla comunità islamica, prima della liberazione, era stato
impedito perfino di eleggere il
proprio massimo rappresentante, il muftì. Finalmente, nel
corso del 1992, questa elezione è stata possibile, e ora i
musulmani eritrei hanno il loro muftì nella persona dello
sceicco Alamins Osman Alamin. Oggi la comunità islamica, che ha ritrovato la possibilità di un’organizzazione interna libera oltre che una piena libertà di azione, si identifica profondamente con la
realtà del paese e fa proprie le
istanze principali della politica governativa. Escluso in
partenza ogni rischio di estremismo, i musulmani eritrei si
inseriscono nella società con
atteggiamento pluralista e con
precisa volontà di collaborare
con tutti coloro che sono impegnati nello stesso scopo.
«Noi siamo anzitutto eritrei
- afferma Abduselam - e siamo chiamati dal nostro governo a formare i nostri figli perché siano eritrei in tutti i sensi e a comunicare loro la volontà di essere uniti, affinché
facciano tesoro del sangue
versato per l’unità e la libertà
del popolo eritreo». Prosegue
il segretario del Centro islamico: «Noi (eritrei, cristiani e
musulmani insieme), siamo
uguali, e ci sentiamo in tutto
un’unica comunità umana. Il
popolo eritreo è unito: prima
ancora di essere islamico o
cristiano, è un popolo unico
(...). E siamo sicuri che il nostro governo sarà sempre più
stabile perché ha alla sua base l’unità del popolo».
Adbuselam assicura che i
musulmani accettano to
talmente la composizione del
governo e che non mirano affatto a candidare un musulmano per la poltrona di Isaias
Afeworki: «Non possiamo dire che al posto di Isaias ci
vorrebbe un musulmano, perché sono tutti nostri figli...
Non c’è motivo di pensare a
preferenze o ingiustizie, anche se la composizione del
governo fosse diversa (quella
attuale infatti è paritaria,
ndr.).’ sarebbe un tradire il
sangue dei nostri figli».
Le interrelazioni
La liberazione dell’Eritrea e
la fine del regime di Menghistu per i musulmani hanno significato anche la possibilità
di più stretti legami con i musulmani dell’Etiopia. Infatti
Menghistu diceva ai militari
cristiani che l’Eritrea era occupata dagli arabi e che dovevano sacrificarsi per liberarla;
ai militari musulmani diceva
che questa terra, una volta liberata dagli stranieri, l’avrebbe data a loro. «Ma quando i
militari arrivavano qui e tro
vavano non gli arabi ma il
popolo eritreo, si sentivano
beffati e molti disertavano continua Adbuselam -. Oggi
con i musulmani dell’Etiopia
ci sentiamo fratelli, rispettandoci a vicenda nelle nostre
nazionalità. Cerchiamo anche
di sanare le piaghe del passato, perché i nostri due popoli
non avevano intenzione né di
distruggersi a vicenda né di
combattersi in guerra: questa
fu voluta solo dal governo
etiopico. E oggi, passata la
tragedia, ci sentiamo due popoli amici che si aiutano a vicenda nella ricostruzione».
Con questa affermazione,
Abduselam vuol fugare anzitutto ogni dubbio circa l’impegno islamico per la causa
nazionale: «Voglio far sapere
che noi siamo eritrei e la nostra storia è la storia dell ’Eritrea: non siamo arabi, non
possiamo e non vogliamo diventarlo. E nemmeno vogliamo essere dominati dagli arabi... Siamo orgogliosi della
nostra cultura e della nostra
storia, e vogliamo contribuire
Germania: è una pastora dell'Assia
La cappellana militare
Il 1° settembre la pastora
Ruth Drach-Weiker, di 30 anni, è stata nominata cappellana militare nell’esercito tedesco. È la prima donna che in
Germania riceve quest’incarico: la Chiesa evangelica
dell’Assia-Nassau, da cui la
pastora dipende, l’ha «prestata» per un massimo di otto
anni alle forze armate.
L’idea di diventare cappellano militare era venuta alla
pastora Drach-Weiker dopo
aver fatto un tirocinio in caserma. Dopo gli studi di teologia a Giessen e Tubinga e il
periodo di vicariato si interessò per sei mesi del problema
dell’assistenza spirituale ai
militari, che nel frattempo era
diventato un pomo della discordia nelle chiese evangeliche, senza lasciarsi intimidire
dalle polemiche.
Il decano della quarta zona
militare della Germania (Assia, Sarre e Renania-Palatinato) e il suo vice hanno dichiarato che non ci sono problemi
per il fatto che una donna abbia assunto quest'incarico.
«Non è una questione di sesso - ha detto il decano -;
quello che conta è che la persona sia adatta a questo compito». Tuttavia ci sono state
delle perplessità: negli uffici
della Chiesa evangelica che si
occupano dell’esercito e nel
ministèro della Difesa non
c’era molto entusiasmo
all’idea che accanto ai 130
cappellani si inserisse una
cappellana nel tenere i servizi
religiosi e nell’assistere i giovani soldati; le preoccupazioni sono però svanite presto. Alla conferenza generale dei cappellani militari,
che ha avuto luogo la scorsa
primavera, il sottosegretario
alla Difesa, Michaela Geiger
(cristiana sociale) ,ha detto di
essere certa del consenso dei
soldati.
Sulla base della sua esperienza la pastora è sicura di
non incontrare difficoltà in un
settore fino a poco tempo fa
esclusivamente riservato agli
uomini, che però già aveva
aperto le porte alle soldate
nella sanità. Né si preoccupa
della sorpresa che può suscitare la presenza di una donna
in caserma anche perché la
maggior parte dei militari ha
famiglia. E proprio i problemi
che queste famiglie devono
affrontare a causa della ristrutturazione delle forze armate saranno oggetto della
sua attenzione.
Ruth Drach-Weiker è sposata e ha un figlio di tre anni.
Dopo alcuni giorni passati
all’ufficio ecclesiastico per
l’esercito, a Bonn, è stata per
un paio di settimane alla
guarnigione di Magonza ed è
stata quindi inviata alla caserma di Spira, con cura anche di due altre caserme della
zona. Finito il periodo di prova la pastora assumerà ufficialmente il suo incarico e
verrà consacrata cappellana
militare in un’apposita cerimonia religiosa.
4
PAG. 4 RIFORMA
Vita Delle Chiese
VENERDÌ 15 OTTOBRE I993
Insediamento del nuovo pastore della Chiesa metodista di Ponticelli
Chiesa valdese di Mantova
La missione della chiesa e l'opera di Dio Ultimato il restauro
GIANCARLO RINALDI
Domenica 3 ottobre alle
ore 11, nella chiesa metodista di Ponticelli (Napoli), ha
avuto luogo il culto di insediamento del pastore Sergio
Aquilante. Nel corso della cerimonia, presieduta dal past.
Giovanni Anziani, hanno preso la parola numerosi pastori e
responsabili di opere per
esprimere il loro affetto e la
loro solidarietà ad Aquilante,
già ben noto e atteso nel suo
nuovo incarico. Il moderatore
della Tavola valdese, Gianni
Rostan, ha espresso con convinzione l’importanza che riveste l’area intorno a Napoli
nella «strategia» di servizio e
di testimonianza di tutto
l’evangelismo italiano.
Il pastore Martelli, in qualità
di presidente dell’Opcemi, ha
dichiarato che l’opera di evangelizzazione che si va ad incrementare nella zona, e che è
diretta non solo all’esterno ma
anche all’interno delle comunità, si basa in ultima analisi
sulla necessità di un rapporto
personale con Dio. Le sorelle
Pagano e Scorsonelli, delle
chiese valdesi e metodiste di
Napoli, hanno dichiarato la
piena solidarietà delle loro comunità all’opera che Aquilante sta per intraprendere. Il pastore pentecostale Cristallo ha
ricordato ai presenti che spetta
alla comunità sostenere in
ogni senso il suo ministro e
che l’evangelizzazione ha luogo solo quando sono tutti ad
essere coinvolti facendo la loro parte, esercitando i loro doni e fidando nell’adempimento
delle promesse di Dio.
Nei suo sermone, come
sempre profondo e per certi
tratti sofferto, il pastore ha ricordato che l’opera di testimonianza dei metodisti nel Napoletano non è certo nuova. Basti dare uno sguardo alle tante
iniziative e opere che da tempo più o meno lungo hanno inteso concretizzare nel sociale
l'ansia di salvezza e di santifi
II pastore Sergio Aquilante predica alla chiesa di Ponticelli
cazione che pervade la predicazione evangelica secondo lo
stile metodista.
L’idea dominante rispecchiata nel sermone (ma anche
in tutti gli interventi e nel culto nel suo complesso) non era
certo quella del semplice
«benvenuto» al nuovo pastore,
bensì la richiesta di speciali
benedizioni da Dio e di sostegno da parte dei fratelli per
un’opera di evangelizzazione.
Sì, la persuasione di Aquilante non è quella di gestire
l’ordinaria amministrazione di
una comunità, bensì quella di
predicare la salvezza ai non
credenti e santificazione a chi
ha creduto. Questo messaggio,
a Ponticelli (ma direi, anche in
tutti gli altri posti), suona
chiaramente anche come proposta di riscatto e di rinnovamento radicale per quelle masse che vivono oggi nella più
totale incertezza e precarietà.
Aquilante, partendo da una
lettura di 1 Corinzi 1, 23-24,
ha denunciato le particolari
difficoltà nelle quali va a inserirsi la predicazione evangelica in questa zona del Napoletano. In realtà i «giudei» e i
«greci» del nostro testo biblico possono essere fatti corri
Centro evangelico battista di Rocca di Papa
Buon successo dei campi estivi
________PAOLO MARZIALE_________
Quest’anno i campi estivi
di Rocca di Papa si sono
svolti in una cornice alquanto
diversa rispetto agli altri anni,
infatti il Centro, durante l’inverno e la primavera, era stato ristrutturato nel suo corpo
centrale, quello formato prima dalle camerate e ora modificato in tante camerette
con bagno incorporato, fornito di docce e acqua calda.
Questa modifica strutturale
ha reso il Centro più funzionale sia per i ragazzi che per
gli adulti. Ora ha tutte le carte
in regola, come si dice, per
ospitare anche famiglie e anziani con tutti i comfort del
caso.
Un grazie all’arch. Paolo
Landi che ha preparato il progetto di ristrutturazione (lo
stesso architetto fu anche
l’autore del progetto iniziale
del Centro); alla ditta che ha
eseguito con maestria i lavori; al Movimento missionario
evangelico battista gestore
del Centro (tramite l’infaticabile diaconessa Vera Marziale), che si è fatto carico del
reperimento dei fondi necessari la cui raccolta è ancora in
atto per far fronte ai prestiti
ricevuti; aH’ufficio tecnico e
al Comitato esecutivo dell’
Unione battista che hanno seguito tecnicamente e garantito
finanziariamente l’opera di ristrutturazione.
Ora le chiese batti ste italiane e le chiese evangeliche tutte hanno nel Centro battista di
Rocca di Papa un meraviglioso luogo di incontro: rinnovato, ben attrezzato e ospitale
per ragazzi, giovani, famiglie
e anziani, immerso nel verde
dei castagni, con un’aria veramente salubre. Ci auguriamo
quindi che il Centro venga
frequentato e utilizzato al meglio, come effettivamente merita.
I campi estivi 1993 sono
stati ben frequentati nell’insieme e sono risultati positivi,
sia per quanto riguarda gli
studi e l’attività svolta, sia per
la socialità e la fraternità di
cui si è goduto. Non sono
mancati i «lacrimoni» ad ogni
chiusura di campo. Bisogna
anche dire che il campo «single» e quello degli anziani
non hanno avuto molte presenze, comunque sono stati
ugualmente interessanti e vivaci.
Chi scrive ha condiviso con
il prof. Maurizio Girolami la
direzione del campo «giovanissimi», che si è svolto dal
12 al 24 luglio sul tema del
personaggio M. L. King. Erano presenti i giovanissimi dal
Nord, dal Sud e dal Centro
Italia, con un’età media intorno ai 14-15 anni, ben affiatati
tra loro. Il campo ha avuto
una sua peculiarità nel fatto
che i giovani campisti non
sono stati guidati da monitori
(come negli altri campi), ma
quelli di loro più avanti negli
anni hanno svolto responsabilmente tale ruolo dall’interno del gruppo.
L’interesse e la partecipazione alla vita comunitaria, al
canto, agli studi biblici e, ovviamente, al tema specifico
del campo «King: evoluzione
del suo pensiero e delle sue
iniziative», sono andati man
mano crescendo. Coinvolgente e interessante è risultato il
confronto animato tra M. L.
King e Malcom X, impersonati da due simpatiche figure
del campo. Degno di nota e
rallegrante è stato il fatto che
ben 16 campisti, dopo una serie di studi biblici dialogati,
hanno avvertito la necessità
di rispondere a quello che
Dio aveva messo nel loro
cuore: servirlo attraverso la
loro vita nei vari ambiti dei
ministeri della chiesa e in
quelli del volontariato.
spondere senza troppe forzature ai «religiosi» e agli «uomini
di pensiero» odierni. I primi,
numerosi e fin troppo zelanti,
predicano e praticano culti incentrati sul miracolistico spicciolo e su devozioni mariane
per le quali l’idea del castigo
prevale su quella del perdono
e della conversione di evangelica memoria.
In realtà, non possiamo fare
a meno di convenire, secoli di
tale cattolicesimo «controriformistico» non sono riusciti
qui a far riflettere in questo
popolo tanto «devoto» quelle
idee di responsabilità individuale, di santità sociale, di etica del lavoro per la cui mancanza, anche, soffriamo. D’altro canto i «greci», cioè gli
«uomini di pensiero», guardano dall’alto in basso, oggi come allora, la croce di Gesù e il
suo messaggio di salvezza e di
liberazione. La conclusione è
che gli evangelici di Ponticelli
saranno «un corpo estraneo»,
che trasgredisce le regole della
religione del potere e del prodigio e che induce al sorriso
gli aristocratici dell’intelletto.
Ci sarebbe dunque da esse
pessimisti se si considerasse la
nostra missione come un com
pito umano. In realtà bisogna
persuadersi che questa non è
la nostra missione, ma è 1’
opera di Dio. Il mandato che
Dio stesso ha voluto affidare
ai «minimi» e agli emarginati,
a quella gente cioè la cui forza
non è né il numero né il potere
umano bensì la grazia di Dio
che sovrabbonda dove il peccato è abbondato e che si traduce nella concretezza di un
amore incondizionato per il
prossimo.
L’inno di chiusura, Innalzate il vessil della croce, ha voluto esprimere nella commozione generale quell’idea chiara sin dal primo momento:
l’opera del pastore Aquilante e
della comunità metodista di
Ponticelli intendono promuovere, secondo l’autentica tradizione del metodismo, un movimento piuttosto che una chiesa; il tutto finalizzato alla diffusione di una novella buona,
tanto buona da offrire segnali
di speranza per chi, anche nel
disagio quotidiano di Ponticelli, si adopera per la pace e per
il bene del paese.
Noi consideriamo lo spirito
e le prospettive di questa cerimonia di insediamento come
una promessa solenne fatta
non solo da un ministro, ma
anche da un popolo intorno a
lui riunito in preghiera e testimonianza; una promessa di
esser fedele a un compito affidato rivolta non solo agli uomini ma principalmente a Dio.
Quanto alla risposta di Dio,
alla sua promessa, si era tutti
certi, domenica 3 ottobre, che
il Signore sarebbe stato fedele. Questo è un contributo che
ci si aspetta oggi dal metodismo, a Ponticelli come a Napoli e come in tutta Italia. Sì,
è possibile «nascere di nuovo», è possibile lasciarsi modellare «a sua immagine e somiglianza».
Questo messaggio è l’eredità di Gesù ai suoi credenti,
pervenuta da Wesley al popolo chiamato metodista.
Rapallo
Un nuovo
battesimo
Domenica 4 ottobre la piccola ma vivace Chiesa evangelica di Rapallo ha vissuto
momenti di gioia e di ringraziamento a Dio per la prima
riunione battesimale ospitata
nel locale di culto (per i precedenti battesimi si era unita
alla Chiesa battista di Chiavari utilizzando quel battistero).
Fra canti di lode e di gioia cristiana, ha reso la sua testimonianza il giovane medico Fabrizio Giuffra, che è il primo
frutto dell’evangelizzazione
che il piccolo gruppo porta
avanti coraggiosamente nella
città di Rapallo. Il pastore Enrico Reato ha amministrato il
battesimo e ha distribuito il
pane e il vino della Santa Cena, mentre il pastore Franco
Scaramuccia, presidente dell’
Unione battista, di cui la chiesa è membro, ha predicato la
buona notizia dell’amore di
Dio per il mondo, che si manifesta in Gesù Cristo morto e
risuscitato per i nostri peccati.
Dopo il culto un’agape fraterna ha riunito tutti i presenti,
concludendo nella condivisione una giornata di grande festa per il piccolo gruppo rapallese, che legge in questi
eventi la mano di Dio che lo
guida, lo sostiene e lo conduce secondo la sua volontà.
La facciata della chiesa valdese di Mantova si presenta, dopo il restauro, in tutto il suo splendore. Con il contributo della
Tavola, della Provincia di Mantova, offerte di parrocchie e offerte singole si è potuto rifare il tetto e la facciata, non tanto
per abbellirla ma perché pericolante. Infatti dal «timpano» si
staccavano pezzi di mattone mettendo in serio pericolo Tincolumità dei passanti e degli stessi frequentatori del tempio. Ora
siamo in attesa di eventuali contributi e offerte per completare
il restauro interno e la foresteria.
Chiesa valdese di Pachino
Chi parte... chi arriva
Domenica 29 agosto la pastora Paola Benecchi, visibilmente commossa, ha condotto
per l’ultima volta il culto nella
nostra chiesa. Il tempio era
gremito di fratelli e sorelle
che volevano starle vicino non
solo per salutarla ma anche
per ringraziarla del proficuo
iavoro tra noi che purtroppo
ha dovuto interrompere per
trasferirsi con il marito, John
Hobbins, e il piccolo Giovanni a Madison WI, negli Stati
Uniti d’America. La corale,
per l’occasione, ha cantato un
inno appositamente preparato.
A Paola Benecchi va il merito di aver stimolato la collaborazione di sorelle e fratelli
interessati a specifici settori,
permettendo una responsabiiizzazione di tutti, come è
giusto che sia nella chiesa. In
questo senso a lei resteranno
legate alcune iniziative che,
come comunità, ci hanno visto particolarmente impegnati
negli ultimi due anni. Penso
in primo luogo all’evangelizzazione nei vari quartieri della città, tramite studi biblici,
con la partecipazione di molti
«estranei». Ma anche alla nascita di un gruppo-teatro;
all’impegno di alcune sorelle
nel seguire una bambina svegliatasi da un coma durato alcuni mesi; alla formazione di
un gruppo corale, abilmente
condotto da Giusi Valvo e attivo nel corso di culti, matrimoni e occasioni particolari;
alla rinascita dell’Unione giovanile e dell’attività femminile con la partecipazione di
numerose sorelle che, oltre
allo studio di alcuni libri della Bibbia, hanno affrontato
argomenti di attualità mediante anche la lettura di opere della Claudiana, visitato
con regolarità sorelle e fratelli ammalati e si sono occupate dell’organizzazione di aga
pi e della ospitalità in svariate
circostanze. A Paola dunque
un grazie da tutti noi; alla famiglia Hobbins l’augurio di
una felice permanenza in
America sotto lo sguardo del
Signore e un affettuoso arrivederci a Pachino.
II 14 settembre sono giunti
tra noi Dino Magri e la sua
famiglia. Magri ha iniziato
subito il suo lavoro e, coadiuvato dal Consiglio di chiesa,
ha già organizzato le varie attività, sia a Pachino che nella
diaspora, che inizieranno nella prima settimana di ottobre.
A Dino, a Daniela e Andrea
la comunità dà un caloroso
benvenuto ed esprime loro solidarietà fraterna e l’augurio
di un efficace e duraturo lavoro tra noi.
Fcei
In aiuto
all'India
Il Consiglio ecumenico
delle chiese (Cec) si è mobilitato, in accordo con le
agenzie intemazionali cristiane di soccorso, per inviare aiuti immediati nelle
zone colpite dal terremoto
nell’India sud-occidentale,
nella notte tra il 29 e il 30
settembre.
La Federazione delle
chiese evangeliche in Italia si associa aU’iniziativa
del Cec: eventuali contri*
bufi in denaro possono essere versati sul conto corrente postale n, 3801^2
intestato a Federazione
delle chiese evangeliche in
Italia, via Firenze 38,
00184 Roma, specificando
nella causale «prò terremotati dell’India».
5
1/fNF.RDÌ 15 OTTOBRE 1993
Vita Delle Chiese
PAG. 5 RIFORMA
PER L'INIZIO DELLE SCUOLE DOMENICALI
DIO
NON SI STANCA
CARLO GAY
Ottobre è per le nostre famiglie un mese di importanti decisioni: per le madri e
i padri, per i figli, per i pastori, gli insegnanti, i monitori.
La scuola domenicale è per
gli uni un laboratorio, un semnario, per altri un culto fatto di preghiera e di canto, o
un pre-culto... Diversi fattori
pesano, oggi come ieri, sulla
sua organizzazione: fattori
spirituali, religiosi ma anche
non teologici, fattori ambientali, sociali, storici, familiari.
Anche le scuole domenicali
hanno una storia, parallela
all’evoluzione della scuola.
Ma l’istituzione, nell’attuale
configurazione, ha i suoi inizi
in Inghilterra nel 1782, ad
opera dell’editore Robert
Baikes di Gloucester, e trova
nel secolo XIX la sua più forte espansione in Gran Bretagna e nell’America del Nord.
A questo compito uomini e
donne di tutti i ceti, laici e pastori, si consacrano. Alti magistrati, professori universitari, medici, alcuni presidenti
degli Stati Uniti e della Camera dei Lord sono stati ottimi monitori, e non solo per
aver voluto evitare predicazioni noiose di professionisti
della parola, pastori o predicatori locali che fossero.
Dante Alighieri aveva certamente il carisma di un pedagogo di alto livello. Non è
inutile ricordarne alcuni versi:
«Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come
bruti,
ma per seguir virtute e conoscenza»
(Inferno, XXVI).
«Non disse Cristo al suo
primo convento:
“Andate e predicate al
mondo dance
ma diede lor verace fondamento»
(Paradiso, XXIX).
«Per questo l’Evangelio e i
dottor magni
son derelitti, e solo ai Decretali
si studia, sì che pare a’ lor
vivagni»
(Paradiso, IX).
La scuola domenicale serve
dunque per conoscere l’Antico e il Nuovo Testamento.
Anche per la nostra genera
CHIESA EVANGELICA
LUTERANA fN ITALIA
Comunità di Genova
125esimo
anniversario
della presenza
Programma
Sabato 16 ottobre, ore
17, Salone delle Compere, Palazzo S. Giorgio, via della Mercanzia, 2: relazione dr.
Wolfgang Krogel «125
anni di Comunità
evangelica-luterana
di Genova allo specchio del nostro archivio» (in lingua italiana).
Segue ricevimento
Domenica 17 ottobre,
ore 10,30, chiesa evangelica di Nervi, via
Gapoiungo, 18: culto
celebrativo (in lingua
tedesca).
