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Anno 115 - N. 38
21 settembre 1979 - L. 300
Spedizione in abbonamento postale
Gruppo bìs/70
Past. UrSBET Roberto
Passi o tti
10066 'FORRE FELL ÍCE
ddk valli valdesi
_________VALUTARE IL PASSATO E COSTRUIRE IL PRESENTE
Dalla parte del laici
Due proposte per migliorare il sinodo: un tempo che consenta la
preparazione e una presidenza che curi la partecipazione di tutti
Non è passato numero deH’Eco-Luce — dacché il sinodo ha
chiuso i battenti e sono iniziate
le valutazioni — -senza che vi
fosse un intervento sul « silenzio dei laici » che ha caratterizzato l’ultima sessione sinodale.
Bruno Rostagno, nella valutazione scritta per il nostro giornale, ha affermato che la possibilità di evangelizzare dipende
dalla nostra capacità di rinnovare la vita della chiesa e quindi
anche del sinodo; e ha visto come un segno non propriamente
tranquillizzante, anzi un vero e
proprio campanello d’allarme, il
« silenzio di troppi deputati già
molte volte notato ma quest’anno più accentuato del solito ».
Carla Beux Lon-go ha osservato come sia più agevole per i
pastori che per i laici seguire il
sinodo e partecipare attivamente: questo non solo perché i
primi hanno più dimestichezza
con i regolamenti ma anche perché ai secondi — che hanno bisogno di più tempo per « rodarsi » soprattutto se sono al sinodo per la prima volta — non si
lascia il tempo per entrare nell’atmosfera sinodale e quindi intervenire. La conseguenza è un
pericoloso processo; « la ricerca
dell’efficienza a scapito della partecipazione ».
Nelly Rostan ha collegato l’accreseiuto silenzio dei laici con
una mancanza di « certezze » sul
piano della fede che disorienta
le comunità.
Infine Niso De Michelis ha osservato che la scarsità di interventi laici (soprattutto valdesi)
può conferire al dibattito una
maggiore profondità teologica,
ma mostra anche che « è flebile
la voce -del popolo della chiesa e
si ha rimpressione, forse errata,
che anche a livello Chiese locali
si tenda a -delegare al pastore
molte cose di cui i laici dovrebbero e potrebbero maggiormente farsi carico ».
Sarebbe veramente imperdonabile se questi interventi fosse
ro lasciati cadere — magari col
pensiero che l’ultimo è stato un
sinodo particolarmente tecnico
e sovrastato -dai regolamenti —
non solo perché ciò che è emerso in questi interventi è certo
solo la parte visibile di un disagio più vasto e sommerso; ma
anche per il problema concernente la chiesa che tali interventi
ripropongono. Vorrei quindi riprendere la questione distinguendo un aspetto più immediato legato al sinodo da un aspetto più
generale riguardante la chiesa
nel suo insieme, rinviando questa
seconda parte ad un articolo successivo.
Al pastore si chiede
forse di
improvvisare?
Al pastore che sale sul pulpito, conduce un corso -per monitori o tiene una conferenza, la
nostra struttura ecclesiastica
non chiede certo di improvvisare. Gli fornisce invece una adeguata preparazione mediante un
serio curriculum di studi, un tirocinio e un esame abilitante.
Al deputato -che viene, soprattutto per la prima volta, al sinodo,
si chiede invece di improvvisare. Che altro suggerisce in effetti una struttura ecclesiastica
che gli richiede di essere a Torre Pellice alle 15 del giorno di
apertura del sinodo, gli consegna dopo il suo arrivo un volume di -più -di 200 pagine su problemi che in genere esorbitano
completamente dal livello locale
che gli può essere familiare, chiedendogli di prender parte alla
discussione e decisione su tali
problemi a partire dalla mattina dopo? Forzatamente improvviserà su buona parte degli argomenti se si azzarderà ad intervenire. -Ma a ben vedere improvviserà anche quando, pur essendo stato zitto durante la discussione, parteciperà in un modo o
INGHILTERRA
Pastore metodista
iscritto ai sindacato
Il Guardian del 1° settembre
riporta una notizia insolita eppure... di casa nella tradizione
metodista. Il pastore Bill Gowland si è iscritto al Sindacato
nazionale degli Agricoltori e Lavoratori annessi. Il past. Gowland, che ha 67 anni, è figlio di
un aratore dello Yorkshire che
a suo tempo fu licenziato da
due aziende agricole a causa della sua appartenenza allo stesso
sindacato.
« Lo considero l’inizio simbolico di un nuovo concordato tra
la chiesa e i) sindacato », ha dichiarato il pastore metodista
dopo aver riempito il forrnulario per la domanda di adesione,
alludendo ad un rinnovamento
dei tradizionali legami del Metodismo col movimento sindacale in Inghilterra.
L’eco del caso è ingrandito dal
fatto che il past. Gowland è l’at
tuale presidente della Conferenza metodista inglese. Egli è inoltre considerato un’autorità nei
rapporti industriali, fondatore e
presidente del Luton Industriai
College che coordina tutto il lavoro metodista inglese in campo idustriale. Il College è diventato una istituzione nazionale,
gode di considerazione ecumenica e ha favorito l’incontro di migliaia di industriali, sindacalisti
e responsabili ecclesiastici.
Con una punta di humour il
quotidiano inglese termina notando che il sig. Gowland dovrà
pagare mensilmente una sterlina e un quarto per la sua adesione al sindacato; in compenso i benefici di cui godrà comprenderanno l’assicurazione per
incidenti durante impegni di
predicazione e rimborsi per
scioperi e serrate.
nell’altro alla votazione al momento della decisione. Ci si può
aspettare qualcosa di molto diverso con l’attuale struttura?
Mi sembra chiaro che alcune
cose debbano essere cambiate al
fine di permettere un’adeguata
preparazione dei deputati (e dei
pastori!) ed un maggior collegamento tra il sino-do e le chiese
locali. Non è -qui il caso di discutere nei dettagli la data del sinodo e quella della chiusura dell’anno ecclesiastico, ma un’esigenza deve trovare spazio e cioè
che tra l’arrivo della « Relazione
al Sinodo » ai componenti il sinodo stesso e la data di inizio
della nostra massima assemblea
vi sia il tempo sufficiente (almeno un mese e mezzo) per lo studio personale della Relazione e il
confronto con la comunità locale — in una o più riunioni —
sui temi -di maggiore portata che
il sinodo si prepara a dibattere.
Per parte loro per consentire
ai -deputati un’adeguata preparazione, le chiese dovrebbero nominare i deputati stessi ad una
data ben anteriore al termine
stabilito dai regolamenti di 30
giorni daH’anertura del sinodo.
Non è -fuori luogo — parlando di
improvvisazione — ricordare che
quest’anno la carità fraterna ha
dovuto coprire l’insipienza di alcune trasgressioni alla citata
norma regolamentare che dovrebbe essere resa superflua dal
semplice buon senso.
La partecipazione
è meglio
del l’efficienza
Ma anche avendo le idee più
chiare, una maggiore preparazione e il retroterra di una discussione nella propria comunità, il
deputato immesso nell’aula sinodale incontra altri poderosi ostacoli che gli impediscono di sentirsi a suo agio e di esprimersi
adeguatamente. Gli interventi ricordati hanno chiaramente individuato questi ostacoli: i regolamenti e la -fretta. Ma se per il
primo in gran parte è il deputato che dovrà mettersi al passo
del sinodo, per il secondo il sinodo dovrà rallentare il proprio
passo se non vorrà camminare
solo con le fragili gambe di una
minoranza dei suoi membri. Ora
chi può garantire che i regolamenti siano ciò per cui sono stati -fatti e cioè lo strumento che
consente l'ordine come mezzo
per la vita della chiesa senza diventare strumento che impone
l'ordine come fine in se stesso
della chiesa? E chi può garantire uno svolgimento del sinodo
che -parta dal livello dell’assernblea stimolandola ad una crescita comune della consapevolezza
e delle decisioni anziché partire
dal livello di una minoranza più
preparata all’insegna del « segua
chi può » creando così su molti
temi una frattura interna all’assemblea? Soltanto la presidenza
del sinodo. Ma anche qui viviamo nell’improvvisazione.
Mentre infatti un tempo era
pressoché automatica e quindi
prevedibile l’elezione del predicatore -d’ufficio -del culto di apertura del sinodo a presidente del
sinodo stesso, in questi ultimi
Franco Giampiccoli
(continua a pag. 2)
Pravernara
La villa Pravernara vicino a Valenza (AL) dove ha avuto luogo
il secondo incontro tra Fratelli e Valdesi. Nostro servizio a p. ->■
Per una vera
rigenerazione
Giovanni 3; 1-18.
Ponendomi di fronte al Signore e a questo testo, ho sentito
la necessità di dividerlo in questi tre punti principali: 1° Un
amore insondabile; 2° Un linguaggio incomprensibile per Nicodemo? 3° Una salvezza automatica?
Cercando di sviluppare questi tre punti, inizio soffermandomi sul versetto 16 che per me
è la sintesi di ciò che Gesù ha
detto a Nicodemo e che io ho
racchiuso nelle parole del 1°
punto:
I. - Un amore
insondabile
Ci troviamo, infatti, di fronte
al testo dei testi e la sua analisi
ci permette di nuotare nell'oceano dell'amore di Dio senza che
ci sia data la possibilità di poterlo misurare. Gesù dichiara
che Dio ama, dona e salva. Io
seguirò questa linea tracciata
da Gesù e mi soffermerò sul fatto che:
a) Dio ama. Dicendoci che
Dio ama, Gesù non solo ci parla di un attributo di Dio, ma ci
presenta pure chi è l’oggetto del
suo amore: il mondo. Ci troviamo perciò di fronte a queste
due realtà: Dio — mondo, ossia
di fronte ad una realtà che ama
e a una realtà che, essendo amata, può rispondere all'amore con
l’amore. Parlare di amore, quindi, significa parlare di esseri
personali perché l’amore implica delle persone, ossia una relazione fra un “IO" e un “TU".
Abbiamo già rilevato che il
mondo è la realtà amata da
Dio. Penso, quindi, che sia utile
ricordare ciò che la bibbia indica con la parola “mondo".
Da alcuni testi troviamo che
essa ce lo presenta con almeno
tre significati diversi:
1° Come l’insieme di tutte le cose create: Salmo 24: 1; Geremia 10: 12-16; Atti 17: 24-25.
2° Ci presenta l’umanità nel suo
significato storico, ossia gli
abitanti del nostro globo. Giovanni 3: 16.
3" Ci presenta l’umanità nel suo
stato morale e religioso, ossia con un sistema di vita che
non tiene conto dell’autorità
di Dio. “Il mondo giace nel
maligno" (1 Giov. 5: 19).
Da questi due ultimi significati noi possiamo dedurre che
se Dio non ama il sistema di vita dell’uomo, che é quello della
autosufficienza o quello di essere arbitro della propria condotta, Dio ama l’uomo anche se è
nella realtà del peccato. Egli
ama l’uomo perché sa che questi ha davanti a sé un destino
che è eterno. Gesù prosegue e ci
dichiara che:
b) Dio dona. L’amore di Dio,
quindi, non è un amore astratto, ma concreto anche se l’uomo, in genere, non lo riconosce.
Con una frase lapidaria. Paolo
esprime questa verità quando
dice: « Poiché da lui, per mezzo
di lui e per lui son tutte le cose... » (Rom. 11; 36).
Il testo or ora. letto sappiamo
che è la conclusione della parte
dottrinale dell’epistola ai Romani, ossia del piano di Dio per
la salvezza dell’uomo. In questo
piano troviamo che tutto è per
grazia e che non c’è spazio per
le virtù dell’uomo in rapporto
alla propria salvezza. L’uorno,
infatti, non ha nessun diritto
verso Dio e Dio, a causa del peccato dell'uomo, non ha nessun
dovere " verso l’uomo. Eppure
Dio ama e dona.
La terza affermazione di Gesù
è cHc
c) Dio salva. L’Iddio che si
è rivelato è l’Iddio che ama e
dona, avendo come fine la salvezza totale dell’uorno. Ci troviamo di fronte al messaggio
dell’Evangelo e noi, come^ credenti, non possiamo che inchinarci e adorare.
Dicendoci che Dio salva^ il
contesto biblico non solo ci ricorda che Dio ci salva da una
condizione di vita da cui è impossibile trarci fuori da soli, ma
ci attesta che Egli dà al credente una nuova vita che lo fa
sentire estraneo, fuor di posto,
quando per leggerezza si lascia
intrappolare dai lacci del peccato. Quanto sto dicendo ha la
sua base in ciò che Giovanni
scrive nella sua prima epistola
Dino Turello
Dallo studio biblico
presentato all’incontro
di Pravernara
(continua a pag. 2)
2
21 settembre 1979
' ’ * r
Per una« vera rigenerazione
(segue da pag. 1)
cap. 3 vers. 9: « Colui che, per
la nuova nascita, è diventato un
figlio di Dio, non continuerà a
peccare perché il principio di
vita che viene da Dio dimora in
lui. Egli è incapace di donarsi
al peccato, perché è nato da
Dio» (tr. mod.: Kuen).
Dopo questa “passeggiata” in
quello che è il "cuore” dell’evangelo, mi soffermerò sul dialogo che Gesù ebbe con Nicodemo e che ho racchiuso nel seguente punto:
II. - Un linguaggio
incomprensibile?
Esaminando questo dialogo,
penso che Unnico punto che poteva essere incomprensibile a
Nicodemo, si trova al versetto 3
dove Gesù dice: « ...se uno non
è nato di nuovo, non può vedere il regno di Dio». Non comprendere il seguito, voleva dire
per Nicodemo — dottore della
Legge, Fariseo — ignorare le,
Scritture alle quali Gesù si riferiva. Gesù, infatti, lo rimprovera dicendogli: «Tu sei il dottor
d'Israele e non sai queste cose?» (vers. 10).
Esaminando ora le condizioni
che Gesù presenta a Nicodemo
per « vedere il regno di Dio »,
penso che si presentano alla nostra mente i seguenti interrogativi: che cos’è il regno di Dio?
Cosa significa 'nascere d'acqua'?
'Nascere di Spirito’?
a) Il regno di Dio. Riguardo
ad esso, il nostro primo pensiero va alla Chiesa. La realtà però è diversa perché Gesù non
aveva ancora parlato della Chiesa che avrebbe edificata con coloro che avrebbero riconosciuto
la sua deità e messianità. (Matt.
16: 16/18).
Un secondo pensiero è che il
"regno di Dio” significa l'insieme delle creature sottomesse
all'autorità divina.
Nicodemo certamente conosceva ciò che concerneva il regno messianico, e del resto Gesù si rivolgeva a lui riferendosi
a delle cose che erano teoricamente conosciute. Quello però
che balza evidente è che nel regno di Dio non si può entrare
senza una nuova nascita.
b) Nascere d'acqua. Il libro
dei Numeri consacra il capitolo
19 all’acqua di purificazione e la
sua lettura ci permette di dedurre che mentre un bagno nell’acqua può portare, in seguito
a certe contaminazioni, una purificazione materiale, altrettanto
non si può dire per un semplice spruzzo. Questo ci fa pensare
che la rnaggior parte delle ordinanze rituali che avevano rapporto all'acqua erano simboliche. Ma un testo dell'Antico Testamento, veramente significativo riguardo al dialogo fra Gesù
e Nicodemo, lo abbiamo in Ezechiele 36: 25, dove è scritto:
« ...vi aspergerò d'acqua pura, e
sarete puri; io vi purificherò di
tutte le vostre impurità e di tutti i vostri idoli ». Anche qui l’acqua è simbolica, però è legata
alla promessa concreta che simboleggia: « ...io vi purificherò di
tutte le vostre impurità e di tutti i vostri idoli ». Ora tutto questo è in relazione alla rigenerarazione — o nuova nascita — del
popolo d'Israele, rigenerazione
che un giorno avrà luogo per
l’azione della parola di Dio e
che Nicodemo poteva già realizzare in Cristo Gesù.
c) Nascere di Spirito. Il testo ci parla di una rinascita spirituale di cui lo Spirito Santo è
la sorgente. E anche questo testo ha la sua base biblica nèlVAntico Testamento, ossia in
Ezechiele 36: 26-27, dove è detto: « E vi darò un cuore nuovo,
e metterò dentro di voi uno spi
rito nuovo; torrò dalla vostra
carne il cuore di pietra e vi darò
un cuore di carne. Metterò dentro di voi il mio spirito, e farò
sì che camminerete secondo le
mie leggi, e osserverete e metterete in pratica le mie prescrizioni ». Il capitolo 36 ci parla dunque del ritorno d’Israele nel suo
paese (vers. 12, 24, 28, ecc.) delle benedizioni terrestri che lo
accompagneranno (8/11, 29/30,
ecc.) e altresì della sua conversione o nuova nascita (anche il
capitolo 37 parla di questo). Gesù, quindi, è venuto a proporre
questo regno perché Egli è il
Messia, il “figlio di Davide". Proponendolo, perciò, a Nicodemo,
Gesù gli ricorda che questo regno non può essere instaurato
fino a quando Israele e ogni uomo per conto proprio, non sarà
purificato e convertito per l'azione dello Spirito Santo.
