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ECO
DELLE VALU VALDESI
BIBLIOTECA VALDESE
10066 Toaas PEU«IC£
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 111 - Num. 43
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Torre Pellice, 1 novembre 1974
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A DISTANZA DI QUARANT’ANNI L’APPELLO DI BARMEN
CONTINUA AD ESSERE LARGAMENTE INASCOLTATO
Per una chiesa confessante
E’ gravemente significativo che l’anniversario della « Dichiarazione teologica »
del primo sinodo della Chiesa confessante tedesca sia passato quasi inavververtito - Eppure, dall’epoca della Riforma, non vi è stata probabilmente una confessione di fede di tale portata permanente
In genere la chiesa, anche la nostra,
non si lascia sfuggire gli anniversari,
le ricorrenze. Dà quindi da pensare il
fatto che siano passati quasi sotto silenzio — da noi, del tutto — i quarant’anni della « Dichiarazione teologica
di Barmen ». Eppure, probabilmente
non c'è altro momento, nella vita cristiana del nostro secolo, se non degli
ultimi tre secoli, che abbia la stessa
rilevanza.
Dal 29 al 31 maggio 1934 a Barmen
Gemarcke, un sobborgo di Wuppertal,
in Wcstfalia, si riuniva il primo Sinodo della Chiesa confessante tedesca,
presenti i rappresentanti dei circa settemila (su quindicimila) pastori che
non avevano accettato l’ideologia paranazista dei « Cristiani Tedeschi » e il
supino adeguamento delle ’gerarchie’
ecclesiastiche (il nazismo è da poco
più di un anno al potere), e i rappresentanti di chiese luterane, riformate,
unite; vi sono, naturalmente, un pugno
di teologi, e fra loro Karl Barth, professore — non più per molto — a
Bonn. Si dibatte, naturalmente, la situazione della Chiesa evangelica tedesca, sulla quale il regime hitleriano ha
subito cominciato a esercitare — come su ogni altro aspetto della vita nazionale — la sua influenza e la sua
pressione totalitarie. Ci sono i collaborazionisti, Reichsbischof in testa, e
ci sono i conformisti, molti, e non solo per paura: qualcosa nel nuovo, violento messaggio trova rispondenze
oscure in loro, e non c’è una struttura
teologica sagomata e salda che dia alla fede la lucidità per capire e la forza per resistere.
Risentendo in forte misura la mente e la mano di Barth, vengono stilate
sei tesi, che costituiscono la « Dichiarazione teologica sulla situazione presente della Chiesa evangelica tedesca ».
Un breve documento, ma dopo le prime
confessioni di fede della Riforma dalla chiesa evangelica non era più scaturito — gli uomini di Barmen direbbero: non era più stato dato alla chiesa evangelica un testo di questa portata. Ogni tesi inizia, anzi scaturisce
da affermazioni bibliche: e sono tesi
positive, affermazioni che, nel travaglio dell’ora, suonano piene di gioia
e di forza flduciosa; poi, riprendendo
un uso che non era stato più osato dai
tempi della Riforma, segue ad ogni
tesi il relativo « damnamus », « condanniamo » la o le posizioni contrarie
a tale tesi.
Si tratta di un testo rigorosamente
teologico, senza alcun accenno alla
realtà politica. Ma non si tratta sicuramente di un fenomeno di inimetismo pauroso, dicendo e non dicendo,
per non esporsi. Ben altro è l’atteggiamento: il gruppo che fra confusioni e
incertezze sta vivendo il rinnovamento biblico e teologico ha, invece, raggiunto la certezza che solo la Parola
di Dio può liberare la Chiesa dalla tentazione, può purificarla, e può esorcizzare — anche a prezzo del martirio —
la ’bestia’ sorta all’orizzonte d’Europa,
piena di seduzioni. Questa convinzione
scaturisce dal riconoscimento che se
una ’civiltà cristiana’ ha potuto secernere il nazismo, se in una chiesa cristiana si son potuti trovare centinaia
di migliaia di « Cristiani Tedeschi » e
milioni di simpatizzanti, teologi inclusi, ciò dipende dalla teologia che da
almeno due secoli ormai si sta facendo anche nella chiesa evangelica* dalla fede che vi si vive. È lì, dunque, alla radice, che si deve attaccare. Questa radice Barth la individua lucidamente: è la « teologia naturale ».
Che vuol dire, fare della « teologia
naturale »? Significa, risponde Barth,
« credere e proclamare che accanto alla sua azione attestata in Gesù Cristo
e, quindi, nella Sacra Scrittura, Dio si
rivela anche nella ragione, nella coscienza e nei sentimenti, nella storia,
nella natura e nella civiltà, come pure nelle conquiste e nei progressi della scienza umana ». E quella che è stata chiamata "la teologia deH’ei’’, che
se è stata ufficialmente sistematizzata
nella dottrina cattolica (la grazia e la
natura, la Bibbia e la tradizione, Gesù
Cristo e la Chiesa, la fede e le opere, il
Salvatore e Maria, etc.) e rifiutata dalle confessioni di fede protestanti, è poi
costantemente rientrata dalla finestra.
in molti modi, sotto molte forme e con
molte accentuazioni, nella fede delle
chiese evangeliche, via via toccate dai
"lumi della Ragione”, dal tormento e
dall’effusione romantica con la sua tendenza all’interiorità e aH’individualismo, dal razionalismo morale autosufficiente e da quello ottimistico determinato dallo sviluppo scientificotecnologico, dal nazionalismo insorgente con tutta la sua passionalità, dalle
generose utopie socialiste prementi per
diventare realtà, dall’ideologia universalistica, via via che il mondo si fa più
piccolo e forzatamente interdipendente, etc. Molti, ancora, sono rimasti nella chiesa, predicano e ascoltano predicare; ma quello intorno a cui si raccolgono non è più il solo Evangelo, è
l’Evangelo e qualcos’altro, via via diverso, a seconda dei momenti, delle
grandi ondate culturali e spirituali che
agitano un popolo, o il mondo intero.
Di fronte à questa situazione, che
ha portato fra l’altro ai Cristiani Tedeschi (i quali sono però in fondo una
manifestazione meschina e sostanzialmente marginale, non sono il vero pericolo), i credenti di Barmen stendono
la loro prima tesi, quella decisiva:
« Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non
per mezzo di me » (Giovanni 14 ;, 6).
« In verità, in verità io vi dico
che chi non entra per la porta nell’ovile delle pecore, ma vi sale da
un’altra parte, è un ladro e un brigante. Io sono la porta, se uno entra per me sarà salvato » ( Giovanni
10: 1.9).
Gesù Cristo, così come ci viene testimoniato dalla Sacra Scrittura, è l’unica parola di Dio che
dobbiamo ascoltare e cui dobbiamo in vita e in morte fiducia e obbedienza.
Rigettiamo la falsa dottrina, secondo cui la chiesa può e deve riconoscere come fonte della sua predi
cazione, al di fuori di e accanto a
quest’unica parola, ancora altri avvenimenti, forze, figure e verità quali rivelazione di Dio,.
A scanso di equivoci, quelli di Barmen non sono un gruppo di “fondamentalisti”. I fondamentalisti, chiusi
nel loro letteralismo, hanno lasciato
che le cose di questo mondo perduto
andassero per il loro verso; cioè, nella
fattispecie, verso il nazismo. I credenti di Barmen sono uomini coscienti
della loro eredità teologica e vivono la
loro storia. Basti ricordare che la figura di primo piano, Barth, ha "distillato” tutta la teologia che lo ha preceduto e accompagnato (la sua “summa”
lo dimostra), ed è anche stato per alcuni anni un socialdemocratico (di allora) militante, né poi ha sentito diversamente. Ma, come dicevo sopra, i
credenti di Barmen hanno avvertito,
con maggiore o minor chiarezza, su
che cosa doveva vertere anzitutto la
loro resistenza cristiana, quale doveva
essere la loro professione di fede, e
quale il loro « no ». Un « no », quindi,
anzitutto a se stessi, al proprio passato, alla propria tradizione, al proprio
modo di essere chiesa. La «reformata
semper reformando » riviveva, e sul
giusto, unico fondamento: Gesù Cristo,
la Parola di Dio, nella Bibbia.
Forse c’è una ragione profonda, per
cui nenpure ci siamo ricordati di quest’anniversario. Barmen è passata invano, per noi, al largo, non ci ha toccati, non ci ha scalfiti. Parliamo delle
varie Riforme, vagheggiamo una problematica terza Riforma, ma abbiamo
chiuso la mente e il cuore a questa voce riformatrice, non l’abbiamo presa
sul serio. Continuiamo imperterriti con
le vecchie e nuove teologie dell’ei (chiesa e società, fede e cultura, Evangelo
e coscienza individuale, Evangelo e coscienza collettiva, cristianesimo e democrazia, cristianesimo e socialismo,
con j loro incroci, fede e impegno, Dio
e la storia, la Bibbia e la storia), con
le vecchie e nuove teologie del trattino
(cristiano-democratico [anche se non
democristiano], liberal-cristiano, cris t iano-idealista, cristiano-romarrtico,
cristiano-tedesco, cristiano-italiano, cristiano-europeo, cristiano-terzomondista, cristiano-borghese, cristiano-marxista), con le vecchie e soprattutto nuove teologie del genitivo (della conversione al mondo, della speranza, della
pace, della rivoluzione, della liberazione, dell’indigenizzazione etc.). Ci buttiamo reciprocamente in faccia le nostre
effettive “cattività babilonesi”, i nostri infeudamenti ideologici vecchi e
nuovi, discendenti o ascendenti, stanchi o entusiastici; il pendolo della storia continua a oscillare avanti e indietro. Ma l’appello di Barmen rimane sostanzialmente inascoltato; e così non
si fa nessuna riforma della chiesa.
Sono esagerato, ingiusto? Così fosse!
Comunque, è certo che non basta leggere la Bibbia. Dipende come la si legge: se, cioè, ci sarà dato di leggerla
non "selezionata” né “precompresa”,
di leggerla non cercandoci quel che vogliamo noi, quel che già prima riteniamo essere la verità, soffocandola sotto il peso delle nostre idee fatte e delle nostre scelte fatte, qualunque esse
siano; se ci sarà dato di accostarci alla Parola nell’atteggiamentò più spoglio possibile, più libero da preconcetti e pregiudizi, più conscio della nostra
''ngosciosa incapacità di capirla e pur
fiducioso nella capacità di Dio di farcela capire e amare e ubbidire. Allora
potrà ripetersi, inatteso e pur atteso,
il miracolo verificatosi al cuore del male del mondo e del peccato della chie■^a, nella Germania cristiana e nazista
di quarant’anni fa.
Gino Conte
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1975
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L’ECO-LUCE
UN CONVEGNO ORGANIZZATO DAL C.E.C.
l'inileiui iMtia nM ailwiN will
Ginevra. - Se i contadini devono diventare protagonisti della propria liberazione, devono essere impegnati, a
tutti i livelli, nel programma di sviluppo del loro paese: questa la conclusione cui sono giunti 16 dirigenti di inovimenti contadini e specialisti di sociologia rurale i quali a metà ottobre
hanno partecipato a una settimana di
lavoro organizzata dalla Commissione
di partecipazione delle Chiese allo sviluppo, organo del CEC. Quest’impegno
Dopo il discorso di Paolo VI per la chiusura del Sinodo dei vescovi
Chiesa cattolica aocora e sempre romana
Al termine del IV sinodo dei vescovi
cattolici, concluso in Vaticano il 26 ottobre scorso. Paolo VI ha messo, come
si dice, i puntini sulle i, facendo « qualche precisazione » critica (com egli le
ha definite) nei confronti di affermazioni, posizioni o tendenze contrarie
emerse con insistenza e vivacità nel
corso dei lavori sinodali, soprattutto
per l’apporto dato dagli episcopati del
cosiddetto Terzo mondo (Africa, Asia
America latina). , . j „
Questi episcopati hanno chiesto due
cose: una maggiore autonomia nei confronti di Roma, del Vaticano e dello
stesso potere papale, e una maggiore
utilizzazione delle culture indigene per
esprimere e comunicare il messaggio
cristiano nei paesi del 'Terzo mondo; in
sostanza essi hanno chieso una chiesa
più cattolica e meno romana. La risposta, puntuale e perentoria, di Paolo VI, così come la si può desumere
dal suo discorso, è stata questa; piu
cattolica, sì; meno romana, no.
Erano in molti, anche fuori della
confessione cattolica, a pensare che negli anni e decenni successivi al Concilio la chiesa cattolica sarebbe diventata più cattolica (cioè più umversme)
e parallelamente, meno romana Costoro dovranno ricredersi: il dopoConcilio ha dimostrato e 1 esito del
quarto sinodo dei vescovi ha ccmfermato che la chiesa cattolica sia effettivamente diventando meno Mina rneno occidentale, e quindi piu cattolica
ma non sta diventando meno romana.
Dopo aver ripetutamente affermato,
con una insistenza quasi sospetta, che
il sinodo è stato « un esperienza chiaramente positiva », che ternnnava con
un « bilancio positivo », e che concludendolo non si poteva non provare
« un senso di sincera f
realistico ottimismo », Paolo VI ha fat[rie sue ben ponderate «precisazioni ». Due ci interessano qui m particolare.
La prima è quella diretta contro le
tendenze autonomistiche presenti in
alcuni vescovi o gruppi di vescovi _i
i quali, in sostanza, intendevano limitare il potere del papa come « pastore
universale » della chiesa cattolica. In
che modo? Sostenendo che il governo
ordinario delle diocesi spetta ai singoli
vescovi, mentre il papa può intervenire solo in casi straordinari. Paolo VI,
nella sua « precisazione » ha detto il
contrario: essendo il pontefice romano
« fondamento e segno deU'unità della
Chiesa », il suo intervento « non può
essere ridotto solo a circostanze straordinarie. No: Noi diciamo trepidanti
per la responsabilità che ci incombe:
egli è e rimane il Pastore dell’insieme,
del tutto ». Paolo VI ha dunque ribadito integralmente, senza la minima attenuazione, il dogma del potere
papale supremo e universale su tutta
la chiesa ed ha quindi riaffermato —
come sottolinea « il manifesto » del 27
ottobre — « il carattere monarchico
della chiesa » (cattolica). Poco prima,
nello stesso discorso. Paolo VI aveva
dichiarato che « l’integrità del Messaggio evangelico... non si ha che nella
Chiesa cattolica gerarchica, cioè in comunione del Pastore Sommo, Successore di Pietro, perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità... ». Uniti
quindi, secondo Paolo VI, nel papa e
sotto il papa.
La seconda « precisazione » papale
che merita di essere segnalata riguarda le comunità di base e i gruppi spontanei che si moltiplicano nel cattolicesimo, particolarmente in Italia, e che
sovente sono animati da uno spirito
veramente evangelico. Paolo VI ha detto che rappresentano « una speranza »,
purché la loro vita ecclesiale non debba « venire a mancare, affrancata dalla
ICgittifTlU AutOfitU CCClBSiclSticCl € Id“
sciata all’impulso arbitrario dei singoli». Degli impulsi arbitrari della « legittima Autorità » Paolo VI non parla.
Il senso del suo richiamo è evidente:
il cattolicesimo di base è una speranza
nella misura in cui resta nell’ubbidienza e nella dipendenza dalla gerarchia.
Che dire concludendo? La chiesa cattolica resta romana come prima e il
potere del papa resta lo stesso di prima. Tra questi due fatti c’è un nesso
profondo: la chiesa cattolica resta romana come prima perché il potere del
papa resta lo stesso di prima. Una
chiesa cattolica meno romana ci sarà
quando diminuirà il potere del papa.
Ma accadrà mai una cosa di questo genere? Chi sarà in grado di limitare
realmente il potere supremo e Universale del pontefice romano? L’episcopato cattolico? Il popolo dei fedeli?
Temiamo di no: ci potrà essere una
resistenza momentanea ma alla fine gli
eventuali oppositori o cederanno o saranno emarginati. Chi acconsente ad
avere un papa, non può rifiutarsi di
portarne le conseguenze.
Certo, l’ultimo discorso di Paolo VI
è un’ennesima dimostrazione di quanto sia negativa l’istituzione papale: lo
è perché fa ombra alla signoria di Cristo sulla chiesa e sul mondo e lo è perché impedisce sistematicamente il rinnovamento della chiesa cattolica. Non
c’è dubbio che se non ci fosse il papa
la chiesa cattolica avrebbe fatto in
questi anni grandi passi sulla via del
suo rinnovamento.
Può il papa cambiare? Per la sua
natura teologica, esso sembra irreformabile. E allora? Sarà un’ingenuità,
ma ci siamo convinti che il papato è
un’istituzione talmente posseduta dal
dèmone del potere (spirituale, in primo luogo) che ormai solo Cristo lo
può liberare. Né vescovi, né popolo, ne
sinodi, né concili, né movimento ecumenico, ne rivoluzioni possono farci
nulla.
Paolo Ricca
delle persone costituisce un approccio
politico allo sviluppo, e « dobbiamo
esserne coscienti ».
