1
Anno 114 - N. 19
12 maggio 1978 - L. 200
Spedizione In abbonamento postale
1° Gruppo bis/70
biblioteca valdese
10066 TOaRB PEIL ICE
ddk valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
Un invito del CEC a dedicare la domenica 21 maggio a questi temi
Chiese, pace e disarmo
Messaggio di Pentecoste dei presidenti
dei Consiglio Ecumenico delle Chiese
Proclamando che il loro Dio non è il Dio dei morti ma dei viventi le
Chiese devono impegnarsi a contestare una civiltà che è in grado di
distruggere ma non di far vivere
Un invito a tutte le chiese
perché dedichino la domenica
21 maggio alla riflessione ed alla preghiera di intercessione
per la pace e il disarmo, in particolare al buon esito della sessione straordinaria dell’ONU dedicata a questi temi e che si
terrà dal 23 maggio al 28 giugno prossimi.
Tale proposta concreta, fatta
sua anche dalla Tavola Valdese, è emersa dalla Conferenza
sul disarmo tenutasi a Glion
(Montreux - Svizzera) nei giorni scorsi. La Conferenza, organizzata sotto gli auspici della
Commissione delle Chiese per
gli affari Internazionali del Consiglio Ecumenico, ha visto la
partecipazione di una cinquantina di delegati in rappresentanza di chiese di trenta paesi.
Fare il punto sulla situazione
attuale, sulla posizione che le
chiese hanno assunto nel corso
della storia e oggi nei vari paesi di fronte al problema degli
armamenti, esaminare in concreto quali azioni le chiese stesse possono intraprendere sia
sul piano locale sia sul piano
delle organizzazioni internazionali, erano gli scopi di questo
incontro.
« Gesù Cristo è il nostro modello per il ministero della pace. Tutti i cristiani sono chiamati a questa vocazione e devono esercitare un ministero di
pace dovunque essi vivano. Ma
è opportuno aiutare coloro che
sono in grado di influenzare le
decisioni politiche per la pace ».
In questa prospettiva la Conferenza ha ricordato che la corsa
agli armamenti, alla perfezione
dei mezzi di « difesa » che diventano facilmente mezzi di distruzione di cui è difficile se non
impossibile calcolare la portata,
è determinata certo dall’ostilità
che contrappone un uomo all’al- ‘
tro uomo e una nazione all’altra
nazione, ma anche e soprattutto dalla paura. In questo clima
è indispensabile che le chiese
sappiano riscoprire la loro vocazione di servizio al mondo nell’aiutare gli uomini a uscire dal
tunnel della paura. Perciò sono
indispensabili parole e « segni »
di riconciliazione, per smascherare gli idoli del mondo moder
SOMMARIO
Il « vertice » di
Chantilly 3
Assimilati ai terroristi - di Helmut Collwitzer 4
Perché mai un regolamento sui ministeri? 4
I diritti dell’uomo
nel I, Il e III mondo 5
Cronaca delle Valli 6-7
Nucleare: prò e contro 8
sona umana ha la possibilità di
svilupparsi pienamente.
Queste riflessioni mettono in
risalto la tragedia dell’umanità
che spreca le sue energie migliori, in primo luogo la sua intelligenza, la sua inventiva, per
scopi militari invece che per risolvere i molti e angosciosi problemi che assillano l’umanità
oggi. Come dire che con la nostra tecnologia siamo in grado
di uccidere, in un attimo, milioni di uomini mentre non siamo
capaci di nutrire a sufficienza
la popolazione mondiale oggi
esistente e non abbiamo alcuna
prospettiva per affrontare il futuro, che siamo in grado di distruggere e non di far vivere. È
e deve essere un motivo di seria
preoccupazione per le chiese che
proclamano che il loro Dio non
è il Dio dei morti ma dei viventi.
Ma perché questa parola di
speranza, questo ministero di'
riconciliazione possa essere esercitato credibilmente, è necessario che le chiese passino per un
pentimento non finto, che riconoscano innanzitutto l’origine
religiosa di molti conflitti e la
loro responsabilità precisa, che
esaminino la l'oro coscienza e
confessino « la loro partecipazione al militarismo e all’industria degli armamenti ».
Non è naturalmente stato taciuto che « esiste una relazione
evidente tra la corsa agli armamenti e l’ordine socio-economico ». Dato che le spese militari
rappresentano in tutte le nazioni, occidentali e orientali e del
terzo mondo, una fetta cospicua
dei bilanci nazionali, la Conferenza propone la creazione di
un fondo speciale controllato
dall’ONU e che dovrebbe essere
costituito da un versamento, da
effettuarsi da tutte le nazioni
che fanno parte deH’ONU stesso, del 5% delle loro spese militari. Tale fondo sarebbe utilizzato per lo sviluppo di molti
paesi.
Come alternativa alla ossessione degli armamenti, la Conferenza propone che le risorse e
l’intelligenza degli scienziati vengano rivolte alla soluzione di
problemi « urgenti che minacciano la sopravvivenza della
umanità: il dovere di nutrire,
di alloggiare, di istruire e di curare una popolazione mondiale
sempre più numerosa », alla
« ricerca di nuove fonti energetiche che non siano pericolose »,
alla « difesa dell’ambiente dalla
profanazione che lo 'minaccia ».
Sono dunque state dette cose
importanti, cose che tutti possono in linea di principio approvare. Ma forse proprio qui sta
la debolezza di questa, come di
tante altre conferenze; nel fatto che la voce profetica, il ravvedimento di cui anche si è parlato, siano anch’essì dati per
scontati, che non abbiano (o
non abbiano più) la forza di
smuovere le coscienze. È stato
detto che il clima della Conferenza di Glion era fortemente
impregnato di speranza (qualcuno addirittura ha parlato di
«utopia»), ma tutto rimane
aperto. In un certo senso possiamo dire che si tratta di una
sfida lanciata alle chiese: se esse sapranno accoglierla o meno, si vedrà innanzitutto dalla
sensibilità con cui accoglieranno l’invito alla preghiera il 21
maggio.
Bruno Bellion
Pregare per gli
altri significa essere aperti a lasciarci
correggere dallo
Spirito mediante
i bisogni del nostro
prossimo
Spirito e preghiera
Cari fratelli e sorelle in Cristo,
quante volte i nostri messaggi si aprono con queste parole!
E non è forse un miracolo dello
Spirito Santo che osiamo esprimerci così? La sola cosa che ci
autorizza a ciò è la fiducia che
ci spinge, uniti al nostro «fratello maggiore », a rivolgerci al
Dio Santo invocandolo « Abba,
Padre ».
Certo, poco a poco impariamo
a conoscerci meglio gli uni gli
altri. I volti dei cristiani di ogni
parte del mondo ci appaiono più
familiari: li vediamo sui giornali e al cinema, alla televisione e
sui manifesti, talvolta ascoltiamo la voce di quelli che ci sono
lontani. Può anche accadere che
abbiamo la gioia di incontrare
personalmente qualcuno di quelli coi quali lo Spirito Santo ci
ha resi « uno ». Ringraziamo Dio
che ci ha reso visibile, almeno
in parte, una comunità fraterna
che i nostri predecessori hanno
potuto vivere solo per fede e.
Tempo di confermazioni - I giovani e l’identità evangelica
La
CI
Bibbia non basta:
vuoie una realtà comunitaria
no che si chiamano appunto
« difesa », « prevenzione », « si
curezza nazionale basata sul terrore che la perfezione degli armamenti incute agli altri », denunciando che tutte queste cose
si possono realizzare unicamente a detrimento di altre realtà
ben più importanti, quali « giustizia » e « pace », nel suo senso
ampio di spazio in cui la per
« Che cosa sono io? »
« Sto forse diventando ateo? »
Talvolta, dopo alcuni anni di
Scuola Domenicale frequentata
più o meno assiduamente, vediamo i nostri ragazzi diventare
« tiepidi » o inquieti di fronte
ai problemi della fede. Emergono allora i nostri complessi di
colpa o gli improvvisi scrupoli
di coscienza che il più delle volte cerchiamo di ricacciare in
fondo a noi stessi, riducendo il
tutto alla solita « crisi dell’adolescenza », ai soliti interrogativi
che i ragazzi sui 15 anni si pongono, ma che oggi più di un
tempo, diventano pressanti, perché ogni valore — dall’oggi al
domani — viene ridiscusso, perché si è sempre più coinvolti in
un sistema di vita che ci inquadra tutti più o meno nello stesso modo, perché si perde facilmente la propria identità ed è
difficile capire cosa significa essere cristiano, evangelico, protestante.
Chi è impegnato con i giovani e prende a cuore seriamente
i loro problemi, si rende conto
di quanto sia insufficiente pro
porre una conoscenza letterale
della Bibbia, una « lezione di
catechismo », di un’ora, perché
tutta una vita ne sia arricchita.
Non si vive più nel ghetto di un
tempo; i ragazzi sono costantemente inseriti nel contesto generale della società, sia nella scuola, sia nel lavoro, sia nel dibattito politico. Nasce l’esigenza di
sapere innanzi tutto « che cosa
sono io? », « in che cosa credo? »,
«chi è il mio frateiio e in che
cosa crede? », « cosa significa
essere una comunità e che cosa
si può fare insieme per creare
un mondo migliore? ». Perciò si
rende necessaria una conoscenza biblica che non sia intesa come cultura astratta, ma come
ricerca e soluzione — in momenti di vita comunitaria — dei problemi che ci travagliano.
L’intento delle Scuole Domenicali e dei Catechismi è proprio di rispondere a queste esigenze. I programmi proposti
dal Servizio Educazione e Istruzione sono certamente interessanti, ma il problema di fondo
è soprattutto di creare una mentalità comunitaria e di organiz
zare strumenti adatti: non più
soltanto l’ora settimanale, ma
occasioni varie di incontro; pomeriggi trascorsi insieme; intere giornate comunitarie e agapi
con gli adulti in un contesto di
fraternità, diverso da quello in
cui si trovano normalmente o
in famiglia o nella scuola e anche nel lavoro.
La conoscenza del testo biblico è certamente importante, ma
siamo convinti che creare questo ambiente di incontro, di dialogo, di scambio di esperienze
non sia soltanto una cornice dell’educazione alla fede, bensì, un
momento essenziale di quella
comunione di pensiero e di vita
tra credenti che è propriamente
la realtà vera della chiesa.
Così arricchiti e fortificati
dall’interscambio di doni che si
realizza nella vita comunitaria,
ed acquisita la coscienza della
propria identità in rapporto alla « persona » dell’altro che vive loro accanto, i ragazzi sapranno essere fin d’ora, nella
società, fautori del messaggio
di liberazione di Cristo.
Violetta Sonelli
con l'apostolo Paolo, « rendiamogli grazie ogni volta che ricordiamo questi fratelli e queste sorelle » (FU. 1: 3).
. In tal modo ci è più facile
pregare gli uni per gli altri. Oggi la storia di alcuni nostri fratelli e sorelle ci è nota: gli uni
sono in grande distretta, subiscono il carcere o rischiano la
morte per aver testimoniato dell'Evangelo; alcuni sono perseguitati per aver osato difendere la
creatura umana, ma ve ne sono
anche che proclamano vittoriosamente l’Evangelo; molti danno generosamente e sono con
gioia al servizio del loro prossimo, altri si distinguono per la
loro erudizione creatrice o il loro fervore spirituale.
In questo periodo di Pentecoste perché non fare un elenco di
tutte le persone, di tutti i luoghi e di tutte le situazioni che
ci presentano in modo più vivo
questa comunità di fratelli e sorelle, e lasciarci guidare da questa lista per la nostra intercessione?
Ma la comunità alla quale siamo stati condotti dalla fede in
Gesù Cristo apre un orizzonte
più vasto alle nostre preghiere:
quello del mondo intero afferrato dall'amore di Dio. Questo
amore ci rende''solidali con tutti gli esseri umani e tutti i pòpoli, superando le diversità di
sesso, di razza, di condizione sociale, in una aspirazione profonda alla vita, alla libertà e alla
giustizia che lo Spirito Santo
promette a tutta l'umanità e all’universo intero. Non c’è né
speranza, né sofferenza, né persecuzione, né impresa o creazione umana autentiche che non
possiamo fare nostre nella nostra preghiera a Dio. Nello Spirito Santo scopriamo che il quotidiano, le informazioni radiofoniche o televisive costituiscono per noi un calendario, un libro di preghiere costantemente
aggiornato. .
Nel medesimo tempo, la preghiera è il nutrimento della nostra comunità e deve essere concreta. L’attualità ci precipita talvolta nella perplessità o nella
prostrazione. Siamo in grado di
sapere ciò che è veramente utile ai nostri fratelli e sorelle che
vivono in paesi lontani? Pregheremo perché possano avere una
parte maggiore — o minore —
agli scambi internazionali? Hanno bisogno di un aiuto per lo
sviluppo o di un mutamento radicale delle strutture della loro
società? Occorrono più missionari o ne occorrono di meno?
Come reagire alla fiammata di
violenza e di terrorismo che col
(Continua a pag. 2)
ì
2
12 maggio 1978
Due; convegni su l’educazione cristiana in vista della fede
La “[colpa” delle comunità
Viering
« La grande maggioranza delle
famiglie ha perso l’abitudine di
una qualsiasi forma di "culto di
famiglia’’ o di dialogo tra genitori e figli sui temi della fede e
ha demandato alla chiesa questa
responsabilità » ha affermato il
pastore Giuliana Gandolfo Pascal introducendo il tema del1’« Educazione cristiana in vista
della fede » il 25 aprile a Viering
(Val d’Aosta). La chiesa non rifiuta certo questo compito affidatole e anzi cerca di svolgerlo con
un’organizzazione abbastanza efficiente e un materiale valido e
aggiornato. Ma è sufficiente questa soluzione del problema? Si
risponde così sufficientemente al
complesso di inferiorità dei bambini nei confronti dei loro compagni cattolici e ai problemi dei
ragazzi di fronte all’agnosticismo e all’ateismo?
Accanto al problema delle famiglie il pastore Gandolfo Pascal
ha posto quello delle chiese che
spesso appaiono fredde, mancanti di fraternità e di legami interpersonali, poco invitanti per giovani che si preparano a farne
parte con la confermazione senza essere stati inseriti e accolti
in un contesto comunitario negli anni della loro preparazione.
Si è tuttavia rilevato che i giovani non sono più assenti di
quanto non siano gli adulti e che
problemi di incomprensione tra
le generazioni sono sempre esistiti. Va però sottolineato il fatto
Spirito
e preghiera
(segue da pag. 1)
pisce tanti paesi? Le risposte a
queste domande — le risposte
che abbiamo imparato a scuola,
nei mass media, le idee di moda o anche l'insegnamento della chiesa — sono per lo meno
contraddittorie. Ciò che gli uni
si sentono spinti a domandare,
gli altri lo respingono con indignazione. Il fatto che siamo turbati non ci deve sorprendere, visto che « non sappiamo pregare
come si conviene » (Rom. 8: 26).
Ma il Signore sa ciò di cui abbiamo veramente bisogno. « Lo
Spirito stesso intercede per noi ».
Traduce le nostre preghiere confuse e esitanti, affinché esse
giungano al Padre « come si conviene ». Con piena fiducia possiamo dire « amen » all'intercessione dello Spirito Santo che riceve le nostre preghiere e quelle dei nostri fratelli e sorelle e
le unisce in questo piano d'amore del Signore del mondo e della vita.
Pregando così ci apriamo alla
correzione dello Spirito Santo,
accettiamo che il Signore stesso
ci insegni, còn la parola e le
aspirazioni dell'altro, a pregare
« come si conviene ». Pregare
per gli altri significa essere aperti a lasciarci correggere dallo
Spirito mediante i bisogni del
nostro prossimo.
La piena comunione di lingua,
di cuore e di spirito, di dottrina
e di solidarietà presente alla prima Pentecoste è ben lontana dal
manifestarsi oggi tra noi. Non
comprendiamo nemmeno chiaramente come sia possibile avanzare^ verso questa comunione.
Ma impariamo di giorno in giorno a vederci e a comprenderci
gli uni gli altri in maniera più
perfetta. E, continuando a « pregare con la nostra intelligenza »,
esprimiamo il nostro amore con
parole di riconoscenza, di solidarietà e di speranza, e le affidiamo allo Spirito Santo che ci
avvicina sempre di più al tempo in cui la promessa di Pentecoste si manifesterà visibilmente in ciascuno di noi e in tutto
l'universo.
