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Anno 121 - n. 2
11 gennaio 1985
L. 500
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Gruppo 1 bis/70
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a: casella postale - 10066 Torre PeUice
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGEUCHE VALDESI E METODISTE
Punti
di vista
Caso Reder. I pensieri si affollano nella mia niente un po’ contraddittoriamente. Mi chiedo
che senso ha oggi, 7 mesi prima
della liberazione definitiva, 40 anni dopo Feccidio di Marzabotto,
mantenere un atteggiamento di
fermezza e tenere quest’uomo, il
responsabile di una strage, ancora in carcere. Per me, della
prima generazione dopo la guerra, che ho vissuto il travaglio
dell’affermazione dei valori della
democrazia, del rifiuto della pena di morte, e che sono arrivato
alla conclusione che la pena dell’ergastolo è inaccettabile qualunque sia la gravità dei delitti
commessi, tenere Reder in carcere ancora per sette mesi è
sbagliato.
Poi, interviene io stesso Reder
con una lettera all’ANSA e precisa che i morti di cui è responsabile sono solo 280 e non 1.800.
Allora, mi dico, cosa è servito
il carcere, se quest’uomo quarant’anni dopo riesce solo a fare
della ragioneria e non a riflettere
sulla strage che ha commesso?
Mi vien voglia di pensare che i
sette mesi allora se li deve
proprio ancora fare.
Se mi guardo intorno però vedo che Reder è uno dei pochi
criminali di guerra ancora in
carcere. Gli altri — responsabili
di atti anche più gravi — sono
ormai in libertà (ed alcuni di
loro mai sono stati in carcere) e
godono di fortune economiche
e rispetto.
Che dire poi dei responsabili
dei « crimini di pace » che hanno potuto evitare ii carcere grazie agli indennizzi che hanno pagato o che pagheranno; penso
alla strage recente di Bhopal, ed
alle malformazioni causate alle
decine di migliaia di bambini
dalla somministrazione alle gestanti di medicinali quafi il talidomide. Nessuno di questi responsabili è oggi in carcere.
Ed il governo che non si assume le proprie responsabilità?
Dice, poi smentisce, ma lascia
fare, che devono essere il comune di Marzabotto ed i parenti
delle vittime dell’eccidio a condonare i 7 mesi di Reder. Alla
barbarie dell’eccidio, si aggiunge
l’insensibilità umana del potere.
Eppure in questa vicenda si è
molto parlato in termini cristiani, di' perdono, di riconciliazione. Nelle situazioni difficOi sempre si è alla ricerca della parola di colui che più volte ha detto: « Voi avete udito che fu detto... ma io vi dico ».
Ed anche sul caso Reder si è
andati alla ricerca di questo
« ma io vi dico... », lo si è chiesto ai teologi, ai credenti, alle
chiese. La risposta sul caso Reder è stata contraddittoria come
è contraddittorio il nostro comportamento verso il nostro prossimo. Una cosa però è certa:
ricercare la riconciliazione di
Cristo è accettare di diventare
altri, di trasformarsi, è accettare l’imperativo di « amare i
nostri nemici ». Nel caso di Reder questo vuol forse dire lasciargli una possibilità, una via
d’uscita anche anticipata di sette mesi.
Giorgio Gardiol
IMPEGNO PERSONALE E RESPONSABILITÀ’ SOCIALE NELLA FEDE EVANGELICA
Solidarietà,
il nome laico dell’agàpe
Nel principio (Jella solicJarietà sono confluiti in misure (diverse lo slancio (deM’io al (di là (delle ristrettezze del proprio interesse e i risultati di una progressiva riduzione dell’ingiustizia sociale
L'accanita battaglia intorno al
« pacchetto Visentini » ha mostrato in questi ultimi tempi
quanto siamo lontani da una effettiva attuazione del principio
costituzionale secondo cui tutti
debbono concorrere alla spesa
pubblica in ragione della loro
capacità contributiva. Ma prima
ancora di discutere e valutare i
singoli provvedimenti proposti
dal ministro Visentini per fare
un passo avanti verso l’attuazione di questo principio, sarebbe
bene chiedersi qual è il fondamento del concorso di ognuno
alla spesa pubblica in ragione
della propria capacità contributiva. La risposta oggi di gran
lunga prevalente è che alla base
di un’equa ripartizione dei carichi stia il principio solidaristico. Non, per esempio, il principio che ciasctmo in ra.qio
ne del godimento dei servizi che
lo stato fornisce alla collettività
— dal momento che oggi non
vi è più rapporto tra l’imposizione diretta, generalizzata, e go
dimento di servizi statali che,
nella società moderna, si sono
enormemente dilatati. Bensì il
principio che i costi globali dell’organizzazione sociale sono suddivisi — al di sopra di un minimo vitale non tassabile — in
proporzione ai redditi secondo
un principio, appunto, di solidarietà dell’insieme della società. Ciò significa che la collettività assume globalmente il carico di servizi sempre più estesi
e costosi (si pensi all’istruzione
obbligatoria gratuita, al servizio
sanitario nazionale, alla spesa
per l’assistenza sociale, ecc.) in
modo tale che — almeno in linea teorica — il peso maggiore
grava su chi ha di più anche se
il godimento dei servizi va in
prevalenza a chi ha di meno. E’
su Questo principio della solidarietà sociale che si è fondato e
sviluppato lo stato sociale che
dai paesi anglosassoni si è esteso, in forme diverse, a tutta la
società occidentale.
Da dove proviene?
Ma da dove proviene il principio della solidarietà? Sull’ultimo numero dell’anno del nostro
giornale è comparso uno slogan
che mi è piaciuto molto; solidarietà è il nome laico dell’agàpe. Certo sarebbe arduo tracciare una storia del principio della
solidarietà e identificarne tutte
le componenti. Ma questo slogan
ha il merito di individuarne per
lo meno una; è certo che nella
cultura occidentale una delle
componenti della solidarietà è
l’agàpe, l’amore di cui è impregnato il messaggio evangelico,
quell’amore del prossimo _ che
non è inferiore all’amore di sé,
che non è mosso dal calcolo del
proprio interesse nel controllo
da parte della destra di ciò che
fa la sinistra, che valorizza al
massimo i minimi, gli emarginati della società.
Ma, appunto, solidarietà è il
nome laico di questo amore, tra
SERMONE DI NATALE NELLA CHIESA METODISTA DI BOLOGNA
Eppure vogliamo cantare!
« Io stabilirò la mia dimora in mezzo a voi... Camminerò tra
voi, sarò vostro Dio, e voi sarete mio popolo» (Lev. 26: 11-12).
« La Parola è stata fatta carne ed ha abitato fra noi »
(Giov. 1: 14).
« La moltitudine dell’esercito celeste lodava Dio e diceva : Gloria a Dio nei luoghi altissimi e pace in terra fra gli uomini Ch’Egli
gr.adisce » (Luca 2: 13-14).
Nella sua ultima lettera alle
chiese metodiste il presidente
dell'OPCEMI, past. Sergio Aquilante, cita un brano tratto da
Un sermone pronunciato durante la prima guerra mondiale, il
giorno di Natale, dal past. .Alfredo Taglialatela, indicandone
l’attualità. Un’attualità che oggi
.si ripropone con vigore, dopo
quanto è accaduto, di nuovo, alle porte della nostra città:
« ...è Natale di sangue, questo!... E quando si pensa alla
dolce tradizione di Natale — al
soave canto degli angeli che annuriciò ’gloria a Dio nei luoghi
altissimi, pace in terra e benevolenza verso gli uomini’ — non
si può non fremere alla stridente asprezza del contrasto: non
si può non sentire che ben più
lacerante dei contrasti di nazioni, d’interessi, di razze e di armi, che sembrano essere scoppiati tutti in una volta per riempire la terra di fragore e di orrore, è questo contrasto qui, tra
il Natale che dovrebbe essere e
il Natale che è... Gli angeli annunziarono allegrezza... Allegrezza! Ahimè, immaginatevelo l’allegro Natale delle città mutilate e distrutte... dei profughi che
hanno perduto famiglia, averi.
casa... tutto... e cadono estenuati dalla fame e assiderati dal
freddo... (e possiamo aggiungere
oggi: immaginatevelo nelle famiglie nel lutto, immaginatevelo
nelle persone ricoverate nei nostri ospedali bolognesi...). Immaginate, immaginate l’allegrezza delle case dove si piangono i
figli, gli sposi, i fratelli, i genitori... Allegrezza? Oh, angeli, per
carità, tacete!... Pace?... Oh, angeli, per carità, tacete! ».
Siamo ancora in un mondo in
cui si continua a sterminare popoli e genti quando non sono
funzionali al sistema dominante, in cui si organizzano massacri e stragi per affermare barbare ideologie di potere, per intimidire gli uomini e le loro coscienze, per contrastare le speranze della libertà e della giustizia. Altro che pace, altro che
allegrezza. Anche a noi vien voglia, con Alfredo Taglialatela, di
gridare: Per carità, angeli, tacete! Non vedete quel che succede?
Non vedete il sangue, il pianto
di chi ha perso figli, sposi, fratelli, genitori? Non vedete il dolore di chi è piagato nella propria carne e giace nei letti dei
nostri ospedali? Non vedete che
anche noi, qui oggi, .siamo pieni
di sdegno e di rabbia, se pure
abbiamo ancora un po’ di coscienza e non ci siamo lasciati
sopraffare né dal cinismo, né
dalla assuefazione alla violenza?...
Come potete pensare che noi
partecipiamo al vostro canto
mentre chi « uccide l’innocente
di nascosto » (come dice il salmo 10), chi « sta in agguato per
sorprendere il misero » (idem),
chi « si gloria delle brame dell’anima sua » (idem), sta magari
brindando, oggi Natale, al successo della sua trama omicida,
arrogantemente sicuro e sempre
protetto da qualche potei e occulto (ma nei suoi effetti ben
palese!), garantito anche da certi organi di cosiddetta "sicurezza" dello Stato?...
Come possiamo cantare mentre « l’empio, nell’alterezza della
sua faccia, dice: L’Eterno non
farà inchieste; e tutti i suoi pensieri sono: Non c'è Dio»? (sempre il salmo 10).
Come possiamo cantare, mentre il disprezzo per la vita dell’uomo contrasta così palesemente con il messaggio tradizionale di questa giorno, il messaggio dell’amore, della serenità, della pace?...
Come possiamo cantare, mentre l’odio per l’uomo, per la .sua
libertà, sembra legittimare il diritto di negare Dio, di farsi beffe di lui e della sua parola?...
Come possiamo cantare mentre in tante parti del mondo la
Paolo Shaflì
(continua a pag. 2)
dotto cioè nel linguaggio del secolo, della progressiva approssimazione alla giustizia sociale. E
bisogna riconoscere che in gran
parte questa traduzione è stata
operata dalle lotte sociali con
cui la parte meno privilegiata
della società ha strappato via
via, uno dopo l’altro, i diritti
elementari della dignità umana.
Senza queste lotte, che spesso
hanno avuto poco a che fare con
il cristianesimo e che anzi sono
state spesso sentite come la negazione del messaggio evangelico, forse l’amore cristiano non
sarebbe andato oltre all’espressione che aveva assunto, sulla
base di un’antica tradizione, all’inizio della rivoluzione industriale: quella del gesto individuale, dell’elemosina, dell’assistenzialismo che se da una parte ha temperato le conseguenze
della rigida legge dell’interesse
imprenditoriale, dall’altra ha contribuito a legittimarla.
Nel principio della solidarietà
sono quindi confluiti, in misure
diverse, lo slancio dell’io al di là
della ristrettezza del proprio interesse e la traduzione in termini globali e obbligatori della progressiva riduzione dell’ingiustizia sociale di partenza.
E’ chiaro tuttavia che ’a solidarietà non è un dato indiscusso. una realtà statica. E’ un
principio che riceve di volta in
volta dei contenuti diversi, maggiori o minori approssimazioni,
e che può anche essere rimesso
in discussione. Società come
quella americana e inglese hanno espresso in questi anni governi che se non hanno negato
in teoria il principio della solidarietà, di fatto lo stanno pericolosamente svuotando con una
politica economica che mira al
proprio riassestamento mediante tagli della snesa pubblica che
colpiscono le fasce più deboli
della popolazione.
Altrove, parlo del nostro paese, il principio della solidarietà
è stato Quasi ribaltato da quando la riforma fiscale degli anni
’70 ha posto il carico mansiore
della spesa pubblica sulle spalle
dei lavoratori dipendercon le
ritenute alla fonte mentre il sistema politico consentiva una
esenzione fiscale di fatto a larghi strati delle forze produttrici
di reddito, tanto che Fanplicazione della giustizia fiscale anziché essere indiscutibile responsabilità e obbligo dello stato doveva essere inserita l’anno scorso nella contrattazione sul costo
del lavoro come una delle variabili della contrattazione stessa!
Come credenti
Ora, di fronte alle alterne vicende del principio della solidarietà, come dobbiamo situarci
noi come credenti? Possiamo
certo negare che la solidarietà
sia il nome laico dell’agàpe, posFranco Giampìccoli
(continua a pag. 12)
2
2 fede e cultura
Il gennaio 1985
VERCELLI
Dibattito sui presepe
e i'aibero di Natale
Vogliamo cantare!
Mentre scrivo, mi viene in
mente il momento in cui si avanzò la proposta di tenere una conferenza su questo argomento,
perché subito ci si pose l'interrogativo: ma interesserà a qualcuno? Ha senso organizzare una
« conferenM » su un argomento
così « limitato e semplice »? Ci
sarà abbastanza da dire per tenere in piedi una « conferenza »?
Ora, al termine, credo si possa tutti concordare con la conclusione del moderatore Enrico
Villa: « Questo argomento non
futile ha permesso di spaziare
in tematiche che abbiamo il dovere, come rUlisse dantesco, di
affrontare e di approfondire, per
capire l'essenza del problema.
Questa conferenza è stata ima
occasione in più per dire qualche parola per noi stessi ».
Introdotto dallo stesso giornalista con una ricerca personale
ricca di dati e di interrogativi
sul significato attuale e storico
dei due « simboli natalizi », il tema è stato poi sviluppato da
padre Sereno Lovera per la parte relativa al presepe e dal pastore Renato Di Lorenzo per
quella sull’albero.
Entrambi i relatori hanno dato una lettura storica del fatto
per coglierne il messaggio religioso e la conclusione iniziale è
stata la stessa: presepe ed albero non semplici simboli, ma
segni di fede.
Il primo ha riportato, sul filo
della tradizione, il discorso a
S. Francesco e al suo obiettivo
di « intuire la povertà del presepe ed i disagi del Bambino per
la mancanza delle cose necessarie » e di far « risplendere la
semplicità evangelica, la povertà e l’umiltà di Cristo » nel presepio, in contrapposizione alla
abitudine del tempo di creare
fastose ed enfatiche rappresentazioni liturgiche natalizie e soprattutto al modo di concepire,
secondo la cultura ufficiale, il
Cristo come un essere maiestatico, trionfante, di tradizione bizantina.
Il presepe quindi ha avvicinato Cristo a noi, rendendolo fratello, è perciò « mezzo ed occasione per entrare nel mistero
dell’Incarnazione » e lo può essere ancora anche per gli uomini d’oggi.
A differenza del presepe, che
legato al mondo cattolico romano ha da sempre avuto un unico e solo significato religioso,
l’albero affonda la sua origine
nella storia dell’uomo ed ha
perciò assunto significati religiosi diversi, i quali però tutti sono
espressione di un bisogno perenne di immortalità e di vita. E
così è stato pure per i cristiani,
presso cui l’albero era già noto
come liturgia di fede prima della divisione delle Chiese. Si è però diffuso più lentamente del
presepe, ma ha continuato a sug
gerire precise riflessioni, in quanto sintesi visibile della realtà
cristiana: il peccato (come albero dell’Eden) e Cristo (come
albero della vita e della Croce)
cioè ha rappresentato Cristo nella sua opera di incarnazione e
di redenzione dell’uomo.
Come già accennato, la lettura teologica e storica ha portato i due relatori a formulare una
prima conclusione identica:. presepe ed albero sono segni di fede. Ma a questo punto le due
esposizioni divergono; mentre
fra Lovera ritiene che l’uomo
di oggi possa trasformare ancora in segno di fede il simbolo
natalizio del presepe, per il pastore Di Lorenzo, invece, « l’albero » oggi « è estraneo alla memoria della nascita di Gesù » e
dunque bisogna « riscoprire segni nuovi per l’annuncio della
fede ».
Il dibattito è stato particolarrnente vivace e ricco d’interventi ed ha toccato molti aspetti del
problema: la povertà di Maria
e Giuseppe ed il consumismo
odierno, gli emarginati d’un tempo e gli attuali, una lettura laica ed una reinterpretazione moderna ma religiosa del Natale,
l’influenza del presepe nell’arte
e nella religiosità popolare ed
altre cose ancora. Ma ha lasciato per il momento inascoltato il
suggerimento del pastore.
L. C.
PRIME IMPRESSIONI
Gentilissimo Direttore,
sono un nuovo lettore de « La Luce »
e sento il dovere di dirLe, con estrema franchezza, le mie prime impressioni sul giornale. Ebbene, trovo che gli
articoli sono permeati di concezioni
laiche e politiche, bagaglio consueto
di tanta stampa partitica o indipendente, da non riuscire a distinguersi
da essa, come, a mio parere, dovrebbe essere un periodico ispirato agli
insegnamenti di Cristo. Nel numero
48 del 14.12.1984, per es., è stato dato
ampio risalto — titolo su 4 colonne in
prima pagina — alla bozza di pastorale
che i vescovi americani hanno in animo di inviare a Reagan per propugnare
una diversa impostazione della economia americana, e Lei sembra condividere pienamente quanto viene richiesto.
Mi sembra di ricordare, pur nella
mia ignoranza, che Gesù, che pure ha
fatto i suoi proseliti tra gli umili, perché certamente tra costoro esistono
I più puri di cuore, non ha mai promesso loro alcun benessere materiale,
alcuna « giustizia sociale »; al contrario
ha predetto loro sacrifici e martìri.
Pertanto se prendiamo le parti dei derelitti e degli umili, non per riversare
su di loro il nostro Amore, come è
sacrosanto che si faccia e come Cristo
ci ha chiesto di tare, ma per sollecitarli a chiedere, anzi a pretendere,
l'aiuto materiale dei terzi, noi incoraggeremo in loro l'Invidia, l'odio e la
violenza e susciteremo negli altri il
rancore, la paura e ancora la violenza. Tutto l'opposto dell'Amore che II
Cristo pretende da chi vuole osservare
la Sua Legge. Cerchiamo invece di
convincere ogni uomo, perché tutti possono donare qualcosa, del piacere di
dare, della bellezza del rinunciare, della soddisfazione di sacrificarsi, ed avremo dato un valido contributo alla
creazione di un mondo dove primeggerà l'Amore. Diversamente avremo
tatto solo della propaganda per il nostro gruppo, politicamente.
Se vogliamo tentare di dare una
risposta umana ai tanti travagli che
Incombono sul futuro degli uomini dovremmo domandarci che cosa predi
cherebbe oggi il Cristo sulla terra.
Ed io, senza presunzione, sono certo
che la risposta non può che essere
quella di 2.000 anni fa: AMORE.
Con i migliori e più cordiali auguri.
Reto Bonifazi, Terni
DONO AL CENTRO
Caro Direttore,
l'essermi occupato molto in prima
persona, anche se ovviamente non da
solo, dell'allestimento del Centro G.L.
Pascale in Guardia Piemontese, mi
spinge a rispondere alla lettera della
sig.a Fiorella De <Michelis Pintacuda
(« La Luce », n. 46), anche per evitare
che le sue osservazioni si abbattano
su destinatari innocenti.
Innanzitutto, mi fa piacere che il
Centro riesca a dare, nel suo complesso, l'impressione di » un carattere sobrio ed evangelico » e riesca a
render conto della nostra storia, e in
particolare della nostra storia in Calabria, « in maniera efficace e rigorosa ».
E’ esattamente quello che si era cercato di fare, e non può che far piacere constatare che ci si è anche un po'
riusciti.
Tanto più mi sento in dovere di spiegare l'origine dell'oggetto che la lettrice ritiene « stridente stonatura ».
La teca, che fra l'altro non è di cristallo ma di comunissimo vetro, contiene, oltre il teschio e le due ossa,
qualche altro piccolo reperto (una fibbia, pezzi di candelabro ecc.): oggetti tutti donatici per il Centro da una
persona — dalla quale fra l'altro abbiamo avuto fraterno e competentissimo aiuto — che ha voluto donarli proprio al Centro, perché quegli oggetti
trovano la loro collocazione naturale in
un museo, quale il Centro vuole anche
essere e quale deve pian piano diventare.
Sono io stesso del parere che la
teca non sia al suo posto su un ripiano della libreria al pianterreno, e
che andrà collocata in un posto più
• logico », anche se a tutt’oggi non
vedo bene quale possa essere; d'altra
parte non era possibile ricevere In
dono quegli oggetti e dimenticarli sul
fondo di un armadio, nascosti in un
pezzo di giornale o in una scatola da
scarpe. Che poi questi reperti possano
essere considerati « reliquie », pare
un tantino eccessivo, stante la scritta esplicativa che li illustra e la complessiva « impostazione evangelica »
che la stessa lettrice ha riconosciuto.
Grazie per l'ospitalità.
Salvatore Ricciardi, Milano
ANCORA CARES
Caro Direttore,
tocca anche a me mandarti una precisazione che riguarda VALLI NOSTRE:
per il mese di dicembre 1985 figura
una bella foto della villa di Reggello
(Fi) « già Casa CARES, in cui — dice
la didascalia — il Centro Giovanile
Protestante (Gouid) organizza un Centro incontri e di soggiorno per gruppi
e famiglie ». Effettivamente la Villa di
Reggelio è stata donata alla Tavola
Valdese nel 1983 dall'Associazione
CARES, ed è retta da un Comitato
nominato dalla Tavola stessa: tuttavia
l’Associazione CARES è rimasta in
piedi e designa tre dei sette membri
del Comitato; il centro ha conservato
il nome di Casa CARES, e cerca di
continuare in forma nuova l’attività
evangelica e formativa che ha svolto
per molti anni. Attualmente fanno parte del Comitato CARES membri di cinque diverse denominazioni evangeliche (valdesi, metodisti, battisti. Fratelli e Nazareni).
Tuttavia la didascalia del Valli Nostre contiene una verità: ed è che il
rilancio della Casa CARES sarebbe
stato quasi impossibile senza il tenace impegno di Teresa Schütz e Marco
Jourdan del « Gouid » i quali insieme
a molti altri amici hanno ridato vita a
questa splendida casa, rinnovandone
anche la tradizione di rapporti internazionali.
Detto questo non vorrei togliere nessun merito al Valli Nostre, che è il
nostro miglior « biglietto da visita »:
ogni giorno ricevo lettere e cartoline
che ce ne ringraziano da ogni parte
del mondo: sia ciò detto a grata memoria del pastore Roberto Jahier che
per primo lo ideò, e con viva riconoscenza alla Claudiana che lo rinnova,
fresco e attraente, ogni anno.