Tredici Paesi asiatici, africani e latinoamericani erano rappresentati. I loro delegati hanno condiviso le loro
esperienze circa i metodi di mobilitazione popolare e di organizzazione.
Hanno rivolto raccomandazioni al
CEC sul ruolo che le Chiese possono
avere nel sostenere i movimenti popolari nelle loro lotte per la giustizia.
È apparso necessario organizzare incontri a livello regionale per facilitare
la comunicazione fra movimenti rurali isolati. Si sono discussi altri metodi
per scambiare informazioni, per organizzare corsi professionali, e si sono
scambiati consigli per ottenere aiuti
economici. I partecipanti hanno constatato la necessità di ricercare la massima cooperazione possibile fra tutte
le organizzazioni ecumeniche che lavorano per lo sviluppo. ■ (soepi)
La Federazione evangelica
svizzera e ii referendum
Subito dopo avere conosciuto i risultati del recente referendum svizzero contro l’inforestieramento, promosso da «Azione Nazionale», il presidente della Federazione delle Chiese
protestanti svizzere — la quale si era
decisamente impegnata contro l’iniziativa xenofoba, come abbiamo ripetutamente documentato — ha diffuso
questa dichiarazione:
Respiriamo. La tempesta non si è
scatenata. Ci rallegriamo per coloro
che erano malsicuri e minacciati e che
ora sono liberati dalla minaccia di essere brutalmente costretti ad andarsene, e per gli Svizzeri, che non saranno
vittime di una crisi causata da loro
stessi. Ci rallegriamo per la democrazia, che malgrado tutto si è affermata.
Vogliamo però avere coscienza lucida e salda della nostra responsabilità:
ora ci si deve impegnare nel vero lavoro per risolvere i problemi del nostro paese. La preoccupazione di coloro, che hanno trasferito sugli stranieri la loro paura riguardo all’incertezza
del futuro e alla trasformazione deUa
vita, dev’essere affrontata. Compito
urgente di tutti noi è stabilizzare e ridurre il numero dei lavoratori stranieri, entro termini di tempo ragionevoli,
ma anche plasmare l’avvenire comune
di tutti coloro che devono o possono
vivere nel nostro paese.
Walter Sigrist
presidente della Federazione
delle Chiese protestanti svizzere
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pag. 2
N. 43 — 1° novembre 1974
:«»radio m 4
800 anni con la Bibbia: spiegazione della Scrittura e vita dei Valdesi >
1 - VeltlK tito ciò che hai... e seguimi «« ^
Secondo un antico documento ^ la
storia cominciò così: Un ricco commerciante di Lione di nome Valdensis
udì qualcosa dei Vangeli e, poiché era
poco colto e non conosceva il latino, si
fece tradurre da due sacerdoti, Bernardo Ydros e Stefano d’Ansa, molti
libri della Bibbia nella lingua del popolo. Dopoché Valdensis o Valdo, come oggi noi siamo soliti chiajnarlo, ebbe letto più volte la S. Scrittura, riflettendo a lungo sul suo signiflcato, decise di predicare questa parola e di ricercare la perfezione evangelica, come
un tempo avevano fatto gli apostoli..
Vendette tutto ciò che aveva, diede
il denaro ai poveri e cominciò a predicare sulle piazze e per le strade i Vangeli e quanto della Scrittura aveva potuto imparare a memoria. Uomini e
donne accorsero a udire la sua parola
ed egli li confermò nella conoscenza dei
Vangeli. Quindi li inviò nei villaggi e
nelle borgate vicine a predicare quello
che essi avevano udito. Questi andarono e predicarono in ogni luogo nelle
piazze, nelle case e perflno nelle chiese.
PRIMA INTERPRETAZIONE
DELLA BIBBIA
Valdo e i suoi interpretarono la Bibbia come potevano e noi pure oggi facciamo così: in modo primitivo, superficialmente biblicista o rigorosamente
scientifico cerchiamo di chiarire a noi
stessi la parola di Dio per orientare
poi secondo essa, in maniera più o meno coerente, la nostra vita. Come abbiamo inteso questa nella nostra vita?
Fino a qual punto la nostra spiegazione della Bibbia con i nostri discorsi e
i nostri scritti corrisponde al nostro
quotidiano modo di agire? Certamente
anche nei Valdesi di questi 800 anni,
ormai trascorsi, vi era un certo divario
fra la predicazione e la vita, fra la parola e l'opera. Perciò dobbiamo guardarci da ogni forma di apologetica.
Tuttavia possiamo vedere come i Vaidesi, nelle diverse epoche della loro
storia, hanno valutato la parola di Dio
con i loro pensieri, atti e discorsi.
Com’era l’esegesi dei primi Valdesi?
La possiamo qualificare ingenuamente
biblicista. Essi erano p>er lo più laici
incolti e non comprendevano il quadruplice senso dell’esegesi scolastica.
Ma afferravano alcune grandi verità
del messaggio evangelico.
Il Signore dice: « Non siate con ansietà solleciti per la vita vostra di quel
che mangerete o di quel che berrete,
Tié per il vostro corpo, di che vi vestirete... Guardate gli uccelli del cielo...
Considerate... i gigli della campagna... »
■(Matteo 6: 25 ss.). Che cosa possono significare queste parole per una confraternita di predicatori itineranti? Il Signore vuole predicatori liberi, che non
si preoccupino di affari terreni per accumulare ricchezze. I suoi predicatori
devono essere liberi per predicare liberamente
Egli li invia nella sua messe. La parola: « Ben è la messe grande, ma pochi sono gli operai. Pregate dunque...
che egli spinga degli operai nella sua
messe » (Matteo 9: 37 s.), la intendono
come loro propria vocazione e missione
Come vivono essi questa libertà nella povertà apostolica e nella predicazione itinerante? Teologi e inquisitori
contemporanei dicono: « Seguono nudi un Cristo nudo » *. Predicano a tutti
gli uomini senza distinzione e dicono:
Tutti coloro, che hanno appreso la parola di Dio, devono proclamarla in
mezzo al popolo ^ Un inquisitore scriveva perfino: « ...essi predicano sui tetti » Non vi è nulla di più urgente dell’annunzio evangelico. Se qualcuno vuole salvarsi, deve tornare al Nuovo Testamento. In esso è la « salvatio », tutta la salvezza’. Ciò che non viene attestato dal Nuovo Testamento, per i
Valdesi è soltanto una favola
Matteo 19. 21
La povertà apostolica crea comunione fraterna. Gli avversari dicono: « Essi (i Valdesi) non hanno proprietà privata; tutto possiedono in comime come gli apostoli » Se alcuno chiede loro: « Perché siete poveri? », rispondono: « Perché abbiamo letto che il nostro Salvatore e i suoi discepoli erano
poveri » “. Perciò anche si chiamano
« i poveri », «pauperes Lugduni», «pauperes lombardi », « pauperes spiritu »,
i poveri in ispirilo.
Cristo inoltre esorta: « Il vostro parlare sia: Sì, si; no, no; poiché il di più
viene dal maligno » (Matteo 5: 37). Se
questo è il comandamento del Signore, ogni menzogna è peccato mortale, e
il giuramento, cioè « il di più », viene
Il prof. V. Vinay inizia una serie di articoli ; seguiranno : 2. Chi
mi riconoscerà davanti agli uomini... (dopo Chanforan); 3. Andate e predicate... (nell’SOO);
4. ...prendendo forma di servo la via per eccellenza (gli ultimi
anni ).
dal maligno. Perciò non si deve giurare Il rifiuto del giuramento, dicono
alcuni storici “, era una protesta contro la società feudale pseudocristiana
di quel tempo. Certamente. Ma la vefàcità è pure la condizione prima, insieme alla vita, della credibilità della testimonianza e della predicazione.
Il comandamento di Dio dice: « Non
uccidere » (Esodo 20: 13), e anche nel
Vangelo sta scritto: « Tutti quelli che
prendono la spada, periscono per la
spada » (Matteo 26: 52). Dunque per
nessuna ragione si deve spargere il
sangue Con il loro atteggiamento
evangelico radicale questi semplici cristiani vengono a trovarsi in contrasto
con l’autorità civile ed ecclesiastica. Ma
essi hanno già preso, con gli apostoli,
la loro decisione: « Bisogna obbedire
a Dio, anziché agli uomini » (Atti 5: 29).
'È una soluzione molto semplice, perché non erano né vescovi né prìncipi,
c quindi, come gli anabattisti del XVI
secolo,^ non portavano alcuna responsabilità per il mantenimento dell’ordine nella società del loro tempo. Così
lo storico Kurt-Viktor Selge giudica la
loro decisione“. Ma in questo modo si
potrebbe giustificare anche la condanna di Gesù a morte, poiché Caiafa e
Pilato, e non il piccolo gruppo dei discepoli, erano responsabili per l’ordine
in Palestina e nell’impero. Il fatto che
questo mondo politico ed ecclesiastico
abbia crocifisso Gesù di Nazaret per il
mantenimento deH’ordine, ci fa considerare in una nuova luce la disobbedienza, o meglio l’obbedienza a Dio anziché agli uomini, dei Valdesi medievali e poi degli anabattisti.
PRIMQ ANNUNZIQ
DEL VANGELQ
Durante le celebrazioni dello Vili
centenario si è ripetuto più volte che
i Valdesi primitivi predicavano agli
strati più umili del popolo. In realtà
essi si rivolgevano con la loro testimonianza a tutto il popolo, così come lo
incontravano nelle città e nelle campagne. Gli uditori erano degli umili: contadini, artigiani, servi, ma anche gente
di una certa agiatezza, che noi oggi
chiamiamo « borghesia », e piccola nobiltà.
Nel XIII secolo un inquisitore di Passavia narrava la nota storia del mercante valdese che offriva ai nobili nei
loro castelli vesti preziose e anelli di
oro. Quand’egli aveva guadagnato la fiducia dei suoi clienti, diceva: « Io pos
lllllllllllllllllllinilllllllllllllllllllinilllllIllllllllllllllllllllllllllllillllllllllllilllllllillilllllllllllillllllllllillllllllllllllllllMlllllllillllii
Leggendo
il sermone
sul monte
Capovolgimento
Il Signore Gesù continua a capovolgere il modo di sentire e
di fare degli uomini. « Voi avete udito che fu detto: Ama il tuo
prossimo e odia il tuo nemico. Ma io vi dico: Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli
del Padre vostro che è nei cieli » (Matteo 5: 43-48). Ecco espressa
chiaramente la grande verità che per essere figli di Dio, cioè per
vivere, bisogna capovolgere radicalmente il modo di pensare e di
agire che è naturale negli uomini così come vengono al mondo.
È naturale per noi amare ciò che ci piace, senza preoccuparci di
sapere se è giusto, e odiare quello che è contrario ai nostri gusti,
anche se per avventura fosse il meglio che noi dovremmo cercare.
Invece il Signore ci insegna che il nostro criterio naturale
può sbagliare; che noi possiamo credere contrario a noi, e quindi nemico, qualche cosa o qualcuno che invece è giusto e necessario, ed arriviamo talvolta alla suprema bestemmia di credere nostro nemico Dio stesso, perché non è ai nostri ordini per fare
ciò che ci piace e che non possiamo realizzare con le nostre forze.
Allora, finché non comprendiamo capolgendo il nostro modo
naturale di vedere le cose, è più saggio che noi non ci fermiamo
alla prima impressione .ma ci mettiamo senz’altro ad amare quello che ci sembra nemico, perché potrebbe essere un amico, il più
grande amico che ci possa aiutare. Essendo guidati non dal nostro criterio fallace ma dalla parola di Dio, possiamo trovare, senza volerlo, quello che abbiamo cercato sempre invano: il Padre
nostro e la nostra vita in lui.
Lino De Nicola
siedo perle più preziose che vi darò, se
mi promettete di non consegnarmi ai
preti ». E continuava: « Ho una perla
lucente, che può condurre gli uomini
alla conoscenza di Dio, e ancora una
di raro splendore, che accende la carità di Dio nel nostro cuore » Poi il
Valdese recitava pagine e pagine del
Nuovo Testamente a memoria. Era un
modo simulato e occulto di predicare
anche ai nobili per guadagnarli al Vangelo.
I membri della confraternita valdese facevano i tre voti monastici di povertà, castità e obbedienza. Le opere
erano per loro il segno della fede viva.
Già nel 1180 Valdo, nella sua confessione di fede aveva ripetuto la parola di
Giacomo: « La fede senza le opere è
morta » (Giacomo 2: 17).
Sul fondamento della loro interpretazione della S. Scrittura i Valdesi respingevano alcune dottrine della Chiesa romana, come il purgatorio, la venerazione di Maria e dei santi. Ritenevano non biblica la prassi indulgenziale. All’arcivescovo di Torino, Claudio di Seyssel, che nell’autunno 1517,
dunque al tempo di Lutero, offriva loro l’indulgenza, la respinsero dicendo:
« Cristo ha fatto per noi tutti a sufficienza ».
Alla Chiesa rimproveravano ricchezza e potere politico, dopoché al tempo
di papa Silvestro aveva rinnegato la
fede accettando la donazione di Costantino. Nel XV secolo il vescovo valdese
Federico Reiser di Franconia si firmava così: « Federico per grazia di Dio
vescovo dei fedeli che nella Chiesa romana disprezzano la donazione di Costantino ». Egli morì sul rogo a Strasburgo nel 1458.
Nella società medievale non era facile vivere secondo il Vangelo in contrasto con la Chiesa romana e il potere
politico. Il movimento valdese dovette
sempre più condurre una vita sotterranea, occulta. Con la sua predicazione
missionaria creò un’immensa diaspora
evangelica che andava dalle Calabrie e
Puglie alle coste del Mar Baltico, alla
Marca del Brandeburgo e alla Pomerania. Le persecuzioni la distrussero
a nord delle Alpi già nella seconda metà del XV secolo. Gli ultimi profughi
del Brandeburgo trovarono asilo presso i Fratelli cèchi nel 1479-80.
Valdo Vinay
(Romani 11: 1-10)
Prima di proseguire nel nostro studio sul « mistero d’Israele secondo
Paolo » è opportuno fare un breve richiamo al contenuto dei tre articoli già
pubblicati.
Seguendo il ragionamento dell’apostolo, abbiamo affermato che Israele è
stato oggetto della elezione divina ed è
stato anche depositario della rivelazione di Dio, in mezzo agli altri popoli della terra. Dio è totalmente libero di fare misericordia a chi vuole, ma, nella
sua sovranità è anche libero di « indurare il cuore » di chi Egli vuole. Dio
esercita liberamente tanto la misericordia quanto il giudizio, senza essere condizionato e costretto da nessuno.
Pertanto Israele non deve gloriarsi
dei suoi privilegi o dei suoi meriti; deve prima di tutto considerarsi al servizio di Colui che lo ha eletto. Alla elezione ed alla scelta da parte di Dio devono corrispondere una specifica responsabilità, e un impegno di fede nella venuta del Messia.
Nella sua maggioranza, purtroppo,
Israele non ha assunto questa responsabilità, ha cercato in primo luogo la
sua giustizia e la sua gloria terrena,
la pietra contro cui hanno urtato è
Gesù Cristo e questa è divenuta per il
popolo un ostacolo insuperabile. Il rifiuto di ascoltare la parola del Signore
è segno inconfondibile dell’induramento dei cuori: « la fede viene dall’udire
e l’udire si ha per mezzo della parola
di Cristo ».
Sia ben chiaro che questo discorso
non riguarda soltanto Israele, ma tutta la Chiesa cristiana. Può anche darsi
che la Chiesa cristiana sia andata oltre i limiti nella sua autoglorificazione
e nella sua ricerca della sua salvezza;
È disponibile
il nuovo calendario mensile
VALLI NOSTRE 1975
con 13 vedute a colori e versetti biblici indirizzario aggiornato edizione in tre linque,
L. 1.100
’ Quellen zur Geschichte der Waldenser,
a cura di A. Patschovsky e K.-V. Selge,
Gütersloh 1973 (= QW), p. 15. (Stefano di
Bourbon).
^ Enchiridion fontium Valdensium, a cura
di G. Gönnet, Torre Pellice 1958 (= Ench.)
p. 37 (Durando d’Osca).
^ Ench., p. 38.
* Ench., p. 123 (Walter Map).
Ench., p. 70 (Fontcaude).
QW, p. 72 ( Anonimo di Passavia).
’ Ench., p. 44 (Durando d’Osca).
® QW, p. 72 (Anonimo di Passavia).
’ Ench., p. 123 ; « ...nihil habentes, omnia sibi communio tanquam apostoli » (Walter Map).
“ Ench., p. 42 (Durando d’Osca).
“ Ench., p. 113 (Alanus de Insulis).
“ Cosi A. Molnar.
“ Ench., p. 115 (Alanus, Contra Waldenses).
K.-V. Selge, in « Protestantesimo » 1974,
p. 13.
“ QW, p. 75 (Anonimo di Passavia).
perché, pur avendo ricevuto e riconosciuto il Messia, l’Unto del Signore, i
cristiani stessi non l’hanno seguito con
piena fiducia e non hanno ubbidito alla Sua parola. Una sincera confessione
di colpevolezza ed un profondo ravvedimento costituiscono il primo passo
che Israele e la Chiesa debbono fare
sulla via che Cristo ha aperta davanti
a loro.