Roma: culto di insediamento
Chiesa francofona
uno^ anzi due pastori
zione è importante che vi sia
almeno una conoscenza letterale e letteraria di questi libri.
Essi fanno parte della nostra
cultura: accanto alla geografia, alle matematiche, alle
scienze naturali, alla musica e
al canto. Non possiamo fare
della cultura biblica una cultura di secondo grado.
I testi devono essere veduti
criticamente. Per secoli li abbiamo considerati in modo
acritico. Il monitore e il pastore devono incontrare la Parola di Dio come normale parola umana. Questa esigenza
diventa oggi un’esigenza esistenziale: sono sempre più
frequenti gli incontri con ragazzi di diverse confessioni
cristiane da un lato, e gli incontri con famiglie di altre religioni dall’altro. Il mondo diventa sempre più piccolo, riscopriamo che rincontro può
diventare scontro, motivo di
guerra o di incomprensioni.
L’assemblea milanese indetta dal cardinal Martini per
un dialogo interreligioso ha
avuto come scopo di indicare
la possibilità di combattere il
fondamentalismo, o la superstizione, o comunque gli
equivoci che possono germogliare anche e proprio nel
campo religioso. Vi sono paesi che, per intolleranza o
ignoranza, vivono in un antagonismo sempre più aggressivo: Jugoslavia, Irlanda, Sudan sono esempi da non sottovalutare. A Milano, come a
Assisi, la pace è stata indicata
come un fine primario, perché dinanzi a un mondo sempre più laico e secolarizzato, i
credenti non continuino a dare uno spettacolo poco brillante. Noi non sappiamo che
cosa ci sarà ammannito domani: possiamo essere chiamati a vivere in zone contrassegnate da un clima interrazziale o da una situazione fortemente razzista, in ambienti
liberali o illiberali. E i ragazzi
possono domani lavorare in
altri continenti, con problemi
diversi.
Per queste ragioni invitiamo gli adolescenti a non disertare le loro scuole domenicali; per meglio conoscere la
propria identità e per sapere
con chi vivranno. Le chiese
hanno da tempo curato gli
strumenti per la loro formazione: riviste, commentari biblici, culti, convegni. Vi sono
preparate le nostre comunità?
Non sempre possiamo rispondere positivamente. Può avvenire che le scuole domenicali diventino le cenerentole,
un fallimento. Invece di un
terreno di maturazione possono divenire una terra sterile,
un esercizio noioso. Strumento di trasmissione di fede? O
forse trasmissione di non fede? Ridare vita a una pedagogia puntuale, psicologicamente avvertita, è uno dei compiti
più urgenti. E un esercizio a
tempi lunghi e non è impossibile la stanchezza. Ma siamo
noi giudici dei tempi e dei
luoghi o, dopo avere seminato e curato, saremo capaci di
resistere? Nella teologia luterana e riformata questo «lavoro» è catalogato nell’opera
dello Spirito Santo. Il sermone sul monte gli dedica tre
parabole: seminatore, granel
di senape, zizzanie.
Saper vedere in un ragazzo
distratto e sbadigliante un giglio dei campi o un uccello
dei cieli? Dio non si stanca e
non si stancherà della nostra
generazione.
DANIEU BRACCO
Un nuovo pastore, anzi
due, per la comunità protestante di lingua francese di
Roma. Domenica 3 ottobre
infatti, presso il tempio di via
IV Novembre, ha avuto luogo
l’insediamento del pastore
malgascio Fenosoa Andriamitandrina, accolto con affetto dalla comunità francofona
e da quella valdese con un
culto in comune. Ad accompagnarlo, oltre ai due bambini, la moglie Vololona, anch’ella pastore.
A presiedere il culto il sovrintendente dell’XI circuito,
pastore Franco Sommani, che
ha dato il benvenuto a Fenosoa e gli ha solennemente ricordato i suoi impegni di
fronte al Signore e al suo
gregge: «Sii fermo, incrollabile, lavorando sempre al meglio nell’opera del Signore,
sapendo che la tua fatica non
sarà vana dinanzi a lui».
La predicazione del pastore
Andriamitandrina hq preso
spunto da due versetti di Giovanni (15, 16-17): «Non siete
voi che avete scelto me, ma
son io che ho scelto voi..». Le
nostre richieste devono essere
volte al Padre affinché ci sostenga nella missione che ci
ha affidato quando ci ha scelti, quando ci ha chiesto non di
essere felici ma di amare il
mondo. Se siamo membri di
chiesa è perché Gesù ci ha
chiamati e perché abbiamo risposto al suo appello, credendo in lui.
Rispondere non significa rimanere nel tempio, ma essere
capaci di dare frutto, mettersi
in movimento secondo il monito di Paolo: «Andate e fate
di tutte le nazioni dei discepoli» (Atti 1,8). Giacché, come è possibile che gli uomini
credano in colui di cui non
hanno mai sentito parlare?
(Romani 10, 14). L’impegno
all’evangelizzazione, ha concluso il nuovo pastore, non
svaluta minimamente la vita
di preghiera, che resta il nostro ossigeno di vita cristiana.
Prima della Santa Cena il culto è stato arricchito dal canto
della corale della comunità
francofona, mentre un’agape
fraterna ha concluso allegramente la mattinata.
Fenosoa Andriamitandrina
è nato a Tananarive nel 1960
e proviene dalla Chiesa riformata di Gesù Cristo del Madagascar (due milioni di battezzati e 1.300 pastori, fra cui
molte donne). Dopo gli studi
in teologia è stato cappellano
dell’ospedale militare della
capitale del suo paese e ora, a
Roma per sostituire il pastore
Bony Edzavé, ha già familiarizzato con i membri della
sua comunità.
:n»a
Sabato 16 - domenica 17 ottobre — GRAVINA: La giunta
regionale della Fgei di Puglia e Lucania organizza presso la
chiesa battista il convegno di inizio attività per l’anno ecclesiastico 1993-94. Alle 15,30 del sabato ci saranno gli arrivi e giochi di conoscenza. Alle 16,30: Pane & Parola.
Nozioni di teologia femminista, conferenza della pastora
Elizabeth E. Green. Dopo la cena al sacco ci sarà una serata
organizzata dal gruppo giovanile di Gravina. La domenica
sono in programma la relazione della giunta regionale, il
culto, i laboratori su Mezzogiorno, fede e migranti e reiezione della nuova giunta regionale.
Domenica 17 ottobre — SAN SECONDO: Alle ore 15, nei
locali della chiesa valdese, è convocata l’assemblea delle
corali.
Giovedì 21 ottobre — BARI: Alle ore 18,30, presso la Chiesa
del pieno Evangelo (via Netti 32/E) si svolge il primo incontro allo scopo di intensificare gli incontri e la fraternità
fra le chiese di area evangelica; un secondo incontro è previsto per lunedì 8 novembre alle ore 18 presso la comunità
cristiana evangelica di Bari-Poggiofranco, in via Lucarelli
62n. Il secondo incontro verrà introdotto da una riflessione
della pastora Gianna Sciclone sui rapporti ecumenici, in
particolare con la Chiesa cattolica.
Sabato 23 ottobre — IMPERIA. Alle ore 17, nella sala di via
Santa Lucia 14, il pastore Franco Becchino, presidente del
Tribunale di Savona, parla sul tema «Giustizia di Dio, giustizia degli uomini»
Domenica 24 ottobre — BARI: a partire dalle ore 10, presso
la chiesa valdese in Corso Vittorio Emanuele, avrà luogo
l’Assemblea del XIV Circuito delle chiese valdesi e metodiste. La predicazione per il culto è stata affidata al pastore
luterano Alberto Saggese. Il pranzo e i restanti lavori si terranno nella «Casetta» in via Gentile.
Domenica 24 ottobre — BASSIGNANA. Alle ore 10 nella
chiesa metodista ha inizio un incontro sul tema «Il canto
nelle scuole domenicali» organizzato dalla Federazione delle chiese evangeliche in Liguria e Piemonte meridionale.
L’incontro è introdotto da Myriam Strisciullo. Per informazioni rivolgersi al past. Fulvio Ferrario tei. 0131-23431
Venerdì 29 ottobre — IVREA. Alle ore 21 si tiene presso la
parrocchia cattolica di San Lorenzo un incontro ecumenico
sul tema «Ha ancora senso parlare di peccato e grazia?». Introducono don Renzo Gamerro e il pastore Gianni Genre.
Sabato 30 - domenica 31 ottobre — VALLECROSIA: Presso la Casa valdese, con inizio al pranzo di sabato, si tiene
l’annuale incontro di animazione biblica organizzato dalla
Ffevm sul tema La preghiera. Il lavoro procederà in 5
gruppi (Cristologia e discepolato; quattro gruppi sul Padre
Nostro). È prevista anche una tavola rotonda con la pastora
Dorothea Müller, un rabbino, un ortodosso e un musulmano. Per iscrizioni; Wanda Rutigliano, via Sibaoud 3, Bobbio
Penice: tei. 0121-92731. (Pullman da Pinerolo, via dei Mille, il sabato alle 7,30).
NAPOLI — Il 10 agosto un infarto ha interrotto l’attiva vita
terrena di Spartaco Galdo, appartenente a una delle più
vecchie famiglie evangeliche napoletane. Dei suoi 72 anni
di vita aveva dedicato un quarantennio all’educazione della
gioventù, lottando strenuamente e pagando di persona contro certo potere inquisitorio della burocrazia scolastica, e in
pari tempo approfondendo fino all’ultimo suo giorno di vita
la considerevole cultura filosofica e storica. Notevole è stato questo suo impegno civile perché i diritti della persona
non fossero mai confusi dalle prevaricazioni delle maggioranze tendenzialmente liberticide. Laico coerente e irriducibile, smascherò ogni larvato dogmatismo e settarismo
unendosi idealmente a quelle istanze spirituali che hanno
caratterizzato tanta vita culturale italiana del dopoguerra.
Lo ricorderemo dunque, Spartaco Galdo, quale strenuo difensore della libertà religiosa, che è la prima delle umane libertà. All’inumazione della salma, presso il Cimitero bntannico, il pastore Adelaide Lupi ha rivolto un profondo e
gradito messaggio di speranza e rinascita.
Alle sorelle Aurora e Flora, al fratello Libero, alla cognata
Sally, ai nipoti Daniela con Antonio e Lucio, le condoglianze affettuose della famiglia evangelica italiana.
CIVITAVECCHIA — Il 26 giugno è stata celebrata la «VI
giornata mondiale contro l’abuso e il traffico di droghe». Il
centro di solidarietà «Il ponte» di Civitavecchia, che opera
nel campo della prevenzione e del ricupero dei tossicodipendenti adolescenti, ha organizzato per quel giorno nella
cattedrale cattolica un incontro ecumenico di riflessione sul
tema: «La solidarietà è vita per Tuomo».
Hanno partecipato con messaggi rappresentanti di confessioni religiose diverse: il pastore anglicano di Roma, il pastore battista di Civitavecchia, un pope ortodosso, esponenti
di organizzazioni cattoliche cittadine. L’incontro è stato
presieduto da don Egidio Smacchia, direttore del centro «Il
ponte».
La cattedrale era gremita di persone che hanno ascoltato
con interesse i messaggi dei rappresentanti religiosi, intercalati dai canti ^di alcune corali cattoliche cittadine e dei
paesi limitrofi. È stata un’occasione preziosa di fraternità e
di autentico ecumenismo nel campo pratico della solidarietà
verso che ne ha bisogno. La chiesa battista di Civitavecchia
ha partecipato all’incontro con un nutrito gruppo di fratelli
e di sorelle, accompagnati da alcune sorelle che da vari anni
operano come volontarie nel centro.
SAN GERMANO — La comunità esprime i suoi rallegramenti e auguri a Sergio Rostan e Orietta Balmas in occasione del loro matrimonio, celebrato nel tempio il 2 ottobre.
• La comunità esprime fraterna e affettuosa simpatia alle sorelle Anglesine e Annalisa per la dipartita del loro caro
Emanuele Coucourde, spentosi all’età di 80 anni dopo un
lungo periodo di sofferenza.
VENARIA — Giovedì 30 settembre e giovedì 7 ottobre, nel
locale di culto, abbiamo avuto due conferenze dell’ing. Davide Valente sul tema «Bibbia e archeologia». Davide Valente, anziano dell’Assemblea dei fratelli di Torino, via Virle, ha illustrato l’argomento con una serie di diapositive,
conquistando l’interesse dei presenti con il suo rigore scientifico e l’eccezionale competenza.
PERRERO-MANIGLIA — È nata Sabrina, di Françoise
Peyronel e Giuseppe Richaud: auguri ai genitori e alla sorella Monica.
• Si sono svolti presso il cimitero di Maniglia i funerali del
fratello Gustavo Vinay, residente in provincia di Brescia
ma originario di Maniglia, deceduto a 81 anni. Alla famiglia rivolgiamo la nostra solidarietà e simpatia fraterna per
la perdita subita.
MASSELLO — Si è spenta nella speranza della fede la sorella
Maria Meytre ved. Peyran: al figlio, alle figlie e a tutti i
familiari conceda il Signore gratitudine e serenità.
VILLAR PELLICE — Ringraziamo vivamente i pastori Alfredo Janavel e Giorgio Toum per il messaggio che ci hanno rivolto nei culti che hanno presieduto.
• Il battesimo è stato amministrato a Matteo, di Guido Serre
e Daniela Conte; il Signore accompagni con la sua grazia
questo bambino e aiuti i genitori a mantenere la promessa
fatta. Un benvenuto a Simone di Mauro Daniele e di Giuliana Janavel; felicitazioni ai genitori con l’augurio di ogni
benedizione.
• Ci hanno lasciato i fratelli Giovanni Giacomo Bonjour
di 86 anni e Ercole Giovanni Michelin Salomon di 64 anni. Rinnoviamo ai familiari la fraterna solidarietà della chiesa e nostra.
IVREA — La Chiesa valdese esprime la sua riconoscenza a
Daniela Santoro, che ha sostituto il pastore durante il periodo estivo.
• La chiesa ha festeggiato con Fiamma Armellino e Fulvio
Doglio il battesimo della piccola Rachele, e con Ninfa e
Mario Pavignano per le loro nozze d’oro.
• La sorella Irma Robutti Mercier, una delle ultime rappresentanti della comunità di Carema, ci ha lasciati all’età di
86 anni. La chiesa la ricorda salire le Scale della vecchia
scuola valdese, con qualunque tempo la domenica mattina
per il culto e ringrazia il signore per la testimonianza ricevuta. Al fratello e alla famiglia la solidarietà fraterna di tutta la chiesa.
ASSEMBLEE DI CIRCUITO — Queste le date delle prossime assemblee di circuito per le Chiese valdesi e metodiste:
- Il II circuito tiene la sua assemblea annuale venerdì 15 ottobre alle ore 20,30 presso la chiesa valdese di S. Secondo.
- Il III circuito (vai Germanasca) si ritrova per la sua assemblea annuale giovedì 28 ottobre alle ore 20,30 nei locali della chiesa di Villasecca.
PRALI — Da venerdì 29 a domenica 31 ottobre si tiene presso
il Centro di Agape un incontro di studio dal titolo «Fare
teologia a Agape oggi». Dopo le introduzioni il lavoro procede i gruppi. Il costo dell'incontro è di £ 115.000 (per redditi fino a 1.200.000) e di £ 135.000 (redditi superiori). Per
informazioni e iscrizioni tei. 0121-807514.
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PAG. 6 RIFORMA
All’Ascolto Della
VENERDÌ 15 OTTOBRE 199.-^
UNA DOMANDA
DIFFICILE
TULLIO VINAY*
Un giovane, 30 anni circa,
mi chiede perché gli uomini hanno tanta difficoltà a
capire l’agape di Cristo. Non
è facile rispondere e perciò
cerco la vostra collaborazione
per una risposta decisiva, oggi. Le varie risposte date nei
secoli, a cominciare dal primo secolo dell’era cristiana,
sanno troppo di dogmatico.
Hanno presto preso radici
l’idea di Satana che vuole
strappare le vite umane dalla
signoria di Dio, e quella di un
mondo diviso fra figliuoli
della luce e quelli delle tenebre. Più tardi prende piede
l’insegnamento del monacheSimo che sosteneva la coesistenza e il conflitto dei due
principi del bene e del male e
si finisce con l’esagerare le
inconciliabilità dei due principi.
Tutto ciò ha ben poco a che
fare con la Bibbia dove, con
la confessione di un Dio solo,
tutto è sottoposto alla sua signoria. È questo che chiara
«Poiché la pazzia di Dio è più savia degli
uomini, e la debolezza di Dio è più forte degli uomini».
(I Corinzi 1, 25)
«L’agape è paziente, è benigna; l’agape
non invidia; l’agape non si vanta, non si
gonfia, non si comporta in modo sconveniente, non cerca il proprio interesse, non
s’inasprisce, non sospetta il male, non gode
dell’ingiustizia, ma gioisce con la verità;
soffre ogni cosa, crede ogni cosa, spera
ogni cosa, sopporta ogni cosa».
(I Corinzi 13, 4-7)
sono nell’aria» cioè nell’ambiente sociale e spirituale nel
quale siamo immersi e che
noi respiriamo ogni giorno
della nostra vita. Non si tratta
solo, anche se ciò è vero, della nostra individuale responsabilità, ma avviene come per
lo smog, ove ognuno porta la
propria responsabilità; ma
non è un’auto sola che rende
l’aria irrespirabile, sono centinaia di migliaia di auto, ciascuna delle quali emette gas
bruciati; non si tratta di un
solo riscaldamento domestico, ma di tutto il complesso
industriale di una città. L’aria
diviene così irrespirabile
sempre di più e tutti insieme,
ciascuno per parte sua, creano l’ambiente invivibile. Il
paragone può essere imperfetto, ma sta il fatto che da tale situazione non si esce senza l’impegno di ciascuno per
quel che concerne il suo apporto.
Pensiamo all’analisi di
Paolo, che dice: «L’agape
mente emerge dalle parole
dei profeti, degli evangelisti e
delle lettere apostoUche.
In una parola concisa, confermata in forme diverse in
tutto il Nuovo Testamento,
l’apostolo Giovanni dichiara:
«Dio è agape» (I Giov. 4, 8).
In altre parole, l’essenza di
Dio è agape. E quell’agape è
vissuta pienamente nell’uomo
Gesù di Nazaret per cui, in
lui, c’è la piena incarnazione
dell’essenza di Dio, tanto che
egli può dire «Io e il Padre
siamo uno» (Giov. 10, 30).
Le caratteristiche
dell'agape
Paolo dà le caratteristiche
di questa agape abissale,
come sono evidenti in colui
che non ne parla soltanto ma
le vive. È per questo che viene riconosciuto Messia (Cristo) di Israele e di tutto il
mondo colui che è il redentore definitivo, perché ha
vinto anche l’ultimo nemico,
la cui fine è l’inizio di una vita nuova, di una nuova creazione.
Per dare una risposta alla
domanda che ci viene fatta,
conviene esaminare analiticamente le caratteristiche della
vita di Gesù (della sua agape)
come ci vengono riferite in I
Giov. 13, 4-7, che sono, nel
loro insieme, in netto contrasto con quello che vediamo e
udiamo e che sono, come dice l’apostolo, «le potenze che
(cioè Cristo) è paziente». Non
tutti si rendono conto che l’agape è legata al tempo, tanto
che si potrebbe dire: agape è
uguale a tempo. Dove non c’è
tempo per a.scoltare il prossimo, per stare con lui, dove gli
interessi economici e anche
spirituali ci mettono fretta sia
pur per la nostra stessa vocazione, allora l’agape di Cristo
in noi scarseggia. Se ciascuno
riflette su questo fatto realizza quanto è difficile scoprirla,
sepolta sotto molte scuse
apparentemente legittime.
Già qui si scopre una comune
ragione perché noi non comprendiamo l’agape che è l’opposto delle nostre sollecitudini, che pure intellettualmente
riconosciamo. «È benigna»:
questa parola sembra di per
sé una spiegazione della precedente perché la benignità
non si adegua alla folla ma è
tenerezza verso il prossimo.
«Non invidia»: non vorrebbe avere il posto più favorito
dell’altro; «non si vanta, non
si gonfia»: la rilevante caratteristica dell’agape è di favorire in tutto l’altro e di gioire
per la sua ascesa. Ciò è evidente in Gesù, nei suoi atti e
nelle sue parole e, anzi, egli
si rivolge a quelli che sono in
basso anche spiritualmente:
«Beati i poveri in spirito... se
non siete come piccoli fanciulli non vedrete il regno dei
cieli». Anzi, vorrei essere capito quando dico che Cristo è
il protettore dei peccatori (i
giusti non ne hanno bisogno)
perché proprio i peccatori trovano in lui chi li comprende,
chi non li giudica e vuol liberarli non solo dai loro accusatori, ma anche da loro stessi.
«Dove sono i tuoi accusatori?
Neppure io ti condanno: va’,
e non peccare più» (Giov. 8,
10-11). Questo è il rovescio
di quel che succede in questo
nostro mondo, dominato dal
desiderio di salvare se stessi
condannando gli altri.
Al primo posto gli altri
. .’1^ on si comporta in
Avl 1 modo sconveniente»:
l’agape mette al primo posto
quelli coi quali si vive e evita
tutto ciò che può ferirli, anche col nostro modo di parlare, avendo prima di tutto cura
dei deboli. Nessuna libertà è
giustificata se non tiene conto
degli altri.
«Non cerca il proprio interesse»: l’ambiente in cui viviamo ha una sua regola proprio quando sono in gioco i
nostri interessi: «La tua morte
è la mia vita», con la scusa
comune che «gli affari sono
affari». L’agape rovescia i
termini: «La mia morte è la
tua vita», fino a quando nel
Regno «la tua vita è la mia
vita». Gesù ha dato la sua vita per noi e l’ha data sulla
croce! Lì, la sua agape è ritratta al vivo. Per questo noi
viviamo e siamo eredi di una
vita vera, basata sull’altro e
non su noi stessi.
Oltre a questo atto massimo ci sono caratteristiche che
gli fanno corona: «Non sospetta il male, non gode
dell’ingiustizia ma gioisce
con la verità». Ognuno può
riconoscere la differenza essenziale fra lo svolgersi normale della nostra esistenza e
le indicazioni dell’agape di
Cristo. È proprio l’opposto:
l’opposto anche dei nostri
ragionamenti, siano pure questi basati sull’Evangelo. La
carica dell’agape si fa sempre
più forte: «Soffre ogni cosa,
crede ogni cosa, sopporta
ogni cosai». Certo, l’agape è
un mondo nuovo, ma ci è difficile capirlo ogni giorno.
La vanità della nostra
sapienza
La domanda posta all’inizio diviene vera proprio
perché siamo incapaci di seguire l’agape. È impossibile
che essa possa divenire la regola del modo di impostare la
nostra vita sulle «beatitudini»
del sermone sul monte, e ancor meno della società in cui
siamo posti. Forse per tutti è
la via vera, la sola via vera,
ma anche da tutti negata. La
sapienza umana, la sicurezza
della nostra intelligenza ci
portano a questo punto.