Giorgio Bouchard, Roma
(segue da pag. 1)
vita dell’uomo è minacciata, avvilita, mortificata, distrutta ad
opera della prepotenza, del cinismo, dello spietato opportunismo del piu forte, del più armato, del più presuntuoso che
crede di avere sempre il diritto
di schiacciare il più debole, l'indifeso, colui che non ha garanzie e non ha dove posare il capo, come Gesù {Mt. 8: 20)?
Come possiamo cantare mentre ci sentiamo frustrati e impotenti, smarriti e confusi, ma
anche feriti e indignati, frementi
e pieni di rabbia...^ mentre magari invochiamo giustizia e forse vendetta?...
Come possiamo cantare?...
Ma noi vogliamo cantare! Perché non è vero che « non c'è
Dio », non è vero che Egli non
farà inchieste, non è vero che
Dio dimentica! Non è vero che
la violenza dell'uomo possa svilupparsi impunemente, non è vero che la sua arroganza sia sempre al di sopra di ogni sospetto!
Noi vogliamo cantare perché
non è vero che siamo lasciati
soli al nostro destino di uomini
votati alla rapacità ed al cinismo. Non è vero che l'ultima parola spetti alla morte, alla sua
logica e alle sue trame.
Noi vogliamo cantare perché
non ci accontentiamo di un Natale fatto di sentimentalismi e
di sdolcinatezze... Non è vero
che a Natale si deve dimenticare il male del mondo: noi lo
abbiamo ben presente, vicino,
nelle camere mortuarie e nelle
stanze dei nostri ospedali.
Noi vogliamo cantare perché
non è vero che di fronte alia barbarie e alla cattiveria la soluzione sia quella di chiuderci in un
“privato" fatto di interessi, magari elevati e culturalmente raffinati, che ci diano tranquillità
e pace: il mondo è marcio e corrotto, ma io ho un mondo “tutto mio", quando torno a casa
dal lavoro ascolto della buona
musica..., prima di addormentarmi leggo, magari, la Bibbia, faccio le mie preghiere e mi sento
a posto col Signore!... Ho anche
pregato per le vittime della strage, so che Iddio le accoglierà
nella sua misericordia, confido
nella sua grazia!...
Ma Dio non è un accompagnatore di morti! Anche se sorridente e comprensivo! Dio non è
uno che con rassegnata pazienza si riduce a seppellire l'uomo!
Dio non fa queste cose, neppure per promettere un'altra vita,
beata e santa, incorruttibile e felice... Un'altra vita: asettica e
banale, senza problemi e noiosa... No! Dio è uno che dona la
vita: questa! Una vita da spendere nella nostra storia!
Noi vogliamo cantare perché
a Natale, ed ogni giorno, Dio ci
incontra in Gesù Cristo, nella
nostra realtà di uomini colpiti
e feriti nei nostri affetti più cari, nella nostra dignità offesa,
nella nostra fiducia mutilata, nel
nostro animo piangente. Per noi
Natale è un messaggio che viene ribadito con forza: quello del
fatto straordinario di Dio che
assume su di sé la nostra ordinarietà, anzi la nostra vita minacciata e tremante.
Noi vogliamo cantare perché
« Dio cammina tra noi, è nostro
Dio e noi siamo suo popolo »
(Lev. 26: 12).
Noi vogliamo cantare, magari
con un nodo in gola, perché Dio,
in Cristo, riconcilia a sé il mondo, il nostro mondo! {Il Cor.
5: 19).
Noi vogliamo cantare perché
l'Evangelo di Natale non è una
pia esortazione ad essere più
buoni e pazienti, tristemente sereni in una santa rassegnazione,
mestamente in attesa che venga la fine del mondo e l'avvento di un regno felice... L'Evangelo di Natale è la notizia che Dio
abita fra noi, è uno di noi, è uno
con noi! In Gesù Dio stesso vive
la nostra vita e la nostra morte.
Non è allora azzardato affermare che Egli era sul rapido Napoli-Milano, era in piazza ieri pomeriggio a riaffermare la volontà di non cedere di fronte alle
intimidazioni, è qui oggi mentre ascoltiamo la sua parola, è
nelle stanze dei nostri ospedali,
a fianco dei sofferenti... La nostra sofferenza è la sua, il nostro
sdegno è il suo, i nostri fremiti
sono i suoi, ma soprattutto la
nostra speranza è la sua!
Ecco, noi vogliamo cantare
perché Dio cammina tra noi,
percorre le nostre strade, persegue con noi l'obiettivo della nuova umanità in cui il pianto non
sarà più (Apoc. 21). Anzi, Dio
proclama in Cristo l'avvento di
questa nuova umanità, contraddice l'uomo vecchio, sia quello
rapace e spietato, sia quello indolente e mesto, quasi beato nella sua tristezza, tanto da farne
(a volte) una specie di suo valore personale, un'opera meritoria...
Noi oggi vogliamo cantare,
non perché, semplicisticamente,
la vita dopo tutto continua, non
perché siamo così bravi che riusciamo a superare le tristi prove della vita, non perché siamo
capaci di mettere un pietoso velo sulle tragedie del mondo...,
ma perché il malvagio non prevarrà! perché Dio in Cristo ha
già combattuto contro le forze
spirituali e ideologiche della
malvagità {Efes. 6; 10-12) e chiama anche noi ad impegnarci in
questo combattimento.
Noi vogliamo cantare perché
siamo sì tribolati e oppressi ma
non schiacciati, sconvolti ma
non disperati, sconcertati ma
non abbandonati, atterrati ma
non distrutti. Portiamo sempre
in noi la morte di Gesù (e nelle,
sua la morte di tutti, anche quella delle vittime del rapido Napoli-Milano) perché si manifesti
in noi la sua vita (e nella sua
quella di tutti, compresa quella
delle vittime di questa ennesima strage...) (Il Cor. 4: 8-)0).
Noi vogliamo cantare pravir
perché l'allegrezza, la pace, io
giustizia non sono cose sconta
te, non sono dei prodotti di lusso da mettere nelle luccicanti
vetrine del centro, ma sono un
progetto per il quale vale la pena spendere la nostra vira, impegnare le nostre energie e le
nostre, anche se scarse, titubanti e dolorose capacità. Proprio
nella nostra debolezza, nel nostro sconcerto, nella nostra rabbia impotente, Dio è entrato con
la sua forza, la sua carità, la sua
totale e scandalosa (per i benpensanti ) solidarietà. E' entrato non per lasciare le cose come stanno, non per autorizzare
e legittimare la nostra rassegnata impotenza, bensì per ridare vita, alle nostre ossa secche, per ridare vigore alla nostra vacillante fiducia, per produrre vita contro la logica della
morte, per creare speranza contro la strategia della paura.
Noi vogliamo cantare, e il nostro canto è, e vuole essere, una
provocazione, una sfida, una
protesta, una solenne proclamazione della vita e della speranza.
Una predicazione che annuncia
la fiducia in Dio, una pubblica
affermazione della resistenza dell'uomo nuovo che in Cristo Gesù si oppone all'uomo vecchio,
minacciato e tremante.
Il nostro canto non è una manifestazione della nostra incosciente e superficiale pietà religiosa, il nostro canto vuole essere un coraggioso e spavaldo
annuncio della fede in quel Gesù, salvatore del mondo, uomo
nuovo, uomo vero, minacciato,
colpito a morte e vincitore su
tutte le trame della malvagità.
Il nostro canto di oggi, in questa Bologna ancora una volta
ferita a morte, è una confessione di fede, una proclamazione
dell'Evangelio che è parola di vita per tutti. Se è vero che Natale è la festa di Dio che si fa
altro da sé in Gesù Cristo, è anche vero che questa è la festa,
sia pure contraddittoria e temeraria, dell'uomo nuovo, chiamato
ad opporsi con potenza (non sua,
ma di Dio) ad ogni disumanità
che ci minaccia.
Paolo Sbaffi
3
11 gennaio 1985
fede e cultura 3
UN INCONTRO AL LOUVERAIN, SVIZZERA
Una diaconia deila speranza
Un appello non nuovo ma sostanziato di riflessione biblico-teologica ed economica ad evitare
due errori: discutere di diaconia in modo solo tecnico, discuterne al di fuori delle chiese
Nel quadro meraviglioso
delle foreste svizzere,
sulle alture del Cantone
di Neuchâtel, con una
stupenda vista sul vasto arco delle alpi bernesi, si è svolto alla
fine di novembre al centro di Le
Louverain (Les Geneveys sur
Coffrane), un incontro promosso
dall’E.P.E.R. (il noto organismo
svizzero per l’aiuto reciproco tra
le Chiese), tra tutti coloro che
neH'Europa latina protestante si
occupano di servizio sociale, assistenziale, sanitario, di sostegno
economico istituzionalizzato o no,
in una parola della diaconia della Chiesa.
Finalmente la diaconia non è
stata unicamente considerata
nelle sue espressioni operative e
organizzative, ma è stata studiata nelle sue motivazioni bibliche e teologiche, nella sua capacitcì o possibilità di esprimere o
veicolare un messaggio evangelico che ne costituisca il fine e la
specificità.
Il tema era: ’’Una diaconia della speranza”, puntando auindi
l'attenzione non tanto su analisi
pur necessarie del passato, ma
su Ltn presente e un avvenire in
cui la Chiesa è chiamata a individuare spazi e campi di intervento per un servizio e una testimonianza che siano ’’portatori
di speranza”, per una nuova qualità della vita.
Il tema travalica quindi i vroblemi gestionali e organizzativi
dei singoli organismi diaconali in
un discorso limitato ad addetti
al lavoro, ma apre la più vasta
prospettiva di una azione e di
un impegno nel concreto che riguarda la comunità dei credenti
nel suo insieme. Come è stato
detto in una delle tesi di discussione: « La pratica sociale della
Chiesa per essere compresa come
un elemento costitutivo della sua
missione, deve essere "portatrice
di senso”. Questo implica da una
parte una interazione continua
tra la riflessione teologica e la
prassi e dall’altra la ricerca di
una organizzazione significativa ».
I tre studi fondamentali: di un
esegeta (J. Zumstein: Il concetto
di diaconia e le sue diificoltà teologiche), di un teologo (J. P. Thévenaz: Le chiese e la realtà sociale, saggio di lettura teologica)
e di un sociologo (R. Campiche:
Discorso teologico, pratica sociale delle chiese e immagine di tali
pratiche nella società) hanno
contribuito a mettere in rilievo
le motivazioni di fondo, i limiti,
le contraddizioni, i rischi, ma
anche le possibilità di una autentica diaconia della Chiesa o^vi.
Intense riunioni di gruppo hanno
contribuito alla reciproca conoscenza, informazione e riflessione
comune. La partecipazione italiana, contrariamente al solito in
tali circostanze, è stata numerosa
e rappresentativa della nostra
differenziata attività diaconale. Il
convegno di Louverain non potrà
che avere ripercussioni positive
sul nostro lavoro sia nell’approfondimento della radice biblicoteologica del nostro servizio, sia
nello sviluppo e nel rafforzamento di una corretta coscienza
diaconale nella nostra Chiesa.
Alberto Taccia
Signore, siamo venuti a questo culto come al tuo mercato;
sappiamo che ci sono molte
provviste, nel tuo mercato. Sianto qui col nostro paniere, e vogliamo tornarcene a casa col paniere ben pieno.
Preghiera creola
Centralità della diaconia,
del servizio, dell’impegno
sociale nella vita delle
chiese, nella vocazione
che è rivolta a tutti i credenti,
nella riflessione biblica e teologica sulla fede oggi. Questo è
stato certamente il punto sottolineato in modo decisivo nell’incontro a Le Louverain, e si è
chiesto esplicitamente ai vari
partecipanti di riportare nelle
loro chiese l’urgenza di una diaconia capace di intervenire nelle sofferenze, nelle oppressioni,
nelle ingiustizie che sono pesantemente presenti nel nostro
mondo, per alleviare, per sostenere, per combattere la disperazione, la solitudine, il senso di
fatalismo e di rassegnazione, il
ripiegamento individualista ma
anche le cause e le strutture che
determinano queste situazioni.
Un appello non nuovo, ma importante per la riflessione biblica, teologica e socio-economica
che lo ha accompagnato, e che
dovrebbe essere pienamente accolto anche in Italia, perché anche noi non siamo immuni da
due rischi segnalati ripetutamente a Le Louverain: a) discutere
della diaconia, delle opere prevalentemente in modo tecnico,
finanziario, strutturale; b) sviluppare questa discussione in
modo staccato dalla vita delle
chiese e sempre più fra ’addetti
alla diaconia’.
Può perciò essere utile richiamare alcuni punti, alcuni interrogativi o piste di riflessione che
sono emersi da questo incontro.
1. La diaconia non è un aspetto ’minore’ nell’Evangelo e
nella missione della chiesa, rispetto, ad esempio, all’evangelizzazione. Occorre riprendere
con vigore una riflessione biblica sulle ragioni teologiche di un
discepolato cristiano vissuto come servizio. Questa riflessione è
indispensabile per la qualità del
lavoro diaconale.
2. Nessun ruolo diaconale o dipartimento diaconale può e
saurire la vocazione al servizio
rivolta a tutti i credenti. Le grosse strutture sociali delle chiese possono diventare un alibi
per le comunità, per non essere
più interpellati — come assemblee, nel culto, nella vita quotidiana — dalla realtà di sofferenza e di oppressione vissuta dal
nostro prossimo. Senza trascurare l’importanza di molte « opere » e di una preparazione professionale dei diaconi, occorre
combattere il professionalismo
diaconale e, d’altro canto, i rischi di chiusura in sé, di spiritualismo sterile che si sviluppano in una chiesa dove i credenti
diventano sordi ad un impegno
personale di servizio.
3. La diaconia si esprime certamente in atti di umanità,
di solidarietà, di assistenza individuale vissuti nella quotidianità. Ma dove diventa struttura,
organizzazione, opera sociale
non può evitare di porsi il problema del potere e dei soldi di
cui dispone, così come del personale che lavora al suo interno. In che modo la vocazione
al servizio riesce (o no) ad essere il riferimento determinante in questi settori?
4. Può, la diaconia, nel momen
to in cui i fronti su cui è
chiamata ad operare soiio sertipre più anche economici, giuridici, politici, essere, nella società, un servizio che indica anche
delle possibilità diverse rispetto
all’intervento dello stato, spesso determinato da equilibri di
potere c qualche volta paralizzato dal burocratismo, dalla lentezza, dall’inefficienza? Come si
dovrebbero caratterizzare i rapporti chiesa-stato sul versante
dei servizi sociali?
5. Di fronte ai problemi sociali le chiese devono passare
dalle belle e facili dichiarazioni
di principi e dagli appelli alle
autorità al concreto intervento
sulle leggi. Per questo occorrono maggiore conoscenza, aralisi
più approfondite, meno ideologia e individuazione di una pluralità di azioni possibili. Una
comunità cristiana deve affrontare nel concreto delle risposte
che è capace di dare la diversità politica e sociale che vive al
suo interno.
6. Una nuova urgenza si delinea — e in alcuni paesi è già
drammaticamente presente —
per la diaconia delle chiese in
Europa: quella dei rifugiati e
soprattutto quella degli ’stranieri’. Un vento di nazionalismo e
di razzismo torna a soffiare contro di loro, i loro diritti di uomini e di lavoratori, la loro stessa esistenza. E’ un’urgenza che
investe la diaconia nella sua globalità: dall’aiuto immediato, ai
luoghi di accoglienza, alla difesa
dei diritti, alla collaborazione
con chi si occupa di loro, alla
preghiera e alla predicazione.
Marco Rostan
PRESENTATO A TORINO IL DOSSIER ’’UOMINI DI FRONTIERA”
Non archiviate il «68»
Qttocento pagine che ripercorrono un itinerario spirituale e
politico che ha ormai vent’anni:
la crisi del « ’68 », gli anni ’70
e la nostra attuale stagione di
insicurezze e di riflusso. « Uomini di frontiera » ' è il dossier
edito dalla cooperativa Lorenzo
Milani, nato sulla scorta di una
ricerca rigorosa durata tre anni, che delinea aspetti e battaglie significative del mondo cattolico torinese. Come si sono trasformate le coscienze di quei
credenti che dalla fine degli anni ’60 ad oggi hanno fatto una
scelta di classe? Ha ancoia senso, oggi, parlare di « rivoluzione », di « centralità operaia », di
« analisi marxista della società »? Q non è arrivato, finalmente. il momento di dire che
il « ’68 » è stato il clamoroso fallimento delle ideologie e dell’illusione che i tempi fossero maturi per fondare una società più
giusta e partecipata? Il libro, su
cui torneremo e in particolare
per quelle cento pagine di Antonio Cañedo dedicate al mondo
valdese, non risponde a tutte le
domande. Analizza i fatti (c intanto ci restituisce la ’memoria'
storica di ouegli anni) e li ripropone al dibattito di una chiesa
che crede, ancora, nella rifondazione teologica neH’amb'to di
una scelta di classe.
Nella parrocchia di via Actis
a Torino, venerdì 14 dicembre,
un centinaio di credenti (solo
quattro valdesi tra il pubblico)
hanno preso parte alla presentazione di questo ampio dossier.
Gli interventi, del filosofo teologo Giulio Girardi, coordinatore di
tutta la ricerca, di Francesco Traniello, storico torinese, di Ra
mos Regidor, un teologo che si
colloca nella linea della « liberazione » di Gustavo Gutierrez,
e di Livia Turco della segreteria
provinciale del PCI, per la loro
ampiezza non hanno permesso
un lungo dibattito. Ma si può dire che le cose importanti sono
state segnalate. L’analisi del «’68»
descritta nel libro, attraverso
inchieste e documenti dei vari
gruppi delle AGLI, dei preti operai (che nel dossier fanno la parte del leone) sino alla nostra
FGEI e ad Agape, è una storia
scritta dalla parte dei vinti, ha
affermato Girardi. «Ma — ha
ricordato Traniello — il « 68 »
non è definitivamente tramontato, perché la storia che stiamo
vivendo è frutto anche di quella stagione ». Regidor ha illustra'n le sostanziali differenze
irn la situazione teologica deifi America Latina e quella europea ricordando i nuovi soggetti storici della liberazione, accanto al movimento operaio: le
donne, i poveri, gli emarginati.
Resistenza e fede
Ritornando al « 68 » e alle sue
possibili interpretazioni si può
dire che esso ha lasciato presto
il posto ad una caduta in verticale di valori ideali, etici e politici. Anche la fede è diventata
solo e per lo più qualcosa che,
se non è considerata cosa di cui
vergognarsi è comunque opinione intima, personale. E non è
un caso che la grande sfida di
oggi tocca i] piano dell’etica e
quello del senso e dei valori della vita. In questa prospettiva il
« 68 » non può ancora essere ar
chiviato come un puro dato archeologico. Anzi, quella stagione
di forte spinta utopica, di grandi ideali e di grandi battaglie,
al di là dei suoi grossi limiti, è
ancora una fonte a cui attingere
se si vuole veramente iniziare
un nuovo tempo di resistenza e
di ricerca di fede. Naturalmente
non è così semplice e non è neppure la conclusione del libro. Gli
otto autori del dossier sollevano
in ogni caso, su una seria base
documentaristica, tutta una serie di problemi in cui fede, politica, impegno sociale e cultura
sono saldamente intrecciati. Emerge da queste pagine la vivacità di una parte del mondo cattolico torinese con cui, per alcuni tratti, una parte del mondo
valdese ha avuto rapporti fecondi di testimonianza e di militanza politica. La prospettiva
ecumenica con cui è stata condotta la ricerca ne permette la
sua penetrazione anche nei nostri ambienti, tanto più — come
ci ricordav'a Giampiccoli nel corso del dibattito — che l’analisi
sull’esperienza valdese ha colto
i punti essenziali. Vale a dire da
una parte il rifiuto dell’integrismo di sinistra (il voler essere
a tutti i costi una chiesa di ’sinistra’) e dall'altra la costante
coscienza della relatività di tutte le nostre scelte sociali o politiche, per quanto importanti esse ci possano sembrare. Ma su
quel capitolo che ci riguarda più
da vicino dobbiamo tornare con
più ampiezza.
Giuseppe Platone
Teologia
della
liberazione
BIELLA — Giovanni Franzoni,
già abate di « San Paolo fuori
le mura » a Roma, si è incontrato sabato 15 dicembre con
gli amici biellesi in un pubblico
dibattito, tenutosi nella sala della Chiesa Valdese, su invito del
Centro Studi Dolciniani. Franzeni ha trattato il tema: « La
teologia della liberazione interroga le realtà locali », evidenziando la complessità della nuova
teologia sudamericana e l’opportunità di raccoglierne la sfida.
Non si tratta di « importare » un
movimento estrapolandolo dal
contesto storico-sociale, ma di
prendere innanzitutto coscienza
che il radicalismo evangelico ha
in Europa ascendenze originali
ben anteriori al Concilio Vaticano II, a cominciare proprio dai
movimenti pauperistici medioevali, quali il valdese, il dolcinianc e la dissidenza francescana,
per continuare poi attraverso la
grande riforma del XVI secolo
e giungendo sino ai nostri giorni anche con la realtà delle « comunità di base ». Non è comunque sufficiente dichiararsi « al
servizio » del Terzo Mondo, ma
dobbiamo renderci conto di
quanto siamo corresponsabili
nel processo consumistico, e delle minacce che gravano sulla nostra società: dalle fasce di emarginazione e di disoccupazione,
all’esposizione dei giovani alla
banalità (si pensi alla tendenza
narcisistica di curare sopra ogni
cosa il proprio aspetto fisico, di
essere «alla moda»); dalla devastazione dell’ambiente alla tragica prospettiva di un olocausto
atomico, poiché essere pacifisti
non significa soltanto, oggi, impegnarsi contro la guerra, ma
operare denunciando il pericolo
nucleare, la compromissione del
territorio, il saccheggio delle risorse, le emarginazioni... La «teologia della liberazione » ci interroga sulla nostra pigrizia, come
una « provocazione ».
E’ poi seguite un vivace dibattito in cui si sono alternati
interventi piuttosto pessimisti
sulle concrete possibilità di modificare gli attuali modelli culturali ed i rapporti di forza, ad
altri meno amari, volti a sottolineare la necessità di non rifluire nel disimpegno, accogliendo
invece le nuove, e magari differenti, disponibilità che pur emergono dal mondo giovanile.
T. B.
♦ + *
^ AA.VV., Uomini di frontiera. Ed.
cooperativa di cultura Lorenzo Milani,
novembre 1984. pp. 857. L. 30.000.
LUINO — Di fronte ad un numeroso pubblico, presente il
Sindaco ed un assessore dell’amministrazione cittadina, venerdì
7 dicembre alle ore 21, presso
il Civico Istituto di Cultura Popolare di Luino si è tenuta una
conferenza sul tema: « Perché
una teologia della liberazione »,
relatore il pastore Eugenio Bernardini, il tutto organizzato dalla nostra Chiesa di Luino in collaborazione con FARCI locale.
Dopo una ottima presentazione storico-ambientale, si è parlato di alcuni aspetti della « teologia della liberazione », e nel dibattito, che ne è seguito, si è
potuto approfondire l’argomento, ed è risultato che è necessario interessarci di questo argomento non perché è oggi di attualità, a causa dei processi che
la Chiesa di Roma ha intentato
contro alcuni suoi teologi, ma
perché a seguito di una attenta
riflessione sull’argomento, risulta che lo stato politico e sociale
che si è sviluppato in questi paesi latinoamericani è colpa della
politica di nazioni più sviluppate che ha provocato « l’impoverimento » di questi popoli, soprattutto a causa del sistema di
sfruttamento delle multinazionali.
