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ECO
DELLE VALLI VALDESI
Past. TACCIA Alberto
10060 ANGHOOBA
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 98 - N. 24
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TORRE PELLICE 14 Giugno 1968
V'ttmiti Claudiana Torre Pellice - C.C.P. 2-17557
Chiederò conto della vita deiruomo alla mano deiruomo Mentre circola per i nostri cinema “ Pane amaro „
Non ucciderò DoDo^ tante parole, un piccolo gesto
Q’ j il giovane che ha sparato a
Robert Kennedy avesse ascoltato questo comandamento, se prima di uccidere gli fosse balenata
nella mente e nel cuore questa parola di Dio, certamente la rivoltella gli sarebbe caduta dalla mano,
come la pietra dalla mano dei Farisei quando Gesù disse loro una
parola, davanti all’adultera, che
secondo loro doveva morire. Ma
Sirhan Sirhan non ha ascoltato il
sesto comandamento, e un’altra vita è stata distrutta.
« Non uccidere » dice Dio all’uomo, e lo ha detto fin dai tempi antichi, ma nessuno ascolta. Questo
comandamento, così semplice e
chiaro che anche un bambino lo
può capire, non è ancora stato imparato dalla maggioranza degli uomini. Son trascorse migliaia di anni, ma siamo ancora ai giorni di
Caino. Da Caino al Vietnam, la storia umana gronda di sangue. L’assassinio di Robert Kennedy è solo
una goccia nel mare di sangue
fatto scorrere dagli uomini.
Il comandamento « Non uccidere », che sembra il più facile da
seguire, è in realtà il più ignorato,
ii più calpestato, il più trasgredito di tutti i comandamenti di Dio.
E proprio il nostro secolo, che si
vanta di tanti progressi e ,di tante
comquistey è il secolì>-più insanguinato della storia, c|uello che più di
ogni altro ha trasgredito il sesto
comandamento. Dodici milioni di
morti nclia s.jconda guerra mondiale, due iniiioni di vittime delle
purghe staliniste in Russia, trecentomila comunisti massacrati pochi
anni fa in Indonesia, centinaia di
migliaia di morti nel Vietnam, e
non è finito.
L'umanità ha progredito in tante cose, anche nella capacità e facilità di uccidere; un tempo si uccideva gli uomini uno alla volta,
oggi c’è la morte collettiva e simultanea. Il simbolo di questo nuovo
modo di uccidere, inventato nel
nostro secolo, è la bomba atomica:
centomila vite umane annientate
in una frazione di secondo. « Non
uccidere » dice Iddio. Ma forse
mai nella lunga storia degli uomini questa sua parola è rimasta cosi inascoltata come nel nostro tempo. Ben si adatta, purtroppo, alla
nostra generazione la parola del
profeta Isaia: « Le vostre mani
son piene di sangue » (Isaia 2, 15).
■P\el resto non può essere diversámente, se è vero che al centro della storia umana — come di. la Bibbia — campeggia una cro■(' è vero che non solo l’incon• :i l’uomo e l’uomo ma anche
Jì... entro tra l’uomo e Dio si è
concluso con un delitto, che spiega tutti gli altri.
Chi ha contemplato la croce, dove fu messo a morte il Figlio di
Dio, non si stupisce più di nessun
delitto. Se l’umanità è giunta a
tanto, è capace di qualsiasi crimine. Il nostro secolo con le sue
ere a gas e le sue bombe ato; ! , con i suoi bombardamenti
a la;cvto e i suoi campi di sterminio, nc c la riprova.
Meditando su queste cose, torna alla mente un’amara parola che il re Davide dovette dire
a suo figlio Salomone; « Figliuol
mio, io stesso avevo in cuore di
edificare una casa al nome dell’Eterno, del mio Dio; ma la parola dell’Eterno mi fu rivolta, e mi
fu detto; ”Tu hai sparso molto
sangue, e hai fatto molte guerre;
tu non edificherai una casa al mio
nome, poiché hai sparso molto
sangue sulla terra, dinanzi a me” »
(I Cronache 22, 7-8). Questa parola
vale per noi: un’epoca sanguinaria
come la nostra, così caparbiamente e implacabilmente sanguinaria,
non può edificare nulla, come non
potè Davide. Davide fu grande,
uno dei più grandi dell’intera storia d’Israele; così pure l’umanità
del XX secolo ha fatto grandi cose,
mai viste prima. Ma come su Davide, così sull’umanità del xx secolo cade il verdetto di Dio di non
poter edificare nulla che gli sia
gradito « perché hai sparso molto
sangue sulla terra ».
Questo sangue, secondo la Scrittura, ha una voce: « la voce
del sangue di tuo fratello grida a
me dalla terra » dice Iddio a Caino (Genesi 4, 10). Abele non può
più parlare, ma il suo sangue parla. Prima parlava il suo cuore o il
suo pensiero, ora è il suo sangue
sparso che parla, grida. E Dio ode
questo grido. Immenso dev’essere
il grido che nel nostro tempo sale
a Dio dalla terra, il grido delle
vittime. Se gli uomini lo sentissero, se sentissero la voce del sangue dei loro fr.atelli, forse ci penserebbero prima di uccidere ancora. Ma non la sentono: sentono
solo la voce del loro sangue, non la
voce del sangue delle loro vittime.
A4t! "Pealtà, ^io soltanto senle questa voce.
E avendola udita interpella l’uomo dicendo: « Dov’è Abele tuo
fratello? ». Domanda imbarazzante per la nostra generazione. Caino rispose: « Non lo so ». E Sirhan
Sirhan lo sa? Lo sanno gli americani? Lo sanno i cinesi? E noi lo
sappiamo?
Paolo Ricca
Vogliamo impegnnrci, personalmeiito e come chiesa, a sostenere un punto almeno della
lotta contro la fame nel mondo ? Poi avremo maggiore autorità per prendere posizione
sulla questione sociale mondiale. La carità cristiana ha, oggi più che mai, dimensioni politiche; ma questa responsabilità politica comincia da quello che NOI possiamo fare
E’ cominciata così. Uno del nostro gruppo redazionale è tornato
sconvolto dall’ aver assistito alla
proiezione di Fuàe amaro, un documentario draimnàtico e anche crudele sulla fame nel mondo, che circola in questo periodo. Esso dà a
questo problema una tragica evidenza visiva e da • eio c’è da dire che
la realtà sup< rs ,la, fantasia : bimbi
ripresi nei lor. .^^imi istanti di vita,
persone dalF" ¡.etto che più nulla
ha di umano dato che alla fame
si accompagì, .. ■ i “sempre spaventose
malattie —=f‘l^tri deformi che si
trascinano p* r ¡eira. L’amico è venuto a dirci: Dobbiamo fare qualcosa, dobbiai- lestare la coscienza
delle chiese .{uesto dramma, ma
giungendo a / ;rc qualcosa, anche se
sarà sempre j) >co
In effetti, abbiamo parlato spesso,
qui, di questo problema. Notizie sull’attività assistenziale delle Chiese,
presentazione di libri (quelli di Josué de Castro, ad esempio: ancora
ultimamente,!. Des homme& et. des
..crabes); più a abbiamo pubbli-^
calo scritti di Andre Bieler, soprattutto in meritoiaJSu sua nota « proposta di aiuto al p.ii-.si sottosviluppati » (anche in questo numero siamo
lieti di pubblicare una sua ampia
intervista). Un po ¡>m di un anno
fa, nella sua collari i « Attualità Protestante » la Clami-ana ha pubblicato un opuscolo OS « imamente curato da Bruno Costarci, La fame nel
Un*intervista dei prof, André Biétmr
II
e
nostro
la (amo
superfluo
degli altri
Il prof. André Biéler ci ricorda le dimensioni mondiali del problema
drammatico della fame, illustrando la sua proposta di aiuto ai paesi del
Terzo Mondo e quella che è qui e ora la responsabilità della chiesa:
offrire per primi gli aiuti più urgenti e premere sull'opinione pubblica
affinchè i governi affrontino una questione che è alla loro misura e che
non può essere risolta da privati o da gruppi.
II problema del sottosviluppo, che al limite — un limite raggiunto e superato da
milioni di uomini e donne e bambini come noi — è il problema tremendo della
fame, rappresenta oggi il punto nevralgico
più doloroso e più esplosivo della situazione mondiale. Intendiamo affrontarlo e
seguirlo con perseveranza, nella misura
delle nostre minime forze, per suscitare
fra i nostri lettori e nelle nostre chiese
un'eco che confidiamo non sarà nè ristretta
ni effimera. Presentiamo intanto, in questo
numero un’intervista rilasciataci dal professor André Biéler. Abbiamo più volte
parlato, in passato, di questo pastore e teologo riformato elvetico che, cosa rara, ha
pure compiuto solidi studi e ricerche di
economia e che attualmente insegna etica
presso le Facoltà teologiche di Ginevra e
d: Losanna. Egli è autore di tutta una
serie di opere, in particolare sul pensiero
economico e sociale di Calvino, tema di
una sua monumentale tesi di dottorato,
pubblicata a Ginevra, da etti lo stesso autore ha tratto un breve saggio, edito in
Italia dalla Claudiana, su « L’umanesimo sociale di Calvino »; più recentemente ancora, una succo.sa operetta su « Calvin, proplìète de Vere industrielle », che reca in
appendice il testo della famosa « proposta
Biéler » del 1964, di cui a suo tempo demmo ai nostri lettori ampi stralci. Siamo veramente riconoscenti al prof. Biéler per
aver così cortesemente e ampiamente risposto alle nostre domande. red.
Prof. Biéler, ì nostri lettori sono stati informati della Sua proposta alle
chiese in favore del Terzo mondo. Potrebbe ritracciarne brevemente le
tappe?
Il punto di partenza di questa proposta è una conferenza all’Assemblea
dei delegati della Federazione delle
Chiese protestanti svizzere, nel giugiio
1964, in occasione del 400° anniversario
della morte di Calvino.
All’inizio della Settimana mondiale
della radio, nel novembre dello stesso
anno, il direttore della Radio suisse
romande mi ha chiesto di rivolgere
sulle onde, un messaggio di apertura
che riassumesse questa proposta, messaggio che fu seguito da un’allocuzione del papa Paolo VI, trasmessa da
Roma in italiano (il testo di questo
mio messaggio è stato pubblicato su
«Le Messager social» del 25-11-’^).
In vista della Conferenza mondiale
« Chiesa e Società » ( Ginevra, 12-26 luglio 1966) il Consiglio della Federazione delle Chiese protestanti svizzere ha
pubblicato un documento in tre lingue
(francese, inglese, tedesco) intitolato
« Per un’energica azione concreta in
favore del terzo mondo », che conteneva questa proposta, formulata in
14 tesi.
{continua a pag. 4)
mondo, che oltre a dare un quadro
vivo ed efficace dei termini della
questione, indicava pure linee di
azione e di impegno. Dunque, al di
là dell’ampia documentazione che
l’editoria odierna offre al lettore attento, una certa informazione 'è stata pure data fra noi".
Di pratico, tuttavia, non è uscito
molto. Certo, non possiamo sapere
quel che questo o quello fanno personalmente. Ma vorremmo che le
nostre chiese sentissero la loro precisa responsabilità di fronte a questo dramma, del resto denso di più
tragiche prospettive per l’avvenire,
se si lascia che le cose vadano per
il loro verso. Vorremmo che sorgesse fra noi un’iniziativa simile a
« Pain pour le prochain » (Pane per
il prossimo, in Svizzera), a « Brot
fiir die Welt » (Pane per il mondo,
in Germania), ecc. Vi sono già iniziative cattoliche (ad esempio, « Mani tese »); possibile che noi non sappiamo, non vogliamo fare nulla?