I presidenti del CEC ;
Pastore W. A. Visser't Hooft, Ginevra, presidente onorario; Signora Annie Jiagge, Ghana ; Pastore José Miguez Bonino, Argentina ; Metropol. Nikodim, URSS ;
M.T.B. Simatupang, Indonesia ;
Arcivescovo Olof Sundby, Svezia ; Sig.ra Cynthia Wedel, USA.
ohe i problemi dei giovani nei
confronti della chiesa oggi si
pongono con maggiore risalto
perché è diverso l’atteggiamento
dei ragazzi verso la famiglia, la
scuola, e quindi anche verso la
chiesa.
La discussione — che è stata
animata anche da un intervento
di un raprpresentante del gruppo
giovanile di Torino che ha sottolineato la « colpa » della comunità nel mancato inserimento dei
giovani nella chiesa — è così
slittata dalTargomento dell’educazione alla fede a quello delle
comunità odierne e non a caso
è stato appunto suggerito al termine un nuovo tema di discussione per il prossimo anno: « la
comunità ».
Alla giornata di Viering hanno
partecipato una trentina di persone dalle chiese valdesi di Aosta, Ivrea e Torino e due graditi
ospiti, rappresentanti della Chiesa dei Fratelli di Ivrea. È risultata una giornata intensa e interessante non solo per l’attualità
del tema ma anche j>er la discussione che ha coinvolto persone
di tutte le età.
Catanzaro
« Più di una falla si è aperta
nell’antica arca di Noè », ha affermato Rosa Maria Pozzanghera introducendo il tema delTeducazione cristiana in vista della
fede nelTincontro delle comunità del XV circuito (Calabria) tenutosi il 9 aprile a Catanzaro con
la partecipazione di una settantina di persone. Con questa immagine alludeva alTallontanamento di tanti giovani dalla chiesa e soggiungeva che la colpa
non è da attribuire a chi incautamente si è lasciato sorprendere
daH’acqua. In altri termini, ciò
che allontana i giovani dalla
chiesa è spesso l’incoerenza tra
paróle e fatti, tra l’insegnamento
e il comportamento, il tendere a
presentare famiglia e comunità
migliori di quello che sostanzialmente sono.
Da questa valutazione deriva
la necessità di comprendere l’educazione cristiana in vista della
fede come una evangelizzazione
di fatti più che di parole. A questo criterio deve attenersi Tinse
gnamento della scuola domenicale e del catechismo ma anche
lo stesso culto domenicale, se
non si vuole che l’insegnamento
sia dimenticato non appena cessa l’ascolto.
Sottolineando fortemente l’esigenza di una pratica confessante, Foratrice ha così concluso:
« Ciò di cui abbiamo bisogno
non è un discorso sul metodo da
adottare per educare cristianamente perché siamo tutti consapevoli del fatto ohe anche il metodo più rispondente ai dettami
della pedagogia e didattica d’avanguardia possa essere sterile e
lasciare indifferenti tanto i piccoli che i grandi; in quanto la
fede in Dio non è un concetto,
un’idea di cui basta essere convinti, ma soprattutto una decisione che riguarda una pratica
di vita. Scuola domenicale, catechismo, culto, sono soltanto dei
momenti di questa pratica, sia
per chi è adulto nella fede sia
per ohi è ancora bambino ».
CARRARA
Il giorno di Pasqua il culto a
Carrara è stato preparato e presieduto da un gruppo di giovani. Un giovane scultore del Costarica, attualmente studente all’accademia di Carrara, membro della chiesa Battista nel suo
paese, ha elaborato insieme ai
pochi giovani della comunità la
liturgia, la lettura e la predicazione per questa domenica. Il
pensiero e la esortazione centrale era che pur trovandoci «in
esilio » come Giovanni a Patmo
siamo chiamati ad agire per
cambiare il mondo. In questo
non siamo soli ma abbiamo un
alleato in Dio che combatte al
nostro fianco.
Nel 33° anniversario della Liberazione si è svolto a Gragnana di Carrara un partecipato
convegno per ricordare la figura e l’opera di Jacopo Lombardini. Per mancanza di spazio ci
vediamo costretti a rinviare al
prossimo numero alcune testinianze di quella giornata.
Hanno collaborato a questo
numero: Franco Davite - Dino
Gardiol - Eros Mannelli - Luigi Marchetti - Patrizia Mathieu - Giorgio Tourn.
PROTESTANTESIMO IN TV
A questa domanda si è cercato
di rispondere nel corso di una piccola tavola rotonda condotta in
studio da Giorgio Girardet con la
partecipazione di Mario Miegge, insegnante, Massimo Aquilante, studente, e Paolo Bogo, tecnico del
ri.B.M.
Dopo un filmato iniziale sul problema della occupazione giovanile
nel nostro Paese è iniziata la discussione. Che cosa significa « lavoro » per l’uomo protestante che
vive nella Italia di oggi? Ha an
ta e di risposta positiva alla chiamata di Dio.
Detto questo, e sottolineata la
portata rivoluzionaria che questo
evento assume per il mondo moderno, resta da chiedersi — con Massimo Aquilante — se il tipo di lavoro dì fronte al quale ci troviamo oggi, renda possibile o meno
questa partecipazione. La risposta,
specialmente per i giovani, non può
essere che negativa, e quindi —
come ha sottolineato Paolo Bogo
— runico modo di <c vivere il la
Gos’è il lavoro?
cora lo stesso valore che rivestiva
per gli Evangelici del ’500?
Questi spunti per il dibattito
offerti da Girardet sono stati sviluppati a lungo da Mario Mìegge in
chiave storica. La Riforma del
XVI secolo ha tolto al concetto di
« vocazione » quel carattere monastico ed extramondano che aveva
assunto nel corso del medioevo,
riaffermando che l’esperienza di
Cristo non è monopolio di pochi
<( chierici » ma coinvolge senza distinzione di livello l’intero popolo
di Dio. In questa prospettiva la vocazione non si vive più marginalmente, a latere della vita civile,
ma al centro della propria concreta
esperienza di uomini.
Assistiamo così ad una fondazio
ne teologica di valori apparentemente profani quali il lavoro ed
insieme, al distacco da concezioni
a religiose » ancora profondamente
radicate nella società del tempo :
per il Protestantesimo nascente il
lavoro non eocheggia più la biblica maledizione sui discendenti di
Adamo (Gen. 3: 17-19), ma apre
invece all’uomo uno spazio di liber
voro » in modo non alienante, consiste nel battersi per modificarne
l’assetto. Lo stesso tema è stato
ancora ripreso da Miegge che ha
ricordato come, in una economia
di mercato quale quella italiana, il
lavoro è ridotto a merce che si
scambia con altra merce per ottenere beni di consumo. Una forma
di maggiore responsabilizzazione
potrebbe certamente consistere nell’estendere dai vertici alla base il
potere decisionale che oggi nei
campi più svariati tende ad accentrarsi.
Su queste considerazioni provvi
sorie (e non potevano essere altrimenti) sì è chiusa la trasmissione,
interessante nel complesso ma assai
meno vìva di altre volte. I filmati
in particolare, destinati a fornire
una base documentata per la discussione, hanno finito per diluirne
il contenuto, impedendo forse l’approfondimento di singoli temi.
L’argomento era tuttavia di estremo rilievo e meriterà di essere
affrontato nuovamente.
Enrico Benedetto
PROSSIMAMENTE
PROTESTANTESIMO-TV
Lunedi 15 maggio, ore 22.45 - II
canale : cc Quale Chiesa per quale servizio ».
Trasmissione dedicata da un iato
ad una informazione sulla struttura
organizzativa delle Chiese Evangeliche
in Italia, dairaltro ad alcune riflessioni
sul « servizio », sulla diakonia all’interno della Chiesa nella nostra società.
CULTI ALLA RADIO
I prossimi culti-radio (radio 1, ore
7.35) del mese di maggio saranno tenuti il 14 dal pastore Paolo Sbaffi, il
21 e il 28 dal pastore Mario Affuso.
Presenza evangelica
nelle emittenti private
Avrà luogo ad Ecumene il 3-4
giugno, organizzato dalla Federazione, un convegno sulla presenza evangelica nelle emittenti
private. Informazioni presso il
servizio stampa radio televisione via Firenze 38, Roma, tei.
06/4755120, oppure presso il servizio studi: Sergio Ribet, via
Petrarca 44 - Torino - tei. 011/
6508424.
TRIBUNA LIBERA
Caro Vinay, aspettavo un tuo scritto
Caro Vinay,
aspettavo da un po’ un tuo scrìtto
sul Vietnam. Negli anni scorsi hai
scritto parecchio su di esso, con entusiasmo.
Poi, attraverso la cortina di bambù,
han cominciato a filtrare notizie. Si è
saputo che si protraeva una guerriglia
— di colore ambiguo — di gente che
resisteva al nuovo regime imposto con
le armi. Soprattutto si è avuta notizia
degli arbìtrii e della durezza dei ’’campi di rieducazione”. Era questa Tarraoniosa riconciliazione di cui parlavi?
Nella tua battaglia per ì diritti umani, che cosa dici al riguardo? Aspettavo un tuo scritto.
Poi è scoppiato il conflitto vietnamita-cambogiano. Si potrebbe attribuirne
la responsabilità principale al più duro e feroce regime dei khmer rossi, ma
non bisogna dimenticare la pesante
pressione esercitata da Hanoi sul Laos,
una larvata occupazione a momenti :
giocando sulla rivalità fra URSS e Cina, il Vietnam (del Nord, cioè i tonkinesi) ha manifestato una volontà
egemonica su tutta l’Indocina. In
questo contesto ha sviluppato una potenza militare che non ha confronti in
alcun altro paese asiatico, Cina esclusa. Ora, teniamo pure conto dell’aiuto
sovietico (come avviene in altre aree,
rURSS fa di un paese il suo braccio
armato) e della confisca quale giusta
preda di guerra dell’ingente materiale
bellico USA al momento della debacle :
comunque, questo massiccio apparato
militare avrà pure un allo costo, no?
Nella tua battaglia per il disarmo e la
pace, che cosa dici al riguardo? Aspettavo un tuo scritto.
Poi si è cominciato a parlare con
intensità crescente dei profughi: a
decine, forse a centinaia di migliaia
affrontano su imbarcazioni di fortuna
il mare e fin l’oceano, fino all’Australia, sfidando la sorveglianza governativa, i pirati che ne fanno facile preda,
la ripulsa da parte di paesi limitrofi e
da parte di navi che non vogliono
compromettersi prendendoli a bordo.
Sappiamo quanti ne arrivano (v. ad
es. sul (( Journal des missions évangéliques » n. 1/1978 un articolo per
nulla fazioso sui rifugiati indocinesi
accolti in Francia, in flusso continuo),
non sapremo mai in quanti sono partiti. Ormai, da tempo, non sono più i
pezzi da novanta compromessi col re
CENTENARIO
DI VALLEGROSIA
Il 21 maggio corr. la
Chiesa Valdese di Vallecrosia, D. v., celebrerà il
centenario del suo tempio
(1878 - 1978).
— Ore 10,45 culto celebrativo nel tempio medesimo con Santa Cena.
— Ore 12,30 àgape fraterna alla Casa Valdese.
— Ore 15 pomeriggio comunitario.
Tutti coloro che vorranno unirsi alla gioia riconoscente della Comunità
di Vallecrosia saranno i
benvenuti tanto più se ci
comunicheranno in anticipo la loro partecipazione.
girne di Thieu, quelli son filati a tempo, e ben forniti. Pensi che questi profughi siano tutti individui asociali,
tutte prostitute renitenti alla redenzione sociale? Si è scritto che i rifugiati
sono « quelli che votano con i loro
piedi ». Il giornalista T. Terzani, de
(( L’Espresso », che era a Saigon al momento della ’’liberazione” e scrisse allora articoli entusiasti e sereni analoghi ai tuoi, in questi ultimi mesi ha
però correttamente scritto di questi
profughi, della loro dura odissea, del
problema che pongono. Di questi minimi, emarginati dalla storia, tu che
dici? Aspettavo un tuo scritto.
Ed ecco, tu scrivi (n. 16, 21.4.’78).
Ma di quanto sopra, non un cenno.
Convinto di avere spazzato una volta
per tutte le voci calunniose, esalti le
opere del regime, con l’ausilio della
Cittadella assisiate (aifiancatrice dell’”allineamento” del cattolicesimo vietnamita ufficiale, svelto a cambiar bandiera e di nuovo collaborazionista?
Per parte mia, dubito delle conversioni forzate...).
Non contesto quanto di positivo si
sta facendo nel Vietnam, ed è giusto
darne informazione. Ma domando: a
quale prezzo? E poiché tu parli e seri
vi del Vietnam, ti chiedo dì parlare
non solo dei risultati, ma anche del
loro prezzo. Ancora, tu solleciti di nuovo il nostro aiuto: senza dubbio l’occidente ha un grosso debito con le popolazioni indocinesi; ma non sarebbe
giusto considerare anche là quante risorse cono risucchiate dalla struttura
di un regime notevolmente militarista
e non esente da tentazioni imperialiste? Che sìan tutte luci, in quella scelta di vita e dì sviluppo, non direi.
La cosa non mi stupisce: ma non dovrebbe stupire Le? Io non sono un no
stalgico, lo sai (e anche i lettori di
questo giornale lo sanno : tanto più
per ciò che riguarda la storia vietnamita recente); ma, a differenza di te,
non sono un entusiasta : e intendo
questo non nel senso dell’indole, ma
dell’atteggiamento spirituale, dell’impostazione teologica.
Non preten'do certo che altri siano
angeli (da che pulpito!). Dico solo che
non sono angeli né s.antì, ma uomini
come me e te, e parecchio ’’vecchi”.
La tua presentazione del Vietnam è
oleografica; ma la realtà è diversa. La
nostra agape non deve andare anche e
forse anzitutto a coloro che questa diversità patiscono nella propria carne e
nei propri affetti, e spingerci a parlare
per quelli che non hanno voce e che
rivelano — importuni — la perdurante infezione di una piaga che vorremmo, sia pur dolorosamente, rimarginata?
Gino Conte
P.S. - A proposito di oleografie, ce
n’è un’altra che si va diffondendo —
non per tua responsabilità — in molte case, anche evangeliche : quella cubana. A Cuba stanno senza dubbio accadendo cose notevoli e positive; ma
anche qui si tace che — a parte i rifugiati, numerosi — ci sono dei prigionieri politici nelle carceri cubane (anche comunisti dissenzienti dal regime); e, dopo avere giustamente attaccato gli USA « gendarmi » del mondo,
si assiste senza batter cìglio o con approvazione alla partecipazione dei
(f gendarmi » cubani — ascari e dubat
del Cremlino — alTambiguo conflitto
angolano e ora a quello più ambiguo
ancora nel « corno d’Afrìca », domani
nell’Africa australe. Tacere le ombre
è scorretto quanto tacere le luci.
3
12 maggio 1978
I DOCUMENTI DEL ’’VERTICE” ECUMENICO DI CHANTILLY SULL’UNITA’ E SULLA PACE
_____I UUUUlVItlM 11 UtL vcmioc Ci^UIVIClNlov^ ui I lui-i owi-i
le chiese d’Europa più prudenti che coraggiose?
/-V i-i r» 4-i/-> o \/iooii4-o r>r»rr>£i ’’r^nrini i n i nn/a r>nnr> i 1 i ci ria ' ’ lina nn7ÌnnP Pnntt'nVPfSFl fTìfì flffflSCi- _
L’unità cristiana vissuta come ’’comunione conciliare ”, una nozione controversa ma affascinante - Non si tratta solo di stare insieme ma di crescere insieme - Alcuni interrogativi importanti (i! papato, l’autorità nella chiesa, l’intercomunione) dovranno essere ripresi e discussi
Uno dei presidenti dell’incontro di Chantilly (sul quale abbiamo già riferito in un primo
articolo : cfr. « Eco-Luce » n. 18),
il vescovo di Marsiglia mons.
Etchegaray ebbe a dire, al termine dei lavori : « Quello che s’è
vissuto a Chantilly è più grande e più intenso di quel che traspare dai documenti Anali. L’evento di questo incontro è più
importante del suo contenuto ».
