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ECO
DELLE VALLI VALDESI
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16122'
GENOVA
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 107 Niiin. 25 1 43H0AAÙENTI ^ P" l’interno ; Sped. in abb. postale - I Gruppo bis/70 1 TORRE PELLICE - 19 Giugno 1970
Una conia Lire 70 1 1 L. 3.500 per Testerò 1 •^aiiibio di indirizzo Lire 50 1 Amm.: Via Cavour 1 - 10066 Torre Pellice - c.c.p. 2/33094
La
non
burocrazia
ha prevalso
FEDE E POLITICA
II
Non ho ufl programma, ma oo Sigooro
II
Il numero della scorsa settimana,
nel quale si annunciava che la quinta
Assemblea generale della Federazione
luterana mondiale si sarebbe, dopo
tutto, effettivamente tenuta a Porto
Aiegre, era appena partito, quando
giungeva un nuovo comunicato della
FLM (ne pubblichiamo il testo a pagina 6) annunciando che « difficoltà
crescenti e nuovi sviluppi » avevano
« reso necessario lo spostamento della sede deH’Assemblea » a Evian-lesBains, cittadina savoiarda sulle rive
del Lemano.
Che era successo? Ce lo dice in modo più laconico e riservato il comunicato della FLM, in modo più aperto il
segretario generale della Federazione
(v. pag. 6): la notizia che l’Assemblea
si sarebbe tenuta in Brasile — una decisione che già rappresentava un cedimento inaccettabile per più di una delegazione luterana —, ma rifiiutando
assolutamente qualunque contatto con
le autorità governative, è « esplosa come una bomba » ira i luterani brasiliani, che hanno reiterato la loro richiesta di una manifestazione ^ più
« pubblica », pur accettando il dibattito sulla situazione nazionale, nel corso dei lavori. Di fronte a queste opposizioni, la Giunta ha deciso di abbandonare delìnitivamente il progetto Porto
Al egre.
La decisione della giunta della FLM
merita comunque di essere sottolineata. Si potrebbe dire: la burocrazia e
l’ordinaria amministrazione non hanno prevalso, un’organizzazione a livello mondiale è stata capace di non soffocare voci critiche, ma di accettare e
svolgere un dibattito aperto e spregiudicato, e di decidere tenendone conto,
nel rispetto di tutti. È. la prima volta,
a nostra conoscenza, che un organismo
ecclesiastico muta i propri piani e decide di spostare la sede di una propria
assemblea in seguito a dibattiti interni. È già avvenuto che tali spostamenti siano stati determinati da fattori
esterni: ad esempio proprio questa
quinta Assemblea luterana avrebbe in
un primo tempo dovuto tenersi nella
Germania orientale, ma si era dovuto
abba-ndonare il progetto in seguito al
rifiuto, da parte di quelle autorità governative, di accogliere un’assemblea
che non avrebbe potuto non avere una
portata politica, specie a pochi mesi
soltanto dal momento in cui le pressioni politiche della Repubblica democratica tedesca hanno costretto le due
branche della Chiesa evangelica in
Germania, all’est e all'ovest, a staccarsi organizzativamente. Nel caso presente, invece, la situazione è ben diversa.
Come si ricorderà, la contestazione
è stata scatenata da un documento inviato alla sede della FLM, a Ginevra,
dalla presidenza della Chiesa luterana
in Brasile, in cui si affermava che tutta la campagna di stampa contro il governo brasiliano, in merito alla repressione e alla tortura, era una montatura propagandistica di elementi sovversivi. Il fatto nuovo — almeno in questa misura — è stato che 1 ondata di
indignazione e di proteste non e venuta soltanto da settori giovanili o di
punta’: come abbiamo riferito nm numeri scorsi, a livello di Chiese, di sinodi il problema è stato dibattuto, parecchie delegazioni di Chiese
vecchia Europa più che del
mondo!) dopo ampia discussione na no fatto sapere che non avrebbero partecipato, un sinodo (Lubecca) ha chiesto formalmente al proprio vescovo
incaricato di una relazione a
Aiegre, di declinare 1 '“vùo. Pur mantenendo il suo invito,
rana in Brasile ha mostrato disiarandosi pronta ad accettare ‘
più aperto, di essere cri
flessione più approfondi i^,,„o intica o comunque che anche al suo in
èrno vfè una dialettica di posizioni
n fatto è in sé altamente positivo,
e Sovunque si riunirà, ora, l’Assemblea
hueiana non potrà non tener conto
sia del problema particolare, sia di
tutta la problematica messa in luce e
tutta la riflessione messa in movi
di
movi
mento nei dibattiti degli ultimi mesi;
hi snecie circa la riconosciuta poi tata
in specie ..„.„„„„rrit-ilpn internazio
nòlidca che un’assemblea internaziopomica e ecclesiastica, ha necessaSien^ non fS perché mette
a coSo diretto Chiese e cristiani
ch^So in situazioni diverse e non
di rido contraddittorie, e vi portano
una rSponsabilità di testimonianza alrlnicXangelo. Natural^^^^
presa eli »»'"f
re estremainente ^ | ; affinché la
casi e in tutte le direziun , . ^
libertà evangelica non sin
tivazioni estranee — com’è avvenuto
non poche volte: si pensi, per cercare
un esempio in altra direzione, al silenzio della Conferenza cristiana per la
pace nei confronti delle repressioni all’interno del blocco orientale, e alla
quasi disintegrazione di essa dopo che
una parte dei suoi membri aveva infine osato una parola chiara dopo Praga ’68.
Qualcuno potrebbe pensare che sarebbe stato meglio andare a Porto
Aiegre, e parlare apertamente, in loco: per paura di dare l’impressione di
avallare un regime dittatoriale e violento ci si è preclusi la possibilità di
parlare sul posto e d’incontrare e interpellare in modo speciale la Chiesa
locale. Non si possono tuttavia dimenticare le infinite limitazioni che una
dittatura odierna può frapporre alla
effettiva libertà di movimento, di comunicazione, d’informazione. Ed è
estremamente delicato coinvolgere dall’esterno — venendo a lanciare le proprie pietre e ripartendo poi con il primo aereo per più sicuri lidi — una
Chiesa che deve essa assumere le proprie responsabilità e i propri rischi in
loco. Infine, persistere avrebbe voluto
dire lacerare la comunione luterana e
privare l’Assemblea proprio dell’apporto di varie fra le più vive delegazioni. Il che non significa che i dibattiti a Evian saranno più smorti!
Fra le famiglie confessionali cristiane quella luterana passa per essere
una delle più conservatrici: la sua capacità di reazione evangelica, in questo frangente, porta nel grigiore ecclesiastico odierno una nota di colore vivace, che invita a ripensare quel giudizio e a prendere esempio.
Gino Conte
Questa aRermazione di Niewòller definisce peiietiamenie quel che è la lede nella vita quotidiana
Che rapporto v’è fra la nostra fede
e l’azione «politica» in cui, per un
verso o per l’altro, siamo sempre impegnati? E, questo, un tema molto dibattuto nella chiesa, oggi, ed ha forti incidenze nella testimonianza cristiana.
È un problema tanto più acuto là
dove, come qui a Riesi, non ci è concesso di studiarlo al tavolino, ma dobbiamo vivere, quotidianamente, la nostra vocazione cristiana in mezzo al
popolo col carico di problemi che questo ha. Ma, proprio qui, ci sembra che
i due termini « fede » e « politica » siano strettamente legati fra loro e che
non si possano separare senza correre
dei rischi gravi. Vogliamo, perciò, considerare questo rapporto, come lo vediamo noi a Riesi, non in modo teorico, ma piuttosto esistenziale.
* * *
Il primo termine: « fede ». Penso
che, per un momento, occorra sfuggire a definizioni dogmatiche per riportarci sul terreno di tutti i giorni.
Prima di lasciare i suoi discepoli,
Gesù disse loro: « Non vi lascerò orfani, tornerò a voi » (Giov. 14: 18).
« Dio vi darà un altro Consolatore (o
Consigliere), perché stia con voi in
perpetuo » (Gioì. 14; 16). Questa promessa la ha linnovata dopo la resurrezione: « Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine dell’età presente »
(Matt. 28: 20). Il problema è chiaro.
Finché Cristo c a con loro, i discepoli
non avevano da preoccuparsi di che
fare o non faie, di come condursi in
mezzo agli uomini. Gesù era là e, via
via in ogni occasione, di fronte ad ogni
situazione, facev... per loro le scelte ne
cessarie. Ma quando non sarà più con
loro, i discepoli saranno soli? Dovranno decidere da loro? No, Egli darà loro il Consigliere, rimarrà col Suo Spirito in mezzo a loro. Lo avranno ancora. Le loro scelte saranno promosse
da Lui. Fede qui, dunque, significa riconoscere in Cristo il Signore. Esser
tesi verso di Lui per captarne la parola, per averne le indicazioni. Di nuovo non han bisogno tanto di programmare o di stabilire le loro linee di marcia quanto di ascoltarlo ed ubbidirgli
nelle situazioni che via via si presentano. Una bella frase di Martin Niemòller (o attribuita a lui), « non ho mi
programma, ma un Signore », chiarifica meglio di tutto quel che è la fede
nella nostra vita quotidiana.
* * *
Ed ora il termine « politica ». Ha
tre accezioni comuni: la tecnica del
governo, la partecipazione e responsabilità nella cosa pubblica, la tensione
verso un sistema nuovo di vita associata. In tutti i casi ognuno sa che la
politica è determinata dall’economia,
cioè dal modo di produzione e dalla
distribuzione dei beni. E da ciò deriva anche la forma di vita associata.
I problemi così connessi con la « politica » sono i problemi della vita degli uomini, determinati dalla loro economia ed espressi nella loro vita associata. Separare la fede dalla politica
diviene sinonimo di separazione fra la
fede e la vita associata degli uomini:
fede, dunque, che non si cura di quel
che avviene nella città e nel mondo, o
politica che non tiene conto del Signore della storia.
imiiimiiiMMimiiiimmiimiiiiniiiiinlliiiiimiiii
iimMmiiiiiiiiiniiniiimiiiiiiimiiiiiiiiimimiiHiiiiiiiHiiiiiiimiiiimmmiiimmiimimimiiiiiiiiimiiiiimitiimrii'
Un convegno biblico organizzalo a Ecumene dalla FCEi
Attualità deH'Epistola agli Efesini
(della
’Terzo
Il Convegno Biblico sull’« Attualità
dell’Epistola agli Efesini», organizzato
dal servizio studi della Federazione,
ha avuto luogo ad Ecumene dal 31
Maggio al 2 Giugno 1970. Si è realizzato così un progetto che non era stato possibile realizzare lo scorso anno,
per una serie di circostanze, quando
già l’Esercito della Salvezza era pronto ad ospitarci a Forio d’Ischia. I partecipanti erano una cinquantina, di almeno quattro denominazioni e non
tutti del centro-sud. Nordici, almeno
come residenza, erano i relatori, nonché il Pastore Taccia che ha diretto il
convegno. Gianna Sciclone, Bruno Rostagno e Bruno Bellion hanno rispettivamente presentato le introduzioni su
« L’unità dello Spirito », « I ¿9*^^ dello
Spirito », « La vita nello Spirito ». Ma
più che dello Spirito i tre gruppi di
studio che hanno esaminato ciascuno
uno dei tre temi, hanno parlato della
Chiesa, del suo « accadere » per opera
dello Spirito, della sua vocazione a essere non un « luogo santo », ma il luogo dove si riconosce e si confessa, incarnandola, l’opera di riconciliazione
che Dio ha compiuto in Cristo per il
mondo.
Nel documento che conclude questo
breve resoconto. Bruno Rostagno sintetizza in poche proposizioni la conclusione a cui rincontro è giunto: è un
tentativo di interpretare l’ecclesiologia dell’Epistola agli Efesini, che ha
trovato quasi tutti consenzienti. Da
quest’impostazione scaturiscono visuali nuove c stimolanti sulla comprensione che dobbiamo avere dei ministeri nella Chiesa (i doni dello Spirito) e
del ministerio della Chiesa (l’etica o la
vita nello Spirito).
Il servizio studi della Federazione
provvederà a pubblicare in fascicolo i
tre studi introduttivi, nonché una serie di « note omiletiche » relative al testo biblico di Efesini, preparate da un
gruppo di esegeti, presenti al campo
in qualità di « esperti » nell’ambito
delle singole sezioni di lavoro. Questo
materiale, con la nuova traduzione e
l’introduzione all’Epistola, di Sergio
Rostagno, già pubblicata nei quaderni
di Diakonia, darà modo alla CCTchia
più vasta delle nostre Comunità Evangeliche in Italia di approfondire lo
studio e la comprensione di questo
importante scritto del Nuovo testamento.
La Santa Cena, celebrata con sobrie
tà liturgica ed animo riconoscente, subito dopo il pranzo, rimanendo ciascuno al proprio posto, ha concluso rincontro sottolineando la nota della unità profonda che in Cristo ci è data e
che la Santa Cena esprime ed annuncia.
Ringraziare gli organizzatori e il
gruppo di servizio di Ecumene non è
stato per chi lo ha fatto a voce e per
chi redige queste righe, un semplice
atto formale, ma l’espressione riconoscente di tutti per una collaborazione
felicemente realizzata ai fini della buona riuscita di questo incontro.
Riproduciamo qui appresso il documento conclusivo del campo.
Salvatore Ricciardi
Il documento approvato a Ecumene
Questa Epistola è più avanti della realtà delle nostre comunità timorose e
introverse, piena com’è dell’annuncio della sovranità di Cristo sul mondo.
« Il discorso dell’Epistola agli Efesini riguarda tutto il mondo perché
Cristo prende possesso di tutta l’esistenza. « Disceso nelle parti più basse della terra (della storia), salito in
alto », non vuol dire che è venuto per
elevare l’umanità a una realtà superiore, ma vuol dire che tutto resistente,
anche gli aspetti meno appariscenti
della storia, è sotto la sua sovranità.
« Ma per l’autore la traduzione storica di questo fatto è l’esistenza della
Chiesa. Egli fa infatti, nonostante il
linguaggio gnostico-ontologico, un discorso storico. Di qui però la possibilità di interpretare l’Epistola in senso
cattolico. Se infatti la Chiesa è il luogo in cui si realizza la sovranità di
Cristo, si può anche intendere che il
mondo è chiamato a prendere i caratteri della Chiesa. Per noi questa interpretazione è un fraintendimento dovuto al fatto che si legge l’epistola in
schemi ontologici. Secondo noi essa
si deve comprendere a partire dalla
sua situazione storica. £ probabile che
l’Epistola sia rivolta a un gruppo di
comunità ellenistiche sorte dalla predicazione di Paolo. Si tratta di comunità già strutturate (l’autore non inventa gli apostoli, profeti ecc., ma li
trova già nella comunità a cui si rivolge). Per cui lo scopo non è di fornire un modello di organizzazione ecclesiastica, ma di rivolgere un discorso stimolante e in parte critico a comunità già esistenti, obbligandole a
interrogarsi sul loro futuro. Quindi la
interpretazione cattolica va capovolta:
non è il mondo che deve assumere i
caratteri della Chiesa, definiti una volta per sempre (vedi Schlierl), ma è la
Chiesa che è richiamata alla sua caratteristica mondana. Non c’è realtà
del mondo che sia estranea alla Chie
sa, non nel senso che la Chiesa possiede la soluzione di tutti i problemi ma
nel senso che la Chiesa deve affrontare tutti i problemi, assumendo tuttavia il rischio di affrontarli nell’agape
di Cristo. In questo senso tutta la
Chiesa è chiamata a un servizio profetico, tenendo conto che l’opera di
Cristo non riguarda la Chiesa, ma il
mondo.
« L’affermazione centrale dell’epistola è infatti che in Cristo è finita la separazione tra giudei e pagani, ma questo significa che non esiste più una comunità santa, luogo privilegiato dell'incontro con il Dio vivente, ma tutto
il mondo è chiamato a vivere, a lottare, a rischiare in un continuo confronto con il Dio vivente.
« Allora anche il riferimento ai ministeri ecclesiastici, nel cap. 4, ha un
senso critico: essi non sono rivolti al
mantenimento della comunità, ma servono a manifestare la sovranità universale di Cristo e devono aiutare la
comunità a svolgere il suo servizio
profetico.
« L’Epistola agli Efesini è più avanti
della realtà delle nostre comunità.
Non dobbiamo commettere l’arbitrio
di appropriarcene: forse essa si rivolge più direttamente alle nuove comunità che si sono avventurate nella realtà del mondo, che non alle comunità
istituzionali. Anche le nostre comunità
tendono a far entrare l’Epistola nei
loro schemi appiattendone il significato. Esse vanno invitate a riascoltare
l’Epistola: forse questo appello a una
rilettura della Bibbia è l’opera più urgente, anche se essa può suscitare in
alcuni sospetti e diffidenze. Ma se rifiutiamo questo prezzo è inutile che
studiamo l’Epistola agli Efesini ».
Riferiamoci di nuovo a Gesù. Per Lui
non v’è neanche il binomio fede e politica; la sua comunione col Padre era
vita fra gli uomini. La nostra fede,
cioè la nostra comunione col Cristo risorto non può essere, di nuovo, che
vita fra gli uomini.
* * *
È stato detto che « una sola e stessa fede implica una sola e stessa politica ». Non mi pare assolutamente
vero. La fede non è un dogma immobile da cui deriva di conseguenza una
definita linea politica. Noi siamo in attesa che lo Spirito parli, noi siamo
sempre fra fede e incredulità: « io credo; sovvieni alla mia incredulità »
(Me. 9: 24), dice il padre del fanciullo
epilettico. Là dove il Signore interviene, e noi ne riceviamo la Parola, ne
consegue il nostro pronunziamento politico, le nostre scelte. Come non si
può parlare di un’etica definita per
sempre come conseguenza della fede
cristiana, così non si può fissare una
politica. Siamo sempre nella dinamica
delle scelte giornaliere sotto l’azione
del « Consigliere » quando a Lui piace
farsi sentire. Altrimenti, siamo « orfani » e anche la nostra politica è politica di « orfani »; in questo caso manca
la connessione con la nostra fede. La
nostra fede in Cristo risorto e presente implica una politica « hic et nunc »
in pronunciamenti sempre nuovi, non
prefissati, né racchiusi in alcun sistema, anche se i sistemi degli uomini ci
danno Tindicazione della loro realtà
economico-sociale, che non possiamo
ignorare senza correre il rischio di assurde astrazioni.