G. B.
4
4 Vita delle cUiese
Il gennaio 1985
III CIRCUITO
Avvio incoraggiante
In tempo di crisi economica
perdurante, secondo le indicazioni anche della Conferenza Distrettuale, il III Circuito organizza un incontro a Pomaretto, nella sala del Teatro, presso il Convitto, per domenica 27 gennaio,
alle ore 15,30, per esaminare
r esperienza delle Cooperative
« Terranova » di Luserna e « Contadina di consumo di Chiot dTAiga », di Angrogna, che hanno tentato con successo una via alternativa per affrontare i problemi
dell’occupazione. Tutti sono cordialmente invitati. Ci sarà anche un’esposizione dei prodotti
e la possibilità di acquistarne.
Prima dell’ incontro avremo
una breve assemblea di circuito,
alle 14,30, per valutare il lavoro
svolto nel campo dell’impegno per
la pace e in particolare le attività per cui abbiamo avuto il piacere di aver la collaborazione di
Gisela, la ragazza svedese che ha
dato in questi mesi il suo contributo nelle Unioni femminili, nelle riunioni quartierali e, soprattutto, nella scuola domenicale
delle chiese del circuito, appunto,
sul tema della pace. In particolare si dovrà valutare l’opportunità di ripetere incontri come
quello prenatalizio ad Agape, a
cui hanno partecipato tutte le
scuole domenicali della Val Germanasca, per un pomeriggio di
« giochi di riflessione », se così li
possiamo chiamare. Altro tema
da dibattere brevemente, sarà
quello della possibilità di aprire
nuovamente il Convitto di Pomaretto a ragazzi dell’alta Valle che
debbano essere ospitati per ragioni di studio o di lavoro.
Il Consiglio di Circuito ha cercato di continuare le attività avviate gli anni scorsi: incontri dei
monitori, preparazione comune
della predicazione, pubblicazione
della Lucerna ecc. A causa della
scarsa partecipazione registrata
Tanno scorso è stato lasciato cadere il collettivo ecumenico di
studio biblico. Una rinunzia non
rallegrante. Periodicamente gli
incontri di preparazione della
predicazione sono dedicati anche
allo studio di un tema. Sono stati affrontati quello del catechismo, con la partecipazione anche
dei catechisti non predicatori; e
quello del lavoro pastorale, sotto
lo stimolo di una lettera del nrofessore di teologia pratica della
Facoltà di Teologia.
Significativo ci sembra il fatto
che ora il 50% del corpo pastorale del circuito è femminile, con
l’arrivo di Erika Tomassone a
Frali e di Lucilla Peyrot a Perrero-Maniglia-Massello. Sono due
voci nuove che daranno senz’altro un apporto molto positivo
alla vita del circuito. Anche il lavoro di Dario Tron, il diacono
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Il Natale delle Scuole domenicali ad Agape
Domenica 23 dicembre si sono incontrate ad Agape le Scuole domenicali della Val Germanasca. Nel programma della
giornata c’era il pranzo insieme
ed un pomeriggio di giochi, canti e scenette su un tema comune: la pace. I monitori del terzo circuito avevano curato la
preparazione di questa giornata
con l’aiuto di Gisela, la ragazza
svedese che da alcuni mesi abita al convitto di Pomaretto ed
è imoegnata nel progetto pace
del distretto.
Vogliamo annotare alcune cose decisamente positive: più di
settanta persone (tra bambini,
monitori e pastori) si sono raccolte ad Agape alla vigilia del
Natale non attorno ad un tavolo coperto di panettoni, spumante e regali, ma per dividere
un pranzo comunitario, per cantare, giocare e riflettere sul tema della pace; bambini e monitori di quattro comunità diverse si sono incontrati, forse
per la prima volta, ed hanno
trascorso una domenica diversa,
più piena ed autentica.
Porse è proprio questo genere di attività che i nostri bambini desiderano. Speriamo che
questa giornata non rimanga un
episodio isolato, ma sia il primo
di altri simili.
Attività
VI1X.AR PELLICE — Domenica 23 dicembre si è svolta la
festa di Natale delle tre sezioni
della Scuola Domenicale (piccoli, grandi e Inverso), le quali,
dopo la parte introduttiva del
pastore, hanno presentato al numeroso pubblico il messaggio di
Natale attraverso un nutrito programma di poesie, di dialoghi e
di canti. Viva gratitudine a chi
ha donato il bell’abete, a chi l’ha
messo a punto nonché alle monitrici ed alla Sig.ra Lidia Frache, che purtroppo ha dovuto
essere sostituita pochi giorni
prima dal marito perché ricoverata in ospedale, per tutto il lavoro svolto ed a quanti altri hanno collaborato alla riuscita della manifestazione.
• La sera della stessa domenica il gruppo della Scuola Domenicale dell’Inverso, animato
dalla monitrice Lilia Garnier, ha
offerto un incontro fraterno ai
numerosi intervenuti nella ex
scuola del quartiere. Sentito
ringraziamento a tutti coloro che
ci hanno permesso di trascorrere insieme quelle simpatiche
orette.
• Nel periodo natalizio le componenti l’Unione Femminile hanno visitato le persone anziane,
sole o ammalate della Chiesa.
Anche gli ospiti della Casa «Miramonti » hanno trascorso momenti di comunione fraterna con
parenti, amici e conoscenti, ricevendo pure la visita del Coro
Alpino Val Penice e delle Adi
di Torre Pellice, che ringraziamo insieme a tutti gli altri amici.
• E’ deceduta la sorella Davit
Ester ved. Garnier all’età di 87
anni : era ospite della Casa « Miramonti » fin da quando la Casa aveva iniziato la sua attività.
Ai familiari la simpatia cristiana
di tutta la comunità.
• Un benvenuto a Cristian di
Michelin Salomon Silvano e di
Danna Milva; a Remy di Lazier
Gabriel e di Maian Claudia e a
Ivan di Monnet Valter e di Barolin Silvia, giunti ad allietare
i rispettivi genitori e familiari,
con l’augurio di ogni benedizione nel Signore.
Alla Ravadera
TORRE PELLICE — Per apprezzata iniziativa dell’anziano,
sig.a Mirella Chiavia, venerdì 21
dicembre la scuola della Ravadera si è animata per un riuscito trattenimento. Bambini ed
adulti del quartiere, con numerosi ospiti hanno così avuto l’occasione di scambiarsi gli auguri
in un clima di amicizia e fraternità.
I ragazzi del Coretto dei piccoli hanno visitato il Rifugio
C. Alberto e l’Asilo dei Vecchi
di S. Giovanni in occasione delle feste organizzate negli istituti per Natale. Anche il culto del
23 è stato da loro animato insieme ai bambini delle Scuole
Domenicali e del Gruppo Cadetti.
• Si sono svolti i funerali delle sorelle Maria Carolina Chauvie e Emestina Rostan ved. Rostan. Alle famiglie la comunità
esprime la sua solidarietà cristiana.
• Sono stati battezzati Mauro
Cesano di Giuseppe e Malvina
Pizzardi e Maurizio Concas di
Ponziano e di Edy Maria Ponte!.
• Si sono uniti in matrimonio
Paolo Boretto e Elia Lidia Eynard.
La comunità si unisce alla
gioia di queste famiglie.
Assemblea di chiesa
SAN GERMANO — Domenica 13 gennaio si terrà l’annunciata Assemblea di Chiesa sul
tema del terrorismo. Inizio ore
10 precise. Il tema è già stato
affrontato dalle riunioni quartierali del mese di dicembre ed
ha destato un buon interesse
nei partecipanti. La prossima
Assemblea dovrà esprimere il
parere di tutta la chiesa su questo delicato argomento.
• La fine del 1984 e Tinizio
del nuovo anno sono stati coperti di tristezza, nella nostra
comunità, poiché abbiamo salutato due nostri fratelli che ci
hanno lasciato. Guido Jahier
aveva 80 anni, Olga Revel ved.
Giacone ne aveva 86 e nella loro lunga vita avevano conquistato molti amici, che nel giorno del dolore si sono raccolti
attorno alle famiglie per testimoniare la loro simpatia e il
loro affetto.
• Diamo l’elenco delle riunioni quartierali. Gennaio: 23, Ghiabrandi; 24 Garossini; 29, Villa;
30, Gondini. Febbraio : 6, Baimas; 7, Costabella; 12, Gianassoni. In questo giro di riunioni si affronterà il tema dell’Assemblea di Chiesa del 17 Febbraio : Il nostro essere Chiesa.
Dibattere la sessualità
ANGROGNA — Con commossa partecipazione la comunità si è raccolta numerosa mercoledì 2 gennaio a Pradeltorno,
solidale intorno alla famiglia di
Giulietta Miegge (Pont Barfé)
per la scomparsa, in tragica circostanza, del figlio Zerbino di
25 anni. Rinnoviamo alla madre
e a tutti i familiari la nostra
solidarietà in Cristo.
• Con le prossime riunioni
(Capoluogo 14, Martel 15, Prassuit-V. 16, Odin-Bertot 17) affronteremo il documento sinodale sulla sessualità. Ci sarà
molto da discutere!
• Entro il 20 gennaio chiudiamo le iscrizioni a « Vacanze insieme », promosse dalla Corale,
previste (a prezzi eccezionali)
dal 13 al 26 agosto alla Casa
Valdese di Vallecrosia.
« L’Unione femminile si incontra domenica 13, ore 14.30, al
Capoluogo.
ceduto all’età di anni 33. Alla
vedova ed ai familiari la simpatia cristiana della comunità.
Drammatizzazione
MANIGLIA — La sera di Natale i ragazzi della scuola domenicale hanno riproposto il loro
messaggio nel tempio di fronte
ad un folto pubblico.
• Il 15 dicembre si seno svolti a Maniglia i funerali del fratello Livio Pascal. Alla mamma,
alla sorella e a tutti i familiari
esprimiamo la nostra simpatia.
Calendario
Appuntamenti
VILLAR PEROSA — L’Unione Femminile dell’Inverso si riunirà domenica 13 gennaio alle
ore 14.30 e quella del Centro
mercoledì 16.
• Una sorella molto attiva
nell’Unione femminile, Emma
Villielm ved. Beux, ci ha iasciati dopo una malattia molto dolorosa. Ci uniamo ai familiari
nel ricordo affettuoso e nella
speranza della resurrezione.
• Riunioni quartierali (ore
20.30): 15/1: Tupini (fam. Ghigo); 16/1: Dubbione (fam. Vinçon); 17/1: Fleccia (fam. Ghigo).
Benvenute!
POMARETTO — Patrizia è
venuta a recare gioia a Bounous
Marco e Long Giorgina di Inverso Pinasca Borg. Robert.
Laura e Sandra sono due gemelle per la gioia di Rochon
Marco e Pasetti Gloria di Fleccia. Benvenuto alle neonate e
auguri ai loro genitori.
s Sabato 5 gennaio ha avuto
luogo il funerale del nostro fratello Genre Emanuele di Pomaretto, oriundo delle Fontane, de
animatore giovanile che si è fatto
le ossa con la cura pastorale di
Frali nei due ultimi anni, oltre
che con una preparazione teologica e pratica nel suo campo specifico, sta dando i suoi primi
frutti. A Frali ha continuato a
dare il suo contributo per la corale e per il catechismo; il grosso del suo lavoro è naturalmente
a Pomaretto, dove i ragazzi sono
più numerosi, ma si stanno avviando gruppi anche nelle altre
chiese e si sta impiantando il
programma per Testate prossima, che riteniamo molto importante, per la maggiore libertà
che avranno i ragazzi in quel periodo. I due poli possibili sono,
naturalmente, il mare e la montagna. I risultati di un’inchiesta
indicheranno la direzione preferibile.
c. t.
FERRERÒ — Lunedì 31 c’è
stato l’incontro di fine d’anno a
Ferrerò con una riflessione biblica seguita da una cena comunitaria.
• Calendario delle riunioni
quartierali di gennaio: 9:Pomeifré ore 15, Bessé ore 19.30; 16:
Massello ore 19; Forengo ore
19.30; 17: Baissa ore 19.30; 23:
Ferrerò ore 20.30; 30: Grangette ore 19.30.
• Unione femminile: 8 gennaio, 22 gennaio ore 14.30.
• Corale: 11 gennaio ore 20.30.
• Scuola domenicale e catechismo riprenderanno il 12 gennaio alla solita ora.
Calendario
Nuovo concistoro
MASSELLO — Domenica 9 dicembre l’assemblea di chiesa ha
eletto il nuovo concistoro. I
membri sono: Simonetta Gaidou, Giovanni Tron e Silvio Giraud. Le funzioni del concistoro
e l’impegno di tutta la comunità
sono stati al centro della riflessione del culto del 30 dicembre,
durante il quale il nuovo concistoro è stato insediato.
• Domenica 16 dicembre le
comunità di Perrero-Maniglia e
Massello si sono riunite in un
culto unico caratterizzato dalla
presenza delle corali dell’alta
valle e di S. Germano. I coralisti si sono fermati per il pranzo
e hanno trascorso insieme il pomeriggio.
• L’unione femminile ha avuto
il piacere di avere Gisela Schoer
alla sua festa il 18 dicembre. Gisela ci ha fatte in particolar modo riflettere sulla situazione
delle donne nere in Sud Africa.
• I ragazzi della scuola domenicale e dei primi anni del catechismo hanno presieduto il culto del 23 dicembre, presentando
con dialoghi, canti e diapositive
la vicenda del popolo d’Israele
schiavo in Egitto, vicenda che è
di scottante attualità, per quanto riguarda la situazione dei lavoratori stranieri nei nostro
paese.
In questa rubrica pubblichiamo le
scadenze che interessano più chiese
valdesi delle valli. Gli avvisi vanno fatti
pervenire entro le ore 9 del lunedì
precedente la data di pubblicazione
del giornale
Giovedì 10 gennaio
□ INCONTRO
COLLABORATORI
ECO DELLE VALLI
PINEROLO — Alle ore 17 presso la
Chiesa Valdese incontro di collaboratori dell'Eco delle Valli.
□ COLLETTIVO BIBLICO
ECUMENICO
PINEROLO — Alle ore 20.45 nei lo
cali della chiesa valdese si riunisce il
collettivo biblico ecumenico per preparare l'incontro di domenica 27 gennaio (pomeriggio).
Venerdì 11 gennaio
□ ECUMENISMO
PINEROLO — Alle ore 20.45 presso
l'Auditorium di Corso Piave Maria
Vingianì, fondatrice e presidente del
SAE (Segretariato Attività Ecumeniche),
parlerà sul tema » Diventare uomini
ecumenici ».
Lunedì 14 gennaio
□ INCONTRO PASTORALE
TORRE PELLICE — Alle ore 9.15
presso la Casa Unionista si tiene l’incontro pastorale del 1° distretto.
Il programma è il seguente;
— riflessione biblica;
— tema della giornata: « La crisi del
lavoro alle valli », introducono Paolo Ferrerò e Giorgio GardioI;
— questioni organizzative.
Giovedì 17 gennaio
□ INCONTRO
COLLABORATORI
ECO VALLI
PINEROLO — Tra le 17 e le 19 si
tiene presso la Chiesa Valdese l'incontro dei collaboratori dell'Eco delle Valli.
Domenica 20 gennaio
n INCONTRO MATRIMONI
INTERCONFESSIONALI
PINEROLO — Alle ore 15 presso la
Chiesa valdese (via dei Mille) si tiene l'incontro dei matrimoni interconfessionali.
Argomento; » Casi di confermazione
in forma ecumenica: provocazioni per
la riflessione teologica e per la pastorale ». Introducono: Myriam e Gianni
Marcheselli, di Milano.
n DOMENICA DELLA TEV
VILLAR PELLICE — Alle ore 10.30
col culto presieduto dal pastore Ernesto Ayassot inizia nel tempio la « Domenica della Tev •> che riprende una
tradizione. Dopo il pranzo al sacco
si terrà alle 14.30 l'Assemblea che è
dedicata all’esame del tema « Ciò che
è essenziale nella chiesa ».
5
11 gennaio 1985
vita delle chiese 5
BOLOGNA
UN FEDELE SERVITORE
Vita nuova in Cristo Stephenson Carunchio
Il 2 dicembre 1984, durante
un culto molto frequentato, quattro giovani della Chiesa metodista di Bologna si sono presentati alla comunità per accettare
l’impegno loro richiesto dalla
« militanza » cristiana.
Membri attivi della Fgei, formatisi durante un lungo corso
di catechismo e con la partecipazione agli studi ed alle esperienze comunitarie dei campi
giovanili di Ecumene, hanno deciso di confermare l’impegno
nei confronti della loro comunità, assumendosi in prima persona la responsabilità della vocazione al servizio cristiano.
La serietà e la profondità della loro scelta vocazionale è stata confermata anche dalla dichiarazione che ha accompagnato la promessa di fedeltà fatta
nel nome del Signore:
« Nella consapevolezza di vivere in un mondo che sistematicamente nega la Parola di Dio,
noi crediamo nell’autorità e nella validità di questa Parola.
Noi non crediamo nell’adorazione di falsi profeti quali il denaro, il potere, la violenza, l’egoismo ; noi non crediamo che
l’uomo debba vivere nell’ingiustizia, continuamente sopraffatto dalla propria ambizione e da
quella degli altri uomini (...).
(...) Noi crediamo che valga
la pena impegnarsi per un mon
do a misura dell’uomo nuovo,
cioè a misura di Cristo; crediamo che la vita nuova che Cristo
ha vissuto per noi sia la via da
seguire e che questo si attui nel
diretto rapporto con l’uomo e
nel continuo confronto con lui;
crediamo che nel mondo si possa già vivere la realtà del regno
di Dio; crediamo che l’uomo
debba considerare ed amare l’altro uomo come considera ed ama se stesso.
Noi crediamo che la Parola di
Dio esprime un giudizio definitivo sui mali del mondo e crediamo che per noi non sia vano
batterci contro il male e l’ingiustizia; crediamo che solo in
Cristo c’è piena giustizia e che
solo in lui l’uomo acquisti vera
dignità; crediamo che in lui si
superi la logica della violenza e
della sopraffazione, la politica
della forza e la logica delle armi, come anche la rassegnazione
a convivere con la minaccia della
morte. (...)
Noi crediamo (...) necessario
che la chiesa sia luogo di incontro e di riflessione, non chiuso
in se stesso, ma aperto alle
istanze dell’uomo, un « luogo »
in cui tutti siano resi capaci di
attuare un pieno, fraterno, fiducioso rapporto col prossimo, segno del rapporto del Signore
con noi (...)».
M. P.
Nuovamente un lutto ha colpito la nostra comunità. Il fratello Stephensnn Carunchio ci
ha lasciati. Era un combattente
della fede, un testimone dell’Evangelo e l’anziano della chiesa
valdese di Guglionesi.
Ai funerali, avvenuti il 23 novembre U.S., presieduti dai pastori Cappella e Anziani, è stato annunziato che Tavvento -dell’evangelo del Regno rovescia
la nostra vita e noi siamo indirizzati in una nuova realtà. L’esempio di lotta per questa nuova realtà, compiuto dal fratello
Stephenson, non deve rimanere
nel nostro cuore come un buon
ricordo, ma deve richiamare noi
a proseguire il cammino di testimonianza.
Quale è stato questo cammino
di testimonianza?
Di famiglia valdese studia a
Torino presso l’Istituto Artigianelli Valdesi e prende il diploma
di incisione e arte tipografica.
Per lunghi anni lavora nella tipografia paterna a Guglionesi
ponendo la sua abilità artistica
al servizio della testimonianza
all’Evangelo. Dipinge quadri con
brani biblici e compila a sue
spese volantini di evangelizzazione. Però il suo maggior impegno è nella predicazione domenicale. La chiesa di Guglionesi è curata da pastori residenti
prima a S. Giacomo degli Schia
voni (vicino a Termoli) e poi a
Campobasso. Nella piccola sala
in un vicolo oscuro ogni domenica è possibile ascoltare la Parola di Dio pur con l’assenza di
un pastore. La chiesa elegge il
nostro fratello anziano di chiesa riconoscendogli i doni di guida e di predicazione.
Un male terribile lo colpisce e
per un limgo periodo deve lasciare la sua amata comunità.
E’ un tempo di prova da lui af
frontato con fede e allegrezza.
Agli inizi degli anni ’70 finalmente ritorna a casa compietamente guarito e con gioia riprende la sua attività evangelistica.
Parla coi giovani e con i più
anziani sempre preoccupato di
fare in modo che il seme della
verità dia frutto. Per la sua comunità si impegna a trovare un
nuovo locale di culto: in piazza
e non più nel vicolo nascosto.
Questo sta a significare che per
lui, come per altri, la predicazione evangelica deve aprirsi ad
una cerchia più ampia di quella
dei soli membri di chiesa.
In questi ultimi mesi, dopo
la morte della cara sorella Virginia, il suo stato fisico ha una
caduta irreversibile. Deve essere ricoverato in csfìedale a Termoli e poi in una clinica per
lungodegenti a Montaquila (Is).
Sarà il suo ultimo viaggio fuori
da Guglionesi, ma la situazione
nuova non lo abbatte, piuttosto
gli permette di affermare: « Ho
ancora una cosa da fare prima
di lasciare questo corpo: annunziare l’Evangelo a questi ricoverati che come me non usciranno
mai da questa casa! ».
La sua fede non finta lo sostenne fino all’ultimo e possiamo
ricordarlo oggi come colui che
non si vergognò mai della Parola di Dio.
Giovanni Anziani
CORRISPONDENZE
Evangelici a Livorno
LIVORNO — Su richiesta della VI Circoscrizione di Livorno, i conduttori delle comunità
evangeliche si sono incontrati
fra loro e con alcuni cittadini,
cattolici e laici, per interrogarsi sulla storia, la presenza e la
portata del protestantesimo in
questa città che fino dal 1591/93
ha avuto, a motivo della Legge
« livornina », un respiro internazionale.
Con l’ausilio di diapositive indicanti i luoghi, le strutture, i
cimiteri o i ruderi di tutte le
presenze suddette (olandesi-alemanni, anglicani, presbiteriani
scozzesi, chiesa libera evangelica, battisti, metodisti wesleyani,
salutisti, valdesi. Chiesa di Cristo, avventisti, apostolici, fratelii), Davide Melodia, esperto
di storia di Livorno oltre che
evangelico, ha illustrato sinteticamente i momenti salienti di
ogni denominazione durante la
prima sessione. I nomi del pastore G.P. Schultesius, di R.W.
Stewart, di Enrico Mayer hanno
cominciato così a prendere un
primo rilievo.
Nella seconda sessione, dedicata all’approfondimento delle
chiese storiche evangeliche tuttora vitali a Livorno dall’800,
prima il Melodia e poi Mauro
Del Nista, pastore della Chiesa
Battista, hanno spiegato il passaggio della bandiera della fede
evangelica dalle mani degli stranieri alle nascenti comunità italiane. Si è visto come e perché
ha operato a Livorno il pastore
valdese Giovanni Ribatti, chiamatovi dallo Stewart, e le brucianti esperienze livornesi del
padre barnabita Alessandro Gavazzi, prima professore di retorica a Livorno, poi polemista
protestante, e infine fondatore
della Chiesa Libera: su su fino
agli ultimi decenni in questo secolo.
