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Anno IX — N. 17. Il SERIE l'> ,SiiTTE.MnRK 18C0.
LA BUONA NOVELLA
GIORNALE DELLA EVANGELIZZAZIONE ITALIANA
-vy\AA/X^§XAA/v^
Seguendo la verità nella caiità. — Efes. VI. 15.
PREZZO DI ASSOCIAZIONE ; LE ASSOCIAZION^ SI niCEVONO
Per tostato [franco a destioiusiODe]____£. 3 00 ; In Toaisoatt’UfEzio del Giornale, via del Principe
Per la Svizzera e Francia, id........... „ 4 25 s Tommaio dietro il Tempio Taldese.
Per r Inghilterra, id................... „ 5 50 i Nelle Provincie per mezzo di franco-bolli po
Per la Germania id................... „ 6 50 < stali, che dovranno essere inviati fi-anco al Di
Non si ricevono associazioni per meno di un anno. ? rettore della Buona Novella.
AH’eatero, a’ seguenti indirizzi ; Parigi, claUa libreria C. Meyrueis, me Rivoli ;
Ginevra, dal signor E. Beroud libraio ; Inghilterra per mezzo di franco-bolli
inglesi spediti franco al Direttore della Buona Novella.
SOMMARIO
AtlmlUà: Una voce dalla Sicilia — Varietà : Una voce fraterna dalla Germania — Bihliosrrafia :
Essai sur l'avenir de la tolérancc, par Ad. ichoeffer. Paris, — C'orrispondmm fimr/mlina, III —
^Totitie Tdigiote —
ATTlAIilTA
UNA VOCE DALLA SICILIA
Egregio signoi-e,
Un più attento, e piiì coscienzioso studio del Vangelo e della storia
della Chiesa Cristiana, come anche gli ingiusti ed iniqui procedimenti della Chiesa di Roma verso l’umanità, in opposizione aperta e
continua colla divina parola, mi hanno fatto rinunciare da piiì anni
a quelle dottrine Papistiche che ho considerato come il prodotto
successivo dei secoli di barbarie e d’ignoranza.
Per amore del vero e della santa religione di Cristo, io desidero
che il clero d’Italia imitando lo stesso esempio, si sprigioni una volta
per sempre da quei lacci seduttori del Vaticano, dischiuda gli occhi
finalmente alla verità, e tutto riunito e compatto sveli la menzogna
8 l’errore del Cattolicismo romano, e si ravvicini sempre piiì a quei
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pastori evangelici, die portano in trionfo il Cristianesimo decretando
la eterna caduta del Papato i>er formare un solo greggie ed un sol
l)astore ch e Cristo infallibile.
I tempi pare sieno abbastanza maturi per una tal opera e per
sperare in Italia il prossimo risorgimento del vero Cristianesimo, che
fino al terzo secolo si mantenne incorrotto per cura dei Vescovi cristiani, e che indi dal quarto secolo in poi per l’ambizione e l’orgoglio
dei vescovi di Roma andò mano mano sformandosi finche si giunse
a quella pazza idea di formare nel mondo una nuova potenza universale (l’assolutismo religioso) non mai sognata da Cristo, mal
sofferta dai popoli inciviliti e sostenuta solamente delle mene segrete
del Gesuitismo e dall’ignoranza abituale del clero.
Tutti i dritti e privilegj che la legge evangelica e la pratica delle
prime Chiese cristiane aveano impresso nel Sacerdozio e nel popolo,
sono stati svergognatamente usur}iati dai papi, e dalla Chiesa romana. Con tuttociò i papi e la Chiesa di Roma hanno avuto tale
destrezza, ed hanno usata tale astuzia da mautenere, e popolo e Sacerdozio in una perfetta ignoranza dei propri dritti, talché non solo
dall’uno e dall’altro si è conservato un perpetuo silenzio sul richiamo
dei dritti concessi dal Vangelo e dalle prime istituzioni cristiane, ma
è tale anche al dì d’oggi la cecità dei sacri Ministri che sieguono
ancora Le rancide dottrine romane, che non reputano a vergogna
d’inchinarsi riverenti verso chi li spoglia, verso il bastone che li
percuote, e ciò non tanto per umiltà evangelica (come essi potrebbero
scusarsi), ma per viltà, per ignoranza, per invecchiate abitudini, per
ambizione, per depravazione di costumi, e direi anche per una specie
di apatia e di letargo che regna nella massima parte del clero romano. Spero però che la grazia di Cristo scenda finalmente a penetrare negli animi di tutti i sacerdoti d’Italia, e che l’attuale movimento Italiano segni un'era novella per la politica e pel Sacerdozio,
e col risorgimento dei popoli e della civiltà, trionfi in Italia il Cristianesimo, e si atterri úna vqlta per sempre quella tenebrosa curia
romana apportatrice sempre di sventure, di oppressioni, d’infamia al
mondo cristiano, e principalmente ai popoli della penisola.
