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ECO
DELLE miLT VALDESI
Prof.
ARIIASD BU80I AiSOSTO
Case Niiare
TORRE PEII>XCB
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno XCII — Num. 6 j ABBONAMENTI ( Beo: L. 1.300 per l’inienio « Eco » e « Presenza Evangelica » ^>ediz. ahb. poetale - I Gruppo TORRE PELLK E — 9 Febbraio 1962
Una copia Lire 30 1 L. 1.800 per l’estero intenio L. 2.000 - cfitero L. 2.800 Cambio d’indirizzo Lire 50 1 .Aimnin. Claudiana Torre Pellice - C.C.F. 2-17557
Due processi
Ai Carignano (li Torino, venerdì 2 febbraio, per la serie di conferenze
organizzata qui come a Milano, a Roma e a Napoli dall’Associazione Cuiturale Italiana, lo storico del pensiero scientifico Giorgio Diaz de Santillana
ha parlato su « Due processi: Galileo e Oppenheimer ». Istituendo un parallelo fra il famoso processo intentato dall’Inquisizione nel 1633 allo scienzato e pensatore fiorentino, e quello teuutosi nel 1954 contro il fisico americano Oppenheimer, uno dei « padri dell’atomica », su iniziativa deH’Ufficìo
federale di Sicurezza, l’oratore ne ha sottolineato le affinità : nell’imo e
nell’altro caso, lo Stato burocratico pone sotto accusa un uomo che apprezza
finché ’serve’, ma di cui diffida, e che è deciso a piegare (bollando, uccidendolo moralmente di fronte al .
pubblico) (piando questi mostra di
non essere solo una macchina produttrice ma, appunto, un uomo, un
individuo liberamente pensante.
Per la burocrazia autoritaria della
S. Sede della Controriforma e del
Pentagono americano questi uomini
erano una minaccia. La prima non poteva
aceeitare che fosse messo in discussione il
sistema aristotelico, massicciamente ricono
scinto e canonizzato: sarebbe stato accettare una discussione che avrebbe potuto
dilaîïare in ben altri campi... e ciò non
garbava in particolare ai gesuiti minacciati
nel loro monopolio sulla cultura. E il Pentagono non accettava che chi aveva ideato
gli strumenti tecnici avesse poi riserve da
avanzare o pareri da esprimere sulla loro
utilizzazione («Sciagurato convegno», chiamò Oppenheimer la bomba A). «Taci, poiché ihi decide sono io». Di fronte a questo
Stato (che qui si fa veramente Burocrazia,
e mostra quanto si distingua dalla nazionel
Galil' o e Oppenheimer si rivelarono uomini anche in ciò che di meno nobile o incerto ha la condizione umana; la forzata e
insimcra abiura dell’uno e l’oscillante atteggi.imento del secondo, se non sono certo
esemplari —- ma quale responsabilità su chi
li portò a questo! — ce li fanno però sentire vicini nella debolezza di fronte alla
violenza, nell’incertezza di fronte alle scelte-rsupeeme—.-------■— . —------------
Indubbiamente, le affinità messe in evidenza nella conferenza, con vivace parola
c sicura informazione, sono molte: sia per
il contrasto drammatico — non giunse alla
tragedia — fra l’iniziativa intellettuale e
la liurocrazia autoritaria; sia per le somiglianze di atteggiamenti e caratteri, rivelatori di coscienze incerte, tormentate, non
sempre coraggiose fino all’estremo; sia per
falsi giurìdici di cui ci si valse contro
l'uno e contro l’altro; diversa — ma solo
per la diversità della situazione storica —
conclusione dei processi : con l’abiura e con
il carcere Galileo fu messo a tacere, e Oppenheimer, dichiarato « leale ma infido »
(?), fu rifiutato dal governo americano come scienziato al suo servizio, e messo in
disparte, anche se il suo prestigio morale
è quasi più grande, ora.
1 secoli sono passati, e diversa è oggi la
situazione della scienza: il potere politico
( non cerca più di opprimerla, ma di utilizzarla » ai suoi fini, e una notevole tensione permane. Ma pure, un problema essenziale, e una diversità di fondo fra le due
epoche e i due processi mi sembrano esser
state trascurate daU’oratore, 11 problema è
quello del rapporto fra scienza e fede. De
Santillana ha accennato al fatto che — per
l’espresso riconoscimento di molti teologi
cattolici — il contrasto fra scienza e fede
(o, diciamo, ubbidienza dottrinale) al tempo di Galileo fu un falso contrasto: Galileo fu cattolico sincero, e la verità scientifica che scoperse e affermò non era affatto
in contrasto con la rivelazione biblica, ma
con un’errata interpretazione della rivela
zinne, che ingiustamente, canonizzava un
connubio fra questa e una visione filosofica
e scientifica contingente. Invece, nel caso
di Oppenheimer il problema si fa infinitamente più profondo e drammatico : diventa
quello dei limiti della scienza.
Si usa dire, oggi, che il contrasto fra
scienza e fede è ormai cosa supe'rata; è vero da un lato, perchè realmente si è cessato — da parte di quasi tutti i cristiani — di
considerare la Bibbia come un libro nor
mativo, nella lettera, in fatto di scienza, e
si è riconosciuto che il messaggio eterno
contenuto — in modo esclusivo — in essa,
vi è espresso con il linguaggio e la mentalità e la scienza dell’epoca in cui fu fissato.
Ma d’altra parte, oggi, il contrasto scienzafede sembra farsi, non di rado, particolarmente drammatico, e angoscioso: la ’verità' scientifica che via via si va scoprendo,
si fa sempre più pericolosa, nelle mani di
irresponsabili... • e di burocrati. Non so
quale fosse la fede religiosa di Oppenheimer, e se ne avesse una ; non so se le
sue riserve — mai veramente decise, però
— di fronte aH’ulilizzazione della bomba
A (che pure eoc^egò validamente a co.strui
re) avessero una semplice motivazione
umanitaria, o quella più profonda della fede; la sua testimonianza fu certo meno netta di quella di Einstein, come meno aperto
e deciso il suo rifiuto. Ma, comunque, que
sto caratterizza oggi il problema dei rapporti fra la scienia e la fede-, il senso dei
limiti, dagli embrioni umani in fiala alla
fissione nucleare all’automazione.
R. Jungk, nella sua bellissima indagine,
quasi Un romanzo, sul destino degli scienziati atomici (1), scrive, a conclusione del
rapporto sul processo ad Oppenheimer, che
da esso « non scaturiva solo la storia della
vita di un singolo, ma la storia dì tutta una
generazione di scienziati atomici: la loro
giovinezza spensierata, la loro paura dei
dittatori, il loro restare abbacinati da una
scoperta sovrumana, la loro pesante responsabilità a cui non erano preparati, la loro
gloria che minacciava di rovinarli, la loro
involuzione e la loro miseria. In quell’angusto ufficio non si trattava solo di Robert
Oppenheimer. Erano in questione tutti i
nuovi, insoluti problemi che gli scienziati
si erano trovati addosso con l’irrompere
dell’èra atomica : la loro nuova funzione
nella società, il loro disagio in un mondo
del terrore e del controterrore meccanizzato alla cui creazione essi stessi avevano contribuito, la loro perdita di un ethos più
profondo su cui un tempo era cresciuta la
scienza ».
Il coraggio, per Galileo, e la sua testimonianza di cristiano era : guidare anche la
sua chiesa al riconoscimento della verità
(ribelle e scomunicante, ha pur dovuto seguirlo, anche se noli l’ha ancora riabilitato); poteva essere, comunque, il coraggio
della certezza. Ma quale coraggio è oggi
lucessario — almeno in talune branche, come quella nucleare — allo scienziato che
voglia vivere la fede in Cristo Signore! E’
indubbiamente il coraggio di umili rinunce, liberamente accettate, incrollabilmente
difese, senza per questo pretendere di aver
le ’mani nette’. « Ogni cosa mi è lecita, ma
non ogni cosa edifica »: vale certo anche
per la ricerca scientifica; e il cristiano deve
sapere e testimoniare che ogni ’verità’ è
mortifera se non è posta in intimo rapporto
con la verità viva che é l’amore di Dio per
il mondo, in Cristo. Certamente le bombe
A, H, ecc. sarebbero state scoperte e realizzate comunque, da scienziati atei o indifferenti, ma cosi fosse stato netto, esplicito il « non posso » di scienziati credenti :
la loro confessione sarebbe stata per molti
un punto fermo, un segno indicatore che il
Signore è Cristo, anche se le nazioni si agitano e i grandi meditano cose vane.
Ma a lutto (jueato De Santillana non pensava... e io ho mancato una buona occasione di dirlo subito, nel dibattito. g. c.
(1) R. JUNCK: Gli apprendisti stregoni,
Einaudi, Torino 1958, p|). 366, L. 2.500.
usciti
“Presenza Evangelica,,
Ormai i nostri abbonati devono aver ricevuto in saggio il 1» numero di questo nuovo
mensile evangelico. In ariosa e moderna
veste editoriale, esso si presenta ai lettori
chiarendo anzitutto il perchè della sua pubblicazione, il senso di questa presenza nelle chiese e a colloquio aperto con il mondo.
Mantiene la promessa di rubriche dedicate all’attualità della Chiesa (Nuova Delhi
e l’atteggiamento cattolico), alla meditazione biblica, all’attualità culturale, letteraria, di spettacoli. Le due pagine centrali sono dedicate all’obiezione di coscienza. Ottima la rievocazione di un ’’incontro" : con Giuseppe Gangole. E’ evi
dente che non basta un numero per dare
un giudizio su di un periodico. Ma la pri.
ma impressione è piacevole per la presentazione, di interesse per i temi, gli spunti.
Auguriamo al comitato di redazione ( è
tutto li, compatto!) un fecondo lavoro,
sempre più caratterizzato e incisivo, e una
forte risposta di pubblico. E se ’’Presenza Evangelica” non si presentasse validamente, ormai, da sè, ripeteremmo il nostro invito, amici lettori: abbonatevi! Molti, rinnovando l’abboruimento ai vecchi
periodici, hanno pure già pagato quello
cumulativo: ce ne rallegriamo assai attendendo che gli altri ne seguano l’esempio.
IN MARGINE AL CONGRESSO V. C. DI NAPOLI
I nodi e il pettine
HumicinD ed alire cese
Lo scandalo INGIC, tutt’altro che liquidato; la faccenda della penieillina; le
evasioni fiscali ; Taec-oporto di Fiumicino ;
l’Ottavo Congresso democristiano sta maturando in una atmosfera veramente accesa.
Soprattutto la fa«eenda di Fiumicino, e
la pubblicazione degli atti deU’inchiesta,
ha fatto salire notevolmente la temperatura. Il corrispondente romano di un
quotidiano cattolico informa che « osservatori e informatori politici sono alle
prese con una vera ridda di punti interrogativi, di ipotesi, di illazioni incalzanti ». E pone egli stesso alcuni interrogativi: « C’è davvero, come si mormora, una manovra precongressuale sotto tutta
questa ventata scandalistica di Fiumicino? E ohi la dirige? A quale scopo?
Contro chi, a favore di che cosa? Si muove dal di dentro della D.C. o dal di
fuori? Nella ormai ” fu ” convergenza o
al dì là dell’area ex-tamvergente? Viene
da destra o da sinistra? » (Il Nuovo Cittadino - 7 gennaio 1962).
Dalla lettura degli atti di incliiesta (al
meno nei larghi tratti pubblicati in que
sti giorni dai quotidiani) risulta che al
enni uomini, titolari di dicasteri negli
anni interessati della vicenda, sono oggi
tutt’altro che concordi nel riconoscere le
circostanze e le responsabilità. Veniamo
così a sapere che tempo addietro, in una
autodifesa al Senato, il ministro Andreottì si era dovuto dolere acerbamente dì
taluna delle tante agenzìe di stampa che
sono al servizio delle ” correnti ”, o addirittura al senizio del ” gmippo di amicì ” di questo o quell’uomo politico,
non esclusi i democristiani. Il Senatore
Spezzano (p.c.i.) aveva paragonalo la lot
ta delle agenzie alle lotte della camorra
L’onorevole Andreotti, nella risposta, in
tervenne a dichiarare crudamente che si
trattava di peggio : « Il senatore Spezza
no assolve al suo ruolo di oppositore, ma
nobilita questa lotta, equiparandola alle
attività della camorra. Io rispetto di più
le persone della camorra perchè Pupetta
Maresca... con le sue revolverate rischia
di andare in galera e ci va, mentre noi
abbiamo nella camorra politica di certi
ambienti qualche cosa di meno nobile.
