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^B c.
DELLE mm VALDESI
FEYROT Arturo
C. Cabella 22/5
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 107 - Num, 51-52 ■ABBONAMENTI | L. 3.000 per I’interno Sped. in abb. postale - I Gruppo bis/70 1 TORRE PELLICE 25 Dicembre 1970
Una copia Lire 70 L. 4.000 per Testerò Cambio di indirizzo Lire 100 I Amm.: Via Cavour 1 - 10066 Torre Pellice - c.c.p. 2/33094
La sorpresa
di Natale
Il Messia era atteso, ma la sorpresa quando è venuto è stata più
grande dell’attesa. La sua apparizione ha destato stupore in Israele, che pure era stato informato e
preparato. Ma chi è mai veramente preparato per le cose di Dio?
Chi nutre un’attesa abbastanza
grande, proporzionata alla grandezza delle opere di Dio? La nostra attesa si rivela sempre troppo
timida, e così non possiamo non
essere sorpresi quando si compiono le promesse di Dio.
C’è la sorpresa dei pastori di vedere una luce nella notte di solito
oscura e udire un canto inconsueto: « Pace in terra ». Ma è proprio
sulla terra che non c’è mai pace!
Come mai questo canto incredibile?
C’è la sorpresa di un oscuro pescatore di Galilea di sentirsi dire:
« Da ora innanzi sarai pescatore
d’uomini ». Ma pescare uomini è
più difficile che pescare pesci. Come mai Gesù sceglie, per così ardua impresa, un umile e non un
notabile, un lavoratore e non un
intellettuale, un illetterato e non
un uomo istruito?
C’è la sorpresa dei pubblicani di
sentirsi cercati e non evitati, chiamati e non esclusi. Il popolo li teneva a distanza. Perché Gesù li
avvicina?
C’è la sorpresa dell’adultera di
non essere abbandonata al proprio destino e giustiziata, ma al
contrario liberata dal pericolo e,
più che questo, dalla colpa. Perché Gesù non la condanna?
C’è la sorpresa dei ciechi che cominciano a vedere, dei paralitici
che cominciano a camminare e di
ogni sorta di malati che si trovano
guariti; la sorpresa della vedova
che ricupera il figlio morto, di
Lazzaro che esce bendato dal sepolcro. La sorpresa di vedere cose
mai viste e di udire cose mai udite. Come mai, quando passa Gesù,
nulla resta come prima? Come
mai ritorna la vita e tutte le speranze dell’uomo, anche le più ardite, sono consentite? Come mai,
con Gesù, « tutto è diventato possibile »? (R. Garaudy).
C’è in fine la sorpresa dei poveri di Israele, che pensavano di
contare poco o nulla e di essere alla periferia del popolo di Dio, e invece si vedono trattati da Gesù
come i veri destinatari della buona notizia che egli porta. Le beatitudini cominciano da loro. Come
mai? Come mai gli ultimi, con
Gesù, diventano primi? Come mai
i lontani diventano vicini?
In verità l’Evangelo è pieno di
sorprese.
Ma la sorpresa maggiore resta
Natale: sorpresa di Dio nel mondo,
nella vita, per la strada, uomo fra
uomini. Qui la sorpresa è doppia:
prima non può non sorprendere
che Dio sia quell’uomo; poi che
l'uomo sia Dio.
Paolo Ricca
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiimimiiiiiiiiiiiiiii
Buon anno, lettori!
Ai nostri lettori rivolgiamo, in questo volger d’anno, >1 nostro augurio
più cordiale, lieti se potremo continuare con loro — e con altri, speriamo! — l’appuntamento settimanale
anche nel 1971. Il prossimo numero
recherà la data dell’S gennaio p. v. Ci
sia dato di vivere nel tempo, senza fus;he, ma con lo sguardo all’Eterno, al
Vivente, lo stesso ieri, oggi e per
sempre.
Contati dal Signore, anche nell’anno nuovo
I giorni contati
IIIIIIIIIIIIIIIIIMIIIIMIIIIIIIIIIMIIimilMIII IIIIIIIIIIIIIIIIMIIIIIIillllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllMIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII
Alcuni anni fa circolava un film,
/ giorni contati, di un giovane regista
italiano. Elio Pietri, il quale voleva
descrivere l’angoscia esistenziale, il
vuoto spesso disperato della vita dell’uomo odierno. L'originalità di questa
opera non stava nel tema, ma nel far
sentire che tale angoscia e tale vuoto
non sono affatto esclusiva di più o meno sofisticati uomini e donne di « dol
J ’ uomo, nato di donna,
^ vive pochi giorni
e sazio di affanni.
Spunta come un fiore,
poi è reciso; non dura.
E sopra un essere così
tu tieni gli occhi aperti!
I suoi giorni sono fissati
e il numero dei suoi mesi
dipende da te: tu
gli hai posto un termine
che non può varcare.
Tu conti i miei passi,
tu osservi i miei peccati.
Così tu distruggi
la speranza dell’uomo.
(Giobbe 14)
ce vita » o di arrabbiati « accattoni »,
ma rodono l’uomo qualunque della
strada nella sua piccola esistenza normale.
Nel film, quest'uomo qualunque è un
idraulico romano sui cinquant’anni, il
quale un giorno si vede morire accanto, d’infarto, un passeggero del tram
su cui se ne torna a casa. La psicosi
dell’infarto lo afferra: posto così bruscamente di fronte alla realtà misteriosa e improvvisa della morte, si rende conto che i suoi giorni sono contati, e decide di goderseli, almeno. Ripetizione individuale e piccolo-borghese,
stile anni '60, della versione pagana
del panico del Millennio e della crisi
(«giudizio»). Basta con il lavoro: di
giorno e di notte, a zonzo per la città,
crede di scoprire una libertà impensata; in realtà, il quadro in cui vive
gli si fa così più estraneo e assurdo;
e dopo essersi trascinato per alcuni
giorni, sempre più faticosamente, sbandato, sente come un sollievo e una liberazione l’impulso di riprendere la
sua vita normale: torna alle sue chiavi inglesi, e lo vediamo tutto soddisfatto sturare il lavandino di una massaia che grida al soccorso. Poi, chissà,
l’infarto lo coglierà, forse; perché abbiamo i giorni contati, ma — sembra
dire il film — è meglio che non lo sappiamo.
Cosi l’espierienza della morte è elusa, e non diviene esperienza vitale. Ma
« come crederanno se non v’è chi predichi? »
Un film come questo, amaro e triste,
così naturale e fedele alla piccola vita
quotidiana, mi pare immagine viva del
paganesimo odierno: dell’angoscia dell’uomo di oggi che, ignorando sempre
i~ì Signore,
tu sei stato per noi
un rifugio di età in età.
Prima che i monti fossero nati
e che tu avessi formato
la terra e il mondo,
ab eterno e in eterno
Iti sei Dio.
Insegnaci a contare
i nostri giorni
sì che acquistiamo .
un cuore savio. I
(dal Salmo 90) |
più ogni altra dimensione di vita che
non sia la sua esistenza terrena, quando ne scopre la precarietà e avverte
distintamente che i suoi giorni sono
contati, che può toccare a lui da un
momento all’altro, diffìcilmente regge
allo shok; cerca allora di dimenticare
la vanità della sua esistenza tuffandosi nel divertimento febbrile o nel lavoro, nello stordimento del tempo libero o nella ’normalità’ che drizza intorno alla sua coscienza come una corazza ovattata. Come dargli torto? La
esperienza della morte è umanamente
quasi insostenibile, se essa è l’ultima
parola.
Perciò un film come questo è anche
e soprattutto espressione drammatica
di un mondo che, spesso inconsciamente, grida al soccorso, perché si sente
veramente morire. Il Signore, nel suo
buon annuncio al mondo, risponde.
Indubbiamente, è un «buon annuncio » assai sconcertante: lungi dal
’confortarci’ dicendoci che le cose non
sono poi così drammatiche e angosciose, lungi dal cullarci in scappatoie
come l’immortalità dell’anima (1), ci
conferma espressamente che i nostri
giorni, pochi o molti, sono proprio
contati. Nei pensieri e nelle preghiere
dei credenti possiamo discernere molte ombre di quest’angoscia (Giobbe 14;
Salmo 90, 139, ecc.): è la trama oscura su cui si staglia il disegno luminoso dell’Evangelo, che ci annunzia, sì,
che i nostri giorni terreni sono contati, ma ci annunzia soprattutto da chi
sono contati: da Uno che non è cieco
destino ma Padre amorevole, che facendosi conoscere agli uomini comunica loro la fiduciosa sicurezza che i
loro giorni, e persino i capelli sul loro
capo sono contati (Luca 12: 7), da lui.
Nel fervore dell’ascolto di quest’assicurazione mi vien fatto di cantare di
gioia all’Eterno che è il nostro rifugio
di età in età: Ti ringrazio, mio Signore, perché i miei giorni sono contati,
da te! Ma questo lo dico nel tempo sereno della salute, della pienezza di forze, della gioia di vivere e di lavorare,
della ricchezza degli affetti. Saprei dirlo nel tempo della malattia, della solitudine, del calare delle forze? E so dirlo di fronte all’ingiuslizia, di fronte
alla sofferenza altrui, al lutto improvviso che stronca un’esistenza e piaga
per sempre quelle che le sono legate?
Oso dirlo, dinanzi alla tragedia pakistana? Come dirlo, in tutti questi casi,
con la stessa fiduciosa certezza, con la
la stessa gioia? Per chi rimane solo,
per chi è inchiodato in un letto, per
chi trascina per anni una pesante catena, per chi è oppresso, il sapere che
i nostri giorni sono contati da Dio non
rischia di diventan . talvolta, fonte di
dura rivolta? Domande che sono sull’olio della bestemmia; ma di queste
bestemmie i nostri cuori sono spesso
L’AVVENTO
/ ì lahvé,
'' sei tu che mi hai formato,
nel'seno di mia madre.
Meravigliose sono le tue opere
e l’anima mia lo sa bene.
I tuoi occhi videro
la massa informe del mio corpo
e nel tuo libro
erano tutti scritti
i giorni a me destinati,
quando nessuno di essi
era ancora sorto.
Quanto mi sono preziosi
i tuoi pensieri, o Dio!
(dal Salmo 139)
pieni; e il Signore è stato misericordioso e paziente, così umano, da permetterci di trovare nella Bibbia anche
questa rivolta, giudicata e superata,
ma non scomunicata.
Superata, come? Dio non ha risparmiato al proprio Figlio stesso questa
angoscia esistenziale; con una lucidità
che rivoltava i discepoli quando li faceva partecipi dei suoi più segreti pensieri, Gesù ha vissuto (senza per altro
abbandonarsi alla « rabbia di vivere »
e di operare) sapendo che i suoi giorni erano contati (Marco 8; 31 ss.):
l'ombra della fine — e di una fine immatura, a breve scadenza — ha planato distintamente su tutta la sua esistenza terrena, e in tal senso essa è
stata tutta passione. Non gli è stato risparmiato l’amaro di questo calice della
condizione umana, è stato anzi per lui
angoscioso in modo tutto particolare,
l'avere i giorni contati. Ma ha rimesso
la sua vita nelle mani del Padre, in assoluta fiducia; e il Padre lo ha risuscitato; dopo aver contato i suoi giorni
terreni e i capelli del suo capo — senza per questo sottrarlo alla sofferenza
e alla morte —, lo ha restituito alla
Vita eterna.
La persona viva di Cristo, morto e
risorto, è per noi la garanzia che la
prospettiva del Regno — la sola che
spezzi l’incubo della morte — non è
una favola né un anestetico né una
droga, ma il vero senso di questi nostri giorni contati, pochi o molti che
siano. Guardando a Cristo, morto e risorto, il saperci i giorni contati perde
il suo orrore, nella coscienza che nulla ci separerà dall’amore di cui Dio ci
ha dato prova in Cristo (Romani 8).
E questo il « cuore savio » che il salmista chiedeva.
Contiamoli, i nostri giorni, ma come
li conta Dio, per questo tempo e per
l’eternità; e ricordiamoci dei molti che
hanno soltanto paura dei loro giorni
contati, perché non conoscono Cristo
e la dinamica vitale racchiusa nella
sua risurrezione, e non hanno speranza. Gino Conte
Si conclude, con questa settimana, lo scambio di corrispondenza fra il
past. J. M. Chappuis, direttore de « La Vie protestante », e il past. H. R.
Weber, condirettore dellTstituto ecumenico di Bossey, presso Ginevra.
Speriamo di aver fatto cosa utile ai nostri lettori, riprendendo con graiLidine dal confratello romando questa riflessione a due voci per il tempo
d’Avvento, un tempo che per noi non si conclude con la vigilia di Natale,
ma che abbraccia tutta la nostra vita di credenti, chiamati ad attendere
il Regno già vivendone. Come?
In cerca di una nuova etica
Caro amico,
la sua ultima lettera dà spunti interessantissimi al nostro scambio
di idee. Che ci capiti di fare insieme una scoperta felice? Lei ha detto: l’etica cristiana antica, quella
dei “princìpi” e dei “valori” è in crisi. E poi ha detto: l’etica "della situazione” che consiste nel “discernere la volontà di Dio avendo come
unico criterio l’amore vissuto dal
Cristo” non è sufficiente.
Alla fine ha detto: non vi sarebbe
una terza via, un”‘etica della prospettiva”: “non una fuga nel futuro,
ma una vita nel presente, vissuta
però in vista di quello che aspettiamo in avvenire”?
Sono felice che lei. entri nell’ordine di idee che avevo già espresso
nelle mie precedenti lettere, anche
se con riserve, come del resto ne
ho io. Sono sempre più convinto
che oggi sia necessaria un’etica
della prospettiva. Ma non vedo dove documentarmi. Leggo, si, cose
appassionanti a questo proposito
in libri non teologici, ma non le
trovo nei libri teologici, dove spesso il passato occupa tutto lo spazio! Conosciamo i rappresentanti
di un’etica dei principi o di un’etica
della situazione, ma esistono quelli
di un'etica della prospettiva? Non
le pare che Harvey Cox in “La città secolare” abbozzi la nostra stessa ricerca? Ne conosce altri che lo
facciano?
La scoperta felice non è altro che
la buona domanda che stiamo facendo in attesa di avere una buona
risposta! L’uomo di oggi comincia
a imparare, con la scienza e la tecnica, a prevedere il suo avvenire,
a controllarlo, come aveva imparato prima, con le scienze storiche, a
interpretare il passato. I risultati
che ottiene vengono in quale modo
illuminati dalla luce del Regno che
viene? Quale condotta adottare per
anticipare sul Regno, tenendo con
to di questa nuova forma di padronanza che l’uomo ha sulla propria
avventura? Questo interrogativo
non solo non mi lascia, ma io continuerò a porlo a quelli che non se
10 pongono ancora (perché se lo
pongano) e a quelli che potrebbero
già cominciare a rispondere (perché rispondano).
Mi ha invitato a dibattere sulla
sofferenza, cioè su “l’aspetto più
difficile dell’anticipazione”. E mi ha
citato quei passi biblici formidabili
che p-iragonano la venuta del Regno ai dolori del parto. Soprattutto
ha ricordato Ro. 8: 22: «sappiamo
che fino ad ora tutta la creazione
geme insieme ed è in travaglio ». È
davvero formidabile! Siamo in presenza di un mistero di vita e di
morte che non solo è il cuore dell’Ev&ngelo, ma il cuore di tutta la
storia degli uomini e di cui la croce resta il segno ver eccellenza.
Ma è terribile! Perché — e lei è
certo del mio avviso — non si tratta ora di tentare,, con l’aiuto di
questo genere di passi, di giustificare le sofferenze che non sono giustificabili e che noi per giornate,
anni e millenni ci infliggiamo gli
uni gli altri: dispute, ingiustizie, oppressioni, guerre esprimenti non
tanto la venuta del Regno quanto
11 nostro rifiuto del Regno, la nostra
inesauribile capacità di farci reciprocamente del male. Non possiamo giustificare queste sofferenze.
Dobbiamo solo combatterle.
Qra non si può combatterle senza esserne colpiti e senza partecipare quindi al mistero della croce.
Ecco in breve qualche riflessione
suggeritami dal suo accenno alla
sofferenza. Si può chiedersi in qual
modo queste riflessioni vengano a
inserirsi nell’“etica della prospettiva”, l’importanza della quale ci ha
colpito tutti e due.
Ha tempo di pensarci?
J. M. Chappuis
Partecipare al travaglio del Regno veniente:
questo è vivere l’Avvento
(1) Si legga a questo proposito Teccellente
operetta edita in questi giorni dalla Claudiana : Philippe Henri Menoud, Dopo la morte:
immortalità o resurrezione? Piccola Collana
Moderna, serie teologica, n. 19. Torino 1970,
p. 72, L. 600.
Caro amico,
Lei vorrebbe sapere se qualcuno
ha già pubblicato delle riflessioni
sulla « nostra » etica della prospettiva. Confesso la mia ignoranza.
Harvey Cox e il vescovo John Robinson hanno certo qualche cosa
da dire. Ma la loro « nuova morale »
non mi soddisfa. In Germania è attualmente di moda una « teologia
della speranza » (il Prof. Jürgen
Moltmann della facoltà di teologia
di Tübingen ne è il principale portavoce) e credo sia più che una moda
passeggera. Però, ch’io sappia, nessun rappresentante di questa tendenza teologica ha cercato di gettare un ponte verso le scienze naturali, le scienze umane o l’industria,
i settori nei quali si svolgono le attuali ricerche prospettiche; nessuno
ha elaborato finora un’etica della
prospettiva.
Anch’io vorrei documentarmi di
più sull’etica della prospettiva e
dell’anticipazione (che non sono perfettamente la stessa cosa come ho
cercato di dire neH'ultima lettera).