Occorre però uno scopo preciso.
Abbiamo pensato di rivolgerci all’EPER, l’or ganismò assistenziale
della Federazione protestante sviz-zera, perchè ci indichi qualche impegno ben circostanziato. Si tratta
di un organismo vicino, con cui abbiamo (ricevendo!) stretti rapporti,
un organismo di dimensioni abbastanza limitate da permetterci di seguire direttamente la realizzazione
di un dato progetto. Forse l’appoggio a una delle opere che esso cura
in India potrebbe avere la precedenza.
Che cosa proponiamo? Che un
certo numero di lettori — speriamo
saranno molti —, ci scrivano dichiarandosi interessati, anzi appassionati a questa iniziativa e impegnandosi a sostenerla, come sarà loro dato
di fare. Se il numero di coloro che
risponderanno sarà rilevante, si potrà prospettare l’opportunità di costituirci in associazione.
Ma non vi chiediamo soltanto dei
soldi, un’offerta una volta tanto. Vi
invitiamo a riflettere con noi se il
Signore — che un giorno potrebbe
dirci: « Ebbi fame e non mi deste
da mangiare » — non ci chiede oggi una coscienza precisa e attiva
della nostra responsabilità; se il Signore non ci chiede conto del nostro stomaco pieno e di quello vuoto di tanti fratelli. Vi invitiamo
quindi a domandarvi con noi se il
Padre che ha tanto amato il mondo
non attende da noi un impegno preciso e continuato, per i poveri che
sono sempre drammaticamente con
noi.
Praticamente, vi chiediamo di
aver sempre presente questo problema, questione di vita o di morte
per milioni di persone fameliche,
sòttoalimentate, malate, ovviamente
anche intellettualmente e socialmente sottosviluppate. E di decidere come compiere un piccolo gesto di solidarietà; piccolo, ma serio, proporzionato alle nostre possibilità, e
continuato. Tutto il resto è elemosina. Un’idea potrebbe essere, ad
esempio, saltare uno dei nostri pasti settimanali, accontentandoci di
un po’ di pane e d’acqua, quel pane
che per milioni di uomini già costituirebbe un pasto luculliano e insolitamente ricco di calorie. Nelle nostre famiglie, quale spunto formativo potrebbe essere, per i bimbi e i
ragazzi che vi crescono, questa piccola rinuncia settimanale in solidale, concreta simpatia con i diseredati! Questo è solo un accenno
esemplificativo. Ci rendiamo ben
conto che, specie per chi deve fornire un lavoro manuale e spendere
energie fisiche, quest’esempio non è
pertinente; nè si vuole assolutamente avanzare un legalismo penitenziale. Ognuno che voglia impegnarsi, vedrà come compiere
un (infimo!) sacrificio, rinunciando
regolarmente a qualcosa che mangiamo, beviamo, fumiamo, consumiamo, magari soprapensiero e senza alcuna vera necessità; nella ferma convinzione che è un nostro dovere, preciso e inderegabile, privarci di qualcosa per alleviare, sia pure in misura minima a petto della
gravità del problema, le sofferenze
e la frustrazione umana di qualcuno che vegeta nella fame e di fame
muore.
Per parte nostra, ci impegnarao a
tener desta la riflessione e a conferire la decisione dei ^qpstri letTori, dédTcanào regoÌarmente a questa tremenda questione un angolo
del settimanale, e talvolta più che
un angolo.
Forse, da questa riflessione e da
questo impegno il' Signore vorrà
che non scaturiscano solo aiuti finanziari: forse si chiariranno pure
vocazioni diaconali missionarie, forse dei giovani si matureranno concependo la loro vita come un servizio
là dove ancora oggi si muore di fame. Forse, ancora, acquisterà maggiore autorità e serietà tutto il nostro parlare di questioni sociali.
Non si tratta certo di dimenticare
tutta l’ampia problematica politica
ed economica in cui si situa il problema della fame (l’intervista del
prof. Biéler che pubblichiamo in
questo numero è molto chiara in
proposito!); ma occorre che, mentre riflettiamo su questi problemi e
cerchiamo di premere sulla società,
non chiudiamo gli occhi all’uomo
concreto la cui sofferenza precisa
viene fino a noi, occorre che facciamo quel che le nostre mani e le nostre tasche possono fare. E’ appena
il caso di dire che questo impegno
non deve incidere sulle nostre offerte per la predicazione dell’Evangelo e per le opere ecclesiastiche o
su altri impegni già presi: sapremmo infatti che cosa pensare di un
uomo che per assistere gente lontana trascurasse i figli o i genitori
che hanno bisogno di lui. E’ un « di
più », quello che il Signore Gesù
Cristo ci chiede per i suoi minimi
fratelli, lo « straordinario ».
Fratelli, amici, attendiamo le vostre risposte. Con fiducia.
DONNE PASTORI
NELLA CHIESA DI SCOZIA
Edimburgo (soepi) — Durante la sua assemblea generale, la chiesa di Scozia ha votato, a gran maggioranza, Tammissione delle donne al ministero pastorale. Que.sta decisione pone fine ad una controversia che
durava da circa quarant’anni.
Sempre nel corso della seduta, Tassemblea
ha espresso il suo « profondo rincrescimento » per il fatto che delle armi britanniche
vengano esportate in Nigeria, per il governo
federale (che — com’è noto — è in lotta con
il Biafra, provincia secessionista). Mentre il
paese dovrebbe rimanere neutrale, è vergognoso il fatto che il governo britannico —
ha soggiunto l’assemblea — non adotti una
politica di vera neutralità.
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pag. 2
N. 24 — 14 giugrio 1968
Valdo sí è fermato ad Eboli?
il problema della violenza
Le nostre corali escono dal guscio ?
Sentiamo spesso parlare di divisioni nella chiesa e seguiamo le discussioni sui vari argomenti nei nostri
giornali e nelle assemblee o in altri
circoli delle nostre comunità. Senza
volere minimizzare le questioni trattate, non dobbiamo neanche esagerarne
l’importanza, sapendo che divisioni
nella chiesa ve ne sono sempre state
fin dai suoi primi anni di esistenza, e
sono convinta che le opinioni diverse
o opposte possono portare a uno sviluppo iruttuoso, se siamo disposti ad
ascoltarci gli uni gli altri con spirito
fraterno. A parte questa constatazione
di fondo, bisogna dire che gli argomenti sui quali siamo divisi passano spesso
presto « di moda », e coloro che si azzuffavano alcuni anni fa per una posizione controversa possono andare
oggi a braccetto prò o contro un nuovo movimento, e viceversa.
Vorrei invece richiamare l’attenzione su una divisione meno acuta, ma
latente e più durevole nella Chiesa
Valdese, che non può passare inosservata a chi si interessa al suo sviluppo.
Si tratta della divisione tra Nord e
Sud che incide anche nella vita nazionale. Ci sembra che le comunità del
Sud si trovino in una situazione di
svantaggio rispetto a quelle del Nord
e questo a vari livelli della vita ecclesiastica. Un aspetto di questo problema è il fatto che dal 1963 nessun pastore o laico residente al sud di Roma è stato eletto membro della Tavola. Certamente non è l’aspetto più importante, perchè è ovvio che non tutti i distretti e settori della Chiesa Valdese possono essere rappresentati
sempre nell’ organo amministrativo
centrale, ma è un indizio del dislivelIn che esiste fra le due parti. Non possiamo fare a meno di chiederci il perchè di questo fenomeno.
Una ragione è evidente : le chiese del
Sud sono nell’insieme e prese una per
una numericamente inferiori alla maggior parte delle chiese del Nord. Poche
sono autonome, quindi non hanno nè
un elevato numero di membri, nè molti mezzi. Non possono tra l’altro eleggere il proprio pastore. Le nostre grandi comunità le troviamo invece nel
« triangolo industriale » esteso nel no
stro caso alle Valli Valdesi e a Roma.
LV escono anche i nostri periodici
(Eco-Luce, Nuovi Tempi, Gioventù
Evangelica, Diakonia, La Scuola Domenicale, L’Amico dei Fanciulli, Notiziario femminile). Questi si occupano
per necessità e senza dubbio involontariamente con preferenza di questioni e avvenimenti deH’Italia settentrionale e di Roma, dove risiede il maggiore numero dei loro lettori e collaboratori. A parte il fatto che la nostra
stampa arriva spesso in ritardo o irregolarmente alle comunità più distanti e isolate, queste sembrano rimanere
piuttosto fuori dalle discussioni comuni a tutta la chiesa e non avere le medesime opportunità di far conoscere
la loro gente e il loro punto di vista.
Infine si diffonde l’opinione che le
comunità meridionali vivano una vita
a parte, separata dal resto della chiesa e « non abbiano elementi atti a fare
parte dell’amministrazione e direzione
della chiesa». Invece è piuttosto la
conglomerazione di pastori e laici attivi nel Nord che mette in rilievo gli
eventuali talenti per i lavori amministrativi, mentre nel Sud questi talenti
non hanno la stessa possibilità di manifestarsi. Eppure le chiese dell’Italia
meridionale e della Sicilia, non sembrano essere meno vive delle altre. Basta ricordare, tralasciando il « Servizio
Cristiano » di Riesi per il suo carattere
particolare, l’opera svolta nel campo
sociale e scolastico da varie comunità,
e la chiesa di Napoli-Vomero che da
vari mesi funziona senza pastore e le
cui attività vengono dirette quasi
esclusivamente da laici.
Queste poche osservazioni, necessariamente molto generiche, non vogliono essere una critica, ma esprimono
una preoccupazione per la parte « dimenticata » o quasi della nostra chiesa. Sapendo che nel prossimo Sinodo
alcuni membri della Tavola finiscono
il loro mandato di sette anni e che
ormai si mormorano i nomi di possibili nuovi candidati, vorrei sperare che
la domanda posta come titolo di queche righe non diventi l’aflermazione di
una dolorosa realtà.
Aja Soggin
iimiiiiiiiimmiiiiitiiii
Riprende “La Scuola Domenicale,,
Quale tipo di insegnamento evangelico offriamo nelle nostre case e nelle nostre chiese ?
Con il mese di maggio ha ripreso le pubblicazioni la rivista « La Scuola Domenicale », che si sforzerà di rendere un servizio
più ampio, per tuKi gli evangelici italiani
che vorranno valersene; e oltre a un ricco
programma differenziato per classi, è pure
previsto un programma per adulti (la cosa,
da noi sconosciuta, è da tempo attuata nelle
Chiese anglosassoni).
« Quale tipo di istruzione cristiana e di
insegnamento evangelico offriamo nelle nostre case e nelle nostre chiese, ai bambini
che il Signore ci ha affidato? » si domanda
nelleditoriale il past. Soggin; e prosegue:
« La domanda non vuole essere polemica
nè pessimista o allarmista. Vuole essere un
serio richiamo alla responsabilità grave e
alla dignità altissima che ricevono genitori
e monitori, nella vocazione del Signore a
trasmettere l’Evangelo di Gesù Cristo alle
nuove generazioni.
« Infatti per quale motivo una così grande
percentuale dei nostri giovani, dopo anni di
scuola domenicale, di corsi d'istruzione superiore e di catechismo, abbandonano la
Chiesa anche dopo esser stati confermati o
aver ricevuto il Battesimo da adulti?