Dopo questa presentazione, si
potrebbe pensare che questo testo viene ad essere unicamente
limitato alla ristorazione d’Israele. Ma non è così! La necessità di una “nuova nascita” di
cui Gesù parla a Nicodemo, e
che questi, come dottor della
legge, avrebbe dovuto capire, viene ad essere estesa nel versetto
16 e 17 a tutto il mondo. Parlando ora di "nuova nascita" possiamo chiederci:
III. - Una salvezza
automatica?
Chiarisco subito che per 'salvezza automatica’ intendo dire
che la salvezza che viene da Dio
diventa o non diventa mia
indipendentemente dalla ' mia
volontà. So che c’è una corrente di pensiero che accentua fortemente la sovranità di Dio al
punto da escludere l’esercizio
della volontà umana. Personalmente, pur credendo alta sovra
nità di Dio, non accetto questo
estremismo e i versetti 16 e 17,
uniti a tanti altri, costituiscono
la base per il mio rifiuto. Non
accetto neppure come “nuova
nascita” il fatto di essere nato
in un ambiente cristiano, di frequentare una chiesa ed essere
edotto riguardo alla dottrina
cristiana. È proprio per questo
motivo che noi presentiamo ai
nostri figli, e a tutti gli uomini,
la necessità di una capitolazione di fronte alla volontà di Dio;
capitolazione che significa riconoscere la propria condizione di
“morte spirituale” (Efes. 2: 1-3)
e il fatto che senza l’intervento
di Dio non ci può essere in noi
una vera rigenerazione. Sono
convinto che ogni individuo, indipendentemente dalla sua posizione sociale e religiosa, ha bisogno di accettare la convinzione di peccato prodotta dallo
Spirito Santo (Giov. 16: 8) e riconoscere che senza l'accettazione personale del sacrifìcio di Gesù Cristo, non ci può essere
"nuova nascita", ossia la salvezza dalla perdizione eterna di cui
parla la bibbia e una nuova vita che inizia già qui sulla terra.
Conclusione. Il testo che ho
analizzato, riconoscendo le mie
limitazioni, riguarda tutti: “Ebrei” e "Gentili”. L’assoluto che
Gesù ci presenta al versetto 3
ci è indispensabile per avere un
nuovo rapporto con Dio. L’ebreo
di ogni tempo deve riconoscere
che soltanto in Cristo si avrà
l’adempimento delle profezie a
cui ci siamo riferiti. E noi
“gentili", che accettiamo il messaggio del Nuovo Testamento,
sapendo che il regno di Dio “non
consiste in vivanda né in bevanda, ma è giustizia, pace ed allegrezza nello Spirito Santo"
(Rom. 14: 17), non dobbiamo
ignorare che è soltanto per mezzo di Cristo che si può entrare
nella realtà di questo regno.
Sapremo tenere nella giusta
considerazione l’assoluto di Gesù? Se sarà diversamente, sono
certo che il Signore dirà a ciascuno di noi: “Tu... non sai queste cose?” (v. 10).
Dino Turello
TRIBUNA LIBERA
La riforma dei cuito
Secondo molte opinioni pare
che finalmente ci si desti per « riformare » il Culto domenicale.
Ora, se questo non comportasse
scimiottature (che è la caratteristica del nostro tempo) e se
non fosse conformismo sociopolitico (che ormai inquina ogni
settore della nostra sbandata società), ma se vi fossero veri intenti per riportare la santificazione domenicale ai tempi apostolici sotto la guida dello Spirito Santo tenendo pure conto
della Storia della Chiesa, allora
sarebbe veramente provvidenziale quanto maturo stabilire nuove linee liturgiche.
Soprattutto, sulla scia delle
prime adunanze cristiane non
mi sembra che nel giorno di Domenica (quale data di Resurrezione) sia valevole un Culto mu
tilato della Santa Cena. Per questo ho sempre dato ragione alle Chiese che fondano la santificazione della Domenica sulla
Comunione, come quelle di indirizzo episcopale, quella Apostolica, dei Fratelli, la Chiesa di
Cristo e tante altre. Poi non vedo assolutamente come biblico
che i ragazzi ed i giovani non
partecipino al Culto domenicale,
almeno in linea generale. Ciò è
assolutamente contro le esortazioni di Clesù: « Lasciate che i
fanciulli vengano a me ». Ma
questo è potuto avvenire soprattutto nelle Chiese Riformate a
carattere presbiteriano e ciò
perché queste hanno troppo intellettualizzato il Culto, ponendo al centro di questo un sermone ben elaborato e prolisso,
più annoiente che convincente e
Un appello della FCEI alle Chiese Membro
Profughi, Vietnam, Nicaragua
Cari Fratelli,
conoscete tutti il dramma dei profughi deirindocina, la
grave situazione di sofferenza in cui sono venuti a trovarsi
le popolazioni di quei paesi e quelle del Nicaragua in seguito
alle devastazioni della guerra.
In questi ultimi mesi il Consiglio Ecumenico delie Chiese
ha intensificato la sua azione di soccorso in queste aree, attraverso programmi specifici che sono stati sostenuti dalle
chiese membro.
Anche su sollecitazione di alcune delle chiese membro
della nostra Federazione, vi invitiamo a partecipare a questa
azione di solidarietà umana e cristiana con una vostra offerta. Le somme raccolte — con la specificazione della loro destinazione (profughi dall’Indocina, ricostruzione del Vietnam,
sostegno alla popolazione del Nicaragua) — potranno essere
inviate entro il mese di ottobre, tramite il conto corrente
postale: n. 5/15481 ■ intestato a:
Federazione Chiese Evangeliche in Italia
via Firenze, 38 - 00184 Roma
Tali offerte verranno poi inviate al Consiglio Ecumenico.
Sicuri della vostra generosa partecipazione, vi salutiamo
fraternamente.
Roma, 10 settembre 1979.
per la Giunta della Federazione
f.to Aurelio Sbafli (Tesoriere)
poco afferrabile per il suo rivestimento dialettico, perfino pochissimo consono al Cristianesimo. Da ciò la causa principale
della separazione fra adulti e
bambini anche nel Culto della
Domenica, proprio come se esistessero due chiese, una dentro
l’altra. Ciò è sempre risultato
negativo, avendo creato esclusioni di età e carismatiche in
quanto, in generale, sono proprio i ragazzi che apporterebbero il loro valido contributo nella liturgia del Culto col canto e
la lettura. E più ancora lo sarà
se parteciperanno alla Santa Cena, come se ne sono accorte (anche se con ritardo secolare) varie Chiese riformate svizzere.
Ma non ci ha proprio insegnato
nulla Badén Povrell (evangelico
e fondatore dello Scoutismo) il
quale aveva giustamente riscoperto nei ragazzi delle doti che
non hanno neppure gli adulti?
Eppure (durante la II guerra
mondiale) furono proprio le
Chiese Luterane tedesche e scandinave a servirsi dei ragazzi e
dei giovanetti perfino per la predicazione in seguito alle persecuzioni naziste e alla deportazione di pastori. Strano davvero
che si voglia far passare per biblico il pastorato femminile,
mentre assai più scritturale sarebbe l’ausilio dei ragazzi nella
liturgia domenicale!
Per vecchia esperienza, avendo conosciuto da oltre quaranta
anni la liturgia di tutte le Chiese Cristiane esistenti, ho potuto
sinceramente convincermi che i
ragazzi apportano un enorme
beneficio nella liturgia del Culto domenicale, coronando positivamente ciò che manca agli adulti. È tuttavia vero che la
Chiesa cattolica esagera nell’ammettere ai Sacramenti i bambini di una età semi-irragionevole;
ma non condivido affatto l’altro
estremo praticato dalle varie
Chiese protestanti che introducono nell’ambito della Chiesa solo i giovani semi-adulti, privandoli per tanti anni di quella comunione fraterna che dovrebbe
verificarsi nelle Comunità e nel
Culto. Ecco perché allorquando
un ragazzo si trova casualmente
e sedere nelle panche del tempio con gli adulti si sente del
tutto estraneo, spaesato e quasi
sempre restìo a salutare gli anziani, come se i nostri ragazzi
dovessero appartenere ad un altro mondo, influenzati da una
sapienza che è poco biblica nella pratica e rivestiti da uno spirito aristocratico. Questa la cruda e non edificante realtà che
mi ha colpito e disgustato per
tanti anni e che, come cristiano,
mi induce a reagire.
Perciò, al fine di rendere più
apostolico il Culto, anticipiamo
la Confermazione dei ragazzi
(quando non si preferisca più
biblicamente il battesimo all’età
di maggiore discernimento, ciò
che potrebbe avvenire subito
dopo i tredici anni) facendoli
pur sempre partecipare al Culto,
spostando la Scuola Domenicale ad altra ora oppure al sabato
pomeriggio. Sarebbe veramente
edificante la collaborazione dei
ragazzi nel Culto, ridonando loro quelle belle possibilità che
erano state tolte quando si rese gelida la santificazione domenicale rarefacendo la Santa Cena.
Si renderà finalmente indispensabile l’abbreviazione della predica, finora annoiante perché retorica, distribuendo a ciascuno
i servizi nel loro vero significato carismatico, come del resto
ci si è recentemente incamminati con la lettura e la predicazione ed anche la preghiera dei
laici.
Del resto questo importantissimo argomento, specialmente
sulla indispensabilità della Santa Cena domenicale, era stata
affrontato più volte nel lungo
corso della Storia della Chiesa.
Anche Gino di Roberto, uomo di
Dio, saggio e competente insegnante, pedagogista illuminato,
appartenente alla Chiesa dei Fratelli, scrisse un brillante articolo sulla Luce nel lontano 1946;
ma, come sempre, restò una
« vox clamans in deserto», come
accade per tutte le questioni
che affondano le loro radici nelle verità bibliche e nella giustizia!
Elio Giacomelli
Dalla parte
dei laici
(segue da pag. 1)
anni i due compiti sono stati
costantemente distinti. Di fatto
perciò, mentre designandolo un
anno prima diamo un anno di
tempo al predicatore per prepararsi al compito, indubbiamente
impegnativo di un’ora di culto,
eleggendolo il giorno dell’apertura del sinodo diamo al presidente il tempo di una notte per prepararsi ai 5 giorni di un lavoro
sfibrante.
A mio parere è chiaro che anche il presidente deve essere incaricato un anno per l’altro. Ma
non solo per impadronirsi a fondo dei regolamenti e del complesso meccanismo sinodale, bensì anche per assumere per tempo quella parte del suo compito
consistente nell’essere dalla parte della partecipazione che finora è stata spesso sacrificata sull’altare dell’efficienza.
Quando si apre un sinodo vi
sono infatti almeno tre esigenze
che si trovano a confronto. Quella di decisione su una serie di
problemi e proposte che stanno
di fronte alla chiesa nel suo insieme e che le devono permettere di andare avanti; la Tavola
è l’autorevole portatrice di nuesta esigenza. C’è poi l'esigenza
di controllo da parte della chiesa sull’operato della Tavola e
delle altre commissioni amministrative incaricate di eseguire le
decisioni sinodali; e la Commissione d’Esame è la competente
garante di questa esigenza. Ma
c’è anche l’esigenza della partecipazione delTassemblea sinodale — e in senso lato della chiesa
nel suo insieme — alle decisioni
e al controllo e questa esigenza
deve essere tutelata dal Seggio
del sinodo che deve quindi (almeno nella persona del presidente) poter conoscere le istanze delle altre due « forze » sinodali (e
le rispettive relazioni!) in modo
che quando viene stabilita Tagenda del sinodo possa far valere accanto alle altre anche l’esigenza della partecipazione se del
caso anche con una riduzione
dell’agenda stessa. Tenendo poi
costantemente presente questa
esigenza durante il corso dei lavori sinodali.
Altri strumenti per tutelare
l’esigenza di partecipazione potrebbero essere menzionati: ner
esempio un contatto del presidente designato con i deputati,
soprattutto quelli eletti per la
prima volta, con suggerimenti
per la preparazione; una loro
convocazione per una riunione
introduttiva la mattina del giorno di apertura del sinodo ner
familiarizzarsi con l'aula, i microfoni, la presidenza, le procedure, ecc. Ma non è necessario
entrare nei dettagli: delimitandolo solo nelle grandi linee, questo dovrebbe essere uno dei campi in cui si esprime la creatività
della chiesa.
Proposte, non
toccasana
Consentire una effettiva preparazione dei membri del sinodo
ed eleggere un anno per l’altro
il presidente del sinodo sono
semplici proposte di miglioramento, non il toccasana delle nostre lacune e incapacità. Tuttavia
anche le proposte non hanno vita facile in sinodo. Abbiamo visto quest’anno che talvolta neppure un atto di una conferenza
distrettuale (appunto sulla data
del sinodo) è sufficiente per aprire un dibattito e giungere eventualmente a decisioni operative.
Speriamo perciò che queste —
o altre — proposte possano trovare eco in quegli organi che in
sinodo possono aprire un dibattito su argomenti di un certo rilievo senza che le relative proposte siano confinate nelle strozzature finali di una sessione sinodale.
Franco Giampiccoli
Hanno collaborato a questo
numero: Franco Davite, Dino
GardioI, Luigi Marchetti, Paolo Ribet, Giorgio Tourn.
3
21 settembre 1979
LETTERA APERTA A ANZIANI E DIACONI
Siete membri del Concistoro...
Il Sinodo, nel quadro dei regolamenti sui ministeri, ha varato quest’anno un articolo — che presentiamo — sul Concistoro e le funzioni ad esso
spettanti, la cui più importante variazione concerne il limite massimo di eleggibilità dei suoi
membri, fissato in 15 anni. La speranza è che que
sto limite sia un incentivo ad una maggiore riscoperta dei doni nella comunità. A conrmento
pubblichiamo questo articolo tratto dal foglio d’informazione della Chiesa Riformata d’Alsazia e
Lorena.
Ogni chiesa iocale è retta ed amministrata da un consiglio di chiesa
che nelle autonome è detto concistoro.
Ne fanno parte con voce deliberativa i pastori adibiti alla chiesa locale; gli anziani e i diaconi eletti dall'assemblea.
Anziani e diaconi sono eletti di 5 in 5 anni, ma non più di tre volte
consecutivamente.
Con voce consultiva vi partecipano i candidati al ministero addetti
alla chiesa, e un responsabile della scuola domenicale e delle attività
settoriali. (R.O. 4 art. 30).
La Comunità vi ha scelti. Ha
fiducia in voi. Il Signore vi conosce cosi come siete. Egli ripone la sua speranza in voi. Ora
siete incaricati di una missione.
Avete accettato di essere candidati. Siete stati eletti per lavorare nell’opera di Gesù Cristo
oggi, nella comunità e nel mondo dove vivete ogni giorno. Fate parte di un gruppo con gli
altri membri del concistoro, con
tutti coloro che hanno una responsabilità nella comunità. Il
pastore è vostro compagno in
quest’opera e voi siete i suoi
compagni. Dovrete adempiere ai
diversi compiti che vi sarete divisi secondo i doni che ciascuno
ha ricevuto dallo Spirito Santo.
Il Signore vi chiama a servirlo
in quella gioia che continuamente viene vivificata dalla comunione con Lui e che vi unisce gli
uni agli altri.
Se il nostro Dio è veramente
il Dio vivente, egli agisce nella
nostra vita. Per mezzo della nostra vita, renderemo evidente
che egli è vivente. È con Lui
che facciamo le nostre scelte e
che prendiamo le nostre decisioni.
Quali sono i compiti
di un concistoro?
Questi vanno certamente al di
là dell’amministrazione dei beni, al di là della costruzione e
della conservazione degli edifici. Ma, a questo proposito, se
anche questo lavoro deve essere
fatto, è perché gli edifici sono
degli strumenti. Ora sono veramente utili? Sono inutili? Come
fare a saperlo?
Ecco che subito usciamo dal
campo ristretto delle finanze e
dei bilanci. La risposta a queste tre domande ci è data innanzi tutto dall’ascolto di ciò che
ci dice il Signore. Un Concistoro non può lavorare se non partendo dall’ascolto di tutto ciò
che riceve dallo studio della Parola di Dio, quando si riunisce
e prega per le donne, gli uomini, i bambini che il Signore gli
chiede di servire. In secondo
luogo la risposta illuminata dallo Spirito è data dal prendere
in considerazione i fatti: questi
strumenti servono veramente alla gloria di Dio se aiutano a
fare la gioia degli uomini, delle
donne e dei bambini assetati di
speranza. Questo dipende strettamente dal modo in cui impostate il vostro lavoro e vi servite di questi strumenti.
