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IL MARCHIO
DI CAINO
«E il Signore mise un marchio su
Caino perché nessuno lo uccidesse»
Genesi 4,15
La Camera dei deputati ha approvato in prima lettura una proposta
di legge costituzionale che farà scomparire dalla Costituzione la pena di
morte «nei casi previsti dalle leggi militari di guerra». È una buona notizia
che non ci deve sfuggire. La pena di
morte per i reati comuni era stata abolita in Italia nel 1890 e dal codice militare di guerra nel 1994. Nel dibattito
parlamentare sono stati utilizzati due
argomenti di carattere etico. Il primo
era «religioso»: i cattolici hanno sostenuto la sacralità e dunque l'inviolabilità della vita umana. Si sono dimostrati così «più papisti del papa».
L'Evangelium vitae, per esempio, giustifica la pena di morte, anche se come
extrema ratio; il Catechismo universale prevede la sua legittimità proprio
nel caso contemplato nella proposta di
legge. Se però i cattolici confondono la
«vita » con il dato biologico, allora si
cade in contraddizione. Che cosa fanpio i soldati in guerra se non uccidere
la vita? Non siamo nella stessa contraddizione di quei criminali che difendono la «vita» degli embrioni umani uccidendo i medici che praticano
l’aborto legale? Il secondo argomento
etico proveniva dalla componente laica della Camera. Si riassume con una
domanda: «Può lo stato avere il potere
di sopprimere e cancellare una persona umana?». Cresce costantemente,
soprattutto nella coscienza europea, il
numero di persone che rispondono
«no», lo stato non può avere quel diritto. Anche questa è una bella notizia.
CAINO deve vivere e portare su di sé
il marchio del crimine collettivo,
dell'uccisione del fratello. L’umanità
intera ha coscienza del crimine compiuto costantemente e senza sosta: in
qualunque luogo, ovunque un Caino
uccide il fratello. I nomi, i volti, il colore della pelle cambiano, ma il crimine
rimane. Caino è l'umanità caduta che
vive a Est di Eden, sempre più lontano
da Dio. Il primo peccato ha portato
Adamo ed Èva in quella terra oscura
dove la morte giunge in fretta, dove
l’albero della vita non porta frutto. Il
secondo peccato, l'uccisione del fratello,
porta ancora più lontano da Dio Caino, cioè l'umanità in preda alla violenza che uccide il fratello anche con l'oppressione, la schiavitù, lo sfruttamento.
Una lontananza che diventa geografica
e fisica, esistenziale e affettiva. Caino
va nella terra di Nod, suolo simbolico
di chi è ormai senza patria, lontano da
chi dà la vita e sostiene il creato.
SE il marchio dell'amore nel libro del
Cantico dei Cantici proclamava la
speranza di quella forza che è «potente
come la morte», il marchio di Caino è il
divieto divino di sopprimere la vita
umana. L’uccidere e l'essere complice di
una struttura economica, sociale, culturale che uccide i fratelli dai corpi piagati dalla sofferenza, nella morsa del
dolore e della fame, che ci allontana
dalla nostra patria, che ci condanna a
vivere da fuggiaschi sempre più lontano da Dio. Im pena di morte è sempre e
comunque uccidere. Una camera a gas,
un plotone di fucilazione, la stanza dove una sedia elettrica attende il condannato sono le regioni di Nod, le sue
città maledette. Questa cancellazione
della pena di morte, dunque, è una bella notizia, non perché la vita sia sacra,
0 perché lo stato rinuncia a quello che
sempre in troppi hanno pensato fosse
in suo potere, ma perché accorcia un
po’ la distanza fra il paese di Nod e il
«giardino» della suprema fecondità
creativa deU’umanità.
Martin Ibarra
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Colloquio con Alberto L'Abate, sociologo, tra i fondatori del Movimento nonviolento
Senza fine il conflitto nei Balcani
L'Occidente ha perso anni preziosi in cui era ancora possibile creare occasioni di mediazione
nonviolenta tra le diverse etnie. Oggi, invece, l'unica possibilità che resta è la spartizione etnica
ALBERTO CORSANI
Mentre è difficile intravedere
una fine del conflitto balcanico, e timidamente si guarda alle
iniziative diplomatiche che una alla volta nascono e poi si bloccano,
proviamo a ragionare sulla possibile via d’uscita con Alberto L’Abate,
docente di Metodologia della ricerca sociale presso la facoltà di Scienze della formazione deU’Università
di Firenze, tra i fondatori del Movimento nonviolento in Italia, che è
stato impegnato nella campagna
per la soluzione nonviolenta del
conflitto in Kosovo. Il suo è il sentimento di chi ha provato a ricercare
una soluzione nonviolenta, che
tendeva alla conciliazione delle
sensibilità e delle culture: pratiche
consuete per i nonviolenti, a cui
sono stati sordi i governi. «Al momento purtroppo - mi dice - l’unica possibilità di uscire da questo
stato di cose è la spartizione etnica,
sul modello della Bosnia ridisegnata dal trattato di Dayton (1995). Nel
Nord del Kosovo, dove ci sono alcuni villaggi abitati dai serbi e miniere considerate irrinunciabili da
Belgrado, un settore serbo, nel Sud
quello albanese. Ma quanti morti ci
vorranno? Questa via d’uscita,
quando sarà praticabile, non dipenderà più dalla permanenza o
meno di Milosevic al potere; dai
contatti che abbiamo via Internet
con la Jugoslavia e il Kosovo risulta
che le bombe certo non fanno bene
alla democrazia, già così problematica a Belgrado, anzi, ci sono rischi
di andare verso forme di nazionalismo ancora più esasperato».
- Facendo un passo indietro, tuttavia, è possibile verificare che gli
abitanti albanesi del Kosovo non
pensavano a una soluzione di questo tipo...
«La nostra campagna nel campo
della “diplomazia del basso”, era tesa a stimolare tutte le iniziative che
si opponessero al “muro contro
muro”, si trattava di creare occasioni di mediazione fra le diverse etnie,
di composizione dei conflitti; e per
un certo periodo è stato possibile:
abbiamo cercato di mettere in contatto gruppi di base nonviolenti dei
due campi. Certo avremmo avuto
bisogno di veder moltiplicare per
mille 0 duemila, a livello istituzionale europeo, gli sforzi che facevamo. E poi i governi europei non
hanno tenuto conto, al momento
opportuno, delle richieste di parte
kosovaro-albanese, che allora non
chiedevano uno stato vero e proprio. Dopo la revoca dell’autonomia
alla regione del Kosovo da parte di
Milosevic nel 1989, essi non volevano uno stato con un suo esercito,
volevano dei confini “aperti” con
Serbia, Montenegro, Albania e Macedonia. Non se ne è fatto nulla
perché all’epoca Milosevic era un
interlocutore per chiudere le ostilità
in Bosnia. Inoltre prima, della revoca dell’autonomia, nel 1989, vigeva
il bilinguismo nelle scuole, università e uffici pubblici. Poi i kosovari
di origine e lingua albanese che rifiutavano il monolinguismo imposto da Belgrado sono stati allontanati da queste sedi. Allorché un ac
cordo li stava reintroducendo, questo processo, a cui aveva collaborato attivamente la Comunità di
Sant’Egidio, non è stata adeguatamente monitorato dalla comunità
internazionale e ai kosovari non è
stato lasciato intravedere un altro
sbocco più “politico” di questo approccio. Sono state tolte le sanzioni
vigenti e soprattutto si è cercato di
aprire un mercato per i paesi europei senza una strutturazione che rilanciasse l’economia. Un po’ alla
volta i kosovari hanno ritenuto che
allora la scelta nonviolenta, che pure stava dando dei buoni frutti in alcuni ambiti, non potesse portare i
risultati politici a cui miravano, e si
sono fatti strada i radicalismi».
- Si può dire che anche il mandato degli osservatori Osce è stato
un'occasione mancata?
«I verificatori Osce sono stati
mandati in Kosovo in seguito
all’accordo tra il mediatore Holbrooke e Milosevic, ma erano pochi, militari, con una formazione
ben poco adatta a fare opera di
Mancato il quorum al referendum antiproporzionale del 18 aprile
L'iniziativa politica riformatrice torna al Parlamento
mediazione, che avrebbe potuto
arginare l’esasperazione del conflitto. Sono stati visti come una forza “di parte”, e hanno avuto il
mandato riduttivo di verificare il
cessate il fuoco».
- Paradossalmente l’azione nonviolenta può servire prima, ma anche dopo il conflitto: si può dire che
quando cesseranno le deportazioni
e le violenze alla popolazione kosovara e conseguentemente i bombardamenti (sempre che il conflitto
non si allarghi via terra) essa riprenderà un certo ruolo?
«Quello che ci vorrebbe sarebbero dei corpi civili di pace come
quelli previsti dalla raccomandazione approvata dal Parlamento
europeo lo scorso febbraio, integrati da Organizzazioni non governative disponibili (sono molte in
Europa e negli Usa) per lavorare
sulla ricostruzione dei rapporti civili. Questo non è possibile durante il conflitto: in questo momento
funzionerebbe solo una presenza
di Caschi blu dell’Onu».
La scelta dei libri di testo
di CALVETTl, FUMERÒ E DRAGO
EUGENIO BERNARDINI
CON il 49,6% dei votanti il referendum
antiproporzionale del 18
aprile è stato l’il“ dei 46
referendum effettuati in
Italia dal 1974 («Scioglimento del matrimonio») a
non raggiungere il quorum necessario. Ora torna
al Parlamento quel che
sarebbe del Parlamento,
cioè l’iniziativa politicolegislativa su una materia
di fondamentale rilevanza
istituzionale come la legge elettorale, in questi anni solo parzialmente modificata, dall’onda lunga
di Tangentopoli, in senso
«mezzo maggioritario» e
«mezzo bipolarista».
Dico «sarebbe» perché,
purtroppo, il Parlamento
in questi anni ha dimostrato di non volere o non
potere svolgere quell’intelligente ed equilibrato
ruolo riformatore assolutamente necessario per
dare al sistema-Italia stabilità (cioè piena responsabilità) e alternanza politica: quel poco o quel tanto di cambiamento che i
cittadini sono riusciti a
ottenere in questo campo
viene dai referendum, e
anche quello del 18 aprile
è stato promosso dopo il
fallimento della Commissione bicamerale.
Se, dunque, pare dimostrata l’incapacità dell’attuale sistema dei partiti di
autoriformarsi, che cosa
potrebbe produrre ora il
Parlamento se non ulteriore immobilismo? L’ipo
tesi più probabile è che
passato il referendum,
passeranno anche le polemiche di questi giorni, il
ministro per le Riforme,
Giuliano Amato, si produrrà forse in un’estenuante quanto inutile
trattativa per (rovare la
soluzione meno sgradita a
tutti, e alla fine si andrà a
votare per la prossima legislatura con il sistema di
voto attuale, in fondo
davvero il meno sgradito
alla maggioranza dei parlamentari che, in modo
trasversale, si schierano
per soluzioni diverse e inconciliabili.
In questa situazione è
sempre più difficile chiedere ai cittadini di non far
aumentare la schiera di
coloro che esprimono un
distacco, una sfiducia crescente verso la politica. È
vero che molti che non
sono andati a votare il 18
aprile hanno fatto una
scelta astensionista e non
assenteista, ma è anche
vero che molti che sono
andati a votare lo hanno
fatto con un senso di frustrazione e con poche certezze sul buon uso che sarebbe stato fatto del loro
voto. Eppure non c’è alternativa; il sistema politico si può riformare solo
con una viva partecipazione democratica e con
un’opinione pubblica
sempre più esigente nel
richiedere ai partiti e ai
parlamentari scelte responsabili ed efficaci in
direzione della stabilità e
deU’alternanza politica.
^»CHIESE®
Il Srm per il Kosovo
di ANNEMARIE OUPRÉ
¡EDITORIALES^»
Le elezioni algerine
di JEAN-JACQUES PEYRQNEL
iCOMMENTOHHBR
Il debito dèi paesi poveri
di DORIANA GIUDICI
I DAL MONDO
La guerra vista dagli Usa
diMARINETTACANHITO
2
PAG. 2
RIFORMA
All’Ascolto Della Parola
VENERDÌ 23 APRILE 199g
Beati quelli che si
adoperano per la
pace, perché
saranno chiamati
figli di Dio»
(Matteo 5,9)
«^Voi udrete parlare
di guerre e di
rumori di guerre;
guardate di non
turbarvi, infatti
bisogna che questo
avvenga, ma non
sarà ancora la fine.
^Perché insorgerà
nazione contro
nazione e regno
contro regno; ci
saranno carestie e
terremoti in vari
luoghi; ma tutto
questo non sarà che
un principio di
dolori. [...]
‘^Ma chi avrà
perseverato sino
alla fine sarà
salvato. ‘^E questo
evangelo del regno
sarà predicato in
tutto il mondo.
affinché ne sia resa
testimonianza a
tutte le genti: allora
verrà la fine»
(Matteo 24,6-9; 13-14)
<éWoi avete udito
che fu detto: “Ama
il tuo prossimo e
odia il tuo nerqico”.
^^Ma io vi dico:
“amate i vostri
nemici, benedite
quelli che vi
maledicono, fate
del bene a quelli
che vi odiano, e
pregate per quelli
che vi maltrattano
e che vi
perseguitano,
affinché siate figli
del Padre vostro che
è nei cieli...’’»
(Matteo 5,43-45)
«‘...vennero alcuni
a riferirgli il fatto
deigalileiil cui
sangue Pilato
aveva mescolato
con i loro sacrifici.
^Gesìi rispose loro:
“Pensate che quei
galilei fossero più
peccatori di tutti i
galilei perché
hanno sofferto
quelle cose? “No, vi
dico; ma se non vi
ravvedete, perirete
tutti allo stesso
modo”»
(Luca 13,1-3)
«AMATE I VOSTRI NEMICI
»
La grande sfida che la guerra ci pone è come ricuperare l'umanità. L'umanità
dei carnefici e l'umanità delle vittime. Utopia? Sì, certo! Ma non c'è alternativa
LUCIANO DEODATO
La tragedia morale della
guerra contro la Jugoslavia
può emblematicamente essere
racchiusa in questo paradosso
(purtroppo reale): un presidente americano di fede battista ordina a dei soldati battisti della
chiesa americana di Aviano di
bombardare Belgrado dove,
nelle cantine, cercano scampo
famiglie della locale chiesa battista. Veramente la guerra è un
fratricidio e distrugge cose, vite
e anime.
Beati i costruttori di pace
EATI quelli che si adope
rano per la pace» dice
Gesù; una parola che ci impone
di ripensare la nostra vita e la
nostra azione. Ce stato un tempo in cui ci siamo adoperati per
la pace? Sì, forse. Ma è stata la
parola d’ordine di un momento.
Adoperarsi per la pace richiede
costanza, pazienza, resistenza.
Così, mentre noi «cantavamo in
gregorian’o», secondo l’espressione di Dietrich Bonhoeffer, altri costruivano bombe e aeroplani. Impiegavano intelligenza
ed energie, risorse economiche
e diabolica fantasia per rendere
più efficaci, potenti e distruttivi
gli strumenti di morte, perché
distruggessero senza lasciare
anche solo una traccia della vita.
E noi? Non abbiamo protestato
ma la protesta non sarebbe bastata. Bisognava anche ideare.
programmare, proporre alternative valide: «costruire» la pace.
Non l’abbiamo fatto. Ci sono
mancate la forza e la volontà.
Ma la parola di Gesù nello
stesso tempo in cui mette a nudo il nostro «peccato», ha anche
il suono dell’appello: l’ora della
guerra deve essere per noi, più
che mai, l’ora della pace. È nelle
tenebre che si attende la luce e
ci si dà da fare perché venga.
Cosi noi oggi pensiamo già al
giorno in cui cesseranno i bombardamenti. Ma a quel momento dovremo già sapere che cosa
fare per costruire, mantenere,
rafforzare, estendere. Ne saremo capaci? Non sarebbe male
cominciare già da oggi a chiedere al Signore di aiutarci in questo compito.
morte la vita. Predicazione contraddetta ad ogni passo, ma perseverante perché sa che il crocifisso è il risorto. La morte è stata
vinta. Questa è la grande parola
che è risuonata in tutte le nostre
chiese, anche in quelle della Jugoslavia.
L'utopia dell'amore
Una storia fatta di violenze
T NSORGERÀ nazione con
«li
Preghiamo
Signore, sappiamo che tu sei dalla parte di Abele, ma
cerchi anche il dialogo con Caino, perché tu riesci a unire la verità e la misericordia, la giustizia e la pace
Signore, ti ringraziamo perché anche in questi giorni di
tenore e di angoscia ci sono persone capaci di gesti gratuiti di amore i cui nomi non saranno mai scritti sui libri
di storia, ma sul tuo ^ande libro della vita. Persone che
soffrono con chi soffre, piangono con chi piange, curano
i malati, fasciano le ferite, consolano i disperati, accolgono i profughi, sfamano gli affamati. Così tu, anche nei
tempi più bui, ci dai un segno di speranza, spargi il seme
dal quale nasce l’amore.
Si^ore, ti preghiamo per i capi della Nato, i generali, i
politici, i fabbricanti e i mercanti di armi, i governanti
della Jugoslavia perché abbiano il grande coraggio di
scegliere la via della pace, ma di quella vera, che è giustizia, solidarietà, amore.
Ti preghiamo per noi, spesso indifferenti e rassegnati,
timidi e pavidi, aiutaci a fare le scelte giuste, quelle che
corrispondono alla tua volontà; di te che hai liberato gli
oppressi, guarito i malati, perdonato i tuoi carnefici,
sconfìtto l'odio con il tuo amore. Nel nome di Gesù, il vivente, che tu hai risuscitato dai morti. Amen.
tro nazione, regno contro
regno [...] ma tutto questo non
sarà che principio di dolori».
Anche questo ha detto Gesù.
Terribile parola che descrive la
storia dell’umanità fino alla sua
fine. Questa dunque è la nostra
storia, lo scenario sul quale si
svolge la testimonianza e la predicazione. Non è il nostro compito annunciare altre tragedie a
quelle che già ci sono. Aggiungere maledizioni a un mondo
che di per sé è già abbastanza
maledetto. Fare il profeta di
sciagura in un mondo che di
sciagure nella sua storia e in
questo secolo ne ha già conosciute fin troppe. E allora? Allora bisogna ascoltare il seguito
del discorso di Gesù, che dice:
«Ma chi avrà perseverato sino
alla fine sarà salvato. E questo
vangelo del regno sarà predicato in tutto il mondo...».
Perseveranza e salvezza, predicazione e Regno. Nell’insieme
di questi elementi è la traccia
del compito dei credenti, il loro
programma di azione, la parola
rinnovatrice. Un programma di
ampio respiro che non si esaurisce nel breve volgere di un attimo, ma riempie Resistenza dei
singoli e delle generazioni, e
non conosce limiti di razza o
cultura. Un programma che si
affida alla forza, ma anche alla
debolezza della predicazione,
parola che addita il nuovo verso
il quale fa convergere lo sguardo
della speranza. Nuovo perché
all’odio sostituisce l’amore, alla
guerra la riconciliazione, alla
. \ MATE i vostri nemici, [...]
AA./».pregate per quelli che vi
perseguitano». Anche questa è
una parola oggi da rivisitare. Paradossale e dura, come altre parole del sermone sul monte che
rovesciano il nostro mondo e
descrivono la realtà del regno di
Dio. La guerra vive perché costruisce l’immagine del nemico
da uccidere, distruggere, annientare. La propaganda l’alimenta e si serve della menzogna
per creare delle falsità che a loro
volta aumentano l’odio, scavano
fossati, innalzano barriere. 11
gioco perverso non finisce con
la vittoria dell’uno sull’altro; ma
la catena infernale dell’odio si
spezza solo quando uno comincia ad amare l’altro.
Allora la spirale si blocca, il
meccanismo si inceppa, nasce
l’umanità. La grande sfida che
questa guerra ci pone è come ricuperare l’umanità. L’umanità
dei carnefici e l’umanità delle
vittime.
Utopia? Sì, certo! Ma non c’è
alternativa. Tutte le altre strade
si sono rivelate fallimentari, e le
guerre di questo secolo con i milioni di morti, deportati, miserabili e distruzioni infinite ne è la
controprova indiscutibile.
La pedagogia di Dio
O E non vi ravvedete, peri
:
rete tutti allo stesso modo». L’occasione di questa parola è data da un fatto di cronaca,
del quale non conosciamo i dettagli. Dunque difficile da ricostruire solo sulla base di questa
eco lontana. Pilato aveva ordinato la strage di un gruppo di pellegrini galilei. Non si sa se siano
stati uccisi insieme agli animali
da sacrificare, quando si trovavano già nel tempio di Gerusalemme o quando erano ancora
per strada. Si trattava di galilei,
cioè di individui sospetti di far
parte del movimento zelota che
rivendicava l’indipendenza nazionale. Oggi diremmo albanesi
del Kosovo, o curdi di Ocalan.
Qualcuno, impossibile per noi
sapere se uno zelota o un fari
seo, informa Gesù del fatto. Con
quale finalità? Vuole fare schierare Gesù con gli zeloti e contro
Pilato, o viceversa? Non sappiamo. Ma Gesù non si schiera né
con gli uni né con gli altri. Perché? Lo sconosciuto interlocutore vorrebbe, come noi, agganciare Dio alla propria causa. Ma
Dio non può essere strumentalizzato per scelte politiche delle
quali noi soli portiamo la responsabilità. Il problema, per
noi, non è schierarsi ma comprendere il messaggio contenuto in quella strage.
Fuori dall’immagine, l’attuale
conflitto in Jugoslavia mette a
nudo i molti fallimenti delle
scelte politiche dell’Est, ma anche dell’Ovest. Ce ne rendiamo
conto dalla lettura dei quotidiani e dai servizi della televisione.
Poco per volta emergono gli errori fatti dagli uni e dagli altri in
questi anni. Per capire i molti
perché dell’attuale tragedia dovremmo ripercorrere la storia
almeno degli ultimi cinquant’
anni. Ma ciò che c’inquieta non
è tanto il passato, quanto il futuro. Il conflitto si allargherà o rimarrà limitato?
La parola di Gesù suona come
una minaccia: «...perirete tutti
allo stesso modo». Nella tragedia del popolo kosovaro, ma anche in quella del popolo jugoslavo temiamo di vedere come
un segno di quella che può essere anche una nostra tragedia.
Tuttavia la parola di Gesù è anche una parola di grazia; un appello al ravvedimento: «se non
vi ravvedete...». Questo non è
solo il tempo della paura e dell’angoscia; può anche essere il
tempo del ravvedimento. Anzi,
non è mai troppo tardi per il
ravvedimento. Nella parabola
del fico, che segue, si parla di un
anno d’attesa, prima di procedere al taglio della pianta improduttiva e dunque inutile. È il
tempo della pazienza di Dio.
Forse c’è anche per noi ancora un po’ di tempo. Non molto,
ma quello suflidente per ravvedersi; per cambiare cioè strada;
invertire il nostro senso di marcia. Adoperarsi per la pace, predicare con perseveranza l’evangelo del Regno, amare i nostri
nemici.
(Ultima di una serie
di tre meditazioni)
Note
omiletiche
Nella foto Marc Chagall, La
guerra (1964-66)
«Coloro che si adoperano alla pace» (Matteo 5
9) non sono da intendere
solo come i «pacifici». ||
verbo è usato solo una
volta nel NT, riferito all'azione di Dio che ha fatto la pace con gli uomini,
riconciliandoii a sé mediante la croce di Cristo
(vedi Colossesi 1, 20). |
dunque l'opera propria di
Dio, la quale coincide con
la riconciliazione. Le profezie messianiche deil'AT
indicano nel Messia colui
che porterà la pace, anzi
egli stesso sarà chiamato «principe della pace»
(Isaia 9, 5). Il tempo messianico sarà caratterizzato
da un disarmo generale e
una conversione degli arsenali in strumenti di pace
(le spade in aratri: cfr.
Isaia 2, 3 e Michea 4, 3).
«Figli di Dio» è il titolo
che nell'antichità veniva
attribuito agli imperatori
orientali. Il verbo al futuro
allude alla gloria futura,
nel Regno, di quanti oggi
si adoperano per la pace.
Il discorso «apocalittico»
contenuto in Matteo 24 risente l'eco delle preoccupazioni della chiesa primitiva disorientata da un lato dal ritardo della venuta
del Signore, della «parusìa» e dall'altro dall'incalzare di avvenimenti gravi
quali la distruzione di Gerusalemme (70 d.C.) e le
prime persecuzioni contro
i cristiani. Il nocciolo del
discorso è costituito dall'appello alla vigilanza,
sviluppato a partire dal
vers. 36. In un contesto di
eventi drammatici i discepoli non devono scoraggiarsi, ma rafforzare la loro fede e l'impegno per la
predicazione.
Il detto sull'amore per i
nemici presenta una difficoltà. Infatti la legge, ricordata da Gesù, «Ama il
tuo prossimo» è una citazione di Lev. 19, 18; mentre non esiste nell'AT un
comandamento specifico
sull'odio verso il nemico. 0
almeno, siccome è considerato «prossimo» colui che
fa parte di Israele, «nemici» sono forse da intendere
gli appartenenti ai popoli
pagani i quali, come risulta
da Deuteronomio 7, 1 ss., e
da molti altri passi, sono
votati allo sterminio. Ma
all'epoca di Gesù i Cananei, i Ferezei, gli Flivve
ecc. non avevano più alcu
na rilevanza. I nemici potè
vano essere gli occupanti
romani e, più tardi, per la
comunità cristiana, i suo:
persecutori. Negli scritti d
Qumran, composti in un
epoca vicina a quella d
Gesù, si trova l'ordine d
«odiare i figli delle tene
bre» (I QS 1,9-10 ecc.). Na
turalmente è problematico
stabilire con qualche certezza se Gesù abbia avuto
rapporti con Qumran.
L'episodio della strage
compiuta da Pilato non
trova riscontri nelle testimonianze storiche in nostro possesso. Lo storico
Giuseppe Flavio (Antiqui;
tates XVIII, 4.1) racconta di
un gruppo di samaritani
che nel 35 d.C. furono uccisi dai soldati di Pilato sul
monte Garizim mentre stavano compiendo un sacrificio. Si tratta dell'episodio
del nostro testo? Ma in tal
caso perché Luca avrebbe
confuso i samaritani con i
galilei? Un altro grave episodio di quel genere avvenne nel 67 d.C. ad opet®
di Vespasiano, ma ovviamente è troppo lontano
dal tempo di Gesù.
Per
approfondie
- Giovanni Miegge.
sermone sul monte, Claudiana, 1970.
- Pierre Bonnard, L'
Évangile selon Saint Ma '
thieu, Delachaux & Nestle,
1963.
- Walter Grundmann,
Das Evangelium nach Lukas, Berlin, 1961.
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23 APRILE 1999
Ecumene
PAG. 3 RIFORMA
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Verso una data
Un’unica fede nella risurrezione, ma due date per la
festa di Pasqua. Come si è
«unti a questo? Seguendo
lue calendari differenti: quel
10 gregoriano, che risale al
jVI secolo e viene usato soprattutto dalle chiese d’OcciJente, e quello giuliano, più
antico, che viene usato dalle
chiese ortodosse per calcolatela data di Pasqua.
Perché due date diverse?
Dagmar Heller, segretaria
hi Fede e Costituzione presso
11 Consiglio ecumenico delle
chiese (Cec), spiega così tale
divergenza: «Il problema del
calendario è legato al fatto
che l’anno astronomico, cioè
il tempo di una rivoluzione
della Terra intorno al Sole,
non corrisponde esattamente
a 365 giorni. Ma siccome per
regolare la vita quotidiana
occorre assolutamente suddividere l’anno in fette ugua
1, si è risolto il problema introducendo l’anno bisestile.
D calendario gregoriano è più
vicino alla realtà astronomica
rispetto al calendario giuliano. Secondo il primo, l’anno
civile conta 26 secondi di più
ibpetto al tempo di una rivoluzione della Terra intorno al
Sole; mentre secondo il calendario giuliano, lo scarto è
di 11 muniti e 14 secondi. Attualmente, il calendario giuiano evidenzia una differenza di 13 giorni rispetto al calendario gregoriano; nell’anno 2100, tale differenza raggiungerà 14 giorni». Nelle re^oniin cui i cristiani delle
tradin^i d’Oriente e d’Occidentei| incontrano ogni
feln cui a volte essi co:ono anche una minocome nel Medio O^te ad esempio, questa sifone viene sentita come
¡articolarmente dolorosa.
La Conferenza di Aleppo
La Conferenza che si è svoltaad Aleppo (Siria) nel marzo
1997 sotto gli auspici del Cec
«del Consiglio delle chiese
del Medio Oriente per procedere verso l’istituzione di una
data comune di Pasqua, costituisce senza alcun dubbio
una tappa importante negli
sforzi compiuti per appianare
^ ostacoli esistenti. A questo
liguardo, è importante che si
sia riconosciuto che le differenze nei metodi di calcolo
della data di Pasqua non erano dovute a divergenze teoloSiche fondamentali.
Inoltre, per giungere a una
data comune di Pasqua, la
Conferenza ha fatto diverse
raccomandazioni; si contiurierà a fissare la data di Pasqua alla domenica che seSUu il primo plenilunio di priinavera, secondo il metodo di
palcolo ammesso dalle chiese
'"Oriente e in Occidente, e
^"nte lo ha deciso il primo
Concilio di Nicea nel 325.
“"Wpre secondo tali raccofoandazioni, si calcoleranno 1
dati astronomici (l’equinozio
di primavera e il plenilunio)
'don mezzi scientifici i più
^atti possibili». Infine, come
ase di calcolo, si prenderà
J^nteridiano di Gerusalemluogo della morte e della
«»^ezione di Gesù».
parte, la Conferendi Aleppo ha espresso la
tQ^f^za che venga introdot. jddovo metodo di calcolo
‘7,anno 2001. Infatti in
* anno, secondo i due
j giuliano e gregoriaI la data di Pasqua cadrà il
"e Questa celebraziohai^ "®?d}ua alla stessa data.
ad arrivare le prime reazioni delle chiese di tutto il mondo
comune per la celebrazione della Pasqua?
u, Jl® dichiarato i parteciÌovrh*^^^ Conferenza, «non
la rp l’eccezione ma
Vjit ®dla». Da parte sua, la
¡^“Assemblea del Consi(Cg ^‘^^luenico delle chiese
(ZiiYik F^i^Aita ad Harare
8cor,°®‘?we) nel dicembre
"lessa*!.’ • Parlato nel suo
"ggio della speranza di
Metropoliti dellé chiese autocefale ortodosse riuniti a Istanbul
giungere a una data comune
di Pasqua: «Ci siamo rallegrati dello sviluppo della koinonia [comunione] tra cristiani
in molti luoghi del mondo, e
affermiamo ancora una volta
che Dio ci ha chiamati a continuare a crescere in questa
comunione affinché essa diventi realmente visibile. Ci
rallegriamo dei segni di questa crescita come, ad esempio, la speranza di giungere a
una data comune di Pasqua».
Le prime reazioni
delle chiese
Attualmente le chiese di
Oriente e d’Occidente sono
impegnate in un processo di
consultazione. Dagmar Heller
riassume in qualche parola le
prime reazioni delle chiese;
«Dalle prime reazioni ricevute
finora, si rileva che varie chie
se e gruppi hanno intrapreso a
studiare seriamente il rapporto di Aleppo. La Conferenza di
Lambeth e la Federazione luterana mondiale hanno vivamente impegnato le loro chiese membro a esaminare le
proposte di questo rapporto».
E, aggiunge la Heller, la Conferenza delle chiese europee
(Kek) farà altrettanto. La segretaria esecutiva di Fede e
Costituzione ha inoltre ricevuto reazioni positive da parte di
diverse chiese e federazioni
nazionali di chiese. Cita in
particolare i battisti, le chiese
libere, i metodisti, i cattolicicristiani, i presbiteriani e i
quaccheri. Infine, la reazione
positiva del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani a Roma
merita particolare attenzione.
Invece, prosegue la Heller,
le reazioni da parte ortodossa
sono più diversificate. Il Patriarcato di Mosca si rallegra
di questa iniziativa ma, vista
l’attuale situazione interna
delle chiese, non ritiene di essere in grado per ora di affrontare la questione. Da parte sua, il Patriarcato ecumenico di Costantinopoli reagisce
in modo positivo, pur rimanendo sulla riserva per quel
che concerne la messa in pratica; in quanto alla Chiesa ortodossa greca, essa si mostra
«decisamente critica». «In
compenso - sottolinea la Heller - la Chiesa ortodossa siriana vorrebbe vedere la proposta di Aleppo concretizzarsi il
più presto possibile».
Dagmar Heller, così come il
suo collega ortodosso Peter
Bouteneff, della Chiesa ortodossa d’America, (anch’esso
segretario di Fede e Costituzione), invitano le chiese alla
pazienza. Già ora, nell’ortodossia, il ciclo liturgico segue
calendari differenti, fa notare
Bouteneff. Inoltre, il dibattito
interortodosso non è ancora
concluso. Ambedue pensano
che la discussione debba proseguire nei prossimi anni. Da
parte occidentale, dichiara la
Heller, va sottolineato molto
chiaramente «che non si tratta di imporre un sistema occidentale alle chiese ortodosse». In sostanza, dice Heller,
«in Occidente e nel Medio
Oriente occorre avere più pazienza; da parte ortodossa occorre instaurare la fiducia». È
prevista una nuova conferenza sulla data comune di Pasqua, nel 2001. Avrà per compito di valutare i progressi
compiuti finora e di stabilire
un piano delle nuove misure
da prendere. (Cec info)
Nonostante le forti restrizioni della libertà religiosa
Anche in Vietnam crescono gii evangelici
Secondo un rapporto apparso su «Christianity Today», la comunità dei cristiani evangelici in Vietnam si è
notevolmente sviluppata nel
corso degli ultimi vent’anni,
e viene oggi stimata a 700.000
membri, sette volte di più rispetto al 1975. I maggiori
progressi si sono verificati fra
il popolo H’mong. Durante
gli ultimi dieci anni, lungo il
confine sino-vietnamita,
120.000 H’mong hanno abbracciato il cristianesimo.
L’autore del rapporto, pur
riconoscendo che la situazione dei credenti è notevolmente migliorata in confronto ai primi dieci anni del regime comunista, afferma che è
tuttora pericoloso diventare
cristiani in Vietnam e che gli
abusi di potere delle autorità
nei confronti degli evangelici
sono tuttora frequenti. Il rapporto presenta un elenco degli ostacoli alla libertà di religione. Almeno nove dirigenti
protestanti erano in prigione
nel 1998. Alcuni sono stati
condannati a pene di tre anni. Altri sono stati detenuti
per mesi senza processo. Ancora oggi vengono confiscati
edifici ecclesiastici. Nel dicembre 1977, a Thanh My,
nella provincia di Làm Dóng,
un tempio è stato raso al suolo col bulldozer. Di recente,
la Chiesa evangelica del Vietnam ha fatto causa contro
una decisione del Comitato
popolare cittadino che le ha
confiscato una proprietà di
grande valore a An Dóng.
Il culto celebrato in migliaia di «chiese domestiche»
viene regolarmente interrotto da blitz della polizia. I dirigenti e i proprietari delle case vengono sottoposti a pesanti multe che spesso superano i 100 dollari. La libertà
di assembramento non è
dunque garantita, anche se
la legge consente riunioni di
più di venti persone all’interno delle case. Durante i blitz,
la polizia sequestra opuscoli
cristiani, comprese Bibbie
pubblicate con l’autorizzazione del governo. In alcune
regioni, l’istruzione religiosa
si svolge clandestinamente.
Il rapporto cita il caso di
bambini, nella provincia di
Quang Ngai, incarcerati e
torturati per una settimana
per non aver voluto rivelare
l’identità del loro catechista.
Nella comunità protestante
evangelica, in 22 anni, le autorità hanno finora concesso
soltanto a 13 studenti la possibilità di ricevere una formazione pastorale. Non è stato
possibile aprire alcuna scuola
teologica e nessuna consacrazione è stata autorizzata. Il ricambio dei pastori è pertanto
molto difficile. Esiste però
una formazione clandestina
grazie alla quale una parte dei
bisogni dei membri di chiesa
può essere soddisfatta.
La Chiesa evangelica intende convocare prossimamente
un suo congresso, dopo nove
anni. Dovrà fra l’altro procedere alla scelta di un successore all’ex dirigente Bui Hoanh Thu, deceduto di recente. Stessi problemi si pongono nel Vietnam del Sud dove
l’attuale dirigente, che ha 98
anni, ha seri problemi di salute. Le autorità pongono nove
condizioni preliminari alla
designazione del suo successore, alcuni delle quali sono
inaccettabili secondo protestanti di Città Hò Chi Minh.
Se non verrà trovato un candidato di compromesso, c’è
da temere che le autorità non
consentiranno la ripresa delle
normali attività della chiesa,
in particolare le conferenze
annuali durante le quali vengono scelti i dirigenti.