* * •*
È più volte accaduto che nella chiesa si sia fatta una netta separazione
fra fede e politica. La frase consumata
che ancora resiste oltre al suo tempo,
« in chiesa non si fa politica », lo dice.
Evidentemente, una fede tesa solo
alla propria salvezza personale, ciò
che si è abbondantemente manifestato
nel pietismo, può in un certo senso
separarci dal mondo, come realtà
estranea a noi ed alla nostra salvezza.
Però, in questo caso, i « credenti »,
poiché comunque vivono nel mondo,
subiscono la politica degli altri e, per
il loro voluto assenteismo, mancando
di strumenti critici, subiscono la politica della conservazione. Gli esempi
sono troppo numerosi perché valga la
pena citarli, anche se contraddetti da
notevoli eccezioni, perché se lo Spirito
agisce non c’è teologia che resista! Per
contrapposto, altra separazione tra fede e politica avviene quando l’immersione nella politica del tempo è così
prevalente sulla preoccupazione di obbedire al Signore, che ne risulta una
profonda frattura fra il comportamento e l’ascolto. Questo è spesso del tutto marginale, almeno altrettanto come
nel pietismo è marginale la preoccupazione per il mondo.
E ritorniamo a Gesù: la sua comunione col Padre era vita fra gli uomini. La nostra fede in Lui ha da essere
vita fra gli uomini. Sono gli uomini
l’oggetto della sua agape; lo sono ora,
quand’essa si riflette in noi. Questo
non può esser dimenticato nel nostro
comportamento politico. La politica è
per gli uomini, non gli uomini per la
politica. L’economia è per gli uomini,
non gli uomini por l’economia. La libertà è per gli uomini e non gli uomini per la libertà... e via dicendo. Il sabato è stato fatto per l’uomo e non
l’uomo per il sabato (Me. 2: 27). Cristo non è morto per un’idea, neppure
la più alta, ma per gli uoomini, per
quello che essi sono.
Questo ci dice che non si posson calare dall’alto delle teorie chiamando
gli uomini ad adattarsi ad esse, ma
che son essi i soggetti che devono vagliarle e sceglierle. Nel caso di credenti, son essi che devono prendere le loro decisioni con l’assistenza del « Consigliere », dello Spirito del Risorto, nell’espressione dell’agape verso i fratelli
che sono accanto. Mobilissima dinamica di scelte, nella coerenza con quel
che il Signore via via ci indica.
* * *
Ed ora, a mo’ d’esempio, due domande senza risposta. Cioè con risposta difficilissima, perché complicata da
innumerevoli fattori storici.
Prima domanda: chi di noi non ha
preso posizione precisa di fronte alla
guerra del Vietnam. Marcio per la pace, veglie, discorsi. Abbiamo avuto coTullio Vin.ay
(continua a pag. 4)
2
pag. 2
N. 25 — 19 giugno 1970
Scuola Media: a che punto siamo?
Alcuni insegnanti e studenti rispondono (4)
ALBERTO GABELLA
La rivendicazione essenziale che oggi dovrebbe mobilitare insegnanti e studenti, è quella di una scuola
aperta, che non sia un ghetto culturale avulso dalla
vita sociale contemporanea
Caro direttore,
accolgo volentieri il tuo invito a intervenire nella discussione aperta dal
giornale sui problemi della Scuola, limitandomi a prendere brevemente in
considerazione le due questioni principali emerse dal dibattito, se la scuola sia o meno democratica, e la riforma della scuola media superiore.
La scuola non è democratica.
Non è democratica in quanto ancora
classista, perché seleziona soprattutto
i figli dei contadini, degli immigrati,
degli operai, mentre i figli della borghesia, salvo rare eccezioni, arrivano
tutti alla laurea. In famiglia trovano
Si conclude la pubblicazione delle
risposte alla nostra piccola inchiesta fra un gruppo di insegnanti e di
studenti : ringraziamo di cuore quanti
ci hanno detto il loro parere e presentato le loro riflessioni e alcune proposte. Come si sarà notato, quasi tutti
questi interventi erano fortemente critici : la scelta era logica, volendo suscitare il problema. Ma siamo tutti, a
cominciare da quanti hanno scritto finora, desiderosi che si avii un dibattito,
al quale invitiamo altri insegnanti, studenti e genitori, nonché chiunque s’interessi del problema scolastico in tutti
i suoi aspetti e le sue implicazioni. Forse ne uscirà un quadro un po’ meno
nero di quello che nel complesso siamo andati tracciando, e altre proposte
concrete potranno essere avanzate. Se
anche non potremo pubblicare tutto
(speriamo comunque sìa molto!), tutto
sarà comunque ricevuto con gratitudine
e letto con attenzione. red.
un ambiente che li aiuta e stimola, e
se sono deboli in qualche materia, si
ricorre alle lezioni private. Se poi la
scuola di stato dovesse bocciarli vi
sono migliaia di scuole private che offrono corsi di ricupero di ogni genere.
Non è democratica nella sua struttura che — come altri hanno già rilevato
— è prefettizia, gerarchica e quindi
autoritaria.
I Presidi sono dei funzionari che devono eseguire le disposizioni del Ministero (e se non le eseguono sono soggetti a rappresaglie); i vice-presidi sono scelti dai presidi nell'ambito di un
Consiglio di Presidenza che ha modeste funzioni consultative; il Consiglio
dei Professori se delibera in un senso
non gradito al Preside, questi può sospendere l’applicazione di tale deliberazione e rivolgersi all’arbitrato dei
Provveditori!; i professori sono giudicati a fine anno dai Presidi con una
qualifica che se non buona li danneggia nella carriera, il che funge da freno inibitore soprattutto per gli insegnanti non ancora in ruolo (circa la
metà!); gli studenti a loro volta sono
privi di qualsiasi potere, sottoposti a
quell’arbitro insindacabile che è il professore sedente in cattedra.
Non è democratica nei suoi contenuti perché non fornisce una cultura
che consenta di conoscere i problemi
della società in cui viviamo, essendo
la nostra scuola volta quasi esclusivamente al passato e quindi passatista e
conservatrice.
Assemblee di insegnanti studenti e
familiari in cui si discuta a che cosa
deve servire la scuola normalmente
non hanno mai luogo.
Che il collega Donini ignori questa
squallida realtà, di una scuola palesemente antidemocratica, è perlomeno
strano! Certo con il fascismo si stava
peggio ma non è una buona ragione
per avvallare una struttura autoritaria
che la generazione antifascista della
Resistenza non seppe rinnovare, e oggi ne patiamo tutte le conseguenze.
La riforma inconsistente.
Se ne parla da vent’anni e non è stata ancora realizzata, neppure a due
anni di distanza dalla contestazione
studentesca.
Certo una riforma entro gli anni ottanta si farà, nel senso che si renderà
più funzionale la scuola (un biennio
unificato, licei polivalenti, distinzione
tra materie obbligatorie e materie opzionali, un certo aggiornamento dei
programmi ecc.), ma non è questa la
riforma fondamentale, veramente democratica dei contenuti e delle strutture. Per questa ci vorrebbe un tipo
di società diversa, e molti insegnanti
pronti a « rinnovarsi » loro (aggiornandosi, dichiarandosi disponibili per un
pieno tempo scolastico ed a trasformarsi da cattedratici in esperti consapevoli dei loro limiti al servizio delle
comunità scolastiche ecc...).
La scuola di cui oggi abbiamo bisogno è una scuola che difenda il cittadino (perché a scuola bisognerebbe
trovare il modo di andare tutta la vita
per aggiornarsi scientificamente), che
lo difenda dalle alienazioni della cultura di massa manipolata dai quotidiani e dalla televisione, una scuola
critica della società neocapitalistica
attuale, che è impensabile sia favorita
da chi detiene in questa società il potere. Riforme radicali pertanto non
sono per il momento attuabili.
La rivendicazione essenziale che dovrebbe oggi mobilitare studenti e insegnanti (e famiglie di lavoratori) è
quella di una scuola aperta, una scuo
la che non sia un ghetto culturale avulso dalla vita sociale contemporanea e
dai suoi problemi più nevralgici.
A tal fine almeno un giorno della
settimana dovrebbe essere destinato a
libere assemblee studentesche, a incontri tra mondo della scuola e mondo del lavoro e della scienza, a dibattiti, a libere ricerche, in modo che il
diaframma tra scuola e società venga
definitivamente spezzato.
Solo per questa strada poco a poco
potrebbe nascere una scuola critica e
nuova, all’interno stesso di una scuola
conformista e sclerotizzata, con insegnanti e allievi alla ricerca di valori
nuovi più validi di quelli su cui si fonda la nostra cultura borghese e pseudo democratica.
Alberto Cabella
MIRELLA BEIN ARGENTIERI
Lo scopo : promuovere insieme la formazione
di personalità coscienti delle situazioni in cui
si trovano e si troveranno a vivere
Ho seguito con partecipazione i vari
interventi sulla scuola, in quanto — come insegnante e come credente — sento continuamente la necessità di chiarire a me stessa in che modo la mia
fede debba "calarsi” nel contesto del
lavoro quotidiano. Mi sembra che dai
vari inteventi sia emerso come il problema sia serio e complesso e come la
sua soluzione (o anche semplicemente
un avvio alla soluzione) sia legato alla
comprensione dei mille altri problemi
concernenti sia la sosciaetà che le situazioni specifiche dell’ individuo sul
piano affettivo, psicologico, ecc. Nessuno d'altra parte può ritenere (anche se
non direttamente legato al mondo della scuola) di non essere coinvolto nell’argomento e tanto meno dei cristiani
a cui nulla di quanto concerne la comunità umana deve essere estraneo.
L’insegnante in particolare non può
più svolgere il ruolo di macchina calcolatrice (e quanto difettosa!) del rendimento scolastico dei suoi allievi, sia
pure con la coscienza di aver prima
scrupolosamente « spiegato la materia », e non può più tranquillizzarsi come se i problemi che sono stati messi
in luce li avesse inventati la contestazione. Può sembrare che oggi ci sia più
libertà nella scuola, più democrazia nella società, ma se la vera democrazia è
libertà di essere, non solo libertà di
dire, allora vediamo che la realtà è
ben diversa. Ci rendiamo conto delle
differenti condizioni di partenza dei nostri alunni e della nostra impotenza a
creare effettive condizioni di parità tra
iniimimniiiiiiiitiimiiiKiiiMiimiimiimiimimiiiimnmiimii:
iimiiiiiiiiiiiiHiimiiiiniiiiiiiiiiiii
iiiimiiMiiimiiiKimimiii
MiiiiiiiitiiiiMmiliimiiiiiniiiimiiiiuiimiMiiiiiMi
Invito ad Agape, dall'11 al 19 agosto,
al Campo per famiglie evangeliche italiane
Spirito e corpo,
sacro e profano
11 (f campo famiglie » dì Agape è uno dei
pochi luoghi in Italia in cui avvengono incontri tra evangelici di diverse denominazioni
al di là dei limiti della Federazione delle
Chiese evangeliche. Per la terza volta Battisti
e Pentecostali, Fratelli e Valdesi — e speriamo anche altri evangelici — sì ritroveranno
per una settimana di studio, di incontro e di
riposo familiare affrontando Einteresse e le
difficoltà di un confronto reciproco e ricevendo la gioia del crescere comune nella fede.
Dopo due anni il campo si sta allargando per
interesse e partecipazione. Purtroppo le necessità di programma impongono quest'anno una
limitazione di posti a causa della contemporaneità dì un altro campo ad Agape. Raccomandiamo perciò dì non lardare ad iscriversi.
Frutto delle discussioni e di problemi rimasti aperti ranno scorso, il tema di quest’anno è stato suggerito dai campisti che hanno
riconosciuto la necessità di chiarirsi le idee
sulla concezione biblica e extra-bìblica delTuomo e del mondo. Quale è la concezione ))iblica? Con quali concezioni dell'uomo e del
mondo sì è scontrato il messaggio biblico ai
tempi delLAntico e del Nuovo Testamento?
Un articolo di Eduard Schweizer : il
Una comunità che non volesse più
più neppure uua cumuuità che non
Facendo riferimento a un mio articolo, Arthur Rich ha citato Filemone 16
( « non più come uno schiavo, ma come
da più di uno schiavo, come un fratello
caro specialmente a me, ma ora quanto più a te, e nella carne e nel Signore! »), per mostrare che Paolo s’interessa alla fraternità degli uomini « sia
nella carne sia nel Signore », cioè al
giusto inserimento dello schiavo fuggiasco nella comunità sociale e in quella ecclesiastica. Ciò è senz’altro esatto;
il problema che ne deriva è quello del
rapporto fra queste due destinazioni,
e dell’qrdine secondo il quale vanno
collegate. Forse la concezione paolinica
della chiesa quale corpo di Cristo ci
sollecita e ci aiuta a chiarire questo
problema.
Una terminologia di carattere
profano, sociologico...
Stupisce il fatto che Paolo si serve
di un concetto che, in origine, ha una
connotazione del tutto profana, sociologica. Quando Paolo ricorda alla comunità che essa è « un sol corpo »
(Rom. 12, 5; 1 Cor. 10, 17; 12, 12 s.), questa non è ancora altro che un’espressione profana comprensibile a qualsiasi greco. Il Peloponneso lacerato dalle
guerre viene riunificato in « un sol corpo »; un brano musicale, una casa, una
nave, un esercito, un campo, la stessa
ekklesìa, cioè l’assemblea popolare, sono « un sol corpo ». Anche di un discorso, di un libro, di una vite si può dire
che costituiscono « un sol corpo ». Quest’espressione, più o meno metaforica,
acquista una colorazione decisamente
sociologica quando viene applicata a un
gruppo sociale e si sfrutta l’immagine
che le sta dietro. Ciò avviene assai presto, quando il popolo viene considerato
come un « corpo » unitario; e ciò vale
soprattutto per la favola, spesso ripetuta, di Menenio Agrippa, che doveva
servire a evitare la minaccia della rivoluzione da parte della classe dei lavoratori, socialmente sfavorita, contro gli
strati privilegiati che avevano un reddito senza lavorare: le membra del corpo, che si ribellano contro lo stomaco
che non faceva altro che ricevere cibo, avevano dovuto rendersi conto che
senza di esso sarebbero andate anch’esse in rovina. Il passo 1 Corinzi 12, 14-25
mostra che Paolo conosce questa tradizione e può valersi in modo analogo,
figuratamente, di questo materiale, anche se formalmente non si rifà tanto a
una favola quanto a una parabola valida indipendentemente dalla situazione storica.
...usata in un contesto teologico,
riferita a Cristo
Ma a che cosa riferisce. Paolo, questa espressione figurata di uso corrente e il contenuto favolistico che racchiude? Egli parla della comunità di
Gesù. Così in Rom. 12, 5 egli dichiara
che la comunità è un sol corpo « in
Cristo »; in 1 Cor. 10,17 egli fa risalire
il fatto che essa è un sol corpo all’unità del pane della santa cena che essa
ha ricevuto; in 1 Cor. 12, 12 egli può
addirittura parlare semplicemente di
Cristo, al posto della comunità che è
« un sol corpo ». Sicché anche la parabola narrata in 1 Cor. 12, 14-25, in sé
analoga alla concezione stoica, è inqua
loro. Ci mancano gran parte degli strumenti base (collaborazione di medici
scolastici, di psicologi, di assistenti sociali, ecc.) per ovviare sia pure in minima parte agli squilibri presenti nell’ambiente di provenienza dei ragazzi.
I problemi sono più grandi di noi ed
anche con la migliore buona volontà
rischiamo, come è stato messo in evidenza, di essere strumentalizzati senza
magari rendercene conto. Come credente, però, non mi sento a questo
punto di concludere che nulla di serio
sia possibile fare o tentare di fare:
questo non sarebbe il discorso della
fede ma quello dello scetticismo.
Mi sembra che l’impegno di noi insegnanti — dalle elementari all’università — debba consistere nel fare della
classe una comunità di ricerca dove
noi possiamo dare il contributo di una
competenza specifica in un certo campo e con molta umiltà far parte agli
alunni delle nostre esperienze. Lo scopo: promuovere insieme la formazione
di personalità coscienti delle situazioni
in cui si trovano e si troveranno a vivere, lo sviluppo del senso critico, Vimpegno ad agire domani non per arrivismo e carrierismo, ma per realizzare
un mondo più umano.
Questo lavoro non facile sarà spesso
incompreso e sicuramente ostacolato,
all’esterno e all'interno, per motivi di
conservazione di posizioni ben precise,
ma è tuttavia il compito che ci sta
dinanzi.
Mirella Bein Argentieri
iiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimnimiiiiii
Continuiamo la pubblicazione, iniziata nel numero scorso,
della relazione sul tema di fondo che sarà affrontato dalla
prossima Assemblea generale dell’Alleanza Riformata (e Congregazionalista) Mondiale, che si terrà a Nairobi (Kenya) nel
piossimo agosto; autore della relazione è il prof. Jürgen
Moltmann, teologo dell’Università di Tubinga.
Verso
NAI
RO
Bl
La nostra concezione deriva esclusivamente
dal messaggio biblico o senza saperlo siamo
influenzati da diverse concezioni e filosofie.''
Su queste domande intendiamo lavorare nel
corso del campo di quest'anno.