Teorìa?
Essere membri del Concistoro, significa aver accettato un
servizio impegnativo e prioritario come lo è ogni servizio nel
nome di Cristo. « Offrite voi stessi a Dio in sacrificio vivente. È
questo il vero culto che gli dovete » dice Paolo ai Romani. Questo vuol dire: « impegnatevi completamente, senza riserve ». Per
voi deve essere prioritario il servizio di Dio presso gli uomini. Se
questo rimane teorico, è colpa
nostra che cerchiamo sempre di
schivare le nostre responsabilità accampando sempre delle
nuove scuse.
Un membro del Concistoro vive dell’incontro con il suo Signore nella preghiera e nell’ascolto della sua Parola, da solo o
assieme agli altri. È persona che
medita, è sempre in ricerca.
Un membro del Concistoro è
persona di azione. Questo è la
conseguenza normale della vita
di preghiera e di ascolto della
Parola, perché l’una e l’altra ci
spingono verso coloro che incontriamo ogni giorno in casa,
nelle strade, sul lavoro, vicino
o lontano.
Questo lo possiamo dire di
ogni cristiano. A più forte ragione lo diciamo a proposito di un
membro del Concistoro che ha
il privilegio di poterlo vivere insieme ad un gruppo di uomini e
donne chiamati a mettere in movimento una comunità. Per razione dello Spirito Santo, nel
prolungamento normale del vostro battesimo che vi lega a Cristo e per mezzo di lui a tutti
coloro che gli appartengono, crescete insieme, come i segni dell’evangelo vivo anche oggi.
Cosa potete fare?
Accogliere: visitare coloro che
sono appena arrivati nella comunità o nel villaggio. Al culto
salutare quelli che arrivano. Cercare di metterli in contatto gli
uni con gli altri affinché non si
conoscano soltanto di vista o
di... schiena. L’accoglienza è il
primo passo nella vita comunitaria. Guardiamo Gesù. Egli va
verso gli uomini perché lo possano incontrare.
Per il culto: partecipare alla
liturgia, leggere un testo, preparare e dire una preghiera, eventualmente prendere parte alla
predicazione: sia attraverso una
riunione di preparazione, sia facendo una meditazione dialogata Fare la colletta. All’uscita
prendere nota delle persone che
desiderano una visita per loro
o per una persona di loro conoscenza. Collaborare con il pastore nella celebrazione della S.
Cena. Accompagnare il pastore a
portare la S. Cena ad un malato
o ad un handicappato.
Visite: ai malati, agli isolati,
a coloro che rischiano di perdere il contatto con la comunità.
Frequentare i gruppi di studio
biblico, i gruppi di preghiera,
ogni tanto anche i catechismi
perché i ragazzi ed i loro genitori si rendano conto che l’animazione della comunità non è compito di una sola persona, di uno
specialista.
Informarsi su ciò che succede
nel mondo. Informare il Concistoro sui problemi della vita
quotidiana per ricercare insieme
come aiutarsi a vicenda sia nell’interno della comunità, sia al
di fuori perché la ragion d’essere della comunità è il servizio
verso gli altri.
Essere aperti: la vita ha bisogno di aperture per svilupparsi. È evidente che per realizzarsi non può rimanere rinchiusa
in se stessa. Ciò è vero per ogni
vita. Gli uomini hanno questa
particolarità che hanno bisogno
di conoscere altri uomini e di
camminare al loro fianco, per
essere pienamente loro stessi,
facóndo insieme quelle scoperte che li stimolino. Lo stesso
le comunità, le chiese, hanno
molto da ricevere le une dalle
altre per « crescere insieme in
Cristo» (rileggere Efesini 4:
1-16).
Se abbiamo veramente gli occhi aperti, e le orecchie attente,
impareremo il reciproco arricchimento che si può avere con tutti gli uomini. Saremo sensibili
ai richiami che Dio ci rivolge
anche attraverso persone non
cristiane. Vedremo come Dio
agisce nel mondo, e ne terremo
conto.
Vigilanza: JSTon si tratta qui di
sorveglianza. Però, sapete bene.
in ogni comunità si può introdurre ogni sorta di miseria. Una
delle più frequenti deriva dai
numerosi malintesi o pettegolezzi. Spesso sono solo i membri
del Concistoro che possono chiarire le cose spiegando ciò che è
stato frainteso o mettendo a tacere le cattive lingue.
Solidarietà: « Se non siamo
solidali gli uni con gli altri, se
non siamo solidali con il terzo
mondo, siamo dei parassiti sul
corpo di Cristo » (E. Kasemann).
Vivere insieme: i membri del
concistoro si incontrano per delle sedute. Si riuniscono per lavorare, pregare, ascoltare la Parola. Va bene. Ma che si invitino
anche scambievolmente senza
ordini del giorno, per niente,
semplicemente perché dei colleghi diventino dei fratelli.
M. A. Wolff
TORINO
Nuova Pentecoste
tra gli Tzigani
Domenica 17 giugno nella popolare zona delle Vallette a Torino si sono dati convegno alcune centinaia di Tzigani di varie
tribù, con una cinquantina di
« roulottes ». Erano pure presenti il maggior responsabile deh
l’azione evangelistica tra gli Tzigani del mondo intero il Pastore Clemente Lecossec, frère Jacob, Ghigo, l’amico Vincenzo Buso e Bertilla con la comunità
pentecostale di Venaria Reale.
L’occasione del convegno era il
battesimo di sessanta tzigani
convertiti di recente, grazie all’opera di evangelizzazione del
gruppo, ricordato sopra.
Sotto un sole cocente più di
trecento Tzigani facevano coro
« CAMPO EDUCAZIONE » DI AGAPE
La formazione e
fabbrica, scuola,
la cultura:
quartiere
Dal 1° all’S agosto si è svolto
ad Agape il « Campo Educazione » dal titolo « La formazione e
la cultura: la fabbrica, la scuola, il quartiere ». La partecipazione non è stata molto numerosa (40 presenti circa) ma in
compenso la composizione dei
campisti era talmente varia (insegnanti dalle elementari all’università, pensionati, casalinghe,
operai delegati e non, operatori
culturali) che ha facilitato una
discussione intensa, ricca e varia
allo stesso tempo sui temi proposti dal campo.
Lo scopo del seminario era di
verificare se, nonostante il periodo difensivo e di riflusso in cui
si trova il movimento di opposizione in Italia, non si fosse spezzato il filo su cui si stava sviluppando una nuova concezione della scienza, un nuovo modo di intendere i rapporti sociali e di
organizzare il lavoro superando
la storica divisione tra lavoro intellettuale e lavoro manuale. Filo ideale e politico che univa set
tori diversi quali la fabbrica, la
scuola, il territorio, tradizionalmente gestiti dal padronato e
dalla borghesia.
Io credo che il campo, soprattutto nella prima parte, quando
al centro del dibattito sono state le relazioni dei delegati del
C.d.F. della Montedison di Castellanza e della Fiat Mirafiori,
abbia detto chiaramente che
questo tentativo continua a marciare nonostante tutto. È proprio dalle esperienze (anche se
minoritarie in seno al Movimento Operaio) che in queste due
grandi fabbriche si stanno portando avanti sulla nocività e
l’ambiente di lavoro che è emerso come sia possibile elaborare e far crescere un progetto
di modificazione della realtà esistente con i suoi determinati
rapporti sociali e di produzione;
questo si può fare ponendo come dato centrale lo scontro di
classe sul tipo di organizzazione
del lavoro e assumendo come
elemento fondamentale di par
FRANCiA
Congresso medico-sociale
Si è concluso a Nîmes, in questi giorni il XII Congresso medico-sociale protestante in lingua francese. Più di 500 partecipanti hanno dibattuto il tema
generale dell’incontro: « Vita e
comunicazione ».
Le principali comunicazioni sono state tenute rispettivamente:
dal prof. Marc Monod, Presidente del Congresso, da Alain Desverguez dell’Istituto delle comunicazioni sociali dell’Università
di Ottawa, e dai medici Garrigues e Gabbai. Oltre alle comunicazioni ufficiali molto spazio
— informa l’agenzia francese
BIP-SNOP — è stato dedicato
all’ascolto di testimonianze dirette pronunciate da infermiere, assistenti sociali e cappellani d’ospedale. Gérard Delteil,
della Facoltà teologica di Montpellier, ha concluso i lavori sintetizzando le linee emerse durante questo importante congresso.
tenza e di trasformazione la
« soggettività » del gruppo omogeneo intesa nella sua dimensione storica di sintesi del patrimonio di lotta e di esperienze
collettive ed individuali.
Con le relazioni successive si
è inteso collegare il discorso nascente dalla fabbrica con quello
più recente dei corsi delle 150
ore, dei corsi di alfabetizzazione
e delle esperienze di animazione
nei quartieri. Cosa significa assumere come dato fondamentale
il gruppo omogeneo, la « soggettività operaia » in un lavoro sul
territorio e sulle istituzioni?
È questo uno dei problemi emersi nella seconda parte del
campo al quale però non è stato
possibile dare risposte e indicazioni precise per ovvii motivi.
Alla fine si sono individuati dei
temi possibili per il prossimo anno (quali ad es. gli Enti Locali,
la questione della « casa », le
cooperative nell’agricoltura, l’energia ecc.) sui quali continuare la discussione.
Credo giusto infine ricordare
anche che la normale serata di
informazione ai campisti su cos’è Agape (svoltasi a metà del
campo) si è trasformata poi in
una discussione intensa, un confronto vivissimo tra evangelici,
non credenti e cattolici, durata
più di 5 ore e che si è rivelata
nient’affatto slegata dai problemi affrontati durante il campo
e che ci ha messi gli uni di fronte agli altri secondo una luce
più completa e vissuta che non
solo quella politica, a volte un
po’ unidimensionale. Dalla storia
di Agape si è passati alla Chiesa
Valdese, alle sue strutture, alla
EGEI, al significato di essere minoranza in una società cattolica,
a chi è Dio, in cosa si manifesta,
alTimpegno del credente nella
lotta politica. Una discussione
che ha reso più completo ed
istruttivo tutto il campo.
B. L.
na attorno ai neofiti; nel corso
della cerimonia, ad ogni dichdarazione di fede si udiva il grido
di esultanza in lingua tzigana:
Bacio, cioè io credo, mentre la
folla delle persone alternava il
canto, le preghiere in lingue.
«Il Signore è all’opera, il Signore sta facendo grandi cose »
annunziavano con gioia gli oratori nelle loro predicazioni... «le
numerose conversioni — ci dichiarano i leaders del movimento — sono frutto delle preghiere continue, perseveranti al Signore della grande messe... ».
Infatti in questi anni di attesa i
vari gruppi di convertiti nel
mondo hanno intensamente pregato per la conversione degli
Tzigani in Italia e il Signore ha
risposto con la potenza dello
Spirito Santo; si avvera quanto
Paolo scriveva alla comunità di
Colosse: «perseverate nella preghiera, vegliando in essa con rendimento di grazie... perché Dio
apra una porta alla Parola... ».
Siamo rimasti colpiti dal clima di allegrezza e spontaneità
dei vari momenti della cerimonia, laddove non si avvertiva la
differenza tra il momento sacro
e quello profano, essendo ogni
cosa compiuta alla presenza dell’Eterno nello spirito delle feste
dell’antico Israele. Per gli Tzigani infatti la differenza tra la vita
quotidiana e una festa rituale
non esiste perché Dio è presente in ogni aspetto della esistenza
umana.
Siamo stati onorati di poter
dare un messaggio, di rivedere
tanti volti ormai amici, di rivivere momenti di ricca comunione fraterna con gli ultimi degli
uomini, nella fiducia d’una sempre maggiore comprensione d’un
popolo per tanti secoli messa al
bando dai Gadj, cioè da noi.
Quartino Andrea, Daniela
e G. Bouchard
ISTANBUL
Storica visita
Una delegazione di sette membri, guidata dal dott. I. Me Cord,
presidente dell’Alleanza Riformata Mondiale (ARM) si è recata recentemente a Istanbul
per condurre il lavoro preparatorio in vista del primo dialogo
ortodosso-riformato su scala
mondiale dopo la Riforma del
XVI sec. La delegazione riformata — informa BIP-SNOP —
è stata ricevuta dal patriarca
ecumenico Dimitrios ler che nel
suo discorso ha sottolineato la
importanza di questo dialogo
teologico. Nel corso della visita
i riformati hanno consegnato a
ler fotocopia di un documento
concernente le relazioni esistenti
tra il Patriarcato ortodosso e la
Ginevra riformata all’inizio del
XVII secolo. Il documento era
accompagnato da uno studio
storico di E. Perret, segretario
generale dell’ARM.
4
21 settembre 1979
NELL’ANNO INTERNAZIONALE DEL BAMBINO
Cartoni animati in TV
Sono davvero innocui i cartoni animati che i bambini
di oggi assorbono quotidianamente dalla televisione? A questo interrogativo si propone di rispondere questo servizio
della nostra collaboratrice a cui abbiamo chiesto di analizzare e valutare alcune delle maggiori « serie » televisive.
I cartoni animati — traduzione letterale dell’inglese cartoons
— sono fra gli spettacoli più
popolari, e ritenuti per eccellenza adatti ai bambini. Tra i vari
tipi in circolazione, quelli a serie
sono quelli più tipicamente televisivi e con la loro ripetitività
hanno maggiore possibilità di
influenzare i bambini che vi assistono. È chiaro infatti che, positivo o negativo che sia, un cartone animato — o qualsiasi altro spettacolo — singolo non
influisce particolarmente sulla
mentalità degli spettatori; per
negativo che possa essere, perciò, un cartoon cinematografico
rimane per il bambino un episodio sporadico, che può venire
presto dimenticato, o comunque
ricordato come un fatto isolato;
ma un programma televisivo, ripetuto magari tutte le sere, e
visto a casa propria, viene in
certo modo a far parte della
vita dello spettatore (di tutte
le età) e entro poco tempo elimina anche le barriere critiche
■che si possono opporre inizialmente (è inverosimile; è assurdo; è brutto; è sbagliato); è diffìcile criticare qualcosa sistematicamente sera dopo sera, e in
breve lo spettatore vi si abitua
e viene preso dal meccanismo
ripetitivo di questo tipo di programma. Sappiamo tutti quanto
la ripetizione incessante influenzi chi ascolta; è questo il principio su cui è basata la pubblicità.
Questo è vero per tutti, ma maggiormente per coloro che per
mancanza di cultura e di maturità sono scarsamente dotati di
senso critico, e tra questi i bambini, che sono tanto più vulnerabili quanto più dipendono dalla televisione, cosa che avviene
di frequente. Le cause sono molte e varie: la mancanza di altri
divertimenti infantili, specialmente nelle città; il diffuso disinteresse per la lettura; una certa
pigrizia a cercare un passatem
I Càtari
a Monforte
« Ed Ariberto, avendo brviato
una quantità di guerrieri a quel
Monforte, catturò tutti quelli
che potè trovare, fra i quali la
contessa di quel castello, che
aderiva a tale eresia» (da: Landulphi Sen. Hist. Mediolanensis).
Questa azione militare, promossa dall’arcivescovo di Milano, Ariberto d’Intimiano, nel
1028, segnò la fine di quella comunità catara con la successiva ed inevitabile condanna al
rogo. Il sacrifìcio non restò tuttavia senza ricordo : a quella
pagina di storia pare si debba
attribuire la denominazione di
« Borgo Monforte » data ad un
quartiere di Milano, conservata
ora nel « Corso Monforte ».
Lo studio che Domenico Garelli ci propone di questa particolare scelta religiosa di un
piccolo centro piemontese, « I
Càtari dì Monforte »', ha dunque come scopo «la narrazione
della vicenda originaria e la sua
interpretazione », « l’esposizione
della ’fortuna’ storico-letteraria
della vicenda stessa », la connessione del Mons Fortis con
il borgo milanese.
Chiudono il volumetto sei appendici storiche molto interessanti: da Rodolfo il Glabro e
« Les Clnq Livres de ses Histoires» a Landolfo, cit., da L. A.
Muratori, « Annali d’Italia », al
Verri con la sua « Storia di Milano », per finire con un poemetto incompiuto e poco noto
del Berchet, ispirato all’episodio de «Il castello di Monforte ».