Al movimento dei popoli, italiani, al buon volere degli ottimi sacerdoti, al crescente progresso delle nazioni, desidererei però che si
accoppiasse lo zelo ed il franco e decisivo procedere dei governanti
sullo scrollamento d’istituzioni superstiziose, e sull’ abolizione di
credenze, che non possono più reggersi in faccia ai loro sudditi dotati
di buon senso e di logica. L’incivilimento (bisogna confessarlo) pro-
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cetle lentamente nella nostra Italia, particolarmente in fatto di religione. Fa in verità maraviglia dietro tante innovazioni e riforme
attuate da nn secolo a questa parte negli ordinamenti civili dei popoli
vedere l’Inghilterra ed il Piemonte nazioni libere nello stato di silenzio, e d’inazione, prive di energìa e di zelo nell’abbattere quelle
istituzioni e credenze che a vergogna dei popoli ed a discapito della
religione si mantengono ancora in vigore dopo dodici secoli nel centro
d'Italia e nel mondo cristiano. Sembra pur vero dire che quella gran
città che fu spettacolo alle genti e maestra alle nazioni fosse stata
abbandonata da Dio e dagli nomimi, e come l’antica Gerusalemme
dubito sarà fatta ludibrio allo sdegno di chi impera nel cielo e nella
terra per le scelleranze dei ministri che la governano. Quella gi’an
città da dove partiva la sapienza ad illuminare i popoli, altro non è
stata da piiì secoli che la fucina infernale intenta sempre a costruire
nel silenzio del Vaticano nuove seduzioni, e nuovi inganni a danno
della religione e dello Stato. In quella gran città ove tuonava la
tremenda voce di Tullio e di Bruto in difesa della giustizia e della
patria, altro non odonsi che le bestemmie di Pio, deU’Aptonelli, e di
tutta la schiera dei Cardinali e dei prelati intenti tutti ad incatenare
la patria e le coscienze, a spargere nel mondo cristiano il seme della
discordia e della diffidenza, e fingendo di vestirsi di sacco e di cilicio
per compiangere i traviamenti veri o supposti degli uomini, non si
avvedono che agli antichi, aggiungono nuovi delitti, e lungi di calmare
la collera di Dio contro i supposti delitti dei popoli, si affrettano a
fare scaricare le divine vendette contro le loro iniquità, ad accrescere
la miscredenza, ad allontanare dall’animo dei veri credenti la fede di
Cristo. Il Papa con tutta la sua rea congrega dei Cardinali e dei
Vescovi pare abbiano perduto il senno. Essi spiegano la loro cura e
il loro studio sopra i canoni che stabiliscono le loro rendite, i loro
dritti, i loro privilegj. Poco s’interessano dello studio del dritto dei
popoli e della divina parola che tutta è diretta ad insegnare, e raffermare negli uomini la reciproca dilezione dei fratelli sconosciuta intieramente alla Corte di Roma, e se qualche brano delle divine Scritture cade sotto i loro occhi si studiano di dar quelle tinte, e quelle
interpretazioni che sembrano più confacenti alle loro ambizioni, ai
loro falsi istituti, ai loro tristi procedimenti. Questi falsi settarj han
perduto (replico) il loro senno, c nella cecità delle loro passioni non
prevedono a quai mali, a quali sventure già si prepara ¡ler mezzo
loro il Cristianesimo. Questi ipocriti farisei suppongono che gli uomini vivono ancora in mezzo alla barbarie del medio evo, e procu-
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rano or di atterrirli colla scomunica e coi tremendi castighi da loro
invocati al padre celeste, or di adescarli colle indulgenze ed altre
spirituali concessioni, ma lo spirito dei popoli non è più immerso nel
bujo dei secoli di mezzo allorquando imperatori e popoli tremavano
dinanzi la bocca anatematizzante del Vescovo di Roma. La benda è
già caduta dagli occhi dei popoli ; e dalla più profonda oscurità degli
abissi, han passato al più luminoso e risplendente meriggio da dove
ognuno può contemplare la verità e l’errore vai quanto dire la giusta
legge di Cristo e la falsa legge dai Papi e dai Concilii.
Il potere civile o temporale del Papa è oggi combattuto da ogni
buon cittadino d’Italia. Questo potere temporale che i Cardinali, ed
il clero romano colla solita sua ignoranza ed impudenza non vergognei-ebbe di annoverare tra i Dommi della religione, cadrà senza
dubbio come già è caduto per decreto della pubblica opinione. Ma
cadrà ella pure la sua potestà religiosa o spirituale? Spero che i popoli italiani di accordo col più illuminato clero d'Italia e colle sagge
istituzioni di un Governo uno, libero, e possente mercè lo svolgimento
del Vangelo e della Storia riguarderanno di non minore importanza
quest’altra ultima potestà più arbitraria, più usurpatrice, più inconseguente della prima; che entrambe le potestà emanando dallo stesso
principio, ed impiegando gli stessi mezzi per intronizzarsi, subiscano
la stessa fine.
È questo il voto d’ogni buon cittadino, d’ogni vero cristiano d’Italia,
e questo dovrebbe essere il voto dei più onesti sacerdoti amanti del
vero Cristianesimo; come anche lo stesso voto dovrebbe professarsi
da quel Governo che uno, libero e possente sarà chiamato a reggere
le parti dei popoli italiani e mantenere pure incorrotta la fede di
Cristo.
Così ritalia avrà pace, libertà, religione vera, non falsa.
N. S.
Sacerdote in Palermo.
TARIETA
UNA VOCE FRATERNA DALLA GERMANIA
I cristiani, a qualunque nazionalità appartengono si sentono fratelli, perchè figli di un medesimo padre che è Dio, riscattati da un
medesimo Salvatore G. C.; ed eredi di una medesima speranza. Di
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questa verità ci pongono prova consolante i due indirizzi die qui appresso pubblichiamo, mandati, ai Cristiani Evangelici d’Italia, il
primo dal Sinodo della Provincia di Westfàlia (Prussia) ed il secondo, dalla Società Evangelica che ha la sua Sede a Dusseldorf
(Prussia Renana). Si assicurino i cari nostri fratelli d’oltrc Reno, che
la loro voce riuscirà gradita a quanti, nella nostra penisola, invocano
con sincerità il santo nome di GT. C. e che ci sarà spinta potente
non che a perseverare a progredire nella fede, il desiderio di renderci
sempre piii meritevoli dell’approbazione della simpatia dei Cristiani
della Grermania. — Ecco ora i documenti in discorso.