Il campo è aperto a tulli gli evangelici
italiani. Si tratta di un campo per famiglie
per cui sono previste facilitazioni per le famiglie e una collaboratrice di Agape si occuperà
dei bambini più grandi durante le ore di attività del campo. Si tiene anche conto del
fatto che i partecipanti .saranno in ferie, per
cui il programma dì studio sarà limitato e
ampio spazio sarà dato al tempo libero per riposo c contatti personali. Il 15 agosto si potrà scegliere fra una gita in montagna e la
partecipazione al raduno delle comunità delle
Valli Valdesi. La giornata di domenica 16
sarà trascorsa probabilmente a Pomaretto: culto con la comunità, pranzo, visita agli istituti.
11 Campo .sarà diretto da Gustavo Bouchard,
mentre Michele Sinigaglia. Marcello Cicchese
e Renzo Tiirinetto .saranno responsabili degli
studi.
Per informazioni e iscrizioni scrivere alla
Segreteria di Agape. 10060 Prali (Torino).
= Dio riconcilia e libera: ciò significa anzitutto che la vera ri- |
I conciliazione non può essere degli uomini. Viviamo in un mondo g
I diviso. Una divisione succede all’altra a misura che il mondo pro- =
I gredisce verso la sua unità. La seconda guerra mondiale ha la- =
= sciato come postumo il conflitto Est-Ovest. Ha portato alla divi- |
I sione del mondo in sfere d’influenza delle grande potenze bian- =
I che. Da due decenni a questa parte il conflitto fra popoli ricchi e |
I popoli poveri tende in misura crescente a venire in primo piano |
I sulla scena mondiale. Le differenze in fatto di sviluppo non fan- |
i no che accrescersi continuamente. Oggi, ogni volta che scoppia- =
I no conflitti di razza o di religione, lotte ideologiche o tensioni |
i sociali, si cerca di instaurare la pace politica non con la riconcilia- |
I zione, ma con la separazione e la divisione, con l’apartheid e i |
I ghetti. A Berlino è stato costruito un muro ideologico. Reticolati =
i religiosi attraversano Belfast. In alcune nazioni sudafricane la J
= discriminazione razziale è legalizzata. Città divise, nazioni divise, e
I Dio riconcilia e libera |
I popolazioni separate, sistemi di casta, lotte di classe. Chiese cri- |
= stiane separate: ecco i tratti che caratterizzano il volto della no- |
I stra terra. Tutti i dominatori che diffondono l’asservimento oh- e
I bediscono alla parola d’ordine: divide et impera, regna per mez- |
i zo della divisione. In un mondo diviso l’appeasement (la politica |
I d’acquetamento) non è un mezzo per giungere alla riconciliazio- |
È ne, ma tutt’al più un mezzo per sopravvivere, un rinvio prima =
I della distruzione reciproca.
I Dio riconcilia e libera: ciò significa in secondo luogo che gli
E uomini, in virtù della promessa che hanno ricevuta, possono so1 gnare una pace che non si fonda sulla separazione e sulla diviI sione, ma sulla riconciliazione e su una comunione nuova. QuanI do la libertà si è avvicinata, le catene cominciano a dolere. SicI come la riconciliazione si è avvicinata sotto forma di ricordi e
I di speranze, gli uomini cominciano a soffrire per il fatto che il
I mondo non è liberato. Essi avvertono i muri, i fili spinati, i ghetti
i e le leggi inique della divisione come piaghe mortali nel corpo
1 dell’umanità una. Non considerano "in ordine" ciò che è stato
I messo in ordine con la separazione: si ribellano contro questo "orI dine", non accettano più lo statu quo e la sua quiete. La sofferen= za che essi provano in un mondo nel quale gli uomini non posI sono avere fra loro relazioni umane, prova che sono alla ricerca
= di un altro mondo. Perciò la nostra epoca vede sorgere ovunque,
I accanto a una laboriosa pace fondata sulla divisione, speranze
= crescenti e generatrici di rivoluzione. Chiunque aspira a un’altra
I pace per la vita deH’umanità non si assoggetta più alla separazioI ne forzata. Protesta contro di essa in nome del mondo unito e
= riconciliato e si sforza di realizzare sin d’ora, in comune con
I tutti coloro che deve considerare come dei nemici, un’anticipazioI ne di questo mondo.
I Dio non è il nostro Dio particolare: un Dio bianco o nero,
I protestante o cattolico, capitalista o socialista. È il Dio uno, inI visibile, quindi il Dio di tutti gli uomini. Quando egli riconcilia,
= libera dalle separazioni che gli uomini istituiscono per elevarsi
I al di sopra dei loro fratelli. Quando la riconciliazione è opera di
I Dio, è universale: include tutti e non esclude nessuno. Altrimenti
I non è la riconciliazione di Dio. Qggi il desiderio della presenza
I di Dio che riconcilia ha perso buona parte del suo carattere reI ligioso, si esprime piuttosto, nascosto ma vivace, nella sofferenza
I concreta generata dall’ ingiustizia e negli appelli alla libertà.
i JÜRGEN MOT.TMANN
lllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllilllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllO'IKIIIIIIflllMIMIIII
3
19 giugno 1970 — N. 25
pag. 3
cccorpo di Cristo» e la sua responsabilità sociale secondo la predicazione dell’apostolo Paolo
annunciare la sua fede, anche in sensn "dugmaticn", nun sarebbe più chiesa, ma nun In sarebbe
velessejpiO impegnarsi inluna aziune damare sensibile alle esigenze cenerete dell'era
(irata da questo appaiamento fra la co- nessun caso fermarsi ai limiti della in testi chiaramente cristiani (anche se « modello » di ciò che il mondo dev’es- ne comprendere che la comunità di
.-v,, m 1 4- X iT> ir»C» C_ ,r>T'/~\'rvr'ì n m i imtò nzallr» vn v»/-x« vJ»-v -, ri ^ ___i. ^ n~nrv /-»l _______________ i»__?_ Ji T\; __1__________*1_______t A „ ,11
drata da questo appaiamento fra la comunità e Cristo (v. 12) e dall’unico passo, nelle epistole sicuramente paoliniche, nel quale non si parla soltanto di
« un sol corpo », bensì del « corpo di
Cristo » costituito dalla comunità (versetto 27). Dunque, ciò che fa della comunità « un sol corpo », non potrebbe essere più chiaramente indicato: è
Cristo, lui soltanto.
Quale significato teologico ha il fatto che questa terminologia di carattere
profano, sociologico sia presa a prestito per parlare della comunità cristiana? Un primo riferimento lo troviamo
nei discorsi figurati deH’Evangelo di
Giovanni. Quando Gesù dichiara: « lo
sono il buon pastore, la vera vite, la
vera luce... », vuol dire che tutto ciò
che è vero nei pastori, nelle viti, nelle
luci terrestri, trova soltanto in lui la
sua profondità autentica, la sua vera
realizzazione.
Un uso polemico
o esemplare?
Ma allora dobbiamo domandarci se
r espressione paolinica va intesa in
senso polemico, com'è di regola per i
discorsi figurati giovannici: soltanto
in Cristo si può trovare il vero pastore
o la vera unità di un corpo — ovvero
se possiamo comprendere Paolo in
qu6;it'altro senso: l'unità data nella
comunità di oesù può diventare modello per l’unità della comunità statale,
pe: una convivenza sociale anche al di
fuori della comunità di Gesù.
?lon è facile rispondere a questo inlerrogativo, poiché Paolo, per quanto
ci è dato conoscerlo dalle sue lettere
rimasteci, s’interessa con evidente concentrazione dell’unità donata da Cristo
alla comunità. Qui è il cuore e per questo egli s’impegna fino al martirio che
costituisce spesso per lui una minaccia
immediata e che alla fine egli dovrà effettivamente affrontare. Non si può disconoscere una certa nota polemica. Se
per Paolo Cristo stesso è l’unico corpo
dal quale la comunità riceve e continua a ricevere in dono la sua unità, la
cosa risponde a uno sviluppo concettuale che si è da tempo attuato .nel linguaggio profano o ellenistico-religioso.
Se la favola di Menenio Agrippa è ancora una semplice parabola senza colorazione religiosa, già a partire da Platone e poi decisamente nelle argomentazioni stoiche si avverte, dietro il discorso sul popolo o sullo stato quale
un corpo solo, una fede che ha chiare
radici religiose: in questi casi l’unità
politica e sociale da realizzare si fonda sulla fede nel cosmo, che è il « corpo divino », anzi il « corpo di Dio » e
che include tutti gli uomini. Soltanto
quest’affermazione di fondo « dogmatica » permette di comprendere le conseguenze « etiche ».
Dall’unità polìtica e sociale
alla comunione ecclesiastica...
A questo proposito Paolo risulta
incomparabilmente più sobrio e prosaico. Nemmeno l’impressionante slancio poetico degli inni al cosmo, si
pensi a quello di Cleante, lo spinge a
credere all’assoluta perfezione di questo mondo; egli conosce troppo bene il
male che è in esso (Rom. l, 18 ss. ecc.).
La vera unità, l’unità di un sol corpo
nel quale ogni membro è lì per l’altro
e nel quale nessun membro deve indebitamente farsi avanti o ritirarsi sullo
sfondo, una tale unità non si riscontra,
secondo Paolo, che in un punto solo:
in Gesù Cristo — e là dove essa può irraggiare da lui e determinare la schiera dei suoi discepoli. In tal modo al
fondamento filosofico, valido per tutti
gli uomini, dell’unità politica e sociale
si è sostituito il fondamento cristologico della comunione ecclesiastica. Se
questo passao'ofio avviene in modo ancora più o meno inconscio nelle epistole paolinichc sicuramente autentiche,
in Col. l, 15-23 è ormai possibile constatare senza ombra di dubbio il passaggiunto a un grado maggiore di riilcs.,ic:ic teologica, dalla concezione
cosnicii.'iiico :i quella ecclesiologica delTusiiià h'cI corpo. Naturalmente non
si può iiimcnticare che anche il fondamento platonico-stoico presuppone una
affermazione di fede, quella nella divinità del cosmo. In Paolo risulta comunque in modo chiaro e univoco che
tutto ciò che egli dice dell’unità
della comunità poggia sul londamento
della fede in Gesù Cristo, e non può
quindi essere applicato sic et simpliciter a problemi politici e sociali al di
fuori della comunità.
...ma anche dalla comunione in Cristo
a una vita « esemplare » nel mondo
Tuttavia in tal modo non si descrive
che un lato di ciò che Paolo vuol dire.
In Rom. 12, 3 ss. come in 1 Cor. 12, 4 ss.
il discorso sul corpo che è uno in Cristo o sul corpo di Cristo diventa appello all’amore del prossimo (Romani 12 9 ss.; 1 Cor. 13, 1 ss.). E, soprattutto in Rom. 12, 9 ss., risulta evidente
che questo amore non può mai linntarsi alla cerchia della comunità. Se e
vero che ciò che in Rom. 13, 1-7 si di(:e
a proposito dello stato, rappresenta la
parenesi tradizionale citata da Paom,
non a caso egli la inserisce e la insensce proprio a questo punto, prima di
riprendere, in Rom. 13, 8-14, il comandamento d’amore e di concludere con
il pensiero rivolto alla venuta del signore, alla parusia. Ciò significa comunque che proprio la chiesa la quale
nessun caso fermarsi ai limiti della
propria comunità, nella propria vita e
nel proprio amore, nella propria preghiera e nella propria azione, ma dev’essere costantemente viva all’esterno,
nel mondo Intero. Deve quindi operare
sempre in modo da essere « modello »,
esemplare. Ovviamente, secondo Paolo
essa può farlo soltanto nella misura in
cui rimane e sempre più diventa testimone di Cristo e lo annuncia. Perciò
Paolo spera, e prega, che per questa via
sempre altri giungeranno alla confessione di fede in Cristo e alla vita nell’amore di Cristo. Una comunità che
non volesse più annunciare la sua fede
— anche in senso « dogmatico » —, secondo Paolo non sarebbe più la comunità di Gesù Cristo. Ma si deve pure
affermare, inversamente: una comunità che non volesse più impegnarsi nell’azione d’amore, non sarebbe più una
comunità. E aià nel Nuovo Testamento troviamo riflessa la coscienza che vi
sono situazioni nelle quali non s;i può
più annunciare con parole, ma soltanto
più con l’azione silenziosa, proprio
quando si vuole annunciare Gesù Cristo
con tutto il cuore (1 Pietro 3, 1 s.).
La ragione di questa duplicità del
pensiero di Paolo risulterà anche più
chiara se ripenseremo allo sfondo storico-religioso delle sue affermazioni.
Siccome l’idea del « corpo » che include i molti appare, nella gnosi, soltanto
in testi chiaramente cristiani (anche se
si presentano immagini parallele), la
componente essenziale potrebbe essere
costituita dalTidea — già presente nell’Antico Testamento, ma che si afferma
nel giudaismo lintermedio — che il patriarca determina il destino di tutta la
sua discendenza. È così che anche in
Ebrei 7, 4-10 possiamo leggere che tutte
le generazioni levitiche successive erano già presenti « nei lombi » del loro
antenato. Soprattutto, la concezione
giudaica della vite cosmica rappresentata da Giacobbe-Israele, la quale tutto include, si trova probabilmente sullo sfondo del passo Giov. 15, 1 ss., nel
duale troviamo, senza terminologia
gnostica, lo stesso contenuto che nel
discorso fatto da Paolo sul corpo di
Cristo. Ma allora è chiaro che per Paolo la realtà di Cristo precede in modo
assoluto la fede e la vita della comunità. Vista da Dio, essa in realtà già include — potenzialmente — il mondo
intero. Ciò che è avvenuto in Cristo, il
nuovo Adamo, è una realtà che abbraccia tutto e tutti. Perciò la comunità,
che diventa il corpo di Cristo, può entrare nella sfera di una realtà che nella prospettiva di Dio è la realtà, oltre
la quale non ve n’è alcun’altra e che
quindi vale per tutti. Essa realizza dunque già qui quello scopo che Dio ha fissato in Cristo per il mondo intero. In
questo senso la comunità è veramente
« modello » di ciò che il mondo dev’essere secondo l’intento e razione di Dio,
così come la Gerusalemme terrestre,
dove si vive in obbedienza a Dio, è
modello di quella avvenire.
Torniamo alla frase della Lettera a
Filemone, che ora possiamo interpretare con precisione maggiore. Ciò che
per Paolo è, senza ombra di dubbio,
decisivo è la « nascita » dello schiavo
Qnesimo a una vita vissuta nella fede
in Gesù Cristo (v. 10). In conseguenza
di ciò egli si trova ora in un rapporto
del tutto nuovo con il suo padrone, il
quale vive nella medesima fede: è diventato suo fratello « nel Signore ». Ma
questa è una realtà che non può essere
spiritualizzata, « creduta » in termini
puramente spirituali, intellettuali e interiori, ma che dev’essere vissuta nella
concreta realtà terrestre, nei rapporti
sociali. Allora il comportamento reciproco del padrone e dello schiavo, in
casa di Filemone, diviene un modello
che deve essere operante assai oltre i
limiti della sua casa e della comunità
di coloro che credono in Gesù Cristo:
diviene un corpo dirompente che deve
finire per scardinare i rigidi ordinamenti.
Una fede è piena quand’è
espressamente confessata
e vissuta nell’azione
Partendo da questo è dunque be
ne comprendere che la comunità di
Gesù Cristo ha il compito di essere
particolarmente limpida di udito e di
cuore in determinati punti e di realizzare in via di anticipazione ciò che lo
Stato soltanto a poco a poco, nel suo
procedere, è in grado di riconoscere come proprio compito. Così è accaduto,
ad esempio, quando la Chiesa medioevale ha preso su di sé la cura dei malati, o le Chiese della Riforma hanno
organizzato la diaconia ai bisognosi. In
tutto questo non si deve mai dimenticare che, naturalmente, un’azione sociale
priva (iella lode levata a Dio dalla fede
non potrebbe mai essere una fede piena, per Paolo; ma che, d’altra parte, la
confessione (Iella fede senza l’azione
dell’amore potrebbe ancor meno essere considerata una fede piena.
Perciò la comunità cristiana, riconoscente per il dono della fede, sarà preservata da ogni orgoglio palese o nascosto nei confronti dell’azione d’amore che si manifesti al di fuori dei suoi
limiti. Essa si lascierà mettere in guardia, proprio da Paolo, dal guardare
dall’alto i cosidetti increduli, perché in
tal caso avrebbe comunque già cessato di vivere « in Cristo » e di essere
un modello per altri (Rom. 11: 18 ss.).
Eduard Schweizer
{Quest’articolo del noto esegeta di Zurigo è
apparso sul fascicolo di aprile 1970 della Zeitschrift für evangelische Ethik).
lim.....
LE CLASSI E LA FEDE
REPLICA A MARCO ROSTAN
Intendendo scrivere un articolo, e
non un trattalo, sul tema « Le classi e
la fede » in risposta all’intervento, puntuale e sostanzioso, di Marco Rostan
pubblicato sul numero scorso di questo giornale, mi soffermerò, in sede di
replica, soltanto su quelli che mi sembrano essere i punti cruciali del nostro dibattito e, a quanto pare, del nostro dissenso.
1. Non idealismo, ma
realismo evangelico
La prima, grossa obiezione mossami
da M. Rostan è che il modo di argomentare da me utilizzato neH’articolo
che è airorigine di questa controversia
(Le classi e la fede, in: «Eco-Luce»
del 29 maggio scorso), « è fondamentalmente idealistico e non storico ». In che
senso? Nel senso che, sempre secondo
M. Rostan, il presupposto del mio articolo è «che ci siano delle idee, nella
bibbia o non nella bibbia, che hanno
valore perenne (ad es. l’idea dell’unità,
l’idea della divisione) e che possono
essere riproposte in modo uguale a distanza di secoli per trasformare la
realtà... » (n. 2 del suo articolo).