Ma mi sento incapace di redigere
la più elementare bibliografìa e desidererei che i nostri lettori ci illuminassero su questo punto. Vi sono
certamente dei cristiani che vi hanno lavorato e hanno pubblicato
qualche cosa.
Ci resta comunque lo studio della
Bibbia — ed esso mi riconduce al
tema della sofferenza. In essa chi
parla più chiaramente del ministero dell’anticipazione è lo sconosciuto profeta dell’esilio, chiamato comunemente il secondo Isaia (Is. 4055). È lui ad aver composto o almeno trasmesso il poema del servo
sofferente (Is. 52: 13 - 53: 12). Nel
Nuovo Testamento i passi che ci
parlano delle cose future (per es.
Mtt. 24 e Ro. 8), ci ricordano pure
che l’avvento del Regno dei cieli
non sarà senza dolori. È un tema
pieno di scogli. Lei ha ragione:
« non si tratta di tentare, con l’aiuto di questo genere di passi, di giustificare le sofferenze che non sono
giustificabili e che noi, per giornate, anni e millenni ci infiiggiamo
gli uni gli altri... Non possiamo giustificare queste sofferenze. Dobbiamo solo combatterle ». Lei è completamente nella linea principale
del pensiero biblico.
Dio vuole che viviamo, che abbiamo la vita in abbondanza. La benedizione di Dio include la salute fìsica e mentale. Una caratteristica
del tempo messianico è che « la
morte non sarà più; né ci sarà più
cordoglio né grido né dolore » (Ap.
21; 4). Le guarigioni operate da Cristo sono potenti anticipazioni del
Regno.
Eppure la sofferenza rimane. Non
c’è che da leggere i quotidiani per
avere mille esempi. L’Antico Testamento dà risposte classiche al mistero della sofferenza: punizione divina degli increduli, pedagogia divina attraverso la sofferenza, prova.
Rilegga i discorsi degli « amici » di
Giobbe. Ma Giobbe si rivolta! E
certi Salmi, composti forse per
quelli che soffrono, contengono lamenti e accuse che ci sembrano
quasi sacrileghi. Eppure il credente
è Giobbe. Sa che la sofferenza non
dovrebbe esistere. La sofferenza
nella Bibbia non è romantica, rassegnata, stoica; accetto quindi il
Suo avvertimento.
Però esiste una sofferenza che è
volere di Dio; la sofferenza per gli
altri, per il Regno. li Servitore sof
Hans Ruedi Weber
(continua a pag. 4)
miiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiimiii:
iiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiniiiiniiiiiiiimiiiiii
2
pag. 2
N. 51-52 — 25 dicembre 1970
L’ATTUALITA’ TEOLOGICA
Pace sulla terra
Per una lettura metodica della Bibbia
illusione o realtà?
Ogni anno la predicazione cristiana
proclama pace sulla terra, a Natale.
Senza tener conto deH’aria che spira.
Una simile insistenza suscita spesso,
oggi, la domanda scettica se il cristiano sa ancora quel che fa, abbandonandosi alla pace natalizia.
La richiesta è giustificata. Nulla rivela il vergognoso scadimento della pace,
nel nostro tempo, più crudamente del
fatto che gli uomini si scontrano a caus i della pace. Da quando la colomba
della pace è stata assunta come emblema da notori perturbatori della pace e
in tutto il mondo per amor della pace
si tiene pronto il deterrente accumulato, si ha ben ragione di essere sul chi
vive di fronte a ogni amico della pace.
Nella scia della generale confusione
del linguaggio il concetto di pace ha
talmente perduto univocità, che ciascuno l’intende a modo suo, diverso. E
quindi lecito chiedere a chi si presenta
in nome della pace, di spiegarsi meglio.
L’annuncio natalizio di pace può meno di ogni altro sottrarsi a tale esigenza. La pura recitazione del maestoso
annuncio angelico sarebbe del tutto insignificante, ma non per questo senza
portata, anzi pericoloso. Il racconto natalizio, solennemente pronunciato non
può più essere capito, se non lo si spiega, può soltanto cullare gli animi in
una fiducia cui il mondo circostante
nega ogni conferma.
La fede che vuole assicurarsi circa il
proprio oggetto, può farlo solo rifacendosi alla Bibbia. Soltanto il testo che
la tramanda risolve il problema di che
significhi la proclamazione « Pace sulla
terra ». Si badi, chi si accosta al racconto del Natale con questo interrogativo,
anziché trovare una risposta definitiva
si trova, per cominciare, nella confusione: il significato dell'annuncio angelico risulta così ambiguo che da tempo
non vi è più accordo sulla retta spiegazione.
Anzitutto non è chiaro se la proclamazione angelica è soltanto un auspicio ovvero se concerne una realtà. Non
è soffocata l’opinione che il discorso sia
ipotetico: « Sia gloria a Dio negli alti
cieli e pace sulla terra per gli uomini ».
Senza dubbio questa forma verrebbe
incontro alla viltà e pigrizia della fede.
Gli auspici, gli auguri hanno in sé
qualcosa di non vincolante; chissà attraverso chi si adempiono, e quando,
forse mai; in tal caso la tentazione rappresentata dal fatto che la pace proclamata per lungo e per largo non la
si vede apparire, quella tentazione potrebbe essere comodamente eliminata
notando che le parole non vanno prese
troppo alla lettera.
Tuttavia, se consideriamo l’annuncio
angelico non a sé, ma nel contesto del
racconto natalizio, si può facilmente
mostrare che non si tratta affatto di
un auspicio. Questi angeli non hanno
l’iniziativa del discorso, ma rispondono
soltanto, la loro proclamazione risponde al messaggio che uno di loro ha rivolto ai pastori, prima: « Ecco, vi reco
i; buon annuncio di una grande allegrezza... oggi vi è nato il Salvatore... ».
E dunque una rappresentazione celeste, in cui il solista e il coro hanno le
loro parti ben definite e successive: chi
apre il discorso dà la gioiosa notizia e il
coro, in rappresentanza di tutte le creature, prorompe nell’acclamazione cui il
gruppo stordito dei pastori non è ancora in grado di associarsi. Come la
notizia non si riferisce a possibilità incerte, così il « beneplacito » non ha nulla a che vedere con vaghi auspici: com’è certa la nascita del Salvatore, altrettanto indiscutibile la gloria spettante a Dio e la pace destinata agli uomini.
Vero è che questo risultato intermedio non facilita la predicazione cristiana, anzi la rende più difficile. Che senso
può avere, infatti, annunciare nel nostro tempo la pace sulla terra non cc>
me un auspicio, ma come una realtà
compiuta?
In questo vicolo cieco una seconda
difficoltà d’interpretazione .sembra aprire una volta ancora una scappatoia: è
infatti accesamente dibattuto chi siano
gli uomini ai quali viene annunciata la
pace. L’annuncio angelico si rivolge
agli uomini di buona volontà? Martin
Lutero ha violentemente respinto quest'ipotesi, traducendo: « ... e agli uomini il compiacimento (di Dio) ». Que.sta
traduzione è risultata poi insostenibile,
in base a ulteriori scoperte di migliori
manoscritti; ma era possibile fin dal
principio la traduzione: « .. e pace sulla
terra agli uomini di suo gradimento (o:
che egli gradisce) ».
Il contrasto fra queste due traduzioni
va in profondità. Se è la sua buona volontà a rendere l'uomo atto a ricevere
la pace, allora la pace sulla terra dipende dalla condizione dell’uomo; m
tal caso l’evidente assenza di pace nel
mondo non pone naturalmente più alcun problema: dove regna così poca
buona volontà, le migliori intenzioni di
Dio non possono nulla, se non tutt al
più aiutare singoli individui, che nel
vortice della malvagità generale hanno
serbato un cuore puro, a costruire una
vita privata in qualche modo pacifica.
Se invece si deve parlare non della
buona volontà deU’uomo, bensì del beneplacito di Dio verso 1 uomo, allora
la pace annunciata non dipende dalla
maturità etica dell’umanità. Allora non
si tratta di una pace debole, che per
realizzarsi ha bisogno dell’appoggio
umano, ma di una pace forte, che si afferma grazie alla propria forza intrinseca. Allora Dio non fa differenze fra
uomini degni e uomini indegni di pace,
ma con la sua grazia previene ogni differenza umana.
Nel dibattito su queste due possibilità interpretative, che in certi momenti
ha contribuito a un inasprirsi della
lotta confessionale, la parola decisiva
è venuta da dove non ce la si sarebbe
aspettata. I manoscritti di una setta
giudaica, scoperti recentemente presso
Oumran, in Palestina, attestano che
l’espressione « uomini che egli gradisce » è un’espressione fissa, corrente.
Così nella discussione sul problema decisivo dell’annuncio di pace, è finalmente tornata la pace.
Ma con quali conseguenze per la fede! Una pace che non è compito infinito proposto a un’élite di volenterosi,
bensì dono compiuto per tutti e quindi nel vero senso della parola « pace
sulla terra », pace pubblica, sembra pura illusione. La predicazione cristiana
può ancora sentirsi legata a questo annuncio? Non rischia, questo, di essere
ridotto a miserabile, vuota frase, nelle
tempeste di fuoco al napalm che nel
Vietnam fanno divampare bambini come fiaccole?
Come se avesse previsto la tentazione cui ci avrebbe sottoposto con il racconto del Natale nel secondo capitolo
del suo libro, l’evangelista Luca ci offre
nel diciannovesimo capitolo il vero
commento. Narrando l’ingresso di
Gesù in Gerusalemme, pone in bocca ai
discepoli un’eco della proclamazione di
pace fatte dagli angeli. La fa voluta
Non di rado ìa parola che Dio ci rivolge
suscita la contraddizione, è « scandalosa ». Un
teologo protestante tedesco, insegnante all’Università di Münster. Günter Klein ha dedicata una sua opera recente. Aergernisse
(«Scandali », ediz. Kaiser. München 1970) a
sondare alcuni dei passi biblici che si prestano
a questa contraddizione. red.
mente, come risulta dal modo perfino
temerario con cui si serve del materiaE precedente dell’ evangelo secondo
Marco, che in questo passo egli segue.
Al grido di omaggio a Gesù Luca aggiunge, in contrasto con Marco, le parole: « Pace nei cieli e gloria nei luoghi
altissimi », accentuando fortemente il
rapporto con il racconto natalizio.
Ma non basta! Secondo lui coloro
che rendono omaggio non sono, come
per Marco, la folla, ma soltanto i discepoli. E aggiungendo, a differenza di
Marco, che coloro che inneggiano si rallegrano e lodano Dio, anche qui egli si
rifà a termini specifici dell’annuncio angelico natalizio.
A prifna vista una simile libertà letteraria risulta scandalosa in un evangelista. Ma così facendo Luca non vuole altro che preservare il messaggio natalizio di pace da ogni apparenza di illusorietà. Egli vuole che sappiamo che
1,1 proclamazione di pace fatta dagli
angeli non intende saziare le esigenze
estetiche di animi religiosi, ma esige
dall’uomo una risposta. Chi ascolta il
messaggio natalizio, sia pur meravigliat.) e rapito, senza unirsi ad esso, non
potrà che ferirvisi. Ma ci si può unire
soltanto aderendo a Gesù avviato verso la sua passione. In tal modo l’annuncio di pace viene profondamente trasformato: non si parla più di pace sulla terra; al suo posto i discepoli proclamano la pace nei cieli.
Vuol forse dire che alla fin fine la
fede ha dovuto rassegnarsi a riservare
nei cieli, a mo’ di surrogato, la pace invano cercata sulla terra? Lo stesso Luca respinge un simile fraintendimento,
riferendo — anche qui in contrasto con
Marco —, dopo l’omaggio dei discepoli,
il « guai » che Gesù pronuncia su Gerusalemme, che sarà stritolata dalla
guerra perché non ha compreso ciò che
ridondava a sua pace. Il patto di pace
che Dio stringe con l’uomo non può
dunque essere tradotto, in modo diretto e immediato, in una condizione terrena; esso si realizza invece, in primo
luogo, nella pace che l’uomo fa con
Dio. In tal senso la pace del Natale
non è di questo mondo. Eppui-e, questa pace fra cielo e terra — appunto
perché preserva il credente dal respiro
angusto del pacifismo passionale — ha
conseguenze politiche immediate. Gerusalemme va in rovina perché vede in
Roma il diavolo e quindi considera sante tutte le armi per combatterla. Ma
per chi capisce che la pace di Dio sulla
terra è un dono offerto a tutti, nessun
uomo ha più volto diabolico e nessuna
guerra è più circonfusa del nimbo di
causa giusta.
Pace .sulla terra: illusione o realtà?
I! credente risponde a questa domanda
in modo diverso dall’incredulo. L’evangelista Luca ha osato, un tempo, esprimere il messaggio antico con parole
nuove e le sue tradizioni cri.stiane mutandole criticamente. Non altro è il
compito odierno dei cristiani. Il loro
Signore crocifisso è loro garante che i
franchi tiratori della violenza, malgrado la loro accanita opposizione, sono
da lungo tempo superati dalla pace di
Dio. Günter Ki.etn
Se la lettura della Bibbia deve nutrire la fede e il pensiero del credente,
raggiungerà più facilmene questo scopo se è fatta con metodo.
Leggere la Bibbia con metodo vuol
dire non abbandonare quest’aspetto
della vita cristiana al caso, anzitutto
per questo si riferisce al tempo. La
Bibbia va letta con regolarità, ogni
giorno. Ma anche per quanto si riferisce ai brani letti. Tanto più che è difficile parlare del « caso » quando la
scelta dei passi è in parte determinata
dal gesto dell’uomo che, anche senza
premeditazione, apre la Bibbia dalla
parte del Nuovo 'Testamento piuttosto
che dell’Antico, o dei vangeli piuttosto
che delle epistole (o viceversa); o dalla
rilegatura del libro, che spesso si apre
più facilmente a certe pagine che ad
altre. La lettura biblica è un fatto troppo serio per essere condizionato da
questi fattori!
Vorrei suggerire tre linee diverse per
una lettura metodica della Bibbia. Un
sistema può essere di leggere per autori. Un certo periodo di tempo potrebbe
essere consacrato alla lettura seguita
di un medesimo autore biblico, p. es.
un vangelo, o gli Atti, o un autore epistolare, o un profeta. A questo tipo di
lettura potrebbero essere dedicati sei
giorni alla settimana (o cinque), lasciando le letture della domenica (o
anche del sabato) a un altro sistema,
preferibilmente collegato con i testi
della predicazione domenicale, o della
scuola domenicale. Le cinque letture
dei giorni che vanno dal lunedì al venerdì permetterebbero di avere, in capo a un mese, una certa familiarità con
il linguaggio, il modo di scrivere e il
pensiero di un autore biblico. Ritornando allo stesso libro dopo qualche mese,
se non è stato terminato, si ritroverà
con piacere un volto amico.
E stato detto che la Bibbia è il resoconto di un processo, nel quale tutti i
testimoni, a turno, prendono la parola
per portare la loro testimonianza sull’imputato. Per valutare queste testimonianze e riceverne tutto il messaggio dobbiamo imparare a fondo, in tutte le sue sfumature, il linguaggio di ciascuno di loro; dobbiamo imparare a
riconoscerne il volto in quello che ha
di particolare, nei lineamenti che lo distinguono dal volto di tutti gli altri. Solo la somma delle loro testimonianze
ci permette di avvicinarci alla persona
del grande imputato — ma occorre che
ciascuna di esse .sia percepita nei suoi
elementi essenziali e particolari, evitando di livellarle, perché il livellamento,
cioè l’annullamento delle caratteristiche particolari, porta alla genericità e
quindi alla banalità.
Un secondo sistema per una lettura
biblica metodica può essere quello per
argomento. I vantaggi di questo sistema sono evidenti. Riprendiamo l’immagine dei testimoni: perché sono tanti?
I testimoni devono essere tanti perché
ognuno porta la sua testimonianza secondo un angolo visuale particolare, e
la loro somma permette di ricostruire
i! fatto a tutto rilievo. Non è forse lo
stesso, p. es., nel ca.so di un incidente
stradale? Chi è stalo spettatore non
può aver visto altro che una frazione
di quel che è accaduto. E solo con la
somma delle loro testimonianze che il
giudice può farsi un’idea più completa
e vera del fatto.
Ptencliamo un tema evangelico abbastanz.i importante, come i raporti con
la legge di Mosè. Noi possiamo leggere Mt. 5: 17-19, che parla della sua validità: nepure « un iota o un apice »
della legge passerà senza essere adempiuto. Anche i « minimi comandamenti » devono essere messi in pratica e
insegnati. Ma poi leggiamo Mt. 22: 3740, e troviamo una precisazione importantissima, che completa il pensiero
del testo precedente e lo qualifica: Gesù accetta l’idea che vi è una gerarchia,
una graduatoria fra i comandamenti
della legge, e al vertice della graduatoria colloca l’amor di Dio e l’amor del
prossimo, definisce quest'ultimo « simile» al primo, e (nel passo quasi parallelo di Le. 10: 25-37) illustra quel che
è l’amor del prossimo con il caso del
Samaritano che soccorre il malcapitato
Giudeo, dal quale lo divideva una profonda ostilità razziale e religiosa. Se
poi passiamo a Me. 7: 1-13 troviamo
quello che Gesù doveva mettere al punto più basso della graduatoria dei comandamenti: le norme rituali, di cui
non si capiva più il senso figurato, tipologico, o che venivano addirittura snaturate (vv. 11-12) per giustificare la trasgressione di un preciso comandamento. Infine, in Mt. 5: 21-48 troviamo la
norma che permette di sostituire al
comandamento degli antichi il cornandamento nuovo deH’amore per Dio e
per il prossimo. QuesUi norma è l’autorità di Gesù Cristo, il suo « Ma io vi
dico... ». Chi ascolta la sua parola e
vive di essa non può più rendere occhio per occhio e dente per dente, o
ripudiare sua moglie ecc. ecc. Egli è
venuto a portare a compimento la volontà di Dio e a chi riceve la sua parola dona di vivere questo compimento
diventando suo discepolo.