’« apertura a sinistra » della DC,
almeno sulla carta, è un fatto
compiuto, dopo il Congresso di Napoli. Ci è parso utile commentarlo
con questo articolo onesto ed equilibrato comparso sul numero di gennaio del mensile cattolico genovese
" 11 Gallo »: ringraziamo di cuore
i galli, che ci hanno cortesemente
concesso di riprodurlo. red.
si lanciano sassi e colpi di pugnale senza
rischiare niente e non mostrando poi il
proprio volto » (La Stampa, 7 gennaio).
L’aria è accesa, e dalle due estreme, da
destra e da sinistra, si soffia con tutti ì
mantici nel fuoco.
Non saremo noi a minimizzare la faccenda, e a far da pompieri. E’ bene che
il paese sappia fino in fondo come sono
andate le co.se; e che i colpevoli pagliino, a qualunque partito o consorteria
appartengano, uscieri, funzionari o lati(segue a pag. 3)
La vera consolazione
Qual'è la tua unica consolazione in vita e in morte?
La mia unica consolazione in vita e in morte é che col corpo e con l'anima, in .
vita e ifl morte, non son più mio, ma appartengo a Gesù Cristo, mio fedele Salvatore
Qual’è la tua uhi|:a consolazione in vita e in morte? E’
una domanda, ques^, che forse non ci è ancora mai stata
rivolta. Oggi ci figgono molte domande. Ci intesrrogauo
continuamente, si informano su di noi. E’ un secolo curioso, il nostro, un se<X)lo di questionari, di inchieste, di referendum. Ci chiedono il nome, l’età, il mestiere, le idee, la
fede, persino gli hobbies. Ci chiedono spesso il nostro parere. Nessuno però ci ha forse ancora chiesto qual’è la nostra unica consolazione in vita e in morte.
E’ una domanda diversa dal solito, che non concerne
l’uomo esteriore, l’uomo sociale, ma coglie l’uomo nel profondo e lo mette di fronte a se stesso, di più, lo mette a
nudo. Questo termine « consolazione » va notato. Un altro
direbbe: Qual’è la tua unica gioia, oppure: la tua unica
certezza. Qui invece si parla di consolazione. Questo termine tradisce una situazione di conflitto. La situazione di
conflitto è la situazione cristiana. La situazione di colui
che confessa Dio in un mondo che lo nega; che proclama
la bontà di Dio mentre trionfa la malizia; che annuncia la
giustizia di Dio e vede dominare l’ingiustizia; che afferma
la vita eterna mentre visita i cimiteri; che crede cioè in
un Dio smentito dai fatti. E’ la situazione di colui che vive
nel deserto e spera contro speranza che esso « fiorisca come la rosa » (Isaia 35: 1). Vi sono poi le crisi dell’esistenza, gli agguati del peccato, le eclissi della fede, le lacrime.
Vi è, insomma, la croce. Si tratta dunque qui della consolazione di chi ha scelto la via paradossale e apparentemente
negativa della croce. Un cristianesimo che non sia sensibile al messaggio biblico della consolazione è ovvero un
cristianesimo per il quale Dio è diventato ovvio e la fede
non è più ricerca, preghiera, attesa, scoperta, ovvero un
cristianesimo che s’è assuefatto alla tragedia della condizione umana, che quindi considera normale quello che è
anormale e « destino » quello che è scandalo, un cristianesimo che non discute con Dio la causa del mondo e rassomiglia più agli amici di Giobbe che a Giobbe. Come ai
tempi di Gesù, così anche oggi ci sono molti che non sentono il bisogno di esser consolati, perchè « han già la loro
consolazione » (Luca 6; 24). Guai a loro, dice Gesù. Beati
quelli che fanno cordoglio, quelli cioè che vivono il dramma umano nella prospettiva di Dio e tensione verso di Lui,
e vivono la presenza « pazzesca » (I Corinzi 1: 18) di Dio
nel mondo, che pure continua a scegliere Barabba anziché
Cristo.
tt * *
Questa consolazione è « in vita e in morte ». Si tratta
della stessa consolazione per la vita e per la morte. Pensiero insolito. Molti sono usi consolarsi in modo diverso
nella vita e nella morte. Due realtà apparentemente così diverse, anzi opposte, come potrebbero avere la stessa consolazione! La vita offre del resto già molte consolazioni: per
uno sono gli affetti familiari, per un altro il successo professionale, per un altro il poter soddisfare i propri desideri, per un altro la salute, lo star bene, e così via. Insomma
è la vita che consola la vita. La vita giustifica se stessa.
L’essenziale è vivere. La vita consola anche della morte.
La consolazione del fatto che siamo mortali, è vivere più
e meglio che si può. Ma non è che in fondo questo ci consoli: solo ci aiuta a rassegnarci. Per altri invece è vero il
contrario. La vita lascia molti senza consolazione. Essa è
sovente capricciosa e tragica. Ci sono situazioni in cui la
morte sembra un male minore, quasi un rimedio. Allora
è la morte che ci consola del fatto che viviamo. Ma questo
è il contrario della consolazione, li rifiuto d’esser consolati.
L’unica consolazione in vita e in morte, il nostro unico
modo di vivere in un mondo che oscilla tra i poli opposti
di una incosciente spensieratezza e di una cupa disperazione, è di « appartenere col corpo e con l’anima a Gesù
Cristo ». La consolazione non è dunque possedere, come
pensa il mondo, ma appartenere. Mammona non consola:
consuma. Appartenere a Gesù Cristo : questa è la sentenza
divina pronunciata su di-noi. Essa è rivolta alla fede. La
incredulità non ha orecchi per udire. Appartenere a Gesù
Cristo significa sapersi oggetto della sua scelta misericor
Cia per ricorrere il 4« centenario di uno dei più noti e
più bei testi della Riforma: il ’’Catechismo di Heidelberg". Fu composto nel 1562 — la sua edizione riconosciuta ufficiale e definitiva è la quarta, del 1563 — da un gruppo di teologi di quella nota facoltà teologica (fra enti in
particolare Ursino e Oleviano), per ordine del principe
elettore del Palatinato, Federico IH: era tempo di vivaci
discussioni teologiche, fra le varie correnti della Riforma,
e il principe era preoccupato della concordia degli animi.
Ma al di là di questo scopo contingente, di cui resta traccia
nel carattere e nel tono pacato dell’opera, essa è risultata
una delle più belle, più immediate e personali confessioni
di fede riformate: non per niente Karl Barth la tenne presente nello stilare la ’’Dichiarazione di Barmen”, il testo
fondamentale della Chiesa confessante.
Per segnare questo 4" centenario. Paolo Ricca ha accettato di far risaltare, in una serie di articoli, alcuni dei
tesori di questo ’’classico” della Riforma. Gliene siamo
grati. red.
diosa, prigionieri della sua volontà, cittadini del suo mondo. Significa rimettere in lui il nostro destino, non esser più
solleciti di noi stessi. Significa riconoscere che l’amore che
perdona e libera dal peccato è anche l’amore che chiama
e associa a sè: chi è perdonato non è più senza Gesù Cristo. Significa esser proprietà del Risorto, che governa con
lo Spirito e la Parola. Esser di Gesù Cristo, questa è l’unica
consolazione in vita e in morte. In vita, perchè non son
più io che vivo ma è Cristo che vive in me. In morte, perchè chi crede ha vita eterna. « Tutto il mio Cristianesimo
consiste in questo, che io sono proprietà del mio Signore
Gesù Cristo e che proprio questo io considero essere la mia
unica gloria e tutta la mia felicità » (Bengel).
♦ ♦ *
« Mio fedele Salvatore ». L’aggettivo « fedele » va osservato. Esso significa che Gesù Cristo è sempre « per noi »
(Romani 8: 31), anche quando noi stessi non possiamo
più essere per noi. Significa che Dio non si pente di averci
amato «fino alla fine» (Giovanni 13: 1) e che la croce
resta nei secoli evangelo. « Fedele » significa che non dobbiamo dubitare di Cristo. Paolo Ricca
La Claudiana, grazie all’offerta generosa della Chiesa Riformata d’Olanda, ha ristampato, nel 1%0, la traduzione che del
Catechismo di Heidelberg ci diede anni fa Francesco Lo Bue.
L’edizione, di 4.000 copie, è stata largamente diffusa, richiedendo il rimborso delle sole spese postali. Chi ancora desiderasse
il volume, lo richieda immediatamente alla Claudiana, perchè
ne rimangono disponibili pochissime copie. Ricordiamo pure
che è stato pubblicato un commento al testo, in francese:
,A. PÉRY: Le Catbéchisme de Heidelberg. Un commentaire poui
notre temps. Labor et Fides, Genève 1960 — L. 1.280.
2
PM- i
N. 6 —: 9 febbraio 1962
II
(Giovanni 3: 18-19)
$1 compie
Tra le cose straordinarie del Quarto Evangelo, il dialogo fra Gesù e Nicodemo è veramente un paradigma del dialogo, sempre attuale, fra il ricercatore della verità in concetti e la Verità fatta carne. Al « dottor d’Israele » che
disserta, che è pronto a riconoscere anche in Gesù « un dottore », anzi un dotdore venuto da Dio, ma che non sa rinunciare agli schemi e alle categorie del
suo abituale ragionare, il Cristo oppone una sconvolgente proclamazione, anzi,
com’Egli stesso la chiama, una « testimonianza » (v. 11), che d’improvviso rivela su un piano totalmente nuovo il significato della vita e della storia umana.
E’ la testimonianza dell’amore vivente di Dio fatto carne in Cristo, il tema
misterioso della rigenerazione dall’alto che riscatta la vita dell’uomo e la tramuta in vita eterna, l’annuncio della « nuova creazione » che è opera dell’amore divino.
Questa rivelazione culmina nell’ultima parte del discorso di Gesù, e in particolare in questi versetti dove diventa per così dire una rivelazione controluce, dove la realtà della « vita eterna » è fatta risaltare come sul rovescio
della realtà del « giudizio ». « Chi crede in lui non è giudicato, chi non crede è
già giudicato perchè non ha creduto ». Queste parole che con inesorabile sobrietà enunciano la presenza e l’attualità del giudizio, suonano assai più terribili che non un annuncio di apocalissi finale. Il giudizio dunque non verrà, ma
è già venuto, e continuamente viene. Perchè « vita eterna » e « giudizio » non
sono termini metaforici o comunque realtà fuori del tempo, e neppure soltanto al termine dei tempi: qui ed ora, la vita dell’uomo è già vita eterna, se e in
quanto è rifiuto di Cristo. E proprio per un’esigenza di concretezza storica sembra che Giovanni usi questi termini anziché parlare di « salvezza » e « perdizione » : sono realtà calate nel presente, inscindibili dal fluire della vita, appunto perchè hanno la loro radice nell’evento centrale di tutta la storia: il
dono dell’amore di Dio in Cristo. Perciò Gesù può affermare che « Iddio non
ha mandato il Suo Figliuolo nel mondo per giudicare il mondo », e nello stesso
tempo a Io son venuto in questo mondo per fare un giudizio » (9: 39). Cristo
è Signore anche del giudizio, perchè il Padre gliene ha dato a autorità » (5: 27);
ma Cristo, l’amore che salva, non è venuto per giudicare, poiché la vita che
rifiuta questo amore si pone già da se stessa sotto condanna (tragica ironia del
destino che ogni posizione di autonomia umana porta con sè): ed essa non
solo è, nella sua essenza, mortifera per il singolo anziché « eterna », ma è,
oggettivamente, rivelazione di tenebra, di peccato, di una realtà storica incapace di arrendersi al suo Signore, di riconoscerne e accettarne la suprema volontà di salvezza. Rivelazione di giudizio, mano tesa a indicare le tenebre. Infatti il giudizio è — semplicemente e terribilmente — questo : « che la luce è
venuta nel mondo e gli uomini hanno amato le tenebre ». Come dice Miegge,
« Cristo non è venuto per giudicare, ma il giudizio si compie con la Sua venuta », col Suo incarnarsi ed entrare nella storia, che è veramente, secondo il
testo greco, « crisi », momento decisivo, scelta.