Giuseppe Gorìa
' Domenico Garelli. / Càtari di
Monforte. A cura del Comune di Monforte d’Alba, pp. 63, 1979 (non reca
indicazione di prezzo).
po diverso, unita alla convinzione di molti genitori che la televisione sia sempre positiva («insegna cose nuove», « quando la
guardano i bambini stanno buoni »), o almeno innocua. Naturalmente questa premessa non
vuole condannare in blocco tutti i programmi televisivi per i
bambini, ma solo accennare ai
pericoli che possono presentare
se assumono un’eccessiva importanza nella vita dei bambini.
Individuato così nella ripetitività il carattere che distingue
il cartoon televisivo, e nell’impossibilità di esaminare tutti
quelli che vengono trasmessi, mi
limiterò a trattare alcuni di quelli che seguono appunto questo
criterio.
Braccio di ferro
« Braccio di ferro » (Popeye
nell’origmale) ha ormai cinquant’anni; nato come fumetto, e passato poi al cinema e alla televisione, benché sia uno dei personaggi più vecchi è uno dei preferiti dei bambini.
Braccio di ferro è un rozzo
marinaio, collerico e non troppo
intelligente, ma « cuor d’oro »;
ha una fidanzata, Olivia, un figlio
adottivo e altri parenti, e un nemico e rivale, Timoteo, prepotente e fortissimo, che pone in
atto nei loro riguardi i più atroci dispetti. Ma nelle peggiori difficoltà, è sufficiente a Braccio
di ferro mangiare spinaci in scatola — che inghiotte in una sola
boccata, magari aspirandoli attraverso la pipa, — per acquistare istantaneamente invulnerabilità e forza imbattibile.
Generalmente ogni cortometraggio si articola in tre parti:
1) Braccio di ferro o la fidanzata sopportano angherie incredibili; 2) Braccio di ferro reagisce, viene sconfìtto ed è in situazione disperata; con estrema fatica, riesce ad estrarre la sua
scatola di spinaci e a inghiottirla; 3) riscossa di Braccio di ferro, in una girandola di pugni,
colpi, acrobazie al ritmo vertiginoso delle comiche tipo «torte
in faccia», e suo trionfo finale.
Detto così, potrebbero sembrare troppo violenti; nella fase
della riscossa, i mezzi di offesa
e di difesa si sprecano; i due
avversari si lanciano l’un l’altro
a centinaia di metri di distanza,
si tirano addosso oggetti che
possono variare da un bullone
a una quercia secolare sradicata lì per lì con le mani; un pugno in testa può far sprofondare
chi lo riceve in terra fino alla
cintola. Ma è proprio la voluta
esagerazione a togliere ogni cattiva influenza a Braccio di ferro; è troppo surreale ed iperbolico per servire da esempio. Il
bambino che assiste al prograrnma può sentirsi tentato di imitare un pugno realistico c.l e lascia un livido, non un pugno che
fa volare l’avversario fino al
quarto piano per poi sfondare
la parete e finire illeso sul divano di casa; lo riconosce per
quello che è, qualcosa di esclusivamente fantastico, che non
lo stimola all’imitazione ma alla risata.
Barbapapà
È un cartone animato francese
destinato ai più piccoli, e la sua
durata, 5 minuti, è la migliore
per un’età in cui la capacità di
attenzione è limitata. I protagonisti sono del tutto fantastici.
Barbapapà, e con lui la moglie
Barbamammà e i numerosi figli, non sono animali, non sono
piante (benché siano spuntati
da terra), e non sono nemmeno uomini e donne, di cui del
resto non hanno la forma. Hanno testa e braccia, ma non gambe, sostituite da una parte inferiore di forma globosa; possono magicamente assumere
qualsiasi forma, allungando, accorciando e deformando a piacere i loro corpi vivacemente
colorati fino a sembrare caval
li, strumenti musicali, numeri
o lettere dell’alfabeto.
Le storie sono semplici e di
ambiente familiare, adatte a
mettere in risalto il carattere
mite e sensibile dei protagonisti,
la loro gentilezza senza affettazione; qualità non disprezzabili.
Anche questi personaggi però
sono largamente sfruttati in campo pubblicitario: giocattoli, indumenti e prodotti di toilette per
bambini prendono il nome da
Barbapapà.
I personaggi hanno comunque
l’indiscutibile merito dell’originalità e della fantasia. Non seguono schemi fìssi, e probabilmente per questo piacciono soprattutto ai bambini piccoli, e
forse ad alcuni adulti; meno ai
bambini più grandi, che cominciano a voler classificare le cose
che vedono e che il più delle
volte vogliono seguire certe regole anche nelle fiabe, rimanendo insoddisfatti di un personaggio che non si può definire.
Supergulp
È il caso di parlare qui di
questo programma, dato il successo che ha avuto, anche se è
atipico rispetto agli altri. Sotto
questo titolo («gulp! » è una delle più popolari esclamazioni dei
fumetti, indica sorpresa) sono infatti raccolti vari fumetti, ai qua
li l’impressione del movimento
è data dalle diverse inquadrature e dagli spostamenti della telecamera. I fumetti (cioè le « nuvolette » con le parole) sono
fatti -vedere e contemporaneamente letti da una voce fuori
campo. Anche se l’animazione
manca, il programma, si diceva,
ha avuto successo; una delle ragioni probabilmente è proprio
vedere i fumetti senza avere la
necessità di leggere neppure quel
poco. La forma del programma
può anche aiutare i più piccoli
ad imparare a leggere.
I fumetti presentati sono molti
e vari (Charlie Brown, Rip Kirby. Kit Carson, ecc.), perciò non
è il caso di esaminarli tutti. Si
può però osservare in generale
che, a differenza della maggior
parte dei cartoni animati, molti
fumetti sono per adulti; perciò,
mentre il meccanismo di « Supergulp » lo rende adatto soprattutto ai bambini, il contenuto è
invece spesso inadatto. Tali, ad
esempio, i fumetti di Rip Kirby,
dei gialli veri e propri con quanto ci può essere di meno edificante (uno di quelli presentati
nel programma, per esempio, era imperniato su un traffico di
droga). D’accordo che i bambini
non sono ignari di tutto come
cinquant’anni fa, ma un minimo
di riguardo non guasterebbe!
Questo fra l’altro può far ririflettere sull’opportunità che i
genitori si informino sul contenuto dei programmi, bandendo i
pregiudizi troppo facili, quale ad
esempio la persuasione che i
cartoni animati siano sempre per
bambini; una persuasione oltremodo sbagliata dato che, oltre
all’enorme quantità di fumetti
pornografici presenti nelle edicole, escono anche nei cinema i
cartoni animati vietati ai minori di 18 anni. Certo i fumetti di
«Supergulp » sono in confronto
acqua fresca; ma almeno per i
bambini piccoli, episodi di cronaca nera non sono certo l’ideale, e se si permette loro di vederli è bene sapere di che si
tratta.
Roberta Colonna Romano
(continua)
La lotta contro
la schiavitù
Da 5 settimane va in onda sul I
canale, sabato alle ore 22, un programma inglese su « La lotta contro la
schiavitù » che racconta in modo serio
e documentato le vicende che portarono faticosamente alFabolizione della
tratta degli schiavi, mettendo in luce
il ruolo che giocarono — nel bene e
nel male — la predicazione e il comportamento degli evangelici. Su questa
serie, che si conclude sabato 22 settembre, ci proponiamo di pubblicare
un commento complessivo.
STORIA VALDESE ■ NUOVI DATI SUL TEMPO DI CHANFORAN
I barba Pierre Griot
I documenti riguardanti il sinodo di Chanforan (1532) sono
piuttosto scarsi: siamo informati sufficientemente delle discussioni che lo precedettero (relazioni di Morel con Bucero ed
Ecolampadio ecc.) ma del sinodo abbiamo uno scarno riassunto costituito da 23 articoli.
Ecco che ora uno studioso ha
scoperto e pubblicato il processo inquisitorio di un barba reduce da Chanforan e quindi di estremo interesse (Gabriel AUDISIO, Le barbe et l’Inquisiteur.
Procès du barbe vaudois Pierre
Griot par ITnquisiteur Jean de
Roma - Apt 1532, Aix-en-Provence, Edisud, 1979, pp. 194).
Pierre Griot era nato a Pattemouche, in Val Pragelato, e nel
novembre del 1532, due mesi dopo Chanforan, era stato catturatci nel Louberon, zona abbondantemente popolata da valdesi, e quindi sottoposto al processo inquisitorio da parte di Jean
de Roma, già famoso per la sua
lotta contro l’eresia.
Il prof. Audisio, dell’Università di Marsiglia e non nuovo
agli studi valdesi, pubblica nel
suo volume tutto il testo dell’interrogatorio facendolo precedere da una ottima introduzione.
Pierre Griot nell’autunno del
1531 era partito dalle Valli col
barba Louis le Vieux, personaggio già conosciuto nella storia
valdese, ed aveva passato l’inverno 1531-32 a Murs in una
scuola di Barba finora sconosciuta. Quello che egli confesserà
conferma totalmente le nostre
conoscenze sulla formazione dei
barba: « Prima di consacrare un
predicatore, bisogna che sia ben
esaminato, e gli si fa studiare
il Nuovo Testamento per quattro
o cinque anni, finché lo sappia
tutto a memoria », il tutto nella
lingua materna, e cioè il Provenzale. Nella primavera e nell'estate 1532 Pierre Griot, con
una borsa da barbiere chirurgo
(si sa che i barba praticavano
un mestiere che motivasse il loro
itinerantismo) riparte con Louis
Chiesa evangelica etiopica Mekane Yesu
Pastore evangelico
rapito in Etiopia
Secondo un dispaccio del 6
agosto dell’Africa Press Service
proveniente da Nairobi (Kenia),
ii pastore Gudina Tumsa di 49
anni, segretario generale della
Chiesa evangelica etiopica Mekane Yesu è stato rapito a Addis-Abeba la sera del 28 luglio.
Il pastore Tumsa si trovava
con sua moglie negli uffici della
chiesa quando diversi civili armati hanno fatto irruzione trascinando i due coniugi fuori città su due automezzi diversi. La
signora Tumsa fu quindi rilasciata dai suoi ranitori. mentre
non è stato possibile ritrovare
alcuna traccia di suo marito dopo il rapimento.
La Federazione Luterana mondiale, di cui fa parte la Chiesa
evangelica etiopica Mekana Yesu, è stata profondamente colpita da questo rapimento che
segue solo di alcune settimane
la scarcerazione del past. Tum
sa. Egli era stato arrestato infatti dalla milizia etiopica il 1“
giugno di quest’anno. Era stato
accusato di aver partecipato —
in collaborazione con la Alleanza Luterana mondiale — alla redazione di un documento di lavoro su « Cristianesimo e Socialismo ». Dietro pressione di diversi organismi ecclesiastici internazionali il past. Tumsa era
stato liberato il 23 giugno. Era
stato già detenuto un’altra volta con altri prigionieri politici
per quattro settimane nell’autunno del ’78.
Secondo ambienti ben informati, il governo rivoluzionario
etiopico reprimerebbe la Chiesa
evangelica etiopica Mekane Yesu per i suoi interventi e le sue
dichiarazioni pubbliche di condanna delle esazioni operate nel
paese da parte di gruppi più o
meno controllati dal potere centrale.
le Vieux per visitare i gruppi
valdesi del Luberon: il barba
anziano ha difficoltà a farlo parlare in pubblico: il giovane si
schernisce dicendo di sapere a
mala pena leggere, ma l’altro
lo incoraggia dicendogli: Un po’
alla volta imparerai.
Pierre Griot andò quindi a
Chanforan, e del grande sinodo
egli ci riferisce alcune cose interessanti.
Il sinodo si occupò anche della
persecuzione che infieriva in
Provenza e questo dettaglio era
ignorato. Ma soprattutto Griot
ci conferma la presenza di Squnier e Farei ma non quella di
Olivetano, oltre a quella di due
« religieux », uno in abito bianco e l’altro in abito nero, chiamati Agostino e Tomaso.
Questi due personaggi misteriosi rimangono sconosciuti per
ora: ma di loro Griot dice che
sostennero fieramente la giustificazione per fede, scandalizzando anche molti barba, per i
quali, ad esempio, la preghiera
prima dei pasti era necessaria e
di un certo valore salvifico.
Allo stesso modo i due religiosi insistettero sulla non necessità del celibato per i barba:
« Era mal fatto promettere castità, e dovevano tutti sposarsi ». « E così, dice Griot, i barba
rimasero tutti scandalizzati, dicendo di non avere l’abitudine
di sposarsi, e gli altri dicevano
di essere ormai vecchi»
Come si vede, una testimonianza molto interessante quella del giovane Pierre Griot: dalle sue parole emerge chiaramente quanta fosse ancora in quel
tempo la confusione dottrinale
nel mondo valdese; non per nulla ci fu il dissenso dei due barba Daniel de Valence e Jean de
Molines, e non per nulla gli
atti del sinodo di Chanforan finivano invocando l’unione e l’accordo tra tutti.
L’accettazione di tutti i valori deila Riforma non era certamente definitiva a Chanforan:
essa si sarebbe realizzata nel
ventennio successivo attraverso
altri elementi esteriori ed altre
vicende.
* *
Il processo di Pierre Griot
non ci rivela quale sia stata la
sua sorte: come reo confesso
certamente fu condannato. Grazie però alla sua deposizione,
sappiamo qualcosa di più di
queli’appassionante periodo.
Augusto Armand Hugon
5
21 settembre 1979
______PR AVERNAR A: 2° INCONTRO TRA FRATELLI E VALDESI
Due modi di esser chiesa
Molti si augurano che questo dialogo, capace di arricchire entrambe
le parti, possa proseguire per completare discorsi appena imbastiti
In un’oasi di verde, agli inizi
del '600 era la residenza di caccia del governatore spagnolo.
Oggi, la villa Pravernara, con
una capienza di oltre cento posti è centro d’incontro e di dibattito delle assemblee dei Fratelli. « Ma è a disposizione di
tutti gli evangelici » precisa Giuseppe Barbanotti, l’animatore
della casa. E qui, nella quiete
delle colline intorno a Valenza
Po (’la città dell’oro' per la presenza di centinaia di laboratori
d’oreficeria) si è svolto tra l'8
e il 9 settembre il secondo incontro tra Fratelli, Valdesi e
Melodisti. Il primo incontro, tenuto a Poggio libertini nel maggio del ’78, s’incentrò soprattutto sul tema del discepolato. Que
st’anno, un argomento più circostanziato come quello dell’ecclesiologia ha fatto da sfondo
alle attese e al confronto tra
« membri di una stessa famiglia ». Non sono mancati momenti di tensione: aH’inizio un
richiamo è stato infatti quello
di evitare polemiche distruttive
che potessero danneggiare un
dialogo appena avviato. Edilio
Corradini, anziano dell’asserablea di Piacenza, ha aperto i lavori con un attento studio sulla
ecclesiologia dei Fratelli, egli
ha sottolineato l’autonomia dell’assemblea locale che raccogliendosi, non davanti al pulpito, ma intorno alla ’Tavola della Cena del Signore’ — motivo
centrale e costitutivo dell’ecclesiologia dei Fratelli — sceglie e
valorizza i doni di ciascuno nella pluralità delle voci e promuovendo la massima partecipazione. Nell’incontro domenicale ciascuno è libero di pregare, leggere e commentare la Parola o
proporre degli inni. La donna
però, sulla base del detto paolinico: « tacciansi le donne nelle
assemblee » (I Cor. 14: 34), non
può tenere la predicazione e,
salvo eccezioni, pregare ad alta
voce nell’assemblea. Questo è
stato un punto, anche nel lavoro dei gruppi, che è spesso riemerso insieme a quello del ruolo dei ’servitori a tempo pieno’
i cui caratteri, dalla formazione
teologica alla consacrazione sinodale, si distinguono (ma sino
a che punto non è chiaro) da
quelli dei pastori protestanti.
« La formazione dei credenti
è dettata dallo Spirito Santo —
ha osservato Corradini — che
attraverso la lettura attenta e
costante della Bibbia, sotto la
cura degli anziani, forma i credenti meglio delle strutture secondarie (facoltà teologiche,
scuole bibliche etc.) ».
Evangelizzazione
Di grande interesse è l’intensa
attività evangelistica dei Fratelli che si muove in tutta la Penisola attraverso incontri ’sotto
la tenda’ aperti alla popolazione
e tramite la gestione diretta o
l’inserimento in radio locali.