La grazia e la pace di Dio Padre, e del Nostro Signor Gesù Cristo sia con
voi tutti ! — A men.
La Chiesa Evangelica di Germania udì con gran gioja e con viva riconoscenza verso Iddio, che la confessione del Vangelo con tutte le sue benedizioni si apre di nuovo una via nelle benedette contrade d’Italia. Quanti'
sanno, e credono di cuore, non potersi ottener salvezza nè colla tradizione
degli uomini, nè colle opere di giustizia, ma solo colla gi-azia del nostro
Signor Gesù Cristo, la qual grazia noi riceviamo mediante la fede, con un
amor riconoscente, benedicono il Dio vivente perchè ora ha fatto risplendere
la luce del suo Vangelo anche neUa Chiesa d’Italia.
Noi lo supplichiamo, onde si degni rinfrancare i nostri fratelli nella verità
affinchè la fede comune sia fortificata mediante la cognizione di tutti i beni
che noi abbiamo in Gesù Cristo, cioè i frutti dello Spirito.
Voglia il Signore concedere a tutti i cristiani evangelici d’Italia la pazienza, e l’ajuto onde abbisognano nelle loro prove attuali; voglia altresì
stendere su di essi il suo forte scudo, e far crescere la loro comunità in
grandezza, ed in felicità; ma sopratutto infonda nei loro spiriti ogni cognizione e virtù, per cui possano avere buona testimonianza di sè presso coloro
che son fuori della Chiesa, ed acquistarsi un grado onorevole, la corona di
giustizia, e la vita eterna, che il Signore ha promesso a tutti quelli che lo
amano.
Noi vi mandiamo un saluto per mezzo del nostro amatissimo compagno
di travaglio nell’Evangelo, il Pastore Disselhoff di Kaiserswertli.
In nome del Sinodo provinciale di Westfaglia, regno di Prussia.
Gerelsberg, provincia di Westfaglia
il 30 luglio 1860
Il Presidente
Ptistoi-e D'" Albert
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La Società evan^gelica di Dusseldorf invia unfraterìio saluto agli evangelici
d’Italia I
Non havvi forse in questo istante un uomo, il quale gettando uno sguardo
suIl'aYvenire, sia capace di misurare l’importanza de’ gravi a\T"enimenti,
ohe manifestaronsi in questi ultimi anni mediante i movimenti dei popoli
della penisola d’Italia. In realtà essi tornano opportuni più cte mai a ricordare questa esortazione dell’Apostolo non solo ai Valdesi delle Alpestri vallate, sì celebri pei loro eroici combattimenti a vantaggio dell’avita fede, ma
eziandìo alle rimanenti famiglie e comunità evangeliche sparse ovunque, le
quali sono sfuggite alle più crudeli persecuzioni; come pure ai novelli germogli del puro evangelo de’ nostri tempi. « Vegliate, state fermi neUa/etie,
portatevi virilmente, fortificatevi ! T) (1 Cor. xvi, 13).
Nel mentre noi ci rallegriamo nel veder la mano del Dio Onnipotente
levarsi per consolare e proteggere i suoi santi, non possiamo disconoscere
eziandìo i pericoli che ci ponno essere nell’attuale situazione pei veri confessori deU’Evangelo in Italia, e specialmente perchè, sentendosi spinti da
uno zelo impaziente, vorrebbero coadiuvare aU’esecuzione dei giudizj di Dio
cui il Signore sembra aver loro affidato di compiere sui suoi nemici. H
perchè noi ameremmo ricordar loro quest’altre parole del medesimo Apostolo, « Vegliamo, e siamo aohrii ! (1 Tess. v, 6).
Se i vostri ferri sono caduti, se le vostre catene furono spezzate, se i nemici deU’Evangelo sono dispersi, usate di questo tempo prezioso della libertà,
di cui non possiamo misurare la durata, neU’annunciare colle vostre parole ed
azioni le virtù di Lui che ci chiamava dalle tenebre alla sua maravigliosa luce.
Voglia il nostro Capo Comune, il nostro Signore, e Salvatore Gresù Cristo
farvi divenire di più in più la generazione eletta, la nazione santa, i sacrificatori ed i Re, il popolo d’acquisto del Nostro Iddio e Signore! Voglia
Egli in quest’ Italia, bagnata e tinta col sangue dei martiri, far rifiorire
un nuovo popolo di Dio, che sia felice nella grazia del suo Signore, che rinunci al mondo, e che nel silenzio, nell’umiltà, nella pazienza, nella fede,
nella speranza e nella carità si conduca quaggiù come conviene a cittadini
del cielo, ed abbia pace sulla teiTa.
Noi abbiamo incaricato il nostro caro ed amatissimo fratello, il Pastore
di Disselhoff Kaiserswerth, neU’atto che gli consegnammo questo scritto, di
far presenti i nostri saluti ai fratelli Evangelici d’Italia, e di essere l’interprete del nostro amore in Cristo.
Che la grazia sia con tutti quelli, che amano il Sigaor nostro con purità.
Dusseldorf, il 9 agosto 1860. Amen!
Il Comitato della Società Evangelica
J. Grabbek, Pastore di Meiderich, Presidente.
Natokp, Pastore di Dusseldorf, Secretarlo.
H. G-okinq di Dusseldorf.
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BlBIilOGRAFIA
Essai sur l'avenir de la tolérancc, par Ad. SchœJ'er. — Paris 1859
Signor Direttore.