La terza sessione, dedicata
alla testimonianza di tutte le
chiese evangeliche presenti a
Livorno, ha offerto al pastore
Scuderi l’occasione di fare un
breve excursus di storia valdese
e di enucleare i fondamenti della
fede evangelica; agli apostolici
di dare il loro messaggio; agli
avventisti di narrare la loro bre
ve ma intensa avventura spirituale nell’attesa del Ritorno di
Cristo; alla Chiesa di Cristo di
sottolineare alcuni punti del loro ordinamento e della fede comune; a Del Nista di esprimere,
oltre a certi valori essenziali del
battiamo, l’elemento irrinunciabile della separazione fra chiesa
e stato.
In ultima analisi, una fatica
molto positiva p>er il confronto
fra evangelici e fra questi ed i
cittadini desiderosi di conoscerli
meglio, fuori delle loro chiese.
seconda e... terza casa, ecc., attraggono e assorbono pienamente la vita di tanta gente. Per chi
ancora si ricorda di far parte
di una comunità e dalle circostanze ne è lentamente portato
lontano, sembra che possa bastare (e non sempre) il sermone del giorno di Natale e, se ci
sarà l’occasione, quello di Pasqua. L’incontro dell’8 dicembre
1984 a Tresanti, che non aveva
altra pretesa che di offrire lo
spunto ad un tentativo di ripresa, sicuramente non fa testo.
Ma è un segno molto evidente.
Un musical
evangelico
« Villa Betania » con la partecipazione di ammalati e personale ospedaliero.
Al momento della loro partenza per far ritorno a Roma, li
abbiamo incoraggiati a proseguire questa attività che vede
uniti giovani di diverse chiese
per un programma di evangelizzazione.
Ci auguriamo che altre nostre comunità possano utilizzare questo musical per le loro attività evangelistiche, e che in
ogni grande città (a Napoli per
esempio) sia possibile costituire un gruppo di questo tipo a
sostegno dell’opera delle comunità.
La diaspora
evangelica
FIRENZE — Fra i molti simpatizzanti e amici cattolici, gli
evangelici fiorentini che hanno
partecipato all’incontro delT8 dicembre a Tresanti, sono stati
pochi, distratti e non tutti interessati al problema della diaspora su cui si è discusso nel
pomeriggio per un paio d’ore.
Così, dall’incontro, invece di
scaturire una prima scintilla per
un’azione di rilancio, di ripresa,
coordinamento e speranza, c’è
stato l’ennesimo ripiegamento
su noi stessi con la scusa che la
nostra forza numerica si assottiglia sempre più e che sui pochi
resti validi gravano in aumento
impegni onerosi (da quello finanziario a diversi altri servizi).
Una giornata splendida dal
punto di vista metereologico e
ben preparata sul piano organizzativo: tutti soddisfatti per
il piacere deH’incontro, per l’occasione particolare, per i panorami belli, dolci, rilassanti.
La conclusione dell’incontro è
stata che un nulla di fatto ha
deluso l’attesa di chi sperava
nelTavvio di un’azione nuova di
presenza e testimonianza sia in
città che fuori di essa.
I tempi sono realmente cambiati e la diagnosi della situazione in cui si trovano le comunità disperse nelle grandi aree urbane e attorno, è e rimane totalmente pessimistica. Il richiamo sportivo (magari la sola presenza allo stadio!), le vacanze,
il tempo libero e il suo uso, la
PORTICI — « Abbiamo trascorso un’ora di gioia e di profonda spiritualità». Con queste
narole del dott. Teofilo Santi si
è conclusa a Portici (Na) domenica 9 dicembre ’84, presso Casa Materna, la manifestazione
evangelistica del gruppo di giovani evangelici romani SPIRIT
invitati a Napoli dal past. Giovanni Anziani.
Il programma era composto
da due atti di un musical con
brani tratti dal libro degli Atti.
E’ stata una lettura attenta e
fedele di questo libro che ci ricorda gli avvenimenti della vita
della chiesa primitiva: la discesa dello Spirito Santo, l’arresto
di Pietro, l’opera di Stefano e
la conversione di Saulo.
Nell’intervallo due giovani del
gruppo hanno voluto dare una
testimonianza della loro fede
raccontando come hanno conosciuto la potenza rinnovatrice
delTEvangelo. Erano parole semplici e un po’ emozionate, ma
facevano trasparire una viva
esperienza di fede e una gioia
di poter ora agire per il Signore.
Infatti il motivo che ha spinto questi giovani ( circa 25 tra
metodisti, apostolici, liberi battisti, pentecostali) a unirsi per
costruire un musical evangelico
è stato l’invito di Gesù ricordato dal vangelo di Marco : « Vai
a casa tua e racconta le grandi cose che Dio ha fatto per
te ! ».
Il giorno precedente il medesimo spettacolo musicale ( con
ottime scenografie ed effetti di
luce) è stato presentato all’ospedale evangelico di Napoli
Noterelle
comunitarie
FORANO SABINO — La gioia
dell’incontro, dell’ascolto della
Parola, della celebrazione della
Cena del Signore, delTagàpe è
stata vissuta con un gruppo di
fratelli in fede provenienti dalle
chiese della Renania ed accompagnati dal past. Ricca. Anche
le nostre comunità di provincia
possono fornire un’opera preziosa nel far conoscere la realtà
protestante italiana alle chiese
europee traendone un utile vicendevole che permane oltre il
momento dell’incontro.
— Il tema di studio proposto
dall’ARM, come già quello del
BEM, ha portato la comunità
a sensibilizzarsi sul problema
ecumenico e sui problemi della
« famiglia delle chiese riformate » offrendo spunti per la vita
stessa della chiesa.
— Uno studio relativo alle normative cattolica e valdese sui
matrimoni misti è stato presentato dal gruppo giovani alla comunità. Un altro, relativo al fenomeno della « dissociazione
nelle carceri » è in cantiere.
— Domenica 16 dicembre è
stato per la comunità un altro
giorno importante per la confessione di fede di Cesare Milaneschi, un fratello in Cristo, proveniente dal cattolicesimo, che
la comunità aveva già avuto modo di conoscere ed apprezzare
e che ha accolto ora anche come membro. Dopo Tagàpe c’è
stato anche un momento di ascolto sulle esperienze attraverso le quali Cesare Milaneschi è
stato condotto alTevangelo e alla chiesa valdese: la tesi al Pontificio Ateneo S. Anseimo di Roma su Ugo Janni, la riflessione
sul pensiero protestante nelTambito della ricerca ecumenica, la
esperienza delle comunità di
base cattoliche; e infine l’esortazione a rivolgersi al cattolicesimo con un dialogo propositivo
valorizzando i fermenti che esistono nell’ambito della chiesa
romana. Molto gradito è stato
anche l’intervento del prof. Gönnet, nostro ospite per Toccasione, che proseguendo il tema dei
rapporti ecumenici ha sottolineato come l’universalità della Parola o la cattolicità della Parola,
ci impongano di essere noi stessi fermento in ogni campo, continuando così il cammino percorso nei tempi dalla chiesa
valdese « clandestina » e dai riformatori.
— Domenica 23 dicembre sono
stati di scena bambini ed adulti.
Poesie natalizie, la recita su Mosè, inni e «L’angolo del buon umore » con altrettante letture e
recite, hanno allietato la cosiddetta festa dei bambini che poi
lo era non meno per i grandi.
Omiletica
elementare
Sono ancora disponibili copie
della « Omiletica elementare »
di Paolo Ricca. Chi ne desidera
una potrà richiederla inviando
L. 5.000 sul conto corrente postale n. 16141509 intestato ad Affuso Mario, via Vespucci, 3/19
50047 Prato (FI). Si tratta di copie residue di una ristampa che
si presenta piuttosto bene per
lo studente o lettore interessato.
Associazione
evangelica
di volontariato
L’Assemblea ordinaria è convocata a Firenze — presso il
Centro Giovanile Protestante
(Ist. Gould) — via dei Serragli 49, Firenze, in nrima convocazione alle ore 20.30 di venerdì
8 febbraio 1985 e in seconda
convocazione alle ore 9 di sabato 9 febbraio.
Sul prossimo numero daremo
il programma dettagliato e le
informazioni di natura logistica.
6
6 prosp^tìvebibliche
Il gennaio 1985
IMMINENTE L’INTERA BIBBIA TRADOTTA IN LINGUA CORRENTE - 6
Lordine dei libri deila Bibbia
L’ordine dei libri della Bibbia
non è sempre stato lo stesso ed
oggi v’è la tendenza a tornare
all’antica sistemazione del canone ebraico. Durante il XX secolo, in Francia, si è tornati più
volte a risistemare il testo biblico seguendo il canone ebraico.
Ricordiamo una edizione della
Bibbia Segond, la Bibbia del
Centenario, la T.O.B. e la traduzione in lingua corrente. Anche
in Italia i traduttori della Bibbia
interconfessionale sono propensi a seguire l’esempio dei loro
fratelli latini. Si tratta evidentemente di un cambiamento sia
per i cattolici sia per i protestanti. E’ stato fatto un sondaggio
tra gli evangelici italiani e anche
in questo caso dobbiamo notare
che, accanto alla perplessità di
alcuni, la maggioranza è favorevole al ritorno al canone ebraico.
Canone ebraico
Nell’anno 90 dopo Cristo, a
Jamnia, i rabbini fissarono l’ordine dei libri della Bibbia (Antico Testamento) in tre sezioni:
la Legge, i Profeti e gli Altri
Scritti. Quest’orientamento era
già conosciuto nel N. T. a giudicare dai passi di Matt. 5: 17 e
Lue. 24: 44. I 39 libri che fanno
parte della raccolta sono catalogati secondo un’ordine cronologico e d’importanza. « La Legge »
è infatti la più onorata, dal mondo rabbinico. E’ interessante notare che tra i « Profeti » sono catalogati: Giosuè, Giudici, 1-2 Samuele e 1-2 Re. L’accento era
messo non tanto sulla storia
quanto sull’interpretazione della
storia d’Israele in chiave profetica.
L’ordine attuale
La traduzione greca, detta dei
« Settanta » è all’origine della
nuova sistemazione dei libri in
quattro settori anziché tre: Pentateuco, Libri Storici, Libri Poetici e Libri Profetici. Si tratta
di un lavoro, caratteristico di un
buon bibliotecario, che sistema
le materie secondo il principio
deH’analogia.
Il Vangelo, diffondendosi rapidamente nel mondo greco, ha
creato stretti rapporti con questa
traduzione che viene citata spesso. L’influenza del greco ha inciso nelle prime traduzioni latine ed anche Girolamo ha seguito
per la Vulgata Lordine proposto
dalla «Settanta».
L’operazione è passata indiscussa anche all’epoca della Riforma eccezione fatta per il diverso peso dato ai Libri Deuterocanonici ritenuti di origine greca e messi in appendice.
Perché cambiare l’ordine attuale se già esiste un accordo
generico tra tutti i cristiani? La
gente, abituata ad una certa distribuzione del testo, avrà certamente difficoltà ad adottarne
un’altra. Bisogna notare subito
che non sono molti quelli che
sanno a memoria l’ordine dei libri biblici e i più ricorrono alrindice. Se così stanno le cose
l’argomento pratico ha davvero
poco peso tanto più che le nuove traduzioni sono latte per raggiungere quelle persone che hanno perso contatto con la Sacra
Scrittura. Ma se cattolici e protestanti desiderano cambiare
non è solo per un riavvicinamento al mondo ebraico, ma soprattutto perché desiderano tornare
alle fonti. Se la Bibbia (l’Antico
Testamento) ci è stata presentata in un certo ordine dal popolo ebraico è bene innanzitutto
rispettarlo. Non si tratta di un
ordine pratico a seconda delle
materie, ma di un ordine teologico sul quale dovremmo imparare tutti insieme ad insistere.
Renzo Bertalot
Diffusione della Parola
• La manifestazione a Berna per
la raccolta di fondi da destinare
alla diffusione della Bibbia ha
ottenuto buon successo. Dal giugno scorso ben 17.000 Fr. Sv. sono stati consegnati alla Società
biblica svizzera per essere assegnati alla consorella Società biblica polacca ebe in tal modo potrà acquistare l’equivalente di
carta speciale per la stampa delle
Scritture. Da quanto informa il
servizio SBP già nel 1983 la Società biblica della Polonia ha
stampato 150.000 Bibbie, 100.000
Nuovi Testamenti e 600.000 porzioni degli Evangeli.
• Previ accordi col governo cu
bano le Chiese evangeliche cubane hanno ricevuto nei mesi scorsi 12.000 Bibbie in lingua spagnola. Notevole il gesto delle autorità governative che hanno dimostrato di apprezzare l’opera di
diffusione della Bibbia per cui
per alleviare le spese di trasporto dalla Svizzera a Cuba hanno
concesso uno sconto del 50% sulla tariffa aerea. Una grande manifestazione pubblica ha avuto
luogo nella capitale Avana in occasione dell’arrivo di ben 12.000
Bibbie che sono state distribuite
da pastori e laici delle diverse
comunità evangeliche della capitale e delle cittadine viciniori.
Da notare che nel 1979 un’altra
distribuzione gratuita di 10.000
Bibbie era stata fatta con succes
so.
• Nella Corea del Sud l’opera di
evangelizzazione prosegue senza
difficoltà e ad essa è (fra altre
organizzazioni) particolarmente
impegnata l’attività del Comitato
per il Vangelo di Losanna. A
Seul un ministero efficace svolge il dinamico pastore dr. Yonggi
Cho con ben sei culti settimanali ai quali mediamente partecipano 25.000 cristiani. La Chiesa di
Seul conta 21.000 cellule o gruppi « casalinghi », da quanto iiiforma « Zentrum ».
d. a.
INCONTRI ■ 4
Marco 10: 17-22
L’incontro con Gesù è un incontro impegnativo.
Quest’uomo, dunque, accorre, e si getta
ai suoi piedi: difficile, specie per un ebreo
osservante quale egli risulta essere, un atto di omaggio più pieno, un gesto di fiduciosa adesione più pubblicamente impegnativo e ’’compromettente”. Con tutta
probabilità era un aderente al movimento fariseo, proprio il gruppo che sta per
opporsi a Gesù con decisione, [essenzialmente per la sua implicita pretesa di autorità divina, che deborda nelle scandalose ’’libertà” che si prende, insegnando
e vivendo, verso la Legge (e la Tradizione)]. Eppure egli s’inginocchia davanti a
Gesù e l’interpella: « Maestro buono... ».
Non che si rivolga a un « buon Gesù »:
come sempre nell’Evangelo, « buono » indica ben altro che la benevolenza bonaria, la dolcezza di carattere; indica la validità, l’autorità, la ’’verità” piena e assoluta ' — che sono, appunto, di Dio; e
per questo Gesù risponde: « Perché mi
chiami ’’buono”? Uno solo è ’’buono”,
Dio! ».
Una domanda vitale
Il giovane — vogliamo prestare fede al
particolare di Matteo, come forse c’invitano a fare i pochi tratti di questa persona nei racconti evangelici? — accorre
a Gesù con la sua grande, tormentata
domanda: « Che farò, per ereditare la
vita eterna?», per aver parte all’weredità»
promessa all’Israele fedele? Che devo fare
per vivere una vita che regga davanti al
programma e al giudizio di Dio, una vita
riuscita e dunque aperta su una prospettiva di risurrezione? Anche questa domanda circa la vita eterna denuncia l’appartenenza farisea del giovane.. Quali
opere supererogatorie devo fare, a che
livello di perfezione devo vivere per poter essere certo, garantito di avere la mia
parte in questa vita piena con Dio?
Gesù da un lato mette le cose a posto.
Non vuol essere né il cappellano-confessore né lo psicanalista del giovane (quando si è disorientati ci si rivolge così volentieri a maestri, pastori, psicologi, guru...); egli è il fedele Testimone (cfr. Apocalisse 1: 5; 3: 14) che indica e rinvia a
Colui che solo è vero, giusto, buono. Tanto più, in un’ottica cristiana, ogni nostro
servizio nella fede, ogni ’’ministero” (ufficialmente riconosciuto o meno) ha da
essere questo e non altro: testimoniare
di Dio solo ’’buono”, rinviare a lui.
D’altro lato Gesù non indica alcuna
opera supererogatoria, alcuna particolare via di perfezione: rimanda semplicemente alla Legge. Dio ha detto, con chiarezza, come si vive nell’ambito del suo
Patto di grazia, che è promessa di vita,
anzi è già vita piena, valida, solida, ’’buona” K
a cura di Gino Conte
Talvolta è capitato, e capita, che un uomo, una donna si precipiti verso Gesù.
Così l’uomo di cui ci riferisce il cap. 10 dell’Evangelo secondo Marco, « un giovane », secondo la redazione evangelica di Matteo, « un notabile », secondo quella di
Luca. E’ un incontro che si situa nell’ultima fase della predicazione pubblica di Gesù: egli sta ormai andando a Gerusalemme, verso la sua « ora », verso la soluzione finale. Che vuol dire, in questo contesto, essere suo discepolo e seguace, essere ’’cristiano”?
Una limpida risposta
straordinaria risposta, quella del giovane: « Rabbi, queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza », dal mio barmizvà, dal momento della mia professione di fede, quando, sui dodici anni, sono
diventato, appunto, « figlio del Patto ».
Pensiamo che bluffi? Gesù invece non gli
dà affatto del bugiardo; lo stima. Marco
arriva a dire che, guardatolo negli occhi,
« lo amò » (e l’Evangelo ci dice che Gesù
ama « i suoi », è lo sguardo della vocazione e della comunione). La sua schiettezza e il suo entusiasmo sono fuori questione; né si tratta dell’euforica, per quanto sincera, promessa fatta nell’atto della
professione di fede, ma è lo sguardo retrospettivo, e positivo, a un tratto di vita già percorso dopo l’euforia della confessione della fede, e in coerenza con
essa.
Ma «una cosa ti manca». Non ima sujjer-cosa, un « di più », non un’opera supererogatoria, non una via più ardua e
privilegiata alla perfezione, richiesta a
chi ha i numeri per percorrerla. Una cosa... che risulterà essere in realtà, per
lui, la questione essenziale. G. Dehn (Il
Figlio di Dio, p. 156) commenta: « Improvvisamente, al di sopra della seconda
tavola, si eleva la prima, al di sopra del
pio legalismo di una vita vissuta nella
seria osservanza della Legge sta il primo comandamento, che è alla base di
tutto quel che segue », altrove Gesù lo
chiamerà « il grande comandamento ».
Gesù ha ingaggiato ima lotta serrata,
piena di amore, per conquistare al suo
regno, alla sua «mentalità» (metanoìa!)
questo giovane serio, « impegnato »; lo
voleva fra i suoi seguaci, fra quelli che
lo seguivano ovunque, ai quali rivolgeva
le sue cure intensive, sptecie ora, mentre
precipita il « suo » tempo, per farne i
suoi testimoni, per dopo... Ma al giovane, almeno qui e ora, rincontro con Gesù è parso troppo impegnativo. E se n’è
andato triste, abbattuto come si è quando
ci si rende conto che si è mancata una
— la! — grande occasione. Apparentemente, si è sfuggiti a un coinvolgimento
troppo serrato, impegnativo, sconvolgente; ma non per questo ci si sente più liberi, anzi, si avverte di essere rimasti
schiavi, vincolati, di aver mancato l’ap
puntamento con la libertà, con la vita
vera, eterna...
Due tragici fraintendimenti
Nella storia della chiesa questo testo,
impressionante nella sua sobria rapidità,
ha subito due letture deformanti. Da un
lato, specie aid opera del oattoficesimo
medioevale, se ne è tratta la falsa dottrina che, appunto, accanto alle opere richieste a tutti i credenti (la Legge, i praecepta), ci siano quelle richieste (consilia) a chi vuol essere « perfetto » o è
chiamato ad esserlo: ai « santi », insomma. Già movimenti ereticali (e sappiamo
come questo testo fosse uno di quelli di
battaglia del valdismo) e poi con piena
maturità biblico-teologica i Riformatori
hanno rifiutato recisamente questa distorsione dell’ottica, e del vocabolario, della
Bibbia; e hanno affermato che messaggi
evangelici come quello al giovane ricco
(o il «sermone sul monte») erano rivolti a tutti i credenti, a tutti i chiamati (e
in tal senso « santi »), non a un’élite di
aspiranti perfetti.
L’altro fraintendimento è stato quello
del « modello dì povertà ». Ora, senza dubbio Gesù ha predicato — e vissuto! —
contro Mammona, il mammona nelle nostre vite. Ma la richiesta fatta lì, sui due
piedi, al giovane ricco, guardatolo negli
occhi, non è una richiesta generale \ Non
risulta, ad es., che Gesù abbia chiesto a
Pietro di vendere la sua casa ( « la casa
di Simone e di Andrea», Marco 1: 29),
anche se Simcne e Andrea la lasciano per
seguirlo; e la famiglia amica di Befania,
Lazzaro, Marta e Maria erano per lo meno abbienti, senza che ciò crei problema.
Ma, appunto, era un problema, forse la
concretizzalzione del problema per il giovane ricco; e Gesù mette il dito sulla
piaga. Diverse sono le piaghe di ciascuno
(li chiamiamo i «punti deboli»), e magari di ciascuno in momenti diversi della sua vita: e lì Gesù cerca e porta alla
luce il « mammona » di turno, l’antagonista di Dio (si fa per dire: ma che triste ’’realtà”, che triste azione distorsiva
e dispersiva possono avere questi « idoli” che pur sono vanità, nulla!), l’ostacolo, lo scandalo, ciò che blocca, che svia,
che tiene asserviti.
Certo, il denaro — se ne abbia o no,
poco 0 molto — può voler dire molto
nelle vite e dobbiamo starci attenti, non
è cosa neutra, innocua. Ma immiseriremmo davvero questo testo, sminuiremmo
troppo la scena drammatica di questo
incontro impegnativo e, almeno in quei
momento, mancato, perduto, se davvero
lo riducessimo solo a una polemica contro la tirannia del denaro. Si può es.sere
ricchi in molti modi, si può voler esse re
e rimanere ricchi di molte cose, anche
assai ’’spirituali”; si può voler possedere
se stessi, la propria vita in molti modi.
Ed è lì che Gesù, il Testimone fede! e
del solo Buono, interviene con tutto ii
suo amore esigente.
Non siamo mai ’’oltre”
Non possiamo di certo voltar pagina
e con un senso di superiorità soddisfai
ta, scuotendo il capo, passar oltre questo giovane con i suoi slanci e la sua
tristezza. Non è affatto detto che nella
nostra vita siamo già passati oltre, non
è affatto detto che ci siamo precipitati
verso Gesù con la domanda schietta e
divorante: « Che farò — io — per aver
parte alla vita eterna? ». Se Gesù ci guarda negli occhi, trova in noi slancio, serietà, schiettezza (anche nell’onesta tristezza!), passione, come le ha trovate in
quel giovane? Si potrebbe dire che Gesù
ci ama, nel suo sguardo che ci penetra:
non per quel che siamo, ma per quel che
vorremmo essere, e che lui solo — o
solo il Padre suo, e nostro — può farci
essere? No, non siamo davvero oltre, ma
con quel giovane, davanti allo sguardo
di Gesù.