Qualche volta è persino più importante la ricerca dei te.sti su un medesimo argomento, perché essi si completano contraddicendosi: si vede l’istruzione sulla sottomissione alle autorità
in Rom. 13, e quella sul rifiuto dei tribunali pagani in 1 Cor. 6; oppure le
esortazioni sull’ubbidienza ai genitori
ili Col. 3: 20 e la parola di Gesù in Me.
3- 33-35. Casi come questi ci insegnano
che i problemi vanno visti da tutte le
prospettive da cui li guardano gli autori biblici, e poi va cercato il motivo della diversità dell’insegnamento: così
l’ubbidienza ai genitori è la regola, ma
i) rifiuto di Gesù di seguirli quando
questo voleva dire interrompere la sua
missione, è il caso particolare. E la vita cristiana è sempre un caso particolare, perché è un rapporto personale
di Dio con ognuno di quelli che egli ha
chiamato — non il rapporto di una legge astratta, di un codice, con la media
del comportamento dei cittadini.
Infine, un sistema di lettura metodica è quello in base ai destinatari. Questo sistema somiglia molto al primo,
ma anziché cercare di ricostruire il pensiero degli autori biblici, cerca di ricostruire la situazione dei loro primi lettori, delle comunità o delle persone per
le quali hanno scritto: le circostanze
in cui vivevano la loro fede, le concezioni morali o religiose deH’ambiente in
cui si trovano, le tentazioni a cui erano
sottoposte da questo e alle quali contrapponevano l’evangelo (in quali termini? con quali manifestazioni di vita
cristiana in modo speciale?).
Un esempio dell’utilità di una lettura
che tenga conto dei destinatari è dato
dal diverso modo di trattare la questione dei pregiudizi legalistici in Rom.
14-15 e nella lettera ai Galati (tutt’e
due di Paolo!). Ai Romani Paolo raccomanda di non portare dei giudizi poco
caritatevoli gli uni sugli altri; di agire
con pienezza di convinzione, di farsi
accoglienza gli uni gli altri (e questo
non significa solo convivere senza urti,
ma anche cercare di spiegare e di capire le posizioni gli uni degli altri), senza pretese di imposizioni e di sopraffazioni. E chiaro che Paolo muove dalla
certezza che le due parti, a Roma, agiscono nella fede all'Evangelo e che
quelli che chiama « i deboli » non cercano di sostituire all’annunzio della
grazia e della giustificazione per fede,
un sistema di salvezza per opere: di
fronte a questo pericolo, Paolo non
parlerebbe di reciproco rispetto e di
tolleranza, ma condannerebbe decisamente la deviazione dall’Evangelo. Cosi
egli fa invece nella lettera ai Galati.
* * *
I credenti di Berea esaminavano
« tutti i giorni le Scritture per vedere
se le cose stavan così ». Certamente le
leggevano con metodo. E così anche
noi dobbiamo fare, se vogliamo dalla
lettura della Bibbia ricavare un irrobustimento della nostra fede e del nostro pensiero, una maggiore capacità
di impostare biblicamente la nostra
condotta, una più efficace testimonianza.
Bruno Corsan i
iiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiniiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiuiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiimiiiiiimi
1 LE PARABOLE DEGLI ULTIMI TEMPI
II
giudizio
finale
La parabola si apre con una
scena solenne e maestosa. Al
centro, seduto « sul trono della
sua gloria », c’è il Figliuol dell’uomo, la figura profetica e
messianica di colui al quale, secondo la visione di Daniele, « furono dati dominio, gloria e regno, perché tutti i popoli lo servissero ».
Sullo sfondo di quella scena
che innumerevoli artisti hanno
dipinto o scolpito nelle chiese
medioevali, tutte le genti sono
radunate dinanzi al loro Giudice e Re. Lui solo separerà « le
pecore dai capri », con un giudizio fondato sulla conoscenza
di ciò che le genti hanno fatto
o non hanno fatto « ad uno di
questi miei minimi fratelli ». Le
parole del Giudice sono chiare:
« Ebbi fame, e mi deste da mangiare; ebbi sete e mi deste da
bere; fui forestiere, e mi accoglieste; fui ignudo, e mi rivestiste; fui infermo, e mi visitaste;
fui in prigione, e veniste a trovarmi ». Il Giudice supremo
non segue un criterio teologico
0 dottrinale, che del resto non
sarebbe valido per molte genti:
ciò che conta in quell’ora solenne sono le opere di misericordia
Non dimentichiamo che si
tratta di una parabola le cui immagini non debbono essere sopravvalutate a scapito della verità. Il decoro e la maestosità
del quadro non sono la cosa essenziale; è invece essenziale riconoscere nella figura del Cristo, molte volte e per varie ragioni ancora velata e nascosta,
il Giudice della sua Chiesa e di
tutte le genti. Ma la novità sta
nella solidarietà e nella identificazione del Re con i miserabili
di questa terra, gli affamati, i
nudi, gli infermi, quelli che sono messi da parte come creature insignificanti e forse non necessarie, gli oppressi e gli abbandonati, di qualsiasi chiesa e
popolo e razza, a tal punto che
Egli osa fare questa straordinaria dichiarazione: « Venite, voi,
1 benedetti del Padre mio... Jn
quanto l’avete fatto ad uno di
questi miei minimi fratelli, lo
avete fatto a me ».
Qui l’Evangelo è chiaro per
ognuno di noi. Sulla via del discepolato cristiano non si può
soltanto dire: « Signore, Signore », senza mai adoperare le mani, il tempo, il portafoglio, sopratutto senza essere misericordiosi verso le creature che Gesù
« Tutte le genti saranno radunate
dinanzi a lui »
(Matteo 25: 31-46)
chiama « miei minimi fratelli ».
Qui non si parla di distretta e
di sofferenza in modo generico,
dato che è sempre possibile pregare per la sofferenza umana e
non far niente, purtroppo, per
i sofferenti; si parla di affamati,
di ignudi, di infermi in modo
concreto, accanto a noi e lontani da noi. Nel suo commento a
questa parabola, Théo Preiss
sostiene che le parole « in quanto l’avete fatto ad uno di questi
miei minimi fratelli » non esprimono bene il significato del testo originale che dovrebbe essere tradotto così: « In quanto
avete servito o non avete servito uno di questi miei minimi
fratelli ».
L’idea del « servizio » è tipicamente cristiana. Non può essere adoperata in senso classista o demagogico, sfruttando
l’idea di un Cristo fra i poveri
e gli oppressi per fini ben diversi da quelli che emergono dalla
parabola evangelica. Quelli che
il Re chiama i « giusti » non
hanno realizzato che dietro la
figura del « minimo » c’era la
presenza di Cristo; perciò non
hanno agito per convenienza o
per orgoglio, hanno semplicemente « servito » sull’esempio
di Gesù Cristo, mentre gli altri
non lo hanno fatto.
« Felice la chiesa » scrive
Karl Barth, nella sua Dogmatica « che è stata toccata dalla distretta del mondo e che nessuna pretesa aristocratica è riuscita ad allontanare da essa. Felice la comunità cristiana che
si conduce verso "quei minimi
fratelli” in modo totalmente
gratuito (cioè senza pretese o
calcoli) e nella quale i credenti
fanno ciò che possono, senza
pregiudizi, per mettersi al posto
di colui che soffre. Felice la comunità alla quale è stato dato
d’essere semplicemente e direttamente umana tanto fra i suoi
membri quanto nella sua costituzione, nel suo culto e nella
sua predicazione ».
Se dinanzi al nostro prossimo
che soffre siamo in presenza del
nostro Giudice e Salvatore, allora veramente il nostro destino
si giuoca nell’ora presente. Si
tratta sempre di un’ora decisiva: l’ora in cui il Signore è in
mezzo a noi e gli atti che contano, contrariamente ad ogni apparenza umana, sono atti di
bontà e di verità.
Ermanno Rostan
3
25 dicembre 1970 — M. 51-52
pag. 3
LA CHIESA NEL MONDO
Un messaggio del segretario
generale del CEC
COMITATO EUROPEO PER LE MIGRAZIONI
NATALE 1970
Il Natale è un tempo di celebrazioni, ma siccome l’anno che sta
per terminare è quello che è stato,
ci si può chiedere: che cosa dobbiamo celebrare?
Il Natale non ci deve servire da
alibi per fuggire la realtà quotidiana o per chiuderci gli occhi davanti alle brutture di questo mondo.
Ma allora, come celebrarlo? C’è,
nella Bibbia, una parola che riassume la speranza cristiana: Emmanuele, Dio con noi, un bambino ci è nato. Tutto ciò che si può
dire della presenza di Dio nella vita dell’uomo diventa chiaro: il Dio
vivente fra noi, per dividere la nostra vita. Noi abbiamo il presentimento di chi è Dio e quale può
essere il divenire dell’uomo, cominciamo anche col vedere che cosa è veramente la vita: il bimbo
« Emmanuel » è nato.
Si potrebbe d’altronde esser
tentati di immaginare un Dio magico che rimetta ordine in tutte le
cose. Ma l’uomo allora non sarebbe pienamente uomo, non sarebbe
più colui che, con Dio, crea e rinnova la vita. Dio non fa uso di una
tale magia che ci asservirebbe, e
la nostra liberazione non può farsi senza sofferenza. Ma Dio è qui a
dividere il destino di tutti ed è
con lui che lottiamo assieme per
un mondo nuovo nel quale il destino di ogni uomo conterà, nel
quale tutti saranno amati ed accettati.
Dare un senso alla vita, ricercare la dignità dell’uomo, questo ci
riguarda tutti quanti. Questo lo
chiamerei volentieri un impegno
della fede. Giovani e vecchi devono avventurarsi fuori dalle strade
battute, superare le situazioni di
sicurezza e di comodità per scoprire nuove ragioni per credere e
impegnarsi per una vita migliore
per tutti.
La speranza che ci mobiht^,^|^"
promessa che ci spiimp^-'^; j;
[“'",^7..l!.j’s"/i!,’ìle, tutto questo ci
ondato nel bimbo che è nato: Emmanuele, Dio con noi. Egli è la
nostra gioia e la nostra speranza.
È per questo che celebrando il Natale, possiamo rallegrarci assieme.
E. C. Blake
Verso
del
La Svizzera e lo svilappo mondiale
una nuova
lavoro tra
comprensione
I migranti
La riunione del Bureau del Comitato
Europeo a Parigi è stata dedicata, oltre che a questioni di routine, all’esame di un progetto che comporta una
revisione totale del lavoro tra i migranti.
Come forse si ricorderà, nella nota
programmatica apparsa sull’Eco-Luce
nell'ottobre scorso, avevo indicato la
necessità di affidare ai migranti stessi i
Comitati che si occupano di loro.
Ora ci si è resi conto, anche nel piano europeo, che, nonostante il buon lavoro svolto, anzi proprio a causa di esso, era possibile e necessario muoversi in quel senso.
Durante oltre dieci anni, il Comitato
europeo è stato infatti la struttura portante del lavoro delle Chiese per i migranti: le sue numerose pubblicazioni,
i suoi interventi nei più differenti settori, l’appoggio materiale e morale dato ad iniziative locali hanno permesso
di migliorare in molti casi la situazione
dei migranti e, soprattutto, di introdurre, dentro e fuori delle Chiese, una
nuova comprensione del problema.
Ora l’emigrazione è diventata meno
caotica, mentre sorgono a livello locale
delle nuove forme associative; per contro è inevitabile che un organismo nominato dall’alto finisca con l’assumere
un aspetto burocratico e col concentrarsi sui suoi problemi propri.
Per questo il Bureau ha accettato
una linea di azione che comporta per
il 1971 la convocazione di una conferenza dei comitati nazionali e per il 1972
di una conferenza generale dei migranti.
La riunione dei Comitati nazionali
(che in vari Paesi hanno svolto una
notevole attività mentre in altri, tra
cui l’Italia, sono inesistenti o inefficienti) dovrebbe permettere di portare a livello nazionale la preoccupazione di
cui sopra e di verificare la possibilità e
i modi di convocazione della assemblea
generale del 1972.
Quest’ultima dovrebbe essere, nello
spirito della iniziativa, per quanto possibile autonoma. Si vuole cioè evitare
che a una burocrazia ecclesiastica si
sostituisca una burocrazia politica o
sindacale; l’obiettivo sarebbe quello di
una conferenza che rappresenti effettivamente la base della emigrazione, che
stabilisca il proprio ordine del giorno
e il proprio sistema eli lavoro che prenda essa stessa in mano l’attività tra i
misro-iiti sul piano nazionale che su
QueP" europeo. Le difficoltà che stantio dinanzi al Bureau non sono piccole:
l’idea dovrà intanto venire accettata dal
Comitato e la sua attuazione dovrà essere condotta con fermezza e insieme
con notevole chiarezza per evitare i pericoli citati, e ciò nell’ambito di una
situazione ancora molto diversa da un
paese all’altro.
E tuttavia l’iniziativa merita di essere sottolineata. Non solo essa dovrebbe
permettere di introdurre una atmosfera
nuova nel lavoro dei migranti, ma soprattutto si tratta, credo, della prima
volta che un Comitato egregiamente
funzionante si orienta verso la propria
dissoluzione. Quando si pensa al numero incredibile di Comitati europei o
nazionali che passano da un deficit all’altro, senza che si sappia bene quale
sia la loro utilità, quando si pensa a
quanto spesso si pani della « base » e
a quanto si eviti di coinvolgerla per
davvero, l’iniziativa del Bureau dell'emigrazione è almeno il segno di un
diverso modo di pensare e di agire.
Pierluigi Jai.la
Berna (soepi) - Circa duecento uomini politici, direttori di industria, banchieri, rappresentanti dell’amministrazione federale e dell’esercito, professori di Università e studenti, uomini di
Chiesa, hanno dedicato due fine-settimana di novembre a studiare i problemi che comporta lo sviluppo mondiale
in Svizzera.
Si è tenuta una conferenza congiunta fra le Chiese cattoliche, vecchio-cattoliche e protestanti della Svizzera per
stabilire delle direttive che possano loro permettere di definire e di partecipare ad una politica di sviluppo che
tenga conto allo stesso tempo delle parole d’ordine date dalle conferenze ecclesiastiche di questi ultimi anni —
Beirut, Uppsala, Montreux — e di testi come la « Populorum progressio »,
e che sia adattata alle realtà nazionali
svizzere.
Il gruppo di lavoro che ha studiato
i! tema « l'uomo e la società di sviluppo » ha dichiarato tra l’altro: « Gli uomini non possono dichiarare la loro
“natura", il destino o persino Dio responsabili della faìne e della guerra; il
lavoro per lo sviluppo implica il cam
iiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiimiiimiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii i;:::::ii!iiimiiiiiiiii
La Chiesa nigeriana in espansione
Takum, Nigeria (spr) - La Chiesa di
Cristo nella tribù dei Tiv, nel Nord della Nigeria, è una delle Chiese africane
che si stanno sviluppando più rapidamente. In una popolazione che raggiunge un tasso di incremento annuale del
3%, questa Chiesa si accresce del 51
per cento all’anno, se. ondo un’inchiesta
svolta recentemente nella tribù dei Tiv,
che conta un milione di persone.
Però le statistiche di questa Chiesa
mostrano che i membri comunicanti
della Chiesa di Cristo costituiscono soltanto il 7% dei partecipanti al culto
domenicale.
I Tiv sono essenzialmente coltivatori
eh ignami e vivono in villaggi dai 10 ai
100 abitanti, cosicché la Chiesa è anche
essa decentrata e dispersa. Una comunità è di solito molto vasta e comprende vari luoghi di culto) chiamati scuole
bibliche, che fungono da centri di alfabetizzazione durante la settimana.
Soltanto una volta al mese tutti i
membri di una comu lità si riuniscono
nei vari centri di formazione, e ogni
trimestre si radunano in un luogo centrale per la santa cena.
li catechismo s’impartisce durante
un lungo periodo. Anzitutto, coloro che
frequentano il culto partecipano a un
gruppo d’informazione durante un anno al minimo; quindi seguono un’istruzione religiosa durante almeno due
anni.
L’inchiesta in questione ha dimostra
lo che il 4% dei fedeli aveva frequentato la Chiesa durante circa dieci anni
prima di ricevere il battesimo.
Il 50% di coloro che attualmente partecipano al culto non si preparano ad
entrare nella chiesa; in media han frequentato la Chiesa da sette anni. Fra
1.; ragioni che impediscono loro di partecipare a gruppi di informazione, bisogna citare l'incapacità di sostenere
finanziariamente la Chiesa, l’opposizione del capo famiglia c la poligamia.
L’inchiesta ha permesso di elaborare
un piano in 3 punti:
1) incoraggiare l’evangelizzazione
nei villaggi per mezzo di laici, che permetterebbe un’evangelizzazione continua; il fatto di affidarsi a dei « professionisti », com’era il caso in passato,
non ha permesso molto più che visite
occasionali;
2) stimolare i partecipanti ai culti
a far parte di gruppi di informazione;
3) preparare programmi di catechismo speciali per anziani, onde evitare
che sieno derisi dai bamliini che imparano più rapidamente.
La « iMongo u Krism nen Tfv » (la
Tribù — o Chiesa — di Cristo presso i
Tiv) conta circa 15.000 membri.
A questa pagina hanno collahorato
Lalla Conte e Claudia Peyrot.
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiMiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiii
Notiziario riopiatonso
NELLA GERMANIA ORIENTALE
4670 pastori
per 10 milioni
di protestanti
Berlino Est (Iwf) - Ci sono attualmente 4670 pastori protestanti in attività
di servizio nella Repubblica Democratica Tedesca, secondo uno studio pubblicato recentemente dal mensile protestante « Potsdamer Kirche ».