La domanda che preoccupa Paolo è
questa: « Iddio ha forse egli reietto il
suo popolo? » No di certo, impossibile,
risponde l’apostolo. Dio non ripudia il
suo popolo, non per i suoi meriti che
ha acquisiti, ma perché Israele è il popolo Suo, anche se nella storia del
mondo ha smarrito il senso della sua
vocazione, ed è stato al centro di molte
e crudeli persecuzioni. Molti affermano che un buon israelita non potrà
mai diventare un buon cristiano; ma
è un errore, perché l’esempio di Paolo
è estremamente significativo al riguardo. Infatti, Paolo parla di sé in questi
Notiziario Evangelico Italiano
ATTIVITÀ' DEI FRATELLI
L'asilo infantile di Manfredonia ha
riaperto in ottobre le sue porte a novanta bambini ; un pulmino « scuolabus » li prende e li riporta a casa.
Cinque sorelle della Chiesa se ne oc= cupano. L'Assemblea di Manfredonia
= segue questo lavoro con fede e con la
^ speranza di dare con esso una testi^ monianza nella carità.
I IL LAVORO DEL C.E.S.E.
= « Creare nuove possibilità di occu
= pazione nella terra d'origine: questo
= è il punto più importante del pro^ gramma che si propone l'A.S.E.F. (AsH sociazione Siciliana Emigrati) che noi
= abbiamo voluto e appoggiato ». Così
= dice il C.E.S.E. e aggiunge che il com
s pito è diffìcile ma non impossibile, e
= l'ultimo dibattito svoltosi a Bagheria
§ nei locali del Centro dimostra che gli
Convegno FGEI
a Firenze
Il 27 ottobre, nel locali della Comunità
Battista di Firenze, in concomitanza con la
riunione del Consiglio Nazionale FGEI, si è
svolto il Convegno regionale toscano. All’OdG,
situazione dei gruppi e progetti per i prossimi mesi nonché rinnovo della Giunta e del
segretario, che si presentavano dimissionari.
Si è parlato dei gruppi locali, specialmente
di quelli che il segretario nazionale Sergio
Ribet ha potuto visitare nei giorni precedenti. Il rinnovo delle cariche è stato rinviatd
ad un Convegno da tenersi ad hoc il 23 novembre p.v.
Il Segretario Regionale
M. Santiivi
emigranti sono sulla buona strada per
organizzarsi.
NUOVI LIBRI EVANGELICI
La casa Editrice Lanterna, nata nel '67
per offrire un servizio culturale a un
determinato gruppo di credenti, ha
via via allargato la sua opera a un
pubblico più vasto. Quest'anno per
la prima volta ha preparato un catalogo delle proprie pubblicazioni, che
sono distribuite in varie « collane ».
Ha sede a Genova, Piazza Alimonda
3; la dirigono Lino De Benetti, Dino
Galiazzo, T. Scott. Tre volumi sono
usciti recentemente :
FAUSTO SALVONI, Dal Cristianesimo
al Cattolicesimo (L. 5.000). La Chiesa e le sue strutture fondamentali
nella Bibbia.
A. RADAELLI, La chiamano Chiesa
(L. 2.800). In un tempo di crisi la
testimonianza di chi va fuori per
essere dentro.
VALDO BENECCHI, Epoca post-ecumenica (L. 1.500). Il bilancio dell'ecumenismo cattolico a dieci anni dalla
fine del concìlio Vaticano II.
L'Editrice Lanterna pubblica anche
tre periodici: «'Il seme del Regno»
è il periodico delle Chiese di Cristo;
« Ricerche bibliche e religiose » è una
rivista di cultura biblica e teologica;
« Cristianesimo oggi » è un mensile
per una fede nel mondo contemporaneo. I direttori sono rispettivamente: D. Galiazzo, F. Salvoni, L. De Be
Inda Ade
termini: « Sono stato della razza
d’Israele, della tribù di Beniamino,
ebreo d’ebrei; quanto alla legge, fariseo; quanto allo zelo, persecutore della Chiesa, quanto alla giustizia che è
nella legge, irreprensibile » (Fil. 3: 5-7).
Per mostrare non soltanto il giudizio e la severità di Dio di fronte ai
peccati del popolo, specialmente quando il peccato si qualifica come « adulterio » ed incredulità. Paolo rievoca un
episodio della vita del profeta Elia.
Erano tempi difficili, quelli, e difficile
era la missione del profeta nel suo
popolo, dal momento che il re Achab
e la regina Izebel esercitavano il potere in Israele con violenza e ingiustizia.
Anche allora Elia credeva d’esser rimasto solo a difendere la causa di Dio,
in mezzo al popolo. Ma la voce di Dio
lo rassicurò, dicendogli: « Mi sono riserbato 7000 uomini che non hanno
piegato il ginocchio davanti a Baal ».
Settemila: è una cifra non indifferente, ma è pur sempre una minoranza
fedele in mezzo ad un popolo infedele.
« E così, anche nel tempo presente »,
dice l'apostolo, « v’è un residuo secondo l’elezione della grazia. Ma se è per
grazia, non è più per opere; altrimenti,
grazia non è più grazia ».
IL RESIDUO D’ISRAELE
Anche nella nazione israelitica, c’è
dunque un residuo di eletti i quali non
hanno reso vana la loro elezione. Non
è un residuo di eroi, ma di credenti ai
quali il Signore ha rivolto la sua parola, costituendo la vera chiesa di Gesù
Cristo, cioè il popolo di Israeliti e di
pagani che si sono convertiti a Cristo,
ed hanno creduto in Lui.
Il destino del popolo d’Israele, per
ora, rimane un mistero e sarebbe pretenzioso da parte nostra affermare
quando quel popolo riprenderà coscienza della sua elezione e del suo avvenire. Sappiamo che nei piani di Dio
per la salvezza del mondo il popolo
d’Israele ha ed avrà il suo posto; tuttavia non possiamo indicare una data
precisa così come non dobbiamo dimenticare Tantica profezia del secondo Isaia, così ricca di gloriosa speranza: « Sulle tue mura, o Gerusalemme, io ho posto delle sentinelle che
non si taceranno mai, né giorno né
notte. O voi che destate il ricordo dell’Eterno, non abbiate reque e non date
requie a lui, finché egli non abbia rista- .
biuta Gerusalemme, e n’abbia fatto la
lode di tutta la terra » (Is. 62: 6-7). La
speranza di Israele è una speranza biblica e profetica. Essa guarda innanzitutto, verso il tempo (quando?) in
cui il popolo d’Israele si « sarà convertito a Cristo », malgrado le infedeltà
dei cristiani e la profezia d’Isaia sarà
adempiuta: « Non si farà né male né
guasto su tutto il mio monte santo, e
la terra sarà ripiena della conoscenza
dell’Eterno, come il fondo del mare
delle acque che lo coprono». (Is. 11: 10).
Utopie o profezie? Segni o realtà?
Non abbiamo dubbi al riguardo, perché le profezie procedono da Dio, non
dagli uomini. La speranza biblica non
può essere soffocata dagli avvenimenti
politici che si svolgono nel Medio
Qriente, problemi la cui soluzione è
affidata alle diplomazie interessate, alrONU, al potenziamento bellico del
paese ed alle operazioni finanziarie dei
Giudei della Diaspora europea ed americ.ana in favore d, una definhivi vittoria d'Israele. « In quei giorni », dice
l’Eterno, « avverrà che dieci uomini di
tutte le lingue delle nazioni, piglieranno un Giudeo per il lembo della veste,
e. diranno: Noi andremo con voi, perché abbiamo udito che Dio è con voi »
(Zacc. 8: 23).
L’induramento d’Israele non durerà
sempre. A questo proposito, Barth si
esprime così: « in questi versetti (Romani 11: 7-9) non c’è una sola parola
che ci autorizzi a dire che Dio, trattando duramente gli altri israeliti, cioè la
maggioranza del popolo, non si occuperebbe più di loro. Non c’è che da
leggere quei versetti nel loro contesto,
per essere convinti che, per quanto
grave sia il fatto della perdizione, esso
ha però dei limiti, comporta un epilogo. Nessun attento lettore dell’Antico Testamento potrebbe evitare il dul>
bio che, riguardo a questi testi, sia
stata pronunziata l’ultima parola da
parte di Dio ».
La Cristianità che vive per la sola
grazia di Dio, ma che tante volte nei
secoli passati ha manifestato indifferenza, odio, violenza e condanne (pensiamo ai « lager » tedeschi, ai sei milioni di ebrei morti nei campi di concentrarnento e nei forni crematori)
non può non umiliarsi di fronte a Dio
ed alTumanità, come ha fatto l’ex cancelliere tedesco Willy Brandt inginocchiandosi davanti ai morti di Varsavia,
in segno di colpa e di speranza.
Da parte nostra, pensando al destinp del popolo d’Israele, crediamo nel
giudizio di Dio sulle nazioni del mondo
e sulla Chiesa; ma attendiamo anche
il tempo (vicino o lontano?) in cui la
speranza d’Israele troverà il suo adempimento insieme con la Chiesa cristiana, secondo la parola dell’Eterno al
profeta: « Io sorto stato Cercato da
quelli che, prima, non chiedevano di
me; sono stato trovato da quelli che
prima non mi cercavano» (Is. 65: 1).
Ermanno Rostan
Alla redazione di questo numero hanno
collaborato Edoardo Aime, Bruno Corsani,
Ermanno Geme, Roberto Peyrot, Elsa e
Speranza Tron, Liliana Viglielmo.
3
1° novembre 1974 — N. 43
pag. 3
C’è proprio tutto. Giovanni in riva
al Giordano predica il ravvedimento
e Gesù è sconosciuto tra la folla. Farisei e sadducei chiedono al Battista
se è il Messia o Elia o il Profeta e il
Battista diniega e li rimanda al battesimo di Spirito di qualcuno che « verrà dopo di lui ». Andrea e un altro
vanno da Gesù a vedere dove sta. Filippo è chiamato dal Maestro, poi corre da Natanaele a dirgli che ha trovato il Nazareno e abbiamo la celebre
risposta scettica del giudeo in cui Gesù « non trova frode »: « Può forse venir qualcosa di buono da Nazaret? »
(in italiano Natanaele diventa Nataele). C’è la guarigione dell’indemoniato, il malato mentale che ha attacchi
di isteria, oggi così attuale col rifiorire della magìa e il successo di un film
falso ma astuto come L’esorcista. Segue la guarigione della suocera di Pietro, colpita dalla « gran febbre » (o
febbre psichica, come si legge nel testo italiano di Dreyer); e a quella notizia metà Capernaum affolla la casa
di Pietro al tramonto (quando cioè fininisce il riposo del sabato). Ecco altri scribi e farisei, non ancora ostili
« perché il giudaismo di quel tempo
comprendeva così tante sètte e diverse sfumature di pensiero teologico che
una nuova corrente non destava soverchia impressione » (Dreyer). Vediamo anche tre uomini "strani” intorno
a Gesù, e devono essere sospetti se
son sorvegliati a vista da una pattuglia romana. Poi arriva il paralitico,
Gesù gli dice: « I tuoi peccati ti sono
perdonati ». Allarme. Non si spinge un
po’ troppo in là costui? solo Dio può
perdonare i peccati. Gesù capisce il silenzio greve di tensione e lo rompe con
audacia: preferite che gli dica ti perdono i peccati, oppure àlzati e cammina? L’ex paralitico s’allontana risanato lasciando gli astanti a meditare sull’intreccio malattia - peccato - perdono: « In verità oggi abbiamo visto cose ben strane », dicono.
Sembra dirlo anche il pubblico che
lunedi 14 ottobre è al teatro Regio di
Torino per la prima recita mondiale
del « Gesù » che il regista Aldo Trionfo rappresenta con lo « Stabile » della
città.
non parrocchia
non superstar
Pubblico un po’ sbigottito. Forse si
aspettava un musical o un Gesù superstar. Non l'ha avuto, ma per fortuna non ha avuto neppure un inconcepibile spettacolo da oratorio parrocchiale, ancorché in qualche istante poteva dare la sensazione di cadervi o
che così venisse catturato dalla sensibilità degli spettatori. Ma forse il grosso scoglio di un soggetto come il « Gesù » sta nella radicale differenza tra il
sostrato religioso-culturale di chi Tha
scritto e quello di chi lo vede. Dreyer
si muove su un retroterra protestante
per mentalità e tradizione. Magari oggi i valori e la filosofia della vita non
sono più cristiani da nessuna parte e
presso nessun popolo; però è innegabile che il modo di atteggiarsi davanti
all’evangelo, e di riceverne i contenuti, è profondamente diverso tra chi ha
respirato aria protestante e chi Tha respirata cattolica. Un protestante scristianizzato (o secolarizzato) non pare
la stessa cosa di un cattolico altrettanto scristianizzato o secolarizzato.
Il Gesù di Dreyer-Trionfo non è in
blue-jeans ma in tunica nocciola e
sciarpa rossa fino a terra; e un Gesù
in tunica, che dice parole antiche, suscita imbarazzo e fastidio. Timori infondati per chi ha una certa familiarità col testo biblico, lo ha più volte
letto e ascoltato, e al massimo si colloca di fronte a quel testo con senso
critico o sia pure con scetticismo; ma
timori giustificati per chi da sempre
conosce non la Bibbia ma la messa in
latino, e tutt’al più conosce il testo
biblico svigorito in sentenze del senso
comune, del tipo occhio per occhio,
dente per dente, chi cerca trova, porgere l’altra guancia, portare la croce
eccetera.
molto evangelo
poca invenzione
Lo spettacolo è ricco di episodi cavati dagli evangeli (qua e là con un
certo disordine rispetto alla cronologia biblica) e la citazione estesa del
Nuovo Testamento è il pregio maggiore: molto evangelo, poca invenzione,
il testo biblico si spiega da sé senza
venire manomesso da operazioni pseudo-culturali. Il rischio è di infilare una
serie di quadri finiti in se stessi — e
qualche volta anche fini a se stessi —
senza apparente aggancio con quelli
precedenti e successivi, senza la solita
trama che spiega e che tiene insieme
il tessuto.
Brevi veloci quadri come lampi, talvolta pare di stare in una scuola ad
assistere a un corso accelerato di lettura dei vangeli. L’impressione della
scuola antica, con i discenti attenti al
docente, è aumentata dalla bellissima
scenografia di Emanuele Luzzati: panche movibili trasformano la scena in
luogo di discussione e di insegnamento; lo scabro traliccio centrale contornato in basso da tavoli è Tarmadio che
chiude la teologia e la logica, poi diventa il custode del sacro e del mistero, poi il centro del potere di Roma che occupa la Palestina. In quella
minuscola provincia si trova adesso
l’uomo che diverrà il simbolo proverbiale di chi si lava le mani. Anche PiIato ha « le mani sporche », potremmo
dire con Sartre; ma quando scende
IN SCENA A TORINO LA ’’PRIMA” MONDIALE
Mettere in scena il «Gesù» di Dreyer
daU’armadio-traliccio, paludato con un
incredibile lunghissimo strascico bianco che una fanciulla srotola coscienziosamente, nessuno, se non lo sa, immagina che abbia le mani sporche, perché tronfio è il suo incedere e solenne
la sua voce, come tutti coloro che in
tutti i tempi molto hanno da rimproverarsi ma poco ci pensano.
Il lavoro di Dreyer ha una doppia
visuale, storica e religiosa. La visuale
storica situa Gesù in rapporto alle forze sociali della Palestina del tempo e
in rapporto alle autorità romane d’occupazione (si sa che Dreyer vedeva la
Palestina del tempo di Cristo come la
Danimarca occupata dai nazisti). Discepoli e seguaci lo aspettavano come
li Messia promesso dalle Scritture; gli
zeloti rivoluzionari facevano la resistenza clandestina all'invasore romano
e antevedevano in Gesù « uno che ci
saivera aai nostri nemici e dalle mani
ui tutti quelli che ci odiano », come
aveva proretato Zaccaria, il padre ai
uiovaniii Battista; i notabili detentori uei potere religioso aspettavano Gesù più elle altro al varco (si sarebbe
attenuto all'ortodossia della legge
eoraica.''); anche gli occupanti romani
aspettavano Gesù al varco, per tendergli un laccio se avesse perturbato Toraine pubblico.
La seconda visuale è religiosa e nello spettacolo predomina. Gesù è uno
scanualo, una « pietra d’inciampo ».
Non butta all'aria la legge ebraica, però è venuto a portare qualcosa di diverso, qualcosa che rinvia alla grazia
e non più alla legge, qualcosa che, per
« compiere », fa per forza cambiare.