Ma la storia non è solo storia di avvenimenti grandiosi, è anche e prima
di tutto vicenda di ogni giorno; e la presenza del Cristo in essa è presenza del Cristo in ogni istante di questa umile vicenda quotidiana. A questo
punto ci è più facile comprendere come mai la replica di Gesù alle caute e graduali domande di Nicodemo vada così lontano: si tratta di una lontananza
solo apparente. In realtà Gesù non fa che porre Nicodemo di fronte all’inevitabilità della scelta: non alla sua opportunità, giacché non è questa un’esortazione : Gesù non esorta ma « testimonia », cioè espone un fatto. E il fatto è
questo: la scelta si compie, che tu lo voglia o no, in ogni istante, giacché per
ogni istante la Parola si è fatta carne. E sembra proprio che Gesù, per indurre
il suo interlocutore a prendere posizione, attenui di proposito l’accento posto
sulla propria « autorità di giudizio » per mettere più potentemente in nsalto
la grande alternativa che gli sta dinanzi, e a cui Nicodemo non potrà sfuggire.
Una simile scelta non è però di quelle che si possono fare una volta per
tutte : non è dato al credente di schierarsi tranquillamente fra coloro che
« haimo vita eterna », appunto perchè questa non è un possesso, ma un dono.
Justas et peccator, egli è posto continuamente di fronte alla scelta: attraverso
ogni esperienza della sua vita, egli si trova inaspettatamente gettato sulla frontiera che divide la luce dalle tenebre; in ogni istante, rincarnazione viene a
porre tutta la sua vita sotto il segno della « crisi ». Ed ecco allora il senso
prezioso del nostro vivere quotidiano: per banale che possa essere, la nostra
esistenza di singoli acquista in virtù di Cristo il valore di una continua scelta,
di un continuo riconoscimento del dono dell’amore di Dio, di una continua
occasione di adorazione e di servizio. Allora non possiamo più considerarla
come una collezione di fatti, lieti o tristi, tediosi o drammatici, nè come una
serie di preoccupazioni e di emozioni, di illusioni e di delusioni; la nostra
vita diventa l’avventura meravigliosa del continuo incontro con Cristo, che ci
assedia e ci assilla perchè impariamo ad amare la luce più delle tenebre.
Qual è dunque il messaggio di testimonianza che ci viene affidato da questa « testimonianza » unica di Gesù? Oggi, nel nostro mondo lacerato
da mille conflitti, il cristiano non è certo chiamato a minacciare grandiose apocalissi finali: minaccia che del resto non ha mai fermato l’umanità sul suo
cammino tenebroso. Cristo non minaccia, ma rivela. Il mondo si è già posto
sotto giudizio, e noi cristiani, in quanto ne siamo parte viva, ci troviamo con
esso sotto giudizio : quante volte le nostre scelte sono ambigue e piene di compromessi, più simili a prese di possesso che all’umile riconoscimento di un
dono; e quante volte, ribellandoci a questa confessione di peccato, ci autocondanniamo e ci tramutiamo in mani tese a indicare la tenebra. Ma è proprio da questa tenebra che, per dono divino, ci è richiesto malgrauo tutto di
testimoniare che Tamore di Dio è qui fra noi, che la luce attende di essere
amata più delle tenebre, che la scelta si compie, in ogni attimo della storia,
e di ogni singola vita umana. La straordinaria testimonianza di Gesù parla
anche a noi oggi con la stessa potenza con cui parlò a Nicodemo : a noi Cristo, Signore del giudizio, chiede di essere testimoni del Suo dono di vita eterna.
Rita Gay
i lettori ci scrivono
In abito cinlle o con toga
a Gesù poco importa !
Aid un grande stabile le cui fondamenla, a causa della vetustà, cominciavano a
rivelare alcune crepe, furono coi>erte con
intonaco le parti die ne erano rimaste prive ^ e fu riattiutata la facciata, ritenendo
così di avere nascosto aU’occhio degli altri, le vere condizioni... poco statiche dello stabile.
La polemica che ancora si trascina circa
I uso, o non, della to<ga da parte dei laici
quando predicano, mi ha richiamato alla
mente questo fatterello e non penso di
avere «hagliato nel raccontarlo.
Ma, mi dico, è possibile che mentre da
tulle le parti si nota una sempre più crescente decristianizzazione, qui, nella Chiesa Valdese, si sciupa tempo, inchiostro e
spazio sulla stampa per dedicarlo ad un
argomento che, secondo me, è assolutamente privo di importanza?
Riconosco di essere uno sprovveduto in
materia, essendo rultimo arrivato nella
laniiglia Valdese, ma mi sia permesso di
rilevare che certe diatrihe intristiscono lo
spirilo, specie ai più sprovveduti.
S. C. V.! Non crediate che questa sia la
sigla delle targhe applicate alle pompose
auto della Città del Vaticano! Quelle lettere puntate vogliono^drre : Se Cristo Vedesse! ”
Ma, io mi domandp, e mi si perdoni la
ingenuità, Gesù indossava una toga? E gli
Apostoli? — Quale differente effetto potrà
fare nell animo dei credenti la predicazione fatta da una persona togata o da una
non togata?
Se ho ben capito, due sono le correnti :
quella co.nservatrice e. quella progressista.
Come in politica!
La prima rivendica il diritto della Ioga
ai soli pastori. Il suo più autorevole interprete si è COSÌ espresso: « ...mi permetto di esprimere il mio dissenso suH’uso
della toga. Ritengo cioè che si tratti di
una toga pastorale e non di tutti i membri di chiesa; perciò sono personalmente
contrario alla proposta che essa venga, indossata da ogni persona che sale sul pulpito per la predicazione. La tradizione rifornata considera quella toga come indutnenlo specifico dei Pastori neH’esercizio
di un pa.rticolare atto del loro ministero ».
Dalla parte progressista si afferma: « Non
c è nulla di saicro, di religioso, di importante negli uomini radunati, cioè nella
ihiesa, ma tutto è in Lui e dipende da Lui
che compie il miracolg di trovarsi con noi
ed in noi per renderci memibra del suo
corpo, strumenti della sua azione nel mondo ». E più avanti;! « ...per lui (Paolo)
non esiste nessuna distinzione nella Chiesa Ira 'clero e laici, ira superiori ed inferiori ». « Ogni credente, per Paolo, continua, ha ricevutó lo Spirito Santo che agisce in lui e lo rende attivo per il servizio
’ ministero). Se la Chiesa è un corpo
(secondo rimmagine di I Cor. 12) avere
membra attive e membra pa>ssive vuol dire
avere braiccia che lavorano e gambe che
non funzionano : questa è nettamente la situazione di un paralitico. Rinnovare la
Chiesa significa guarire questa paralisi, ridare vitalità a tutte le membra, riscoprendo i doni e i compiti che il Signore ha
dato a ognuno dei credenti». E infine:
« E’ dunque necessario cominciare a distruggere quelle barriere che all’interno
della Cliiesa separano la classe dei pastori
da quella dei laici; distruggere quegli elementi che tendono a circondare la figura
del pastore di un’aureola di sacralità e relegano in pari tempo il membro di Chiesa
nella posizione di eterno minorenne nelle
cose spirituali ».
Non è mia intenzione versare altro olio
sul fuoco. Sarei il meno qualificalo, ma
mi si lasci dire il mio pensiero. Se il pastore è un « ministro di culto » come taluni pomposammiite amano definirsi, e se per
esercitare il suo ministero ha dovuto essere stalo licenziato da una facoltà di teoio.
già ed ha dovuto essere stato consacrato
con « grandiosa solennità », ne consegue
che chiunque non sia in tali condizioni,
contamina il servizio della predicazione.
In questo caso il nostro pensiero va alla
numero8ÌBBÌma schiera di fratelli che vivono isolati e si riuniscono in famiglie o
in locali alla buona, senza pulpito, ai quali, dal meno sprovveduto dei presenti,
viene spezzato il pane della Parola. Questi fratelli non avendo una predicazione
da chi è esplicitamente a ciò consacrato,
rimarrebbero in mio stato di eterna inferiorità, perchè ciò che ricevono deve essere considerato insufficiente. Se-cosi fosse,
dovremmo dire che tutta questa popolazione di Dio non potrà mai aspirare alla
santifiicazione.
Meno male che si è molto lontani dalla
realtà. Confesiso di dissentire dai conservatori. Io sono per... l’apertura a sinistra!
Condivido il pensiero di Franco Giam
j piccoli, cioè che: « lo Spirito Santo agisce
altravenso la Parola predicata e non attraverso l’uomo pastore, perchè se la predicazione è fedele poco importa che sia fatta da una persona o daU’altra o da diverse insieme o a turno ».
Non facciamo rappezzare l’intonaco caduto e riattinlare la facciata! Non tralasciamo le questioni di fondo per occuparci di queUe inutili o marginali!
Cerchiamo piuttosto di trovare il rimedio, e un rimedio efficace, tendente a frenare, e se possibile ad arrestare il triste
fenomeno dell’apatia e dello scetticismo
religioso. E’ colpa della predicazione non
rispondente più ai tempi, oppure dell’irrazionale espletamento degli altri ministeri, non meno importanti di quello della
predicazione, la causa di questo grave fenomeno?
Questo è il problema su cui dovrebbe
fermarsi Fattenzone dei più qualificati.
Altro che se il laico quando predica debba indossare la toga, magari a 7/8!
A parte gli scherzi; non perdiamo tempo. Il Signore potrebbe chiedercene conto. Cosa risponderemmo?
Il nostro dovere impellente è: trovare il
modo idoneo per lievitare, risvegliare, richiamare, sollecitare, sensibilizzare le
mhsse di scettici, di tiepidi, di artritici,
di intorpiditi, di refrattari.
Se si riesce in questo intento, a mezzo
di laici o di pastori, in abito civile o con
toga, a Gesù poco importa!
E a noi lutti, massa di credenti... invece, pure! !
Napoli, 30 gennaio 1962
(Chiesa del Vomero)
Francesco JervoUno
Cnsì sento la storia valdese
Caro Direttore
Rispondo ai miei due cortesi interlocutori estremamente a malincuore: vedo infatti mutarsi in polemica spicciola e dibattito un problema che mi sta particolarmente a cuore, quello di comprendere il
presente della mia chiesa, e vedo inserirsi
in questo dialogo preconcetti ed accuse che
non ritengo di una portata soltanto giornalistica. Esiste, credo, il diritto di pensare
e sentire le cose con la propria sensibilità;
ma non ritengo sia lecito formulare nei
miei riguardi l’accusa di non amare la mia
terra e la mia cliiesa, accusa che traspare
nelle lettere che ho sotto gli occhi, o di
considerare con sufficienza e commiserazione la vita dei miei che è in fondo la
mia vita.
Si rassicurino i miei amici doti. Ribet e
A Armand Hugon, non è da me che vcrà
Il detrazione e l’oblio o la commiseraziont per la .storia valdese. Sono uno dei pochi »otto i 40 anni ad interessarmene, a leggerne i testi, a discuterne con gli amici, a
nieditare con emozione i testi del vaidi-ino
medievale.