Ho letto con attenzione e diletto il libro del dottore Schæffer sulla tolleranza e vi mando le osservazioni che ritrassi dalla lettura di un’operetta
che vorrei raccomandata ai vostri lettori, non solo, ma soprattutto a chiunque brama ed affretta col braccio e colla mente la rigenerazione morale e
religiosa dell’Italia. Le quistioni infatti che l’autore viene trattando cou
acume di critica, con ordine, con lucidità di stile, con sincerità di con^anzione e con profondità di sentimento, sono così intimamente collegato con
gli avvenimenti attuali e gl’ interessi avvenire del nostro bel paese, che
troppo da lamentarsi mi paro il silenzio prolungato dei valenti nostri pubblicisti intorno ai limiti cd all'indole della vera tolleranza. Ringraziando il
signor Schæffer deU’ansa che ci porge di occuparci di una materia o trascurata o mal conosciuta al di quà delle Alpi, facciamo si che i portati
della cri.stiana e filosofica dottrina di lui tronno presso i fautori del nostro
progresso morale un’accoglienza ben meritata.
Un’ oratore che conoscete diceva con ragione, pochi mesi addietro, esistere, fra i liberali italiani, come una parola d'ordine, di non ventilare, per
ora, gli argomenti religiosi per tema di compromettere la stessa libertà politica di cui, in primo luogo abbisognamo e per conservare quell’unità esteriore nelle credenze e nel culto che da tanti secoli, contraddistingue la
culla del cattolicismo. La Buona Novella non è da tanto di rompere e far
dimenticare questa parola d’ordine ; però, ha sempre colto ogni propizia
occasione per protestare contro una parola d’ordine che subordina sistematicamente la ricerca del vero alle esigenze della politica ed ai calcoli di un
patriottismo più vivace ed operoso che prudente ed illuminato. L’esame
del Saggio Sull’Avvenire della tolleranza ci porgo di bel nuovo il destro di
far sentire ai cari nostri concittadini quanto prezioso sia l’acquisto della
verità religiosa e sotto quali condizioni gli animi si volgano alle investigazioni religiose senza perturbazione anzi col sommo vantaggio del progresso
politico della nazione.
Ma senza più dilungarmi in considerazioni chc anticiperebbero sidle cose
da dirsi ulteriormente e per mettere un po’ d’ordine in questa mia povera
critica, mi proverò, in primo luogo, a fare un sunto ristretto ma fedele, del
libro : e poi toccherò di alcuni punti più rilevanti dai (juali spero trarre
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qualche utile insegnamento. Cosi cercherò di scansare l’inconveniente nel
quale incorse il Louis Jourdan nel Siede del 17 Agosto, quello cioè di sconoscere, in parte, il pensiero dell’autore.
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Il libro comprende cinque capitoli, con due appendici e pare scritto per
mettere in pratica il motto che leggesi sulla prima facciata e che l’autore
tolise dal Montógut: “ Destate il senso delle cose divine, voi tutti che avete
“ una yoce per favellare ; destatelo con modi onesti ed imparziali, senza
“ spirito di setta. ” Il primo capitolo s’intitola: “ La tolleranza e la ragione. ” In esso l'autore svolge i principii che sono un portato del Vangelo, come della ragione umana ed una necessità dell’odierno vivere civile
dei popoli.
Questi principii sono: la separazione della Chiesa dallo Stato, la libertà
piena ed intera da accordarsi alle varie confessioni sotto la tutela del diritto comune e della giustizia, e l’intervento dello Stato per reprimere ogni
società che sotto il velo della religione, tentasse di far prevalere l’intoUeranza od una massima morale in contraddizione assoluta colla coscienza dei
popoli civili.
Data l’esistenza simultanea delle varie confessioni cristiane nei paesi
inciviliti, conviene cercare il mezzo di mantenere fra loro la pace, e di far
sì che le discordie civili non si coprano del velo venerando della religione.
Ora il solo mezzo per ciò ottenere si è di considerare ogni chiesa particolare come ima società religiosa cui spetta il diritto di ammaestrare e di
governare le coscienze di chiunque dichiara farne parte. Il diritto civile
dello Stato cessa laddove comincia quello della coscienza. L’intoUeranza
vera è l’intolleranza civile, l’intoUeranza cioè in forza della quale, lo Stato
dà l’appoggio del suo potere materiale ad una Chiesa per dominare le altre
e signoreggiare le coscienze con mezzi estranei alla sua natura ed al suo
scopo.
Innumerevoli sono i mali che da siffatta intolleranza, come da fonte impiu-a scaturiscono. Essa è cagione dello scadimento delle nazioni come ne
fanno fede i destini dei popoli appo i quali la compressione della libertà
religiosa ebbe per necessaria e fatale conseguenza la compressione d’ogni
altra libertà. Essa poi è pericolosa per la causa di coloro stessi che l’adoperano, poiché, nell’instabilità dei rivolgimenti umani può accadere che gli
uomini, stanchi degli eccessi del partito intollerante , rivolgano a suo
danno, le armi che esso partito baldanzosamente brandiva nei tempi della
sua dominazione.
L’intolleranza è sommamente immorale poiché produce, senza fallo, l'annichilamento morale nelle anime di tempra meno generosa cui conviene
piegarsi alla ragione della forza, anziché alla forza della ragione, e sviluppa,
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aumenta ed aguzza tutti gl'istinti perversi in coloro che figli e seguaci di
un sistema d'intolleranza si avvezzano a non aiTOSsire mai nò ad indiziare
nella scelta dei mezzi che ai loro fini più presto conducono.