Dal 1989, parallelamente a
un risveglio della società civile, si è verificato un rinnovato
fervore religioso. La religione
principale resta il taoismo. I
cattolici sono circa 8 milioni,
il che rappresenta la percentuale più alta di cattolici in
Asia dopo le Filippine. Il buddismo viene praticato secondo la tradizione Mahayana
(Grande Veicolo). Il caodaismo (una sintesi di cristianesimo, buddismo e confucianesimo) è abbastanza diffuso
nella regione di Tày Ninh, nel
sud del paese, con circa 7 milioni di adepti. La gente di
montagna pratica culti animisti mentre i discendenti
dei Chàm praticano l’induismo o l’islamismo, (spp/bip)
Dal Mondo Cristiano
fi Camerún: è morto Aaron Toien
ex presidente del Consiglio ecumenico
YAOUNDÉ — Aaron Toien, che fu uno dei presidenti del
Consiglio ecumenico delle chiese (Cec) dal 1991 al 1998, è
morto il 7 aprile scorso a Yaoundé, nel Camerún, all’età di 61
anni. Aaron Toien era membro della Chiesa evangelica presbiteriana del Camerún. Politologo e africanista, era responsabile del Dipartimento per lo sviluppo della Federazione
delle chiese e delle missioni evangeliche del Camerún (Femec). Per tutta la vita ha mantenuto stretti rapporti con il
movimento ecumenico. Dal 1966 al 1969 è stato rappresentante permanente della Federazione universale delle associazioni cristiane degli studenti (Mes) presso l’Unesco; in seguito, fino al 1974, è stato segretario regionale del Mes per l’Africa e il Madagascar. Tra il 1969 e il 1975, è stato membro della
Commissione della partecipazione delle chiese allo sviluppo
(Cped) del Cec ed è stato membro del Comitato esecutivo
della Commissione delle chiese per gli affari internazionali
(Ceai) del Cec. Nel 1983, Aaron Toien è diventato membro del
Comitato esecutivo del Cec e, dal 1991 al 1998, è stato presidente del Comitato delle questioni d’attualità. (Cec info)
Sud Africa: Allan Boesak condannato
a sei anni di carcere per furto e frode
CITTÀ DEL CAPO — Il pastore sudafricano Allan Boesak è
stato condannato a sei anni di detenzione per furto e frode in
riferimento a una somma di 224.000 dollari destinati all’organizzazione caritativa di cui era direttore. I suoi avvocati hanno
annunciato il ricorso in appello. Rivolgendosi ai suoi numerosi sostenitori, Boesak ha affermato che la sua condanna rappresenta «solo una tappa della lotta per la libertà».
Kosovo: prosegue l'azione dell'Eper
svizzera nonostante i bombardamenti
PRISTINA — L’Entraide protestante svizzera (Eper) ha annunciato che sta sostenendo l’aiuto d’urgenza agli sfollati del
Kosovo con una somma di 600.000 franchi (circa 700 milioni
di lire). L’Eper lavora da diversi anni con un partner a Pristina. Si tratta di «Madre Theresa», un’organizzazione umanitaria locale che, a differenza delle organizzazioni internazionali, sta portando avanti la propria attività durante i bombardamenti, grazie alla sua rete di 8.000 volontari sul posto. In questi ultimi mesi l’Eper, con un finanziamento della «Chaîne du
Bonheur» e della Confederazione elvetica, ha aggiunto una
somma di 500.000 franchi a un carico di latte in polvere di un
valore di 640.000 franchi. Questo aiuto è stato distribuito nei
villaggi del Kosovo. L’Eper è inoltre presente in Albania, in
Macedonia e nel Montenegro. Proseguono anche i programmi di dialogo che, durante la guerra, sono importanti per una
coesistenza futura. (spp)
Svizzera: nominato il nuovo capo
territoriale dell'Esercito della Salvezza
LONDRA — Il capo di Stato maggiore dell’Esercito della Salvezza al Quartier generale internazionale a Londra ha nominato un nuovo capo per l’Esercito della Salvezza in Svizzera,
Austria e Ungheria. Si tratta del colonnello Georges Mailler,
originario di Neuchâtel, che subentra al commissario Paul
Marti, deceduto nel gennaio scorso. Attualmente capo territoriale per la Francia, il colonnello Mailler assumerà le sue funzioni il 1° giugno prossimo, con il grado di commissario. Sua
moglie, la colonnella Muriel Mailler-Aeberli, sarà nominata
presidente territoriale delle Organizzazioni femminili,
anch’essa col grado di commissario. Georges Mailler e sua
moglie hanno frequentato la Scuola di formazione per ufficiali
dell’Esercito della Salvezza nel 1960. La coppia è stata quindi
assegnata a diverse sedi (comunità salutiste locali) della Svizzera romanda. Il colonnello Mailler ha servito per otto anni
come assistente presso la Scuola di ufficiali di Berna prima di
essere chiamato alla direzione del posto di Ginevra, quindi alla direzione della Divisione del Lemano (1978-1984). È stato
principale della Scuola europea di formazione per ufficiali
(Basilea). Nel 1992, la coppia Mailler è stata assegnata al
Quartier generale a Berna e l’anno seguente in Francia, (spp)
Posti vacanti presso il Consiglio ecumenico delle chiese
Grupi^o «Temi di studio e di azione»
' Équipe «giustizia, pace e creato»
Segretario/a esecutivo/a incaricato/a
delle questioni legate alla pace
Aiutare le chiese a dare una risposta cristiana alla violenza che le interpella e le Investe
nella loro vita e nella loro testimonianza comune. Coordinare i lavori del programma
«Vincere la violenza» e sviluppare questo progetto del Cec per dare seguito all’appello lanciato dalla Vili Assemblea (Harare 1998) a favore di un Decennio «Vincere la violenza».
Analizzare le conclusioni della campagna «Pace nella città» onde creare reti con le chiese
sulle questioni legate alla pace; raccogliere e
diffondere l’informazione sull’azione delle
chiese a favore della pace, elaborare e attuare
programmi in questo settore. Analizzare le sfide lanciate alla pace nel contesto della mondializzazione e della frammentazione sociale,
e incitare le chiese, i partner ecumenici e il
Cec ad adottare le misure appropriate.
La data di chiusura delle candidature è fissata al 30 giugno 1999
Le nomine saranno decise dal Comitato esecutivo e dal Comitato centrale in occasione della loro prossima sessione in agosto-settembre 1999.
Per ottenere il modulo di candidatura, rivolgersi a: pastore Carlos A. Sintado, direttore del
Personale, Consiglio ecumenico delle chiese, 150 route de Ferney - Casella postale 2100, CH
1211 Genève 2 (Svizzera). Fax 0041-22-7910361 - E-mail: cas@wcc.coe.org.
Gruppo «Relazioni»
Équipe «relazioni regionali»
Segretario/a incaricato/a
dei rappporti con l’Asia
Promuovere la cooperazione ecumenica
sviluppando ì rapporti con le chiese membro e i partner ecumenici della regione. Favorire la condivisione ecumenica delle risorse approfondendo la riflessione sul tema
e creando forme di collaborazione tra le
chiese membro e ì partner ecumenici, che
siano fondate sull’etica e sulla disciplina
ecumenica della condivisione. Promuovere
la solidarietà ecumenica tramite le chiese
membro e i partner ecumenici, rafforzando
la capacità delle chiese nella solidarietà
concreta con gli emarginati e con gli esclusi,
nell’ambito di un’azione ecumenica globale, lanciata a tutti i livelli.
4
PAG. 4
RIFORMA
VENERDÌ 23 APRILE igg»
■ Centinaia di visitatori alla mostra allestita a Bologna dal 20 al 28 marzo
La Bibbia e la storia europea
Nella città «capitale della cultura europea del 2000» la Bibbia non dovrà essere
il libro dei religiosi e delle biblioteche ma la fonte della speranza e della vita
GIOVANNI ANZIANI
SI è conclusa domenica 28
marzo, a Bologna, la mostra della Bibbia organizzata
da diversi responsabili di
chiese evangeliche cittadine,
che ha potuto realizzarsi grazie alla collaborazione dell’assessore alla Cultura del
Comune e alla Sovrintendenza ai Beni librari della Regione
Emilia Romagna. 11 presidente
della Repubblica ha concesso
il proprio alto patronato. Realizzata nel loggiato della Biblioteca deH’Archiginnasio, la
mostra (edita dalla Società biblica di Roma) è costituita da
60 pannelli che illustrano la
formazione della Bibbia con
foto di antichi documenti. Si
è riusciti a esporre, in apposite bacheche, alcune Bibbie
molto antiche: una copia del
1560 del Malerbi e una copia
del 1540 del Brucioli, un testo
dei quattro Vangeli in arabo
del 1540 e una copia del Nuovo Testamento del 1547 in toscano. Alcuni evangelici di
Bologna e Firenze hanno
permesso che fossero esposte
copie della Bibbia del Diodati
di un certo interesse. Una di
queste Bibbie, del 1849, contiene, in un testo scritto a
mano, l’informazione di come tale volume fosse stato
per un certo tempo nascosto
in cantina per sfuggire alla
repressione del governo austriaco in Toscana.
La mostra è stata inaugurata il 20 marzo con una conferenza, svoltasi nella prestigiósa sala «Stabat Mater», del
prof. Pietro Bolognesi su «La
Bibbia e l’Europa». La conferenza ha voluto essere una
presentazione storica del
rapporto fra la Bibbia e la
storia. Se ieri la Bibbia con la
predicazione fatta dai cristiani è riuscita a suscitare grandi movimenti libertari, in
particolare nel ’600, oggi ha
un rapporto ambiguo. Pur essendo letta e diffusa in un
momento storico di libertà
(sono terminati i tempi nei
quali la Bibbia veniva bruciata), non sembra che essa riesca a incidere sulla vita sociale e politica dei popoli cristiani dell’Europa. Per cui, guardando al futuro, il relatore ha
indicato una strada particolare nella quale i cristiani
possono fare del loro amore
per la Bibbia non un tesoro
culturale e religioso, ma la
base per un rinnovamento
dei popoli e per fondare la
pace e la giustizia.
Il 27 marzo si è svolta la
conferenza conclusiva del
prof. Giorgio Spini su «Le società bibliche nell’Italia del
Risorgimento». Il relatore,
raccontando la nascita della
Società biblica britannica e
forestiera (Londra 1804), ha
esposto in maniera viva lo
sviluppo e la penetrazione in
Italia del testo della Bibbia in
italiano. Spini ha anche spiegato come le società bibliche
fossero state per un momento, nella storia, un luogo «ecumenico» affinché tutte le
genti dell’Europa potessero
leggere i testi sacri. Si formò
per un tempo una Società biblica nella Russia zarista di
Alessandro I. Ben presto pe
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ìé'
rò le Società furono viste come luoghi di ribellione al potere assolutistico dei governi
europei dopo la sconfitta napoleonica e quindi, senza
volerlo, tali Società furono
un elemento forte nel movimento risorgimentale dell’
Italia. La Bibbia in italiano,
quella di Giovanni Diodati,
potè diffondersi senza difficoltà solo dopo il 1870: l’immagine ricordata è quella di
due colportori che entrano a
Roma da Porta Pia con un
carretto colmo di Bibbie trainato da un grosso cane di
nome Pio IX.
Dopo questa manifestazione cittadina che ha visto centinaia di visitatori, gli evan
gelici bolognesi, e in particolare la nostra Chiesa evangelica metodista, dovranno interrogarsi sul futuro cammino di testimoni dell’Evangelo
al di là delle diverse tradizioni ecclesiastiche. Ci auguriamo che il futuro possa vedere sempre pii! iniziative bibliche che coinvolgono la
città e rendono visibili e responsabili gli evangelici.
Questi, oggi, si devono sentire impegnati perché nella
«capitale della cultura europea del 2000» (così è stata
chiamata Bologna) la Bibbia
non dovrà essere né il libro
dei religiosi né il libro delle
biblioteche, ma la fonte della
speranza e della vita.
■-■.v*.. La prima parte del commento di C. E. B. Cranfield all'Epistola ai Romani
Il messaggio di Paolo nel pensiero cristiano delle origini
TEODORA TOSATTI
IL libro pubblicato dalla
Claudiana* è la riduzione,
ad opera dell’autore stesso,
di un commentario più ampio, dove trovavano spazio i
termini greci e una maggior
quantità di note e bibliografia; ne risulta un testo più
agile e accessibile al lettore
colto, anche se non specialista. L’opera presenta un’ampia panoramica dei problemi
posti dalla lettera ai Romani
e delle soluzioni prospettate
(con la riscoperta di alcune
interpretazioni antiche immeritatamente dimenticate),
che cerca di risolvere senza
fughe affrettate nella scappatoia delle redazioni e delle
correzioni al testo. Fra gli
aspetti più interessanti vi sono anche il piano di insieme
proposto per la lettera ai Romani e la sua traduzione:
quest’ultima non è una mera
trasposizione, ma si preoccupa di esprimere in italiano
anche gli aspetti e le sfumature meno evidenti deH’originale greco, rendendo così
più precisi ma anche più
snelli alcuni passi diffìcili e di
c: E. B. Cranfield
LA LETTERA
DI PAOLO
AI ROMANI
{Capìtoli I«1
importanza fondamentale.
Per esempio, in Rm 5, 15
l’accurata traduzione evidenzia come per Paolo il
confronto fra Cristo e Adamo
si risolva nell’assoluta differenza fra la potenza del male
e quella della grazia.
Con diverse eccezioni, è
costante l’attenzione per 1’
ambiente culturale, ebraico
o ellenistico, nel cui ambito è
preferibile collocare diversi
termini chiave (per esempio,
«schiavo» e «carne»), e il messaggio paolino viene inserito
nel processo di sviluppo del
primo pensiero cristiano (così per esempio si spiega l’importanza del collegamento
fra Dio e Cristo in 1, 7). Interessanti le prospettive in cui
sono presentate alcune questioni aperte, come quella
del battesimo, in cui il ruolo
di Cristo, attivo nella sua parola, permette di sfuggire alla
classica antitesi simbolo-magia, oppure quella del rapporto fra la libertà e la schiavitù del peccato nel credente, e del ruolo della Legge.
Infine, bisogna segnalare il
coraggio dell’autore nell’esaminare con spregiudicata
onestà temi impopolari (come quello dell’ira di Dio, sia
pure come manifestazione
del suo amore che non si rassegna al male), senza cedere
all’apologetica delle varie
tendenze.
Dispiacciono, nell’opera,
alcune occasioni in cui questi
pregi vengono a mancare, e
che si riflettono soprattutto
sull’intento di alta divulgazione che emerge dalla sua riduzione. A volte, per esempio,
non si rende ragione di traduzioni inusuali, o risulta difficile seguire lo sviluppo della discussione su un gran numero
di tesi diverse. Mancano temi
e tesi di grande rilievo: così, a
proposito della redenzione,
dove la discussione sul tema
dell’espiazione è di altissimo
livello, non ci si limita al modello del sacrificio vicario ma
si presenta l’opera di Cristo
come molto di più della mera
restaurazione di un’età dell'oro primordiale: stupisce
che non vengano presentate
altre piste di riflessione e altri
modelli paolini, per esempio
la croce vista come culmine
deU’lncarnazione o simili, e
che il significato e la portata
del termine «salvezza» non
sia abbastanza esplicitato e
attualizzato. Per il cap. 8, il
rapporto fra esseri umani, caduta e speranza della creazione potrebbe essere molto più
ampio e approfondito.
Sempre in un’ottica divulgativa, si avverte la mancanza
di un maggior dialogo fra il testo di Paolo e i problemi teologici oggi più sentiti: vi è una
convincente attualizzazione
di 1, 32 (con il riferimento ai
diversi modi di essere corresponsabili del peccato di
apartheid), e ci si attenderebbe un riferimento alle conseguenze di fede che certe affermazioni di Paolo possono
avere per i credenti di oggi
anche per altre questioni; per
quanto la discussione sul rapporto fra peccato originale e
peccato personale sia bella e
articolata, la morte viene trattata in modo troppo sbrigativo, dando per scontato che in
Genesi 2 e 3 la colpa determini la morte fisica: ci si muove
quindi aH’interno delle nostre
categorie di pensiero, con la
loro opposizione tra mondo
fisico e mondo spirituale, se e
come il pensiero ebraico antico corrisponda al nostro, e
senza verificare se l’esegesi di
quei passi non possa riserbare
sorprese: soltanto alla fine (p.
147) il problema viene impostato, peraltro in maniera
estremamente interessante
ma soltanto accennata, nel
senso che il peccato non ha
introdotto la morte biologica,
ma ha reso diverso il carattere
della vita umana e della sua
conclusione.
Infine, in alcuni casi delicati, la consueta attenzione
alla cultura in cui si colloca la
lingua di Paolo cede il posto a
un’esegesi un po’ troppo
sbrigativa: in 1, 26-27, a proposito deH’omosessualità
(forse addirittura confusa con
la pederastia, p.53!), non ci si
domanda se il significato del
fenomeno e dei termini in cui
si esprime nel mondo ebraico
e greco-romano fosse realmente identico a quello delle
moderne culture occidentali,
non si affrontano a sufficienza i problemi posti nei vari
ambienti dal termine «natura»; di conseguenza, una trasposizione delle affermazioni
di Paolo al mondo di oggi ha
basi troppo fragili.
In conclusione, il testo risulta non abbastanza documentato per lo specialista, e
non abbastanza attualizzato e
ricco di spunti spirituali per
la divulgazione; tuttavia la
profonda erudizione e la
completezza della panoramica fanno di quest’opera una
sorta di compendio enciclopedico sulla lettera ai Romani, utile per uno studio veloce
ma approfondito, nonché per
l’esegesi in vista di sermoni o
studi biblici.
(*) C. E. B. Cranfiei.d: La Lettera di Paolo ai Romani (1-8).
Torino, Claudiana, pagine 264,
£ 36.000.
i Ricordo di Giulio Einaudi
Ceditore aristocratico
che amava la gente libera
PIERA ECIDI
SE ne stava allungato su
una sedia a sdraio bianca
nel suo giardino del Castello
di Perno, tutto vestito di
bianco anche lui. Era un uomo bellissimo. Girò appena il
profilo nobile e testardo e ci
fissò con i suoi occhi liquidi
azzurrissimi. Poi gli cascò o
lui fece cadere dal polso come una dama del Settecento
un fazzoletto leggero, e stette
immobile, in attesa. Non successe niente. Il giovane intellettuale di quel gruppetto di
ragazzi amici di famiglia che
avrebbe dovuto lavorare per
lui non lo raccolse. Andò a finire che, nell’imbarazzo di
quei secondi eterni lo feci io,
che ero l’unica donna. Gli
piacemmo. Allora ci invitò
tutti a pranzo aU’improwiso,
brindò con noi e con il calice
in mano ci portò in giro spumeggiando per tutte le stanze
del castello, in quello cbe era
il sancta sanctorum dei cervelli dell’editrice.
Non ricordo niente di quello che disse, ricordo la sensazione di un vento turbinoso e
sottile, acuto e tagliente e forse anche perfido, ma assolutamente irresistibile. Ci do
nava ogni cosa con magnanimità di principe, improvvisamente vicinissimi a lui, ma
destinati a ricascare subito
dopo nell’anonimato delle
nostre piccolezze, finito che
fosse quel suo illusorio capriccio. Di ogni stanza, di
ogni mobile e di ogni raffinatissima suppellettile ci raccontava la storia. Era un uomo di straordinario gusto del
bello e di assoluto snobismo.
Non sopportava se non quello che era assolutamente
semplice e non convenzionale. Di qui le sue amicizie vere
con i semplici contadini delle
sue terre langarole, con i partigiani della zona, insieme ai
massimi intellettuali, lo ero
coetanea della sua figlia Elena, che ricordo bambina,
morta giovane e compagna
di scuola di Giovanna, la figlia di Alessandro Galante
Garrone, ambedue le migliori
allieve di mia zia Clara, moglie di Walter Maturi, il grande storico italiano di cui pro
prio Einaudi aveva pubbli^,
to postume nel 1962 le %
damentali Interpretazioni ài
Risorgimento.
Avrei voluto intervistatt
Giulio Einaudi in questi ulti,
mi anni per i miei Incontri^
ma ci ho provato ogni tanti
senza molta fortuna, e nel
suo pendolarismo fra Roma
Torino e altrove, i nostri nio.
menti non coincidevano,
forse mi viveva come una
specie di appendice psicologica della figlia, e quando
mai ci si può «incontrarei
con una figlia da pari a pari?
Il giovane intellettuale che
non raccolse il fazzoletto
quel giorno fu ammesso a lavorare per lui. Tante volte mi
sono chiesta il motivo di quei
gesto, che mi appariva insolito e insopportabile. Poi forse
l’ho compreso in questi giorni, leggendo di come Giulio
Einaudi sceglieva le persone
prima che i libri, e di come
aizzava crudelmente l’uno
contro l’altro i cervelli, nelle
sue famose riunioni del mercoledì in via Biancamano,
Era il modo, mi sono detta, in
cui il suo maestro Augusto
Monti aveva allevato generazioni di intellettuali e di antifascisti torinesi, il nerbo poi
della nostra cultura e della vita politica, insegnando loro
semplicemente «le loro idee».
Ho capito, mi sono detta:
quel giorno, nel giardino del
Castello di Perno, il grande
vecchio voleva sapere se aveva a che fare con un giovane
uomo o con un servo. Non
voleva intorno gente asservita, per quanto insopportabile
despota egli fosse, e proprio
forse appunto per questa
Voleva gente libera. Gli piacemmo per questo.
Di questa grande lezione è
intessuta la sua opera, monumentale per l’identità culturale dell’Italia e dell’Europa. Una lezione che viene dal
nerbo della vecchia Torino
che va sparendo, ingoiata
dalla mercificazione, dall'ignorante ottusità, dalla volgarità dei luoghi comuni. Sapremo noi, figli e nipoti, tenere alte le bandiere? Non
abbiamo quasi più nessuno
davanti a noi, ad aprirci la
strada e a coprirci le spalle.
Un corso per il luglio prossimo
Il protestantesimo del 700
al Centro culturale valdese
Il Centro culturale valdese,
in collaborazione con il Collegio valdese e la Facoltà valdese di teologia, organizza
per il periodo 12-16 luglio
prossimi un corso di Università estiva autorizzato come
aggiornamento per insegnanti di scuole medie e superiori e riconosciuto come
unità didattica per gli iscritti
al corso universitario di formazione a distanza della Facoltà stessa. Titolo del corso,
articolato in 30 ore complessive, è «Protestantesimo ieri e
oggi: il Settecento».
Sono previste lezioni di
Emidio Campi («La parabola
deH’illumlnismo teologico:
dall’“ortodossia razionale” al
“senso comune”»): Tiziano
Bonazzi («Dai Puritani alla
Rivoluzione americana»);
Giorgio Tourn-Daniele Tron
(«11 Settecento valdese»);
Massimo Rubboli («Rinnovamento e Risveglio»): Fiorella
De Michelis Pintacuda («Tolleranza: storia di un’idea
nell’età moderna») e Giorgio
Spini («Gli esuli protestanti
italiani del Settecento»).
Le iscrizioni al corso devo
no provenire entro il 12 g^'
gno. La relativa segreteria i
presso la Fondazione Centro
culturale valdese, via Beckwitb 3, 10066 Torre Pellic«
(To), telefono 0121-932l79i
fax 0121-932566. L’iscrizione
è fissata in £ 200.000 (150.W
per gli iscritti al Corso di fon
mazione della Facoltà valdese), con versamento sul ccp
n. 34308106. È possibile, s“
richiesta, alloggiare alla Foie
steria valdese di Torre Pelne
(tei. 0121-91801).
Librerie
CLAUDIANA
MILANO: via F. Sforza,
12/A;tel. 02/76021518
TORINO: via Principe
Tommaso, 1; tei. 6692458
TORRE PELLICE: p za
Libertà, 7; tel.0I21/9l422
ROMA: Libreria di cul»^
religiosa piazza CavouTi ’
tei. 06/3225493
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•I Alcune voci fuori dal coro in vista del prossimo evento
Il Giubileo e le comunità di base
Il condono del debito dei paesi poveri come gesto di coerenza
Il «Cinquantapagine» Claudiana dedicato all'anno giubilare
PAWEL GAJEWSKI
Nel contesto dell’euforia,
piuttosto acritica, suscitata in Italia dal Giubileo del
2000, ovvero dall’anno santo
dèlia Chiesa cattolica romana, ogni voce costruttivamente critica è veramente
preziosa. Il libro Giubileo e
potere (Edizioni associate,
Roma, 1998), frutto di un intenso lavoro teologico e sociologico delle Comunità cristiane di base (Cdb) è senza
dubbio un buon esempio di
una voce realistica e propositiva nello stesso momento. Il
volume presenta il materiale
prodotto durante il XII convegno nazionale delle Cdb
(Rimini, 6-8 dicembre 1997).
Le riflessioni e le proposte
delle Cdb italiane si concentrano soprattutto su due argomenti: riflessione sul tempo, sia nella sua dimensione
umana sia sotto l’aspetto teologico, e proposte riguardanti
l’impegno per la difesa dei
diritti umani analizzati nel
loro intreccio con le leggi
dell’economia mondiale.
NeU’insieme dei materiali
iontenuti nel volume Giubileo e potere l’intervento di
Giovanni Franzoni «Giubileo,
grido degli oppressi: inutile
speranza o utopia possibile?»
è da considerarsi programmatico. Franzoni riprende molti
temi del suo libro pubblicato
nell996 Farete riposare la terra. tHjttera per un giubileo
pj^me. Tra le osservazioni
foriiatore della comunità
Paolo a Roma due intuini sono particolarmente
iressanti. La prima riguarda il condono del debito dei
faesi poveri. Franzoni contesta questa azione per il motivo della sua ambiguità. La sua
proposta è quella di sostituire
la categoria di debito con
Un'altra formula: accendere il
credito di questi popoli. Franzoni sostiene che i paesi occidentali sono i veri debitori dei
paesi poveri in quanto le risorse minerarie e forestali, i
beni di mercato sono stati governati secondo gli interessi
Giovanni Franzoni
dei colonizzatori. C’è anche
un debito politico-militare
perché i paesi del ricco Nord
spesso hanno favorito le oligarchie nazionali, 0 addirittura regimi fascisti 0 militari che
fossero fisiologicamente compatibili con i loro interessi.
Il lavoro di scambio prodotto durante il convegno nei
vari gruppi di studio viene riproposto da Paolo Ferrari e
Natale Scolaro sotto forma di
un’interessante animazione
basata su una sorta di «scrittura collettiva». L’obiettivo di
questa animazione è la creazione dei «percorsi di solidarietà in una società in competizione».
Un’altra parte particolarmente interessante di questo
libro, è il confronto fra alcune espressioni del cristianesimo italiano avvenuto nel corso della tavola rotonda presieduta da Giuseppe Coscione della Cdb di Oregina (Genova), che ha concluso il citato convegno di Rimini. Vi
hanno partecipato Gianna
Sciclone, pastora valdese a
Pescara, il padre domenicano
Salvatore Manna, preside
dell’Istituto ecumenico teologico di Bari e Luigi Sandrì,
giornalista e membro della
comunità San Paolo di Roma.
Chiudono il volume due
brevi saggi scritti da Anna
Maria Marenco e Marcello
Vigli. La Marenco propone
un’ampia scheda storica dedicata alla storia dell’istituzione giubilare, Marcello Vi
gli invece presenta un impressionante bilancio dei finanziamenti statali destinati
alla Chiesa cattolica e una
breve descrizione di alcune
imprese faraoniche realizzate
attualmente a Roma.
Una voce protestante nella
grande discussione sul giubileo è invece il libro di Laura
Ronchi De Michelis Anno
santo, giubileo romano o giubileo biblico?, pubblicato dalla Claudiana (Torino, 1999)
nella collana «Cinquantapagine». Il libro, dopo una breve introduzione concentrata
sul giubileo ebraico, presenta
un eccellente panorama storico dei cosiddetti anni santi
della Chiesa cattolica romàna. Particolarmente preziosa
è la parte del libretto dedicata alla posizione delle chiese
evangeliche italiane nei confronti degli anni santi indetti
nel ventesimo secolo. Si distingue per la sua chiarezza
di posizioni l’ultimo capitolo
del volumetto, nel quale l’autrice riassume la posizione
della chiese della Riforma
nella prospettiva ecumenica
dell’anno santo 2000. Riprendendo l’esortazione di
Vittorio Subilia «a non permettere che la diplomazia
ecumenica abbia la meglio
sulla coscienza teologica».
Laura Ronchi De Michelis invita i cristiani evangelici a rispondere secondo coscienza
e con tanta chiarezza alle dichiarazioni e alle azioni della
chiesa di Roma.
Riflessioni per l'anno che ci separa dal Giubileo
Per un 2000 dai toni didattici e profetici
SALVATORE RAPISARDA
PARLARE di anno Duemila per gli ambienti ecclesiastici è diventato sinonimo
di giubileo. L’istituto giuridico del giubileo, si sa, nasce
col capitolo 25 del libro del
Levitico. Vi si prevede la liberazione degli schiavi e la restituzione delle terre e delle
case ai proprietari originari.
È a partire dal 1300 che il
giubileo, per decreto del papa Bonifacio Vili, diventa
anche un evento religioso
con tanto di concessione di
indulgenze. Oggi, le chiese
protestanti e la Chiesa cattolica parlano di giubileo ma si
differenziano, e non poteva
essere altrimenti, sul tema
delle indulgenze, mentre si
registra una concordia sul tema del condono del debito
dei paesi poveri. Questa sensibilità di tipo economico-finanziario, in contrasto con
qualsiasi cultura mercantilistica-liberale, si è fatta strada
con la teologia della liberazione che ha evidenziato la
priorità dell’uomo/donna sui
capitale e ha messo i poveri
ai primo posto. Quando in
questo contesto si parla di
poveri, si parla di paesi poveri; si parla di condonare il debito che questi paesi hanno
contratto verso i paesi ricchi
e le loro istituzioni.
È necessario che l’operazione Giubileo, o Giubileo
2000, se non vuole rimanere
uno slogan che verrà bruciato in pochissimi giorni, sia
caricata di una valenza didattica e di una profetica. Dal
punto di vista didattico sarà
necessario che tutti, almeno
nei paesi ricchi, vengano resi
edotti sui criteri che creano
debito nei paesi poveri e investimenti devastanti da parte dei paesi ricchi, cioè da
parte delle banche e delle imprese di questi paesi. Dal
punto di vista profetico non
ci si limiterà a chiedere il
condono del debito, ma ci si
spingerà fino ad affermare
che il debito è stato già abbondantemente pagato e che
i paesi poveri non sono più
debitori, anzi hanno diritto
ad un indennizzo. Deve diventare noto a tutti che l’attuale esposizione finanziaria
dei paesi poveri è frutto di
L'ultimo libro di Claudio Magris parla anche di Lutero e di Bonhoeffer
L'Europa letteraria propone anche temi di fede
ALBERTO CORSARI
SAGGI, interventi, articoli
sparsi di letteratura e storia della cultura; curiosità etaografiche e geografiche,
aneddoti, riflessioni moraliariche nel senso migliore del
termine caratterizzano l'ultiteo libro di Claudio Magris’*,
§firmanista di rilievo internazionale oltre che profondo
*nrittore. Ma Utopia e disin'^ftto ci interessa da vicino
^ché, tra una pagina e Talfra argomenti che vanno
nai grandi calibri della lettetetura fra Otto e Novecento
te gran parte di lingua tede^a (alla rinfusa: Goethe,
inomas Mann, Messe, Bronia anche Montale, Priteo Levi e Ivo Andric, e BorDostoevskij, Ippolito
^levo, Stevenson, Isaac B.
teger), tra i ricordi degli ante w studio a Trieste (Magris
® ùato ma ha compiuto gli
.riidi universitari a Torino,
Jri'è ha anche insegnato prif ? 1 nel capoluogo
.rilano, e questa sorta di
¡?®PPia patria» scandisce il
precedente. Microcoli ® incursioni nel
troviamo pagine
fa ® riimostrano anche una
^ririliarità con la storia delle
idee in campo biblico e religioso. Se il critico e studioso di letteratura trova spontaneo rifarsi a Dostoevskij parlando del problema della
bontà e del «buono» («Le parole “bontà" e “buono" non
stonano in bocca a Dostoevskij, proprio perché egli si è
immerso senza remore nel
fango che scorre nelle nostre
vene, come un messia che risorge ma prima muore e
scende davvero all'infemo...»,
p. 40), è interessante poco oltre, in un intervento del 1996
dedicato alla forma letteraria
della parodia, trovare un riferimento a Bonhoeffer: «... il
grande teologo protestante
morto in un campo di sterminio hitleriano, parla del contrappunto che, nella polifonia
dell’esistenza, le voci umane
fanno ai canto di Dio, in una
reciproca conferma e arricchimento. Ogni espressione,
in fondo, è una parodia rispetto alla vita che cerca di
esprimere», p. 49.
Parlando poi della caratterizzazione «conservatrice»
del Thomas Mann romanziere ma anche critico e osservatore della società definitosi «impolitico», Magris
rileva il carattere protestante
di questa «impoliticità», de
rivata dalla «matrice della
modernità rivoluzionaria,
democratica e politica». In
questo senso Mann si pone
in contrasto con l’altra grande tendenza letteraria di lingua tedesca, che da circa 30
anni ha avuto grande fortuna editoriale anche in Italia,
quella «mitteleuropea» che
aveva sede ideale nell’Impero absburgico, benché al suo
tramonto.
Quest’ultima tradizione,
scrive Magris, «... austriaca,
cattolica e barocca, risale a
un’ecumene molto più antica
e più profonda, a un’unità
ben più radicalmente “altra"
rispetto alla modernità democratica e proprio per questo straordinariamente capace di aprirsi alla comprensione e all’espressione della crisi
contemporanea, post-moderna, al mondo incerto,
frammentario e tentacolare
nato dalle rovine della totalità moderna». Per questo
Mann è anche estraneo alle
innovazioni sperimentali e
linguistiche che altri (Musil
per esempio) hanno inventato e frequentato a cavallo fra i
due secoli. Per questo l’identità di un Mann è più forte,
più strutturata, ma in fondo
più fragile qualora venga mi
nata o anche solo scalfita alle
fondamenta: per contro, un’
identità inquieta, fondata sul
disorientamento, come quella proposta dal Musil delT Uomo senza qualità 0 anche
da Hermann Broch (I sonnambuli, 1931-32; La morte
di Virgilio, 1945) è più attraente anche per i nostri
tempi di incertezza (p. 182).
Un acuto saggio, peraltro
sulla scorta di precedenti osservazioni di Sergio Quinzio,
affronta la dialettica che si
sviluppò fra Lutero e Erasmo
da Rotterdam, fra la concezione del Libero arbitrio di
quest’ultimo e il luterano
«Servo arbitrio». Magris individua chiaramente nel pensiero luterano l’ineludibile
concetto dell’alterità di Dio:
«Dio è nascosto, irriducibilmente altro rispetto ad ogni
concezione umana. Se, come
dicono le Scritture, egli ha
amato Giacobbe e odiato
Esaù già nel seno della madre, non gli si può chiedere
conto di questa che agli uomini sembra un’intollerabile
ingiustizia» (p. 103).
(*) Claudio Magris: Utopia e
disincanto. Storie speranze illusioni del moderno. Saggi 19741998. Milano, Garzanti. 1999, pp.
326, £ 32.000.
una serie di fattori la cui responsabilità va attribuita in
massima parte ai paesi ricchi.
Uno di questi fattori va fatto
risalire nell’offerta di petrodollari, di eurodollari e di denari di dubbia provenienza
che le banche dei paesi occidentali, tra queste vengono
ricordate il Banco Ambrosiano di Roberto Calvi e, difficile
non pensarci, lo lor, offrivano a bassissimi tassi di interessi a dittatori e élites di
paesi poveri per aumentare
la loro militarizzazione, i loro
consumi voluttuari, la loro
corruzione (esportazione di
capitali) e le commesse per
autentiche cattedrali nel deserto con disastroso impatto
ambientale e lauti proventi
per le banche e le imprese
dei paesi ricchi. Siamo così
negli Anni 70, i capitali venivano offerti a interessi bassissimi, ma non fissi.
Con gli inizi degli Anni 80
inizia la politica neoliberale
della Thatcher e di Reagan e,
qui è il secondo fattore, i tassi di interesse si alzano vertiginosamente. Quest’operazione mirava a rivalutare la
divisa Usa, che aveva perso
di competitività, al fine di alleviare l’immenso debito degli Stati Uniti. Tutto ciò ebbe
come effetto collaterale, perverso se si vuole, quello di fare aumentare gli interessi
che i paesi poveri dovevano
pagare sul debito. Per alcuni
il balzo fu di oltre undici
punti percentuali in un sol
colpo. Si può ben immaginare che cosa abbia significato
un tale incremento sui circa
2.000 miliardi di dollari di
debiti complessivi. A questi
due fattori va aggiunto quello della speculazione di borsa, che muove oltre 1.300 miliardi di dollari al giorno,
senza creare alcuna vera ricchezza, ma che è capace di
indebitare interi continenti
in maniera irrimediabile.
Non può essere trascurato
che a causa di questi fattori
vessatori, diversi paesi africani 0 dell’America Latina si sono visti costretti a pagare dal
25 al 40% delle loro entrate
annue. A conti fatti, in dieci
anni questi paesi hanno rimborsato abbondantemente il
loro debito e, paradossalmente, sono diventati espor
tatori di capitali verso il
Nord. Tutto questo sotto l’occhio compiacente della Banca mondiale, del Fondo monetario internazionale, delle
istituzioni connesse, delle
banche private e dei governi
«democratici». Questi organismi sono capaci di mettere in
piedi spirali perverse che trascinano i paesi poveri verso
l’insolvenza e verso il baratro. Infatti, è molto probabile
che concedano prestiti per
spese militari per evitare, così si sostiene, qualsiasi «ingerenza nella politica di sicurezza di uno stato», ma si
pretendono pesanti misure
di politica economica per
prestiti strutturali. È così che
da un lato si favoriscono regimi autoritari, se non proprio
dittature, mentre dall’altro si
inibisce la spesa pubblica per
iniziative produttive, per la
sanità, per la scolarizzazione.
I prestiti vengono concessi
per opere faraoniche che dovranno essere commissionate alle imprese dei paesi ricchi, mentre ai paesi poveri
non rimane che una massa di
diseredati con un debito crescente impagabile, un suolo
espropriato e spogliato di
tutte le sue ricchezze.
Dunque vi è una responsabilità non soltanto etica, ma
forse anche giuridica di
quanti hanno «drogato» i
paesi poveri, approfittando
in primo luogo della loro vulnerabilità culturale e del loro
deficit di democrazia. Giubileo, dunque, non può significare soltanto condono del
debito, ma anche azzeramento degli interessi e indennizzo; affermazione del
diritto, e dei diritti lesi per
troppo tempo, dei paesi poveri. Questo messaggio deve
essere gridato con forza e
debbono essere smascherati
tutti gli aggiustamenti intesi
a svendere sul mercato della
finanza mondiale interi paesi
e il lavoro delle future generazioni di quei popoli.
Importante mostra a Torino
L'arte di Paolo Paschetto
È straordinario come un
battista, figlio di pastore battista, sia il più grande pittore
del mondo valdese e della
sua storia, e illustratore di
tante opere della cultura
evangelica, come la rivista
Bilychnis: è Paolo Paschetto
(1885-1963), nato a Torre
Pellice, dove suo padre era
pastore, e lì morto, nelle
amate valli valdesi, da lui rievocate in tanti e tanti quadri.