E necessario rileggere, per
mettere al loro posto le cose,
il primo capitolo della prima
lettera ai Corinzi, soprattutto
dove è messa in luce la vanità
della nostra sapienza di fronte
a quella di Dio. Mi basta citare questa frase: «La parola
della croce è pazzia per quelli
che periscono, ma per noi che
siamo sulla via della salvazione, è la potenza di Dio
poiché è scritto: “Io farò perire la sapienza dei savi, e annienterò l’intelligenza degli
intelligenti’’... poiché la pazzia di Dio è più savia degli
uomini, e la debolezza di Dio
è più forte degli uomini (I
Cor. 1, 18-19, 25)». Se è così
è vano trovare una risposta
con la nostra logica; con essa
non si capisce e non si spiega
alcunché. «E a lui voi dovete
d’essere in Cristo Gesù, il
quale ci è stato fatto da Dio
sapienza e giustizia e santificazione» (I Cor. 1, 30).
Il dono dello Spirito
Nel 13“ capitolo, da dove
abbiamo tratto il primo
confronto fra Cristo e la nostra esistenza, ci è detto
chiaramente che quand’anche
avessimo tutto, anche ciò che
è la nostra massima aspirazione, senza la sua agape non
siamo nulla. Non solo non
abbiamo intelligenza per capire, per spiegare la nostra
domanda ma, concretamente,
non solo non abbiamo nulla,
«non siamo nulla». Consiglio
di rileggere il primo capitolo
della lettera, allora capiremo
che cosa è essenziale per capire e per spiegare agli altri la
domanda posta, che è di molti: senza lo Spirito di Cristo
non si capisce ciò che per noi
non va, cioè la pazzia di Dio,
pazzia per noi ma sorgente
vera della sola risposta perché l’agape è aliena alla comprensione umana.
E allora concludo che senza lo Spirito di Cristo, lo Spirito Santo, ci manca la possibilità di comprendere perché
l’agape ci è aliena nel nostro
vivere quotidiano, perché è
aliena alla grande massa degli
uomini, alla loro economia,
alla loro politica, alla loro sociologia.
Ma non mi fermo qui, perché non c’è nell’Evangelo
esortazione più forte, più
continua, più consistente che
quella di pregare Dio perché
ci sia concesso il dono del
suo Spirito e, con l’esortazione, l’assicurazione che questo
dono essenziale ci sarà concesso.
In questo dono l’Evangelo
ci assicura la possibilità dell’evangelizzazione. L’invocazione dello Spirito è fatta,
ben spesso, ritualmente nella
chiesa, nella sua liturgia, ma
purtroppo non è il continuo
sospiro dei «credenti» in
chiesa, o a casa nell’intimità
della nostra cameretta. Se è
così, come possiamo andare
avanti nella via dell’agape,
come possiamo sperare sulla
sua azione nel mondo della
chiesa che è sparsa ovunque,
come possiamo sperare che la
politica dell’agape non abbia
tanta incomprensione e ostacoli nella sua testimonianza?
Noi non crediamo a una
svolta totale, a una rivoluzione decisiva dell’umanità quale è oggi. Il fatto è che ci rifugiamo nella nostra sapienza
per tutti i settori della vita e
lasciamo da parte, per indolenza, per scarsa fiducia nella
promessa di Dio, il primo essenziale punto: quello di
chiedere lo Spirito di Cristo
che è l’agape.
Caro amico, tu mi poni una
domanda difficile: ti chiedo
solo di non trascurare questa
esortazione finale. Non hai
ancora provato. La tua domanda mi ha rallegrato, ma la
risposta la avrai certamente
quando Dio, che è venuto fra
noi in Cristo, dopo la tua insistente preghiera, ti risponderà
facendoti capire il problema
della tua vita e la ragione per
la quale il nostro triste mondo
ha bisogno di una nuova rivoluzione essenziale, quella
dell’amore vero, dell’agape
di Cristo. Ricordiamoci che
prima della Pentecoste pochi
discepoli, 120 in tutto, erano
radunati nella camera alta,
nascosti per paura delle autorità politiche e religiose che
avevano crocifisso il loro Signore.
E pregavano senza sosta di
ricevere lo Spirito promesso.
Quando lo Spirito venne, scesero fra il popolo e con coraggio sfidarono le autorità.
In un paio di giorni 3-5.000
persone si convertirono e si
formarono le prime assemblee (chiese) che portarono
l’annunzio di Gesù risuscitato, il Messia.
L’annunzio fu portato in
tutta Gerusalemme e poi, ad
una ad una, in tutte le nazioni
del mondo allora conosciuto.
Lo Spirito aveva dato loro la
sua potenza nella loro umana
debolezza. E l’annunzio è arrivato fino a noi, a te che fai
la domanda e anche a quelli
che non la fanno.
Ora hai la tua responsabilità, sapendo che solo Dio
può risponderti con il suo
Spirito. Cercalo e non sarai
deluso.
* (Tratto da Le Notizie da
Riesi, n. 3-4/93)
Avete fame e sete
Voi che avete fame e sete del suo perdono
siete beati,
perché egli ve lo dona.
Voi che avete fame e sete della sua
presenza
siete beati
perché egli dimora in voi ed agisce con voi.
Voi che avete fame e sete della giustizia,
siete beati,
perché sarete saziati.
Amen.
Anonimo
(Tratto da/n iJrtcìo de/mam'no, della Cevaa, 1991)
7
spedizione in dbb. post. Gr 11 A/70
In caso di nutncalo recapito rispedire a;
CAStLUN POSTAI-t 10()ò6
torre pellict;
Fondato nel 1848
Delle ^lli moEsi
VENERDÌ 15 OTTOBRE 1993
ANNO 129 - N. 39
URE 1300
LA RIPRESA
LA CHIESA
CHE VIVE
______CLAUDIO PASQUE!____
Ripresa delle attività: in
tutte le nostre comunità
sono ricominciati a pieno ritmo i catechismi, le riunioni,
le commissioni.
Sto facendo queste riflessioni sulla scorta di un’esperienza fatta domenica 10 ottobre, poco prima dell’inizio
del culto a Torre Pellice.
Avevamo deciso di avere un
culto dei giovani per marcare
così l’inizio delle attività giovanili, erano stati invitati i
bambini della scuola domenicale, i precatecumeni, i
catecumeni, il coretto, i rispettivi genitori e infine i
gruppi giovanili. Venti minuti prima del culto non c’è
quasi nessuno e una persona
anziana alla quale racconto le
cose che abbiamo previsto
per il culto, guardandomi un
po’ tristemente, mi fa capire
che sono un illuso, non verrà
proprio nessuno perché ormai
siamo finiti, non c’è più fede,
non è più come una volta, eccetera.
Essendo io un tipo decisamente ansioso, non posso dire
che quello fosse l’incoraggiamento che ci voleva per predispormi a una serena predicazione dell’Evangelo. Ma non
ho avuto tempo per ripensarci
perché di lì a poco il tempio si
è riempito, come vorrei che si
riempisse spesso; e il culto
che ne è seguito è stato improntato alla condivisione e
alla gioia comunitaria.
Sulla scorta della suddetta
esperienza non vorrei che cominciassimo le attività della
chiesa facendoci contagiare
dalla considerazione generale
del periodo socio-politico che
stiamo attraversando.
Se tutto va male, perché
non riversare queste nostre
preoccupazioni anche sulla
chiesa e darci per spacciati?
Se a questo si aggiunge che
la tendenza a criticarci, a
considerarci perennemente
insoddisfatti è radicata nell’
animo del nostro essere protestanti, rischiamo davvero di
produrre una miscela esplosiva e autodistruttiva.
La nostra chiesa sta cambiando, certo, sta andando in
una direzione che non riusciamo a comprendere appieno, ma vogliamo osare la
speranza o preferiamo crogiolarci in un pessimismo
che rischia di negare spazio
anche all’amore di Dio per
noi?
Ripresa delle attività: sarebbe facile dire che tutto è
come prima, si va avanti
stancamente nella ripetizione
di antiche formule, o (e sarebbe altrettanto facile) che
tutto è nuovo, le formule si
rinnovano sempre, la chiesa è
in marcia. Sarebbe facile, ma
sterile; in realtà, come chiesa,
il mistero della nostra esistenza storica è sempre stato
una mistura di vecchi schemi
da ripetere e l’esigenza di
rinnovarli continuamente.
Mi limiterò a concludere
con un banalissimo «eppur si
muove».
Ma per favore non scoraggiate chi nelle nostre chiese
ha voglia di farlo, e grazie a
Dio sono in molti !
Pinerolo: la legge rende difficile l'approvazione del nuovo strumento urbanistico
Chi voterà il nuovo piano regolatore?
Un terzo dei consiglieri è «interessato»
GIORGIO GARDIOL
Tutto è pronto. Il Consiglio
comunale è fissato per i
giorni 18, 21, 25, 26, 27, 28 e
29 ottobre. Tanto pensa il sindaco di Pinerolo, Livio Trombotto (De), che durerà la discussione attorno al progetto
di «Piano regolatore generale»
(Prg) della città. Le opposizioni (lista per l’Alternativa, Lega Nord, Piemont, Pri, Pii) annunciano battaglia e mobilitazione dei propri aderenti.
Chiedono che il Consiglio si
faccia in una sala più capiente
e la giunta li accontenta per
metà: il Consiglio si farà nella
sala consiliare, ma sarà ripreso dalle telecamere e chi vorrà
potrà assistervi davanti a un
televisore, forse con un maxischermo.
Il Prg è certamente uno strumento importante per il futuro
della città, stabilisce i criteri
dell’edificabile nei prossimi
10 anni, organizza la viabilità,
dota la città dei servizi, stabilisce le norme di salvaguardia
del paesaggio e della collina in
particolare. La gente fa attenzione a cosa prevede, guarda
se nell’area abbandonata davanti a casa sarà costruito un
parco giochi o un condominio,
i proprietari delle aree fanno
pressioni sui consiglieri comunali amici perché esse cambino o rimangano nella «destinazione» d’uso che più aggrada. È anche una questione di
tasse: se l’area è agricola le
tasse sono poche, se invece è
«edificabile» le tasse sono
maggiori.
Gli «interessi» attorno al
nuovo Prg sono tanti. Il gruppo della lista «per l’Alternativa» aveva chiesto che venisse
pubblicizzato l’elenco dei proprietari di terreni beneficiati
dal passaggio di destinazione
delle aree. Non era stato accontentato avendo la giunta
deciso che essendo il Catasto
un servizio pubblico il gruppo
Val Pellice
Controlli
medici
nelle scuole
CARMELIWA MAURIZIO
Panorama della città di Pineroio
politico poteva benissimo effettuare direttamente la visura
delle partite catastali.
La minaccia di arrivare a
tanto però ha indotto la giunta
ha chiedere un parere legale al
prof. Claudio Dal Piaz, docente di diritto amministrativo
all’Università di Torino, sul
comportamento dei consiglieri
«interessati» in sede di discussione e approvazione del Prg.
I consiglieri «interessati» devono astenersi dal prendere
parte alla discussione e al voto, ha detto nel suo parere
«prò veritate» il prof. Dal
Piaz.
Devono essere direttamente
«interessati» dal provvedimento o basta che siano «interessati» loro congiunti o parenti
perché scatti l’obbligo di questo comportamento? L’«interesse» è anche quello dei parenti, fino al quarto grado.
Allora la Giunta ha cominciato a fare i conti. Sono «interessati» ben 7 consiglieri di
maggioranza (lo stesso sinda
co, Chiabrando, Rostagno,
Santiano, Scalesse, Buttiero e
Peretti) e anche 5 della minoranza (Camusso, Braera, Varrone. Costa, Chinotti), ma occorre verificare ancora la posizione dei parenti di tutti. Altri
potrebbero aggiungersi alla lista degli interessati.
A questo punto la Giunta si
è chiesta chi alla fine avrebbe
votato il Prg. Si rischia di non
avere il numero legale. Ma alla fine si è trovata la soluzione: la vecchia legge comunale
e provinciale e lo statuto del
Comune prevedono la possibilità di avere sedute del Consiglio in «seconda convocazione» con la partecipazione di
soli quattro consiglieri. II Prg
alla fine sarà approvato magari solo da quei consiglieri che
non risiedono in città e che
non hanno parenti con proprietà in città.
Il nuovo Prg che è in discussione, «interessi» a parte, è
frutto del lavoro di due architetti incaricati (Sutti e Celli
no), delTUfficio urbanistica
del Comune diretto dall’arch.
Terracini, di 25 riunioni della
commissione consiliare, di
3.500 ore di lavoro dei professionisti incaricati, e costerà tra
gli 800 milioni e il miliardo.
Prevede l’edificabilità di
10.500 nuovi vani nei prossimi 10 anni e norme tecniche
per la salvaguardia della collina e per gli insediamenti industriali.
Sul progetto di Prg hanno
già preso una posizione fortemente critica i comitati spontanei dei quartieri Fornaci,
San Michele e Tabona, che in
un documento, «Per una Pinerolo migliore», fanno proposte
alternative e chiedono «un referendum per le scelte più importanti».
I comitati di quartiere propongono indicazioni puntuali
sui vari aspetti del Prg e queste regole generali:
- l’eventuale aumento della
popolazione residente dovrà
essere commisurato alla reale
disponibilità dei servizi indispensabili;
- privilegiare il recupero
dell’esistente, delle aree industriali dismesse, del centro
storico, salvaguardando quindi i terreni agricoli ancora presenti sul territorio comunale;
- altezza delle costruzioni
commisurata a quella degli
edifici esistenti nelle vicinanze e comunque non superiore
ai 5 piani fuori terra;
- definizione delle tipologie
edilizie ammissibili, anche al
di fuori del centro storico, rispettose delle soluzioni architettoniche e dei vincoli storici
e ambientali già esistenti nella
città, e con adeguate aree verdi prospicienti.
- salvaguardia della collina
e della fascia precollinare con
la contestuale stesura del piano paesistico.
Regole e indicazioni solo
parzialmente accolte dal Prg
in discussione.
Nel corso dell’anno scolastico 1992-93 sono stati
eseguiti alcuni controlli mirati da parte del servizio di
Igiene pubblica della Comunità montana vai Pellice.
In particolare la serie di accertamenti ha fatto sì che
venissero controllati i bambini tra i quattro e i sei anni per
quanto riguarda la vista,
mentre sono stati sottoposti
al controllo dell’apparato
scheletrico i ragazzi delle
scuole medie; inoltre i bambini frequentanti la prima
elementare e i ragazzi della
terza media sono stati sottoposti a test per il rilevamento
degli indici tubercolotici.
I risultati di questa serie di
indagini sono stati esposti
nella relazione da poco diffusa nelle scuole dell’obbligo
del distretto. La situazione in
generale non presenta particolari problematiche,sembra interessante tuttavia considerare alcuni dati.
Durante il controllo della
vista, tra i circa trecento
bambini esaminati solo una
piccolissima percentuale ha
presentato dei difetti, e meno
del 20% è stato inviato ad ulteriori visite.
I problemi dell’apparato
scheletrico sembrano interessare complessivamente il
40% dei ragazzi controllati;
risulta tuttavia che molti casi
si siano normalizzati, sia
quelli sottoposti a controlli
regolari sia gli altri.Sono da
considerarsi del tutto irrilevanti i pochissimi casi dubbi
in relazione al test tubercolinico.
Al termine della serie dei
controlli, gli operatori ritengono utile il lavoro svolto soprattutto per la prevenzione,
e prevedono di verificare se
gli obiettivi che si erano proposti nel corso degli ultimi
tre anni siano stati effettivamente raggiunti.
Tangentopoli nelle valli
Arresti eccellenti
Sono nuovamente scattate
le manette ai polsi di alcuni
politici del Pinerolese che alle
valli avevano il «loro» bacino
elettorale.
Eugenio Maccari, socialista, ex assessore regionale alla Sanità, è stato arrestato con
l’accusa di aver ottenuto una
tangente di 650 milioni di lire
per concedere l’appalto
dell’Elisoccorso. Secondo le
agenzie di stampa, Maccari ha
ammesso il fatto e si è detto
disposto a restituire 200 milioni che ha trattenuto per sé,
mentre gli altri sono andati al
partito e al finanziamento della campagna elettorale
dell’on. Beppe Garesio. Quest’ultimo però ha affermato di
non conoscere la provenienza
illecita del finanziamento ottenuto. Maccari intanto ha
rassegnato le dimissioni da
consigliere regionale.
In carcere si trova anche
l’ex assessore provinciale Eugenio Trovati, amministratore
della Federazione provinciale
del Partito socialista. Trovati
è stato accusato di aver ottenuto una tangente per favorire
la ditta che aveva vinto l’appalto della ràccolta rifiuti di
Moncalieri. Anche Trovati si
è dimesso da consigliere provinciale.
Un terzo esponente socialista pinerolese si trova in ca^
cere per affari di tangenti. E
Maurizio Calvi, commercialista, che in passato era stato designato dal Psi come consigliere della Finpiemonte, l’organismo finanziario della Regione, e nel Consiglio del centro didattico di Pra Catinat.
Luserna S. Giovanni: per l'arrivo di un avviso di garanzia
Dimissioni a sorpresa del sindaco
La vicenda dell’arresto del
capo dei vigili di Luserna San
Giovanni, ora rilasciato, ha
avuto pesanti ripereussioni sulla situazione politica nel Comune: venerdì sera si è dimesso da sindaco e da consigliere
comunale Claudio Badariotti,
da appena un mese rieletto sindaco dopo una crisi durata alcuni mesi. Badariotti ha a sua
volta ricevuto un avviso di garanzia in cui si ipotizza un
coinvolgimento nella vicenda
degli abusi sulle licenze di
parrucchiere.
In un clima assai teso il primo cittadino ha preso brevemente la parola per comunicare la propria decisione «pur
rendendosi conto che questa
scelta potrà produrre qualche
problema aH’amministrazione
comunale». Badariotti ha ne
gato. con il suo intervento,
ogni responsabilità nella vicenda ma ha nel contempo voluto chiedere a tutti il massimo
della serenità e della limpidezza nel giudizio. «Io ho finito»; con queste parole ha concluso il suo mandato Claudio
Badariotti e con questo suo atto si è forse chiuso un capitolo
della storia politica lusernese,
per vent’anni «feudo democristiano». Dopo Benito Martina
e più recentemente Piercarlo
Longo, siamo di fronte alle dimissioni del terzo sindaco nel
giro di una decina d’anni.
Al suo posto dovrebbe subentrare Marco Grand, architetto, tanto per non smentire il
ruolo che il partito del mattone
sta giocando da alcuni anni a
Luserna ma, anche se i numeri
continuano ad offrire alla De
la possibilità di governare con
i socialisti indipendenti di turno, questa volta sembra francamente molto più difficile
una soluzione che non sia il ricorso anticipato alle urne. Tutti, ad eccezione della Lega
Nord, paiono temere le elezioni anticipate, tuttavia i gruppi
di opposizione hanno chiesto
di rimandare la palla ai cittadini. In modo più soft lo hanno
fatto Gardiol e Lo Bue, in modo molto duro i leghisti ma la
sintesi degli interventi delle
opposizione è questa: esiste
ancora a Luserna fiducia negli
amministratori?
La De appare comunque divisa; c’è addirittura chi parla
di forti contrasti; un amareggiato Badariotti ha confidato
di voler abbandonare anche il
partito.
8
PAG. Il
di Et;0 DEI.,I.,E \A1.,1.,I \AL1)1'Ì
Si apre a Bibiana la tradizionale «sagra
Spettacoli e mostre
festeggiano il kiwi
venerdì 15 OTTOBRE I993
La borgata Malzat a Frali
COMMEMORATO IL PARTIGIANO PAOLO DIENA
— L’ 11 ottobre 1944 veniva ucciso a Cotorauto di Inverso
Rinasca il partigiano Paolo Diena. 49 anni dopo si è voluto, ancora una volta, ricordare la figura del giovane medico ebreo «dai capelli rossi e dai begli occhi azzurri»: così
è rimasto nella mente dei suoi compagni e non. Non solo
lui è stato ricordato, ma anche tutte le altre persone che come lui hanno dato la vita perché vi fosse libertà per uomini
e donne. Durante la commemorazione sono intervenuti
l’ex partigiano e compagno di Paolo, Cesare Castagna, il
sindaco Erminio Ribet, il sindaco di Rinasca Richiardone,
l’avvocato Ettore Serafino.
NUOVE ATTIVITÀ DEL GRUPPO ANZIANI DI TORRE PELLICE — Continua la collaborazione tra il Comune di Torre Pellice e il gruppo anziani. In primavera, infatti, gli anziani hanno «adottato» la stazione ferroviaria
preoccupandosi di pulirla e di curarne aiuole e piante. Dal
4 ottobre, invece, è iniziato un servizio di assistenza e vigilanza all’uscita delle scuole medie. I «nonni», riconoscibili dalla fascia blu al braccio, affiancheranno i vigili urbani in tutte quelle operazioni che possono rendere più sicura
l’uscita dei ragazzi dall’edificio scolastico. Ma l’attività
del gnjppo anziani non si esaurisce qui. Il 6 ottobre ha infatti impegnato l’intera giornata a fare gli onori di casa a
70 anziani provenienti da Guillestre, città gemellata con
Torre Pellice.
PREVISTI PER IL 1994 I LAVORI AGLI IMPIANTI
SPORTIVI DI BOBBIO — Inizieranno nel 1994 i lavori
di costruzione dei nuovi impianti sportivi di Bobbio Pellice. Accanto all’attuale campo da calcio, che è stato recentemente dotato di un impianto di illuminazione, verranno
costruiti tre campi da bocce e un campo da tennis; il progetto, che è stato sottoposto all’attenzione del Coni, prevede anche una serie di spogliatoi moderni e funzionali, con
strutture apposite per gli handicappati. Il costo dell’opera
ammonta a circa 280 milioni, di cui 173 provengono da un
contributo regionale (si tratta dei residui dei fondi stanziati
per i Mondiali del 1990) mentre la parte rimanente verrà
reperita dal Comune mediante l’accensione di un mutuo
presso la Cassa depositi e prestiti, il cui rimborso è a carico dello stato.
MERCATINI BIOLOGICI: ORA SONO QUATTRO —
Dopo alcuni anni di esperienza a Torre Pellice e ad Angrogna, con quest’autunno il mercatino dei prodotti biologici
si svolgerà anche a Bobbio e Villar Pellice. L’iniziativa,
tendente a favorire un sempre maggiore utilizzo dei prodotti genuini e un’incentivazione nelle produzioni artigianali e agricole, ha visto nella fase di elaborazione la collaborazione dei quattro Comuni. Al mercato possono partecipare tutti quei produttori che garantiscono la biologicità
del prodotto in base alle norme previste da un apposito regolamento. Il calendario dei mercatino prevede lo svolgimento a Bobbio la prima domenica del mese, a Torre Pellice il secondo sabato, a Villar la terza domenica e ad Angrogna l’ultima domenica.
Presso il Collegio valdese di Torre Pellice
Corsi di greco biblico
Il Collegio valdese di Torre Pellice organizza un corso
di 60 ore di greco neotestamentario rivolto sia a coloro
che conoscono già il greco,
sia ai principianti. Perciò il
corso per il ’93-94 è diviso
in due trimestri: il primo sarà
dedicato alla conoscenza della lingua greca antica, con
particolare attenzione al greco usato nella redazione dei
libri del Nuovo Testamento;
il secondo comprenderà la
lettura di uno degli Evangeli.
La prima riunione è fissata
per giovedì 11 novembre alle
17,30.Per informazioni e
iscrizioni telefonare allo
0121-91260.
COMUNE DI TORRE PELLICE
È indetto un
PUBBLICO CONCORSO
per la copertura del posto dì cui airoggetto:
Titolo di studio; diploma di geometra.