Perché è tanto difficile intendersi con
Gesù, oggi come ieri? Perché Gesù non
spiega ma annunzia (e questo lo spettacolo lo evidenzia benissimo). Per
questo Gesù ricorre spesso al racconto-parabola e ai miracoli. Parecchi sono infatti i miracoli, in teatro trattati
con discrezione, senza indugi, tranne
quello del cieco a cui Gesù ridona la
vista, simulato senza parole e con gesti insistiti tolti dal racconto evangelico: « fece del fango con la saliva e
ne spalmò gli occhi del cieco». Miracoli e parabole sono poco rappresentabili, perché non narrano ma scandiscono una continua dialettica fra interlocutori affatto diversi come diversi sono i piani su cui essi si muovono: di qua gente che ragiona (o sragiona) fino al sofisma con passione e
serietà (i farisei non sono soltanto degli ipocriti); di là una logica « altra »,
una logica illogica, il Verbo di Dio, la
sua pazzia « più savia degli uornini »
(capitolo 1 della prima lettera ai Co
rmzi). Due dimensioni. Una farà enuare t altra in crisi, ma finirà tataimente per venire aa essa travolta. I discepoli nanno bisogno ai capire (« ivioi11, uaiio Cile 1 ebbero, Qissero: questo
parlare e auro, cni lo può ascoltare.'' »),
I uoiiori aei tempio fianno preoccupazioni esegeiicne (.come moiti üottori
uei tempio oüierni), i garzoni aelTopposizione anti-romana devono sapere
se uesu e aei loro, Roma ha da airenuere la pax romana, vale a dire sostenere la sua espansione coloniale: posizioni legate a sicurezze politicfie e spirituali cne non s'incontrano con la parola ai Gesù ma semmai si scontrano.
diverso e solo
vjitre cne diverso Gesù è dunque solo. ±i solo quando sotto ii tralicciosinagoga legge la Loran (ma bisognava i icurdare alTaltore che i ebraico si
legge aa destra a sinistra), isolato e
II gesto di cacciare i mercanti dal tranceio-tempio (unica stolgorante maccnia di colore nel severo grigio dei costumi e dell'impianto), piu che mai
solo quando chiude il suo itinerario
terreno caricandosi la croce verso n
traiiccio-Golgota.
Gesù morirà per mano romana, non
ebrea; in nome della ragion di stato,
non di chiesa; più mestatore politico
che martire religioso; isolato e solo
anche nel momento della fine, più che
mai « grande sconosciuto », secondo la
definizione di Albert Schweitzer. Intatti il sommo sacerdote non si oppone a Cristo con livore, e perfino Griuda è nello spettacolo un po’ patetico
un po’ nevrotico, troppo psicologizzato, pavido e tormentato da molte angosce. « Gesù trovò la morte sulla croce come un ribelle politico » scrive
Dreyer (da isolato dunque, perché, se
lo era, non era certo l’unico agitatore).
E solo. Solo nella « sua difficoltà di
essere accettato » scrive un critico di
teatro, perché il « duro parlare » di
Gesù è un continuo annunzio, vale a
dire una continua sfida. E solo anche
nel Getsemani, solo nel suo rapporto
col Battista, « il discepolo che Gesù
amava », dice il vangelo di Giovanni.
Infatti nello spettacolo la sua domanda a Gesù: « Sei tu quello che doveva
venire o ne aspetteremo noi un altro? »
non è più messa in bocca al Battista
ma agli zeloti, appoggiando così la tesi prevalente delle aspettative irredentiste zelote: « Vogliono fare di te il
loro capo, credono che Dio ti abbia
mandato per liberare Israele dai romani » gli dice Pietro.
Tuttavia la "caduta" dello spettacolo è da un’altra parte e non si può
accettare. Nel secondo atto si abbandona il criterio abbracciato nel primo
e al posto della fedeltà al testo evangelico si rappresenta un secondo atto
falsamente ecumenico. Caricando la
morte politica di Gesù, l’opposizione
religiosa è infiacchita, come se i giu
Cosa vuol dire il regista con questo
finale pirotecnico? « ...la fondazione di
un’istituzione, la nuova Chiesa, che sarà insieme configurazione di un nuovo rito e luogo deputato per la soluzione dell’incontro tra l’aspettativa
messianica e la sua trasposizione in
termini razionali ». Ma è un grosso
fraintendimento. Nessuna chiesa è la
continuazione di Gesù e non c è luogo
deputato che spieghi in termini razionali l’aspettativa messianica. La chiesa è venuta dopo Gesù, ma purtroppo
non è il dopo-Gesù. Oltretutto, nell’economia dello spettacolo, questa resa
scenica più che ambigua ha una contraddizione interna. Infatti prima si e
dei considerassero Gesù un po’ strano
ma dopotutto sempre “uno dei nostri”, da proteggere ih ogni caso: mandiamolo in esilio, ma ammazzarlo no...
se questo è ecumenismo
Per evitare un consunto antisemitismo si fa il più balordo ecumenismo.
Gesù è interrogato dal sommo sacerdote, dal suocero di costui e da Pilato; è condannato alla morte della croce; vien ricoperto d’un manto rosso,
fornito per scherno d’una canna a mo’
di scettro e d’una corona di rovi al
posto di quella di foglie che portavano gTimperatori romani (aveva detto
di essere il re dei giudei); arranca con
la croce, vi viene inchiodato sopra, la
croce è eretta sul Golgota e infine
Gesù muore. Buio sulla scena e dopo
un attimo s’illumina violentemente
con una serie di lampade che tracciano i contorni di una chiesa importante, forse una cattedrale.
IL DIRETTORE DELLA SOCIETÀ’ BIBLICA PRECISA
La Bibbia non è un lusso
La maggior parte degli interrogativi
e delle perplessità sollevati dal past.
Sergio Rostagno nel n. 40' de « L’EcoLuce » non dovrebbe più aver ragione
d’esistere oggi.
Ne parlai ad un convegno dei pastori del 1° distretto a S. Secondo, in conlerenze pubbliche a Torre Pellice e nei
nostri istituti d’istruzione secondaria.
Può darsi che il past. S. Rostagno fosse assente e perciò è bene riprenderli.
Abbiamo comunque alle Valli il pastore Renato Coisson e il Signor Domenico Abate di Torre, che hanno tentato
e tentano di tenere presenti i nostri
problemi presso le comunità locali.
Nel 1968 abbiamo, come Società Bibliche, aperto un ampio colloquio con
il Protestantesimo italiano per verificare le linee del nostro lavoro. È proprio da questi contatti che siamo giunti alla decisione di avere una sola
bibbia, a basso prezzo, per l’evangelizzazione. Rispetto alle precedenti abbiamo deciso d’ingrandire i caratteri di
stampa e di adottare delle copertine di
colore diverso. Le chiese hanno gradito questo cambiamento: le richieste
sono infatti triplicate. Mentre scriviamo ci troviamo in condizioni di non
poter più rispondere alle ordinazioni
avendo esaurito tutti i testi. Aggiungiamo che la Bibbia missionaria viene
offerta ad un prezzo, che varia da una
a due lire per pagina in confronto ai
libri di edizione popolare, che superano ormai le dieci lire per pagina. Perché? È semplice rispondere: l’evangelizzazione attraverso la bibbia («Una
Bibbia per gli altri») costa molto a
chi l’intraprende. So di una comunità,
che regala una bibbia a chi non ce Tha
alla sola condizione che questi sia disposto a seguire un corso per corrispondenza. Settimanalmente queste
persone sono visitate dalla chiesa per
la consegna del materiale di studio. È
solo un esempio. Tra i molti è anche
quello che sembra aver dato i migliori
risultati. Lo scopo delle Società Bibliche è di provvedere le Scritture al
maggior numero possibile di persone
al prezzo più basso possibile. L’enfasi
è dunque messa sul carattere missionario rispettando così, le esigenze delle chiese.
Esistono anche altre edizioni con caratteri più grandi e con carta raffinata. Anche queste sono offerte al prezzo minimo, ma costano di più e il costo non è alla portata dei poveri.
Le grosse bibbie dei Riformatori e
dell’Ortodossia si trovano raramente.
Le vedo esaurite anche in inglese.
La ragione è semplice: verrebbero
a costare oltre le ventimila lire e le
richieste in Italia sarebbero da contarsi sulla punta delle dita.
BisognereDbe immobilizzare le offerte di molti anni per poterle stampa
Ricordiamo che, come d'uso, la
COLLETTA
raccolta al culto della
DOMENICA DELLA RIFORMA
è devoluta alla
SOCIETÀ' BIBLICA
per la sua opera di diffusione delle
Sacre Scritture.
re. Questo lo consideriamo illecito,
perché le offerte servono immediatamente per le giovani chiese.
Se pensiamo che le bibbie missionarie nei terzo mondo sono pagate al
prezzo di tre-quattro giornate di lavoro runa, mentre costano in realtà quattro-cinque volte tanto (vedi India),
non possiamo veramente permetterci
il lusso di trattarci in modo diverso.
Non lo fanno neppure gli inglesi, a
maggioranza protestante.
Le note e i commenti sono stati eliminati. Non è solo questione di risparmio a favore delle giovani chiese, ma
anche di una scelta chiara. Le Società
Bibliche servono tutte le confessioni.
Sul testo c’è consenso tra tutti (o qua
si), ma il commento è diverso e per
ciò lasciato alle varie chiese. Aggiun
giamo che non è spenta l’eco della po
lemica tradizionale contro le note, che
già sorge l’esigenza di evitarle ancora
oggi per non proporre orientamenti e
scelte estranei al testo. Si è arrivati
comunque (non ancora in Italia) a dare degli aiuti ai lettori, aiuti storici e
geografici, accettabili da tutti.
Per il N. T. si sono prodotti dei glossari da aggiungere in appendice. Per
TA. T. non è prevista fino al 1976 l’uscita del primo esempio concreto. Quanto inciderà sul prezzo delle edizioni
missionarie non possiamo dirlo, ma
l’aggravio sarà inevitabile.
C’è la questione dei deuterocanonici
o apocrifi: la ragione della loro assenza è troppo viva ancora per doverla
ricordare al past. Rostagno. È previsto
tuttavia che ricompariranno in appendice alTA. T. Ci sono però delle condizioni e cioè che, per quanto riguarda
il Protestantesimo, ciò sarà possibile
solo se richiesto e finanziato da una
determinata chiesa. In altri termini se
gli anglicani o i luterani li vogliono,
li pagano. Ciò non esclude la comunità
di Pomaretto, a nome della quale il
pastore S. Rostagno sembra scrivere.
Dobbiamo aiutare con le nostre offerte innanzitutto le giovani chiese
nelle loro esigenze missionarie. L’evangelismo italiano non riesce ancora a
dare quest’aiuto e non riesce neppure
a fare le sue spese missionarie nella
diffusione della Bibbia. Magari la chiesa valdese rinnovasse il gesto di Chanforan per sostenere la diffusione delle
Scritture! Allora la situazione politica,
economica ed ecclesiastica era ben peggiore della nostra, ma con la famosa
« tosatura delle pecore » si compì un
gesto significativo e costoso, citato oggi ancora ad esempio da ogni denominazione italiana. Se l’ottavo centenario
avesse rinnovato qualche cosa di quel
sacrificio molti e per molto tempo ce
ne sarebbero stati grati...
Renzo Bertalot
presentato un Gesù "aperto”, che iniiaiige non io spinto ma la leuera aeila legge e quinui vede via via aumenlare la sua impopolanta e i altrui ostima; mentre ora la rappresentazione
bi emuae con un luogo cne e n coniiario aeirapertura, e cioè iistituzione. Ideale luogo di cniusura. Nei momento in CUI 11 rapporto proronao Gesu-zeioti (cne è poi ii rapporto uesurivoiuzione) oggi è cosi vivace, discusso e controverso, questo Gesù e anacronistico, pacifista e non-vioiento come un Gandfii in ritardo. Ber un quadro tanto abominevole, il regista
irionto potrebbe sentirsi dire ciò che
Cristo dice alla donna adultera: « Va'
e non peccare più »1
La recitazione ha qualche squilibrio,
anche perefié la figura centrale campeggia. Pilato e Caiafa hanno un buon
rilievo dovuto ad esperti attori (Ivan
Cecchini e Andrea Bosic) e il Gesù
di Franco Branciaroli rinfranca se si
pensa a quanto potrebbe accadere con
un simile personaggio fra le mani.
Scrive Dreyer: « Tra la gente è molto
dfitusa Topmione die Gesù fosse un
biondo ariano. Mi pare utile estirpare
questo pregiudizio ». Nella ricerca di
smitizzare al massimo questo biondo
ariano, concorre molto la recitazione
tranquilla del bruno e giovane protagonista (26 anni). Parla semplice, senza enfasi. Forse un po’ troppo provocatorio e ironico. E forse parla anche
un po’ troppo sommesso. Talvolta
sembrava efie parlasse più per sé che
per gli amici, i nemici e il pubblico.
Ma non si può fargliene un’accusa, essendo quest’estraniarsi il modo con
cui l’attore ha "sentito” un personaggio inconsueto; essendo, si direbbe, il
modo con cui qualunque “non-credente” o agnostico o intellettuale si accosta al “fenomeno-Cristo”. L’attore si è
calato in un testo scomodo con una
recitazione moderna quale aveva fatto per esempio due anni fa il premiato Pino Micol in Amleto. (Altro esempio: chissà come ne esce Gesù dalla
documentazione storico-fotografica di
un’équipe francese che « Famiglia-mese » sta pubblicando col titolo « Guarda bene in faccia Jesus »). Infine merita ricordare le musiche di Sergio Liberovici con un cantore in ebraico.
Senza allinearsi con uno spettatore
venuto da Firenze e che a « La Stampa » di Torino ha indirizzato iperboli
sullo spettacolo, esso valeva forse qualcosa di più del consenso incerto e contegnoso che la sera della “prima” la
folla gli ha riservato (con signore bizzarramente vestite). Ma una risposta
unica non esiste, come il vangelo impone. Renzo Turinetto
AFRICA ORIENTALE. Un segretario della Società biblica ritornava in
aereo in Eùropa dopo un viaggio nell’Africa orientale. I giornali parlavano
di atti di terrorismo aereo da parte
degli arabi, e il giovane segretario era
molto inquieto perché la maggior parte dei suoi compagni di viaggio erano
arabi; in particolare uno che sedeva
accanto a lui gli pareva sospetto: chi
sa se aveva una bomba in tasca? D’un
tratto l’arabo mette rapidamente una
mano nella tasca della sua giubba e il
segretario pensa : « ci siamo : ecco la
bomba ! ». Invece la « bomba » era una
copia delTEvangelo di Giovanni in lingua araba, che il suo compagno di
viaggio gli voleva mostrare, parlandogli della propria conversione al cristianesimo. Il libretto era molto usato e
dimostrava un’assidua lettura. L’agen
te della Società biblica, molto sollevato, si presenta all’arabo, ed ha cosi, inizio una conversione interessante : l’arabo ringrazia il segretario per il lavoro
che la Società biblica compie nel suo
paese e gli dice che presto sarà battezzato cristiano e ritornerà poi in Arabia per trasmettere ad altri la Buona
Novella, malgrado tutte le enormi difficoltà che sicuramente incontrerà, soprattutto da parte della sua famiglia;
ma egli è disposto a tutto, anche a dare la vita per la Parola di Dio. Il segretario della Società biblica ritorna
a casa ed al suo lavoro più convinto
che mai che la Parola di Dio può penetrare ovunque, anche là dove le bombe non possono arrivare, ed è capace
d’infrangere le barriere della paura e
della diffidenza, per giungere al cuore
di uomini affamati di verità e di vita.
4
pag. 4
N. 43 — 1° novembre 1974
Che cos’è il “Regno”
che Gesù ha annunciato?
Fin dall'inizio, Gesù si presenta come l'annunciatore del Regno. Credo che
siamo convinti che questo sia il contenuto centrale della nostra predicazione oggi. L'annuncio della speranza del Regno nel nostro tempo.
Ma che cosa è questo Regno, come
si manifesta?
Gesù ha sempre predicato il Regno,
ma la cosa curiosa e forse sconcertante è che quando ci si chiede come Gesù
si rappresentasse il Regno di Dio non
troviamo nulla nell'Evangelo che possa rispondere a questa domanda.
Si parla spesso del Regno, ma non
è detto nulla di come questo Regno
sarà. Questo fatto, a prima vista sconcertante, ad una successiva riflessione
si rivela di grande importanza. Gesù
non ha proposto una concezione particolare del Regno perché si è riferito
alla concezione comune, corrente, condivisa dal popolo cui parlava. Gesù,
praticamente, si è conformato alla
rappresentazione comune del Regno di
Dio.
Il popolo cosi si rappresentava il
Regno: sarebbe consistito nella restituzione a Israele della libertà da ogni
dominio straniero e nel superamento
del male e delle ingiustizie.
Dunque il Regno di Dio non ha nulla a che vedere con un valore puramente spirituale che viene depositato e che cresce nei nostri cuori. Esso,
anzi, incarna le speranze degli am-hahares, le loro concrete speranze di
una vita migliore, libera da ogni forma di sfruttamento e ai oppressione.
Quel termine ebraico Designa in
Israele gli strati meno colti della popolazione, i lavoratori della terra vessati da tasse ingiuste che andavano
a mantenere ambienti parassitari. È,
il proletariato del tempo.