Segno che, nel piccolo mondo dell’evangelismo italiano,
stretto fra tante avversità, la
condivisione e il reciproco riconoscimento dei singoli
credenti, è ben di più e ben
più lontano nel tempo di
quanto siano stati i passi
concreti delle singole chiese.
Ancora una volta, insomma, il cuore dei credenti e in
particolar modo l’ispirazione
degli artisti va ben oltre e
precede i complessi meccanismi decisionali delle nostre
assemblee... Ne sono testimonianza stupenda, sia dal
punto di vista teologico che
dal punto di vista strettamente artistico, le vetrate del
tempio valdese di piazza Cavour a Roma, dalle ricchissime policromie, opera di Paschetto già nel 1914, e le altrettanto meravigliose vetrate
della chiesa metodista di Firenze datate 1924.
E come le valli valdesi siano
il «luogo simbolico» da sempre di tutto l’evangelismo italiano e internazionale, e la loro storia la storia comunemente assunta, per il loro
plurisecolare martirio e testimonianza di fede, da ogni
evangelico in Italia e nel
mondo, è documentato nell’arco di tutta la sua opera dal
pittore Paolo Paschetto: quello stesso, non dimentichiamo, a cui si deve l’emblema
della nostra Repubblica: lo
stellone a cinque punte circondato da alloro che troviamo in ogni marchio ufficiale.
Non solo i poetici paesaggi,
dunque, di tanti preziosi dipinti, ma anche personaggi
della storia valdese, particolari di ambiente, simboli biblici, nell’arte dell’incisione, che
ha visto in Paschetto uno
straordinario cultore.
Una bellissima rassegna di
«xilografie e linoleum» che
comprendono opere dal
1918 al 1935, percorso insieme di storia, di teologia, di
arte, è stata ospitata presso
l’editore d’arte e gallerista
Franco Masoero, in via Giulia di Barolo 13, a Torino, fino al 10 aprile scorso, (p.e.)
6
PAG. 6 RIFORMA
VENERDÌ 23 APRILE 199q
Per tutte le scuole è tempo di scegliere i libri
Una scelta non rituale
Se un alunno deve familiarizzare con i testi scritti l'adozione
di questi ultimi diviene momento centrale per ogni istituto
FRANCO CALVETTI
A LL’INIZIO di aprile il Salón du livre ha
mobilitato il mondo culturale francese e
internazionale attorno alle ultime novità librarie, una settimana dopo ha chiuso i battenti la Fiera del libro per ragazzi di Bologna,
ci prepariamo a non mancare all'appuntamento annuale al Salone del libro (che da
quest’anno diventa «Fiera del libro») di Torino. Di libri si parla molto ma evidentemente si
sbaglia strategia visto il numero di lettori e lettrici che va riducendosi di anno in anno, Italia
in testa. In questo scenario poco incoraggiante
per la sorte del libro e della sua lettura i docenti di ogni ordine e grado di scuole (persino
gli insegnanti della materna invitano i genitori a acquistare libri di prelettura, prescrittura
e precalcolo) dovranno, nel mese di maggio,
procedere all’adempimento per norma della
scelta del libro di testo. Un’operazione che
spesso è sottovalutata dagli insegnanti e dai
dirigenti scolastici e si risolve per lo più in
un’affrettata scelta compiuta nel disorientamento generale dovuto al sempre più alto numero di libri proposti, all’azione energica e
pressante dei rappresentanti delle case editrici, al disinteresse dei genitori che pure dovrebbero essere chiamati in causa.
Negli uffici centrali del ministero della Pubblica istruzione si sta pensando di calmierare i
prezzi veramente esosi di tanti libri fissando
dei massimali, riducendo il numero delle pagine e delle immagini (gli zaini si alleggeriranno...). Buona cosa, a condizione che non ne
consegua un abbassamento della qualità che
non è già di alto livello. Pochi giorni fa a Bologna il critico Marco Giusti diceva che il mercato librario per ragazzi è il più miserabile settore, il più trascurato. Così tanto che il grande
esperto di letteratura per ragazzi non esitava a
dichiarare: «I bambini che vedono pochi e
brutti libri all’età in cui si dovrebbe cominciare a leggere non diventano lettori. E non lo diventeranno mai più». Giusti si riferiva al libro
di narrativa ma noi possiamo accogliere la sua
preoccupazione anche per i testi scolastici, lettura, sussidiario, testi disciplinari di ogni ordine di scuole. Un motivo serio per invitare tutti
gli insegnanti chiamati in causa a porre la
massima attenzione e il più acuto senso critico
al momento della scelta del libro di testo.
Spedizk
art. 2 co
inceso
al ditte
L’Ëditon
La sperimentazione propone nuovi criteri per i manuali delle superiori
La storia e la filosofia parlano con la voce dei protagonisti
ENRICO FUMERÒ
UNO scossone significativo alle abitudini su cui
per almeno sessant’anni si è
basato l’insegnamento' della
storia della filosofia nelle
scuole superiori è venuto dalla recente «sperimentazione
Brocca», che attualmente
coinvolge più di 700 licei sui
1.300 esistenti in Italia. Addio
al vecchio manuale (che
spesso passava di padre in figlio), con l’elenco cronologico di decine di filosofi e il
riassunto delle loro teorie. 1
programmi sperimentali partono dal presupposto secondo cui per comprendere il
senso dell’indagine filosofica
bisogna «far parlare i filosofi»; il linguaggio che l’autore
sceglie di usare, lo stile che
egli adotta, è importante non
meno del contenuto.
Solo entrando in contatto
diretto con la parola lampeggiante e immaginosa di Friedrich Nietzsche si potranno
percorrere i meandri della sua
tormentata personalità, così
come si potrà comprendere il
rigore del pensiero di Ludwig
Wittgenstein solo affrontando
le pagine del Tractatus lógicas-philosophicus, in cui il ragionamento procede con cristallina consequenzialità.
Mentre i programmi tradizionali prevedono che per ogni
anno di corso si legga un solo
classico (o, in pratica, una
scelta di passi di un autore),
la sperimentazione Brocca
prescrive che si parta da testi
originali per ciascuno dei filosofi presi in considerazione.
La prima conseguenza pratica di questa nuova impostazione è la crescita fisica dei
manuali scolastici. Dai tre
classici volumetti di storia
della filosofia che talora non
raggiungevano le seicento pagine complessive, siamo ora.
In questa e nell’immagine in alto; ragazzi ai Saione dei iibro di Torino
(foto P. Romeo)
con il testo coordinato da Lydia Tornatore per l’editore
Loescher (che per primo ha
recepito le indicazioni della
sperimentazione Brocca), a
circa quattromila pagine! E ci
si trova di fronte a un apparente paradosso: libri massicci, pochi autori studiati. 11 lavoro sul testo originale è per i
giovani molto più lungo, faticoso e complesso di quanto
fosse lo studio, spesso prevalentemente mnemonico, del
manuale storico: diventa indispensabile individuare un
percorso che limiti il numero
degli autori a beneficio dell’approfondimento e dell’arti
II 28 maggio a Pinerolo
Incontro di insegnanti evangelici
Il Centro culturale valdese e il costituendo Coordinamento operatori evangelici della scuola organizzano un
incontro venerdì 28 maggio alle ore 16, presso i locali
della chiesa valdese di Pinerolo (via dei Mille 1).
Sarà presentato dall'autore, Giorgio Bouchard, il testo
Cristianesimo (Idea libri editrice). Nel corso dell'incontro sarà aperto un dibattito sulla costituzione del coordinamento regionale degli insegnanti e operatori nella
scuola appartenenti al mondo evangelico. Tutti sono invitati a partecipare all'incontro. Per informazioni tei.
0121-932179.
colazione della riflessione
operata in classe. 11 vantaggio
va tutto alla qualità del lavoro: un pensatore come Parmenide, che nella tradizionale trattazione manualistica
appare gelido e lontano, può
affascinare gli studenti quando offre loro di valicare la
porta «riempita da grandi battenti» che «divide i,sentieri
della notte e del giorno».
Un discorso analogo può
essere fatto a proposito della
storia. La recente riforma che
ha modificato i confini cronologici dello studio ha spazzato via ogni argomentazione
che potesse giustificare la superficialità con cui spesso si
affrontavano gli eventi della
storia più recente. Se, scegliendo fra le tante ottime
opere presenti sul mercato,
prendiamo in mano il manuale di Manzoni e Occhipinti pubblicato da Einaudi
troviamo due volumi (per più
di mille pagine complessive)
dedicati al solo XX secolo. Tabelle statistiche, carte tematiche, pagine di inquadramento storico, testimonianze, testi storiografici di diversa impostazione offrono ai giovani
un panorama quanto mai articolato e stimolante.
Anche qui si tende a «far
parlare» chi la storia l’ha vis
suta e Tha fatta. Il proclama
con cui Mussolini annuncia
la conquista dell’Etiopia è
posto di fronte all’accorata
denuncia con cui Hailé Selassié rivela all’assemblea della
Società delle Nazioni i bombardamenti con gas asfissianti da parte degli aerei italiani. Primo Levi parla di Auschwitz. Il rapporto di Krusciov al XX Congresso del
Pcus denuncia i metodi terroristici di Stalin. Le lettere di
George Jackson sono una testimonianza del crescere della consapevolezza politica fra
i neri statunitensi. Le vignette
di Altan ironizzano sulle contraddizioni del craxismo. Un
uomo politico italiano confessa (e siamo al 1993): «Ho
rubato per il mio partito...».
Sia per quanto riguarda la
filosofia sia per quanto riguarda la storia, emerge dai
testi più recenti una tendenza che, a mio avviso, è irreversibile: abbandonare le
mediazioni, porre i giovani a
confronto diretto con i problemi, offrire occasioni di dibattito, stimolare l’approccio
critico. Si tratta in ultima
analisi, di rispondere a una
sfida: far sì che la scuola riconquisti il ruolo, che le spetta, di cardine della vita culturale nella nostra società.
I testi per le elementari
Guardare ai libri secondo
un progetto interdisciplinare
MARGHERITA DRAGO
IN attesa dell’effettiva autonomia organizzativa e
didattica per le scuole si ripresenta entro maggio un
impegno: l’adozione dei libri
di testo per il prossimo anno
scolastico. Le disposizioni
ministeriali rimandano alla
responsabilità e competenza
professionale degli insegnanti richiamando criteri di
trasparenza e imparzialità
nella scelta dei testi che, sentite le valutazioni dei genitori degli alunni, devono risultare connessi al «disegno
educativo che la scuola elementare persegue e al progetto didattico che essa concretamente realizza».
Invece del libro di testo è
possibile scegliere, in base a
progetti di sperimentazione, i
nuovi libri curricolari (compilati in modo più flessibile e
suddivisi in fascicoli) o strumenti alternativi o l’uso di diverso materiale librario. In
un momento in cui è in atto
la sperimentazione dell’autonomia, vanno definendosi le
scelte progettuali di ogni singola scuola che si pone comunque come luogo privilegiato di apprendimento nel
quale l’alunno attua un suo
processo di crescita grazie a
stimoli e strategie adeguate e
personalizzate.
Si intende qui proporre un
contributo di riflessioni su
che cosa può significare la
scelta di testi destinati agli
alunni di scuola elementare.
In un percorso di apprendimento è indiscutibile l’importanza del linguaggio parlato e scritto e in tal senso si è
espressa la commissione di
esperti che nel 1988 ha stilato
il Documento sui contenuti
essenziali per la formazione di
base, nel quale si legge: «Bisogna preparare tutti i giovani
alle tecniche della scrittura e
della lettura, fornendo loro
capacità fondamentali che
oggi risultano largamente
compromesse...». Creare opportunità per «incontri» positivi con libri e lettura costituisce uno dei grandi obiettivi
della scuola, a partire da
quella di base, per consentire
l’acquisizione di tecniche, ma
soprattutto di capacità di
comprensione e di esercizio
dello spirito critico.
La scelta del libro di testo
implica da un lato la decisione dei docenti che interven
gono su una classe di utilizzare lo stesso strumento in
una stretta condivisione del
progetto didattico e dall’altro
di optare per un sussidio, comune a tutti gli alunni, su cui
lavorare e confrontarsi: può
essere un modo per garantire
la disponibilità di uno strumento riconosciuto, uguale a
quello degli altri, anche a chi
ha meno possibilità (non si
dimentichi che vi sono realtà
in cui la biblioteca di casa
non esiste).
La validità di una scelta si
riconosce dalla consapevolezza da parte dei docenti nel
definire obiettivi e modalità
nella fruizione del testo, da
parte dei genitori nel conoscerne la funzione e l’utilità,
da parte degli alunni nel divenire attivi e «padroni» nell’uso. La consapevolezza facilita il riconoscimento del valore dello strumento e l’impegno nell’utilizzarlo. È fondamentale, però, il senso del
limite; con il testo non si
esaurisce la gamma di sussidi
e strategie cui ricorrere, ad
esso si affiancheranno la biblioteca scolastica, quella
territoriale, le schede di lavoro, gli audiovisivi, il computer e il collegamento Internet
e, non certo ultimo in ordine
di importanza, il parlare con
gli adulti, la lettura da parte
degli insegnanti e dei genitori
come momento privilegiato
in cui l’emotività e la soggettività si intrecciano con il cognitivo e i saperi...
Poiché oggi risulta molto
difficile la costruzione della
propria identità nella bambi
na e nel bambino, in una so
cietà complessa dove mancano sempre più riferimenti
concreti al mondo reale di
fronte al dilagare di elementi
virtuali introdotti dai mass
media, è fondamentale creare opportunità di esperienze,
legami con il concreto, sicurezze. In questa prospettiva
certamente la scuola gioc^
un ruolo importante e senz
dubbio anche il libro può ac
quistare il significato di u
punto di riferimento.
Per la pubblicità
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tei. 011-655278, fax 011-657^
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«Temo sia suonata la mia ultima ora. La fede non mi ab'pandona e Tultimo mio pensiero sarà per voi miei cari! Mi
, hanno preso con altri. Messo al muro legate le mani. Poi mi
messo in cella in attesa (...). Ci troveremo certo di là.
'Non compiangermi né chiamarmi “povero” (...). Dio aiuti te
e bimbi! Muoio per aver servito una idea». Sono parole di
Willy Jervis (foto) che risalgono al 17 luglio 1944, scritte
col sangue sulla Bibbia pochi giorni prima della morte. Sarà
fucilato pochi giorni dopo, la sera del 5 agosto, insieme ad
altri quattro partigiani a Villar Pellice. Anche quest’anno si
celebra nei nostri comuni la Liberazione, con cortei, fiaccolate, discorsi. A 54 anni di distanza è forse però sempre più
urgente interrogarsi sul modo di trasmettere la memoria di
quegli anni, che non si esaurisca in una semplice ricorrenza.
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1
VENERDÌ 23 APRILE 1999 ANNO 135 - N. 17 LIRE 2.000 - EURO 1,03
Si è tenuto nel corso dell’
estate 1998 in vai Pellice
un seminario di formazione
organizzato dal Collegio valdese e dalla Comunità montana per giovani operatori nel
campo del turismo. Innovativo è stato il carattere interfrontaliero del seminario stesso: un decina di italiani e altrettanti francesi hanno infatti
lavorato sul campo, come si
dice, quattro settimane, da
noi e nella valle dell’Ubaye,
confrontando esperienze e
metodi di promozione turistica. Molte sono state naturalmente le scoperte, i raffronti,
le esigenze emerse. Ha colpito i partecipanti per esempio
il fatto che i francesi abbiano
qualificato in questo ambito il
loro turismo usando due e
TURISMO TRA FRANCIA E ITALIA
RURALI
GIORGIO TOURN
spressioni a noi tutto sommato sconosciute: «patrimoine»
e «tourisme rural». «Patrimonio» per loro significa il bene
del paese, la ricchezza materiale e artistica di tutti, dalla
cattedrale alla fontana, dal
bosco al sentiero. Da noi è
solo la roba mia. La differenza non è solo nella valutazione del bene ma nell’ottica con
cui lo guardi. Più forte ancora
il contrasto sul «turismo rura
le». Per noi turismo è il grande albergo in Riviera, Venezia, gli Uffizi, «rurale» è la
campagna dove non c’è nulla
da vedere, dove si va tutt’al
più a villeggiare. La nostra
cultura è infatti una cultura
cittadina, siamo la civiltà cittadina; la Francia invece è
Parigi, il grande centro, l’anima della nazione, più la provincia, il mondo rurale. Il suo
paysan è l’uomo del pays, del
territorio, il nostro contadino
è l’uomo del contado, della
non città, del territorio che sta
fuori le mura, è il bifolco, il
bracciante, il mezzadro, l’abitante di un territorio vuoto
che produce solo cibo per
l’uomo del borgo.
Non esistendo il mondo mrale non può esistere da noi
turismo rurale, tutt’al più un
po’ di moda naturalistica,
qualche fantasia sulla bellezza del verde con delle velleità
di naturalismo e di difesa degli animali. Proporre un turismo rurale in valle significa
perciò molto più che organizzare e orientare una domanda, come è il caso in Ubaye,
significa piuttosto inventare,
anzi creare una nuova cultura
che per ora non c’è.
Comuni alpini
Convenzione
disapprovare
ìÀÌ più presto
I
f ^Con una lettera, recentemente inviata ai presidenti di
Camera e Senato, i Comuni
aderenti aU’«Alleanza delle
Alpi», l’associazione internazionale che mette in «rete» diversi Comuni alpini, hanno
sollecitato un'accelerazione
dei tempi di approvazione parlamentare della Convenzione
delle Alpi e dell’Agenda XXI
affinché «anche il nostro paese possa finalmente essere dotato di uno strumento fondamentale per il futuro del territorio e delle popolazioni alpine». La Convenzione, che stabilisce principi base di tutela e
di sviluppo sostenibile del territorio alpino europeo e prevede che questi vengano tradotti
in specifici protocolli di attuazione locali, è stata predisposta nel ’91 a Strasburgo ed è
già stata ratificata da diversi
paesi europei tra cui Francia,
Germania, Svizzera mentre
nel nostro paese la discussione
parlamentare è cominciata alla
Camera dove è per ora ferma.
«Nel marzo ’95 - dicono i Comuni dell’Alleanza delle Alpi
~ la Convenzione è entrata in
vigore in quei paesi che avevano provveduto alla ratifica.
A questo punto è necessario
cbe anche l’Italia provveda al
più presto a questo passo».
Intanto, dopo il Comune di
"Obbio Pellice, che ne è uno
dei soci fondatori, recentemente hanno aderito ad «Alloza delle Alpi» anche altri
Comuni piemontesi fra cui
tassello in vai Germanasca.
Tutti i Comuni deH’«Alleansi sono attivati per attuare
®ul proprio territorio una potinca ambientale in linea con
* contenuti della Convenzione
delle Alpi e per realizzare un
Sistema di gestione ambienmie comune che si rifà alla
Retriva europea. L’obiettivo
uno sviluppo che tenga con® delle esigenze sociali e
onotniche evitando danno
ambiente naturale.
Si è svolta a Torre Pellice l'annuale assemblea dell'Unione
Il ruolo dei predicatori locali
nelle chiese evangeliche
________FEDERICA TOURN_______
A Torre Pellice fa freddo e
c’è quasi aria di neve,
anche se siamo ormai al 17
aprile. Nella Foresteria valdese si sta svolgendo l’assemblea annuale dell’Unione predicatori locali e Claudio Tron,
a proposito della predicazione, dice che «bisogna andare
a vivere nella pelle dell’altro», con serenità e senza ansia, perché siamo tutti oggetto
della grazia di Dio e tutti possiamo sbagliare. «Ricordiamoci che la fede nasce dall’ascolto attento - spiega ma senza svalutare altri canali
di comunicazione, come la vista, abituandoci a vedere non
le immagini ma la realtà, e
come il tatto, per riscoprire
l’importanza della familiarità
anche fisica con l’altro».
Quest’anno si celebra il
ventesimo anniversario dell’
Unione, che è nata nel 1979 in
seguito all’integrazione delle
chiese metodiste e valdesi; allora i predicatori laici erano
circa 160, oggi in tutta Italia
sono un centinaio, una diminuzione dovuta soprattutto alla perdita dei fratelli più anziani e alla mancanza di un
«ricambio» con i giovani.
L’istituzione dei predicatori
locali è essenzialmente un’eredità metodista: «Wesley ebbe bisogno nel suo lavoro di
helpers, di aiutanti che predicassero l’Evangelo mentre lui
era impegnato a percorrere
tutto il territorio per battezzare, celebrare matrimoni e funerali, tutte quelle “funzioni”
che soltanto un pastore ordinato poteva svolgere», spiega
lo storico Giorgio Spini, anche lui da qualche anno predicatore locale iscritto a ruolo
(«Ha dato tutti gli esami tranne quello di storia», dice
Claudio Tron con un sorriso).
Nella chiesa metodista era
quindi prevista la presenza di
laici formati apposta per il
ruolo della predicazione, con
un corso di studi e una commissione che ne valutava la
preparazione: «Se poi un predicatore era molto bravo, lo si
“pastorizzava” sul campo
aggiunge Spini - una cosa del
genere non esisteva nella tradizione riformata, in cui la
predicazione era riservata ai
pastori, che per questo dovevano avere un’elevata preparazione teologica».
Con il Patto di integrazione
e la creazione dell’Upl, anche
i predicatori valdesi come
quelli metodisti devono sottoporsi, dopo un apposito corso
di studi di almeno due anni,
all’esame di una Commissione permanente studi; cosa
che, a detta di Claudio Tron,
sembra scoraggiare nuove vocazioni, soprattutto nei più
giovani. Mentre non è raro
incontrare chi, dopo essere
andato in pensione, prende in
mano i libri per diventare predicatore a tutti gli effetti.
Prima del ’79 anche in casa
valdese, naturalmente, predicava anche chi non era pastore, soprattutto nelle chiese
della diaspora dove c’era più
carenza di pastori, ma la situazione variava da comunità a
comunità. C’era il pastore che
organizzava studi biblici ap
Un momento dell'assemblea di Torre Pellice
positi, o quello che affidava
agli evangelisti la cura di diversi gruppi di fedeli. «La
mentalità era comunque quella di usare il predicatore laico
come un “tappabuchi” da utilizzare in mancanza del pastore - spiega Leonardo Casorio
- oggi in molte comunità siamo riusciti a inserire la predicazione laica aH’intemo della
programmazione normale delle attività della chiesa».
«Nel mondo metodista il
predicatore laico fa parte di
un piano di predicazione della chiesa; quella del “tappabuchi” è una tipica interpretazione valdese - incalza Spini
- stamattina il pastore Gianni
Genre ci ha esortati a conti
La massima assemblea della Chiesa
valdese è il Sinodo. Esso si riunisce
in due sessioni: una in Italia e una in
America del Sud. Ne fanno parte i deputati eletti dalle chiese locali e un numero
di pastori non superiore a essi. I problemi riguardanti la Confessione di fede e la
disciplina generale devono essere decisi
in modo conforme dalle due sessioni. Per
gli altri problemi, amministrativi, spirituali e di.sciplinari, ogni sessione delibera
per la relativa zona. Il Sinodo elegge la
Tavola valdese e le altre Commissioni sinodali amministrative.
La Tavola valdese (Tv) rappresenta la
Chiesa valdese nei confronti delle altre
chiese e dello stato, oltre naturalmente a
dare esecuzione a tutte le decisioni del
Sinodo. 11 Comitato permanente delV Opera per la Chiesa metodista in Italia
(Opcemi) amministra il patrimonio delle
chiese metodiste e cura i loro rapporti
ecumenici non solo col metodismo mon
IL FILO DEI GIORNI
INCONTRI
__________a cura di CLAUDIO TRON______
diale ma anche quelli che sono specifici
delle chiese metodiste. La Commissione
sinodale per la diaconia (Csd) coordina
la maggior parte degli istituti di assistenza, di ospitalità e di formazione della
Chiesa valdese, ne nomina i comitati e
ne controlla il funzionamento.
11 Consiglio della Facoltà di teologia
amministra l’Istituto omonimo e ne possiede il patrimonio. Le Commissioni sinodali amministrative hanno tutte personalità giuridica anche nell’ordinamento
dello stato italiano, come enti di culto,
istruzione e assistenza. Anche le Com
missioni sinodali amministrative, come
quelle distrettuali, sono sottoposte al vaglio di Commissioni d’esame, nominate
dal Sinodo ogni anno.
Concludendo questa esposizione sulle
nostre assemblee, vale la pena di sottolineare la «democraticità» della chiesa. È
vero, come dice il papa, che la chiesa
non è una democrazia, perché il suo capo non è eletto: è il Signore. È lui che ha
scelto noi e non noi che abbiamo scelto
lui (Giovanni 15, 16).
La chiesa non è una democrazia anche
nel senso che nelle assemblee il consenso deve maturare nel confronto fraterno
escludendo colpi di mano di maggioranze risicate. In generale, comunque, il
metodo della fraternità è molto più simile alla democrazia che alla monarchia,
con buona pace del papa. Non per niente
la democrazia moderna è figlia del protestantesimo e ne è, in un certo senso, la
trascrizione laica.
nuare e a fornire i nomi dei
predicatori disponibili per un
servizio: ma prima bisogna
definire i luoghi e soltanto
dopo i predicatori!». Sono comunque molti a non sentirsi
sminuiti dal ruolo di «tappabuchi», assicurano Leonardo
Casorio e Claudio Tron. Le
situazioni variano da chiesa a
chiesa ancora oggi, e se alcuni sono contattati per sostituire il pastore che va in vacanza, altri si assumono l’incarico di intere comunità o fanno
sostituzioni periodiche anche
lunghe. «Il problema è piuttosto che ci sono poche vocazioni, anche se assistiamo a
un miglioramento della preparazione dei singoli predicatori», afferma Claudio Tron.
L’entusiasmo e il calore dei
partecipanti all’assemblea è
però alto, coinvolgente, di
persone che si sono impegnate
magari nel tempo libero e che
non si stancano di ricordare le
proprie esperienze. «Da giovane in Abruzzo predicavo,
come evangelista colportore,
anche sei volte in un giorno racconta Armando Di Carlo,
padre della pastora Daniela Di
Carlo - e visto che non ce
n’erano abbastanza, mi portavo dietro da una borgata all’
altra anche i banchi per le riunioni». Ricorda invece Ennio
Sasso, di Sampierdarena: «Ho
predicato per la prima volta a
Rorà nel luglio del 1973; il
pastore Lami Coi'sson mi avvertì solo il giorno prima e di
fronte alla mia preoccupazione mi disse: hai una Bibbia? È
tutto quello che ti serve».
8
PAG. Il
E Eco Delle Yalli ^ldesi
VENERDÌ 23 APRILE 19qq
Alcuni dei macchinari esposti ali’lstituto «Porro»
UNA MOSTRA SULLA FISICA OTTOCENTESCA AL
«PORRO» — L’istituto tecnico «Ignazio Porro» di Pinerolo ha organizzato una bella mostra, che si è chiusa il 18 aprile, su «La fisica ottocentesca e contemporanea e il pinerolese Ignazio Porro». E stata un’occasione per vedere strumenti
antichi di misurazione dei fenomeni fisici, quasi tutti prestati
dal liceo Porporato di Pinerolo, e conoscere le apparecchiature tecnico-scientifiche di cui è dotato l’istituto Porro.
NUOVI FONDI PER IL TEATRO SOCIALE — In occasione del 27° anniversario dell’incendio del teatro Sociale, è
arrivata una buona notizia: l’elargizione di 370 milioni da
parte della Fondazione della Cassa di Risparmio di Torino
al Comune di Pinerolo per la ricostruzione del teatro. Questa somma fa parte del residuo di uno stanziamento un tempo deliberato per l’avvio del mai realizzato progetto di recupero del Palazzo dei Principi d’Acaja.
LUSERNA: TRE LISTE, FORSE QUATTRO — Si sta defi
nendo il quadro delle candidature anche a Lusema San Giovanni; il Ccd ha presentato sabato scorso il suo candidato a
sindaco Danilo Colomba che dovrebbe guidare una lista di
centro-destra. Quasi certa la discesa in pista anche della Lega Nord che sta definendo le candidature, è in fase avanzata
anche la trattativa per dare vita anche a Lusema a una coalizione di centro-sinistra: in questo caso il confronto fra Ppi,
Ds, Laburisti e gruppo civico formato da Verdi, Rifondazione e singole persone si sta svolgendo su due piani, il programma e le candidature. Scontata la riconferma di Ohibò a
candidato sindaco, il Ppi potrebbe avere 7 o 8 candidati, i Ds
5, e uno ciascuno a Laburisti, Verdi e Rifondazione.
BRtJNA FRACHE A VILLAR PELLICE? — Dovrebbe essere la prof. Bruna Frache, già da alcuni anni impegnata
neU’amministrazione comunale, la nuova candidata a sindaco della lista del primo cittadino uscente Sergio Davit.
Saranno formate probabilmente due liste, ma, come avviene ormai da diversi anni, a Villar Pellice non si ha una vera
e propria contrapposizione fra le parti.
I PRIMI NOMI ANCHE PER LA PROVINCIA — Ancora
un paio di settimane e dovrebbero essere note tutte le candidature per il Consiglio provinciale per cui si vota il 13 giugno. Certa la riconferma di Danilo Colomba per il collegio
di Perosa Argentina, unico consigliere eletto quattro anni fa
col Ccd; il Ppi ha scelto per il collegio di Perosa Michele
Chiapperò, amministratore di minoranza a Bricherasio, e
per il collegio di Pinerolo il sindaco di Cavour, Bertone. I
Verdi hanno indicato nel collegio di Perosa l’assessore allo
Sport e all’Ambiente di Torre Pellice Piervaldo Rostan
mentre è da definire la scelta per il collegio di Pinerolo. Dai
Ds dopo alcune incertezze per le valli è stato scelto, dopo
votazioni nelle sezioni, a scrutinio segreto, il nome di Erminio Ribet, presidente della Comunità montana valli Chisone
e Germanasca, mentre a Pinerolo sarà candidato Danilo Rivoira, presente anche in un collegio torinese.
LA SCUOLA DI TORRE PELLICE BLOCCATA DAVANTI ALLA MOSCHEA — I 27 bambini delle due
quarte della scuola elementare «Rodar!» di Torre Pellice si
sono recati la scorsa settimana a Torino per incontrare
l’imam della moschea sorta a Porta Palazzo; era questa una
occasione per conoscere da vicino la comunità musulmana
e il pensiero del mondo arabo, esattamente come un anno fa
erano andati a incontrare il rabbino, sempre nell’ambito del
programma sull’interculturalità che da tempo viene seguito
nella scuola. Ma questa volta, arrivati di fronte allo stabile
che ospita la moschea, alcuni residenti del quartiere si sono
frapposti fra i ragazzi e le quattro maestre che li accompagnavano e l’ingresso della casa. «Un episodio tremendo:
siamo stati trattati molto duramente e insultati - racconta la
maestra Giovanna Rollerò -; ci hanno urlato che si trattava
di una casa privata e che non potevamo entrare». Poi sono
arrivati i carabinieri, l’imam ha potuto accogliere i ragazzi
«con grande cordialità e disponibilità», come aggiunge Rollerò. Resta, ovviamente, l’amarezza per dei bambini coinvolti nelle tensioni fra gli italiani e gli extracomunitari in
questo angolo fatiscente di Torino dove davvero il dialogo
fra le «culture» pare assai difficile.
INIZIATIVE PER LA PACE — Su proposta del consigliere
dei Verdi Attilio Sibille, il Consiglio comunale di Bobbio
Pellice del 12 aprile e quello della Comunità montana vai
Pellice del 14 aprile hanno approvato un ordine del giorno
che sollecita il governo ad adoperarsi per la pace nei vicini
Balcani e per arrivare a un rapido «cessate il fuoco». Un
analogo documento è stato approvato dal Consiglio comunale di Lusema martedì scorso su proposta di Roberto
Charbonnier. Intanto il coordinamento pinerolese contro la
guerra, l’associazione per la pace vai Pellice e il comitato
contro la guerra vai Pellice hanno organizzato una serata
per venerdì 23 aprile, ore 21, alla Bottega del possibile, in
viale Trento 7, a cui parteciperà l’on. Giorgio Gardiol.
Intervista a Luciano Martinat, sindaco di San Secondo
L^annoso problema del traffico
PIERVALDO ROSTAN
Verso il voto; a parte quei
Comuni dove i cittadini
sono stati chiamati ad esprimersi da poco tempo, un po’
ovunque si stanno definendo
le liste. Ci sono delle situazioni dove maggioranza e
minoranza vanno d’amore e
d’accordo e altri dove si faticherà addirittura a fare due liste; ma in alcuni casi negli
ultimi anni si sono avute frizioni anche all’interno delle
stesse liste di maggioranza: il
caso più eclatante è quasi
certamente quello di San Secondo dove si è creato un clima di totale sfiducia fra il
sindaco, Luciano Martinat, e
il suo assessore all’Urbanistica, Roberto Vicino. Vicino
non è più assessore ma la
querelle è finita nelle aule dei
tribunali: «Adesso non parlo
- dice il sindaco - ma forse
nell’ultimo Consiglio (28
aprile?) potrei togliermi qualche sassolino...».
Intanto la conferma della
candidatura di Luciano Martinat, cassintegrato Beloit e
dunque con maggior tempo a
disposizione, alla guida di
una colazione di centro-sinistra pare certa. Anche se la situazione sansecondese lascia
la porta aperta e varie ipotesi
di lista, compreso il ritorno in
pista dell’ex sindaco di Prarostino Mario Mauro, coinvolto
qualche anno fa nelle vicende
di tangentopoli locale, Martinat, al termine del suo mandato, è soddisfatto di ciò che
è riuscito a realizzare e di
quanto è in cantiere: «Abbiamo due progetti sui marcia
piedi di via Repubblica, per
alcune centinaia di milioni e
poi alcuni interventi per il ripristino di frane: sono interventi di cui questa amministrazione non vedrà certo la
conclusione - ammette -; oltre a ciò, pur essendo riusciti
finalmente ad approvare un
progetto unico con Osasco e
Prarostino per le fognature e
il depuratore con un costo
globale di 3 miliardi e 300
milioni, è chiaro che questa
opera non verrà realizzata in
brevissimo tempo».
Tuttavia, al termine del
mandato, alcuni obiettivi sono stati centrati: «Sui ripristini dei danni da frane abbiamo
investito circa 700 milioni,
riuscendo anche a limitare
l’impatto ambientale degli interventi - continua Martinat
-. La tardiva approvazione
delle varianti al piano regolatore ha ritardato alcuni interventi tipo l’area verde di Miradolo. Ne stiamo invece realizzando una agli Airali con
l’installazione di giochi per
bambini». Le varianti al piano regolatore forse saranno
approvate dal Consiglio comunale prima delle elezioni;
nel frattempo però si sta cambiando poco per volta anche
il complesso della circolazione stradale nel centro del paese: «Abbiamo istituito alcuni
sensi unici ma si può dire che
il discorso sia appena iniziato
- precisa il sindaco -: l’intenzione principale è quella di
costruire i marciapiedi per
dare sicurezza ai pedoni nelle
strade del concentrico. Cerchiamo anche di ridistribuire
il traffico, compressi come
siamo fra la vai Pellice e la
vai Chisone». E San Secondo
ha davvero bisogno di una
viabilità più leggera, meno
oppressa dal traffico; una mano in questo senso potrebbe
arrivare anche dalla trasformazione in tramvia della ferrovia Pinerolo-Torre Pellice.
«La riapertura della stazione
della Bima sarebbe davvero
vitale per la nostra zona»,
conclude il sindaco Martinat.
Valli d'Occitania
Corsi didattici
in lingua d'oc
Tra le iniziative comprese
nel progetto «Occitan, lenga
viva», finanziato dalla Còmu.
nità europea e dalle Comunità
montane valle Varaita, Maira
Gesso-Vermenagna-Pesio
spiccano i corsi in occitano,
Sono stati più di 20 gli iscritti
al «Corso di conversazione in
lingua d’oc», iniziato a Dronero lo scorso 9 aprile. Contemporaneamente in valle
Varai ta, a Venasca, è iniziato
con una trentina di iscritti il
«Corso di lettura e scrittura in
lingua d’oc», che ha lo scopo
di aiutare il pubblico a usufruire della letteratura antica e
moderna e del giornalismo in
occitano. Per gli amanti della
poesia e della musica trobadorica si terrà a fine maggio a
Peveragno, alla biblioteca civica, il corso «Esprit de frontiera», che vedrà un alternarsi
di esperti, una serata di poesia contemporanea, la presentazione di 3 film in occitano,
«Trobadors», «Flamenca» e
«Crosada»; chiuderà la manifestazione, domenica 6 giugno, il gruppo «Gai Saber»,
che presenterà il suo ultimo
cd «Esprit de frontiera». Infine, per i ragazzi dai 12 ai 16
anni, la Comunità montana
valle Maira organizza un soggiorno di vacanza in valle
Maira-Occitania, una settimana al mare in Provenza e una
in alta valle Maira.
RADIO
BECKWITH
FM 91.200-96.550
Servizio veterinario della As110
Pinerolese: cambiano
gli allevamenti
Il Pinerolese, in quanto ad
allevamenti di bestiame, rappresenta una realtà in profonda trasformazione. Nell’ambito dell’allevamento bovino, le
piccole aziende tendono a cessare l’attività e quelle di maggiore dimensione si ingrandiscono ulteriormente: nel 1998
hanno chiuso i battenti 160
piccoli allevamenti di bovini
con una riduzione di 3.700 capi allevati; si tratta soprattutto
della chiusura di aziende familiari, con meno di 20 capi.
Questo dato è in parte controbilanciato dalla crescita di alcuni medio-grossi allevamenti
di oltre 40 capi. Si assiste
inoltre a un ulteriore incremento nelle importazioni:
ogni anno entrano nel Pinerolese dall’estero ben 40.000
animali, di cui 17.000 bovini,
12.000 suini e 102.000 polli.