* Scadenza: 11 novembre 1993.
Per informaztoni rivolgersi al Comune di Torre Pellice, ufficio Segreteria.
Domenica prossima prenderà il via a Bibiana l’annuale «sagra del kiwi», un appuntamento ormai tradizionale per la bassa valle e il
Pinerolese; ci saranno momenti di spettacolo, mostre,
incontri. Al centro comunque un frutto che negli ultimi dieci anni si è imposto
all’attenzione dell’economia
agricola locale. Per un certo
periodo gli agricoltori tolsero dalle loro coltivazioni peschi e vigne per lasciar spazio a questa nuova produzione, originaria di terre lontane
ma che pure trovò il nostro
clima e i nostri terreni più
che favorevoli.
«Oggi - spiega il signor
Molinas, deH’Ispettor.ato
agrario di Pinerolo - nella
nostra zona la coltivazione
del kiwi arriva a raggiungere
L'innevamento
artificiale e il
futuro di Frali
La conoscenza del futuro
riservato a Prali mi sta molto
a cuore. Anche se, secondo
chi scrive sull’Eco delle valli
valdesi, nell’articolo «Neve
oppure fieno? Prali discute...», riconoscendo che il
turismo costituisce l’unica
componente economica di
grande rilievo, verrò considerata appartenente a quella categoria di persone che
«non troppo legate alla realtà
locale (?), sperano di poter
sfruttare al massimo la risorsa montagna...».
Ma vorrei spiegare, se mi è
permesso, perché non sono
perplessa, al contrario di altri, di fronte all’ipotesi di
ampliare le zone di innevamento artificiale.
In quest’area a «vocazione» turistica il turismo invernale è importante e determinante per l’economia del
paese. In questi anni, durante
le stagioni invernali così
deludenti per l’assenza di nevicate, le stazioni sciistiche
hanno dovuto fare affidamento sui «cannoni sparaneve».
Dunque, a mio parere, è
indispensabile che anche
Prali riesca ad avere un potenziamento dell’impianto
d’innevamento artificiale,
proprio per far fronte a questi periodi, sempre più frequenti, di scarse nevicate.
Ovviamente il tutto deve
rientrare in un progetto di
le 100 giornate piemontesi;
di esse il 60% si trova nella
bassa vai Pellice. Negli ultimi tempi non c’è più stato
un significativo aumento
delle coltivazioni».
Colpa dei prezzi in ribasso? Oppure questa coltivazione, che per un certo tempo pareva non necessitasse
di anticrittogamici ora richiede interventi di tipo chimico e dunque un aumento
di costi? «Non direi - aggiunge Molinas -: per quanto riguarda il prezzo siamo a
un buon livello (500-600 lire
al kg). La resa per ettaro può
essere paragonata a quella
del melo. Anche sui trattamenti si può confermare che
normalmente non è necessario intervenire; c’è chi lo fa
ma questo atteggiamento
non mi convince». Dove viene smerciata la produzione?
«La maggior parte dei produttori commercializza da sé
i frutti; molti hanno un buon
mercato all’estero, prevalentemente in Germania e in
Austria».
Si tratta dunque di un frutto che non pare conoscere
crisi; certo ha dovuto fare i
conti, in alcune aree limitate,
con grandinate ma sulle nostre tavole i kiwi anche quest’anno non mancheranno,
con il suggerimento di diffidare dei prodotti a prezzi
troppo bassi; si tratta quasi
sempre di seconde scelte e
magari anche di frutti di bassa qualità.
sviluppo a misura d’uomo e
tenendo conto del fattore ambientale; ma questo fa parte
dello sviluppo sostenibile,
l’unico che la nostra generazione può e deve conseguire
per se stessa e per le generazioni future.
Se ciò non venisse realizzato, la località risulterebbe
pesantemente penalizzata,
con ripercussioni anche sul
piano delle prospettive di
sviluppo economico ed occupazionale della valle.
La mia partecipazione, in
questo sforzo collettivo, per
salvaguardare il mio paese è
la consapevolezza di una volontà di costruire qualcosa di
indispensabile per garantire
lo sviluppo e il futuro stesso
di Prali. Il futuro è un traguardo, a mio avviso, da superare con meno incertezze e
più volontà di costruire.
Il traguardo non è lontano
e la sua conoscenza è indispensabile per un risveglio
economico del territorio,
mantenendo dei posti di lavoro, creandone altri allo
scopo di frenare lo spopolamento montano; perché è solo così che si eviterà che
ragricoltura, f artigianato, il
commercio e le iniziative
private vengano ancora una
volta umiliati e vilipesi.
Ahimè, non sono nativa di
Prali e sono commerciante,
forse queste caratteristiche
fanno pensare, ancora una
volta, che «io non sia troppo
legata alla realtà locale». Ma
sinceramente non mi pesa
l’essere nata altrove, e tanto
meno mi vergogno del mio
lavoro che credo di svolgere
con una certa serietà e
professionalità.
Nonostante tutto ciò ho
scelto di vivere e lavorare a
Prali e non a Sestriere, perché amo questa montagna e
Nelle
Chiese Valdesi
FRALI — Giovedì 14 ottobre, alle 20,30, si incontrano le
monitrici.
• Venerdì 15 ottobre alle 20,30, primo incontro per la corale.
PINEROLO — Domenica 17 ottobre, dalle 14,30, presso
la Casa della giovane in via S. Pellico 40, riprendono gli incontri delle coppie interconfessionali. In esame il testo comune di studio e proposta per un indirizzo pastorale dei matrimoni interconfessionali con introduzione del past. Bmno Rostagno, e il direttorio ecumenico della Chiesa cattolica presentato da don Mario Polastro.
LUSERNA SAN GIOVANNI — Domenica 17 ottobre si
svolgerà la tradizionale «Festa del raccolto»; il culto, alle 10,
sarà dedicato alla riconoscenza e al ringraziamento. Nel pomeriggio alla sala Albarin, a partire dalle 14,30, avrà luogo la
consueta esposizione e vendita di prodotti della natura; sarà in
funzione il servizio buffet. Per le 18,30 la commissione ricevimenti organizzerà una simpatica «marenda sinoira» per la
quale è opportuno prenotarsi presso l’Asilo o i pastori.
Nello stesso giorno sarà possibile visitare i nuovi locali
dell’Asilo valdese di cui è terminata la ristrutturazione.
RORÀ — Domenica 17 ottobre si svolgerà un pranzo comunitario con inizio alle 12,30, presso la sala delle attività.
Dopo il culto di inizio attività, alle 10, ci sarà una discussione
sui lavori di ristrutturazione del tempio.
VILLAR PELLICE — Sabato 16 ottobre iniziano i corsi
di catechismo.
• Domenica 17 ottobre, dopo il culto, si svolgerà l’assemblea di chiesa con le relazioni dei deputati alla Conferenza distrettuale e al Sinodo. Il Concistoro presenterà una relazione in vista dell’assemblea di chiesa del 21 novembre per
la designazione del nuovo pastore.
VILLAR PEROSA — Martedì 19 ottobre, alle 20,30 si
svolgerà la prima riunione della corale.
• Mercoledì 20, alle 14,30, al convitto, riprende l’attività
dell’Unione femminile.
BOBBIO PELLICE — Domenica 17, ore 14,30, presso la
sala unionista, incontro di apertura attività dell’Unione femminile.
SAN SECONDO — Domenica 17 ottobre, alle ore 15, nei
locali della chiesa valdese, è convocata l’assemblea delle corali.
PERRERO-MANIGLIA —Domenica 17 ottobre, nella
scuola della Baissa, alle ore 10, si terrà l’assemblea di chiesa.
All’odg le relazioni di Sinodo e Conferenza distrettuale e il
rinnovo del mandato di alcuni anziani del Concistoro. Domenica 24 le scuole domenicali di Ferrerò e Villasecca si incontreranno per un pomeriggio di giochi e diapositive.
questa gente e perché qui ho
imparato ad apprezzare la
«qualità della vita in montagna». Una montagna troppo
spesso abbandonata e poche
volte aiutata a crescere e svilupparsi nel rispetto di se
stessa e nel rispetto di tutti
coloro che, come me, desiderano solo «vivere e lavorare»
in pace.
Marina Zancanaro - Prali
Pellice: una
politica oltre
l'emergenza
Vogliamo brevemente intervenire riguardo all’incontro di domenica 3 ottobre a
Cavour sulla «Politica del
territorio lungo il torrente
Pellice».
Siamo contenti che finalmente gli amministratori
si mettano attorno a un tavolo per discutere del fiume.
Speriamo però che tutto non
si riduca solo (come sembrava domenica) a riaprire le cave in alveo.
Sappiamo che le decine di
miliardi di cui si è parlato
fanno gola a molti, ma non
dimentichiamo i gravi problemi del Pellice, in primo
luogo i prelievi d’acqua (di
vario tipo) che, da Bobbio alla confluenza col Po, ne cancellano per molti mesi l'anno
interi tratti.
Perché non si fa nulla in
questa direzione? Perché si
pensa ai fiumi solo quando
sono in piena? Perché solo
nuove cave e nuovi cantieri
(come nel vallone del Carbonieri)?
Auguriamo quindi buon lavoro agli amministratori dei
Comuni, sperando che abbiano a cuore il fiume come ambiente vivo e non solo i miliardi di un territorio morto e
saccheggiato.
Associazione pescatori riuniti della vai Pellice
I torresi e il
loro rapporto
con il passato
Sono una valdese di Roma
che, dopo l’infanzia e la giovinezza, passa l’estate a Torre Pellice anche solo per una
decina di giorni. Non ho mai
trovato elevati i costi delle
pizzerie e ristoranti, essendoci una gamma di prezzi quanto mai abbordabili. Altro discorso invece per le tariffe
alberghiere. Qui bisognerebbe adeguarsi agli standard
europei nel rapporto prezzoservizio.
Un altro appunto che vorrei
fare riguarda lo scarso rispetto che i torresi hanno per il
loro passato. L’Eco (n. 24) ha
ricordato con una foto l’insegna di una agenzia di viaggio
per gli emigranti in Sud
America riportata alla luce da
lavori di restauro in piazza
della Libertà. Il libro «come
vivevano» riportava già una
foto.
Arrivando a Torre, quest
anno, mi aspettavo di trovarla
bene in evidenza in ricordo
delle emigrazioni dei nostri
nonni. Con un colpo di pennello è stata cancellata. Perché? Ci voleva tanto poco a
lasciarla in vista. Sarebbe stata una curiosità per il turista
del week-end.
Suscita Pons Modugno
9
\/F.NERDÌ 15 OTTOBRE 1993
iWi
l'I'O Vai,lì VaiUdesi
PAG. Ili
Un corso teorico e pratico per il territorio della vicenda valdese
Il paesaggio e Parchitettura
possono raccontare la storia
TOTI BOCHAT_________
Ovunque e da sempre il
paesaggio naturale, la
struttura degli abitati, l’urbanistica degli agglomerati cittadini raccontano fedelmente la
storia delle popolazioni che le
abitano e le vicende delle persone che le hanno vissute.
Gli scalini di pietra dei viottoli portano il segno dei piedi
che li hanno percorsi per generazioni; i muri storti delle vecchie case mostrano le tracce
degli adattamenti alle esigenze
familiari, anno dopo anno, vita
dopo vita; i costoni rocciosi
scavati da colpi di piccone
spiegano i motivi di un percorso deviato o di un passaggio
allargato.
Così come, ad occhio attento, il disporsi sulla montagna
dei boschi e dei prati parla del
duro lavoro contadino o del
triste e fatale abbandono della
terra verso la città.
Se questi e altri segni fanno
parte di una lettura puntuale di
un qualunque territorio, quanto più attraente e complesso si
presenta l’approccio a valli come le nostre, che sono state
teatro di una delle più singolari vicende di popolo che la storia ricordi. Raramente è concesso al lettore di storia di trovarsi, come qui, a svolgere la
sua vita sui luoghi stessi dove
si avvicendarono le imprese di
cui legge, e di riconoscerne i
posti con facilità, trattandosi di
una zona .li montagna in cui il
passo della civiltà è stato più
Cinema
TORRE PELLICE — Il
cinema Trento ha in programma per venerdì 15 ottobre, alle 21,15, I protagonisti; sabato 16 alle 20 e
22,10, domenica 17 alle 16,
18, 20 e 22,10 e lunedì 18 alle 21,15 II fuggitivo.
BARGE — Il cinema Comunale ha in programma per
venerdì 15 ottobre La belle
histoire; sabato 16 Robocop
3; da domenica 17 a giovedì
21 II fuggitivo. Giorni feriali
alle 21, domenica alle 14,15,
16,30, 18,45 e 21.
PINEROLO — Il cinema
Italia continua a proporre per
tutta la settimana Jurassic
Park; feriali ore 20 e 22,20,
sabato 20 e 22,30 e domenica
ore 15, 17,30, 20 e 22,30.
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lento. La storia del popolo valdese è talmente insistente sul
territorio in cui si svolge da
esserne intrinsecamente dipendente. Più volte, nei secoli
delle grandi persecuzioni, solo
la profonda conoscenza di
ogni passo da percorrere è stata la via d’uscita da situazioni
disperate e l’uso appropriato
di nascondigli naturali ha permesso una resistenza altrimenti quasi impossibile, così come
l’attaccamento alla terra, intrecciandosi a una solida spinta vocazionale, ha portato a
scelte drammatiche che costarono la vita di migliaia di persone.
Questi e altri aspetti si presentano, variamente celati, agli
occhi del turista di passaggio,
del visitatore in cerca del silenzio della montagna o dello
studioso ansioso di un incontro con questa diversa e particolare cultura religiosa. È più
che in qualsiasi altro luogo vi
sitato dal turismo, il nostro,
per essere apprezzato richiede
una conoscenza parallela della
storia del suo popolo-chiesa e
degli aspetti socio-ambientali
dell’oggi.
Per questo il Centro culturale valdese di Torre Pellice offre un corso di approccio alla
storia valdese che, pur essendo
aperto a tutti, vuole avere come interlocutori privilegiati i
giovani che, per altre vie, hanno acquisito conoscenze del
territorio sotto vari aspetti e
sentono ora il bisogno di arricchire la loro formazione puntando a diventare guide adeguate al turismo delle nostre
valli.
Il corso è diviso in due parti;
la prima prevede undici lezioni teoriche sulle tappe principali della storia valdese che si
terranno presso il Centro culturale in via Beckwith 3 a Torre Pellice ogni giovedì dalle
20,30 alle 22, a partire da giovedì 14 ottobre; la seconda si
propone invece di far scoprire
i luoghi storici con una serie di
passeggiate su 8 diversi itinerari, da effettuarsi in primavera, con date ancora da stabilire. Il costo dell’intero corso è
di 200 mila lire, pagabili in
due rate; saranno disponibili le
dispense di ogni lezione e al
termine del corso verrà consegnato un attestato di frequenza. Per ulteriori informazioni e
iscrizioni; segreteria del Centro dal lunedì al giovedì (9-12
e 14-16,30) e il venerdì (9-12),
tei. 0121-932566.
In una borgata di Villar Pellice
«Lou puy» OS
del museo va
Giovedì 14 ottobre — TORRE PELLICE; Alle ore 20, 45,
presso il Centro d'incontro, riprende l'attività il Collettivo biblico ecumenico. Il past. Ruggero Marchetti introduce il secondo
Giovedì 14 ottobre — ANGROGNA: alle 20,45, nella sala
unionista di San Lorenzo, si terrà un incontro dibattito sul tema
La giunta regionale ha deciso la soppressione della Ussl della vai Pellice: quale futuro per l’Ospedale valdese e per i
servizi sanitari in vaile? Intervengono Giovanni Mathieu, primario dell’Ospedale valdese di Torre Pellice, Giovanni Rissone, coordinatore sanitario dell’Ussl 43 e gli amministratori degli enti locali e Ussl della valle.
Giovedì 14 ottobre — TORRE PELLICE: alle 20,45 nel
tempio valdese si terrà il concerto dei Solisti aquilani, diretto
da Vittorio Antonellini. Il programma prevede l’esecuzione di
musiche di Vivaldi, Mozart, Rossini e Bottesini. L’ingresso costa 5 mila lire.
Venerdì 15 ottobre — PINEROLO: Presso il circolo sociale di via Duomo 1, alle 21, si svolge un concerto del Civico
istituto musicale Corelli.
Venerdì 15 ottobre — TORRE PELLICE: Presso la sede
del Cai, alle 21, Alberto Fomeris e Claudio Bonifazio presentano Cina: sulla via della seta.
Venerdì 15 ottobre — TORRE PELLICE: Alle 20,45,
presso la sede della Comunità montana, a cura del gruppo di
studio Val Lucerna, Gian Paolo Romagnani parlerà su Ripensare il Settecento.
Sabato 16 ottobre — TORRE PELLICE: Presso il salone
Opera gioventù di via al Forte, alle 21, la filodrammatica buschese «E1 ciòchè» presenta lo spettacolo ‘L di dia tramulina.
Sabato 16 e domenica 17 ottobre — BIBIANA: Alle 16 di
sabato si inaugura la sesta sagra del kiwi; in serata, alle 21,30,
concerto del coro di Castelpasserino.
Domenica dalle 10, mercatino delle pulci e, in serata, karaoke per dilettanti.
Sabato 16 ottobre — ANGROGNA: Nel tempio di Pradeltorno, alle 20,45, il Gruppo teatro Angrogna presenta la videocassetta «A la brua! Un grido di libertà».
Domenica 17 ottobre — ANGROGNA: Alle 11, presso la
scuola di Serre Malan destinata a diventare nuovo posto tappa
escursionistico, festa del villaggio con pranzo.
Domenica 17 ottobre — TORRE PELLICE: Dalle 13,30,
preso i campi sportivi, gare di bocce «Riccio d’oro» alla baraonda a coppie.
Martedì 19 ottobre — PINEROLO: Presso il centro sociale di San Lazzaro, alle 21, si svolge una conferenza con proiezione di diapositive a cura del circolo astrofili «Polaris» sul tema Attraverso il sistema solare a cavallo di una cometa.
Giovedì 21 ottobre — PINEROLO: Alle 21, presso la sala
della società operaia in via S. Pellico, verrà presentato il libro
Le valli valdesi a cura di G. V. Avondo, G. Pellice, B. Peyrot,
D. Seglie.
Dite
dese?
LINO ROSTAONO
Nei giorni scorsi, in località Mamauro superiore,
nel comune di Villar Pellice,
nella vecchia abitazione del
capitano Piene, personaggio
della storia valdese, è stata
rinvenuta una curiosa costruzione in legno chiamata ancora oggi in patois «lou
puy». Si trattava di un nascondiglio a forma di casupola lungo circa 2 metri, alto
1,20 e largo 80 centimetri;
sul fianco, come evidenziato
dalla foto, si trovava
un’apertura con chiusura mediante un’asse scorrevole su
guide manovrate dall’esterno
e daU’interno tramite un lungo chiodo sporgente a mo’ di
maniglia.
Lou puy veniva solitamente sistemato sul punto più alto del terreno (ecco un’ipotesi per il nome che potrebbe
derivare da puy che significa
poggio o altura), nei pressi
dell’ ovile; il pastore, una
volta entratovi, si poteva rinchiudere, distendere e riposare trascorrendo la notte. Alcuni fori praticati nelle testate permettevano di osservare
e tenere sotto controllo il
gregge e intervenire con il
fucile in caso di un eventuale
attacco dei lupi o delle linci
che in tempi lontani popolavano le nostre montagne.
In seguito alla scomparsa
dei lupi lou puy venne ancora
utilizzato, così raccontano
per esperienza vissuta i discendenti dal capitano Piene,
per rinchiudere, bonariamente si intende, i bambini
nei periodi in cui la loro
mamma partoriva in casa
l’ennesima creatura della numerosa famiglia.
Del ritrovamento sono stati
interessati i responsabili del
museo valdese di Torre Pellice che si sono dimostrati favorevoli ad accogliere nei locali di via Beckwith questa
curiosa e probabilmente unica costruzione.
Val Pellice
«Tacabanda»
prende il via
«Tacabanda», la rassegna
di musica popolare che
impegnava fino alla scorsa
edizione un paio di serate in
vai Pellice, da quest’anno
cambia formula; in sostanza
si trasforma in una rassegna
itinerante attraverso i Comuni della valle, sulla falsa riga
di quanto accade da diversi
anni nella valli Chisone e
Germanasca col «Cantavalli».
Si inizierà il 23 ottobre a
Bibiana, dove si esibirà il
gruppo Baraban presentando
musica tradizionale lombarda. Dopo una pausa il 30
novembre, il viaggio musicale toccherà successivamente Rorà con musiche
argentine, Luserna San Giovanni con canti tradizionali
delle valli Po e Pellice, Angrogna con canti dell’area
valdostana, Torre Pellice con
due serate, una di musica
occitana e una di musiche
sarde, Bobbio Pellice con un
viaggio musicale dall’Irlanda
al New Mexico e Villar Pellice con canti e armonie francesi.
Nell’organizzazione sono
impegnati Comunità montana, Comuni e associazioni
presenti sul territorio; l’organizzazione tecnica è affidata
alla Cantarana e a Radio
Beckwith.
L’ingresso ai concerti costerà 7.000 lire, con riduzione per gli anziani e per i più
giovani; si tratta di una scelta
diversa da quella che ha contraddistinto fin qui il Cantavalli che dal 1994 dovrebbe
comunque avere a sua volta
un ingresso a pagamento.
SKY ROLL— Buoni risultati ai campionati italiani assoluti
disputatisi ad Antey St. André-Torgnon in Valle d’Aosta. Silvia
Della Mea ha ottenuto la medaglia d’argento nella categoria juniores e Antonella Chiavia è giunta terza nella categoria cadetti.
Nel campionato per società lo S.C. Angrogna è giunto settimo
assoluto.
CALCIO — Finalmente una bella partita anche per il Pinero
10 nel campionato dilettanti di calcio; bella e sfortunata se è vero
che sul campo di Moncalieri reso impossibile dalla pioggia, i
biancoblù sono stati raggiunti a poco più di 10’ dalla fine. Nel
primo tempo solita fase di apatia degli uomini di Cavallo che,
seppure in superiorità numerica fin dai primi minuti, vanno sotto
di un gol al quarto d’ora. Nel secondo tempo i pinerolesi scendono in campo trasformati e pareggiano grazie al bomber Labrozzo nel giro di un paio di minuti. Ma le occasioni si susseguono e al 25’ della ripresa il Pinerolo passa addirittura in vantaggio con Schina. Il pareggio arriva quando qualcuno già assaporava il sapore della prima vittoria ma in fondo, anche se c’è
chi recrimina, lo si può considerare equo. L’importante è proseguire sulla strada tracciata, a cominciare da domenica prossima
domenica, con il secondo derby della stagione, al Barbieri, col
Nizza Millefonti.
VOLLEY — Prosegue l’avventura del Pinerolo pallavolo
nella coppa di Lega femminile. Dopo la vittoria nel turno di
apertura, sabato scorso le ragazze pinerolesi hanno regolato con
un altro 3-0 anche il Novara. L’ambiziosa formazione locale affronterà ancora un turno casalingo sabato 16 ottobre affrontando
11 Mondo Alba, formazione di B2 ma con un organico di tutto rispetto. Nella coppa di Lega maschile invece l’Olympus Pinerolo
è uscito sconfitto a Mondovì.