È vero. Ciò nondimeno l’assemblea riunita a Chantilly (costituita — come si ricorderà — da
40 vescovi cattolici d’Europa e
40 rappresentanti delle chiese
protestanti e ortodosse europee)
ha prodotto alcuni documenti
che meritano la nostra attenzione. Malgrado i loro limiti evidenti, contengono alcune indicazioni interessanti.
I documenti sono di due tipi;
al primo appartengono le 4 relazioni introduttive, due sull’unità e due sulla pace; al secondo
appartengono due testi (uno
sull’unità e uno sulla pace) elaborati nei gruppi di lavoro e varati in assemblea plenaria nella
loro stesura quasi deAnitiva (il
Segretariato della conferenza
potrà apportarvi modiAche di
stile ) e un « messaggio » ai cristiani d’Europa. Questi ultimi
tre documenti esprimono a grandi linee gli orientamenti prevalenti nell’assemblea ed hanno
quindi un peso maggiore dei primi quattro, che esprimono soltanto il parere personale, per
quanto autorevole, dei loro autori : il card. Hume e il prof.
Zabolotsky (ortodosso) sull’unità ; il vescovo cattolico De
Smedt e il vescovo luterano
Krusche sulla pace.
Che cosa ha detto il « vertice » di Chantilly su questi due
temi cruciali?
L’unità
come conciiiarità
Il modello di unità cristiana
adottato a Chantilly è quello
della « comunione conciliajpe ».
L’assemblea sembra dunque
aver accettato quella che è ormai la proposta prevalente in
seno al movimento ecumenico
che fa capo a Ginevra; l’unità
cristiana va intesa e realizzata
come « comunione conciliare ».
Naturalmente questa nozione è
ancora controversa. I fratelli
ortodossi in particolare ritengono che un concilio veramente ecumenico in grado di parlare a nome di tutti i cristiani
possa avvenire solo dopo aver
raggiunto l’unità di fede, sia
cioè la meta Anale del lungo
cammino ecumenico. Altri (i
protestanti soprattutto ) fanno
osservare che la conciiiarità può
essere, oltre che la meta da raggiungere, anche un modo per
raggiungerla. Comunque a Chantilly, malgrado talune perplessità — del resto plausibili —
espresse dal prof. Zabolotsky,
l’unica concreta prospettiva unitaria emersa è appunto quella
della « comunione conciliare » ;
di altri possibili progetti non
s’è parlato. L’unità cristiana dovrebbe quindi realizzarsi non
con la conAuenza di tutti i cristiani in un’unica grande chiesa ma con rincontro delle diverse chiese su base conciliare
(o, come diciamo noi, sinodale).
Non Ci sarà più una chiesa che
assorbe le altre ma tutte le chiese, riconosciutesi come chiese
sorelle, cercheranno ed esprimeranno insieme la loro unità
attraverso strutture conciliari,
a livello locale, nazionale e Universale. Certo nessuna struttura
può di per sé creare l’unità; il
documento di Chantilly ricorda
giustamente che la piena unità
cristiana « sarà sempre un libero dono di Dio ». Ma la struttura conciliare sembra essere quella più idonea a promuoverla e,
inAne, a raggiungerla, purché,
come dice il documento, s’intenda la comunione conciliare
« in termini dinamici » ; non si
tratta solo di stare insieme ma
di « crescere insieme ».
E il papa? si chiederà qualcuno. Occuperà un posto particolare in questa comunione conciliare oppure continuerà ad essere quello che è ora; il centro
della comunione cattoUco-romana? Il problema è stato posto
in seduta plenaria ma la risposta del card. Hume è stata evasiva. « La mia sarà una risposta senza risposta » ha detto. Incertezza? Prudenza? Ambiguità?
Non sappiamo. Comunque il documento Anale di Chantilly non
parla del papato.
Due temi particolari, fra quelli accennati nel documento, meritano di essere rilevati; quello
dell’autorità (o «magistero»)
nella chiesa e quello dell’intercomunione. Sul primo si affer
ma che « mentre ammettiamo
tutti l’autorità suprema della
Parola di Dio non solo come parola scritta ma come ’viva voce
deli’Evangelo’, siamo ancora divisi sulla sua interpretazione ».
Degno di nota è il paragrafo dedicato alla « gerarchia delle verità », affermata dal Vaticano II
e ripresa dal card. Hume ; questa nozione viene accolta (con
qualche riserva) dal documento, come espressione della necessità, per ogni confessione, di
« articolare le verità della loro
fede in rapporto alla Verità vivente in persona, Gesù Cristo ».
Si tratta di un’affermazione importante nel dialogo ecumenico,
soprattutto per l’interlocutore
cattolico, che può cos) relegare
in periferia (e al limite lasciar
cadere in disuso) certi dogmi e
dottrine prive di fondamento
evangelico (dogmi mariani, ecc.).
Per quanto concerne l’interoomunione, il documento la considera «una questione irrisolta ». Non incoraggia quindi i cristiani a praticarla ma neppure
chiede loro di rinunciarvi del
tutto. Il documento, su questo
punto, non è affermativo ma interrogativo. La sicurezza con cui
molti (il Vaticano specialmente) condannavano l’intercomunione si sta incrinando. Oggi
non si è più tanto sicuri che la
fedeltà alle nostre chiese e alle
nostre liturgie coincida necessariamente con la fedeltà al Signore e al suo ordine ; « Prendete e mangiate ». A Chantilly il
dilemma tra i cristiani divisi
tra loro proprio nel momento
in cui Gesù li convoca tutti alla
sua mensa è stato sperimentato
nei culti del mattino (ima messa cattolica, una S. Cena protestante e una liturgia ortodossa)
e viene formulato, nel documento Anale, con queste due domande ; « Se è Cristo che ci offre
ospitaiità al tavolo dell’eucaristia, perché non possiamo rispondere insieme al suo invito?
Se, d’altra parte, comunione ecclesiale e comunione eucaristica
sono identiche, abbiamo il diritto di comunicare insieme? ».
L’assemblea di Chantilly non ha
potuto o voluto rispondere a
queste domande e sciogliere il
dilemma.
La lacuna maggiore del documento suH’unità è, ancora una
volta, la scarsa insistenza sulla
necessità che tutte le chiese si
conformino all’evangelo. Altrimenti l’unità cristiana, anche se
vi si giungesse, sarebbe insigniAcante. La vera domanda ecumenica — come ognuno sa —
non è ; che cosa ci divide gli uni
dagli altri? ma; che cosa ci divide da Gesù Cristo? Nel documento c’è un accenno al fatto
che le giovani generazioni manifestano poco interesse per le
chiese e il loro modo (troppo
teorico e dottrinale) di cercare
l’unità. Ma Dto stesso (e non
solo i giovani) potrebbe nutrire
poco interesse per le chiese, unite o divise che siano, se esse restano così, come sono. Nei documenti ecumenici, e in tutti i
discorsi e le iniziative delle chiese, bisognerebbe fare di più e
meglio i conti con Dio.
Una pace
buon mercato?
a
È importante che il tema della pace sia stato associato a
quello dell’unità. L’unità della
chiesa non va disgiunta dall’uniPaolo Ricca
(co-itinua a pag. 8)
Vivere senza armi
Con questo titolo è uscito il
n. 2 della nuova collana « Dossier » edita dalla Claudiana. Si
tratta di un libretto di 54 pagine (L. 1.000) che contiene due
interventi del teologo protestante tedesco Helmut Gollwitzer,
una delle Agure più vive e più
libere dei nostri tempi.
Il primo intervento, che dà
appunto il titolo alla pubblicazione, è la comunicazione effettuata il 9 giugno 1977 in occasione del dibattito su « Pace, disarmo e riconciliazione » durante il 17° Kirchentag evangelico
di Berlino Ovest.
Il secondo, dal titolo « La nostra lotta per la pace ed il disarmo» è la conferenza pronunciata successivamente, il 19 settembre 1977 a Berlino Ovest alla riunione annuale della Commissione teologica della « Conferenza cristiana per la pace».
Conclude un breve commento di Saverio Merlo il quale —
giustamente — sottolinea che in
un paese « di frontiera » qual è
la Germania occidentale, il concetto di pace ha un signiAcato
ed un peso molto più forti che
nel resto d’Europa ; questo va
tenuto ben presente per situare
il discorso del teologo nel suo
preciso contesto storico-culturale, oltre a quello geograAco.
Chiesa diventi la sposa di Cristo, il principe della pace e quindi servire solo più la pace.
Roberto Peyrot
H. Gollwitzer, Vivere senza armi,
l’Europa sotto la minaccia della
bomba « N », Claudiana, 1978;
Dossier n. 2, pp. 54, L. 1.000.
Gollwitzer, partendo dalla notizia della scoperta da parte degli Stati Uniti della bomba al
neutrone (detta altrimenti anche bomba N.) fa una riAessione ben più ampia sul problema
degli armamenti, infatti egli si
richiama in modo particolare al
’Programma antimilitarista’ del
Consiglio ecumenico delle Chiese, approvato nel mese di dicembre 1975 in occasione dell’Assemblea di Nairobi, programma
che secondo Gollwitzer « non
ha Añora suscitato estese di
No alla bomba ”N’
Anche noi
possiamo fare
qualcosa
scussiom ».
'echi dal mondo cristiano.
a cura di BRUNO BELLION
Il Consiglio Ecumenico
è troppo occidentale?
I servizi stampa delle chiese
tedesche si chiedono se il Consiglio Ecumenico delle Chiese,
nelle sue componenti di funzionari e impiegati, diventerà totalmente svizzero, perdendo così, quel carattere di internazionalità che lo ha contraddistinto
Anora.
La domanda parte dalla constatazione che negli ultimi quattro anni il personale svizzero è
passato dal 20 al 48 per cento.
I responsabili del Consiglio Ecumenico sono preoccupati di questa tendenza, ma si trovano a
combattere con le rigide leggi
adottate dalla Svizzera per evitare che troppi lavoratori stranieri vengano a occupare posti
di lavoro che potrebbero essere
coperti da persone di nazionalità svizzera.
La Federazione delle Chiese
svizzere è più volte intervenuta
presso le autorità per facilitare
l’assunzione di personale straniero.
A titolo informativo su 270
persone che lavorano al CEC,
i quadri dirigenti sono 115. Di
questi ultimi, la metà proviene
dai paesi dell’Europa Occidentale, 17 dall’America del Nord, 9
dall’Asia, 7 dall’Africa, 12 dall’America Latina e dai Caraibi,
4 dai paesi del PaciAco e una
dozzina dall’Europa Orientale.
Una ulteriore accentuazione della « occidentalità » potrebbe essere pericolosa per il lavoro del
CEC, venendo a mancare quella
sensibilità mondiale indispensabile.
de Carvalho, presidente del Consiglio delle Chiese angolane, di
recente costituzione, ha risposto a queste critiche e le sue risposte hanno avuto larga eco.
Egli afferma innanzitutto che il
numero dei credenti in Angola è
in costante aumento, per cui si
calcola che attualmente dei circa 6,5 milioni di abitanti il paese, almeno 5 milioni sono cristiani (3 milioni di cattolici e 2
di evangelici). Certo, il governo
ha la sua posizione molto chiara
di fronte al problema « religione », soprattutto per il fatto che
vede nelle chiese che per circa
500 anni hanno sostenuto, direttamente o indirettamente,
consapevolmente o inconsapevolmente, il regime coloniale,
una forma di conservazione. Sta,
secondo il de Carvalho, alle
chiese stesse dimostrare il contrario.
Nella nuova società
angolana la chiesa
ha il suo posto
La situazione della Chiesa in
Angola, dopo la Ane della dominazione portoghese, ha suscitato molte perplessità, soprattutto presso quelle chiese che
sostengono Ananziariamente le
iniziative della chiesa angolana.
Il motivo è la difficoltà per la
chiesa locale di una attività di
qualsiasi natura, dopo che le
scuole e l’assistenza sono state
assunte dallo stato, con una forma di nazionalizzazione.
Il vescovo metodista Emilio
Se anche è stato abolito l’insegnamento religioso nelle scuole, il governo non si oppone affatto che venga impartito un insegnamento catechetico alle nuove generazioni ed in particolare
richiede alle chiese un impegno
sempre maggiore nella formazione di insegnanti per i villaggi e di personale sanitario in vista di una maggiore e più efficace presenza educativa e sanitaria decentrata.
Egli fa notare come i contenuti di questo programma, a differenza di tanti altri appelli che
si rivolgono agli « altri », ai governi, ai popoli, si rivolge « a noi
stessi nella misura in cui apparteniamo alla Chiesa ». Molte
notizie e dati interessanti vengono forniti da Gollwitzer e lasciamo ai lettori di trovarli e
valutarli; vogliamo qui limitarci a riportare alcuni concetti,
fra i più signiAcativi.
Gollwitzer afferma che la
odierna corsa agli armamenti
« è oggi uno dei tre massimi pericoli mondiali che minacciano
gli uomini di distruzione, accanto al pericolo della distruzione
dell’ambiente naturale ed a quello della perdita della democrazia e soppressione dei diritti
umani ad opera di una forza
dittatoriale ». Ci si preoccupa
tanto (giustamente) e si passano « notti insonni a causa delle
azioni di qualche terrorista, che
certo sono da condannare, mentre si dormono sonni tranquilli
di fronte al terrore grande, enorme, del riarmo da ogni parte e
alla minaccia di distruzione
umana che incombe su tutti ».
Le affermazioni di de Carvalho sono state appoggiate dall’autorevole voce della Alliance
Missionaire Evangélique svizzera, la quale può continuare
senza alcuna difficoltà il suo lavoro in Angola, in particolare
con progetti di istruzione sanitaria e artigianale.
Ecco allora, pur paradossalmente ammettendo che in un
certo qual modo il cosiddetto
« equilibrio delle forze » ( è più
esatto chiamarlo « del terrore »)
ha potuto evitare delle guerre
generalizzate (ma dopo la seconda guerra mondiale vi sono
stati più di 10 milioni di vittime di eventi bellici!) i cristiani
devono chiaramente affermare
che la fede li rende pronti a vivere senza la protezione delle
armi. Troppo spesso, conclude
Gollwitzer, la Chiesa si è prostituita alla guerra. Raccogliendo
l’esortazione rivolta dal Programma antimilitarista del CEC
a tutti i cristiani, occorre che la
Con un articolo dal titolo ;
« Un’arma che uccide in punta
di piedi», Tullio Vinay ha riferito su 1’« Astrolabio » del 14
aprile a proposito della conferenza internazionale contro la
bomba al neutrone, che si è svolta ad Amsterdam nei giorni 1719 marzo. Vi ha partecipato con
il collega Anderlini della sinistra indipendente. Origlia del
PCI e Brescacin della DC. Dopo aver riferito alcuni degli interventi, Vinay ha cosi puntualizzato la questione ; « Or sono
circa 25 anni Helmut Gollwitzer,
in un pregiato volume, dimostrava che il vecchio concetto
di guerra giusta ed ingiusta non
aveva più alcun signiAcato con
la apparizione della bomba atomica. La ragione è ovvia. Oggi
possiamo andare più in là e domandarci se si può pàrlare di
guerra di difesa o, meglio ancora, se la guerra è ancora un
mezzo di difesa. Infatti, se è vero, com’è vero, che il Pentagono precisa che l’impiego delle
armi nucleari potrebbe produrre in Europa 100 e più milioni
di morti, evidentemente inclusi
nemici ed alleati, allora di quale difesa si parla? Non certo della popolazione! Insomma sarebbe l’ora di ridurre progressivamente gli armamenti e la bomba-N, è un’occasione per iniziare questa spirale alla rovescia...».
L’articolo esprime un ammirato apprezzamento di quanto
gli olandesi hanno fatto in questo campo. « Hanno saputo mobilitare con ogni mezzo l’opinione pubblica, hanno raccolto,
benché un piccolo popolo, circa
un milione di Arme, hanno premuto sul parlamento tanto che
esso si è pronunziato contro
l’uso dell’adozione da parte della NATO della bomba-N e dei
suoi depositi in territorio olandese ». La lezione degli olandesi— conclude Vinay — è un implicito « abbiamo fatto nói, potete fare anche voi, nelle vostre
nazioni, altrettanto ».