Ma cambiamenti consistenti si sono rilevati sempre nel
solo ultimo anno 1998 anche
in altri settori: l’allevamento
suino è aumentato di 6.145
capi nonostante la riduzione
di 6 allevamenti, quello ovicaprino è aumentato di 110
capi pur con 32 aziende in
meno, mentre gli allevamenti
di polli hanno visto la trasformazione di due aziende da ingrasso (177.000 polli in meno) alla produzione di uova
(12.000 capi aggiuntivi); infine sono 7 in più le aziende di
conigli, per un totale di 5.000
capi in più. Più in dettaglio,
la realtà zootecnica del nostro
territorio comprende 70.000
bovini, 55.000 suini, 13.000
ovicaprini, 2.000 equini.
190.000 polli, 30.000 conigli,
1.035 alveari di api, 140
quintali di pesci l’anno, 350
lepri, 30.000 cani censiti e
2.000 animali esotici.
Inoltre, secondo la segnalazione del servizio veterinario
dell’Asl 10, con il 1998 nel
Pinerolese è stato pressocché
raggiunto il totale risanamento bovino sia dalla tubercolosi
che dalla brucellosi: non più
di una decina di anni fa i capi
affetti da tubercolosi erano
nel solo Pinerolese più di
1.700, diventati un centinaio
nel 1997 e ridotti oggi a poche unità in via di esaurimento. Sul totale dei 1.532 allevamenti esistenti nei 47 Comuni
del Pinerolese, ben 1.525, pari
al 99,55%, sono oggi ufficialmente indenni dalla tubercolosi. Nel 1998 risultano ancora infetti dalla brucellosi bovina 29 capi (a fronte dei 265
del 1992), mentre non si riscontra nessuna capra o pecora infetta dalla brucellosi ovicaprina (contro i 412 casi del
1993); ci sono ancora 60 capi
infetti da tubercolosi bovina
(ri.spetto ai 847 del 1992) e 6
colpiti da leucosi bovina (a
fronte dei 569 del 1995).
Molti comunque sono gli
sforzi che si devono ancora
fare per attuare una completa
tutela del consumatore: dall’igiene delle stalle alla pulizia dei locali in cui si produce il formaggio, anche nei
numerosi alpeggi delle nostre
valli, alla corretta manipolazione e conservazione dei cibi animali, a partire dal produttore fino al commerciante.
A colloquio con Paola Geymonat
Le galline del romanzo
piacciono ai lettori
INES PONTET
Il «best-seller» delle Valli
di questi ultimi due anni.
Le galline non hanno confini
di Paola Geymonat D’Amore,
è stato di recente ristampato,
date le numerose richieste;
per l’occasione abbiamo rivolto all’autrice alcune domande.
- Chi ha letto il romanzo?
«Per quanto ne so, le persone più disparate. Anziani,
uomini, donne, ragazzini/e:
qualcuno abituato a leggere,
ma anche qualcuno che non
aveva mai letto un libro nella
sua vita. Gente dell’ambiente
valdese, o comunque valligiano, ma anche abitanti di
pianura che si sono ritrovati
unicamente nell’elemento
“contadino”. Alcune classi di
scuole superiori e medie, forse spronate dai loro professori di italiano; qualche mio
alunno delle elementari...».
- Ci racconta qualche osservazione dei lettori?
«Posso riferire alcuni simpatici commenti. Una pensionata casalinga; “L’ho letto tutto in una sera, ho finito alle tre
di notte. È stato meglio della
televisione”. Un uomo anziano alla sua prima lettura: “Dopo due volte che lo leggo lo so
già bene: adesso lo lascio stare un po’ di mesi e poi lo ricomincio”; “Viaggiavo anch’io
su quel carretto che scendeva
per la strada, tanto ero immerso nella lettura”; “È scritto col
linguaggio che si usa parlando”. Un commerciante facile
alla commozione si presenta
va spesso dai clienti con gli
occhi rossi e il fazzoletto in
mano e smise di leggere il libro in negozio per non dare
l’impressione di avere problemi di salute o di famiglri’
Molti sono andati al Bessèa
scoprire la casa d’origine, con
il glicine attorcigliato al balcone, altri sono venuti a casa
mia per vedere i posti descntti. Abbiamo fatto spesso da
Ciceroni».
- Ha ricevuto anche qudche critica negativa?
«Una critica su qualcosa
che già mi dava da pensare i
momento in cui scrivevo, sulla seconda parte del libro, j
Novecento: troppo affollata®
personaggi da far perdere i
filo, mi hanno detto. Ma è stata una scelta. Man mano che
entravano nel racconto nuove
nuore sarei stata costretta a
tralasciare la loro famigh“
d’origine; non volevo conti
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tanto, perché ogni farnigb^
portava con sé tutte le sue oa
ratteristiche. In ogni caso 1 ^
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un altro racconto...
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idee. Quella su cui sto lav"
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11 decennio delle chiese in solidarietà con le donne si è concluso, con un grande e significativo evento: il Festival delle donne che ha preceduto l’inizio dei lavori dell’8- assemblea del Consiglio ecumenico delle chiese. Questo ha permesso alle donne di inviare, in apertura dei lavori, un proprio documento ai maggiori responsabili delle chiese cristiane nel mondo. Ma per la Fdei non significa che, con queste importanti iniziative o prese di posizione, tutto sia concluso; al contrario, inizia ora un lavoro ancora
più intenso, sia nelle comunità cristiane che nella società, per portare ad effetto le decisioni prese.
Per dare concretezza alla lunga battaglia del decennio contro la violenza sulle donne,
la Fdei si è impegnata, con altre associazioni femminili cristiane d’Europa, a portare allo scoperto le ragioni e le cause profonde di questo antico male. La Fdei vuole da un lato, attraverso una specifica ricerca, essere anche «indiscreta» e parlare di ciò che, per
secoli, è stato consigliato di coprire, di nascondere, di tacere; dall’altro rafforzare le
possibilità di un diverso modo di vivere le differenze sessuali come un dono, come un
arricchimento per tutti, nelle chiese e nelle società. La Fdei che è una «rete» di donne
protestanti in Italia, si è alleata e «fa rete» con altre donne protestanti d’Europa, per sviluppare contatti e iniziative che rafforzino il comune sforzo di sconfiggere una ancor
dominante cultura misogina.
Con il documento elaborato ad Harare, durante il Festival, anche la Fdei si sente impegnata a costruire comunità cristiane, ma anche società laiche, dove la partecipazione
d ciascuno o di ciascuna, sia valutata in relazione agli specifici individuali doni, non in
base all’appartenenza di genere. Non vi è dubbio che l’esperienza del Decennio ci ha insegnato che esistono ancora numerose questioni aperte, sia nel campo etico sia in quello teologico, come ad esempio l’ordinazione delle donne (rifiutata in molte chiese cristiarie), l’aborto, il divorzio, la sessualità umana, la violenza sulle donne. Ma noi, come Fdei,
lO convinte che, chiedendo la guida e il sostegno dello __________________________
ipito Santo, possiamo continuare a discutere, perché
bbÌiamo tenere aperte tutte le porte, per un dialogo fra
^-jjpredenti; un dialogo che deve avere come sbocco finale
la glorificazione di Dio e l’agape fra gli esseri umani. Eliminare, sradicare ogni cultura di violenza (nelle sue varie
forme sessuali, religiose, psicologiche, economiche, spirituali, militari) è un compito prioritario e va rifiutato
ogni tentativo di coprire o di giustificare la violenza.
Quando poi la violenza trova posto all’interno della comunità cristiana, ricordiamo che ciò significa offendere
Dio e l’intera umanità.
Il documento, stilato ad Harare, alla fine del Festival,
ha anche chiesto un costante impegno di tutte le chiese
cristiane perché denuncino come «peccato» ogni violenza
fatta su una donna. Tutte le presenti ad Harare o che
hanno partecipato al Decennio, hanno chiesto che il tema dell’S- assemblea del Cec fosse inteso come un’opportunità di pentimento per la partecipazione delle chiese a questa violenza. È forte la sensazione, dopo il decennio, che occorra rinnovare le nostre teologie, le nostre tradizioni ecclesiastiche e le nostre pratiche religiose. Focale deve essere, in questo inizio del 3- millennio,
la volontà di giustizia e di pace fra uomini, donne e bambini sia nelle nostre case sia nelle nostre comunità.
Come donne impegnate nella vita economica e socia
le del nostro paese noi chiediamo anche che le nostre chiese contribuiscano alla realizzazione di quelle decisioni, uscite dalle conferenze dell’Onu del Cairo nel ’94 e di Pechino nel ’95, affinché alle donne venga data con l’istruzione e la formazione una dignità
nuova di cittadine del mondo, a pieno titolo. La Fdei riflettendo sulla conclusione del
Decennio, sul documento di Harare, sulle decisioni prese dall’S- assemblea del Cec,
vuole anche ribadire la propria partecipazione al piano d’azióne dell’Onu per sradicare
dal mondo la povertà. Non vi è dubbio che questo condizioni pesantemente la vita di milioni di donne, ecco perché condividiamo l’appello lanciato da Harare alla Banca mondiale e al fondo monetario per fermare tutti quei «Piani di aggiustamento strutturale» nei
paesi in via di sviluppo che peggiorano la vita dei più deboli, di quelle nazioni, cioè le
donne e i bambini. Cancellare il debito dei paesi più poveri è, a nostro avviso, il modo
più consono per ricordare al mondo la nascita di Gesù Cristo, 2.000 anni fa. Ma non
possiamo non ricordare che, ad Harare, le donne, durante il Festival, hanno anche dovuto ammettere i propri errori e i propri limiti. Troppo spesso, anche in questi dieci anni, abbiamo dovuto assistere alla semplice sostituzione di una donna nel molo di dominio, di prevaricazione e di oppressione che si è denunciato essere tipico dell’uomo.
Occorre ribadire che la Fdei e tante altre associazioni femminili che hanno lavorato
per il Decennio, vedono la realizzazione delle proprie ipotesi solo in nuovi modelli organizzativi dove il potere è condiviso e ogni voce è ascoltata. Non può esistere, nella nostra impostazione, un leader che non sia capace di far crescere le altre donne attorno a
lei. Questa è stata la lezione del decennio e la Fdei intende farne tesoro, affrontando la
sfida del nuovo millennio in cui le culture, le società, le chiese, saranno più vicine e unite
se sapranno comprendersi, partendo da un comune obiettivo: ridare alle donne il posto,
nelle chiese e nelle società, che spetta loro di diritto.
Doriana Giudici
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di Paolo: ano lodo olio divorsito
«Poiché come il corpo è uno e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, benché siano molte, formano un solo corpo, così è
anche di Cristo. Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un unico Spirito per formare un unico corpo. Giudei e Greci, schiaui
e liberi; e tutti siamo stati abbeverati di un solo Spirito.
Infatti il corpo non si compone di un membro solo, ma di molte membra. Se il piede dicesse: “Siccome io non sono mano, non sono del corpo”, non per questo non sarebbe del.corpo. Se l’orecchio dicesse: “Siccome io non sono occhio, non sono del corpo”, non
per questo non sarebbe del corpo. Se tutto il corpo fosse occhio, dove sarebbe l’udito? Se tutto fosse udito, dove sarebbe l’odorato?
Ma ora Dio ha collocato ciascun membro nel corpo, come ha voluto. Se tutte le membra fossero un unico membro, dove sarebbe il
corpo? Ci son dunque molte membra, ma c’è un unico corpo; l'occhio non può dire alla mano: “Non ho bisogno di te”; né il capo
può dire ai piedi: “Non ho bisogno di voi”. Al contrario, le membra del corpo che sembrano essere più deboli, sono invece necessarie;
e quelle parti del corpo che stimiamo essere le meno onorevoli, le circondiamo di maggior onore; le nostre parti indecorose sono trattate con maggior decoro, mentre le parti nostre decorose non ne hanno bisogno; ma Dio ha formato il corpo in modo da dare maggior onore alla parte che ne mancava, perché non ei fosse divisione nel corpo, ma le membra avessero la medesima cura le une per le
altre. Se un membro soffre, tutte le membra soffrono con lui; se un membro è onorato, tutte le membra ne gioiscono con lui.
Ora voi siete il corpo di Cristo e membra di esso, ciascuno per parte sua».
(1 Corìnzi 12, 12-27)
Ho scelto la 1- Epistola di Paolo ai Corinzi perché mi è sempre sembrata la più efficace ncH’indicare le contraddizioni insite nella nostra
vita personale o nelle nostre comunità di credenti. L'ho spesso riletta, quando mi sembrava difficile coniugare il messaggio evangelico con
la vita quotidiana oppure il bisogno di una comunità «santa» con la realtà delle nostre chiese.
Da questa epistola ho capito come Paolo ha inteso l’annuncio di Cristo e come dovremmo capirlo noi: anche attraverso gii scandali c le
divisioni si rivela il senso profondo dell’Evangelo. E infatti tutta la lettera è dominata dal tema della sapienza della croce-, solo attraverso la
croce giunge la gloria e la salvezza. Il vero volto della comunità cristiana si mostra proprio attraverso le infedeltà e le cadute. Questo significa, da un lato, che possiamo meglio capire perché, se anche nelle comunità ritroviamo quello che esiste nel mondo esterno (tra l’altro una
certa sufficienza e intolleranza per le donne!) questo non deve farci desistere dal continuare a insistere nelle nostre battaglie per una piena,
riconosciuta e accettata presenza femminile.
Noi siamo profondamente convinte che il progetto di Dio suU’umanità preveda una pari dignità fra uomo e donna. Gli uni hanno bisogno delle altre; ciascuno ha i suoi dotti, nessuno 0 nessuna deve essere obbligato o obbligata a recitare una parte precostituita, assegnata,
stabilita, da altri e in precedenza. Una comunità cristiana dovrebbe essere fondata su un’armonia dove i diversi suoni creano un’unica «nota»; quella de|la testimonianza di Cristo.
Paolo avrà certamente, come ciascuna di noi, sognato di avere contribuito a formare delle comunità «nuove», di credenti diversi da quelli
che frequentavano le sinagoghe o i templi degli dei. Eppure tutte le sue espistole ci segnalano la sua incredulità, il suo dispiacere, la sua disillusione di dover sempre tornare a ripetere le stesse cose... perché gli uomini e le donne, anche delle prime comunità cristiane ricadevano nei vizi tipici di ogni piccolo gruppo di persone: emarginazioni, pettegolezzi, meschinità, rancori. E Paolo, per aiutare tutti nella comunità dì Corinto, indica l’unico modo possibile per mettere in atto l’agape fraterna; guardare ciascuno e ciascuna come Dio li guarda, come Dìo li ama. *
È solo cosi che ci sì può rimotivare e si può rimettere «unità» nelle comunità. Non vi è dubbio che il passato ha fortemente segnato il rapporto delle donne con le chiese che non hanno difeso, in molti periodi della storia umana, la nostra dignità e identità. Ancora oggi è difficile far capire che alcune battaglie, prima che civili, sono profondamente cristiane, come il rispetto della libera scelta delle donne, per quanto
riguarda lo studio o il lavoro o la maternità o la stessa indispensabile integrità fisica e psichica.
- Ma nello stesso tempo, noi donne, non dobbiamo fare come i Corinti: siamo brave, abbiamo tanti doni! No, anche i nostri doni sono taU, soltanto e unicamente per volontà e amore di Dio: noi stesse non vogliamo riconoscere che il nostro stesso «risveglio» è un suo dono. E
non siamo capaci di ringraziare il Signore per averci aperto gli occhi, riscoprendo così anche la nostra piena vocazione di figlie di Dio. Anche la Fdei è un dono di Dio: questa occasione per stare insieme, al suo serwzio ma anche gioendo, sia per una ritrovata solidarietà di sorelle sia per una riconquistata voglia di spenderci, meglio e di più, nella testimonianza cristiana.
Ma c’è un’altra ragione che mi ha spinto a leggere con più assiduità questa epistola: è uno continua lode alla diversità. E chi c’è più «diverso» di noi donne? Eppure la fede di Paolo interpreta queste tante diversità, presenti nelle comunità dì allora, come nelle nostre oggi, come
una armorìia. Ancora Paolo segnala, allora (ma vale anche per oggi) che il rivendicare primogeniture, Tappropriarsì dei «doni», imporre modelli unici, porta solo a divisioni, quindi a sconfitte per l’intera comunità cristiana. Cosi vale tra noi sorelle credenti; a ciascuna il creatore ha
donato specifiche qualità. La Fdei dovrà fare di tutto perché queste qualità emergano e perché contribuiscano alla crescita di tutto il popolo
dei credenti. Ed è qui che noi, ancora, dobbiamo lavorare molto, perché dobbiamo abitttare le nostre comunità a riconoscere i doni delle sorelle, a responsabilizzarle e a esprimere riconoscenza al Signore per la dedizione e il lavoro di tante e tante donne credenti.
' ' Riconoscere i doni di Dio nelle sorelle, apprezzarle, significa che le comunità stesse si arricchiscono, attraverso il riconoscimento del valore di una comunione dì fede nelle diversità. Accettare la diversità del genere femminile nella specie umana, ci apre la possibilità di accetti«« tutte le altre diversità; etniche, culturali, religiose. Le comunità cristiane non saranfto più tentate di scegliere ciò che piace di più, perdié ccHTisptMwfe ad un modelto consolidato, sicuro, vincente. Ma si abitueranno a riconoscere i doni di Dio presenti nel «diverso»; ad apprezzarli e amarli, tanto da sentirli complementari ai propri doni. Ecco perché dobbiamo inte^ardirci nel sollevare la «questione femminile»
nella chiesa, oltre che nella società; è un passaggio obbligato perché le chiese «si riformino sempre», per essere il più possibile fedeli, «di
età in età», al comandamento d’amore insegnato da Gesù Cristo. • ’
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90 donne sudeuropee riflettono sulla multiculturalità
La vita di una donna che ama la Bibbia
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«Vivere insieme tra culture
diverse: frutti da raccogliere?
da assaporare? da condividere?». Questo il tema del Convegno del gruppo donne di Orsay e del gruppo donne della
Cepple, che si è svolto ad Orsay-ville, alla periferia di Parigi,
nei giorni 12, 13, 14 marzo
1999. Un gruppo di novanta
donne, arrivate da più parti
dell’Europa del Sud, protestanti, cattoliche, islamiche e ortodosse hanno portato i loro
frutti da condividere, da assaporare e da raccogliere.
Alla tavola rotonda che ha
dato inizio ai lavori. Due donne italiane, Marie-France Maurin ed Elena Chines hanno relazionato, l’una sulla sua esperienza di donna migrante,
sull’accoglienza data alle donne migranti in Sicilia. Interessante e di stimolo l’intervento
di Katherina Karkala-Zorba
sulla sua esperienza aH’intemo
del Forum ecumenico delle
donne cristiane in Europa in
qualità di copresidente.
Singolare invece Tesperienza
di Anne Sophie, una donna
francese che si è sentita straniera nel proprio paese natio
perché decise di tornarvi per
intraprendere l’attività di produttrice di vini, già di suo padre. Si è sentita straniera perché donna! Non sono mancate
le esperienze delle donne africane venute nel continente europeo per intraprendere studi
universitari.
Nel «giardino» della società in
cui viviamo ci sono sì frutti da
assaporare e da condividere,
ma ci sono anche frutti amari
come la paura, l’indifferenza.
la solitudine, la violenza, l’intolleranza... La nostra difficoltà è
quella di essere incapaci di vivere una società multiculturale
come una ricchezza da assaporare. Siamo soliti chiudere il
nostro «giardino» e tenere gelosamente i nostri frutti ben custoditi! Imparare ad aprirci verso l’altro, sapere riconoscere le
differenze, accettarci e condividere insieme i nostri frutti per
creare l’Europa.
Il pastore Jean-Claude Basset, di Ginevra, che ha eseguito degli studi sul dialogo interreligioso, ha spiegato la crisi
che attraversa la fede, crisi
provocata, a volte, dalla diversità religiosa. Siamo sempre
più attratti dal confrontarci con
le altre religioni: l’ecumenismo
ne è l’esempio. Per molto tempo si è immaginata la propria
religione come il sistema solare, la nostra religione al centro
(il sole) e le altre attorno come
i pianeti. Per permettere un
dialogo interreligioso si deve
imparare a mettere al posto
del sole Dio ovvero, al centro,
ciò che ci unisce e attorno tutte le religioni che vivono come
i pianeti illuminati solamente
dalla luce sprigionata dall’astro
centrale. Qual è la nostra responsabilità oggi per un dialogo interreligioso? Essere partner degli altri nostri fratelli.
Non essere più detentori di verità, ma essere testimoni della
verità. Essere pellegrini della
nostra fede. Tutte le nostre risorse devono essere prese in
considerazione, ma la tolleranza è la più importante.
Il culto della domenica mattina ci ha riunite nell’ascolto del
la Parola tratta dall’evangelo di
Marco 7, 24-30, Gesù e la
donna sirofenicia. Tutte le
realtà religiose hanno preso
parte attivamente alla liturgia
del culto e della meditazione
dialogata dal pastore Michel
Wagner e della pastora Florence Taubmann è stata molto
apprezzata da tutte.
A conclusione dell’incontro
si sono cercati gli «utensili» per
poter migliorare la produzione
e la coltivazione del nostro metaforico giardino affinché i
frutti da condividere con gli altri siano sempre più gustosi.
Gli utensili possono essere l’urgenza nell’agire, contrapposta
però alla pazienza. Molto significativo, a questo proposito,
l’esempio portato dalla sorella
del Ruanda: “In Ruanda si
aspettano tre anni prima di riseminare un terreno, lo si lascia riposare per poi ottenere
un raccolto migliore.”
Pazienza e urgenza devono
camminare di pari passo. Bisogna andare gli uni verso gli altri e dialogare in modo costruttivo senza pretendere di raccogliere subito i frutti, avere cioè
la pazienza di aspettare i risultati. Il saper dare e il saper ricevere sono altri utensili. Se
riusciamo ad essere capaci di
dare e di ricevere da tutti, siamo capaci di migliorare il nostro vivere. Il convegno ha
messo cincora una volta in evidenza la ricchezza di vivere in
una società multiculturale e
multireligiosa : importante è
sapere raccogliere ed assaporare i frutti della tolleranza e
della condivisione.
Marina Bertìn
Le donne del gruppo Orsay
mi hanno chiesto di parlare
loro della mia esperienza di vita europea in situazione a cavallo su due paesi vicini, Francia e Italia; questo accanto a
una musulmana e a una pastora tedesca attualmente in
Francia. Ho accettato volentieri in queste condizioni,
mentre nel presentare la mia
relazione per il Notiziario in
Italia, sono turbata perché temo che nel nostro piccolo
mondo protestante italiano,
dove ci si conosce senza conoscersi, autenticità e fraintendimento si affrontino. Per
capire le società del mondo
bisogna partire da sé e, per le
donne, significa partire dalla
propria sofferenza causata da
ostilità di vario genere.
A Orsay ho detto che la mia
vita non è interessante (potrebbe essere una voce della
moltitudine delle donne senza
voce) anzi ormai si può dire
che, dal punto di vista economico e della carriera, è una vita fallita. Ho parlato loro di
frutta amara: francese, insegnante d’italiano, sposando un
pastore italiano ho abbandonato il mio lavoro in Francia,
per venire a vivere in Italia; i
diplomi qui non corrispondono, ti chiedono di reiscriverti
all’università, fare alcuni esami
e un’altra tesi; se hai studiato
una lingua che non è insegnata nella facoltà italiana non ti
viene neanche riconosciuto
l’esame di portoghese che hai
fatto, dovresti riprendere l’Inglese che hai dimenticato...
In una prima fase allevi i
tuoi figli e fai la «moglie del»
pastore, con una vita quotidiana molto frammentata, a volte
tutto si accavalla con stress,
fai volontariato nei settori che
ti interessano nella chiesa
(donne, catechismo, visite agli
ammalati, ecumenismo, vari
organismi...) oppure al di fuori
(associazione per la pace, corsi di francese gratuiti agli operai...). Molte cose sono state
gratificanti per me, anche perché in gioventù cercavo il modo di «servire» meglio e non lo
trovavo. Le donne dovrebbero
elencare e analizzare tutto
quello che fanno in una giornata, per un periodo, e fornire i dati a sociologhe/i per organizzare le nostre società
condividendo fra tutti i tanti
impegni nella chiesa e nel
quartiere.
Tutto quello che avevo vissuto positivamente della vita
comunitaria mi è sembrato, a
un certo punto, insoddisfacente con il passare dall’autonomia precedente alla dipendenza (economica) da un’altra
persona, anche se c’è un modo liberatorio di viverlo. Mi sono impegnata, in una terza fase della mia vita, quando i
miei tre figli sono stati grandicelli, riprendendo un po’ di lavoro (pur continuando il volontariato) ma, ormai in un altro paese, si trova quello che
si trova, a volte la tua dignità
viene sminuita, e puoi fare solo la lettrice di francese; invece
i corsi promozionali di francese per maestri elementari in
preparazione alla nuova legge
sull’insegnamento di una lingua straniera nelle elementari,
mi ha dato molte soddisfazioni. Come anche l’anno scorso
quando ho fatto alcune ore di
didattica della lingua francese
all’università. Naturalmente
La Sicilia come meta preferita dalle donne che provengono da paesi del Terzo Mondo
Immigrate e siciliane insieme nella società
Nel centro del bacino del
Mediterraneo, la Sicilia si pone come uno dei canali principali dei movimenti migratori
mondiali. La regione rappresenta soprattutto un’area di
passaggio per gli immigrati
uomini in vista di uno spostamento verso il Nord Italia e il
Nord Europa, ma numerosi
sono gli immigrati uomini, ma
soprattutto donne, che decidono di fermarsi in Sicilia ,
nelle grandi città come Palermo e Catania. Questa regione
è considerata come una destinazione preferita a causa del
clima e di una maggiore affinità culturale rispetto al Nord.
Ma la scelta più significativa
sembra essere la possibilità di
trovare lavoro in nero e quindi
con una maggiore concentrazione di irregolari.
Per ogni paese di provenienza le problematiche sono
differenti e devono essere
analizzate diversamente. La situazione degli immigrati è caratterizzata dalla grande indifferenza che è loro riservata
dalla gente. Le comunità quindi restano cosi isolate nei
quartieri degradati del centro
storico. Si notano dei cambiamenti nella vita quotidiana
delle donne arabe che non
permettono alla loro cultura di
restare intatta. Ciò è dovuto a
parecchie ragioni; tra queste
l’interruzione del rapporto famiglia-vicinato che le conduce
a un isolamento sociale, l’assenza di luoghi dove si svolge
la vita quotidiana tradizionale
(bagno turco, visite familiari,
preparazione del couscous).
Da alcune interviste emergono la nostalgia per questi
atti rituali di vita domestica e il
sentimento frustrante di solitudine che le donne provano.
L’immigrazione della donna
ganaense ha luogo all’interno
della famiglia, che vede l’arrivo di donne sposate, la cui età
media può essere fissata intorno ai 30 anni. Fare un ritratto
delle donne del Ghana è stato
difficile a causa della loro reticenza a parlare di sé. Al contrario, le donne filippine e di
Capo Verde sono più giovani,
nubili, alla ricerca di emancipazione. La migrazione, legata principalmente al lavoro
domestico, concerne quelle
donne che provengono dai
paesi in cui le missioni religiose cristiane, e cattoliche in
particolare, procurano un lavoro con un contratto stipulato ancora prima della loro
partenza. C’è anche una serie
di mediatori, più o meno scrupolosi, che gestiscono il traffico delle migrazioni per fini di
lucro e inseriscono la migrazione femminile nel mercato
della prostituzione.
Tutte coloro che sono di religione musulmana si scontrano con le abitudini e i comportamenti delle donne autoctone, che creano loro grosse
difficoltà. Ci sono difficoltà
professionali sia nell’utilizzo di
elettrodomestici teoricamente
più sofisticati, sia per l’incapacità di svolgere le mansioni richieste, per esempio stirare,
sia rispetto a una diversa concezione del proprio spazio (la
casa delle donne italiane è
aperta solo in apparenza, in
realtà essa è unicamente concepita per la ristretta cerchia
della propria famiglia). Anche
sul piano psicologico si notano situazioni di solitudine perché il tipo di lavoro non permette alcuna socializzazione.
Per le maghrebine, oltre al
lavoro domestico, è aumenta
ta l’offerta di lavoro per l’assistenza agli anziani. Queste
donne hanno avuto un gran
successo dovuto alla loro cultura e religione che insistono
sul rispetto e l’amore per gli
anziani. Spesso le donne restano a dormire sul luogo di
lavoro, frequenti i casi di stupro, aborti clandestini, richieste di rapporti omosessuali. I
maghrebini uomini trovano lavoro soprattutto nella pesca e
nell’agricoltura.
I servizi pubblici spesso non
riescono a fornire l’assistenza
necessaria. Decine di associazioni sono nate legate alle
chiese cattolica ed evangeliche. I sevizi di accoglienza sono insufficienti, soprattutto in
questi ultimi anni, con gli
sbarchi provenienti dall’Albania e dal Kosovo. Il mercato
delle locazioni sfrutta, naturalmente, questa situazione praticando affitti esorbitanti per
case fatiscenti. In Sicilia su un
totale di 71.928 stranieri,
27.857 sono donne (di cui il
36,7% extracomunitarie). Tra
le donne la percentuale delle
nubili è più bassa rispetto agli
uomini celibi. Sul totale generale delle donne immigrate, il
20,1% proviene dall’Africa
del Nord (44,412), il 28,7%
dall’Africa occidentale
(24.666). Per la maggior parte di esse il denominatore comune è la religione e la cultura islamica. La funzione della
donna nei flussi migratori è
particolarmente significativa,
con la previsione di un aumento quantitativo nei prossimi anni' a causa del bisogno
crescente, nelle società industrializzate, di lavoro nei servizi di assistenza domestica e familiare. Ma, nonostante le
funzioni indispensabili sia
nell’attività esterna alla famiglia, sia all’interno del proprio
nucleo familiare e del proprio
gruppo etnico, la figura della
donna resta in una posizione
di invisibilità che non le attribuisce alcun riconoscimento
ufficiale. Fino alla fine del degli Anni 80 le donne sole erano più numerose delle donne
che venivano a raggiungere il
loro marito. Un tale fenomeno implica delle ricadute
sull’organizzazione e sulla
composizione del tessuto sociale nazionale, modificato dai
bambini o adolescenti che arrivano con le madri.
L’inserimento massiccio della donna italiana nel mercato
del lavoro dagli Anni 70, ha
prodotto una riduzione delle
attività delegate tradizionalmente alle donne. II lavoro
domestico, in particolare, ha
visto lo sviluppo di una consistente offerta di lavoro, non
soddisfatta proporzionalmente
dalla domanda locale di lavoro, che è considerato faticoso
e sottoqualificato. Questo lavoro è stato delegato alle donne straniere, in attesa che in
Italia (e soprattutto al Sud), si
consolidi un sistema di servizi
pubblici e una nuova ripartizione del lavoro familiare tra i
due sessi: Inoltre, per ciò che
concerne la prostituzione, le
donne straniere esercitano un
ruolo tipicamente femminile,
rifiutato dalle donne occidentali. Il fatto che le donne straniere, istruite o no, sole o accompagnate, religiose o agnostiche , desiderose di ritornare
nel proprio paese o di tagliare
i ponti con il loro passato,
possono vivere nel nostro
paese in quanto mogli, domestiche o prostitute, interroga
le donne italiane sulle proprie
conquiste e sconfitte. Le immigrate, tuttavia, non solo offrono servizi, ma utilizzano i
servizi pubblici e privati man
mano che esse si stabiliscono
in Italia, si sposano e hanno
figli. Ciò costituisce uno dei
fattori che rendono più problematica la loro presenza;
l'esclusione della popolazione
locale è talvolta anche un elemento di complicazione della
vita quotidiana delle straniere
incapaci di entrare nel sistema
di welfare state (stato sociale),
nonostante i suoi limiti. Si notano difficoltà a creare servizi
adatti alle loro esigenze. Riporto, per finire, l’esperienza
del parto, che è emblematica,
per capire la loro situazione.
Tra le immigrate sono molto elevati i tassi di parti prematuri e cesarei, imputabili a
un’assistenza sanitaria insufficiente, alla paura di perdere il
lavoro, alle attitudini secondo
cui la nascita è un fatto biologico più banale rispetto alle
donne autoctone, alla debole
presenza di altre donne, in
particolare all’assistenza della
madre. Al contrario, il ricorso
al marito o al medico (maschio) provoca tensioni.
La Sicilia può essere certamente un ponte per le diverse
culture mediterranee, dopo
che le donne riusciranno a
trovare un ruolo ognuna nella
propria cultura: Anche la donna siciliana deve lavorare ancora molto prima di trovare il
suo posto nella società. Essa
deve anche combattere contro
la cultura mafiosa che le impedisce una reale parità. Tutte
insieme porteremo dei frutti
nel meraviglioso giardino si
cui si è parlato all’apertura del
convegno.
Elena Chines
sempre pagata a ore e avrò
una pensione irrisoria a 65
anni (ma non ho sentito la
mancanza di denaro, forse
perché non ci pensavo, ci siamo abituati così). Personalmente ho capito meglio l’importanza della debolezza di cui
parla l’apostolo Paolo.
A Orsay ho parlato loro di
frutta dolce: la ricchezza di
due culture (voto in Italia e in
Francia e così pure ì miei figli)
l’amore per la Bibbia (chissà
se la lettura dei racconti commoventi di Giuseppe con i
suoi fratelli che mi faceva mia
nonna quando ero piccola ha
contribuito?) e tutto quello che
si riceve è forse più forte di
quanto si possa dare. Ho studiato diversi anni per ottenere
il diploma di cultura teologica
alla Facoltà valdese di teologia. Nel 1998 la Chiesa valdese mi ha chiesto un servizio
pastorale temporaneo in una
piccolissima chiesa e mi sono
sentita un po’ come il profeta
Amos, chiamato al Nord per
un tempo...
Due ricerche sono state vitali per me e per le quali mi è
stato chiesto dalla chiesa di
impegnarmi facendo parte di
alcune commissioni: la prima,
le donne e l’impegno per una
società più giusta. La ricerca
di una vita coerente con la liberazione data da Cristo porta
alla scoperta che la teologia
patriarcale è parziale; capire
che bisogna lottare contro la
povertà che colpisce soprattutto le donne e, partendo dalle
difficoltà delle donne, trasformare il ritmo e il mondo del
lavoro secondo i periodi della
vita: flessibile, con percentuali
varie di tempi di lavoro sia per
l’uomo sia per la donna
nell’impegno dell’educazione
dei figli e, in seguito, nell’assistenza alle persone anziane.
La seconda ricerca è l’impegno per la pace e per una cultura della nonviolenza. Da 8
anni abito a Trieste e la guerra, subito dopo la frontiera,
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non è cessata e non sono cessate le violenze spaventose sui
più indifesi. La violenza della
guerra e della sua preparazione, la violenza sulle donne
dappertutto nel mondo hanno
la stessa radice: il dominio.
L’Onu ha proposto che i primi
dieci anni del 2000 vengano
impegnati per la creazione c
la diffusione di una cultura della pace e della nonviolenza rivolta principalmente ai bambini del mondo intero. Bisognerebbe che una parte delle nostre tasse andasse all’organizzazione di una difesa non armata, anziché la tradizionale
disumana difesa armata alla
quale siamo costretti.
Forse, avessi presentato
questa relazione in Italia avrei
aggiunto altre cose... che l’incomprensione da parte di altre
donne è quello che ti fa pW
male, che bisognerebbe creare
una società dove non riprodurre rivalità e competizioni,
ricercare «il potere» delle relazioni tra le persone... Chissà
se le riflessioni di un’europea
possono servire a capire le attuali rifugiate colpite nel loro
corpo e nei loro affetti?
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Un esempio palese del peso
jel debito di paese povero lo
coviamo nella Tanzania:
(ngàìis Mtego ha 15 anni, anj se ha la statura media di
ragazzo europeo di 10 anFrequenta l’ultimo anno del¡¡ scuola elementare del suo
paese, Lusula, nel sud della
fatizania. La sua ambizione è
I iscriversi alla scuola media
gestita dall’amministrazione comunale ma sa che lo scorso
jnno solo dieci studenti su setjanta furono accettati. Ma per
jingelus, l’ostacolo più grande
È che la sua famiglia è troppo
povera per pagare persino i
3.000 scellini (circa 9.000 lire)
r la scuola elementare e tanmeno le 60 sterline annue
(circa 180.000 lire) per la
scuola media. Come molti altri
lagazzi della sua età. Angelus
jeve trovare da solo il denaro
[KT studiare. Da quando aveva
12-anni, oltre a lavorare nella
piccola tenuta della famiglia,
egli coltiva un piccolo campo
(^con il suo raccolto di fagioli,
èliuscito a pagare per la sua
suola e per quella di suo fratello, incluse le spese di quaderni e matite. La sua divisa
scolastica è strappata e va a
scuola senza scarpe, ma è felice di poter studiare. Il governo
della Tanzania spera che presto la pressione sul bilancio nazionale diminuirà attraverso
un’iniziativa della Banca
Mondiale per i paesi gravati da
debiti (Mipc), una risposta molto parziale (e, secondo Ann
Pettifor, direttore del «Jubilee
2000 U.K.», destinata a fallire)
alle richieste della Campagna.
La storia della crisi economica della Tanzania non è molto
diversa da quella di tantissimi
altri paesi poveri (per un elenco completo dei paesi colpiti
dal debito estero, vedi «L’utopia di Dio» pp. 83-84). Negli
Anni 70 la Tanzania ebbe una
serie di disastri economici: raccolti poveri, siccità, una breve
guerra con l’Uganda che costò
al paese più di 250 milioni di
sterline, un crollo dei prezzi sui
prodotti interni e un aumento
dei prezzi di importazione.
Aiuto fu chiesto al Fondo monetario internazionale (Fmi),
ma questa «soluzione» voleva
dire l’imposizione di quello che
si chiama, in questi casi, un
Programma di adattamento
strutturale. Negli anni che seguirono lo scellino perse valore, nel 1986 perse il 40% in
una notte, il governo esportava sempre di più e importava
di meno, le spese per la salute
e per l’istruzione diminuivano
continuamente.
L’economia è peggiorata di
anno in anno (nel 1986 la raccolta di cotone è stata buona,
ma i prezzi di vendita furono
talmente bassi che il paese
non ebbe nessun guadagno). I
poveri non hanno risorse e ora
sono, come sempre, quelli che
pagano di più per questa situazione. Un recente rapporto di
Oxfam dice che la Tanzania
spende nove volte di più per
pagare il debito di quello che
spende per la sanità, e quattro
volte di più di quello che spende per l’istruzione.