Dio stabilisce un Regno di pace e
di giustizia; ecco che cosa si attendevano gli am-ha-hares. Dn ordine diverso, im'era veramente nuova di pace e
di giustizia. È quanto promette Gesù:
« Beati voi che siete poveri perché il
Regno di Dio è vostro » (Luca 6: 20).
Il Regno di Dio sarà il termine della
vostra umiliazione. Ancora in Luca 4:
18-19 parla in questi termini della predicazione del Regno, della sua missione: « Lo Spirito del Signore è sopra
di me; per questo egli mi ha unto per
evangelizzare i poveri; mi ha mandato a bandir liberazione ai prigionieri
ed ai ciechi il recupero della vista; a
rimettere in libertà gli oppressi, e a
predicare l’anno accettevole del Signore ».
Anche per Gesù il Regno è una realtà nuova che incarna la speranza degli am-ha-hares, del popolo, delle classi più povere di Israele.
Ecco dunque una realtà con cui dobbiamo confrontarci se riteniamo che
il nostro compito di comunità cristiane sia quello di annunciare il Regno di Dio e la sua speranza come ha
fatto Gesù.
Il Regno incarna le speranze, le attese di tutti coloro che lottano, che
soffrono e che tendono al riscatto ed
alla liberazione. Qui, e me ne rendo
conto, si pongono dei problemi brucianti per una comunità cristiana. È
un po’ la prova del fuoco soprattutto
per molte nostre comunità che per la
loro composizione sociologica non sono certo collocabili fra gli am-ha-hares. Con quale occhio guardare al
mondo operaio?
Le decine di migliaia di operai in
cassa integrazione della FIAT e di altre fabbriche, migliaia di lavoratori
che si sono visti ridurre l’orario di lavoro e quindi la busta paga. A Bologna i lavoratori della Ducati hanno
scioperato otto mesi per il miglioramento dei salari fra i più bassi della
provincia, per rivendicazioni in ordine
ai servizi sociali tra cui il trasferimen
to dell’asilo nido immerso nel clima
venefico della fabbrica.
Come guardare tutto questo? Certo,
si potrebbe anche dire che si tratta di
un discorso sindacale o politico e che
non ha nulla a che fare con la predicazione del Regno, però dovremmo anche avere il coraggio dì ammettere
di non tener conto dell’Evangelo e di
ridurci a predicare un’ideologia religiosa che non ha nulla a che fare con
l’Evangelo di Gesù Cristo.
La prima conseguenza di quell’interpretazione corrente del Regno e che
Gesù accetta è il suo impegno a sostenere, a solidarizzare e trasformare
in realtà concreta quelle speranze. In
questa direzione si situa l’impegno
antirazzista del Consiglio Ecumenico
delle Chiese. In questo senso si è levata la voce di qualche vescovo sud-americano al Sinodo dei Vescovi. « Bisogna tendere — ha detto il cardinale
Arnst di S. Paulo del Brasile riassurnendo le istanze dei latino americani — a liberare gli uomini non soltanto dal peccato individuale, ma anche
da quello collettivo come la fame, la
guerra, l’oppressione, le torture, i salari insufficienti ed ogni genere di ingiustizia ».
Ora possiamo puntualizzare meglio
quella predicazione del Regno. Riguardiamo ancora a Gesù. Egli proviene
dagli ambienti am-ha-hares. Da gente
semplice. Appartiene al popolo e rimane vicino al popolo di cui continua
ad usare il linguaggio semplice e denso di immagini. È dalla vita quotidiana degli am-ha-hares che trae gli
esempi per i suoi discorsi: i lavori
dei campi, la pastorizia ecc. Non conosce molto la vita dei grandi e delle
classi privilegiate. Frequenta gli amha-hares e fra di essi i più poveri, i
rigettati, i peccatori, gli emarginati
provocando continuamente lo scandalo dei benpensanti. È inoltre fra il
popolo che recluta i suoi discepoli, e,
a proposito, ricordiamo quanto è scritto in Atti 4: 13; « Or essi, veduta la
franchezza di Pietro e di Giovanni e
avendo capito che erano popolani senza istruzione ». Gesù, una volta di più,
non fa un discorso teorico sul Regno
sia pure per es. indicando i segni della presenza del Regno nella realizzazione delle speranze degli am-ha-hares.
Non fa un discorso sulla loro pelle.
Diventa una predicazione seria e non
teorica non solo perché si riferisce
nei suoi discorsi ai loro problemi, ma
soprattutto perché rischia la propria
vita come essi rischiano la loro. Gesù
non si sarebbe limitato a dire agli
operai della Ducati che un segno del
Regno è da vedere nella conclusione
positiva della loro vertenza. Questo
per gli operai non avrebbe senso e sarebbe inoltre un discorso equivoco in
quanto chiaramente per le loro lotte
non hanno bisogno di richiamarsi né
al Regno di Dio, né a Gesù Cristo, né
all’Evangelo. Dopo tutto sono loro che
rischiano, che non ricevono la busta
paga, che si trovano in gravi ristrettezze quando scioperano per diversi giorni. Gesù annuncia il Regno e la speranza viene accolta e fatta propria dagli
am-ha-hares perché tutta la sua vita
si svolge sulla via della croce. Il suo
appoggiare, il suo solidarizzare con essi
è predicazione della speranza del Regno perché interamente vissuta avendo la croce come misura. Gesù fin
dalla nascita e per tutta la vita si è
sempre identificato con la pelle umana
più crocifissa. È la sua scelta.
L'annuncio del Regno è reale e concreto solo se assume la croce come
prova di un cammino scelto, se viene
fatto rischiando fa propria vita. Altrimenti non viene compreso come speranza, ma come alienazione.
1 ciau
NOVITÀ’ 1 dia
? na
JAN HUS
Il primato di Pietro
(dal "De ecclesia")
introd. versione e note a cura di L. Santini
pp. 112, 4 tav. f. t., L. 1.500
La chiesa, il potere e il primato papaie nel pensiero del riformatore
boemo. Una riflessione profondamente evangelica che scatenerà la
prima rivoluzione moderna.
EMILIO Nini
La sfida dei “decreti delegati”
Per una vera democrazia nella scuola
pp. 40, L. 150 (A.P. 64)
CLAUDIANA - Via Principe Tommaso, 1 - T0125 TORINO e.e.p. 2/21641
E qui forse è possibile sciogliere un
nodo che ci fa tanto discutere. Per alcuni l'Evangelo « viene a recare, nell'ambito privato, una simbologia che
aiuta nella sopportazione di quel nonsenso che è la loro vita di funzionari
del sistema » (S. Rostagno COM n. 92),
per altri Gesù Cristo è un sovversivo
storico e basta.
Dire che Gesù annuncia il Regno
percorrendo la via della croce è dire
qualcosa che si differisce da ambedue
quelle posizioni, e soprattutto qualcosa di molto più ampio. 11 suo anmmcio ravviva la speranza degli am-hahares, ma proprio perché è vissuto
sulla via della croce, è un annuncio
che non raggiunge solo i suoi contemporanei, ma tutti gli am-ha-hares
di oggi, di ieri e di domani. Raggiunge tutti gli sfruttati e gli oppressi di
tutti i tempi. E per mezzo loro raggiunge tutti gli uomini, di tutti i tempi. Nella Bibbia c’è tutta una continuità in questo senso; i nomadi, i pastori (come Mosé, Amos), i perseguitati politici (come Geremia), i deportati (come Esdra), gli schiavi non rassegnati. È attraverso costoro che si
snoda nella Bibbia la storia della salvezza. E partendo dagli am-ha-hares
e attraverso la realizzazione delle loro speranze che la salvezza raggiunge
tutti gli uomini, è attraverso di loro
che nel mondo si manifesta la nuova
realtà, essi sono il tramite di cose
nuove. Come non guardare oggi a
quelle forze che possono preparare
una nuova presa di coscienza, nuove
possibilità di vita con aperta e sincera speranza? Perché non guardare con
fiducia, con speranza la classe operaia,
che sola in questa società è capace di
cose nuove, quando tenta di conquistare nuove forme di vita sociale, comunitaria, come anticipazione di una
nuova realtà futura?
La concezione del Regno come in
carnazione delle speranze degli am-hahares annunciato da Gesù che percorre la via della croce diventa speranza
universale, di riscatto, di liberazione,
di salvezza per tutti gli uomini.
Ma, appunto, quella speranza passa
dagli am-ha-hares, dai proletari, dagli
operai della Fiat, della Ducati, da quei
volti stanchi che viaggiano da Reggio
Calabria al nord su vecchie carrozze
con sedili di legno.
Valdo Benecchi
FACOLTA’ VALDESE DI TEOLOGIA
Inaugurato il 120" anno accaileiniGO
La prolusione del prof. J. A. Soggin — Il culto di apertura nella chiesa battista
di via Teatro Valle, presieduto dal prof. B. Corsani — Un buon numero di
nuovi studenti italiani e stranieri
Sabato 26 ottobre 1974 si è svolta a
Roma, nei locali di via Pietro Cossa,
l’inaugurazione del CXX Anno accademico della facoltà Valdese di teologia
presieduta dal moderatore past. Aldo
Sbaffi.
Il professor Jan Alberto Soggin, docente di Antico Testamento, ha tenuto
la prolusione sul tema « Gerico, anatomia di una .conquista »; in essa ha
esposto i risultati delle varie spedizioni archeologiche effettuate nella città
di Gerico, appunto, traendone poi alcune conclusioni personali sulla interpretazione critica di questi dati ponendosi pure il problema del loro rapporto con i passi biblici (Giosuè capp. 2 e
6 ed altri) che trattano le vicende della
città e della sua conquista da parte
del popolo d’Israele.
Domenica 27 la chiesa battista di via
del Teatro Valle ha ospitato professori e studenti della facoltà per il consueto culto di apertura dell’anno accademico: esso è stato quest’anno tenuto dal prof. Bruno Corsani (docente
di Nuovo Testamento) che ha parlato
del servizio cristiano, reso a Dio ed ai
fratelli, essendo questo, egli ha detto, il
tema comune agli articoli dei tre studenti regolari del primo anno apparsi ■
su queste stesse colonne.
L’anno accademico 1974-75 si è dunque ufficialmente aperto con questi
atti.
Lunedì 28 ottobre hanno avuto inizio
le lezioni vere e proprie che si protrarranno sull’arco di due semestri, fino a fine maggio.
Quest’anno il lavoro in facoltà inizia
con diversi nuovi studenti; tre giovani
studenti regolari, valdesi provenienti
da Milano, Luserna S. Giovanni e Torino, quattro studenti lavoratori di varia provenienza (tre battisti e una cattolica) che si preparano per svolgere
più profondamente un ministerio nelle
/ lettori ci scrivono
Ricordare anche
QUEGLI oppressi
Brescia, 14 ottobre 1974
Signor direttore,
leggiamo troppo frequentemente nella stampa evangelica italiana, un incitamento rivolto ai erodenti, ora velato ora più esplicito, ma
sempre continuo e costante, che sa quasi di
insinuante imposizione, di optare per una
scelta politica in senso marxista.
Vorrei fare fraternamente presente a tutti
costoro, in particolare a quei pastori comunisti, in buona fede o meno, che fanno anche
parte dei quadri dirigenti della Chiesa, quanto siano lontani, nonostante tutto il loro agitarsi, dagli insegnamenti evangelici, e quanto, a mio modo di vedere, tradiscano la loro
missione. Tengo a precisare, per non correre
il rischio di essere frainteso, di non amare
l’anticomunismo di maniera di certa borghesia, preoccupata esclusivamente di mantenere
le proprie posizioni di potere, e di non appartenere aUe cosidette classi privilegiate.
Detto questo, per onor di chiarezza, mi
sembra errato il tentativo di ricuperare il proletariato occidentale, perso per il peccato della Chiesa, nello scorso secolo, buttandoci nel
vicolo cieco e senza ritorno di una ideologia
morta, che presenta, nei suoi attuali modelli
storici, i segni di una avanzata decomposizione. Nata per l’uomo, si è sempre rivelata contro l’uomo; teoria antiscientifica, ha sistematicamente sbagliato tutte le previsioni, e troppo spesso si è appoggiata sulla menzogna, per
poter espandersi e prosperare.
Vorrei anche ricordare ai credenti impegnati per il comunismo, in specie a certi ministri consacrati, le migliaia di morti per la
fede nei paesi « socialisti », le vittime numerose che languono nelle carceri comuniste,
abbruttite nello spirito e martirizzate nelle
carni dai loro torturatori rossi, i dissidenti,
internati sani nei manicomi sovietici, vaganti nei corridoi con il sorriso ebete sulle labbra, ridotti alla demenza senza ritorno dalle
allucinanti cure cliniche dei loro carnefici.
Si ricordino di loro quando, parafrasando
R. Wurmbrand, mostrano il loro amore, festeggiando e offrendo pranzi, nelle riunioni
ufficiali, a coloro le cui mani sono sporche di
sangue cristiano, e non già dando loro la
Buona Novella di Cristo. Si ricordino di quei
poveri e di quegli oppressi, quando forse in
buona fede, ingannano i nostri poveri, rischiando di prepararsi a perderli un’altra volta. Si ravvedano e cerchino di essere più fedeli a quella vocazione evangelica che hanno
abbracciato per libera scelta. Si dissocino, infine, (vedere la recente defezione dal P.C.F.
dell’intellettuale comunista francese Pierre
Daix) da certe utopie ormai superate, che non
solo sono inconciliabilmente anticristiane, ma
anche e prima ancora, antisociali e antiumane.
Roberto Morucci
Il mistero d’Israele
Firenze, 26.10.’74
Signor direttore.
Scrivo a proposito dell’articolo « Elezione
e missione di Israele » apparso su « Eco-Luce » n. 40 - 11 ottobre.
Credo siano passati ormai due anni da
quando apparve un altro articolo su a EcoLuce » in cui erano affermate, sempre da Ermanno Rostan, le stesse cose che ha scritto
ora. Allora rimasi sorpresa, oggi ancora di più.
Non è un discorso fuori tempo, questo che
il sig. Rostan sta facendo, perso nel passato
come se 2.000 anni di storia non fossero esistiti?
Che senso ha leggere l’epistola ai Romani
pensando all’elezione dell’antico Israele, quando la chiesa oggi è molto simile all’Israele di
un tempo, stretta, legata nelle sue istituzioni,
né più né meno di come allora erano la sinagoga e il tempio?
Viene da domandarsi: mentre ad Israele
viene rivolto il discorso della lettera ai Romani, la Chiesa dov’è?
Perché la Chiesa, oggi, non è quella da
cui parte l’apostolo Paolo per fare il suo discorso, cosi come Israele oggi non è quello
della lettera ai Romani. Non sono soltanto le
istituzioni a rendere diversa la chiesa, ma la
sua storia pesante, faticosa bilanciata tra pagine stupende e altre tristi e misere, fra orrori sanguinosi di tutti i generi e cavilli teologici senza fine.
Se leggendo i profeti e la storia dell’antico Israele i pastori non hanno alcune difficoltà a fare un parallelo Israele = Chiesa, come
mai queste difficoltà nascono nella lettera ai
Romani? Perché non si può leggere anche lì
la cosa che sembra più naturale e cioè, Israele = chiesa?
Al tempo dell’apostolo Paolo la Chiesa non
aveva che l’avvenire davanti a sé, e quindi
poteva porre se stessa come esempio, rottura
con le convenzioni, libero regno dello Spirito,
ma oggi nessuno può illudersi di fare lo
stesso discorso.
La Chiesa oggi non è la chiesa primitiva.
Credo che molti la pensino come me.
Cordialmente Marta Villani
Non comprendo bene Vintenio della Sua
lettera, e me ne scuso. Sono però certo di una
cosa: che nei capitoli 9-11 della sua lettera
ai Romani Paolo non parla di Israele facendone un semplice simbolo della chiesa; parla
dell’Israele storico, al quale si sa indissolubilmente legato non tanto nella carne quanto
nella Promessa, nel Patto. Certamente possiamo istituire analogie cariche d’ammonimento
per la chiesa; ma Israele è, nel messaggio di
Paolo, un popolo storico, quel popolo; non
può essere mai ridotto a simbolo della chiesa: farlo, significherebbe appunto dire il contrario di quel che l’apostolo dice. G. C.
Distretto scolastico
delle Valli Valdesi
Torino, 29 ottobre 1974
Gentile direttore,
ho letto con interesse quel che Emilio Nitti scrive sull’Eco-Luce del 18 ottobre e Paulet sul numero del 25 ottobre relativamente
a un distretto scolastico delle Valli Valdesi.
Purtroppo non riesco a capire quanta volontà
ci sia di informare e dì essere informati —
riprendendo l’espressione dì Paulet — da
parte di altri, cioè quanto interesse. Non credo che ci troviamo semplicemente di fronte a
una manovra democristiana se, a quanto posso sapere — cioè se la mia informazione è
sufficente —, almeno da parte della Val
Pellice fin’ora si è nwstrato un gran disinteresse verso questo problema. In fase di consultazione provinciale, con assai scarsa partecipazione, si è levato un comunista per sostenere l’opportunità di un distretto scolastico di Valle, e in seguito allo scarso entusiasmo con cui è stata ricevuta la proposta
Gustavo Malan
(continua a pag. 6)
loro comunità, ed alcuni stranieri. Essi provengono da varie nazioni (Finlandia, Germania, Romania e Svizzera)
ed integrano i loro studi con la frequenza ai corsi che si tengono in facoltà.