I
4
12 maggio 1978
ALL’ASCOLTO DELLA PAROLA
Assimilati
ai terroristi
In un tempo in cui assistiamo al tentativo di criminalizzare i
dissensi, questa recente predicazione di Helmut Goliwitzer sul
testo di Atti 12: 1-17 — che pubblichiamo in questo e
nel prossimo numero — ci ricorda che così è avvenuto per Gesù
e per la comunità primitiva
Nel vecchio tedesco di Lutero,
il racconto che vi ho appena letto sembra molto edificante e suona anche un po’ fiabesco. Ma suona in modo tutto diverso nella
lingua del nostro tempo, che è
la lingua dei giornali. Perciò io
ve lo leggo ora come se fosse un
articolo del giornale di oggi:
« Bild del Sabato » ^ (naturalmente in una normale città giudaica al sabato non ci sarebbero
giornali, perché là si saprebbe
ancora che non isi può infangare
il dono del giorno del riposo come si fa da noi; ma per un momento non facciamoci caso) —
quindi « Bild del Sabato » a caratteri cubitali:
Misteriosa liberazione dal carcere di Gerusalemme!
I terroristi in fuga!
Indagini della procura sulla
scandalosa vicenda!
La scorsa notte in modo ancora poco chiaro il galileo Simone
Digiona (noto nei suoi ambienti
con lo pseudonimo di Petros,
cioè Roccia), che era stato associato alle carceri di Gerusalemme per sospetto di appartenenza
a ima organizzazione criminale,
è stato liberato, verosimilmente
da membri della sua banda. Benché fossero state prese eccezionali misure di sicurezza, a quanto pare i suoi complici sono riusciti a procurarsi una chiave e
ad addormentare gli agenti di
guardia.
L'evaso appartiene al nucleo
più duro della cosiddetta banda
dei Galilei, il cui capo Gesù di
Nazaret fu preso e condannato
a morte quattordici anni fa mediante la collaborazione delle nostre autorità con la potenza d’occupazione. Il Simone ora fuggito aveva cercato di impedire con
la forza l’arresto di Gesù causando una profonda ferita alla testa
ad un funzionario di polizia e tagliandogli via l’orecchio. La banda, che si limitava a condurre
agitazione contro lo Stato, ma
aveva comunque rapporti con la
guerriglia zelota dei monti giudei — due ^erriglieri furono
giustiziati insieme a quel Gesù
— in un primo tempo sembrava
distrutta con Telimmàzione del
suo ispiratore e capo.
Trascorso un periodo di clandestinità, i suoi resti si riunirono di nuovo e negli ultimi tempi fecero parlare parecchio di
loro. Dopo aver formato una co
,_____TORINO
Giornata
della Facoltà
Il 2 aprile è stata una giornata particolare per la nostra comunità e siamo grati al Signore per averci concesso di trascorrere quella domenica, dedicata alla Facoltà di Teologia, in
comunione fraterna con il prof.
Paolo Ricca e gli studenti Daniele Garrone, Erika Tomassone Negro ed Enrico Benedetto.
Al culto, presieduto nelle quattro zone dal prof. Ricca e dai
tre studenti, è seguita un’agape
fraterna nei locali di via Pio V
n. 15 e, nel pomeriggio, una conversazione sulla nostra Facoltà
di Teologia. All’introduzione di
Paolo Ricca sono seguiti vari
interventi ai quali hanno risposto con chiarezza professore e
studenti.
Al loro rientro a Roma Daniele ed Erika hanno scritto una
lettera, esprimendo la loro gioia
e riconoscenza per aver potuto
vivere nella Comunità in cui sono cresciuti una giornata così,
intensa e ricca di comunione
fraterna; un estratto delle loro
lettere sarà inviato fra breve
agli Amici della Facoltà di Torino.
Chi volesse maggiori dettagli
su questo Comitato Amici Facoltà nella nostra città può rivolgersi a: Amici Facoltà Torino - presso Chiesa Valdese - via
Pio V n. 15 - Torino.
Il Comitato Amici
Facoltà di Torino
mune su basi comuniste cercarono di guadagnare simpatizzanti
dicendo che il loro capo Gesù
viveva àncora o di nuovo. Egli
sarebbe ben presto tornato a
cambiare totalmente il mondo
per instaurarvi, al posto di tutti
gli ordinamenti esistenti, un regime comunista.
Le nostre autorità, vedendo
giustamente in queste mene un
pericolo per la compagine della
nostra società e per le pacifiche
relazioni tra la potenza occupante e il nostro Stato, hanno ora
stroncato le attività della banda,
che da molto tempo veniva seguita e tenuta sotto controllo.
Uno dei maggiori esponenti, certo Giacomo, fu condannato a
morte; altri, tra i quali anche
Simone, imprigionati e sottoposti a severo interrogatorio. L’odierna liberazione — si teme —
darà nuovo impulso alla banda.
Le sue provocazioni potrebbero
causare delle contromisure della potenza occupante e tutta la
popolazione verrebbe a subirne
le conseguenze.
Possiamo solo sperare che la
attività di questi utopisti messianici, che hanno perso ogni senso
della realtà e sono diventati un
pericolo pubblico, trovi possibilmente presto chi le ponga fine.
La procurò ha subito intrapreso le indagini per chiarire la
scandalosa vicenda della fuga e
prowederà ben presto sicuramente a incriminàre i responsabili della custodia, che si trovano 'già in prigione. La caccia alTevaso, che si è dileguato, è in
pieno svolgimento.
Gesù, la comunità e
il terrorismo di allora
Fin qui il « Bild del Sabato ».
Intendiamoci, questa trasposi
zione in termini giornalistici non
intende confondere i terroristi
di oggi con Gesù e i suoi primi
discepoli. Al contrario essa fa
vedere che tanto Gesù — crocifisso tra due guerriglieri con la
imputazione di esserlo anche lui
— quanto la comunità primitiva
sono stati identificati dalle autorità dell’epoca giudaiche e romane con un’associazione criminale e terroristica. Era una calunnia, ma c’erano degli indizi ohe
la rendevano plausibile: Gesù
era venuto fuori con una pretesa messianica e aveva annunciato Timminente divina rivoluzione mondiale. In un Salmo in
suo onore, posto sulle labbra di
sua Madre, è detto che tirerà
giù i potenti dai loro troni e
farà salire in alto gli oppressi
(Luca 1: 51). Erode, suo re, da
lui era stato chiamato una volpe
e nell’interrogatorio condotto da
Filato aveva ammesso, è vero,
non senza qualche ambiguità di
linguaggio, di rivendicare un trono reale; alcuni affermavano di
averlo sentito emettere il proposito di distruggere il santuario
giudaico, il Tempio che neanche
i Romani avevano osato toccare,
per rifarlo in tre giorni. Due dei
suoi compagni più vicini erano
guerriglieri zeloti (Simone Zelota e Giuda Iscafiot: Luca 6:
15s.). Una parte dei suoi accoliti
era armata (Luca 22: 38) e questo Pietro aveva effettivamente
voluto impedire l’arresto di Gesù con l’uso della spada. Era vera anche la notizia sull’intenzione di fare una comune su basi
comuniste (Atti 2: 44s., 4: 32-37).
Naturalmente Gesù si era espresso anche in altro modo, per
esempio a favore della non-violenza o del pagare le tasse, ma i
testimoni al procèsso questo
non Tavevano detto e non si poteva smentire il fatto che il gmp
po di Gesù con il suo messianismo appartenesse anch’esso all’ambiente turbolento degli agitatori del tempo, dove con le caratteristiche sopra ricordate non
poteva non cadere in una luce
sospetta. Nella situazione piuttosto difficile del paese, le autorità responsabili deH’ordine pubblico non potevano certo voler
distinguere tra gli agitatori violenti e quelli non violenti. Ne facevano un fascio unico e li colpivano tutti con lo stesso rigore.
Dopotutto potremmo anche comprenderle, se agivano in questo
modo.
Fu così ohe la comunità cristiana cominciò la sua esistenza
come un gruppo molto pericoloso per la società e lo Stato. Che
lezione ce ne viene? Che rapporti dovrebbe avere una vera comunità cristiana con il mondo
circostante, stando al nostro testo?
Simpatia o
aperta inimicizia
Possono esserci delle epoche
in cui, come dicono in precedenza gli Atti degli apostoli, la comunità cristiana è benvoluta dalla popolazione circostante per la
sua pietà, la sua benefica attività sociale e la sua esemplare cura dei poveri. Altre volte accade
invece ohe queste simpatie si
trasformino in aperta inimicizia,
o che i potenti nella società insieme con i rappresentanti ufficiali dello Stato marcino contro
la comunità con tutti i loro mezzi di propaganda, con calunnie e
mezze verità. La ragione di questo voltafaccia eccola: la vita
fraterna della comunità e la soppressione di tutte le differenze
di ceto, di classe, di sesso, di raz
za pongono in crisi gli ordinamenti di tutto il resto della società, che su tali differenze appunto si fonda.
Nel suo comportamento, la comunità anticipa ciò che spera
dal ritorno del Signore: il regno
di Dio, che egli diffonderà sulla
terra, regno dove non ci sarà più
né ricco né povero, né padrone
né servitore, dove non esisteranno più privilegi dovuti al colore
della pelle o al patrimonio o alTèducazione o al sesso maschile
o a particolari capacità, ma solo
più servizio fraterno di tutti per
tutti. L’attesa di un regime di
Dio di questo tipo denuncia come nemico di Dio tutto il sistema di privilegi su cui si regge
la nostra vita, con tutto ciò che
esso comporta quanto a misure
in difesa di tali privilegi, che sono quelli dei forti contro i deboli, dei ricchi contro i poveri, dei
bianchi contro le persone di colore. Dio non ne vuole più sapere e perciò la comunità non può
più giustificare tali cose nel nome di Dio come invece spesso
hanno fatto Religioni e Chiese.
La comunità che spera nelTavvento del regno denuncia senza
pietà le ingiustizie del nostro sistema sociale. Quale comunità
dell’avvento aspetta il nuovo regno di giustizia e di fraternità di
Dio e dell’uomo. Ma non l’aspetta oziosamente. Piuttosto comin• eia già ora per accenni e secondo
le sue possibilità, nella sua vita
comxmitaria come nella sua azione verso la società, a fare quello
che può per la realizzazione dei
diritti umani e quindi per la
strutturazione della vita umana
secondo la volontà di Dio.
Helmut Goliwitzer
(7 - segue)
trad. di Sergio Rostagno
testo pubblicato su Bozze 78
^ Riferito al popolarissimo a Bild
am Sonntag », della catena di giornali
di Springer. Bild significa figura, immagine. Il traduttore non ha creduto
di poter ancora individuare nessun
prodotto di tal fatta tra i giornali italiani, e per non tirare in ballo Osservatori della Domenica o Domeniche
del Corriere, si è tenuto all’originale.
(NdT).
IL DIBATTITO SVOLTO DALLE CHIESE A LIVELLO DI CIRCUITO
Perché mai un regolamento sui ministeri?
Perché mai un regolamento sui
ministeri? Nelle chiese valdesi e
metodiste non devono essere stati pochi a porsi questa domanda
di fronte all’invito dell’ultimo Sinodo a dibattere non solo il tema generale dei ministeri ma un
preciso « articolato » predisposto
dalla Commissione delle discipline. Lo si può desumere da una
certa insofferenza che emerge
dai rapporti di alcune assemblee
di circuito o convegni di comunità che si sono occupati del problema. Nell’incontro delle comunità del XV circuito (Calabria)
tenutosi a Catanzaro il 9 aprile
si è infatti sottolineato molto
più l’importanza dei doni che
non la regolamentazione dei ministeri. Si è sempre parlato di
« ministero pastorale » — ha osservato un partecipante — e tutti gli altri doni non sono mai
stati regolamentati; non si capisce il perché oggi di questa necesisità.
Dal canto suo l’assemblea che
si è tenuta a Napoli per il XIII
circuito (Campania) il 25 febbraio ha affermato polemicamente che « nella Chiesa non vi
sono ministeri, essendo la stessa Chiesa per sua natura ministero, misisione e diaconia ». Mentre
il convegno della Federazione
delle Chiese evangeliche della
Puglia e Lucania tenutosi a Bari il 12 marzo ha osservato con
un po’ di delusione che « la nuova regolamentazione proposta ricalca la tripartizione classica dei
ministeri: pasitori, anziani e diaconi; tace sui ministeri straordinari; sorvola su quelli temporanei di deputazione; suggerisce
qualche timida indicazione per i
ministeri in campo assistenziale,
sanitario, educativo, didattico ».
La risposta a questo disagio
diffuso è però emersa in uno di
questi convegni: il past. Giulio
Vicentini — che ha tenuto la re
lazione introduttiva al convegno
di Bari — ha osservato che non
si devono nutrire eccessive attese da un regolamento: « ci si deve attendere da una regolamentazione niente di più che una
messa a punto di servizi che già
esistono. L’incentivazione di ministeri nuovi, invece, la ricerca
di spazi di presenza, devono nascere altrove, nella riflessione
comunitaria, nell’analisi di situazioni locali, nella scoperta delle
proprie forze, non negli articoli
di un regolamento, pur onesto e
premuroso ».
Le chiese si sono trovate quindi di fronte ad un lavoro non
già di avanguardia nella sperimentazione di nuovi ministeri e
di nuove espressioni della vocazione dei singoli e delle chiese,
bensì ad un lavoro — se non di
retroguardia — di assestamento
di ciò che è presente nella realtà comunitaria odierna nel campo dei ministeri.
Inquadrata in questi limiti, la
discussione del regolamento sui
ministeri può avere un suo interesse e una sua importanza. Non
ci è possibile dare un rendiconto della discussione che ha avuto
luogo sul piano dei circuiti (a
nostra conoscenza si sono espressi solo 4 circuiti su 16), ma riteniamo utile accennare per lo
meno a due problemi emersi
nelle relazioni dei circuiti che
ci sono pervenute.
Uso del locali
« Nell’esercizio del proprio ministero nessuno deve valersi, né
permettere che altri si valga,
del pulpito, dei locali ecclesiastici o delle adunanze religiose per
la propaganda di opinioni politiche o di sue particolari vedute
su argomenti dottrinali». Su questo art. 5 del nuovo regolamento
l’assemblea del XIII circuito ha
discusso a lungo. Gli uni avrebbero desiderato l’assoluta libertà del pulpito (e quindi l’abolizione deH’articolo) fidando sulla
responsshilità dell’oratore; altri
invece sostenevano la validità
dell’articolo specie per quanto
concerne la « propaganda di opinioni politiche » preoccupati dall’eventualità che questo allontani
dei fratelli dal culto. Dopo una
lunga discussione, una mozione
in favore dell’articolo non è passata.
La stessa discussione si è avuta neH’assemblea del IV circuito
(Piemonte) che però è arrivata
ad una conclusione. Osservando
che la responsabilità in onesto
campo non è dei singoli ministri
(come non doveva essere del pastore, come originariamente affermava questo articolo) bensì
collegialmente del consiglio di
chiesa, il IV circuito ha proposto
di rifarsi al capitolo in cui si parla delle attribuzioni del consiglio
di chiesa aggiungendo a queste
quella di « disporre dell’uso dei
locali di proprietà o in dotazione
alla chiesa ». Sarà compito del
consiglio di chiesa controllare
che l’uso dei locali, quando questo coinvolge la comunità, e il
contenuto del culto pubblico della comunità rispondano alle finalità di predicazione della Parola
di Dio e di dibattito evangelico
che sono proprie della chiesa.
Membri del consiglio
con scadenza
settennale
L’altro tema affrontato, nell’assemblea del IV circuito, riguarda la proposta di modificare la
composizione del consiglio di
chiesa: non più anziani e diaconi eletti per periodi di 5 anni
rinnovabili indefinitamente, ma
« gli anziani e i diaconi eletti di
anno in anno dall’assemblea »
per « non più di sette anni consecutivi » (RO IV art. 30). Il IV
circuito si è detto favorevole ad
una distinzione tra il ministero
dell’anzianato e del diaconato
che può rivestire varie forme ed
è durevole e l’incarico della partecipazione al governo della chiesa che deve essere a termine.
Non si è tuttavia detto d’accordo
con una elezione annuale perché
il consiglio di chiesa, a differenza degli altri organi elettivi della
chiesa, ha una funzione non solo
amministrativa ma svolge un ministero di governo. D’altra parte
è giusto ohe in questa funzione
si alternino i membri chiamati a
questo incarico e che così la chiesa sia stimolata a ricercare e
valorizzare i doni nel proprio seno e a non adagiarsi sugli anziani e i diaconi esistenti la cui riconferma ininterrotta rischia di
invecchiare e bloccare la conduzione della chiesa.