Nel frattempo, in Lusala,
Angelus spera di guadagnare
di più quest’anno. Ha deciso di
piantare il granturco oltre ai
fagioli. «Lavorerò di più per
pagare la scuola», dice.
(notizie prese da
Christian Aid e dal
Guardian)
Una campagna per il 2000
Bisogna cancollaro
il dobito
Lunedi 13 ottobre 1997, più
di 160 anni dopo l’abolizione
della schiavitù degli africani.
Giubileo 2000 si riunisce nella
Camera dei Comuni del
Parlamento inglese per impegnare i «nuovi abolizionisti» a
far sì che, entro l’anno 2000,
sia cancellata la schiavitù del
debito del Terzo Mondo. Fanno
parte della coalizione più di 50
organizzazioni, incluse le maggiori chiese, il Tue (sindacato),
l’Alleanza nazionale nera, la
Federazione nazionale delle
donne e molti altri. Gli aderenti
alla campagna credono che il
debito dei paesi poveri possa e
debba essere cancellato.
Migliaia di firme che chiedono
questo sono state raccolte e
presentate ai capi del G8, riuniti per il loro vertice del 1998, a
Birmingham.
Ma la campagna continua.
Molti credono che, malgrado la
crisi finanziaria globale degli ultimi mesi, il problema del debito sia più presente all’attenzione dei paesi industrializzati anche grazie alla pressione che,
ormai, viene da molte parti del
La
(r
del xleb
ito
/1 ~ Anni 70.1 produttori di petroso formano un consorzio per fare sali
‘ re i prezzi della materia prima
Il debito è una causa determinante
della povertà e di condizioni di sofferenze per un miliardo di persone
nei paesi più poveri del mondo.
Eppure la colpa non è da addebitare
a coloro che ne portano ora il peso.
3 - Le banche «spingono» i
paesi in via di sviluppo ad accettare
[prestiti, una politica che esse stesse
ora ammettono essere stata irresponsabile.
5 - Il tutto si dimostra un
disastro. Come risultato di nuove
politiche economiche nell’Occidente, i tassi di interesse mondiali salgono alle stelle.
7 - Risultato: i debiti
dei paesi poveri aumentano
sempre di più. Essi continuano a
Pasare, ma il debito aumenta
invece di diminuire. Devono
chiedere nuovi prestiti per
saldare i vecchi.
9 -1 debiti sono
stati comprati, venduti, sono
stati oggetto di scambi. Quasi
tutti questi paesi indebitati sono
°ra controllati dai governi potenti
'^cl mondo e dalle istituzioni
finanziarie mondiali quali Imf e
fianca mondiale, a loro volta confi’ollati dai maggiori paesi indù- ^
strializzati.
2 - Depositano i loro grossi guadagni nelle banche occidentali.
4 - Il denaro viene speso
molto spesso per progetti non
realistici, per armamenti o per sostenere regimi dittatoriali. I poveri raramente traggono beneficio da tali prestiti.
6 - Ancora disastro! I
prezzi di prodotti comprati dai
paesi poveri salgono (per esempio
il petrolio); i prezzi dei prodotti
da essi venduti (per esempio il
caffè) scendono.
8 - Anni 90. L’Unicef
calcola che 500.000 bambini e
bambine muoiono ogni settimana
come conseguenza immediata di
questa assurda politica. Essi pagano per la follia di un mondo impazzito 20 anni prima della loro
nascita; pagano con la loro salute
e l’istruzione.
10-Alla vigilia del
terzo millennio sono i paesi
ricchi che sono responsabili del
debito internazionale: Saranno anche responsabili davanti alla storia
perché hanno il potere di porre
fine a tale situazione.
mondo (per ulteriori notizie vedi Confronti, aprile 1998, pp.
17-18; Riforma 19 e 26 marzo 1999; «L’utopia di Dio»,
pubblicazione della Fcei e Adv,
febbraio ’99, ultimi quattro capitoli).
I governi della Germania e
della Gran Bretagna, in un recente incontro, si sono dimostrati più sensibili che nel passato e anche l’amministrazione
Clinton ha espresso preoccupazione al riguardo. 11 vertice del
G8 del 1999 si incontrerà in
Germania nel mese di giugno e
molte sono le iniziative per fare
sentire ancora una volta ai potenti una voce da parte di chi
non ha voce! Gli organizzatori
del Giubileo 2000 sperano di
raccogliere ancora milioni di
firme e che la catena umana di
più di 70.000 persone di
Birmingham si ripeterà anche a
Colonia. Un gruppo di entusiasti del distretto metodista di
Birmingham ha in mente di fare, a piedi, insieme con un loro
pastore, il percorso tra le due
città per portare la loro raccolta di firme.
S Con le lattine
Una catena
lunga
200 metri
Durante la settimana dal 7 al
14 marzo scorso, in Gran
Bretagna si sono avute alcune
manifestazioni per ricordare i
300 giorni che mancano al
nuovo millennio. La notte del
7 marzo si è tenuta una veglia
di fronte alla cattedrale di St.
Paul, a Londra. Una montagna di lettere che chiedono la
cancellazione dei debiti dai
paesi poveri è stata innalzata
davanti alla chiesa: Dopo un
culto, l’assemblea ha ascoltato
Pedro Jouquim Manjaze, responsabile della campagna
Giubileo 2000 in Mozambico.
È seguita una processione con
una fiaccolata fino a Dowing
Street, residenza del primo ministro britannico. La mattina
seguente, le lettere sono state
consegnate al ministro del
Tesoro.
Un gruppo di giovani, inoltre, ha consegnato al cancelliere Gordon Brown una catena
lunga 200 metri formata da
lattine. Ogni lattina è stata
martellata su un’incudine per
formare un anello della catena.
Per ricorciare...
Il debito visto come una
catena di povertà
Il debito è come una catena
che tiene legati tanti paesi nella povertà e le popolazioni in
schiavitù. Perché non creare
un simbolo «permanente» per
ricordare ai membri della vostra chiesa la crisi del debito?
Deponete una catena alla base di una candela, come nel
simbolo della campagna
Giubileo 2000; si potrebbe accendere la candela prima del
culto, forse leggere una preghiera speciale o sentire della
musica; il simbolo ci ricorderebbe l’ingiustizia ma anche la speranza per un futuro migliore.
Fare delle copie del dépliant
diffuso come allegato a
Riforma; esortare i vostri amici, amiche, parenti a raccogliere firme dove lavorano, a
scuola, ecc.; aiuta anche tu a
raggiungere i 22 milioni di firme che sono l’obiettivo per il
2000; perché non provare anche all’aperto nella vostra città
(con la dovuta autorizzazione)
a raccogliere firme? fate delle
«catene» di carta, di cartone,
ecc. per attirare l’attenzione
dei passanti.
Pagina a cura
di Florence Vinti
L'appello giubilare
In questi giorni, veicolato dal settimanale Riforma, arriva dalla
Federazione delle Chiese Evangeliche, a colori, il modulo per raccogliere le firme per la cancellazione del debito internazionale e
per la giustizia economica. Alcuni, anche nelle nostre comunità,
dicono che i debiti dei paesi poveri non si possono azzerare pena la rovina della nostra stessa economia occidentale. Sbagliato !
Lo stesso Consiglio ecumenico (Cec) ha chiesto ai G8 di realizzare la cancellazione del debito imponendo condizioni rigorose ai
governi debitori. Il processo di annullamento del debito, affinché
non venga vanificato e si riveli in favore nei confronti del vari
governi dittatoriali o elites ricche locali, deve essere "monitorato" - così afferma il Cec - da agenzie non governative incluse le
chiese. Dunque questa cancellazione si può e si deve fare. Non ci
sono alternative allo sviluppo economico del Sud del mondo.
Non lasciamoci dunque vincere dalla rassegnazione, ma andiamo
avanti determinate perché il tempo stringe, (g.p.)
12
PflQ. IV
KI®1]‘Q2a(35^[|(^
Quest'anno la liturgia è stata proposta dalle donne venezuelane
Tra chiesa e società
Dalle Giornate di preghiera identità persona^
fi Catania
Anche quest’anno a Catania, la Gmp è stata celebrata
secondo la liturgia scritta dalle
donne del Venezuela. In due
diverse chiese cattoliche, entrambe in due Comuni
dell’hinterland catanese (San
Gregorio e Gravina), moltissime donne hanno partecipato
con interesse e curiosità. Il venerdì ha visto insieme cattoliche, luterane, battiste. Il sabato ha permesso a chi non poteva essere presente il giorno
prima, di ritrovarsi lo stesso.
Si sono così incontrate altre
cattoliche, luterane, awentiste, battiste, valdesi, salutiste,
focolarine. Il sabato è stato
possibile avere i ragazzi avventisti che hanno celebrato la liturgia della scuola domenicale.
La partecipazione di molte
donne venezuelane, residenti
da anni a Catania, ci ha permesso di avere più «vicinanza»
con questo lontano paese tanto bello quanto problematico.
Anch’esse hanno vissuto con
intensità questi momenti,
ascoltando e cantando i canti
in spagnolo e, nello scambio di
«Bendiciòn» con «Dios te bendiga». Dalle meditazioni tenute
dalla pastora Almut Kramm (luterana) il venerdì e da Doris
Mailer (battista) il sabato, abbiamo rivissuto il dramma della
donna malata di una perdita
ininterrotta, guarita da Gesù
grazie alla sua grande intuizione e al suo amore verso gli ultimi e le ultime della società. Ancora tante donne soffrono di
mali non solo fisici, ma psicologici e sociali che le costringono all’emarginazione (come abbiamo sentito dalla liturgia).
L’amore di Gesù è davvero
l’unica strada che ci porta alla
guarigione. Siamo grate al Signore per questi omenti di comunione e solidarietà vissuti
grazie alla Gmp.
fi Torino
Elena Chines
A Torino la celebrazione della Giornata mondiale di preghiera si è svolta in due occasioni. Venerdì 5 marzo vi è
stato un incontro pomeridiano
alla Chiesa awentista che ha
visto la partecipazione di numerose donne awentiste, battiste, cattoliche e valdesi. Rappresentanti di ogni confessione
religiosa, a rotazione, hanno
presentato la liturgia preparata
dalle donne del Venezuela il
cui argomento, fondato sulla
«tenerezza di Dio», sottolineava
la necessità per tutti, nel mondo, di cercare e ricevere protezione vicendevolmente. Il pomeriggio si è concluso con
un’accoglienza calorosa, accompagnata da bibite e dolci.
Rappresentanti delle diverse
confessioni e denominazioni
religiose si erano incontrate
per la prima volta per organizzare questo momento e l’intento è quello di costituire un
gruppo che coordini il lavoro
preparatorio di tale importante
occasione annuale.
Domenica 7 marzo, invece,
la liturgia è stata ripetuta nei
quattro luoghi di culto della
comunità valdese da diverse
donne che ormai, per il terzo
anno, si impegnano nel far
conoscere non solo il movimento della Gmp, ma soprattutto nel coinvolgere uomini e
donne nel pregare e nell’agire
su argomenti e problemi specifici. Anche i bambini della
scuola domenicale hanno preso parte alla liturgia condividendo il messaggio sofferto,
ma ricco di speranza, delle
donne venezuelane.
Una catenella, distribuita come ricordo ai partecipanti al
culto, ha voluto simboleggiare
la catena di solidarietà che
idealmente e materialmente
possiamo creare, al di là delle
distanze. Ci siamo sentite molto coinvolte dalla sofferenza
manifestata dal messaggio inviato: miseria, violenza su
donne e bambini, ... e ci siamo anche commosse per la
fede nel Signore dimostrata
nelle preghiere e nel canto.
Tutti i presenti al culto hanno apprezzato il messaggio e,
tornando a casa, ci siamo ripromessi di lamentarci un po’
meno della nostra condizione
certamente migliore (quasi per
tutti) di quella di molti abitanti
del Venezuela e di pregare ardentemente il Signore che migliori la loro condizione.
Nini Travers
Rata dalla donna
maditarranaa
Costituiamo la «rete delle donne mediterranee»: una scommessa che ci sentiamo pronte ad affrontare nel prossimo convegno fissato a Barcellona dal 1- al 3 ottobre 1999. 1 temi che verranno sviluppati sia da parte italiana che spagnola
sono: riflessione biblica, storia delle donne, società, economia
e lavoro con l’intervento per l’Italia, rispettivamente, di Karola
Stobaus, Bruna Peyrot e Doriana Giudici. Il convegno ci darà
modo di conoscere non solo la realtà delle donne protestanti
spagnole, ma anche alcuni gruppi di cattoliche di base e di
donne spagnole impegnate nella vita socio-politica. Il convegno avrà inizio venerdì pomeriggio per terminare domenica
pomeriggio.
Una scommessa che basa molto del proprio successo sulla
partecipazione di ognuna di noi. È importante prenotarsi al
più presto, non oltre il 15 giugno comunque, al fine di poter
ridurre al massimo i costi che, orientativamente, sono i seguenti: camera doppia 4000 pesetas(ca 40.000) vitto e pernottamento. camera singola 4700 pst (ca 47.000); viaggio
AR da Roma in aereo L. 350.000; viaggio AR da Milano in
treno L. 330.000 (in valutazione anche il costo dell’aereo)
Per prenotarsi: dal Centro Sud: Vera Marziale, tei. 065780412; dal Nord: Daniela Manfrini, tei. 02-58322440
DICIAMO DI VOI
Lattara samisaria ai nostri compagni di viaggio
Caro Adamo, all’alba del
2000 ti chiediamo, noi donne
uscite da un lungo e buio tunnel durato molti secoli, di svegliarti, di prendere coscienza
di te, come abbiamo fatto
noi, in questi anni, maturando
e responsabilizzandoci. È vero
che all’inizio noi siamo state
una concausa di tanti disastri... offrendoti quella mela!
Ma tu, invece di continuare
a incolparci, dovresti prenderti la tua parte di colpa. Dopo tanto tempo sarebbe ora che tu la smettessi, per
ogni guaio, di indicarci sempre come le
uniche e sole colpevoli. Vogliamo, all’alba del 3® millennio, fare un po’ di chiarezza fra noi? 11 mondo in questo secolo è
profondamente cambiato, come mai era
avvenuto in cosi breve tempo. Noi donne, di fronte a tante trasformazioni (sociali, economiche, culturali, religiose) abbiamo cercato di capire che cosa succedeva; di controllare quei mutamenti, soprattutto di scegliere un nuovo ruolo, anche approfittando della crescita scientifica. E tu? Cosa hai fatto in questi anni?
Questo secolo ha conosciuto un’unica,
incruenta e riuscita rivoluzione: quella femminile. Ma tu, dove ti sei nascosto? Se
continui a trincerarti dietro la tradizionale
«maschera» del maschio, puoi solo rimanere intrappolato nel tuo passato; il presente
e soprattutto il futuro ti sfuggiranno dalie
mani. O, forse, sogni una riscossa? Attendi, paziente, che ogni cosa torni al suo posto? Ti illudi! Nulla tornerà come prima. Se
questo secolo è stato, per noi donne, duro,
difficile, combattivo è anche stato ricco di
soddisfazioni. Abbiamo sofferto e patito,
ma... alla fine abbiamo ritrovato noi stesse,
come eravamo all’inizio; create, come te, a
immagine e somiglianza di Dio, non bestie
da soma o macchine per la riproduzione o
serve senza identità e dignità. Per questa
ragione, prima che si chiuda questo secolo, cosi singolare e unico, per noi, con le
nostre figlie e con le nostre nipoti, ci rivo
gliamo a te per dirti, con affetto ma con chiarezza, che ti vogliamo diverso, esattamente
come diverse siamo noi: entrate nel mondo del lavoro e dello
studio a testa alta, ormai responsabili ed autonome. Esseri
e non oggetti. Soprattutto siamo coscienti del nostro valore,
così come dei nostri obblighi e
dei nostri diritti.
Vuoi essere, davvero, il
«compagno di viaggio» di cui
abbiamo bisogno ora? Vuoi prendere
quella parte di mondo che finora hai ignorato o lasciato ai bordi della tua vita cioè i
sentimenti, gli affetti, la quotidianità? Vuoi
condividere con noi una nuova qualità di
vita, liberandoti, anche tu, da vecchi moli
e tradizioni obsolete? Perché non cerchi,
anche tu, di riscoprirti, di conoscere che
cosa sei e che cosa vuoi davvero? Noi ti
aspettiamo, ma ancora per poco. C’è tanto da fare, ancora, per migliorare la vdta di
tutti gli esseri umani. Noi non disperiamo
di ritrovarti, nuovo e diverso, per riprendere insieme un cammino in cui ciascuno
di noi, donna o uomo, pxtssa dare con responsabilità, ma in libertà, il meglio di se
stessa o di se stesso.
Doriana Giudici
Il questionario inviato alle
Unioni femminili e/o alle
chiese è un mezzo per parlare
di violenza sulle donne,
nell’ambito della famiglia, del
lavoro, della chiesa, nei rapporti amicali. E un pretesto
non solo per discutere a fondo su questo tema, ma anche
in vista di iniziative pratiche
che le donne possono inventarsi nella città in cui vivono:
da un’assistenza psicologica o
materiale alle vittime di questa
piaga, alla realizzazione di studi, convegni, telefono amico... che contribuiscano alla
formazione di una cultura non
violenta. La violenza, usata
per la sopraffazione dell’altro/a, è causata anche dalla
scarsa capacità di autoaffermazione di cui tanti uomini (e
purtroppo anche donne) soffrono, costretti/e a realizzarsi
solo attraverso forme violente
di autoimposizione,
metodi, antichi come il tnoj
do, figli del peccato di
amare il prossimo comesi
stessi vanno scoperti, denu
ciati, superati. L’amore di (¡^
sù Cristo non ha ceduto
nij
alla tentazione della violenj
fisica e morale, neanche
casi in cui la violenza
vincere un’altra violenza.
La Fdei vi invita a compilai,
i questionari entro il 15 ma}
gio ’99 e farli pervenire allei,
sponsabili regionali (Lombai
dia: Santina Briante. Trentini
Friuli, Venezia Giulia, Venete,
referente Anita Braschi. Val
d’Aosta, Piemonte, Liguria
Laura Volpi. Emilia Romagna
Berenice Rossi. Toscana: refa
rente Pierina Mannucci
Abruzzo Molise, Lazio: Claudia
Claudi. Sicilia: Elena Chines)
Buon lavoro a tutte!
e.c,
Il conflitto nei Balcani
La guerra
dei cristiani
Mentre stiamo chiudendo
questo numero del Notiziario
Fdei, il conflitto nei Balcani sta
degenerando e ha prodotto disastri umani e civili immensi e,
forse, irreversibili. Da un lato
si raccolgono aiuti umanitari e
dall’altro lato si sganciano
bombe per un valore di miliardi. È triste constatare che, a
qualsiasi latitudine, i soldi per
le armi si trovano sempre ma
per esigenze sociali, anche minime, scarseggiano lasciando
le popolazioni in un perenne
stato di inferiorità.
E mentre appare difficile trovare un’autorità sovranazionale che con autorevolezza cerchi di fermare i massacri, ci
rendiamo conto che Auschwitz
e Hiroshima non hanno ancora pienamente dispiegato la
propria forza drammatica.
Possono ancora ripetersi.
Clinton, battista, con la moglie Hillary, metodista, dichiara
che la guerra durerà sino
all’estate. E gli fanno eco i
protestanti Blair, Schroeder,
Jospin. Intanto FAmerica conduce la guerra con una donna,
Madeleine Albright, anche lei
sopravvissuta alle pulizie etniche naziste. Una donna che ha
vissuto il fallimento di Rambouillet come una sconfitta
personale... forse è per questo
che i possibili spiragli di trattativa si sono immediatamente
chiusi di fronte alle bombe.
Ma, al di là delle analisi, come evangeliche/ci, occorre
oggi sostenere la posizione
che vuole un’energica ripresa
delle trattative in vista della pace. È importante che il Servizio migranti della Federazione
delle chiese evangeliche, attraverso la sua esponente più
qualificata, Annemarie Dupré,
partecipi attivamente al «tavolo
Kosovo» istituito dal governo,
che si è riunito due volte presenti i ministri Russo, Jervolino, Turco e Balbo. Tutte donne che sono in prima linea per
la pace, compresa Emma Bonino. Ovviamente ciascuna ha,
su questo conflitto, una propria posizione ma tutte convergono alla realizzazione di
una pace nella giustizia. Una
pace che deve trovare risposte
a mille problemi, a cominciare
dall’assistenza ai profughi. Nelle immagini strazianti che vediamo in televisione ci colpiscono quei volti e quegli occhi
pieni di lacrime di bambini e
donne, molte donne, e anziani. Dopo una vita di lavoro e
venef
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Chisone
forse anche di stenti, anziché
rifugiarsi negli affetti familiari«
affrontare con serenità il tr»
monto della vita, la tragedia
della guerra si ripresenta. Sono moltissimi gli anziani che
non vedranno, probabilmente,
la ricostmzione e, se ci sarà, la
rinascita del loro paese. Intanto il conflitto procede insanguinando paesi e città vicine al
nostra terra e noi, qui, assistiamo impotenti e tristi nei ved
re, tra i tanti disastri, anditi
quello della sconfitta del cristianesimo. (d.f.)
componanti dd
Comitato
nazionala pdai
Doriana Giudici
presidente
via del Casaletto 385
00151 Roma
Emera Napoletano
vicepresidente
via Croce Rossa 34
90144 Palermo
Maria Grazia Sbaffi
segretaria
via Racagni 24
43100 Parma
Marina Bertin
tesoriera
via Olivet 12 ,
10062 Luserna S.Giovanni ffol
c.c.p. n® 36083103
Daniela Manfrini
via Cosimo del Fante 14
20122 Milano
Elena Chines
via Casalaina 32
95126, Catania
Angele Ralalanirainy
vai Riccardo Zandonai 84/a
00194 Roma
Lidia Ribet
responsabile per la GMP
via IV Novembre 107
00187 Roma
Daniela Ferrare
responsabile per la stawpt>
via S. Pio V 15
10125 Torino
Fascìcolo interno a RIFOR^^
17 del 23 aprile 1999. Reg
Trib
Pinerolo n. 176/1951.
bile ai sensi di legge: Piera Eg
Edizioni Protestanti srl, via
san
PioVn. 15 bis, 10125 Torino
Stampa
La Ghisleriana - Mondovi
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venerdì 23 APRILE 1999
Le celebrazioni per il XXV aprile
011 appuntamenti
della memoria
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Comunità montana vai Pellice
La Spa per lo sviluppo
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Tra gli appuntamenti e le
celebrazioni del 25 aprile, segnaliamo a Pinerolo giovedì
22 aprile, alle ore 21,15 nella
■sede dell’associazione Stranamore in via Bignone 89, la
conferenza di Pierfrancesco
Gill su «Il Pinerolese 194345: la guerra in casa»; nel corso della serata saranno presentati i libri La guerra di Bastian di Gili e Un filo tenace,
lettere e memorie di Jervis,
Rochat e Agosti. Domenica
25 aprile alle oré 10,15 è prevista l’inaugurazione del
«Largo Staffette partigiane»
(al termine di via Martiri del
XXI, verso il casello 30). Alle
ore 10,45, il corteo parte dal
municipio e si ritrova alla stele dei caduti per la libertà in
via Cesare Battisti per i discorsi commemorativi. Partecipa alla manifestazione anche l’avv. Bianca Guidetti
Serra. Alle ore 11,45 aperitivo
al palazzo comunale e alle. 13
pranzo alla trattoria «Tarin»
di Prarostino (il costo è di
40.000 lire; prenotazioni allo
0121-500148).
La Comunità montana valli
Chisone e Germanasca, i Comuni e le associazioni locali
organizzano quest’anno «per
Scordare», una serie di manifestazioni per l’anniversario
della Resistenza. Il 24 aprile
alle ore 20 il ritrovo per il
corteo e la fiaccolata è previsto presso gli impianti sportivi àltoasca in via Fiume; alleYe\l,15 gli alunni della
1® (relia scuola media di
Perosa tengono ùna legione aperta su «In tanti a dire oo», presso l’istituto «F.
Marro». Domenica 25 aprile
aduno in piazza della Libertà
aPomaretto, corteo verso Pe
rosa Argentina; alle ore 12,30
pranzo al ristorante Chiabriera di Pomaretto.
A Luserna San Giovanni,
sabato 24 aprile alle ore 10
presso la sala mostre del Comune viene inaugurata la mostra itinerante «Quaderni multimediali sulla Resistenza in
vai Pellice, vai Angrogna e
vai Luserna» a cura dell’istituto «Alberti» di Torre Pellice
e Luserna San Giovanni. La
sera si svolge la X edizione
della serata podistica della Liberazione: alle ore 19 partenza dal capoluogo, in via Roma, della staffetta podistica
per Castelluzzo; alle ore
20,15 circuito podistico per le
vie del capoluogo con partenza e arrivo in via Roma; alle
ore 21 fiaccolata della Liberazione, con partenza in piazza
Partigiani. Domenica 25 aprile, ritrovo in piazza Partigiani
alle ore 9,15: seguono interventi dei rappresentanti delle
comunità cattolica, valdese e
ebraica, corteo, saluto delle
autorità e orazione ufficiale
dell’on. Giorgio Merlo; il
pranzo di valle si terrà a Torre
Pellice all’Hotel Gilly (prezzo
33.000 lire; prenotazioni allo
0121-901340).
I Comuni di Torre, Bobbio
e Villar Pellice organizzano
per il 25 aprile un corteo con
partenza alle ore 8,30 in piazza Montenero a Torre; alle ore
11, raduno in piazza del municipio a Torre Pellice, saluto
delle autorità e orazione ufficiale de presidente dell’Anpi
regionale, Gino Cattaneo.
Inoltre il Cinema Trento proietterà per l’occasione, giovedì 22 aprile alle ore 21, il
film di Carlo Lizzani Achtung
banditen! (ingresso gratuito).
C9 è una «Agenzia per lo
sviluppo sostenibile
della Val Pellice» nel futuro
delle iniziative turistiche e
culturali della valle. L’organismo che assumerà questo
ruolo avrà le fattezze di una
Spa, a prevalente capitale
pubblico, con un capitale sociale iniziale di 200 milioni
innalzabile, entro il 31 dicembre 2001, fino a 6 miliardi. Il via definitivo all’operazione è stato dato la scorsa
settimana dal Consiglio della
Comunità montana vai Pellice dopo che alcuni Comuni
avevano già formalmente
aderito in precedenza.
Molto vasto e anche impegnativo il livello delle iniziative possibili, dall’acquisto e
ristrutturazione di immobili,
alla gestione di servizi turistici e culturali, comprese case
per ferie, ostelli, ristoranti,
bar, pizzerie; l’agenzia potrà
inoltre acquistare e gestire
sale cinematografiche, gallerie, musei e biblioteche, commerciare prodotti alimentari,
organizzare manifestazioni
pubbliche, corsi, offrire consulenze. «È la prima volta
che si costituisce una società
pubblico-privato per gestire
un progetto; con la nascita
dell’agenzia si apre una fase
di grande progettazione per il
territorio, una scommessa sul
futuro» ha commentato soddisfatta, durante il Consiglio
della Comunità montana,
l’assessore alla Cultura e Turismo Bruna Peyrot.
L’Agenzia avrà sede nello
stabile della fabbrica Crumière a Villar Pellice e proprio la
gestione del progetto «Crumière, un polo di sviluppo oltre il museo» potrebbe essere
il primo momento progettuale
e anche operativo. Non tutti i
Comuni della vai Pellice, invitati specificatamente a far
uy vi ¡Í l'jyuì'jj
LJ' Votanti Aventi diritto Schede bianche Schede nulle 1 Voti validi Sì No
1 Voti % Voti %
^¡gregna 231 739 8 4 1 I 209 182 87% 27 13%
Bibiana 1131 2386 41 70 1 1019 901 88% 118 12%
ÜiBioPeilice 202 605 5 12 1 1 185 154 83% 31 17%
Bricherasio 1727 3418 58 91 1 1578 1416 90% 162 10%
Ü^BCO 557 : 1077 . 18 • 17 1 522 464 89% 58 11%
Campigiione Feniie 475 1057 15 20 1 440 388 88% 52 12%
iMMapa 893 1686 ■ 38 25 1 830 754., 91% 76 . 9%
Cavour 2032 4593 75 102 1855 1633 88% 222 12%
ifcitiia 3079 5682 60 108 2911 2601 89% 310 11%
Fanostreile 295 579 12 16 267 231 87% 36 13%
-11:89. 2328 33 29 1127 1024 91% 103 9%
Barzigliana 234 43 9 10 215 182 85% 33 15%
i»wio PInasca 196 574 4 ■iil 185 145 ,78% 40 22%
hiserna S. Giovanni 3089 7049 69 145 2875 2521 88% 354 12%
Bfitrmffttii T*ÌiÌ|iv 462 ■ : 9 13 187 164 88% 23 12%
Maceiio 523 952 15 31 477 425 89% 52 11%
IhittHo 21 0 llili 1 20 15 75% 5 25%
416 773 18 11 1 387 331 86% 56 14%
Pnisa Argentina 1608 «7^95 38 72 , I 1498 1279 85% 219 15%
Ferrerò 304 794 11 14 1 279 213 76% 66 24%
1155 2573 44 39 1 1072 923 86% 149 14%
Pinerolo 14944 29874 337 515 14092 Í2528 89% 1564 11%
7164 13132 121 243 1 6800 5965 88% 835 12%
£*«lna 1307 2477 37 36 1 1234 1063 86% 171 14%
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¿tf!**™ IFal Lemina 662 1227 8 7 1 647 563 87% 84 13%
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S Penice 1831 4184 40 66 1 1722 1483 86% 239 14%
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1785 3659 53 81 1 1 1 1 m 1647 1394 85% 253 15%
lo, hanno aderito all’Agenzia,
sorta, è bene ricordarlo, sulle
ceneri della «Agenzia di valle» a cui sono venuti a mancare i fondi regionali previsti.
«Abbiamo voluto recuperare
la parte migliore del lavoro
sull’Agenzia di valle» ha ricordato ancora Bruna Peyrot.
Tuttavia alcuni Comuni non
hanno aderito, a cominciare
da Torre Pellice che ha inviato una lettera del sindaco in
cui si comunica la non adesione «per ora» al progetto. Anche Rorà non si è impegnata e
lo stesso sindaco, Odetto, ha
ammesso in Consiglio di Comunità montana di approvare
la nascita dell’Agenzia «con
un voto più di fede che di
convinzione» alla luce dei
molti impegni che già gravano sulle casse della Comunità
montana. E anche il sindaco
di Lusernetta, Giorgino Cesano, ha ammesso che «le perplessità di Odetto sono quelle
di molti, ma questa è una carta da giocare».
Ecco dunque le quote: Luserna e Villar si impegnano
per 10 milioni, Bricherasio
per 4 e la Comunità montana
vai Pellice per un massimo di
144; fra i privati che hanno
già aderito: la Chambra d’Oc
con 20 milioni, la Tarta volante con 5 milioni, la Nuova
Cooperativa con 3 e alcuni
soggetti con un milione a testa. In conseguenza di questa
suddivisione di azioni (mille
lire Luna), va registrata anche la ripartizione dei posti in
Consiglio di amministrazione: 4 posti agli enti pubblici
(Comunità montana. Comuni
di Villar, Luserna e Bricherasio) e 3 ai privati.
Nelle
Chiese Valdesi
CATECUMENI — Incontro dei catecumeni del distretto
degli ultimi due anni ad Agape sabato 24 e domenica 25
aprile. Prenotazioni e informazioni presso i catechisti.
ANGROGNA — Ultima riunione quartierale venerdì 30
aprile al Martel, con diapositive su un viaggio in Africa del
pastore Taglierò.
BOBBIO PELLICE — Domenica 25 aprile bazar organizzato dall’Unione femminile. Nella settimana precedente
alcuni ragazzi della nostra comunità passeranno per le famiglie a ritirare le varie offerte in denaro e in natura per il bazar. Ringraziamo fin da adesso chi vorrà contribuire. Domenica 25 aprile culto in francese.
LUSERNA SAN GIOVANNI — Domenica 25 aprile
culto con assemblea di chiesa sull’Asilo. Riunioni quartierali: lunedì 26 aprile, alle 20,30, a Bricherasio, martedì 27,
sempre alle 20,30, alle borgate Gonin e Vigne.
PERRERO-MANIGLIA — Unione femminile: incontro
martedì 27 aprile alle 14,30.
PINEROLO — Domenica 25 aprile, alle 10, culto con
predicazione del professor Daniele Garrone.
POMARETTO — Incontro dell’Unione femminile venerdì 23 aprile al Clot. Culto al Centro anziani venerdì 23.
Riunioni quartierali: mercoledì 28 aprile, alle 20,30, ai
Maurini, venerdì 30, alle 20,30, a Perosa. Incontro del gruppo visitatori giovedì 29 aprile, alle 15, alTEicolo Grando.
PRAROSTINO — Alle 9 di domenica 25 aprile culto al
Roc, alle 10,30 culto a Roccapiatta.
TORRE PELLICE — Venerdì 23 aprile, alle 20,45, alla
Casa unionista il pastore Alberto Taccia parlerà su «Ecumenismo ed evangelizzazione: due forme della stessa vocazione o due realtà incompatibili?».
VILLAR PELLICE — Domenica 25 aprile, alle 10, culto
con assemblea di chiesa, presentazione della relazione annua,
elezione dei deputati alla conferenza distrettuale e al Sinodo,
nomina di un nuovo anziano della zona Ruà - Garin.
VILLASECCA — Con il mese di maggio riprenderanno
i culti a Combagarino la prima e la terza domenica di ogni
mese fino a tutto settembre, per cui domenica 2 maggio primo culto a Combagarino.
Per la pubblicità su
tei. 0121-323422, fax 0121- 323831
Il voto referendario nel Pinerolese e nelle valli valdesi
Vince la scelta dell'astensione
PIERVALDO ROSTAN
1^[' a duminica tranquila»
NnI N (Una domenica tranquilla) recita la locandina di
presentazione di uno spetta:colo teatrale in piemontese in
scena a Torre Pellice. E proprio di una domenica tranquilla si è trattato. Un giro nei
seggi di buon mattino: praticamente nessuno; poi verso
mezzogiorno, in coincidenza
con l’uscita dal culto e dalla
messa, una maggior affluenza. Incontro un vero sostenitore dell’importanza di partecipare: «Sono andato a votare
e spero che ci vadano in molti; si voti “sì” o si voti “no”,
l’importante è non rinunciare
al diritto di voto», è il suo
commento. Convinto e credibile: è una delle poche persone che seguono anche quasi
sempre il Consiglio comunale... Si formano addirittura
piccole code: da quest’anno
le sezioni sono state ridotte di
numero e conseguentemente
hanno tanti elettori iscritti in
più. Ma è un fuoco di paglia:
verso le 13 siamo in molti
paesi al 30% ma nel pomeriggio ci sono lunghissime pause
fra un elettore e l’altro. C’è
un vento fastidioso, fa freddo:
c’è poca voglia di uscire per
la classica passeggiata che
potrebbe concludersi col voto
referendario, tanto meno la
sera. Alle valli non si può
parlare di «battiquorum»:
quasi ovunque la partecipazione al voto è ben lontana
dalla soglia minima del
50%+1. È chiaro però che le
sorti del referendum per
l’abolizione della quota proporzionale si decidono altro
ve e la suspence andrà avanti
fino a tarda notte.
Ci sono Comuni dove, data
l’esiguità dei votanti, intorno
alle 23 si hanno già i risultati,
altri che «perché ci sono i voti dell’ospedale» o «perché la
tal sezione ha un presidente
nuovo» ancora dopo le 2 di
notte annaspano. Ma una volta sotto gli occhi la tabella dei
risultati nel suo complesso si
possono fare alcune considerazioni; accademiche, visto
l’esito finale della consultazione ma interessanti almeno
sul tema partecipazione.
Da quando è stato introdotto il sistema maggioritario si
è registrato un calo dei votanti: i cittadini perdono la propria rappresentanza diretta e
devono scegliere spesso fra
uomini e coalizioni che li rappresentano poco. Questo per
le elezioni; per i referendum
poi, lontane le grandi battaglie su questioni etiche o di
principio (aborto, divorzio
ecc), c’è ormai una forte disaffezione. Troppi quesiti, o
troppo complessi, si è detto.
Questa volta in più c’è la netta sensazione che sulla materia avrebbe dovuto decidere il
Parlamento e inoltre, almeno
per una parte, anche un fastidioso puzzo di «truffa»: i perdenti che vengono ripescati
accanto ai prescelti, che maggioritario sarebbe?
Così, accanto alle astensioni «fisiologiche» si sono aggiunte quelle «politiche»,
«democratiche»: visto il rischio di deriva plebiscitaria
non vado a votare puntando a
far fallire il referendum alla
base. Ed è quello che è avvenuto: nel collegio per la Ca
mera di Pinerolo il 50% è stato superato solo a Bricherasio, Buriasco, Cantalupa, Cumiana, Fenestrelle, Garzigliana. Macello, Osasco, Pinerolo, Piossasco, Pragelato, Roletto e San Pietro Val Lemina. Se poi andiamo a veder
meglio, cioè togliendo le
schede bianche o nulle e facciamo due conti sugli aventi
diritto al voto, scopriamo che
solo a Pragelato l’effettiva
maggioranza degli elettori
avrebbe scelto il “sì”.
Per contro la maggiore
astensione dal voto si è registrata nei paesi montani: se
vogliamo analizzare il voto
anche sotto il profilo confessionale o sociologico si può
affermare che nessuno dei
paesi delle valli dove la presenza valdese è significativa
ha raggiunto il quorum. Tutti
leghisti? Più proporzionalisti
che altrove? C’è probabilmente un maggior desiderio
di poter scegliere la propria
rappresentanza politica, un
maggior desiderio di democrazia. È anche significativo
che Comuni come Prali e
Massello non abbiano avuto
alcuna scheda bianca e pochissime nulle: certo qui i numeri sono molto esigui ma ho
anche la convinzione che sia
stata comunque espressa una
scelta ben precisa: non voto,
«sì», «no». Non si è andati alle urne per poi non scegliere.