Non si tratta di arricchire spiritualmente, a lui e a noi Gesù lo fa capire con
tutta chiarezza. Si tratta di impoverire,
0 di riconoscerci poveri: magari anche
materialmente, ma anzitutto spiritualmente, « beati i poveri... i poveri spiritualmente » (Mat. 5; Le. 6). Va’, ’’vendi”, liberati; poi vieni e seguimi. Avrai me:
la vita. Gino Conte
' E' in questo senso, ad es., che Gesù, contrapponendosi ai cattivi, falsi pastori (cfr. Ez. 34),
dichiara (Giov. 10): «lo sono il buon pastore»,
quello vero, autentico.
^ Molti hanno notato che Gesù cita (abbastanza liberamente, come farà poi anche Paolo, ed
è un invito a non cadere in un letteralismo formale) solo comandamenti della « seconda tavola », quella che riguarda i doveri sociafi, e non
i comandamenti più specificamente "religiosi”
(anche se questi riguardano in realtà non una
religiosità del tempio, ma una vita di fede nel
quotidiano; le due tavole sono in realtà una unica Legge, compatta e interdipendente, tutta dipendente dall'» lo sono... » iniziale).
^ La povertà, nella Bibbia, non è considerata
un "valore" (v. la voce ,« povero » nel finalmente
ristampato Dizicnario Biblico della Claudiana); la
stessa « beatitudine » non concerne una virtù,
ma una sofferta carenza, che il venire del Regno
colmerà.
7
11 gennaio 1985
lim
7
DOPO 12 ANNI DI INTENSO SERVIZIO COME SEGRETARIO GENERALE
Potter lascia il Consiglio Ecumenico
Philip Potter
col 31 dicembre ha
terminato il suo lavoro
a Ginevra.
Con riconoscenza per il
suo coraggioso servizio
gli dedichiamo questa
pagina con la cronaca del
saluto che gli è stato dato
il ni 12 e le parti salienti
dell’introduzione
biografica ad una raccolta
di saggi che in tale
occasione gli è stata
offerta.
Grazie Philip!
Grazie, Philip! Con questo titolo il personale del Consiglio
Ecumenico ha organizzato il 17
dicembre, nell’aula delle assemblee plenarie del Centro Ecumenico di Ginevra, una serata
di addio in onore di Philip Potter. Presenti 500-600 persone: dipendenti del Consiglio Ecumenico e delle altre organizzazioni
del Centro Ecumenico (Alleanza Riformata, Federazione Luterana, Conferenza delle Chiese
Europee), familiari, amici, estimatori.
Serata molto semplice: nessun
grande discorso, ma una serie di
disegni e foto proiettati sullo
schermo gigante richiamava le
tappe principali della carriera
ecumenica di Potter (22 anni a
Ginevra, di cui 12 come Segretario Generale del CEO; il personale del CEC, dai direttori alle segretarie, metteva poi in scena un programma di sketches
con Un misto di nostalgia e di
buon umore, di serietà e di ironia.
Qualche esponente del protestantesimo ginevrino ha detto
ultimamente: « Peccato che ci
accorgiamo del valore di Philip
Potter solo adesso che se ne va:
avremmo potuto profittarne di
più! ». E’ probabile che molti abbiano reazioni simili.
Credibilità e
predicazione
La festa del 17 dicembre non
voleva essere una valutazione
del ministero ecumenico di Potter, ma è inevitabile che, nel momento del ritiro di una personalità del suo calibro, si cerchi
di comprenderne l’importanza
e il significato. Solo i posteri
avranno il tempo di dare un giudizio fondato sull’analisi dei documenti scritti. I contemporanei si basano maggiormente sulle impressioni immediate. Vorrei
sottolinearne due.
La prima è la concretezza di
Potter: i suoi avversari dicono
che egli ha la colpa di aver politicizzato il Consiglio Ecumenico; i suoi amici dicono che ha il
merito di aver reso credibile il
Consiglio Ecumenico, soprattutto
agli occhi dei poveri, dei discriminati, del Terzo Mondo. Il Programma di Lotta al Razzismo
non è l’invenzione di Philip Potter (è stato concepito alTAssemblea di Uppsala nel 1968 e concretato a Nottingham un paio
di anni dopo) ma è stato da lui
applicato e difeso, come pure i
programmi sullo sviluppo, contro il militarismo e le multina
spiace di staccarmi da voi, ma
sono contento di tornare alle
mie radici ».
Formalmente Philip Potter ha
terminato le sue funzioni di Segretario Generale il 31 dicembre.
In questi ultimi giorni delTaimo,
secondo notizie di stampa, ha sposato in seconde nozze Bärbel von
Wartenberg, teologa tedesca, direttrice della sotto-unità del Consiglio Ecumenico intitolata «Donne nella Chiesa e nella Società ».
Rimarrà probabilmente ancora
zionali, a favore delle dorme, eccetera. Sono personalmente convinto che la decisione delTAlleanza Riformata (Ottawa, 1982)
di sospendere due chiese razziste sudafricane — decisione che
ha accresciuto enormemente il
prestigio delTARM nel mondo —
sarebbe stata storicamente impossibile al di fuori del clima
creato dal Programma di Lotta
al Razzismo.
In secondo luogo vorrei sottolineare il Potter predicatore. Negli intervalli di un’intervista televisiva che ebbi occasione di
fargli vari anni fa, gli dissi che
preferivo ascoltarlo predicare
piuttosto che rispondere a interviste nella sua veste ufficiale di
Segretario Generale del Consiglio Ecumenico. Mi chiese: « Trovi che sono un cattivo Segretario? ». Risposi: « Un eccellente
Segretario, ma un ancor migliore predicatore! ». Pur con tutte
le sue capacità amministrative e
abilità diplomatiche, Philip Potter è stato prima di tutto un
predicatore delTEvangelo. I suoi
migliori rapporti al Comitato
Centrale sono in sostanza degli
ampi e documentati studi biblici, destinati a radicare la riflessione e le deliberazioni delle
istanze decisionali del Consiglio
Ecumenico in un contesto biblico-evangelico. In un’epoca in cui
tanta parte delTecumenismo è
fatta di rapporti « da potenza a
potenza » tra apparati gerarchici
e centri di potere ecclesiastici,
è stata una benedizione per noi
tutti essere guidati da qualcuno
che si sforzava di radicare tutte
le decisioni ecumeniche nella sostanza delTEvangelo piuttosto
che nella diplomazia interecclesiastica. Di ciò occorre essere
grati a Potter. Forse soltanto
col tempo si percepirà quanto
grande è questo debito di gratitudine.
qualche tempo a Ginevra prirna
di tornare nel suo paese, Giamaica, per dedicarsi alTinsegnamento e al pastorato tra gli studenti, che erano stati i punti di
partenza del suo ministero.
Il protestantesimo italiano ricorderà Philip Potter come colui
che, nella sua veste di Segretario Generale, visitò le Valli Vaidesi in occasione dell’ottavo centenario del movimento valdese,
e incontrò nella sede della Federazione delle Chiese Evange
liche in Italia, a Roma, i rappresentanti del protestant^imo
italiano (federati e non), in occasione di uno dei suoi viaggi
a Roma, volendo così esplicitamente sottolineare che agli occhi del Consiglio Ecumenico il
protestantesimo italiano minoritario non è meno realmente
chiesa che il cattolicesimo maggioritario. Anche per questa chiara testimonianza diciamo; « Grazie, Philip! ».
Aldo Comba
Teologicamente fedele
e socialmente credibile
Potter e l’Italia
La serata del 17 dicembre, come dicevamo, non ha avuto la
pretesa di dare una valutazione
complessiva dell’opera di Potter,
ma piuttosto di esprimergli l’affetto e la gratitudine di coloro
che hanno collaborato con lui
in questi ultimi anni. Così, da
parte sua, non c’è stato un discorso formale, ma scio poche
frasi prima della cena che le varie organizzazioni del personale
hanno offerto ai partecipanti nei
locali delTediflcic ecumenico.
« I’m sorry to leave, but I’m glad
to go », ha detto Philip Potter;
il che va interpretato come « Mi
Avrebbe potuto essere un uomo di successo in diversi campi
— come legale, insegnante, politico, anche come cantante — se
Dio non lo avesse chiamato molto presto al servizio pastorale
nella chiesa.
Philip Potter ha cominciato la
sua vita di lavoro in uno studio
legale e questo lo portò a diventare assistente dell’Avvocato di
stato dell’isola di Dominica, nei
Caraibi, dove era nato. Preparava documenti e occasionalmente
interveniva in tribunale. Ma il
suo dono di eloquenza aveva già
cominciato a svilupparsi altrove,
e stava diventando rapidamente
un buon predicatore locale metodista. Seguendo la passione
per lo stùdio della Bibbia si
sentì chiamato al servizio pastorale a pieno tempo e svolse un
anno di prova come pastore laico nell’isola di Nevis con la responsabilità di 12 villaggi. Qui la
sua vocazione si consolidò e nel
1944 entrò nel Caenwood Theological Seminary di Giamaica per
svolgere i suoi studi teologici.
Nel Movimento
Cristiano Studenti
Philip esercitò il suo primo impegno ecumenico tra i giovani.
Fu presidente degli studenti giamaicani durante i suoi studi
teologici e partecipò, appunto
come rappresentante del Movimento Cristiano Studenti giamaicano, alla Conferenza della
Gioventù Cristiana ad Oslo nel
1947. L’anno seguente parlò alla
prima assemblea del Consiglio
Ecumenico delle Chiese (CEC) ad
Amsterdam come rappresentante dei giovani. A chi lo ascoltò
fu chiaro che quello era un uomo dotato di doni eccezionali,
radicato nella sua cultura, ma
aperto ad una visione internazionale ed ecumenica.
Rapidamente la sua vita fu dedicata al servizio in vari settori
del CEC. Fu la sua mano ad abbozzare molti documenti basilari
di quel tempo — come quello
sull’integrazione della gioventù
nella vita e nella missione della
chiesa e uno « speciale appello
alle chiese ed alle Nazioni » che
aiutò ad aprire le porte ad un
migliore rapporto con l’Europa
orientale.
In effetti la prima conferenza
alla quale parteciparono giovani
cristiani dall’Unione Sovietica fu
la Conferenza giovanile di Losanna del 1960 organizzata nel
periodo in cui Philip lavorava al
Dipartimento della Gioventù del
CEC. Fu in quella conferenza che
ebbe un primo assaggio di una
delle maggiori controversie ecclesiastiche che scoppiò a causa
della concelebrazione eucaristica
che ebbe luogo in quel contesto
ecumenico.
Nel lavoro
missionario
L’altra grande passione dei primi anni di lavoro di Philip fu la
missione. Avendo svolto lui stesso un lavoro missionario per 5
anni nella situazione di miseria
di Haiti, dove fu pastore di una
popolazione creola analfabeta al
90%, aveva imparato molto presto cosa significhi in termini
pratici predicare l’evangelo come
buona notizia per i poveri e dai
poveri.
Tornato a casa per motivi di
salute, mise poi a frutto la sua
esperienza ad Haiti e i suoi numerosi viaggi per conto del Dipartimento della Gioventù del
CEC accettando un incarico presso la Società missionaria metodista di Londra come responsabile delle relazioni con le Chiese
dei Caraibi e dell’Africa occidentale. Durante questo suo incarico
incoraggiò molte delle chiese di
cui aveva la responsabilità a lavorare in vista della loro autonomia. Lavorò particolarmente con
le chiese dell’area francofona
della Costa d’Avorio e del Dahomey promuovendo un’azione comune missionaria in vaste aree
fino a quel momento non raggiunte dall’evangelo.
Il suo lavoro a Londra — dove ebbe le prime esperienze della
marea montante del razzismo —
lo portò a lavorare a stretto
contatto col Consiglio Missionario Internazionale. Divenne così
uno degli architetti della Divisione (in seguito Commissione)
per la Missione e Evangelizzazione Mondiale (CWME) che fu poi
integrata nella struttura e nella
vita del Consiglio Ecumenico.
Le frasi-guida di quel periodo
erano « missione nei sei continenti » e « azione comune per la
missione ». Philip considerò come compito prioritario tradurre
queste linee in programmi concreti come il Servizio di scambio di personale, la struttura
missionaria della chiesa locale,
la Commissione medica cristiana. La sua prima verifica ebbe
luogo all’Assemblea di Uppsala
nel 1968. Un’accanita discussione
si svolse nella sezione sulla missione originata da quanti tentavano di imporre una falsa separazione tra spirito evangelico e
spirito ecumenico.
Il dibattito proseguì a lungo
dopo l’assemblea, soprattutto in
Germania, dove la « Dichiarazione di Francoforte » pubblicata
nel 1970 attaccò direttamente la
CWME. Philip rispose agli attacchi e dedicò un intero numero
della International Review of
Mission a questo argomento,
ospitando anche un articolo di
uno dei suoi maggiori antagonisti. Iniziò così una serie di contatti con la Germania che egli visitò a più riprese guadagnando
si amici e sostenitori per il movimento ecumenico nel suo insieme, malgrado le critiche.
Era difficile non riconoscere
12 anni fa dove il destino di
Philip lo stava portando. Era
chiaro nel 1972 che egli era
l’uomo adatto per l’ora in cui un
nuovo Segretario generale doveva essere scelto per il CEC dopo
che Eugene Carson Blake si
era ritirato.
Navigazione
in acque agitate
Potter giunse al comando della
barca ecumenica quando entrava
in acque agitate. Il Programma
contro il razzismo stava già provocando forti reazioni da parte
di alcuni che ne vedevano fin
troppo bene le implicazioni per
i loro interessi. Il disprezzo per i
diritti umani in molte parti del
mondo stava minando le basi
stesse dell’ autorità legale. La
spinta verso l’unità della chiesa
sembrava in alcune situazioni
esaurirsi fino a bloccarsi. Nuovi
atteggiamenti autoritari venivano ad imporsi nella guida sia religiosa che politica. E l’urgenza
del movimento per la pace aveva
bisogno di essere collegata con
un energico perseguimento della
giustizia.
C’era una parola di Dio per un
tale mondo? Per ohi lo conosceva bene, c’era un uomo che
avrebbe avuto una parola del
genere. E le parole di Philip.^ Potter sono venute fuori con potenza tanto nei discorsi quanto nelle azioni durante i 12 anni del
suo mandato.
In un volume di saggi presentato a Philip Potter in occasione
del suo ritiro, Paul Abrecht, che
gli è stato collega per la vita, descrive l’evoluzione del pensiero
sociale ecumenico come un persistente sforzo per « dare l’apporto
di tutto il potere dell’evangelo
allo sviluppo di un incontro cristiano con il mondo che sia teologicamente fedele e sociologicamente credibile ».
Teologicamente fedele e sociologicamente credibile — non ci
sono parole che potrebbero riassumere meglio il contributo dato
da Philip Potter al movimento
ecumenico dai primi giorni al
momento attuale.
Ringraziamo Dio per avercelo
dato.
Pauline Webb
Pauline Webh, metodista inglese, è. stata collega di Philip
Potter negli anni del suo lavoro
presso la Società Missionaria
Metodista di Londra. In seguito
è stata moderatrice del Comitato Centrale del CEC e ha tenuto
il sermone inaugurale dell’Assemblea di Vancouver. Lavora
attualmente per i programmi religiosi della BBC.
8
8
lenismo
Il gennaio 1985
DAL JOURNAL DES MISSIONS EVANGELIQUES I PROTESTANTI NELLA STAMPA ITALIANA
Protestanti in Canada Terza via
Difficoltà e speranze, divisioni e desiderio di indipendenza all’interno
del protestantesimo canadese francofono doppiamente minoritario
La provincia del Quebec è la più grande del Canada; essa
infatti rappresenta — coi suoi 1.540.000 fcm* (ca. 5 volte l'Italia) —
il 15% della superficie del Paese ed ha 6 milioni di abitanti. La
popolazione — cattolica all'80% — è per due terzi di origine francese. Le città principali sono Quebec (ca. 600 mila ab.) e Montreal
che, con 2.750.000 abitanti, è la seconda città francofona del mondo
dopo Parigi ed è la più importante del Canada.
Fra le Chiese protestanti del Canada, due sono membri del
CEC: la Chiesa presbiteriana e la Chiesa unita fondata nel 1925
mediante la fusione fra metodisti, congregazionalisti e buona parte
dei presbiteriani. Queste due Chiese sono anche presenti nel Quebec e sono pure membri dell'Alleanza riformata mondiale.
Il « Journal des missions évangéliques » ha dedicato uno dei
suoi numeri del 1983 al protestantesimo del Canada, con particolare riferimento a quello
della provincia francofona del
Quebec.
Sia pure con qualche ritardo
(ma il problema è sempre attuale) desideriamo proporne una
sintesi ai lettori, dato che la situazione nel Quebec ha dei punti in comune colla nostra ir Italia. In quella regione il protestantesimo è infatti una minoranza nei confronti di un cattc>
licesimo nettamente predominante; ma è anche minoranza a
livello nazionale verso le stesse
chiese protestanti canadesi anglofone.
Innanzitutto, che cosa si intende per Chiese « franco-protestanti » nei Quebec? Questo termine indica generalmente le
chiese storiche comprendenti gli
episcopali, la Chiesa unita, quella presbiteriana, quella luterana e a volte i battisti.
Fra le difficoltà e le preoccupazioni proprie di ogni minoranza vi è anzitutto la formazione
pastorale. A questo scopo tre
Chiese (episcopale, unita e presbiteriana) hanno deciso di unire i loro sforzi per offrire una
formazione teologica universitaria affiliandosi alla Università
McGill. Inoltre l'Istituto Farei
di Quebec offre alla Chiesa battista la possibilità di una formazione riformata.
Secondo il pastore Jacques
Labadie, nativo del Quebec, di
origine cattolica ed ora pastore
della Chiesa unita, la maggioranza degli abitanti della regione ignora 1’esistenza del protestantesimo di lingua francese,
che non raggiunge !’l per cento.
« Essi restano stupiti — prosegue — nell'apprender e ciie esistono delle famiglie che sono
protestanti da 5 o 6 generazioni.
E' perciò importante farsi conoscere, far sapere che esistiamo, a costo di modificare la mentalità di certa gente. Con questo, non vogliamo essere inutilmente aggressivi, ma desiaeriarno manifestare la nostra fede
nella vita di tutti i giorni ».
Ma quali origini ha il protestantesimo nel Quebec? Lo illustra il pastore Hervé Fines, della Chiesa unita. Bisogna lisalire al XVI secolo allorché i francesi colonizzarono la regione. Il
primo luogotenente generale di
Terranova fu un ugonotto. Nel
1608 viene fondata Quebec e fra
i coloni che vi si installano parecchi sono calvinisti. Colla battaglia delta Rochelle in Francia
(e relativa caduta di diverse
piazzeforti protestanti nel 1627)
e poi ancora colla revoca dell’editto di Nantes da parte di
Luigi XIV nel 1685, anche la situazione dei protestanti in Canada divenne sempre più difficile, finché, colla conquista inglese del 1763 essi ritrovarono
non solo la libertà ed ebbero
aiuti, ma gli ugonotti che continuavano ad e,sseic perseguitati in Francia furono invitati ed
incoraggiati a trasferirsi in Canada. Tuttavia, nello stesso tempo, Londra tirava acqua al proprio mulino, cercando di anglicizzare ed « anglicanizzare » la
nuova colonia. Ma il protestan
tesimo francese resiste e successivamente, a partire dal 1830,
in coincidenza col grande risveglio missionario, la Società delle Missioni di Losanna giunge
pei' evangelizzare gli Indiani.
Scopre così che l’evangelizzazione dei franco-canadesi è altrettanto imperiosa e si mette subito all’opera: nel corso di 70
anni, e cioè fino al 1900, arrivano così nuovi pastori ed evangelizzatori e sorgono chiese,
scuole, pensionati e collegi. I primi anni del nostro secolo vedono un rallentamento e vengono
create nuove attività (conferenze, campi, società storiche, periodici, ecc.) per mantenere la
situazione. Cogli anni ’60 nuovi
gruppi, dai più spirituali ai più
« rivoluzionari » appaiono sulla
scena. Nuove denominazioni protestanti si fanno conoscere, mentre quelle vecchie si rinnovano
e si rivitalizzano. Vengono fondati parecchi nuovi Istituti e si
organizzano corsi biblici anche
per far fronte alle continue ondate di immigrazione. Fra gli
immigrati, da ricordare — soprattutto da una quindicina di
anni a questa parte — gli haitiani (fuggiti dal regime dittatoriale dei Duvalier) che solo a
Montreal sono più di 40 mila
ed hanno oltre 20 chiese appartenenti a tutte le denominazioni.
Come in tutte le comunità, anche nel protestantesimo del Quebec si riscontrano difficoltà e
contraddizioni. Il pastore luterano Denis Fortin lamenta, come primo ostacolo, la chiusura,
lo sciovinismo spirituale, il pericolo di trasformarsi in un ghetto etnico o ideologico. « Parecchie sono le tensioni interne che
dividono le nostre Chiese — soggiunge —. Divisioni fra liberali
e conservatori a livello teoloeico; fra destra e sinistra a livello
socio-politico; fra ecumenici ed
isolazionisti, ecc. ». Ma forse lo
scoglio più infido è quello dell’individualismo; « certo, la fede in Cristo è una cosa personale, ma la salvezza non è un
affare privato... L'atrofia del senso della comunità è un dramma che si vive ogni domenica
mattina nelle nostre chiese ».
Il pastore Charles Odier della
Chiesa unita esamina anch’egli
con occhio niuttosto critico la
situazione del protestantesimo
nel Quebec. Egli parte dalla constatazione che la Ceta (Conferenza delle Chiese di tutta l’Africa), in occasione della sua
Assemblea di Nairobi ha decretato una « moratoria » sia missionaria che finanziaria nei confronti delle Chiese europee ed
americane allo scopo di potersi, da un Iato, sentire più responsabilizzate e, dall’altro, di essere in grado di affermare la propria autonomia. « La nostra situazione in Quebec — egli soggiunge — non è molto dissimile
in quanto le nostre chiese protestanti di lingua francese dipendono da istituzioni canadesi
anglofone e sono largamenti finanziate dall'estero. Anche i nostri pastori vengono per lo più
da fuori e quelli locali hanno dovuto seguire totalmente o parzialmente una formazione inglese. La nostra identità e credibilità resta così ben lungi dall'essere riconosciuta ed assicurata...
Non avremo anche noi bisogno
di una “moratoria" per trovare
finalmente una Chiesa protestante del Quebec? ». Ed invece
— continua Qdier — « siamo
scandalosamente divisi fra noi.
Certamente le nostre Chiese conoscono una certa fraternità reciproca, ma ci compiacciamo
delle nostre divisioni e le alimentiamo: la divisione non è
solo nelle nostre strutture, è nella nostra stessa mente ». La conclusione è drastica: non vi è avvenire per il protestantesimo del
Quebec se le Chiese continueranno a rimaner divise e continueranno a vivere sotto la diretta dipendenza di istituzioni
anglofone: « dobbiamo porre le
basi di una sola Chiesa protestante che raggruppi le nostre
forze disperse in un comune ministero, per la gloria del Signore e per il servizio del prossimo ».