Finalmente l'intoUeranza è il maggiore ostacolo che si opponga al trionfo
della verità religiosa. La verità religiosa non si ottiene cogli stessi metodi
che le verità di ordine fisico o matematico. Per conseguire la verità religiosa, non basta il puro raziocinio; conviene ascoltare la voce della coscienza e i più nobili sentimenti del cuore. Se molti fedeli con fiducia infantile seguono il sentiero ishe i ministri loro insegnano, se la gran maggioranza dei membri delle varie Chiese vi rimane, non già per convinzione
ragionata, ma per motivi di abitudine o d'interesse, i migliori vorranno
avere e professare uua fede che sia il portato delle assidue loro mejlitazioni,
di un accurato esame di una lunga esperienza fatta col cuore e colla coscienza. Ardua, penosa, lunga è la via che mette l’uomo in possesso della
verità; lento è il progresso religioso, e vivi e serii combattimenti si richieggono da chi vuol trionfare dcU'en-ore e del peccato; epperò nissuno ha il
diritto di vietarci la nobile ed ardimentosa inchiesta; nissuno può pretendere alla prerogativa di regolare il nostro viaggio se non se con l’autorità
del sapere e l’efficacia della persuasione. Agli apologisti di Roma che vantano la famosa unità della Chiesa, l’autore rammenta come sia fittizia ed a
qual prezzo si ottenga cotesta unità, come sia più rigogliosa la vita religiosa
più soda e più sincera la moralità nei paesi dove i codici consecrarono la
libertà di coscienza e di culto. Che poi le sètte religiose non siano tanto da
paventare, l’insegna l'esempio dell’Iughilterra e dell’America dove si sono
moltiplicate senza danno, anzi con vantaggio della morale attività,
Ed in ogni caso “ questa immensa varietà di sette, che come si pretende
“ nascono dalla tolleranza è un male minore e meno vergognoso pel cri“ stianesimo che non i massacri, i patiboli, le dragonate e tutti i crudeli
“ supplizii, con cui la Chiesa romana cercò di conservare l'unità, senza
“ venirne a capo. ”
I fautori deU’intolleranza non ammettono che la verità sia da cercarsi;
dicono di possederla come un privilegio esclusivo e di avere inoltre il diritto di farla accettare da tutti, coi mezzi della parsuasione, se si può, o
ricorrendo alla violenza quando trattasi di vincere l'ostinatezza dei ribelli.
“ Più modesti assai sono i partigiani della tolleranza. Essi pensano che
“ l'assoluta verità non si trova che in Dio. Quindi che, questa verità cs“ sondo spirituale, solo lo spirito è qualificato per concepirla prima e poi
“ per diffonderla. Si è col raziocinio, colla persuasione, coll'esempio che
‘‘ essi tentano di propagarla. Chiamano l'intera umanità ad una santa lega
“ colla parola d'ordine Discussione ed hnparzialità. Non invocano il braccio
‘‘ della giustizia se non per reprimere il delitto; coloro che s'ingannano,
“ essi dicono, vanno illumiuati, nou puuiti. ”
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Assoluta è e dev’essere la tolleranza, come assoluta eziandio^ è l’intolleranz#che a ragione venne detta il diritto delle tigri.
L’unico limite, la sola eccezione da mettere al pieno esercizio della tolleranza è di frenare e punire come sovversiva, immorale, antisociale e delittuosa l’intolleranza stessa, qualora tentasse valersi della legge di libertà
per soffocare il diritto comune e sconvolgere la società. In questo caso ma
solo in questo caso, spetta allo Stato d’intervenire all’eifetto di reprimere
l’intolleranza come ogni attentato alla vita, alla tranquillità ed ai costumi.
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Nel capitolo secondo “ La tolleranza ed il Vangelo ” l’autore dimostra
facilmen^ in poche facciate, come gl’insegnamenti e l’esempio di Cristo e
degli apostoli colpiscano di giusta e severa condanna l’intolleranza qual
frutto deH’cgoismo e dell’orgoglio. Le massime, i consigli tanto frequenti
che fanno della mansuetudine, deU’umiltà, dell’amore, lideale cui di continuo anelare dobbiamo, sono più conosciuti cd ammirati che praticati; ma
la divina persona del Salvatore ci presenta tale uno specchio di perfezione,
da strappare persino all’incredulo Voltaire queste parole di rispetto e di
ammirazione.
“ Gesù Cristo non prorompe neppure contro Giuda che stà per tradirlo;
“ egli vieta a San Pietro di usare la spada; egli riprende i figli di Zebedeo
“ i quali, dietro l’esempio di Elia volevano far cadere il fuoco' dal cielo su
“ di una città che non aveva voluto albergarli.
“ Finalmente, egli muore vittima deU’invidia. Se osiamo paragonare il
“ sacro col profano, un Dio con un uomo, sua morto, umanamente par“ landò, ha parecchi punti di somiglianza con quella di Socrate. Il filosofo
“ greco perì per l’odio dei sofisti, dei preti, e dei personaggi più cospicui
“ del popolo: il legislatore dei cristiani soggiacque aU’odio degli scribi, dei
“ farisei e dei sacerdoti. Socrate poteva scampare dalla morte e non volle
“ farlo; Gesù Cristo vi si offerse volontariamente. H filosofo greco non solo
“ perdonò ai suoi calunniatori cd agl'iniqui suoi giudici, ma li pregò di
“ trattare un giorno i proprii suoi figli come lui stesso, nel caso che avcs“ sero la fortuna di meritarp il loro odio al par di lui; il legislatore dei
“ cristiani, infinitamente superiore, pregò il suo Padre celeste di perdonare
“ ai suoi nemici. ”
Conviene aver smarrito ogni senso di moralità e. di giustizia per trovare
negli atti o nelle parole di Gesù Cristo e degli apostoli il minimo pretesto
di fanatismo o d’intolleranza, tale è la tesi sviluppata in questo secondo
capitolo, e negata o falsata solamente dall’ignoranza o dalla malvagità dei
tristi.