« Non possiamo certo dimenticare la parabola del seminatore: .solo una piccola parte del seme cade sulla buona terra. Ma questo "mistero del Regno di Dio ” (cfr. Marco
4; 1-12) non vuol favorire certo pigrizia o
rassegnazione. Al contrario, è lo stimolo
più energico a seminare a piene mani e se
vogliamo, anche coi metodi più moderni ed
aggiornati, facendo in modo che l'annuncio
evangelico penetri nella realtà concreta della vita del bambino. Certo, in ultima analisi. il bambino riceve il messaggio di Cristo
soltanto per opera dello Spirito del Signore:
la fede è dono di Dio. Tuttavia, dal tipo
di insegnamento, che i genitori ed il monitore daranno, dipende un po' anche il tipo di
fede che il bambino avrà: una fede aperta,
curiosa di scrutare e riconoscere negli avvenimenti di questo mondo e della propria
vita, la mano del Signore all'opera. Una
fede in movimento, in ricerca, che ha bisogno degli altri per svilupparsi e per donarsi;
oppure una fede senza problemi, una fede
autoritaria, fondata su una .serie di doveri:
una fede che si segue perchè i genitori lo
vogliono, ma che non conosce l'allegrezza
profonda della presenza di Cristo e della
sua v/7iJ nuovo.
« Oggi si dibattono a tutti i livelli i problemi della .scuola: gli stessi problemi hanno i loro riflessi sul modo di trasmettere
la fede ai nostri bambini. Il problema è
aperto e merita un lungo esame approfondito. Comunque, come illustrano più ampiamente gli articoli di questo numeio della
rivista, siamo contrari ad ogni forma di
autoritarismo nell'insegnamento, a qualunque livello es.so sia, ravvisando in esso la
espressione di un metodo di violenza, comunque contrario aU'Evangelo di Cristo.
Ogni forma di autoritarismo, di lezione "ex
cathedra" che i bambini subiscono senza
esserne partecipi, favorisce, dopo qualche
anno, l'allontanamento dei giovani dalla
Chiesa, oppure crea una fede di tipo passivo. rassegnato, senza vita e piena di falsi
problemi.
Il II lavoro dei monitori e dei genitori.
come testimoni di Cristo alle nuove generazioni, è senza dubbio d'importanza fondamentale per la vita e testimonianza della
Chiesa anche se più nascosta, umile e segreta: vorremmo che quest'opera sia sempre
più conosciuta ed amata nelle Chiese ».
* * *
Come già annunciato precedentemente, in
due dei tre fascicoli annui (il primo, quello
della ripresa autunnale, sarà doppio) compariranno le lezioni per la preparazione dei
m.onitori; si prevede un certo numero di rubriche fisse : ai lettori — il mondo del bambino — tecniche ed esperienze — notiziario
— biblioteca e recensioni — colloqui coi
lettori.
In questo numero segnaliamo; Cenni sulle Scuole domenicali battiste (Valdo Cerai);
un quadro della consistenza delle Scuole
domenicali battiste. metodiste e valdesi in
Italia, con un totale di 515 S. D., 640 monitori e 5.214 bambini!!; 11 mondo del bambino (Roberto Eynard; il bambino, la vita
di gruppo e la s. d.); 11 disegno infantile
neirinsegnamento biblico (Franco Calvetti);
nel II notiziario ». una relazione di Sergio
Rostagno sul congresso mondiale delle SS.
DD. tenutosi l'estate scorsa a Nairobi, ricco
di spunti di riflessione, e altre notizie interessanti; in « biblioteca ». Rita Gay presenta
una questione sempre viva, purtroppo;
Pressione cattolica nella scuola elementare;
infine, a colloquio coi lettori. Nei fogli
gialli intc-ni. un'ampia presentazione del
materiale disponibile per il prossimo autunno. che come dicevamo permetterà di svolgere programmi più differenziati (3-5. 6-8.
9-12. 12-Ì6 anni); il fascicolo di settembre
recherà le lezioni per i monitori, per il primo periodo dell'anno.
Paco, ds noi, Con e canzoni delle Valli Valdesi
ma da imboscati in un concerto a Pinerolo
S’amo in un periodo di guerra, o almeno di lotta violenta.
Può sembrare paradossale dirlo, vediamo una situazione contraddittoria,
confusa, ma non vediamo la guerra,
la lotta violenta. Almeno qui da noi'
si è in pace, si mangia, si studia. Questo non vuol dire che la guerra, la fame, l’analfabetismo, sono eliminati;
ma che li teniamo il più possibile lontano da noi, li abbiamo spostati, per
quanto è possibile, dall’ Europa, dal
mondo occidentale, dai paesi che godono di un certo benessere (siano essi d’etichetta capitalista, socialista o
che altro), a danno di altri.
Quindi se da noi c’è pace, è perchè
spingiamo altrove la guerra ; se da noi
si mangia, è perchè facciamo in modo
che 2/3 degli uomini muoiano di fame ;
se da noi alcuni possono studiare, è
perchè gli altri li costringiamo a restare analfabeti. Qui, si lavano i panni
sporchi in famiglia; ma fuori dell’uscio di casa, teniamo la guerra e la
guerriglia tra noi e quelli che neppure
posseggono dei panni da lavare. Teniamo per noi la non violenza, e la
violeriza la teniamo per l’Africa, il Sud
America, l’Asia, ai confini tra il mondo « civile » e quello« barbaro » : dove
« civile » è il 16“/o dell’umanità, che possiede il 75% dei beni, « barbari » tutti
gli altri, quelli di cui si ha paura perchè non hanno nulla da perdere, nemmeno il benessere materiale, che non
abbiamo mai dato loro.
La lotta di chi possiede contro chi
non possiede, però, non è soltanto alle
frontiere del mondo del benessere. Dei
« barbari » ci sono anche tra noi, alrinterno di questo mondo che sta bene. E sono gli oppressi di casa nostra.
E se qualcuno se ne accorge, allora la
lotta salta fuori anche qui : le occupazioni di facoltà, gli scioperi, le occasioni in cui si cerca di dissentire, di non
dire sempre « sissi gnore » a Cesare. Se
si tenta di dire un po’ organicamente
che chi comanda qui « da noi » e chi
comanda la guerra fuori, « dagli altri »,
sono le stesse persone, allora sono botte anche qui.
Certo si può tacere, e allora si gode
di relativa pace, si mangia, si può studiare. Ma non è con gioia, è con senso
di colpa, che possiamo rovesciare la
nostra frase iniziale: qui siamo in un
periodo di pace, o almeno di lotta non
violenta (anzi, d.i lotta tra le idee soltanto, tra le teologie, tra le frasi, sui
modi, sui formalisnù, sui regolamenti.
E ci si sfoga con qujesto, per non porsi
sul serio i probleiiiiiveri). Qui ci imboschiamo. Fuori, si imbatte una guerra che riguarda anche noi.
Sergio Ribet
A TORRE PELLICE;
Sabato alla 21, alla F'nesteria, il past. Mo.
nod, con un gruppo rifui maio di Beauvoisin,
presenterà, con proiezione di diapositive, le
prossime celebrazioni centenarie di Marie
Durand alla Tour de Constance.
Nell amb.io dalie manifestaz'oni di « Pinerolo Primavera ». organizzate da quel
comune, si è tenuto il 25 aprile 1968 un
concetto di « Cori e canzoni delle Valli
Va,desi ».
Il senso di questa invero insolita presenza
valdese in seno a manifestazioni del tutto
profane, cui hanno partecipato anche, ad
esempio in altre serate la Val Lemiiia e
Fenestrelle con balletti folkloristici. va ricercalo nella odierna necessità del popolo
valdese di prendere coscienza di sè stesso
come entità religiosa, storica ed etnica,
uscendo dal suo sterile isolamento.
Per iniziativa della prof. Elda Tùrck, è
stato dunque presentato ad un folto e vario pubblico, raccolto in un locale adibito
a ’ieatro della Scuola di Cavalleria, un programma, eseguito dalla Corale di S. Germano dVetta dalla prof. Turck, e dalla Corale
di Torre Pellice diretta dal M° Corsani, nel
qua e si è cercato di compendiare questi
tre aspetti, attingendo alle varie fonti musicali che compongono quello che v'è di tipico nel^ canto delle noi'lre valli. Assunto
non facile, dato il carattere prettamente religioso delle nostre corali, ma che è stato
assolto in modo equilibrato ed obiettivo,
con l'esecuzione di mus'ca ispirata al cario
riformato, come il « Date aH’Eterno forza
e gloria » dal Salmo di Davide N° 20, vigorosa composizione del M“ Corsani, con la
presentazione di antiche « complaintes » e
canzoni valdesi, di canti di origine svizzera
e canzoni tratte dalla benemerita raccolta
corale «100 Canti popolari», pubblicata
alla fine del secolo scorso da un gruppo di
insegnar':! della Val Bregaglia. Alcune di
queste, come «Il canto», «La notte», il
« Congedo dal monte » e « Questa notte »,
entrate ormai nella tradizione valdese, sono
state eseguite con garbo dalla Corale di
Torre Pellice.
Notevoli le « complain'les » per il loro
contenuto storico e religioso : « Vision du
Golgotha ». cantata, come voleva l’usanza
del tempo, da un solista, il baritono Carlo
Arnoulet; la « Complainte de Roussel », antico canto ugonoKo. armonizzato da E.
Tron, che narra con scarna incisività un
episodio delle persecuzioni, e « I dieci comandamenti». il decalogo racchiuso in una
linea melodica semplice che dà risalto alla
forza del testo. Tra i canti valdesi. « Filo
d'argento ». suggestiva composizione del
M° F. Rivoir. si ispira a una leggenda valdese su versi di Ada Melile; « Printemps »
e « A' la sauté de Noè ». entrambi armonizza';! dal M“ Corsani hanno avuto ampi
consensi dal pubblico che gremiva la
platea.
Una serie di cori ispirati alla patria, alla
terra dei padri, alla nostalgia dell’esule, sono stati lodevolmente eseguiti dalla Corale
di S. Germano, rifacendosi a un motivo così frequente nella storia valdese : quello
deH'esilio. Altre canzoni di origine svizzera,
inframezzate a cori ' più sostentói. hanno
dato al programma il giusto tono di freschezza richiesto dal tipo di manifestazione.
Particolarmente applaudito è stato un gruppo di cinque cantori con accompagnamento
Le iiiterpcetazioni di un vescovo
Abbiamo letto i documenti che pubblichiamo qui sotto sulVultimo bollettino di Adelfia: il primo è un manilesto murale diffuso
ad Agrigento, cui il candidato Mario Berutti, che ha la cura pastorale di quella nostra
comunità, ha vivacemente reagito; il secondo
è una lettera aperta di un gruppo di studenti in teologìa cattolici, che solidarizzano con
la suà posizione e dissentono dal loro vescovo.
Michele Frasca
È deceduto recentemente a Schenectady (nello Stato di New York) il Pastore Michele Frasca, bella figura di
pastore e di credente. Nato in Italia,
aveva però dedicato gran parte del
suo ministero pastorale fra gli italiani residenti negli Stati Uniti. In questo
momento lo ricordiamo con affetto a
causa del suo costante interesse per
la nostra Chiesa in Italia. Siamo stati
accolti varie volte nella sua casa a Vestal (N.Y) vicino alle città di Endicott
e di Binghamton dove era stato a lungo pastore in attività di servizio ed
emerito; abbiamo conosciuto la sua
fraterna accoglienza e il suo costante
pensiero per la testimonianza della
Chiesa Valdese in Italia.