HOCKEY GHIACCIO — C’è ancora incertezza sulle prospettive dello sport del ghiaccio in vai Pellice. La vicenda
dell’affidamento della gestione della pista coperta di Torre Pellice sta diventando una storia di cui si fatica a intravedere la fine.
Ora pare che la Comunità montana voglia annullare la gara per
la quale erano state presentate due offerte, rinviando la patata
bollente al Comune di Torre Pellice, proprietario della struttura.
L’HC Valpellice si sta intanto orientando a far disputare i campionati giovanili alle proprie formazioni pur iniziando l'attività
in ritardo. La prima squadra dovrebbe disputare la serie C in un
campionato che dovrebbe vedere al via una decina di squadre.
TENNIS TAVOLO — Polisportiva Valpellice, serie C nazionale: vittoria in trasferta per 5 a 2 contro il Chivasso, 3 punti
di Rosso in piena forma, 1 punto ciascuno Galofaro e Malano.
Serie D 1 regionale: netta sconfitta (5 a 0) per Gay, Ghiri e Piras
contro la capolista Ciriè. Nuova vittoria invece per la D femminile che, vincendo a Serravalle per 5 a 0, si trova in testa alla
classifica a pari merito con il Verzuolo A. Per sabato 16 ottobre
sono previste le prossime partite di campionato: serie C nazionale a Torre Pellice contro il Dopolavoro comunale di Torino; la
DI è in trasferta a Torino contro il Fiat e la D femminile si batte
contro TAuxilium Bra.
USSL 42
CHISONE - GERMANASCA
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale valdese, Pomaretto,
tei. 81154.
DOMENICA 17 OTTOBRE
Rinasca: Farmacia Bertorello
- Via Nazionale 22, tei.
800707
Ambulanze:
Croce verde, Perosa; tei. 81000
Croce verde. Porte ; tei. 201454
USSL 43-VALPELLICE
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
telefono 932433
Guardia farmaceutica:
DOMENICA 17 OTTOBRE
Bibiana: Farmacia Garella Via Pinerolo 21, tei. 55733
Ambuianze:
CRI - Torre Pellice, tei. 91996
Croce Verde - Bricherasio, tei.
598790
USSL 44 - RINEROLESE
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale civile, Pinerolo, tei.
2331
Ambulanza:
Croce Verde, Pinerolo, tei.
22664
SERVIZIO!»
dalle ore 8 alle 17, presso i distretti.
SERVIZIO ELIAMBULANZA
telefono 118
L’Eco Delle Valli Valdesi
Via Pio V, 15-10125 Torino
Tel. 011/655278
Reg. Tribunale di Pinerolon. 175/60
Resp. Franco Giampiccoli
Stampa: La Ghisleiiana Mondovì
Spedizione in abb. post.; Gr 2A/70
10
PAG. IV
venerdì 15 OTTOBRE 1993
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TORTELLINI DEA ar. 250 L 1.790 L 3.580 L 1.193
PASTA MISURA PENNE ar.500 L 1.650 L 3.300 L 1.100
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FUNGHI CHAMPIGNON BEmU ar. 295 L 4.540 i 9.080 L 3.027
OLIO EXTRAVERGINE POGGIOLO cl. 75 L 6.890 L. 13.780 L 4.593
OLIO EXTRAVERG. Rocca Uliveto BERTOLLI d. 75 L. 7.990 L. 15.980 L 5.327
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CIOCCOLATO NOVI LATTE ar.100 L990 L 1.980 l660
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VINQ MQSCATQ ROVELLO cl. 75 L. 2.590 L 5.180 L. 1.727
VINQ MARZEMINQ ROVELLO cl. 75 L. 2.590 L 5.180 L 1.727
VINQ PRQSECCQ ROVELLO cl. 75 L. 2.590 L 5.180 L 1.727
VINQPINQTCHARDQNNAYBOyELLO cl. 75 L. 2.590 L 5.180 L 1.727
VINQ VERDUZZQ ROVELLO c/. 75 L 2.590 L. 5.180 L 1.727
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GUANTI VILEDA SQTTILI Grandi L. 1.650 L 3.300 L. 1.100
GUANTI VILEDA UNIVERSALI Piccoli L. 1.650 L 3.300 L 1.100
GUANTI VILEDA UNIVERSALI Medi L. 1.650 L 3.300 L 1.100
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CARTA IGIENICA CAMOMILLA Profumata - 4 Rotoli L. 1.920 L 3.840 L 1.280
CARTA IGIENICA TENDERLY 10 Rotoli L. 3.770 L 7.540 L 2.513
BAYSAN CASA mi. l.ooo L. 2.690 L 5.380 L 1.793
SOLE PIATTI Liauido mi. 1.500 L. 2.590 L 5.180 L 1.727
TERGEX Manqiapohfere mi. 400 L. 3.330 L 6.600 L 2.200
LANZAULTRAf5/Co2 L. 8.990 L17.980 L 5.993
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BAGNQ FELCE AZZURRA mi. 400 L. 5.360 L 10.720 L 3.573
BAGNQ NIVEA CREMA mi. 500 L. 5.110 L 10.220 L 3.407
SHAMPQQyWmOP CEDRQ mi. 400 L 2.460 L 4.920 L 1.640
SHAMPQQynnOOP CAMQMILLA mi. 400 L. 2.460 L 4.920 L. 1.640
SHAMPQQVBnOOP BABY mi. 400 L. 2.460 L. 4.920 L 1.640
SHAMPQQ BALSAMQytVmOP mi. 400 L. 2.460 L 4.920 L 1.640
BALSAMQVWmOP mi. 250 L. 2.460 L 4.920 L 1.640
BAGNQ FELCE AZZURRA mi. 400 L. 5.360 L 10.720 L 3.573
BALSAMQ SPLENDOR LEGGERQ mi. 300 L. 2.090 L 4.180 L. 1.393
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...im/lre Vi ricordiamo che potalo approfittare dei prodotti superxonvenienti:
11
t/FNERDÌ 15 OTTOBRE 1993
PAG. 7 RIFORMA
Convegno al Servizio cristiano di Riesi
Togliere il territorio alla mafia
GIUSEPPE PLATONE______
A ppropriarsi del territorio, perché non è
mai appartenuto alla collettività ma alla borghesia mafiosa, ai grandi imprenditori, al
sistema politico dominante,
appropriarsene popolandolo
di spazi e di strutture rispondenti ai grandi bisogni sociali, autogestiti e comunque
sottoposti al controllo democratico, popolandolo di iniziative attraversate dai valori
della solidarietà, della nonviolenza, della libera creatività, popolandolo di lavoro
socialmente utile».
Così è intervenuto Antonio
Pioletti, direttore della rivista
catanese Città d’utopia, nell’
incontro organizzato presso il
Servizio cristiano di Riesi il
2-3 ottobre tra vari gruppi siciliani impegnati nella liberazione dal dominio mafioso.
Dal Centro di documentazione di Palermo, al Centro S.
Saverio, all’Arciragazzi e
«La Noce», via via sino al
Comitato per la pace di Messina, all’Arciragazzi di Catania e di Trapani, un centinaio
di persone hanno trascorso
due intere giornate scandite
dal lavoro di gruppo.
Tre i filoni di ricerca; i minori, le donne, gli anziani.
Nessuna conclusione particolare, ma certamente si è registrato il desiderio di reincontrarsi nuovamente per riflettere insieme e per perseguire
una comune strategia antimafia. Non si è trattato di racco
gliere pii desideri («che cosa
si dovrebbe fare») o declamazioni programmatiche («che
cosa si vorrebbe fare»), bensì
si è registrato con realismo il
valore e i limiti di iniziative
già avviate («che cosa si è
fatto, che cosa si può fare
nell’immediato»).
Ma nell’analisi complessiva sono emersi anche nuovi
spunti, sia a proposito dei limiti della nuova legge sull’
elezione diretta del sindaco,
che rischia di rafforzare i
meccanismi della delega, sia
sui rischi che il volontariato
diventi un nuovo canale di
clientelismo.
Gli obiettivi dell’incontro
erano in sostanza tre: puntare
sul protagonismo diretto dei
soggetti sociali, costruire luoghi di aggregazione stabile,
affermare la pratica dell’autogestione, dell’autogoverno,
del controllo. Per molti si è
trattato di verificare il lavoro
svolto, come nei quartieri di
Palermo, dell’Albergheria o
di San Cristoforo a Catania,
per altri si è trattato di uscire
dal proprio «buco» per collegarsi con altri movimenti e
attivare così uno scambio di
esperienze, di metodi e prospettive.
In questo convegno regionale dell’antimafia, come faceva notare Goffredo Fori,
direttore di Linea d’ombra, si
rivela uno dei compiti essenziali che sta svolgendo il Servizio cristiano. In effetti Riesi, al centro geografico della
Sicilia, si è dimostrato come
luogo affidabile per un confronto regionale come questo
di ottobre, aperto al pubblico
della città. Quest’ultimo per
la verità non era molto numeroso, e d’altra parte parlare di
mafia in termini concreti di
analisi del territorio non attira
le masse.
In effetti, dietro l’apparenza del «nuovo», si stanno ricomponendo, attorno a un ceto politico abilissimo nel riciclarsi, gli interessi sociali del
blocco di potere. Sicché tutto
cambia ma tutto rimane come
prima. L’adagio gattopardesco oggi non è più così vero,
qualcosa sta veramente cambiando, ma sono solo tentativi imperfetti, frammenti, ricerche che si fanno strada a
fatica. Segnali che stanno
però aumentando, come dimostra la partecipazione al
convegno regionale di Riesi
(soprattutto di giovani).
Tutto questo incoraggia a
continuare e approfondire
l’impegno democratico e di
azione sociale. Il convegno
ha così dimostrato che la socializzazione del territorio è
il luogo principale di lotta
contro la mafia.
«La mafia - ha avvertito
Umberto Santino, del Centro
di documentazione di Palermo - è padrona del territorio,
come si nota dall’ultimo delitto a Brancaccio in cui ha
perso la vita don Puglisi. Per
combatterla occorre essere
presenti sul territorio con
progetti sociali. Le parole
non bastano più».
Giorgio Spini ospite della Chiesa battista di Mondovì
La fede trasforma il mondo
Servizio Cristiano
Istituto Valdese
REGIONE SICILIANA
Assessorato del lavoro della Previdenza sociale
della Formazione professionale e dell’Emigrazione
FONDO EUROPEO - FONDO DI ROTAZIONE DEL MINISTERO DEL LAVORO
CORSI DI SPECIALIZZAZIONE
ESPERTO NELLA QUALITÀ E NELLA
VALORIZZAZIONE
DEI PRODOTTI AGRO-ALIMENTARI
FINALITÀ DEL CORSO
Il corso si proponé la formazione di esperti nel settore agro-alimentare in grado di affrontare, sotto vari aspetti, i problemi della qualità e della valorizzazione dei prodotti.
La figura professionale formata è destinata ad operare all’interno, o per conto, di
aziende di produzione, di trasformazione e di distribuzione, oltre che delle organizzazioni professionali ed economiche del settore agricolo e della Pubblica Amministrazione.
REQUISITI
Il corso è rivolto a giovani diplomati che siano preferibilmente in possesso di uno dei
seguenti titoli di studio: perito agrario, perito chimico, geometra o preparazione affine.
CONDIZIONI E MODALITÀ
I candidati devono essere in stato di disoccupazione, aver compiuto 18 anni e non aver
compiuto i 25 anni alla data del corso. Il corso è gratuito, i candidati potranno usufruire
di una borsa di studio per tutta la durata del corso alla fine del quale, dopo gli esami,
verrà rilasciato un attestato di specializzazione, secondo quanto previsto dalla legge quadro del 21/12/78 n- 845. Il corso prevede la convittualità per 5 candidati residenti al di
fuori della Próvincia di Caltanissetta e la semiconvittualità per gli altri candidati. Per essere ammessi occorre sostenere un test scritto ed un successivo colloquio. Le prove di
ammissione si svolgeranno nella settimana dal 26 al 29 Ottobre. Nella fase finale del corso è previsto un periodo di stage presso aziende del settore. Una volta ammessi gli interessati dovranno presentare i seguenti documenti: copia autenticata del titolo di studio,
certificato di nascita e di residenza, codice fiscale e Mod. CI (tesserino rosa).
DURATA E SVOLGIMENTO
II corso dura 1.000 ore, inizia il 02/11/93 e termina il 20/05/94. L’orario è a tempo;
pieno con frequenza obbligatoria. II corso si svolgerà presso il Servizio Cristiano - Istituto Valdese, 93016 Rìési (CL).
Posti disponibili: 15
Scadenza iscrizioni; 23 ottobre 1993
Per iscrizioni e informazioni
; Servizio Cristiano - Istituto Valdése, tei. 0934-928123
Chario 9-12--14-17 (dal Mfièffi al venerdì)
La sera di domenica 3 ottobre, di fronte a un folto
pubblico che ha riempito il
salone comunale delle conferenze, il professor Giorgio
Spini ha parlato sul tema: Il
protestantesimo e le rivoluzioni del nostro tempo. Prima
che l’oratore prendesse la parola, in due brevi interventi, il
pastore Herbert Anders, della
Chiesa cristiana evangelica
della provincia di Cuneo
(promotrice dell’iniziativa),
ha dato il benvenuto ai partecipanti e successivamente il
prof. Stefano Sicardi,
dell’Università di Torino, ha
fatto presente che la conferenza del prof. Spini costituisce la prima di un ciclo di
manifestazioni pubbliche promosse dai protestanti della
nostra provincia su temi storico-culturali, teologici, di etica
pubblica e privata e in particolare su argomenti rivolti a
approfondire e sviluppare il
dialogo ecumenico.
Il prof. Spini, nella sua
esposizione, ha esordito ricordando i grandi rivolgimenti (tali da considerarsi vere e
proprie rivoluzioni) che hanno caratterizzato il nostro
mondo contemporaneo: la caduta dei regimi comunisti e
della loro ideologia, il conseguente attenuarsi della minaccia nucleare, il trionfo, sebbene percorso da cadute di ideali e da poca chiarezza nelle
prospettive future, della democrazia liberale.
Sembra proprio, ha proseguito l’oratore, che si sia
chiusa una fase storica, fase
peraltro perversa, iniziata con
il «grande peccato dell’Europa civile», il «grande macello» della prima guerra mondiale. Da qui sono sorte le
tragedie e le carneficine che
hanno macchiato e insanguinato il nostro secolo, 70 anni
di «cattività» per scontare,
verrebbe da dire, un peccato
collettivo ancora troppo poco
confessato.
Su questo sfondo tragico,
sui cambiamenti però anche
sicuramente positivi a cui in
questi ultimi anni abbiamo
assistito e sul futuro incerto
che ci aspetta il prof. Spini ha
iniziato la sua riflessione sulle fedi del nostro tempo. Se le
«religioni atee» (come il co
Giorgio Spini ha predicato alla chiesa di Mondovì
monismo) hanno sperimentato una terribile crisi, che ne è
delle fedi religiose non atee?
L’oratore si è soffermato
prima sul cristianesimo ortodosso, poi sul cristianesimo
protestante. Ha sottolineato
soprattutto come la caduta dei
regimi comunisti apra uno
spazio nuovo e grande all’ortodossia: una versione del cristianesimo in Italia, sottovalutata e che invece sta conoscendo, non solo nell’Est europeo ma anche, per esempio,
in Africa, un grande rilancio;
e, bisogna aggiungere, una
versione del cristianesimo
portatrice di altissima spiritualità ingiustamente trascurata.
Per quanto riguarda il protestantesimo, il protestante
Giorgio Spini ha apertamente
denunciato il «grande peccato», la grande irresponsabilità
dei cristiani protestanti (un
peccato che, peraltro, ha
coinvolto tutti i cristiani) nello scoppio della prima guerra
mondiale. Un peccato che ha
pesato moltissimo con tutte le
sue conseguenze, nel corso di
questo secolo, in particolare
sulla strada dei paesi di cultura protestante, (basti pensare
ai destini della Germania).
E oggi? L’oratore ha distinto, nell’affrontare la realtà del
protestantesimo, fra le confessioni (come per esempio i
luterani tedeschi e svedesi, i
riformati svizzeri e olandesi,
gli anglicani) che si fondano
sul modello della chiesa territoriale, che partono cioè dal
presupposto che in linea di
principio tutti i nati di una
certa regione siano potenzialmente cristiani, (si tratta di un
modo di pensare caratteristico
anche della Chiesa cattolica)
e le confessioni protestanti
che invece si basano su
un’adesione fondata sulla
scelta personale, attraverso
per esempio il battesimo in
età adulta (si pensi a battisti,
pentecostali, e altri).
Il prof. Spini ha notato che
l’attuale tendenza del protestantesimo va nel senso di
una contrazione delle «chiese
territoriali» e di una forte crescita, invece, di quelle fondate sulla libera adesione. Spesso, in quest’ultimo caso, si
tratta di chiese caratterizzate
da forte spiritualità ed entusiasmo e che si diffondono
nelle parti più povere del
mondo (Africa, America Latina, ecc.). Ci troviamo, insomma, di fronte a una tendenza che deve essere attentamente valutata e che in futuro
potrebbe portare grandi cambiamenti sia all’interno del
protestantesimo sia, più in generale, in relazione al cristianesimo nel suo insieme.
L’esposizione diretta, aperta, molto vivace del prof. Spini ha provocato, nel dibattito
che ne è seguito, una nutrita
serie di domande e interventi
e, a conferenza chiusa, un intreccio di conversazioni tra
l’oratore e alcuni partecipanti. Nella mattinata dello stesso giorno, di fronte a un nutrito gruppo di evangelici di
Mondovì e Cuneo, Giorgio
Spini aveva tenuto il sermone
al culto domenicale condotto
dal pastore Anders.
Per l'iniziativa della Chiesa battista di Civitavecchia
La chiesa ospiterà il gruppo 152
di Amnesty International
_______PAOLO MARZIALE_______
Prossimamente la Chiesa
battista di Civitavecchia
accoglierà il Gruppo 152 di
Amnesty International della
nostra città che avrà così da
noi la sua sede. Sappiamo che
Amnesty è un’organizzazione
umanitaria che si finanzia
esclusivamente tramite offerte e sottoscrizioni, per questo
la comunità ha messo a disposizione un locale, con
l’accordo dell’Ente patrimoniale dell’ Ucebi a cui è intestata la proprietà dello stabile.
Da parte della comunità
non si tratta solo di «ospitare» il Gruppo 152 di Amnesty, ma di un’occasione per
rinsaldare i rapporti con lo
stesso gruppo e partecipare
ancora più attivamente alle
sue attività in difesa dei diritti umani. Si prospetta, quindi.
un futuro in cui la collaborazione, ormai consolidata attraverso gli anni, fra la Chiesa battista e Amnesty andrà
intensificandosi sempre più
nella direzione delineata dal
settore «diritti umani» del dipartimento di evangelizzazione delTUcebi.
Amnesty è un movimento
internazionale che lavora per
la tutela dei diritti umani nel
mondo; in particolare si adopera per la liberazione e l’assistenza dei prigionieri per
motivi di opinione, di uomini
e donne detenuti a causa proprie idee, della propria diversa etnia, sesso, lingua, religione; sollecita inoltre procedure eque e tempestive per i
prigionieri politici; si oppone
alla pena di morte, alla tortura e a ogni trattamento inumano e degradante.
A noi, chiesa del Signore,
vengono in mente le parole
profetiche di Gesù: «Sono
venuto per annunciare la liberazione ai prigionieri e rimettere in libertà gli oppressi».
Riguardo alla pena di morte sappiamo che Gesù l’ha
patita ingiustamente e riguardo al trattamento inumano ricordiamo ancora la parola di Gesù; «In quanto
l’avete fatto a uno di questi
piccoli Tavete fatto a me».
La strada da percorrere
quindi è comune, e anche se
il motore che ci spinge potrebbe essere diverso, la meta
da raggiungere è la stessa e
degna di ogni considerazione
perché pienamente umana, di
quella umanità per la quale
Cristo si è manifestato in carne per noi.
12
PAG. 8
RIFORMA
VENERDÌ 15 OTTOBRE I993
Una raccolta di studi di araldica
L^antìca orìgine
dello stemma valdese
GIOVANNI GÖNNET
Nella collana «L’albero e
l’arme» dell’editore Pagnini di Firenze è uscito un
bel volume di Mario Cignoni* nel quale, insieme con ricerche sul fenomeno blasonico in genere e su antiche insegne (Aragona, Casa reale
inglese, Buonsignori di Siena, Pannocchieschi d’Elci,
Chiesa romana al tempo
dell’Albornoz) ne troviamo
due che fuoriescono un po’
dai limiti cronologici presenti: uno sullo stemma valdese,
l’altro sugli stemmi della
Bibbia di Lutero del 1545.
L’autore ha le carte in regola, insegna araldica all’
Università «La Sapienza» di
Roma, ma non si ferma alla
descrizione di blasoni, ne rifa
la storia cercando di trovare
collegamenti tra stemmi uguali o simili. Così fa proprio
con lo stemma valdese, sulle
origini del quale la ricerca si
era fermata tra la fine
dell’800 e i primi 40 anni del
’900.
Due erano allora le «scuole» a confronto: da una parte
chi, come Pietro Rivoir o
Jean Jalla, ai quali aggiungerei Pietro Chiminelli, faceva
derivare il nostro blasone da
quello dei conti di Lusema,
dall’altra chi, come David Rivoir e Teodoro Balma, ne rivendicava la piena autonomia.
Come ci viene opportunamente ricordato, lo stemma
valdese appare la prima volta
in opere a stampa e in carte
geografiche della seconda
metà del ’600, mentre quello
dei conti di Luserna è anteriore di almeno un secolo. La
prima differenza che colpisce
è la comparsa nello stemma
lusemese di una lucerna senza stelle, almeno fino al 1871
quando si uniscono i due Comuni di Lusema (cattolico) e
San Giovanni (valdese), mentre nello stemma valdese
campeggia il candeliere attorniato dalle 7 stelle.
A questo punto l’autore ci
propone un interessante parallelismo: citando la tesi
(non l’ipotesi) dello storico
Jean Léger, che nella sua Histoire générale des Eglises
Evengéliques des Vallées du
Piémont ou Vaudoises del
1699 sosteneva che il nome
«valdese» deriva da quello
delle valli e non da Valdo,
Cignoni argomenta che, come
il termine «valdese» si sarebbe trasformato (il condizionale è d’obbligo) da semplice
indicazione etnico-topografica in designazione ecclesiastica, così lo stemma sarebbe
passato dall’indicare una
realtà dinastico-territoriale al
contrassegnare un’entità di
tutt’altro genere.
Il parallelismo è indubbiamente affascinante ma solleva una vecchia questione che,
come quella dell’ibrido Pietro
Valdo, ritorna di tanto in tanto a galla. Se Cignoni ammette giudiziosamente che sulla
tesi del Léger ci possa (o debba) e.ssere qualche perplessità
(p. 91), tuttavia sta il fatto
che quella tesi ha vecchie radici, che risalgono addirittura
fino al secolo XIII.
