1
0 1^
isola
-ina
di espti.
:turo.,La
1 di Tai‘PPoggia
aiwan, è
Jnsibiliz.
)lica diiicato nel
il futuro
isere detaiwane1 Church
Ila Chiena petirichiesta
ì appog.
ciazione
dtari di
all’indi
profon- ;
Taiwan
più freaiwanela o che '
rticolare
lestri di
1 presbimostratenitore '
noverorima del
eduto a i
ione dei ^
constaessi re- ¡
riuniñ’1,4% vi j
(eni)
Anno VII
numero 3
del 15 gennaio 1999
Lire 2.000 - Euro 1,03
Spedizione in a. p. 45%
art. 2 comma 20/B legge 662/96
Filiate di Torino
In caso di mancato recapito
si prega restituire al mittente
presso l'Ufficio PT Torino CWfP Nord.
L'Editore si impegna a
corrispondere il diritto di resa.
tan
la molti
Dei diione sia
reta che
nbri in
enta di
di una
;orosa.
che direness
i sensiis Dei),
izia Eni
iti daloaggio
0 qualilla sua
ipolare
1 negli
bilitare
I quello
, i peri;
;r la Di
5 della
di New
1 della
to dela dove
dice -■
?,>. Uno
fluenti
-dinaie
escovo
Ite una
'elogio
la fatto
appo?"
«Vi sete - Ito
quello
Chiesa
età nel
nte pef
(enti
L'UNITA
NELLA diversità
«Vi è diversità di doni ma v’è un medesimo Spirito»
I Corinzi 12, 4
Dove lo Spirito agisce fa sorgere la
diversità. Il 2 maggio 1985 il professor Oscar Cullmann teneva, nella
Facoltà valdese di teologia a Roma,
una conferenza dal titolo «L’ecumenismo dell’unità nella diversità secondo
il Nuovo Testamento». Nell’approssimarsi della Settimana di preghiera per
l’unità dei cristiani, ho riletto questa
conferenza che è stata pubblicata dalla rivista «Protestantesimo» quello
stesso anno. Le chiese hanno il difetto
di snobbare i propri teologi. La teologia come scienza che critica costruttivamente il linguaggio della chiesa, così come ci ha insegnato Karl Barth, è
troppo spesso una chimera invece che
realtà. Credo che oggi il problema
maggiore che l’ecumenismo incontra
sia proprio questo: ascolta poco i teologi e lascia parlare troppo i burocrati
delle chiese. Il problema ecumenico
non è una questione diplomatica.
OVE lo Spirito agisce fa sorgere la
diversità. Cullmann apre così la
\ua conferenza: <fAi nostri giorni Tecuenismo è diventato, sotto molti
■petti, una moda e come ogni buona
usa che diviene moda, è minacciato
ella sua stessa essenza per il fatto che
i problemi vengono semplificati e
edulcorati». Queste parole valgono ancor di più oggi che quattordici anni fa:
Tecumenismo odierno non riesce più a
svolgere la duplice funzione di valorizzare le particolarità di ogni chiesa e di
disapprovarne i particolarismi; di difendere l’integrità di ciascuna denominazione e combatterne gli integrismi.
Sembra impigliato nel rovo dell’interpretazione cattolica dell’ecumenismo:
la fusione delle chiese negli altiforni
romani: l'unità come superamento
delle diversità; T«una sancta» come
«uniformitas sancta». La rivoluzione
copernicana sembra fermarsi sulla soglia della casa ecumenica: molte chiese
sono ancora convinte che intorno al
proprio pianeta (posto al centro) debbano girare le altre comunità; si è ancora lontani dal sistema solare in cui
Cristo (il sole) è fermo e tutti i pianeti
(le chiese) gli girano attorno. Uniti
nella forza gravitazionale di Cristo, diversi nella propria originale conformazione: questo non riesce a essere
l'unico obiettivo ecumenico valido. Il
«pontefice», colui che fa da ponte tra il
cielo è la terra, tra Dio e gli esseri umani, non è ancora e soltanto Cristo.