Questa breve rievocazione è anche
un segno di gratitudine verso il Pastore Michele Frasca che ora ci ha lasciati. Esprimiamo la nostra simpatia
cristiana alla vedova ed al figlio, solidali con loro nella confessione della
nostra fede nelle promesse di Gesù
Cristo.
E. Rostan
Avviso sacro
17-31 marzo 1968
GRANDE MISSIONE
DELLA FEDE
Fedeli,
dalla domenica U alla domenica
.31 marzo sarà celebrata per voi la
« Grande Missione della Fede » in
preparazione della santa Pasqua.
I bravi Missionari, a fianco dei vo.
stri Sacerdoti, saranno in mezzo a voi
per ricordarvi le verità che conducono l'uomo alla aslvezza eterna.
Accorrete numerosi alle istruzioni,
agli esercizi di fede e di pietà, ai
canti .sacri e a tutte le manifestazioni
con le quali ¡ Missionari, in questo
« Anno della Fede », riaccenderanno
una fede pili viva in tutti i cuori.
La grande calamità che recentemente ci ha colpiti, è un chiaro invito del Signore a far penitenza e a
purificare le nostre coscienze.
Avviciniamoci a Dio con amore e
fiducia di figli.
Dio è il nostro vero Padre.
Egli ha permesso il dolore per i
nostri peccati.
Ma per la sua infinita misericordia
vuol ridarci la pace, il benessere, la
serenità.
II Signore Gesù vi conceda di celebrare nella sua grazia una Pasqua
veramente felice.
Giuseppe Petralia
vescovo
di eh.'arra che si è esibito nella canzone
« 5ent:ers valaisans ».
Ad incorniciare questo vasto e interessante programma, erano stati allestki alcuni
quadri viventi che, prendendo spunto dalle
canzoni, impreziosivano la scena, invero
già bella per i magnifici costumi valdesi delle coraliste.
Molto curata è stata la presentazione e
la necessaria spiegazione del programma,
co.me la scelta di alcune poesie significative
di Ada Meille, lette dal M° Paschetto durante l'.intervallo.
Concludendo, mentre plaudiamo aH'opera
paziente e impegnativa di queste nostre Corali e dei loro direttori, ci auguriamo che
altri occasioni si offrano di presentarsi e di
farsi conoscere ad un pubblico nuovo, possibilmente in locali adatti ad una platea
altrettanto attenta e riflessiva, come richiederebbe l'esecuzione di canti religiosi che
sono pur sempre quelli che, oKre a dare il
vero tono e significato alle nostre corali,
sono anche da esse i meglio eseguiti.
C.C.G.
FIRENZE
Siamo un gruppo di studenti di teologia
cattolici e ci uniamo sinceramente anche noi
al Pastore Mario Berutti nel disapprovare
una interpretazione cosi .strana del terremoto. La vita dura dei contadini siciliani obe
rati dal peso di una dura situazione sociale
plurisecolare, e molti asserviti dai grossi latifondisti (spesso preti) o da mafiosi, è già
una dura penitenza e una purificazione continua. E non ci sembra cristiano e nemmeno teologicamente esatto invocare il presente
dolore come pena per i peccati. Il mistero
del male può essere indipendente dal singolo che soffre e dalla consapevolezza della
sua comunità. Il Signore col terremoto ci
sembra non abbia affatto tolto la «pace» e
il « benessere » e la « serenità », ma ha messo a nudo una situazione umana molto tragica : e questa situazione è procurata solo
dalla cattiveria di certi uomini. Ci auguriamo che lo Spirito Santo che anima il popolo
di Dio faccia superare con una grande fede
una situazione religiosa veramente precaria
per la chiesa. Di fatto non siamo più in un
paese cristiano : la massa, specialmente i poveri, ha disertato le chiese prima ancora che
il terremoto le distruggesse. Ancora più della ricostruzione delle chiese di pietra è urgente l’evangelizzazione. Dobbiamo scendere
dal piedistallo del trionfalismo e dei privilegi 8 ricominciare con 1 umiltà del Vangelo.
Pasquale Maodd'i . Gianni Comitini
Gabriele Marcelli ■ Gilberto Cereghini
DONI RICEVUTI
PER ECO -LUCE
Bartolomeo Volai (Perosa Arg.) L. 200;
Ada Gaydou (Lus. S. Giovanni) 100; Luigi
Michelin Salomon (Angrogna) 200; Letizia
Bonnet (Angrogna) 200; Rachele Tasselli
(Vallecrosia) 500; N. N. 500; Adele Pontet
V. Sappeì (Porte) 750: Giovanni Pascal (Per.
rem ) 300; Dino Coslabello (Novara) 500;
Sorelle Lena (La Maddalena) 1.000; Cesarina Boglino (Trausella) 500; Louis Gonin
(France) 920; Lidia Kramer (Svizzera) 300:
Attilio Cardon (Prarostino) 100; Giusto De
Walderstein (Cinissllo) 500; Emilio Cardio!
(Ferrerò) 200; Sila Albertazzi (Salma Biell.)
500: Luigi Breuza (Font, di Salza) 500; Per.
dinando Peyronel (Riclaretto) 500; Alice
Luchini (Napoli) 500; Anna Vallone (Latina) 1.000: Italia Staube (Bordighera) 500;
Lino De Nicola (Sanremo) 500; Anita Bounou.s Giaccone (S. Antonino di Susa) 500;
Alpina Maciotta (Raima Biell.) 500: Graziella .lalla (Torre Peli.) 1.000.
Grazie! (Continua)
Casa di Riposo
Villa "Il ignoro,,
L’ex-Asilo « Italia », trasferito nel
nuovo padiglione della villa « Il Gignoro 1), ricerca con urgenza una persona capace e consacrata che assuma
la direzione per un biennio. Il numero
delie ospiti (10-12) è completo, il personale di lavoro anche ; si cerca con premura chi possa assumere la direzione.
Scrivere subito al presidente dell’opera, sig. Mario Borra, via Verdi, 7 - 50014
Fiesole (Firenze).
RICHIESTA
Le comunità evangeliche di Zernez/
Susch nell’Engadina (Svizzera) sarebbero ben liete di avere come pastore
un valdese.
Preghiamo mettersi in comunicazione con il presidente Arquint Giacomo,
7530 Zernez; telefono 082, 8.11.38.
COMUNICATO
Dato il momento critico che attraversa la
Francia, la visita che doveva essere effettuata sotto l’egida della Commissione Distrettuale (I Distretto) ai Fratelli di Lione
nei giorni 29 e 30 Giugno corr., è stata rinviata a data da stabilire, che verrà comunicata a suo tempo.
Frattanto, per venire incontro a desiderio
espresso da diverse persone, onde riempire
quelle due giornate festive, venendo raggiunto un numero di 45 persone verrà effettuato un viaggio a Losanna dedicato a
tutti coloro che desiderano render visita a
congiunti od amici residenti a Losanna e
dintorni (compresa Ginevra).
Per informazioni ed iscrizioni rivolgersi
all’incaricato Sig. Silvio Rivoir — abitante
in Luserira San Giovanni — Via Fuhrmann
3/D (Cond. La Quercia) oppure telefonando
al n. 91.862 fino al 24 Giugno ,dalle ore 18
alle ore 19.
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Pellice, tei. (0121) 91386, oppure
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PAOLO - Casella Postale 426 . 18100 IMPERIA ONEGLIA.
3
riu/^nc 1C68 — N. H4
pag. 3
Le Chiese e il dramma del Bialra L’estate ad Adelfia
AIUTI ALLA CROCE ROSSA
del consiglio cristiano
DELLA NIGERIA
Lagos (soL'pi) — Il consiglio cristiano della Nigeria ha donato 120.000 franchi ed una
camionetta alla Croce Rossa nigeriana
appoggiare i soccorsi nelle regioni toccate dal
conflitto Da: novembre sciorso il consiglio
crisi;:!',,* della Nigeria ha posto in opera il
MI*’ " iji' iamma di aiuti, cosa che gli ha per.
in - - ' I-m ^ulo di organizzare delle squadre
o ■.'■!*eorso. ma anche di inviare dei viveri,
delie m-'d'cine e dei mezzi di trasporto alle
Iter^one in diflicoltà nelle regioni toccate dal
conflitto fra la Nigeria ed il Biafra seceasionista.
li presidente del comitato d'azione del con.
sigilo ha precisato che si trattava di un gesto dei cristiani « destinato a manifestare in
concreto la cooperazione fra le diverse organizzazioni ». e reso possibile mercè la generosità (lei cristiani del mondo intero, in sostegni* del CEC.
[jj divLsione Aiuti del CEC ha lanciato
un ai>pclìo per 500 mila dollari (oltre 300
milioni di lire) allo scopo di venire in aiuto
alle vittime delle due parti in conflitto.
MOVIMENTI GIOVANILI DEL BIAFRA
CHIEDONO L'ARRESTO DEGLI AIUTI
MILITARI DELLA GRAN BRETAGNA
ALLA NIGERIA
Aha (socpi) — Cinque movimenti giovani,
li cristiani del Biafra hanno chiesto alla Gran
Bretagna di por termine agli aiuti militari
alla repul)hlica federale della Nigeria.
L'associazione della gioventù anglicana, la
associazione della gioventù battista, 1 unione
cristiana dei giovani, Tunione cristiana delle giovani e il movimento cristiano degli studenti hanno citato la recente dichiarazione
deirdncaricato airinformazione in Biafra,
precisante che la Gran Bretagna aveva inviato parecchie centinaia di sott'ufFiciali e
150 carri blindali in Nigeria nel gennaio e
febbraio scarsi.
Il pastore N. Bara Kart, del delta del Niger, ha precisalo ai giornalisti che la Gran
Bretagna non poteva pretendere di servire
da mediatore in quelle condizioni. Ha fatto
appello ai dirigenti di chiese della Gran Bretagna. chiedendo loro di rispondere airappel.
lo comune del CEC e del Vaticano, e di fare
pressione sul proprio governo affinchè cessi
i suoi aiuti al governo federale nigeriano.
TRE CHIESE SVIZZERE CHIEDONO ALLE CONSORELLE BRITANNICHE DI INTERVENIRE PER LA CESSAZIONE DELLE OSTILITÀ' IN NIGERIA
(spp) — Le Chiese rappresentate dalla Fe.
derazione delle Chiese protestanti svizzere,
dalla Conferenza episcopale della Chiesa cattolico-romana e dal vescovo della Chiesa
vecchio-cattolica, hanno fatto un passo comune in merito alla questione bìafrese. In
un messaggio al Consiglio britannico delle
Chiese e alla Conferenza episcopale cattolicoromana, esprimono la loro profonda inquietudine circa Devolvere della guerra nella Ni.
geria. di fronte a cui una coscienza cristiana
non può tacere e in cui il governo britannico ha una pesante responsabilità.
Senza dubbio la politica britannica occupa
pure una posizione-chiave nei negoziati fra
il Biafra e la Nigeria. Il me^aggio elvetico
domanda in particolare alle Chiese sorelle
di Gran Bretagna d'intervenire presso il loro
governo per ottenere:
— la cessazione immediata delle ostilità;
— la soppressione immediata delle forniture cLarmi alla Nigeria;
— la messa su dì un piano di totale parità d-'l Biafra e della Nigeria nei negoziati;
— una soluzione politica del problema,
che riconosca in avvenire il diritto d’esisten.
za, senza alcuna limitazione, a tutte le popolazioni biafresi.