Già allora l’inquisitore Moneta di Cremona accusava i
valdesi di volersi costruire artificiosamente una discendenza temporale risalente fino
agli apostoli. La cosa si ripetè
nella seconda metà del secolo
XIV quando, in un carteggio
lombardo-austriaco, apparve
per la prima volta il «prenome» Pietro aggiunto per semplici motivi apologetici al nome del mercante lionese. Rispuntò ai primi del secolo
XVI sotto gli strali dell’arcivescovo di Torino, Claudio di
Seyssel. Si consolidò nei rapporti con i riformatori d’Oltralpe con l’affermazione del
barba Giorgio Morel che si
stimava, insieme al collega
Pietro Masson, tra i «dottori
qualunque di un certo popolo
bisognoso e piccolo il quale
già per oltre 400 anni, anzi,
come spesso narrano i nostri,
dal tempo degli apostoli (...)
ha dimorato tra spine crudelissime».
Infine, tramite il Gilles e il
Léger, tale tesi si fossilizza
nella prefazione dell’Histoire
de la Glorieuse Rentrée des
Vaudois dans leurs vallées di
Enrico Amaud del 1710, dove è scritto che gli abitanti
delle tre valli di Lusema, San
Martino e Perosa «si chiamano valdesi perché hanno preso il loro nome dalla parola
latina vallis e non, come si è
voluto insinuare, da Valdo
mercante lionese».
Malgrado le acerbe critiche
del Bossuet e del Charvaz,
occorse tutto l’acume critico
di un Emilio Comba perché il
mito dell’anteriorità dei vaidesi al loro stesso fondatore
si frantumasse, e questo solo
sul finire del secolo scorso.
(*) Mario Cignoni: La Spada
e il Leone. Studi di araldica
medievale. Firenze, Giampiero
Trieste
Concerti
per l'organo
rinnovato
La basilica di San Silvestro,
dove hanno sede le comunità
elvetica e valdese, è da lungo
tempo dotata di un organo.
Addirittura A. Carey, nel
1808, testimoniava dell’esistenza di un primo strumento.
Esso fu poi sostituito nel
1947 da un nuovo organo costruito da Carlo Hesse, che fu
a sua volta sostituito dall’attuale, messo a punto dalla ditta Rieger nel 1905.
Attraverso varie modificazioni, alcune delle quali già
operate dalla ditta Zanin dopo
che durante la prima guerra
mondiale le canne di facciata
erano state requisite, si è arrivati all’attuale ultimo lavoro
di ammodernamento e restauro, sempre a opera della stessa ditta.
Così mercoledì 6 ottobre si
è potuto inaugurare lo strumento rimesso a punto, con
un concerto dell’organista Peter Schumann, a cui ha fatto
seguito il programma eseguito da Andrea Marchiol lunedì
11, e a cui succederà il recital
di Giuseppe Zudini (lunedì
18, ore 20,30), che comprenderà musiche di Bach, Mendelssohn, Brahms e César
Franck.
Lo strumento è di piccole
dimensioni, ma consente per
l’equilibrio fra le sue sezioni
l’esecuzione di buona parte
del repertorio che va dall’epoca di Bach a quella contemporanea. Giuseppe Zudini è
attualmente insegnante presso
il Conservatorio di Udine.
Una riflessione su Nicodemo, Giuseppe d'Arimatea e i testimoni nel corso dei secoli
Gli aristocratici della chiesa dì sempre
due dipìnti delPAngelìco a Firenze
__________CARLO GAY___________
Nel museo di S. Marco di
Firenze l’attenzione è attratta da due dipinti dell’Angelico: la deposizione di Gesù dalla croce e il compianto
al Cristo morto, trascrizione
del sabato santo.
L’Angelico traduce in pittura i passi dei sinottici: Matteo 27, 57-61; Marco 15, 4247; Luca 23, 50-56 e il racconto più diffuso dell’Evangelo di Giovanni (19, 38-42).
I protagonisti sono Giuseppe d’Arimatea, Nicodemo,
Maria Maddalena e Maria,
madre di lose. Queste fanno
parte del gruppo delle donne,
che seguivano e servivano il
maestro: l’immagine della
chiesa vigilante in vita e in
morte. Ma qui i Vangeli raccontano la storia dei due «aristocratici» che compaiono
quando Gesù diventa un ricordo. Giuseppe d’Arimatea
era un discepolo di Gesù,
«ma in segreto per timore dei
giudei». Ora «si fa coraggio,
va da Pilato e gli domanda il
corpo di Gesù».
Gli indomani delle tragedie
umane hanno sempre trovato
dei samaritani e dei governativi riconciliati e benefici: Pilato è ridiventato gentile, sensibile, diplomatico; Giuseppe
mette a disposizione la tomba
vuota, dove nessuno era stato
posto. Di Nicodemo il Vangelo dice che «in precedenza
era andato da Gesù di notte»
e che «porta una mistura di
mirra e d’aloe di circa cento
La Deposizione vista dai Beato Angeiico (Firenze, Museo di S. Marco)
libbre», come quarto mago
d’Oriente.
Il ritratto dei due si ferma
qui. Gli annali dei martiri, le
leggende saranno mute al riguardo. Ma i Vangeli e l’Angelico non li dimenticano.
Sono dei testimoni di una
chiesa formata di credenti e
martiri, ma possono anche ricordarci la chiesa del «compianto del Cristo morto». Sono gli «aristocratici» della
chiesa di tutti i tempi: pensosi, studiosi, esegeti, mistici
ma disposti, controvoglia, al
compromesso. Presenti dopo
la croce, non presenti alla resurrezione, non risorti dopo
la Pentecoste. Segnati da un
intellettualismo di alto livello
ma non impegnati a fondo, ci
ricordano il nostro limite. Ci
ricordano un gruppo di uomini non ferventi, forse gli ateniesi dell’Areopago, ma che
nemmeno dicono «ti sentiremo un’altra volta». Sono neutrali e anche neutralisti, ma
possono così diventare il limite di una comunità addormentata, narcotizzata.
Potranno essere dei testimoni del Cristo morto, ma
non del Cristo vivente che fa
del rinnegatore Simone un
apostolo Pietro, del persecutore Saulo l’evangelizzatore
Paolo, di Lidia, negoziante di
porpora, colui che aprì la sua
casa ai discepoli. Ma, nella
loro marginalità, potranno capire molte cose dello Spirito,
potranno essere conoscitori di
Tommaso d’Aquino, dell’ortodossia, del cattolicesimo e
del protestantesimo. Ma la
Pentecoste è un’altra cosa.
PaiJova ha dedicato una mostra al pittore che ha incarnato quella temperie culturale
Damìnì e la pittura della Controriforma
ALBERTO BBAGAGLIA
Pietro Damini: pittura e
Controriforma è il titolo
di una mostra allestita nel
medievale Palazzo della Ragione di Padova fino al 30
settembre scorso. Interessante
e singolare figura della pittura veneta del primo Seicento,
anche se non artista di prima
grandezza, Pietro Damini nasce a Castelfranco nel 1592
circa. Di formazione inizialmente autodidatta, poi allievo
di Giovan Battista Novello, a
sua volta allievo di Palma il
Giovane, si trasferisce a Padova nel 1612: questa città rimarrà, salvo brevi soggiorni
altrove, il centro della sua attività, fino alla morte durante
la grande pestilenza del 1631.
In quell’epoca la pittura a
Padova era dominata dagli
epigoni del tardo manierismo,
ormai incapaci di rielaborare
in modo originale la lezione
dei grandi maestri del ’500
veneto. Ma è anche la fase
storica in cui la committenza
religiosa è impegnata nel generale rinnovamento dell’iconografia devozionale e decorativa presente all’interno
delle chiese sulla scorta delle
nuove norme dettate dal Concilio di Trento.
Infatti il 3 e 4 dicembre
1563 era stato emanato un
decreto dal titolo «Le reliquie
dei santi e le sacre immagini», in cui si offrivano tra
l’altro indicazioni circa pitture, sculture o altro da collocarsi in luoghi sacri.
In particolare spettava ai
vescovi ricordare ai fedeli
che: 1) attraverso le immagini si può trarre «grande frutto», perché si ha una rappresentazione delle meraviglie
operate da Dio, e perché si
hanno modelli che ispirano la
virtù; 2) non si può esporre
alcuna immagine che sia «per
i semplici occasione di pericolosi errori» di fede; 3) in
ogni caso le immagini non
possono pretendere di raffigurare la divinità come se
potesse materialmente vista
con occhi umani; 4) nell’uso
sacro delle immagini si deve
evitare ogni superstizione,
ogni ricerca di denaro e ogni
indecenza; 5) infine si avverte che nessuno può collocare
in un luogo sacro un’immagine «non tradizionale senza la
previa approvazione del vescovo».
A Padova in particolare
l’opera dei vescovi Corner
(Federico, Alvise, Marco)
renderà operative, tra il 1580
e il 1625, queste disposizioni.
Il controllo sulle immagini
sacre presenti nell’ambito
della diocesi sarà assiduo e
costante, probabilmente
orientato, tuttavia, più al ricupero di opere in cattivo
stato di conservazione e alla
commissione di nuove opere
che alla modifica o alla cancellazione di opere «irregolari», anche se queste ultime
pare continuassero a essere
richieste dalle famiglie abbienti agli artisti dell’epoca,
malgrado si corresse il rischio, non adeguandosi alle
disposizioni vescovili, di far
interdire l’opera e l’altare su
cui era collocata da ogni atto
di culto.
Fin dall’inizio della sua
opera il Damini si orienta
verso uno stile immediato,
semplice, emotivo, del tutto
in linea con i dettami controriformistici: per questo, a soli
vent’anni, diventa uno dei
pittori più richiesti a Padova,
città economicamente ricca e
con decine di monasteri,
chiese, cappelle la cui decorazione andava rinnovata o
eseguita ex novo. In meno di
vent’anni Damini realizzò
più di 60 opere, lavorando
anche a Chioggia, Venezia,
Crema, nel Trevigiano, nel
Vicentino, nel Bergamasco.
Non un gigante dal punto
di vista artistico, Damini manifesta molteplici influenze e
riferimenti ai vari artisti presenti nel territorio veneto, da
Tiziano a Paolo Veronese, da
Palma il Giovane a Leandro
da Bassano, da Carlo Saraceni al Tintoretto.
Alcune opere giovanili rivelano pure una certa conoscenza del Dürer e in generale degli artisti nordici, soprattutto nella descrizione dei
particolari. Per quasi vent’anni lavora senza sosta per i
committenti più diversi e la
sua bottega non sembra rifiutare alcun incarico. Sarà l’ultima grande epidemia di peste dell’età moderna a interrompere l’attività del pittore.
Malgrado le insistenze di
un amico, neppure all’infuriare della malattia in città,
Damini accetta di rinunciare
ai contratti e sospendere il lavoro. Ironia della sorte, al
pittore che aveva ispirato così bene la sua opera ai principi controriformistici di «dilettare, insegnare et muovere», sarà fatale proprio il peccato capitale dell’avidità;
«per guadagnare qualche ducato» non cercherà di evitare
il contagio e morirà il 28 luglio 1831.
TELEVISIONE
DAL LUNEDÌ
AL VENERDÌ
ORE 6,45 circa Raidue
CONOSCERE
LA BIBBIA
PROTESTANTESIMO
RIVISTA TRIMESTRALE
PUBBLICATA DALLA FACOLTÀ VALDESE DI TEOLOGIA
VIA P. COSSA 42-00193 ROMA - FAX : 06/3201040
ANN0 48,1993- N. 3
G. Gìrardeh II primo evangelo scritto M.C. Laureni, Linguaggio, soggetto, laicità A. Cassano, Verità ed ermeneutica in Macquarrie e Pareyson - Studi critici: R. Ciappa, Gesù storico e biblico Rassegne: S>
Rostagno, Coerenza e discontinuità del disborso biblico - Incontri:
Paul Ricoeur Recensioni.
13
t/FNERDÌ 15 OTTOBRE 1993
PAG. 9 RIFORMA
:
Un'importante ricostruzione del mondo degli emigrati e degli esuli antifascisti
Storie minime in mezzo alla grande storia
gli italiani in Francia fra le due guerre
BRUNA PEYBOT__________
Emigrare vuol dire staccarsi dalle proprie radici
per scelta o per forza, ma sierica anche incontrare altre
storie e altri spazi che arricchiscono pensieri e azioni.
Come sempre le vicende
umane sono complesse, mai
riducibili in facili schemi.
È ciò che emerge da un testo molto bello realizzato
dall’Archivio centrale dello
stato, dal «Centre d’études et
de documentation sur Fémigration italienne» di Parigi,
dal Centro studi «Gobetti» di
Torino e dall’Istituto italiano
di cultura di Parigi. Una fruttuosa coedizione che in sei
grosse sezioni presenta un
ventaglio ricco e completo di
fonti scritte e fotografiche su
L'Italia in esilio. L’emigrazione italiana in Francia tra le
due guerre*.
Un’occhiata ai vari titoli
dei capitoli e subito si comprende il loro far parte di un
ragionamento storico, a partire dalla valutazione dell’esperienza migratoria italiana,
specie negli ultimi due secoli
che, come scrive Alberto Cabella, deve essere ormai letta
in chiave europea, perché
l’identità europea è la scommessa degli anni a venire e al
coinvolgere ricercatori dei
due versanti delle Alpi per
mettere insieme tutti gli
aspetti del fenomeno migratorio. E questo significa che accanto ai dati sociologici delle
macrotendenze legate al numero, ai luoghi, al mestiere
scelto, è interessante descrivere le strategie di inserimento, le conflittualità sorte dal
confronto dei modelli culturali, le subculture dei gruppi di
immigrati, fino ai reticoli familiari che operano come rete
di solidarietà.
Storie minime nelle grandi
correnti della storia, là dove il
I fuorusciti festeggiano ii 14 lugiio a Lione
minimo spesso aiuta a capire
le incongruenze del «grande». Il libro rispetta, e in ciò
sta il suo pregio, entrambe le
esigenze. Nel «grande» si ricostruiscono, per esempio,
vent’anni di storia italofrancese sotto forma di cronaca
ragionata degli avvenimenti
che più segnarono il destino
delle due nazioni.
A leggerli così uno di seguito all’altro, ancora una
volta si resta impressionati
dalla densità e dalla profondità delle due società che allora si affrontavano; da un lato uno stato italiano indurito
dalla fascistizzazione di massa e dai suoi apparati polizieschi, gli stessi che hanno permesso oggi, con le migliaia di
buste della Pubblica Sicurezza o del Casellario politico
centrale, il ricupero di importanti fonti sui perseguitati e
gli schedati politici: ironia
della storia!
Dall’altro lato un «popolo»
antifascista, ricco di idee, litigioso al suo interno, a volte
contraddittorio ma sempre
tutto teso all’interesse verso il
proprio paese e nello stesso
tempo attento alle lotte del
movimento operaio francese,
alle sue battaglie per la salva
guardia dei diritti civili, sempre in ansia perché lo sguardo
della polizia fascista si allungava, grazie alle spie sguinzagliate anche all’estero per
pizzicare i fuoriusciti in cambio di denaro o compensi di
altra natura. Uno scontro di
eticità di vita tra fascista (o
profittatore) e antifascista.
Viene da chiedersi se questa antinomia sia mai stata risolta in Italia, ricomprendendo questi termini in contesti
allargati di scelte di vita che
implicano sia l’individuo che
lo stato. Ben lo dimostra la
sezione «Percorsi individuali» curata da Carla Gobetti.
Di estrema sensibilità e interesse la ricerca dimostra, attraverso la ricostruzione di
storie di vite note alla vicenda antifascista, come la Francia dell’emigrazione italiana
fu una vera e propria scuola e
come nei suoi ambienti si intrecciarono i destini dei futuri
dirigenti della Repubblica e i
destini della gente più umile
ma non meno impegnata nella battaglia per la democrazia.
Due soli esempi: Giovanni
Boero, di Villanova d’Asti,
classe 1878, e Gisella Teja
Fontano!, nata nel 1900. Il
primo si suicida per protesta
contro il putsch di Algeri e
chiede che con lui vengano
seppellite le sue memorie
contenute in alcuni quaderni
(depositati invece presso il
Centro Gobetti). Esponente
dell’ala intransigente del socialismo, uno dei massimi dirigenti della sezione del Psi
torinese, è uno dei capi della
rivolta contro la guerra a Torino nel 1917. Emigra in
Francia nel ’23 e dal ’38 collabora all’Avanti!. Il tutto
sempre svolgendo la sua professione di decoratore.
Gisella invece si imparenta
con i Fontano!, operai dei
cantieri navali di Trieste perseguitati dal fascismo. Ha
due figli, Nerina e Nerone. Il
cognato anche: Spartaco e
Sparta. La loro casa di Nanterre è sempre stata un centro
di accoglienza per comunisti
italiani emigrati.
Arrestata più volte, venne
rinchiusa da ultimo al Petit
Palais da dove, in carri bestiame, viene spedita ai campi di concentramento. In prigionia apprende della morte
del figlio Nerone, del nipote
Spartaco e dell’ultimo nato,
Jacques. Ritrova il marito dopo la Liberazione: insieme
cercano le tombe dei loro ragazzi per portarli a casa.
A Nanterre, nel ’47, Gisella
diventa operaia della Simca e
dal ’50 per dieci anni sarà
eletta nel Comitato di fabbrica. Rimasta vedova, ogni anno tornerà il 13 giugno al
Forte di Mont Valérien per
onorarvi 4.500 fucilati, fra
cui Spartaco, a Poitiers, dove
morì Jacques, e infine nella
stessa Nanterre, dove tanto
lottò e visse.
(*) L’Italia in esilio. L’emigrazione italiana in Francia tra
le due guerre. Roma, Presidenza
del Consiglio dei ministri - Dipartimento per l’informazione e
«L'Italia in esilio» è anche una raccolta di prezioso materiale iconografico
Il fascino deirimmagine «irriducibile»
______ALBERTO CORSANI_____
Si può parlare, a proposito
de L’Italia in esilio, di
«immagini minime» come
parliamo delle storie minime,
dei singoli, delle vicende private? Come funziona, nello
spazio fotografico, l’interazione tra micro e macroscopico?
A partire dalla vastissima
documentazione, fatta di ritratti, fototessera, foto segnaletiche, foto di cronaca (una
manifestazione, una festa
pubblica), foto di gruppo che
il libro ci offre sono possibili
alcune considerazioni.
Scrive Carla Gobetti
nell’introduzione alla sezione
«Tra utopia e storia»: «Che
cosa indusse il 14 luglio di
due anni consecutivi - 1923 e
1924 - i fuorusciti torinesi di
Lione a fotografarsi in gruppo contro ogni regola cospirativa e a salvare attraverso
le perquisizioni, gli arresti, il
confino (...) questo mucchietto di ricordi?». E più avanti
risponde: «... in quella posa
c’è, manifesto, il bisogno
espressivo (...) fermare quel
^lomento...» (pp 350-351).
Dunque nella foto di grup
II socialista E. Pane in una foto
di pedinamento a Lione (1938)
po la circostanza dello scatto
sanziona i legali sociali,
rafforza le solidarietà, fortifica i ricordi in vista della memoria, per un futuro che si
preannuncia carico di incertezze, tramite un simbolo (nel
senso, semiologico, di qualcosa che sta al posto di qualcos’altro) che poi diventerà,
retrospettivamente, oggetto di
rimpianto, di nostalgia («ancor che triste, e che l’affanno
duri», diceva Leopardi). I
protagonisti ritrovano affetti,
circostanze, e integrano l’immagine con l’esperienza e la
memoria.
Ma se questo è vero, si produce inevitabilmente un altro
fenomeno, cioè la decontestualizzazione delle immagini
rispetto a diverse fruizioni. Se
è ovvio che un osservatore
«esterno» alla circostanza
dello scatto abbia un’altra
percezione della foto, è ancora più rilevante lo straniamento che deriva da un utilizzo non previsto di alcune immagini: le foto «poliziesche»
si accompagnano nel volume
a immagini di famiglia, ai ritratti.
Insieme compongono un
mosaico, ma le singole unità
rispondevano a logiche diverse e opposte fra loro, perfino
aH’intemo dell’apparato poliziesco: la foto di pedinamento è vincolata alla segretezza
dello scatto, presenta un soggetto del tutto inconsapevole.
La foto segnaletica, invece, a
sfondo neutro, illuminazione
frontale che azzera l’espressione, è esibita nell’atto del
suo farsi. Anzi, tappa inesorabile della liturgia dell’incarcerazione, serve a dare consapevolezza al prigioniero della
sua condizione, di essere, come nella ritualistica militare,
ormai un numero. Tutti diversi, eppure tutti uguali, come è
proprio della concezione totalitaria della società.
Ma qui entra in gioco un
elemento ulteriore, che è proprio dei codici espressivi non
linguistici, ed è l’irriducibilità
dell’immagine ai discorsi, la
libertà interpretativa, la ricchezza degli elementi visivi
che non si possono descrivere. Così in un volto, anche
stralunato dal flash sparatogli
dal questurino di turno, è
sempre possibile a ciascuno
di noi, congiunto, conoscente
o estraneo, leggere qualcosa
di diverso. Qualcosa che
sfugge al soggetto, che sfugge al fotografo stesso,
un’umanità che, ferita e vilipesa, oppure festante o in
sciopero o in posa per un ricordo alla fidanzata, si mantiene nel tempo, alimenta memoria e riflessione, rimpianto
e lettura critica degli eventi.
L’interesse del libro, allora,
non è solo nel valore del
«corpus» iconografico come
insieme, né nella singola foto,
ma proprio in questa dialettica tra i due poli.
Un'iniziazione alla vita
Strage di ebrei, pogrom (siamo nei pressi di Subotica, ^ confine tra Jugoslavia e Ungheria), persecuzione a opera dei nazisti; ma anche strage di speranze, strage di sogni, richiamo alla
realtà: questo è il mondo dei Dolori precoci*, composti dall’altrettanto precoce poeta Danilo Kis (1935-1990).
È un mondo mrale, di pastorizia, di contatto con gli animali
(tanto delicato, quando si narra della scomparsa e poi del ritrovamento della mucca più bella, tanto crudele quando si parla
della fine di due cavalli dell’esercito azzoppati), di immersione
nella natura e allo stesso tempo nelle sofferenze della vita.
Sono capitoletti di quattro-cinque pagine, a volte di poche
decine di righe, bozzetti e miniature che narrano con toni altamente poetici il «farsi» della coscienza di un giovane individuo, attraverso la deportazione del padre, le violenze della
guerra, la fame, la povertà, la scoperta del corpo.
Il merito maggiore di queste pagine che si leggono tutte d’un
fiato è tuttavia è un altro: quello di mostrarci senza veli la tragica e sublime ambiguità della vita. Quell’ambiguità per cui un
evento (specialmente nella coscienza di un individuo «in formazione», di un ragazzo) mostra di sé aspetti contrastanti: la
grande poesia, la bellezza della natura, il suo incanto di sogno,
e al tempo stesso la cruda cattiveria di alcune situazioni. Così è
per la scoperta delle rose autunnali nell’episodio in cui il ragazzo è costretto a pulire il pollaio della maestra di scuola (e poi si
addormenterà beato, a pancia in giù, mentre la madre e la sorella lo «spidocchieranno» ridacchiando degli stratagemmi dei parassiti per sfuggire alla cattura). Il dolore, insomma, è parte essenziale e inevitabile dell’esperienza della bellezza del mondo.
(*) Danilo Kis: Dolori precoci. Milano, Adelphi, 1993, pp 118, £
12.000.
L'osservatore della natura
Da sempre il nesso tra letteratura e memoria è stato osservato
con attenzione, individuato come fondamentale per molte opere, prima e dopo Alla ricerca del tempo perduto.