In conclusione il IV circuito
ha chiesto che anziani e diaconi
siano membri del consiglio di
chiesa essendo « eletti per sette
anni non immediatamente rinnovabili ».
Si tratta solo di un paio di esempi ma sono sufficienti per dare la sensazione dei problemi
che saranno in gioco al prossimo
Sinodo sul tema dei ministeri.
La discussione ohe ne seguirà
non sarà forse uno dei momenti
più -avanzati e salienti dei lavori
sinodali. Ma auguriamoci che
serva a fornirci di una base solida e dignitosa, senza catenacci
e pastoie, ma anzi con stimoli e
aperture che consentano alle
chiese di muoversi in modo ordinato ed efficiente in vista del lavoro necessario per svolgere oggi il ministero, il servizio dell’annuncio dell’Evangelo nel nostro
tempo.
Franco Giampiccoli
5
12 maggio 1978
5
A TRENT’ANNI DALLA FORMULAZIONE DELLA CARTA DEI DIRITTI DELL’UOMO
PRIMO, SECONDO
E TERZO MONDO:
comprensioni diverse
dei diritti dell’uomo
I diritti umani paiono ovvi fino al momento in cui
si cerca di definirli. A questo punto le risposte
dipenderanno molto dalla parte del mondo da cui si paria.
Ron O’Crady è ben qualificato per parlarne:
segretario generale della conferenza cristiana d’Asia,
ha una specifica conoscenza delle pubblicazioni sui diritti
dell’uomo ed ha ampiamente viaggiato per aiutare
le chiese a capirli e ad agire di conseguenza. Come base
per una comprensione internazionale dei diritti dell’uomo,
in un articolo comparso sulla rivista ecumenica
« One World », propone il confronto fra questi tre mondi:
le società capitaliste, situate soprattutto nell’Europa
occidentale e nel Nordamerica, ma comprendenti anche
Giappone, Australia e Nuova Zelanda;
le società comuniste o socialiste che seguono
il modello marxista-leninista;
il terzo mondo, comprendente tutti gli stati che non si
allineano con l’uno o l’altro dei due blocchi maggiori.
Le società
capitaliste
@ Le società
socialiste
IL PRIMO MONDO
GUARDA SE STESSO
Il primo mondo capitalista vede se stesso come il difensore della democrazia e
della libertà. Questo è un ruolo storico,
cominciato con le prime dichiarazioni
sui diritti dell’uomo e sulle libertà essenziali, diffuse da Inghilterra, Stati Uniti e Francia. Il presidente Carter, con la
sua insistenza sul rispetto dei diritti dell’uomo, si inserisce perfettamente nella
storia capitalista occidentale. Il primo
mondo pone l’accento sul rispetto dei diritti individuali, garantiti dalla legge, e
difende gelosamente la protezione legale
del diritto per il singolo di assumere posizioni di minoranza e manifestarle, di
possedere dei beni e di misurarsi con
gli altri in leale competizione. Altrettanto avviene per la libertà di stampa e per
il rispetto delle procedure elettorali. La
Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo è stata in gran parte formulata
dal primo mondo. Secondo i suoi metri
di giudizio e la visione che esso ha di
se stesso, il mondo occidentale protegge
i diritti individuali più adeguatamente
delle altre nazioni.
IL PRIMO MONDO
GUARDA IL SECONDO
Le società capitaliste vedono una aperta negazione dei diritti dell’uomo messa
in atto dal blocco comunista nei confronti dei propri cittadini. Gli esempi citati riguardano il rifiuto dell’autodeterminazione in Ungheria, Cecoslovacchia,
Tibet e Cambogia, e la repressione dei
movimenti popolari per l’affermazione di
un’ideologia. Negli ultimi tempi l’Occidente ha attaccato in particolare l’Unione Sovietica per il gran numero di prigionieri politici. Attraverso i mezzi di comunicazione di massa Solgenitzin e Bukowsky sono diventati eroi popolari. Le
chiese del primo mondo in generale condividono questo atteggiamento verso il
comunismo e considerano sia il comunismo russo che il maoismo ugualmente
contrari al cristianesimo. È diffusa la
profonda convinzione che un governo comunista soffochi la libertà religiosa e che
quindi le chiese che sopravvivono sotto
un tale governo abbiano in qualche modo compromesso la loro posizione.
ferma che queste nazioni nuove stanno
appena imparando a governarsi e hanno
bisogno di tempo per sviluppare forme
proprie di democrazia.
IL SECONDO MONDO
GUARDA SE STESSO
Le rivoluzioni comuniste si sono vista
come le restauratrici dei diritti dei popoli. Dopo anni di regime borghese capitalista miravano a restituire al popolo il
Le società
non allineate
IL PRIMO MONDO
GUARDA IL TERZO
C’è nel terzo mondo un numero di regimi autoritari tale da alimentare la convinzione comune che queste nazioni siano sottosviluppate tanto socialmente
quanto economicamente. Periodici eccessi di repressione in paesi come Haiti,
Uganda, Cile, Corea del Sud o Ruanda
suscitano proteste commosse nei paesi
occidentali, ma là dove questi governi sono sostenuti dalle industrie occidentali
la protesta è stata spesso condizionata
da questo fatto. Dato che molti stati del
terzo mondo erano prima colonie del
primo, un certo numero di persone af
IL TERZO MONDO
GUARDA SE STESSO
Il terzo mondo (specie l’Asia e l’Africa)
si considera dotato di una civiltà diversa.
I suoi sistemi sociali e culturali sono
spesso vecchi di millenni, si sono sviluppati indipendentemente dalle tradizioni
greco-romane dell’Occidente, e sono relativamente liberi dall’individualismo che
si riscontra nelle nazioni cristiane occidentali. I tradizionali costumi religiosi e
sociali garantiscono diritti e dignità ad
ogni individuo, perché ognuno conosce il
suo compito e la sua posizione nella comunità.
Ogniqualvolta le nazioni del terzo mondo sono interrogate sulle loro azioni, alcune si rifanno alla loro tradizione; per
esempio : « Stiamo cercando risposte africane a domande africane», oppure:
« Questa è una democrazia di stile asiatico ».
Altre collegano i diritti dell’uomo allo
sviluppo economico. Per esempio, un
paese arabo riconosce di non rispettare
la Dichiarazione dei diritti, ma il capo
annuncia che quando il reddito lordo procapite del Paese raggiungerà i mille dollari, allora ci si potrà interessare dei diritti dell’uomo.
IL TERZO MONDO
GUARDA IL PRIMO
Le nazioni del terzo mondo sono irritate dall’insistenza del primo mondo sui
diritti dell’uomo. Considerano che il primo mondo ha violato per secoli i diritti
fondamentali delle nazioni in via di sviluppo con lo sfruttamento dell’era coloniale. Per mezzo delle multinazionali e
del controllo sui movimenti del capitale,
il mondo occidentale ha un potere iugulatorio sull’economia dei paesi in via di
sviluppo. Il terzo mondo afferma che una
società capace di produrre un Watergate
ed enormi corruzioni non ha il diritto di
giudicare gli altri, e sottolinea la solitudine e l’egoismo delle società capitaliste
con le loro sottoculture di droga, violenza e sesso. I cittadini del terzo mondo
inoltre si irritano quando le nazioni occidentali appaiono più interessate alla libertà nei processi che ai diritti fondamentali al cibo e all’alloggio. Sospettano
poi le nazioni capitaliste di usare i loro
servizi segreti e la loro forza economica
per mantenere le nazioni del terzo mondo nelle loro condizioni di miseria e di
dipendenza. Per questo modo di agire
l’Occidente può trovare in se^ito una
copertura con la critica a specifiche violazioni dei diritti dell’uomo.
IL TERZO MONDO
GUARDA IL SECONDO
Il comunismo sia europeo sia asiatioo
ha suscitato rabbia nelle nazioni del terzo mondo per la sua influenza e il suo
appoggio a gruppi rivoluzionari all’interno di stati indipendenti. Ciò è sentito come una violazione della sovranità e indipendenza nazionale, e come un’interferenza nel diritto di un popolo all’autodeterminazione. Nel terzo mondo il blocco comunista è considerato altrettanto
sfruttatore quanto il capitalismo occidentale agli occhi di molti, che hanno visto
in esso lo stesso desiderio di accaparrarsi le risorse naturali per convertirle
in manufatti da vendere a prezzi non inferiori a quelli dei paesi capitalisti. Il comunismo è visto come una forma di capitalismo di stato, che genera ingiustizie
quanto quello privato.
Dialogo in
iingue diverse
Questo è un riassunto molto parziale
e non tiene conto delle sottili differenze
fra gruppi e nazioni in ognuno dei tre
mondi. Nondimeno, può già spiegare i
punti di vista radicalmente diversi sui diritti umani espressi ogni giorno sui nostri giornali. La triste realtà dell’attuale
dibattito sui diritti dell’uomo è che ogni
nazione parla una lingua diversa: quel
che in un paese è virtù, in un altro è peccato.
potere di determinare il proprio destino.
Alla competizione si sostituiva la cooperazione, e i diritti dei governanti cedevano di fronte ai diritti delle masse. Le nazioni comuniste hanno un forte senso di
missione che fa loro credere fermamente di essere i precursori della nuova società. In tale società i diritti deli’intera
comunità sono prevalenti e sono protetti dalla legge. Quando gli individui disubbidiscono a queste leggi sono imprigionati per il bene della società più vasta. In questo senso i basilari diritti dell’uomo sono meglio protetti sotto un governo comunista che sotto qualsiasi altra forma di governo.
IL SECONDO MONDO
GUARDA IL PRIMO
Il primo mondo fa sempre pie dichiarazioni sui diritti dell’uomo, ma in realtà è uno dei primi a calpestarli. Un importante commentatore sovietico ha detto che « ogni società che si definisce democratica deve garantire ai suoi cittadini il diritto al lavoro » (ci sono circa 8
milioni di disoccupati in USA e un milione in Gran Bretagna). Il capitalismo
è un sistema disumanizzante che dà origine a forme di isolarnento e di frustrazione. L’Occidente ha le forme esteriori
della libertà e dei diritti umani, ma in
realtà ci sono forme sottili di violazione, repressive e ingiuste. La pesante accentuazione di un sistema individualistico e competitivo causa profonde ingiustizie sociali. Un giornale ufficiale cecoslovacco afferma che « sono gli stati capitalisti quelli che calpestano senza pudore i diritti umani». I gruppi cristiani
all’interno del sistema comunista europeo criticano le chiese dell’Ovest per le
critiche che queste rivolgono loro. In risposta alla domanda occidentale : « Può
un cristiano essere comunista? » il cristiano dell’Europa orientale risponderà
spesso ; « Può un cristiano essere capitalista? ». Affermano che quella occidentale è una società di classe che nega tutte le fondamentali virtù cristiane di amore e di compassione.
IL SECONDO MONDO
GUARDA IL TERZO
Il mondo comunista è selettivo nel condannare gli stati del terzo mondo. I giudizi ufficiali tengono conto dell’ideologia
politica del paese e sottolineano che la
mano pesante del primo mondo all’opera
nello sfondo è la causa prima della violazione dei diritti umani. L’oppressione
negli stati dei terzo mondo sostenuti dalle armi e dagli aiuti USA, per esempio,
è vista come un tentativo del sistema capitalista per mantenere il potere.
(trad, di Carlo Eynard)
6
12 maggio 1978
cronaca delle valli
ALLE VALLI OGGI
CONVITTO VALDESE DI POMARETTO
Auspicio
di
fertilità ?
Ci sono delle nuove usanze, che
nulla hanno a che fare con le tradizioni e la mentalità del popolo
valdese, che pian pianino prendono piede nelle nostre valli per...
copiatura dall’ambiente circostante. Si può parlare via via di secolarizzazione o di cattolicizzazione, altri diranno invece che si
tratta semplicemente di nuove possibilità dovute al miglioramento
economico, per cui oggi ci si può
permettere quanto un tempo non
era possibile.
Quello che sembra comunque
mancare è un esame critico di
queste usanze, ponendole in rapporto con la fede che sola può
darci un metro di giudizio valido.
Di queste nuove usanze ricordo
semplicemente i petardi ed i razzi al 17 febbraio (che lo avvicinano al carnevale) ed i fiori che
sempre più coprono le tombe nei
nostri cimiteri al 1° novembre
(realtà più vicina al culto dei
morti che al messaggio della risurrezione).
Vorrei invece dire qualcosa di
più a proposito del riso che sempre di più viene gettato agli sposi all’uscita del tempio. Ho provato a chiedere il significato di
questo gesto, ma, nessuno ha saputo darmi una risposta esauriente. « Si fa così, perché tutti fanno
così ». Altri parlando di semplice
gesto di gioia (ma allora perché
non si getta qualcosa di più allegro, ad esempio fiori o petali di
rosa? Altrove sono gli sposi a gettare confetti o caramelle ai bambini). C’è però chi parla di « auspicio di fertilità », entrando così
nel mondo misterioso, e per alcuni allettante, della superstizione e
di un paganesimo risorgente.
Certamente il problema del lancio del riso agli sposi è un piccolo problema che ci può anche far
sorridere (ad eccezione del custode che dovrà pulirei). Ma non è
forse anche nellé piccole cose che
dobbiamo lasciarci guidare dalla
fede?
Ricordo di aver letto nella chiesa di S. Maurizio a Pinerolo l’invito a non gettare riso agli sposi.
L’invito era messo in relazione
alla solidarietà verso chi muore
di fame nel mondo e si concludeva con l’esortazione ad inviare l’equivalente come offerta per combattere la fame. Il riso è infatti,
tra l’altro, l’alimento fondamentale di molti popoli sottosviluppati.
Ho ripensato a quell’invito piccolo e modesto, non certo tale da
ridurre il problema della fame nel
mondol Cosa sono infatti 2 o 3
Kg. di riso di fronte alla gravità
di questo problema?
Però, nella sua modestia, questo invito è un piccolo segno di
una mentalità diversa: spezza il
cerchio del nostro egoismo nel
quale spesso ci chiudiamo e ci
apre verso la solidarietà ricordandoci che la nostra gioia non può
essere completa finché intorno a
noi c’è chi soffre.
Un invito dunque da seguire!
Renato Coisson
COMUNICATO
Conferenza
Distrettuale
Entro domenica 21 maggio le comunità del 1” distretto dovranno far pervenire il numero esatto dei
deputati alla Conferenza
distrettuale che parteciperanno al pranzo. La comunicazione va fatta presso
il pastore A. Rutigliano di
Villasecca. Non sarà presa in considerazione alcuna segmalazione tardiva.
Disponibili a cambiare
per un servizio ai ragazzi
In questi ultimi anni nel settore dell'assistenza ai minori vi sono state grosse trasformazioni
spesso legate a fenomeni di crisi ( scioglimento
dell'ONMI, difficoltà finanziarie della Provincia).
Nella concezione di cosa vuol dire oggi « fare
assistenza », non si è giunti ancora ad individuare
soluzioni più stabili. Resta quindi ancora molto da
sperimentare zona per zona.
Il Convitto di Pomaretto è una delle nostre
istituzioni per minori in cui questa ricerca è stata
portata avanti tenendo un collegamento sia con
la comunità valdese, sia con gli Enti.( comuni, comunità montana ) che con gli organismi scolastici
(interclassi, consigli di circolo).
Porgiamo quindi alcune domande ai coniugi
Longo che da alcuni anni costituiscono la continuità di questa ricerca che non si limita allo svolgimento del lavoro all'Interno, ma abbraccia le problematiche di tutta la Val Germanasca a cui il
Convitto è legato.
— Tempo addietro si parlava
di istituto. Ora di comunità alloggio. Che cosa intendete per
comunità alloggio?
— La comunità alloggio secondo noi è una casa per ragazzi che ha come preciso punto di
riferimento la realtà del paese
in cui è inserita. Non può fare
a meno di avere degli stretti
contatti con l’ambiente esterno.
Al contrario, l’istituzione chiusa
può benissimo vivere risolvendo
al suo interno tutti i suoi bisogni.