Ogni anno anziani e rappresentanti delle chiese dei Fratelli
tengono un convegno di verifica e di comunione. Esso però
non può prendere decisioni vincolanti le assemblee locali che
restano libere ed autonome. Con
grande onestà Corradini non ha
sminuito, nella sua relazione, il
fatto che molti ambienti di Fratelli non vedono di buon occhio
l’ambiente delle chiese storiche,
la Federazione delle chiese evangeliche e il Consiglio mondiale
delle chiese di Ginevra. « La convinzione della maggioranza dei
Fratelli è che i protestanti delle Chiese storiche non siano più
fedeli alla 'Parola di Dio’. Perciò essi, non senza preoccupazione ci chiedono: Perché accettiamo questi incontri con i
Valdesi? Quali sono le vostre intenzioni? Sperano forse i Valdesi di poterci aggregare in una
eventuale partecipazione al Sinodo? ». Si può dedurre che la
parte dei Fratelli (circa centoventi su duecento partecipanti
al convegno) che ha accettato
il confronto con i Valdesi — pur
rifiutando l’idea di qualsiasi legame ecclesiastico formale e organizzativo tra chiese e deno
minazioni — appartiene alla
schiera più aperta e progressista; desiderosa cioè di sviluppare un dialogo, come quello di
Pravernara, capace di arricchire entrambe le parti.
In un clima di ritorno, per
alcuni forse troppo ’letteralista’,
alle origini cristiane l’intervento di Giorgio Tourn ha avuto il
pregio di riproporre con chiarezza i temi ecclesiastici della
Riforma nella comprensione delle sue radici bibliche e della 'vocazione di responsabilità del
credente verso il mondo’. Nei
gruppi di studio che hanno esaminato brani del Nuovo Testamento sulla scorta di due introduzioni, rispettivamente di Dino Torello e Gino Conte, è riaffiorato il tema del peccato individuale e collettivo. Per noi —
dicono i Fratelli — l’evangelizzazione è la prima opera sociale perché Cristo cambia il peccatore e l’uomo cambiato trasforma di conseguenza la società. I Valdesi, grosso modo, accanto alla ’conversione’ sottolineano la responsabilità politica
del cristiano e quindi del suo
attivo inserirsi nel tessuto della
società per trasformare le ingiuste strutture sociali; anch’esse espressioni del nostro peccato.
« Qggl — qualcuno ha notato
— i veri perseguitati sono quelli che intendono trasformare la
società e non coloro che accettano la società così com’è pur
ché essa non ostacoli la loro pratica religiosa spesso funzionale
allo ’status quo’ ». Ma al di là
delle grosse formulazioni che
spesso non riflettono compietamente le situazioni in cui i credenti si dibattono, rimane una
forte impressione di coerente
militanza dei Fratelli — siano
essi ’larghi’ o ’stretti’ — sulla
base della Scrittura che vuol essere letta esclusivamente con
gli occhi della fede escludendo
l’esegesi e il sussidio di strumenti scientifico-culturali (ma il
banco della Claudiana a Pravernara ha venduto un sacco di libri).
Nel convegno si è anche tentata una sintesi delle due ecclesiologie analizzando — come ha
fatto Giorgio Peyrot — la perenne tensione che attraversa il
cristianesimo tra istituzione ed
evento, tra struttura e movimento. La struttura non è divina, divina è la chiamata. Tuttavia la struttura è indispensabile
se il movimento vuole incidere
nella realtà. In sostanza l'occasione per approfondire la conoscenza tra Fratelli e Valdesi è
stata accolta da tutti con forte
interesse. In questi anni in cui,
nell’ambiente evangelico italiano, oltre che a guardare fuori
ci si guarda anche intorno, molti si augurano che questo tipo
d’iniziativa prosegua; se non altro per completare discorsi appena imbastiti. Particolarmente
sul fronte giovanile scambi e co
INTERVISTA A UN PARTECIPANTE
Franchezza e umiltà
Ho rivolto alcune domande a
Marcello Cicchese (41 anni, docente universitario di matematica, sposato, due figli) membro
di una chiesa dei Fratelli a Parma.
— Nel corso del dibattito qui
a Pravernara qualcuno ha tentato di stabilire un parallelismo
tra l’Assemblea periodica dei responsabili delle chiese dei Fratelli e il Sinodo valdese. Sono
momenti simili?
____ Più che momenti simili direi che sono momenti corrispondenti. Paragonandoli ci si accorge delle notevoli differenze che
ci sono. Anche se negli ultinii
anni, non senza ambiguità, il
Convegno dei «responsabili» delle chiese dei Fratelli ha preso
qualche decisione, come per esempio la nomina del direttore
del giornale «Il Cristiano», fino
a che non ci sarà una scelta consapevole ed esplicita delle varie
chiese locali, il Convegno non
potrà che essere un incontro di
fratelli, inviati dalle diverse comunità per studiare argomenti
di interesse comune senza alcun
potere decisionale sulla vita delle singole chiese.
____ Si è parlato molto del ruolo della donna nella chiesa. Come valuti la questione?
— L’applicazione letterale del
« tacciansi le donne nelle assemblee » è purtroppo, ancora diffusa nelle chiese dei Fratelli. La
situazione però non è uniforme.
In diverse chiese le donne non
hanno più un ruolo puramente
passivo o secondario. Ma è un
fatto innegabile che esiste ormai
una vera e propria «questione
femminile » nei nostri ambienti
che genera tensioni, perplessità,
resistenze. Il nodo dovrà essere
affrontato e sciolto a partire da
una corretta interpretazione della Scrittura e non certo da un
puro e semplice cambiamento
di costume. C’è da sperare anzi
che, in questo modo, anche altre questioni fondamentali possano essere messe sul tappeto.
__ Un valdese ha detto che il
Sinodo è un segno di unità cristiana. Sei d’accordo?
— Non del tutto. Questa faccenda dei «segni d’unità» andrebbe discussa con calma. I
segni di unità che finora noi
cristiani siamo riusciti a trova
Da sinistra a destra: G. Barbanotti, D. Corradini, D. Fraccacreta, G. Tourn, F. Ciuchi, A. Santinello, G. Platone, F. Sommani,
S. Woods.
noscenze dovrebbero iniziare a
moltiplicarsi, per esempio nei
confronti della FGEI. La rivista
’Credere e Comprendere’, edita
da alcuni giovani delle assemblee dei Fratelli, propone coraggiosi interrogativi che rivelano
una genuina ricerca teologica. In
questo dialogo appena iniziato
così ricco di momenti di meditazione, canto e preghiere spontanee le maggiori novità potrebbero sorgere proprio nell’ambito giovanile tendenzialmente
portato al confronto e al dialogo senza posizioni preconcette
e con un solo punto fermo: il
richiamo alla Scrittura. Del resto, per tutti, il richiamo biblico è stato il motivo centrale di
Pravernara. Ma affinché il risultato di questo convegno non si
limiti ad un successo episodico
dovrebbe tradursi, a livello locale, tra le singole comunità in
una nuova epoca di cooperazione e confronto rispetto alla predicazione dell’Evangelo.
DALLA RELAZIONE DI E, CORRADINI
Originalità dei Fratelli
re h:mno .j^mpre espresso, nello
stesso tempo, l’unità e la divisione. Basta pensare ai vescovi
cattolici o al papa. Chi di noi è
disposto ad accettare il papa
come segno di unità dei cristiani? Il Sinodo può forse esprimere l’unità dei valdesi e metodisti, ma se un non valdese presenzia al Sinodo, anche se viene
accolto e trattato fraternamente, si sente inevitabilmente tagliato fuori e quindi non può che
avvertire un sentimento di divisione. Fatti come il Sinodo possono certo esprimere in qualche
modo la comunione cristiana,
ma esprimono anche l’unità del
« clan » che è divisione all’interno del corpo di Cristo. Perché
chi non è del « giro », anche se
cristiano, evangelico, riconosciuto ed accettato come fratello in
Cristo non può che sentirsi escluso. Provocatoriamente direi
che sono gli incontri di questo
tipo, più che i Sinodi, che esprimono la realtà dell’unità che abbiamo in Cristo e nello stesso
tempo manifestano la nostra difficoltà a mantenerla, spesso perché preferiamo altre unità: quella della tribù, quella del clan dei
parenti e degli amici, quella del
giro di chi la pensa come noi.
— So che partecipi, per la seconda volta, all’incontro tra
chiese dei Fratelli e chiesa Valdese. Che cosa t’aspetti?
— Non mi aspetto certamente
l’avvio di un processo di integrazione o di uniformizzazione.
i: fuori dalla realtà chi spera o
teme qualcosa del genere. Spero
soltanto che impariamo a conoscerci, a valutarci per quello che
siamo, a influenzarci reciprocamente, a superare il disprezzo
da una parte e la diffidenza dall'altra. Dobbiamo convincerci
che è una vera e propria infedeltà quella di ignorare tranquillamente l’opera che il Signore compie a pochi passi da noi.
Contrariamente a quello che si
dice qualche volta in ambienti
ecumenici, proprio perché non
dubitiamo dell’unità data da
Cristo, dobbiamo imparare a
parlare senza paura di quello
che ci divide, a cercare di capirne le ragioni, a ricercare con
umiltà e tenacia se, per caso,
questi strani vicini hanno qualcosa da dirci da parte del Signore.
A nostro parere la cosa che
dovrebbe interessare di più non
è la forma ecclesiastica assunta da questa e quella chiesa, ma
la diversità dei punti dottrinali
intorno ai quali si formano dei
gruppi ciascuno dei quali porta
scritto nella propria bandiera il
nome del principio dottrinale
per cui si differenzia dagli altri
gruppi e proclama la sua ragione di essere nella grande chiesa di Cristo.
Ogni confessione religiosa emerge in un determinato contesto storico mettendo in rilievo
certi temi che sembravano soffocati o trascurati in altri tempi. Per esempio i Luterani la
giustificazione per fede; i Presbiteriani i legami sinodali fra le
chiese; i Battisti il battesimo; le
Assemblee di Dio i doni dello
Spirito Santo.
Ora trattando il caso del movimento di chiese dei Fratelli
bisogna dire che la loro originalità viene dalla loro ecclesiologia. Il punto focale della loro
ragione di essere consiste nel
riscoprire il loro concetto di chiesa, che non si identifica e non
esprime il concetto di denominazione in quanto i due termini
non sono sinonimi, non si equivalgono, per cui è improprio dire: la chiesa Luterana, perché
la chiesa non è né Luterana, né
Battista, né Metodista, né Valdese, né dei Fratelli.
La chiesa è una istituzione
divina, un organismo vivente, un
edificio spirituale, la sposa di
Cristo, la famiglia di Dio, il greg
gie, la casa, il tempio. In altre
parole essa è costituita dai chiamati fuori dal sistema, perché
stranieri, da questo mondo (Giovanni 17: 16), da quelli che sono
usciti fuori dal campo per andare a Gesù (Ebr. 13: 13), dagli
eletti (2 Tim. 2: 10), dai primogeniti che sono scritti nei cieli
(Ebr. 12: 23), dai nati di nuovo
(Giov. 3: 3-5), da tutti quelli che
credono (Atti 2: 44), ecc. e che
si esprime, questa chiesa, in
modo visibile e concreto nella
Assemblea locale espressione di
quella universale che solo Dio
conosce (2 Tim. 2: 19), avendoli
riconciliati a se stesso per mezzo di Gesù Cristo (2 Cor. 5: 18)
al « quale siano la benedizione e
l’onore e la gloria e l’imperio,
nei secoli dei secoli » (Apoc.
5_^13).
Queste convinzioni ci pongono in difficoltà: da un lato siamo considerati antiecumenici in
quanto non prendiamo in considerazione Tunità strutturale delle chiese e/o denominazioni.
Dall’altro lato il fatto che noi
desideriamo rapporti personali
con tutti coloro che si professano cristiani e sviluppiamo la
comunione sulla base di un pari
consentimento teologico, ci espone a forti critiche dei credenti
che ci accusano di comprometterci con evangelici non più ortodossi.
Questa tensione è ardua: non
cerchiamo di trovare una via di
mezzo (compromesso) quanto
capire ed ubbidire l’insegnamento biblico giorno per giorno.
DALLA RELAZIONE DI G. TOURN
Predicazione aperta
Proprio perché è legata alla
predicazione e dalla predicazione trae il suo senso la chiesa
valdese, o le chiese valdesi che
dir si voglia, sono aperte alla
vocazione di responsabilità verso il mondo.
Nell’età apostolica questa responsabilità si verifica in una
attività missionaria, in un impegno di predicazione nei riguardi delle sinagoghe giudaiche, di
coloro cioè che hanno vissuto
nel quadro della rivelazione di
Israele ed a cui Gesù ha predicato, in un certo modo gli apostoli si rivolgono in primo luo
Pagina a cura dì
Giuseppe Platone
go alla chiesa di Israele e solo
in secondo tempo ai pagani. Si
tratta però sempre di un’opera
missionaria, di una comunicazione della buona novella di
Dio, la buona novella della salvezza in Cristo Gesù. È un messaggio in un mondo pagano.
Nell’età della Riforma la responsabilità della chiesa è stata sentita come una testimonianza nel contesto di una chiesa infedele, di una cristianità
corrotta, è stata vista cioè come l’appello alla Riforma della
chiesa tutta. Perciò la predicazione è stata sentita come una
testimonianza all’interno della
realtà cristiana, non come una
{continua o pag. 8)
6
21 settembre 1979
cronaca delle valli
ANGROGNA
III CIRCUITO
Tornerà a funzionare Costruiamoci
il vecchio mulino?
il nostro culto
Ha tirato avanti fino alla metà degli anni ’50. Poi, quando la
gente di Angrogna ha smesso di
coltivare grano, perché non rendeva più, anche il vecchio mulino
di Chiot dl’Aiga, come già quelli
degli Eissart e di Roccia Reynaód, ha chiuso la sua attività.
L’occhio attento del visitatore
che risale il fondovalle da Torre
Penice a Pradeltorno, può ancora notare, nei pressi del grosso
fabbricato al bivio per il Serre,
l’antico «rudùn », la grossa ruota che azionata dalle acque delTAngrogna, trasmetteva il movimento alla macina.
Quest’ultima trasformava il
frumento e la segale dei bricchi
angrognini in farina grezza, integrale, che poi nelle case di Cacet e di Buonanotte, e in là fino
al Martel, veniva passata al
« sias », al setaccio: la crusca
era per le galline, col resto si
faceva il pane.
Un’economia certamente povera, ma autosufaclente, quella
agricola di un tempo, alle valli:
tutto un modo di vivere, ima
cultura travolta e spazzata via
dall’industrializzazione e dal
boom economico degli anni ’60.
Ma ora che il tempo degli sprechi sembra volgere al termine
(sarà proprio così?) e si parla
sempre più insistentemente di
modelli alternativi di sviluppo ecco che il discorso sul vecchio
mulino di Chiot dl’Aiga torna
d’attualità.
Se n’è parlato a lungo nel corso di un’assemblea della Cooperativa Agricola di Angrogna, la
sera dell’8 settembre, in Municipio.
Questa cooperativa, che da alcuni anni svolge la sua attività
essenzialmente nella raccolta del
latte e nella vendita di prodotti
dell’agricoltura locale, sarebbe
_______________A CHIOTTI
Raccolta della
carta e del vetro
Con l’inizio dell’anno scolastico, si apre nuovamente nella valle la campagna per la raccolta
della carta da macero. Negli anni scorsi i bambini delle scuole
elementari hanno raccolto parecchi quintali di carta, la cui
vendita ha fornito il denaro per
finanziare le gite scolastiche.
La carta può essere scaricata
direttamente nel cortile della
scuola di Chiotti; si chiede soltanto che sia raccolta in pacchi
0 scatoloni di cartone.
Sempre vicino alla scuola di
Chiotti, su un lato della strada
di Riclaretto è stato anche sistemato im grosso contenitore per
la raccolta dei cocci di vetro. La
ditta che acquista il vetro di recupero è di Lombriasco e ritirerà il contenitore a fine ottobre.
È quindi un’ottima occasione
per chi desidera sbarazzarsi delle
bottiglie vuote o di tutti gli altri
oggetti di vetro che sono pericolosi per i bambini e bucano i
sacchi della spazzatura. Si raccomanda soltanto di non gettare nel contenitore oggetti di ceramica, come piatti o scodelle,
perché rovinerebbero la successiva fusione dei cocci di vetro.
Il provento della vendita sarà
destinato come al solito per le
scuole elementari della valle.
Non è superfino ricordare che
l’Italia importa dall’estero migliaia di tonnellate di cellulosa e
di pezzi di vetro, e che nello
stesso tempo un’enorme quantità di questi preziosi materiali
va dispersa nelle discariche di
rifiuti o peggio ancora insudicia
1 prati e i boschi. Cierto, costa
minor fatica buttar via un pezzo di carta o una bottiglietta,
che raccoglierli e portarli in un
determinato luogo, ma la lotta
contro gli sprechi e la pulizia
dell’ambiente meritano anche
qualche piccolo sacrificio.