Alla già lunga lista degli studenti cosiddetti « esterni » perché non sono obbligati alla frequenza e non sono abilitati a svolgere il ministerio pastorale,
si sono aggiunti 6 nuovi iscritti residenti a Napoli e dintorni (2), Taranto,
Firenze, Bologna, Pomaretto e appartenenti alle chiese Battista, Metodista,
Valdese e dei Fratelli.
Questo, grosso modo, il « quadro »
della facoltà di teologia all’inizio di
questo anno; ci auguriamo che le buone prospettive iniziali abbiano un seguito.
Terribilniente
non prntestantì
Ho letto sul numero dell'Eco-Luce
del 18 ottobre tre cose che si sono immediatamente associate nella mia riflessione.
Anzitutto l’articolo di Paolo Ricca
in cut, commentando m modo veramente valido ed encomiabile la Oelia
espressione di Jacques Maury "souveni nous nous retrouvons lerribiemeni proiestants", sul tema delta CHiesa precisa: "da parte di molti" — catLuuci-romani evidentemente — “si sta
scoprendo quel che è veramente essenziale per t esistenza cristiana e quel
cne invece è secondario o superfluo o
aaairittura nefasto". E tra le cose essenziali, oltre al rapporto con lEvangeio, indica “ciò che accade localmenle {non lo è ciò che accade nelle alte
sjerej ', e il "praticare il sacerdozio
universale dei credenti"; e conclude
cne su tali "orientamenti e linee di
fondo non possiamo che confermarci
lerribilmente protestanti”.
Quindi quel brano, tra i vari riportati dal discorso che il past. Potter ha
rivolto sull'evangelizzazione ai vescovi
romani radunati nel loro sinodo, in cui
ha fatto osservare che l'evangelizzazione “non incombe unicamente ad
un etite, ma è compito della comunità
cristiana tutta intiera", precisando che
"questa visione della Chiesa si fa strada negli animi, a poco a poco".
Da ultimo il pezzo sul resoconto dell'incontro che il Potter, nella sua qualità di Segretario generale del CEC, ha
desiderato avere, secondo un costume
lodevole, con rappresentanti delle Chiese evangeliche membri del CEC, prima
di recarsi in Vaticano a parlare ai frateili separati.
Orbene per certo quella visione della
Chiesa evangelizzatrice espressione di
tutta la comunità dei credenti, e non
limitata ad un'élite soit-disant rappresentativa, che avrà fatto sentire lui
come tutti noi terribilmente protestanti (e pare che qualche vescovo in Vaticano se ne sia persino accorto), Potter
l'ha pensata e detta anche per noi
evangelici italiani.
Tuttavia all’incontro con il past. Potter anziché essere al caso presenti
quanto meno i tre concistori delle
Chiese membri del CEC esistenti in Roma e quelli delle altre chiese evangeliche romane in modo da offrirgli l’occasione di rivolgere un messaggio di incitamento (di cui v'è tanto bisogno) in
riferimento all'evangelizzazione da parte di “quella chiesa locale — che, come ha ricordato ai vescovi — è base
stessa dell'evangelizzazione" e che è
uno degli aspetti essenziali dell’esistenza cristiana, come ci ha ricordato Ricca, si è recata, pecum inaudito vulgo,
solo l'élite di alcuni altolocati pastori e teologi. L’unico laico, a parte forse qualche pentecostale neppur nominato nel pezzo d'agenzia pubblicato
sull'Eco-Luce, era un battista. Che bella occasione per noi valdesi, colta al
volo per essere così terribilmente non
protestanti! Pazienza, vorrà dire che
se c'è chi sta scoprendo certi valori
essenziali del vivere cristiano, v'è compensativamente chi se li sta dimenticando.
Giorgio Peyrot
Il pastore R. Nisba!
da Radio Montecarlo
Dal 1° ottobre 1974 vengono trasmessi, attraverso Trans World Radio di
Montecarlo, ogni sabato dalle ore 21
alle ore 21,15 ed ogni domenica dalle
ore 21,15 alle ore 21,30 nuovi programmi per italiani aU’estero elaborati negli studi di Wetzlar (Germania); ed
ogni giovedì, dalle ore 21 alle ore 21,15
un programma di evangelizzazione
« Parole di Vita » prodotto in Italia.
La predicazione nella trasmissione di
domenica 10 novembre 1974 verrà tenuta dal pastore valdese Roberto Nisbet (trasmissione alle ore 21,30 su onde medie 1466 kH=205 m.).
5
1" novembre 1974 — N. 43
Cronaca delle Valli
pag. 5
Quaranta studenti dell'Università
di Basilea hanno visitato le Valli
40 studenti ed un gruppo di professori della facoltà teologica dell’Università di Basilea sono stati ospiti della Foresteria di Torre Pellice la settimana scorsa. Giunti giovecd sera gli
ospiti hanno visitato Agape e la Val
Germanasca per tutta la giornata di
venerdli. Il pastore B. Rostagno ha parlato loro del lavoro di Agape e del suo
significato per la chiesa valdese e per
il protestantesimo italiano ed europeo,
interessando vivamente gli studenti. La
sera hanno avuto un incontro a Torre
Pellice col pastore E. Genre sulla situazione ecumenica e politica delle
valli e sul significato della presenza
della chiesa valdese in Italia.
Sabato visita in Val d’Angrogna e
poi incontro col presidente della Commissione distrettuale, Giorgio Tourn,
che ha presentato loro il museo di
Torre, la storia valdese del prof. Molnar, affrontando poi il problema teologico delle due Riforme. La discussione, viva e partecipata, è continuata
ancora dopo la cena sulla situazione
generale del nostro paese oggi.
I 40 studenti erano accompagnati da
alcuni loro professori; il prof. J. M.
Lochmann, prima collega del prof.
Molnar alla Facoltà teologica Comenius di Praga ed ora docente a Basilea; il prof. Max Geiger, il professor
Schmidt. Insieme a loro anche uno
studente ed un docente (prof. Conzemius) della Facoltà cattolica di Lucerna.
Domenica 27 la Comunità di Luserna S. Giovanni ha avuto il piacere di
udire la predicazione del prof. Lochmann. E. G.
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiHiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiimiiiiiiiiiiiiF
San Secondo
L'insediamento del pastore Davite è
avvenuto domenica 13 ottobre durante un culto presieduto dal presidente
della Commissione Distrettuale, Giorgio Tourn e durante jl quale l’anziano
Arnaldo Gardiol ha portato il saluto
della comunità al nuovo pastore ed alla sua famiglia. La domenica seguente
è stato amministrato il battesimo a
Silvia Paschetto terzogenita di Oscar
e di Yvette Bertin di S. Secondo. Chiediamo al Signore di aiutare i genitori
a mantenere gli impegni per questa
loro bimba. Purtroppo l’autunno è pernicioso per le persone anziane ed il 3
•ottobre è stato sepolto, con la parteci
pazione del pastore Arnaldo Genre,
uno dei fratelli più anziani della Comunità: Giovanni Paolo Paschetto, di
88 anni, abitante nel quartiere di Miradolo. Una settimana dopo veniva
seppellito, questa volta con la partecipazione del pastore Davite, Attilio Gardiol, di 74 anni, del Eric. Alle famiglie
colpite da questi lutti giunga il pensiero fraterno di tutta la comunità.
Dopo i primi giorni occupati completamente dalla sistemazione della casa, il pastore e sua moglie hanno iniziato il giro dei quartieri per prendere
contatto, sia pure molto rapido, con
le varie famiglie e conoscere dove abitano. Sarà un lavoro necessariamente
lungo a causa dell’elevato numero di
famiglie e della loro dispersione, ma
poco per volta sarà possibile prendere contatto e conoscere meglio tutti i
membri della chiesa di S. Secondo.
Le attività « invernali » stanno anche riprendendo, una per una. Il catechismo si è riaperto il 26 per i quattro anni che si ritroveranno ogni sabato; orario: I anno ore 14,30; II anno
ore 15,30; III anno ore 16,30; IV anno
ore 17,30. Ha pure ripreso le sue sedute la corale che speriamo si possa
arricchire di nuove voci. La Scuola domenicale riprende domenica 3 novembre alle ore 9,15 per tutte le classi. Si
raccomanda la puntualità in modo da
poter svolgere tutto il programma prima dell’ora del culto. Anche VUnione
femminile riapre le porte domenica 3
novembre alle 15. Tutte le sorelle sono
invitate a prendere parte a questa attività che avrà una riunione la prima
domenica di ogni mese.
Riprendono anche le riunioni quartierali. Il Concistoro sta preparando il
programma definitivo per tutto l’inverno in modo che vi sia una riunione
mensile in tutti i quartieri e due a
S. Secondo e Miradolo dove il numero delle famiglie suggerisce lo sdoppiamento di questa attività. Le prime riunioni avranno luogo giovedì 7 novembre a Miradolo presso la famiglia Fornerone e venerdì 8 a Cavoretto, presso
l’anziano. Tutte le famiglie sono caldamente invitate a partecipare a questa attività alla quale attribuiamo
grande importanza, sia per la più rapida conoscenza reciproca e sia per
poter portare e discutere a livello più
diretto i vari problemi che la nostra
fede evangelica ci pone in questo momento.
Nei prossimi giorni gli anziani or
CANTO SACRO
Inni proposti dalla Commissione del Canto Sacro allo studio delle Corali e delle
Scuole domenicali per le Feste di canto della primavera del 1975:
1 ■ CORALI
Nuovo Innario Cristiano N. 64 (1, 2, 3, 4) minima = 60-76 =
Nuovo Innorio Cristiano N. 123 (1, 2, 3) semiminima = 84-100
Nuovo Innario Cristiano N. 232 (1, 2, 3, 4, 5) semiminima 96-120 ~
Nuovo Innario Cristiano N. 269 (1, 2, 3) semiminima = 60-72 =
Psaumes et Cantiques N. 70 (1, 2) semiminima = 104
Psaumes et Cantiques N. 143 (1, 2, 3) semiminima = 108
2 - SCUOLE DOMENICALI
Nuovo Innario Cristiano N. 46 (1, 2) semiminima — 80-96
Nuovo Innario Cristiano N. 72 Ù- 2, 3) semiminima 84-100
Nuovo Innario Cristiano N. 108 (1, 2, 3, 4, 5) semiminima = 80-96 =
Nuovo Innario Cristiano N. 240 (1, 2, 3) croma = 116-132 =
Psaumes et Cantiques N. 257 (1, 2, 3) semiminima = 108-
NOTE ED OSSERVAZIONI
Le Feste di canto avranno luogo, D. v. alle date e nelle località seguenti:
CORALI
VAL CHISONE: domenica 4 maggio nel tempio di PRAMOLLO.
VAL PELLICE: domenica 11 maggio nel tempio di VILLAR PELLICE.
Le Corali della Val Germanasca potranno organizzare la Festa di canto in valle od
altrove come in passato, ovvero partecipare ad una delle Feste di Canto indicate, in
Val Chisone od in Val Pellice, dove ovviamente, saranno sempre le benvenute.
SCUOLE DOMENICALI
VAL CHISONE: domenica 18 maggio nel tempio di S. GERMANO CHISONE.
VAL PELLICE: domenica 18 maggio nel tempio di ANGROGNA-CAPOLUOGO.
Per le Scuole Domenicali della Val Germanasca vale quanto è stato detto per le
Corali.
Gli inni per le scuole domenicali saranno ciclostilati come in passato. Ogni scuola
<lomenicale potrà ritirare il quantitativo di copie necessario gratuitamente presso la
Claudiana o richiederne la spedizione franca di porto. Ringraziamo la Claudiana per
questo servizio fraterno che avrà inizio con lunedì 11 novembre.
Ogni Corale eseguirà alle prossime Feste di canto un inno od un coro, a sua scelta.
Le Corali che lo riterranno possìbile ed opportuno, potranno eseguire un inno ed un coro,
oppure due inni, ambedue di loro scelta. i-. j
Ogni Scuola domenicale è tenuta ad eseguire, alle prossime Feste di canto, oltre gli
inni d’insieme, almeno un inno di sua scelta, preferibilmente della raccolta italiana
'O iÌi*fincos0
I meironomi, a disposizione dei Direttori delle Corali e delle Scuole Domenicali,
possono essere richiesti a: Signora Eline Quattrini, Ferrerò, od al Pastore E. Alme,
^“"viVa'preghiera ai Direttori di Corali e di Scuole Domenicali di segnalare tempestivamente; onde evitare doppioni, la scelta degli inni o con per le esecuzioni particolari, al Presidente della Commissione del Canto sacro (Pastore E. Aime - 4, Via Caduti
Libertà - 10066 Torre Pellice, tei. 91389). , .
Per ricevere visite da un membro della Commissione e per avere inni o con poligrafati con duplicatore ad alcool a prezzo modico, rivolgersi al Presidente della Com
Le Scuole Domenicali e le Corali le quali non intendano partecipare alle Feste di
canto quali sono attualmente indette ed organizzate, sono pregate di comunicarlo al Presidente della Commissione entro il 31 marzo 1975. , ii r
Preghiamo le Chiese che non lo hanno ancora fatto, di voler versare alla Commissione le quote per il canto sacro, fissate di comune accordo e sanzionate dalle Con
^""Tlle'’cm1Ìralìe Scuole Domenicali ed a coloro che le dirigono la Commissione
del Canto sacro invia il suo saluto fraterno e l’augurio cordiale di un lavoro fecondo,
benedetto, compiuto con impegno e con gioia alla gloria del nostro comune Signore.
Torre Pollice, novembre 1974 COMMISSIONE DEL CANTO SACRO
ganizzeranno anche la raccolta dei doni in natura per l’Asilo dei vecchi di
S. Germano e per il Rifugio Carlo Alberto di S. Giovanni. Il vostro aiuto
sarà prezioso in questo periodo di così
grande aumento dei prezzi per permettere a questi nostri istituti di compiere il loro lavoro di solidarietà con
chi si trova nel bisogno.
F. Davite
San Germano
Chisone
Durante il culto del 27 ottobre u. s.
ha avuto luogo la prevista Assemblea
di Chiesa per ascoltare )a relazione dei
nostri due delegati allo scorso Sinodo.
Siamo molto riconoscenti al gepm.
Carlo Tron ed al dott. Gustavo Ribet
non soltanto per l’esposizione nello
stesso tempo accurata, chiara e sintetica che hanno tenuto a farci, ma anche per aver previsto un testo ciclostilato da distribuire ai presenti. In tal
modo sarà possibile rileggere con calma le impressioni che ci hanno dato
a voce. La relazione ha toccato in particolar modo il Centenario di Valdo,
la fusione Com-Nuovi Tempi, la questione dei nostri Istituti di Istruzione,
l’integrazione Valdo-Metodista, la Ciov,
la stampa.
E stata espressa' una forte perplessità per la fusione Com-Nuovi Tempi,
che uno dei presenti ha considerato
come fondata più su affinità politiche
che su una profonda esigenza di evangelizzazione « al di fuori », che pure
sarebbe stata la sola ragione valida
per tale fusione. Ribadita la convinzione della validità del lavoro compiuto dai nostri Istituti di Istruzione e
la necessità di sostenerlo fino in fondo. Da notare che il Comitato del Collegio e della Scuola Latina ha recentemente deciso di aumentare i salari
dei professori del 20%, secondo il piano già espresso in Sinodo. Ciò comporterà un aggravio di parecchi milioni per il bilancio di quest’anno.
Ci si è rallegrati per la prevista integrazione valdo-metodista, augurandosi che essa permetta alle due chiese
di mettere veramente in comune i loro doni rispettivi. Cogliamo questa occasione per ricordare che da qualche
tempo vive in mezzo a noi una famiglia metodista, la famiglia Morbo e
per augurarle di potersi ambientare
perfettamente a San Germano!
Giovanni Conte
iiiiiiiiiiiiiiiiiuiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMMiiiimiiiiiiiiiiii
'.r
Prali
Il pastore Davite ha tenuto la predicazione di commiato domenica 6 ottobre in una chiesa affollata e davanti ad
una comunità che ha manifestato in
molti modi il suo affetto alla famiglia
del pastore ed il suo rincrescimento
per la partenza.
Purtroppo il pastore Elio Maggi che
avrebbe dovuto arrivare verso la metà
di ottobre avrà un ritardo di circa 4
settimane giungendo via mare piuttosto che per via aerea. Pur rammaricandosi di questo contrattempo, sopratutto a causa de! ritardo che esso comporta per Tinizio delle varie attività,
la comunità ha reagito in modo positivo con la collaborazione di parecchi
membri di chiesa e dei pastori Bruno
Rostagno e Franco Davite che assicurano la continuità della presenza pastorale a Prali. Le predicazioni del mese di ottobre sono state fatte dall’anziano Brando Tron e dai pastori Bruno Rostagno e Giorgio Tourn.