L’ultimo scritto dell’austriaco Peter Handke*, raccolta di episodi «minimi» di contemplazione, osservazione di fenomeni
naturali e paesaggi (il volo di due farfalle, un baleno nel cielo
iugoslavo, una nevicata sui monti del Giappone, una notte illuminata di lucciole in Friuli) si inserisce in questo tipo di prosa:
un viandante, per esempio, si reca alla montagna Sainte-Victoire nei pressi di Aix-en-Provence e vi scorge la tracce lasciate
da un incendio prodottosi l’estate precedente. L’osservazione
analitica, la descrizione meticolosa e al tempo stesso poetica
degli alberi, delle tracce del fuoco, dei rovi bruciati, fa tutt’uno
con la consapevolezza, da parte del protagonista, di quello che
aveva sentito dire all’epoca dell’incendio.
In altre parole: l’esercizio della scrittura si fonde con quello
del ricordo in un processo dialettico ricco come sempre in questo autore (fra i suoi libri più noti: La donna mancina, Infelicità
senza desideri, la sceneggiatura del film 11 cielo sopra Berlino)
di squarci di grande poesia.
(*) Peter Handke: Epopea del baleno. Parma, Guanda, 1993, pp
64, £ 16.000.
Appuntamenti
Sabato 16 ottobre — BERGAMO: Alle ore 16, nell’ex sala consiliare (via Tasso 4), si apre l’attività del Centro culturale protestante. Intervengono Rifa Gay, Ugo Gastaldi, Domenico Maselli.
Sabato 23 - domenica 24 ottobre — ROMA: Con inizio alle 9,30
di sabato e fino alle 13 di domenica si svolge il convegno di «Cassiopea» sul tema Eredità protestante e genealogia femminile. Relazioni di
E. Baeri («Movimento femminista e eredità protestante»), B. Peyrot,
G. Rossetti («La strada della ricerca storica»), F. Bezzi, F. Spano («A
che punto siamo con la genealogia protestante?»). Per informazioni e
iscrizioni: Cinzia lafrate, tei. 06-5780412 (casa), 06-3204768 (ufficio).
14
PAG. 10 RIFORMA
VENERDÌ 15 OTTOBRE I993
La decima enciclica di papa Wojtyla affronta il tema difficile della morale cattolica
C'è «dissonanza» tra etica cattolica e pensiero moderno
Martedì 5 ottobre il papa
Giovanni Paolo II ha reso pubblica la decima enciclica del suo pontificato. È intitolata «Veritatis splendor»
(splendore della verità) e affronta i fondamenti della morale cattolica. Il documento è
diviso in tre parti. La prima è
un commento al racconto del
«giovane ricco» e alla domanda «Maestro, cosa devo fare
di buono?» (A/atteo 19, 16).
La seconda è un lungo esame
critico di alcune deviazioni
della teologia morale. Nella
terza parte il papa spiega quali
sono le conseguenze pratiche
della morale cattolica per la
vita della stessa chiesa e del
mondo.
Fin dall’introduzione il papa
dichiara l’obiettivo dell’enciclica: «Oggi sembra necessario riflettere sull’insieme
dell’insegnamento morale della Chiesa, con lo scopo preciso di richiamare alcune verità
fondamentali della dottrina
cattolica che nell’attuale contesto rischiano di essere
deformate o negate. Si è determinata infatti una nuova situazione entro la stessa comunità cristiana che ha conosciuto il diffondersi di numerosi dubbi e obiezioni di ordine umano e psicologico, sociale e culturale, religioso e
anche propriamente teologico
in merito agli insegnamenti
morali della Chiesa. Non si
tratta di contestazioni parziali
e occasionali, ma di una messa in discussione globale e sistematica del patrimonio morale, basata su determinate
concezioni antropologiche ed
etiche. Alla loro radice sta
l’influsso più o meno nascosto
di correnti di pensiero che finiscono per sradicare la li
SCHEDA
Le encicliche
di papa Wojtyla
In quindici anni di pontificato Giovanni Paolo n ha
dato alle stampe ben dieci
encicliche (comprendendo
in questo numero anche
l’ultima, Veritatis splendor). Una media di un’enciclica ogni 18 mesi. Questa la cronologia e i titoli:
1979: Redemptor hominis
1980; Dives in misericordia
1981: Laborem exercens
1985; Slavonim apostoli
1986: Dominus et vivificantem
1987: Redemptoris Mater
1988: SoIIicitudo rei socialis
1990: Redemptoris missio
1991: Centesimus annus
1993; Veritatis splendor
Per qutmto riguarda le tematiche, tre sono dedicate
al problema della Trinità
(Redemptoris hominis, Dives in misericordia, Dominus et vivificantem): altre
tre si occupato della dottrina sociale della Chiesa cattolica (Laborem exercens,
SoIIicitudo rei socialis,
Centesimus annus); una è
dedicata a Maria (Redemptoris Mater). Un’altra guarda ai paesi dell’Est, in occasione del millennio del
cristianesimo in Russia
(Slavonim apostoli); la Redemptoris missio, come si
deduce anche dal titolo,
traccia le linee delia missione della Chiesa cattolica.
L’ultima, la Veritatis splendor, tratta dei fondamenti
della morale cattolica.
bertà umana dal suo essenziale e costitutivo rapporto con la
verità. Così si respinge la dottrina tradizionale sulla legge
naturale, sull’universalità e
sulla permanente validità dei
suoi precetti; si considerano
semplicemente inaccettabili
alcuni insegnamenti morali
della Chiesa; si ritiene che lo
stesso magistero possa intervenire in materia morale solo
per "esortare le coscienze” e
per "proporre i valori” ai
quali poi ciascuno ispirerà poi
automaticamente le decisioni
e le scelte di vita. E da rilevare, in special modo, la dissonanza tra la risposta tradizionale della Chiesa e alcune posizioni teologiche circa questioni della massima importanza».
«Non conformatevi alla
mentalità di questo mondo»
(Matteo 12, 2) è il titolo del
capitolo centrale dell’enciclica. In essa il papa sottolinea la
necessità di rifiutare «alcune
correnti di pensiero moderno
[dove] si è giunti ad esaltare
la libertà al punto di fame un
assoluto, che sarebbe la sorgente dei valori. Si sono attribuite alla coscienza individuale prerogative di un ’istanza
suprema del giudizio morale
che determina categoricamente e infallibilmente del bene e
del male».
Dopo questo giudizio sul
pensiero moderno il papa af
I cardinali Tettamanzi, Ratzinger, Stafford presentano i'enciciica
fronta il tema del «relativismo
etico» che presenta cinque forme di deviazioni:
1) l’autonomia dell’etica e
della ragione. Se si afferma
l’autonomia della ragione dalla rivelazione, la parola di Dio
diventa una esortazione generale. La fonte dell’etica è solo
la parola di Dio.
2) la messa in discussione
della legge naturale. Uno dei
pilastri della morale cattolica è
la «legge naturale». Se essa
non viene tenuta i considerazione viene meno il «dovere di
rispettare assolutamente la vita umana». «Rifiutando la manipolazione della corporeità
che ne alterano il significato
umano, la Chiesa serve all’uomo e gli indica la via del vero
amore, sulla quale soltanto
egli può trovare il vero Dio».
3) la subordinazione della
natura alla storia e alla cultura.
Il pericolo che minaccia la società e la Chiesa è la messa in
discussione della universalità
e dell’immutabilità della legge
morale e naturale. Il cattolicesimo è contrario alla tendenze
esistenzialiste e storiciste della
cultura.
4) la sovranità del diritto
della coscienza. I diritti della
coscienza non autorizzano a
fare ciò che si vuole. Non c’è
un doppio statuto della coscienza morale. Solo la Chiesa
cattolica è «maestra di verità».
5) la legittimazione di comportamenti sbagliati sulla base
di opzioni fondamentalmente
giuste. I comportamenti morali devono collocarsi nella prospettiva della persona che agisce.
La rottura tra libertà e verità, tipica della cultura contemporanea, è la fonte del dilagare dei problemi morali nel
mondo. Riscoprire questo legame è uno dei compiti prioritari della Chiesa anche per
combattere il processo di secolarizzazione che attraversa
la società. La Chiesa non può
rinunciare ad annunciare la
Verità e i principi morali: è un
servizio che è destinato ad
ogni uomo, alla comunità, alla
società.
Per questo Giovanni Paolo
II lancia un appello ai vescovi
e ai preti ad essere rigorosamente fedeli alla dottrina cattolica avvertendo che «il dissenso» non è ammesso, stante
il «diritto dei fedeli a ricevere
la dottrina cattolica nella sua
purezza e integrità».
Primi commenti di evangelici e cattolici sulla «Veritatis splendor»
Un'enciclica che non riesce a splendere
L’agenzia Nev ha raccolto a
caldo alcune reazioni del
mondo protestante italiano circa l’enciclica. Vediamo le varie opinioni.Per il professor
Sergio Rostagno, docente di
teologia sistematica e etica
presso la Facoltà valdese di
teologia, «non si può rimproverare il pontefice di essere
cattolico al massimo grado;
stupirsene è da ingenui. Io noterei - ha detto Rostagno - in
questo vertice del cattolicesimo post-tridentino, prima di
tutto la riduzione subita
all’etica del Nuovo Testamento, sulla quale esistono tanti
arricchenti studi anche cattolici, mentre qui essa viene rinchiusa nelle maglie di una
concezione che le sta stretta.
E questo per il vantaggio di
un sempre discutibile riferimento alla "natura umana ’’.
Inoltre mi preme notare che
l’enciclica centra perfettamente alcuni dei nodi attuali
della discussione etica, per
esempio il rapporto tra verità
e libertà, ma vi oppone un argomento che sembra ridursi
troppo facilmente all’obbedienza (condotta fino al martirio se necessario) alle norme
definite dalla propria chiesa.
E questo progressivo ridursi
deU’enciclica dalle vastità
della "natura umana” all’obbedienza verso i precetti morali della chiesa ne dimostra
già la somma coerenza interna. Sarebbe però un peccato
se la discussione non dovesse
proseguire tanto con i laici
quanto con gli evangelici e se
queste posizioni cattoliche fossero respinte senza la discussione che meritano».
Massimo Aprile, pastore a
Napoli e vicepresidente
dell’Unione cristiana evangelica battista d’Italia, ha detto:
«Un protestante non resta sorpreso nel leggere questa enciclica, il cui tono perentorio su
questioni morali controverse
susciterà, presumibilmente,
molte reazioni.
C’è la solita ansia si ridurre i cattolici, e non solo loro,
all’obbedienza al Magistero,
l’atavica fobia della libertà
della Chiesa di Roma e Tinsofferenza verso ogni forma di
dissenso organizzato. Il ragionamento, molto complesso, si
sviluppa comunque su assunti
tradizionali: la teologia naturale, il bisogno dell’essere
umano di esser guidato,
Tidentificazione di Cristo con
la Chiesa e di questa con i
suoi pastori e con il successore di Pietro. Le conclusioni
confermano, in materia di morale, il carattere antimodernista di questo papa, il quale
riafferma le posizioni più tradizionali specialmente
sull’etica sessuale (rapporti
prematrimoniali, contraccezione, masturbazione, ecc...).
L’opposizione tra un’etica
della responsabilità fondata
sulla giustificazione per grazia mediante la fede e un ’etica
dell’obbedienza fondata
sull’autorità della gerarchia
ecclesiastica appare netta.
Questa enciclica non aiuta il
dialogo ecumenico della
Chiesa di Roma con il mondo
protestante».
Hans Gerch Philippi, decano della Chiesa evangelica luterana in Italia e pastore a Roma, ha scelto di commentare
l’enciclica «non tanto .sul piano teologico-etico, quanto su
quello personale, come pastore con cura d’anime». «Ho
una figlia di 18 anni - afferma Philippi - e ricordando la
mia educazione sessuale “cristiana” e leggendo quel che
l’enciclica dice o meglio, purtroppo, non dice, auguro a
mia figlia una formazione
“non cristiana” in questo
campo. Perché le auguro una
vita con degli amici, senza
escludere anche le esperienze
dell’amore e della sessualità;
esperienze senza paura e senza una mamma come sorvegliante, anche se la mamma
fosse una chiesa. Ancora, ho
degli amici omosessuali e mi
sento arricchito dalla loro
amicizia: alcuni di loro .stanno insieme già da decenni e
sono invecchiati l’uno al fianco dell’altro. Auguro a loro e
a tutti coloro che Dio ha creato omosessuali una vita felice
e senza discriminazione».
»Non mi sembra, insomma
- ha proseguito Philippi - che
l’enciclica dica qualcosa di
utile a mia figlia, ai miei amici omosessuali e a tutti coloro
che vogliono semplicemente
vivere come donne e uomini
senza paura e senza Tobbligo
di applicare regole astratte.
L’accostamento di questi temi
all’argomento del martirio mi
pare addirittura cinico, pensando al martirio di tanta
gente proprio nel campo della
vita sessuale, un martirio
creato dai tempi di Sant’Agostino dalla chiesa e dalla cosiddetta etica sessuale cristiana. Troppo spesso la chiesa
offre regole giuridiche, anziché la cura d’anime di cui la
gente avrebbe bisogno».
I«o trovo sempre bella - ha
concluso il decano dei luterani
italiani - la spiegazione che
Lutero fa del primo articolo
del Credo: “Io credo che Dio
mi ha creato assieme a tutte le
creature, mi ha dato e ancora
conserva corpo e anima, occhi, orecchi e tutte le membra... Questa è la verità”.
Purtroppo, spesso, senza
splendore».
L’agenzia Adista pubblica
anche un documento delle comunità di base italiane:
«Le comunità cristiane di
base, fedeli all’annuncio di liberazione del Vangelo e
all ’insegnamento del Concilio
Vaticano II circa la funzione
del "popolo di Dio ” nella vita
della comunità ecclesiale, si
sentono interpellare dall ’enciclica “Veritatis splendor” e
ritengono di non dover tacere
perché consapevoli dell’inalienabile diritto-dovere dei
battezzati di potersi esprimere
su tutto quanto riguarda la vita della chiesa.
Le Cdb (...) non possono
non rilevare che mai come in
questo documento si è preteso
di dar valore di “verità” assoluta a tesi di teologia morale opinabili perché espressione di una scuola o di una corrente. Ancora più grave appare il mancato riconoscimento
della libertà di coscienza dei
singoli e del diritto di ciascuno a compiere scelte di vita in
piena autonomia e responsabilità. In tal modo viene inferta una profonda ferita allo
spirito ecumenico... e al dialogo con i non credenti (...).
L’imposizione di pesanti
fardelli è contro lo spirito
evangelico che nel proclamare “il sabato per l’uomo e non
l’uomo per il sabato" affida
ai credenti un impegno di servizio per tutti gli uomini e le
donne nel loro cammino di liberazione.
Fanno pertanto appello ai
cattolici che si sentono impegnati nella vita della comunità ecclesiale perché restino
nello spirito del Concilio Vaticano II che indica unicamente l’Evangelo come pietra
di paragone di ogni discorso
sulla persona umana e
sull’etica.
Si augurano anche che i
teologi non si rassegnino ad
essere privati del loro diritto
dovere di continuare a esprimersi, pubblicamente, ciascuno secondo le sue prerogative,
sui temi dell’etica e della responsabilità»
DALLA PRIMA PAGINA
LE VERITÀ
DEL PAPA
cattolica vuole essere artefice e garante. Ecco cosa scrive il papa: «... è sì necessaria
la conoscenza della legge di
Dio in generale, ma questa
non è sufficiente (sic!): è indispensabile una sorta di
connaturalità tra l’uomo e il
vero bene (...). Un grande
aiuto per la formazione della
coscienza i cristiani l’hanno
nella Chiesa e nel suo Magistero...» (§ 64).
Viene così depotenziato
l’appello (per altro menzionato in altra parte dell’endclica) alla «metànoia» che
caratterizza l’inizio della
predicazione di Gesià (Cfr.
Marco 1); l’appello cioè al
«cambiaiTiento della propria
mente». È un appello, notiamo, che Gesù rivolgeva non
ai pagani, non agli increduli,
non agli atei, non ai peccatori, ma ai suoi fratelli e alle
sue sorelle, al membri cioè
del popolo d’Israele a coloro,
insomma, che conoscevano e
osservavano non una legge
naturale ma addirittura la Torah, la legge di Dio!
E qui arriviamo, allora, ai
fondamenti dell’etica (o della morale, come dice il papa). Da dove nasce l’etica? Il
papa mi pare che dica, in parole povere, che essa nasce
dalla richiesta di senso della
vita: «Che cosa devo fare,
per avere la vita?» e dice:
«Cristo ti dà la risposta e la
chiesa ti annuncia, ti rende
nota questa risposta». Apparentemente tutto fila liscio.
Ma questa posizione del papa non mi convince; e non
solo per il peso attribuito alla
chiesa (cattolica). Non sono
infatti sicuro che l’etica nasca dalle mie domande a
Dio, quanto piuttosto esattamente dal contrario. È Dio
che pone ad Adamo la domanda terribile: «Dove sei?»
che gli fa capire lo stato di
miseria in cui è caduto per
aver trasgredito la sua legge.
E sempre Dio che domanda a
Caino: «Dov’è tuo fratello?»: la domanda che rimbalza attraverso tutti i secoli e
che non riusciamo a far tacere né dentro, né fuori di noi.
Noi andiamo a Gesù con tante domande, ma in realtà è
lui che ci pone la domanda
per eccellenza, alla quale
ognuno di noi, credente 0
ateo, deve rispondere: «Voi,
chi dite che io sia?». Giobbe
aveva molte questioni che
voleva discutere con Dio, ma
quando ne ha capito la
straordinaria grandezza si è
ritratto muto nella polvere.
E forse anche oggi, in questo tempo travagliato e difficile, l’unica cosa saggia e
utile è lasciare che sia Dio a
parlare.
PROTESTANTESIMO
IN TV
Domenica 24 ottobre
ore 23,30 circa- Raidue
Replica:
lunedi novembre-ore
9,30 circa - Raidue
Attualità
evangelica
in questo numerò;
• Un incontro con il ptof.
Paolo Ricca per commontare la recente eneielica «Veritatis splendor»
• Un 'intervista al pastore sudafricano Jacob
Salomon
• con Giorgio
Girardet
15
VENERDÌ 15 OTTOBRE 1993
PAG. 1 1 RIFORMA
La Lega
non è Belzebù
L’articolo di fondo dell’ultimo numero di Riforma, alcuni
commenti trasmessi dopo il
culto radio e un (non esplicito) passaggio nel sermone di
apertura del Sinodo confermano un concertato atteggiamento anti Lega/Bossi.
Premesso di essere di sola
fede cristiana evangelica e
poiché non sono iscritto alla
Lega, ritengo giusto contribuire al dibattito con voce diversa, forse di minoranza tra noi.
L’analisi che Maurizio Girolami espone circa «l’incapacità della sinistra di concertare
una politica governativa di disfacimento dello stato sociale
e di pressione fiscale esosa e
inefficiente» è tristemente da
condividere. Non lo è, invece,
perché strumentalizzata, la
diagnosi sicumera di una Lega
anti-meridionali invece che
anti-governanti-meridionali
fautori dell’assistenzialismo
fallimentare. Anti-immigrati
extracomunitari invece che
anti-governanti incompetenti e
demagoghi. Pro-pena di morte
invece che anti-giustizia dai
tempi allucinanti. Le donne a
casa, invece dei politici che le
hanno costrette a casa. Bisogni sociali, salute e abitazioni
solo per chi può pagare invece
di assicurazioni e banche private perché certamente più
convenienti di quanto ci fa pagare lo stato. Secessionisti invece di federalisti esasperati
che devono minacciare secessione.
La sfida proposta è il voto
degli italiani tra alcuni mesi:
«Ci sono governanti onesti e
capaci di rendere efficiente e
solidale la società italiana».
La risposta è certamente no.
Lo dimostrano tragicamente i
50 anni di malgoverno, incompetenza, fallimenti e miliardarie ruberie perpetrate
sulla pelle del popolo italiano.
Pesante è stata la complicità o
incapacità di quasi tutta l’opposizione parlamentare, sinistra vecchia e nuova comprese.
UN AIUTO PER I BAMBINI DI MARIANAO
La moltiplicazione delle penne
Come ogni anno, a settembre, sono ricominciate le scuole per i ventimila bambini di
Marianao, un popoloso sobborgo dell’Avana, la capitale della Repubblica di Cuba.
Nelle scuole di Marianao, come in tutte le
scuole cubane, c’è quasi tutto: ci sono alunni
e insegnanti, banchi e sedie, cattedre e lavagne. Manca però qualcosa di essenziale: non
ci sono quaderni né penne, matite, temperamatite, gomme... Tutti questi prodotti, infatti, devono essere importati dall’estero e a
causa della grave situazione economica del
paese, résa ancora più dura dal persistente
embargo economico effettuato dagli Stati
Uniti, cosi come da recenti catastrofi naturali che hanno distrutto i raccolti, non ci sono i
soldi per garantire ai bambini cubani il materiale didattico necessario per i loro studi.
Nel mese di luglio Raul Suarez, pastore
battista a Marianao e da pochi mesi deputato
al Parlamento cubano (uno dei primi deputati cristiani, insieme a un altro pastore protestante e due cattolici) ha incontrato a Roma i
pastori battisti del Lazio e ha predicato nella
chiesa battista di Albano Laziale.
Cuba sta cambiando, ha detto Suarez: il
processo di democfatizzazione avanza nella
ricerca di un nuovo modello che sappia co
niugare la giustizia sociale con le regole della democrazia. Ma l’embargo economico,
condannato tra l’altro dai governi europei,
non favorisce il cambiamento e la situazione
sociale si fa sempre più drammatica, con
gravi problemi in campo alimentare e sanitario.
Come segno di solidarietà con il popolo
cubano, il pastore Suarez ci ha chiesto di
raccogliere materiale didattico per i bambini
delle scuole di Marianao, affinché sia pienamente garantito il loro diritto allo studio.
L’Associazione delle chiese evangeliche
battiste del Lazio e Abruzzi (Acebla) ha deciso di accogliere la richiesta del pastore
Suarez, e invita quindi le chiese evangeliche
e i lettori di «Riforma» ad aderire alla raccolta di fondi per l’acquisto di materiale
scolastico e di prodotti vitaminici a favore
dei bambini di Cuba.
Le sottoscrizioni possono essere inviate
sul conto corrente postale n. 23498009, intestato a «Ente patrimoniale Ucebb, piazza
S. Lorenzo in Lucina 35, 00186 Roma,
specificando nella causale «Bambini Cuba».
Per ulteriori informazioni telefonare al segretario dell’Acebla, pastore Bruno Colombu tei. 06-9330528.
È più ragionevole proporre
nuove regole di gestione dello
stato, nuovo partito, nuovi uomini politici, ovviamente senza firmare cambiali in bianco
a nessuno.
Fare politica elettorale demonizzando coloro i quali invocano la cacciata delle cariatidi politiche e che necessariamente devono protestare scalciando o strepitando significa
non essere più in grado di saper rispondere alla domanda:
«In che abbiamo peccato perché ciò accadesse?».