Questo passo, ispirato dalle esigenze della
coscienza cristiana e da considerazioni umanitarie. è accomipagnato dalla domanda che
una delegazione delle Chiese elvetiche possa
presto presentare, in uno spirito fraterno,
queste richieste direttamente ai responsabili
delle Chiese e del governo britannico; al
tempo stesso, le Chiese elvetiche assicurano
che faranno tutto il possibile per spingere il
proprio paese a un aiuto umanitario in favore del Biafra.
CAMPO CADETTI
4-17 luglio 1968
età: 13-16 anni
resp.: Past. Salvatore Briante
Sig.na Miriam Castiglione
Argomento :
Chiesa - Famiglia - Società
Giovedì 4 luglio : Arrivi e sistemazione dei
campisti:
Venerdì 5: La vocazione: Efesini 4; 1-3;
Sabato 6: Studio comunitario: 1 Sam. 3;
Domenica 7 : Culto a Vittoria;
Lunedì 8 : L’unità del corpo e l’uso dei doni (Ef. 4: 4-16);
Martedì 9: Studio comunitario: Atti 2; 1-13;
Mercoledì 10 : L’uomo vecchio e l’uomo nuo.
vo (Ef. 4: 17-5: 20);
Giovedì 11: Studio común.: Le. 18: 18-20;
Venerdì 12: I genitori e i figli (Ef. 5: 22-23
- 17: 5-20);
Sabato 13: Studio comunit. : Mt, 12: 46-60;
Domenica 14: Culto a Vittoria;
Iiíl)ííim(lliilltllllíl(illlitllimiíimili"'i'>miviirii>ijiii. ..
Lettara a! Direttore
GOLLWITZER
Cinisello, 31 maggio 1968
Caro Direttore,
decisamente quest’anno Gollwitzer
non mi porta fortuna : mi riferisco
questa volta alla lettera di Elpidio
Mazzacurati, pubblicata sull’Eco-Luce
del 24-5-’68 ; permettimi dunque di
nuovo qualche precisazione.
Nell’opuscolo incriminato (1) intendevo brevemente caratterizzare l’atmosfera in cui si svolge la ricerca intellettuale di Gollwitzer : a questo
scopo erano dedicate le sommarie
indicazioni biografiche contenute a
pag. 2 e 3
I
...
ci scrivono
Il pensionato
e ì mamàma
Un lettore, da Palermoi
SignrTr' direttore. ' ' ' - -
ho lello aUcntainente Tarticolo dei
sig. Aldo ijoug. apparso sul n. 21. e
debbo iiif i» verilà che non mi ha
rallevi f la stia ampia difesa
delia odierna. Viene attaccato
con molla vioienza il comunismo come se esso fosse la perdizione dei popoli senza tenere conto il bene che
ha portato in quei paesi che hanno
adottato la politica marxista.
Tanto la Russia quanto la Cina col
loro lavoro e disciplina sono arrivati
alla bomba alornica ed è stalo un bene
j)er l uman là jierchè (jucst'arma pericolosa non è .-^olo in possesso degli
Siali Lnili che potrebbero disporne
a loro piacere con danno dell'nmanità.
Io penso che questo fermento di
intellettuali con gli operai è una giu.
sta protesta per le riforme che non si
sono fatte e per Tingìustizia sociale.
Non ha mai pensato il sig. Long
che gli scioperi che si fanno a catena
(« che a volte paralizzano la vita nazionale. sono giustificati dallo sfrutlamonto del padrone e dalTingiustizia
di (|uesta società mal fatta? I lavoraloii si possono chiamare sovversivi
qnando difendono il pane quotidiano
che il Signore ci da e gli uomini ci
strappano dalie mani (v. 1 ultimo
sciopero dei dipendenti comunali siciliani).
I lavoratori attivi non sono come ì
pensionati che non possono scioperare
o fare i sovversivi (come il sig. Long
chiama gli studenti) e se ne stanno
quieti e mortificati anche quando si
ia uu aumento di stipendio agli attivi. non pensionabile: è giusto che i
p(“n-;lonati siano esclusi da tale beney
In certe cose la gioventù vede più
imi!;.no di noi anziani e si preoccupa
della sua vita futura e agitandosi fa
bene, l giovani sono in fermento per.
chè dopo terminati gli studi o conquistata una laurea restano disoccupati oppure debbono lasciare la Patria
e la famiglia per andare in pae«ì lon.
tani per offrire il loro braccio e la
loro intelligenza.
La gioventù .si agita perchè vive in
lompi nuovi con orientamenti di vita
2'uovi, per costruirsi una nuova so( elle possa assicurare loro una
vila l'-anquilla e serena nella vecchiaia
e par dare alle altre ’ generazioni che
verranno una consegna di lavoro e
di progresso.
Si è tanto parlato male del comunismo senza sapere come vanno le co.se
in Russia. Per esempio neU’Unione
Sovietica non si sciopera perchè sul
luogo del lavoro esistono le possibilità
ed i mezzi per dirimere le vertenze
che. in generale, in altri paesi sono
causa di sciopero.
Basti pensare che in Russia non
vi sono disoccupati, non vi sono com.
mercianli che .si uccidono perchè
strozzati dal fìsco, non vi sono meli
dicanti. I contadini colcosiani quando
sono colpiti da qualche calamità vengono aiutati dallo stato sovietico.
I giovani che vogliono studiare
posson farlo perchè lo Stato si accolla
le spese. Da noi lo studio è un privi,
legio di chi ha ì soldi oppure un grave sacrificio per un padre povero che
vuole dare al proprio figlio una sufficiente educazione intellettuale.
NeirUnlone Sovietica il libro è diffuso, si trova anche nelle fabbriche,
mentre in Italia pochi possono comprare dei libri; il pensionato in ispeeie che non può coltivare la sua cultura, perchè la misera pensione non
glielo permette.
Tutto questo i nostri giovani lo
sanno e >sì agitano per trasformare in
questo senso la nostra società.
E' mai possibile che non ci accorgiamo che il mondo va a sinistra ed
andrà .sempre avanti in questo senso
fino alla vittoria del socialismo? Lo
abbiamo visto con queste elezioni, le
nuove leve si sono pronunciate per il
comuniSmo. 800.000 voti in più e 11
.seggi. Dobbiamo ancoi*a difendere questa società?
II sig. Long fa un ammonimento ai
nostri pastori che sì confessano cristiani, ma si dicono marxisti. Debbo
dissentire perchè se vi sono veramente pastori marxisti è giustificato: sono di questa generazione e vìvono i
nostri tempi che sono tempi di idee
nuove che si famio strada e si affermano un giorno nella vita degli uomini. Io non vedo, caro frateUo, che
incompatibilità ci possa essere per un
cristiano che è anche marxista, Gesù
ha fatto un taglio netto fra Dio ed
il mondo quando rispose ad un fariseo cosi : Rendete dunque a Cesare
quel che è di Cesare e a Dio quel che
è di Dio. Il cristiano che vive nel
mondo deve per forza partecipare nelle cose del mondo e vi deve partecipare per concorrere alle cose buone e
coinbaltere quelle cattive, vi deve
partecipare tenendo una condotta tale
da essere una contìnua testimonianza
della sua appartenenza a Dio.
Se noi affermiamo che l’essere cristiano e contemporaneamente marxista è incompatibile, ragioniamo come
i cattolici che lo fanno in mala fede
per attirare voti alla D.C.
Dobbiamo dire alla gioventù di lot.
tare sempre più per costruire una
società nuova che condanni il malcostume c ringiustizia e facciano quello che noi anziani non abbiamo saputo fare.
E' bene che .si sappia che quando
si verifica una sommossa popolare i
morti ed i feriti sia da parte civile
che della polizia debbono essere considerati caduti in combattimento e
quindi è un arbitrio denunziare i civili per reati. La polizia chi la denunzia quando sfascia teste e braccia
a manganellate':' 1 veri responsabili
di scioperi e di rivoluzioni sono quel,
li che li provocano e non quelli che
li fanno.
Fraterni saluti
Carlo Di Diasi pensionato
— la collocazione « luterana » è dovuta all’origine bavarese di Gollwitzer,
dato che non mi sembra che in Baviera ci fosse una chiesa unita; del resto
iì suo pensiero m:i pare abbastanza influenzato dalla e ande tradizione luterana. Infine le : chiese unite » tedesche sono quasi ‘ -tte a grande prevalenza luterana, .s: non sbaglio.
— non ho scritto che l’adesione di
Gollwitzer alla ■ , esa confessante fosse semplicemenir un’esperienza giovanile, ma un’aitia cosa, e cioè che
Gollwitzer « ne anni giovanili ha
preso parte alla ; ita della chiesa confessante tedesca ' : questa indicazione
mi pare esatta, perchè Gollwitzer è
nato nel 1908, dniaiue nel 1933 era giovane, perchè ave' a 25 anni.
— non ho scr :;to che Gollwitzer si
dedicò allo studi, del marxismo in seguito alla prigi«'¡ia, ma che «ha approfittato di que -ti anni (della prigionia) per studiai .e il mondo marxista
nella teoria e nella prassi»: in Germania, da studente, Gollwitzer non aveva
studiato il monde marxista, ma il pensiero di taluni nsarxisti; e in Russia
ebbe luogo il suo primo incontro sistematico con la prassi marxista su scala sufficientemente aftipia, oltre all’approfondimento dello studio teorico
(cfr. il suo noto libro; « ...Und führen
dich wohin du nicht willst », che cito
neiredizione francese siel 1954: pagine
113-114, 132-133-134, 13t’ 150, 168, 170-171,
176-177, 187, 194).
— non ho scritto che Gollwitzer
« non ha avuto il co: aggio di dichia^
rarsi obiettore di coscienza sotto il regime di Hitler », ma : non ha avuto il
coraggio di dichiarar?; obiettore di coscienza contro il regimo di Hitler, e ha
servito nella 'Wehrmacht come soldato
di sanità». Questa dichiarazione non
era che la parafrasi di un brano del
suo libro sopracitato di Gollwitzer
(pp. 16-17), che recita così; «Ho sofferto (se. di portare la divisa della
Wehrmacht) ma ne ho anche approfittato. Abbiamo mangiato, mentre i
civili avevano fame; abbiamo dormito
in camere riscaldate, mentre i contadini dormivano nelle stalle. Quelli che
hanno rifiutato di fare la guerra sono
stati battuti, fucilati, o sono scomparsi nei battaglioni disciplinari. A me
non è successo nulla di simile. E ora
devo pagare: il prezzo è giusto. La divisa mi costerà quello che mi ha risparmiato prima; e non posso sognare di
sfuggire a ciò. Non credo che i pochi
servizi resi in passato alla resistenza
contro il III Reich possano valermi,
davanti agli uomini, il diritto di recla
(1) Il dialogo tra cristiani e marxisti da
un punto di vista protestante. Claudiana,
collana « .4ttualità protestante ».