Dove lo spirito agisce fa sorgere la
diversità. Invece l’ecumenismo di
oggi è una briglia per lo Spirito. L’azione diversificante dello Spirito è mortificata da due tendenze: la prima appartiene a coloro che si crogiolano nella
diversità senza affrontare la fatica del
dialogo e del confronto; questi hanno
fatto della frammentazione un valore
cristiano. La seconda è peculiare di coloro che vivono la propria diversità
nella fretta di sacrificarla sull’altare di
un accordo celere e a ogni costo, anche
se stonato. Bisogna ridare la bacchetta
in mano al direttore d'orchestra, lo
Spirito, affinché il motto tante volte ripetuto, «l’unità nella diversità», sia
vissuto coerentemente fino infondo.
Non trionfi il falso ecumenismo che
considera la nascita storica delle diverse chiese un’opera contraria a Dio;
quante volte si sente dire: «Lo scandalo
della divisione nata con la Riforma»,
invece che: «L’opera diversificante dello Spirito nell’era della Riforma». Non
trionfi neppure Tantiecumenismo che
si accontenta della situazione così
com’è, solo perché in tal modo possa
nascondere, dietro l’aggressività, l’estrema debolezza.
Raffaelee Volpe
SETTLMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE BATTISTE, METODISTE, VALDESI
Nonostante l'enfasi, la visita in Vaticano di un presidente del Consiglio è «normale»
D'Alema «il rosso» e il papa
Come per quasi tutti i suoi predecessori, la visita del premier è stata più un fatto di immagine
che di sostanza. Sarebbe un buon segnale se ora D'Alema incontrasse altre comunità di fede
PAOLO NASO
Troppi aggettivi, troppa enfasi, troppe maiuscole nel modo
in cui è stata proposto, documentato e celebrato l’incontro tra il presidente del Consiglio, Massimo
D’Alema, e papa Wojtyla, svoltosi
in Vaticano lo scorso 8 gennaio.
Dal Concordato del 1929 in poi, la
visita Oltretevere è una sorta di dovere istituzionale a cui nessun presidente del Consiglio si è sottratto:
l’appuntamento l’hanno mancato
solo i presidenti «balneari», posti a
capo di governicchi «balneari».
Nella Seconda Repubblica l’unico a
non essere stato ricevuto in Vaticano, quasi paradossalmente, è stato
Silvio Berlusconi che ancora oggi si
rammarica di non aver potuto posare in compagnia del papa.
Sul piano formale e istituzionale
la visita non è un fatto in alcun modo eccezionale: averla enfatizzata
accostando la foto di un ragazzetto
con i calzoni corti e il fazzoletto rosso al. collo con quella di un distinto
statista irrigidito nel suo abito scuro
è roba buona per la cronaca rosa,
ma non significa nulla sul piano politico. Anche grazie a D’Alema e alla
strategia della coalizione che egli
guida, l’Italia di oggi è più normale
di quella di ieri e ammette senza
traumi politici e istituzionali che il
leader di una forza per decenni costretta all’opposizione da un patto
«ad excludendum», possa autorevolmente arrivare a Palazzo Chigi, e
magari con soddisfazione dei mercati internazionali e di importanti
settori del mondo dell’impresa.
Da tempo i vertici vaticani hanno
registrato la fine dell’era democristiana: qualcuno la rimpiange e fa
carte false per riportarla in auge; altri, più distaccati, cercano di rinnovare con 1 nuovi arrivati le antiche
consuetudini e la facilità di relazioni che furono proprie dei «governi
amici»; altri ancora, pochissimi in
verità, colgono l’occasione della
diaspora del voto «cattolico» per
promuovere una strategia pastorale finalmente libera dalle ipoteche
politiche e quindi aperta aU’incon
tro attorno a valori comuni con le
diverse componenti culturali e politiche della società italiana. Nessuno scandalo, quindi, che anche per
D’Alema si siano srotolati tappeti
rossi e dato fiato alle fanfare della
Guardia svizzera: sarebbe stato
scandaloso il contrario.