— Finora avete seguito i ragazzi con un’azione finalizzata
al recupero scolastico. Ora che
niolti di loro sono cresciuti, che
cosa vi proponete di fare?
— Bisogna tener conto delle
caratteristiche dei ragazzi. Molti di loro non ce la fanno a proseguire gli studi oltre la terza
media; alcuni non riescono ancora ad impadronirsi della tecnica del leggere e dello scrivere
nonostante siano « grandi ». Si
pone quindi per noi il superamento del solo discorso scolastico per ampliarlo alla crescita
e maturazione di tutta la loro
persona, come individui che dovranno a breve termine trovare un modo non più « assistito »
di vivere la loro vita. In altre
parole, dobbiamo trovare il modo di insegnare loro un mestiere e renderli autonomi in tutte
le più svariate azioni quotidiane.
— Continuerà l’attività solita
del convitto l’anno prossimo?
Cosa fate ora?
— L’edifìcio del convitto è
molto grande, ed anche costoso. Vi si svolgono quindi parec
chie attività con lo scopo preciso di portare il bilancio in pareggio, di inserire i ragazzi nella vita sociale del paese e di rendere un servizio a Pomaretto di
cui il Convitto è una delle strutture.
Ci si svolge quindi il lavoro di
comunità alloggio per 12 ragazzi della zona della Com. Montana; la refezione scolastica per
la Scuola Latina e la scuola a
tempo pieno. Il lavoro di convitto per dei ragazzi delle superiori provenienti da Frali. Nei
locali al piano terra il sabato
pomeriggio si tengono le lezioni
della scuola domenicale; il giovedì pomeriggio un corso di musica e flauto per monitrici ed
insegnanti. C’è inoltre un’attività di accoglienza per convegni
ecc.
— Come mai avete pensato
ad un obiettore di eoscienza da
inserire nel lavoro del convitto?
— La nostra richiesta di un
obiettore tecnico agricolo è legata ad un discorso fortemente
promozionale. Siamo a conoscenza di alcune esperienze positive di inserimento di obiettori in altri luoghi e questo ci ha
stimolati a cercarne uno.
Noi pensiamo ad una persona
che sappia impostare il suo lavoro tenendo conto anche della
realtà esterna, che abbia capacità di rapporto con i ragazzi
oltre a possedere capacità tecniche nel suo settore.
— Come sono i vostri rapporti con la comunità valdese? Avete avuto di recente un incontro
promosso dal concistoro. Com’è
stato?
— Infatti, nel quadro di una
conoscenza più approfondita
delle strutture diaconali che operano nella comunità, il Concistoro ha promosso vari incontri :
il primo con la Scuola Latina, il
secondo con il Convitto. Ce ne
sarà un terzo con l’ospedale.
L’incontro in questione è stato
di chiarificazione del lavoro che
si svolge in convitto. A noi sembra che i nostri rapporti con la
comunità siano buoni anche se
non tutti sanno effettivamente
che cosa facciamo.
— Il convitto è una struttura
che dipende dalla Tavola? Voi
siete tenuti a redigere delle relazioni del vostro lavoro e dei
bilanci?
— Naturalmente, come ogni
struttura della chiesa valdese
dobbiamo rispondere del nostro
operato ad altri fratelli. Noi rispondiamo direttamente alla Tavola la quale a sua volta viene
« controllata » ogni anno dalla
Commissione d’Esame sul suo
operato. Vorremmo però dire
ancora che prima di tutto noi
risnondiamo alla nostra comunità. Nella misura in cui noi
operatori ci sentiamo parte della comunità dei credenti, siamo
corresponsabili delle sue scelte.
Ma anche la comunità è corresponsabile delle nostre. E poiché la nostra scelta è un lavoro
educativo e formativo con dei
ragazzi particolarmente provati,
ecco quindi che la comunità non
ha un ruolo neutro nei nostri
confronti. In altre parole, anche
se forse non tutti se ne rendono
conto pienamente, la comunità
di Pomaretto può diventare una
reale « comunità educante ». In
parte noi riteniamo che già lo
sia.
L’inserimenta
di un obiettore
di coscienza
Buona parte dei nostri ragazzi provengono da ambiente agricolo, di una agricoltura ai limiti della pura sopravvivenza, in
cui prima o poi si prevede dovranno ritornare. Pensiamo di
fornirli di una serie di strumenti conoscitivi a partire dal
settore agricolo.
In secondo luogo il Convitto
dispone di alcuni appezzamenti
di terreno sui quali fare sperimentazioni ; inoltre è possibile
utilizzarne degli altri, affittandoli.
Queste due considerazioni,
unite al fatto che la casa è versatile, ci hanno indotti a pensare di ospitare un obiettore diplomato tecnico agricolo, disponibile per;
— Sperimentazione di colture
agricole (piccoli frutti, piante officinali, coltivazione dell’orto, rimboschimento e nuove colture stanziali, castagno,
noce, conifere).
— Allevamento animali da cortile ed altri (api, ecc.).
In collaborazione con i tecnici agrari ed il veterinario della
Comunità Montana si prevedono inoltre visite e sopralluoghi
in aziende agricole della zona e
fuori zona nel settore colture e
nel settore allevamento (risanamento delle stalle, alpeggio, ecc.)
La collaborazione verrà richiesta naturalmente anche agli
agricoltori della zona, (sono attualmente in fase di creazione
alcune cooperative (latte, vendita consorziata di prodotti locali), e per quanto riguarda l’accorpamento di terreni ora in
parte in abbandono e per l’utilizzazione delle apparecchiature
(motocoltivatori, ecc.).
A questa proposta si affiancano attualmente iniziative in formazione di turismo sociale con
lo scopo di far conoscere la
montagna (flora, fauna) e la sua
gente (tradizioni, cultura).
Il campo d’azione è quindi duplice; da una parte, all’interno,
coinvolgendo i ragazzi nelle attività; dall’altra, all’esterno, partecipando al processo di discussione dei problemi e nella prospettiva di accentuare la cooperazione, in collaborazione con
Enti Locali ed Associazioni del
territorio.
Per maggiori informazioni rivolgersi a; Convitto Valdese,
via Carlo Alberto 59 - 10060 Pomarett© (To) - tei. 0121/81273.
IL PCI E L’ECO DEL CHISONE PRENDONO POSIZIONE
Nessuno crede alle accuse DC
Numerosi organi di stampa
non hanno tardato a reagire alle affermazioni false e tendenziose diffuse dall’organo della
Segreteria zonale « DC-Notizie »
della democrazia cristiana di Pinerolo. Abbiamo letto anche su
« La Stampa » del 3 maggio la
intervista del consigliere provinciale DC Chiabrando in cui appariva evidente il disagio per
affermazioni insostenibili.
A livello locale, a parte le numerose parole di solidarietà
espresse a diversi livelli ad Agape e a San Lazzaro, il PCf ha
diffuso un comunicato stampa
denunciando questo ennesimo
tentativo democristiano di utilizzare a fini propagandistici la
attuale situazione politica di incertezza e di confusione.
Nel comunicato stampa del
PCI si dice, tra l’altro; « Ci uniamo allo stupore e allo sdegno
suscitati in numerosi ambienti
religiosi e giornalistici dalla provocatorietà, leggerezza e strumentalità con cui sono ventilati
contatti fra centri ecumenici e
terroristi, in quanto la ricerca
dei possibili collegamenti con
reversione non deve portare ad
affermazioni gravi e non controllate. Riteniamo però che non
solo su quell’aspetto sia emerso
un atteggiamento quarantotte
SCO e da caccia alle streghe, e
ci rammarichiamo che coloro
che hanno rilevato l'inconsistenza di tali affermazioni, non abbiano speso parola per deprecare il linguaggio tenuto nei confronti del Partito comunista italiano. (...)
Ma chi sono le BR? DC-Noti
zie insinua che esse siano uno
dei rami di una pianta di cui lo
stesso PCI farebbe parte.
Ma chi non ricorda che questo Stato, questa democrazia,
questa Repubblica, sono state
conquistate con la Resistenza
antifascista, di cui i comunisti
sono stati un elemento essenziale, e che la Carta Costituzionale porta la firma del compagno Umberto Terracini? (...)
Oggi siamo di fronte al fenomeno del terrorismo ’’Rosso”;
certamente con matrice ”di sinistra” e, come la strategia della tensione, egualmente se non
più pericolosa. Anche perché nei
gangli vitali dell’apparato statale vi sono forze disposte a cavalcare i brigatisti e le loro delittuose azioni, così come ieri
hanno cavalcato le bombe dei
fascisti... ».
Il comunicato termina con le
stesse parole del dirigente DC
M. Puddu, ferito dalle Brigate
Rosse; « Queste posizioni non
contribuiscono certamente alla
ricerca della verità. Non si possono chiamare in causa partiti
politici, organizzazioni sindacali,
e comunità religiose che stanno
svolgendo seriamente il loro dovere, in quanto ciò non rappresenta gli interessi della maggioranza della popolazione, che vuole chiarezza e non confusione ».
Anche l’Èco del Chisone ha
preso chiaramente le distanze
dalle affermazioni della DC locale. In un articolo di quarta
pagina il direttore, riprendendo
criticamente le affermazioni dell’organo di informazioni della
DC e citando ampiamente il vo
lantino di Agape e San Lazzaro,
afferma; « ...Arrivando a parlare di Pinerolo, DC-Notizie avanza l’ipotesi che Je strutture sussidiarie delle B.R. (che cosa sono poi queste strutture sussidiarie non si dice) abbiano preso il
via nel pinerolese trovando terreno di origine ad Agape centro
ecumenico valdese e nella parrocchia di San Lazzaro dove nel
1970 avrebbe preso consistenza
un tentativo di organizzazione
paramilitare.
Come era logico attendersi sia
Agape che la comunità di San
Lazzaro hanno reagito a tale
spericolata ipotesi con un volantino scritto con stile molto
corretto e documentato (esempio di polemica che non trascende e non offende!)...
In effetti la denigrazione di
San. Lazzaro da parte di alcuni
ambienti pinerolesi ben noti non
è mai arrivata a tanto, per cui
si intravede nell’articolo in questione il tentativo di criminalizzare ogni tipo di dissenso e
di opposizione, cosa questa che
Zaccagnini aveva invitato i D.C.
a non commettere...
E poiché di denigrazione si
tratta davvero, sarebbe opportuno invertire la marcia; se fino a qualche tempo fa erano i
dirigenti delle DC a salire dalla
massima autorità della diocesi
per lamentarsi di cei te posizioni di credenti e di comunità, oggi sarebbe giusto e doveroso difendere presso questi dirigenti
politici che sono anche dei credenti l’onorabilità di una comunità cristiana che potrà essere
discussa ma non a base di fal
sità. Questo è bene che avvenga,
per restituire alla chiesa pinerolese quel posto di dignitosa libertà e indipendenza che essa
merita ».
Con questa « uscita » la DC pinerolese ha dato un’ennesima
prova di che cosa intenda per
dialogo democratico.
Al momento di andare in macchina apprendiamo che a Pinerolo si è svolto un incontro tra
i rappresentanti di San Lazzaro
e Agape con alcuni esponenti
(Borra, Celeste Martina, Chiabrando) locali della DC. I rappresentanti la DC hanno dichiarato, nel corso dell’incontro, di
voler pubblicare nel prossimo
numero del bollettino « DC-Notizie » il comunicato congiunto di
Agape e San Lazzaro insieme ad
una loro dichiarazione in cui si
chiarisca l’infondatezza di certe
accuse. A proposito del confronto pubblico auspicato da San
Lazzaro e Agape la DC si è dichiarata disponibile « con riserva ».
red.
A tutti
i gruppi FGEI
Lunedì 15 alle ore 21 a
Pinerolo, in via dei Mille
n. 1, è convocato il coordinamento-gruppi per un
dibattito sull’attuale situazione politica.
7
f
12 maggio 1978
CRONACA DELLE VALLI
SERVIZIO BIBLIOTECARIO PROVINCIALE INVERSO RINASCA
IL RISVEGLIO NELLE VALLI
Comunicato
Il Sistema Bibliotecario Provinciale Torino-Pinerolo comunica che sono aperte le iscrizioni
per il «Corso regionale di bibliotecario e aiuto bibliotecario» che
si terrà nei mesi di settembre e
ottobre del 1978 nei giorni di giovedì e sabato dalle ore 14.30 e
domenica dalle ore 9.30, in Pinerolo alla Biblioteca Centrale (via
Battisti 11) e nella sala di animazione della Biblioteca Ragazzi
(Corso Piave angolo via Serafino), per un totale di ore 90 di
lezione.
Sono ammessi a partecipare
coloro che hanno superato il 18°
anno di età e siano in possesso
di diploma di scuola media superiore; sono inoltre ammessi,
anche se non in possesso dei re
quisiti sopra indicati, coloro che
già prestino servizio in qualche
biblioteca.
Le domande di iscrizione devono essere redatte in carta libera ed essere presentate alla segreteria della Biblioteca Centrale di Pinerolo, con fotocopia del
certificato di studio .
La Direzione fa inoltre presente che il possesso del « Diploma
di Bibliotecario e Aiuto-bibliotecario » costituisce titolo preferenziale per l’assunzione nelle
biblioteche pubbliche degli Enti
locali e per quanto riguarda le
assunzioni previste dal piano della Regione Piemonte in ottemperanza alla legge dello Stato n.
285 del 1.6.1977 (Légge sull’occupazione giovanile).
Dal 29 aprile al 1° maggio, la
Pro Inverso Pinasca ha allestito nei suoi locali la « Terza mostra del libro e del giocattolo
educativo », con l’intenzione di
divulgare e far conoscere il libro come veicolo di informazione e cultura e l’importanza
che assume il giocattolo didattico formativo nello sviluppo
della personalità dei bambini.
I numerosi visitatori hanno
potuto rendersi conto di tutta
una letteratura infantile e di
tutta una serie di giocattoli adatti alla formazione del bambino,
al di fuori di quelli che vengono propagandati dai vari cartoni animati della TV. Non pantere rosa e C. ma avvio ad una
formazione critica di controcultura.
Vi era inoltre una sezione sui
problemi della donna con una
ampia panoramica di quanto si
può trovare sull’argomento.
Meno chiasso e più realtà
Comunità Montana Valli Chisone-Germanasca
Una piscina a Perosa Argentina
Non molto accesa la discussione sul bilancio della Comunità Montana Chisone e Glermanasca nella seduta del 5 maggio, assai più agitate le opinioni a proposito della piscina di
valle, che avrà come sede Perosa Argentina.
Non è comunque la localizzazione della piscina che ha fatto
discutere di più, ma piuttosto il
costo di gestione. È risaputo che
le piscine sono tutte in deficit,
se non hanno alle spalle altri finanziamenti, quindi il problema
è di sapere quanto piò venire a
costare all’ente pubblico un’opera definita servizio sociale, destinata soprattutto agli alunni
delle varie scuole. A questo proposito è stato dichiarato che la
quota di partecipazione dovrà
essere uguale per tutti i Comuni, sia vicini che lontani, poi è
stato rimandato ad un prossimo Consiglio l’approfondimento
della questione.
Un altro argomento di particolare interesse per i Comuni di
alta montagna è l’utilizzazione
dei mezzi sgombraneve di cui
l’inverno scorso si è sentita
acutamente la necessità. Spesso
i Comuni hanno dovuto intervenire sulle strade dove il servizio
è di competenza della Provincia
per evitare alla popolazione gravi disagi. In futuro però sarà
necessario rivedere le modalità
d’uso dei mezzi e preparare un
piano adeguato.
Per le opere di bonifica montana, è prevista a Prali l’arginatura del torrente Germanasca
SAN SECONDO
• Ringraziamo di cuore le Comunità di Mantova e Verona
per l’accoglienza fraterna e calorosa che hanno riservato al
gruppo di S. Secondo - Pinerolo
che, in occasione della gita di
chiesa, ha voluto conoscere quelle chiese di diaspora. È stato
per tutti noi un incontro molto
interessante che ha dato un tono alla visita a quella città, al
lago di Garda ed alla presa di
contatto con una famiglia di vignaioli della Valpolicella.
• Ringraziamo il fratello Attilio Fornerone delle Mole che ha
predicato domenica 30 aprile.
TORRE PELLICE
L’assemblea di domenica 7 ha
eletto quali deputati alla Conferenza Distrettuale Alba Kovacs ed Attilio Sibille che si aggiungono così, a Elena Pontet
eletta il mese scorso.