Certo le mie sono « impressione e non
sostanza », perchè non sono storilo e non
faccio lo storico, ma che cosa è la sostanza
della .storia ? che cosa è la sostanza della
storia valdese? Non è forse — come dice
Armand Hugon — « la testimonianza in
questo mondo di un vangelo vissuto e'creduto nella comunione dei credenti »? Nòii
è forse per questo che vivo anch’io nel mio
angolo di Valli Valdesi? E’ per intendere
questo che ho riflettuto sulla storia nostra
e dei Camisards, non per « épater les bourgeois » : quelli non si lasciano più épater
da cosi poco, al giorno d’oggi ! e nemmeno per fare il paradossale; semplicemente
Di questo sì deve discutere
Caro Direttore,
.sulle colonne del nostro giornale continua la discussione sulla toga, con diversi
interessanti interventi. Ma, come spesso
accade in questi scambi di idee, ad un
certo momento si dimenliica qual era il
punto di partenza della discussione e si
divaga in considerazioni a volte utili, a
volle insignificanti, comunque collaterali. Vorrei rimettere in luce il problema
di fondo.
Questa discussione è nata dall’articolo
che pubblicai su « Diakonia » neU’agosto
scorso, nel quale sostenevo che per favorire la risco,perla dei doni che lo Spirito
dà a tutti i credenti è necessario abolire
quegli elementi che tendono a cireondare
l)u mortn di cuì.m uessuno ha parlatn
Carissimo Direttore
A cavaliere dei due anni, qualche vivo è
stato condannato a morte; e qualche morto-, e qualche letargico, sta per rivivere (se,
al momento in cui scrivo, non è già in piedi) : intendo dire i giornali e periodici
e\ angelici, di cui alcuni sono stati soppressi, ed altri trasformati.
Di un morto-vivo, o vivo-morto, però,
nessuno ha parlato fin qui; ed è gran peccato. Alludo alla lingua francese, che stavolta, nella stampa periodica valdese, è
definitivamente seppellita sotto un pesante
strato di italico... piombo.
Chi oserà infatti scrivere ancora qualche
articolo in francese per un periodico bifronlico, pardon, dalle due teste, come la
ben nota aquila abshurgica? Il villoso (moralmente parlando) L. A. Vaimal, tanto
simpatico però e tanto sprovvisto di... peli
sulla lingua? o il pastore Giorgio Tourn,
che alterna le trovate antimaiuscole moderne a uno stile rabelaisiano di purissimo
gusto? o qualche altro malinconico ama
lore di omofoni gallici o di aneddoti di
storia di Francia, come i fratelli Tron,
ambedue esimii docenti di francese nelle
scuole italiche? Mah... Ce l’avranno ancora il coraggio?
1630-1961 : ecco tutta la storia dell’introduzione e della fine del francese nelle Valli. Ma già assai prima della seconda data,
il francese periclitava. Ai tempi del ...manganello, una paura irragionevole (non l’ebbero però gli aostani!) lo aveva moralmente defenestralo : dall’Eco delle Valli, ma
anche dai pulpiti valdesi; un insegnamento elementare zoppicante e farcito di idolismi piemontesi e di accenti paurosamente contadini, ma privo soprattutto di una
autorevole raccomandazione (da parte delle chiese, dei pastori), fece il resto. Quod
non fecerunt barbari, fecerunt.. Barberini.
Il detto latino può adattarsi in francese
press’a poco a questo modo: « ce que les
fascistes ne firent pas, fut fait par les anlifascistes »!
Sottigliezze linguistiche a parte, mi pia
cerebbe proprio di sapere se sul periodico
dal doppio nome sia vietato sprivere in lingua francese, o se, di tanto in tanto, sia
ancora tollerato rivolgersi ai Valdesi del
pinerolese nella lingua dei loro nonni. 11
settimanale « H Pellice » si batte per la
conservazione del « patois ». Perchè non
c! batteremmo per la conservazione del
francese? Un angoletto, tra il prezzo corrente dei bozzoli da seta (ma già, come sono stordito!, l’Eco delle ValU non li pubblica più da gran tempo: l'econo iiia di
oggi non è più quella di cinquant’anni or
sono, e i bachi da seta sono anche loro,
come il francese, scomparsi...), c la propaganda vinicola delle cantine di .K, ci sarà
ancora? Cordialmente, Teod, RAt,MA
/ lettori dell’Eco avranno notato, in queste ultime settimane, che non si è bandito
del tutto il francese; sulla Luce invece di
questi articoli è comparsa la traduzione
italiana. Contiamo continuare così; chi
desidera il francese, legga Z’Erco! red.
la figura del pastore di una aureola di
sacralità e relegano in pari tempo il
membro di chiesa nella posizione di un
eterno minorenne nelle cose spirituali.
A questo punto facevo una serie di
esempi, uno dei quali era anipunto quello
dell’uso deUa toga da parte dei laici incariicati di predicare. Ma aggiungevo anche altre illustrazioni del mio pensiero,
molto più gravi ed impegnative, domandanido, per es., se sia giusto che la moderatura sia appannaggió esclusivo dei
pastori; se siamo certi che l’amministrazione dei Sacramenti tocchi ai pastori e
non agli anziani; e facevo ancora altri
esempi relativi al Sinodo, ai profetsori
di teologia, ai ruoli della chieisa, ecc.
Il fatto che ad un certo moimento la
discussione si sia polarizzala sull’uso
della toga (cioè sul più banale degli
esempi che avevo addotto) non deve farci perdere di vista il problema fondamentale, che potrei sintetizzare in questi termini !
1) crediamo ohe oggi sia necessario ri■scoiprire le funzioni ohe lo Spirito Santo
assegna a ciascuno dei credenti?
2) riteniamo che l’attuale ordinamento
e le tradizioni della nostra chiesa, in
certa misura clericaleggianti, favoriscano
od ostacolino quella riscoperta?
3) quali soluzioni pratiche proponiamo
per esprimere concretamente la nostra
oibbedienza alla realtà dei doni dello
Spirito dati ad ogni credente?
Su questi tre punti si polreWje utilmente continuare il dibattito. Anche la
questione veramente secondaria della toga (indumento o paludamento che sia) ne
risulterebbe illuminala; e, specialmente,
ne risulterebbe chiarita la grave, urgente,
attualissima questione delFimpegno concreto dei laici nell’opera della testimonianza cristiana.
Cordiali, fraterni saluti
Aldo Comba
per cercare di comprendere il mio ministero, il mio gregge come si dice.
Rileggendo il mio breve scritto, di ini
avevo scelto con estrema attenzione i termini, e non era scritto tanto per fare due
colonne, non posso non vedere nelle critiche che mi sono mosse una prevenzione.
Dove è detto die preferisco la storia dei
Camisardi alla nostra? Dove è detto die. la
nostra storia non vibra di fede fino al martirio e di coraggio, di dedizione fino alla
morte? Dove ho scritto che la protesta valdese non era fondata sulla libera lelliira
della Scrillura? Dove ho detto che i Vaidesi non tennero lesta ai sovrani, che non
furono testimoni umili e silenziosi nelle
carceri per non abiurare? Chi nega lo slancio evangelislico di un secolo fa?
Ho soltanto scritto che a sotto le affinità
esteriori... si nascondono due anime non
solo diverse ma opposte ». Ho scritto e
mantengo che esiste una sostanziale differenza tra il modo di credere dei Valdesi e
dei Camisardi, tra il modo di attuare la
propria fedeltà all’evangelo nelle Cevenne
e nelle regioni valdesi. Ho solo dello, e
non mi credo nell’errore, che i Camisardi
c noi non abbiamo lo stesso modo di vivere la nostra fede, come non abbiamo lo
stesso modo di sentire la nostra religione.
Se la chiesa delle Cevenne era orientata
verso una spiritualità mistica, ver.so formo
pentecostali, non lo fu mai la nostra. Non
mi vorranno dire i miei critici che siamo
un popolo di mislii-i, di profeti, di estatici
Tutto sta nei tre aggettivi che ho usalo
per definire la nostra spiritualità: banale,
normale, cotidiano. C’è forse il banale che
si presta ad equivoci, ma si deve logicamente intendere con l’ausilio degli altri
due. Perchè mi si vuol far dire: inferiore,
di scarso significato, privo di valore? Dire
« severa, modesta, grigia », per l’avventura
valdese, vuol dire spregevole? meschina?
senza gnndezza?
Ho affermato che la protesta valdese fu
etica, legala alla vita cotidiana e non all’estasi, fu una dimensione dell’esistenza
cotidiana; e che la spiritualità valdese continua a vivere in questa linea. Ho forse
detto che cosi facendo siamo inferiori ai
Camisardi, privi di fede, di capacità di sacrificio, di slanci, di grandezza? E dico intenzionalmente grandezza. Ma la nostra
grandezza è dell’ordine della severità, della modestia, della sobrietà.
Liberi certo di considerare eroi chi si
vuole nel tempo passato, anche Varaglia e
Gianavello, ma è essenziale per noi sapere
come si sono visti e sentiti Varaglia e Gianavello: eroi, credenti d’eccezione, individui ispirati e trasportati dallo Spirito o
modesti, banali, umili credenti che parlarono e morirono con la stessa serietà con
cui si zappa un campo e si edifica una cas.a?
Que.slo ho scritto e, mi pare, lo scritto sarebbe stato letto cosi se non ci fosse stata
la mia firma in calce. Ciascuno legga ciò
( he vuole ma non faccia dire ciò che non
si è detto. Giorgio Tourn
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3
9 febbraio 1%2 — N. 6
PM
TACCUÊMO
28 gennaio — La realtà (11 un popolo, di una terra, di una gente ed anche di una chiesa non sta nella
oggettività storica dei fatti e dei dati che ad essi si
riferiscono ma nel significato che essi assumono per
noi. Il simbolo, il valore, in fondo il mito son più
umani e reali della realtà. Questo vede anche per la
nostra chiesa valdese, quell’enigmatico ed inscindibile miscuglio di chiesa e di popolo che costituisce la
nostra gente. Siamo stati nei secoli passati una componente (iella spiritualità protestante europea in virtù del significato esemplare della nostra esistenza.
Per l’Olanda di Guglielmo il Taciturno e l’Inghilterra
di Cromwei essenziali non erano i dati oggettivi della nostra situazione ma ciò effe ’’significavamo”. Sono le chiese giovani, Vecumenismo che assumono per
noi, oggi, lo stesso valore rnitico-significante. Giustamente il Moderatore ha notaio lo scarso peso della
nostra presenza in seno al dibattito ecumenico, lo
scarsità cioè del nostro apporto, del nostro significato. Il rimedio non sta però in una maggiore informazione sulla nostra opera o in un lento inserimento
negli ’’ambienti ecumenici”. Si dice qualcosa quando
si è qualcosa, si pesa quando si è carichi di un significato, si incide la realtà e ci si fa udire quando si vive.
La nostra funzione nella congiuntura attuale è capitale per quanto concerne Fecumenismo ed in particolare il suo aspetto ancora dubbio: i rapporti con
Roma. Essenziale è il nostro apporto, ma non basta
dirlo bisogna crederlo, e crederlo significa attuarlo.
Il peso, il significalo di una chiesa è- dato oggi dal
significato in essa rinchiuso — li/r«, non temessi di
esser frainteso, dal suo mito. Per far vivere un mito
però bisogna viverne e forse a volte sapor sognare.
3 febbraio — Ribelle è stata la generazione della
F.G.V.; a noi pare tale*vista da lontano, la generazione degli anni ’35-’39, in un tempo di ribellione generale. La nostra generazione non è ribelle: è ordinata, disciplinata, conformista. Mi chiedo a volte
perchè ci si scambia con dei ribelli; nulla è più lontano da noi quanto la ribellione, il desiderio di novità, di riforma, la battaglia. Troppo severi e rispettosi per essere battaglieri, troppo scrupolosi per essere riformatori, troppo scettici per cercar novità. La
ribellione dei nostri genitori ci sembra oggi un piccolo ammutinamento di cadetti su una nave in porto, il nostro è conformismo di un equipaggio su una
nave al largo che fa acqua.