Apprendiamo che tra 1 temi al
centro dell’incontro vi è stata la
questione molto cara al mondo cattolico, della parità scolastica. Com’è
noto, il presidente del Consiglio ha
ribadito il suo impegno a sollecitare
il Parlamento ad approvare il progetto Prodi-Berlinguer e ha rilanciato la strategia delle «convenzioni» con le scuole materne private
così da garantire a un numero mag
giore di bambini e di famiglie il diritto a questo servizio. Di nuovo,
nulla di nuovo sotto il cielo. Il presidente ha offerto sul piatto quello
che già era stato preparato da tempo e non ha sbagliato l’Avvenire, il
quotidiano della Conferenza episcopale italiana, a titolare «Emozione tanta, impegni assunti meno».
La questione del finanziamento
alla scuola privata sta giustamente
assumendo un particolare rilievo
nel dibattito culturale e politico: il
problema non è solo quello di una
manciata di miliardi che potrebbero essere sottratti alla già bisognosa scuola pubblica, ma soprattutto
di rispettare quella norma costituzionale che, escludendo possibilità
A Milano, come in altre città italiane, serve l'impegno di tutti
Il diritto alla sicurezza è un diritto di cittadinanza
EUGENIO BERNARDINI
Tra i diritti di cittadinanza c’è anche il diritto alla sicurezza, a
quella personale e a quella della propria attività
economica. Dopo le città
del Sud, dopo Torino, in
questi giorni anche Milano ha r«onore» delle cronache per i crimini e gli
omicidi. Se di il giorno si
può essere esasperati dalle continue richieste di
«elemosina» agli incroci
delle strade e nei parcheggi, di notte la situazione si fa critica se non
rischiosa, soprattutto per
gli esercenti dei locali che
rimangono aperti fino a
tardi e per chi li frequenta e per chi, da solo o da ,
sola, attraversa strade
meno frequentate. Certamente l’informazione
sempre più «urlata» fa la
sua parte nel suscitare allarmismo, ma è pur vero
che il crescente bisogno
di sicurezza nasce da
un’accresciuta insicurezza reale, con tutti i comportamenti che ne derivano (ci si chiude bene in
macchina, si esce solo in
gruppo o ci si fa accompagnare e così via). È
comprensibile, dunque,
che si chieda maggiore
controllo del territorio da
parte delle forze dell’ordine, pene certe e rapide
per i malviventi, una legislazione e una «mentalità» degli organi pubblici
più adeguata alla «modernità» della malavita,
che si nutre anche (non
solo) di una frangia consistente di «immigrati del
crimine» che non ci pensano due volte a picchiare, accoltellare e sparare.
Ma può bastare? No,
non può bastare. Bisogna
anche, come dice il cardinale di Milano, Carlo Maria Martini, combattere i
«semi della violenza» che
un po’ tutti gettiamo sul
terreno sociale delle nostre città quando siamo
prepotenti, rancorosi,
vendicativi, chiusi alla
solidarietà (a partire dal
nostro vicino di casa) e
alla responsabilità civile,
quando coltiviamo pregiudizi e luoghi comuni,
quando siamo i primi a
non amare la nostra città
sporcandola, non rispettando le regole comuni
(dal parcheggio alla cura
delle aree verdi), non prevedendo spazi adeguati
per le varie categorie di
cittadini (dai bambini
agli anziani, dai giovani
ai nuovi immigrati).
Nel famoso «quadrilatero» di San Salvarlo di
Torino si sono fatti passi
in avanti anche perché i
residenti hanno incominciato a parlare tra di loro,
a riconoscersi e a salutarsi per strada, a rifrequentare le strade, ad avere un
rapporto di maggior collaborazione con tutte le
strutture pubbliche e del
territorio, comprese le
scuole e le istituzioni religiose (cattolica, ebraica,
musulmana e valdese), le
più attente a ricercare il
dialogo con tutti.
di finanziamenti alle scuole private, ribadisce la centralità della
scuola statale come luogo laico in
cui tutti, insegnanti, studenti e famiglie, possono riconoscersi perché espressione del pluralismo culturale, religioso, etnico che sta alla
base di ogni società democratica.