Deputati al Sinodo erano già
stati eletti; Mirella Bein, Geraldo Mathieu e Susetta Cocorda.
1 CONCERTO
1 Sabato 13, ore 20,45, nel tem= pio dei Coppieri ; Concerto
H degli « Amici della Musica
= Classica di Torre Pellice » di= retto dal maestro Dosio. In
E programma un ricco reperE torio di musiche di flauti.
PERSONALIA
Dopo la scomparsa del papà di Bruno Bellion, recentemente Lietta Ga-ndolfo Pascal ha perso la mamma. Ai
nostri due redattori e alle loro famiglie esprimiamo un pensiero d’affettuosa solidarietà.
Comunità Montana
Val Pellice
PERRERO
• Domenica 7 si sono svolti i
funerali di Poet Luigi, deceduto
all’età di 65 anni. Ai familiari
esprimiamo la nostra simpatia
cristiana.
• Ricordiamo a tutti i membri, specialmente a quelli elettori, che domenica 14 si avrà la
assemblea di chiesa che dovrà
designare le deputazioni alla
Conferenza e al Sinodo. Si raccomanda la partecipazione a
questa assemblea.
• Domenica 21 alle 14,30 Bazar della comunità; è una occasione d’incontro fraterno da non
mancare.
ALPEGGI
In base alla legge regionale 8.9.1975
n. 51 e successive modificazioni e integrazioni la Regione Piemonte concede a tutti gli allevatori che trasferiscono il loro bestiame aU’alpe nel periodo estivo un contributo di L. 20.000
per ogni capo bovino femminile e toro
riproduttore di allevamento indenne
(risanato) e di L. 15.000 per quelli in
fase di risanamento; L. 3.000 per ogni
capo ovino e caprino di allevamento
indenne e L. 2.000 per quelli in fase
di risanamento.
Per la compilazione delle relative
domande gli uffici di questa Comunità
Montana saranno a disposizione dal
25.5.1978 e fino al 30.6.1978 (non ol
tre) con il seguente orario:
Tutti i giorni, tranne il sabato, dalle
9 alle 12 e dalle 14 alle 17.
Gli allevatori dovranno presentarsi
muniti di certificato di risanamento e
di documento di riconoscimento.
Gli uffici di questa Comunità Montana sono comunque a disposizione degli interessati per qualunque informazione e chiarificazione.
L’assessore alPagricoltura
Franca Coisson
Incontri pubblici sulla
salute femminile
Tra le iniziative della Comunità Montana Val Pellice, questa settimana segnaliamo l’inizio di un’interessante serie d’incontri pubblici su problemi della salute. Tutti gli incontri si
svolgeranno a Torre presso il
Salone Comunale alle 20,45. Primo della serie : « Prevenzione
dei tumori femminili » giovedì
11 maggio. Il successivo, il 18
c. m. avrà per tema « Gravidanza e parto » ; introdurranno il
dott. Visentin e il dott. Allara.
Il Circuito
L’assemblea del II Circuito è convocata per sabato 13 maggio alle ore
20,30 a Villar Perosa col
seguente O.d.g :
— Relazione delle Chiese.
— Relazione del Consiglio
di Circuito.
— Elezione del nuovo consiglio.
Per il Consiglio
Cipriano Tourn
Presidente
vicino al villaggio di Giordano,
con uno stanziamento di 46 milioni.
Per i servizi sociali è da segnalare l’inizio dell’attività del
consultorio familiare, per il quale è stato assunto uno psicologo.
Il Consiglio ha approvato il
bilancio di previsione, che per
il 1978 è di 355.684.600 lire.
Incentivazione
agricola
Nel quadro delle attività intraprese dal servizio agricolo della
Comunità si sono svolte nelle
scorse settimane alcune lezioni
per gli agricoltori dei Comuni di
Porte, S. Germano Chisone, Villar Perosa, Pinasca e Pramollo.
Gli argomenti trattati riguardavano le concimazioni dei terreni, la preparazione dei miscugli per la formazione o ricostituzione dei prati di montagna e
l’alimentazione del bestiame.
Sono state distribuite ai presenti alcune tabelle per la preparazione di miscele per bovini,
ovini, caprini, suini e formulazioni per le concimazioni e la
semina di buone foraggere.
La discussione, che ha seguito
l’illustrazione degli argomenti
svolti dai Dott. Bounous e Perrot, è stata sempre vivace ed interessante.
Sono previste — come del resto negli anni passati — lezioni
analoghe negli altri Comuni della Comunità. Gli agricoltori saranno avvisati della data delle
prossime lezioni tramite il servizio agricolo.
RORA’
Desidero dire pubblicamente
una parola gentile al traduttore
dell’opuscolo : la lettura è scorrevole e l’opuscolo si legge volentieri.
Il fatto che l’opuscolo è stato
tradotto e pubblicato a cura
della TEV sembra (mi è parso)
creare un certo disagio ai fini
della diffusione. Me ne dispiace.
L’opuscolo è sorto assai prima
della TEV. Venne pubblicato
nel 1893 e ho un esemplare in
francese che mi viene da mio
nonno Edoardo Rostan che fu
il fondatore della Società di Studi Valdesi. L’opuscolo è ben valdese e ne incoraggio la lettura.
Bene ha fatto la TEV a far rivivere questa pagina di storia
valdese.
Se è vero che un Risveglio,
nella forma del 1825 non può
più verificarsi perché le situazioni sono mutate, vi è però un
ammonimento, al termine dell’opuscolo, che è fortemente attuale : « ...quello che occorre è
meno sentimentalismo misto ad
orgoglio, meno chiasso e più
realtà. Dobbiamo risalire più in
alto che alla religione dei padri.
Dobbiamo ritornare a Cristo
stesso che ci ammonisce; ”Se
uno non è nato di nuovo non
può vedere il Regno di Dio”
(Giov. 3: 3)».
È attuale per noi membri vaidesi tradizionali, tenacemente
ancorati alle forme e alle cerimonie convergendo spesso la
nostra testimonianza nelle medesime, lasciando nel languore
la Chiesa.
È attuale per noi che pensiamo di realizzare la nostra fede
nella militanza politica convergendo la nostra testimonianza
in tale campo, abbandonando la
Chiesa.
Siamo tutti convinti che la
Chiesa ha bisogno di un Risveglio ma siamo divisi per quanto
concerne la strada da seguire.
Eppure l’Autore dell’opuscolo
ha ragione: risalendo a Cristo
stesso, dei tempi di « refrigerio »
(Atti 3; 20-21) potrebbero sorgere per le nostre Chiese e, per
riflesso, nel mondo.
Nelly Rostan
La protesta
in ogni caso!
Caro Direttore,
Le lettere di Roberto Nìsbet e di
Guido Baret suH’Eco-Luce del 28 aprile danno purtroppo ragione agli anziani di Ferrerò Maniglia che ritenevano
opportuno non accettare l’offerta della
T.E.V. per i catecumeni. Infatti queste lettere ammettono, implicitamente,
che sono stati utilizzati per l’invio della circolare indirizzi che erano stati
forniti per uno scopo diverso e ben
preciso. Il Concistoro di Ferrerò non
ha nulla in contrario a che sia diffuso
il materiale di chicchessia e nella
Chiesa Valdese sarebbe cosi anche se
non ci fosse la Costituzione della Repubblica Italiana. Qualche deplorevole
eccezione di Concistori che hanno impedito il dialogo con la EGEI, o col
Collettivo Bonhoeffer, o col Servizio
Istruzione della Federazione delle
Chiese o con la stessa T.E.V. rappresenta, appunto, un’eccezione, e non un
tentativo di « arroganza del potere ».
Furono i più sprovveduti tra i contestatori dei ’68 che credettero di poter
applicare alla Chiesa Valdese analisi
che vanno bene per il Vaticano o per
la Democrazia Cristiana. L’intenzione
degli anziani di Ferrero-Maniglia a
cui mi riferivo in occasione della mia
precedente lettera era, invece, proprio
all’opposto, quella di garantire il dialogo e il dibattito.
Sarebbe impietoso rievocare numerosi casi in cui la penetrazione della
T.E.V. ha rifuggito, appunto, dal dialogo e dalla franchezza. Anche stavolta, per correttezza fraterna, la T.E.V.
doveva chiedere ai Concistori gli indirizzi per spedire il libro sul Risveglio
e la sua circolare. Invece li ha chiesti
solo per il libro. Un po’ come se ì
« Cristiani per il socialismo » chiedessero ai concistori indirizzi per diffondere libri di teologia e poi mandasse«
ro materiale di propaganda elettorale
del F.C.I. Stia tranquillo il Fast. Nisbet : la protesta ci sarebbe anche in
questo caso.
Claudio Tron
AVVISI ECONOMICI
DIPLOMATI geometii, coUaborerebbero part lime dichiarazione dei redditi : Gönnet Daniele via Matteo
Gay 18, tei. 91 847; Pons Luciano
corso J. Lombardini 23/5 tei. 91150
Torre Pellice.
Zardi Carlo, Storia di una conversione, Editrice libraria Verbum (oppure S. Paolo), cerca (anche usato)
Meyer Enrico, via Alfieri, 12 - Domodossola (Novara).
• La visita alla facoltà di teologia e a Roma resterà un momento indimenticabile per tutti
i partecipanti. L’accoglienza fraterna e gioiosa con cui siamo
stati accolti è stata al di là di
ogni aspettativa. La facoltà di
teologia sarà d’ora innanzi una
parola densa di significato per
i rorenghi che hanno voluto
prendere parte a questo incontro. Un vivo ringraziamento ai
professori e studenti con i
quali abbiamo trascorso momenti di comunione fraterna, di
riflessione e di gioia.
» La domenica 14, Pentecoste,
il culto sarà con Santa Cena,
nel tempio.
• Gioved'i 11 alle ore 20,30, nella sala della gioventù, pubblico
dibattito sugli interrogativi che
il terrorismo pone alla nostra
riflessione. Il sindaco Longo e
il direttore di Agape, past. E. Rivoir, introdurranno il dibattito.
• Diamo il benvenuto alla scuola domenicale di S. Secondo che
trascorrerà la giornata di Pentecoste a Rorà, mentre la domenica successiva avremo l’incontro con le scuole domenicali
di Angrogna e Torre Pellice centro. Il culto sarà presieduto dal
pastore di Angrogna G. Platone. Ci auguriamo che il tempo
sia propizio e che la giornata
abbia successo.
• Sabato 13, su iniziativa della prò loco, si inizieranno i lavori di ripulitura della sala della gioventù : ogni collaborazione è gradita.
PRAMOLLO
Ringraziamo di cuore il pastore Edoardo Micol per aver
presieduto il culto di domenica
30 aprile, in assenza del pastore
Genre che ha accompagnato un
gruppo di pramollini in gita all’Isola d’Elba, dove sono stati
ospiti presso la casa valdese di
Rio Marina. Un grazie per l’accoglienza e l’ospitalità ricevute.
POMARETTO
Mercoledì 3 maggio l’Unione
Femminile ha invitato a trascorrere la giornata a Pomaretto un
bel gruppo di ospiti della Casa
di Riposo di S. Germano Chisone. Alcuni autisti si erano offerti con le loro macchine per
il trasporto. La visita al tempio
con un breve culto ed il canto
di alcuni inni ha occupato la
mattinata, poi un buon pranzo,
preparato nelle ex scuole.
Nel pomeriggio si è avuto un
incontro prima con un gruppo
di alunni della Scuola Latina
guidati dalla signorina Balma, e
poi con un gruppo di ragazzi
della scuola media statale di Perosa, guidati dalla sig.na Comba
che hanno fatto trascorrere alcune ore piacevoli con canti e
musica (fisarmoniche e flauti).
La visita, favorita tra l’altro
da una delle rare giornate di
sole, ha lasciato un buon ricordo in tutti e l’intenzione di ripetere questi incontri nel futuro.
« Ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa,
ho serbato la fede ».
(2 ’Timoteo 4: 7).
Le Comunità Evangeliche fiorentine
si imiscono ai familiari in lutto con
la speranza riposta nel Signore alla notizia della morte del fratello ing.
Carlo Zarotti
avvenuta il 1° maggio.
Per lunghi anni egli è stato in mezzo a noi un testimone dell’Evangelo, ci
ha incoraggiati e confortati e tutti
sentiamo verso di lui un debito di amicizia e di riconoscenza per quanto il
Signore gli ha dato di compiere.
Firenze, 12 maggio 1978.
RINGRAZIAMENTO
« Io so in chi ho creduto ».
(II Tim. 1: 12).
I familiari di
Susanna Grand ved. Vigna
commossi per la dimostrazione di affetto tributata alla loro cara ringraziano sentitamente ; il Pastore sig.
Tourn, il Dott. De Bettini che l’ha
seguita per lunghi anni, la Dott.ssa
Ornella Michelin Salomon, i vicini di
casa, la signora Nini Rostagnol, le
compagne di lavoro di Diiva, la Sezione Donatori di sangue « FIDAS » Valle del Pellice e tutti coloro che con
fiori, presenza al funerale e parole di
conforto hanno preso parte al loro
grande dolore.
Torre Pellice, 8 maggio 1978.
RINGRAZIAMENTO
I familiari di
Luisa Pontet nata Pons
neirimpossihilità di farlo singolarmente desiderano ringraziare sentitamente tutti coloro che, in ogni modo, hanno preso parte al loro dolore.
Un ringraziamento particolare alle
persone che hanno assistito la loro
Cara nei suoi ultimi istanti.
« Dieu est pour nous un refuge et un appui, un secours qui
ne manque jamais dans la détresse ». (Psaume 46: 2).
Luserna S. Giovanni, 2 maggio ’78.
RINGRAZIAMENTO
La moglie, i figli ed i familiari del
compianto
Corrado Morel
mancato all’affetto dei suoi cari dopo
lunghi anni di malattia, ringraziano
tutti coloro che hanno preso parte al
loro dolore.
« Venite a me voi lutti che siete travagliati ed aggravati, e
lo vi darò riposo ».
(Matteo 11: 28).
Rorà, 26 aprile 1978.
8
8
12 maggio 1978
LA SOCIETÀ’ CONTEMPORANEA DI FRONTE AL PROBLEMA ENERGETICO
Pro e contro il nucleare
e risparmio energetico
Prosegue la relazione sui lavori della commissione sinodale
che ha esaminato il Piano Energetico Nazionale
e le principali fonti energetiche disponibili (n. 15 e 17)
e che si concluderà con una rassegna delle prese
di posizione delle chiese
A favore dell’energia nucleare
vengono evidenziate le possibilità di produrne quantità competitive con quelle prodotte da
combustibili fossili (petrolio,
carbone, metano), a prezzo relativamente basso, mediante tecniche subito disponibili, e con
una produzione concentrata in
grosse unità. Essa inoltre viene
ritenuta più pulita e cioè meno
inquinante di quella termoelettrica. Infine, almeno pei- il momento, non vi sono problemi di
approvvigionamento, anche se
si calcola che, allo stato attuale
della prospezione mineraria, vi
sia uranio sufficiente ad alimentare i reattori per solo 30/40 anni, come afferma in un documento del 1977 il Forum Italiano Energia Nucleare (FIEN). È
comunque previsto il successivo ricorso ai reattori autofertilizzanti, cui il P.E.N. fa specifico riferimento. Infatti vi si afferma che i reattori veloci sono
« la sola via che può offrire al
nostro paese la prospettiva di
raggiungere, sia pure a lungo
termine, una ragguardevole indipendenza economica». Anche
il già citato documento del FIEN
afferma che « i reattori autofertilizzanti sono necessari per
preservare le nostre scorte di
combustibile nucleare, per ridurre i fabbisogni di impianti
di arricchimento e per ridurre
infine il cOsto dell’energia». Pure il CNEN in un documento
dell’aprile 1977 afferma che « i
reattori veloci si pongono come
punto di arrivo obbligato della
strategia nucleare italiana». Se
non si raggiunge tale obiettivo,
prosegue il documento, «il processo di fissione nucleare non
rappresenterebbe ima reale alternativa al petrolio ».
Per contro, si oppone da altri
(tecnici e scienziati) che i costi
di costruzione delle centrali (notevolmente superiori a quelli
delle centrali tradizionali) potrebbero diventare scoraggianti.