( Conliniia )
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CORRISPONDENZA FIORENTINA
III
Caro fratello,
La folla che udiva, e applaudiva furiosamente il Modena l’altra sera, si
riduceva insomma a poche centinaja di persone, e tutte istruite, cioè prevenute, 0 come direbbe un redattore della Stella, guaste dai pvtreolenti
miasmi d'una pervertita città, dalla lettura di em^ij giormìi, dalla vista
quotidiana di svergognate caricature, — ben sarebbe studiare lo spirito del
paese nel popolo ancora intatto, e se possibil fosse, lontano dai grandi centri di civiltà. E come un frate, piuttosto di garbo, percorse pochi anni sono
le campagne toscane in traccia di nuove parole, di nuovi modi, e frasi della
lingua italiana vivente, così girare di qua, di giù, di sù per vedere e scrutare gli eifetti pratici del cattolicismo romano nel popolo, e lo stato vero de’
preti.
Con questi intendimenti profittando della stagione non eccessivamente
calda, e prese dall’amico le debite informazioni, e una lettera, partii giorui
sono per un paesetto assai lontano dalla capitale. Fino ad un certo punto
della strada andai in carrozza con altri, e non potei studiar nulla; ma giunto
a C. 31. dovei prendere un calesse come qua li chiamano, a due rote. La
strada era composta di scese precipitose, e di ripide salite : o erta, o china,
mi disse nel suo linguaggio inconsapevolmente elegante, il mio conduttore :
piano, mai.
L’uomo era cortese, e loquace: proprio il mio caso. Io entrai in materia così :
“ Quante anime farà C. M. ? ”
“ Circa due mila. ”
“ Voi, ci siete nato ? ”
“ Sì, signore ”
“ Ci state volentieri? ”
“ Altro! E un luogo perbene, sa ella! E tutti siamo come una famiglia. ”
“ Non vi sono partiti? ”
“ Siamo tutti d’un volere ”
“ Ditemi, scusate : codini, o liberali ? ”
“ Liberali tutti, se Dio vuole, Ma di queste cose nel mio paese ce ne
occupiamo poco. ”
“ E i preti? ”
“ Anche quelli, la guardi, per quel che fa la piazza, non ci possiamo lamentare. Il Proposto dà il buon esempio : guarda al fatto suo, se ne sta a
se : casa, e Chiesa. Chiosa c casa ; e il resto del clero fa come lui. Oh se
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tutti i paesi da noi fossero come il mio, ci sarebbero tanto meno scandali,
€ birbonate ”
“ Quel che mi dite, m’interessa molto : son capace al ritorno di fermarmi
a C. M. e restarci qualche tempo. ”
“ Bravo ! Farà molto bene. Io gli farò conoscer tutti, lo condmTÒ in casa
mia.....
“ Avete famiglia?
“ Moglie, e quattro bimbi ”
“ Vi volete bene? ”
“ La mia Cica ! (1) Son dieci anni che siamo marito e moglie, e mi pare
il primo giorno. ”
“ Che professione fa? ”
“ È la maestra del comune. ”
“ Oh ! mi rallevo. Subitochè le hanno dato questo impiego, vuol dire chc
gode la fiducia del paese. ”
“ Lo credo io. Di quelle donne, non starebbe a me il dirlo, ma non se
ne trova. Lei istruita, lei brava pei lavori di donna, e poi quel che più conta
an timor di Dio ! ”
“ Sarà devota, eh ! ”
“ Altro ! Ogni giorno alla messa ; la sera quando io sono a casa, diciamo
insieme il santo rosario ; lei ogni mese fa le sue devozioni, io che són sempre qua e là ci vo più di rado : in casa nostra una parola scorretta, o una
bestemmia non si sento. ”
“ Ma bravo, davvero! Voi siete la perla dei vetturini. Per solito son
tanti sacchetti di vizj : vino, donne, e bestemmie a tutt’andare. ”
“ Senta, qui negli Stati del Papa, non sono molto è vero, v’è la peggio
stirpe dei vetturini e de’ baroccini ; e le bestemmie le scavano di sotto terra,
ma qui da noi, quando si abbia a dii-e, non c’è tanto male ”
“ Siete pratico di quei luoghi? ”
“ Come della Toscana : Montefiascone, Viterbo, quelle parti le conosco
a menadito ”
E lì bestemmiano molto, eh ! ”
“ Gesù Maria ! le sentisse ! La meglio parola è p____Papa ”
“ Io non capisco : tutti quelli che sono stati là in quei paesi si accordano
a dire che non c'è religione ; e che le bestemmie le più orribili sono frequentissime. ”
“ È ut» fatto. ”
“ 0 come mai? dove domina il Vicario di Cristo, un Dio in terra, non
si dovrebbe sentire una parolaccia ; dovrebb'essere come un convento di
monache. ”
.(1) Abbreviativo di Buiitiico
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“ Che vuol che le dica? Il fatto 6 questo, io non so altro. ” —
A questo punto, parendomi che la conversazione andasse ad illanguidire
uii chetai ; cavai di tasca un libro, e. mi misi a leggere. Avevo portato
meco il pellegrinaggio del crLstiano di Bunyan tradotto in lingua Toscana,
e nel corso di sei anni ristampato ben quattro volte : ultimamente a Nuovi»
York in «dizione graziosissima con belle incisioni. (1) Un po’ leggevo, un
po’ pensavo : Ecco qui, l'animo di quest’uomo dabbene è chiuso affatto alle
dottrine di vita che si predicano in questo libro maraviglioso ; vicino ai preti,
lontanissimo dal Vangelo ; tuffato nelle cisterne di fango, ei non pregusta,
non sente neppure il bisogno di spegnere la sete sua naturale nell’acqua
Onde la femminetta
Saniaritana dimandò la grazia ;
tutto quello che io, così di punto in bianco, potessi dirgli sull’opera di Cristo nella salvazione, sul valore nullo deUe opere, o non lo intenderebbe, o
ne rimarrebbe scandalizzato. Se ora, interrompessi il suo dialogo a solo col
cavallo, e gli dicessi : Sai, amico mio, ho una nuova da darti : tutti quei
rosarj, quelle messe, quelle confessioni, quelle comunioni non valgono neppure un mezzo centesimo per mandarti in Paradiso; d’innanzi a Dio per
quanto tu le abbi fatte con buona intenzione, son come un cencio Sudicio,
e niente più. — Apriti cielo ! Mi prenderebbe per un matto, o per un birbante, e forse gli verrebbe voglia o di farmi ribaltare, o di piantanni qui
fra queste querele solitarie.—Acqua in bocca dunque, e occhio alla penna.