5 febbraio — Cévennes: lieu où les visions,^ les
prières, les fureurs constituent l’histoire elle même;
une histoire dont les faits cotidiens, les événements
ne sont que les débris. Pour nous les faits, les gestes,
les paroles constituent l’histoire; les prières et les visions, s’il V en eut, ne furent que le décor du drame.
Giorgio Tourn
Venerdì scorso a Milano
Il Moderatore Rostan parla
in un Centro culturale cattolico
Il 2 febbraio scorso, nella sede del Centro Culturale S. Fedele di Milano, il teologo cattolico Padre Le Guìllou O.P. e il
Moderatore della Chiesa Valdese hanno
esposto davanti ad un pubblico molto numeroso, le loro impressioni sull’Assemblea
Ecumenica di Nuova Delhi. Questo incontro aveva lo scopo di informare i eattolici
sul significato e Pimportanza di quella Assemblea, ed è rallegrante che, di fronte all’olimpica indifferenza dei comuni organi
di informazione, quest’iniziativa sia stata
presa da un centro cattolico. Nel quadro
dell’attuale ricerca dell’umanità, questo incontro aveva poi un suo particolare valore,
quale segno dell’esistenza di un dialogo
ecumenico anche iti Italia, preludio ad un
tempo di rapporti più fraterni, da cui sia
scomparsa la paura e la diffidenza reciproca che oggi ancora ci lega, impedendoci di
andare al di là di un impacciato confronto
di posizioni.
Padre Le Guillou è un domenicano dall’aspetto giovanile, che lascia però trasparire la profondità dello studioso e dell’uomo. Dirige la rivista ecumenica « Istina » e
cura un’opera di imminente pubblicazione
I NODI E IL PETTINE
(segue da pag. 1)
fondisti dalle vene azzurre (anche se ci
guard eremo bene dal tirare la prima
pietra del disprezzo contro di loro; al
loro posto, nelle strade e nei fiumi delle
élites I' della crème, cliissà come ci saremmo comportati ; e sono sempre nostri
’fralellil.
Tuttavia, pur non minimizzando, c’è
da stare attenti a non esagerare nell’altro
senso. E guardare realisticamente le cose.
Anèhe le cose sporche. Alla resa dei
conti non è questo il solo Paese dove
accade che il denaro pubblico può venire male amministrato ; e dove ci pos•sono cs.sere amministratori che provvedono avidamente al bene proprio, quando
si trovino designati a provvedere al bene connine. I totalitari di sinistra non ci
vengano a contare che un cambiamento
di struitura sarebbe il toccasana, per guarire dalla malattia; ed i totalitari di destra non ci vengano a ri.sipolverare il mito della provvidenzialità deH’i/omo con
la ” iJ ” maiuiscola, e con il imgno di
(erro. A Oriente, ed a Oocidente, anche
nel mondo di oggi, si può rendersi conto
di come le cose stiano, in regime totalitario; sia nei totalitarismi che sjguono
la liturgia ateistica, sia in quelli che si
avvolgono negli incensi delle liturgie spirituali.
Quanto ai Paesi democratici in genere,
non si può dire che non ci siano, un
po’ dovunque, profittatori, anche di largo raggio e di mano pronta, e capace.
Ma qui le storture, almeno, vengono a
galla, e alla luce del sole. Certo, ci si
può battere contro le storture per amore
di giustizia. E si può battersi per il solo
gusto dello scandalo, amplificando i toni,
e perfino con la mira segreta di profittare delle squalifiche di quelli (die son
presi con la mano nel sacco. E’ questo
un modo di battersi che còmplica ancora
le cose, e spiana la strada ai totalitarismi
di destra, che lavorano inevitabilmente
a preparare il terreno per i totalitarismi
di sinistra, come è accaduto con una
continuità regolare nelle vicende mondiali di questi ultimi sessant’anni. E tale
corso delle co'se può essere anche favorito dal costume che tende ad insabbiare gli scandali, ad ovattarli con cura, a
liquidarli facondo pagare i pesci piccoli,
e lasciando impuniti i responsabili ed i
profittatori maggiori.
Lasciateci sperare che, nonostante la
ultracamorra e i colpi bassi delle ” agenzie ”, i più degli italiani, e di coloro
che gli italiani hanno eletto a guidare
le sorti del Paese, non si lasceranno vincere dalle due tentazioni contrarie e concomitanti, e si batteranno contro gli scandali per desiderio di aria pulita, e non
per vivere da profittatori (di piccolo o
di grande cabotaggio) in un’atmosfera da
dolce vita ”, iruffaldina e boiccaiocesca.
Nonostante il cattivo esempio che viene
dall’alto (” il pesce cominicia a puzzare
dalla testa ”, dicono a Genova, e nei
paesi di mare) c’è ancora molta gente,
nel nostro Paese, òhe non è morsa a fondo dall’egoismo e ohe ha desiderio di
vivere pulitamente, lavorando sul serio,
nella semplicità e nella schiettezza, anche
a costo di passare per ingenua.
I cattolici, purtroppo, in tutta questa
vicenda, non ne escono con le penne nar
ticolannente più pulite che gli altri. Dobbiamo avere la sincerità e il coraggio di
riconoscerlo, iri un momento in cui si
punta tanto sull’unità, per mantenere le
redini del ¡mtere. Una unità ohe non sia
innanzi tutto unità nella rettitudine e
nella sincerità di intenzioni c di azioni,
non vediamo a che cosa possa servire;
e anche sul piano politico può solo fare
acqua da tutte le parti, a oominciare dal
piano politico, come dimostra largamente lo sfogo dell’onorevole Mini.stro contro Eultracamorra.
Il Comunicato' della Conferenza Epi.
scopale Italiana agli italiani (13 noveml>re 1961) è esplicito, da questo lato, ponendo avanti a tutto l’invito « ad una
seria e più generosa riforma del costume sia privato ohe pubblico ». C’è da
augurarsi che il Clero, e la stampa cattolica, ascoltino la parola dei Vescovi,
e Insistano su questa esigenza essenziale,
a preferenza di altre esigenze. Un pesce
che comincia a puzzare dalla lesta del
costume - « sia privato che pubblico » non mancherà di marcire tutto quanto,
anche se è un pesce cattolico. ” Voi siete
il sale della terra. Ma se il sale diventa
insipido con che cosa sarà salato? Non
è più buon-) a nulla, se non ad essere
gettato via e calpestato dalla gente” (Matteo 5: 13). .Anche dalla gente alle urne
elettorali.
L’ottavo Congresso
della Democrazia Cristiana
In questa atmosfera è andato maturando l’Ottavo Congresso della Democrazia
Cristiana, ohe si è aperto il 27 u.s., attesissimo da tutti i partiti, e dal Paese.
Non sono pochi i nodi venuti al pettine
del Congresso: riguardano lo sviluppo
culturale, politico ed economico della nostra gente; i rapporti della D. C. con
gli altri partiti; la stessa vita interna
del partilo. Il nodo più in vista, che ha
polarizzato la attenzione del Paese e la
attività precongressuale della D.C., è
quello della collaborazione, o meno, indiretta o diretta, col Partito Socialista
Italiano.
L’attività e la lotta precongressuale sono state iprecedute di una lunghezza, si
può dire, dal Comunicato della Conferenza Episcopale Italiana (13 novembre), che
al punto «C» invita ancora una volta i
cattolici all’unità: « (1 padri della Conferenza) ricordano l’obbligo grave che incombe ai cattolici, in particolare ai responsabili. di favorire e mantenere la più
concorde unità tra loro nelTesercizio dei
diritti e dei doveri sociali secondo le immutate direttive della Gerarchia rimovendo d(5cisamente quanto possa dividere o
creare equivo-ci o incertezze ». C’è chi
ha commentato: «E’ come dire: Il Congresso decida, e la minoranza si adegui
alla scelta della maggioranza, pur di
mantenere Tunità politica ». C’è chi ha
creduto di poter interpretare : « No ; è
la proibizione dell’apèrlura ai socialisti,
per via delle ” immutate direttive della
Gerarchia E c’è chi ha ribattuto :
« Nienit’affatto ; la formula lascia il campo aU’apert'Ura, cetn le dovute garanzie ».
Dieci giorni appresso, il 23 novembre, il
seigretario della D. C., onorevole Moro,
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so ” Tribuna politica Dichiarò necessaria la chiusura a destra; e non escluse
un’apertura verso il PSI, magari con un
appo-ggio esterno di questo ad un governo formato dai partiti che già lianno eollalmrato a lungo fr.i loro. Le dichiarazioni suscitarono vivissime reai’.icr.i della
stampa di tutti i partiti.
Da parte democristiana la reazione
contraria più immediata è stata quella
delTonorevole Sceiba, il 24 novembre, a
Roma, alla inaugiurazione di una sezione
democristiana. La sua tesi, che comincia
a prendere consistenza, tra i cattolici e i
democrisiliani contrari all’onorevole Moro,
si può cosi riassumere: l’alleanza con i socialisti, che sono ancora legati ai comunisti, sarebbe un cambiamento di rotta che
può compromettere quanto è stato fatto in
questi anni, e iporlare ad uno sconquasso
religioiso e civile; i deputati democristiani
non hanno avuto daU’elettorato il mandato
per un cambiamento di rotta; semmai, per
oiperare il caimbiameiilo, bisognerebbe ricorrere, prima, a nuove elezioni. Il 3 dicembre ronorevoìe Fanfani era a Milano,
a ricevere il premio Éezzara, assegnatogli
per i suoi studi di eepnomia; in un brevissimo discorso ebbe a dichiarare,, fra
l’altro : «Chi del governo eente, oltre la
(( responsabilità deU’aimministrare, anche
« quella del contributo demoicralico ad
(( orientare i cittadini, non può di fronte
« a certi odierni incauti frastuoni, non evi« tare e rifuggire gli eccessi... Se talora
(( non si proponessero le questioni in moie do da far ritenere maliziosamente ai
(( semplici che la tradizione civile e reli<( giosa del Paese sta per essere compro(( messa, che le libertà democratiche po<( trebbero entrare in coma, che la sicu<( rezza del paese potrebbe correre peri« coli, elle il progresso economico potreb« be essere in procinto di interrompersi,
« oggi non avrei rivolto il rore.sente invito
« cordiale a più pacale discussioni e a più
<( precise illustrazioni di tesi, sulla cui
« opinabilità ogni espositore dovrebbe eo« munque sempre ricqnosi'ere che esiste
« un ampio margine di discussione » iLa
Stampa, 4-5 dicembre 19611.
Il giorno seguente, 4 dicembre, il Pres.denle del Consiglio si recava in visita
agli impianti dell’ENI, a Melanapoli. L’onorevole Fanfani assisteva poi, nella chiesa di Metanapoli, aUa Messa votiva celebrala tlal cardinale Montini, arcivescovo
Milano. Durante la Messa il cardinale
Montini pronunciò tma omelia. Il Cardinale, che leggeva, rivolse un primo saluto
a « chi presiede al Governo italiano con
¡aula saggezza e tanta energia e con tanto
senso delle libertà civili riacquistate nel
nostro Paese »; e poi si congratulò con
(( Tartefiice principale di questa modemis« sima cii’à che ha dischiuso al lavoro
« italiano tante nuove risorse e tante ne
« promette... e con quanti con la mente,
« con l’opera, con le braccia qui lavorano
« e dànno a questo complesso industriale
(( non solo l’aspetto della potenza, della
« scienza, della tecnica, dell’economia mo(( derna ma quello altresì che va d<elinean« dosi d’una nuova e originale comunità
((di lavoro; dove l’interesse del bene so(( ciale e comune si fonde intenzionalmente
(( con quello «conomico e vorrebbe puri(( ficarlo dal limite ohe è proprio, ed in(( nalzarlo a fattore del progresso mondia(( le e sociale » (Il Giorno, 5 dicembre ’61).