Le otto Chiese appartenenti alla Federazione di Chiese Protestanti della
R.D.T. calcolano a più di 10 milioni il
numero totale dei membri, ossia il 59%
della popolazione totale della R.D.T.
(Secondo dati forniti quest’anno dalle
Chiese alla Federazione Mondiale Luterana, ci sono 10.020.873 Luterani nella
R.D.T.). La più numerosa è la Chiesa
Luterana Evangelica di Sassonia, con
circa 3,4 milioni di membri e 1200 pastori.
«FUERZAS DE CHOQUE
PADRE SANTO»
Manila (Relazioni Religiose). - Per la proiezione di Paolo VI, durante il suo soggiorno
a Manila, il governo filippino aveva istituito
un comando speciale di polizia di truppe
scelte, chiamato « Fuerzas de Choque Padre
Santo ». Questa speciale unità era sotto il comando del generale Mariano Ordonez, capo
delle forze speciali della polizia, e disponeva
di cinquemila uomini.
IL BIGLIETTO AEREO DEL PAPA
SARA’ VENDUTO
PER BENEFICENZA
Rama (Relazioni Religiose). - Negli ambienti curiali di Roma si alTerma ohe il biglietto
aereo di prima classe col quale Paolo VI ha
effettuato il suo viaggio in Asia e in Australia. sarà successivamente venduto all’a.sta e
fimporto destinato ad opere di beneficenza.
Anche i biglietti dei precedenti viaggi aerei
del Papa sono stati successivamente venduti
ai collezionisti. L’importo del ricavalo, spesso
superiore al valore del biglietto, è stato sempre
destinato alle opere assistenziali di Paolo VI.
Evian invece
di Porto Aiegre
Nel Sudamerica la stampa luterana
e non luterana ha commentato criticamente il fatto che la Federazione Luterana Mondiale ha declinato l’invito
della Chiesa Luterana del Brasile a tenere nel luglio scorso il suo congresso
a Porto Aiegre.
Il « Mensajero Vaidense » (27 luglio
1970) ha espresso il suo rincrescimento, pensando al danno che un tale rifiuto recherà certamente alle Chiese
luterane dell’America Meridionale:
« La decisione (di non riunirsi a Porto
Aiegre) avrà senza dubbio le sue conseguenze. È un colpo pesante per il luteranesimo brasiliano e anche per
quello latino-americano. Dall'altro lato
essa si presta a eventuali critiche. L’autore dell'editoriale del “No'.iciero de la
Fe" (rivista del luteranesimo ispanoamericano) infatti si chiede: “La deci
sione di convocare l’Assemblea in una
località vicino a Ginevra, non potrebbe significare un appoggio a coloro
che depositano grosse somme di danaro, in molti casi accumulate con gli
sforzi di molti affamati, nelle banche
svizzere?” ».
Ancora
sulla non violenza
Abbiamo già riferito sulla posizione
assunta dal periodico giovanile « Renacimiento » contro i metodi di azione
violenta, giustificati e .‘seguiti oggi spe.sso anche da giovani che si dichiarano
apertamente cristiani (vedi il nostro
Notiziario sli « Eco-Luce » del 2/10/70).
Anche i tre seguenti numeri pervenutici di « Renacimiento » (466, 468, 469)
si pronunciano chiaramente contro la
violenza. Questa presa di posizione ci
sembra significativa, se pensiamo che
negli ultimi mesi vari sequestri di persona e assassini politici si sono verificati in Uruguay e in Argentina, turbando profondamente l’opinione pubblica
nazionale e internazionale.
Il ritornare di continuo su questo argomento, gli appelli alla gioventù:
« Non uccidere! », e lettere dei lettori
mostrano come sia sentito in forma
scottante e attuale il problema dell’impegno politico del cristiano, con la coscienza però che esso non comporta
una trasgressione dei comandamenti
di Dio. Nell’ultimo numero (469) della
citata rivista, la segreteria della Federazione Giovanile Valdese ha pubblicato le conclusioni del rapporto di una
commissione nominata dal Senato uruguayano per studiare le condizioni dei
detenuti politici e le torture loro inflitte a Montevideo dalla polizia. In esso si ammette resistenza di procedimenti illegali, di violenze nei riguardi
degli imputati e di confessioni estorte
a innocenti mediante torture.
li direttore della rivista quindicinale
« Criterio » di Buenos Aires, il P. Jorge
Mejla, professore di Sacra Scrittura
all’Università Cattolica, e membro di
varie commissioni ecclesiastiche cattoliche ed ecumeniche miste, a suo tempo consigliere teologico presso il Concilio Vaticano II, si pronuncia sullo
stesso tema. La rivista, fondata nel
1932, ha tenuto sempre una posizione
indipendente, a volte fortemente critica verso i governi e i gruppi al potere,
anche quando ciò comportava notevoli
rischi. Nel numero del 15 agosto 1970,
sotto il titolo « Chiesa, Vangelo e sovversione », il P. Mejla prende decisamente posizione contro i delitti politici, un tempo quasi sconosciuti nella
regione rioplatense. Punto di partenza
è l’assassinio del generale Aramburu,
presidente della Rep. Argentina dal
1955-58 (un moderato che dopo il regime dittatoriale di Perón ha portato il
paese a un governo democratico attraverso elezioni generali), ad opera di
gruppi, alcuni dei quali si definiscono
cristiani. L’Autore dice testualmente,
che egli « considera che ima tale azione e tutte le sue implicazioni e conseguenze sono ingiustificabili dal punto
di vista della coscienza cristiana. Nessuna situazione di violenza cosiddetta
strutturale può trasformare il male in
bene né il perverso in cristiano. E smperfluo dire che nessun documento né
del Vangelo, né della S. Sede, né di alcun episcopato può essere addotto a
difesa della tesi contraria». Continua
poi a criticare certi gruppi di sacerdo
ti che invece di assumere una posizione biblica fanno « strane esegesi di
Marx e Lenin » e creano, in un momento cruciale, grave confusione nelle
menti.
Il Mejla si domanda come si sia arrivati a questo scatenamento di violenze in Argentina negli ultimi mesi.
Mentre il clero discute e produce dichiarazioni, i cristiani sono molto meno teorici e passano all’azione sentendosi giustificati dai teologi. « Mi si dirà che la Chiesa ha la missione profetica di denunciare le ingiustizie, e che
il Signore non è stato clemente verso
i ricchi. Rispondo che la profezia non
si fa “da vedute particolari” ma “perché sospinti dallo Spirito Santo” (2
Pietro 1: 20-21); che le ingiustizie sociali, per gravi che possano essere, non
sono le uniche; che queste lo sono perché feriscono persone; e che il Signore
à venuto a salvare anche i ricchi e non
a liquidarli e tanto meno a liquidare
il sistema che li produce; mi si dica
quel che si vuole. Mi dispiace seriamente che in tutto questo dibattito si
faccia un abuso del Vangelo col pericolo di compromettere la vera predicazione del Vangelo sulla riforma dei
costumi e degli stili di vita, oggi indiscutibilmente necessaria. Chi crede di
ottenerla coi mezzi che impiega e approva, dovrà accusare sé stesso, quando la gente, vedendo quello che vede,
diventerà più insensibile e borghese di
prima ». Dopo avere chiamato le autorità ecclesiastiche del suo paese a pronunciarsi chiaramente sulla situazione,
l’Autore finisce il suo articolo con una
esortazione a essere solidali nella colpa. « Quando in una comunità cristiana accade quello che sta ora accadendo a noi, non è cristiano assumere l’atteggiamento del giudice implacabile e
lavarsi le mani davanti agli accusati,
colpevoli o innocenti... Davanti al giudizio divino che si avvicina per tutti,
nessuno può tirare la prima pietra.
Battiamoci insieme il petto e facciamo
penitenza. Può darsi che così il Signore perdoni agli uni per gli altri e attinti per alcuni ». L’Autore sembra pensare all’intercessione di Abramo per Sodoma e Gomorra...
Aja Soggin
biarnento delle strutture ingiuste, le
Chiese che partecipano a questo lavoro
secondo la loro missione, devono compiere un lavoro politico. Con la loro
funzione specifica, profetica e critica,
esse servono da piattaforma di confronto e di discussione, dove saranno trattati i temi che minacciano di restare
tabù in queste discussioni politiche ».
Le conseguenze concrete di questa
informazione sono, fra l’altro, un appello alle chiese: l)a sostenere la « Dichiarazione di Berna » (movimento svizzero
di tassazione volontaria in favore dello
sviluppo e della sensibilizzazione politicti su questi problemi; 2) a sostenere
finanziariamente il programma di lotta
contro il razzismo del CEC; 3) a chiedere al governo svizzero di firmare la
convenzione internazionale della lotta
contro il razzismo; 4) a chiarire i rapporti della Svizzera con il colonialismo
(specialmente in Angola, nel Mozambico e in Guinea-Bissau) ed in generale
con la violenza strutturale; 5) a partecipare ad una campagna contro una
cooperazione ostile allo sviluppo praticata da imprese svizzere (esportazioni
di armi, Cabora bassa, ecc.).
Il gruppo che studiava i problemi di
informazione ha chiesto alle Chiese di
consacrare il 25% delle somme destinate allo sviluppo per la formazione e la
sensibilizzazione dell’opinione pubblica
svizzera. Il gruppo ha pure chiesto che
i problemi dello sviluppo siano iscritti
nei programmi scolastici.
Infine il gruppo che si occupava dei
problemi finanziari ha invitato le banche « a rifiutare quanto più è possibile
i capitali che siano stati illegalmente
trasferiti a partire dai paesi in via di
sviluppo ».
Tutte queste proposte devono ora essere studiate dalle Chiese. Esse dovranno considerare se, per realizzarle, sia
necessaria la creazione di nuovi organismi interconfessionali.
iiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii)
A GINEVRA
Raduno di segretari
di varie confessioni
Ginevra (Iwf) - Ventitré rappresentanti di
diverse confessioni cristiane e un osservatore
del Vaticano si sono qui riuniti alla fine di
novembre per scambiare esperienze ed approfonrllrc ì contatti.
Le discussioni alla Conferenza annuale dei
segretari dì famìglie confessionali mondiali, un
gruppo formatosi 13 anni fa, vertevano su
esperienze nel lavoro ecclesiastico internazionale in diversi contesti nazionali c su relazioni di assemblee mondiali tenutesi quest’anno.
Il Dr. André Appel, segretario generale della Federazione Mondiale Luterana è stato eletto presidente della Conferenza, mentre è stato
eletto segretario il Dr. B. B. Beach di St.
Albans, Inghilterra, segretario dipartimentale
presso la Divisione Europea Settentrionale della Conferenza Generale degli Avventisti del
Settimo Giorno.
Le relazioni su assemblee mondiali tenute
quest’anno da Luterani, Riformati, Avventisti,
Battisti, Vecchio-cattolici e Quaccheri han rivelato cari problemi simili e il gruppo ha deciso di prestarvi attenzione particolare nella
sessione dell’anno prossimo.
La Conferenza ha pure discusso le possibilità, per le varie organizzazioni, di aumentare
la partecipazione nel preparare future assemblee del Consiglio ecumenico delle Chiese.
Le relazioni durante rincontro sono state
presentate dal Dr. Leopoldo Niilus, direttore
della Commissione CEC delle Chiese per gli
Affari Internazionali, su « Libertà religiosa
c Diritti umani », e dal Dr. Stanley J. Samartha. segretario associato del Dipartimento
CEC su Studi sulle Missioni e sull’Evangelismo. su «Lealismi nazionali: un aiuto o
un impedimento alla Fratellanza Mondiale ».
In una lunga discussione, i partecipanti han
trattato questioni relative alla libertà religiosa e a violazioni dì diritti umani, c hanno
esaminato situazioni che coinvolgono le relazioni delle Chiese di varie confessioni. Si è
costituito un sottocomitato sulla libertà religiosa, che ha incaricato il Dr. P. Lanares. segretario del Dipartimento Avventista di Berna. di raccogliere materiale compilato sulFargomento da gruppi confessionali, dal CEC c
da altre organizzazioni.
Altri argomenti trattali nella Conferenza :
una relazione sul progre.^so delle trattative di
fusione fra varie chiese e ima discussione .sui
dialoghi teologici bilaterali in atto. La Conferenza ha pure autorizzalo uno studio speciale
di dialoghi bilaterali. TI Dr. Gunter Gassman
deiristìtuto per la Ricerca Ecumenica di
Strasburgo, e il Prof. Nils Ehrenström di Ginevra, già direttore di studi del CEC, .sono stali incaricati di sviluppare la loro valutazione
iniziale per riferirne Panno prossimo. Il Prof.
Ehrenström era ospite delPAssemblea. mentre
Posservatore cattolico-romano era Mons. Jean
François Arrighi del Segretariato del Vaticano per Punità cristiana.
1 gruppi confessionali partecipanti alla Conferenza, le cui Chie.se comprendono circa mezzo miliardo di cristiani, sono la Comunione
Anglicana. l’Alleanza Mondiale Battista, il
Comitato Consultivo Mondiale degli Amici, il
Patriarcato Ecumenico Ortodosso, la Conferenza Generale degli Avventi.sti del Settimo Giorno. la Federazione Luterana Mondiale, la
Conferenza Internazionale dei Vescovi Vecchio-cattolici, il Patriarcato Ortodosso di Mosca. l’Alleanza Mondiale delle Chie.se Riformate. la Convenzione Mondiale delle Chiese
dì Cristo (Discepoli), il Consiglio Mondiale
Metodista e l’Esercito della Salvezza.
4
pag. 4
N. 51-52 — 25 dicembre 1970
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Echi di un campo-famiglie ad Agape
Sacro e profano ieri e oggi
ferente per gli altri, del secondo I- =
saia, il Cristo che diventa vittima =
vittoriosa perché prende su di sé =
la malvagità umana e satanica per =
dare la vita; ecco quelli che untici- =
pano il Regno a livello più profon- =
do. Per loro il travaglio che procu- =
ra la venuta del Regno è reale =
e doloroso. Socrate, lui, è morto im- =
passibile, stoicamente, proibendo ai =
suoi discepoli ogni pianto. È morto =
per sé stesso. Gesù invece era tur- =
bato al pensiero della sua prossima =
passione. Ha conosciuto l’angoscia =
cd è morto piangendo. Ma cosi ha =
preso su di sé il male che agiva in =
noi, aprendo la prospettiva del Re- =
gito. E
Vivere secondo un'etica di antici- =
pazione è vivere l’Avvento. Prendere e
su di sé il male del proprio ambien- =
te perché il prossimo abbia vita si- =
gnifica partecipare al travaglio della =
venuta del Regno. È presto detto, E
ma è duro da vivere. =
Nelle sue note sull’etica della prò- =
spettiva lei dice troppo facilmente =
che « l’uomo di oggi comincia a =
imparare a prevedere il suo avveni- e
re e a controllarlo ». Parla perfino =
della « padronanza dell’uomo sulla r
propria avventura ». Certo l’uomo e
di oggi ha una maggiore conoscen- =
za del proprio avvenire, un maggior E
controllo per dominarlo. Però cono- E
scenza e azione rimangono tragica- =
mente separate. Conoscenza e potè- =
re sono diabolicamente utilizzati E
non per anticipare il Regno, ma per E
far dominare il male. E
Per questo abbiamo bisogno di e
un Salvatore. Per questo festegge- =
remo Natale. Senza di lui non ose- =
remmo nemmeno continuare a vi- =
vere l’Avvento. E
Dunque: buon Natale! E corag- e
gio per anticipare il Regno. E
H. R. Weber =
iiiiiiliiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiim iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Doni Eco-Luce
Assely Coisson, Perosa Argentina 500; Milca Cornelio Falchi, Lucca 500; Frida Jalla,
Ventimiglia 500; Bergna Pedraglio, Como
500; Paolina Bonnet, Villar Pellice 350; Jolanda Davit, Villar Pellice 1.000; Genna Peruggia, Arezzo 500; Samuele Serre, Villar Perosa 500; Federico Schenone, Genova 500;
Savino Paradiso, Foggia 500.
Grazie! (continua)
Nei due articoli precedenti abbiamo
cercato di spiegare ¡’idea dell'uomo presentata nell’Aitii'co Testamento, nel
mondo greco e nel Nuovo Testamento.
Si è detto che l’uomo, nel messaggio
biblico, è una unità che vive alla presenza di Dio ed esprime questo rapporto nella comunione anche col suo prossimo, nel senso totale del servizio per
la vita materiale e spirituale. Si è ricordato che la frattura tra il comportamento spirituale e quello sociale è di
origine greca, nella linea d’una certa
filosofia che affermava la divisione netta tra corpo ed anima. Perciò, abbiamo ricordato, secondo questa concezione pagana si giunge a curare il giardino della pietà personale, ignorando i
guai del nostro vicino e, viceversa, si
compie un servizio umanitario, sganciato totalmente da Colui che ci rende capaci di farlo.
Si creano cioè delle zone sacre e delK: zone profane. I pagani, infatti, avevano il « templum » sacro, compreso il
sagrato, dove non si poteva gettare una
semente perché era zona consacrata alla divinità. Fuori era il luogo « profanum » dove si viveva la propria esistenza, senza interferenza tra l’uno e l’altro luogo. C’erano infatti i luoghi sacri
dove la divinità era apparsa: tracce
di questa concezione si ritrovano nell’Antico Testamento: il pruno ardente,
la scala di Giacobbe (è detto che il luogo è sacro e tremendo). Anche la casa
diventa sacra, con dei riti, intesi a proteggerla dall’ incursione demoniaca
(traccia di questi riti si ritrova nella
benedizione delle case). Ci sono le
montagne sacre; ricordate il Sinai, il
monte Garizim. Anche il tempo si sacralizza con feste religiose, con le quali si rievoca la vittoria di Marduk su
Tiamat, Dio del caos, mediante spargimento di sangue, mentre oggi si sparge
più facilmente il vino nell’orgia di capod’anno e talvolta anche del sangue,
ma non in omaggio alla divinità.