Un ultimo articolo riguarda la
minoranza degli esquimesi e degli indiani (ca. 25 mila) che vivono nel grande Nord. Il rapporto con questi gruppi etnici è
piuttosto difficile a causa delle
profonde ferite loro inferte da
una società alla caccia delle loro ricchezze naturali. Le Chiese
si sono ripetutamente espresse
a favore di un appoggio reale a
questi gruppi, sia per riconoscere la loro autodeterminazione e
sia per difenderli dai nuovi progetti energetici ed industriali.
Solo aiutando a eliminare lo
sfruttamento e la « tutela » la
Chiesa può portare avanti in modo un po’ più convincente il messaggio dell’Evangelo. Lo ricorda
il capo indiano Dan George; « Il
nostro popolo ha i suoi diritti,
garantiti da trattati e da promesse. Noi non li mendichiamo
questi diritti, perché li abbiamo
pagati e Dio sa a quale prezzo!
Li abbiamo pagati con la nostra
cultura, colla nostra dignità e
col rispetto di noi stessi. Non
abbiamo smesso di pagare, fino
a diventare una razza di vinti,
di battuti e di poveri ».
Roberto Peyrot
Il settimanale Mondo Economico ha pubblicato uno studio,
articolato in diversi interventi,
sulla posizione della chiesa cattolica nei confronti della civiltà
occidentale e della sua esperienza capitalistica.
Lo spunto è preso dal recente
documento dei vescovi americani che, per primo in ambiente
ufficiale cattolico, dimostra qualche aperta diffidenza nei confronti del « mercato », con quanto
di liberismo economico in esso
contenuto, oltre a riconfermare
la presa di distanza dalla pianificazione totalitaria marxista.
Sembra riconfermarsi la ricerca
di una terza via tra « cultura dei
consumi » e « cultura dei poveri », ancora lontana tuttavia da
una chiara definizione in quanto,
mentre è confermata la necessità di aiutare e proteggere i
poveri, si conferma la priorità
dell’iniziativa individuale, di
scarsa efficacia per la rimozione
delle cause sociali della povertà. Viene anche illustrato un
documento degli imprenditori
italiani, alla cui stesura ha partecipato padre Sorge di Civiltà
Cattolica, che chiede alla chiesa
maggiore comprensione per l’opera dell’imprenditore che tende a realizzare una diminuzione
della povertà. Il documento si
richiama anche ai contenuti delle due ultime visite di papa
Wojtyla a Milano.
Quella in celebrazione di Carlo Borromeo ha avuto ancora
altri echi. Il vescovo di Milano,
card. Martini, ha pubblicato una
lettera aperta sul Borromeo in
cui, mentre da un lato ne elogia
la « concretezza » pastorale, dall’altro riafferma l’importanza
della Bibbia, che « non è custodita dalla Chiesa », ma al contrario è essa che « custodisce
la Chiesa nella sua piena fedeltà ». Mentre su Famiglia Cristiana il teologo Molinari spiega le
persecuzioni del Borromeo contro le « streghe » con la situazione culturale dell’epoca, rievocata anche da uno scritto del Melantone; posizione motivata non
solo « dall’autunno del Medioevo », ma anche dalla supervalutazione del Vecchio Testamento,
con le sue pene capitali per bestemmiatori ed idolatri.
I preti sposati sono sempre
di attualità. Il card. Lorscheider
ne ha chiamati due a partecipare al consiglio pastorale della
diocesi di Fortaleza in Brasile.
La RAI in un suo « dossier >- sui
preti ne ha chiamato uno a
pubbliche dichiarazioni.
Sul Corriere il prof. Alberigo
esamina le possibilità di ritorno
della chiesa anglicana nell’orbita
cattolica; il tono deU’articclo è
moderatamente ottimista, ricordando che Enrico Vili provocò
la separazione per mantenere gli
inglesi liberi da ogni intervento
autoritario dei pontefici dell’epoca; situazione che, dopo il
Vaticano II e nonostante Wojtyla e Ratzinger, non è più riproponibile attualmente. Sergio
Quinzio nella Stampa avanza invece, sullo stesso problema, ipotesi pessimiste, riferendosi alla
possibile decisione anglicana di
ammettere il sacerdozio femminile, inaccettabile per la chiesa
cattolica di oggi.
Ed infine:
— nuova eco su Jesus della
riunione ecumenica di Riva del
Garda, con sottolineatura della
larga partecipazione di popolo;
— un simpatico profilo del pastore metodista Castro, nuovo
segretario del C.E.C., su Popoli e Missioni;
— un’ampia intervista al pastore Berlendis su Lutero e
Zwingli apparsa sulla stampa
veneta del Gruppo Mondadori
(tre testate per 100.000 copie);
— buon resoconto della natura
e delle attività di Agape sul Manifesto.
Niso De Michelis
• Segnalazioni e ritagli per
questa rubrica vanno inviati
direttamente al curatore: Niso De Michelis, via S. Marco
23, 20121 Milano.
GALLES
Solidarietà
con
i minatori
FEDERAZIONE CHIESE EVANGELICHE
Speranza
di verità e di pace
La vigilia di Natale la Federazione delle Chiese evangeliche in Italia ha diffuso tramite
l’agenzia « nev » un messaggio
sull’attentato del giorno precedente che riportiamo integralmente ;
Abbiamo appreso con sgomento la notizia dell’ennesimo
attentato nell’area di Bologna.
Oltre all’inaccettabile prezzo
di vite umane, questo attentato
sembra voler nuovamente mettere in forse il cammino del popolo italiano verso un tempo di
maggiore libertà e di maggiore
giustizia.
Perciò, mentre esprimiamo la
nostra più profonda solidarietà
alle famiglie delle vittime della
strage, protestiamo per questo
atto che ha insanguinato la vigilia di Natale.
Proprio in questa vigilia desideriamo riaffermare i valori
supremi della fraternità e della
pace che ci sono stati donati da
Gesù nella sua nascita e soprattutto nella sua morte e nella
sua resurrezione.
In questa prospettiva noi confidiamo che anche questo triste
Natale verrà superato e ehe la
verità e la pace finiranno per
vineere.
L’il dicembre la Corte Costituzionale ha discusso l’eccezione di incostituzionalità del R.D.
577 del 1928 che pone la religione cattolica come « fondamento
e coronamento » di tutto l’insegnamento nella scuola elementare di stato. Il giorno precedente la Federazione aveva diffuso
un comunicato ricordando che
il Sinodo delle Chiese valdesi e
metodiste del 1984 ha espresso
in un ordine del giorno il suo
appoggio al gruppo di genitori
promotori del ricorso, lamentando anche il fatto che « analoghe eccezioni sollevate in precedenza non abbiano ancora ricevuto risposta da parte della
Corte Costituzionale a distanza
di anni ». Nello stesso ordine del
giorno il Sinodo ha inoltre ribadito — ricorda la Federazione
nel suo comunicato — la necessità che le finalità della scuola
elementare siano ridefinite dalla legge « in modo da superare
la precedente ispirazione confessionale ».
La stampa italiana ha parlato
con parsimonia della condizione
dei minatori in Gran Bretagna
che da mesi scioperano contro
la chiusura delle miniere di carbone e per la conservazione del
loro posto di lavoro. Per vie diverse da quelle della stampa di
informazione si è saputo che il
governo Thatcher sta boicottando lo sciopero anche nelle
piccole cose, per esempio bloccando pacchi di aiuti inviati dai
sindacati italiani ai sindacati
britannici. Si è cercato cosi di
aprire un canale ecclesiastico
per questi aiuti e sono stati
presi contatti con la Società
Missionaria Metodista di Londra e la Chiesa Riformata in
Gran Bretagna.
Abbiamo finora avuto Tindicazione di un pastore che coordina gli aiuti nel Galles, una regione del sud nella quale vi sono 3.000 famiglie di minatori
che si trovano in condizioni
estremamente precarie, di fame
e di freddo. Il pastore David
Pennels, raggiunto per telefono,
ha indicato come necessiià più
urgenti : generi alimentari in
scatola e indumenti di tessuto
caldo, pullover, ecc. I pacchi,
con l’indicazione della chiesa come mittente, possono essere inviati al Rev. Daniel Pennels, 3
Troed Pennal Terrace, Abercynon, Mid-Glam, Gran Bretagna.
Questo canale è già stato utilizzato dal movimento pacifista.
Alcuni giovani delle Valli vaidesi hanno recentemente visitato lo Yorkshire; ne riferiremo
nei prossimi numeri.
9
11 gennaio 1985
cronaca delleValli 9
ANCORA CRISI DELL’OCCUPAZIONE
Lo
specifico
valdese
Indesit verso i licenziamenti
Cassaintegrazione a zero ore per 2.000 lavoratori degli stabilimenti di
None e Orbassano - Inquietudine tra i lavoratori che temono per il futuro
Ci siamo lasciati alle spalle un
1984 che ha visto la sigla di alcune importanti convenzioni tra la
Regione Piemonte e le nostre
strutture sanitarie o assistenziali. Altri accordi, una volta imboccata questa strada, si perfezioneranno nel corso del 1985 ma
fin d’ora sarebbe bene precisare
che lo "statalismo" non è la nostra vocazione. Mettiamo le nostre strutture a disposizione dell’ente pubblico (dico nostre perché le vogliamo pagare di tasca
nostra), siamo disposti a collaborare su moltissimi punti ma
non dobbiamo barattare il nostro stile, il nostro spirito e i nostri metodi con quelli dello Stato. .\'on abbiamo una visione demoniaca delle strutture pubbliche (soprattutto da quando i laici hanno anche qualche responsabilità nella vita del Paese) e la
storia di questi ultimi anni lo dimostra, ma pronrio per questo
dobbiamo stare maggiormente
attenti a non farci fagocitare o
pilotare dallo spirito e dallo stile
dei pubblici burocrati che hanno,
in genere, un’altra visione del
mondo.
E' giusto e sacrosanto che insistiamo, per le nostre opere, sullo spirito del volontariato contrapposto a chi non fa niente per
niente. E’ giusto che continuiamo
ad insistere .sullo spirito di verità, di confronto, di autonomia
giuridico - amministrativa delle
nostre opere, di trasparenza delle decisioni e dei bilanci contrapposto, quando si verifica, al "mangiamangia”, alla professione intesa come posto di potere, alla
corruttela, all'arroganza e al
cliemelarismo. L’« humus » di
queste Valli, lo spirito complessivo valdese fatto di rigore etico,
di ipercriticismo, di pessimismo
intriso di antica onestà e pulizia,
noìi deve farsi sommergere dal
riflusso, dallo sconforto generale,
dal lassismo e dalla boria di certi ojTcratori sociali e politici. I
vecchi ci hanno sempre insegnato
a ragionare con la nostra testa.
Continuiamo a farlo. I grandi
ideali, la voglia di spendersi per
costruire rapporti nuovi stanno
impallidendo. Dobbiamo pur dire. per quel che riguarda le Valli,
che alcune importanti iniziative
sociali o assistenziali si sono potute realizzare graz.ie ad una specificità valdese che non toccava
soia la chiesa bensì tutta la società. Per alcuni amministratori
vuliìesi, nel recente passato, la
chiesa è stata un trampolino di
lancio nell'assunzione di nuove
responsabilità ed è stata la scoperta del fatto che è possibile
servire il Signore anche nella vita politica. Ora sarebbe ben triste
che ipiesto "stile protestante”,
che da secoli caratterizza la vita
delle Valli, rimanesse rinchiuso
nelle chiese o nelle nostre opere
sociali e assistenziali. Senza pruriti di integralismi (nessuno di
noi vuole cristianizzare la società) e senza sete di crociate, è necessario dimostrare coi fatti che
il protestantesimo, il valdismo,
non è una religione, ma uno stile
di vita che vogliamo esportare
anche nella politica.
Giuseppe Platone
2.000 lavoratori dell’Indesit sono stati posti in cassaintegrazione a zero ore dal 1° gennaio di
quest'anno. Anche se la cassaintegrazione non è una novità per
questi lavoratori, la decisione
dell’azienda è particolarmente
grave perché si passa dalla cassaintegrazione a rotazione a quella
a zero ore, che come dicono i sindacalisti della FLM è « l’anticamera del licenziamento ».
Infatti, negli anni scorsi, la
cassaintegrazione a zero ore significava che i lavoratori mantenevano una speranza concreta di
ritornare al lavoro, magari con
orario ridotto, non appena il
mercato dell’elettrodomestico avesse ripreso. Oggi con questa
decisione — fanno osservare alla
FLM — « l’azienda ha assunto
una posizione più dura e considera definitivamente eccedenti
2.000 lavoratori, non ritenendo
possibili altre soluzioni che pure
il sindacato aveva prospettato ».
In particolare si parlava di una
riduzione di orario, finanziata
con i soldi della cassaintegrazione, fino a quando non si sperimentassero nuovi prodotti che
potessero assorbire i lavoratori
eccedenti.
Eppure l’elettrodomestico in
Italia ha ripreso una quota del
mercato internazionale, si esporta di più, soprattutto verso i
paesi arabi, il mercato interno
di sostituzione ha ripreso e non
c’è ancora saturazione per quanto riguarda i congelatori e i lavastoviglie. Allora perché questa
decisione che mette in forse il
domani di migliaia di persone la
maggioranza delle quali donne,
abitanti nel pinerolese? La ragione pare essere nella carenza
cronica di mezzi finanziari delrindesit, che per questo è alla ricerca di un partner europeo.
Si parla di un accordo con la
Thompson. Questo accordo pone
vincoli di produzioni all’Indesit,
anche se garantirebbe aH’azienda
una maggiore disponibilità finanziaria. Allo stesso modo della
Zanussi che alcuni mesi fa ha
raggiunto un accordo con la svedese Elettrolux, anche l’Indesit
vuole seguire oggi la strada della
internazionalizzazione del suo
capitale sociale.
Le conseguenze per l’occupazione, come si vede, sono disastrose, e saranno soprattutto le
donne a pagarne i costi.
Di più si accompagna alla decisione della cassaintegrazione
anche quella di non più pagare i
lavoratori in cassaintegrazione
direttamente negli uffici dell’Indesit, ma per posta con vaglia.
Come dire ai lavoratori posti in
cassaintegrazione; non dipendete più da noi, siete all’assistenza
pubblica, quindi datevi da fare a
cercare un altro posto di lavoro,
se lo trovate. Più di un lavoratore, conosciuta questa decisione,
è precipitato nello sconforto e
nella disperazione. Vi sono infatti alcune centinaia di persone la
cui famiglia è tutta in cassaintegrazione.
Per ora, a parte le reazioni del
sindacato, non si assiste ad alcun intervento da parte di enti
locali, forze politiche su una vicenda che dovrebbe preoccupare
non poco gli amministratori del
pinerolese, visti gli effetti sociali
che provoca.
Giorgio Gardiol
PRAROSTINO
Il Comune si denuclearizza
Dopo Rorà, Salza, Massello,
Pomaretto, anche il comune di
Prarostino ha assunto una delibera di denuclearizzazione del
proprio territorio, quale contributo alla pace e al disarmo. Queste le motivazioni della delibera
assunta all’unanimità:
« Considerato che il pencolo
di una guerra nucleare e forse
anche solo di un incidente fortuito tocca tutta l’umanità e,
specie dopo la installazione della
base di Comiso, in particolare
noi Italiani.
Considerata inoltre la gravosa
eredità lasciata ai Prarostinesi
da coloro che nell’ultima guerra
morirono per la pace e per la
libertà e ritenuto doveroso, nei
confronti dei caduti, agire in
modo da scongiurare, per quanto possibile e tenuto conto dei
limiti esistenti, un’altra guerra
che, se combattuta con armi nucleari, segnerebbe la fine della
Umanità.
COMUNITÀ’ MONTANA VAL PELLICE
Sede: TORRE PELLICE - Piazza Muston, 3
Tel. 0121/91514 - 932262
PUBBLICAZIONE DELLA VARIANTE N. 1
AL PIANO REGOLATORE GENERALE
INTERCOMUNALE DELLA VAL PELLICE
IL PRESIDENTE
In esecuzione della deliberazione consiliare n. 44 del 27.11.1984
Vista la legge regionale 5.12.1977 n. 56 e successive modifiche
ed integrazioni
RENDE NOTO
che la VARIANTE N. 1 al P.R.G.L, relativa al recepimento
delle modifiche apportate al P.R.G.L dai Comuni di Luserna
San Giovanni e Bricherasio, adottata dal Consiglio della Comunità Montana Val Pellice con propria deliberazione n. 44
del 27.11.1984 con tutti gli atti relativi è depositata presso i
Servizi Tecnici della Comunità Montana Val Pellice (Via Caduti
Libertà n. 4 - Tel. 0121/932262) per 30 giorni consecutivi, e precisamente dal 7.1.1985 al 5.2.1985 durante i quali chiunque potrà prenderne visione nell’orario d’ufficio;
che la predetta VARIANTE N. 1 al P.R.G.L è pubblicata per
estratto, all'albo pretorio presso il Comune di Torre Pellice
per lo stesso periodo, ed è messo a disposizione delle organizzazioni sociali ed economiche più rappresentative;
che nei successivi 30 giorni e precisamente entro il 7.03.1985
compreso chiunque può presentare osservazioni nel pubblico
interesse, limitatamente alle parti modificate dai Comuni di
Luserna S. Giovanni e Bricherasio, redatte in originale su carta
da bollo e in n. 6 copie su carta libera, mediante consegna
allo speciale protocollo istituito presso i Servizi Tecnici della
Comunità Montana che ne rilasceranno ricevuta.
Torre Pellice, lì 4 gennaio 1985
Il Presidente
f.to FRANCA CQISSQN
Auspicando che i governi di
tutto il mondo e in particolare
dei Paesi che reggono le sorti
della Terra, prendano a cuore
quei tristi problemi quali la fame e la povertà, la mancanza di
libertà, l’oppressione di altri popoli, impiegando tutte le loro
forze alla risoluzione di questi
problemi e accantonando la corsa alle armi.
DELIBERA
— di denuclearizzare il territorio comunale e di prendere quei
provvedimenti che la Giunta riterrà opportuni perché detta denuclearizzazione venga resa nota a tutti ».
Al termine della discussione il
consigliere Paschetto ha proposto di segnalare questa decisione con l’installazione di appositi
cartelli all’ingresso del paese.
Per chi costruisce
Entro il 31 gennaio 1985 si
conclude la fase di avvio del Programma Pluriennale di Attuazione (P.P.A.). Chi ha intenzione, nei
prossimi 5 anni, di costruire o
ristrutturare una casa dovrà chiedere, presso i singoli comuni (con
meno di 10 mila abitanti) di essere inserito nel P.P.A.
Profilassi
afta epizootica
L’USSL 43 - Val Pellice comunica che a seguito dell’insorgenza di focolai di afta epizootica in alcuni Comuni della provincia di Cuneo la Regione Piemonte ha disposto obbligatoria
ed urgente la vaccinazione antiaftosa di tutti i bovini esistenti
sul territorio regionale.
Per gli ovicaprini si prowederà alla vaccinazione in un secondo tempo ; attualmente si
procede all’immunizzazione dei
soli ovicaprini in allevamenti
misti (bovini ed ovicaprini).
Tenuto conto che l’immunità
compare quindici giorni circa
dopo la vaccinazione, si raccomanda agli allevatori di:
a) non allontanare gli animali dagli allevamenti per ragioni di lavoro, fiere o mercati,
monte taurine ;
b) non abbeverare gli animali ad abbeveratoi pubblici;
c) non immettere in allevamento capi di nuovo acquisto;
d) non permettere l’accesso
agli allevamenti a persone che
possano essere state per qualunque ragione in contatto con
fonti di contagio;
e) cospargere la soglia delle
stalle con disinfettante (calce).
Per ulteriori informazioni rivolgersi al Servizio Veterinario
delTU.S.S.L. - Torre Pellice Via Guardia Piemontese n. 5 tei. 932654.
Amnesty International
TORRE PELLICE — Mercoledì 9 gennaio alle ore 20.30 avrà
luogo una riunione del gruppo
Amnesty International al Centro d’incontro di Torre Pellice.
Ordine del giorno:
Bilancio dell’azione speciale
per il rispetto dei diritti dell’uomo in Cina.
Ninna nanna
della guerra
RORA’ — Sabato 12 gennaio
p. V., presso il Tempio, il Gruppo Teatro di Angrogna presenterà il suo spettacolo intitolato:
« Ninna nanna della guerra ».
L’appuntamento è per tutti alle ore 20.30.
• Hanno collaborato a questo
numero: Domenico Abate, Mario
Affuso, Tavo Burat, Luisa Carrara, Luigi Marchetti, Davide Melodia, Lucilla Peyrot, Teofilo
Pons, Paolo Ribet, Bruno Rostagno, Leopoldo Sansone, Franco
Taglierò, Dario Tron.
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10
10 cronaca delleValli
Il gennaio 1985
COLLEGIO VALDESE DI TORRE PELLICE
DIBATTITO
Il senso ed il ruolo
di una antica scuola
Costa 350 milioni l’annc. Assorbe molte energie ed è stata
l’opera, in questi ultimi anni,
maggiormente discussa e contestata nella nostra chiesa. Sul suo
destino, alla fine degli anni ’60,
si rischiò la spaccatura sinodale. E ancora oggi divide gli animi. Ma a 150 anni di distanza,
ridimensionato nelle sue funzioni, ’reinventato’ nelle sue nuove
articolazioni culturali, rinnovato nel suo corpo docente, il Collegio Valdese di Torre Pellice,
ovvero un Liceo bifronte a indirizzo classico e linguistico, continua a funzionare.
Oggi come stanno andando te
cose al Collegio? Ne parliamo
con Marcella Gay, 62 anni, dal
’70 al ’77 ha fatto parte della
Tavola Valdese e per 25 anni ha
insegnato italiano e latino presso il Liceo classico ’Porporato’
di Pinerolo. Da due anni Marcella Gay, a titolo volontario, insegna al liceo di Torre Pellice.
Che effetto fa — te chiediamo —
insegnare al Liceo valdese dopo
una lunga esperienza nella scuola statale?
« Mi sento finalmente lìbera —
confessa Marcella Gay — dal disagio che mi ha accompagnato
durante tanti anni di insegnamento nella scuola pubblica.
Certo non potevo lasciare il mio
essere valdese sulla porta della
scuola e d’altra parte spero che
questo non mi abbia mai impedito di rispettare le diverse convinzioni dei miei scolari. Però
spesso, in quegli anni d’insegnamento a Pinerolo, mi sono chiesta fino a che punto avevo il diritto di dire quel che pensavo,
senza abusare della mia posizione di ’professoressa’ costringendo i miei scolari a udire discorsi che forse avrebbero rifiutato
di ascoltare se fossero stati liberi di scegliere. Ora insegnando
al ’Collegio valdese’ non ho più
paura di prevaricare in qualche
modo. Chi mi ascolta sa e ha
liberamente scelto di venire in
una scuola con professori evangelici. Questo comunque non mi
impedisce di essere ancor più
laica di prima. E’ consolante non
lavorare isolata ma con gente
che ha fatto la stessa tua scelta ».