Roberto Mollica
San Mauro (To)
Più attenzione
per i movimenti
Nel n. 37 del 1° ottobre appare doverosamente, seppure
in settima pagina, un bell’articolo di Alberto Corsani in cui
viene dato conto della marcia
ViaPioV, 15-10125Torlno-tel.011/655278-fax011/657542
Via Porla, 93-80137 Napoli-tei, 081/291185-fax081/291175
Via Repubblica, 6 - 10066 Torre Pellice - tei. e fax 0121/932166
DIRETTORE: Giorgio GardioI
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Riforma è il nuovo titolo della testata La Luce registrata dal Tribunale di Pinerolocon il n. 176
del 1* gennaio 1951, responsabile Franco Giampiccoli. Le modifiche sono state registrate
con ordinanza in data 6 marzo 1993.
Nella foto di prima pagina: Soldati russi
per la pace Perugia-Assisi.
Stupisce però e amareggia
non poco che neppure una parola venga spesa per ufi evento almeno altrettanto importante avvenuto solo un giorno
prima: mi riferisco alla grande
manifestazione del 25 settembre promossa a Roma dal Movimento dei consigli, da
Rifondazione comunista, dal
Movimento per la democrazia
La Rete e dai Verdi alla quale
hanno aderito, fra gli altri, la
Legambiente, l’Arci, l’Associazione per la pace, il Movimento federativo democratico
e l’Associazione extracomunitari e immigrati. 200.000 persone, poco più poco meno,
quante ne può contenere una
piazza San Giovanni stracolma anche nelle sue adiacenze,
hanno inteso far sentire la voce di un’altra Italia, di un’Italia diversa, sana e pulita, fatta
di onesti lavoratori, di pensionati, di chi è senza lavoro o
sta drammaticamente per perderlo, di tanti, tantissimi giovani.
RINGRAZIAMENTO
«Beati i morti che
muoiono nel Signore»
Apocalisse 14, 13
All'affetto della sorella è mancata
Olga Cornelio
che ha terminato la sua operosa esistenza terrena nella loro
abitazione in Torre Pellice.
La sorella Silvia, profondamente commossa, ringrazia con gratitudine tutti coloro che le hanno
dato vicinanza e conforto prima e
dopo il doloroso distacco.
Torre Pellice, 7 ottobre 1993
RINGRAZIAMENTO
«lo alzo gli occhi ai monti...
donde mi verrà l'aiuto?
Il mio aiuto viene
dall'Eterno, che ha fatto
il cielo e la terra».
Salmo 121 1,2
I familiari di
Susanna Artus Lausarot
esprimono profonda gratitudine
a tutti coloro che hanno manifestato la loro solidarietà in questi
tristi momenti.
Un grazie particolare ai medici
e a tutto il personale dell’Ospedale valdese di Torre Pellice, ai parenti e amici che hanno confortato e assistito la loro cara durante
la sua lunga malattia.
Bobbio Pellice, 13 ottobre 1993
A Roma tutta questa gente,
nel contestare con ragione coloro che ci hanno governato
come sappiamo (e che continuano a governarci), ha voluto
mettere in guardia il paese dal
cosiddetto «nuovo che avanza» fatto di nulla se non dai
soliti personaggi che si ripro-.
pongono in veste e forme diverse, ma con le idee, la cultura e la filosofia di sempre; del
pericolo reale, poi, di una deriva di destra rappresentata guai a sottovalutarlo! - da chi,
come la Lega Nord, con la
volgarità delle sue espressioni
e la totale assenza di valori,
fornisce una chiara prefigurazione della sua logica di governo. Ma, specialmente, la
manifestazione del 25 ha voluto porre l’accento sul problema della giustizia sociale,
di quel lavoro garantito dalla
nostra Costituzione che viene
sempre più a mancare, di una
previdenza sociale e di un servizio sanitario all’altezza di
un paese civile che tenga conto in primo luogo delle esigenze delle fasce più deboli e
povere della popolazione.
Una concreta politica in favore della pace fra le genti,
una seria considerazione per
la salvaguardia dell’ambiente,
equità fiscale e solidarietà nei
confronti degli immigrati e di
tutti gli emarginati in genere.
Tutto ciò unito a una grande
voglia di impegno perché la
politica non sia ridotta a spettacolo, all’americana ma a
servizio, non a sola immagine
ma a idee, progetti, programmi. E con i tempi che corrono
non mi pare poco!
In quel giorno, come cristiano, mi sono proprio sentito in
mezzo a dei fratelli, condividendone le ansie, la speranza,
la fame e la sete di giustizia.
Se le chiese, la Chiesa, non è
attenta anche alle cose di
quaggiù, se non sta con il popolo che soffre e che chiede
cose giuste, se non ne condivide la fatica, la lotta, la speranza, come può, a sua volta, il
popolo stare con la Chiesa e
sentirsi chiesa? Il silenzio nei
confronti di tale evento mi ha
procurato, e mi sta procurando, una grande tristezza.
Livio Taverna - Trieste
1 necrologi
si accettano entro
le ore 9
del lunedi.
Telefonare al
numero 011655278 - fax
011-657542
é
AMNESTY INTERNATIONAL
NOSTRI APPELLI
Alcuni mesi fa è uscito
nelle edizioni Sonda il Rapporto annuale di Amnesty
International 1993. Ben 161
sono i paesi denunciati per
violazioni dei diritti umani.
Quando la comunità internazionale rimane in silenzio
di fronte alle nefaste azioni
delle polizie segrete, degli
squadroni della morte, dei
torturatori e degli assassini
di stato, allora è chiaro che
organizzazioni come A.I.
devono alzare la voce per
denunciare la mancanza di
impegno da parte dei governi nell’applicazione del
rispetto dei diritti umani.
Dalle quasi 500 pagine del
Rapporto è come se si levassero senza sosta alte grida di dolore e di morte.
E queste grida ci sembra
di udirle anche leggendo le
tragiche storie di tre vittime
di violazioni dei diritti
umani narrate nell’ultimo
numero della rivista di A.I..
Pedro Katen-Guenha ANGOLA
50 anni, fotografo. L’accordo di pace tra l’Unita
(Unione nazionale per l’indipendenza totale dell’Angola) e il partito al governo,
Mpla (Movimento popolare
per la liberazione dell’Angola), firmato nel 1991,
sembrava aver posto fine
alla guerra che durava da
16 anni. Nel settembre
1992 il Mpla vinse le elezioni, ma fu accusato di
brogli dall’Unita. Alla fine
dell’ottobre ’92 scoppiarono nella capitale dei gravi
disordini. Le sedi dell’Unita furono attaccate da forze
governative e civili armati.
I sostenitori dell’Unita vennero arrestati a centinaia
dalla polizia, alcuni di loro
furono uccisi, altri scomparvero.
A Benguela e a Lubango
membri dell’Unita furono
assaliti da forze governative: tra questi si trovava Pedro Katen-Guenha che fu
deliberatamente assassinato. Stessa sorte toccò a due
avvocati, a due impiegati
del tribunale e al pastore
protestante. Questi fu trascinato fuori dalla sua casa
e fucilato davanti alla sua
famiglia. Anche da parte
delTUnita furono commessi
gravi crimini. Funzionari
del Mpla e i loro sostenitori
furono uccisi. Amnesty International chiede al presidente dell’Angola che i colpevoli di tutti questi delitti
siano consegnati alla giustizia.
Indirizzo per gli appelli
dei lettori:
José Eduardo dos Santos
Gabinete da Presidencia
da República
Angola - Africa.
Zhang Ruiyu - CINA
55 anni, membro del locale gruppo della New Testament Protestant Church.
Ha scontato una pena di 7
anni di carcere prima del
1989, con l’accusa di aver
predicato. Nel ’90 alcuni
ufficiali di pubblica sicurezza fecero irruzione nella
casa dove Zhang teneva le
riunioni religiose. La seviziarono bruciandole il viso
con sfollagenti elettrici e
rompendole i denti. Sequestrarono le Bibbie e altra
letteratura religiosa. Il 25
agosto del ’90 l’arrestarono
e la tennero diversi mesi in
isolamento.
Nel ’91 fu processata e
condannata a 4 anni di carcere con l’accusa di «propaganda controrivoluzionaria e agitazione».
Ma le vere imputazioni
erano «riunioni illegali e
corrispondenza con l’estero». A.I. ritiene che Zhang
sia detenuta solo per la nonviolenta espressione della
sua fede. Chiede che si rivolgano appelli per il suo
rilascio immediato a:
Premier Li Peng/
Guowuyuan, 9
Xihuangcenggenbeijie,
Beijingshi 100032
Repubblica popolare cinese - Asia.
Zahra Muham
mad’Abd al-Kjaliq KUWAIT
24 anni, cittadina giordana. Fu condannata a 10 anni
di prigione per aver «collaborato» con le autorità irachene durante l’occupazione del Kuwait. Zahra faceva la segretaria presso il
giornale kuwaitiano al-Qabas, che fu poi sostituito
durante l’occupazione irachena dal giornale Al-Nida.
Fu costretta dalle autorità
irachene a lavorare per questo giornale: infatti le fu ritirato il passaporto, precludendole la possibilità di lasciare il paese.
Ristabilita l’autorità
kuwaitiana dopo la sconfitta degli iracheni, Zahra fu
accusata di «collaborazionismo» e arrestata con altre
14 persone che avevano lavorato per il giornale AlNida. Sei di queste vennero
condannate a morte, poi
però la pena per cinque di
ioro venne commutata in
ergastolo, e per le altre a 10
anni di prigione. La condanna a morte che era stata
inflitta dalla Corte per la sicurezza dello stato venne
eseguita.
I processi non furono tenuti nel rispetto delle convenzioni internazionali in
materia di equità processuale. Gli imputati furono accusati e condannati sulla
base di confessioni estorte
sotto tortura e fu loro negato il diritto di appello.
Si chieda il loro rilascio
immediato e senza condizioni a:
His Highness Shaik
Sa’ad
al- ’Abdallah al-Sabah
Prime Minister
Al-Diwan al-Aùiri/
Kuwait - Asia.
Liberati
Maria Elena Cruz Varela
- Cuba.
Tamdin Sithar-Tibet.
Affrancatura posta aerea
per l’Africa £ 1.200. Per
l’Asia, £ 1.250. Si possono
usare anche gli aerogrammi
già affrancati e validi per
tutti i paesi del mondo, acquistabili negli uffici postali.
(a cura di Anna Marullo
Reedtz)
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PAG. 12 RIFORMA
Villaggio Globale
venerdì 15 OTTOBRE 1993
Mosca: la Casa Bianca in fiamme
Dopo la cruenta prova di forza di Eltsin contro la Casa Bianca
Dalle macerie del Parlamento
nascerà davvero la democrazia?
JEAN-JACQUES PEYRONEl
■-TT a vinto Eltsin, ha vin>>Xlto la democrazia»:
così si sono espressi all’unisono i governi occidentali, a
cominciare dagli Stati Uniti,
schierandosi immediatamente
e incondizionatamente dalla
parte del Presidente russo.
Ora che una delle pagine più
drammatiche della storia russa di questo secolo è stata appena voltata, cominciano a
sorgere qua e là interrogativi,
perplessità o addirittura timori sulle prospettive a breve e
medio termine dell’immenso
territorio della Federazione
russa.
Nel suo duro discorso televisivo all’indomani dell’arresto di Rutskoi e Khasbulatov, Eltsin ha affermato: «La
democrazia, quando è necessario va difesa con la forza».
Molti però si chiedono di
quale democrazia si stia parlando. Non sono ancora trascorsi due anni dallo scioglimento per decreto dell’ex
Unione Sovietica e poco più
di due da quando Boris Eltsin
vinse le elezioni presidenziali
con il 57,3% dei suffragi. Da
allora però, con un Parlamento eletto l’anno prima alla
vecchia maniera e con una
Costituzione di stampo brezneviano mille volte emendata
e mai applicata perché inapplicabile oggi, la situazione
politica e istituzionale è rimasta bloccata, paralizzando
ogni serio tentativo di riforme
economiche e di consolidamento della fragile e contraddittoria democrazia russa.
Non pochi osservatori russi
ritengono che Eltsin avrebbe
dovuto compiere la sua prova
di forza già due anni fa. Ma
allora i suoi due maggior nemici di oggi, Rutskoi e Khasbulatov, erano i suoi più forti
alleati nel fronteggiare il tentativo di golpe dell’agosto
'91. Anzi, sia l’uno che l’altro
erano stati da lui nominati
nelle funzioni che hanno assunto fino al 21 settembre
scorso. E Rutskoi, l’eroe della
guerra in Afghanistan, era stato voluto come vicepresidente
proprio per assicurarsi l’appoggio dell’esercito, l’ex leggendaria Armata Rossa, ormai di.sarticolato e demotivato ma il cui peso rimane decisivo anche nelle vicende della
nuova Federazione russa.
Nelle ore drammatiche che
hanno preceduto l’assalto finale alla Casa Bianca, la questione era di sapere appunto
da che parte si sarebbe schierato l’esercito, e non sembra
che la decisione sia stata unanime.
Se così fosse, vorrebbe dire
che, nonostante tutto quello
che è successo in questi ultimi anni, il complesso militarindustriale russo continua a
detenere le chiavi del potere e
che non mancherà di far pesare la propria influenza sul corso degli avvenimenti nei mesi
che vengono.
Da questo punto di vista, lo
stesso destino di Eltsin potrebbe essere già segnato e la
sua potrebbe rivelarsi una
«vittoria di Pirro». A raccogliere i frutti, invece, potrebbe essere il nuovo alleato di
Eltsin, Cernomijrdin, primo
ministro e neo vicepresidente.
Boris Eltsin
anche lui uomo della «nomenklatura» sovietica, come
tutti gli altri del resto ma particolarmente legato al complesso militar-industriale,
quell’immenso complesso che
non intende fare le spese di
riforme economiche troppo
drastiche e perdere i privilegi
di cui ha goduto per oltre 70
anni. Non è un caso che a dare l’annuncio della decisione
di risolvere la crisi con la forza sia stato proprio Cernomijrdin.
Nel suo discorso di mercoledì 6 ottobre, Eltsin ha ribadito la sua decisione di indire nuove elezioni legislative
per il 12 dicembre. Nello stesso tempo ha invitato i soviet
locali ad autosciogliersi e ha
posto fine alla guardia del
mausoleo di Lenin, ultimo
simbolo dell’era sovietica. È
evidente la sua determinazione a far «tabula rasa» del vecchio regime, ma basteranno
per questo decreti emanati
dalle stanze del Cremlino?
Basterà un nuovo Parlamento
che, secondo le sue non nascoste ambizioni neogolliste,
dovrebbe essere interamente
sottoposto al suo potere? E
come può ora parlare di elezioni libere e democratiche*
quando i partiti di opposizione sono stati sciolti d’autorità
e i mass media sono severamente controllati?
Nella visione forse un po’
semplicistica di Eltsin sembra
che la democrazia sia identificabile «tout-court» con l’economia di mercato. Se vincerà
le elezioni, dovrà probabilmente prendere atto che non
c’è vera democrazia senza
una reale dialettica tra maggioranza governativa e opposizione. Non solo, ma dovrà
fare i conti con le 89 regioni
che compongono la Federazione russa e che ora come
ora sembrano tutt’altro che
disposte a sottostare ai diktat
di Mosca. Gli osservatori più
attenti della realtà russa sono
concordi nel ritenere che uno
dei più gravi problemi della
Russia oggi sia l’assenza di
una vera «società civile» o di
una «opinione pubblica» co,sì
come la intendiamo in Occidente. Come potrebbe essere
diversamente dopo tre generazioni in cui si è governato in
nome di un popolo che non
contava nulla? Ora però si rischia di andare verso un governo autoritario in nome di
una democrazia male intesa.
La stragrande maggioranza
dei cittadini russi infatti, a
Mosca stessa e tanto più
nell’immenso hinterland, non
si sente assolutamente coinvolta da quanto accade nelle
stanze del potere moscovita,
sia alla Casa Bianca sia al
Cremlino. I russi sono essenzialmente preoccupati di campare alla meno peggio in una
società che da un giorno
all’altro è stata scombussolata
da un capitalismo selvaggio
che nessuno controlla. Su
questo sfondo, i tre attori
principali della tragedia appena consumata (Eltàin, Rutskoi, Khasbulatov) appaiono
tremendamente simili: sono
tutt’e tre figli legittimi dell’ex
regime sovietico, compreso
Eltsin che, malgrado la sua
elezione presidenziale a suffragio universale, non può
certo essere considerato come
un uomo nuovo. Eltsin per
ora ha vinto la battaglia di
Mosca ma, avendola vinta nel
sangue di centinaia dei propri
compatrioti e nella repressione di migliaia di altri, potrebbe aver perso definitivamente
quello che fino a ieri sembrava essere il suo più nobile
obiettivo: la guerra per la democrazia in Rus.sia.
Forti tensioni nella regione meridionale della ex Jugoslavia
L^autonomia negata del Kosovo
________NINO GULtOTTA_______
In nessun libro di storia
viene citato il Kossovo
come entità etnica particolare della Serbia, in quanto la
storia non viene scritta in base alle persone che vivono in
un determinato luogo ma in
base agli accordi di vertice
(spesso dopo guerre disastrose), senza tener alcun conto
delle popolazioni interessate.
Un territorio contestato
Il Kosovo (a sud della Serbia, regione di 11 mila kmq,
con una popolazione di circa
due milioni di abitanti, confinante con Montenegro, Macedonia e Albania) è, secondo i serbi, parte integrante
della loro repubblica, addirittura il «cuore» del proprio
territorio, «conquistato con il
sangue» nei XII e XIII secoli.
Per i militanti della «Lega
democratica del Kosovo», invece, la Serbia viene vista come un invasore indesiderato.
«Noi - dicono - siamo albanesi di cultura, di lingua, di
tradizioni, discendenti dagli
antichi Illiri, e i serbi hanno
sempre visto il nostro paese
come terra di conquista».
Dopo la morte di Tito, che
aveva concesso al Kosovo
uno statuto autonomo riconoscendone la particolarità
etnica, i nazionalisti serbi fecero prevalere la tesi secondo cui la regione doveva essere completamente annessa
alla Serbia, mettendo in discussione ogni forma di autonomia. Incominciarono a
togliere diritti politici agli albanesi (che sono il 90% della
popolazione), provocando,
negli anni ’80, proteste e disordini sedati violentemente.
Il 2 luglio 1990 gli albanesi del Kosovo proclamarono
l’indipendenza della regione
e lo stesso anno Belgrado
sciolse il Parlamento, revocando anche formalmente
l’autonomia.
Assediato
dai soldati serbi
Da quella data il Kosovo è
diventato praticamente una
regione assediata e si sta attuando una sorta di pulizia
etnica (di cui però i giornali
non parlano) con una crescente «serbizzazione» del
territorio e una conseguente
maggiore tensione tra le parti.
Il Kosovo oggi è assediato
da 30-40 mila soldati che
presidiano le strade e ogni
punto strategico; la polizia è
tutta serba, al comando di un
certo Arkan, sospettato di
crimini di guerra e molto te
muto dalla popolazione. Più
di centomila tra funzionari,
medici e insegnanti sono stati licenziati come altri 120
mila in diversi campi di attività. Tutti i giudici albanesi
sono stati sostituiti da giudici
serbi; la lingua albanese è
stata sostituita da quella serba. Circa 300.000 persone
(soprattutto giovani) sono
emigrate negli ultimi due anni, sia perché disoccupate sia
per sottrarsi al servizio militare serbo (il cui rifiuto comporta la pena di morte).
Le aziende locali sono state integrate nell’economia
serba con un peggioramento
economico, amministrativo e
dei servizi molto evidente in
quanto sono pochi i serbi che
vogliono andare in Kossovo,
e i servizi sociali in genere
sono stati dimezzati.
Il «Consiglio per la difesa
dei diritti umani» operante
nella capitale. Pristina, ha
molto materiale che documenta casi di persecuzioni,
maltrattamenti, torture e persino morte a danno dei cittadini albanesi.
Un nuovo Parlamento
semiclandestino
Il 24 maggio 1992 gli albanesi del Kosovo hanno eletto
nella semiclandestinità (e
quindi non riconosciuti ufficialmente) un nuovo Parlamento e un presidente della
Repubblica, nella persona di
uno storico quarantanovenne
molto apprezzato, Ibrahim
Rugova, che ha iniziato (nonostante le difficoltà e le
pressioni di una minoranza
che chiede azioni cruente)
una resistenza nonviolenta
insieme alla maggioranza
della popolazione.
Si tratta di un’organizzazione capillare clandestina
che comporta scuole private,
case di cura, attivisti sindacali, iniziative culturali e
sportive. Gli albanesi emigrati mandano dei sussidi ai
parenti rimasti e ogni lavoratore ancora residente versa il
6% del proprio salario a un
fondo di solidarietà comune,
che aiuta i disoccupati e finanzia le varie attività dell’
organizzazione.
Il presidente Rugova sostiene che l’obiettivo del suo
partito è lo «status di protettorato con garanzie internazionali, in vista di una futura
indipendenza», ma certamente quest’obiettivo contrasta con le intenzioni del governo serbo e le due etnie
della regione vivono due vite
parallele e completamente
isolate tra di loro.
Purtroppo conosciamo già
il fanatismo dei serbi, ma
forse anche gli albanesi del
Kosovo potrebbero essere
meno nazionalisti e consentire un’apertura culturale meno unilaterale. Una cosa è
certa, la tensione è forte: basterebbe un scintilla perché
al presidente Rugova sfugga
di mano la situazione e si
passi a un conflitto armato.
Un conflitto che sicuramente
potrebbe allargarsi pericolosamente, coinvolgendo anche
l’Albania (che si ritiene la
patria naturale del Kossovo),
la Grecia e la Bulgaria (che
vogliono la Macedonia), la
Turchia e relativi alleati.
Che cosa possiamo fare
E noi? Noi certo non possiamo determinare nuove situazioni, ma anche noi siamo
chiamati a fare qualcosa, come solidarizzare con la popolazione che sta attuando
una resistenza senza l’uso
della forza (già hanno aderito
ufficialmente il Mir-Ifor nazionale e internazionale, Cristiani nonviolenti, Beati i costruttori di pace. Pax Christi,
ecc.); divulgare questa situazione perché i governi non la
eludano ma cerchino di mediare trovando soluzioni
politiche oggi e non quando
ormai sarà troppo tardi; raccogliere fondi in generi e in
denaro, inviandone rimessa
ad Agimi, Centro albanese di
Terra d’Otranto, ccb 835/61,
Banca V. Tamborino, agenzia di Otranto; oppure: Pax
Christi, ccp 18942300 30170 Mestre/ VE, specificando «Campagna per il Kosovo».
Rileggere
la storia
O ancora cercare volontari
per una «presenza nonviolenta» in Kossovo al fine di prevenire la guerra (Segreteria
nazionale Mir, cas. post. 8 Grottaglie/Ta, tei. 0998662252, a cui si possono
chiedere maggiori informazioni), e chiedere a parlamentari a noi vicini di formulare interrogazioni sull’argomento.
Noi infine, come credenti
in quel Gesù che ha dato la
vita per amore dell’umanità,
possiamo sollecitare i capi di
governo affinché rileggano la
storia con gli occhi delle popolazioni martoriate e violentate e non con il metro di chi
misura dei pezzi di terra disabitati. Possiamo inoltre sollecitare la gente a dimenticare i
vecchi rancori e a rifuggire
da un nazionalismo esasperato, affinché si possa convivere in un clima di reciproca
tolleranza e di amicizia.
Il Kosovo si trova nella parte meridionale dell’ex Jugoslavia, a est dell’Albania