PRAMOLLO
Domenica 12 Maggio nel corso del culto
abliiamo avuto l'Assemblea di Chiesa con la
lettura della Relazione morale e finanziaria
del Concistoro sulle attività ecclesiastiche
svolte nel corso dell’anno passato. Sono stali
eletti delegati alla Conferenza Distrettuale
del 12-13 Giugno a Torre Pellice i Signori
Costabcl Silvio (Micialetti) e Menusan Valdo
(Pellenchi). supplente il Sig. Jahier Edvico
(Bosi). Non siamo riusciti a trovare alcuno
disposto ad accettare la nomina a deputato
della chiesa al prossimo Sinodo. A revisori
dei conti sono stati eletti i Sigg. Menusan
Valdo (Pellenchi) e Peyronel Guido (Tournim).
Giovedì 23 Maggio, Ascensione, ha avuto
luogo la gita di Chiesa, organizzata daU'Unione Giovanile, con meta Cervinia ed il lago di Viverone. Favoriti dal bel tempo abbiamo ammirato il maestoso panorama del
Cervino e goduto di una magnifica giornata
di sole.
Domenici 26 Maggio abbiamo ospitato le
Scuole Domenicali delle Chiese della Val
Chisone. di Torre Pellice, di Angrogna e di
Ivrea, che ci siamo rallegrati di avere anche
in mezzo a noi, per l’annuale festa di canto.
Domenica sera 26 Maggio nella Sala delle
attività il Coro Alpino «Val Pellice», invitato dalla locale « Pro Loco », ci ha dato un
raggio della sua encomiabile bravura, eseguendo. sotto la direzione del Maestro Sig.
Edgardo Paschetto. un ricco e vario programma molto applaudito. Assai apprezzate
anche le poesie in dialetto piemontese di
Nino Costa dette con espressione dal Sig.
Franco Pasquet. A questi nostri ospiti un
vivo ringraziamento per la bella serata offertaci ed un arrivederci.
Domenica pomeriggio 2 Giugno si è svolto il nostro annuale bazar con esito buono
che ha coronato il lavoro di non pochi mera,
bri di Chiesa. Ringraziamo ancora vivamente tutti coloro, membri di chiesa ed amici,
che hanno contribuito con doni ed offerte
varie e tutte le persone che in vario modo
hanno collaborato alla buona riuscita di questa attività.
Ci rallegriamo di tutto cuore col fratello
I.#ong Valdo che, dopo una lunga degenza in
una clinica di Bussana di San Remo ha potuto ritornare all'Asilo di San (Armano Chisone notevolmente migliorato nella sua salute.
POMARETT
Domenica 23 avremo la visita del cap.
Longo deirEsercito della Salvezza; egli predicherà al. culto del mattino a Pomaretto,
alle ore 10.30; nel pomeriggio i nostri amici salutisti presiederanno la riunione alla
Ruina del Clot Inverso.
Lunedi 15 : Padroni e servi (Ef. 6 ; 5-9);
Martedì 16 : Conversazione conclusiva. Chiù,
sura;
Mercoledì 17 : Partenze in mattinata.
Costo complessivo del campo; L. 11.000 -1L. 1.000 tassa d’iscrizione.
mare un trattamento di favore. Mi sono lasciato rivestire dell’uniforme hitleriana, e, fossi stato anche cento» volte d’accordo con la mia coscienza, ne
ho vissuto : e questo si paga ».
Il problema affrontato non è quello
dell’obiezione di coscienza in generale, che qui non mi interessava, ma quello dell’opposizione contro la guerra
hitleriana: ciò, appunto, che mi sembrava di avere scritto, ma che non mi
sembra sia stato letto.
— ho poi espresso un parere sul carattere fortemente conservatore della
chiesa evangelica tedesca ; qui purtroppo il sig. Mazzacurati ha ragione: ci
sono delle chiese ancora più conservatrici (Sudafrica, Stati Uniti del Sud,
ecc.). Ma nello scrivere quella frase il
mio pensiero era rivolto al periodo degli anni ’30 (la contestata «gioventù»
di Gollwitzer): in quel momento,, lo
spettacolo d’una grande e gloriosa
chiesa evangelica che saluta a gran
voce Hitler come salvatore della patria, di una chiesa che vota i candidar
ti « cristiano-tedeschi », raccomandati
da Hitler, con una maggioranza del
70% e più, di una chiesa che rifiuta
(inizialmente) il «paragrafo ariano»
per sè stessa, ma non lo denuncia nella
prassi e nella legge dello stato, di una
chiesa che non sostiene ma anzi isola
la voce profetica di Barth (leggasi in
proposito il libro di Sergio Bologna,
« La chiesa confessante sotto il nazismo », non confutato fln’ora, a mia
conoscenza)... beh questo edificante
spettacolo della chiesa da cui Gollwitzer proveniva (e che egli stesso ha
cercato di modificare, ma con limitato
successo), forse merita la palma di
« chiesa più conservatrice » del mondo
evangelico degli anni ’30, anche se qua
e là si può certamente trovare qualcosa di peggio.
Infine permettimi un’osservazione :
l’opuscolo incriminato non è una biografia scientifica di Gollwitzer, ma una
breve trattazione delle critiche marxiste alla religione cristiana, e delle possibili risposte evangeliche a queste critiche. Mi pare che quando si attacca
uno scrittore sarebbe più simpatico attaccarne i contenuti specifici, piuttosto che aggrapparsi a qualche eventuale inesattezza marginale.
A meno che, piuttosto di colpire il
pallone, non si preferisca dare un calcio negli stinchi al giocatore.
Giorgio Bouchard
CAMPO STUDI
19 luglio - 2 agosto
età: 17-3.5 anni
resp.: Past. Samuele Giambarresi
Past. Eugenio Rivoir
Argomento :
Fede e rivoluziene
Venerdì 19 luglio: Arrivi e sistemazione dei
campisti ;
Sabato 20: La contestazione biblica: a cura
di S. Giambarresi : 1) Predicazione politica dei profeti;
Domenica 21 : Culto a Vittoria;
Lunedì 22: 2) La contestazione di Gesù;
Martedì 23: 3) Posizioni della chiesa primi.
Uva;
Mercoledì 24 : Come mai la chiesa rifiuta la
contestazione?
1) Trionfalismo della chiesa e costantinianesimo;
Giovedì 25 ; Seminario : su documenti dell’epoca;
Venerdì 26: Seminario: sul quaderno FUV
di A. Molnar;
Sabato 27: 2) Limiti della contestazione riformata;
Domenica 28 : Seminario : su documenti luterani e anabattisti;
Lunedì 29 : Alcune contestazioni nel nostro
tempo (a cura di Giorgio Bouchard);
Martedì 30 : Seminario : su documenti marxisti;
Mercoledì 31: Seminario: su docum. Upsala
e sulla enciclica «Populorum Progressio»
di Paolo VI;
Giovedì 1 agosto : Discussione finale. Chiusura;
Venerdì 2 : Partenze in mattinata o partecipazione al Congresso FUV (dal pom. del
del 2 al 3 agosto).
Costo- complessivo del Campo : L. 14.000 -F
L. 1.000 tassa di iscrizione. La quota di partecipazione al Congresso FUV è di L. 2.600
compresa la tassa d’iscrizione.
CAMPO INTERNAZIONALE
6-16 settembre 1968
Lingue : italiano . tedesco - inglese
resp. : Pasquale Papiccio
Gianna Sciclone
Argomento :
Pianificazione sociale in Sicilia
Venerdì 6 settembre: Arrivi e sistemazione
dei campisti;
Sabato 7 : Situazione socio-economica della
Sicilia;
Domenica 8 : Seminario;
Lunedi 9 : Seminario : Il piano Mangione;
Martedì 10 : Seminario : Il ruolo del Sindacato nella programmazione;
Mercoledì 11 ; Possibilità di pianificazione
<c dal basso »;
Giovedì 12 : Chiesa e opera sociale nel lavoro « dal basso »;
Venerdì 13: Esempi di pianificazioni e di
opere sociali; 1) Palermo . S.G.I. delle
zone terremotate;
Sabato 14: 2) Partanna . gruppo VittoriaCatania;
Domenica 15: 3) Riesi . Libera Assemblea;
Lunedi 16 : Discussione finale. Chiusura.
Ad ognuno dei primi quattro studi generali farà seguito un seminario su documenti
appropriati. Contiamo sulla partecipazione di
note personalità politiche e di alcuni sindacalisti siciliani. Avremo inoltre fra noi P.
V. Panasela, Lorenzo Barbera, Tullio Vinay
(o un suo inviato), dei rappresentanti del
Servizio Civile Internazionale all’opera nelle
zone terremotate e i membri dei gruppi di
lavoro di Vittoria e di Catania.
Costo complessivo del campo: L. 9.000 +
L. 1.000 tassa di iscrizione. Non c’è limite
d’età.
avvisi economici
AGAPE cerca cuoco o cuoca per stagione
campi giugno-settembre, eventualmente.
Scrivere Segreteria Agape, 10060 Frali
(To).
RINGRAZIAMENTO
La famiglia del compianto
Ersilio Peyronel
commossa per la testimonianza dì affetto e di amicizia dimostrata al loro
caro, nell’impossibilità di farlo personalmente, ringrazia sentitamente tutte le persone che con la loro presenza,
con fiori, scritti e parole di conforto
le sono state vicine nell’angosciosa
prova ed hanno voluto intervenire al
servizio funebre.
Tournim di Pramollo, 5 maggio 1968
Il nostro Signore Gesù ha chiamato
a Sé nel Suo Regno la cara
Donatella Nuzzi
di anni 20
Il papà, la mamma, il fratello Sergio e la sorella Danira, i nonni, la cognata Lidia, i parenti tutti, i fratelli e
le sorelle in fede, gli amici.
« L’Eterno ha dato, l’Eterno ha
tolto, sia benedetto il nome dell'Eterno» (Giobbe 1: 21)
4
Tiag. 4
N. 24 — 14 giugno 1968
Il nostro superfluo e la fame degli altri
(segue da pag. 1)
La Sua proposta è stata presentata
nel luglio ’66 alla Conferenza ecumemenica « Chiesa e Società », a Ginevra.
Vi è stata accolta? Quali convergenze
e quali divergenze si possono individuare fra le Sue tesi e quelle del rapporto ufficiale della Conferenza?
La Conferenza ha elaborato un documento intitolato « Lo sviluppo economico e sociale in una prospettiva
mondiale », che è il rapporto della Sezione I consacrato allo studio di tale
tema. Questo documento, che è il frutto dei lavori di questa sezione, è na^
turalmente molto più sviluppato delle
tesi della Federazione delle Chiese
protestanti svizzere (FCPS). Ma nelle
sue raccomandazioni alle Chiese, che
ne costituiscono la conclusione, il documento contiene un buon numero
delle misure proposte pure dal testo
svizzero. Ecco qui, anzitutto, i punti
essenziali del rapporto delle Chiese
svizzere; vedremo in seguito su quali
punti le proposte elvetiche sono state
superate.
Il rapporto svizzero insìste su questi
punti :
1. - L’esigenza, per i cristiani, di
confessare pubblicamente che una parte della ricchezza dei paesi ricchi è
il prodotto di prelievi economici operati sui paesi poveri. « Una tale confessione è indispensabile, per liberare i
poveri dalla loro amarezza e per permettere loro di acquistare coscienza
della propria responsabilità in un clima di verità e di libertà ».
Il documento svizzero si rivolge soprattutto alle chiese dei paesi ricchi e
non tratta quindi affatto le responsabilità che devono essere assunte dai
cristiani viventi nei paesi sottosviluppati, nei confronti del proprio sviluppo (temi che vengono largamente
trattati nel rapporto di « Chiesa e Società »).