E ciò non è accaduto ovunque, anzi, nella maggior parte
dei paesi il voto bianco o nullo si è aggirato suH’8-10%.
Una domenica tranquilla dunque, ma non senza una lezione di scelta e democrazia, pur
senza andare a votare.
14
PAG. IV
E Eco Delle ^lli ^ldesi
Intervista al responsabile della Valpellice, Vladimir Nadrchall
L^hockey si impara da piccoli
PIERVALDO ROSTAN
Una rivista ceca lo ha recentemente inserito fra i
6 migliori portieri della nazionale cecoslovacca di tutti i
tempi; i dirigenti dell’Hockey
Valpe hanno deciso, all’inizio
della stagione appena conclusa, di affidare la supervisione
di tutto il settore giovanile e
l’allenamento dei portieri a
lui, Vladimir (Vlady) Nadrchall, tornato a Torre Pellice
dove era già stato nei primissimi Anni 90; questa volta il
team biancorosso ha deciso di
puntare su di lui per ricostruire quel vivaio che i quattro anni di chiusura del palaghiaccio, per i lavori di copertura,
avevano mortificato. La scorsa settimana la squadra under
12 della Valpe ha ben figurato
al trofeo Topolino; dopo aver
battuto il Lazio ha perso, ma
di stretta misura con le squadre del Nord-Est. Senza un vivace settore giovanile una
squadra di hockey non ha un
futuro, a meno di continuare a
ingaggiare ogni anno giocatori
da altre squadre. Nella stagione appena chiusa abbiamo visto oltre 80 ragazzini, da impostare, da costruire come
giocatori ma, come spiega
«Vlady» anche come uomini
sportivi, capaci di rapportarsi
con gli altri, compagni e avversari, con lealtà, disciplina e
responsabilità.
«L’hockey è uno sport molto complesso: devi saper pattinare, giocare con la stecca per
controllare il disco, collaborare con i compagni; è una strada molto lunga che passa attraverso l’umiltà e il rispetto
collettivo» commenta ancora
l’allenatore «capo» del settore
giovani del Valpellice. Un settore che si avvale dell’impegno di altri allenatori: Pollone,
Chiarotti, Zancanaro. E le giovanili del Valpellice hanno saputo superare i pari età di
molte società anche più blasonate: «Fino a pochi anni fa le
prendevamo quasi da tutti aggiunge Andrea Chiarotti -;
quest’anno abbiamo davvero
fatto bella figura. Nella under
14 non abbiamo raggiunto la
fase finale ma abbiamo avuto
la soddisfazione di cedere in
prestito quattro nostri ragazzi
al Courmaosta per le finali».
80 ragazzini, ma quanti arriveranno alla prima squadra?
«In ogni categoria ci sono 5-6
giocatori di buon livello - dice Vlady Nadrchall -; bisognerà vedere con la crescita
anche atletica, con il momento
non facile dell’adolescenza.
La prima squadra? Da 3 a 5
per ognuna delle attuali formazioni giovanili: forse entro
cinque anni avremo, qui a
Torre Pellice, una decina di
giocatori in grado di giocare
in serie B o in A2».
La pista del Valpellice ora è
chiusa; il 1999 porterà la trasformazione dell’impianto di
refrigerazione dall’attuale sistema ad ammoniaca al più
sicuro glicole; a quel punto si
potrà tenere davvero la pista
aperta anche d’estate. «Sarebbe una gran cosa - ammette il
bienne ex portiere della nazionale cecoslovacca -: per i
ragazzini sarebbe importante
poter giocare almeno 30 partite l’anno e fare tante, tante
ore di ghiaccio, di pattinaggio
e la disponibilità della pista
d’estate sarebbe preziosa; in
fondo si tratta per i ragazzi di
far diventare automatici gesti
e movimenti. Come si impara
a camminare, a parlare, a
scrivere, si deve imparare a
pattinare, a usare la stecca, a
ragionare sul ghiaccio senza
aver paura. Di botte se ne
prendono ma di infortuni seri,
per fortuna, se ne vedono
davvero pochi».
Sport
PALLAVOLO — Tre successi nei campionati minori per le
formazioni 3S Nova Siria; nel campionato di terza divisione
femminile il 3S Pinerolo ha superato il Telma volley Cavour per
3-1, in terza divisione maschile, junior A, il 3S Pinerolo ha superato il Valentino pallavolo per 3-2 e 11 Valli di Lanzo per 3-0. La
sconfitta è arrivata dalla formazione B del 3S, ancora in terza divisione; i pinerolesi sono stati superati per 3-1 dal Free volley.
PALLAMANO — Il 3S Pinerolo chiude in bellezza la stagione agonistica dell’under 19 superando a Tortona il Derthona
per 32-9. È stata nel complesso una buona stagione, chiusa con
un meritato 3° posto; se fin dall’inizio fossero state espresse tutte le potenzialità della squadra probabilmente il 3S avrebbe anche potuto arrivare alla fase interregionale, traguardo dunque
per la prossima stagione. Le reti dell’ultima partita: Laddomada
II, Vellano 11, Rosso e Contadin 4,Rivoira e Magnano 1.
Anche dalle valli valdesi approdarono alcune famiglie nel 1858
I piemontesi emigrati in Brasile
SILVIO TOURN
Nel 1990 la storica torinese Chiara Vangelista rintracciava nell’archiviò di stato di Torino un rapporto che
il console Eugenio Truqui inviò nel 1858 in quella città.
L’importanza del documento
è notevole perché individua
quasi sicuramente i primi piemontesi in Espirito Santo
(Brasile) e perché fa cenno
all’emigrazione valdese molto intensa in Argentina e Uruguay, ma relativamente scarsa in Brasile. Il 26 agosto
1858 la nave Bella Dolinda
entrava nel porto di Rio de
Janeiro per riparare alcuni
danni subiti durante la traversata atlantica. Trasportava
verso Buenos Aires un centinaio di emigranti. Di questi,
alcuni proseguirono per l’Argentina dopo la riparazione
della nave, altri trovarono lavoro a Rio, mentre altri 30
accettarono una proposta del
console italiano e si avviarono verso la colonia Santa Izabel, fondata nel 1847 e che
nel 1858 contava 373 abitanti. Pare che il console avesse
scelto proprio questa colonia
perché era abitata sia da cattolici che da protestanti e per
questo poteva fornire l’ambiente ideale per i nuovi arrivati. Nel 1896 il governo italiano proibì l’emigrazione diretta nello stato di Espirito
Santo a causa delle miserabili
condizioni di vita dei coloni
descritti nei rapporti consolari. Le strade di questo stato o
erano inesistenti o pericolose,
gli abitanti soffrivano il clima
e le febbri endemiche.
Nel corso del ’900 i due
nuclei religiosi di Santa Izabel si separarono: attualmente
i cattolici prevalgono nella
vecchia località di Santa Izabel, mentre i protestanti risiedono in Domingo Martinz, un
piccolo fiorente Comune a
pochi minuti di strada. Nella
parrocchia protestante di Domingo Martinz la studiosa
Vangelista ha ricostruito la
storia di Jean Thomas Ribet e
di sua moglie Marianne Eleonore Charbonnier nativa di
Torre Pellice. Nella parrocchia cattolica di Santa Izabel
sono state rintracciate le famiglie Blanc, Bourlot e Bermound provenienti da Fenestrelle e Pragelato. A questi
primissimi e indubbiamente
casuali immigrati di metà Ottocento si sono poi aggiunti
tutti quegli altri che nel corso
dei 150 anni hanno preso la
direzione di Espirito Santo.
Gli emigranti degli ultimi
decenni hanno trovato uno
stato molto differente da quello apparso agli occhi di chi si
affacciava nella baia di Vittoria alla fine del secolo scorso.
Oggi ci troviamo di fronte a
un paese con un grande potenziale industriale e turistico.
Per conoscere le attrazioni di
Espirito Santo l’inizio più
adatto non può che essere la
capitale Vittoria. Costruita su
un’isola, il porto e il centro
con le secolari chiese scalinate
facciate e musei costituiscono
un complesso turistico di
grande valore storico e culturale. I sei ponti che collegano
l’isola al continente sono rappresentativi dell’architettura,
della storia e dello sviluppo
della città. La costa di Vittoria
è la migliore del mondo per la
pesca d’alto mare. Nella parte
nord si trovano spiagge calme
con acque tiepide, fiumi, lagune di acque dolci. La foresta
atlantica ha una grande varietà
di orchidee e colibrì, specie
preservate nei parchi statali e
nelle proprietà private.
Non dobbiamo però dimenticare che la situazione attuale è pur sempre figlia degli
operai, dei braccianti, dei coloni che si sono ammalati,
che sono morti, che hanno subito ingiustizie ma che hanno
tirato avanti e che hanno saputo farsi valere con la tenacia tipica dei Ribet, Bermound, Bourlot, Bonino, Ferrerò, Costa, formati alla scuola dura di una regione che ha
portato e che porta nel mondo
storia cultura industria.
Posta
Caro direttore,
volevo esprimere le mie
perplessità sulla «faccenda
cammelli» a Bohbio (L’eco
delle valli valdesi n. 16 del 16
aprile ’99), non per creare ulteriori polemiche intorno a
una vicenda tanto dibattuta,
ma perché mi sembra che finora si sia posto l’accento soltanto sulla regolarità dei permessi e dei certificati di idoneità del nomade Orlando e
dei suoi animali e sulla capacità o incapacità di accogliere
il «diverso» da parte della popolazione locale: sentimenti
comprensibili quando si sta
cercando di creare sempre più
una cultura dell’accoglienza e
della tolleranza. Il fatto è che
mi sembra non sia stato ancora affrontato il vero «nocciolo» della questione, ovvero
l’opportunità di avere in futuro in valle un allevamento di
cammelli e di investire per
questa operazione tempo,
energie, mezzi, mobilitando
gli enti pubblici. Se dibattito
deve esserci mi pare debba
vertere su quest’opportunità e
non tanto su chi siano i buoni,
che vogliono bene ai cammelli, e i cattivi, che li vorrebbero
cacciare, perché tutti vorremmo sempre stare dalla parte
dei «buoni». Le «centinaia di
turisti» che si sono avvicendati nell’inverso di Bobbio dove
hanno trovato rifugio Orlando, il dromedario e il cammello, finora sono stati, come me,
semplicemente abitanti della
zona o villeggianti curiosi di
vedere animali altrimenti difficili da incontrare. Se turismo in valle ci dev’essere,
qualcuno ritiene ancora che la
nostra valle sia così povera di
risorse culturali da doverne
procurare dall’esterno? Forse
semplicemente non conosco
abbastanza bene tutta la storia, e allora aspetto che qualcuno mi delucidi in merito.
Ines Pontet -Torre Pellice
iiasi
Pinerolo
Corsi del Cai
per i giovani
Il Cai di Pinerolo e vai Germanasca ha organizzato una
specifica attività rivolta ai giovani fra i 9 e i 17 anni; lo scopo è quello di aiutare i più
giovani a conoscere e capire
la montagna, educandoli ad
affrontare la montagna nel rispetto dell’ambiente e nella
conoscenza anche dei pericoli,
con il giusto spirito di scoperta. Il primo corso si aprirà venerdì 23 aprile, alle 16,30,
nella sede del Cai di Pinerolo,
in via Sommeiller 26; il secondo si aprirà sabato 24, alle
20,45, sempre alla sede Cai di
Pinerolo; è obbligatoria la presenza di un genitore. Domenica 25 prima uscita al monte
Musiné con partenza alle 7.
G«V\
ARREDA
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ESpC^iiiONE E lAbORATORIO:
VIA S. StcoNiÌp, * 0121/201712 Iax 0121/505042
((I^AflCìRiVAjr hrn}*.//«WW,QRÌVA.ÌT
ABBAt)lÀ ALPINA ^ PINEROLO (To)
(di ÌRONFE a!1a caserma AlpiNj «BERAfidi»)
VtTRÍNA NOVITÀ - VÌCOlo GÌRAud/^RTld VÌA CttÌAppERO
VENERDÌ 23 APRILE 1999
Appuntamenti
22 aprile, giovedì
PINEROLO: Alle 20,45, al
Salone dei cavalieri, incontro
pubblico su «Animali di città:
una convivenza possibile» con
Alberto Barbero, sindaco di Pinerolo, Giulio Blanc, assessore
ai Lavori pubblici e all’Ambiente, Andrea Filippin, coordinatore Servizio veterinario,
Vincenzo Fedele, responsabile
Sanità animale Asl 10, Enrico
Moriconi, associazione veterinaria di salute pubblica.
TORRE PELLICE: Alle
15,30, nella biblioteca della
Casa valdese, per l’Unitrè,
concerto con Sarah Ferrando al
pianoforte, musiche di Schubert, Chopin, Beethoven.
23 aprile, venerdì
PINEROLO: Dalle 17 alle
19, all’auditorium del liceo
scientifico, incontro su «Politica e pace» con Enrico Peyretti,
saggista, e su «Difesa della patria e servizio civile» con Rodolfo Venditti, magistrato.
PINEROLO: Alle 21, nella
chiesa di San Giuseppe, recital
lirico con Lorenzo Canepa e
M. Marconetto al pianoforte.
24 aprile, sabato
TORRE PELLICE: Dalle
15 alle 17, alla biblioteca della
Casa valdese, per «Storie di vita, le voci di un territorio» incontro di formazione su «L’intervista e le sue griglie interpretative», con Daniele falla.
PORTE: Al parco di Villa
Giuliano inaugurazione della
nuova sede comunale.
LUSERNA SAN GIOVANNI: Nella palestra comunale, alle 21, serata di danze
tradizionali europee, a cura
delle associazioni «Mouzico e
dansa d’Oc» e «John O’Leary», con raccolta fondi a favore dei bambini di Cemobil.
TORRE PELLICE; Alle
21,15, al teatro del Forte, per
la rassegna «Amatoriale» va in
scena «Na duminica tranquila»
con la Campania del Ciabot.
Ingresso unico lire 10.000.
25 aprile, domenica
TORINO: Nel tempio valdese di corso Vittorio concerto
con Chiara Cassin e Massimo
De Grandi s, organo a quattro
mani, musiche di Mozart e Soler. Ingresso libero.
26 aprile, lunedì
POMARETTO: Alle 20,30,
all’Eicolo Grando, «Breve storia della vai Chisone», incontro con Daniele Tron, per la serie di incontri «Un tuffo nella
storia, corso di storia valdese».
27 aprile, martedì
PINEROLO: Alle 14,30,
nei locali della chiesa valdese
riunione del Coordinamento
musei e luoghi storici valdesi.
PINEROLO: Alle 21,15, al
circolo «Stranamore» in via
Bignone 89, proiezione del
film «Piccole meraviglie».
PINEROLO: Alle 21, al
Circolo sociale di via Duomo,
concerto di pianoforte di Costantin Sandu.
28 aprile, mercoledì
PINEROLO: Alle ore 17 e
30, nel Salone dei cavalieri in
viale Giolitti 7-9, il prof. Luigi
Bonanate, dell’Università di
Torino, tiene una conferenza
sul tema «Conflitti etnici e minaccia alla pace».
29 aprile, giovedì
TORRE PELLICE: Nella
biblioteca della Casa valdese,
per rUnitrè, concerto con Davide Grasso alla chitarra e Elena Polizio al pianoforte.
PINEROLO: Alle 21, nel
tempio valdese, concerto del
quintetto «Architorti».
MEANO (PEROSA AR.
GENTINA); Al Palatenda, alle 21, concerto di musica occitana con il gruppo «Magnaut
Big Band», ingresso libero.
Servizi
VALLI
CHISONE - GERMANASCA
Guardia medica:
telefono 167-233111
Guardia farmaceutica:
(turni festivi con orario 8-22)
DOMENICA 25 APRILE
Villar Perosa: Farmacia De
Paoli - via Naz. 29, tei. 51017
Ambulanze:
Croce Verde, Perosa: tei. 81000
Croce Verde, Porte : tei. 201454
VAL PELLICE
Guardia medica:
telefono 167-233111
Guardia farmaceutica:
(turni festivi con orario 8-22)
DOMENiCA 25 APRiLE
Viliar Peliice: Farmacia GayPiazza Jervis, tei. 930705
Ambuianze:
CRI - Torre Pellice, tei. 953355
Croce V. - Bricherasio, tei. 598790
PINEROLO
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale civile, tei. 167-233111
Ambulanza:
Croce Verde, tei. 322664
SERVIZIO INFERMIERISTICO
dalle ore 8 alle 17, presso le
sedi dei distretti.
SERVIZIO ELIAMBULANZA
■ telefono 118
Cinema
TORRE PELLICE — Il
cinema Trento ha in programma, giovedì 22, ore 21, Achtung banditen! di Carlo Lizzani, Italia 1951; ingresso gratuito; venerdì 23, ore 21,15,
Gatto nero, gatto bianco di
E. Kusturica. Sabato, ore 20 e
22,10, domenica, ore 16,15,
18, 20,10 e 22,10, lunedì, ore
21,15 Patch Adams; martedì
27, ore 21,15, Train de vieUn treno per vivere.
BARGE — Il cinema Comunale propone, venerdì 23,
ore 21,15 My nume is Joe;
sabato 24, ore 21,15 La figlia
di un soldato non piange
mai; domenica, ore 15,15,
17,15, 19,15, 21,15, lunedì,
martedì, e giovedì, ore 21,15,
La fame e la sete.
Economici
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Sped. in abb. post./50
Pubblicazione unitaria con Riforma
non può essere venduto separatamente
Reg. Tribunale di Pinerolo n. 175/60
Resp. ai sensi di legge Piera Egidi
Stampa; La Ghisleriana Mondovì
Una copia L. 2.000
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Vita Delle Chiese ■
es- Le nuove linee di azione del Servizio rifugiati e migranti (Srm) della Fcei
Gli evangelici italiani per il Kosovo
In collaborazione con l'associazionismo laico e religioso e in coordinamento con
le istituzioni governative, il Srm promuove diverse iniziative politiche e umanitarie
PAG. 7 RIFORMA
ANNEMARIE PUPRE
IL Comitato generale della
Federazione delle chiese
jvangeliche in Italia ha preso
posizione sul conflitto con la
^dichiarazione del 27 mar¡0 '99. In base a questa presa
ji posizione il Servizio rifuàati e migranti (Srm) si muoyeràsudue filoni:
- un impegno politico a favore della pace e più specificamente per la protezione
dei profughi;
iniziative concrete per la
prptézione e l’assistenza dei
giughi del Kosovo.
I-Con chi siamo in rete
Il Srm lavora in stretta collaborazione con altre associazioni tra cui il Consorzio
italiano per la solidarietà
(Ics), l’Associazione cattolici
laici italiani (Adi), l’Assodaàone ricreativa culturale itaa (Arci), il Gruppo di riiesslone, il Consiglio italiano
peri rifugiati (Gir) e altre;
partecipa al «Tavolo Kosovo»
jelgoverno; non opera all’intemo del «Progetto arcohaleno», ma collabora con il go(emo per promuovere azioni
iasslstenza ai profughi; collabora con la Missione hattista a Tirana (past. Saverio
Guarna), con la Chiesa presbiteriana negli Usa (con un
rappresentante a Tirana),
con il Consiglio ecumenico
delle ctuese (Cec), la Conferenza dille chiese europee
Qiela lÆommissione delle
ààé p& i migranti in Euro,ii p^me) e l’Azione comune
^lle chiese (Act).
li - Iniziative politiche
le iniziative politiche che il
É promuove o alle quali
Átisce sono:
-iniziative di diplomazia
fopolare condotte insieme
ile altre associazioni:
-pressione politica per il
fconoscimento giuridico di
status umanitario per i
profughi kosovari. Insieme
Il altre associazioni il Srm si
adoperando presso il go*®io affinché venga emanaliun decreto che dia loro
tostatus di protezione temporanea in hase all’art. 20 del
roto unico n. 286/98;
'la concessione di asilo
Politico ai rifugiati serbi dipteri 0 membri dell’opposi
aone;
il trasferimento di profu
Profughi del Kosovo
ghi dalTAlbania, dalla Macedonia e dal Montenegro in
paesi dell’Unione europea se i
profughi lo desiderino.
MI - Aiuto umanitario
A partire dal mese di aprile
è attivo a Bari un centro di
orientamento e consulenza
in collaborazione con l’associazione Sarp-Wiwa. Lo sportello ha sede presso la chiesa
awentista in via Pizzoli 11,
70123 Bari e sarà aperto al
pubblico il lunedì e venerdì
dalle 9.30 alle 13.30, il mercoledì dalle 16 alle 20 (tel.-fax:
080-5239017). I responsabili
del centro sono: Grazia Rita
Pignatelli (Saro-Wiwa), via
Dieta Di Bari 58, 70121 Bari,
tei. 080-5530942, e-mail: gaga.pignatelli@writeme.com; e
Tommaso Gelao (Fcei), via
Angelini De Miccolis 6, 70125
Bari, tel.-fax: 080-5012008, email: togelao@iol.it.
Raccolta di disponibilità
di volontari
Il Srm raccoglie le disponibilità di volontari che desiderino lavorare sia in Albania
che in Italia'. Purtroppo la situazione è molto fluida e soggetta a cambiamenti in ogni
momento. Si richiede:
- disponibilità per almeno
tre settimane (nel caso di
medici bastano due settimane): possibilmente competenze mediche, paramediche,
tecniche e di segreteria, capacità di gestione di comunità e campi, nonché cuochi,
magazzinieri, educatori, animatori sociali, operatori sociali, ecc. (è importante indicare le proprie condizioni di
salute). Le persone interessate devono inviare un breve
curriculum al Srm, presso
l’uffido di Roma. Si raccolgo
no le disponibilità per tutto
l’anno 1999. Si prevede l’invio dei primi gruppi di volontari entro il mese di aprile,
ma è importante avere persone disponibili anche per i
mesi successivi.
Il governo prowederà alla
protezione (probabilmente
con forze Nato e questo richiederà a molti di noi un
compromesso forse non facile, ma al momento non vediamo altre soluzioni): l’organizzazione diretta dei volontari sarà svolta insieme
all’Ics che garantisce vitto,
alloggio e assicurazione, il
viaggio invece è a carico del
volontario (il Srm darà un
contributo). Si prevede al
momento che i volontari lavoreranno nei campi dell’
Ics-Acnur (Alto commissariato delle Nazioni Unite per i
rifugiati) in Albania (attualmente 8 campi); le persone
disponibili possono indicare
se accettano di andare singolarmente nella destinazione
loro assegnata, o se intendono partire in squadra o con
un gruppo costituito in proprio. In questo caso si dovrà
descrivere la composizione
del gruppo e le competenze.
Inoltre il Srm sta ricercando spazi presso le chiese e le
opere che con piccoli interventi possano essere adattate
in un primo momento ad
abitazioni per profughi e, in
un secondo momento, diventare abitazioni da affittare a
rifugiati (non necessariamente kosovari) che hanno bisogno di abitazioni a un prezzo
d’affitto equo. Gli alloggi indispensabili per questo momento di emergenza, dovrebbero fare parte in futuro di
un programma di integrazione più stabile per quei rifugiati nel nostro paese che
non riescono a trovare casa a
un prezzo equo. Forse ci sono nei nostri stabili risorse
abitative che potrebbero diventare parte di questo programma. Il Srm spera anche
di poter trovare qualche fondo per pagare in alcuni casi
un piccolo affitto.
Raccolta di fondi
È iniziata una raccolta di
fondi per aiuti umanitari e
per realizzare i programmi
sopra descritti e quelli che si
renderanno necessari man
mano che la situazione evolve. Le coordinate bancarie
per l’emergenza Kosovo so
no: Federazione delle chiese
evangeliche in Italia c/c bancario 92 93 40 40 177, codice
Ahi 02002 codice Cab 03211,
Banca commerciale italiana
Ag. 11, Largo Santa Susanna
127, 00184 Roma; c/c postale
38016002 (indicare sempre la
casuale: «A favore dei profughi del Kosovo e delle boat
people»).
Preparazione per l’invio
e la distribuzione di aiuti
Per il momento l’invio di
materiale in Albania è estremamente difficile. I canali
sono intasati, non ci sono
adeguate misure di protezione, mancano magazzini e
mezzi di trasporto, non bastano le reti di distribuzione.
In questa situazione vi esortiamo a mettervi in contatto
con noi per eventuali raccolte di materiale o di collegarvi
in loco con organismi fidati.
Informazione e sostegno alle
comunità e gruppi per le loro iniziative
Il Srm è a disposizione di
tutte le comunità, gruppi ed
opere che cercano informazioni 0 sostegno. Vi preghiamo di comprendere che non
sarà sempre facile dare risposte precise e definitive, ma ce
la metteremo tutta.
IV - Organizzazione del
Srm per l'emergenza
Kosovo
Coordinamento: Annemarie Dupré, assistita da Franca
Di Lecce; operatrice responsabile per il settore; Daniela
Mangione; assistenza ai profughi già presenti in Italia: Pina Grosso e Lucilla Tron. Per
informazioni vi preghiamo di
rivolgervi in primo luogo a
Daniela Mangione nei seguenti orari: dal lunedi al venerdì dalle ore 9,30 alle 17,30.
L’indirizzo del Srm della Fcei
è: via Firenze 38, 00184 Roma,
tei. 06-49905101 e 4825120,
fax: 06-48905101, e-mail: Sm.
evangeliche@agora.stm.it.
Regala
un abbonamento
Gianmario S.
54 anni
imprenditore
Per godersi i privilegi della terza età
“Ma madre si è ripresa
la sua libertà”
Quando mia madre mi ha detto che si
annoiava a vivere in casa sola tutto il giorno, io le ho suggerito
una soluzione residenziale.^
Lei cercava un posto dove stare con persone
della sua ètà, io le ho trovato una bella villa confortevole con
un parco facilmente raggiungibile dalla città.^
Lei voleva mantenere la sua indipendenza
e le sue abitudini e io ho provveduto ad assicurarle insieme,^
anche un servizio qualificato e un'assistenza continua.
Insieme abbiamo scelto La Residenza e siamo
felici di stare così bene insieme ogni volta che ci vediamo.
laJtç^^za
la serenità è di casa
Via P. Lazzari, 25
21046 Malnate (Va)
Fax 0332 86 10 72
numero
cortesia
Tel. 0332 42 61 01
. j Chiesa battista di Cagliari
Settimana di Pasqua
sotto l'ombra della guerra
BRUNO GAMBARDELLA
Gli appuntamenti della
chiesa battista di Cagliari
in occasione della settimana
di Pasqua quest’anno sono
stati condizionati dalle tragiche notizie provenienti dai
Balcani. Il culto meditativo
del venerdì santo è stato incentrato sulla lettura dei brani biblici che narrano della
passione di Gesù Cristo, ma
anche della terribile esperienza dell’odio e della guerra.
Mentre in sottofondo scorrevano le note del requiem di
Mozart, tutti i presenti hanno
acceso una candela, ascoltato
passi tratti da autori contemporanei che hanno messo in
luce nei loro scritti l’inutilità
della violenza e pregato affinché tra gli uomini possa presto regnare la concordia e
l’amore fraterno.
Il pastore Herbert Anders
ha letto una lettera inviatagli
durante i primi giorni di
bombardamenti su Belgrado
da un suo amico americano,
sposato con una donna serba
e residente da anni nella capitale della Federazione Jugoslava. L’assurdità del conflitto
è apparsa così ancora più evidente a chi ha avuto modo di
ascoltare toccanti e illuminanti parole provenienti da
uno dei luoghi più colpiti dai
bombardamenti della Nato.
Al culto erano presenti alcuni
fratelli cattolici già incontrati
in occasione della Settimana
di preghiera per l’unità e dei
cristiani, nonché l’archimandrita della chiesa ortodossa di
Quarto Sant’Elena, accompagnato da membri di quella
comunità. Anche nel corso
della celebrazione pasquale si
è meditato sulle drammatiche conseguenze che una
guerra lascia nel cuore delle
persone vittime dell’atrocità
di ogni conflitto. I cristiani
devono impegnarsi affinché
Belgrado, il Kosovo, la Serbia
possano presto diventare
parte di quella Gerusalemme
benedetta e pacifica della
quale parla ripetutamente la
Scrittura.
Martedì 6 aprile si è poi tenuto un culto ecumenico,
ospitato dalla chiesa battista.
I cattolici intervenuti hanno
portato con loro un cero pasquale, dal quale sono state
accese tante candele, a simboleggiare la luce della fede e
della speranza in Cristo simbolicamente e visivamente
contrapposta all’oscurità della paura e dell’orrore causati
dalla guerra. Gli ortodossi
hanno donato rami d’ulivo,
simbolo di pace e fratellanza.
Tutti i fratelli che hanno
preso la parola hanno denunciato il rischio dell’indifferenza nei confronti di notizie drammatiche che però
stanno già diventando quasi
di routine: tutti gli errori e le
violenze del passato sono
stati commessi da chi confidava nell’egoismo e nell’ignavia dei comuni cittadini.
Anche il Gruppo interconfessionale sardo si è occupato
nelle ultime settimane di
questi argomenti: i rappresentanti delle varie religioni
hanno proposto letture e meditazioni contro la guerra
tratte dai loro scritti sacri. E
mentre continua la mobilitazione della nostra comunità
(anche con l’esposizione di
uno striscione che recita
«Chiese contro la guerra» sul
cancello che delimita l’ingresso al locale di culto), la
speranza è che l’amore fraterno che ci è stato insegnato
da Gesù possa presto prevalere nel mondo. Cristo ha
sconfitto la morte: questo deve essere ricordato e proclamato da chi non dubita che
la giustizia divina non tarderà a donare luce a questo
martoriato mondo.
RONACHE
VILLAR PELLICE — Ancora due lutti nella nostra comunità. Ci
hanno lasciato le sorelle Margherita Baridon e Lina Monnet, ospite della Casa Miramonti. Alle famiglie esprimiamo
la solidarietà e l’affetto della comunità.
SAN GERMANO — Giorgio Comba non è più con noi; da molti
anni ormai ospite dell’Asilo dove si è spento il mese scorso
egli ha lasciato il vuoto specie nel gruppo di canto di cui ha
fatto parte con entusiasmo fino a quando la salute glielo ha
permesso. Alla sorella, al fratello e a tutti i parenti la comunità esprime la sua sincera simpatia cristiana. Un pensiero
fraterno anche ai figli e ai famigliari tutti di Ilda Long ved.
Beux, deceduta dopo un lungo periodo di sofferenza.
• Il 21 marzo Sara Micol, di Andrea e di Luciana Plavan, ha
ricevuto il segno del battesimo; alla piccola, come al fratello Federico e ai suoi genitori, i nostri più cari e affettuosi
auguri di ogni bene dal Signore.
PRAROSTINO — Si sono svolti nei giorni scorsi i funerali di
Maurizio Stefano Reynaud del Collaretto e di Dina Crisetto ved. Fornerone, dei Gay. Alle famiglie in lutto va la cristiana simpatia della comunità tutta.
Le feste
ebraiche
edizioni com nuovi tempi
a cura di
Pupa Garribba
«Mentri esci dal presente verso il passato e il futuro, esci
anche da te stesso. La festa ti fa uscire da casa.
È .sempre Pesach, passaggio alla libertà, alla novità.
E sempre inaugurazione, come Chanukkà»
dalla postfazione di
Filippo Gentiioni
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per richieste e prenotazioni:
CNT - via Firenze 38 - 00184 Roma
tei. n. 06-4820503; fax n. 06-4827901
16
PAG. 8 RIFORMA
Vita Delle Chiese----------------------------venerdì 23apr,u^
La versione è stata approvata nel Convegno di studio tenutosi a Perugia
Il «Padre Nostro» in traduzione ecumenica
L'importante incontro è stato organizzato congiuntamente da evangelici, cattolici
e ortodossi. Approvata anche una dichiarazione comune per la pace nei Balcani
Un fermo richiamo alla riconciliazione, al dialogo, al
perdono, è giunto dal convegno ecumenico sul «Padre
Nostro» svolto dal 12 al 15
aprile a Perugia, il primo di
questo genere, organizzato
congiuntamente dalla Conferenza episcopale italiana
(Gei), dalla Federazione delle
chiese evangeliche in Italia
(Fcei) e dall’Arcidiocesi ortodossa d’Italia.
«Un’occasione storica», ha
detto il metropolita ortodosso
d’Italia Gennadios Zervos,
che ha ricordato nel saluto
all’assemblea come il Padre
Nostro sia «l’esempio della
vera preghiera, patrimonio
comune di tutta l’ecumene
cristiana». In sintonia con lo
spirito delle due grandi Assemblee ecumeniche europee
di Basilea e di Graz, l’arcivescovo di Perugia, mons. Giuseppe Chiaretti, ha voluto ricordare nel suo saluto «il grido corale del popolo ecumenico: basta con le divisioni,
impegniamoci sulla via della
conversione e riconciliazione,
fino al perdono». Di fonte alla
violenza e alle distruzioni
provocate dalla guerra «ai cristiani è chiesto l’impegno solenne, dinanzi a Dio e alla
storia, di essere costruttori di
pace - ha proseguito Chiaretti
- . Il problema non è solo
quello della preghiera rivolta
al Padre ma quello dei figli,
cioè dei comportamenti di
tutti noi; in ogni caso figli in
lotta fra di loro».
«Un segno di comunione e
di collaborazione, un fatto di
grande rilevanza ecumenica»: secondo il pastore battista Domenico Tomasetto,
presidente della Fcei, il convegno sul Padre Nostro, un
novum nel panorama dell’ecumenismo italiano, potrà
condurre alla ricerca di «momenti di una nuova spiritualità basata sulla preghiera e
segnata dall’impegno ecumenico». «In questi giorni di
guerra - ha affermato il sindaco di Perugia Gianfranco
Maddoli - la preghiera del
Padre Nostro provoca i cristiani d’Oriente e d’Occidente e li impegna a costruire un
ordine in cui tutti gli uomini
siano davvero riconosciuti
come immagine di Dio».
Il convegno è stato aperto
dal vicepresidente dell’Accademia dei Lincei, prof. Ignazio Baldelli, che ha offerto
una panoramica suggestiva
della presenza del Padre Nostro nella letteratura italiana,
dalle testimonianze più antiche (il «primo» Padre Nostro
compare nel 1279 a Bologna),
attraverso la Divina Commedia di Dante, fino a Gabriele
D’Annunzio. Sul tema della
paternità di Dio, in discussione nella prima parte del convegno, sono intervenuti monsignor Pierangelo Sequeri,
docente alla Facoltà teologica
interregionale di Milano («La
paternità di Dio in un mondo
che cambia»), e la pastora
battista Elisabeth Green, preceduti da una riflessione teologica del rabbino capo di Milano Giuseppe Laras su «Il padre di tutti gli uomini e l’unità
della famiglia umana».
Partendo dalla prospettiva
della differenza di genere («il
fatto molto semplice che le
chiese non sono solo composte da uomini, ma anche da
donne»), la pastora Green ha
ricordato che ogni donna che
si rivolge al Padre sperimenta
la «doppia alterità di Dio»;
egli è altro perché è divino e
non umano; egli è altro perché lo si descrive con un termine maschile: «Padre - ha
affermato la pastora battista
- è la metafora principale per
dire Dio, che si è imposta a
scapito di un linguaggio teologico più ricco e diversificato». L’immagine di un Dio
esclusivamente paterno e
maschile è però messa in crisi dalla libertà a cui Dio stesso ci chiama, attraverso l’adozione e l’amore.Nel corso
del convegno, a cui hanno
partecipato, tra gli altri anche
il prof. Daniele Garrone della
Facoltà valdese di teologia di
Roma, Traian Valdman, decano delle comunità ortodosse
romene in Italia, il pastore
valdese Giuseppe Platone e il
pastore battista Massimo
Aprile, è stata presentata la
traduzione ecumenica del Padre Nostro a cui ha lavorato
negli ultimi mesi una commissione di biblisti cattolici e
protestanti: «Padre nostro,
che sei nei cieli, sia santificato
il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà
come in cielo anche in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano e rimetti a noi i nostri
debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori e
non indurci in tentazione ma
liberaci dal Male. Tuo è il regno, la potenza e la gloria nei
secoli dei secoli. Amen».
L’iniziativa è «un segno di
speranza per il cammino
ecumenico», ha dichiarato il
pastore Tomasetto; insieme
alla traduzione interconfessionale del Vangelo di Luca
in sette lingue, presentata alla stampa lo scorso 30 marzo, e alla traduzione ecumenica del Vangelo di Giovanni,
che sarà pronta il prossimo
autunno, la traduzione comune della preghiera cristiana (che sarà adottata negli
OTTO PER MILLE
Sì cercano volontari
Gli anziani titolari di pensione e i lavoratori dipendenti con
dichiarazione dei redditi a mezzo dei modelli ex 101 e 201
non partecipano alla scelta dell’Otto per mille
forse per mancanza di informazione o di assistenza o perché temono di dover pagare una maggiore imposta.
Solo 330.000 su 8.131.000 degli aventi diritto hanno fatto
la loro scelta.
L’ufficio Otto per mille della Tavola valdese ricerca volontari disposti a diffondere presso le comunità o Centri per
anziani, le sale di attesa delle Usi, i dopolavoro o crai aziendali o i circoli sociali, i centri Caaf, le informazioni e l’assistenza per compilare la scelta.
Verranno inviati:
- le istruzioni precise, comunque stampate (in piccolo)
sul retro dei modelli ex 101 e 201;
- i dati relativi all’impiego dei fondi Opm da parte della
Chiesa valdese, con riferimento al sostegno agli anziani;
- le buste precompilate per l’inoltro delle dichiarazioni
agli uffici postali o alle banche.
L’ufficio Opm è aperto dalle ore 8,30 alle 13, dal lunedì al
venerdì, al numero di telefono 06-4815903 o via e-mail
8xmille@chiesavaldese.org, risponde Emanuela Tallo.
Lo Storico palazzo dove si è svolto il convegno
incontri ecumenici) testimonia, secondo Tomasetto, della vitalità e delle potenzialità
del dialogo fra le confessioni
cristiane. Il bilancio del dialogo è certamente segnato da
questioni cruciali su cui è ancora difficile trovare accordo:
fra le «zone d’ombra» Tomasetto ha ricordato il tema
delle indulgenze e più in ge
nerale la questione delle celebrazioni in programma per
l’anno santo. Da Assisi, i tre
copresidenti del Convegno
ecumenico. Chiaretti, Gennadios e Tomasetto, hanno
rilasciato una dichiarazione
per la pace nei Balcani che
pubblicheremo sul prossimo
numero insieme a un ampio
resoconto del convegno.