Occorre poi anche tener conto
del costo dello stoccaggio delle
scorie radioattive, nonché quello del successivo eventuale
smantellamento delle centrali
stesse. Circa la «pulizia» dell’energia nucleare, v’è da tener
presente che l’inquinamento termico, dato dalla percentuale di
calore restituita all’ambiente,
mentre è del 60% per le centrali tradizionali, quelle nucleari
ne scaricano il 67%. Quanto all’inquinamento da radioattività,
esso è al di sotto della norma
di pericolosità in condizioni di
funzionamento normale, sia per
quanto riguarda le acque, i prodotti di manutenzione, le pareti
del reattore. Pur escludendo lo
«scoppio» del reattore (infatti
non può scoppiare come una
bomba) o anche la fusione del
nocciolo con conseguente rilascio di materiali radioattivi all’esterno, non si può per altro
escludere che incidenti possano
avvenire con conseguenze non
facilmente valutabili. Non si
può neppure sottovalutare la
esigenza, da parte dello Stato,
di prendere delle misure di militarizzazione e di controlli che
potrebbero condurre a restrizioni delle libertà nei confronti delle persone che lavorano nelle
centrali nucleari, sia contro la
possibilità di attentati e sabotaggi, ed anche in relazione ai
rischi associati al trasporto del
combustibile e delle scorie. Rimanendo alle scorie — prodotte sia dalle centrali che dagli
impianti di ritrattamento del
combustibile per il suo riciclaggio — certamente questo è il
problema più serio ed arduo da
risolvere. Anche il P.E.N. ne fa
menzione, parlandone come di
un «problema urgente» e di un
« retaggio che noi lasceremo alle generazioni future», in modo
particolare, per quanto concerne il plutonio, esso ha dei tempi di dimezzamento della sua
radioattività di 24 mila anni,
per cui la sua pericolosità in
pratica permane per un tempo
illimitato, e va sempre trattato
come sostanza altamente tossica. Infine, v’è pure da tener presente che col plutonio si possono costruire bombe nucleari, sia
pure con procedimenti complessi: è davanti agli occhi di noi
tutti l’esempio fornito dall’India, che già fin dal maggio 1974
ha realizzato la sua prima esplosione nucleare, ricavata dal plutonio delle centrali fornitele dal
Canada.
Gli Stati Uniti hanno fatto
marcia indietro per quanto concerne il ritrattamento ed il riciclaggio del plutonio ed hanno
anche vietata la messa a punto
dei reattori autofertilizzanti: la
cosa è tanto più significativa se
si tien presente che l’attuale presidente Carter ha esperienza di
tecnico nucleare. Per contro,
l’Europa è molto avanti in questo genere di sperimentazione:
la prima grande centrale elettrica alimentata con un reattore veloce sta sorgendo in Francia (Superphenix) colla partecipazione anche dell’Italia e della
Germania federale. Nel nostro
stesso Paese, vicino a Bologna,
al Brasimone, è in costruzione
il reattore veloce sperimentale
PEC, la cui prima carica è prevista per il 1979.
UNA POLITICA
DI RISPARMIO
ENERGETICO
Nel P.E.N. viene fatto specifico riferimento ad una politica
di risparmio, basata sui seguenti accorgimenti:
a) Controllo della crescita
di alcuni settori industriali ad
alto consumo di energia in coerenza colle politiche di ristrutturazione del tessuto produttivo
nazionale (raffinazione, siderurgia, petrolchimica, metallurgia).
b) Razionalizzazione dei consumi energetici in tutti i settori
industriali attraverso un apposito prograilimà finalizzato da
redigere e da realizzare (il settore industriale assorbe il 37%
dei consumi).
c) Riduzione degli sprechi
nel campo dei consumi civili e
terziari (34% dei consumi) attuando la legge 373 del 1976 (legge sul contenimento dei consumi per riscaldamento) e ponendo altresì, allo studio apposite
norme relative ai criteri di costruzione degli apparecchi elettrodomestici, per migliorarne il
rendimento.
d) Riduzione dei consumi
nel settore dei trasporti individuali su strada mantenendo elevata l’imposizione fiscale e sviluppando i trasporti collettivi
( il consumo di questo settore
si aggira sul 22% del totale).
È evidente che una seria politica impostata sul risparmio
energetico può dare risultati apprezzabili. Si tratta di problemi
che vanno affrontati immediatamente con un minimo di volontà politica, mentre il solo
Piano energetico, anziché affrontarli, li presenta più che altro
come previsioni. Per contro, è
proprio su questa politica di risparmio — unitamente a quella
della utilizzazione delle fonti alternative al petrolio — che si
rende necessario uno studio il
più esteso e sollecito possibile,
che vada assai più a fondo del
P.E.N. e che veda coinvolte tut
te le forze politiche e produttive del Paese.
In questo dialogo potrà avere anche il suo posto la Chiesa,
che non può rimanere estranea
ad un argomento di così vaste
implicazioni economiche e morali. Su questo specifico argomento, il Comitato esecutivo
del C.E.C. ha adottato l’appello
alle Chiese membro il 15 febbraio 1978. In esso viene affermato che la prima tappa per la
conservazione dell’energia è
quella della riduzione volontaria
dei consumi nei tre settori principali del loro utilizzo : industriale, residenziale e dei trasporti. I cristiani e le Chiese —
afferma il documento — si trovano in una situazione quasi
unica per incoraggiare una vasta partecipazione ad atti di autorestrizione, perché a livello
locale essi sono in contatto con
un’ampia gamma di cittadini ;
inoltre molti cristiani occupano
anche posizioni decisionali in
industrie consumatrici di energia. Al tempo stesso, siamo legati come un’unica famiglia con
fratelli e sorelle in ogni tipo di
paese sviluppato o in via di sviluppo.
«Inoltre — prosegue il documento — abbiamo il dovere di
sottolineare il valore morale
della autorestrizione che promuova la giustizia sociale, ad
esempio nel rallentare la crescita della richiesta di energia
in modo da permettere una scelta meno affrettata e quindi più
savia, fra le diverse nuove tecnologie che ci si prospettano, e
nel rendere possibile una più
corretta suddivisione delle risorse energetiche esistenti e limitate, in una popolazione mondiale in aumento »,
(segue)
Roberto Peyrot
r
LA SETTIMANA INTERNAZIONALE
a cura di Tullio Viola
J
L’assurdo eritreo
La situazione eritrea è una
delle più minacciose e preoccupanti neH’immenso panorama politico mondiale. Nessuno può dire che cosa accadrà, in un prossimo futuro, in Eritrea, ma occorre informarsi per dare alle
nostre speranze un oggetto concreto.
Sotto il titolo: « Dal re Saiomone a Lenin », il giornale « Le
Monde » del 28.4.’78, pubblica un
ampio commento (articolo di testa) alle più recenti notizie, dal
quale riportiamo i punti salienti.
« Le citazioni bibliche, la leggenda del re Salomone, la volontà di difendere l’impero “cristiano” d’Etiopia contro la “minaccia araba", avevano la pretesa
di giustificare, alcuni anni fa,
l’impiego massiccio del napalm
contro i “ribelli” d’Eritrea. Allora Israele, e soprattutto gli USA
fornivano al regime del Negus i
mezzi per cercar d’annegare nel
sangue un’insurrezione “secessionista”, alla quale il campo socialista riconosceva invece un’autentica “lotta di liberazione nazionale”.
I tempi sono cambiati. Oggi gli
Eritrei possono constatare che
il napalm, a loro riservato, continua a produrre sempre gli stessi effetti sulle popolazioni civili
delle zone liberate. In compenso,
oggi s'invoca il nome di Lenin a
garanzia di una “giusta soluzione” del “problema delle nazionalità”, soluzione alla quale si dedi
cano soprattutto i piloti dei MIO
sovietici. Quanto ai partigiani,
arroccati da 17 anni alle pietraie
dell’Eritrea, essi sono diventali
"agenti difensori dell’imperialismo”, colpevoli di voler strangolare la “rivoluzione etiopica”.
Senza dubbio, non è la prima
volta nella storia che un capovolgimento dialettico si proponga di dimostrare che due ideologie, fra loro opposte, possono,
con un minimo d’abilità verbale,
giustificare successivamente due
progetti imperialisti identici e la
stessa dominazione di un popolo
da parte di un altro.
L’arruolamento dei soldati cubani a favore di Addis Abeba e
la loro probabile partecipazione
a una riconquista dell’Eritrea,
suscitano nell’insieme del “campo socialista” un crescente imbarazzo. Alcuni partiti comunisti europei hanno manifestato,
in più riprese, la propria ostilità
contro una soluzione del problema eritreo con l’impiego della
forza. La Iugoslavia si dichiara
oggi “preoccupata” della politica cubana in Etiopia. Gli alleati
arabi del blocco sovietico, e soprattutto i palestinesi, che sempre sono stati favorevoli alla lotta degli Eritrei, sollecitano l’Avana a trovare una “soluzione negoziata”. In quasi tutte le capitali “progressiste” del terzo mondo, lo smarrimento provocalo da
questa contraddizione ideologica
s’esprime soprattutto in un silenzio imbarazzato.
Tutto ciò spiega naturalmente
il modo, un po’ tortuoso, con cui
Fidel Castro, ricevendo il Capo
di Stato etiopico, si è pronunciato sul “caso” eritreo. (...) Ha evitato di applicare agli Eritrei quegli epiteti brutali (come “banditi”, o "assassini”) che invece usa
correntemente Addis Abeba. (...)
Non di meno, dichiarandosi, senza mezzi termini, per il diritto
dello “Stato rivoluzionario” etiopico all’integrità territoriale. Fidei Castro approva l’annessione
definitiva dell’Eritrea all’Etiopia. O ironia suprema! La prima
annessione dell’Eritrea all’Etiopia, fatta unilateralmente dall’Etiopia nel 1962, in aperta violazione d’un verdetto dell’ONV che
prevedeva uno statuto federale,
fu resa possibile dalla pressione
degli USA!
Come conseguenza, Fidel Castro si trova costretto anche lui
ad aderire alla tesi della "rivoluzione” assediata dalVimperialisnto”, e a giustificare in tal modo la “liquidazione” dei “ribelli”
eritrei, profetizzata da Addis
Abeba ».
Raramente si assiste ad un pasticcio macchiavellico così complicato e così rivoltante!
Doni Eco-Luce
ABBONAMENTI SOSTENITORI
Falchi Franco, Milano; Polo Pregnolato Ida, Milano; Berteli Giulia, Prarostino ; Pecoraro Gianfranco, Torino; Sardi
Pecoraro Mimma, Id.; Ditta Corongi,
Id.; Prelato Giovanni, Id.; Manfredìni
Curio, Dresano; Manfredi Pier Francesco, Milano.
DONI VARI
N. N., Valli L. 50.000; Emigrati Itai.
in Svìzzera 17.920; Lena Italia e Ottavia, La Maddalena 10.000;; Comba Gustavo, Torre Pellice 25.000; Rivoir Alma, Bergamo 10.000; Torino Giuseppe,
Luserna 4.000; Genre Bertin Hilda, Pineroio 7.000; N. N. 6.000; Vetta Alessandro, Torino 7.000; Sappé Emile,
Francia 7.850; Jalla Renata, Luserna 7
mila; Cornuz Paul, Svizzera 13.000;
Rizzi Mario, Genova 10.000; Castiglione Giuseppe, Bari 7.000; Masino Luigi,
Varese 7.000; Vicari Eros, Francia 10
mila; Bounous Franco, Luserna S. G.
13.000; Mattone Elvidio, Coazze 1,500;
Calvetti Irma, Pomaretto 1.500; Cavazzani Erica, Torre Pellice 4.000; Peyrot
Beniamino, Perrero 1.500; Avataneo
Giacomo, Vìllastellone 4.000; Grimani
Giuseppe, Collevecchio 10.000; Zanetti
Giovanni, Svizzera 3.500; Moncada A.,
Canada 1.200; Tron Pascal Alma in
memoria della madre 2.500; Long Silvio, Svizzera 10.000; Suor Ferrara Arcangeta, Orsara di Puglia 800; Sciclone
Vincenzo, Cosenza 7.000; Negri Norina,
Felonica 1.200.
Chiese
d’Europa
(segue da pag. 3)
tà dell’umanità e quindi dalla
pace nel mondo. Il documento
di Chantilly esordisce richiamandosi alla pace di Cristo, che
il vescovo luterano Krusche aveva descritto,, nel suo studio introduttivo, come « diversità riconciliata », e dichiara che essa
ci induce in maniera perentoria
a lavorare per la pace. Ma come? Le indicazioni concrete
emerse dall’assemblea sono quelle correnti nel mondo ecumenico, dette e ripetute innumerevoli volte. C’è da temere che non
« mordano » più né nel vivo delle coscienze né nella realtà. Si
afferma la necessità di « superare le disuguaglianze esistenti»,,
di dar vita a « un nuovo ordine
economico mondiale », di « combattere gli abusi di i>otere » sia
delle nazioni più forti sia di singoli individui. Si parla a favore
del disarmo e della distensione
e contro il commercio delle armi, si chiede l’attuazione delle
decisioni prese a Helsinki e Belgrado dalla Conferenza europea
sulla sicurezza e cooperazione ;
si ripropone l’esigenza del rispetto dei diritti umani e il problema dei lavoratori che, per lavorare, debbono emigrare. Tutte
cose giuste, ma servirà ripeterle ancora una volta?
D’altra parte, una lacuna vistosa del documento riguarda
l’obiezione di coscienza che non
è neppure menzionata, benché
sia una delle vie maestre per
far avanzare la pace nel mondo.
Questo silenzio è tanto più riprovevole in quanto in un culto
serale si era pregato per gli
obiettori e nella discussione plenaria un delegato aveva chiesto
espressamente che il documento ne parlasse.
In generale questo documento, per quanto bene intenzionato, manca di radicalità evangelica e quindi di incisività. Non
vorremmo essere troppo severi,
ma c’è da chiedersi se esso non
riveli, insieme alla indubbia buona volontà delle chiese nel lavoro per la pace, anche la loro
cronica impotenza al riguardo.
Nell’insieme, la relazione introduttiva del luterano Krusche,
della Germania Orientale, era
risultata più solida, più concreta e soprattutto più coraggiosa.
Krusche aveva affermato, tra
l’altro, che « una vera politica
di pace è una politica del primo passo », che la pace sulla
terra è « qualcosa che costa
molto caro », per cui quanti lottano per essa « non ne escono
indenni ».
In conclusione, le relazioni e
i documenti finali di Chantilly
riflettono abbastanza fedelmente la situazione generale media
della cristianità europea dei nostri giorni, senza le sue punte
più avanzate ma anche senza le
sue componenti più retrive.
Ci sarà un « dopo-Chantilly »?
Sembra di si. L’assemblea lo ha
chiesto espressamente in una
delle risoluzioni finali e l’esito
complessivamente positivo dell’incontro giustifica questa richiesta. C’è la volontà di continuare e, per parte nostra, la
condividiamo.
Paolo Ricca
Comitato di Redazione : Bruno Bellion. Giuliana Gandolfo Pascal, Marcella Gay, Ermanno Genre, Giuseppe Platone, Paolo Ricca, Fulvio Rocco, Sergio Rostagno, Roberto SbafFi,
Liliana Viglielmo.
Direttore: FRANCO GIAMPICCOLI
Oirett. Responsabile: GINO CONTE
Redazione e Amministrazione : Via
Pio V, 15 - 10125 Torino - Telefono 011/655.278 - c.c.p. 2/33094
intestato a: «L'Eco delle Valli La Luce ».
Redazione Vaili : Via Arnaud, 25 ■
10066 Torre Pellice.
Abbonamenti: Italia annuo 7.000
semestrale 4.000 - estero annuo
10.000 . sostenitore annuo 15.000.
Una copia L. 200, arretrata L. 250.
Cambio di indirizzo L. 100.
Inserzioni: prezzi per mm. di altezza, larghezza 1 colonna : commerciali L. 120- mortuari 220 - doni 80
- economici 150 per parola.
Fondo di soiidarietì : c.c.p. 2/39878
intestato a : Roberto Peyrot - Corso
Moncalieri, 70 - 10133 Torino.
Reg. Tribù.lale di Pinerolo N. 175,
8 luglio 1960.
Cooperativa Tipografica Subalpina
Torre Pellice (Torino)