Le dichiarazioni dei principali esponenti
democristiani, prò’ e contro l’impostazione dell’on. Moro e dell’on. Fanfani, si
sono susseguite, di giorno in giorno, nette
quasi tutte, e .senza reticenze. Notevole il
documento stilato dal grupipo (( centrismo
popolare », che fa capo all’onorevole Sceiba. Apparso nei quotidiani cattolici il 13
dicembre, amplia e precisa lo schema della tesi che si è delineata più sopra; e non
sembra improbabile che al Congresso raccolga attorno a sè congiunti gli avversari
alla impostazione Moro-Fanfani.
Frattanto, dal 3 al 6 dicembre, in quattro articoli distinli, su II Quotidiano, l’organo dell’Azione Cattolica, e su alcmni altri quotidiani cattolici, è comparsa una
(( intcrprelazione » del Comunicato del 13
novembre 1961 della Conferenza Episcopale Italiana, ad opera di S. E. monsignor
Castelli (3 dicembre), S. E. U Cardinale
Siri (4 dicembre), S. E. mons. Maccari (5
dicembre) e S. E. mons. Nicodemo (6 dicembre). Era precisamenite il terzo articolo, quello di S. E. mons. Maccari, assistente generale dell’Azione Cattolica, a
chiarire il punto del Comunicato che riguarda l’unità dei cattolici in campo sociale. Anche a proposito di questo chiarimento abbiamo potuto rilevare, tra 1
eattolici, interpretazioni e deduzioni pratiche variamente sfumale.
Al tempo giusto si è espresso chiaramente anclie il Partilo Socialista Italiano,
il cui Comitato Centrale ha approvato un
« Programma economico » (comparso sui
quotidiani il 5 gennaio 1962, e articolalo
in vari punti), che dovrebbe servire di
base, secondo i socialisti, per un governo
di centro-sinistra; come i programmi di
lutti i partiti disposti a collaborare, ovviamente potrà subire variazioni, in eventuali trattative. Amebe nei confronti di
questo documento le reazioni dei cattoliei
e dei democristiani sono state lutt’altro
che consonanti.
A questo punto, prima decade di gennaio, il campo democristiano appare chiaramente differenziato in due settori, abbastanza ben definiti dagli interventi dei
principali espo'nenti.
Da un lato, in sostanza, non si esclude
l’apertura ai socialisti, a cominciare da
un apipoggio esterno, e sia pure con le
dovute forme e garanzie; l’apertura avverrebbe non solo per uno « stato di necessità » di aritmetica parlamentare, ma
per trovare un ausilio valido a realizzare
talune sollecitazioni della Moler et Magistra, sollecitazioni che i democristiani di
questa tendenza stimano di non poter realizzare alleandosi alle destre. In sostanza,
sostengono questi democristiani, se il partito di maggioranza è ancora veramente
un partito, deve poter formulare un programma di governo di ispirazione cristiana, e sidla base di questo trattare con gli
altri partiti, non escluso quello socialista,
le possibilità di realizzazione.
DalFaltra parte si conferma tenacemente che il passo deU’apertura ai sociaUsli è
troppo rischioso ; e che il partito non può
awenturarvisi, semmai, se non dopo un
nuovo ricorso alTelettorato, sia pure con
i rischi che un ricorso all’elettorato comporta. A tale riguardo è da ricordare il
progresso costante delle « sinistre », nei
tre turni elettorali politici a partire dal
1948 (1948 : 40,6% dei voti, 225 deputali,
88 senatori; 1953 : 41,4% dei voli, 242 deputati, 89 senatori; 1958 : 43,7% dei voli,
255 deputati, 10 senatori).
Non si può prevedere se le due tendenze si presenteranno al Congresso rispettivamente polarizzate su due sole mozioni,
0 se nell’una o nell’altra ci saranno suddivisioni xdteriori; tanto meno è facile prevedere quale delle due avrà la prevalenza;
1 Congressi democristiani serbano spesso
delle sorprese.
Non saremo noi a voler insegnare ai
cattolici impegnati nel gioco politico (che
è un durissimo gioco a farlo sul serio,
nonostante la cattiva fama che gode correntemente) il loro mestiere; pur die si
battano lealmente e chiaramente, reggendo alla tentazione di squalificarsi a vicenda sul piano spirituale e religioso, non c’è
da chieder loro di più.
Quanto all’appoggio dei socialisti, se dovesse realizzarsi, che cosa potrà accadere?
Pensiamo, schiettamente, che non ci sia
da attendersi miracoli, e neppure sconquassi. Il popolo svedese, che attraverso
il partito liberale ha provveduto all’apertura fin dal 1914, e che da allora ha avuto
ininterrottamente i socialdemocratici al
governo, è ancora un paese monarchico,
e con una economia, in sostanza, più liberisi a e meno nazionalizzata che non quella
del popolo italiano ; pur avendo realizzato
un séguito di provvedimenti sociali che
sono pervenuti a ripartire il reddito nazionale con una indiscutibile notevole equità. Una esperienza che ha contribuito indubbiamente a mantenere quel Paese lontano ad un tempo dai totalitarismi di destra e da quelli di sinistra. i galli
sul « mistero dell’unità », a cui hanno collaborato teologi di diverse coùfessioni. Il
suo intervento è stalo la dimostrazione
commovente ed impressionante di quanto
un cattolico dalle prospettive dischiuse può
aver ricevuto dalla Assemblea di Nuova
Delhi.
Il Moderatore, pastore E. Rostan, ha illustrato con abbondanza di documentazione, le principali decisioni dell’Assemblea
di Nuova Delhi, precisando poi con chiarezza la differenza che ancora sussiste tra
il modo di concepire l’unità nel cattolicesimo romano e l’unità come è sentita nel
Consiglio Ecumenico deUe Chiese.
Ecco, in sintesi, quanto i due oratori
hanno detto.
Padre Le Guillou ha cominciato mettendo in rilievo le più importanti questioni
trattale dall’Assemblea, e cioè:
■— La missione della Chiesa secondo la
concezione protestante e la vitalità delle
giovani Chiese.
— La presenza di un clima di dialogo con
l’ortodossia.
— L’atteggiamento aperto verso la Chiesa
Cattolica.
L’avvenimento più importante per gli
sviluppi che potrà avere in futuro è stato,
senza dubbio, quello dell’integrazione del
Consiglio Internazionale delle Missioni (»n
il Consiglio Ecumenico delle Chiese. Se
questa è stata una realizzazione di primissima importanza dal punto di vista amministrativo, essa costituisce però un avvenimento di carattere spirituale ancora più importante: è stata cioè la presa di coscienza
del legame indissolubile elle unisce la
Chiesa e la Missione. Dopo aver sottolineato la vitalità ed il valore delle Missioni
protestanti del secolo scorso, egli ha messo in rilievo l’attuale presa di coscienza
dell’iinieer.sa/ismo della Missione: ha citalo un’affermazione del Vescovo Newbigin,
esponente della Chiesa Unita dell’India del
Sud ,il quale ha protestato la possibilità di
una futura missione degli uomini di Asia e
di Africa tra le masse scritianizzate delToccidente. Questa prospettiva, ha detto P.
Le Guillou, pone anche alla Chiesa Cattolica il problema del proprio rinnovamento.
Quanto all’ inserimento dell’ ortodossia
russa nel dialogo ecumenico, P. Le Guillou
ha detto trattarsi di un apporto fondamentale ed ha riferito Teccellente impressione
da lui ricevuta nei numerosi colloqui avuti con gli esponenti russi.
Tra i fatti che dimostrano l’attuale apertura verso il mondo cattolico, egli ha citato la stima verso Giovanni XXIIl, a causa della sua umiltà e del suo spirito evangelico e il caso di un protestante spagnolo
che si rallegrava dei contratti aperti che
aveva con esponenti della gerarchia e della
teologia cattolica spagnola.
Nella conclusione, P. Le Guillou ha sottolineato le esigenze di rinnovamento per
la chiesa cattolica poste dall’incontro con
il protestantesimo e l’ortodossia. Egli ha
ti cordato nn’esperieuza personale: la domanda postagli da un evangelico indiano:
(( Perchè voi cattolici noti siete poveri, non
siete umili? Voi apparite così soddisfatti
di voi stessi 3 non cercate di conoscere le
Uadizioni .spirituali degli altri! ». Un’autentica povertà spirituale è ciò che occorre alla Chiesa cattolica: la gloria di Dio
non si può manifestare se non attraverso
la povertà della Chiesa.
Il Pastore Rostan ha esordito precisando
che il termine « ecumenico » è oggi diver
sámente inteso. Molti pensano senz’altro
alla riunificazione di tutti i cristiani sotto
un’autorità sovrana e centralizzata o, per
lo meno, a un progressivo ritorno alla Chiesa di Roma. Niente di tutto (questo nelle
intenzioni del Consiglio Ecumenico: la base ecumenica votata a Nuova Delhi dimostra chiaramente che nessuna Chiesa è considerata al di sopra delle altre come unica
detentrice dell’unità.
D’altra parte, la tensione verso l’unità
non è stata avvertita a Nuova Delhi unicamente sotto l’aspetto dogmatico ed ecclesiastico, ma anche ì,’i1 piano di una comune testimonianza cristiana nel mondo e nella pratica di un .servizio cristiano sempre
meglio adeguato alle grandi necessità dei
nostro tempo.
Nel rapporto con il Cattolicesimo romano vi è una comune ricerca della verità
nel rispetto reciproco. La Chiesa romana
non può più ignorare oggi il movimento
ecumenico e la sua forza di attrazione. Rimane però una intransigenza dottrinale
che non rende certamente facile il dialogo, come è dimostrato dall’impostazione
della recente settimana dell’unilà a Roma,
in cui si pregava per la riconciliazione delle Chiese separale con la Santa Sede. Biso gn.» essere aperl: al dialogo ma deve essere chiaro che la via dell’unità deve necessariamente condurre a Gesù Cristo: nella misura in cui dimoreremo nella comunione col Padre mediante il Figlio, aperti
al messaggio del Vangelo, ci riconoscet»nio vicini gli uni agli altri e constateremo ch3 l’unità ci è stata data a causa dt
Cristo e per mezzo di Lui. Ma l’unità della Chiesa non è in funzione della Chiesa
stessa e del proprio prestigio nel mondo
m.a in vista di una fedele testimonianza resa a Cristo.
Concludendo, il Pastore Rostan ha aff et mato che non si può parlare dell’unità
senza porsi il problema del rinnovamento
della fede e della dottrina mediante una
sempre più profonda comprensione dell'Evangelo. b. r.
-fv Ogni cittadino degli U.S.A., spenderà quest’anno circa 200.OOi) lire per il bilancio della difesa.
4
P*«. 4
N. 6 — 9 febbraio 1962
IMIMIHIIIIOIUIMII
Lunedi 29
Al ‘ Congresso DC di Napoli, la, destra
(Andreotti, Concila) tenta vanamente di
distogliere la maggioranza dei delegati dalr« apertura a sinistra ». Il segretario Moro
espóne il programma economico della DC:
sollecitare alcune riforme in campo agricolo e industriale per evitare l’imporsi del
dirigismo statale e della nazionalizzazione.
Perdura drammatica la situazione in Algeria, dominata dagli ordini-radio e dagli
attentati dell’OAS; una giornata tranquilla:
« solo » una ventina di morti.
Fra Italia e Austria, continua la « guerra
delle note»: accuse reciproche di attesati
e di torture, verità su cui da una parte c
dall’altra si specula diplomaticamente.
A Ginevra, dopo tre anni e tre mesi di
pressocliè inutili sedute, si aggiorna sine
die la conferenza per la cessione degli esperimenti atomici. A Parigi i capi dei servizi-stampa americani e soviètici si incontrano per cercare un accordo per una più
onesta informazione reciproca.
A Punta del Este i ministri degli esteri
americani decidono a maggioranza la sospensione di Cuba daU’OSA; anche i satelliti dell’American tvay of life si allineano,
quasi tutti. Per quanto?
Martedì 30
A Napoli, Sceiba e Fella, — più appassionato l’uno, più cauto l’altro — cercano di infirmare la validità e l’utilità del
centro-sinistra; Pastore insiste sulla necessità della pianificazione economica, Taviani sull’utilità per il PSl stesso dell’incontro con questo partito.