(T) Il Pellegrinaggio del Cristiano tradotto dall’inglese di Bunyan, Nuova-York
pubblicato dalla società americana de’ trattati. — Questa traduzione, prima italiana, si deve a qtiello stesso che ha voltato dall'inglese il trattato di Aonio Paleario, e tradotto pure e commentato la Lucilla, stupendo libro di Monod, del quale
nell’anno decorso fu stampata una nuova edizione con molte correzioni, aggiuntisi
Les adicux dello stesso autore francese. Non sarà inutile aggiungere che del Paleario
ne fu scoperta una veraione inglese nel 1847 dal Rev. Ayre, il quale innamorato (son
parole della prefazione premessa alla pubblicazione dell'originale ultimamente sco
perto dal S. Babingtcai) alle sane dottrine che cmtimeva mila giustificazione pel sangue di
Gesù, ne raccomandò la ristampa alla Società dei trattati di Londra: ciò che avveniva nel
1847. Immediatamente successero due volgarizzamenti italiani fatti sull'inglese: l’uno dett’eiprete A. pubblicato in Pisa nel 1849 nel mese di gennaio; Faltro dalla penna più, abile e
più fedele del S. B. che comparve alla luce nel marzo dello stesso anno, con Ui data di Firenze e che insieme colla traduzione della Lucilla del Sig. Monod eseguita dallo stesso scrittore, rimarrà ad eguagliare Voriginale in purezza di stile. V. trattato utilissimo del Beneficio di G. C. crocifisso verso i cristiani, opera di Aonio Paleario, ristampato sull.^
copia dell’originale italiano esistente nella libreria del collegio di S. Giovanni in
Cambridge; ed ora per la prima volta emendato dagli errori d’ortografia, e dato in
luce con un discorso sulla vita e le opere dell’autore. Edizione stereotipa. Torino, 1860.
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fi daU’altro canto, proseguivo a pensare, se questa, qualunque siasi, credenza, contribuisce a render morali gli abitanti di queste campagne, ove
difficilmente, per ora almeno, potrebbe avere accesso altro dottor di moralo
che il prete, non sarebbe cosa improvvida, anzi crudele tentare di rovinarla,
e distruggerla? Quando avessimo levato con ragionamenti ed ironie, dallo
anime di queste buone persone il cattolicismo, cosa mai ci resterebbe ? Non
vi sarebbe egli pericolo che insieme colla corona del rosario, costoro buttassero via Cristo crocifisso ; e colla fede ne’ santi, partisse pure dall’anima
loro la fede in Dio ? ”
Questi e simili pensieri lai giravano per la mente, quando il vetturino,
che per allegcrire il calesse ad uua forte salita era sceso, rimontò, e riprendemmo a camminare con qualche prestezza.
Eravamo poco lontani dal paesetto ove io voleva rimanere, quando ad
un tratto il cavallo comincia a versare sudore da tutto il corpo : il vetturino
10 nota, ma l’attribuisce al caldo della giornata, e rallenta un poco il passo.
Poco dopo la bestia si ferma repentinamente, e come forzata nella briglia
si rizza sui piedi di dietro, stringendosi con moto convulso alla pancia le
zampe davanti. Il vetturino scende spaventato, e invita me pure ad imitarlo ; il cavallo si rimette in positura naturale ; ma da lì ad un momento
ripete quel moto misterioso.
L’uomo diventa bianco come un panno lavato, guarda e riguarda tutti i
finimenti, allenta le fibbie, visita le girelle, chiama co’ più carezzevoli nomi
11 suo cavallino il quale è ripreso intanto da un de’ soliti accessi di stiramento convulso. Lo sgomento, la disperazione di quel pover’uomo non si
può descrivere : Che hai, eh, mimmo ? Povero mimmo che hai ? Poverino
chi sa quel che si sente : oh il mio cavallino, che è tutto il mio patrimonio !
0 sant’Antonio benedetto mi raccomando a voi! Fo voto di tenervi accesa
una candela. Oh il mio mimmo che son quattr’anni che l'bo, e non m’aveva
mai fatto niente. E ora come farò io ? Se mi s’ammala son un uomo rovinato. —
E così dicendo, lo palpava, lo accarezzava, proprio come se avesse potuto
capirlo. Io era commosso, e per la prima volta dacché son vivo, mi sentii
intenerito per una bestia. Le bestie io le amo, e non posso vederle strapazzare, ma certi sentimenti li serbo tutti per le creature umane, e non posso
sofirire certe signore chc danno i bocconi ghiotti al canino, e negano un
tozzo o un centesimo a un mendicante. In quel momento però,^a malattia
di mimmo m’interessò quanto mai.