L’IDEA DI SANTITÀ’
I termini ebraici che traducevano le
parole « santo », « santità », indicavano
qualcosa sottratto alla massa delle cose, degli oggetti e consacrato alla divinità.
C’è quindi l’idea di separazione, di
messa a disposizione, riferito a ciò
che era attinente al culto, agli oggetti, al luogo, alle persone addette al rito cultuale. Lentamente l'idea
di santità acquisterà un carattere
magico, per cui il tempio ad esem
pio sarà sacro in sé, a prescindere
dalla moralità o meno, dalla serietà o
meno dei sacerdoti o dei fedeli. Tracce di questa idea si avvertono anche
nel nostro tempo: un tempio, anche se
vuoto, non può servire per esempio ad
un’agape fraterna perché è sacro;'non
importa se non si va mai al culto per
udire la Parola di Dio, quello che conta è la sacralità magica d’un luogo. Perciò Gesù insorge quando dice: « stolti
e ciechi, qual’è maggiore: l’oro o il tempio che santifica l’oro?» (Matteo 23: 17).
^ Orbene il messaggio profetico e dell’Evangelo ci dice che Dio è santo nel
senso della pienezza della sua libertà,
del suo amore, della sua potenza, espressa nel dono del Cristo che realizza l’amore, la potenza e la libertà di
Dio. Cristo opera perché tutti siano
santi cioè consacrati al Signore: « Per
loro santifico me stesso — dice Gesù
— affinché anche loro siano santificati
in verità» (Giov. 17: 19).
Perciò i credenti sono santi, chiamati
« ad offrire i loro corpi in sacrificio santo, accettevole a Dio...» (Rom. 12: 1),
a beneficio del prossimo. Perciò non ci
sono uomini diversi ma semplicemente
creature che rispondono alla chiamata
di Dio per essere veicoli dell’amore e
della giustizia di Dio nel mondo.
CHIERICI E LAICI
Non ci sono quindi dei superuomini
di nessun genere, non ci sono distinzioni di laici e non laici. Cristo ha abolito
ogni barriera tra sacro e profano, tra
pastori e fedeli Già Abramo aveva
spazzato via i miti e la magia del suo
tempo e Cristo in modo concreto ha dichiarato che la Sua vita valeva molto
più del tempio, ha esaudito le preghiere delle donne pagane, ha citato come
esempio d’amore i Samaritani, i bambini squalificati nella società del suo
tempo. Paolo poi ha affrontato il problema in riferimento, per esempio, alle carni sacrificate agli idoli o a pratiche pagane, ser vendo ai Colossesi:
« nessuno vi giudichi quanto al mangiare, o al bere o rispetto alle feste, a
a noviluni o a sabati... » (Col. 2: 16).
Tutta la storia della chiesa esprime l’urto tra la linea « sacra » della chiesa ufficiale e la linea evangelica del sacerdozio universale.
RIEMERGE
IL SACRO E LA DROGA
In un tempo di desacralizzazione e
demiticizzazione si nota un ritorno al
sacro, al magico laddove non c’è fede
autentica in Cristo; difatti non solo
« l’homo credulus » ma anche « l’homo
sapiens », rifiutando la sovranità del
Signore e proclamandosi artefice della
storia, accoglie facilmente i miti e la
magia moderna: nel film o in certa
letteratura l’ateo si rifugia come in un
mondo mitico; oppure si rifugia in
ideologie « sacre », nei personaggi dello
sport o del cinema. Non parlo poi della magia che raccoglie milioni di fedeli,
disposti a spendere per l’oroscopo, il
dicitore di buona fortuna, il mago,' lo
spiritista fior di miliardi non solo nel
Sud ma anche nel Nord (a Milano, dove ogni anno si spendono due miliardi
per queste pratiche magiche). Anche la
droga ha la funzione di creare uno
pseudo paradiso, un clima di libertà
sessuale. Anche la stessa letteratura
dei bambini ha un carattere mitico, nel
ripresentare la lotta del buono contro
il cattivo, l’eroe, un mondo avulso dalla realtà. Si vuol « uccidere il tempo »,
cioè uscire dall’impegno concreto del
servizio per vivere con un « giallo », ad
esempio, in un mondo più facile, più
comodo, per ripiombare poi nella realtà dove si è incapaci di affrontare i problemi del nostro tempo, col rischio
della disperazione, del suicidio ecc.
Vivere nel mondo profano e, di quando in quando, fare una capatina in chiesa, nel luogo sacro, è la via più facile,
è la via larga ricordata da Cristo. Quella stretta invece consiste nel vivere il
lavoro, il tempo libero, la vita di famiglia, cioè tutti gli spazi della giornata
alla presenza di un Dio che esige il
servizio, l’amore, la giustizia, l’adorazione, il riconoscimento della sua totale
sovranità, la riflessione della sua Parola perché essa sia sempre «lampada
al piede, luce sul sentiero ».
Gustavo Bouchard
Doni Eco-Luce
Da Luserna S. Giovanni: Pietro Grand 500;
Mélanie Peyronel 500; Pia Mercandalli 500.
Da Roma: Cinzia Tessoni 200; Anna Soggin
Blaauw 1.000; Claudino Paolucci 2.000; Giovanni Mesisina 500; Pennington de Jongh
2.000.
Da Firenze: Maria Luisa Villani 500; Lidia
Lantaret 500.
Da Inverso Pinasca: William Genre 500;
Elisa Beux 500.
Da Pomaretto: Guido Baret 1.000; Giosuè
Ribet 500; Arturo Bernard 500.
Grazie!
(continua)
Verso il rinnovamento
della Casa di Riposo
di S. Germano Citisene
Offerte pervenute al sig. Arturo Manfredini, promotore di una sottoscrizione :
L. 50.000: Talinon Susanna, Torre Pellice;
Fonata Roux, Clusone (RC).
L. 30.000 : Bleynat Manlio e famiglia, Pinerolo, in ricordo dei loro cari.
L. 20.000: Peyronel famiglia. S. Germano
Chisone.
L. 10.000: Parroco di S. Germano Chisone;
Reynaiid Aldo, Pramollo; Beux Rinaldo, Inverso Pinasca; Gottardi Sauro, Torino; Rostagno Dr. Vittorio, Milano; Griot Frida, Eliana,
Ferruccio, in ricordo della mamma; Vertù Maria, Torre Pellice; Bassignana Vanda. Milano;
Negri Benedetto e sig.ra, Felonica Po (MN):
Zaccaro Dr. Enrico, Milano; Morena Bruno,
Bergamo; Monaya Carlo, Aosta.
L. 5.000: Avondetto Ferruccio Elisabetta,
Milano; Peter Alice, Milano, in mem. Alice
Benyr; Carneiro Edoardo e sig.ra; Bouchard
Enrico, Pramollo, in mem, di papà; Rivoir
gen. Adolfo. Torre Pellice; Consolato Americano, Torino; Fornerone Enrichetta S. Germano Chisone; Bertalot Alberto, S. Germano
Chisone; Bertalot Alberto, S. Germano Chisone; Botti Linda ved. Scaccioni, Luserna S.
Giovanni; Peyronel Marco, S. Germano Chisone; Bounous Bartolomeo, S. Germano Chisone; Bounous Ferruccio, S. Germano Chisone; Gay Lisetta, Torino; Bleynat Roberto S.
Germano Chisone; Beux Eraldo, Pramollo; Citernesi Paola, Torino; Balmas Ester ved. Revel. Pomaretto, in mem. Balmas Alice in Benyr; Breusa Dina e Alfonso, Pomaretto, i?i
mem. Balmas Alice in Benyr: Refourn Italo
e Emilia, Torino; Durand Rosa Felicita, S.
Germano Chisone; Marcelle et Jan Scozeglio,
Nice; Gay Guido, Milano; Peyronel Malosso
Elisa, S. Germano Chisone; Ravazzinì Rossi
Olimpia, Milano; Bouchard Silvano, S. Germano Chisone; Gustel Alma, Inverso Pinasca;
Gay Dr. Franco, Milano; Massari Bruno, Firenze; Sappè Jahier Evelina, S. Germano Chisone; Manzani Elvina, Milano; Rostan Aldo.
Milano.
L, 3.000: Griva Luigi S. Germano Chisone.
L. 2.000: Poet Jenny, S. Germano Chisone;
N.N., Perosa Argentina; N.N. S. Germano
Chisone; Tron Enzo, S. Germano Chisone.
L. 1.500: Soulier Remo. S. Germano Chisone; Soulier Marco, S. Germano Chisone:
Soulier Susanna, Pramollo.
L. 1.000: Reynaud Eli, Pramollo; Peyronel
Luigia, S. Germano Chisone; Long Valter, S.
Germano Chisone; Long Valter, S. Germano
Chisone; Barbato Romodo, S. Germano Chisone, in ricordo della moglie: Pascal Delfina,
S Germano Chisone.
Totale L. 445.500. Totale prec. L. 572.900.,
Totale generale L. 1.018.400.
■ LEYTORI CI (E Sl> SCRIVONO
IL TERZO MONDO
FRA MISSIONE
E SFRUTTAMENTO
!
Una,lettrice, da Torre Pellice: |
A nome dell’UCDG-YWCA. di cui :
faccio parte ormai da molti anni, mi
sia permesso di aggiungere alcuni pensieri a quelli che la cara missionaria ^
Graziella Jalla ha voluto manifestare
nel n. 45 delFEco-Luce, sotto il tìtolo !
« La situazione nei paesi in via di sviluppo » con il sottotitolo « Necessità di
informazione, tralasciando i giudizi
unilaterali ». Appunto per vedere il
problema nel suo complesso è necessario che noi alle Valli sentiamo qualche volta la campana dei c< civili » perché nel nostro amore per le missioni
siamo tentati di annullare le voci che
ci parlano di una realtà sociale diversa
da quella che conosciamo sotto il profilo missionario. Tutti noi sappiamo
quanto hanno fatto e fanno i missionari, che sono ì messaggeri del Cristo nei
paesi che lo ignorano : .sappiamo i loro
.sacrifici, la loro abnegazione che alle
volte hanno raggiunto e raggiungono
Teroismo e ci inchiniamo fraternamente riverenti davanti alle loro gravi
fatiche. Ma al tempo stesso pensiamo
sìa doveroso ricordare ai nostri concittadini ciò che si fa in campo civile, dove per una scuola costruita o una strada aperta si sono guadagnati milioni e
milioni a favore proprio o della madre
patria. Mi sia concesso un ricordo: negli anni intorno al ‘30 quando, giovane
ménage in Tunisìa, mio marito ed io
avemmo occasione di ospitare uno .stanco missionario clic tornava dal Gabon
j)cr andare in pensione, venimmo a
cono.sconza delle enormi difficoltà da lui
incontrale non tanto presso grindigeni,
anime aperte, quanto a causa della condotta de()lorevolc dei bianchi (cristiani) civili clic distruggevano col pessimo comportamento (furto, rapina, inganno. bestemmia, ubbriachezza) quanto i missionari andavano predicando.
Tanto più lodevoli quindi gli uomini
c le donne consacrati che mettono in
luce la verità del Cristo la quale non
si rivela secondo il colore della pelle,
ma ai cuori aperti alle fede.
Tuttavia, dissipato il pensiero clic il
lavoro missionario non sia tenuto nel
giusto conto, vogliamo chiudere gli occhi ai fatti reali delle enormi ricchezze che i bianchi hanno accumulato a
spese del terzo mondo? Ìi salutare scuotere qualche volta le nostre coscienze
assopite nel benessere, ricordando a tutti che questo lo dobbiamo in molta parte alle spoliazioni effettuale da quei ci
vili senza scrupolo a spese degli indigeni; e vedere così di interessarci non
.solo a suscitare vocazioni missionarie in
alcuni, ma anche a contribuire da parte di tutti più largamente per le azioni che si fanno per il terzo mondo, cercando così di risarcire in piccola parte
almeno ciualcosa dì quanto è stalo tolto. Nessuno di noi ignora le situazioni
delFAmerìca latina, che tuttora frutta
a.ssai più di quanto non abbia mai ricevuto, alle società neocolonialiste che
continuano a succhiarne Teconomia.
L’UCDG-YWCA pensa di compiere
opera di servìzio cristiano nelTaprire
gli occhi nostri e di lutti, col partecipare ai grandi movimenti di opinione
e di azione (v. Nazioni Unite, v. Consiglio Ecumenico delle Chiese) che si
svolgono su scala mondiale, anche se
qui a Torre Pellice siamo un pìccolo
nucleo, che pure tra varie e mutcvoli
difficoltà, cerca dì sviluppare gVintenti
delFassocìazione internazionale.
Ketty Comba Muston
TRE PUNTI,
DUE VISUALI
Un lettore, da Roma, scrive al nostro corredattore Roberto Peyrot continuando una discussione avviata sul
n. 47. R. Peyrot non desidera continuare un colloquio nel quale si sente sostanzialmente frainteso, letto in modo
unilaterale e parziale. Penso ancìiio
che sia così, dichiarandomi solidale con
lui: ma affinché A. Long non abbia
rimpressione che gli vogliamo chiudere
la bocca, cercherò di rispondergli a mia
volta, pubblicando i suoi argomenti e
tralasciando le valutazioni personali.
Cogliamo anzi l'occasione per chiedere
a quanti ci scrivono di evitare, ogni
personalismo e ogni processo alle intenzioni, affinché questi scambi di idee,
fra noi e per gli altri che ci leggono,
non si risolvano in un invelenirsi dei
contrasti, a tutto danno della mutua
chiarificazione delle idee, le sole a essere interessanti (la nostra pagina su SoIjenitzin. dopo i molti articoli su di
lui. dovrebbero aver convinto il nostro
lettore di ciò che pensiamo al riguardo). Ma ecco la parte sostanziale della
lettera ricevuta:
Primo punto: la « repressione » in
Italia. Lei .sostiene che c'è. io dico di
no e soggiungo che Fesempio da lei cì
tato non è valido né sufficiente per avvalorare la sua tesi. Non importa che
Farticolo di legge violato da quel tale
da lei menzionato faccia parte del « codice fascista », perché esso colpisce
chiunque istighi pubblicamente alla
violenza per instaurare una dittatura
ed è quindi applicabile — nemesi fatale! — anche per eventuali reati analoghi dì tipo fascista o nazista.
Ad ogni modo, per concludere in
modo... distensivo, su questo punto, le
voglio raccontare una liarzelletta riportala da una pubblicazione del tutto
apolitica : « In Inghilterra tutto è permesso, tranne ciò che è vietato; in Germania tutto è vietato, tranne ciò che è
permesso; in Russia tutto è vietato, anche ciò che è permesso: in Italia tutto
è permesso, anche ciò che è vietato ».
Sìa pure in termini caricaturali, vi è
qui un sottofondo sostanziale di verità
sul quale i « repressionìsti » ad oltranza dovrebbero meditare un poco.
Punto secondo: Autocritica di London. Secondo lei, perché si possa parlare di critiche valide ad un « sistema »
bisogna che queste avvengano dalVinterno di esso, allrimenli si tratta « di
pura propaganda ».
Questo è vero per le opere contro il
sistema capitalistico, occidentale (ed io
ripeto che ne abbiamo a bizzeffe ed è
del tutto irrilevante che « provengano
da ambienti di sinistra » oppure no).
Viceversa « neirinterno del sistema »
così inteso, di films anticomunisti o anche solo di critica al sistema non ne
trovo uno. neppure a cercarlo col lanternino. nelle cosiddette (mi permette,
vero?) « democrazie popolari », tanto è
vero che il sig. London, per vedere
pubblicato il suo libro di critica al suo
sistema, ha dovuto saltare il fosso c
venire in Occidente! Questa è la differenza. veramente abissale che separa
il mondo libero (anebe se lei vi aggiunge iin «cosiddetto»!) e Faltro: il suo
contrario.
Punto terzo: Il mio paragone, che
tanto le è dispiaciuto, fra nazismo e
bolscevismo, non è affatto « identificazione » fra due (opposte) ideologie,
nonché dei « fini » da esse perseguiti
ma si riferisce al come, al metodo .seguilo per soggiogare un popolo, soffocando sul nascere ogni tentativo di resistenza, ogni anelito di libertà. In un
suo recente articolo su questo tema.
Leo Valianì scrive che Io stalinismo è
stato, sotto questo aspetto, anche peggiore del nazismo, più radicalmente
totalitario. Perciò il paragone regge, c
come!
Concluderò questa mia replica con
alcune parole dì Solgenitzyn. riportate
da Diego Fabbri, tratte dal libro La
fede dei padri: « ...Quel suono [delle '
campane dì una chiesa] del quale non
rimane ad ognuno dì noi se non un |
ricordo spento, rianimava l’uomo, gli
impediva di accasciarsi, lo tratteneva ;
ilal piegarsi giù a quattro zampe. Su j
quelle pietre sacre, in quei campanili, I
i nostri padri avevano depositato quan- !
lo avevano di più vero, tutto il segreto
per non perdere i valori della vita ». ,
E D. Fabliri cosi commenta : « A chi j
guarda con tremore alTEst ed è percorso da un brivido nel timore di essere ;
ridotto un giorno o l’altro a “piegarsi
in giù a quattro zampe" vorrei dire:
Coraggio, non abbiate paura... ».
Non credo, signor Peyrot, che Solgenilzyn (e neppure D. Fabbri) possano
essere chiamati « maccartisti. cacciatori
di streghe » ecc. (e con sua buona pace
non lo sono neppure io). Non è giusto
tentare di squalificare il prossimo, reo
di pensare e ragionare diversamente da
noi. Si rischia, oltre tutto, di ricadere
proprio nello stesso « peccato » che si
vuole attribuire agli altri.