All’Avana è giustiziato il capo del Movimento cattolico unito, imputato di crudeltà
nella lotta anticastrista.
Radio Bruxelles annuncia che i colloqui
segreti franco-algerini di Vevey hanno già
portato ad un accordo scritto; la notizia
non è ufficialmente confermata. Ad Algeri
rO-AS fa saltare la sede della polizia: 17
agenti uccisi.
Mercoledì 31
La « linea Moro » prevale largamente al
Congresso DC di Napoli: avrà 80 dei 120
seggi del Consiglio nazionale; ad essa hanno aderito anche « Rinnovamento » e « Base », che avranno 18 seggi ; la corrente
Scelba-Andreotti avrà 22 seggi.
Arrestato a Parigi uno dei capi metropclitani dell’OAS, Castille, organizzatore
di innumerif attentati; in Algeria infittiscono le rapine degli uUras: l’OAS ha da
pagare i suoi mercenari.
Voto a Punta del Este : con 14 sì, 6 astensioni (Argentina, Bolivia, Brasile, Cile,
Ecuador e Messico) e il voto contrario enfiano. Cuba è espulsa daU’OSA. Castro invia un ambasciatore in Vaticano.
Giovedì lo febbraio
Scoperto un piano dell’OAS per conquistare il potere attraverso un gran numero
di terroristi e sicari, sperando nell’appoggio dell’esercito, il governo francese concentra a Parigi ingenti forze.
Un mese dopo la fallita insurrezione di
Beja, la polizia salazariana carica la folla
che a O Porto manifesta contro il regime.
Crisi in Argentina, dove le forze armate
hanno dato al presidente Frondizi l’ultimatum per la rottura delle relazioni diplomatiche con Cuba (il governo argentino, prima contrario all’espulsione di Cuba
daR’OSA, si era astentito nella votazione
a Punta del Este).
Venerdì 2
Sembra acquistare consistenza l’ipotesi
che l’ondata di arresti, nelle maggiori città francesi, di terroristi, sia da ascrivere
alla delazione dello stesso « gruppo Salan », che vedendo fallire, in Francia, il
suo scopo d’instaurare con la violenza un
governo fascista, rinnegherebbe e venderebbe i propri sicari, cattivandosi il favore
di uomini politici come Bidaull e altri, che
hanno pubblicamente esaltato Salan. Le
Monde commenta : « C’è un’OAS buona,
quella che non ’plastica’ ma approva le
esplosioni, che non uccide ma capisce gli
assassini e si lava le mani nel sangue degli
altri ». Al Algeri gli ultras distruggono il
centro-radio della polizia.
In colloqui, a Mosca, fra Gromiko e l’ambasciatore americano Thompson, l’URSS
propone agli S.U. un piano per trasformare Berlino-Ovest in « città-Stato »: la «terza Germania », con Bonn e Pankow; rifiuto americano.
Le pressioni militari costringono il governo argentino ad adeguarsi alle misure
contro Cuba ispirate aU’OSA dadi S.U.
Si registra nell’URSS un’esplosione sotterranea: la conferenza dì Ginevra è veramente chiusa.
Sabato 3
Castille, Bouyer, e gli altri capi lerroiisti arrestati, confermano negli inlerrogalori di essere stati « venduti » alla polizia dai
’politici’ dell’OAS, da tempo in contrasto
con i ’militari’ sui mezzi per impadronirsi
del potere. La convergenza di forze reazionarie preoecupate di « salvare » l’Algeria e
di abbattere la « dittatura gollista », sarebbe più pericolosa del plastic degli ultras?
L’inchiesta parlamentare sn Fiumicino
passa alla Magistratura, per l’accertamento
delle responsabilità penali.
I sei paesi del MEC costituiscono 1’« Europesca », mentre si avviano le trattative
con la Danimarca.
Dopo l’allineamento argentino (ma dell’Argentina dei militari), Washington blocca ogni scambio con Cuba, cui saranno forniti solo viveri di prima necessità e medicinali. L’ambasciatore cubano è accreditato
alla S. Sede.
Domenica 4
Riunione a Tunisi del Governo provvisorio algerino.
Erondizi sconfessa i militari anticgstrisli; nessun intervento contro Cuba.
Posta in arrivo
Lo Grande Fusione
Una lettrice, da Bergamo:
«...Dunque, la Grande Fusione è avvenuta ! Chi sa quante lamentele avrete già
avuto sull’idea della doppia testala. Per
parte mia, penso che l’importante sia questo: che il giornale continui ad essere intelligente, e che continui ad alimentare il
dialogo con i lettori... ».
Ci auguriamo noi pure che l’indice fosforoso del nostro cervello non cali, e che
soprattutto ci sia conservato vivo il dialogo e la collaborazione con i lettori!
Uno doccia fredda
Un lettore, da Firenze:
« ...è giunto il nuovo numero ECOLUCE; è estremamente ’valligiano’ e ’estero’ ...un maggiore equilibrio nelle cronache fra Valli e ' resto d’Italia credo che
gioverebbe alla omogeneità del periodico.
Anche tu avrai la difficoltà della collaborazione, però c’è sempre il pericolo di parlare alla piccola borghesia valligiana, restando tagliali fuori dal contatto con la peninola. Questo numero — e se n’è parlato
iersera in due riunioni — è stato un po’
una doccia fredda. Scusa se ti scrivo questo, ma sai che me lo permetto perchè tante volte avrei io stesso trovato più utile
avere dei pareri precisi che troppa gente
dietro i vetri della finestr.t ».
Luigi Santini
per volontà e azione dei dirigenti la Sinagoga ». ,
E’ la seconda volta — se non erro — che
il sig. Beux scrive per il giornale un articola ripetendo tale concetto. Io fui mosso
a trattare questo argomento con l’opuscolo : « La riabilitazione d’Israele e il Regno
nella concezione di Geremia », in deposito alla Claudiana, proprio in risposta al
sig. Beux, se non lo confondo con altra
persona, ma non credo, al quale forse non
pervenne mai.
Non credo di poter competere con il sig.
Beux in nessun campo. Mi sento però molto spinto, e per la seconda volta, ad intervenire, pregandolo di meditare molto e
bene prima di sostenere su di un periodico
una slmile tesi... ». Angelo Farina
Infatti, il numero cui si riferisce il past.
Santini era eminentemente ’valligiano’,
quanto a cronaca — e forse a problemi
( siamo stati i primi a sentirlo, impaginandolo. ma il materiale pervenuto era quello). I numeri usciti in seguito lo sono stati meno, almeno lo speriamo, e ci auguriamo veramente che le cronache e le corrispondenze continuino a venire da ogni
parte: beninteso, anche dalle Valli... e da
Firenze!
Israele
e la promessa biblica
Un lettore^ da Torre Pellice:
« Il 8ig. E. A. Beux, che non lio il piacere di conoscere, scrive in ’1 lettori ci
scrivono’, n. 3 del giornale, che « non vi è
più nessuna profezia biblica che riguardi
in modo particolaire il popolo israeliano.
La sua ini^sione di popolo eletto è scaduta
Già nel numero scorso vi sono stati interventi in proposito; ricordiamo che^ proprio accanto alla frase del sig. Beux citata
dal sig. Farina^ avevamo apposto una noterella redazionale, invitando a rileggere
con più attenzione almeno i capp. 9-11 della lettera di Paolo ai Romani, poi citata
anche dal don. Lattes nella sua lettera pubblicata la scorsa settimana.
Chi é " Marco „ ?
Molti lettori ci hanno chiesto chi dei
nostri collaboratori si nascondesse sotto lo
pseudonimo "Marco”. Si tratta del Sig.
Renato Giuntini, membro della Chiesa
Valdese di Milano; collaboratore di settimanali e riviste, ha accettato di scrivere
con una certa regolarità sulle nostre colonne, e gliene siamo assai grati. Ha scelto
— non per nascondervisi — lo pseudonimo ’’Marco”, in ricordo del .suo bambino
tornato a Dio.
Solidarietà cristiano
Da Firenze, il Presidente del Centro
Evangelico di Solidarietà ( Via dei Bene!
n. 9), in risposta ad una nostra comunicazione :
« ... Abbiamo ricevuto oggi alcuni volantini di propaganda del Centro Iniziative
Evangeliche di Torino, col quale ci metteremo in contatto appena possibile... La
notizia et ha enormemente rallegrati e ci
auguriamo che Fesenipio di Torino sia presto seguito da altre grandi città e si possa,
in un secondo tempo, arrivare alla costituzione di un Centro di coordinamento di
tutto il lavoro svolto dai singoli Centri...».
Leopoldo Sansone
IMGOMTRI A TORINO
di ValdosI dallo Valli
Per iniziativa degli Anziani e Diaconi
preposti alle attività della chiesa di corso
Principe Oddone si sta svolgendo un piano
di ricerca dei Valdesi immigrati in questi
ultimi anni dalle Valli a Torino, e specialmente nella zona di lavoro della chiesa di
San Donato. L’opera di ricerca ha come
scopo di evitare che 1 Valdesi immigrati si
assuefacciano all’isolamento e alla dispersione della grande città, perdendo a poco
a poco ogni contatto sociale e poi spirituala con la loro chiesa. Si tratta dunque di
fare in modo che giungendo a Torino, solo
o con la famiglia, il Valdese non si senta
isolato, ma possa ritrovarsi e affiatarsi con
la comunità; e questo affiatamento si è pensato possa avvenire più facilmente mediante l’incontro di altri Valligiani che passan-> o sono passati attraverso la medesima
esperienza dell’inurbamento.
Pomeriggi di Valle
Sono stati organizzati ultimamente due
« pomeriggi di VaUe »: per una domenica
pomeriggi sono stati invitati gli originari
della Valle del Pellice, con annessi valloni
di Angrogna e di Rorà. Era il primo tentativo e gli anziani di San Donato erano piuttosto perplessi sul risultato della loro iniziativ.a. Cionostante, una trentina di persone, molti giovani, si riunirono intorno a
una buona tazza di thè, contornata da alcuni messaggi conviviali di pastori e laici
(grazie ancora, per questo, a Renzo Bertalot e Carlo Pons) e da una bella serie di
canti di montagna che fusero gli spiriti in
una spontanea manifestazione di unità fra
vecchi e nuovi immigrati. Angrogna riportava la pakna dal gmppo più numeroso,
seguita a ruota da Bobbio e poi dalle parrocchie di fondo Valle. Sentita l’assenza di
rorenghi — ma forse la Domenica salgono
tutti ai loro monti?
Il secondo « pomeriggio » riuniva Yaltra
Valle il 28 gennaio, con circa 45 presenti;
vittoria srtepitosa di Pómaretto con 14 partecipanti; tutte le parrocchie della Valle
crapo rapprosenlate da almeno una persona
(qualche dubbio sull’autenticità del rappresentante di PraU...), San Germano anche
dal Sindaco e Signora.
Franco Davite presentava alcuni cortometraggi filmati nella Valle con vivo interesse e a volte viva ilarità del pubblico. La
rappresentanza di Chiotti-Riclaretto era
anche all’ordine del giorno con San Germano, Pramollo e Perrero. Più limitata la
partecipazione delle altre parrocchie.
Il nostro proposito
non si esaurisce neUa tazza di thè, o negli altri elementi sociali dei nostri inoontri, ma crediamo che anche queste cose
possano servire a far sentire al Valdese che
« scende » a Torino clic nella metropoli
piemontese egli non è solo e sperduto, e che
non è solo tornando lassù la domenica che
può ritrovare la comunità: essa è qui, e
l’apporto di ciascuno di quelli che vengono
può renderne l’attività più piena e più efficace. t)_
Un po’ di storia della Chiesa
del Vomere di Napoli
Napoli, 2 febbraio 1962
Questa chiesa ha una tradizione veraJiiente bella. Nac-que oltre 50 anni fa e,
fino a quando ha potuto, è stata gelosa
della sua autonoiiiiia.