Il Collegio, anche dopo l’introduzione del nuovo indirizzo linguistico, non la più notizia: ultimamente se ne parla poco anche in Sinodo. Forse perché non
ci sono più grossi problemi da
risolvere?
« Non direi. Stiamo adesso studiando le nossibilità d’imboccare anche l’indirizzo informatico.
COLLEGIO VALDESE
Torre Pellice
Sono aperte le iscrizioni
per l’anno scolastico '85-86
al
Liceo Pareggiato
indirizzo
classico e linguistico
• Miniconvitto per
studenti
• Trasporto da Pinerolo
in scuolabus riservato
Un certo numero di borse di
studio è messo a disposizione
ogni anno da amici del Collegio italiani ed esteri.
Per informazioni e iscrizioni
rivolgersi a:
COLLEGIO VALDESE
Via Beckwith, 1
10066 TORRE PELLICE (To)
Tel. (0121) 91.260
orario segreteria: 9.00-12.00
Il piano di studio MATERIE OBBLIGATORIE Indirizzo classico Indirizzo linguistico
ANNO DI CORSO I II III IV V I II III IV V
Italiano 5 5 4 4 4 4 4 4 4 4
Latino 4 4 4 4 4 3 3
Greco 4 4 3 3 3
Storia 2 2 3 3 3 2 2 3 3 3
Geografia 1 1 — — — 1 1 — — —
Filosofia — — 3 3 3 — — 3 3 3
Lingua Straniera 4 4 4 4 4 5 5 4 4 4
2^ Lingua Straniera — — — — — 5 5 4 4 4
3^ Lingua Straniera — — — — — — — 3 3 3
Matematica 3 3 2 2 2 3 3 2 2 2
Fisica — — 2 2 2 — — 2 2 2
Scienze/Chimica 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2
Storia delLarte 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1
Educazione Fisica 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2
Ore lezioni settiman. 28 28 30 30 30 28 28 30 30 30
MATERIE OPZIONALI (due a scelta per op:ni anno)
I II IH IV V I II III IV V
Storia della Musica 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1
Ricerche sulLambiente 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1
Storia delle Religioni 1 1 1 1 1 1 1 1 1 ]
Storia locale e metod. della ricerca 1 1 1 1 1 1
E’ in fase avanzata di Studio anche un corso facoltativo di informatica.
ma su questo non voglio fare
anticipazioni. Quest’anno sia la
Tavola, sia la Commissione d’esame (la cui metà laica era composta da persone che lavorano
nella scuola di stato) sia il Sinodo hanno sostanzialmente approvato il nostro lavoro al Collegio e ci incoraggiano a proseguirlo, non solo, ma anche ad
ampliarlo con l’indirizzo informatico ».
La mia impressione circa il
silenzio che avvolge il Collegio,
rispetto al passato, è sbagliata?
« Sì, è vero che del Collegio si
parla poco. Facciamo fatica a
parlare del nostro lavoro e questo fa di noi, nel migliore dei
casi, dei discreti testimoni, ma
raramente degli ardenti evangelizzatori ».
A parte alcuni articoletti sul
nostro giornale in effetti pochi
sanno, anche qui in Val Pellice,
che nel Liceo classico, oltre alle
materie dei Licei statali, si continuano le lingue straniere nel
triennio liceale, si hanno due ore
settimanali di scienze e una di
storia dell’arte già al Ginnasio e
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cucire
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Proprietà ecclesiastiche
che fare?
A seguito di una animata assemblea di chiesa a Torre Pellice
abbiamo ricevuto una interessante lettera di R. Newburv. Cosa pensano i nostri lettori su un argomento al centro di molte discussioni
nelle chiese delle Valli? Una prima risposta di M. Gay.
si anticipa la tìsica alla prima liceale. E pochi sanno del nuovo
indirizzo linguistico. « Lavoriamo — continua Marcella Gay —
in un certo isolamento; siamo
spesso invisi da una parte ai laici, contrari in blocco e per principio alla scuola non statale (considerata scuola confessionale o
pura speculazione economica),
dall’altra parte alla scuola cattolica, che ci vede contrari alla
richiesta di finanziamenti dello
Stato ».
Ma per concludere questa prima conversazione sul Collegio
— cui mi auguro faccia seguito
un dibattito sul nostro giornale
— tiriamo fuori argomenti convincenti a favore del Collegio.
« In teoria — prosegue Marcella Gay — si parla tanto della tragedia delle zone periferiche, in
particolare della montagna, impoverita ed emarginata, ma in
pratica si fa ben poco. Ora una
scuola secondaria superiore, con
il duplice sbocco dell’Università
o dell’immediato impegno nel
mondo del lavoro, facilitato dalla conoscenza delle lingue straniere, ci pare essere una risposta concreta ad alcuni bisogni
degli abitanti delle nostre Valli ».
Quali sono le percentuali di
coloro che vengono al Collegio
da fuori Valle?
« Solo il 25% degli studenti
del classico e il 33% del linguistico provengono da Pinerolo o
da più lontano. Bisogna inoltre
riflettere su cosa significa e quale influenza può avere la presenza di studenti e professori in
una zona altrimenti ridotta in
gran parte a dormitorio di pendolari o rifugio di pensionati,
finalmente liberi di lasciare la
città ».
E il significato del Collegio nei
confronti deH’evangelismo italiano?
« Credo — conclude Marcella
Gav — che sia utile. Per chi vive
un’esperienza di diaspora può
essere importante trascorrere almeno alcuni anni in un ambiente dove il protestantesimo è rilevante. Vorrei anche ricordare
Tanno propedeutico che il Collegio offre a chi intende iscriversi alla Facoltà di Teologia e
non ha il titolo di studio richiesto per iniziare studi impegnativi come quelli della teologia ».
Per oggi ci fermiamo qui. Sperando che altri intervengano.
Giuseppe Platone
Gentile Direttore
L'ultima assemblea di chiesa a Torre Pellice su stabili e bilancio ha sollevato grida e questioni che concernono tutta la chiesa. Come deve amministrare le sue ricchezze una chiesa evangelica?
La prima domanda è: è lecito che
una chiesa abbia delle ricchezze o
meno? Non dovremmo forse dar via
tutti i nostri beni e vivere come mendicanti? Per quel che riguarda i nostri
rapporti con lo Stato italiano abbiamo
senz'altro seguito questa linea fino
alle ultime L. 7.000, Però in una chiesa come quella di Torre in cui solo
una dozzina di frequentanti abituali
non sono pensionati, forse il nostro
zelo evangelico potrebbe essere sovraccaricato dalle preoccupazioni materialistiche del pane più che dello spirito. Inoltre, se noi mettiamo le nostre
reti dal lato giusto della barca, possiamo ritrovarci come il monaco che
quando divenne abate di Monte Cassino scoprì ohe la sua rinuncia al mondo lo aveva reso principe e il suo
voto di povertà gli aveva fruttato una
fortuna.
La seconda domanda è: dobbiamo
affittare i nostri stabili secondo un criterio economico o secondo un criterio
morale? Qui però in una scelta fra I
poveri che meritano e quelli che non
meritano noi ci mettiamo in opposizione all’insegnamento di Cristo e anche contro i princìpi del Welfare State.
La terza domanda è: dobbiamo o no
far fruttare al massimo i doni di Dio
e utilizzare i profitti per le sue opere? A questo punto dobbiamo affrontare il problema dell'investimento nelle compagnie molto proficue che operano in Sud Africa o nel settore degli
armamenti. Le Chiese Anglicana e Metodista hanno in questo caso rinunciato a profitti per principio.
La domanda finale è: dobbiamo accettare i doni vincolati per testamento 0 no? Un dono vincolato è fondamentalmente non democratico, dato
che, se ogni membro vivente della
chiesa ha un voto solo, in tal caso
un membro morto chiede di controllare in perpetuo il 51% dei voti dell'assemblea di chiesa. Se le nostre illusioni non sono come polvere, quando
moriremo troveremo la cruna dell'ago
veramente molto stretta.
La risposta a tutte queste domande
è: il Nostro Signore provvederà. Se
la comunità decide attraverso la preghiera che Dio desidera che essa faccia una cosa. Lui ci aiuterà a trovare
un modo per farla: o dando via tutte
le proprietà della chiesa, o facendo
un caso speciale, o realizzando il massimo dai nostri beni comuni.
La cosa che io ho trovato tristemente mancante della nostra assemblea è
stata la preghiera per avere una guida, e la fantasia rispetto alle nostre
potenzialità. Il preventivo di L. 100
mila per l'evangelizzazione e di nulla
per aiutare i meno fortunati ha reso
per me la discussione, limitata a 45
minuti, irrilevante.
In fede
Richard Newbury, Torre Pellice
La lettera del signor Newhiiry tratta
molti argomenti importanti e vale la
pena di riprende
1, La ricci’, zza. Nel vangelo la
rinunzia ai beni terreni è la premessa
al seguire Gesù, ma questo ci riguarda
come individui prima che come chiese. Se. come i discepoli c come li primi
poveri di Lione, rinunciassimo alla sicurezza di un letto e di un tetto per la
pro.ssima notte, non avremmo neppure problemi per Tamministrazione ecclesiastica.
Del resto, più che di ricchezze, parlerei dii possessi della chiesa, dato che
non abbiamo né banche ne investimenti particolarmente redditizi.
Direi invece che siamo legati ai nostri stabili, e cui alcune attività forse
non indispensabili, da tre motivi:
a) un molto umano attaccamento
alla storia passata: é. difficile vendere
una scuoletta Deckwith. anche se inu
tilizzata. per tutti i ricordi che le sono legati:
b) un'utilità presente, o per etti
vità di vario genere, o. se li affiniamo,
per il principio, sancito .-la un sir.odo.
che le pietre devono mantenere le fdetre. per potere spendere le contribuzioni in qualcosa di più importante.
e) / esigenza di non chiuderci "li
attuali spazi di libertà in vista di un
futuro di rinnovate restrizioni, in cu:
potremmo forse mantenere le possibilità che abbiamo adesso, ma non riottenere quelle a cui oggi potremmo anche rinunciare. E’ la tendenza tipica
di un gruppo spesso emarginato, o addirittura perseguitato, che sente il bisogno di mantenersi un luogo di rifugio.
2. La seconda e la terza donunuln
possono avere una risposta unica:
non si tratta di un alternativa, ma di
due scopi non sempre inconciliabili:
dobbiamo amministrare saggiamente.
’ da buoni padri di famiglia" coni e
esigevano una volta i contratti d'afHttn.
senza ovviamente dimenticare Vamore
per il prossimo.
Ad esempio, fra due aspiranti inquilini è doveroso dare la precedenza, a
costo di ricavare di meno, a chi ha bisogno della prima casa anziché a chi
può permettersi la seconda. Non si pone invece per noi il problema di investire fondi inesistenti. ovvio pero
che non è ammissibile finanziare regimi razzisti o fabbriche d’armi. Ma
quali investimenti sono completamente puliti?
3. In generale, è sempre me:.lio
fare, da vivi o per testamento, doni
non vincolati, sia perché i vincoli sflesso nascono da sfiducia nel prossimo o
dal desiderio di imporre la nostra volontà. sia perché non possiamo prevedere il futuro: un'attività oggi utilissima può essere domani inutile o impossibile. Tuttavia non mi pare di /'ur
sé scandalosa la scelta di ¿inpiegare i
propri beni per uno scopo che ci sia
particolarmente caro, e non mi pare
che questo ci renda arbitri delle hitare assemblee di chiesa, sempre libere
di rifiutare il dono, insieme all Impegno connesso.
4. A proposito dei nostri bilanci,
io penso che anche le spese ’'interne '
siano rivolte all’evangelizzazione e alla
diaconia. E’ vero che tempio, culti, eccetera, servono quasi unicamenle ai
membri di chiesa, ma sono convinta
che questa non sia una gratificazione
egoista, o un modo per dare una certa
solennità a matrimoni e funerali.
Nella comunione con i fratelli, nelVascollo della Parola di Dio. attingiamo la forza per testimoniare la nostra
fede e servire i nostri fratelli nel
mondo, giorno dopo giorno. E però
vero che dovremmo lasciare aneli'? nei
nostri bilanci maggiore spazio alla solidarietà collettiva con gli altri (a livello individuale ho sentilo dire che
in molte chiese le offerte di questo genere sono all incirca pari a quelle i>er
contribuziom e collette, anche se lasciate alla libera scelta dei singoli e
raramente coníabi'dizzute).
Infine, è vero che non sappiamo nhbustanza pregare insieme, invocando hi
presenza deirElerno alle nostre n.<semblee e la sua guida per le nostre iha’isioni. E' una cosa che dobbiamo sempre reimparare.
Forse ci domina una diffidenza, tipicamente valdese, verso tutte le manifestazioni esteriori di pietà, o forse sinmo anche troppo coscienti del risrh’o
che. dopo aver pregato, attribuiam:} alla volontà di Dio quelle che invece sono le nostre scelte arbitrarie.
Certo é bene che qualcuno •”/ ricordi
Firn portanza della preghiera comune:
del resto Velomento fondamentale d(dle nostre deaisioni è la fiducia che. su
lo chiediamo sinceramenle. il Signore
ci aiuterà e ci dirigerà nella scelta, al
di là delle nostre debolezze e dei nostri disaccordi umani.
Marcella Gay
11
11 gennaio 1985
cronaca delle Valli ÍÍ
SPIGOLATURE DI STORIA VALDESE
Valdesi razza ariana
La discriminazione politica ed amministrativa del fascismo contro i
valdesi: paura del regime per un'opposizione incerta ed inesistente
Il regime fascista guardava
con sospetto alle chiese evangeliche, considerate irrimediabilmente estranee (malgrado la loro tradizionale obbedienza alle
autorità costituite) al clima clerico-nazionale dominante, per i
legami mai rinnegati con il protestantesimo internazionale e la
continuità della democrazia interna. Nel corso degli anni Trenta r essazioni e repressioni colpirono le chiese meridionali,
specie quelle contadine, con
maggiore accanimento e sistematicità quelle pentecostali. Nelle Valli valdesi invece non si
può parlare di discriminazioni
religiose fino alla vigilia della
seconda guerra mondiale; la
sorveglianza burocratico-poliziesca era attiva, ma non più che
altrove, ed i vari gruppi sociali
ave\ano accettato il regime per
convinzione o per rassegnazione, tanto che gli archivi della
polizia non registrano movimenti di opposizione nei paesi e nelle fabbriche delle valli Pellice e
Chisone. I valdesi non furono
in particolare discriminati nell’assegnazione delle cariche di
podestà (che gestivano con poteri dittatoriali le amministrazioni comunali) e di segretario
dei fasci locali, nelle iscrizioni
alle organizzazioni fasciste e paraiascisie e nelle carriere nel
partilo unico. Nel corso degli anni Tienta i podestà valdesi (anziani notabili di origine giolittiana) vennero progressivamente soslituiti da una nuova leva
di iunzionari fascisti, ^ generalmente provenienti da Pinerolo e
dalla pianura cattolica; ma non
era ancora una discriminazione
religiosa, tanto che gerarchi fascisti di oriaine valdese come
Alessandro Berutti continuarono una carriera di successo.
La situazione cominciò a cambiare nel 1938, quando la crisi
economica e le prospettive di
guerra diminuirono la presa di
massa del regime, spingendolo
ad Un rafforzamento della mobilitazione poliziesca; è il momento deila i)ersecuzione anticbi aica. Nche « informative »
che i carabinieri compilavano
con le notizie su moralità e sentimenti nazionali dei candidati
alla cariche pubbhche comincia
ad apparire in onesto periodo
la dizione « di religione valdese
e di razza ariana ». Si giunse rapidamente ad una svolta; nel
1939 le autorità della provincia
di Torino decisero di escludere
i valdesi dalle cariche pubbliche. Non abbiamo il testo della
decisione, né la sua data, ma
testimonianze inequivocabili della sua applicazione. TI 15 settembre 1940 il prefetto scriveva
al segretario fascista della provincia, a proposito della scelta
di un nuovo podestà per Villar
Pellice;
« Questa prefettura ritiene
che non sia opportuno proporre per la nomina a podestà di Villar Pellice persona
professante la religione valdese. Poiché il camerata Berlalot Ruben, proposto da codesta federazione, professa tale religione, prego indicare al;
tra camerata in possesso dei
prescritti reauisiti e professante la religione cattolica ».
Qualche mese più tardi, il 28
aprile 1941, era il segretario fascista a porre il veto alla nomina a podestà di Angrogna di
uno dei più vecchi fascisti della
valle;
« Non posso esprimere parere favorevole alla nomina a
.podestà del comune di Angrogna del camerata Luigi Coi'sson, in quanto il predetto essendo di religione valdese, non
è nominativo che rientri nel
quadro delle direttive che erano intercorse tra questa federazione e codesta prefettura
circa le Valli pinerolesi ».
Nel novembre 1941, in risposta ad un superficiale allarme
del segretario nazionale fascista, Serena, per il supposto antifascismo dei valdesi, il prefetto di Torino poteva dare assicurazioni sulla loro fedeltà patriottica, ma anche sulla loro
emarginazione progressiva; a
quella data le Valli contavano
solo più due podestà valdesi (a
Frali e Massello) e quattro segretari valdesi dei fasci comunali. Le autorità cattoliche apprezzavano grandemente questa
situazione, come risulta da questa lettera al prefetto del vescovo di Pinerolo, Gaudenzio Bianchi (13 settembre 1942);
« Eccellenza, incoraggiato
dalla squisita cortesia con cui
fui da voi accolto tutte le volte che ebbi l’onore di parlarvi, mi rivolgo ora per esporvi
un dubbio che mi preoccupa
alquanto.
Sento che si parla di un
probabile cambiamento del
podestà di San Germano Chisone di questa mia diocesi.
Naturalmente questo esula
dalle mie competenze, ma per
il timore che in questo possa
in qualche modo entrare la
questione religiosa o Tinflusso
di elementi religiosi, poiché ci
troviamo in un centro attivo
valdese, mi sento in dovere di
dichiararvi che l’attuale podestà cav. geom. Giovanni Cocilovo si è sempre dimostrato
verso di me e verso i parroci
del suo comune con compitezza e senso di imparzialità, dimostrando di rendersi perfettamente conto della delicatez
za della sua .posizione, posto
ad amministrare una popolazione divisa in fatto di religione.
Attualmente i rapporti nostri con i fratelli valdesi, anche a San Germano Chisone,
sono corretti, ma certo i cattolici, che sono nel ■ comune
un nucleo compatto e abbastanza grande, con scuole ed
asilo infantile propri, si sentirebbero umiliati se, contro il
principio ormai felicemente
adottato in tutta questa nostra regione, dovessero vedere a capo delTamministrazione comunale un valdese.
Tutto questo vi dico in modo del tutto confidenziale ».
Questa discriminazione _ non
era dovuta ad una presa di coscienza antifascista del mondo
valdese (limitata a pochi gruppi non ancora attivi né individuati), ma alla politica sempre
più oppressiva della dittatura e
alla crescente diffidenza verso
tutto ciò che era « diverso » _ e
non pienamente inquadrabile
nel clerico-fascismo dominante.
La sconfitta e il crollo della dittatura avrebbero di lì a poco
interrotto questa colitica di discriminazione e repressione, ma
non ci sembra inutile ricordare
anchè questo momento del nostro passato.
Giorgio Rochat
Questo artìcolo è il risultato di
ricerche presso Tarchivio di stato di
Torino, fondo Gabinetto del prefetto,
che hanno portato ad una relazione
sul tema « Le Valli valdesi nel regime
fascista » presentata al convegno 1983
della Società di studi valdesi. Questa relazione è in corso di stampa sul
<c Bollettino della Società di studi vaidesi » e ad essa rinviamo per l’indicazione esatta della collocazione dei documenti qui citati.
ESTATE 1985: VISITA ALLE VALLI
Il clan dei Bert
Il 17.18 e 19 agosto u.s. si sono
riuniti a Chambersburg in Pennsylvania più di 300 discendenti
diretti di Peter Bert, arrivato in
quella città nel 1830.
Era nato a Wembach, in Germania, dove era diventato pastore in una comunità della chiesa
dei Fratelli. Ebbe 10 figli; uno dei
suoi discendenti ne ebbe 17. La
famiglia si ingrandì con rapidità e si estese attraverso gli Stati
Uniti. Il primo Bert che scrisse
una cronaca familiare nel 1910
affermò che i Bert erano degli
Ugonotti francesi arrivati a
Wembach. Ma nel 1979 un membro della famiglia scopri un lihriccinc scritto da una certa Signora Koehler di Wembach la
quale affermava che la famiglia
aveva avuto origine nelle Valli
di Pragelato. La famiglia Bert
era dunque una famiglia valdese.
Si stabilì ben presto una nutrita corrispondenza fra la Signora Koehler e i Bert di Pennsylvania. Il Sig. Eldon Bert e
sua moglie partirono e vennero
in Europa nella primavera del
1984 e visitarono per la prima
volta Wembach e le Valli. Tornarono con delle bellissime fotografie; in seguito la Signora
Bert-Smith e il prof. Hoover del
Messiah College organizzarono
per la prima volta nella storia
dei Bert, una riunione di famiglia alla quale invitarono anche
i Bert di Wembach, 25 di questi
si presentarono alla riunione in
Pennsylvania e più di 300 Bert
APPELLO
Caro Direttore,
Sono una di quelle persone che
stanno catechizzando tutti, qui nel II e
III circuito, sul problema della ristrutturazione deH'Asilo di S. Germano.
Ma si vede che non riusciamo ad essere abbastanza convincenti perché,
come tu sai, la sottoscrizione non è
così massiccia come si sperava. E
allora bisogna dire, in modo ben chiaro, ohe l'Asilo chiuderà in tempi non
troppo lunghi se si continua così. Una
decisione così grave per gli anziani
delle nostre valli non può essere
presa a cuor leggero e soprattutto non
può essere presa dalle poche persone
del Comitato che non hanno né la forza né il diritto di prenderla. E’ quindi
tutta la popolazione della zona, tutta
la Chiesa Valdese, che deve prendersi la sua responsabilità. Bisogna ribadire chiaramente che se la risposta non
sarà più incisiva, se le offerte non verranno in maggior numero, la responsabilità della chiusura sarà di tutti, e
di questo ci dovremo in futuro pentire amaramente. Coloro che hanno appoggiato questo progetto si vedranno
restituire i doni e saranno scontenti,
ma non si può procedere alla demolizione se non si hanno i mezzi 'per iniziare la ricostruzione.
La legge ci impedisce di continuare a dare assistenza con questa struttura oramai obsoleta, dobbiamo quindi
chiederci se vogliamo continuare questo servizio che dura già da 90 anni;
è una scelta. Ma dobbiamo anche sapere che, se non avremo li coraggio
di rispondere affermativamente, ci saranno altri che, con altro spirito, risponderanno alle esigenze degli anziani
puntando però sul profitto, in quella
« industria deiranziano » che sta diventando uno dei migliori investimenti
di capitali.
La scadenza che avevamo posto, il
31 dicembre, è trascorsa e siamo arrivati solo a un quarto della somma
ipotizzata come necessaria per dare
il via ai lavori.
In questo periodo in cui il consumismo esplode nelle sue forme più
eclatanti, anche fra i nostri membri
di chiesa, ho sentito personalmente
il bisogno di ribadire i punti essenziali del problema perché ognuno possa
fare le sue riflessioni e decidere in
piena responsabilità.