Rispondo con due osservazioni. La
prima è che quelle che M. Rostan chiama (non so perché) « idee », nella Bibbia sono « fatti », « realtà » altrettanto
e più concrete di quelle che di solito
consideriamo concrete. L’Iddio della
Bibbia non ci dà idee, ma il suo Figliuolo, che non è un’idea, e lo Spirito Santo, che non è un’idea, e la sua Parola,
che non è un’idea, e il perdono dei peccati, che non è un’idea, e la comunione
fraterna e l’unità dei credenti in Cristo, che non sono idee. Nel mio ragionamento non sono affatto partito dall’idea dell’unità, come afferma erroneamente M. Rostan; sono partito dal fatto dell'unità dei credenti in Cristo. Le
idee sono astrazioni umane, ma l’unità
dei credenti in Cristo non è astratta, è
concreta, della concretezza di Dio, diversa ma non meno consistente, anzi
infinitamente più consistente della nostra. « Solo Dio è concreto » (D. Bonhoeffer). Se per M. Rostan l’unità dei
credenti in Cristo, come è creduta, attestata e predicata nel Nuovo Testamento, è un’idea e non un fatto, qualcosa di astratto e non di concreto, allora il discorso può anche finire qui: è
inutile proseguirlo. Se invece è anche
per lui un fatt(p, una realtà, allora comprenderà che il mio discorso non era
volontaristico né morailistico, ma era
un discorso da fede a fede.
La seconda osservazione concerne
l’ipotetico « valore perenne » delle idee, '
bibliche o no. Se è vero che le idee,
comprese quelle bibliche, non hanno
valore perenne, è anche vero che le parole di Dio e di Gesù hanno valore perenne, nel senso di Isaia 40: « L’erba
si secca e il fiore appassisce, ma la parola del nostro Dio sussiste in eterno »,
e di Matteo 24: « Il cielo e la terra passeranno — dice Gesù — ma le mie parole non passeranno ». Gesù Cristo è
lo stesso ieri, oggi e in eterao. L’Evangelo ha valore perenne ed è sostanzialmente lo stesso in ogni tempo. Possiamo celebrare la Santa Cena come gli
apostoli, facendo la stessa cosa che essi fecero. Àbramo è il padre dei credenti di tutti i tempi: la fede è fondamentalmente la stessa dai tempi di
Abramo fino alla fine. Il discorso potrebbe continuare a lungo, ma quanto
ho detto basta a provare che non si
tratta (come afferma M. Rostan) di « riproporre delle idee in modo uguale a
oistanza di secoli per trasformare la
realtà », ma si tratta di riproporre dei
fatti e cioè, essenzialmente, le opere di
Dio in Cristo e soprattutto la croce e
la risurrezione che hanno, sì, valore perenne e possono irasformare a distanza non solo di secoli ma di millenni
tutto quello che su questa terra è da
trasformare secondo Dio e in vista di
Dio.
Riassumo: il mio discorso — mi pare — non era « idealistico », come sostiene M. Rostan, ma realistico in quanto ho lavorato non su idee ma sulle
realtà deli tsvangelo (particolarmente
sulla realtà dell'unità dei credenti in
Cristo), le quali hanno valore ed efficacia perenne, se annunciate e credute in
conrormità con la Sacra Scrittura, e se
Dio, nella sua libertà, accompagna l’annuncio col dono dello Spirito Santo.
2. L’unità di Cristo
e senza Cristo
Uno degli « svarioni » che secondo M.
Rostan avrei commesso trattando i rapporti tra tede e classi sociali sarebbe
« quello di pensare che la chiesa possa
far saltare la divisione di classe » (n. 4,
ultima frase). Ma non è questo ebe io
ho pensato, rio pensato e detto che Gesù Cristo (non la chiesa) fa saltare la
divisione ai classe. L'ho detto e lo ripeto. La fa saltare, ovviamente, tra coloro
che credono in lui e si lasciano governare da lui. Certo, nei toro insieme, costituiscono la chiesa. Perciò nella chiesa — corpo di Cristo — si deve vedere
qualcosa dello scardinamento del rapporto di classe avvenuto in Cristo:
qualcosa che potrà essere molto o
poco secondo la misura dalla fede e
aell'ubbidienza, ma che comunque dovrà essere effettivo e non soltanto simbolico. Quindi: la chiesa non fa saltare
un bel nulla ma è chiamata a credere
che in Cristo non c'è né schiavo né libero e a vivere la fine della divisione di
classe. Non penso che dicendo queste
cose si commetta « uno svarione ».
Resta il problema più grosso sul
piano storico e umano: quello del possiDile superamento della divisione di
Classe attraverso la lotta di classe e la
rivoluzione proletaria. M. Rostan prevede che « iattuale divisione di classe
della società capitalistica... la faranno
saltare alcuni milioni di proletari organizzati e guidati da un'avanguardia
rivoluzionaria ». (n. 7, verso la fine). Per
far questo — è chiaro — Gesù Cristo
non e necessario. Quali rapporti intercorrono tra Gesù Cristo e l’Evangelo
da un lato e la lotta di classe e rivoluzione proletaria dall’altro? Fra cristiani non si è al chiaro su questo punto.
Siccome si tratta di una questione cruciale per la testimonianza cristiana nel
nostro tempo, merita fare ogni sforzo
nel tentativo di venirne a capo. Quel
che però non può essere né dimenticato né sottovalutato è che il Nuovo
Testamento, che (contrariamente a
quel che afferma M. Rostan) conosce la
divisione di classe anche se non la chiama così, annuncia la fine di questa divisione in Cristo e non in una nuova
società in cui i rapporti di classe siano impostati in maniera diversa. Questo non significa che non bisogna combattere per una nuova società, se necessario anche con la rivoluzione; ma
significa che il discorso politico del
Nuovo Testamento parte da Cristo e
non dai milioni di proletari o di borghesi. Il Nuovo Testamento predica
quel che accade in Cristo e in lui soltanto, non quello che può accadere anche senza di lui. Questa è la sfasatura
che c’è tra il discorso del Nuovo Testarnento e quello di M. Rostan: che
il discorso del Nuovo Testamento comincia con Cristo, mentre quello di
M. Rostan finisce con Cristo, ma comincia altrove.
3. Credenti e increduli j
« La questione di fondo — afferma
M. Rostan — è che non credo che il
Nuovo Testamento conosca una divisione fondamentale e significante fra
credenti e increduli, e penso pertanto
che per noi oggi sia estremamente pericoloso farla diventare tale » (n. 5).
Qra: se questa proposizione significa
che non tocca a noi tracciare la linea
di demarcazione tra credenti e increduli e stabilire — magari in base ai registri ecclesiastici — chi è credente e
chi non lo è — tutti saranno d’accordo.
Ma se vuol dire che il Nuovo Testamento non considera fondamentale la
distinzione tra credenti e non credenti
in quanto la chiesa non può essere
considerata « un corpo separato dal
mondo» (n. 7) — allora il disaccordo
è totale, perché il Nuovo Testamento
afferma esattamente il contrario.
Una volta chiarito che divisione, nella Bibbia, non significa isolamento e
distinzione non implica superiorità e
non esser del mondo non vuol dire non
esser nel mondo; una volta chiarito
che esser chiamati non significa né
esser migliori né esser preferiti né esser messi su un piedistallo (semmai significa il contrario) — una volta chiariti questi e analoghi pensieri, ben noi'
a chiunque ha qualche dimestichezza
col pensiero biblico, bisogna pur ricordare quella che resta una delle categorie fondamentali c’iella rivelazione
cristiana, e cioè quella della santità,
biblicamente intesa; bisogna pur dire
che, secondo la Bibbia, Dio è santo,
anzi tre volte santo, il suo Spirito è
santo, la sua Parola è santa, la chiesa
è santa, i credenti sono santi. « Mi sarete santi, poiché io, l’Eterno, son santo, e v’ho separati dagli altri popoli
perché foste miei » (Levitico 20: 26).
« Vi ho separati » dice Dio. Perché vogliamo ora dire il contrario? Q, peggio, fare dire a lui il contrario di quello che dice? « Separalo » non significa
lontano dal mondo ma significa santificato nel bel mezzo del mondo, nel
cuore stesso della storia, nella piena
solidarietà con gli altri uomini. « Santificato » o « santo » significa appartato e consacrato a Dio in vista (lei suo
servizio, per cui non si vive più secondo i criteri e i modelli del « mondo », dell’« uomo », della « carne », ma
si vive come « uomini spirituali », « secondo lo Spirito », si ragiona « con la
mente di Cristo », ci si comporta come
persone che hanno « indossato Cristo ».
Forse che non fa differenza esser di
Cristo oppure no? Appartenere a lui o
a noi stessi? Credere in lui o non credere in lui? Se davvero la distinzione
tra credenti e increduli non ha senso,
perché è detto che « chi crede in Cristo non è giudicato e chi non crede è
già giudicato» (Giov. 3: 18)? E perché
Gesù stesso dichiara di esser venuto a
dividere il figlio dal padre, la figlia
dalla madre e la nuora dalla suocera?
Come potrebbe non essere « fonda
mentale e significante » una divisione
compiuta da Gesù stesso?
In realtà, ogni pagina del Nuovo Testamento attesta con evidenza solare
che l’Evangelo annunciato divide la
umanità in due: credenti e increduli
(Dio solo sa chi appartiene al primo
gruppo e chi al secondo: nessun criterio umano o ecclesiastico permette di
stabilirlo). Davanti a Dio, e più precisamente davanti a Gesù, gli uomini
non si dividono più secondo l’età, il
censo, il sesso, la razza, la classe, la
nazionalità, la cultura, e via dicendo,
ma esclusivamente secondo la fede e
l’incredulità. Bisogna quindi dire che
secondo il Nuovo Testamento la divisione in base alla fede e all’incredulità non solo è fondamentale e significante ma è l’unica fondamentale e significante, insieme a quella (che ne deriva) tra chi ama e chi non ama (I Giovanni 3 e 4) e, più in generale, tra chi
fa la volontà (lei Padre e chi non la fa
(Matteo 21: 28-31). Tanto che l’apostolo Paolo giunge ad esclamare: « Che
v’è di comune tra il credente e l’incredulo? » (2 Corinzi 6: 16).
Solo una chiesa che sa ancora che
differenza passa tra fede e incredulità
e tra una vita nella fede e una vita
senza fede, può sperare di significare
ancora qualcosa nel mondo. Solo una
chiesa capace di vivere intensamente
la sua « santità » nel senso biblico del
termine (oggi non lo sa fare), può sperare di non diventare troppo presto
sale insipido che gli uomini a buon diritto calpestano. Del tutto inutile è infatti la chiesa che non sa essere se
stessa nel mondo. Esser chiesa non
vuol dire voltar le spalle agli altri uomini e considerarsi « dalla parte di
Dio ». Siamo sempre, anche e proprio
come credenti, « dalla parte degli increduli », come giustamente reclama
M. Rostan (n. 6, verso la fine). Il problema è stabilire come siamo in mezzo a loro e con loro. M. Rostan si chiede: « È possibile vivere la propria vocazione considerando gli altri come oggetto di missione o di indottrinamento teologico? » (n. 6, circa a metà). La
sua risposta, implicita, sembra negativa. La risposta del Nuovo Testamento, invece, (indottrinamento teologico
a parte) è positiva. Basta ricordare
l’ordine missionario di Gesù ai discepoli: «Andate, ammaestrate tutti i popoli..., insegnando loro d’osservar tutte quante le cose che v’ho comandale »
(Matteo 28: 19-20). Si pensi poi al libro
degli Atti e ai viaggi missionari dell’apostolo Paolo. Non si tratta di considerare gli altri « oggetto di missione »: questa è una forzatura polemica
inutile e indebita. M. Rostan sa benissimo che si tratta di sentirsi debitori
deU’Evangelo « tanto ai Greci quanto
ai Barbari, tanto ai savi quanto agli
ignoranti» (Romani 1: 14). Perciò gli
uomini del Nuovo Testamento non si
danno pace finché non hanno « predicato dovunque l'Evangelo di Cristo »
(Romani 15: 19). O la chiesa vive per
questo oppure, come chiesa, è morta.
O la chiesa si sente, tra gli uomini e
con loro, debitrice dell’EvaiigÉ’/o che
lei sola conosce e lei sola crede, oppure essa ha perso il senso della sua vocazione e missione nel mondo. Q la
chiesa ha il coraggici di credere che
l’avvento della fede è la cosa più importante che possa capitare nella vita
di un uomo, e agisce in conseguenza,
oppure è meglio che chiuda i battenti.
Saranno in pochi ad accorgersene.
Paolo Ricca
4
pag. 4
N. 25 — 19 giugno 1970
“Non ho un programma, ma un Signoro” Trana dallG braccia ia Sicilia
■ r- , I . n,. T/ r p cnn
(segue da pag. 1 )
scienza che i Nord-Vietnamiti lottassero per la libertà di noi tutti, prima
contro la Francia, poi contro gli USA.
Non pochi francesi e americani han
condiviso questa opinione. Ma la guerra dura ormai da ventotto anni! Ventotto anni! Quelli che aH’inizio avevano dieci anni ne harmo trentotto, quelli che ne avevan venti ne hanno quarantotto... sono quasi vecchi! Una vita
passata in guerra; distruzioni, torture,
bombardamenti, napalm, fame... uomini, donne, bambini, vecchi, malati, ora
qua ora là straziati, affranti... senza
posa... E quando la guerra sarà finita,
il disastro non lo sarà ancora. Il danno di una guerra non lo si misura solo
col numero delle città distrutte e con
quello dei morti e dei mutilati... le conseguenze sociali e morali non sono
meno tristi. Chi s’è abituato a considerare la vita umana come cosa da
nulla non torna tanto presto alla considerazione del suo valore. Ricordate il
numero dei processi contro giovani
che si davano al banditismo dopo l’ultima guerra? Ricordate anche certe illustrazioni così vive come il film « Dopo il diluvio » di Cayatte? Si combatte per la libertà... Ma il gioco vale ormai la candela? La battaglia è per
l’uomo o per l’idea « libertà »? E un
discorso amaro, sofferente. Chi non riconosce la giustezza di questa rivolta
contro gli oppressori Diem ed i suoi
successori, contro gli americani che li
sostengono? Ma se tutto ciò è per gli
uomini, per gli uomini del Vietnam,
il costo è ben alto... e vale veramente
la posta in gioco?
Seconda domanda; chi ormai non sa
che l’economia capitalista divide gli
uomini in classi rompendo quella comunione che nella S. Cena noi rischiamo di confessare in modo del tutto
astratto e non realistico? Chi non sa
ormai che questo sistema, per la sua
naturale dinamica, riduce due terzi
deH’umanità nella miseria e nel sottosviluppo? Chi non realizza che la violenza più grande si sta compiendo proprio nel mantenimento cieco dello
« status quo »? Discorsi ormai consumati. Ma se la nostra comunione con
Cristo ci spinge a vivere « politicamente » fra gli uomini, come possiamo rimanere inerti dinnanzi ad un tale stato di cose e come non schierarci con
quelli che lo vogliono rovesciare? Si
tratta veramente di uomini, non solo
di idee, di uomini che soffrono e non
solo di strutture astrattamente concepite. Ed allora, per agape verso gli uomini non possiamo, proprio perché
credenti, esser conservatori, ma solo
rivoluzionari (questo termine non include ipso facto la violenza). Però hic
et nunc come affrontare la situazione?
Non si parla troppo facilmente di rivoluzione violenta, senza pensare ai costi terribili che essa porta con sé, costi che poi pagheranno quegli stessi
uomini che noi vogliamo liberare?
Una rivoluzione violenta non rischia di
generare una repressione tremenda dato che le armi, e ben micidiali, sono
proprio nelle mani della classe che domina e non degli oppressi? La via lunga di una preparazione degli uomini
ad un mutamento totale della situazione non può esser la via migliore per
gli uomini stessi? La via, per esempio,
di M. L. King che, lottando per la liberazione dei negri, era anche preoccupato di liberare dalla loro alienazione
i loro oppressori?
Non è facile rispondere. Mi par chiaro che solo chi paga il costo di una
lotta così rischiosa può decidere. Ma
sono i popoli liberi di decidere? E al
momento della decisione, si può immaginare il costo umano dell’impresa?
Non è vero che ogni guerra al suo inizio è concepita come « guerra lampo »?
Le due domande non hanno risposta. Ci dicono però che se la giustizia,
la libertà, la politica sono per gli uomini e non questi per quelle, non si
può parlare tanto facilmente di rivoluzioni, di « moltiplicare i Vietnam » e
via dicendo. Questo lo si può dire per
noi, se siamo o no pronti a pagare i
costi di una tale avventura, non possiamo dirlo per gli altri.
* * *
L’Evangelo ci porta prima di tutto
a considerare l’uomo. Per questo e non
per un’idea Cristo è morto. Per cui, mi
pare che la nostra comunione con Cristo si può esprimere nella nostra agape per l’uomo e per gli uomini, e non
per idee o programmi astratti, anche
se ben intesi. E quando si dice agape
si va già oltre la questione della nonviolenza, anche se questa vi è ben
spesso inclusa.
Fede e politica; ci par davvero di
esser « orfani » di fronte ad una problematica così grande e complessa.
Pure non lo siamo. E la grande promessa. Veramente nell’impegno quotidiano occorre più che mai esser coscienti che le nostre scelte non posson
poggiare solo sul ragionamento miope
di chi conosce così poco. C’è dato, non
per nulla, un « Consigliere », lo Spirito
del nostro Signore che vai più di tutte
le nostre dottrine. Ed è Lui solo che
può determinare le scelte necessarie
nel suo giorno che tentiamo così fragilmente di vivere.
Mi pare che non possiamo aver tanta sicurezza di possedere soluzioni
chiare che si impongono. Come la nostra fede si esprime ben spesso nel
grido disperato dell’uomo che dice a
Gesù « credo; sovvieni alla mia incredulità », così anche la nostra politica
attende che il Suo Spirito sovvenga alle incertezze delle nostre decisioni ed
alla debolezza dei nostri metodi.
Dopo tutto solo se rientriamo nella
Sua strategia possiamo lottare perché
il Suo « nuovo mondo » sia manifesto
agli uomini.