Le diede vita nel 1900 il Pastore Teofilo
Gay (Iella locale Chiesa Valdese e, allorché il giovane Pastore Gaio Gay venne
assegnato quale coadiutore alla chie,sa «tetssa, costui, (Min mirabile intuito, coniprese
quanta importanza nel futuro avrebbe assunta la collina del Voinero, e curò in
modo particolare la nascente comunità, sostenendo validamente una scuola elementare privata allestita da una famiglia di in.
segnanti simpatizzanti, i coniugi Di Mar
DAUE NOSTRE COMUNITÀ
BOBBIO PELUCE
— Sabato 4 febbraio è stata itwocata la
benedizione del Signore sul matrimonio
•di Gönnet Stefano (Pautasset) e MondonMarin Maddalena (Podio superiore). Agli
sposi che stanno per trasferirsi a Torino
rivolgiamo i nostri auguri più fervidi
mentre domandiamo al Signore di benedire sempre questo nuovo focolare.
— 11 programma in occasione del 17
febbraio comprende: la isera del 16 febbraio alle ore 20 al suono della campana :
accensione dei « falò » a Slbaud ed alla
diga; sabato 17, ore 10: Festa per i bambini ed adulti nel Tempio con dono a
tutti i bambini; ore X2.3Ò: Pranzo nei locali della veoidiia sala Unionista; (i biglietti che consentiranno l’accesso al pranzo potranno essere acquistati al prezzo di
L. 700 presso la Tabaccheria Italo Bonjour in Piazza Municipio sino alle ore 20
di giovedì 15 febbraio e non oltre); ore
20.45: Proiezione cinematografica. Domenica 18 febbraio, ore 11: Culto commemorativo nel Tempio con celebrazione della
Santa Cena (calici individuali). e. a.
MASSEL
— Comunichiamo sin d’ora il programma dei festeggiamenti per il XVII febbraio :
Venerdì, 16 febbraio, ore 20, accensione
dei falò al Centro, ai Rumer cd alle Fucine.
Sabato, 17 febbraio, ore 10 (si prega di
notare l’ora) i bambini delle scuole reciteranno alcuni dialoghi e scenette di circostanza. La manifestazione si svolgerà nel
tem,pio debitamente riscaldato. Ci auguriamo che splenda il sole e che si possa
poi paissare ad una parte ricreativa all’aperto. Tutti coloro che lo possono sono
caldamente invitati ad intervenire puntuali, dando <o«i ai più piccoli il senso della
importanza della giornata e sostenendoli
nel canto, ed anche a titolo di incoraggiamento per le insegnanti evangeliche che
si sono lodevolmente impegnate per la
preparazione dei bambini.
Domenica, 18 febbraio, ore 10,30, culto
commemorativo con Santa Cena. Doipo il
culto avrà luogo la tradizionale e simpatica agape fraterna, a cura dell’Unione
delle Madri.
La sera dello stesso giorno alle ore 20.30
i giovani hanno in programma una serata
alla quale tulli sono vivamente invitati.
Scene e costumi sono in avanzato stato di
preparazione.
Per quel che concerne l’agape fraterna
si prega di tener conto di ouanto segue;
a) Le iscrizioni vanno fatte presso il pastore o gli anziani entro e non oltre giovedì 15 febbraio, versando la caparra di
L. 500.
b) Il prezzo è stato fissato in L. 1.000,
comprendenti, però, il vino, il caffè e il
dolce.
— Dipartenza - Dopo lunghi anni di
malattia e di sofferenze, ha terminato la
sua giornata terrena, a soli 40 anni, la nostra sorella Rivoiro Attilia nata Forneron,
del Roc. La sua infermità ha cominciato
nel lontano 1944, in piena guerra; 18 anni
sono stati per lei un lungo e doloroso calvario, sopportato con pazienza e sottomissione. I suoi funerali, che hanno avuto
luogo lunedì 29 gennaio, sono stati una dimostrazione di viva simpatia da parte di
una folla imponente, al marito, alle figlie,
di cui una, la piccola Ada, di soli 5 anni,
al papà, al fratello e alle sorelle ,alla suocera ed ai parenti tutti. Vogliamo rinnovare a tutti coloro che piangono per questa separazione i sensi della nostra simpatia cristiana td f-.sortarli a guardare al Signore che « ci consola in ogni nostra afflizione ».
— Ringraziamento - La Comunità insieme al Pastore ringraziano vivamente il Sig.
Luigi Marauda, Pastore Emerito, per il
culto che egli ha presieduto domenica 14
gennaio, in assenza del Pastora titolare (recatosi in missione in Francia) Grazie dunque per il biio messaggio cristiano recato
alla Comunità.
— Fin d’ora ringraziamo il Pastore Giorgio Girardet, Capo Distretto delle Valli e
Direttore di Agape, che presiedrà il culto
di domenica prossima 4 febbraio, in assenza del Pastore (che si reca in missione
in Olanda, per partecipare al II Congresso
Europeo della Gioventù Rurale Evangelica che si tiene presso la città di Leida nei
prossimi giorni). Confidiamo in una buona partecipazione al culto di domenica 4
febbraio.
La réunion à Salse aura lieu dimanche
11 février.
Domenica 28 ha avuto luogo a Salza
una interessante riunione deUa popolazione organizzata da.U’As&essorato Provinciale per lo svilupipo sociale. Alla presenza
del sig. Oberto e delle due assistenti sociali che, da alcune settimane, hanno iniziato il loro lavoro nel villaggio di Salza
i convenuti hanno ampiamente discusso
alcuni dei problemi del comune, presenti
il brigadiere della stazione dei carabinieri
di Perrero, il sindaco di Salza ed alcuni
componenti il Consiglio Comunale, il
parroco ed il pastore. Il risultato dell’incontro è stalo fattivo: un comitato di 9
membri è stato eletto per la costituzione
di una Pro Loco. Non possiamo che incoraggiare queste iniziative che favoriranno
certamente in avvenire lo spirilo di collaborazione e di iniziativa della popolazione
della valle. Alla costiluenida Pro Loco di
Salza va dunque il nostro augurio.
PERSONAUA
Mercoledì 31 gennaio si sono sposar
ti, a Torre Pellice, ii Pastore Bruno
Tron e la Signorina Paula Nisbet.
Agli sposi, subito partiti per il campo
missionario dell’Eritrea, rinnoviamo,
partecipando alla loro gioia, il nostro
augurio più cordiale per la loro vita
e il loro ministero in comune. « Andate... io sono con voi ogni giorno »,
è_ stato il testo della predicazione nuziale, tenuta dal padre della sposa,
Past. R. Nisbet.
NELLA DIASPORA MILANESE
Una conferenza a Vigevano
Domenici 28 del mese scorso, ha avuto
luogo a Vigevano, nel salone del Palazzo
delle esposizioni, gentilmente concesso, la
annunciala conferenza del dr. Alberto Ribel, pastore della Chiesa Valdese di Milano, il quale ha parlato sul tema: « Viviamo in un mondo cristiano o in un
mondo pagano ? »
Erano presenti circa 150 persone molte
delle quali venute da Milano per prendere
contatto con i fratelli della piccola ma
fervida comunità vigevanese ed ascoltare
la conferenza spiccatamente attuale nel
tempo in cui viviamo. Il pubblico si è
molto interessato alla sobria ed efficace
esposizione dell’oratore ohe, partendo da
un esame delle religioni esistenti nel mondo, ha chiarito il significato del termine
« cristiano » spogliandolo da ogni falsa e
comoda interpretazione e dimostrando la
differenza tra le intenzioni degli uomini
e la realtà del messaggio evangelico.
Dopo aver illustrato la grande importanza del Concilio di Nuova Delhi che la
.stampa italiana ha volutamente ignorato,
il dr. Ribet ha concluso richiamando alla
necessità di un ritorno a Cristo in umiltà
e spirito fraterno e di una maggiore diffusione della Sua Parola.
Alcuni interventi del pubblico su alcuni punti toccati dall’oratore hanno ampliato il campo delle opinioni e delle chiarificazioni rendendo più interessante e animato il trattenimento.
Ai fratelli di Vigevano desideriamo rivolgere da queste colonne il nostro più
cordiale saluto. Se il ritmo della vita milanese ci impedisce più frequenti e prolungati contatti con essi, sappiano che li sentiamo ugualmente uniti a noi, presenti in
spirito ai nostri culti e alle nostre riunioni così come noi partecipiamo, uniti in
Cristo, alla vita della loro comunità.
R. G.
tino. Mano mano furono istituite la scuola domenicale, i corsi di catechismo, l’associazione dei giovani, la scuola di cucilo.
L’oratoria di Gaio Gay, la sua intraprendenza e la perfetta conoscenza dell’airabienle napoletano, avevano coiilriluiito a fare della Chiesa del Voiuero un cinitro di attività cristiana davvero notcvnle.
Fra le predette opere che fiorivano rigogliose nello spirito della comunità, vogliamo ricordare in parlicolar niodu il
bazar. Varie signore, molle delle i]nali
straniere residenti a Napoli, ainiavano dar.si
convegno a tempo debito per approntare
il necessario per la buona riuscita ilclla
festa.
Era un lavorio da api. Tutte indaffarate
a ricamare, a cucire, a manipolare torte c
dolci di ógni genere, a raccogliere olicrte
da amiche, in natura o in danaro, i alla
data fissata, F8 dicembre, allestivano il
Bazar in modo impeccabile, il cui ricavalo
era riservato ad opere di bene.
Con la morte del Pastore Gaio Gay la
comunità riportò un vero e proprio sitok.
Molli furono coloro t'iie non entrarono
più nel locale di culto di Piazza Vanvitelli, ove per vari decenni avevano scmito
echeggiare la voce dello stesso prclicatore. Troppi erano gli affetti umani che
li tenevano legati a colui che era stato
richiamato dal Signore.
-Al pulpito si avvicendarono, poi, un
po tutti i pastori di Napoli, più l'reqiienlementc Riccardo Santi, anch’esso da jioco
non più fra noi.
Ma la comunità era ridotta inolio nel
numero e svuotata troppo nello spirito.
Tuttavia un piccolo manipolo resistette alla lunga crisi. Fra essi ci piace ricordare
1 anziano Mendoza, le sorelle Rarbali,
Onorato, Varola e qualche altro.
Molti si riversarono nella Chiesa Valdese di Via dei Cimbri e certamente era
nei disegni deUa Provvidenza ohe un giorno sarebbe stata proprio la Tavola Valdese ad ereditare la' Chiesa del Voinero.
Infatti, dopo laboriose trattative, nel 1956
veniva redatto l’alto di passaggio nelFarca
della Tavola Valdese deila Chiesa Cristiana del Vomere e fin d’allora al pastore di
Via dei Cimbri è affidata la cura delie aniine degli evangelici vomeresi.
Ed è proprio dal 1956 che si può dire
che la chiesa, con l’aiuto del Signore, sia
nata a nuova vita entro i nuovi locali di
Via Andrea Vacearo. Ormai essa è sul
cammino giusto ed anche sul piano organizzativo comincia a dare i suoi frutti.
Sono state convocale due assemblee ed è
stato allargato il Consiglio. Nuovi elementi con le rispettive famiglie hanno chiesto
di far parte della comunità.
Della vecchia ohiesa è rimasto ancora in
vita, e in modo quasi miracoloso, il bazar,
le stesse signore, che molti di noi non conosciamo neppure percdiè non frequentano, e forse non hanno mai frequentalo la
Chiesa, continuano nella loro opera silenziosa e benefica.
A loro va il nostro pensiero riconoscente e al Signore vada la nostra perenne ed
immensa gratitudine per aver voluto la rinascita di quest’opera nella parte alta di
Napoli.
La fiaccola aocesavi oltre 50 anni fa dal
Pastore Teofilo Gay e alimentata per un
cinquantennio dal Pastore Gaio Gay stava
spegnendosi.
II Signore ha voluto, nella Sua misericordia, versarvi i fiumi della Sua grazia
per la Sua gloria. F. }.
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