Cordialmente
Anna Celli, Pomaretto
degli Stati Uniti risposero alTappello.
In questa prima riunione il
pastore Stein-Schneider, presidente della Waldensian Aid Society di Washington abbozzò un piccolo quadro delle tradizioni dei
valdesi e della loro storia. Una
altra riunione che segui vide innumerevoli domande poste dai
Bert sui valdesi, realtà per essi
affascinante. Eldon Bert mostrò
all’assemblea affascinata le fotografie scattate alle Valli; nel
corso della riunione furono vendute più di 30 copie del libro
di Giorgio Tourn sui Valdesi,
tradotto in inglese. Una quarantina di persone si sono già iscritte per un viaggio Wembach-Valli Valdesi nell’estate del 1985.
Sicuramente entro breve si stabiliranno dei contatti con i Vaidesi della Carolina del Nord e
i Valdesi di New York. Si pensa d’altronde che i membri del
« Clan Bert » siano alTincirca
800 solo negli Stati Uniti.
E’ da prevedere che i Bert
americani stabiliranno dei contatti via via più stretti con le
loro valli di origine, attraverso
visite e viaggi organizzati. Speriamo che costituiscano un appoggio lontano (per le distanze)
ma vicino (per la fede in Gesù
Cristo) per i loro cugini italiani.
H. Steln-Schneider
Presidente AWAS (American
Waldensian Aid Society) di
Washington
L. 50.000: R.B.T., Pinerolo; Odette
Balmas Eynard, Luserna San Giovanni,
in mem. Emi Peyrot; E. e R. Pons, Prarostino “ ricordando Zia Fini »; Peyronel Margherita e Franco « Fiori in memoria di Fratini-Peyronel Ester e Giuseppe ».
L. 30.000: Bianchi Isabella, Bergamo.
L. 25.000: Avondetto Maria, Prarostino. in mem. del marito.
L. 10.000: M. L., in mem. del cugino
Ernesto Meynet.
Pro Rifugio Re Carlo Alberto
Pervenuti nel mese dì ottobre 1984
L. 20.000: Fornerone Rina, Prarostino,
in mem. dei miei cari.
Pro Istituti Ospitalieri Valdesi
Pervenuti nel mese di ottobre 1984
L. 100.000: Fornerone 'Margherita,
Prarostino, in mem. della sorella Silvia.
i. 50.000: Elio e Fabio, in mem. di zia
Silvia.
Pro Ospedale Valdese
di Torre Pellice
Pervenuti nel mese di novembre 1984
Per Ristrutturazione
i. 50.000: Malanot Ferruccio, Pinerolo.
Pro Istituti Ospitalieri
Valdesi
Pervenuti nel mese di novembre 1984
L. 10.000: GardioI Emanuele e Mari,
Prarostino.
RINGRAZIAMENTO
« Nella mia distretta ho invocato l’Eterno ed egli m’ha risposto » (Salmo 120: 1)
NelTimpossibdlità di farlo singolarmente i familiari deUa compianta
Emma Villielm ved. Beux
ringrazdano sentitamente tutti coloro
che con la loro presenza, con fiori,
scritti e parole di conforto hanno partecipato al loro dolore.
Un ringraziamento particolare al
personale infermieristico e ai signori
medici dell’Ospedale Valdese di Pomaretto e dell’Ospedale S. Giovanni Battista di Torino, al pastore Rostagno e
signora, alla famiglia Richaud, alla signora Costabel Ampelia e a tutti coloro che le sono stati vicini durante la
malattia.
RINGRAZIAMENTO
« La mia grazia ti basta »
(II Corinzi 12: 9)
La figlia e la sorella della compianta
Olga ReveI ved. Ciacone
ringraziano di cuore tutti coloro che in
qualche modo sono stati loro vicini nella luttuosa circostanza ed hanno circondato la cara scomparsa di affetto e
solidarietà.
Un grazie particolare al direttore ed
al personale tutto deU’Asilo di S. Germano; ai medici e agli operatori dell’Ospedale Valdese di Pomaretto; al pastore Paolo Ribet.
San Germano Chisone, 1 gennaio 1985
Pro Ospedale Valdese
di Pomaretto
Pervenuti nel mese di ottobre 1984
L. 300.000: Feo Vincenzo, Saluzzo.
L. 100.000: Tinetto Serafino, Rinasca;
Ciarralino Maria, Pomaretto; Jolanda e
Laurenzia Forneron, Prarostino, in mem.
di Forneron Davide e Fabiole Beniamino.
L. 81.500: I compagni di lavoro di
Biglione Bruno, Villar Perosa, in memoria di Biglione Giuseppe.
L. 50.000: Aglio Oreste, Ferrerò; Reynaud Alice Alessandrina, Pomaretto;
Costabel Emilia, S. Germano Chisone;
Peyronel Cesare, Pomaretto; Moglie e
figli, in mem. di Aldo Beux, San Germano Chisone; Fam. Codino Guido,
Prarostino, in mem, Giacomo Buffa e
Ferdinando Ribet; Fornerone Amelia,
Prarostino, in mem. di Olimpia Gay
Codino; Codino lima, Prarostino, in
mem. marito Parisa Paolo; Codino lima
e fam,, Prarostino, in mem. Silvia Codino.
L. 40.000: Fam. Parisa, Prarostino, in
mem. Gay Olimpia.
L. 30.000: Giacomino Paola, Riclaretto Chiotti.
L. 25.000: Jahier Guido, S. Germano
Chisone « per i miei 80 anni ».
L. 20.000: Giopposo Paolo, Pinerolo;
Passetti Liliana, Pinerolo; Milia Desolina, Perosa Argentina.
Pro Ospedale Valdese
di Torre Pellice
Pervenuti nel mese dì ottobre 1984
L. 100.000: René Pons, Luserna S.
Giovanni, in mem. di Fredino Balmas
e Emi Peyrot.
USSL 42 - VALLI
CHISONE - GERMANASCA
Guardia Medica :
Notturna, prefestiva, festiva; telefono 81000 (Croce Verde).
Guardia Farmaceutica :
DOMENICA 13 GENNAIO 1985
Perosa Argentina: FARMACIA CASOLATI - Via Umberto I - Tel. 81205.
Ambulanza :
Croce Verde Perosa; tei. 81.000
Croce Verde Porte; tei. 201454
USSL 44 - PINEROLESE
( Distretto di Pinerolo )
Guardia Medica :
Notturna, prefestiva, festiva: telefono 74464 (Ospedale Civile).
Ambulanza :
Croce Verde Pinerolo: 22664.
USSL 43 - VAL PELLICE
Guardia Medica :
Notturna, prefestiva e festiva:
tei. 932433 (Ospedale Valdese).
Guardia Farmaceutica ;
DOMENICA 13 GENNAIO 1985
Luserna S. Giovanni: FARMACIA
SAVELLONI - Via F. Blando 4 - Ln
sema Alta - Tel. 90223.
Ambulanza :
Croce Rossa Torre Pellice: telefono 91.996.
12
12 uomo e società
Il gennaio 1985
RAPPORTO AMNESTY INTERNATIONAL 1983
Contabilità della violenza
La tortura, altri maltrattamenti, condizioni disumane di carcerazione e
assassini di stato in tutti i continenti sono denunciati nel rapporto
E' recentemente uscito il Rapporto annuale di Amnesty International relativo all’anno 1983. Esso informa sulla situazione in
117 Paesi, ponendo in risalto come le violazioni dei diritti umani
non siano limitate a particolari sistemi politici. Nell'83 A.I. ha seguito i casi di oltre 5 mila persone. Dal sommario di detto rapporto riportiamo qui appresso ampi stralci colle situazioni divise
per area geografica. r. p.
Africa
La tortura o altri maltrattamenti e condizioni disumane di
carcerazione senza processo sono
stati denunciati in molti Stati.
Uccisioni extragiudiziali da parte
di forze governative sono diventate una pratica frequente. Denunce di questi reati sono pervenute da; Ciad, Ghana, Malawi,
Mozambico, Uganda e Zimbabwe.
Sono stati denunciati decessi di
prigionieri in Mali, Nigeria, Lesotho. Sud Africa, Zaire, Zambia
ed altri Paesi, la cui causa potrebbe essere la tortura.
Si ritiene che in almeno 20 Stati i prigionieri per motivi d’opi
nione siano stati imprigionati in
base a giudizi non conformi alle
disposizioni internazionali in materia di equi processi.
In Etiopia, dove sono avvenuti arresti senza le formalità legali, vi sono parecchie migliaia
di prigionieri politici, religiosi sospettati di simpatie per l’opposizione e familiari dell’ultimo imperatore detenuti sin dal 1974.
La tortura è regolarmente praticata nell’interrogatorio dei prigionieri.
In Sud Africa, oltre ai pestaggi
ed alla tortura, la pena di morte
è stata pesantemente applicata:
in mancanza di dati ufficiali, si
ritiene fondata la cifra di 101
esecuzioni. La pena di morte
Solidarietà
i segue da pag. I)
siamo affermare che l’amore
evangelico non ha nulla a che
vedere con le lotte politiche e
sociali e che il cristianesimo ha
solo una dimensione individuale e privata. Rendiamoci però
conto che per questa via noi
non solo ritorneremmo al secolo scorso, ma anche alla parte
peggiore di esso, alla trappola
dell’ideologia liberale che preservando un angolo di privatez
« L’Eco delle Valli Valdesi »: Rea.
Tribunale di Pinerolo N. 175.
Redattori: Giorgio GardioI, Roberto Giacone, Adriano Longo, Giuseppe Platone. Sergio Ribet. Comitato
di redazione: i redattori e; Mirella
Bein Argentieri, Valdo Benecchi,
Mario F. Berutti, Franco Carri, Paolo Fiorio, Bruno Gabrielli, Marcella
Gay, Claudio H. Martelli, Roberto
Peyrot, Massimo Romeo, Marco
Rostan, Mirella Scorsonelli, Liliana
Viglielmo.
Birettore Responsabile:
FRANCO GIAMPICCOLI
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Intestato a « Li Luce: fondo di solidarietà ». Via Pio V. 15 • Torino.
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Subalpina - Torre Pellice (Torino)
za, individualismo e interiorità
al cristianesimo, si è assicurata
la mano libera per costruire la
propria traduzione laica del nome di Mammona.
Possiamo invece affermare che
l’agàpe, senza perdere la sua dimensione individuale e personale, oggi deve avere anche una
dimensione sociale, una traduzione laica senza la quale resta
dimezzata e perciò infedele. In
questa prospettiva non sono
estranee alla responsabilità evangelica le vicende del principio
della solidarietà e l’impegno dei
credenti — senza avere ricette
prefissate né ubbidienze ideologiche precostituite — implica la
ricerca, insieme ad altri, delle
vie attraverso cui dare un contenuto reale, coerente e adeguato al « nome laico dell’agàpe ».
E’ questa seconda strada che
da anni cerchiamo di battere,
ricollegandoci a radici molto antiche ancorché minoritarie: la
fraternità del Valdismo medioevale, le implicazioni del grande rivolgimento socio-religioso
del XVI secolo, la rilevanza sociale dell’Evangelo riscoperta e
affermata dal Metodismo dell’800, la critica etica del socialismo religioso svizzero-tedesco
del primo ’900, il radicale ripensamento teologico di Karl Barth.
Percorrere questa strada significa « fare politica », perché
non ci si può impegnare nelle
alterne vicende del principio della solidarietà senza analizzare
la società, confrontare piogetti, avanzare proposte, condividere programmi, operare scelte.
Ciò che deve distinguere dei credenti è tuttavia per l’appunto il
riferimento all’agàpe die deve
tradursi in una lealtà evangelica
superiore a qualsiasi lealtà partitica, nella capacità di un costante atteggiamento critico e
autocritico, in un sottolineare il
carattere aperto di ogni dibattito e il contenuto relativo e provvisorio di ogni nrogetto e di ogni
realizzazione. Certo questi riferimenti non sono sufficienti a
dare ai singoli e alla chiesa una
garanzia di armonia e concordia. Seguire questa strada è rischioso per la tranquillità della
chiesa. Ma ancor più rischiosa,
per la fedeltà dei singoli e della
chiesa, mi sembra l’eventualità
che l’agàpe di Cristo risulti essere muta e senza nome sulla
scena sociale del nostre tempo.
Franco Giampiccoli
continua ad essere applicata in
altri Paesi africani, compresi il
Mozambico e lo Swaziland.
In Sudan (dove viene praticata
la fustigazione come in Mozambico) le nuove leggi hanno introdotto la crudele pratica dell’amputazione della mano in caso di furto. Condizioni carcerarie
disumane vengono segnalate dalla Guinea, dal Mali, dal Ruanda
e da Sierra Leone.
Le Americhe
Nel Salvador tutte le forze militari e di sicurezza sono coinvolte in un sistematico e diffuso programma di omicidi, torture, mutilazioni e « sparizioni » di
uomini, donne e bambini, a volte
in massa.
In Guatemala le truppe e la
polizia si sono rese responsabili
di torture su vasta scala, « sparizioni » ed esecuzioni extragiudiziarie. La stessa cosa è avvenuta
in Perù per la prima volta, nel
1983. Amnesty International ribadisce anche la sua condanria per
l’uccisione di prigionieri da parte
del movimento d’opposizione
« Sendero Luminoso ».
A.I. ha inoltre indagato su denunce di esecuzioni e « sparizioni » in Brasile, Cile, Colombia,
Grenada, Haiti, Honduras, Messico e Paraguay nonché — a causa
di dispute territoriali o campagne governative antiguerriglia —
in Brasile, Colombia, E1 Salvador, Guatemala, Honduras, Messico e Perù.
Dal Cile, numerose giungono le
denunce di tortura. La maggior
parte degli arrestati sono stati
successivamente rilasciati, ma
molte persone sono state uccise
dalle forze di sicurezza in circostanze che lasciano supporre una
determinazione politica.
Motivo di apprensione per le
violazioni dei diritti umani costituisce l’aumentato uso della pena
di morte negli Stati Uniti, con
cinque esecuzioni del 1983 ed in
Giamaica con otto impiccagioni.
Negli USA circa 1.300 detenuti
erano in attesa di esecuzione capitale alla fine dell’anno, il più
alto numero mai registrato prima nel Paese.
A Grenada sia prima che dopo
l’invasione americana avvenuta
in ottobre la detenzione senza accusa ha costituito motivo di
preoccupazione.
In numerosi altri Paesi, fra cui
Cuba, Nicaragua, Paraguay ed
Uruguay è stata denunciata la
detenzione di prigionieri politici,
una volta scaduti i termini di
carcerazione.
mil in carcere. In Vietnam sono
ancora detenute senza processo
migliaia di persone. La stessa cosa avviene anche in Bangladesh,
in India, in Kampuchea, in Corea
del Sud, in Malaysia, in Nepal,
ecc.
A.I. si è anche recata in Giappone ove ha raccolto informazioni sull’uso della pena di morte e ne ha chiesto l’abolizione.
Europa
Applicazioni della pena di morte si sono avute in Turchia, in .Albania, Bulgaria, Cecoslovacchia,
Ungheria, Polonia ed Unione Sovietica. Prigionieri politici si trovano in Turchia, in URSS, nella
Repubblica democratica tedesca,
in Jugoslavia, in Polonia e in Romania.
Dalla Spagna sono giunte denunce di torture, come pure dalla Grecia. NelTIrlanda del Nord
si ha notizia di confessioni ottenute « sotto pressioni ». In Italia
alcuni imputati coinvolti in casi
politici erano ancora in attesa di
giudizio dopo quattro anni di carcere. Molti obiettori di coscienza
si trovano in prigione in Francia,
in Germania occ., in quella est,
in Grecia, Ungheria, Italia, Svizzera ed URSS senza possibilità
di effettuare servizi civili alternativi.
Medio Oriente
La pena di morte è stata pesantemente applicata in Iran ed in
Iraq, mentre esecuzioni ci sono
state anche in Egitto, Libano, Libia, Arabia saudita, Siria e Tunisia.
A.I. ha lavorato a favore di più
di 950 prigionieri per motivi di
opinione sparsi in tutta la regione.
In Israele e territori occupati
almeno 76 persone sono state
confinate ed obbligate a presentarsi alla polizia senza interventi della magistratura. Cittadini libici ritenuti ostili al governo — anche residenti all’estero —
secondo un decreto devono essere raggiunti e liquidati. Dall’Iran
e dall’Arabia saudita sono pervenute denunce di condanne crudeli e disumane quali la fustigazione e l’amputazione.
Pena di morte in URSS
In Unione Sovietica dall’inizio
dell’anno molte sono state le
persone condannate a morte o
già giustiziate, alcune delle quali
per aver commesso reati di tipo
economico.
Recenti informazioni raccolte
da Amnesty International inducono però a pensare che vi sia in
atto in URSS una discussione
sull’uso della pena di morte che
estendendosi ha coinvolto anche
luoghi ufficiali.
In URSS la pena di morte è
contemplata in tempo di pace
per ben 18 tipi di reato, alcuni
dei quali non comportano necessariamente il ricorso alla violenza (es. spionaggio, corruzione ecc.).
Non esistono statistiche ufficiali relative al numero delle sentenze capitali e delle conseguenti esecuzioni avvenute in questo
paese, ma la stampa sovietica
ha pubblicato recentemente dei
resoconti in base ai quali vengono decretate in media ogni anno
30 condanne capitali.
Il 27.11.’83 il giornale sovietico
Izvestia pubblicava un articolo
che trattava apertamente il tema
mettendo in guardia le autorità
giudiziarie, che come esseri umani non sono infallibili, sull’uso di
una punizione le cui conseguenze sono irreversibili e pertanto
sottolineava il pericolo che un
innocente possa erroneamente
essere condannato e successivamente giustiziato.
Questa, sulla base delle conoscenze di A.I., è la prima \olta
che la stampa ufficiale si schiera così apertamente contro la
pena di morte, ma ad indicare
quanto sia ancora contraddittorio
il dibattito si legge qualche giorno più tardi sullo stesso giornale, in un articolo che trattava il
problema della sicurezza stradale, la proposta di ricorrere alla
punizione capitale nei casi di guida in stato di ubriachezza ed eccesso di velocità quando questi
reati abbiano come conseguenza
incidenti mortali.
A.I. gruppo 23
di Torino
Doni Eco-Luce
Asia
In Indonesia e Cina sono state
avviate draconiane campagne
« anticrimine ». In Indonesia circa 4 mila persone sono state giustiziate senza processo. Uccisioni, « sparizioni » e tortura sono
state denunciate nell’Est Timor,
come pure dalle Filippine e da altri Paesi. In Cina il governo stesso ha dato ampia notizia di esecuzioni che si ritiene ammontino
a più di 5 mila.
In Pakistan alcuni prigionieri
sono stati giustiziati davanti a
corti marziali senza possibilità di
appello.
La tortura è stata anche denunciata in Afghanistan. Stante la
guerra civile in atto, sia il Governo che le forze di opposizione si
sono resi responsabili di esecuzioni di prigionieri.
Nello Sri Lanka varie forze di
opposizione sono tenute prigioniere senza processo, mentre sono stati uccisi più di 50 civili Ta
SOSTENITORI
Bari: Vigilano Evelina — Pinerolo:
Gay Marcella — Lucca: Ciafrei Erina
— Udine: Buttazzoni Lidia — Roma:
Zeni Ugo, Capparucci Fausta — Condove: Bufalo Olindo — S. Giovanni di
Bellaglo; Giampiccoli Lina — Torre
Pellice: Pontet Giovanni, Peyrot Roberto, Cornelio Falchi Milca, Henking Ruggero, Tamietti Renato — Canada: Cannariato Luciano — Olbia: Pascal Arnaldo — Inverso Pinasca: Giaiero Valdo
— Finale Ligure: Stagnare Umberto —
Palazzolo sull’Oglio: Kupfer Edvige —
Asti: Cendola Leonardo — Torino: Botturi Guido, Davite Lilia, Piccotti Franco — Pino Torinese: Armand Pilon Mario — Pomaretto: Jahier Vitale — Cavo: Acinelli Erica — Genova: Cattaneo
Paolo, Ispodamia Bruno — Bologna:
Medola Maurizio — Riesi: Naso Francesca, Naso Angelica — Ivrea: Tamietti Corrado — Scrravaile Sesia: Dellavalle Amelia — Angrogna: Coisson
Elda.
DONI DI L. 6.000
Acqui Terme: Archetti Maestri A. —
Chiavari: Prassuit Camilla — Firenze:
Innocenti Sergio, Fontana Delia — Bassignana: Pallavidini Rachele — Inverso
Pinasca: Tron Lina — Rivoli: Giaiero
Adriano — Porosa Argentina: Micol
Edwin, Balma Tron Rosa — Pomaretto: Peyronel Levy, Attero Enrico —
Torino: Cocito Irene — Moncalierl:
Long Carla — Massello: Tron Enrichetta —■ Prali: Peyrot Edina — Pinerolo:
Duo Ugolino, Tron Enzo, Bertalot Gina — Piossasco: Vale Gianni — Prarostino: Robert Clorinda — Taranto;
Campi Ercole — Brindisi: Mosca Toba
Elena — Udine: Pradolin Menegon San
tlna — Buttigliera Alta: Barbeils Erma — Abbadia Alpina: Bertalot Luigi,
Bounous Silvio — Carignano: Sappè
Silvano — Bobbio Pellice: Sappè Ermanno — Perrero: Pons Margherita,
Ghigo Enrico.
DONI DI L. 1.000
Perrero: Pons Anna, Gente Giulio
— Torino: Trabucchi Corrado, Ottino
Carlo, Napolitano Antonio, Napolitano
Nella, Monaco Michele, Coìsson Graziella, Ricca Alina, Jahier Nennella,
Pinna Pintor Nicolette — MombercelII: Guercio Andrea — Bobbio Pellice:
Catalin Davide Augusto — Rapallo:
Gay Antonio — Pomaretto: Tron Valdo, Tron Marco, Micol Antoinette. Marchetti Luigi, Tron Augusto, Poét Maria Lina, Rostan Susanna, Grill Speranza — Virgilio: Micol Ernesto —
Saluzzo: Sea Carlo — S. Antonino di
Susa: Suppo Daniele — Angrogna: Buffa Elvino, Monnet Alfredo — Torre
Pellice: Abate Domenico, Michelin Salomon Daniele, Casa Diaconesse. Reinaudo Laura, Micol Adriana, Taglierò
Guido — Perosa Arg,: Marchetti Silvana, dot Levy — Ivrea: Coniugi Ollearo — San Secondo di Pinerolo: Romano Amilcare, GardioI Ada — Luserna
San Giovanni; Taccia Paola, Cassina
Orazio, ReveI Elena — Villar Perosa:
Bertalmio Emilio — Massello: Micol
Ernesto, Barai Emanuele, Giraud Silvio,
Micol Elisa, Micol Ettore, Micol Eugenia, Tron Guido — Prali: Rostan Stefano Alberto — Catania: Giacinto Lidia — Trieste; Friis Ingrid — Laigueglla: Marchiano Mario — Genova:
Schellenbaum Irma — San Germano:
Rostan Livietta, Rostan Nelly — Riclaretto: Malanot Melania.