Tullio Vinay
SulViiltiino numero del bollettino dHnformazioni del CESE (Centro Emigrazione Siciliana
in Europa, opera della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, con sede a Palermo)
abbiamo letto questa notizia:
Agenti dell'industria tedesca si sono
spinti nelle zone desolate dell’interno
della Sicilia per arruolare operai. Il
fatto è avvenuto a Ravanusa neH'Agrigentino, patria dell’on. Lauricella, attuale Ministro dei Lavori Pubblici.
Il mercato delle braccia si è svolto
nella pubblica piazza sotto il naso delle autorità di polizia e di collocamento; compratore, un agente tedesco per
la Ditta « Starkstrom - Anlagen - Gesellschaft - Gruppe West - Postfach »,
che qui smisterà gli italiani ad altre
ditte tedesche per i lavori più pesanti; merce, operai disoccupati senza via
d’uscita in una zona fra le più sottosviluppate della sottosviluppata Sicilia. A commento di questo mercato
non casuale, ma sistematico, bastano
le parole di uno dei 35 operai contrattati; « E ora di finirla con l'essere considerati carne da macello ».
Contro la fame degli altri
Ecco l’elenco delle ultime offerte
pervenuteci. Ricordiamo ai lettori
che stiamo accantonando (con molta difficoltàun altro milione da inviare al Centre Faniilial del Gabon
e contiamo sul loro rinnovato e costante impegno. Si prega inviare le
sottoscrizioni al conto corrente postale n. 2/39878 intestato a Roberto
Feyrot, corso Moncalieri 70, 10133
Torino.
Da Sanremo: L. de Nicola 10.000.
Da Roma: E. A. 5.000; G. Conti 10.000.
Da Messina: S. Vasques 1.000.
Da Torino: E. e A. Balmas 5.000; D. A. A.
1.000; fam. Caruso 1.000; E. Ribet (III versamento) 5.000.
Da Venezia: C. Bocus 500.
Da Angrogna: R. M. F. C. 1.000.
Da S. Germano Chisone: N. N. Vili vers.
con simpatia 5.000; N. N. 5.000.
Da Riclaretto: M. Malanot Grill 5.000.
Da Campobasso: P. Corbo 2.000.
Da Genova: G. T. Porta 2.000
Da Bergamo: Un lettore 50.000.
La Lucca: S. Cornelio 5.000.
Da Butligliera d'Asti: L. Accomasso LOGO.
Totale L. 114.500: prec. L. 704.737 in cas
sa L. 819.237.
(lACCll 1
E TW
PESIA
La suora poliziotto
Washington (Relazioni Religiose) - Suor Eleanor Niedwick, che appartiene alla Congregazione delle (( Daughters of Wisdam d (Figlie della saggezza), svolge a Washington un
lavoro molto interessante ed insolito j)er una
suora ; fa la suora-poliziotto, cioè è una donnapoliziotto con in più i voti sacri. Ogni giorno
la suora-poliziotto fa un giro per la città con
una macchina della squadra omicidi.
Londra (Relazioni Religiose) - Suor Mary
Brigide Singleton è molto popolare tra i delinquenti inglesi che hanno frequentato il carcere di Durham, in quanto per tre anni consecutivi la suora è andata a visitarli, ha insegnato un mestiere ai più giovani, ha dato lezioni religiose a chi ne faceva richiesta, insomma era conosciuta e apprezzata da tutti c
qualche detenuto, una volta uscito dal carcere, chiedeva di entrare nella Chiesa Cattolica. Ora è stata trasferita in un'altra sede e
ha dovuto lasciare i suoi prigionieri. Lei spera
che il suo lavoro sia portato avanti da qualcun
altro. Appena i detenuti hanno sentito che la
suora se ne andava le hanno fatto sapere che
avrebbero organizzato una dimostrazione di
protesta.
I LETTORI CI Sl> SCRIVONO
Una voce dai nostri istituti:
‘‘^A parole la Chiesa ricerca dei diaconi, ma
in pratica vuole degli esecutori,, c
Una lettrice^ da Pomaretto: [ punto, vuole che noi, ormai smaliziali
I operai, possiamo dare alle persone che
j eventualmente ci interpellassero se
I non questo : a Hai un titolo di studio?
Ebbene cerca di impiegarlo più cristia
Caro direttore,
questo ormai
il terzo anno che ‘
lavoro quale assistente presso gli Isti- che puoi al di fuori degli Isti
tuti della Chiesa Valdese. Nella mia
condizione di appartenente a gruppi
di lavoro operanti in istituti sorti per
tuti »,
Infatti è terribilmente difficile lavorare per un gruppo in seno alle ope
Teducazione dei fanciulli, sento sempre VaWesi in quanto per tradizione la
gravare suUa nostra opera il senso dt Dilezione è esclusivamente accentrata
solitudine e di indifferenza da cui sia- persona che la esercita. Quindi
mo circondati. molto più comodo lasciar fare ad
Si, è vero, le vane autorità ecclesia- persona, la quale necessaria
stiche riconoscono i dom e le capacita sfinisce sul lavoro e corre il
individuali ma disconoscono o preferì- allontanarsi dal mondo che
scono ignorare il lavoro (provvedimenti, circonda
decisioni, assemblee) che noi, maestri, ^ antìpodi di questa negativa siassistenti, direttori, affrontiamo in- , j^nzione c’è il gruppo di lavoro che -er
I sua natura è polivalente e grandi sono
Mi consenta di dire che è lecito il
sorgere di questo dubbio : « A parole
I le sue possibilità ed i piani di collabo
la Chiesa ricerca dei diaconi ma in Desidererei suscitare con questa mia
pratica vuole dei perfetti esecutori dibattito sul nostro giornale fra
d’ordine togliendo, guarda caso, anche | j appartengono al personale degli
li diritto di sciopero ». istituti che si sentono come me dei topi
Le parrà questa una conclusione fa- trappola o che la pensano diversacilona ed ironica ma purtroppo questo ^ „he suscitare
è il sentimento che credo provino tut- tUbattito aperto a tutta la Chiesa,
ti coloro che lavorano nei nostri isti- : qualche « grosso calibro » che vo
. . lesse dire la sua, sarebbe salutare per
I giovani, SI sa, sono degli entusiasti „he senza
e la Chiesa, di solito, si rivolge a loro ^tenerci delle vittime, né tanto meno
quando occorrono buone braccia da im- ^„cazionali di prima classe, svolpiegare nei suoi « campi da arare ». jj un campo ri
Però da anni ormai essa. Chiesa, si la- importante dalla Chiesa,
menta perché queste forze giovanili le ^ cordiali saluti,
vengono meno.
Ma quali consigli, giunti a questo Sandra Rizzi
“ Dàlli al marxista!,, È diventato l’eretico
esecrabile di certi nostri ambienti?
Un leltorBy da Créteil (Francia): \
Signor direttore, |
da tempo seguo con interesse parti- j
colare la rubrica del settimanale che |
accoglie le lettere di numerosi lettori, ;
lettere che vertono sui temi più svaria- ^
ti in riferimento alla vita religiosa e
sociale delle nostre comunità valdesi.
Anche se talvolta traspare un vivo
desiderio di polemica, la maggior parte di queste lettere esprimono la volontà dei loro autori di conservare le
tradizioni del nostro popolo, pur approvando o disapprovando certi orientamenti , di assicurarne il benessere in
un mondo nel quale gli avvenimenti
non permettono sempre ad ognuno di
restare semplice spettatore e di serbare un'assoluta neutralità di pensiero.
Da alcuni anni la mia attenzione è
stata attirata da una parola che torna
con frequenza in certe lettere, soprattutto per denunciare un pericolo che
minaccerebbe la vita spirituale, intellettuale e sociale dei valdesi: la parola « marxismo » o « marxista », che
ha spesso sapore di epiteto assai poco
elogiativo nei confronti delle persone
che ne sono oggetto.
La ripetizione dì questo aggettivo mi
ha spinto a farLe presenti alcune ri
flessioni, senza intento polemico e senza pretesa iilo.sofica, ispirale semplice
mente al lungo e duro cammino per
corso dal pensiero umano, alla sua
evoluzione e agii ostacoli che ha dovuto superare nel corso degli ultimi secoli. Sarei felice di portare il mio modesto contributo a un dibattilo che,
ì sotto diversi aspetti, concerne lutti gli
strati della popolazione valdese nel
' quadro della vita nazionale e internazionale nell’epoca tormentata che viviamo. Aggiungo che mi vieto nel modo più assoluto di giudicare il valore
0 la sicurezza d’interpretazione evangelica nel comportamento di ciascuno
di questi lanciateri d’epiteto o di coloro
ai quali esso è destinato, di fronte agli
avvenimenti attuali, come pure sulla
loro probità intellettuale.
È impossibile e sempre pericoloso
istituire paralleli storici, perché l’evoluzione delle scienze, dell’arte, dell’economia, le scoperte, le conquiste in tutti i
campi mutano i dati che permettono
di analizzare obiettivamente una situazione in ciascuno dei periodi storici,
in ogni contesto storico. Ma vi sono
dati che istituiscono di per sé delle analogie, in mancanza di paralleli. E queste analogie possono avere un profondo significalo e un importanza scienti
fìci se si situano a livello della ricerca
filosofica nell’evoluzione del pensiero
umano.
Una analogia assai interessante potrebbe istituirsi, ad esempio, fra l’eretico del XV e del XVI secolo e il marxista del XX secolo, nel senso peggiorativo che gli attribuiscono alcune delle lettere pubblicate. Galileo era un
eretico, Copernico era un eretico, Martin Lutero era un eretico, insieme alTinnumerevole coorte di coloro che
non si sottomettevano alle leggi dell’Inquisizione.
Ciò può parere un'aberrazione, una
falsa analogia, poiché oggi tutti si sentono solidali con Galileo e in generale
con tutti coloro che allora erano accusati d’eresia. Oggigiorno sarebbe del
resto ridicolo opporre Tolomeo a Copernico o ri-istituìre il commercio delle
indulgenze. S'impone però una considerazione. L’uomo, a qualsiasi livello della società appartenga, non sceglie il periodo storico che lo ha visto nascere. Ha la scelta delle idee e del proprio comportamento personale in questo
contesto storico ed è moralmente responsabile di questa scelta e di questo
comportamento. Non è inutile, d’altra
parte, far notare che la feroce e crudele applicazione delle leggi e delle norme di questo periodo era in contrasto
con lo sviluppo delle scienze e con
Tevoluzione del pensiero limino, ma
non sempre con ii solo scopo di rispettare e di fare rispettare la purezza della dottrina teologica. Si trattava assai
spesso di preservare e di fare rispettare |
l’autorità delle gerarchie ecclesiastiche j
o amministrative, quando non si trai- j
lava del puro e semplice diritto, perii- |
no inumano, del signore e sovrano sui !
suoi sudditi. Era quello che oggi sì .
chiama il rispetto dell’« ordine costi- ’
tuito ». !
L’uomo del XV secolo aveva dun- |
que la scelta fra Tubbidienza a que.sl ordine e l’opposizione o l'appoggio che
poteva dare al progresso delle scienze,
dell’arte e delle idee. Nel secondo caso
egli doveva subire le folgori dell’anatema da uarte delle autorità e 1 ironìa,
il disprezzo, perfino alla condanna da
parte degli eterni conformisti, che assistevano compiacenti all’orribile spettacolo delle torture e dei roghi.
Più lardi, soprattutto nel XVIII .secolo, gli enciclopedisti — filosofi, scrittori, scienziati — furono a loro volta
accusati non più di eresia, perché il
termine era ormai andato in disuso, ma
coperti di obbrobrio sotto la definizione di materialisti e di atei. Le autorità ecclesiastiche e amministrative
delTenoca temevano la libertà di pensiero; temevano che si mettessero a disposizione del popolo i mezzi per istruirsi, coltivar.si ed elevarsi ai valori intellettuali; temevano soprattutto che lo
spirito cartesiano, il quale animava la
maggior parte degli intellettuali delPepoca, distruggesse per sempre il metodo scolastico mcdioevale che costituiva il pilastro fondamentale .sostenente
l’autorità e T« ordine costituito ».
Per Tuomo del XVIII secolo si trat' fava quindi di scegliere fra due itine! rari filo-sofici e intellettuali : ovvero
contribuiva a sviluppare le idee nel
senso del progresso e seguendo i princìpi del razionalismo cartesiano, ovvero
usava le proprie capacità intellettuali
per frenare tale evoluzione del pensie
ro umano difendendo la tradizione scolastica del Medioevo. Nel primo caso
era accusato di professare il materialismo o l’ateismo, ma nel secondo è chiaro che la sua scelta, in quel contesto
storico, portava al puro e comodo conformismo, che talvolta si nascondeva
dietro la maschera severa del difensore del rigorismo puritano. Non vi è
parallelismo, ma vi è analogia, nel comportamento o nella scelta ñlosofica, fra
ii XV e il XVIII secolo.
Dal XV ili secolo ai giorni nostri la
storia ha conosciuto numerosi periodi
nel corso dei quali le scelte degli itinerari non sono variale... o pochissimo,
(^tuesto periodo storico è ricco di esempx e di insegnamenti; ha avuto i suoi
eroi e i suoi martiri. Quanti uomini, il
cL'i ricordo è oggi celebrato perché hanno contribuito fortemente all’evoluzione del pensiero umano, in questo periodo di grandi trasformazioni, hanno
suiiito le pressioni, le vessazioni, se
non le persecuzioni per essersi levati
contro La ordine costituito ».
Sono cambiati soltanto gli anatemi e
gli epiteti.
in questa seconda metà del XX secolo, in cui assistiamo a grandi trasformazioni soprattutto in campo economico e sociale, la scelta di un itinerario
filosofico non è meno importante di
quanto lo fu nel XVIII o nel XV secolo. PM è a questo riguardo che è
interessante seguire lo scambio di lettere, talvolta prive di serenità, pubblicale su questo settimanale, relative ad
avvenimenti che concernono non soltanto la vita nazionale ma l’esistenza
stessa delle nostre comunità valdesi.
Affin di stabilire una analogia fra l’etica di un certo numero dei nostri contemporanei e la scelta fìlosolica degli
anziani, non mancano gli esempi anche nelle nostre Valli. Un esempio, fra
indie, ci è stato offerto da un avvenimento che, qualche tempo fa, ha fatto
oggetto di numerosi articoli e lettere
qui pubblicati. Si trattava della decisione annunciata dalla « Talco e Grafite Val Chisone » di chiudere le miniere, o alcune di queste, le quali sono
una delle ricchezze delle nostre Valli.
Questo fatto — senza ritornare sulle sue peripezie e sulle sue conclusio; — può essere situato nell analisi del
contesto storico nel quale viviamo e
che comporla grandi mutamenti, con
cenlrazìoni, decentralizzazioni indù
strali e finanziarie, coinvolgenti le agi
tazioni sociali e politiche ben note
Ora, pur rifiutandosi a un'analisi del
tata dal soggettivismo, si può affermare
che in questo contesto il comportamen
to degli uomini gioca, anche qui, un
ruolo importante neirevoluzione del
pensiero.
Vi è stata la decisione di chiudere
certe cave e vi è stala l’azione condotta <la personalità del mondo politico,
sindacale e religioso allo scopo dì impedire questa chiusura e di salvaguardare l’esistenza stessa delle famiglie dei
niinatori nel rispetto delle loro aspirazioni profonde. Tutte queste personalità
avevano scoperto e riconosciuto una
convergenza di idee che rispondeva a
questo scopo preciso, al di fuori delle
loro convinzioni politiche o religiose;
; ma ci ricordiamo delle critiche, numei rose e aspre, sollevate da questa con¡ vergenza, e delle polemiche che ne sono derivate. E siamo al cuore della
discussione: l’opzione filosofica.
Si trattava di accettare la convergenza delle idee e dell’azione di queste
personalità diverse, pur rispettando le
convinzioni di ciascuno, affin di permettere ai minatori della « Talco e
Grafite » di sopravvivere; oppure di negare Fopportunità e l’efficacia di tale
convergenza e di abbandonare quei minatori e le loro famiglie alla sorte riservata loro dal consiglio d’amministrazione : cioè alla disoccupazione, alla miseria o airemigrazione forzata.
Non si trattava di risolvere problemi
teologici né di approvare o di condannare il materialismo dialettico in quanto teoria o prefigurazione di una società futura. Ed è chiaro che il timore
di un machiavellismo diabolico quanto
immaginario o di una macchinazione
marxista « che distruggerehlie le basì
stesse della Chiesa » — com’è stato
scritto — nascondeva male, negli avversari della convergenza, il desiderio
di conservare, in uno spirito di confort
mismo tradizionale, i privilegi della
« Talco e Grafite » i cui obiettivi n*m
hanno nulla di teologico, né si ispirano al materialismo scientifico o storico : non rispondendo che alle esigenze
di un materialismo sordido.
In questo caso concreto — che non è
un caso isolato nell’epoca attuale — il
termine « marxista », lanciato come
un anatema, rassomiglia stranamente ai
suoi antenati « eretico » e « ateo »,
posto com'è sul medesimo itinerario
filosòfico. Itinerario che conduce al sillogismo che non ammette oggi, come
non lo ammetteva in passato, il razionalismo cartesiano.
La prego, signor direttore, di ricevere i mici migliori saluti
René Beux
Postumi elettorali ; proposta di dibattere
questioni coucrete
Un lettore, da Luserna S. Giovanni:
Caro direttore,
per un complesso di circostanze senza dubbio esulanti dalla volontà di chi
dirige il giornale quest'ultimo è servito, in clima preelettorale, da palestra
per coloro che volevano propagandare
la candidatura di Frida Malan e dei
suoi compagni dei P.S.l. o quella di ,
Loris Bein del P.S.U.
Siamo tutti d'accordo, penso, nel lamentare che questo abbia offerto il fianco a pesanti critiche, ma dagli errori
dobbiamo saper trarre insegnamenti ed
indicazioni positivi.