Il povero vetturino era inconsolabile : tirava il suo mimmo soavemente
per la briglia, e con voce di pianto non cessava dall’esclamare : Son rovinato : questo è qualche malaccio. ”
Così camminando a piedi a piedi giungemmo al paese. 11 vetturino si
fermò ad una osteria, ed io con lui. Mentre stavo per entrare, ei mi tirò
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per l’abito, e tutto mutato da quello di prima, e a faccia tosta come se nulla
fosse stato mi disse : Ohe : per carità, del cavallo non gli scappi detto nulla.
“ Yi pare ! ”
E proseguì a voce più bassa guardandosi intorno : vò vedere se me lo
levo subito dai.....e l'appiccio a qualcheduno, magari con un po’ di scapito,
bell’e stasera ” —
Queste parole mi fecero l'effetto d'una rivelazione tremenda. Ecco, dicevo fra me, salendo dietro a un zotico garzone le scale della stanza a me
assegnata, ecco dove sono andate a finire tutte le divozioni, i rosari, e le
avemmarie. Pervertimento orribile di coscienza ! Questo povero infelice
tutto contento di non aver bestemmiato in tal frangente, ora forse va a
mettere in mezzo qualcuno tacendo la verità, e decantando come perfetta la
bestia ; e va poi a letto tranquillo perchè prima di coricarsi avrà detto
quelle materiali orazioni 1 Eccola in tutta la sua nudità, e schifezza l'influonza del cattolicismo pretino : Preghiere imparate materialmente a memoria, materialmente recitate, davanti ad immagini materiali : In pascolo
di sensi e di fantasìa, e non in ispirito e verità, vuole secondo i preti cattolici, i suoi adoratori Dio. —
NOTIZIE RELIGIOSE
Un con-Lspondente del Nord, giornale di Bruxelles, riferisce il detto singolare, ma caratteristico, d'un prete dei dintorni di Bassano. Questo focoso
ecclesiastico, deplorando la mala fortuna del papa, si permise di accusare
la Beata Vergine d'ingratitudine verso Fio IX cui ella va debitrice dell'o
nere della sua Immacolata Concezione (così il giornale: La vie cìirétienne).
Un giornale inglese, dice la Scmaine Religieuse, riferisce la seguente
notizia: « Garibaldi ha un figlio in un collegio protestante, presso Liverpool,
il quale è dirotto dal Dottor Poggi, uomo afiatto evangelico. » H padre separandosi dal figlio nel 1856, gli diceva: « La Bibbia è il cannone che libererà l'Italia. »
Secondo un tal detto dunque l'indipendenza che si ottiene ora coUe armi
dei valorosi nostri soldati non è ancora la vera libertà che farà felici i popoli
italiani, ma solamente un’avviamento aU’ acquisto della vera indipendenza
la quale non sarà più il frutto delle armi materiali ma bensì il prodotto
della Spada di Dio, vale a dire l’effetto della conoscenza della vera Parola
di Dio contenuta nel libro tanto apprezzato da Garibaldi. Senza questa seconda guerra (guerra pacifica) all’eiTore, al pregiudizio, al despotismo spirituale, la guerra attuale contro ai tiranni della patria avrebbe un risultato
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del tutto incompleto. Una grande opera rimane dunque da fare, culla prima
avrà il gran merito di aver preparato la via.
Un’ufficiale dell’esercito di G aribaldi ci esterna in una lettera scritta dalla
Sicilia questi medesimi sentimenti. Le vittorie di Garibaldi hanno sgombrato
e preparato il campo; ora si tratta di seminarlo.
Il corrispondente nostro, ad un tempo valente soldato di Garibaldi ed
umile discepolo di Gesù, si lagna con ragione perchè nessuno hawi cbe visiti
gli ammalati ed i moribondi negli ospedali onde portar loro quelle consolazioni che l’Evangelo solo può dare e delle quali essi hanno cotanto bisogno.
« Molti sono, dice egli, gli ammalati, e grandi le loro afflizioni, male ricoverati, mancanti di tutto, e rinchiusi che si toccano gli uni gli altri. Non
hawi persona che loro dica una parola di consolazione per le loro anime.
Mi fu detto di un soldato trovato morto che quantunque entrato da tre giorni
nell’ospedale non era stato visitato da nessuno. L’entrata però è libera e
chiunque puole visitar li malati e feriti.
I preti, nessuno li vuole più sentire, e d’altronde essi non si avvicinano
ai militari perchè non hanno danaro, ed i preti e frati non hanno cura deUe
anime, hanno solamente il cuore al danaro. Di quanta consolazione ci sarebbe in questo prezioso momento la venuta di un banditore deU’Evangelo !
In Messina vi sono più di seicento ammalati; se entro in un ospedale non
mi lasciano più uscire, tanto essi son desiderosi di sentir parlare di Gesù
Cristo. Vi sono quelli che scendono dal letto in camicia onde potermi udire
e mi chiedono libri in prestito. La Bibbia già vien letta da molti ufficiali e
soldati »
Nell’udire queUa voce che ci viene dall’esercito di Garibaldi, qual vero
cristiano non si sentirà spinto a pregare per quei prodi combattenti, per i
feriti, i moribondi, ed a domandare al « Signore della messe ch’Ei si degni
mandare operai neUa sua messe. »
Domenico Grosso gerente.
TOUTNO — Tiflografia OI.AUPIANA, diretta da Tromhi*tta