I
* Battisti a Gioia del Colle
La liturgia pasquale come
la visse l'ebreo Gesù
Il desiderio della comunità
battista di Gioia del Colle di
ripetere il ricordo della Pasqua ebraica si avvera puntualmente ogni anno: la sera
del 5 aprile la comunità si è
riunita attorno a una liturgia
ebraico-cristiana dell’ultima
cena di Gesù.
Oltre alla lettura del cap. 12
dell’Esodo, vengono ripetuti i
dialoghi, i gesti, preparati e
mangiati gli stessi cibi secondo la tradizione della liturgia
ebraica. Tutto ciò fa sì che i
fratelli, le sorelle, i bambini
della comunità possano conoscere meglio il significato
della cena pasquale nell’ambito della cultura ebraica.
È stato spiegato ai presenti
che Pasqua vuol dire passaggio da un luogo all’altro. La
Pasqua ebraica ricorda infatti
il passaggio dal Mar Rosso
quando gli ebrei lasciarono
l’Egitto per recarsi nella terra
promessa: la Pasqua è il passaggio dalla schiavitù alla libertà. Gli elementi delia cena
ebraica sono le erbe amare,
per ricordare le amarezze
dell’esilio in Egitto; il pane azzimo, per ricordare la fretta
della fuga che non permise la
lievitazione; il vino, per ricordare il sangue dell’agnello posto sopra gli stipiti delle porte
degli ebrei, quale segno per la
loro salvezza: l’agnello che
doveva essere la primizia offerta al Signore per ricordare
l’esodo dall’Egitto.
Essendo una liturgia ebraico-cristiana, centrale è la figura di Gesù Cristo. È quasi
certo che Gesù da ebreo abbia
sempre commemorato la Pasqua ebraica, ma durante l’ultima cena pasquale che egli
volle condividere con i suoi
discepoli Gesù introduce una
novità: non è più l’agnello che
viene sacrificato per ricordare
la liberazione di un popolo
dalla schiavitù, ma è lui stesso
che si sacrifica per liberare
tutti noi dal peccato, dalla
morte. Gesù dà la sua stessa
vita per offrirci la liberazione.
Anche quest’anno tutta la
comunità di Gioia del Colle
ha vissuto la liturgia ebraicocristiana della cena pasquale
come un momento importante in cui ricordare l’azione
di liberazione e di salvezza
operata da Dio per tutti noi.
OTTO PER MILLE
Per chi non presenta
i modelli 740 o 730
Ricordiamo che tutti coloro che intendono assegnare
l’otto per mille alla Chiesa valdese e che sono esonerati dal
presentare i modelli 740 o 730, devono:
1) utilizzare i modelli ex 101 e 201 esprimendo la scelta
ogni anno;
2) firmare la copia del modulo entro la casella «Chiesa
evangelica valdese. Unione delle chiese valdesi e metodiste», senza superarne i bordi;
3) firmare la copia del modulo dove è scritto «Firma»;
4) inserire la copia in una busta su cui deve essere scritto
«Scelta per la destinazione dell’otto per mille dell’Irpef relativa all’anno 1998», oppure munirsi della busta di trasmissione acquistabile presto i tabaccai e i negozi tipo «Buffetti»;
5) scrivere sulla busta il proprio codice fiscale e il proprio
cognome e nome;
6) consegnare la busta chiusa allo sportello di una banca
o di un ufficio postale.
Si ricorda che la scelta non comporta nessuna maggiore
imposta da pagare.
A Gallico (Reggio Calabria)
Chiesa evangelica perquisita
dalla Guardia di Finanza
Il 10 aprile i locali della comunità evangelica «Gesù
Cristo è il Signore» di Gallico
(Reggio Calabria) sono stati
perquisiti dalla Guardia di
Finanza, che al termine della
perquisizione ha apposto i
sigilli a una sala utilizzata
come segreteria. L’azione di
polizia sembra essere avvenuta nel quadro di una inchiesta sull’esercizio abusivo
della professione forense da
parte di una persona non
appartenente alla chiesa
stessa. Fra gli effetti posti
sotto sequestro anche alcuni
oggetti di culto, il che ha impedito la celebrazione della
Santa Cena nel culto domenicale dell’11 aprile.
Immediata la protesta dell’Alleanza evangelica italiana
(Aei), di cui il responsabile
della comunità di Gallico,
Gilberto Ferri, è consigliere
nazionale per le regioni Calabria e Sicilia. «Il Comitato
esecutivo dell’Alleanza evangelica italiana - si legge fra
l’altro in una lettera del 12
aprile, a firma del presidente
dell’Alleanza, pastore Gaeta
no Sottile - formula la suj
più vibrata protesta nei con.
fronti dell'azione di polizia
che ha colpito la comunità
cristiana evangelica “Gesi;
Cristo è il Signore”, membro
di questa Alleanza. L’azione
di polizia [...] non consentiva
certamente il grave abuso dj
potere nel sigillare locali di
culto, nel sequestrare oggetti
di culto e impedire di fatto j
libero esercizio della libertà
religiosa garantita dalla Costituzione. Per le modalità
spettacolari con cui è stata
eseguita, l’azione di polizia,
oltre ad evocare gli analoghi
abusi del periodo fascista, ha
gettato un ingiusto discredito sulla comunità evangelica
di Gallico».
L’Alleanza evangelica chiede l’immediata apertura di
un’inchiesta in merito e si riserva «ogni azione pubblica
che presenti ai cittadini italiani la fragilità della libertà
religiosa delle minoranze eia
necessità di tutelarla e garantirla con tutti gli strumenti
democratici a disposizione
delle istituzioni». (rm)
«Protestantesimo» n. 1/1999
La rivista della Facoltà
ospita una predicazione
VENEF
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1',
I
11 presente fascicolo n. 1
della rivista della Facoltà valdese di teologia si apre con la
prolusione per il 144° anno
accademico, tenuta da Giorgio Tourn sulla cultura valdese tra illuminismo e romanticismo, il periodo precedente al conseguimento
dei diritti civili nel 1848. Segue un intervento di Laura
Demofonti sulla sempre più
interessante figura di Giuseppe Gangale. Lo studio critico di G. L. Prato è dedicato
all’analisi dell’edizione tedesca del recente grande commento al libro della Genesi di
J. A. Soggin. Una casa editrice di Brescia sta approntando l’edizione italiana.
Siamo onorati di pubblicare anche noi il «Messaggio
per il 1999» scritto da Amos
Luzzatto, presidente della
Unione delle comunità ebraiche. Si tratta di un testo
pensato e coraggioso, che
raccomandiamo caldamente
ai nostri lettori. Abbiamo poi
la discussione a più voci su
alcune opere della teologa
statunitense Sallie MacFague. Una delle sue opere è
apparsa da poco tempo in
traduzione italiana. La discussione non mancherà a
sua volta di far discutere.
Infine pubblichiamo una
predicazione. Non lo facciamo spesso. Per una voita vogliamo dare l’idea di che
cos’è una predicazione protestante, tenuta nel corso d’
un culto normale, una domt
nica normale. La predicazione protestante è un genere
sé, innovativo e tradizionale,
ancorato a un testo, ma libero e rivolto alle persone di
oggi. Insomma una cosa difficile da definire, ma bella,
Ogni domenica, nel mondo,
avvengono milioni di predicazioni come questa. Il testo
è stato fornito dal pastore Alberto Taccia, che vivamente
ringraziamo. Chiudono il numero le rubriche recensionie
libri ricevuti. Il numero 1 èi
più breve dell’anno. Prevediamo quest’anno 400 pagine. Il n. 2 sarà dedicato al
Convegno per i 50 anni del
Consiglio ecumenico delle
chiese e il n. 3 conterrà studi
in onore di Jean Gönnet.
L’abbonamento (ordinano
£ 40.000; pastori 30.000; studenti 28.000; sostenitori
70.000; estero 50.000) va et’
fettuato preferibilmente su
conto corrente postale H'
27822006 intestato a: Vxo\sstantesimo - rivista trim®'
strale - Roma.
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t/HMERDÌ 23 APRILE 1999
Vita Delle Chiese
m-'- ch iesa metodista di San Marzano Olivete
La gioia del culto comunitario
L'attività delle comunità si giova di varie collaborazioni
fra chiese e si estende alla solidarietà nel settore sociale
BRUNO GIACCONE
Nell’anno ecclesiastico
che si sta concludendo,
le normali attività della Chiesa evangelica metodista di
San Marzano Oliveto si sono
svolte regolarmente. La predicazione è stata assicurata
anche grazie alla disponibilità dei predicatori locali
paolo Libré della chiesa di
ijBassignana e di Gianluca Nino della chiesa di AlessanSia. Questa loro disponibiptà è il frutto di una collaborazione tra le chiese del Sud
Piemonte, collaborazione
che vede coinvolti anche il
‘fentro culturale protestante
di Alessandria e il Centro di
Scerca e promozione ecumenica «Kairòs» di San Marino. Queste due realtà hanno recentemente dato vita a
una scuola di formazione bipca e teologica della quale
si sono avvalsi anche gli
iscritti al corso di formazione
&r predicatori locali.
scuola domenicale ha
svolto la sua attività sotto la
guida della monitrice Olga
Terzane e con la collahoraàone di Maria Rosa Boeris. 1
culti sono stati spesso resi
più solenni grazie alla nostra
organista Bettina Eickelberg,
che da qualche tempo può
cimentarsi con il nuovo organo donatoci dalla Chiesa
mfoTomata di Biimpliz (Berna^« anni gemellata con
naPÌpsi tutte le prime dowiche del mese, la comu^ si è ritrovata per l’agape
pterna che è stata anche
jccasione per fare lo studio
ilico o per riflettere sui teài proposti dal Sinodo. La
asa della pace», come si
iama da qualche anno l’ex
Cesteria di San Marzano, ha
Ito ospitalità a alcuni gruppi di passaggio e ha ospitato
il tradizionale Campo di la5.:
Firenze
Cena liturgica
alla chiesa
battista
PASQUALE lACOBINO
Profughi del Kosovo. Il loro dramma coinvolge anche la solidarietà
delle chiese italiane
voro internazionale dell’Associazione per la pace, che
quest’anno abbiamo offerto,
oltre che al Comune, anche
alla Caritas di Candii per lavori di ristrutturazione al
Centro di prima accoglienza
per i migranti.
1 rapporti ecumenici soffrono del reciproco imbarazzo dovuto alle iniziative cattoliche per il Giubileo. In generale rimangono cordiali,
una delegazione è stata invitata all’inaugurazione del Sinodo diocesano di Acqui Terme e il pastore ha partecipato
ad alcune delle sue sedute
prendendovi la parola. Un
contatto più operativo si è
avuto con il movimento cattolico «Noi siamo chiesa» insieme al quale abbiamo aderito al progetto Zakor (che
vuol dire «ricordare»), iniziativa di un cartello di associazioni sorto in occasione dei
sessant’anni dalla promulgazione delle leggi razziali in
Italia. Buone le relazioni con
la Chiesa awentista.
La comunità ha accolto con
gioia l’ammissione in chiesa
di quattro nuovi membri e il
battesimo di un bimbo. Nella
speranza della resurrezione
ha pianto la perdita di tre sorelle. Con la stessa speranza,
ma con grande tristezza e nostalgia ha partecipato ai funerali di Ugo Tomassone che è
stato nostro infaticabile e indimenticabile pastore per
lunghi anni. La comunità ha
accolto anche una giovane
coppia di immigrati albanesi
in attesa di permesso di soggiorno. Temporaneamente
sono stati sistemati nelTalloggio pastorale ed è stata trovata loro anche una soluzione
lavorativa. I due giovani sono
stati accolti bene anche dalla
gente del paese e l’iniziativa
della nostra chiesa ha suscitato molto apprezzamento.
L’attuale situazione di
guerra nei Balcani ci interroga seriamente sull’uso delle
nostre strutture. Abbiamo
deciso, nell’eventualità che il
nostro paese debba accogliere dei profughi, di mettere a
disposizione le camere e la
cucina della Casa della pace
per un’iniziativa di accoglienza gestita dalle due comunità cristiane (cattolica e
protestante) e dall’amministrazione comunale.
La sera del venerdì santo
della Chiesa battista di Firenze è stato davvero speciale. La comunità si è raccolta
intorno a una tavola imbandita di piatti della tradizione
pasquale e ha commemorato
il Cristo crocifisso attraverso
una liturgia liberamente tratta dal seder pasquale ebraico
(la Cena liturgica ebraica). I
partecipanti alla Cena erano
una settantina, e il locale di
culto si è trasformato in una
grande mensa comunitaria.
Chi conduceva la liturgia lo
ha fatto dal proprio posto a
tavola. Benedetto sei Tu Signore, nostro Dio che ci hai
donato la luce della tua Parola: così si è aperta la liturgia,
seguita da inni, letture, recitazioni collettive e preghiere.
Un violino, un flauto e il canto di una giovane sorella
hanno accompagnato la liturgia e commentato alcuni
momenti simbolici carichi di
significato: la lavanda delle
mani, la distribuzione del pane e del vino.
Il menù, realizzato grazie
all’esperienza di Clara Manfredi, ha ripreso ricette tipiche
della tradizione ebraica della
diaspora: insalata di sedano
(le erbe amare), pasticcio di
ricotta e porri (gli azzimi), la
corona d’agnello al forno con
carciofi e patate, brodetto alla
romana, frittelle di radicchio,
focacce dolci e salate.
La Cena era parte di un
programma della Chiesa battista fiorentina denominato II
passaggio e l’uscita: aspettando Pasqua 1999 che ha visto
ulteriori iniziative: una serata
di letture, preghiere e canti a
cura dell’Unione femminile,
una breve rappresentazione
a cura della scuola domenicale, un seminario sul tema
«Pasqua, esodo, ebraismo»
con Patrizia Sciumbata, giovane studiosa di ebraico.
to
ni
le
All'esposizione di Genova gli evangelici sono presenti da cinquant'anni
Le mille possibilità di evangelizzazione alla Fiera del libro
SERGIO RASTELLO
terminata da pochi giorni
|ua Genova la Fiera del lidi primavera che ha visto
®ppresentanti di varie comunità evangeliche darsi il
teo per gestire la vendita al
fubblico di Bibbie e libri
'^gelici con la collaborasone della Casa della Bibbia,
jon so quanti anni abbia la
^era del libro di Galleria
^uzzini, ma sicuramente è
Svecchia di me. Alcuni
Ttchi librai, ormai in pen*®Ue, mi dicevano che Tini® potrebbe risalire agli Anni
■“’Con una breve interruzio‘'® bellica. Per quanto riguar
9b
9k>ventù evangelica
abbonamenti
’'ormale £ 45.000
£ 90.000
£ 60.000
•3 copie al prezzo di 2»
„ £ 90.000
Aimulativo GE/Conftonti
£ 90.000
||®rsamenti da effettuare
ccp n. 35917004 intea:
Woventù evangelica
^ P-Lambertenghi, 28
^ 20159 Milano
da noi evangelici l’idea di
parteciparvi, subito dopo
l’ultima guerra, fu del fratello
Barosso. Evangelico di estrazione battista, come alcuni
altri giovani torinesi (Antonietta, Artuffo, Beiforte, fratello del musicista che curò
anche l’Innario cristiano,
Brunero e altri che non ho
conosciuto), egli conobbe e
frequentò la scuola biblica di
Ginevra, il cui fondatore era
stato H. E. Alexander, amico
del pastore battista Ludovico
Paschetto.
A seguito di campagne di
evangelizzazione tra i bambini e con la fondazione di
una casa editrice per la stampa e la diffusione della Bibbia in francese, inglese e italiano, l’Azione biblica accese
l’entusiasmo di quei giovani
credenti piemontesi che, desiderosi di servire il Signore,
dopo una breve preparazione teologica e pratica, si dedicarono a riunioni nelle case con studi biblici e momenti di preghiera settimanali. Barosso, con la moglie,
dal gennaio del 1933 fu subito impegnato a Genova (via
Gramsci) in una delle tante
Case della Bibbia che la Società biblica di Ginevra apriva in molti porti del mondo,
luoghi di grande affluenza
di pubblico internazionale.
Dalla testimonianza evangelica in un negozio a quella
della presenza in una Fiera
del libro il passo fu corto e
coraggioso: erano gli Anni
50, il fratello Barosso (dopo
la pausa bellica e la prigionia) riaprì la Casa della Bibbia nel ’45 e propose al pubblico la Bibbia senza imprimatur, venduta allora, quasi
di nascosto, in poche copie
ai soli evangelici che frequentavano la chiesa.
Barosso, quale responsabile
della Società biblica di Ginevra in Italia, ebbe l’intuizione
di proporre la Bibbia tradotta
dai testi originali senza alcuna
forma pubblicitaria e senza
alcun altro sostegno o collaborazione, se non quella dei
suoi amici più stretti e dei familiari. Mi ricordo il titolo del
piccolo foglietto che veniva
distribuito alle fiere: «Prima di
tutto leggete la Bibbia!». Era
un supplemento a\VEdizione
della Sera, una pubblicazione
evangelica edita dalla Casa
della Bibbia. Così, centinaia
di Bibbie furono vendute in
Galleria Mazzini. Il successo
ottenuto indusse la Società biblica di Ginevra a stampare in
proprio una sua edizione: non
più nera con il taglio rosso ma
con copertine dai colori vivaci
e dal costo molto contenuto:
500 lire in brossura e 1.000 lire
rilegata con le cartine.
Da quell’esperienza unica
nel suo genere in Italia, Barosso, Artuffo e poi Vannini,
Castagneti e il sottoscritto, a
volte con le loro famiglie, testimoniarono della loro fede
davanti a un pubblico sconosciuto, imprevedibile ma anche desideroso di conoscere
e leggere le Sacre Scritture,
nelle Fiere internazionali di
Torino, Roma e in molte altre
città italiane. In un anno ne
furono vendute circa 10.000:
erano gli ormai famosi Anni
60. In seguito, negli Anni 70
e 80, ci fu un calo progressivo e costante fino alla totale
scomparsa della presenza di
stand della Casa della Bibbia
nelle fiere, dovuto a vari motivi, non ultimo quello delle
varie e numerose edizioni
cattoliche ormai massicciamente presenti ovunque.
Le persone passano, non ci
sono più, rimane questo libro: la Bibbia, testimone di se
stessa e soprattutto di coloro
che in essa hanno creduto.
Pochissimi tra gli evangelici
si ricordano di Barosso (a Genova), di Castagneri (a Roma), Artuffo (a Torino), Vannini ( a Milano) e in tante altre città dove sono passati
diffondendo la Bibbia quasi
senza che i loro fratelli se ne
accorgessero. Anche questi
hanno fatto parte del corpo
di Cristo. Il loro passaggio ha
lasciato qualche traccia?
Ogni Bibbia venduta da loro
era accompagnata da una testimonianza cristiana personale perché hanno voluto dare un senso alla loro vita e al
loro servizio. Hanno risposto
a una chiamata, a una vocazione in modo totale: erano
uomini d’altri tempi? No,
erano come noi. Ci saranno
ancora persone così nelle
chiese evangeliche italiane?
PAG. 9 RIFORMA
Agenda
23 anrile \
TRIESTE — Alle ore 17, al Centro culturale «Albert
Schweitzer» (piazzetta San Silvestro 1), Aldo Natale Terrin,
Eugenio Stretti, Antonio Russo, Sergio Rostagno e Dario
Fiorensoli discutono il tema: «Pluralismo religioso: valori
di verità che si incontrano o si escludono».
BERGAMO — Alle ore 17,30, al Centro culturale protestante (via Tasso 55 - primo piano), Giovanni Rota parla sul tema: «Giuseppe Gangale e la “rivoluzione protestante’’».
NAPOLI — Alle ore 18, al Centro culturale «G. Caracciolo»
(via dei Cimbri angolo via Duomo), la prof. Clara Lingria
Ranchetti presenta il libro di Piera Egidi «Incontri», presente l’autrice, con la presidenza di Alfredo Guarino.
24 aprile
FIRENZE — Dalle 14,30 alle 19, nella chiesa metodista (via
de’ Benci 9), si tiene il I Seminario per i predicatori locali
della Toscana organizzato dalla Acebt e dal 10° circuito sul
tema: «Il predicatore: ambasciatore di Cristo» (II Corinzi 5,
20). Per informazioni tei. al past. Ciavarella (055-288143).
24-25 aprile!
PALERMO — A partire dalle ore 10 del sabato, al Centro
diaconale «La Noce» si svolgono le celebrazioni dal titolo:
«1959-1999, quarant’anni di servizio nella città dì Palermo», che prevedono visita al Centro, mostra fotografica, il
dibattito «Continuità nella varietà, le scelte del Centro diaconale in 40 anni di servizio», le conclusioni della prima
giornata da parte del ministro per la Solidarietà sociale. Livia Turco. La domenica conferenza del prof. Paolo Ricca
(«La diaconia evangelica, motivazioni e prospettive»), interventi delle corali e culto alle ore 15. Tel. 091-6817941;
fax: 091-6820118; e-mail; c.d.lanoce@mclink.it
VALLECROSIA-SANREMO — Con apertura alle ore 11 del
sabato, alla Casa valdese di VaUecrosia, si tiene un seminario sulla bioetica organizzato dalla Federazione delle
chiese evangeliche della Liguria e del Piemonte meridionale. La relazione introduttiva viene svolta dal prof. Ermanno Genre. Domenica 25, con arrivi e saluti alle 10,30
nella chiesa valdese di Sanremo (via Roma 14), si tiene invece rincontro di popolo delle chiese evangeliche.
25 aprile
TORINO — Alle ore 17,30, nel tempio di corso Vittorio, per
«Musica e preghiera», gli organisti Chiara Cassin e Massimo De Grandis eseguono musiche di Mozart e Soler.
■2SjmÜk.
BOLOGNA — Alle 20,45, nella chiesa metodista (via G. Venezian 1), il prof. Giuseppe Barbaglio tiene una lezione sul
tema: «La teologia della Lettera ai Romani» e presenta il
suo libro «La teologia di Paolo» (Edb, 1999).
29 aprile
TORINO — Alle ore 16 e alle 20,45, nella sala valdese di via
Pio V 15 (I piano), il past. Alberto Taccia conduce il terzo incontro del ciclo dedicato al tema: «La fede interpreta il mondo». Tema del giorno è: «"Sarete come Dio’’. (Genesi 3)».
SCIGLI — Alle ore 19, nella sala conferenze di Palazzo Spadaro si tiene la conferenza sul tema: «Dignità di morire.
Cure palliative ed eutanasia», organizzata dalla locale chiesa metodista in collaborazione con il Comune. Intervengono il prof Ermanno Genre, decano della Facoltà valdese di
teologia; don Corrado Lorefice, del Seminario vescovile di
Noto; il dott. Biagio Panascia, del Servizio di anestesia e
rianimazione dell’ospedale Vittorio Emanuele di Catania.
30 aprile
SONDRIO — Alle ore 21, al Centro evangelico di cultura
(via Malta 16), i pastori A. Berlendis e C. Papacella parlano
su: «Giovanni Diodati (1576-1649) e la sua Bibbia italiana».
Radio etelmsipn^
CULTO EVANGELICO: ogni domenica mattina alle 7,27 sul
primo programma radiofonico della Rai, predicazione e
notizie dal mondo evangelico italiano ed estero, appuntamenti e commenti di attualità.
PROTESTANTESIMO: rubrica televisiva di Raidue a cura
della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, trasmessa a domeniche alterne alle 23,40 circa e, in replica, il
lunedì della settimana seguente alle ore 9,30 circa. Domenica 2 maggio andrà in onda: «Campi profughi in Albania:
l’impegno delle chiese evangeliche»; «Incontri: rubrica biblica». La replica andrà in onda lunedì 10 maggio.
AVVERTENZA: chi desidera usufruire di questa rubrica deve inviare i programmi, per lettera ofax, quindici giorni prima del venerdì di uscita del settimanale.
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18
PAG. 10 RIFORMA
Commenti
VENERDÌ 23 APRILE 19qq ^gRp
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Riforma
Algeria
ritorno al passato
Jean-Jacques Peyronel
Algeria, ritorno al passato? Questo, a caldo, sembra essere il senso delle elezioni presidenziali del 16 aprile. Quando, ITI settembre scorso, il presidente Zeroual annunciò a
sorpresa la sua decisione di indire elezioni anticipate affinché, nella «trasparenza», gli elettori potessero eleggere
per la prima volta un presidente non militare, molti pensarono che fosse finalmente in vista una soluzione politica
della tormentata vicenda algerina che, negli ultimi sette
anni, ha fatto più di 60.000 morti. Tale volontà era stata ribadita con forza il 12 febbraio scorso quando Zeroual aveva detto: «Non mancherò di prendere le misure necessarie
qualora persistesse la tendenza a volere pervertire il senso
di questa elezione» (Le Monde diplomatique, marzo 1999).
Allora i candidati erano circa quaranta e il generale In pensione Khaled Nezzar aveva già manifestato il proprio appoggio a Bouteflika, il che significava che quest’ultimo era
il candidato degli uomini forti dell’esercito, ossia il generale Lamari, capo di stato maggiore, e il generale Mediene,
capo della «Sicurezza militare», l’organo speciale incaricato della repressione antislamica. Altri militari invece, in
particolare fi'a i giovani ufficiali che non hanno partecipato alla guerra di indipendenza, puntavano sulla trasparenza e sul dialogo con le forze dell’opposizione e in particolare con l’opposizione islamica moderata.
Ha vinto dunque, come previsto, Abdelaziz Bouteflika, il
candidato del potere e di una parte delTesercito. Secondo
U ministero dell’Interno algerino, il tasso di partecipazione
al voto sarebbe stato del 60,25%; tasso contestato dagli altri sei candidati dell’opposizione che alla vigilia decisero di
ritirarsi in blocco per protestare contro presunti brogli
elettorali a favore di Bouteflika. Mouloud Hamrouche, ex
primo ministro (1989-1991), candidato riformatore, ritiene che i votanti non abbiemo superato il 20%. Una fonte di
origine militare, riferita al giornale Le Monde, afferma che
la cifra reale, ma segreta, è stata del 23%.
Abdelaziz Bouteflika, 62 anni, unico candidato rimasto
in lizza, non è certo un uomo nuovo nel panorama politico
algerino: a soli 26 armi fu ministro di Ben Bella, primo presidente dell’Algeria indipendente, prima di diventare, per
ben 16 anni, ministro degli esteri del presidente Boumediene, suo «padre spirituale». Alla morte di Boumediene
però, nel 1978, i militari gli preferirono il generale Chadli,
il quale verrà poi allontanato nel 1987. Ma già nel 1994,
due armi dopo l’assassinio del presidente Boudiaf, i militari gli avevano proposto la presidenza per un periodo di
transizione di tre anni ma Bouteflika aveva rifiutato, preferendo preparare un ritorno alla grande sulla scena politica. È tornato invece nel modo meno limpido. In tali condizioni, potrà realizzare il suo sogno di risuscitare lo spirito di Boumediene, quando la nuova Algeria dava di sé
un’immagine forte e rispettata? La sua campagna elettorale è stata ispirata al populismo nazionalistico del suo ormai lontano predecessore e lui stesso riconosce, in un’intervista al settimanale francese Le Nouvel Observateur {1521 aprile): «Forse non sono più esattamente lo stesso. E
anche gli algerini non sono più esattamente gli stessi».
Resta che Bouteflika è comunque una personalità di
grande prestigio e di grande esperienza politica, che potrebbe non accettare, come i suoi predecessori, di essere solo
una pedina nelle mani dell’esercito, peraltro ormai diviso.
Questa elezione farsa ha infatti evidenziato un dato politico
nuovo, la spaccatura dell’esercito, che potrebbe anche aprire nuove prospettive nel travagliato cammino dell’Algeria
verso la democrazia. Secondo lo storico algerino Mohammed Harbi, docente di scienze politiche all’Università di Parigi Vili, ormai «nessuno ha interesse all’awentura, né
l’esercito, né i democratici» (Le Monde dei 17 aprile). Resta
da vedere se Bouteflika avrà la volontà e la forza di liberare
il potere politico dalla sua subalternità al potere militare e
di instaurare un dialogo con un’opposizione ormai uscita
allo scoperto. La pesante repressione della manifestazione
organizzata dall’opposizione all’indomani del voto non
sembra per ora andare in questa direzione.
Riforma
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Croce, Paolo Fabbri, Fulvio Ferrarlo, Giuseppe Ficara, Giorgio GardioI, Maurizio
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Luisa Nini, Nicola Pantaleo, Gian Paolo Ricco, Fulvio Rocco, Marco Rostan, Mirella Scorsonelll. Florence Vinti, Raffaele Volpe.
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Riforma è il nuovo titolo della testata La Luce registrata dal Tribunale di Pinerolo con il n. 176 del 1° gennaio 1951. Le modifiche
sono state registrate il 5 marzo 1993.
Il numero 16 del 16 aprile 1999 è stato spedito dall’Ufficio CMP
Nord di Torino, via Cebrosa 5, mercoledì 14 aprile 1999.
Nuove proposte al seminario parlamentare di maggio
Il debito estero dei paesi poveri
L'Italia intende riconvertire totalmente o parzialmente i suoi
crediti internazionali, specie verso i paesi del Mediterraneo
DORIANA GIUDICI
La campagna intemazionale per rannullamento
del debito ai paesi più poveri
sta creando, anche all’interno del Parlamento italiano,
un interessante confronto
che dovrebbe portare, nel
prossimo mese di maggio, a
un seminario organizzato dal
Senato e dalla Camera dei
deputati su «Debito estero e
nuove proposte». Il seminario dovrebbe partire dalla discussione in corso, presso la
Commissione esteri del Senato, sulla riforma della legislazione che regola la cooperazione internazionale.
Da un punto di vista politico non possiamo nasconderci
che il tema dell’annullamento
del debito assume caratteristiche, connotati, modalità
assolutamente particolari:
non basta un generoso gesto
di cancellazione dei debiti da
parte di un paese, ma occorre
collegarlo a un insieme di ulteriori iniziative sia a livello
nazionale che internazionale.
Ecco perché l’attuale testo di
riforma sulla cooperazione
internazionale, già passato alla Camera e in discussione in
commissione al Senato, assume una propria particolare rilevanza, proprio all’interno
della mobilitazione sulla cancellazione del debito.
Sviluppo sociale
L’Italia, già nel proprio rapporto (del 21 giugno 1994) alla
Conferenza mondiale delle
Nazioni Unite di Copenaghen
sullo sviluppo sociale, sosteneva che «il debito, soprattutto dei paesi più poveri, incide
in modo significativo sulle loro possibilità di sviluppo e alimenta meccanismi di ulteriore impoverimento» che si ripercuotono sulle condizioni
di vita delle popolazioni. Questo problema va riconsiderato
nella prospettiva dello sviluppo sociale, tenendo conto, in
particolare, che i tempi e i
modi della restituzione del
debito «non debbono costituire un ostacolo allo sviluppo». Una presa di posizione
chiara che non ebbe, allora,
molto seguito, né nei lavori
della conferenza, né nelle decisioni finali della stessa e
neppure nelle successive iniziative politiche italiane.
Anzi l’Italia, sul terreno della cooperazione internazionale, l’altro corno del problema
indebitamento, ha compiuto
errori enormi nel corso degli
Anni 80-95, tanto da decidere
di rallentare il proprio impegno in quasi tutte le aree geografiche. Solo in anni recenti
si è cercato di aggiustare il tiro
privilegiando strategie di cooperazione strettamente legate
alla partecipazione della società civile locale. Oggi si cerca, attraverso una nuova normativa, di collegare l’iniziativa di annullamento del debito
con una nuova progettualità
nel campo degli aiuti per la
cooperazione internazionale.
Ricordiamo che proprio alla
conferenza di Copenaghen si
auspicava che i paesi sviluppati devolvessero lo 0,7% del
loro Pii (Prodotto interno lordo) alla cooperazione. Ma
l’Italia, da allora, ha continuato a ridurre il proprio impegno economico (nel 1997 ha
destinato alla cooperazione
solo lo 0,16% del Pii nazionale, secondo i dati pubblicati
dal ministero degli Esteri).
Conversione del debito
Non vi è dubbio che per i
paesi più poveri e fortemente
indebitati (Siile - Seriously Indebted Low ineome Countries) è diffusa, anche a livello
politico, l’opinione che occorra parlare decisamente di annullamento e che per i paesi
«a medio reddito», cioè ricchi
di risorse o con economie in
via di sviluppo, si possa utilizzare lo strumento della cooperazione per avviare processi di sviluppo durevole nei
paesi debitori attraverso la
conversione delle quote di
rimborso in misure di sviluppo locale (il cosiddetto debt
swap). Si utilizzano così, in loco, le risorse che altrimenti
abbandonerebbero il paese.
Gli swap danno origine a dei
fondi di contropartita in moneta locale che evitano, al
paese debitore, di farsi carico
del reperimento di valuta forte: ma perché davvero portino
benefici al paese debitore occorre che essi siano interamente gestiti a livello locale.
Questo tipo di riconversione, sia totale sia parziale, del
debito è la strada che l’Italia
intende perseguire soprattutto verso i paesi del Mediterraneo, seguendo le indicazioni
della Conferenza europea di
Barcellona del 27-28 novembre 1995, quando l’Unione
europea decise di inaugurare
una nuova politica di partenariato nei confronti dei paesi
che si affacciano sul mar Mediterraneo. Per questa ragione, nel «Collegato» alla Legge
Finanziaria italiana del 1997,
in tema di cooperazione internazionale allo sviluppo,
propose di riconvertire i crediti di Mediocredito Centrale
e Sace, in investimenti locali
(il Mediocredito rappresenta
gli impegni pubblici; la Sace,
Sezione speciale assicurazione crediti all’esportazione,
l’assicurazione da rischi per
gli impegni privati). Decisione
che ha fatto seguito anche a
quella presa a Parigi nel novembre 1996, dai Consigli
economici e sociali del bacino
del Mediterraneo che invita
vano tutti i governi europei
«ad adottare misure speciali
per l’alleggerimento del debito dei paesi del Sud e dell’Est
Mediterraneo (cioè Algeria,
Cipro, Egitto, Giordania, Israeie, Libano, Malta, Marocco, Siria, Tunisia, Turchia, Autorità palestinese).
Non vi è dubbio che la questione del debito è legata a
problemi di natura strutturale, quali i rapporti tra le ragioni di scambio e i tassi di cambio e i tassi di interesse stabiliti a livello internazionale e
richiede quindi specifici e
corretti interventi per un nuovo tipo di sviluppo durevole e
sostenibile, basato su diversi e
rinnovati rapporti di co-sviluppo fi’a paesi dei Nord e del
Sud del mondo. Si è infatti
sbagliato quando si è tentato
di esportare modelli considerati «universali» che, invece,
hanno condannato in molti
casi i paesi del Sud alla subalternità economica e commerciale, impedendo loro un
equilibrato sviluppo socioeconomico. A questo proposito sarebbe opportuno che cominciasse, anche nella nuova
legge italiana sulla cooperazione, a essere introdotto il sistema usato dalle Nazioni
Unite per tener conto dei parametri dello sviluppo sociale,
l’Isu cioè l’Indice di sviluppo
umano in modo da incidere
concretamente e democraticamente nella lotta contro il
sottosviluppo.
Tassi da usura
Ma c’è un ulteriore aspetto
del debito estero dei paesi
poveri che va evidenziato e
che, politicamente, può essere assunto come un nuovo
terreno di impegno a livello
internazionale: è l’aspetto
giuridico del problema. Perché l’usura viene perseguita
come reato, se compiuta dai
singoli e non se è compiuta
da potenti organizzazioni internazionali? È sostenibile
l’ipotesi di una iniquità giuridica del debito estero assunto
dai paesi più poveri spesso
sotto la spinta delle organizzazioni monetarie internazionali? Negli Anni 70 nessuno
disse loro che avrebbero dovuto, in seguito, pagare altissimi tassi d’interesse! Ecco
perché l’Italia, con molti governi democratici del Nord e
del Sud del mondo, intendono chiedere all’Assemblea generale delle Nazioni Unite di
rivolgersi alla Corte internazionale di giustizia dell’Aia
per avere un parere consultivo sulla questione del debito
estero e come possa essere
giustificabile secondo i principi generali del diritto internazionale contemporaneo.
CAPITA qualche volta che
arrivi una lettera tutta tesa a descrivere l’Italia come
un paese praticamente occupato da stranieri. Il nostro
compito, soprattutto perché
ci dichiariamo cristiani, è
quello di difendere questo
paese dall’invasione di gente
con religioni straniere. Una
di queste lettere è arrivata in
redazione verso la metà di
febbraio: è scritta da Milano
ed è riempita per metà dal
tentativo di spiegare che la
Bibbia contiene molte pagine contro gli stranieri e per
l’altra metà dalla descrizione
di episodi di violenza da parte di stranieri in Italia. Secondo questo ascoltatore milanese le statistiche affermano che l’80 per cento dei crimini in Italia sono causati da
il
'0
ulture divers
EUGENIO RIVOIR
Stranieri. Se andiamo avanti
così, scrive l’ascoltatore, fra
non molto non esisteranno
più gli italiani.
La cosa strana, in questa
lettera, è però data dal fatto
che, dopo aver parlato per
più pagine dei problemi, dei
danni e dei pericoli causati
dagli stranieri, ci si invita a
occuparci soltanto di problemi spirituali e a non parlare
osate,
I sua
(CUBienici
nder
Solidarietà di Pasqua
Come anche altri giornali,
il quotidiano economico affronta l’11 aprile la festa della
Pasqua ortodossa nelle zone
toccate dalla guerra della Jugoslavia. L’inviato a Skopje,
Alberto Negri, parla di una
nuova solidarietà fra ie chiese ortodosse, che solitamente sono chiese nazionali;
«Una solidarietà slavo-ortodossa - scrive - che ha avuto
un momento solenne quando questa settimana, a Mosca, il patriarca Alexis II
mentre si levava il coro dei
pope ha benedetto il primo
convoglio di aiuto ai “fratelli
jugoslavi”. Anche in Macedonia si raccolgono fondi e con
la guerra del Kosovo si è
smorzata perfino una polemica con Belgrado che sembrava insanabile: la Serbia
infatti ha riconosciuto uno
stato e un popolo macedoni,
ma si è sempre rifiutata di
accettare una chiesa macedone indipendente da Belgrado». E prosegue: «...è uno
dei tanti esempi con cui si dimostra come il fattore religioso nel mondo ortodosso
abbia sempre avuto un peso
determinante, arrivando a
identificare addirittura l’ortodossia con la nazione e
condizionando le scelte dei ]
governi e dei popoli».