L. V.
intenzionata a rimettere in funzione il mulino.
In questa prospettiva sono
stati avviati contatti con il Comune, a cui appartiene l’immobile (oltre al mulino, un grosso
forno per il pane ed un fabbricato che un tempo era utilizzato come scuola elementare), per
raflìtto dei locali.
Il mulino ^ i vani adiacenti
andrebbero però ristrutturati,
con una spesa di circa 80 milioni.
L’Assessorato all’Agricoltura
della Regione Piemonte sarebbe
disposto ad intervenire, in base
alla legge 63, con un contributo
a fondo perduto di 40 milioni e,
per la somma rimanente, con la
concessione di un mutuo agevolato al tasso del 4,5 “/o, da restituire in vent’anni.
La proposta, illustrata dal geometra Charbonnier della Comunità Montana, potrebbe essere
concretizzata fin dalla prossima
primavera, allorché avrebbero
inizio i lavori di ripristino.
Alcuni componenti della Cooperativa, specie i più anziani,
sono però perplessi: chi farà andare avanti il mulino? come riusciremo a pagare i debiti? come
possiamo prendere una decisione così importante, quando siamo soltanto 10 soci su cinquanta?
Ma c’è anche chi è ottimista,
in modo particolare il presidente, Elmo Malan: per la gestione
si troverà ben qualcuno, forse
un giovane, imo del gruppo di
S. Giovanni che è presente alla
riunione; la gente ha voglia di
ritornare a mangiare cose genuine: il nostro pane lo venderemo
facilmente; 200.000 lire al mese
non sono una cifra insormontabile: ce la faremo a restituirla.
L’importante è presentare la domanda di contributo entro il 30
settembre, il termine fissato dalla Regione.
La discussione si trascina per
parecchie ore. L’attività della
cooperativa è ad una svolta importante; però pochi intervengono nel dibattito, non si sa che
decisione prendere. Alla fine, il
compromesso.
La domanda di contributo verrà presentata, ma si ridiscuterà
tutta la questione in una successiva assemblea, sperando in una
maggior partecipazione da parte dei soci.
Vedremo dunque il 3 ottobre,
un mercoledì, alle 20.30, se la tenacia e la lungimiranza di alcuni
agricoltori riusciranno ad avere
il sopravvento sulla diffidenza e
sul diffuso individualismo dei
più.
Jean-Louis Sappé
In una sua riunione di marzo,
l’assemblea del III Circuito, nel
discutere il problema dei giovani, lanciava l’idea di un campo per ragazzi che avesse come
scopo principale la conoscenza
reciproca. Uno dei mali che affliggono i nostri gruppi di giovani, si notava, è proprio quello dell’isolamento, della mancanza di scambi con altri ragazzi della stessa età. E nato
così il campo che ha raccolto a
Vallecrosia all’inizio di settembre una ventina di giovani, quasi tutti della Val Germanasca.
Il tema che ci si era dato era:
costruiamoci il nostro culto. Si
voleva infatti verificare se, come e quanto il culto attuale rispondesse alle esigenze dei giovani, vedere se vi fossero delle
proposte alternative ed eventualmente sperimentarle. Non si
è riusciti, naturalmente, in otto
giorni a fare tutto il lavoro che
si era proposto, tanto più che il
fatto stesso del culto, del santificare il giorno del riposo, gli
elementi del culto, vanno di nuovo posti in discussione, vanno
di nuovo compresi nel loro significato più profondo perché
oggi abbastanza lontani dalla
sensibilità della gente. Ci si è
ritrovati così ogni giorno attorno ad un tavolo per parlare del
culto, del senso del quarto comandamento, della preghiera e
IL RICORDO DI UN PASTORE E DI UNA AMICA
Lina Pons Miegge
Pur essendo di famiglia massellina, profondamente radicata
nel suo paesino, Lina Pons aveva una formazione cosmopolita
ereditata dai suoi genitori, che
avevano lavorato negli Stati Uniti; ma in lei la severità e il rigore anglosassone si unirà a
quel tono di familiarità della
Torre Pellice « début de siècle »
che ha caratterizzato molte persone della sua generazione, ultime tracce di quell’essere valdese
tipico delle Valli valdesi in passato. A questo essa univa però
una profonda pietà, una spiritualità severa ma essenziale,
aliena da sentimentalismi ed
esteriorità radicata nella più
autentica tradizione riformata,
una spiritualità biblica che essa ha sviluppata e coltivata fino ai suoi ultimi giorni di lunga e sofferta prova fisica.
Tutti coloro che l’hanno incontrata, credenti e non credenti, giovani e vecchi, hanno ricevuto da lei un messaggio di serietà dell’esistenza, una lezione
di vita, un riferimento alla realtà dello Spirito e ciò che più
conta l’hanno ricevuto nella forma di una profonda naturalezza
e semplicità. Lina Pons non è
stata di quelle persone convinte di sapere che insegnano a tutti, che sanno sempre cosa bisogna fare e come bisogna farlo,
viveva la sua vita con tutta la
serietà e la serenità che la sua
fede dettava ma senza mettersi
in primo piano e proporsi come maestra ed è proprio per
questo che ha comunicato più
di quanto lei stessa pensasse e
sapesse. Di gente che sa ne è
pieno il mondo, quello che manca è la gente che sa vivere con
convinzione e serenità la sua vita, sono le persone autentiche
che scarseggiano, qualche volta
anche nella chiesa.
Tutto questo è bene ricordarlo perché la nostra sorella in
fede è stata conosciuta più che
per se stessa per il cognome che
ha portato, è stata conosciuta
come Lina Miegge e Giovanni
Miegge fu per carattere, cultura e pietà una personalità molto forte che avrebbe potuto rappresentare una presenza eccessiva per chi gli viveva a fianco.
Questo non accadde e Lina
Miegge non fu solo la moglie
del prof. Miegge ma fu se stessa in virtù della ricchezza e della forza della propria persona
lità ma anche in virtù della profonda intesa che li unì entrambi. In un tempo quale il nostro
in cui la vita coniugale sembra
diventare così difficile e tante
coppie vedono naufragare la loro comunità di esistenza per
motivi vari, spesso neppure definiti, Lina e Nino Miegge, come
li conobbero i vecchi amici di
Gioventù Cristiana ed i giovani
studenti della Facoltà, costituirono una coppia di eccezionale
quasi unica solidarietà di vita.
In un equilibrio di rispetto e di
comunicazione costruirono la
propria esistenza e resistenza
comune giorno dopo giorno talché non sappiamo quel che l’uno
deve all’altro e quel che dell’uno
dobbiamo all’altro.
Quel che dell’opera e del lavoro di Giovanni Miegge dobbiamo a Lina Pons non sapremo mai e poco importa saperlo,
ci è stato dato e lo abbiamo ricevuto.
Primi fra tutti i pastori della
generazione di mezzo, quelli del
pre-Concilio e del pre-’68; nella
parte migliore del nostro ministero è la lezione di vita e di
cultura di Lina e Giovanni
Miegge che permane viva e presente. Ed anche di questo la nostra chiesa può ringraziare il
Signore.
Giorgio Tourn
Non ho conosciuto Lina Miegge negli anni della sua giovinezza; compagna di scuola di
mio marito alla scuola latina
di Pomaretto, il mio incontro
con lei risale al periodo che seguì la seconda guerra mondiale
in quelle riunioni di mogli di
pastori che avevano luogo periodicamente alle Valli. Ne ricordo una ad Agape quando
cercavamo assieme di vedere se
era possibile ed utile creare una
Federazione Femminile Valdese
e mi rammento anche dei suoi
interventi sempre chiari e costruttivi.
Ma fu specialmente nel periodo della nostra comune permanenza a Roma che l’incontro divenne amicizia profonda, quell’amicizia vera che è una delle
più belle cose della vita. Era come se ci fossimo conosciute da
sempre: si parlava di tanti problemi perché con lei si poteva
parlare di tutto, i nostri figli
erano amici, dalle finestre di casa mia guardavo la sua e con
un solo cenno di mano ci dicevamo molte cose; così mi era
di grande aiuto averla vicina.
Poi Lina, dopo la morte di suo
marito lasciò Roma, la raggiunsi qualche volta ad Avezzano
perché mi mancava molto ed
ebbe intanto inizio fra di noi
una corrispondenza non molto
regolare ma preziosa. Ho conservato queste lettere perché
avevano sempre un contenuto
profondo e me le sono rilette in
questi giorni.
-In una del dicembre ’68 da
Urbino a proposito dell’amicizia mi scriveva: « Un amico di
Mario diceva un giorno che l’amicizia non ha forse nulla da
vedere- col Regno di Dio ma intanto aiuta a prepararlo. Io non
sono completamente d’accordo
con lui in quanto il Regno di
Dio lo vedo proprio come un
luogo in cui tutti sono amici e
fin d'ora penso che l’amicizia
sia in qualche modo un riflesso
dell’amore divino ». Soggiungeva poi con il suo spirito critico:
« Mori so se sto sfociando nel
misticismo, comunque se è il
caso ti prego di suonare il campanello di allarme ».
In un’altra, a proposito della
sofferenza di ognuno di noi diceva: « A volte si è un po’ stanchi e sembra che la prova non
finisca più. Proprio come la lunga notte che non passa mai e
l’ora più fredda è quella che
precede l’alba. E poi, grazie a
Dio irrompe il sole ».
Ripensando ora alla sua sofferenza specialmente negli ultimi anni della sua vita possiamo
dire, credo, che anche per lei
l’ora più fredda è stata quella
che ha preceduto l’alba.
Ma per tutti coloro che hanno voluto bene a Lina Miegge
deve essere di conforto adesso,
nonostante la tristezza della separazione, sapere che quest’ora
è passata ed è spuntata per lei
l’alba.
Penso che sia questo credere
nella risurrezione senza voler indagare sul come sarà quest’alba ma sapendo che, per coloro
che hanno creduto in Gesù Cristo, dobbiamo poter ripetere,
con le paróle del cantico 243
della raccolta francese « Psaumes et Cantiques », che anche
Lina amava molto: « Ils ne sont
pas perdus, ils nous ont devancés ».
Elsa Rostan
del posto che deve occupare nella comunità la Parola di Dio.
Chi conduceva questi scambi di
idee era il past. Paolo Ribet, cui
il Circuito aveva dato l’incarico
di organizzare il campo; ma il
metodo che è stato adottato —
sempre — è stato quello della
discussione in cui tutti avevano la possibilità di esprimersi.
Il resto della giornata era poi
usato per il divertimento, la vita in comune, i bagni e tutte
quelle altre cose che si fanno al
mare quando si vuole stare allegri. Quando all’ultimo giorno si
è fatta la valutazione del campo, si è notata una generale soddisfazione, tanto che è stato
chiesto di ripetere l’esperienza
il prossimo anno. Per il prossimo futuro si è chiesto che il
primo fine settimana di ottobre
ci si possa riincontrare (chiamando anche quelli che al campo non c’erano) a Perrero per
preparare materialmente un culto che poi potremo proporre a
diverse comunità. L’appuntamento è dunque a Perrero il 6-7
ottobre per proseguire la ricerca.
Discutiamo la
rappresentazione
di Gin d'Mai
Prendendo spunto dall'articolo comparso sul n. 36 dell’Eco delle Valli sulla manifestazione culturale di Ciò d'Mai,
vorrei fare alcune considerazioni e precisazioni sulla stessa.
le frasi racchiudenti il motivo del
la manifestazione: « Avvicinarsi al mondo contadino » « Riscoprire una cultura », implicavano una ben precisa
scelta a livello organizzativo rispetto
alla partecipazione di gruppi di musica popolare, scelta che, cadendo sul
gruppo « Astrolabio », ritengo abbia
fatto cadere lo scopo stesso della manifestazione. Infatti II gruppo musicale, presentandosi, ha detto che proprio
intento era quello di suonare: (riporto
le testuali parole) « rnusiche della zona
padana », includendo però con questo
pure le danze delle vallate dell’Occitania e della Provenza; unico risultato
è stato quello di fare un miscuglio
fra due realtà culturali (Occitania e
vallate padane) che nulla hanno a che
fare l’una con l’altra.
Occorre inoltre dire che l'Astrolabio
aggiungendo proprie variazioni alle canzoni originali ha mortificato la musica
popolare stessa; quelli infatti tra i
presenti che conoscevano discretamente le musiche occitane, ascoltando le danze stravolte nei loro ritmi
originali e riproposte in versione « discoteca », saranno stati a dir poco
sorpresi. Questo fatto, a mio avviso,
è deprecabile per due precisi motivi;
1) Facendo concerti di questo genere si danneggia la musica popolare
che dovrebbe essere invece rivalutata fortemente, soprattutto in zone come la nostra dove certe tradizioni popolari sembrano ormai morte e sepolte.
2) Per l'indiretta presa in giro
nei confronti di tutti quei gruppi che
con un paziente lavoro cercano di riportare alla luce le vecchie danze nei
loro ritmi originali e che a causa di
gruppi quali l’Astrolabio, vedono andare persa tale ricerca.
Sostanzialmente ritengo che sarebbe
necessario un capillare lavoro di coscientizzazione della gente del luogo
sulla cultura occitana che senza dubbio
era pure presente nella nostra valle ma
che per vari motivi, su cui sarebbe
fondamentale discutere, è stata dimenticata. Solo quando la scelta ricadrà su gruppi più credibili dell’Astrolabio, si potrà dire di aver fatto della
musica popolare e sarà questo un modo per avviare la presa di coscienza
che è indispensabile per poterci avvicinare ad una cultura che deve essere fatta rivivere integralmente e per
non continuare ad essere un bel soprammobile « alla moda ».
In queste righe ho cercato di spiegare i motivi per i quali la manifestazione di Ciò d’Mai, e almeno per quel
che concerne il sabato sera, è fallita
completamente nel suo intento; ritengo comunque che il problema resti
aperto e necessiti di ulteriori sviluppi che mi auguro vi potranno essere.
Enrico Taccia
7
P
tf
21 settembre 1979
CRONACA DELLE VALLI
PRECISAZIONE A «L’ECO DEL CHISONE
l>
Per un ecumenismo
non cerimoniale
In merito al rilievo dato quest’anno ai lavori del nostro
sinodo da parte dell’Eco del Chisone e ad una particolare sottolineatura data da Don Franco Trombotto ad una delle delibere sinodali, il vice-moderatore Alberto Taccia ha inviato al
giornale della diocesi di Pinerolo questa lettera che è stata
pubblicata sul n. del 13 settembre.
Caro direttore,
con molti altri valdesi del pinerolese ho apprezzato il vivo
e partecipato interesse e il largo spazio dedicato quest’anno
dal suo giornale ai nostri dibattiti sinodali.
Senza entrare ora nel merito
delle questioni più importanti,
ma nell’intento di porre il nostro dialogo sulla base di informazioni sempre più precise,
vorrei dare alcuni chiarimenti
in riferimento all'o.d.g. sinodale che approva gli interventi critici della Tavola Valdese rivolti
agli organismi ecumenici di Ginevra per la loro partecipazione ufficiale « alle cerimonie funebri e di insediamento degli
ultimi pontefici ». Franco Trombotto, nel suo articolo del giornale del 23 agosto, trova tale atteggiamento piuttosto esagerato, un po’ scandaloso e ad ogni
modo poco coerente con l’amore fraterno « almeno di fronte
alla morte », e si riferisce naturalmente alle cerimonie funebri,
senza accennare a quelle di insediamento.
In verità, in occasione del decesso di Paolo VI anche noi vaidesi con un comunicato pubblicato sull’« Eco-Luce » avevamo
espresso ai fratelli cattolici la
nostra solidarietà per il triste
evento che aveva colpito la loro Chiesa. Inoltre, nel carteggio
tra la Tavola Valdese e i Segretari dell’Alleanza Riformata
Mondiale e del Consiglio Ecumenico, non si è parlato tanto
della partecipazione ai funerali,
quanto piuttosto della loro presenza ufficiale alla cerimonia di
insediamento. Ci è parso infatti
che tale partecipazione, in toga
pastorale, da parte di rappresentanti di organismi ecumenici
protestanti, facesse parte proprio di queU’ecumenismo cerimoniale e di vertice e di facciata che non approviamo, che
minaccia di nascondere i veri
problemi, accreditando l’impressione non corretta di una unità
in realtà non ancora raggiunta.
BOBBIO PELLICE
La Comunità ringrazia lo studente in teologia Gianni Genre
che ha presieduto il culto del 9
settembre.
I DISTRETTO
La Federazione femminile valdese rammenta la
Riunione delle RESPONSABILI delle A-TTIVITA’
FEMMINILI
del PRIMO DISTRETTO
che avrà luogo martedì 25
settembre alle ore 14.30
a Pinerolo nei locali del
tempio valdese. Naturalmente rincontro è aperto a
tutte le Unioniste che desiderano prendervi parte.
mate, con il risultato di portare non chiarezza, ma ulteriore
disorientamento proprio tra
quel popolo cristiano a cui F.