Suo
Aldo Long
Rispondo:
Punto 1 : barzelletta a parte (no. non
tutto è permesso, in Italia, anche se
siamo un popolo, indisciplinato e poco
rispettoso degli altrui diritti), i popoli,
compreso il nostro, vanno lentamente
e confusamente prendendo coscienza
che la violenza ha molti aspetti e che
si soffre sotto la violenza delVordine
come sotto quella del disordine. Quand'anche in Italia vi sia imparzialità giuridica verso tutti i predicatori di violenza (e in vari casi tale imparzialità non
è stata osservata nei fatti), bisogna riconoscere. per spiacevole che possa essere. che V“ordine** così imparzialmente difeso è esso stesso sentito come parziale, coercitivo, “violento” insomma,
da tutta una parte del nostro popolo; e
anche chi. come me. non condivide le
controproposte, deve onestamente prendere e dare atto di questo fatto e. cercare e indicare soluzioni alternative
che si sforzino di rispettare quanto di
autentico vi è nella protesta odierna,
malgrado aspetti indiscutibili, a volte
egoisti, superficiali e chiassosi. In questo sforzo di libertà critica verso gli altri ma anzitutto verso noi stessi, noi
cristiani dovremmo essere sempre in
prima linea.
Punto 2 : concordo con Lei, ma con
una forte riserva, che si riallaccia al
punto precedente: dato per scontato
(anche per gli altri redattori) il netto
distacco fra democrazia e iotolitarismo,
dobbiamo anche qui chiederci in quale
misura la nostra democrazia sia formale (lasciateli parlare...) e in quale
misura sia sostanziale; Lei riconoscerà
con noi che il margine è grande, ed è
un margine nel quale noi cristiani non
possiamo non riconoscere il peccato, il
disamore verso il nostro prossimo.
Punto 3 : penso sia errato identificare
comunismo e stalinismo, anche se questa seconda forma, patologica, ha radici
oggettive e ineliminabili nella fisiologia
del primo fenomeno. Allo stesso modo,
naturalmente, ritengo errato identificare il regime di libera iniziativa con le
sue storture evidenti e diffuse, sebbene
anche queste abbiano in esso radici oggettive e ineliminabili. Si può abusare
del potere, anche partendo dall intenzione di liberare; e si può abusare della
libertà, facendone strumento di potere.
A ognuno di noi, nelle sue “scelte”
— sempre relative, provvisorie, parziali, rivedibili: non in base alla situazione. naturalmente, ma confrontandole con VEvangelo — l'apostolo Paolo
ricorda, anche a questo proposito:
« Fratelli, voi siete stati chiamati a
libertà; soltanto, non fate della libertà
un^occasione per la carne, ma per mezzo dell'amore servite gli uni agli altri »
(Calali 5: 13). Ce n'è per tutti, vero?
Gino Conte
ATTENTI
ALL’EREDITA^...
Un lettore, da Prarostino:
Signor direttore,
avrei qualcosa da dire circa l’invito
rivolto dal nostro Sinodo, a tutte le
[ chiese, affinché vengano introdotte del■ le innovazioni relative al matrimonio
! e alla confermazione.
I 1) il matrimonio effettuato in
chiesa dai nostri pastori è una bella,
I saggia istituzione che ha in sé una sana, seria c profonda attinenza cristiana,
; che manca invece al rito civile, che ha
I il solo merito di essere legale e stop.
Inoltre il susseguirsi di questi riti « soi Io civili » penso che allontani sempre
! di più gli simsi dalla fede cristiana; e
se la cosa prosegue su questo orientamento anche lo Stato potrebbe togliere
ai nostri pastori Fautorilà di poter sposare. e per cosi dire, degradarli da
I questo jiregio forse ottenuto a stento
; dai nostri predecessori.
2) Confermazione e comunione dei
j catecumeni. Quale orientamento migliore se non quello praticato fino ad
ora? Riiio.
per
nione : credo che non vLsfa
migliore per attirare i giovani più seriamente verso la loro Chiesa, appunto
perché sono tutti uniti assieme, più che
individualmente, cioè solo allorquando
si sentono preparati a tale passo « come si vuole proporre ». Questo non ini
pare auspicabile, perché in questo caso,
trovandosi isolati, si constaterà sicuramente in avvenire che invece di essere
attirati verso la Chiesa, buona parte
di questi giovani si allontaneranno sempre di più, fino a diventare addirittura
degli atei, anche, in molti casi, per il
poco interessamento di costoro o dei
genitori stessi.
Concludendo ed in ossequio a ciò che
hanno fatto e istituito i nostri predecessori, noi che siamo gli eredi di
questa fede cristiana, valdese in particolare, rispettosamente penso che non abbiamo nulla da sostituire o variare; non
eì sono né tempi antichi né tempi moderni in grado da avvalorare la fede.
Erminio Gardiol
PICCOLA STORIA
DI REGGIO CALABRIA
Un lettore, da Genova:
A complemento di quanto ha scritto
il fratello Ernesto Scorza, sul n. 48
del 4-12-1970. prego voler puhldicarc
questi brevi cenni storici su Reggio
Calabria.
Alleata di Roma contro Pirro (282
a. C.), municipio romano; decaduta durante le invasioni barbariche, rifiorì
sotto i Bizantini; conquistata (1060)
da Roberto il Guiscardo; fedele agli
Aragonesi, appoggiò in seguilo gli An
giò nella conquista di Messina (1356)
contesa fra gli Angiò e Durazzeschi
passò ai Cordona: decaduta per le scor
rerie musulmane; ducalo per il gene
rale Oudinol (1808); ribelle a Eran
cesco II (1847); conquistata da Gari
baldi (1860). Distrutta da terremoto del
1908, e ciò fino al 1945.
Dal 1861 il regno d’Italia comprendeva, in unico corpo, tutta la penisola
dalle Alpi alla Sicilia e la Sardegna
(escluso lo Stalo Pontificio, Trento e
Trieste) senza le « Regioni » perché eliminale. (Vedere la carta geografica annessa a pag. 889 dcirEncìclopedia Italiana, aggiarnala ai nostri giorni; veggasi anche a pag. 1167 deH Enciclopedia Garzanti [1963]). Dal 1946 Fltalia repubblicana è ripartita in Regioni,
: Provincie e Comuni.
Annunciato Doria
5
25 dicembre 1970 — N. 51-52
pag. 5
Vita, problemi, prospettive delle chiese valdesi
Il terzo mondo e le nostre comunità
Progetto per un teologo itinerante
Questi i temi alFcontati dallo ConFerenza straordinaria UI Distretto riunita a Catnnia il 12-13 u. s.
Curata dalla comunità pisana
Si è aperta una scuola media serale
La Conferenza si è aperta nei locali
della chiesa di Via Cantarella alle 15,30
del 12 dicembre e si è chiusa alle 14
del 13 dicembre nel tempio valdese di
Catania. È iniziata sotto la presidenza
provvisoria del pastore Tullio Vinay,
presidente della Commissione Distrettuale del VI Distretto. In seguito è stato eletto presidente della Conferenza
il pastore Pietro Valdo Panasela; vice,
presidente il Sig. Scorza, delegato della chiesa di Catanzaro; segretari il pastore Sergio Ribet e il Sig. Ettore Pozzanghera. Tutte le chiese del Distretto
erano rappresentate.
Argomenti principali da trattare erano: « Il Terzo Mondo e le nostre comunità » e « Progetto per un teologo
itinerante », ambedue presentati dal
pastore Georges Paschoud, già direttore del Centre Social Protestant di Losanna ed ora membro del Servizio
Cristiano di Riesi. L’oratore ha citato
delle statistiche per illustrare la tragica situazione delTenorme squilibrio
esistente fra il reddito dei popoli del
Terzo Mondo e quello delle nazioni occidentali d’Europa e del Nord America. Tale situazione è assolutamente intollerabile e deve interessare non solo
i paesi ricchi che ne sono per buona
parte responsabili, ma anche la chiesa
tutta quanta nel mondo, la quale deve
cercare una soluzione socio-politica a
questo problema. La conferenza di Ginevra del 1966 e quella di Uppsala del
1968 hanno dichiarato apertamente la
grande preoccupazione della chiesa
per il problema del Terzo Mondo, ma
occorre che tutte le comunità ne siano veramente coscienti e pronte ad
impostare la propria vita secondo l’economia del Nuovo Mondo di Cristo e
non secondo il sistema della nostra
società dei consumi, altrimenti non potranno mai aiutare i fratelli che soffrono. Questa diversa impostazione di
vita non si verifica purtroppo in tutta
la chiesa.
In base all’ordine del giorno sinodale sui problemi del Terzo Mondo, le
comunità di Pachino c di Catania avevano già trattato l’argomento ed hanno presentato degli ordini del giorno
formulati da loro. La discussione si è
svolta anche su questi due ordini del
giorno ed infine ha dato luogo alla
formulazione di un altro ordine del
giorno che non vuole essere diverso
da quello sinodale, ma un’aggiunta che
è l’espresione delle decisioni raggiunte dalla Conferenza, Esso si esprime
in questi termini: « La Conferenza
Straordinaria del VI Distretto del 12 e
13 dicembre 1970, a Catania, accettando pienamente l’ordine del giorno del
Sinodo del 1970 relativo ai problemi
del Terzo Mondo, considerando la situazione particolare del Distretto, ritiene di richiamare l’attenzione delle
chiese di questo sui seguenti punti:
1) È necessario procedere a chiare
denunzie ovunque si rilevi sfruttamento o tirannia dell’uomo sull’uomo. Le
denunzie, però, per essere vere debboiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiuiiimiii;iimiiiiiiiiii
TAVOLA ROTONDA A PEROSA
Eutanasia,
la morte dolce
L’eutanasia o morte dolce, questo è
il tema discusso in sede di tavola rotonda alla cappella valdese di Perosa:
il dr. Passone del Tribunale di Pinerolo, il dr. Acquafredda dell’Ospedale
Civile di Pinerolo, il prof. Giustetto del
Seminario di Pinerolo, hanno affrontato il tema sotto i vari profili. C’è stato
un accordo generale da parte dei tre
oratori nel condannare l’eutanasia per
le ragioni più diverse. In sede di dibattito si è ritenuto che il rifiuto dell’omicidio per gravi ragioni come ad
esempio nel caso dei bambini focomelici, mongoloidi, dei malati gravissimi
di tumore, ecc., non libera dalle vere responsabilità; infatti occorre: sotto il profilo medico una perseverante preparazione dei genitori nel tempo
prematrimoniale o appena sposati; in
secondo luogo per i casi di malati di
tumore od altro si richiede un ambiente ed un’assistenza speciale che è
tuttora pressoché assente, specialmente per il periodo più difficile; in terzo
luogo la componente spirituale per aiutare il malato ad affrontare la morte è
determinante perché la sofferenza possa essere elemento di rinnovamento
spirituale e di testimonianza.
Si è discus.so della terapia intesa ad
attutire i dolori del malato, che talvolta può determinare una progressiva
perdita di coscienza e quindi di capacità di ravvedimento nel tempo estremo. La morte è purtroppo vista come
nemico della vita fisica e non come il
« re degli spaventi » che chiude la speranza d’una comunione con Dio. Perciò in ogni momento, soprattutto nel
tempo difficile della prova c’è una possibilità estrema di collocarci nella comunione di preghiera con Dio e di accettazione della vera vita che Cristo ci
vuol donare. Peccato che sia mancato
il difensore deH’eutanasia per rendere
più vivace la discussione.
no prima di tutto essere vissute da chi
le pronunzia.
2) Appoggiare il Consiglio Ecumenico delle Chiese nell’opera di intervento in favore del Terzo Mondo, contribuendo anche finanziariamente in modo degno della vocazione cristiana.
3) Considerare come analoga al
Terzo Mondo la situazione del Distretto, per cui la predicazione del Regno in parole e in atti diviene elemento di rinascita in quanto essa sola può
dare fondata speranza a! popolo.
4) Le chiese cerchino di continuare
il loro impegno per il Terzo Mondo in
informazioni e in dibattiti allargati a
quanti sono preoccupati dal problema.
5) Riservino cospicuo tempo alla
prossima conferenza distrettuale al
proseguimento dell’analisi delle leggi
del sottosviluppo, delle azioni che vengono compiute e delle modalità di intervento possibili ».
* * *
Inoltre, in seguito alla discussione, è
stata presa la seguente decisione:
« La Conferenza Distrettuale, udita con viva preoccupazione la relazione degli agricoltori del VI Distretto che non hanno potuto ancora seminare a causa della prolungata siccità, decide dt segnalare il
fatto all’Assessorato dell'Agricoltura della Regione Siciliana e di sollecitarne gli interventi previsti dalla
legge nella misura corrispondente
al grave danno subito sia dai proprietari sia dai braccianti, privati
di ogni possibilità di lavoro ».
* * *
Il « Progetto per un teologo itinerante » è stato presentato in quattro punti
1) Incontri con i pastori.
2) Incontri con i consigli di chiesa
(anziani e diaconi) e con i membri responsabili delle diverse attività.
3) Incontri con le comunità.
4) Lavoro individuale e corsi di
formazione.
Dopo una discussione generale sui
quattro punti, il progetto è stato accettato e si è chiesto al pastore Paschoud
di precisare ulteriormente i diversi
punti, e di chiedere di nuovo il parere
delle comunità prima di inviare il progetto alla Tavola Valdese.
Nella presentazione di un nuovo giro di visite di teologi nel nostro distretto, introdotta dal pastore S. Giambarresi, è stata sottolineata l’utilità di
queste visite ed è stato espresso il desiderio che siano più frequenti. Sono
annunciate le visite del pastore Renzo
Bertalot e del pastore Aldo Comba per
febbraio e marzo.
È stata presentata la possibilità di
avere un convegno A.I C.E. a Riesi in
febbraio; si approfitterà della visita a
Riesi del Prof. Ezio Ponzo, assistente
all’Istituto di Psicologia dell’Università di Roma e del giro di conferenze in
Sicilia del pastore Renzo Bertalot. Sono stati fissati provvisoriamente i giorni 6 e 7 febbraio 1971 per questo convegno. Si spera che sarà seguito da altri che potranno durare più a lungo
se saranno tenuti in un periodo in cui
gli insegnanti sono in vacanza. Ci si
augura che gli insegnanti del VI Distretto sentano la necessità di riunirsi
per discutere i loro problemi e di essere più strettamente collegati con
l’A.I.C.E.
Si è discussa la situazione di Adelfìa
ed è stato deciso che la chiesa di Vittoria, la Commissione Distrettuale e il
rappresentante della F.G.E.I. si mettano d’accordo per la regolamentazione
del funzionamento di Adelfìa.
Una buona notizia è stata portata
dai fratelli della piccola comunità di
Valledolmo, che ora fa parte della diaspora di Caltanissetta ed è visitata dal
Pastore Magri. Questi fratelli, che sono per la maggior parte agricoltori, si
sono uniti ai Pentecostali ed insieme
a loro hanno affittato un locale di
culto, provvedendo essi stessi a tutte
le spese. Tre membri di questa comunità, uno pentecostale e due valdesi, predicano a turno. È bello vedere l’impegno e la costanza di questi fratelli che,
pur avendo poco, danno fedelmente del
loro denaro e del loro tempo al servizio
del Signore.
Irene Wigley
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiMiiMMiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiimiiiiiiimiiiiMmiiii
Gli evangelici di fronte al matrimonio e al divorzio
Accettare una rocazìone,
non imporre una legge
« Quello che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi » (Me. 10, v. 9). Questa è, senza alcun dubbio, la Legge. E
se il divorzio è slato concesso dall’antica legge del popolo di Israele (Deut.
24: 1), non è stato certo perché questo
sia in armonia con la Legge dell’Eterno, ma per una preesistente, e perdurante malvagità dell’uomo.
Nel principio, cioè nel mondo ancora non contaminato dal peccato, quando l’atteggiamento dell’uomo nei com
fronti del suo Creatore era l’ubbidienza, di esso non vi era alcun bisogno.
Iddio congiunge due persone, le
chiama ad una comune vocazione.
Questo è il significato più profondo
(C Barth, Dogmatica) della parola sunézeuxen, che nella nostra versione
dell’Evangelo viene tradotta con «ha
congiunto ». Non abbiamo diritto di
sottrarci a questo dono che Iddio ci
fa, né di sottrarci a questo comandamento.
Ma come spiegarci la differenza fra
la legge antica del popolo di Israele e
le parole di Gesù? Qui non è solo una
conferma della legge, ma, secondo ogni
evidenza, si tratta di una legge del
tutto diversa, che proibisce quello che
era stato concesso. Siamo in realtà di
fronte al «superamento» della legge
antica, che è dato dall’irruzione del
Regno nella storia dell’umanità. E il
sovvertimento di tutti i nostri criteri
di vita. Questo vale per noi, che abbiamo creduto, ma non mettiamo in pratica quello che ci viene comandato nel
Sermone sul Monte, e abbiamo costruito molte teorie per sfuggire a questa Legge perfetta. Anche se cerchiamo con tutte le nostre forze di essere
all’altezza dell’insegnamento di Gesù,
nella migliore dt Ile ipotesi ci avviciniamo soltanto a questa regola di vita, per virtù dello Spirito. Ma nessuno di noi si è mai sognato di cercare
di ottenere per legge l’abolizione degli
eserciti, o del giuramento nel nostro
ordinamento giudiziario, né mai alcun
credente ha pensato di non aver diritto di difendere se stesso o i suoi
familiari dall’offesa di possibili ladri,
anche solo chiudendo bene la porta di
casa al momento di andare a letto.
Eppure queste cose non sono in armonia col Sermone sul Monte, e non
avranno ragione di essere nel Regno
che aspettiamo. Il fatto è che il Regno
si è avvicinato a noi in Cristo, ma noi
viviamo ancora nella carne.
Da questo discorso derivano due
conseguenze:
I cristiani si porranno in preghiera
davanti a Dio, prima di contrarre matrimonio, affinché la loro unione significhi veramente esser messi da Lui sotto un comune giogo, significhi accettare una vocazione. Un matrimonio nato in questo modo difficilmente potrà
fallire.