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ELCtAZZETTINO
Fiducia nel dialogo
fin :
Sul r
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c
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Il problema Ulster è al Chepa
centro di un servizio e di »del h
un’intervista a firma di Luigi im parla
Maffei (4 aprile). Il personag- ijeta fi
gio interpellato è Marino jiextrac
Fresch: «Veneziano di Castello, 55 anni, da 30 nell’Ulster, è ormai quasi più irían- t ^
dese che italiano: arrivò cat- i quelle
tolico, adesso è protestante. leUg pgj
Per amore della moglie prima, per conversione convinta poi». Sul problema del
processo di pace Fresch di
Ita che r
Ili verg
“ prim
qua
iivece,
ftoppc
»sono (
ce: «Ne ero più convinto due y
-Qi
anni fa, dopo il primo accordo: poi l’Ira ha voluto mette- upiicem
re la sua firma ed è scoppi!"
to tutto di nuovo (..•)•
questione sta tutta nelle al"
mi. Loro, i cattolici, non le
vogliono consegnare temendo che ciò significhi la loro
sconfitta; noi protestaiiti di
sicuro non saremo i primi a
restare a mani vuote». E tuttavia: «Sa perché alla fine
conservo comunque ancora
fiducia? Perché sul posto
lavoro cattolici e protestanti
si aiutano, sono amici, convivono benissimo: il segn^
di una gente buona, affabue»
molto generosa».
se
ilotta p,
mitra
*ttanel 1
nel
ideila
lemiio, espi ime un pensieri
molto dilluso.
Voiiemmo iispondere<
di questioni materiali o politiche. «Aiutate a risolvere i
problemi soprattutto eterni dice la lettera cercate il regno dei Cieli e la sua giustizia, il resto poi viene da sé.
Aiutate la gente a conoscere
Cristo, e quanto è importante la salvezza dell’anima».
Una lettera come questa, che
non accetta una riflessione
sulle questioni del nostro
nostro ascohaiure e cerchi!
mo le parole per permetm
un vero dialogo. Abbiami
difficoltà a trovarle, coUii
succede spesso quando
hanno culture diverse.
Cer
chiamo di dire cosi: cred
mo in un Signore che
giustizia, che odia la t^pm
Ci siamo serviti di una pa»
na del profeta Isaia (6L '
una pagina che cerca di
garci che cosa significa la P ^
rola «salvezza»: un luog
un tempo per tutti j
che il Signore incontra, c
e dove egli vuole.
(Rubrica «Parliamone
della trasmissione «Culto e
lico» curata dalla Fcei and
onda domenica 18 aprile)
yùrtn
19
yFNERDÌ 23 APRILE 1999
PAG. 1 1 RIFORMA
messaggio di
Basilea e Graz
fjei giorni drammatici che
laropa vive in questa fase
ella sua storia, il Gruppo
i^inenico di Trieste ricorda
j^de messaggio di pace e
jnconciliazione venuto daljAssemblee di tutte le chie{Crlstiane d’Europa a Basilea Graz: denuncia e conama il ricorso alla guerra e
ogni forma di sopraffazioIj; eleva una corale preghiejaGesù Cristo, unico Signoje principe della pace, af■ doni la vera pace e la
jra giustizia a tutti i popoli
jlla Terra: rivolge un accolte appello a donne e uomilidi ogni confessione, relilene e ideologia affinché
¿eano i propri sforzi nel
¡¡dogo e nella costruzione
leda pace.
per il Gruppo ecumenico
Dora Soppani Bianchi
Trieste
IlDove eravamo
nel 1989?
isqua
giornali,
mico afista della
ille zone
della Jui Skopje,
a di una
I le chielitamenzionali;
vo-ortoha avuto
le quana, a Motlexis II
coro dei
il primo
i “fratelli
Macedoidi e con
ovo si è
na pole:he sema Serbia
iuto uno Ho sentito tante volte prelacedoni Signore affinché «pro
iutata di giovani al fronte», tañ
ía mace- chiedere al Signore di
; da Bel«...è uno
cui si diore relirtodosso
un peso
vando a
:ura l’orizione e
ceke dei
suo popolo alla vitcontro il tiranno». Senticose è per me devale. La soluzione, però,
può essere quella di chie¡reachi predica di non
i®lare di politica». Che
iè la politica se non la geione della vita sociale? Che
isaèVmarola di Dio se non
\uceA ci mostra la via in
(\ue^fcdo? Il pastore che
latafni in astratto sul SeriuJ monte e che non ci
«rgognare della nostra
cecità... probabiliÉnon è un buon pastore,
iter è al chg pastore è colui che
izio e di È ¿el buon samaritano e
ì di Luigi Uparla della solidarietà
ersonag- üeta fatta ai più deboli.
Marino ijlextracomunitari? Ogni
o di Ca- Ita che rileggo Luca 6, 273 nellul- lili vergogno come un ca3iù irían- i, Il primo impatto è semrrivò cat- tequello di far finta che
testante. ®He parole nascondano
agile pri- issà quale mistero. È tutto
com^- fefvece, nero su bianco e
Stoppo (o grazie a Dio)
resch di- fesono cose assurde. Cri/into due inchiede di essere facitori
IO accor- ^(¡g. Questo non significa
Wicemente non fare del
■w. Chi lotta per la pace
9sta seduto in poltrona,
•lotta per la pace non usa
mitra né le bombe. La
^nel Kosovo, in realtà, è
wa nel 1989, e noi palabiella pace dove erava
to mette
scoppia'
(...). La
nelle ai:i, non le
e temenfii la loro
istanti di
i primi a
e». E tutalla fine
le ancora
posto di
-otestanti
lici, conil segnale
, affabilOi
mo? Perché dopo dieci anni
questa fretta di intervenire?
Perché con le armi? Perché
per i curdi ci siamo interessati più alle commesse industriali a rischio che non di
ospitare Tunica persona che
poteva intraprendere un dialogo? Perché c’è sempre qualcuno che pensa di essere il
giudice unico e indiscutibile
del mondo? Perché se la nostra Costituzione dichiara
che l’Italia ripudia la guerra
come strumento di risoluzione di controversie internazionali, ci siamo fatti trascinare
in una guerra assurda, sfuggita ormai al controllo della ex
professoressa di Glinton, signora Albright?
Perché l’alternativa al non
fare nulla deve essere sempre
la guerra? Se i serbi decidono
di difendersi e colpiscono
Avlano, che cosa facciamo?
Radiamo al suolo la Jugoslavia, con la bomba H che ci
prestano gli Usa, magari, visto che non vogliamo sporcarci le mani con l’invio di
truppe? Oppure mandiamo
un telegramma a Milosevic
che dice più o meno così:
«Eh! Ma siete permalosi! Noi
stavamo solo scherzando».
Stefano Mollica - Roma
Ecumenismo
edulcorato
«Che cosa dice dell’ecumenismo?», chiese un professore di una scuola media superiore statale a un suo collega
laico incaricato dell’insegnamento della religione cattolica, il quale, mentre si avviava
a andare via, rispose: «È una
gran bella cosa, ma la strada
da percorrere è assai lunga».
E sparì. L’interrogante, recepita la breve risposta, fece tra
sé e sé alcune riflessioni, tra
cui le seguenti.
Che i’ecumenismo sia «una
gran bella cosa» può essere
accettato in linea di massima
dalle chiese evangeliche, ma
soprattutto dalla Chiesa cattolica per i seguenti motivi: 1)
si sono ammorbidite, ma non
ancora del tutto eliminate, le
polemiche orali e scritte, tra le
due parti (vedi per esempio, a
pag. 10 del n. 14 di Riforma,
quanto si legge nella rubrica
«Culto radio-Parliamone insieme» del pastore valdese
Eugenio Rivoir): 2) non si assiste più, se non raramente, a
pubbliche accuse, ritorsioni,
contumelie, ecc., cose che si
sono verificate in un passato
non molto remoto, provocando scandali e pubbliche scene indecorose tra le due parti
avverse, soprattutto nel piccoli paesi: 3) è a molti noto
che la Chiesa cattolica si serve dell’ecumenismo anche
per «menare il cane (prote
Per le chiese evangeliche
Liturgie e registri
Snibile il fascicolo n. 4 degli «Atti liturgici» prodotti dalWiissione per il culto e la liturgia delle chiese battiste, me^ valdesi, il fascicolo contiene diversi schemi di LITURGIE
^^NERALI, preghiere per situazioni particolari (morte di
gvane, di un giovane padre o madre, ecc.), una scelta di
pnsiero KsI!i adatti per la lettura in questa circostanza. Il costo del
P gaio (pp, 88, formato 18x24 cm) è di L. 8.000 (più spese po♦•SOO se si utilizza la tariffa «lettere»),
stessa serie degli «Atti liturgici» è disponibile il fascicolo
mdereai
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jrmettet^
\bbiarnO
le, coin®
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ì: credia
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1 luogo
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Ito evaw
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¿^ contiene le LITURGIE PER IL BATTESIMO dei credenti,
!®wtmo dei figli dei credenti, la confermazione, TammissioJ?uoyi membri già battezzati in una chiesa non evangelica
K***^lienza (presentazione) di figii di credenti, li costo di
fascicolo (pp. 111, formato 18x24 cm) è di L. 10.000 (più
postali).
desidera, senza ulteriore spesa, può ricevere anche il te^Ppy disk (in formato RTF, specificare solo se si utilizza la
^ma Dos o Mac) o tramite la posta elettronica.
, sono disponibili i seguenti REGISTRI ECCLESIASTICI;
battesimo;
‘i sepoltura
•m • ^®Lrimonio;
,™dÌ^nedlzione di matrimonio.
I sono utilizzabili da parte di tutte le chiese evangelit! registro degli atti di matrimonio che è predisposto
“è valdesi e metodiste. Il costo di ciascun registro (pp.
:o 26x35) è di L. 50.000 (comprese spese postali).
alTamministrazione di «Riforma»; via Sàri Rio V 15,
ino, telefono 011-655278, fax 011-657542.
stante) per l’aia», imponendo
di limitare discorsi e discussioni soltanto su argomenti
intorno ai quali c’è già un accordo di massima.
Dopo i tanti anni (circa 36)
di ecumenismo «edulcorato»
del primo stadio bisogna passare a quello della «franchezza ecumenica» del secondo
stadio: trattare e discutere
cioè su quanto ci rende diversi; in tal modo la strada ancora da percorrere «abbastanza
lunga» si potrebbe accorciare
fino al punto da potere affermare in un tempo non molto
lontano di essere finalmente
«uniti» nonostante le persistenti diversità di non lieve
momento, fondate su un’esegesi biblica e su una tradizione secolare codificate tramite
il magistero «infallibile» (?)
della Chiesa cattolica.
Bruno Ciccarelli-Catania
Fra lavoro
e testimonianza
Nel n. 12 di Riforma (19
marzo) sono apparsi tre articoli che a mio avviso individuano con urgente attualità
tre problematiche che dovrebbero coinvolgere l’azione delle chiese. Essi sono il
lavoro, la vocazione e l’evangelizzazione. I primi due sono stati affrontati dai giovani
Sandro Bellion, Sabina Barai
e Davide Dalmas, con grande
attenzione e problematicità.
Il terzo, quello dell’evangelizzazione, è stato affrontato
dal pastore Piero Bensi con
una toccante testimonianza
e con interrogativi sui quali è
bene riflettere.
Nei primi articoli si è considerato con spirito critico il
convegno sul tema «Noi e il
lavoro», condotto insieme a
Bruno Ricca il 19-20 dicembre scorsi. Sono apparse molte perplessità circa i concetti
di «proattività», «priorità»,
«flessibilità», «formazione
continua e mobilità», perché
questi concetti costituiscono
appieno il programma ideologico, politico, funzionale
della Confindustria, che come si sa non mira al progresso civile, spirituale, morale e
intellettuale dei lavoratori ma
allo sfruttamento intensivo
delle risorse umane psicofisiche per ridurre al massimo il
costo del lavoro, l’impegno
sociale e lo sviluppo della
collettività. Il fine del lavoro
non è più quindi il progresso
dell’uomo come auspicava la
Riforma protestante, ma
l’uomo è diventato una funzione della tecnologia per
produrre profitto destinato a
pochi finanzieri e capitalisti
delle multinazionali. In questo sistema attuale la vocazione secolare del lavoro così
L'attivismo delle nostre chiese sembra dare scarsi risultati
Che cosa è utile per la crescita della fede?
JOLANDA SCHENK
Mentre sembra che il desiderio di «religiosità», di comunione con il divino,
si diffonda sempre di più nel nostro mondo,
le nostre chiese (edifici e istituzioni) si svuotano. E noi cerchiamo di «attivarci», di divenire sempre più efficienti; vogliamo attirare
la gente con bazar, concerti, conferenze
ecc., più o meno interessanti e attuali. Chissà? Un qualche seme potrebbe cadere in
terreno fertile e magari attecchire. Certo,
non possiamo saperlo; solo Dio vede nei
cuori. Ma apparentemente gli effetti non sono «strabilianti» o duraturi.
Cristo non ha fatto nulla di tutto questo. E
nel Nuovo Testamento, quando già le comunità cominciavano a stabilizzarsi, non se ne
fa nemmeno cenno. Gesù ha mandato i suoi
apostoli ad armunziare TEvangelo e le comunità che nascevano erano formate da credenti che si riunivano per lodare il Signore e incoraggiarsi a vicenda a restare fedeli alla sua
Parola, testimoniando nella loro vita quotidiana, con azioni e parole, di Gesù: la loro caratteristica era l’amore per il prossimo, thè
chiamerei «diaconia spicciola», fatta da singoli e da gruppi. E la Parola si diffondeva!
Non vorrei confondere la nostra situazione sociale di oggi con quella di allora; eppu
re nasce in me la domanda: la nostra istituzionalizzazione attuale quali vantaggi per la
crescita della fede (non della chiesa) d porta? Raggiungiamo davvero meglio le persone
bisognose dell’amore di un fratello, di una
sorella? Abbiamo bisogno di riconoscimento
giuridico per essere «Corpo di Cristo»? Pongo la domanda non intendendo certo di voler abolire la chiesa-istituzione; ma vogliò
solo suscitare la riflessione dei credenti sui
compito della comunità.
Molto diversa mi sembra la situazione della
diaconia, spesso nata per supplire alle carenze della società e dello Stato. Oggi la diaconia
di qualunque forma e tipo (ospedali, scuole,
servizi a bambini e anziani ecc.) non è pensabile senza essere istituzionalizzata, senza riconosciménto giuridico. Fino a che punto,
però, comunità di credenti e opere diaconali
devono essere istituzionalmente legate? Il
che non vuol dire che i membri di una comunità non debbano proprio loro dedicarsi al
servizio diaconale nelle varie opere.
Fino a che punto nei nostri incontri di comunità ci preoccupiamo della testimonianza
più che delle finanze, utili, ma non necessarie per essere «Corpo di Cristo», anche ih una
piccola stanza, p «sotto un albero»? «Là dove
due o tre si riuniscono nel mio nome io sono
in mezzo a loro».
come intuita e realizzata dalla Riforma ha perso gran parte del suo alto significato e
valore perché attualmente si
tende al suo disconoscimento confondendolo con il talento acquisito per via meritocratica e funzionale alle necessità del mondo della produzione, ma soprattutto si è
negato il valore irrevocabile
della vocazione, senza che le
chiese organizzassero un minimo di opposizione a questa
deformazione.
Così, in virtù della «flessibilità», per esempio un laureato
in ingegneria può essere assunto come progettista e diventare in seguito magazziniere, operaio e forse ancora
«tagliatore di teste», cioè quel
funzionario che studia come
eliminare manodopera e forza lavoro in esubero, senza
fare troppo rumore. Le prospettive, purtroppo, che vengono offerte ai giovani sono
quelle di adattarsi a cambiare
almeno 20 volte lavoro nel
corso della loro vita attiva, visto che le offerte delle imprese cogestite anche dalla Cgil
(a Pinerolo, almeno, è così)
riguardano, nel 90% dei casi,
impieghi a termine, con durata massima di due anni e
stipendio ridotto. Da tutto ciò
è facile desumere, considerando i lunghi periodi di inattività forzata, che in futuro
questi giovani perderanno la
previdenza pensionistica oltre a una vera professionalità.
Trovo strano che nelle chiese
non si dibattano mai collegialmente questi problemi:
onfix)..d
APRILE 1999
Kosovo
Un conflitto evitabile
Sviluppo
Il debito diventa di moda
Africa
La guerra dei bambini soldati
Società
Che ne sarà del volontariato?
Islam
La fatica di interpretare la parola di Dio
Confronti: una copi® Ere 8.000; abbonamento annuo lire 65.000;
(«ostenitore lire 120.000 con libro in omaggio). Versamento sul ccp 61288007
intestato a coop. Com Nuovi Tempi, via Firenze 38,00184 Roma,
Chiedete una copia omaggi» telefonando allo 06-4820503, fax 4827901,
. (indirizzo Internet: Http://hella.stm.it(fflarket/sct/home.htm)
perché siamo più spirituali di
Dio? O per adeguamento tacito al «sistema»? O per difficoltà a riformulare il pensiero
della Riforma? Non lo so.
Anche le pur pessimistiche
riflessioni del pastore Bensi
lasciano trasparire una certa
nostra inadeguatezza nell’affrontare le problematiche del
tempo presente, prescindendo dal fatto che non mi sembra realistico quantificare la
durata dell’evangelizzazione
in 150 anni: io parlerei di 50
anni, perché nella seconda
metà deU’800 le chiese erano
globalmente mobilitate, pastori, evangelisti, colportori,
insegnanti, diaconi, semplici
membri di chiesa, mentre a
partire dal ’900 il compito si
è ridotto a un limitato numero di pastori, vuoi per la
struttura troppo istituzionale
e burocratica della chiesa,
vuoi per disinteresse di molti
membri di chiesa, ma occorrerebbe una valutazione più
attenta del problema. In conclusione la Riforma, la vocazione, il lavoro, l’evangelizzazione dovrebbero essere oggetto di riflessione permanente alla luce delle Sacre
Scritture, confrontandole con
gli avvenimenti che ci interpellano e coinvolgono.
Mario Alberione
Luserna San Giovanni
il Errata corrige
NeU’art. di Mercedes Campennì «Donne presenti nella
società» (p. 9 del numero 15)
il 6 rigo della seconda colonna va letto; «Con le Unioni
femminili di Firenze, di Grosseto...». Ce ne scusiamo con
l’autrice e i lettori.
NelTart.di Annamarie Dupré «Gli evangelici per i profughi del Kosovo» (p. 11 del
numero 15) l’esatto indirizzo
e-mail di Tommaso Gelao è;
togelao@iol.it
Ogni settimana...
RIFORMA ti fa conoscere un mondo evangelico più grande
di quello che puoi conoscere con la tua esperienza diretta.
L’abbonamento ordinario costa 105.000 lire (invariato dal
1997); se il tuo reddito familiare non te lo consente, puoi utilizzare liberamente l’abbonamento ridotto di 55.000 lire,
oppure puoi fare un abbonamento semestrale che costa
55.000 lire; se, invece, hai qualche risorsa in più, aiutaci con
l’abbonamento sostenitore di 200.000 lire o inviandoci una
qualsiasi cifra in dono: aiuterai chi non se lo può permettere.
Insamma, ci sono diversi modi per non rinunciare a
RIFORMA.
Gli abbonamenti decorrono, per dodici o sei mesi, dal giorno
di ricevimento della prima copia del giornale.
Il debito
del paesi
del
Terzo Mondo
origini, cause
e dimensioni
nel documentario
realizzato dalla rubrica
PROTESTANTESIMO
dì Raìdue
Il video (28' circa) può essere richiesto a: «Progetto Giubileo 2(X)0»,
Federazione delle Chiese Evangeliche In Italia
via Firenze, 38 - 00184 Roma. tei. 06-483768, fax: 06-4828728
(contributo spese: L. lO.OOO -i- spese postali)
20
PAG. 12 RIFORMA
^ALE
Fonti ecclesiastiche affermano che i responsabili sarebbero trattati bene
La situazione della minoranza cattolica in Kosovo e in Serbia
Secondo fonti ecclesiastiche i responsabili della minoranza cattolica romana del
Kosovo, per la maggior parte
di origine aibanese, sarebbero
trattati bene dalle forze serbe.
Ma, ha ammonito il nunzio
apostolico in Jugoslavia, non
è possibile avere «informazioni affidabili» sui morti e sulle
deportazioni di cattolici che,
prima dell’inizio della pulizia
etnica, rappresentavano il 3%
della popolazione della provincia. «Anche se sono sottoposti a costrizioni, essi [i cattolici] sono ancora qui - ha
detto l’arcivescovo Abril y Castello Santos, nunzio apostolico a Belgrado -. Non ci sono
state pressioni particolari
contro i cattolici. Nel Kosovo,
così come a Belgrado, i nostri
fedeli sono trattati normalmente». Le 23 parrocchie cattoliche romane del Kosovo,
dove sono in servizio 37 preti
e 76 suore, sono dirette da un
vescovo ausiliario, Marko Sopì, e facevano parte della diocesi di Skopje-Prizren che ora
è divisa dd confine tra la Jugoslavia e la Macedonia. Anche se gli albanesi di origine
rappresentano 63.000 dei suoi
membri in Kosovo, la Chiesa
cattolica romana comprende
diverse altre minoranze tra
cui 700 croati.
Secondo fonti ecclesiastiche, 20 cattolici romani sarebbero morti nei violenti
scontri verificatisi in Kosovo
tra gennaio e marzo. Tali fonti precisano che all’inizio di
aprile le forze serbe hanno
costretto i membri di una
grande parrocchia cattolica
di Pristina a partire. Inoltre
sarebbero detenuti 80 cattolici che si erano rifugiati in una
chiesa della città storica di
Pec. Suore cattoliche sono
state cacciate da un convento
di Binac e non si hanno notizie di vari monaci francescani dopo l’arrivo dell’esercito
jugoslavo al monastero di
Dakovica, a 13 km dal confine con l’Albania.
11 29 marzo gli aerei della
Nato hanno sorvolato la città
di Prizren dove risiede il vescovo Sopi, dopo l’occupazione della città da parte delle
forze serbe, che ha provocato
la partenza di 200.000 rifugiati verso l’Albania. Vari edifici
della parrocchia cattolica sarebbero stati incendiati nella
città che in questi giorni è
stata anche bersaglio degli at
tacchi della Nato. L’arcivescovo Castello ha però precisato all’agenzia Eni che il vescovo Sopi gli aveva detto di
«essere trattato con rispetto».
«Per quanto ne sappiamo ha detto -, tutti i preti cattolici sono ancora al loro posto
in Kosovo. Anche se alcuni
membri della chiesa hanno
dovuto partire, non siamo in
grado di indicare una cifra
esatta. E non sappiamo neppure quanti cattolici siano
morti né quante case siano
state distrutte». Circa i piani
della Nato, il nunzio apostolico ha dichiarato di non sapere nulla di più di quanto riferito dai media. Secondo lui,
l’unica opzione per i cristiani
è di «pregare e di operare insieme» per la pace. «Siamo
pronti a fare tutto quello che
possiamo per ristabilire la pace, e a collaborare con altri in
questa direzione - ha detto -.
Mi auguro ardentemente che
una soluzione giusta venga
trovata al più presto possibile
per assicurare il ripristino e il
rispetto dei diritti di tutti. Ma
questo non dipende da me».
Oltre al Kosovo, la Chiesa
cattolica romana conta cinque diocesi in Serbia e nel
Montenegro, anche se il 75%
dei suoi 500.000 membri è
andato via dopo lo smembramento della Jugoslavia all’inizio degli Anni 90. Nel 1998 il
responsabile dell’arcidlocesi
di Belgrado, l’arcivescovo
Frane Perko, di origine slovena, si era lamentato del fatto
che il governo non avesse risposto a una richiesta di uguaglianza giuridica rivolta
dalla Conferenza episcopale
jugoslava. Ha però confermato all’agenzia Eni che i cattolici romani non erano stati
bersagli «di ostilità inabituali»
durante il conflitto del Kosovo: «Qui i cattolici sono una
piccola minoranza e ovviamente abbiamo paura per il
futuro. Anche se abbiamo più
volte richiesto soluzioni pacifiche e umanitarie, le forze
contrarie al dialogo si sono rivelate troppo dure e troppo
forti - ha dichiarato l’arcive
scovo -. In realtà, i cristiani
possono fare poco se non
pregare affinché si manifesti
un desiderio di pace in questa
regione dei Balcani. Nessuna
guerra è giusta, e solo Dio
può pronunciare un giudizio
contro i politici responsabili».
Secondo l’agenzia stampa
cal/olica internazionale Apic,
di Friburgo, il cardinale Vinko Puljic, arcivescovo di Sarajevo, in un’intervista al
quotidiano cattolico italiano
Avvenire, ha fatto notare:
«Paghiamo oggi le esitazioni
e le debolezze di 8 anni fa,
quando il mondo occidentale
avrebbe dovuto mostrare più
determinazione di fronte a
quello che stava succedendo
nella Jugoslavia in disfacimento... Se coloro che intervengono oggi in Kosovo avessero impedito seriamente
agli autori della guerra di
usare le armi nel 1991, non ci
troveremmo di fronte a questa nuova tragedia. E un nuovo intervento armato non sarebbe stato necessario», (eni)
Dedicato alla principessa Diana
India: apertura di un centro
d'informazione sulla lebbra
Il 26 marzo scorso, a Noida,
vicino a Nuova Delhi, capitale dell’India, è stata posta la
prima pietra di un Centro di
informazione e di educazione sanitaria promosso da
«The Leprosy Mission» (Tlm,
missione presso i lebbrosi),
rete di azione sociale cristiana sostenuta dalle chiese
dell’India il cui obiettivo è di
informare la popolazione sulla lebbra e di promuovere
l’educazione sanitaria. Il
Centro è dedicato alla principessa del Galles, Diana, che
sosteneva le sezioni inglese
e gallese della Tlm e secondo Cornelius Walter, direttore della Tlm per l’Asia del
Sud, era stata «l’ispiratrice di
questo nuovo progetto». La
«Fondazione Diana» ha praticamente garantita la Tlm che
avrebbe preso a carico i costi
di realizzazione del progetto
(1,4 milioni di dollari).
Il Centro dovrebbe essere
ultimato entro il prossimo
novembre e sarà adeguatamente attrezzato per trasmettere, tramite pubblicazioni e
audiovisivi, «messaggi miranti a cambiare le idee e gli atteggiamenti della gente nei
confronti delle persone colpite dalla lebbra». In passato, in
India, molti consideravano la
lebbra come una malattia incurabile e come una maledizione di Dio. I lebbrosi venivano cacciati dalle loro famiglie e messi al bando delle loro comunità. Secondo la Tlm,
circa il 70% delle persone colpite dalla lebbra oggi nel
mondo si trova in India. Nella sola India, ogni anno vengono registrati oltre 400.000
nuovi casi di lebbra. 31 ospedali e 41 centri di cure gestiti
dalla Tlm accolgono 250.000
malati. La maggioranza dei
nuovi casi di lebbra può essere trattata in meno di un anno e il numero di nuove infezioni dovrebbe calare nei
prossimi anni. (eni)
Firmato un accordo tra l'agenzia avventista Adra e «Habitat for humanity)
Insieme per dare una casa a 1200 famiglie del Bangladesh
L’Agenzia avventista per lo
sviluppo e il soccorso Adra e
«Habitat for Humanity International», hanno firmato un
accordo per fornire congiuntamente delle case a basso
prezzo a circa 1.200 famiglie
di donne aderenti al programma Adra per le donne del
Bangladesh denominato Wep,
che è diventato effettivo dal 1°
marzo 1999. Le case di «Habitat» saranno costruite per le
famiglie di quelle donne che
sono iscritte nel programma
Wep dal 1990 e residenti nei
dintorni della città di Mymensingh nel Bangladesh del
nord. I quattro gruppi, composti approssimativamente
da 300 donne, hanno estinto
con successo i loro microcrediti stipulati con Adra. Questi
piccoli prestiti hanno consentito loro di iniziare delle piccole attività che forniscono
un reddito costante. «Habitat»
abbonamenti 1999
interno L 10.000
estero L 20.000
sostenitore L 20.000
inizierà dei nuovi micromutui
per queste donne, per aiutarle
a pagare, senza interessi, le
loro nuove case: «Ci fa molto
piacere lavorare nell’area di
Mymesingh con un’organizzazione come Adra, che è di
tutto rispetto - ha detto
Arthur Orr, rappresentante di
“Habitat for Humanity” nel
Bangladesh -. L’Agenzia Adra
ha provveduto per anni all’addestramento e alla formazione di questi gruppi attraverso il programma Wep che
hanno raggiunto un livello di
maturità finanziaria ritenuto
soddisfacente dalla nostra organizzazione che permetterà
loro di realizzare il sogno di
possedere una casa di cui
possono essere orgogliosi.
Noi desideriamo continuare il
lavoro che l’Agenzia Adra ha
intrapreso».
Ci sono altri 16 gruppi, in
vari stadi del programma Wep
di Adra. Le donne iscritte nel
programma hanno intrapreso
piccole attività, come organizzare piccoli mercati in
strada, vendere il latte munto
da mucche di loro proprietà,
oppure vendere il riso prodotto da terre comprate da loro
stesse. I profitti delle loro attività vengono riversate all’Agenzia Adra per pagare i prestiti ricevuti. Le donne iscritte
al programma Wep inoltre ricevono nozioni su come salvaguardare la salute della
mamma e dei bambini, di
matematica, letteratura e di
prevenzione dell’Aids.
Il progetto Wep dell’Agenzia Adra è stato fondato nel
1990 in Svezia, Canada e Australia. Se questo progetto
iniziale avrà successo, Adra e
«Habitat» del Bangladesh valuteranno insieme l’opportunità di espanderlo, poiché
appena gli altri gruppi di aderenti al programma Wep saranno maturi e avranno finito di pagare i prestiti con
l’Agenzia Adra, potranno iniziare il programma per la costruzione delle case realizzato in collaborazione con «Humanity International».
Entrambe le organizzazioni
sono consapevoli che questo
programma aumenterà la stima che le donne hanno verso
se stesse e le proprie famiglie
riuscendo a realizzare il sogno
di avere una casa stabile e decorosa. Da parte loro le fami
glie possono prestare maggiore attenzione alle possibilità
di lavoro, studio e salute, dal
momento che il ciclo della
povertà estrema è stato interrotto, l’intera comunità cambia verso una vita migliore.
«Noi apprezziamo lo spirito
positivo che anima il lavoro di
Habitat - dice Chris Smoot,
direttore dell’Agenzia Adra
del Bangladesh -. I beneficiari
del nostro programma Wep
hanno richiesto mutui per le
case e questo ci consente di
realizzarne il desiderio».
Fondata nel 1976 da Millard e Linda Fuller, «Habitat
for Humanity» è un’organizzazione cristiana, senza fini
di lucro che è rivolta a eliminare nel mondo intero le situazioni di case precarie e di
senzatetto, e cercare di dare
delle case decorose e sicure.
«Habitat» invita le persone di
tutte le fedi religiose e di tutte
le estrazioni sociali a lavorare
insieme per costruire case
per le famiglie bisognose.
«Habitat» ha realizzato in tutto il mondo 70.000 case, dando un posto dove abitare decentemente a circa 350.000
persone. (Adra Italia)
VENERDÌ 23 APRILE 199q
Testimonianza da oltre Atlantico
La guerra vista dall'America
MARINETTA GANNITO
Le strazianti immagini di
rifugiati della campagna
di pulizia etnica del Kosovo
che ormai quotidianamente
appaiono sui media, stanno
avendo negli Usa un duplice
effetto sull’opinione pubblica: se da una parte contribuiscono a rafforzare le già numerose azioni umanitarie,
dall’altra indeboliscono notevolmente l’opposizione a un
eventuale uso delle forze terrestri da parte della Nato. Un
sondaggio effettuato dal Washington Post il 5-6 aprile ha
rivelato che il 57% degli americani (il 5% in più rispetto alla settimana precedente) è
favorevole all’invio delle
truppe terrestri statunitensi
ed europee in Serbia per
mettere fine al conflitto, e solo il 39% si oppone a questa
soluzione. Poche sono le voci
che si levano per mettere in
risalto il doppio standard degli Usa e dell’Unione europea
nei confronti dei genocidi
che avvengono in altri paesi.
Dopo i bombardamenti
Nato, la comunità religiosa
statunitense si è immediatamente mobilitata per provvedere assistenza umanitaria
alle vittime della guerra, ma
non ha assunto subito una
posizione unanime rispetto
all’intervento armato. Le voci
di più chiaro dissenso sono
venute dalle comunità notoriamente pacifiste: quaccheri
e mennoniti, che hanno sottolineato l’enorme divario
tra i fondi spesi per il bombardamento e quelli disponibili per il soccorso umanitario. Solo in questi ultimi giorni praticamente tutti i leader
delle confessioni religiose
hanno emanato dichiarazioni di dissenso contro i bombardamenti e contro il genocidio messo in atto da Milosevic. Queste dichiarazioni.
però, non prendono chiara
posizione nei confronti del.
l’eventualità di un intervento
terrestre. Uno sforzo di azione congiunta all’interno della comunità religiosa è in atto da alcuni giorni nella cattedrale nazionale episcopale
di Washington. La cattedrale
è aperta quotidianamente
per una veglia di preghiera
interconfessionale ed è divenuta sede di un coordinamento di leader delle diverse
denominazioni che, oltre a
promuovere doni per aiuti
umanitari, stanno cercando
di coordinare un dialogo tra
le chiese cattoliche, islamiche e serbe ortodosse.
La rivista Sojourners, in un
articolo dal titolo «Cristiani
in solidarietà con il popolo
del Kosovo» suggerisce un
pacchetto di iniziative per le
chiese, richiamandosi al
vangelo nonviolento di Gesù. Tra le varie proposte si
suggerisce di scrivere lettere
a Kofi Annan, segretario generale dell’Onu, sollecitando
quest’ultima a riprendere un
processo di pace invitando
la comunità internazionale
al tavolo delle trattative, a
cui questa volta siano inclusi
i rappresentanti legittimi del
popolo kosovaro, in particolare i capi delle comunità religiose. L’appello specifico
rivolto alle donne è quello di
vestire di nero in solidarietà
con il movimento serbo di
pace «Donne in nero» che è
stato messo a tacere durante
gli attacchi Nato.
Un elemento nuovo, come
rileva il Philadelphia Inquirer, è il crescente uso di Internet per organizzare interventi a favore della pace in^
Kosovo. Particolarmente rilevante è il contributo di pa- ^
dre Sava, leader della missione di pace ortodossa serba,
che è conosciuto comeil
«monaco cibernetico».
B
Chiesa avventista del settimo giorno
Dichiarazione sul Kosovo
«La Chiesa avventista del 7"
giorno esprime la sua grave
preoccupazione riguardo alla
situazione in Jugoslavia, e in
modo particolare nella provincia del Kosovo. Mentre si
dice preoccupata circa le
condizioni dei suoi molti
membri e delle attività della
sua organizzazione in quella
parte del mondo, la Chiesa è
ancor più preoccupata per la
peggiorata situazione umanitaria in Kosovo e altrove nella
regione, con centinaia di migliaia di persone senzatetto e
costrette a fuggire.
La Chiesa avventista del 7°
giorno è una comunità religiosa mondiale e, per una
questione di principio, si sforza di non essere coinvolta in
problemi politici. La Chiesa
ha costantemente rifiutato di
fare così, e intende mantenere questa posizione nella crisi
attuale riguardante il Kosovo.
Pertanto, rigetta l’uso della
violenza come metodo per
derimere il conflitto, sia che si
tratti di pulizia etnica quanto
di bombardamenti.
Con la lunga tradizione
della Chiesa di operare attivamente e silenziosamente a
favore dei diritti umani, compresa in modo particolare la
libertà religiosa e i diritti delle minoranze, la Chiesa avventista del 7° giorno è pronta a fare la sua parte. La Chiesa si sforzerà di agire attraverso la sua struttura organizzativa mondiale, in cooperazione con i dirigenti e i
membri della Chiesa nella regione balcanica, onde promuovere una più profonda
comprensione e un rispetto
più grande per i diritti umani
senza discriminazioni, far
fronte agli urgenti bisogni
umanitari e operare per la riconciliazione tra le comunità
nazionali, etniche, e religiose.
Nella crisi attuale, la Chiesa
avventista del 7" giorno è impegnata a fare il possibile, attraverso la sua organizzazione avventista per lo sviluppo
e il soccorso assistenziale
(l’agenzia filantropica Adra
creata dalla chiesa), per portare sollievo alle molte migliaia di profughi, indipef"
dentemente dalle convinzio;
ni religiose, dalle questjoni
etniche o sociali, fuggiti dalw
provincia del Kosovo negl*
stati confinanti, valutando
anche da vicino la situazione
e le necessità della popoW
zione civile in Jugoslavia, si
nel Kosovo che fuori- 1
Chiesa avventista utilizzo^
le sue infrastrutture nella m
gione per i suoi prograffli”
assistenziali.
La Chiesa avventista fa OP
pello alla comunità
zinnale e alle autorità sta
coinvolte a esercitare pr®
sioni per una rapida fine ,
crisi, sulla base di prin^Tj
cristiani, morali ed g.
diritti umani, e avviare neg
ziati sinceri ed equi tra tu ^
contendenti per «
migliori rapporti tra i pnP ^
La Chiesa chiede
tutti i suoi membri, e all
munirà di fede in genera ;,
pregare per l’assistenza .,
na nel ripristinare la pace
buona volontà in quest
gione così sofferente» ^
(Dichiarazione
dall’Ufficio degli ruiest^
alla sede mondiale della cn'
avventista del 7” giorno)
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