Trombotto si riferisce.
Come contributo a un discorso interno al protestantesimo,
la Tavola ha ritenuto di far presente tali perplessità agli organismi ecumenici a cui la Chiesa
Valdese aderisce e il Sinodo ha
ritenuto, a sua volta, di appog
giare tale atteggiamento. Tutto
qui.
Mi scuso di essermi dilungato
su una questione di cui forse è
bene che i suoi lettori siano informati, anche a parziale rettifica dell’articolo succitato.
Detto ciò, questa volta in pieno accordo con F. Trombotto,
concludo ribadendo quanto da
lui affermato in appoggio alTo.d.g. del Sinodo Valdese, sui
rapporti con il cattolicesimo:
« Lo studio in comune della
Bibbia è davvero la base per un
ecumenismo serio ». Quando cominciamo?
Con cordialità.
Alberto Taccia
RODORETTO
Un emozionante ritorno
8 settembre 1979. Mattinata
leggermente fuligginosa, che lascia il posto ad una bella giornata autunnale. Il sole riesce a
vincere l'arietta frizzante che
obbliga ad indossare la maglietta di lana. Giornata da annoverare fra le memorabili per la
ridottissima comunità valdese
di Rodoretto. Guidati dal solerte ed infaticabile sig. Abate, 52
tedeschi di Walldorf, con a capo il Pastore Boiler, sono saliti
fin quassù per portarci il loro
saluto. Sono saliti è esatto perché il tratto dal bivio per Frali
e Villa di Rodoretto è stato percorso a piedi.
I loro cognomi fanno in noi
accelerare i battiti del cuore.
Sono dei Tron, Pons, Coutandin, Jourdan, Raviol, Cézanne,
Griot... e mi perdonino coloro i
cui cognomi non sono riuscito
a captare. Colpa del poco tempo e anche dell’emozione.
I loro Padri, trecento e più
anni fa, costretti ad abbandonare le loro terre, hanno trovato
ospitalità tra fratelli in fede
lontano oltre i confini. Oggi i
Nipoti sono tornati per rinsaldare il legame di fratellanza in
terrotto peV tanti anni. Sono venuti e ci hanno detto; « Ringraziamo il cielo che ci permette
di ammirare, in pace, così belle
montagne, che i nostri Avi hanno visto in altri tempi ed in altre situazioni ». E noi ringraziamo voi, cari fratelli, che ci avete portato una ventata di solidarietà.
« Forte rocca è il nostro Dio »
è riecheggiato nel nostro tempio che sta dando preoccupanti
segni di rovina. È necessario
che si provveda. Interesse ha
pure suscitato in loro il nostro
piccolo Museo. Così i pochi abitanti che sono rimasti e che si
dedicano ancora al piccolo appezzamento di terreno, hanno
attirato l’attenzione dei nostri
ospiti. Un solo rincrescimento;
quello della scarsa conversazione dovuta alla mancanza della
conoscenza delle rispettive lin. gue. Un grazie di cuore alla gentile Interprete che si è prodigata oltre il possibile. Ancora nn
cordiale saluto a tutti con il nostro grazie e l’augurio che si
possa ripetere rincontro.
Enzo Tron
Les deux racontent la gloire de Dieu...
Non dimentichiamo che proprio la questione delTautorità
papale e delle sue prerogative
costituisce uno dei punti più
gravi di dissenso. Una partecipazione protestante così qualificata alla cerimonia di investitura di un Papa, rischia di apparire mistificante e tale da far
supporre riconoscimenti e adesioni mai teologicamente affer
(PSAUME 19: 2)
J’aime le vol puissant de l’aigle solitaire
qui plane en large tour dans l’immense ciel bleu,
j’aime parfois rêver l’insondable mystère
des espaces sans fin, de l’harmonie des deux.
O pouvoir comme l’aigle déployer des ailes,
pour m’envoler anxieux au-delà du firmament,
m’enfuir vers l’univers, moi créature frêle,
à l’heure solennelle du soleil couchant.
Ainsi pouvoir errer dans une nuit profonde,
dans le milieu des astres, aux mille lueurs,
assister, m’exalter au tournoyer des mondes,
témoins de la présence du Dieu créateur.
B. Grill
FRALI
Il suo messaggio è stato molto apprezzato dai presenti ì
quali esprimono a Gianni i migliori auguri per il prossimo anno accademico.
Grave infortunio
Un grave infortunio ha colpito il nostro fratello Danilo Peyrot, giovane tra i più attivi della comunità. Sabato 15 settembre verso le 9, mentre Danilo
stava segando un abete che la
neve due inverni fa aveva rovesciato, il ceppo improvvisamente si staccava dal terreno e lo
travolgeva. Alle grida d’aiuto
del padre, Gino Peyrot, accorrevano prontamente alcuni pralini e un medico che si trovava
in villeggiatura a Prali. Il ferito
ha così potuto essere tempestivamente soccorso e trasportato
con l’autoambulanza all’Ospedale Civile di Pinerolo, da dove veniva fatto proseguire per
l’Ospedale Molinette di Torino. Mentre ora le sue condi
zioni vanno lentamente migliorando la comunità gli è vicina
in preghiera in questi giorni così. duri per lui e per la sua famiglia.
Colloquio pastorale
L’incontro è previsto per lunedi 24 settembre, inìzio aile ore
14.30, presso i locali della Chiesa Valdese a Pinerolo.
La riunione verterà principalmente sulla programmazione
degli incontri pastorali del prossimo anno.
TORRE PELLICE
Il battesimo è stato impartito
a Lucy Lancelotti ed a Chantal
Cesan, il Signore le guidi sulla
via della fede.
• Mercoledì 12 ha avuto luogo
il servizio funebre di Lina Pons
Miegge deceduta nel nostro ospedale, ai familiari ed in particolare al figlio Mario la nostra
fraterna simpatia.
• Mercoledì scorso si è tenuta
nella Sala Unionista la seduta
del concistoro e dei responsabili
delle attività per impostare il
lavoro del prossimo anno. Segnaliamo che la scuola domenicale riprende sabato 29 (Centro)
e domenica 30 (Appiotti-Coppieri); i catecumeni sono convocati
venerdì 5 alla Sala Unionista
(1° anno ore 14; 2° ore 14.30; 3°
ore 15; 4° ore 15.30).
LUSERNA
SAN GIOVANNI
Con l’inizio del nuovo anno di
attività la Commissione Stabili
ha deciso di riprendere le riunioni mensili con la partecipazione
dei membri della comunità, riunioni che già hanno avuto un esito molto positivo lo scorso anno.
Il primo di questi incontri avrà
luogo sabato 29 c.m. nella Sala
Albarin alle ore 20.45 ed avrà come argomento il progetto di ristrutturazione del Rifugio « Re
Carlo Alberto».
Per l’occasione è in programma una cena comunitaria alle ore
19 alla quale tutti sono cordialmente invitati. Chi desidera partecipare è pregato di iscriversi
al più presto presso il commestibili Chauvie (San Giovanni) o
presso la cartoleria Bein (Airali).
Su segnalazione della ClOV tale incontro sarà ripetuto nelle
settimane seguenti a Torre Penice e nella zona di San Secondo
in date e luoghi che saranno a
suo tempo precisati.
ANGROGNA
• Nell’ultima seduta del Concistoro di sabato 15 c. m. si è
fissato il calendario delle attività che verrà, ai primi di ottobre, inviato tramite la nostra
circolare. Un esame del documento trasmesso dalla Tavola
sulla situazione delle chiese battiste, metodiste e valdesi in Italia ha fatto ritenere opportuno
di presentare tutto questo problema con i suoi interrogativi
nelle nostre riunioni quartierali
e lì raccogliere i diversi pareri
in vista di un pronunciamento
comune.
• Venerdì, 21 alle ore 21 s’incontra la Commissione Stabili
al Presbiterio per un esame della situazione dei nostri immobili.
PERRERO-MANIGLIA
Giorgio Montesanto, della comunità di Perrero, ha vinto il
concorso per direttore didattico
e da qualche giorno ha iniziato
il suo nuovo lavoro presso le
scuole elementari di Perosa. A
lui gli auguri per un proficuo
lavoro.
2° CIRCUITO
Scuole Domenicali
I monitori delle Scuole
Domenicali s’incontreranno a San Germano SABATO 22 alle ore 20 nella
Sala delle Attività per la
presentazione del programma. Tutti i monitori e gli
interessati sono fraternamente invitati.
POMARETTO
A rallegrare le loro famiglie
sono giimte; Tron Valentina di
Edgardo e Elena Bertocchio;
Rihet Simona di Carlo e Ornella
Breuza. Mentre diamo il più affettuoso benvenuto alle neonate,
porgiamo i nostri sinceri auguri ai genitori.
• Sabato 15 settembre si sono
imiti in matrimonio presso il
Municipio di Pomaretto Bleynat
Giulio di Pomaretto e Ag^ Margherita di Sestriere. Agli sposi
gli auguri della comunità.
• Giovedì 13 settembre ha avuto luogo il funerale della no
stra sorella Bertalot Irma in
Mainerò deceduta presso l’Ospedale valdese di Pomaretto all’età di anni 54. Alla famiglia
colpita dal dolore tutta la simpatia cristiana della comunità.
• Sabato 22 settembre nei locali della Sala Lombardini di
Perosa Argentina alle ore 20.30 il
Concistoro è convocato in vista
del programma del 1° trimestre
1979-80. Sono pure convocati assieme al concistoro tutti i responsabili delle varie attività e
tutti coloro a cui sta a cuore il
lavoro della propria Chiesa.
• Il 25 c. m. alle 20,30 nel Presbiterio di Luserna San Giovanni si terrà una «riunione aperta » per discutere la rappresentazione che ha avuto luogo a
Ciò d’Mai all’inizio di settembre.
• Comunichiamo che la domenica 30 settembre avrà luogo il
«Culto di ripresa delle attività»
con la presenza degli alunni delle scuole domenicali e dei genitori.
AVVISI ECONOMICI
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011/276494 De Maria.
Il 10 settembre 1979 è venuta
mancare, a Torre Pellice
Ellen Lina Pons ved. Miegge
nata a Morristown (New Jersey, USA)
il 23 giugno 1907.
Il figlio Mario, esprime la sua profonda riconoscenza ai medici e al personale dell’Ospedale valdese di Torre
Pellice, ai familiari, ai pastori delle
Chiese valdese e metodista e agli amici, che, dall’inizio di agosto, hanno
mantenuto viva e operante, intorno a
Lina Miegge, la comunità di fede,
speranza e amore, per la quale Ella
ha vissuto.
« Egli muta l’ombra di morte
ili aurora ». (Amos 5: 8).
• Inizio delle attività: sabato
29 settembre, inizio del catechismo; ore 15 I e II anno e ore
16 III e IV anno. Domenica 30
settembre: culto di inizio delle
attività e di apertura della Scuola Domenicale.
SAN SECONDO
Il 28 agosto, con la partecipazione del pastore Ernesto Ayassot è stato celebrato il funerale
di Edilio Fornerone. Questo nostro fratello era membro della
chiesa di Torre Pellice, ma originario di S. Secondo. Esprimiamo la nostra solidarietà alle famiglie colpite dal lutto.
• Ringraziamo Renzo Turinetto che ha presieduto i culti e
Claudia Rostagno che ha suonato l’armonium, le prime due
domeniche di settembre.
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8
8
21 settembre 1979
[la settimana internazionale__________a cura di Tullio Viola] Predicazione aperta
La scomparsa di A. Neto
Nato nel 1922 in un villaggio situato a circa cento km. da
Luanda, il figlio di un pastore
metodista e di un’insegnante, il
celebre primo presidente della
Repubblica Popolare dell’Angola, già capo dell’MPLA (= Movimento Popolare per la Liberazione deH’Angola), è morto a
Mosca nella notte fra il 10 e l’il
settembre, poche ore dopo aver
subito un’operazione chirurgica
per un cancro di cui soffriva da
molto tempo.
Medico e poeta, uomo di grande levatura morale e di coraggio pari all’abilità politica, era
ormai considerato, dai suoi connazionali, il « Padre della Patria ». Da un articolo di Guido
Barendson su « La Repubblica »
del 12.9.’79, riportiamo le notizie più importanti sulla sua vita straordinaria e ammirevole.
Terminata la sua formazione
preuniversitaria in patria, « partì per le università portoghesi,
borsista prima a Lisbona, poi a
Coimbra, facendosi notare, nel
giro di pochi mesi, per le sue attività politiche. La polizia politica (la famigerata “Pide") lo
incarcerò, a più riprese, per i
suoi poemi nazioncdisti.
Una volta laureatosi in medicina nel 1958, tornò in patria,
ma la copertura che si era creato con la nuova professione non
gli valse ad evitare nuovi arresti. Fermato nel suo studio di
Luanda, trasferito a Capo Verde e poi a Lisbona nel 1,962, riuscì a fuggire dal domicilio coatto che gli era stato imposto e a
raggiungere Leopoldville. Qui
prese la testa dell'MPLA.
È l'epoca in cui questo movimento, il solo non compromesso con i vicini paesi reazionari,
incontra le maggiori difficoltà
nel porsi alla testa delle prime
rivolte. L’insurrezione del 1961
decima i ranghi del Movimento, mentre si rafforzano il Fronte Nazionale di Liberazione
(FNLA) guidato da Holden Roberto e finanziato dallo Zaire, e
l’Unione Nazionale per l’Indipendenza (UNITA) di Jonas Savimbi. appoggiata dal Sudafrica.
Sono gli anni più bui per il
poeta rivoluzionario. Nel 1966
però la guerriglia riprende, e
nel 1967 l’MPLA apre un nuovo
fronte sul confine con lo Zambia, aumentando costantemente
le sue attività, che tornano a
calare all’inizio del 1971. Neto
compare sulla scena politica intemazionale, vede il Papa e va
a Pechino invitato da Chi En-lai,
impone il riconoscimento del
suo gruppo come guida della
resistenza angolana.
Ma le difficoltà per il medico.
Si avvicina una scadenza: quella della campagna
per il rinnovo degli abbonamenti all’Eco-Luce. Come
intendi parteciparvi?
Comitato di Redazione : Sergio
Aquilante, Dino Ciesch, Marco Davile, Niso De Michelis, Giuliana
Gandolfo Pascal, Marcella Gay,
Ermanno Genre, Giuseppe Platone,
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Direttore Responsabile :
FRANCO GIAMPICCOLi
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Fondo di solidarietà : ccp 11234101
intestato a « La Luce : fondo di solidarietà ».
La Luce: Autor. Tribunale di Pinerolo N. 176, 25 marzo 1960.
L'Eco delle Valli Valdesi Reg. Tribunale di Pinerolo N. 175, 8 luglio 1960.
Cooperativa Tipografica Subalpina
Torre Pellice (Torino)
la cui immagine sorridente va
intanto diffondendosi, sono ben
lungi dal cessare. Il gruppo formato nel 1956 da giovani intellettuali della borghesia nazionalista, incontra una nuova impasse. Agli aiuti assicurati dalrURSS, fa da contrappeso una
serie di crisi interne, che culmina in un attentato, fallito, contro lo stesso Neto nel 1973.
Il cemento della lotta anticolonialista si consolida. Il 25.4.’74,
a Lisbona, viene abbattuto il regime di Caetano: il governo, nato dalla “rivoluzione dei garofani’’, vuole uscire dalla trappola
africana. Il 31.1.’75, tutti i poteri passano dai portoghesi a un
governo di transizione. La guerra contro il colonialismo è vinta, ma ora per l’Angola è la
guerra civile, o meglio, come la
stigmatizza lo stesso Neto: “E la
seconda guerra di liberazione".
Il 10.11.’75 Neto proclama la
Repubblica Popolare, ma le sue
parole sono coperte, a tratti,
dall’eco degli scontri, 20 km. a
nord di Luanda. Nelle stesse ore,
contro gli uomini di Roberto e
l’esercito zairese a nord e contro i mercenari di Savimbi sostenuti dalle truppe sudafricane
a Sud, sbarca il primo contingente di “volontari” cubani. Ci
vorranno altri 4 mesi perché il
leader possa dire conclusa la liberazione totale del paese: quando sud-africani e zairesi saran
no tornati a casa.
Neto diventa presidente. Dalla conduzione della lotta armata, passa alla ricostruzione della “nuova" Angola e alla guida
politica dell’MPLA. Sulle sue
spalle grava il peso di oltre 10
anni di aiuti URSS, ma il poeta
non accetta la sovietizzazione.