Mi pare ad esempio che la rubrica
(( I lettori ci scrivono » potrebbe diventare un luogo di incontro fra quegli
evangelici i quali, per rispondere ad un
dovere civico e morale, si dedicano alla
vita pubblica. Dovrebbe essere non un
mezzo di propaganda riservato ad alcuni, ma la sede di dibattiti politici su
fatti concreti. Mi piacerebbe sentire la
voce di Frida Malan o di Loris Bein
non in occasione dì elezioni, ma il più
spesso possìbile per tenerci al corrente
del loro lavoro politico.
Per parte mia son ben felice di non
aver avuto il vantaggio di farmi la
« piazza » al prezzo di critiche veementi; però, ora che sono stato eletto consigliere al comune di Luserna San Giovanni da coinuiiisli, socialisti indipendenti ed altri indipendenti di .sinistra,
vorrei puntualizzare la difficile situazione in cui mi trovo ad operare.
Nel nostro comune la D.C., avendo
fatto per sei anni una politica amministrativa eflìcìenlista ed abbastanza
orientala a sinistra, confortala dall'appoggio dei comunisti e dei socialisti, è
stata l’unica Iwiiieficiarìa alle urne di
un notevole successo, da sei è passata
a nove consiglieri su venti. L’appoggio
della sinistra non le è più necessario,
può limitarsi ad una alleanza con ì tre
consiglieri eletti sotto i simboli del
P.S.I. e P.S.U. (unione possìbile solo in
un clima dì enorme confusione politica). Una amministrazione del genere
potrà certo continuare la politica di
« tecnocrazìa oligarchica illuminala »
sino ad ora realizzata, farà però, scelte
politiche sempre estremamente « moderate ». Molti problemi urgenti verranno con tutta probabilità ibernali sino a che si debba scendere in piazza
per chiederne la soluzione.
Alludo ad esempio alia scuola materna (non intesa come « asilo » dove « custoaire » i bambini, ma come « scuola »
dove vengano messi sullo stesso piede
di partenza i iigli dei « ricchi » c quelli dei « poveri », secondo la più moderna pedagogìa infantile) — alla casa
per tutti (non « regalata » ai « buoni »,
ma garantita ad equo prezzo a chiunque lavori) — al problema del tempo
libero e a quello della cultura (ancora
sempre intesi come svago dopolavoristico, feste folcloristiche, sagre paesane,
o nella migliore delle ipotesi come manifestazioni gìnnico-sportìve).
Per non abusare dello spazio mi fermo ripromettendomi di integrare, magari in contraddittorio con altri, queste succinte note.
Riccardo Gay
Il ¡alto, non cercato da me, che la
lettera del gruppo torinese sia giunta
in redazione alVantivigilia (specie considerando il... ritmo po.stale in corso)
i della scadenza elettorale, senza che
I avessimo preventivamente offerto a tutti questa possibilità di "presentazione”^
ha indubbiamenlo determinato uno
squilibrio che avrei dovuto evitare: anche se assolutamente non programmata ( mi si darà fiducia se assicuro che
\ avrei pubblicato lettere di altri orienI lamenti), si è trattato di una scorret\ tezza seria, e me ne scuso con tutti i
\ lettori, hi specie con quanti posso avere
! jerito o irritato. Non si ha sempre la
I lucidità, la prontezza di riflessi e la
I decisione necessari. Quel che sarebbe
! stato — ed è — auspicabile e un con; fronto delle varie posizioni, nella pro' spettiva di fede che dovrebbe caralteI rizzarci in ogni cosa; ricordando per
altro che il nostro periodico non ha,
oggi, carattere essenzialmente locale e
I che ogni nota o discussione deve tener
' conto di questa prospettiva più ampia.
Gino Conte
5
19 giugno 1970
N. 25
pag. 5
Forse non totin è
snila Cnnferenza del
stata detta
Mlistrettn
Avevamo atteso questo giorno, noi di Villar
Perosa. come si aspetta una solennità festosa
e tale è stato veramente per l'atteggiamento
fraterno di tanti amici convenuti da ogni
parte delle Valli, per il culto solenne con
l'attualità del suo messaggio su Marta e Maria. per la sentita celebrazione della Santa
Cena finale.
Le discussioni udite, invece, gli ordini del
giorno volati sugli argomenti battesimo, istruzione religiosa, celebrazione matrimoniale, ci
hanno stupiti.
Certo, l'onanimità dei consensi è sempre
dililcib: <■ persino lo è nelle chiese. Ma che valore ]>os>ono avere degli ordini del giorno strappati a forza di argomentazione e di compromessi. ad una minoranza non convinta? 11 metodo democratico è valido nel campo politico,
sociale, in parlamento, ma nella chiesa e nella
fede, non è vero che il giusto stia sempre
dalla parte della metà più uno. E* spesso vero
il contrario ed allora ci si domanda come potranno essere presentati al Sinodo come volontà del 1" Distretto certi ordini del giorno
che. sottoposti ad un referendum popolare,
sarebbero respinti con 1*80% dei voti.
Ecco Cargomento del BATTESIMO, per
esempio :
Qualcuno aveva detto che si volesse abolire
il battesimo degli infanti; invece si proposero
solo precauzioni speciali :
— La comunità deve esserne avvertita in
anticipo... Perché? Dovrà in avvenire essere
pubblicato in anticipo anche il nome di tutti
coloro che si accosteranno al sacramento della
Santa Cena senza esser conosciuti dalla comunità?
— Il Pastore e l’Anziano dovranno avere
un mese di tempo a disposizione per istruire
le famiglie dei battezzandi sul significato del
]‘altesimo il quale poi dovrà aver luogo non
oltre il secondo anno di età...
Qui si oltrepassano i limili del lecito dando
gratuitamente alla chiesa un certificalo di
ignoranza. In altre chiese fu d’uso che il magistero infallibile di un clero dovesse istruire
i poveri laici ignoranti, ma nelle Chiese ProIcslanli e specialmente nella Chiesa Valdese,
no. Se vi sono dei « casi limite » in cui qualche povero Valdese si comporta da pagano, ve
m. sono tanti altri invece che sanno benissimo
leggere TEvangelo e capire che cosa sia il
battesimo senza che nessun Pastore glie lo
debba insegnare.
Si è parlato quasi unicamente, con tono dì
rampogna, dei « casi limite » alla Conferenza. Nessuno ha ricordato il dramma di tanti
fratelli e sorelle impossibilitali per degli anni,
specie in ambiente mondano o di matrimonio
misto, ad impartire quel battesimo che per
biro era come una offerta a Dio o il compimento di un voto e che quando finalmente
Toccasione favorevole se ne presentava, la coglievano al volo, senza lasciarsela sfuggire, anche se Tinfante avesse raggiunto i quattro, i
sei. gli otto anni... Chi scrive ha visto troppe
lacrime in questa materia e perciò, benché
egli sia dì tendenza battista ed abbia chiesto
per sé il battesimo all’età di 19 anni, non si
sentirà mai dì rifiutare il battesimo a della
gente onesta e sincera che glie lo chiede, sia
a poche ore dalla nascita che a quattro, otto, o
più anni.
ISTRUZIONE RELIGIOSA
Qualcosa in questa materia sembra non funzionare bene, almeno in qualche chiesa.
La Conferenza, convinta anch’ essa che
qualche cosa non va, propone col suo ordine
del giorno, di conservare del vecchio metodo
i due primi anni di istruzióne biblica e di
fare del secondo biennio un tempo di « inserimento in un gruppo comunitario di studio
biblico e storico » da farsi « insieme ad altri
membri della comunità ».
Scompare in sostanza la parola « catechismo » e viene sostituita con quella di « gruppo
comunilario ». A coloro che in Conferenza
ehiesero spiegazioni, non vennero date risposte.
Neppure è stato chiarito come possa avvenire
questa riforma e come sia possibile in mezzo
alla vita febbrile moderna di riunire dei «gruppi comunitari » per facilitare Ti-struzione dei
giovani.
E non si comprende allora come in una
materia cosi importante una Conferenza poss.\ deliberare una simile, imprecisa riforma,
senza rischiare di costruire sulle sabbie mobili.
Speriamo clu“ U Siiiudo non ne faccia nulla
perché non farebbe che aggravare il perìcolo
di sfaldamento della Chiesa. Meglio certo sarebbe ij raccomandare dì fare con maggiore
iiupegiU) i‘ .^evietà quello che da sempre si
sa})Pva di dover fare.
Non dubitiatno con ciò che l'intento dei
proponenti fosse quello di cercare una via per
recare nuova vita alla Chifa.sa. L'errore loro è
consistito nel credere che la via dipenda o
meno da questa o quella cerimonia.
Leggiamo poi il titolo:
CONFERMAZIONE ABROGATA
In realtà non è abrogato nulla, si tratta
soltanto dì una proposta al Sinodo il quale,
prima dì prendere una decisione, chiarirà
senza dubbio gli interrogativi che si pongono:
Se ciò che non ha riscontro nella Sacra
Scrittura deve essere abrogalo allora dobbiamo
togliere di mezzo molte cose: il battesimo degli infanti, le unioni e le attività giovanili, i
funerali e molle altre cose ancora...
IN UNA VALLE CHE SI SPOPOLA E INVECCHIA
La comunità di Massello reagisce
................................. ..............................................................................................................................................................................................................
iniiiiiiiiMiiminmiiimiiiiiiiiiimiiii''imiiiii'iiiNilnii.mmitMiiimmiimimiiiiiiii
COMUNICATO
La Chiesa Battista di Torino, Via
Passalacqua 12 bis, comunica che il
suo attuale e provvisorio conduttore
è il Pastore Marco Piovano, residen-,
te in Torino, Via Rubiana n. 0 - Tel.
’J4.14.14 - C.P. 10139.
Pertanto tutta la corrispondenza
inerente alla Chiesa dovrà essere a
lui inviata.
Se la confermazione deve essere sostituita
con una professione di fede che si esprima
in termini precisi di impegno concreto, che
cosa dovrà esser detto allora? Il Credo? Ma
anche quello non è scritturale!
E quel che abbiamo fatto lino ad ora che
fu? Questa Confermazione che per molti tra
noi rimane come il giorno più solenne e hello
della nostra vita, nel quale ci legammo a
Cristo, che cosa fu se non una professione di
fede e un impegno concreto? Oserà mai un
Sinodo affermare che fino ad oggi nessuna
professione di fede fu data e nessun impegno
preso? Siamo tutti squalificati?
MATRIMONIO SEPOLTO?
Si tratta del matrimonio religioso valido
anche agli effetti civili e qui, mi sembra, la
foga dei proponenti li trascina lontano : si
vuole che quel matrimonio celebrato in due
tempi (municipio e chiesa) che tutti erano liberi di praticare e che alcuni per giusti motivi sceglievano, divenga la regola obbligatoria per tutti. La Conferenza si rivolge ai credenti col tono di un sinodo ed invita il prossimo Sinodo a cassare quanto un altro sinodo
deliberò quarant’anni or sono. Perché? Per
evidenti motivi politici che interessano lo Stato
e la Chiesa Cattolica ma non noi.
Spero vivamente che il prossimo Sinodo
",on accetterà queste proposte che non mutano
nulla per chi vuole celebrare il suo matrimonio in due tempi e consistono solo nel porre
un veto arbitrario a chi desidera celebrare il
suo matrimonio in un tempo solo. Per conto
mio, che celebrai il mio matrimonio in un
tempo solo, curante solo di prendere un impegno dinanzi a Dio implorando la sua benedizione e ben poco invece delle implicazioni
civili che il mio impegno voleva oltrepassare
di gran lunga, me ne sentirei offeso e mortificato. So che mille altri pensano lo stesso
e alla mia gioventù continuerò a consigliare
il motrimonio in chiesa, religioso soprattutto
e con effetti civili finché lo Stato ce lo consentirà.
PERCHE’?
E' tempo di porci un perché conclusivo e
di domandarci il motivo di questi ordini del
giorno intesi ad abrogare e a seppellire.
Evidentemente perché oggi qualche cosa
nella Chiesa non funziona e, come spesso, anziché negli uomini se ne vuole ricercare la
causa nelle istituzioni, nelle forme e nelle
strutture.
Alcuni laici pensarono, ma non osarono dire : « La causa della decadenza della chiesa è
anzitutto in voi, Pastori, che da anni state
discutendo perché non siete più concordi sulla
vostra fede c sulle vostre responsabilità e non
esercitate più la « cura pastorale » come fecero i vostri predecessori.
cc Se avete l’impressione che qualche vostra
pecorella non capisca più bene che cosa sia il
battesimo, perché non glie lo andate a dire
voi stessi e perché non lo cantate in chiare
parole ogni volta che versate dell’acqua sul capo dei pargoli?
« Avete paura dei padrini? Ma, non vedete
in quanti casi essi vi offrano una preziosa collaborazione? Non è vero che tutti siano degli
incoscienti!
« Perché non lasciate libero ciascuno di
prendere il suo impegno con Cristo o di celebrare il suo matrimonio come vuole?
Non vi basta di avere piena libertà di predicazione e di poter far udire il vostro parere
a tutti? Volete proprio, invece, imporre il vostro modo di vedere a tutti con degli ordini
del giorno, anche a chi ha parere diverso dal
vostro? ».
Ma queste parole non vennero dette pubblicamente ed ora, questi ordini del giorno rischiano di diventare legge per tutti nella
Chiesa.
E suoneranno come un biasimo ingiusto verso la generazione passata e come un atto di
forza verso una minoranza (?) col risultato
di approfondire delle incrinature che già sono
in atto e con quello di spegnere più di un
lucignolo fumante se non... Lasciamo stare!
Pazienza!
Una cosa però dobbiamo dire ben forte:
E' più che tempo che certe voci che continuamente si fanno udire nelle Conferenze Distrettuali e nei Sinodi per parlare delle Chiese
con tono di recriminazione, di accusa e di
giudizio, la smettano.
La Chiesa Valdese non ha bisogno di inquisitori.
Se vi è da liattersi il petto, battiamocelo
tutti insieme!
E’ più che tempo che torniamo a parlare
di conversione a Cristo, per tutti, di amore fraterno e di speranza nel Regno che viene.
Enrico Geymet
La nostra comunità è soggetta ad
un p icesso sempre più rapido di spopolamento e di invecchiamento. Durante quest'anno altri nuclei familiari
si sono trasferiti altrove, lasciando
nella nostra comunità dei vuoti che
non sono stati colmati; altri fratelli
sono deceduti, molti giovani hanno
trovato altrove dei posti di lavoro, ed
anche se rimangono ancora iscritti nei
nostri registri, sono realmente presenti tra noi solo saltuariamente, o alla
fine della settimana. La solitudine di
coloro che restano si fa quindi sentire
sempre di più, soprattutto nei lunghi
mesi invernali, tanto che si prevedono
nuove partenze nei prossimi mesi.
Mancano del tutto o quasi prospettive
di un futuro, di uno sviluppo qualsiasi
del paese, che non sia quello, alquanto
limitato, del turismo estivo o domenicale. A tutto questo bisogna poi aggiungere che la vita dei campi si fa di
anno in anno sempre più stentata e
difficile, mentre inversamente le forze
fisiche gradatamente diminuiscono, per
cui la sfiducia e lo scoraggiamento diventano sempre più grandi, e questo
ha le sue gravi ripercussioni anche sul
piano della fede. Si ricorda con nostalgia il tempo passato, sembra che allora tutto andasse bene, e si ha molta
difficoltà ad incarnare e ad esprimere
oggi l’attesa, la speranza e la gioia della fede. I conflitti personali, le incomprensioni reciproche, la critica malevola verso il vicino, il fratello, non si
attenuano, ed il messaggio evangelico
della riconciliazione non è quasi per
nulla vissuto.
Con questo non vogliamo dire che
tutto sia negativo, ma semplicemente
che, date anche le circostanze in cui
si svolge la nostra esistenza, ci è difficile vivere come comunità di persone
unite dalla stessa vocazione e dalla
stessa fede, fratelli che vivono insieme l’attesa piena di allegrezza del loro
Signore. Certo non mancano alcuni
piccoli segni, che ci possono essere di
incoraggiamento e che menzioniamo
non per gloriarci, ma per riconoscere
che dopo tutto e nonostante il nostro
peccato, il Signore opera ancora in
mezzo a noi. Segnaliamo dunque con
riconoscenza un leggero aumento della frequenza domenicale ai culti, un
leggero aumento delle contribuzioni
annue, la volontà, manifestata da larga parte della comunità, di compiere
uno studio più approfondito e meglio
strutturato della Bibbia, alcuni giovani disposti ad assumersi degli impegni concreti, dei catecumeni un po’
meno svagati degli anni scorsi, un
gruppetto della Scuola Domenicale
che sembra abbastanza attento, dopo
alcuni mesi di crisi un nuovo Concistoro ecc. Sono solo dei piccoli segni,
di cui dobbiamo saperci rallegrare, ma
che non ci devono impedire dal vedere il lungo cammino che sta ancora
davanti a noi.
Intanto il quadro tradizionale delle
nostre attività sta rapidamente mutando. Il numero dei quartieri dove
d’inverno si tengono le riunioni è andato ulteriormente diminuendo, e forse diminuirà ancora. L’unione giovanile ha cercato timidamente e più volte
iiiiimiiiniiiiiiiniiiniir
Notizie dalle
Rorà
L'ultima Assemblea di Chiesa per la lettura e la discussione della Relazione annua ha
pure eletto delegati alla Conferenza distrettuale indetta a Villar Perosa i nostri fratelli
Roberto Morel e Paimira Rivoira i quali hanno partecipato, e deputato al Sinodo Taziano
A. Tourn che ringraziamo di avere presieduto
dei culti domenicali.
La domenica 31 maggio u. s. è stato battezzato Durand Ferruccio Cesare dì Giorgio e
di Ada Salvagiot: la ilomenica 14 corr. Malati
Bruna di Giulio c di Silvia Bonnet; Walter di
Pierino e di Serena Gamba. Il Signore benedica quei bimbi e i loro genitori e dia a
questi ultimi di essere sempre ubbidienti al
Suo invito : « Lasciate i piccoli fanciulli venire a me » (S. Luca 18 : 16).