Un matrimonio che è andato incontro al fallimento, perché era una casa
costruita sulla sabbia — anche fra credenti, sia pure come caso eccezionale,
come evento che si cercherà di evitare
fino all’ultimo, e sempre ponendosi in
preghiera davanti al Signore — potrà
essere sciolto, perché viviamo ancora
in questo « eone », in cui il peccato, nonostante tutto, ha ancora possibilità di
agire, anche sui riscattati, ed è per
questo che abbiamo bisogno della redenzione. Si tratta però in maggioranza di matrimoni che, anche se celebrati in chièsa, non sono opera di Dio.
Non possiamo presumere di sostituirci a Lui nell’avallare delle unioni che
non hanno per base la Sua parola, non
hanno per scopo una missione, da Lui
affidata agli sposi.
Se questo è per i credenti, che dire
dei non credenti (anche di quelli che
fanno parte delle chiese cristiane)?
Potrebbe essere imposta loro per legge
una regola che per noi costituisce una
vocazione del nostro Signore? Non dovremmo pensare (per rifiutarlo) al
maggiore male derivante dall’attuale
situazione, in cui famiglie veramente
divise, sostanzialmente e formalmente
divise, restano unite solo nei documenti ufficiali, mentre altre, realmente
unite, non esistono di diritto? Non sono veramente molto più gravi, per la
società nel suo insieme, e per i singoli
(specialmente per i figli cui non si può
dare un riconoscimento), gli effetti del
regime finora vigente di indissolubilità
del matrimonio piuttosto che quelli di
un divorzio meditato?
Sarà bene comunque che si diffonda fra noi l’usanza di separare il matrimonio civile dalla riunione di culto con cui la chiesa prende atto della
unione di due fratelli e chiede su di
essi la benedizione del Signore; questa sarà richiesta da coloro che sentono la loro vocazione e vogliono fondare la loro casa sulla Roccia.
Marco-Tullio Fi.orto
La scuola media serale, organizzata dalla
nostra comunità, ha cominciato a funzionare
regolarmente lunedi 7 dicembre. Con gli
iscritti (25 — altri non abbiamo potuto accoglierli per mancanza di posti esauriti nel giro
di pochissimi giorni) abbiamo concordato modi ed orario delle lezioni : ogni sera per tre
ore si è impegnati in questo servizio che impegna notevolmente le nostre forze e tempo,
r numeroso il gruppo di insegnanti, molti
della comunità elcuni amici che hanno voluto offrire collaborazione. C’è stata discussioni sulla durata del corso (alcuni lo volevano
io due anni, altri in un solo anno), e la decisione sarà presa dopo un mese insieme con
gli iscritti, secondo le riconosciute possibilità
d’ lavoro e preparazione.
Ci sembra un servizio di notevole interesse ed utilità, nel quale si cercherà non solo di
dare un insegnamento scolastico in vista della
licenza, ma anche di segnalare un certo stile
di rapporti umani, che possa rendere conto
della nostra fede in riscoperta del valore degli
uomini figli di Dio, chiamati tutti ad essere
uomini che prendono delle decisioni insieme.
È anche un'occasione per far conoscere l’interessamento dei credenti per il problema dell'altro. nel nome di Cristo. È testimonianza e
servizio. Gli incaricati dell’insegnamento lavorano in gruppi (secondo le materie) sia nella preparazione delle lezioni sia nello svolgimento di esse. Questa è una iniziativa della
« comunità », anche se il lavoro è svolto da
quelli che hanno la capacità e il tempo di
farlo. La decisione è stata presa in Assemljlea
di Chiesa, su proposta del Consiglio di Chiesa
che aveva raccolto il suggerimento.
Mercoledì 16 dicembre abbiamo ricevuto la
visita gradita del pastore Valdo Corai, membro del Comitato Nazionale delle Scuole Domenicali, particolarmente rivolta alle monitrici e ai genitori dei bambini della Scuola Domenicale.
Sabato 19, le Signore della Società di Cucito hanno organizzato un buffet e lotteria, per
raccolta di fondi per assistenza locale e aiuti
agli Istituti.
Luserna
San Giovanni
Precisazione
Nel numero scorso è stato pubblicato come
cronaca di Luserna S. Giovanni un pezzo che
aveva piuttosto il carattere di una lettera di
protesta, tanto più che non portava la firma
dcirincaricato della cronaca per la Comunità
di Luserna S. Giovanni.
Il « fatto di cronaca » (il culto di domenica
10 dicembre nella sala degli Airali non ha
avuto luogo per assenza del predicatore), per
quanto increscioso, non è imputabile a inefficienza del Concistoro, come la corrispondenza
pare insinuare : finora nella Comunità tutte le
attività si sono svolte regolarmente, con notevole impegno da parte di un buon numero
ds laici: neanche si può parlare di « carenza
dì attività pastorale », poiché, in attesa del
nuovo pastore titolare, essa è curata da un pastore amato e stimato dalla comunità; il culto
agli Airali ha sempre avuto luogo regolarmente (è stato sospeso in occasione della festa
del raccolto, ma la comunità è stata avvisata
in precedenza) : la circostanza eccezionale di
una morte improvvisa ha impedito che domenica il pastore che avrebbe dovuto presiedere
11 culto secondo il programma, potesse giungere in tempo.
Se si fosse compreso tutto questo non ci si
sarebbe serviti della rubrica della cronaca, che
ha un carattere obbiettivo, per un attacco al
Concistoro, ma ci si sarebbe rivolti direttamente al Concistoro stesso per una spiegazione.
N.d.r.: Lieti di questa precisazione e scusandoci. contiamo in avvenire su un regolare
€ frequente notiziario da parte del corrispondente locale incaricato dal Concistoro.
Incontro scuola-famiglia
Sabato, u. s. si è svolto presso la Scuola
Media Statale « Edmondo de Amicis » dì Luserna S. Giovanni un incontro genitori-insegnanti al quale hanno partecipato una quarantina dì genitori con i professori deU'Istituto.
Argomento della riunione : formazione di un
« consìglio dei genitori » e dì un « comitato
scuola-famiglia ».
Alle ore 18 circa, la riunione ha avuto inizio con la lettura, da parte del Preside, della
circolare del Ministero della Pubblica Istruzione relativa airislituzione di questi due enti
ed in seguito, dopo un intervento della Signora Gaietti. Assistente al Consiglio di Valle, e
del Signor Agli assessore airistruzionc, si è
proceduto ad una discussione fra alcuni genitori partecipanti alla riunione.
Da tali interventi è risultata la necessità di
una fattiva collaborazione tra la scuola e le
famìglie. Quindi rutilità dì un intervento diretto delle famiglie nella scuola per quei problemi che interessano questa e quelle.
Terminati gli interventi, si è proceduto alla nomina di due rappresentanti delle famiglie
per ogni « Consìglio di classe » che eleggeranno il loro Presidente onde iniziare quella
nuova attività che ci auguriamo proficua e
positiva per il bene degli alunni stessi.
M. li.
Torre Peilice
La domenica 11 ottobre. ì ragazzi delle nostre Scuole Domenicali, si sono riuniti nel
tempio colla Comunità, per il culto di apertura. Abbiamo accolto con grande gioia i
nuovi alunni particolarmente numerosi quest’anno. Raccomandiamo ai genitori di abbonare i loro figliuoli a « L’Amico dei fanciulli »
il giornalino diretto con tanto amore e competenza dalla signora Berta Subilia e che of
fre letture formative della mente e del cuore.
La preparazione dei monitori è assicurata dal
Corso biblico, ogni sabato dalle 17 alle 19.
11 10 ottobre sono iniziati i corsi di catechismo. Dopo un incontro collettivo, ogni corso
è stato diviso in 3 gruppi : 12 in tutto e la
sera del 17 i genitori dei catecumeni dei due
primi anni si sono incontrati coi catechisti per
uno scambio di idee, in vista di una più stretta collaborazione.
La Società di cucito ha destinato le cifre
raccolte durante il bazar del Sinodo alle opere
del Distretto. Una cifra rilevante è stata destinata all'Asilo Infantile ed alla Diaconia. I
membri della Società aumentano di anno in
anno e compiono con gioia un’opera veramente benefica.
La Società Femminile ha intensificato la
propria attività con riunioni quindicinali e
iniziative a favore degli Istituti. Al Convitto
femminile è stato offerto in dono il volume
(c Racconta la Bibbia ai tuoi ragazzi ».
Le tre società missionarie hanno ripreso la
loro attività con umiltà, ma con grande fede,
raccogliendo fondi affinché l’opera missionaria
oggi volutamente ignorata o ingiustamente
svalutata da molti, contìnui nel mondo per il
bene di tanti nostri fratelli in distretta morale e materiale.
Sabato 24 ottobre ha avuto luogo una assemblea di chiesa in cui il nostro deputato al
Sinodo, Loris Bein ha puntualizzato nella sua
relazione, gli aspetti più importanti dell’ultima sessione sinodale. Sono stali rieletti l aiiziano Silvio Bellion e il diacono Guido Poét,
eletti per la prima volta anziano Velia Paschetto Bosco e diaconi due giovani : Marcella Bonjour e Gianfranco Mathieu. Si c parlato in seguito di approfondire lo studio sulla
funzione e la struttura del Concistoro, nominando una commissione che riferisca ad una
delle prossime assemblee. L’assemblea ha designato Alice Jouve, Roberto Eynard e Ligustro Armand-Hugon e il Concistoro ha nominato Bruno Rostagno e Lina Varese.
L’Unione dei Coppieri è formata da giovani di tutti i nostri quartieri e da alcuni validi
elementi di Luserna S. Giovanni. Essi hanno
rinnovato la loro struttura con una presidenza di “équipe” e si propongono di essere presenti in vari aspetti della vita della Comunità : visitare le persone anziane e malate,
aiutare i bisognosi, dedicare una parte del
loro tempo allo studio degli inni nuovi e seguire dei corsi di catechismo.
Anche i cadetti hanno ripreso la loro attività e stanno organizzando la raccolta della
carta.
Sono riprese le riunioni quartierali e siamo
lieti di dire che un gruppo di giovani sì e offerto per presiedere mensilmente le riunioni
i:i alcuni nostri quartieri.
L’assemblea del 22 ottobre ha deciso di versare alla Tavola Valdese la somma richiesta
per coprire il deficit della Cassa Culto lasciato da alcune Comunità, auspicando che quelle
che non hanno adempiuto alla loro parte di
solidarietà riflettano sul vincolo di fraternità
che ci lega e non gravino su altre che spesso
compiono .sacrifici, per raggiungere la quota
fissata.
Il 28 ottobre presso il nostro Convitto Femminile ha avuto luogo rincontro dei collaboratori dei Convitti delle Valli e di Torino.
L’Asilo infantile è diretto con molta competenza da Ombretta Arnoulet ed è in piena
efficienza. Il Comitato ne cura la direzione
amministrativa, purché abbia a disposizione
gli strumenti adatti allo svolgimento di una
didattica moderna.
La Corale ha rieletto il seggio all’unanimità.
I coristi si propongono di intensificare la loro
presenza nella vita della Chiesa, di recare messaggi di conforto e fraternità a persone .sofferenti, di testimoniare in ambienti di dolore
fra ì poveri spiritualmente parlando, fra coloro che per tanti motivi la massa ignora e
trascura.
Ci hanno lasciati e in attesa della resurrezione : Giovanni Battista Pizzardi. Caterina
Stalle in Chauvie, Luigia Albergante vcd.
Olearis. Lidia Danna ved. Farinière, Paolina
Maurino. Ida Romano ved. Simeoni. .^bele
Ghigo. Maria Giampiccoli. Lidia Stringai in
Amberti. Luigi Bert, Ada Pasquet. Achille
Mourglia. Alle famiglie in lutto esprimiamo
la nostra viva simpatìa.
Hanno ricevuto il Battesimo: Doris Coslantin di Felice e Anna Maddalena Cogno. Daniela Mein di Osvaldo e Lidia Gay, Elena
Sibille di Enrico e Edda Giachero. Mauro Gönnet di Ernesto e di Maria Barale.
Si sono sposati : Giuseppe Malan e Dina
Miclielin Salomon. Il Signore lì benedica lutti
e li guardi.
L\na Vakese
La moglie e i figli del compianto
Giulio Paschetto
sentitamente ringraziano tutti coloro
che furono vicini nel momento dell’immenso dolore con fiori, opere di
bene, parole. In particolare ringrazia
no il pastore Achille Deodato e le famiglie Fornerone e Flessone.
Pinerolo, 12 dicembre 1970.
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 — 8.7.1960
"io Subalpina s.p.a - Torre Peilice (To)
6
-pag. 6
N. 51-52 — 25 dicembre 1970
I NOSTRI GIORNI
UOMINI, FATTI, SITUAZIONI
I|disertori, prufetì di un mondo nuoi/o?
Potere e servizio
Mentre scriviamo queste note, la situazione in Polonia è tutt'altro che
chiara, non solo, ma può anche far temere che i disordini, allargandosi a
macchia d’olio, inducano ad un più
massiccio intervento le « forze dell’ordine » quando non addirittura a quello dei carri armati sovietici, già tristamente noti per i loro interventi in altre nazioni amiche e alleate.
Il socialdemocratico Cariglia ha attribuito la responsabilità delle spaventose uccisioni di parecchie persone
(non se ne conosce il numero preciso)
alla « legalità socialista ».
Non condividiamo questa inteiT>retazione dei fatti ed anzi pensiamo che in
una repressione così selvaggia e inumana il socialismo ha ben poco a che
fare. È semplicemente questione di
potere. È il potere che vuole conservare sé stesso ad ogni costo e che non
esita a ricorrere ai metodi più brutali
per salvarsi. È il potere che, non essendo più « servizio » verso il cittadino (ed è questo un concetto che dovrebbe avere la sua miglior realizzazione sia nel campo socialista che in
quello cristiano) si è trasformato nel
più spaventoso arbitrio. Questo, ci interessa più da vicino nei tragici fatti
di Polonia. Il potere che si stacca e si
erge contro il cittadino è dittatura.
Ma ad un’altra considerazione ci inducono i fatti polacchi e cioè su quanto avvenuto a Milano, ed in modo particolare sulla dimostrazione popolare
che ha dovuto annoverare una nuova
vittima, colpita mortalmente — come
pare — da un candelotto della polizia.
Se ci si indigna a ragione contro i
morti polacchi, altrettanto ci si deve
indignare per lo studente italiano morto (per Cariglia è un « morto accidentale »). Sono « accidenti » che non si
devono più ripetere. Come mai la
polizia troppo sovente si trasforma da
« servizio d’ordine » in una forza repressiva, eccitando vieppiù la reazione
popolare? Come mai le successive
grandiose manifestazioni milanesi si
sono svolte nell’ordine e senza incidenti? È possibile che « occorrano » sempre dei morti per calmare temporaneamente la repressione?
Ci pare che sia ormai indilazionabile la necessità che le forze di polizia
in servizio di ordine pubblico vengano disarmate, fucili lancia razzi compresi.
.-li momento di impaginare, apprendiamo
che « per ragioni di salute » Wladyslaw Gomulka si è dimesso dalla carica di primo segretario del partito operaio unificato polacco;
gli succede Edward Gierek. che si era opposto
ai drastici aumenti dei prezzi. Rinviamo il giudizio sul valore di questo cambio della guardia.
L’America latina
e la RAI
In queste ultime settimane abbiamo
seguito alla televisione il programma
dal titolo: « America latina: capire un
continente ». Questa trasmissione, inizialmente articolata in sette puntate,
ha descritto con serietà e rigore le condizioni dei vari Stati sudamericani ed
i loro tentativi per uscire dall’oppressione politica, dalla fame, dal neocolonialismo e dal conseguente sottosviluppo. Si prevede che l’America latina
nel Duemila conterà 600 milioni di abitanti: se nel frattempo non interverranno dei radicali mutamenti di ordine economico-politico, la situazione,
già ora esplosiva, giungerà ad un punto tale da assumere le proporzioni di
una immensa catastrofe.
La cosa che ha maggiormente colpito nel corso delle puntate è stata la
questione degli aiuti aell’Occidente —
particolarmente degli USA — al Sudamerica, aiuti che lo hanno — sì —
fatto « crescere », ma non « sviluppare »: si tratta di aiuti il cui maggior
beneficiario è senz’altro il donatore.
Ricordiamo a questo proposito una
frase pronunciata dall’ex ministro degli esteri cileno, Valdes, nel corso della seconda puntata: « L’America latina ha contribuito in modo decisivo allo sviluppo degli Stati Uniti ». Basti
pensare che negli ultimi 10 anni, per
ogni dollaro entrato, ne sono usciti
quattro, con un utile, per i benefattori,
del 400 per cento.
Poco sopra s’è detto che il programma era inizialmente articolato in sette
puntate ed invece esso si è chiuso colla sesta. Come mai questo ridimensionamento?
Mentre la Rai si limita ad annunciare la fine dell’inchiesta e alferma ufficiosamente che la pianificazione dei
programmi impedisce il recupero della trasmissione « saltata » il 27 novembre a causa dell’eccezionale lunghezza
del telegiornale (attentato al papa), la
ragione la si potrà forse trovare nel
fatto che la puntata soppressa era particolarmente dedicata ai rapporti fra
imperialismo statunitense e Paesi latino-americani. Pare che \ive sollecitazioni deH’ambasciata americana e dei
gruppi politici italiani ad essa particolarmente collegati siano appunto all’origine di detta soppressione.
È veramente spiacevole che una trasmissione così impegnata — quali ne
siano i motivi — sia stata amputata:
ancora una volta il diritto all informazione degli utenti non è stato rispettato.