2. - L’esigenza, per i cristiani, di riconoscere che la vita economica fa anch’essa parte dei ministero della Chiesa di Gesù Cristo, perchè i problemi
della produzione, della distribuzione e
dei consumi sono, alla radice, problemi morali che fanno appello alla responsabilità dell’uomo. « La loro sfera
è, per eccellenza, il luogo dell’applicazione e della lotta della fede cristiana ».
« Il cristiano autentico si riconosce
quindi, ovunque, dal fervore del suo impegno, sul piano locale, regionale, e internazionale, in favore di una politica
e di una politica economica universali
e coordinate ».
3. - L’esigenza di un aiuto massiccio.
« Soltanto misure massiccie sono, attualmente, in grado di risolvere una
situazione il cui deteriorarsi potrebbe
assumere rapidamente proporzioni
scottanti per l’intero globo ».
Che cosa s’intende per «aiuto massiccio »? e come realizzarlo?
Occorre ;
4. - Rafforzare l’aiuto privato, laico ed ecclesiastico. « Attualmente tutti gli sforzi delle Chiese... come pure
tutti quelli della carità privata e pubblica debbono essere proseguiti, coordinati e accresciuti, affinchè si possano
portare i rimedi più urgenti ai mali
più gravi che risultano da questi squilibri Ma al tempo stesso prendere coscienza del fatto che tutti questi sforzi
riuniti non costituiscono in nessun
caso un rimedio sufficiente, corrispondente alle dimensioni del male».
Occorre quindi che :
5. - le Chiese cristiane si uniscano
per interpeUare i loro governi affinchè
questi accrescano il loro aiuto governativo al Terzo mondo.
Il documento elvetico propone, come
meta globale dell’aiuto privato e di
quello governativo, il 3% del reddito
nazionale. Una meta a lunga scadenza, con un obiettivo immediato dell’l»/o, costituito interamente di doni,
pubblici e privati. È noto infatti quale freno allo sviluppo, spesso cata,stroflco, rappresentino i debiti verso 1 estero dei paesi poveri, causati dai prestiti
di ogni natura e dagli investimenti
esteri.
Tuttavia, l’aiuto principale che dobbiamo fornire non consiste affatto nei
doni, per quanto importanti siano e
debbano essere. Il nostro aiuto esige
anzi;
6. - Una trasformazione completa
e rapida delle relazioni internaàonali,
politiche ed economiche, e in particolare commerciali e finanziarie.
« È interesse di tutti i popoli, ricchi
e poveri, che si organizzi rapidamente
una politica mondiaie dello sviluppo.
Essa presuppone trasformazioni di
mentalità e di strutture economiche,
sia negli uni che negli altri; implica
la realizzazione, senza ritardi, di istituzioni soprannazionali che detengano i
necessari poteri di pianificazione e di
arbitrato ».
7. - Il rapporto svizzero insiste poi
sulla responsabilità che in proposito
incombe alle Chiese nei confronti dei
poteri pubblici e delle forze politiche.
« È conforme alla missione delle
Chiese cristiane, che esse prendano le
iniziative necessarie affinchè gli Stati
assumano la propria responsabilità di
fronte ai poveri, quando i mezzi da
mettere in atto superano ciò che può
e deve fare l’iniziativa privata. Esse
non possono che approvare e incoraggiare la crescente integrazione degli
sforzi privati e pubblici. Le Chiese
devono dunque raddoppiare in discer
nimento e attività, sia a livello delle
comunità e delle istituzioni ecclesiastiche — per aiutare i cristiani a prendere coscienza delle loro responsabilità di credenti — sia presso le istituzioni politiche, nazionali, internazionali e soprannazionali.
8. - Il rapporto svizzero insiste sull’esigenza di un’ azione ecumenica,
azione concertata fra le Chiese di diverse confessioni, sia a livello locale e
comunitario, sia a livello nazionale,
regionale e mondiale.
9. - Si tratta infine di mettere in
evidenza i rapporti che intercorrono
fra gli armamenti e il sottosviluppo e
l’esigenza di diminuire i primi in favore della lotta contro il secondo.
« Due flagelli pesano sul mondo contemporaneo e ne compromettono l’avvenire: la corsa agli armamenti e il
sottosviluppo. Dominare la corsa agli
armamenti è una necessità assoluta...
Sarà allora possibile liberare forze
considerevoli che potranno essere impiegate nello sviluppo dei paesi sottoprivilegiati. Le Chiese devono dunque
agire, a livello locale e regionale come
a quello internazionale, affinchè siano
rese libere per lo sviluppo le risorse
umane mobilitate per la guerra, mediante accordi rapidi, progressivi e
coordinati fra tutti i popoli. Questi
sforzi saranno tanto più rapidi ed efficaci, quanto più saranno ecumenici,
a tutti i livelli» (cfr. le dichiarazioni
di Paolo VI, nel medesimo senso).
« 4C
Il rapporto della Conferenza « Chiesa e Società » contiene, naturalmente
in modo assai più sviluppato, buona
parte dei punti toccati dal rapporto
elvetico.
Esso sottolinea di nuovo con forza
l’esigenza di un aiuto massiccio rapido
e la radicale insufficienza dei mezzi
pubblici e privati impiegati attualmente per fronteggiare in modo efficace il
crescente flagello di sottosviluppo.
A tale scopo la Conferenza insiste
sulla necessità di un intervento comune delle chiese presso i loro governi
affinchè questi aumentino' la loro partecipazione finanziaria allo sviluppo.
Essa raccomanda di dare la preferenza alle azioni multilaterali, dato che
l’azione bilaterale crea troppo spesso
condizioni di dipendenza negative per
lo sviluppo del partner povero.
Il rapporto menziona un aiuto delri-2% del prodotto nazionale lordo, ma
solo per l’aiuto governativo.
Su molti altri punti « Chiesa e Società » è andata oltre le proposte elvetiche. Essa auspicava in particolare la
costituzione di un’imposta internazionale per sopprimere le alee e le incertezze di un aiuto benevolo che dipende
ogni anno^ dalla buona volontà dei
parlamenti e che impedisce ai paesi
pòveri di impiantare una politica sana, a breve e lunga scadenza, per il
proprio sviluppo.
Il rapporto della Conferenza va pure
più lontano in merito alla necessità
di una nuova politica mondiale, economica e finanziaria e alla necessità
di modificare le strutture e le istiturioni internazionali. Il rapporto insiste
ancora sulla necessità di ridurre l’esodo dei capitali e della mano d’opera
specializzata dai paesi poveri ai paesi
ricchi.
Infine il rapporto insiste con forza
anche maggiore sulla necessità che le
risorse impiegate per gli armamenti
siano devolute allo sviluppo dei paesi
poveri. Esso esorta le chiese a studiare, possibilmente in collaborazione con
quelle cattoliche, « le possibilità di questo transfert ».
« Una riduzione delle spese d’armamento permetterebbe di aumentare
l’aiuto ai paesi in via di sviluppo, e i
cristiani dovranno insistere affinchè
le risorse cos’, liberate siano devolute
a questo scopo dovunque possibile. Le
rMiiiiimiimmiirn
.iiimmimniiiiiiiMiiimiii'
Echi della settimana
LA CATENA DELLA VIOLENZA
Con questo titolo un articolo che
rispecchia una coscienza molto chiara e ferma, è uscko su « L’Astrolabio » (del 9 c)
a proposito dell’assassinio di Robert Kennedy, articolo non firmato ma che crediamo dovuto alla penna del direttore (Ferruccio Farri). Vi si legge quanto segue;
«Attenti a non teorizzare la follia singola dell’uomo, dell’attentatore isolato e
malato, dell’Oswald rottame della società.
Si tratta di ben altro. La legge della violenza è fenomeno di gruppi politici ben determinati e identificabili. I rottami sono tali
solo in quanto sicari. Dietro ci sono i mandanti.
« Un’altra legge di questa violenza è di
scatenare la controviolenza: quella di chi si
difende, siano i vietnamiti, siano i neri dei
ghetti americani, siano le minoranze intellettuali e operaie dell’occidente. Politica e
violenza stanno diventando la faccia del
mondo d’oggi. Non si tratta di accettare
questa legge, ma si deve combatterla. E contro le pistole, i fucili a cannocchiale, i bombardieri, il napalm, i gas, le torture, contro
l’assassinio legalizzato di massa o illegale
del singolo (ma legale per i mandanti) ci
vuole la dura reazione del mondo civile,
non servono il pianto, il lamento, la commozione. la commiserazione. Bisogna mettere la camicia di forza a questa società
autoritaria, bisogna che le masse popolari,
la classe operaia, i giovani, gl’intellettuali,
oppongano un muro alla violenza scatenata,
alla violenza contagiosa. Bisogna rompere
la catena.
« Non bastano le dichiarazioni, i telegrammi, i messaggi. La protesta civile deve
trovare le sue armi sulle piazze, non per
rispondere alla violenza con violenza gratuita e priva di senso politico, ma per imporre obiettivi politici concreti. Un obiettivo preciso è questo: con l’America dei
gangster non sr tengono rapporti di complicità e di alleanza, si devono spezzare. Finché l’America rimane nelle mani dei gangster della politica e della finanza, non c’è
posto per quest’America nel mondo civile.
« ”Ci ritroveremo a Chicago”, aveva detto
B. Kennedv prima di essere colpito. Speriamo che qualcun altro possa ereditare da
lui la forza, lo slancio, la coerenza di
un’America diversa e civile, ’’dell’alira
America”. Che quest’America vinca a novembre e tolga il potere a chi ha seminato,
dal Vietnam al resto del mondo, la legge
della violenza. Solo in questo caso si potranno discutere i rapporti e ristabilire i
legami con l’altra sponda dell Atlantico.
« Ormai tutti siamo complici degli assassini di John Kennedy, di Malcom x, di
Luther King, di Bob Kennedy, se ci nascondiamo dietro la ’’fatalità”, il ’’caso ’, l episodio di ’’follia singola”. La follia americana è nutrita dalla complicità dei servi e dei
compiici di ’’quest’America”. Deve vivere e
vincere ’’l’altra America”. Non ci sono vie
di mezzo, non c'è spazio per patteggiamenti: non c’è spazio neanche per l'umana comrnozione: deve tradursi in forza politica travolgente contro questa "civiltà” di morte e
di assassinio »■
Siamo quasi al cento per cento d accordo.
Che vuol dire ; « spezzare i rapporti di complicità e di alleanze »? Vuol dire molte
cose; tanto per cominciare, vuol dire « uscire dalla NATO». Ma già questo primo atto doveroso, Tattuale classe dirigente italiana non lo farà mai! Tuttavia ci discostiamo leggermente dalle opinioni sopra
espresse, in qualche punto e soprattutto in
questo ; non ci sentiamo di affermare oggi,
a cura di Tullio Viola
con sicurezza, che l'uccisore di B. Kennedy
sia un sicario, e che « dietro di lui ci siano
i mandanti ». È probabile ma non certo, e
perciò noi lo affermeremo se, e solo se sarà
provato. E dopo tutto : è proprio tanto importante saperlo? Non lo crediamo, e perciò le dichiarazioni seguenti ci trovano più
pienamente consenzienti. '
« Non ci si può sbagliare: l’assassinio
di Los Angeles è il prodotto ultimo d’una
realtà politico- sociale. È errato, per non
dire disonesto, di considerarlo un fatto assurdo ed incomprensibile. Che esso sia
l’opera solitaria d’un pazzo, o invece d’un
essere normale armato o non armato da
cospiratori, l’atto risulta da una degradazione vertiginosa nei rapporti della società
americana (molto bene!). Questa è malata,
proprio nel momento in cui essa non è mai
stata tanto ricca. Essa è incapace di risolvere il suo problema principale: quello di
riempire il fossato che divide due comunità.