Con la stessa abilità con cui non
aveva esitato a giocare la “carta cubana", con la stessa fermezza, tiene testa alle richieste
del Cremlino per una maggiore
stretta delle relazioni, rifiuta di
entrare nel Comecon.
Costretto anche da difficoltà
economiche interne, riprende i
contatti con diversi paesi occidentali. B ormai il 1978: tra i
suoi ultimi passi. Vestala passata, si riconcilia con lo Zaire di
Mobutu, incontra il presidente
portoghese Eanes e accoglie a
Luanda la prima missione americana.
Neto muore dunque nei momento in cui tenta di ricomporre il difficile equilibrio tra Est
ed Ovest. Al termine di una vita passata a liberare il suo paese dal colonialismo, scompare
quando ormai è assunto a simbolo dell’indipendenza nazionale. E mentre compaiono^ i norni
degli uomini a lui vicini (Lucio
Lara, Iko Carreira...), ci si chiede se i suoi successori saranno
capaci di garantire, come il poeta, l’autonomia dell’Angola ».
(segue da pag. 5)
predicazione al mondo ma alla
chiesa.
Oggi la nostra situazione è
molto più complessa perché siamo da un lato confrontati con
un mondo che è nuovamente
pagano o ateo, che ha cioè rotto i ponti con la parola di Dio
e la rivelazione biblica e dall’altra siamo inseriti ancora in
un contesto dove la gente si dice parzialmente cristiana, la
chiesa romana che rappresenta
per la maggior parte dei nostri
concittadini la chiesa di Cristo
è una realtà che per molti ha
tuttora peso ed influenza.
È un po’ come se fossimo fra
gli apostoli ed i riformatori.
La responsabilità riformatrice
è alla base del nostro atteggiamento riguardo alla chiesa di
Roma. Riteniamo che il confronto con la teologia ed il comportamento dei cristiani cattolici romani debba essere proseguito come ai tempi della Riforma per una vocazione di responsabilità nei loro riguardi.
Comunque si giudichi la chiesa
romana: una chiesa cristiana
decaduta, una chiesa che ha perso la sua fisionomia cristiana ed
i suoi riferimenti a Gesù Cristo,
una realtà del tutto mondana,
resta il problema di sapere cosa rappresenta per noi, quale
debba essere il nostro atteggiamento nei suoi riguardi.
La chiesa valdese o le chiese
valdesi non sono una setta cioè
un gruppo di persone che ritiene di formare l’unica realtà vivente del popolo di Dio, il nu
Doni CIOV
(Mese di giugno)
PER ASILO DEI VECCHI
DI SAN GERMANO CHISONE
L. 10.000: Ada e Aldo Griot, in occasione matrimonio figlioccia Brunella
e Ivano (S. Germano Chisone).
L. 25.000: Unione Femminile Valdese
di Sanremo, in mem. di Elvira Griil.
L. SO.C'DO: Unione Femminile Valdese
di Viilaseoca.
PER OSPEDALE DI TORRE PELLICE
L. 20.000: Rivoir Alma, fiori in memoria di Elda Eynard (Bergamo).
L. 30.000: Condomini via Lambruschini 10, in mem. di Pontet Maddalena
ved. Bert (Torino).
L. 90.000: Consiglio Ordine degli
Avvocati e Procuratori di Pinerolo, in
mem. della madre deH'avv. Bert.
PER OSPEDALE DI POMARETTO
L. 5.000: N. N. (S. Secondo); Meytre
Arturo (S. Germano Chisone).
L. 10.000: Pascal Amandina (Pomaretto); Belli Isidoro (inverso Pinasca);
Long Mara e Livio Michele, in mem.
dei nonni degli Ewuar (Pramollo).
L. 20.000: De Stefanis Barbiani
Mariuccia (Luserna S. Giovanni); Richard Maria (Prali); Costantino Virginia (Prarostino) ; Ferrerò Ivonne e figli, in mem. di Poèt Abele (Ferrerò).
L. 25.000: Titolari, impiegati e compagni di lavoro del figlio Silvio, in memoria di Lamy Comba.
L. 30.000: La moglie fida Balmas,
in memoria del marito Giovanni Baimas.
L. 35.000: 1 compagni di lavoro del
sig. Bruno Riccardo, in memoria del
padre (Dubbio-ne di Pinasca).
L. 45.000: Turno A, Binatura, Torcitura, Autocanal Filseta (Perosa Arg.).
L. 50.000: Malvicini Alberto, in memoria di Balmas Giovanni (Luserna S.
Giovanni); i familiari, in memoria di
Rostagno Rina (Dubbione di Pinasca).
PER RIFUGIO RE CARLO ALBERTO
L. 50.000: Unione Femminiie Valdese
di Villasecca.
L. 75.000: Federazione italiana delle
Chiese Cristiane Avventiate,
L. 241.480: Past. Rudolf Hardmeier
(Sternenberg - CH).
(Mese di luglio)
PER RIFUGiO RE CARLO ALBERTO
L. 5.000: Famiglia Oddino (Torre
Peliice); Franca e Marco Eynard, in
memoria dei genitori e del fratello
(Torre Pellice).
L. 25.000: Maria Ulmini, in memoria
del marito Giacomo Ulmini (Torrazzo
Piem.).
L. 200.000: Ezio, Danie e Davide, in
memoria di Simonetta Pinardi.
PER ASILO DEI VECCHI
DI S. GERMANO CHISONE
L, 5.000: Mamma e papà, in occasione del matrimonio di Sergio Coppolino (S. Germano).
L. 10.000: R.B.J., ricordando la cara
madrina (S Germano); Balmas Gustavo, ricordando la cara Ivonne (San
Germano).
L. 25.000: La famiglia, ricordando
Davide Bouchard (S. Germano).
L. 30.000: Margherita, Ida, Elena, un
fiore per il fratello Balmas Giovanni
(S. Germano).
L. 50.000: Famiglia Malvicirri Alber
DONI
to in memoria del cugino Balmas Giovanni.
L. 200.000: I suoceri e Clara, in memoria di Renato Vola (Pinerolo).
PER ISTITUTI OSPITALIERI VALDESI
L. 24,000: Caterina De Beaux.
PER OSPEDALE DI TORRE PELLICE
L. 5.000: Buffa Ernesto (Angrogna);
Sibille Cesarina, in mem. di Rosina
Pagliai Pizzardi (Torre Pellice); V. Fraterrigo, in mem. del marito (Torre Pellioe).
L. 10.000: Anonimo, in mem. di Charbonnier Luigia Carolina (Torre Pellice) ;
Franco e Marco Eynard, in mem. dei
genitori (Torre Pellice); La moglie e i
figli, in mem. di Malan Giovanni (Torre Pellice); Giulia Codino, in mem.
del caro cugino A. Pogliani (Torre Pellice) .
L. 20.000: La moglie e i figli, in memoria di Achille Pogliani (T. P.).
L, 30.000: Adele Livietta e Aldo Durand, in mem. di Elvira e Ada Grill.
L. 50.000: Il fratello e famiglia, in
mem. di Maddalena Pontet ved. Bert
(Torre Pellice).
PER OSPEDALE DI POMAREHO
L. 3.500: Coucourde Andrea (inverso Pinasca).
L. 4.500: Volot Daniele (Pomaretto).
L. 5.000: Comba Elsa, in mem. di
Maurino Alessandro (Perosa Argentina);
Breuza Wilma (Ferrerò).
L. 10.000: Vinone Rosetta, in memoria di Alice Genre-Bert (Torre Pellice); Ivette Costabel, in mem. di Maurino Alessandro; Famiglia Cassone,
in mem. di Maurino Alessandro; Benedetto Franco, in mem. di Maurino
Alessandro (Dubbione); La sorella
Angiolina, in mem. di Garrone Clemente (S. Germano); Trazzi Antonio,
in mem. di Garrone Clemente (Perosa
Argentina).
L. 20.000: F. Bevilacqua, in mem.
di Alice Genre Bert; GardioI Giovanni"
(Prarostino); La figlia Maurino Simona,
in mem. di Maurino Alessandro (Perosa Argentina); Soldera Vittoria (Perosa Argentina).
L. 23.500: Colleghi della figlia Simona, in mem. di Maurino Alessandro.
L. 24.000: Famiglie Flacher Robert e
Claude e Sugrue, in mem. di Maurino
Alessandro.
L. 25.000’: Long Oreste (Pomaretto).
L. 30.000: Anziani RIV-SKF, in mem.
di Balmas Giovanni; 1 soci la cooperativa Villarese, in mem, di Resiale
Teresa (Villar Perosa); I nipoti Gina,
Adele, Maria, in mem. del nonno
Garrone Clemente (S. Germano Chisone); Anseima Giuseppina (Pinerolo).
L. 36.000: 1 condomini del figlio, in
mem. di Garrone Clemente.
L 41.000: Soci della Società Sportiva Lingotto, in mem. di Garrone Clemente.
L. 50.000; Famiglie Ribet, Agostini,
Bouchard, Plavan, Vinçon, in mem. del
cognato Balmas Giovanni (S. Germano); I familiari, ricordando la cara
Nini Balmas (S. Germano); La moglie
Costantin Letizia (Perosa Argentina).
L. 300.000: Gaydou Clementine, tramite Don Trombetto parroco di Pomaretto.
Doni per l’Asilo
di Luserna S. Giovanni
Doni pervenuti nel mese di agosto
L. 1.000.000: Coniugi A.M. e L.U.R.
(Torre Pellice)
L. 700.000: Fiori in mem. della nostra
cara Tantine Yvonne Alilo, i nipoti e
pronipoti Allio Davide e Laura, Jouvenal Enrico e Bianca, Boèr Niny e Piero, Boèr Silvio e Maura, Boér Claudio
e Cristina.
L. 232.000: Ospiti e Personale dell'Asilo, In mem. di Yvonne Allio.
L. 100.000: In mem. di Yvonne Allio, il
nipote Roberto Jouvenal con Germana,
Danielle e Michèle; Emilia Ayassot
ved. Allio, in mem. della cognata
Yvonne Allio (Roma); Gianni e Huguette Bogo, in mem della Sig.na Yvonne
Allio (Svizzera); Bianco Malan Giulia,
in mem. di Guido Bounous.
L. 50.000: Albina e Riccardo Pellenc,
in mem. di Ida Tron Giordan; Elena
e Maria Peyrot, in mem. di Arty e
Ida Peyrot; In mem. di Guido Bounous, Lilian Pennington de Jong (Roma); In mem. di Mattalia Attilio, la
moglie e la figlia; Lapisa Giovanni e
famiglia, in mem. di Ricca Roberto;
Malagò Dies (Felonies).
L. 40.000: Il personale dell’Asilo,
in mem. della mamma di Vanda
Tourn.
L. 30.000: in mem. del marito. Elsa
Comba ved. Cendola; Arturo e Mariuccia Grill, in mem. della cara cugina
Margherita Beux Balmas; In mem. di
Vera Varese, Lilian Pennington de
Jong (Roma).
L. 25.000: Charbonnier Paolo e Costanza; Bellion Matilde, in mem. dei
miei cari (Osp. Asilo); Lilly e Bebe,
in mem. della cara amica Yvonne Allio (Torre Pellice).
L. 20.000: Iolanda Rivoiro Pellegrini,
■ ' in ricordo di Yvonhe Allio; Sig.ra Bevilacqua (Losanna); Emma Ayassot, in
mem. della cara amica Yvonne Allio
(Roma); Cecilia e Luigi Blanc-Pron.
L. 15.000: Margherita Muraglia-Girardon, in mem. di Yvonne Allio.
L. 10.000: Jean e Matilde Rostagnol,
in mem. di Yvonne Allio; Gaydou Clelia, in mem. di Yvonne Allio; Juliette
Balmas, in mem. di Yvonne Allio; Romolo e Rina Balestra, in mem. di Emilia Rivoira in Tourn, Peyrot Lina; Adele e Eugenio Long, in mem. di Margherita Balmas Beux; Adele e Eugenio
Long, in mem. di Yvonne Allio; Elena
e Maria Peyrot, in mem. di Ida Tron
Giordan; Elena e Maria Peyrot, in memoria di Susette GardioI; Edmea e
Gino Meynier, in mem. della cugina
Yvonne Allio; Visentin Russo Maria,
In mem. del marito (osp. dell'Asilo);
Clara Revel, in mem. di Yvonne Allio.
L. 5.000: Dalmas Adelina, in mem.
di Yvonne Allio; Sophie Degganis; Durand Maddalena, in mem. Luisa Pontet; Durand Maddalena, in mem. di
Vera Creste; Salvarani Matilde, in
mem. di Guido Bounous (osp. Asilo);
Malan Virginia, ricordando i miei cari;
Iolanda Varese (Torino); Coniugi Santonastaso (Torino).
mero chiuso degli eletti, non
identificano la chiesa come popolo di Dio, raccolta di credenti con la loro denominazione. I
valdesi hanno da sempre chiara
coscienza di essere nella chiesa
di Cristo, di farne pienamente
parte ma non pretendono che il
loro numero statistico, l’elenco
dei loro membri si identifichi
con la chiesa di Gesù Cristo,
con gli eletti di Dio, siamo parte della chiesa non la chiesa.
Questa pretesa di totalità, di assolutezza è appunto quella delle
sette; nella misura in cui anche
la chiesa di Roma avanza tale
pretesa è una setta, la più grande setta cristiana.
Un terzo livello di responsabilità esterna la chiesa valdese
avverte nei riguardi di coloro
che pur vivendo nel suo ambito
non fanno professione di fede
piena e vivente. È questo uno
dei maggiori problemi della storia della chiesa cristiana: il fatto cioè che la comunità dei credenti non è mai un blocco compatto omogeneo stabile, anche
perché vi sono credenti che
muoiono ed altri che nascono e
perciò la congregazione è sempre in movimento ma anche
perché nel suo seno vi sono
fratture.
Vi sono coloro che dopo aver
gustato l’evangelo tornano al
mondo, come il compagno di
Paolo, sedotti dalle lusinghe de!
mondo, dalle tentazioni, dal cattivo esempio. Vi sono dei fratelli la cui fede si intiepidisce
0 la cui fede è debole, coloro
poi che cadono sul piano della
santificazione, sul piano morale.
Dall’epoca della Riforma que
sta realtà è sempre esistita ed
1 valdesi ne hanno preso atto,
seguendo l’esempio dei Riformatori non hanno applicato la
disciplina in senso discriminatorio ma pedagogico non per purificare la loro confessione ma
per correggere i peccatori. Hanno sempre ritenuto che non si
possa dire con esattezza, con sicurezza chi siano gli eletti nella
congregazione, molti sono infatti gli ipocriti che sotto apparenza di pietà nascondono un
cuore incirconciso, direbbe Paolo. Certo bisogna togliere il peccato dal mezzo di noi, cioè dalla assemblea ma il peccato nella
sua forma evidente, scandalosa,
il peccato che in qualche modo
distrugge la credibilità della
predicazione. Per il rimanente
occorre predicare ed ammonire.
Quando usiamo il termine valdese nel nostro dibattito lo facciamo in modo inesatto ed ambiguo, da un lato esso indica
tutti coloro che essendo di famiglia credente o che lo è stata dichiarano di far parte della
confessione valdese, potremmo
dire del mondo valdese. Se accade che una persona sentendo
la predicazione o entrando in
contatto con uno di noi ravvisi
in questo un mondo di valori
che accetta e con cui si sente
in consonanza e dichiari « io mi
sento valdese » non possiamo
impedirgli di esserlo, di sentirsi tale, non possiamo escluderlo dalla fruizione di quelle verità e quelle realtà in cui riconosce qualche cosa di suo. Resta
da stabilire se è credente per
questo, se realmente la sua vita
è quella di un uomo chiamato,
eletto, se cioè la vocazione ha
rinnovato la sua esistenza. Non
è sempre così ed è per questo
che il ministero della predicazione mantiene il suo pieno significato perché è solo alla luce
della parola di Dio che un uomo si sente chiamato, toccato
nel cuore e riconosce la sua
chiamata.
La responsabilità esterna è
particolarmente grande nella situazione di alcune zone del mondo valdese, di alcune situazioni
storiche, dove il numero statistico di coloro che si dichiarano valdesi non coincide evidentemente con il numero dei credenti in Gesù Cristo. Nel caso
della chiesa di Torre Pellice di
cui faccio parte è evidente a
tutti noi che il numero di 1600
membri non sta ad indicare la
congregazione degli eletti che è
molto inferiore e di cui però
non cerchiamo di definire il confine. Resta chiaro innanzi a noi
il compito di condurre alla piena conoscenza dell’evangelo ed
alla assunzione della responsabilità di credente il maggior numero di coloro che si muovono
nell’ambito della realtà tradizionale di fede evangelica.