L’ONU e la tortura
in Medio Oriente
La commissione politica speciale dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha recentemente approvato una risoluzione in cui viene chiesto ad Israele
di porre fine ad ogni forma di tortura
e di punizioni collettive nei confronti
dei prigionieri politici e delle popolazioni dei territori occupati durante la
guerra dei sei giorni.
La risoluzione, approvata con 49 voti
a favore, 14 contrari e 37 astensioni, richiede la cessazione di ogni forma di
intimidazione e repressione « in attesa
di una sollecita fine » dell’occupazione
dei territori arabi.
Tra le richieste contenute nella risoluzione figurano, fra l’altro: « Cessare
immediatamente ed impedire... le punizioni collettive... le torture ed il cattivo
trattamente dei prigionieri », « sospendere le creazioni di installazioni mili
tari israeliane nei territori occupati e
smantellare quelle già costruite », « porre fine alle deportazioni di abitanti di
quei territori e permettere ai deportati
di farvi ritorno », « ritirare le forze armate israeliane dai territori occupati ».
Di fronte a queste precise risoluzioni
dell’QNU, dovute evidentemente a stati
d' fatto debitamente accertati, l’atteggiamente di Tel Aviv è insofferente. Il
ministro israeliano della Difesa Dayan
lasciando New York, pur dichiarando
che il suo paese è disposto a trattare
sotto l’egida dell’Q.NU, ha detto che
non considera le sue risoluzioni « come
la Bibbia » ed ha soggiunto che Israele
non accetta di trattare « in posizione
di debolezza » (cioè di parità). Questo,
neppure « sotto la minaccia » che la
RAU demandi il problema al Consiglio
di sicurezza dell’QNU, dove «gli egiziani hanno la maggioranza ».
Roberto Peyrot
Echi della settimana
a cura di Tullio Viola
SUL PROCESSO DI BURGOS
■jf II mondo intero segue col fiato
sospeso il processo dei patrioti baschi,
per alcuni dei quali, com’è noto, è stata richiesta la pena di morte.
Circa trecento personalità dell’alta
cultura catalana hanno firmato, in proposito, un nobile proclama che prende
il nome dall’Abbazia di Montserrat
(non lontana da Barcellona). Ivi i trecento si sono rinchiusi un giorno e una
notte (precisamente martedì 15 c.) per
esprimere visibilmente e simbolicamente la propria protesta. Diamo qui
il testo integrale del proclama.
« Noi, intellettuali catalani, riuniti a
Montserrat in assemblea permanente,
riteniamo nostro dovere prender posizione nei confronti della gravissima situazione, politica e sociale, provocata
dal tribunale militare che giudica sedici militanti delVETA, accusati di lottare per il socialismo e per i diritti nazionali del popolo basco.
Noi constatiamo:
1) che la legislazione repressiva
istituita più di 30 anni fa, durante lei
guerra civile, continua ad essere applicata nello Stato spagnolo attuale, contro tutte le opinioni e le azioni democratiche;
2) che l’attuale sistema politicogiuridico, al servizio d’un’anacronistica struttura di classe, trasforma in delitti certi fatti politici o sociali che tutti gli Stati democratici considerano come legittimi e come diritti elementari
di ogni cittadino;
3) che le torture e le sevizie fisiche
e morali, denunciate a più riprese, sono diventate un metodo poliziesco sistematico;
4) che i diritti dei popoli e delle
nazioni che costituiscono lo Stato spagnolo sono ignorati e repressi, a tutto
vantaggio d’una pretesa unità nazionale, assunta come principio di base delle leggi fondamentali dello Stato.
In considerazione di ciò, noi riteniamo che l’applicazione delle gravi pene
richieste nel tribunale militare di Burgos, è inammissibile.
Noi denunciamo il modo in cui i
mezzi di comunicazione ufficiale, specialmente la radio e la televisione, alterano e mistificano sistematicamente
le informazioni. Poiché non esiste alcun mezzo normale di libera espressione, noi ci vediamo costretti a redigere
questo documento.
Respingiamo il processo di Burgos
IIIIIIIIIIIIIMIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIMIIMIIIIIII
Radio Algeri cessa
le trasmissioai religiose
eoa islamiche
La messa e il culto riformato, che ogni domenica mattina erano stati ritrasmessi da Radio Algeri anche dopo Tindipendenza algerina,
otto anni fa, non saranno più trasmessi da
questa emittente. Nel Marocco e in Tunisia
le trasmissioni religiose non islamiche erano
state soppresse fin dalla fine del regime di
protettorato.
D’altro lato la preghiera del venerdì (il
giorno festivo islamico) e una trasmissione
femminile in arabo sono state inserite in questi giorni nella catena internazionale della
Radio statale algerina. Da quando sono state
soppresse le informazioni in spagnolo e in inglese, i programmi internazionali erano trasmessi unicamente in francese, lingua nella
quale continuano per il momento a essere diffusi per una quindicina di ore al giorno. Tre
programmi musicali sono prodotti e presentati dà francesi, ma rimangono eselu.si dalle
onde radiofoniche algerine numerosi interpreti stranieri, fra i quali Juliette Greco. Regine,
Sylvie Vartan. Johnny Halliday, i Beatles,
.Arthur Ruhinstein e altri.
L'.Algeria tra.smette quotidianamente programmi in arabo algerino e classico e m lingua kabila. su altre due lunghezze d’onda,
mentre la televisione nazionale trasmette ogni
giorno programmi in francese e in arabo.
nell’interpretazione degli avvocati della difesa, solidarizzando invece coi movimenti di protesta\chc si sono verificati e che continuano a verificarsi sia
all’interno che all’esterno del paese.
Reclamiamo immediatamente i provvedimenti seguenti:
1) qualunque condanna possa esser pronunciata dal tribunale di Burgos, rimanga senza effetto;
2) venga promulgata l’amnistia generale per tutti i condannati, o esiliati, o irnprigionati per motivi politici;
3) venga abrogato il decreto-legge
sul banditismo e sul terrorismo, e vengano aboliti gli atti giuridici d’eccezione;
4) venga abolita la pena di morte,
qualunque sia il delitto in questione;
5) venga istituito uno Stato autenticamente popolare, che garantisca l’esercizio delle libertà democratiche, e
dei diritti dei popoli c delle nazioni
che formano lo Stato spagnolo, ivi
compreso il diritto di autodeterminazione.
Infine noi esprimiamo la nostra adesione, totale e fraterna, al popolo basco ed alle sue rivendicazioni, che sono anche le nostre ...
L’INFAMIA
DELLA GUERRA CHIMICA
-tf « Un convegno internazionale di
scienziati, dedicato alla guerra chimica nel Vietnam, s’è tenuto in Francia
(alla facoltà di scienze di Orsay) nei
giorni 12-13 c. m. Vi hanno partecipato un centinaio di medici e di ricercatori appartenenti a 14 paesi. Il documento finale afferma, fra l’altro, quanto segue:
"È stato oggi provato che i defolianti e gli erbicidi hanno effetti diretti
sulla popolazione e sulla fauna. (...) Le
prime osservazioni cliniche presentate
dai medici vietnamiti fanno pensare
ad un rapporto diretto fra l’esposizione delle popolazioni ai defolianti, e i
gravi pericoli (che non è stato ancora
possibile valutare) a cui questo tipo
di guerra espone le generazioni attuali e future. La prova degli effetti diretti dei defolianti 2-4-D e 2-4-5-T sulle
piante d’uso alimentare, sulle foreste
e su tutta la vegetazione, è inconfutabile. Da quegli effetti derivano una carestia generalizzata e immense sofferenze per le popolazioni civili, il cui
modo di vivere risulta profondamente
alterato. Ne derivano, a lungo andare,
degli sconvolgimenti profondi (forse
irreversibili) per l’ecologia, per il suolo e per il clima di vaste regione del
Vietnam".
Il documento denuncia parimente la
utilizzazione dei gas tossici, affermando che Washington viola in Indocinq
le regole stabilite dal protocollo di Ginevra del 1925 e consacrate dalla risoluzione dell'ONU del 16.12.’69.
Nel suo rapporto, il professore americano Pfeiffer (università di Missoula,
Montana), ha affermato che l’esercito
amerciano, in otto anni, ha rovesciato
più di 100 milioni di sterline di prodotti defolianti su piti ai 5,5 milioni di
acri ( = ,ca. 28.600 km-), cioè .sul 12%
del territorio sud-vietnamita. La concentrazione dei prodotti è 13 volte superiore a quella raccomandata, per defollare, negli stessi Stati Uniti: simili
dosi risultano pertanto mortali. Gli effetti sulla flora (in particolare commestibili) sono stati catastrofici nel Vietnam e nel Laos.
Secondo un altro rapporto, più di
1.291000 persone sono state intossicate, negli ultimi otto anni. La maggior
parte delle vittime soifrono di malattie croniche: affezioni oculari e gastrointestinali, paralisi ecc. Numerosi sono i casi di malformazioni congenite
nell'uomo, e non son rare le donne che
partoriscono~lramhini morti. Secondo
uno studio eseguito da scienziati nordvietnamiti, su individui rimpatriati dal
Sud, il numero degli aborti .s’è elevato,
in misura anormale, nelle zone sottomesse ad irrorazioni chimiche ».
(Da « Le Monde » del 16 e 17.12.1970).
I disertori sono i testimoni di una
nuova realtà o — come Mosè ridotto
alla macchia — i profeti di un « mondo nuovo »?
« Disertare dall’esercito può avere un
valore ed un significato del tutto particolari in un mondo dove l’uomo si erge
contro l'uomo » scrive K. Treusdell,
giornalista ed ex combattente della marina degli Stati Uniti. Per solidarietà
coi resistenti alla guerra ha deciso di
disertare, pochi mesi prima della fine
del suo servizio militare.
Fanno poi seguito un’analisi delle motivazioni dei disertori e delle proposte
per il servizio pastorale e sociale presso i giovani disertori e resistenti emigrati in Canada, il cui numero è stimate intorno ai 100 mila. Questa testimonianza viene pubblicata con altre nelTultimo numero di « Risk », una rivista
trimestrale in lingua inglese del Dipartimento della gioventù del CEC.
II pastore episcopale americano T. L.
Hayes testimonia la sua esperienza circa il ministero esercitato durante un
anno presso circa 400 disertori dal suo
paese ed esiliati in Svezia, 325 dei quali, nel 1969, avevano ricevuto dal governo svedese il permesso di soggiorno.
Egli scrive: « Sono migliaia i giovani
che hanno preferito l’esilio ad un impegno immorale ed illegale nel sud-est
asiatico ed alla repressione che vi è
collegata nel loro paese ». Solamente
l’Europa ne conta duemila, egli ritiene.
Nel giugno scorso la Desear e cioè la
Divisione aiuti reciproci e di servizio
delle Chiese e di assistenza ai profughi
del CEC, aveva lanciato un appello alle Chiese-membro per raccogliere dei
fondi onde portare aiuti vari ai giovani emigrati in Canada. Il direttore della Desear aveva allora dichiarato:
« Questi uomini sono dei profughi e ci
rifiutiamo di dare un giudizio sulle loro
motivazioni ». Questo appello di giugno
è diventato ora un vero progetto con un
bilancio di 210 mila dollari (oltre 120
milioni di lire) per i tre prossimi anni.
È stato tuttavia precisato che questi
fondi non saranno in alcun caso utilizzati per indurre i giovani a disertare.
Le cifre ufficiali concernenti i disertori americani presentano la seguente
progressione: nel 1967: 40.227; nel 1968:
53.357; nel 1969: 73.123; attualmente:
circa 100.000. Queste cifre comprendono
coloro che disertano sia temporaneamente che definitivamente.
(Soepi)
lllllllllllllllllllllilllllllllllllllllllllllllllIIIIIIIIIIIIIIIMIIIIII
Questa, la grande fame
Con questo titolo è uscito, già nel 1969. coi
tipi di Cappelli editore, un libro di Guglielmo Boinuzzi (L. 3.000) che. come dice il tìtolo stesso, tratta del problema della fame nel
mondo. L'argomento è trattato in modo non
del tutto originale in quanto si basa molto su
corrispondenze di inviati di vari giornali e ri*
viste nazionali.
Mollo spazio è dedicato alle benemerenze
della Chiesa cattolica, mentre le attività di
quelle protestante o di altre ancora vi sono
ignorale.
Particolare rilievo è dato dall’autore aU’attlvità ed interessamento delTattuale pontefice
romano. Ne facciamo un esempio, che preCeriamo non commentare: «Paolo VI, il 4 ottobre 1965, nel corso della sua missione di
pace airONU, nel distribuire centinaia di doni. per lo più di valore non venale, ne ha
offerto uno stimato oltre 100 milioni dì lire:
una croce e un anello di diamanti. Con un
gesio in tutto degno di un eccezionale vicario
di Cristo (il corsivo è nostro) egli aveva chiesta airONU che la somma ricavata dalla loro
vendita fosse destinata a incrementare la campagna promossa a favore delle popolazioni che
soffrono la fame ».
tiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiitiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiii
Si conclude l’Anno internazionale dell’Educazione,
indetto dall’UEIESCO
Giornato internazionale dell'alfabetizzazione 1370
Il 1970 è stato l'Anno internazionale
deir Educazione e ha visto il moltiplicarsi di iniziative pedagogiche e culturali. Dal “Corriere UNESCO” riportiamo questo articolo sulla Giornata internazionale dell’alfabetizzazione.
Nel corso di una cerimonia che ha
avuto luogo a Teheran, T8 settembre
scorso, nella ricorrenza della Giornata
internazionale dell’ alfabetizzazione,
Malcolm S. Adiseshiah, Direttore generale aggiunto dell’Unesco, ha conferito
due premi destinati a ricompensare i
lavori di un certo merito compiuti nella
lotta contro l’analfabetismo: il Premio
Mohammad Reza Pahlavi, offerto da
S.M.I. lo Scià di Persia, e il Premio Nadejda Krupskaia, conferito quest’anno
per la prima volta dal governo dell’URSS.
La giuria internazionale incaricata
dell’assegnazione di queste ricompense
ha attribuito il Premio Mohammad Rezt Pahlavi ad un Ente colombiano, la
Acción Cultural Popular, che ha raggiunto, grazie alle scuole radiofoniche,
una vasta popolarità in tutta l’America
latina.
La prima organizzazione che ha ricevuto il Premio Nadejda Krupskaia, è
(’Istituto di lingua e di letteratura dell’Accademia delle Scienze della Mong^
lia, che ha iniziato l’attività nel 1921
con il motto: « Imparate ed insegnate
agli altri ».
Cinque menzioni d’onore sono state
ugualmente conferite accanto ad ognuno dei due premi internazionali. Queste
sono per il Premio Mohammad Reza
Pahlavi:
l’organizzazione inter-chiese Yemissrach Dimts, in Etiopia, la quale permette agli adulti di raggiungere in due anni un livello d’istruzione equivalente a
quello della quarta classe elementare;
il Comitato di collegamento per l'alfabetizzazione e la promozione (CLAP)
che raggruppa in Francia 31 associazioni private attive;
(’Università radiofonica di Gitarama,
nel Rwanda;
la Literacy House, di Lucknow (India);
la squadra della Radio televisione per
l’istruzione tunisina, creata nel 1968, i
cui programmi, completati da trasmissioni radiofoniche, hanno aiutato, nel
corso della stagione 1968-69, più di 25
mila adulti.
Le cinque menzioni d’onore conferite
con il Premio Nadejda Krupskaia hanno ricompensato le attività di due persone e di tre organizzazioni:
Anna Lorenzetto, una delle fondatrici
e attuale presidente dell’Um'one Nazionale per la Lotta contro l'analfabetismo. L’UNLA conta attualrnente, nell’Italia meridionale, 90 centri di cultur.' popolare dove 30.000 adulti seguono
regolarmente corsi d’alfabetizzazione e
di formazione professionale. Il tasso di
analfabetismo che era in questa regione del 30%, è attualmente fra il 4 ed
il 6%;
Amir Birjandi, ex direttore dell’« Armata del Sapere », grazie alla quale cen
tinaia di migliaia di bambini e di adulti nelle regioni rurali dell’Iran hanno
potuto imparare a leggere ed a scrivere;
i Servizi dell’alfabetizzazione e di
istruzione degli adulti della Repubblica
popolare del Congo, che quest’anno ha
insegnato a 23.000 persone;
('Unione delle donne sudanesi che, fin
dalla sua fondazione avvenuta nel 1952.
ha insegnato a leggere ed a scrivere a
un milione di donne, in centri speciali
dove imparavano a cucire;
le Aulas Rurales Móviles, create nel
1966 in Messico per insegnare in 55.000
villaggi isolati. I maestri itineranti aiutano anche le popolazioni a risolvere i
problemi d’igiene, trasporti, ecc.
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiit
La “giustizia”
brasiliana
SAo Paulo (aclista). - Il detective Sergio
Fleury, uno dei fondatori del famigerato
« squadrone della morte » è ancora in libertà,
nonostante già da due mesi sia iniziata a carico suo e di altri 15 poliziotti (tutti accusati
di assassinio) un’inchiesta giudiziaria del tribunale di Sào Paulo. Fleury e camerati continuano e svolgere indisturbati le loro mansioni di caccia agli esponenti democratici brasiliani. Com’è noto, Fleury è stato uno dei
responsabili delle operazioni che hanno condotto all’assassinio (li Carlos Marighela e di
Joaquin Ferreira Camara.
NOVITÀ CLAUDIANA
GUIDQ FUBINI
VERA PEGNA
ALDO VISCO-GILARDI
Israele Palestina:
una scelta diversa
Prefazione di Aldo Comba
(«Nostro tempo», 8), pp. 172,
ili., L. 1.600
Con estremo scrupolo di obiettività due ebrei ed un protestante
tentano di dipanare la matassa
mediorientale. In Palestina come altrove « solo la pace è rivoluzionaria ».
Via S. Pio V, 18 bis - 10125 Torino
c.c.p. 2/21641