Sono stati celebrati in questo periodo due matrimoni. Orietta Rostan di
Ghigo si è unita in matrimonio con
Claudio Pus (Perosal il 19 ottobre ed il
sabato seguente, il 26, si sono sposati
Marco Grill di Ghigo con Sandra Agli
(Torre Pellice). La comunità si rallegra con questi sposi anche per la loro
decisione di stabilirsi a Prali e di creare così nuova fonte di speranza per la
comunità pralina.
Sono nati due bambini in famiglie
di Prali o di pralini; Ivano Richard,
secondogenito di Emilio e di Miranda
Grill nato il 15 ottobre e Federico Genre, primogenito di Amato e di Piera
Breusa nato tre giorni dopo. I nostri
rallegramenti ai genitori ed a Dino Richard promosso al ruolo di fratello
maggiore.
Purtroppo non manca anche una nota triste; la scomparsa della decana
di Prali, Dando Susanna Rostan ved.
Rostan dei Pomieri, mancata il 23 dello stesso mese. Con lei scompare una
tipica figura di montanara schiva e tenace che ha saputo affrontare le molte
difficoltà della vita con fermezza e con
fede. Il nostro pensiero fraterno e solidale alla figlia ed alla sua famiglia.
F. Davite
VALLI CHISONE E GERMANASCA
Riunione del Consiglio
della Comunità Montana
I consigUeri deUa Comunità Montana si sono riuniti U 26 ottobre a Per^a
Argentina in seduta straordinaria, per prendere aicune decisioni di una certa
urgenza. Nei corso dei dibattito non sono tuttavia mancati i momenti polemici,
dovuti come sempre aU’opposizione dei soliti sindaci; Carlo Trombotto di Pe*
rosa e Alex Berton di Pragelato. I rappresentanti di questi Comuni non sono
ancora riusciti a digerire la delusione
Giornata
della Scuola Latina
Domenica 17 novembre, avrà luogo
a Pomaretto la tradizionale Giornata
della Scuola Latina.
Per informazioni e adesioni al pranzo, rivolgersi a: Prof. Elsa Balma, tei.
(0121)83.26; M.a Germana Costantin,
tei. (0121)81.188; Scuola Latina, tei.
(0121)81.498.
Associazione Amici Scuola Latina ■
10080 Pomaretto - c.c.p. 2/20928.
provata l’anno scorso, quando il loro
candidato non è riuscito a farsi eleggere presidente, perciò non perdono una
occasione per manifestare il loro dissenso, polemizzando su qualsiasi argomento e astenendosi in quasi tutte le
votazioni.
I Comuni di Porosa e Pragelato si
sono quindi dissociati dal servizio di
medicina scolastica che ha avuto comunque l’approvazione degli altri Comuni e che entrerà in funzione durante l’anno scolastico in corso. Saranno
istituiti nove corsi di ginnastica correttiva per gli alunni delle scuole elementari visitati l’anno scorso: uno a San
Germano, cinque a Villar Perosa, uno
a Pomaretto, uno a Fenestrelle e uno a
Perrero.
II servizio di medicina scolastica
prevede inoltre una convenzione con
l’Ospedale Civile di Pinerolo per le
prestazioni di un medico pediatra eventualmente assistito da un’infermiera.
Gli alunni delle classi terza e quinta
saranno invece condotti a Torino, al
Centro di Medicina dello Sport per una serie di visite che richiedono un’attrezzatura particolare.
Su questo punto l’assemblea ha manifestato qualche perplessità, espressa
da alcuni col timore che queste visite
di massa costino più di quello che valgono. Il Presidente Maccari ha osservato che non si è potuto organizzare
nulla per quanto riguarda l’assistenza
psicologica scolastica, perché in questi
casi bisogna considerare il bambino
nel proprio ambiente e non come un
caso clinico a sé stante. Se si continua
su questa linea, la Comunità Montana
dovrà avere un servizio sanitario organizzato su basi stabili, per essere di
effettivo aiuto alla popolazione.
Un altro servizio della Comimità
Montana che ha fatto esplodere le proteste dei sindaci di Perosa e Pragelato
è stato quello relativo all’assistenza
tecnico-agricola. Le iniziative della Regione Piemonte per lo sviluppo della
zootecnia richiedono ima certa rapidità nella presentazione delle domande,
perciò la Giunta della Comunità Montana proponeva di assumere per un
certo periodo di tempo un tecnico agrario e di prendere contatto con i
superstiti allevatori della zona. Accusa
to di totalitarismo dai due scatenati
colleghi, il Presidente si è difeso e finalmente l’assemblea ha votato a favore dell’iniziativa. Il tecnico incaricato è il dottor Giancarlo Bounous di
S. Germano.
Un’altra decisione interessante è stata presa: la-;pubblicazione di im bollettino della Comunità Montana da inviare ai consiglieri comunali e ad altre persone socialmente impegnate per
informare sull’attività svolta e su quella programmata.
Per quanto riguarda la parte amministrativa, il segretario provvisorio,
dott. Bascetta, è stato riconfermato
come segretario definitivo ed è stato
affidato il servizio di tesoreria all’Istituto S. Paolo di Perosa.
Concludendo la seduta il Presidente
ha ancora riferito che le trattative per
Taffitto di alcuni locali dell’ex Istituto
Salesiano sembrano avviarsi bene. Il
parroco di Perosa attuale avrebbe ridotto la cifra da 150.000 a 100.000, per
cui si può presumere che la Comunità
Montana avrà presto una sede conveniente alla sua attività.
Il corso di assistenza pratica agli anziani ha anche ottenuto un certo successo ed è stato seguito con regolarità
da circa sessanta persone.
Per il futuro il Presidente ha ricordato che è necessario predisporre il
piano di sviluppo economico e sociale
e che quindi il Consiglio dovrà essere
consultato con una certa frequenza.
Nei mesi di novembre e di dicembre
la Comunità Montana dovrà quindi
programmare nel modo migliore l’attività futura, compito non certo facile,
nell’attuale situazione politica.
L. V.
Perrero
BIBLIOTECA COMUNALE
Il nuovo orario del posto di prestito
di Perrero è il seguente:
Lunedì : dalle ore 18 alle 20
Mercoledì : dalle ore 16 alle 18
Sabato : dalle ore 16 alle 18
Il cambio dei libri avrà luogo .il 18
novembre.
UN’INIZIATIVA DA SOSTENERE
lautoriduzione delle bellette ENEL
In tutto il Piemonte continua la raccolta delle firme per l’autoriduzione delle bollette dell’energia elettrica. Difficile dire quante migliaia
siano già state raccolte. Una cosa però è certa, l’adesione continua e
forse aumenterà ancora di più quando le famiglie vedranno arrivare
le nuove bollette con l’aumento del 70%. Nel pinerolese i vari comitati di quartiere sono impegnati con una massiccia mobilitazione per
facilitare l’adesione delle famiglie alla protesta. Il 12 ottobre i Comitati
di quartiere di Pinerolo insieme ad al
tri gruppi del pinerolese e delle valli
hanno diffuso un comunicato in cui
individuano, accanto all’autoriduzione
delle tariffe ENEL altri obiettivi di lotta: la scuola, il problema degli anziani,
il problema della casa, delTagricoltura ecc.
Che l’iniziativa trovi nel pinerolese
una risposta positiva è ben comprensibile: Lautoriduzione è nata proprio
qui, a Pinerolo. Lunedì 26 agosto, gli
operai che scendono ogni giorno per il
lavoro a Rivalla, di fronte all’improvviso ed ingiustificato aumento degli
abbonamenti del 30-40% voluto dalla
Cavourese e dalla SAPAV, decidono di
impegnarsi nella lotta contro questo
aumento-rapina, pagando ai sindacati
il vecchio prezzo, i sindacati pensano
poi a pagare alla direzione delle autolinee le somme raccolte. Di qua l’autoriduzione che si è poi estesa e generalizzata.
L’autoriduzione ENEL è un’iniziativa che non coinvolge soltanto le famiglie dei pendolari, operai e studenti,
ma tutte le famiglie; per questo è possibile un impegno veramente unitario
per combattere concretamente il carovita ed il continuo aumento dei prezzi.
Per questo non manca, quotidianamente, sulla stampa, l’intimidazione,
la minaccia, il ricatto. In un recente
comunicato l’UNACEL (unione nazionale aziende consumatrici energia elettrica) dice; « Il diffondersi di una forma di protesta porterebbe a una conseguente riduzione degli introiti dell’ENEL, tale da ostacolare l’urgente
realizzazione dei programmi di nuovi
impianti, aggravando la crisi dell’energia già in atto ». Di qui la minaccia del
taglio dei fili, dei licenziamenti, ecc.
L’iniziativa è sostenuta dai sindacati
CGIL-CISL-UIL che hanno diffuso nelle fabbriche i moduli per l’autoriduzione e di qui alla portata della popolazione.
Come si sa l’autoriduzione ENEL
consiste in questo: occorre sottoscrivere l’impegno a pagare solo il 50%
della bolletta, indicando il numero di
codice della bolletta vecchia. Le firme
vengono poi fatte pervenire dai sindacati aH’ENEL. Dopo questa prima operazione, quando arriva la bolletta con
l'aumento del 70%, si compilerà il modulo di conto corrente postale consegnato all’atto della firma, indicando la
cifra del 50% rispetto alla bolletta presentata. Va chiarito che il pagamento
del 50% della bolletta indica soltanto
un anticipo sul totale; ciò significa che
quando avremo un governo sarà possibile stabilire con i sindacati una tariffa che non sia un aumento del 70%,
cioè una vera e propria rapina verso
la popolazione utente e completare
quindi il versamento.
Questa forma di protesta civile contro la politica del governo che tenta
continuamente di far pagare ai lavoratori le conseguenze della crisi del sistema capitalistico del paese va sostenuta e incoraggiata, senza lasciarsi intimidire dai ricatti e dalla paura che
la stampa cerca di diffondere perché
questa iniziativa popolare venga battuta. E. G.
RilIOKE ADRIAÌICil DI SICITA’
l’ASSICDRATRICE ITALIANA
TUTTI I RAMI ASSICURATIVI
Incendio - vita - grandine - furti
- cristalli - trasporti - infortuni responsabilità civile
SUB-AGENZIA di TORRE PELLICE
ATTILIO SIBILLE
Viale Dante 10/4 — tei. 91.840
Assicurarsi vuol dire
garanzia sicurezza tranquillità
6
pag. 6
I NOSTRI GIORNI
N. 43 — 1“ novembre 1974
VITA ITALIANA a cura di Emilio Nitti
H partito americano
Non si può accettare la proposta di elezioni anticipate - Occorrono scelte di governo popolari e libere da
condizionamenti stranieri
Ancora una crisi di governo e la
gente si chiede perché. Si sa, l'economia del Paese va a rotoli, il carovita
incalza sotto le spinte dell’inflazione e
lo stipendio non basta per arrivare alla flne del mese. Proprio questo però
non è il momento di sciogliere il governo, ma piuttosto di correggerne la
linea, facendo in modo di ridurre il
danno che ne subiscono i lavoratori,
e tutelandoli dalle speculazioni e dalla disoccupazione. Del resto la colpa
della crisi non può essere addebitata
alle masse popolari, bensì proprio ai
governanti. Ci si aspettava quindi che
essi volessero modiflcare il loro comportamento ed invece, ecco, inaspettato ai più, airindomani del viaggio di
Leone in USA (coincidenza non occasionale) le dimissioni del quinto gabinetto Rumor. È stato il PSDI ad iniziare ima serrata e intransigente polemica con il PSI circa la delimitazione
della maggioranza e le scelte di politica economica. Ne è nata la contorta
deflnizione « con il PSI non si può governare, senza il ÍPSI non c’è maggioranza »... Sono quindi iniziate le esplorazioni di Spagnoili prima, di Fanfani
poi e si è fatta pesare la proposta del
ricorso a nuove elezioni. Il PSDI è rimasto isolato in questa richiesta anche se la DC non ha rifiutato chiaramente questa prospettiva. Ma la gente non può comprendere queste assurde e periodiche polemiche tra i partiti di maggioranza, « ogni tanto cambia
governo, ma è sempre di centro-sinistra »; ed ora vuole un -governo migliore e non campagne elettorali, vuole precisi impegni politici da parte delle forze già presenti in parlamento e
che possono benissimo dar vita ad un
governo fondato su una solida maggioranza. Tanto più che precedentemente non si è neppure tentata una
■ Il 1° novembre si costituisce una nuova
organizzazione internazionale intergovernativa : l’OMT, Organizzazione Mondiale per
il Turismo.
■ Oltre 10 dei 24 milioni di abitanti dello
Statò di Orissa, nella Confederazione indiana, sono alla fame e minacciati da epidemie; un drammatico esodo, per lo più tragicamente vano, porta centinaia di migliaia di
persone dalle campagne isolate verso le città,
nella speranza di trovare e acquistare un po’
di cibo vendendo le proprie povere cose.
B Nel Guatemala è entrato in eruzione il
vulcano Fuego, nella regione agricola
sudorientale del paese : i danni, sopratutto
alle colture, superano già i 30 milioni di dollari. È un secondo, duro colpo per la -vita
guatemalteca : alcune settimane fa, infatti,
l’uragano « Fifi » che ha seminato morte e
distruzione nel contiguo Honduras, aveva già
pure danneggiato seriamente l’agricoltura e
le vie di comunicazione del Guatemala.
■ Entro il 1980 il commercio estero cinese
raggiungerà i 15 miliardi di dollari (quasi mille miliardi di lire) e i carichi saranno
trasportati quasi interamente da navi della
« Società spedizioni oceaniche », della Repubblica popolare. Gli enti marittimi cinesi possiedono 270 unità mercantili per circa
2.700.000 tonnellate e impiegano numerose
unità noleggiate. Oltre a costruire navi proprie, la Cina ha comprato o ordinato unità a
cantieri romeni, giapponesi e jugoslavi, e
iiiimiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiii
Distretto scolastico
(segue da pag. 4)
un socialista ha chiesto che si prendesse almeno in considerazione l’istituzione di un distretto scolastico delle Valli Valdesi per un
secondo tempo, entro due anni. Mi pare evidente che alle Valli in questi ultimi anni si
sia data molta importanza agli anziani, come
è giusto e tradizionale, e molta poca ai giovani, o con prospettive sbagliate o insufficienti. È una manifestazione, a mio avviso, di
una concezione dell’avvenire delle Valli sbagliata o insufficente, che investe tanto i cittadini cattolici, che quelli valdesi, che gli
altri.
È vero. Per la città di Torino si prevede
un distretto scolastico per 28.000 abitanti, a
quanto si legge sui giornali, mentre per la
montagna, per una zona così vasta e tipica si
prevede l’inglobamento in un distretto con
situazioni differenziate e più di 100.000 abitanti, che la legge sconsiglia. E la situazione
SI ripete analoga per la montagna sopra Saluzzo e per la montagna sopra Cuneo, nella Provincia vicina. Si obietterà che in queste montagne manca una sufficente struttura di
scuole superiori, mostrando così che questa
struttura non la si vuole e che si tengono gli
occhi volti verso una decadenza che viene,
dal passato anziché verso un programma di
avvenire. O mi sbaglio?
La dimensione migliore per un ente scolastico che si presenti ora autonomo, sia pure
con molto scarsa autorità, rispetto ai superiori enti centralisti, come il Provveditorato
agli Studi, mi pare quella delle classiche Valli Valdesi, comprendendo anche almeno tutta la Val Chisone, e con eventuali articolazioni interne. Si sta diffondendo la tendenza a
considerare insuificenti per estensione territoriale le attuali Comunità Montane, si prospettano consorzi tra di esse. La .proposta di
distretti alpini, avanzala da sparuti gruppi
occitani, viene ripresa. Attraverso diverse leggi imperfette si delinea così un distretto polivalente. In un paese che non ha alcuna intenzione di morire di golpe o di marasma è
una ristrutturazione da prendere in considerazione.
Se c’è interesse per fare queste cose, si può
agire subito e nei prossimi anni.
Gustavo Malan
negli ultimi tre anni ha acquistato 200 navi
di seconda mano sopratutto da armatori scandinavi, francesi, olandesi e tedeschi. Navi
mercantili cinesi già operano in 160 porti di
58 Paesi, mentre lavorano attivamente a costruirne i cantieri di Canton, Shanghai, Tientsin e Dairen. In previsione dello sviluppo del
commercio estero cinese, il consiglio delle camere di commercio deU’Asia-Pacifìco, riunito
a Okìnava, ha sollecitato la concessione alla
Cina, da parte del Congresso di Washington,
della clausola di ’’nazione più favorita”.
B « Rapina in corso » : d’ora in poi un’insegna luminosa con queste parole si accenderà sulla porta d’ingresso delle 160 agenzie newyorkesi della Chemical Bank nel caso
che all’interno vi sia in atto una rapina. Negli ultimi due anni le rapine nella metropoli
sono più che raddoppiate: 183 nel 1972 e 370
nel 1973.
B Nove obiettori di coscienza greci, « testimoni di Geova », sono stati condannati
a pene varianti dai 7 ai 20 anni di carcere
per non avere risposto alla mobilitazione generale proclamata lo scorso luglio in occasione della crisi di Cipro.
verifica degli impegni programmatici
dei partiti di governo ed invece, temendo che una riunione di questo genere risultasse « dirompente », si è fatto direttamente esplodere la crisi.