Ringraziamo cordialmente il Pastore A.
Deodato di Pinerolo e Signora e la rappresentanza della sua Comunità per la loro generosa
vìsita di simpatia e di incoraggiamento fatta
a questa Chiesa.
Pramollo
Nel pomerìggio del 12 giugno a Pomeano
abbiamo accompagnato al campo dell’ultimo
riposo terreno la spoglia mortale della sorella
Long Marta Leonia ved. Balmas, deceduta all'età di 88 anni. Ai figli ed a tutti i familiari
rinnoviamo l'espressione della nostra fraterna
solidarietà nel dolore e nella speranza in Gesù
Cristo.
Trombettieri tedeschi
Pro Collegio Valdese
Ricordiamo le annunciate riunioni, a favore
del Collegio Valdese, che saranno tenute in
alcune comunità da un gruppo di trombettieri evangelici della Westfalia. guidati dal
M® Werner Benz:
Sabato 20 giugno^ ore 21. tempio dì Luserna San Giovanni, con la collaborazione della
corale locale.
Domenica 21 giugno: Culto a Torino, ore 9
(Servizio per i fratelli Inglesi), attività pomeridiane e serali.
Martedì 23 giugno : Culto-concerto nel tempio di Rorà (ore 20,30-21).
Giovedì 25 giugno: Culto-concerto a Prarostino (ore 20,30-21).
Cordiale invito a tutti.
Il
Villa Olanda
II
Il Comitato di Villa Olanda, pur tenendo
presente le richieste della Tavola Valdese alle
singole Comunità — alle quali per prime va
ACAPE. 19-22 ACOSTO 1970
Il problema di Dio nella
teologia evangelica oggi
Direttore : Aldo Comba
Quota : 4.200 -T 800 lire di iscrizione
Incontro aperto a tutti i membri delle chiese evangeliche in Italia
nostre Comunità
il vivo ringraziamento per quanto hanno fatto
e seguitano a fare — esprime la sua profonda
gratitudine a tutte le sottonotate persone che
hanno seguito da vicino quest’Opera di amore
fraterno e che, con doni personali in denaro
ed in natura, hanno permesso di alleggerire
il purtroppo sempre così pesante bilancio 19691970: Ernesto Niggeler, Palazzolo sulTOglio,
in memoria della consorte Henni Niggeler,
L. 150.000; Alice Forneron, Torino, in memoria di Enzo, 5.000; Anita Gallelti-Lattes, Torino, in memoria del marito Avv. notaio Francesco Galletti, 30.000; Arturo e Giorgio Peyrot, Roma, in memoria della mamma, 50.000;
Ferruccio Giovannini, Pisa, in memoria consorte e figli, 3.000; Coniugi Paschetto, Milano, 5.000; N. N-, Luserna S. Giov., 50.000;
Margarethe J. Van der Laan - Utrecht (Olanda), 51.000; Hilda Oggenfuss, Bonstatten
(Svizzera) 7.240; Lilia Malacrida, Como 2.000;
Roald Gugelmeier, Silvia Pons de Gugelmeier,
Omar Esteban Pila, Angelo Bo’ de Pila, Colonia Vaidense (Uruguay), 3.100; Canale Ugo,
Ivrea, 2.500; Roncaglione Carlo, Ivrea, 3.000;
Elsa Janin, Pont Canavese, 3.000; EJvina Pognani, Mantova, 2.000; Ester Giorgiolé, Livorno, 1.000; Tabea Bongardo, Albata - Como,
2.000; Lily ed Elsa Carstanjen,, Como, 2.000;
N. N., Pinerolo, 5.000; Giovanni Zavaritt,
Gerle (Bergamo), 20.000; Silvestro Duprè, Roba, 50.000; N. N., Salmo 55: 22, Pinerolo,
5.000; Istituto Bancario S. Paolo di Torino,
Filiale Pinerolo, 20.000; Riv-Skf, Centro Attività Sociali, Torino, 25.000; Lega Femminile
Chiesa Valdese, Como, 20.000; Comunità Chiesa Valdese, Rorà, 10.000.
Per il Natale dei Russi : Unione Femminile
Chiesa Valdese, Bergamo, 50.000; Evelina e
Lia Teresa Taliento. Roma, 10.000; Alessandro Zhigin, Las Vegas (U.S.A.), 6.200; N. N.,
Luserna San Giovanni, 8.800.
Doni in natura: M. Ginoulhiac, Bergamo,
pacco effetti usati; Lily ed Elsa Carstanjen,
indumenti e caramelle; Walter Baeschstaedt,
della S. p. A. Helca, Luserna S. Giov., 25
confez. caramelle: Hans Baechstaedt, della
S. p. A. Helca, Luserna S. Giov., 23 confezdi scatole cioccolatini; Giancarlo e Alba Ferrua. 100 panettoncinì « Galup » e sconti particolari.
Ospedale Valdese
di Torre Pellice
Doni in memoria della rimpianta
Etiennette Bounous-Marauda, a favore dell’Ospedale Valdese di Torre Pellice, per il montalettighe:
Dii Luserna S. Giovanni: Botti Linda ved.
Scaccioni 10.000; Bounous Emma ved. Vottero 20.000; 11 Marito 100.000; I cognati
Giovanni e Luisa Camhellotti e Maria Bounous; i nipoti Ezio e Paola 40.000; Pauline,
Liliana. Gustave 3.000: famiglie Gay, Ghigo,
Ganière 15.000; Revel Ermanno e famiglia
5.000; Beux Lilinc 5.000; Vola Ernesta
10.000; Bellion Matilde 1.000; R. B. 4.000;
La .sorella Letizia Marauda ved Bonnet 10.000;
il fratello Federico Marauda 50.000: la sorella
Giulia e il cognato Carlo Alberto Balmas
30.000; il figlioccio e nipote Federico e Odette Balmas 20.000: Bruno. Anna, Rina. Eulalia 10.000.
Da Torino: i nipoti Dario e Liliana Varese
20.000: fon Scotta Maria 5.000.
Da Torre Pellice: Pons Mirabile 1.000.
Totale L. 379.000.
PROGRAMMA
Temi principali:
— Giorgio Tourn - Programma sulla teologia proleslante recente.
— Aldo Comba - La trascendenza di Dio tra creazione e nuova creazione.
— Sergio Ro.stacno - Incarnazione e conoscenza di Dio.
Sono previste inoltre :
— Discus.sioni e letture di testi teologici.
Documenti preparatori:
Sono stali redatti da Bruno Corsani e Franco Ronchi e pubblicati in Diakonia
n. 3 maggio 1970. Questi documenti vanno richiesti ad Agape, prezzo lire: 250.
Informazioni e iscrizioni pres.so: Segreteria di Agape - 10060 Prali (Torino).
di risorgere, ma invano; l’unione delle
madri non ha più avuto luogo, tuttavia alcune sorelle si sono ugualmente
adoperate con zelo alla preparazione
del bazar. Al posto dell’unione delle
madri s’è tentato di organizzare degli
incontri mensili di tutta la comunità,
ma la cosa non ha avuto molto successo. Le classi di catechismo sono
state ridotte ad una sola, con un programma di studio della Bibbia, e per
il momento l’iniziativa sembra aver
incontrato abbastanza favore.
Alcuni dati statistici: La nostra comunità conta 63 famiglie, con un totale di 170 persone, di cui 146 membri
di Chiesa e 24 non ancora ammesse.
Di queste 170 persone però ben 40 sono presenti qui solo saltuariamente; la
popolazione « invernale » è di circa
130 persone circa.
La media partecipante al culto è di
circa 22 persone O’anno scorso era
di 15).
(dalla Relazione annua del Concistoro di Massello).
I familiari commossi per la simpatia ricevuta in occasione della dipartenza della Cara
Marta Leonia Long
ved. Balmas
di anni 88
sentitamente ringraziano tutti coloro
che con scritti, parole di conforto e
presenza ai funerali hanno preso parte al loro dolore ed in modo particolare il Dott. De Clementi per le cure
prestate.
« La mia grazia ti basta »
(II Cor. 18; 9)
Pramollo (Pomeano), 12 giugno 1970.
« Il mio aiuto viene dall’Eterno »
(Salmo 121: 2)
Maria Grande
è stata richiamata da questa vita in
attesa della risurrezione. La Direzione del « Rifugio Re Carlo Alberto » lo
annuncia a tutti coloro che la ricordano.
Luserna S. Giovanni, 8 giugno 1970.
« Giustificati dunque per fede, abbiam pace con Dio per mezzo di
Gesù Cristo, nostro Signore »
(Romani 5:1)
A funerali avvenuti partecipano il
decesso della cara
Renza Jalla
gli zii: Cecilia Morè, Lina Tamietti e
Isidoro Morè; i cugini e i parenti
tutti.
Si ringraziano le persone che sono
state vicine alla famiglia nella dolorosa circostanza.
Torre Pellice, 9 giugno 1970.
Casa Gay
Vacanze organizzate dal 15 luglio al 31
agosto, a Torre Pellice, per bambine dai
6 ai 14 anni. Compiti delle vacanze,
passeggiate, giochi, sport in un ambiente sano e familiare. Iscrizioni
aperte fino al 10 luglio presso « Casa
Gay » - 10066 Torre Pellice (To); tei.
(0121) 91.386.
Iscrizioni scuole medie
e superiori
Si ricorda alle famiglie degli alunni che il
termine per le iscrizioni a tutte le classi di
scuola media e media supcriore è fissato nelle
.seguenti date:
10 Luglio 1970 per i promossi a giugno o
rii>etcnti;
20 Settembre per chi ha .sostenuto esami di
riparazione.
AVVISI ECONOMICI
AFFITTO alloggio vicinanze Villar Pellice
])er residenza continua. Rivolgersi Libreria
Claudiana. Torre Pellice.
CUSTODE cercasi per Casa di Riposo vicinanze Varese, con mansioni rii sorveglianza
impianto riscaldamento, manutenzione gìariiino e autista patente C. Offresi alloggio per
famiglia. Indicare pretese e referenze. Rivolgersi al giornale.
OPERAIO valdese quarantenne desidererebbe
conoscere giovane seria desiderosa costituire
focolare cristiano. Rivolgersi al Pastore Geymet. Villar Perosa.
A FIRENZE
Pensione evangelica per
studentesse o comitive
L’I.stiluto Evangelico Femminile di Firenze
offre pensione per studentesse anno 1970-71
oppure per comitive durante Testate. Prezzi
modici. Scrivere: Via Silvio Pellico, 2.
6
pag. 6
N. 25 — 19 giugno 197Ö
La Chiesa nel mondo
La Chiesa canaiica
e il G.E.C.
Napoli (soepi) - Lo studio dell'eventuale entrata della Chiesa cattolica romana nel CEC prosegue: lo dichiara
un comunicato pubblicato dal Gruppo
misto di lavoro del CEC e della Chiesa
cattolica al termine della riunione annuale che si è avuta nei giorni scorsi a
Napoli.
Il Gruppo misto ha studiato nei particolari un rapporto della sua sottocommissione, composta da sei niembri, sulle conseguenze, sulle possibilità
e sulle difficoltà comportate dall’adesione della Chiesa cattolica al CEC,
che raggruppa 239 Chiese membri.
Il comunicato fra l'altro dice che
« si prosegue lo studio e i risultati verranno presentati alla santa sede ed al
comitato centrale del CEC ». Esso ricorda anche che Paolo VI in occasione della sua visita a Ginevra del giugno 1969 aveva approvato lo studio
dettagliato sulle impllcanze teologiche,
pastorali ed amministrative di una
eventuale adesione cattolica al CEC.
Esso dichiara pure che il card. Willebrands, presidente del segretariato
del vaticano per l’unità dei cristiani
ed il pastore Blake, segretario generale del CEC, hanno deciso di dare le
dimissioni dalla copresidenza del gruppo misto. Continueranno la loro partecipazione alle riunioni come consiglieri.
Il gruppo ha anche studiato delle
relazioni su « la testimonianza comune
e il proselitismo » e « la cattolicità e
l’apostolato » e si è raccomandato affinché le conclusioni cui è approdato
vengano pubblicate tempestivamente.
Ha anche ricevuto delle relazioni nel
campo del lavoro medico, dello sviluppo, della giustizia e della pace.
Contemporaneamente, a Roma, il
direttore dell'IDOC-Internazionale (rivista interconfessionale di documentazione) ha informato il pastore Blake
e il card. Willebrands del suo dispiacere di aver recentemente pubblicato
un articolo che dava una errata impressione sullo stato delle conversazioni fra la Chiesa cattolica ed il Cec.
Si trattava di un documento riservato,
che riassumeva la discussione sulla
eventuale adesione della chiesa romana al Cec e che invece era stato presentato come un testo ufficiale del
gruppo misto.
IN VISTA DELLA PROSSIMA
ASSEMBLEA DELLA CONFERENZA
DELLE CHIESE EUROPEE
Oegstgeest, Olanda (soepi). - Il presidium
eJ il comitato consultivo della Conferenza
delle Chiese europee (CCE), testé riunitosi in
Olanda, si sono raccomandati a che nella
prossima Assemblea generale (Nyborg VI - 6
aprile - 3 maggio 1971) « sia offerto ad ogni
Chiesa un posto supplementare a condizione
che venga occupato da una persona giovatie
(non oltre i 30 anni e possibilmente al di
sotto dei 25da una donna o da un laico ».
Detti delegati saranno considerati come membri deirAssemblea a parità di diritti cogli
altri.
Il tema deH'assemblea sarà : « Servitori di
Dio. servitori degli uomini » studiato in cinque punti : 1) la teologia del servizio e il ser(liturgia, annunzio della parola, vita quotidiaiu che cosa consiste il servizio di Dio oggi?
(ilurgia. annunzio della parola, vita quotidiana); 3) le Chiese e i cristiani al servizio della
società - lotta per la giustizia economica e sociale; 4) le Chiese e i cristiani al servizio della pace e della riconciliazione nelle tensioni
politiche dell’Europa e del mondo; 5) il futuro compito della Chiesa - la situazione europea ecclesiastica, sociale, culturale, politica
ed economica come sfida ai cristiani dell’avvenire.
Inoltre, è stata accolta una nuova Chiesa
membro, la Chiesa evangelica metotlista della
Cecoslovacchia. Essa conta 5 mila membri e
dispone di 19 parrocchie e di 16 pastori. Sono
cosi 89 le Chiese membri della CCE. Nella
sua relazione, il segretario generale G. Williams ha rilevato che il problema importante
per le Chiese membri è quello della pace,
della sicurezza e della riconciliazione in Europa. Si tratta, ha aggiunto « di contribuire a
eliminare pregiudizi e malintesi » e di prepa
rare « uomini e donne a partecipare alVespe
rienza rivoluzionaria della riconciliazione por
tando con urgenza la notizia della riconcilia
zinne contenuta neU'Evangelo di Gesit Cristo »
Williams ha inoltre fatto notare che le
Chie.se membri dell'Europa dell'Est « si sforzano di avere — e di fatto lo hanno — una
parte sempre più attiva e preziosa nei nostri
lavori ».
IL DIALOGO FRA CREDENTI
DEVE PROSEGUIRE
NEL RECIPROCO RISPETTO
Zurigo (soepi) • Ventitré teologi cristiani
di 15 paesi si sono riuniti a Zurigo nei giorni
scorsi per studiare le principali conclusioni
della conferenza tenutasi in Libano nel marzo scorso sul tema « Il dialogo coi credenti
del nostro tempo » (n. d. r.: di cui demmo a
suo tempo notizia).
■ Loro scopo era di definire le conseguenze
che tale dialogo potrebbe avere per la fede
e la missione della Chiesa. Dovevano inoltre
Direttore responsabile: Gtno Conte
a cura di Roberto Peyrot
formulare le proposte da presentare al Consiglio ecumenico per favorire i rapporti con le
altre organizzazioni religiose mondiali e con
tutti coloro che hanno convinzioni diverse.
I partecipanti hanno riconosciuto che il
dialogo è parte integrante di ogni esistenza
umana autentica e Ubera. La fede in Cristo,
Figlio di Dio, divenuto uomo per tutti gli
uomini, costringe i cristiani a riconoscere
questa esigenza perché Cristo, nel renderci liberi, ci permette di avere con tutti gli uomini
un reale rapporto basato sul rispetto e sulVamore.
Si è constatato che un tale dialogo mette in
luce certi problemi relativi alla missione che
devono essere esaminati sotto una nuova angolazione. Da una parte, certi cristiani temono
che il dialogo tradisca la natura stessa della
missione; d’altra parte, dei credenti non cristiani ritengono che il dialogo rischi di diventare un nuovo strumento al servizio della
missione. Si tratta dunque di scoprire una
nuova concezione del dialogo che non costituisca una minaccia per Tobbedienza dei cristiani al Cristo o per l’identità di uomini di
altre fedi.
Va da sé che questo dialogo vede sorgere
nuove (juestioni cui devono rispondere le comunità cristiane che vivono nelle società
multireligiose; nello stesso tempo, vecchi problemi si pongono in una nuova prospettiva. In
più, esso si situa nel contesto dì una società
moderna e secolarizzata rivolta all’avvenire
dell’uomo. Esso deve quindi impegnarsi sia
a livello dell’individuo (a compimento della
sua personalità) e sia a livello della collettività
(come lotta in favore della pace in una società fondata sulla giustizia e sul rispetto delTaltro).
II documento dì lavoro elaborato nel corso
della riunione verrà inviato ai membri della
Divisione della missione ed evangelizzazione,
ai direttori dei centri cristiani di ricerca, ecc.
La decisione della Giunta della Federazione Luterana Mondiale
Non a Porto Alogre, ma a Eirian - los - Baino
«La discussione in corso mostra che di fatto l’Assemblea è già cominciata»
Difficoltà crescenti e nuovi sviluppi
hanno costretto la Federazione luterana mondiale a mutare la sede in cui
si svolgerà la sua quinta Assemblea.