Sono quattro anni che i negri non ricevono
dai bianchi altro che un silenzio imbarazzante nel migliore dei casi, nel peggiore
morte e desolazione. E in questa situazione
i neri sono sulla via di perdersi.
« Nel tempo di due mesi e un giorno, i
neri hanno perso i due uomini nei quali
essi potevano ancora credere. L. King e
B. Kennedy animavano ancora un tenue
barlume di speranza in questi diseredati.
Ma nello stesso tempo, il nero e il bianco
erano la speranza, spesso suo malgrado,
d’un paese che, fin quando non si sarà guarito della sua ferita originaria, non avrà più
il diritto di pretendere ad un qualunque^
’’leadership” morale. Quando la violenza è
diventata un sistema politico, quando essa
spinge alla paura, quando essa crea le peggiori frustrazioni e le peggiori alienazioni,
come meravigliarsi di Dallas di Memphis o
d’’ Los Angeles? ¡1 governo è impotente a
fot' ì‘€gtÌOÌ'€ io pOCB iìlÌCì'iOfC, COSÌ COH^B è
incapace a promuovere delle riforme radicali urgenti, senza la quali l’ordine non è
che ’’disordine stabilito”.
« La tragedia di Robert Kennedy ha convogliato tutte quelle forze perverse, che si
sono proposte il compito d’erigere la sola
legge ad esse congeniale: la legge della
giungla. Duecento milioni di Americani
devono ravvedersi, a cominciare dai dirigenti collettivamente responsabili di ciò che
è accaduto. Responsabili perchè hanno tollerato che la violenza si sia messa sulla via
del progresso, generando una paura viscerale in tutte le persone in vista, una paura
paralizzante. Si'poteva sperare che dall’assassinio di John Kennedy sorgesse uno
slancio umano. È accaduto precisamente il
contrario. La brutalità ha preso Ubero corso, come se l’avvenire felice degli U S.A.
.sfuggisse alla volontà dei suoi cittadini.
«Robert Kennedy terminava il suo ultimo
libro con le seguenti parole: ”Il grande impulso che ha fatto VA merica et mata a credere che nè la fortuna, nè la natura, ne la
corrente della storia ne determinino il destino, ma il lavoro delle nostre mani guidalo
dalla ragione e dai principi. Vi e in questo
dell’orgoglio, ed anzi dell’arroganza, ma anche il frutto dell’esperienza e la luce della
verità. In ogni caso, è il solo modo in cui
noi possiamo vivere” ». (F. Landgraf su
« La Gazette de Lausanne » del 6 giugno).
Non sappiamo se queste parole di Robert
Kennedy pretendano esprimere una vera
e propria filosofia della storia. Probabilmente no; ma. se così fosse, dovremmo ovviamente esprimere anche su di esse delle riserve.
chiese hanno un ruolo attivo da svolgere nella formazione di un’opinione
pubblica realistica al riguardo ».
Per concludere, notiamo che la Conferenza « Chiesa e Società » allarga
ancora considerevolmente la nozione
di collaborazione ecumenica. Mentre
le chiese svizzere raccomandano una
cooperazione fra le diverse confessioni
sul piano locale, comunitario, nazionale e mondiale, il rapporto « Chiesa e
Società » auspica « una stretta collaborazione dei cristiani di ogni confessione fra loro e con altri gruppi religiosi e non religiosi, fino a livello di
comunità, per informare e formare
l’opinione pubblica». I gruppi non religiosi di cui si parla sono essenzialmente i gruppi politici, i sindacati o
altri gruppi non cristiani disposti a lavorare unitamente ai cristiani.
Vi è qualche punto dì contatto fra
questa proposta e l’ultima enciclica
sociale di Paolo VI, la « Populorum
progressio »?
La lettura di questa enciclica e dei
testi che ho citato prima mostra che
la riflessione dei cristiani sui temi brucianti del nostro tempo è oggi perfettamente convergente. Sottolineiamo
soprattutto il consensus che si stabilisce fra tutte le chiese affinchè i cristiani affrontino parallelamente i due fiagelli che minacciano l’umanità : la
guerra e la lame. Il documento romano, il documento di « Chiesa e Società » e il documento svizzero esprimono
tutti e tre l’urgente necessità che una
parte delle folli risorse che le nazioni
impegnano per i loro armamenti, siano invece impiegate per soccorrere i
paesi sottosviluppati. Bisogna sperare
che tutti questi appelli convergenti finiranno per scuotere la coscienza dei
cristiani del mondo intero e per coinvolgere pure quella degli abitanti dei
paesi poveri, spesso troppo inclini a
sciupare le loro magre risorse in spese
d’armamento.
Quale eco ha suscitato la Sua proposta nella Sua chiesa e nel Suo paese,
nonché in altri paesi?
Dei corrispondenti mi hanno fatto
conoscere sforzi simili intrapresi in
Belgio, in Olanda e in Germania. In
Svizzera questa proposta continua il
suo cammino e conquista cerehie sempre più numerose, ecclesiastiche e non.
Vi sono state, a questo riguardo, prese di posizione del Consiglio ecumenico
delle Chiese? Che cosa pensa della possibilità e dell’opportunità dì contatti
fra il Coniglio e il Vaticano in vista
di un’azione comune in questo campo?
La Conferenza « Chiesa e Società »
era una conferenza consultiva destinata a produrre documenti di lavoro per
le Chiese. Queste non saranno consultate ufficialmente sulle conclusioni
della Conferenza se non all’Assemblea
ecumenica di Upsala, nel luglio prossimo. È evidente Timportanza di una
preparazione adeguata delle delegazioni che si recheranno a quell’Assemblea. C’è da auspicare che essa darà al
Consiglio ecumenico un potere abbastanza ampio affinchè pressa intraprendere con il Vaticano un’azione di grande portata, già avviata in qualche caso con la Commissione pontificia « lustitia et Pax ».
Le Sue tesi e le Sue proposte hanno
suscitato reazioni fra i responsabili del
Terzo mondo, cristiani o non cristiani?
I rappresentanti del Terzo mondo
hanno sempre il legittimo timore di
vedere la filantropia e la carità tradizionali servire da pretesto alle Chiese
e agli Stati ricchi per non affrontare
le riforme di struttura del commercio
e dell’economia mondiale. Non si insiste mai abbastanza sulla necessità di
tali riforme e su come sia importante,
per i cristiani, non accontentarsi dei
soli sforzi della « carità ». La vera ca^
rità ha, oggi più che mai, dimensioni
politiche.
Lei è un conoscitore del pensiero economico e sociale di Calvino. La sua
proposta è appunto apparsa nel quadro delle celebrazioni calviniane del
1964 Quali rapporti vede fra questo
sforzo di presenza cristiana nel mondo
e l’etica sociale del Riformatore?
Credo che il pensiero e l’azione di
Calvino restano esemplari per i cristiani del XX secolo per queste due ragioni fondamentali:
1) Calvino non ha mai dissociato
il combattimento della fede dal combattimento per la giustizia sociale. Per
lui il ministero diaconale della Chiesa
si estende a tutta la città, a tutta la
società, ed è parte integrante del suo
ministero essenziale.
Di fronte all’attuale miseria del mondo e alle proporzioni gigantesche che
essa assume per una parte sempre crescente e largamente maggioritaria dell’umanità, bisogna a tutti i costi che i
cristiani comprendano che il ministero diaconale della loro chiesa deve ampliarsi a dimensioni mondiali.
2) Calvino non ha mai dissociato
il ministero diaconale della Chiesa dal
suo ministero profetico verso gli Stati.
Il ripiegamento della pietà e deUa carità unicamente sul piano deH’iiidividuo, a partire dalla rivoluzione industriale è stato altrettanto catastro^o
per il mondo quanto per la Chiesa. Occorre che le Chiese ritrovino la loro
responsabilità nei confronti della so
cietà tutta e delle autorità. Occorre
che esse si diano gli organi di studio
e di azione necessari per ridiventare
un interlocutore vigilante, esigente e
incoraggiante per lo Stato. Il ministero
profetico della Chiesa presso la società e lo Stato non ha nulla a che vedere con una politica clericale o confessionale; vi è in proposito una vasta
riflessione da condurre.
Che cosa pensa che le Chiese, le nostre Chiese possano e debbano fare,
qui e ora, in questo campo?
Hanno un compito enorme:
1) d’informazione dei loro membri;
2) di formazione dell’opinione pubblica: conferenze^ seminari, ecc.;
3) di azione: campagne d’impegno
personale (ad es. un giorno di salario
al mese per un’opera nel Terzo mondo,
sia essa neutra o confessionale; =3“/o),
azione presso le autorità locali per impegni simili, contatti seguiti con rappresentanti del Terzo mondo.
ISotiziario
ecumen ico
a cura di Roberto Peyrot:
PER UNA RICONCILIAZIONE
IN MEDIO ORIENTE
Beirut (soepi) — In occasione del primo
anniversario della guerra arabo-israeliana
62 missionari e pastori americani in Libano
hanno inviato una lettera ai loro confn elli
degli Stati Uniti per « chiarire i fatti dd^Ua
situazione » in Medio Oriente e far c.ipire
(c i sentimenti delle due parti in causai.
a Dobbiamo anche comprendere come le
due parti sono state responsabili del crescere
delle provocazioni che sono sfociate nella
guerra del giugno 1967. E poiché i Sfatti
sono presentati in modo diverso dalle singole
parti, dobbiamo ascoltarle tutte ».
Ad esempio, il problema dei prerfughi ;
« Gli israeliani insistono nel dire che i profughi del 1948 come quelli del 1967 hanno
abbandonato volontariamente le loro dimore,
essendo stati indotti in errore dai governi
arabi. Noi, che viviamo qui, sappiamo pero
che vi è sempre stata una larga pressione —
e non solo una forza trascurabile — esercitata per ’incoraggiare’ gli arabi all’esilio ».
D’altronde, « gli occidentali in genere sono
già consci dei sentimenti degli israeliani:
l orgoglio di essere nuovamente i padroni
della Palestina, dopo un così lungo periodo
di tempo trascorso, senza che occorra trovare
altri pretesti per il fatto di essere ebrei. Pero
gli occidentali non sono altrettanto consci
dei sentimenti degli arabi: amarezza per
aver perso il loro paese,, umiliazione di fronte alle sconfìtte militari, frustrazione per non
essere in grado di far capire i loro diritti al
resto del mondo.
«La stampa occulc de tende a definire
la massiccia incursu. :r di Israele contro il
villaggio giordano > m irarne, U 21 marzu
1968, come una j. p tva’\ men
tre le incursioni arav. r.ou ro la riva occU
dentale del Giorà a Israel so
no definite come I occiden
tali dovrebbero capire vhe u imii^ne ara o
utilizzato dai combaneriii du//u resistenza^
’fedayiin\ significa ’coloro che si surrificano'
e che gli arabi li paragonano ai membri 'ella resistenza in Europa sotto Voccupùi -me
nazista ».
La lettera è firmata da pastori e missionari di varie confessioni religiose, riformate
e luterane.
FIRENZE
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ragionieri, ginnasio-liceo classico (recupero anni escluso).
Prospetti e informazioni dettagliate
a richiesta.
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