Mentre scriviamo non sappiamo quale sbocco potrà avere la crisi dopo la
ripresa delle consultazioni da parte
del Presidente della Repubblica, possiamo dire che per ora il fallimento
dell’esplorazione di Fanfani è stato
determinato, almeno ufficialmente, dall’irrigidimento del PSDI che non ha
voluto accedere alle richiesta socialista di un rapporto diverso della maggioranza con l’opposizione di sinistra
e con i sindacati dei lavoratori. Facendo forza sui risultati del referendum e delle elezioni regionali sarde il
PSI ritiene infatti di poter far pesare
maggiormente la sua matrice popolare. Le polemiche governative accrescono l’insofferenza istintiva verso nuove elezioni ( « tanto tutto, dopo, resta
come prima ») che potrebbe parere
derivata da un atteggiamento qualunquistico e poco responsabile; ma vi
sono anche dei motivi precisi ed importanti per cui il ricorso alle elezioni non è accettabile in questo momento. Esso bloccherebbe l’attività legislativa che deve affrontare temi scottanti come la riforma sanitaria, della
RAI-TV, del diritto di famiglia, l’estensione del voto ai diciottenni, e anche,
tra l’altro, alcune interessanti autorizzazioni a procedere contro esponenti
missini (Rauti e Saccucci) indiziati per
la stra.ge di piazza Fontana e per il fallito golpe di Borghese. Inoltre procurerebbe probabilmente un ritardo delle amministrative della prossima primavera e, comunque, con il vuoto di
potere che determinerebbe, aggraverebbe la situazione economica, lasciando ancor più carta bianca alla speculazione e al ricatto padronale. Sul piano politico inoltre esso radicalizzerebbe le posizioni dei partiti e produrrebbe, come già altre volte si è verificato, un raffreddamento nel processo unitario dei sindacati, già minacciato da tendenze scissionistiche all’interno della CISL e della UIL.
Mai come in questo periodo sta venendo alla luce il fatto che le scelte
di fondo della politica italiana sono
decise a Washington e c’è perfino chi
parla oggi di un partito americano
che abbraccia esponenti del PSDI, PLI
e DC. Le pressioni ormai esplicite dell’ambasciatore statunitense John Voi
pe per una rigida delimitazione a sinistra della maggioranza e per uno
scontro frontale con i sindacati costituiscono un’ingerenza intollerabile nella vita nazionale e nello stesso tempo
manifestano l’asservimento allo straniero di alcuni gruppi di potere. In
questo contesto non meraviglia la durezza del padronato italiano nel trattare con i sindacati il problema della
contingenza, come è già avvenuto a
proposito della vertenza FIAT.
HELDER CAMARA A TORINO
Ud carro armiti oís alloggi?
Helder Camara, il vescovo cattolico
del Mordeste brasiliano, ben noto anche ai nostri lettori per le sue decise
e coraggiose prese di posizione, in occasione della sue venuta in Italia per
il sinodo romano, ha fatto una puntata fino a Torino dove ha parlato dinnanzi a migliaia di giovani e dove ha
in seguito tenuto una conferenza stampa. Il suo discorso si è incentrato sulla sempre più drammatica situazione
dei paesi poveri, che sono gli stessi
— egli ha ricordato — dove hanno infuriato tutte le guerre degli ultimi 25
anni. La dittatura militare del suo paese lo perseguita in ocrni modo ed una
drammatica testimonianza viene offerta dalla sua stessa abitazione, sforacchiata da molte raffiche di mitra.
Mentre la conferenza vera e propria
ha ripreso i grandi temi dello sfruttamento dei paesi ricchi sui paesi poveri e sulle gravi responsabilità dei cristiani, la successiva conferenza stampa ha fornito nuovi elementi che ci
toccano molto da vicino, in quanto cittadini italiani, elementi che la maggior
parte di noi apprenderà ora per la prima volta tramite l’impegno e la testimonianza di un vescovo brasiliano.
Helder Camara, rifacendosi ad una
mostra itinerante del Sermig (un’organizzazione di giovani torinesi che si
occupano del Terzo mondo), mostra
che è stata appunto presentata in occasione della sua visita, ha precisato
che, su 170 nazioni del mondo, l’Italia
è al quinto posto, per le spese delle
forze armate. L’attuale bilancio del Ministero della difesa è di 2373 miliardi
(vale a dire che si spendono giornal
mente per l’esercito 6 miliardi e mezzo), mentre quello della Sanità è di
202 miliardi! Ma sono stati forniti altri interessanti particolari: ogni carro
armato Leopard (che sono quelli acquistati dall’Italia) cosfa come 15 alloggi popolari. Un cacciabombardiere
F. 104 (in dotazione all’aeronautica militare italiana) vale come 60 aule per
1800 studenti. Ogni ora di volo dello
stesso aereo equivale alla pensione minima mensile per 40 persone. Un colpo
di cannone costa come i libri di testo
per tre anni di uno studente che frequenti la scuola media.
A proposito di armamenti, Helder
Camara ha inoltre ricordato che proprio in questi giorni si apre a Parigi il
Salone delle armi, nel quale (solo per
inviti!) si contratteranno gli armamenti che serviranno alle prossime guerre.
Camara, nel ricordare questa agghiacciante « mostra » si è appellato alla solidarietà di tutti affinché venga soppressa.
Quattro novembre
« Quattro novembre: i giovani
l’hanno costruita, i giovani la difenderanno ». Così afferma, riferendosi ovviamente alla Patria, un enorme manifesto pubblicato a cura delle Forze Armate e che troneggia in questi giorni
nelle scuole italiane.
questo uno dei modi con cui le nostre autorità — civili, militari e... religiose — ci propongono ogni anno la
celebrazione del 4 novembre, anniversario della vittoria del 1918, giornata
delle Forze Armate nonché del combattente, del decorato al valor militare
e dell’orfano di guerra. E, ogni anno,
le nostre autorità si « dimenticano »
di dire la verità: non ci dicono che
quella guerra fu un’« inutile strage »,
che Giolitti aveva la certezza di poter
ottenere gratis quello che fu poi ottenuto al prezzo di seicentomila morti,
e che la maggioranza della Camera era
con lui.
Non ci dicono che il popolo non voleva quella guerra: 470.000 italiani non'
iiiiiiiiiiiiiiliiiiiiiiiliiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiliiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiim'iniiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii.iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
UN’ANGOSCIA
STRISCIANTE...
■^... potrebbe definirsi il complesso
dei sintomi della
malattia che variamente tormenta
molti popoli del mondo « tecnologicamente progredito »: più di tutti forse
l’Italia, l’Inghilterra, gli USA, la Svizzera...
Sì, ormai anche la Svizzera, perfino
la Svizzera! Il periodo di travaglio politico conclusosi col voto del 20.10, cioè
col referendum indetto dal partito di
« Azione Nazionale » (allo scopo di
espellere dalla Confederazione gran
numero di lavoratori stranieri, quindi
anzitutto molti italiani), lo dimostra
in modo evidente. Non dite più: « Felix Helvetia! » (= Oh! Svizzera felice!).
Sul detto referendum vogliamo riportare due dichiarazioni fatte da auterevoli esponenti sviperi.
1) « Una volta di più il popolo svizzero ha dato prova di saggezza e di
maturità civica. Il rifiuto dell’iniziativa è stato massiccio. La risposta uscita dalle urne è stata netta. Non v’è posto in Svizzera per il razzismo, per le
azioni inumane, per le avventure pericolose. Il nostro primo pensiero vuol
essere di gratitudine verso le cittadine e i cittadini che hanno contribuito,
col loro voto negativo, a salvare il
prestigio e il buon nome del paese. La
Svizzera è ancora una nazione che
può presentarsi a testa alta nei congressi internazionali (...). Tuttavia il
problema dell’eccesso di popolazione
straniera rimane. Noi abbiamo combattuto i metodi preconizzati dall’Azione Nazionale per risolverlo, ma noi
non abbiamo mai negato le ragioni
obiettive della necessità d’una stabilizzazione, o addirittura d’una riduzione del numero degli stranieri in Svizzera. Non bisogna mai lasciar solo il
Consiglio Federale, ad eseguire un
compito così difficile. Tutti vi devono
contribuire: i cantoni, i comuni, l’economia, con spirito di solidarietà, al
disopra degl’interessi particolari, senza polemiche fra coloro che vogliono
e devono soddisfare agl’iriteressi legittimi della comunità nazionale ».
(Dichiarazione dell’ex consigliere federale Nello Celio, presidente del comitato contro l’iniziativa dell’Azione
Nazionale. Dal « Journal de Genève »
del 21.10.’74).
2) «Il risultato della votazione popolare del 20.10 sulla terza iniziativa
antistranieri dell’A. N., respinta da
due cittadini su tre, rappresenta una
Coop. Tip. Subalpina ■ Torre Pelliee (Torino) chiara ed inequivocabile risposta po
Echi della settimana
a cura di Tullio Viola
Diretu>re responsabile; Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pìnerolo
N. 175 - 8/'l/1960
polare al tentativo reazionario della
destra svizzera.
Il nostro partito, che si è battuto
con tutta la sua energia contro il tentativo avventurista, antioperaio e antipopolare, della destra xenofoba reazionaria, si compiace del massiccio
voto negativo all’iniziativa antistranieri. Ma al dilà del positivo risultato
contingente, dobbiamo purtroppo riconoscere che il movimento xenofobo
è riuscito, ancora una volta, nel suo
intento di cercar di dividere la classe
operaia contrapponendole le sue due
componenti, svizzeri e immigrati. Se
il no ha prevalso in misura insperata,
è anche grazie alla paura, al massiccio impegno padronale, e al rifiuto del
pericolo d’un’accelerazione della crisi
economica in atto.
Il compito urgente e prioritario che
oggi si pone, più di prima, al movimento operaio e alle sue forze della
sinistra di classe, è quello di ricostituire una reale unità di classe, unità
che è solo possibile con lotte unitarie
e globali, con una strategia alternativa
a quella del grande capitale, che copra il vuoto politico creatosi dall’abdicazione alla lotta delle forze tradizionali del movimento operaio: socialdemocrazia e movimento sindacale
collaborazionista ».
(Dichiarazione rilasciata a Lugano
da Marco Kraehenbiihl, responsabile
dell’ufficio politico del Partito Socialista Autonomo Svizzero. Dal « Manifesto » del 22.10.’74).
Due dichiarazioni, come si vede,
molto diverse: la prima, piuttosto vuota di contenuto, sembra muoversi da
premesse liberali e, in ogni caso, conservatrici; la seconda invece è ricca
di tensione ideale e di progetti per un
sano rinnovamento sociale. Non ci
sembra che i saggi (?) consigli del sig.
Celio possano aver benefico effetto,
quando già si profila all’orizzonte un
nuovo referendum, questa volta molto più insidioso (perché più moderato
e sfumato) e proposto a breve scadenza da persona, come lo Schwarzenbach, assai abile e sperimentata.
Che fiducia si può dare al Consiglio
Federale se, dall’epoca del precedente referendum (giugno ’70, anch’esso
promosso dallo Schwarzenbach), ha
agito con tanta debolezza da non saper affrontare seriamente le difficoltà
(Il numero degli
stranieri residenti
in Svizzera, dal 1969
al 1974, è infatti
salito rapidamente
da 990.000 circa, a
1.390.000 circa).
Crediamo che quegli svizzeri che
hanno una profonda ed aperta coscienza politica, se lo chiedano anch’essi e
ne provino una segreta inquietudine '
LE PREVISIONI SBAGLIATE
Sono frequenti perfino quando
vengono formulate da persone che sono (o che dovrebbero essere) particolarmente esperte in materia.
« Mentre a Pechino si celebrava, nella prima metà d’ottobre, il 25° anniversario della Repubblica Popolare Cinese, a Washington il sig. Robert Mac
Ñamara dipingeva, con parole drammatiche, la fame da cui è minacciato
il terzo mondo. Secondo il direttore
della Banca Mondiale, la Cina non fa
più parte ormai di questo "universo di
poveri” e non ha quindi nulla da temere da una simile catastrofe. Eppure, nel 1949, in un celebre “Libro bianco” pubblicato dal Dipartimento di
Stato, i principali esperti americarii
spiegavano come qualmente, a causa
dell’eccedenza di popolazione e della
carenza dello spazio coltivabile, la Cina non sarebbe stata in grado di evitare le carestie a ripetizione (e ciò indipendentemente dal suo sistema di
governo). Washington è stata poi costretta a riconoscere che questa sua
previsione era sbagliata; anzi ora il
Congresso americano prevede che la
Cina sarà, prima della fine del secolo,
una potenza economica di primo piano. Contrariamente a quanto pensavano gli esperti, il sistema di governo
messo su dai Cinesi ha saputo dunque
trionfare di certe "conseguenze fatali”.
Quale straordinario omaggio reso a
Mao e ai suoi compagni! Così ora gli
americani riconoscono a questi il merito d’aver allontanato lo spettro della fame da un quarto dell’umanità:
quegli stessi americani che, poco tempo fa. li attaccavano con rancore e
con perseveranza tali, quali mai avevano dimostrato verso còri paesi socialisti. Tanto più straordinario è dunque l’omaggio ».
(Da un articolo di K. S. Karol sul
« Nouvel Observateur » del 7-13.10.’74).
^ Cfr. i nostri due artìcoli : « Operai stagionali in Svizzera », e « Sfruttamento ». su questo settimanale (rispettivam. n. 39 del 4.10, e
n. 40 dell’11.10.’74).
risposero alla chiamata, e 210.000 sol
dati vennero condannati dai tribunali
militari per essersi ribellati al macello.
« Caro padre, — scriveva uno di questi — la guerra è ingiusta, perché è voluta da una minoranza di uomini i quali, profittando dell’ignoranza della
grande massa del popolo si sono impadroniti di tutte le forze per poter soggiogare, comandare e massacrare; gli
fa la guerra è il popolo, i lavoratori,
loro che hanno le mani callose; e sono
questi che muoiono, sono essi i sacrificati, mentre gli altri, i ricchi, riescono
a mettersi al sicuro ».
Non ci dicono che la « guerra vittoriosa » ci regalò il fascismo; « era nel
1922, scriveva don Milani, che bisognava difendere la Patria aggredita. Ma
l’esercito non la difese. Stette ad aspettare ordini che non arrivarono ».
Tutto questo, le autorità non ce lo dicono, ma ci chiedono di celebrare con
loro questa data, con le loro cerimonie, le loro commemorazioni, i loro
manifesti.
Sono perciò convinto che, come cristiani, abbiamo il dovere di rifiutare
decisamente questa celebrazione, e di
associarsi a coloro che approfittano di
questa data per farne una « controcelebrazione » che smascheri le menzogne
su cui essa si fonda.
Proprio in questi giorni, accanto ai
soliti manifesti commemorativi, sui
muri di numerose città italiane compaiono dei manifesti diversi: sono
quelli del Movimento Nonviolento,
quelli stessi che avevano provocato la
condanna del responsabile del Movimento e che, nonostante questo e anzi
proprio per questo, si è voluto ripubblicare.
Il loro titolo è significativo: 4 Novembre: non festa ma lutto.
È uno slogan che vogliamo fare nostro, augurandoci che per i cristiani i'
4 novembre sia un’occasione per meditare sull’assurdità e l’ingiustizia della
guerra e del militarismo. Ma, poiché
spesso le nostre meditazioni sono fini
a se stesse, e rimangono al livello di
rievocazioni storiche, auguriamoci anche di saperci interrogare concretamente e seriamente sulle responsabilità che ciascuno di noi ha nel mantenimento della guerra, del militarismo
e deH’ingiustizia oggi.
Processo
alla nonviolenza
Il « processo alla nonviolenza »,
di cui avevamo dato notizia sul numero 41, è iniziato a Torino il 23 ottobre,
per poi concludersi il giorno dopo con
un rinvio che rappresenta una prima,
anche se molto parziale vittoria degli
imputati.
La temperatura iniziale del processo
sembrava essere alquanto negativa, e
tutti quanti eravamo presenti avevamo la netta sensazione che esso si sarebbe concluso con una serie di pesanti condanne per gli otto imputati. Tutte le richieste della difesa — tra cui
alcune eccezioni di incostituzionalità
— erano state respinte dalla Corte.
In particolare, la difesa chiedeva che
non venisse tenuto conto delle testimonianze di quei carabinieri che, come sappiamo, erano stati accusati di
falsa testimonianza per aver sostenuto
che uno degli imputati, Beppe Marasso, avesse con se un manganello ferrato durante una dimostrazione pacifista. Respinta anche questa istanza, la
difesa chiedeva che almeno non ci si
accontentasse delle testimonianze scritte, ma che venisse interrogato in particolare uno dei carabinieri, che sembrava essere caduto in contraddizione. A
questo punto il Presidente della Corte,
probabilmente messo in minoranza dai
giudici popolari, decideva di rinviare
il processo, che verrà quindi celebrato
nei primi mesi del 1975.
Luca Negro