Con rincrescimento i membri della
giunta della F.L.M. sono giunti alla
conclusione che non sussistono le condizioni che permettano un’assemblea
rigorosamente di lavoro a Porto Aiegre, dove rincontro era stato programmato. L’annuncio dato in precedenza
dell’iritenzione di procedere nella convocazione a Porto Aiegre, si basava
sulla speranza, sia da parte della
F.L.M. che della Chiesa ospitante, che
rnalgrado le difficoltà intrinseche alla
situazione brasiliana, un’assemblea ivi
raccolta avrebbe potuto essere il luogo di un impegno comune nell’affrontare le sfide che il nostro tempo ci pone. E però risultato chiaro, ora, che
un’assemblea riunita in Brasile non
potrebbe essere uno strumento efficace di testimonianza e di dialogo, quale è imposto dall’attuale polarizzazione delle posizioni.
La dichiarazione, da parte di parecchie delegazioni, che avrebbero rifiutato di partecipare a un’assemblea in
Porto Aiegre e la reazione suscitata
in Brasile dalla decisione della F.L.M.
di bloccare l’estensione di un invito a
rappresentanti del governo federale
brasiliano, sono indicative delle tensioni che ostacolerebbero il programmato carattere di lavoro che si vuol
dare all’assemblea.
Sebbene la Chiesa luterana in Brasile abbia di nuovo dichiarato di essere pronta a ospitare l’assemblea, con
Echi della settimana
a cura di Tullio Viola
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 — 8.7.1960
Tip. Subalpina s.p.a - Torre Pellice (To)
TRA LA SVEZIA
E GLI STATI UNITI
...corrono cattivi rapporti: « Alla vigilia della visita iniziala mercoledì 3
giugno in USA dal primo ministro svedese Olof Palme, le relazioni fra le due
nazioni erano più glaciali che fredde.
Washington non ha mai apprezzato
l’atteggiamento di Stoccolma davanti
al conflitto indocinese. Nel 1968, l'apparizione del sig. Palme, allora ministro dell'istruzione pubblica, al fianco
d’un ambasciatore del Nord-Vietnam
alla testa d’un corteo denuncìante “la
aggressione imperialista" del Vietnam,
aveva fatto scandalo in USA. L’atteggiamento del governo socialdemocratico svedese in favore del Fronte Nazionale di Liberazione, l’accoglienza fatta
ai disertori americani che hanno fatto
della Svezia un rifugio favorito, la
promessa ad Hanoi d’un prestito per
la ricostruzione, prestito pari a 250 milioni di franchi francesi, sono tutte cose che irritano Richard Nixon, tanto
quanto, prima, esasperavano Lyndon
Johnson.
L’ambasciata americana a Stoccolma
era rimasta quindici mesi senza titolare, come un autentico barometro del
malumore ».
Tuttavia Nixon ha voluto fare un
primo passo verso la riconciliazione,
inviando a Stoccolma un nuovo ambasciatore, il sig. Holland di 54 anni, di
razza negra, sociologo e presidente,
per molti anni, d’un’università americana a maggioranza negra.
Il nuovo ambasciatore è stato accolto a Stoccolma da manifestazioni ostili. « “Assassino del Vietnam”, gridano
alcuni manifestanti. Ma altri urtano:
"Sporco negro". Il sig. Jerome Holland
si china verso l’ufficiale svedese che lo
accompagna: “Manifestazione d’unità
nazionale, senza dubbio, dice. Tutte le
tendenze mi sembrano rappresentate".
La battuta di spirito nasconde male la
collera di questo ex-campione di calcio, alto m. 1,90, davanti agl’incidenti
che continuano a ripetersi dal giorno
del suo arrivo a Stoccolma. “Non posso più spostarmi in Svezia, senza venir minacciato di violenze fisiche”, ha
dichiarato. "Se le cose continueranno
così, le conseguenze potrebbero essere
gravi".
Un porta-voce americano ha detto
a un giornalista svedese: “Non potevamo mica mandarvi Eldridge Cleaver,
il leader delle pantere nere" (...) I giovani attivisti svedesi hanno visto una
cosa sola: che Holland è americano.
Questo è bastato per far di lui l'obiettivo prioritario del lancio delle loro
uova e dei loro pomodori. Il signor
Olof Palme ha tentato di minimizzare
la portata degl’incidenti. Ma, nel suo
programma, non è stato iscritto nessun incontro con Nixon: per ordine
della Casa Bianca ».
(Da « L’Express » dell’8-14 giugno
1970).
GLI SFORZI DI WILLY BRANDT
« La “Bild Zeitung", giornale tedesco di gran tiratura, appartenente
alla catena Springer, ha pubblicato venerdì 12.6 il testo del progetto di trattalo fra la R.F.T. (Repubblica Federale Tedesca, cioè Germania Occidentale) e rU.R.S.S., testo redatto da Bahr
e Gromyko durante il loro incontro a
Mosca.
Art. 1. Le due parti contraenti con
siderano obiettivo comune il mantenimento della pace internazionale e il
raggiungimento della distensione. Esse
manifestano la loro volontà di promuovere la normalizzazione della situazione in Europa. Al riguardo, esse
si fondano sulla situazione reale in
questo continente, e sullo sviluppo di
apporti pacifici fra tutti gli Stati europei.
Art. 2. Le due parti contraenti saranno guidate, nei loro mutui rapporti e
nelle questioni atte a salvaguardare la
sicurezza e.iropea e internazionale, dagli obiettivi e dai principi della carta
delle Nazioni Unite.
Conseguentemente esse regoleranno '
le loro vertenze esclusivamente con
mezzi pacifici. E ideile questioni attinenti alla sicurezza europea, così come nei loro rapporti reciproci, esse si
impegnano a rinunciare alla forza o
alla minaccia delia forza, conformemente all’art. 2 della carta dell’ONU.
Art. 3. Le parti contraenti sono d’accordo nel riconoscere che la pace, in
Europa, non può esser mantenuta che
a condizione che nessuno alteri le
frontiere attuali. Esse s’impegnano a
rispettare, senza restrizioni, l’integrità
territoriale di tutti gli Stati d’Europa,
nelle loro attuali frontiere. Dichiarano
di non avere, né ora né mai, alcuna rivendicazione territoriale l’ima verso
l'altra. Sia oggi che in avvenire, i firmatari considerano inviolabili le frontiere di tutti gli Stati d’Europa, quali
esistono il giorno della firma, ivi compresa la linea Oder-Neisse che forrna
la frontiera occidentale della Polonia,
così come la frontiera frà la R.F.T. e
la R.D.T. (Repubblica Democratica Tedesca, cioè Germania Orientale).
Art. 4. L’accordo concluso fra la
R.F.T. e rU.R.S.S. non pregiudica i
trattati e gli accordi, bilaterali e rnultilaterali, precedenjemente conclusi da
ciascuna delle due parti ».
L'autenticità di questo testo, nelle
sue linee essenziali, è stata assicurata
dal sig. Conrad Ahlcrs, porta-parola
del governo di Bonn.
« Secondo il sig. Franz Josef Strauss,
capo del ramo bavarese dell’Unione
cristiano-democratica all’ opposizione,
il testo contiene “delle contraddizioni
insopportabili con gli accordi a tiitt'oggi conclusi dal governo federale".
Ma d’altra parte il cancelliere Willy
Brandt ha dichiarato:
“Per l’unità deU’Europa, questo governo ha fallo, in otto mesi, più di
quanto hanno fatto i ■'uioi predecessori in otto anni. Vogliamo ^ arrivare a
una normalizzazione con l’Est. Questi
sforzi sono approvati dai nostri alleati, e i sig.ri Barzel e Strauss non possono pretendere, davanti al Bundestag,
di essere più intelligenti di tutti i nostri alleati messi insieme.
Con Mosca, noi discuteremo e verificheremo ogni singolo punto. Poi il
sig. Walter Scheel, ministro degli esteri, si recherà nella capitale sovietica.^
Non trascureremo neppure i negoziati
con la Polonia. Con Berlino-Est faremo di tutto per arrivare a regolarizzare la situazione con un trattato. Non
.si tratta di un alibi: si tratta d’un vero tentativo, che io ricomincerò sempre di nuovo, contro i venti e le maree. Non mi lascerò deviare da questo
mio cammino. In quest’affare, trionferò oppure cadrò’’».
(Da « Le Monde » del 14-15.6.1970).
fidiamo che essa pure comprenderà
la decisione presa ora.
L’assemblea si terrà, alla data prevista (14-24 luglio), probabilmente nei
pressi di Ginevra. Il fatto di mutare
sede non esime la F.L.M. dagli obblighi costituiti dal tema: « Mandati nel
mondo ». Sarà compito dell’assemblea
analizzare le difficoltà attuali e trarne
ammaestramento, e definire la propria
testimonianza in quanto comunione di
Chiese. La discussione in corso dimostra che di fatto l’assemblea è già iniziata. Siamo convinti che questo confronto avrà risultati positivi. Piuttosto
che recriminare o ritirarsi di fronte
alle sfide, la F.L.M. ha il compito di
far sì che le Chiese-membro vedano
come proprio scopo la riconciliazione
di tutti gli uomini attraverso la potenza dell’Evangelo.
Il presidente: F. A. Schiotz, presidente della Chiesa Luterana di
America.
I vicepresidenti: Mariti Simojoki,
arcivescovo della Chiesa luterana di Finlandia; Andrzej WanTUI.A, vescovo della Chiesa evangelica della Confessione di Augusta in Polonia.
II tesoriere: Rudolf Webber, vicepresidente della Chiesa evangelica nel Württemberg.
Il segretario generale': André Appel.
(Non è stato possibile prendere contatto con il vicepresidente Stefano R.
Moshi, vescovo della Chiesa evangelica luterana in Tanzania).
ANDRE APPEL:
“In Brasile
è stato come
lo scoppio
di una bomba”
Ginevra (Iwf) - Il segretario generale della
FLM, il past. André Appel ha commentato gli
eventi che hanno condotto alla decisione di
mutare la sede della V Assemblea generale
della FLM e ha espresso la speranza che
« questa situazione difficile e questa decisione
spiacevole sarà analizzata in modo approfondito si da indicare un orientamento positivo
per Vavvenire. Non c'è dubbio che la nostra
incapacità a condurre in porto il nostro incontro a Porto Aiegre avrà notevole, influenza
sulla assemblea di Evian. e dovrà averla. Non
siamo sollevati dalla responsabilità di affron
tare il tema '^Mandati nel mondo”, anche se
lo faremo in un altro punto del mondo ».
11 membro deireseciitivo della FLM ha
espresso la speranza di questa che vi sarà ad
Evian una forte raj»presentanza brasiliana, sì
die « un dialogo franco e seguito » possa aver
luogo con quella Chiesa.
La decisione di mutare sede, annunciata
pochi giorni dopo rannuneìo che, invece, i
luterani si sarebbero riuniti a Porto Aiegre, è
stata presa dopo giorni di intensi sforzi da
entrambe le parli per conservare la località
(issata, e soltanto dopo che fu chiaro che si
era formala « una polarizzazione di due posizioni inconciliabili ».
Il problema secondario, diventalo decisivo,
era se sarebbero stati invitati alPAssemblea
rappresentanti del governo brasiliano, in particolare il presidente. Mentre la Chiesa luterana ospitante desiderava questi contatti, parecchie delegazioni nazionali...avutone notizia,
hanno espresso la loro ferma opposizione: particolarmente reciso il riiìuto in Germania occidentale e in Scandinavia, inclusa una pubblica dichiarazione deirarcivescovo Mariti Simojoki di Finlandia, di tenere a qualunque
condizione Tassemblea in Brasile, a causa della
situazione politica dì questa nazione.
L’incidente che ha portato alla decisione
finale — ha detto il past. Appel — è stato
costituito dalPannuncio, diffuso il 1^" giugno,
che la sede brasiliana sarebbe stata mantenuta ma che non vi sarebbero stati inviti a personalità governative. « In Brasile è stato come
lo scoppio di una bomba. La Chiesa luterana
ospitante ha visto nella posizione assunta dalla
FLM un insultante mancanza di cortesia e si
è sentita forzala a rinnovare pubblicamente il
proprio desiderio che il presidente Garrastazii
Medici fosse invitato ». Tuttavia, notava ancora il past. Appel, dietro rincidente si profilava una contrapposizione più profonda. La
Chiesa ospitante considerava F Assemblea
un'occasione per un'ampia partecipazione pubblica, un'opportunità per guadagnarsi una
maggiore ''visibilità” e una chance per dare
coscienza ai propri membri del posto che occiqiano nella famìglia confessionale a livello
mondiale. D’altra parte la giunta della FLM
vedeva in questa riunione semplicemente una
nuova tappa simile alle Assemblee precedenti .
e soprattutto un incontro « di lavoro » libero
da qualsiasi pressione esterna.
Fattore determinante nella decisione di mutare località di convegno è stato il timore che
le posizioni contrastanti rendessero « la FLM
incapace di controllare la propria Assemblea ».
Vi erano pure seri dubbi che si pote.ssc .^vere
una libera discussione su certi temi, inclusa la
situazione brasiliana, e che toccare tali temi
avrebbe portato a dimostrazioni o ad alterchi.
« La Chiesa brasiliana — e le altre sparse
per il mondo — vedono sicuramente nella nostra decisione un tentativo di eludere il tema.
Ciò è comprensibile, ma dobbiamo pure tener
conto del fatto che, date le circostanze, la situazione brasiliana alerebbe polarizzalo in modo eccessivo la discussione. Ora saremo meglio
in grado di considerare la crisi mondiale nel
suo insieme, con le implicazioni che ha in
Brasile e altrove. Il vero problema è: in che
misura siamo una comunione di Chiese, e
come possiamo mostralo? ».
MiiiimiiiiiiKKimiiiiiitiiii
iiiiiimiiiiiiiiimiMimifiiii
Sciopero della fame a Ginevra
Alcuni giovani in carenre perchè rifiutano di pagare ia tassa militare
Tre obiettori di coscienza ginevrini hanno
rifiutato di pagare la tassa militare e sono
stati condannati a 8 e 11 giorni di prigione.
Durante la detenzione hanno fatto uno sciopero della fame di cui hanno spiegato i motivi in una lettera aperta al direttore del carcere. che pubblichiamo. In Ginevra si sono
svolte, il S e il 1 giugno, pubbliche manifestazioni di solidarietà e dal 5 al 1 un gruppo ha
pure attuato uno sciopero della fame sulla
Piaine de Plainpalais, attirando l'attenzione
della cittadinanza sul problema: forte azione
di volantinaggio davanti alle chiese, la domenica.
Ginevra, 1° giugno 1970
Al sig. Voldet
Direttore delle Carceri St-Antoine
1204 Ginevra
Signore, teniamo a comiinicarLe l’intento
in cui va inquadrato il nostro ingresso nel
Suo stabilimento.
Siamo stati appena condannati rispettivamente a otto, otto e dieci giorni di prigione
dal tribunale di polizìa per rifiuto del pagamento della tassa militare.
Non potendo ammettere i procedimenti legali di cui la giustizia sì è valsa nei nostri
confronti;
non potendo scceltare che la sentenza sia
stata pronunciata nella completa ignoranza
dei motivi che ci hanno mossi;
dato che il nostro rifiuto deriva da un’opzione polìtica che è in contrasto con quella
delle autorità,
Le comunichiamo la nostra decisione di
iniziare oggi stesso uno sciopero della fame.
Vogliamo esprimere:
— la nostra solidarietà con gli obiettori in
prigione,
— la nostra solidarietà con tutte le forme
di obiezione,
— la nostra condanna c il nostro rifiuto di
tribunali capaci di rifugiar.si dietro il loro
stretto mandato per pTominciare sentenze relative a delitti d'opinione,
— il nostro appello a una solidarietà popolare nel realizzare gli scopi dì questo sciopero.
I fini dello sciopero sono :
— comunicare alla popolazione ginevrina la
coscienza di un’ingiustizia legalizzala;
— svelare Fincompclenza dei tribunali militari e civili a giudicare Fopinione degli obiettori e gli atti che ne derivano;
— ottenere dall’opinione pubblica e dalle
autorità che sia inserito nella legislazione civile il diritto di versare una somma appropriata all’organizzazione civile di propria scelta, al momento del rifiuto di pagare la lassa
militare, tassa che è un appoggio all'organizzazione militare elvetica.
Ogni giorno 90.000 esseri umani muoiono
di fame: il 50% degli uomini devono su.-sìslere con meno di 1 franco (L. 145) al giorno.
Oggi oltre 350 milioni di bambini soffrono
di grave ritardo nella crescita fisica e nel loro
sviluppo, a causa della malnutrizione.
Le nazioni della terra spendono ogni ora
più di 80 milioni dì franchi (circa 11 miliardi
di lire) per gli armamenlì. Le spese militari
della Svizzera ammontano a cinque milioni di
franchi (oltre 700 milioni di lire) al giorno.
11 nostro sciopero è un gesto nonviolento.
Vuol essere un appello alla coscienza dei possidenti. dei ricchi, degli indifferenti.
Mangiare è diventato per noi un oblio quotidiano: il superfluo che sprechiamo è il necessario strappato ai poveri.
Con questo sciopero vorremmo premiere coscienza un po’ meglio della .sofferenza che quotidianamente la fame arreca ai due terzi dell’umanità. vìttime delle ideologie economiche,
politiche, religiose.
Dovunque, nelle prigioni della terra, migliaia di uomini .subiscono in questo momento
l'internamento e la tortura, perché sono accusati dai governi di battersi per la giustizia
.sociale, la pace, la libertà democratica.
Il nostro incarceramento e il nostro digiuno
Uberamente accettati sono una testimonianza
debole, ma concreta della solidarietà con tutti coloro che sono schiacciati o scartali.
Dopo aver letto questi punti. Signor direttore, comprenderà che questa lettera Le sia
indirizzata aperta c che la comunichiamo al
pubblico.
Gradisca, Signor direttore, Fespressìone della nostra considerazione per la comprensione
che vorrà mostrarci.
Jean-Claude Lutili
Pierre-Philippe Oriet
Benoît Marquis