Su questa materia il governo si
gioca dunque un pezzo rilevante
della sua credibilità sia sul piano
politico che su quello istituzionale:
da una parte, infatti, un pezzo importante della coalizione e della
società civile italiana è decisamente contraria a un finanziamento
pubblico a scuole che restano private; dall’altra, varare un provvedimento che poi finisse delegittimato dalla Corte Costituzionale sarebbe un clamoroso errore che un
politico abile dovrebbe saper evitare. Il presidente del Consiglio non
ha quindi giocato alcuna carta che
non fosse nota da tempo.
Apprendiamo infine che con il
papa il presidente D’Alema ha affrontato temi di carattere generale
quali la pace, la lotta alla disoccupazione, il debito dei paesi africani
e così via. Neanche questo deve
sorprendere o scandalizzare: come
ha precisato lo stesso D’Alema, è
un dialogo che si inserisce sia nel
quadro delle relazioni tra stati che
in quello del confronto culturale su
argomenti di grande urgenza e di
universale interesse. Bene: ma il
presidente del Consiglio sa bene
che questi e altri argomenti stanno
a cuore anche ad altre «agenzie»,
ad altre chiese, ad altre comunità
di fede. Sarebbe un segnale importante nei confronti di queste altre
componenti della società italiana
che, dopo aver incontrato il papa,
trovasse modo di incontrare anche, per esempio, il moderatore
della Tavola valdese o il presidente
dell’Unione delle comunità ebraiche. A Torre Pellice o nella sinagoga nel ghetto di Roma. Sarebbe un
segnale importante, indice della libertà e del pluralismo religioso
della società italiana, sarebbe un
gesto in stile «europeo». In fondo
un indice di normalità.
SPIRITUALITÀ«
Uimmagine del corpo
diPAWELQAJEWSKI
A PAGINA 3
m. ECUMENE™^«
Dialogo ebrako<ristìano
di A. LU22ATT0 E D. TOMASETTO
EDITORIALE!
I «graffitístí» delle città
di ALBERTO CORSAMI
COMMENTO^
Difesa della morale laica
di JEANBAOBéROT
iDAL MONDO W
La Turchia e i curdi
di FRANCO CALVEm
2
PAG. 2 RIFORMA
< , ALL^AS
Della Parola
VENERDÌ 15 GENNAIO I9» ^^fri
«Se il nostro
vangelo è ancora
velato, è velato per
quelli che sono
sulla via della
perdizione,
per gli increduli,
ai quali il dio di
questo mondo ha
accecato le menti,
affinché non
risplenda loro
la luce del vangelo
della gloria
di Cristo, che è
Vimmagine di Dio.
Noi infatti non
predichiamo noi
stessi, ma Cristo
Gesù quale
Signore,
e quanto a noi ci
dichiariamo vostri
servi per amore di
Gesù; perché il Dio
che disse: “Splenda
la luce fra le
tenebre" è quello
che risplendé
nei nostri cuori
affinché noi
facessimo brillare
la luce della
conoscenza della
gloria di Dio che
rifùlge nel volto
di Gesù Cristo.
Ma noi abbiamo
questo tesoro
in vasi di terra,
affinché questa
grande potenza
sia attribuita a
Dio e non a noi.
Noi siamo tribolati
in ogni maniera,
ma non ridotti
all’estremo;
perplessi,
ma non disperati;
perseguitati, ma
non abbandonati;
atterrati, ma non
uccisi; portiamo
sempre nel nostro
corpo la morte
di Gesù, perché
anche la vita di
Gesù si manifesti
nel nostro corpo;
infatti, noi che
viviamo siamo
sempre esposti alla
morte per amor di
Gesù, affinché
anche la vita di
Gesù si manifesti
nella nostra carne
mortale»
^2 Corinzi 4,3-11)
RICERCARE LA GLORIA DI DIO
Noi non ricerchiamo una pia consolazione nel constatare che la nostra vocazione
si realizza sempre nella debolezza. Vogliamo rendere manifesta «la vita di Gesù
»
GIOVANNI ANZIANI
UNA delle tante debolezze
umane è quella di vivere
esasperando situazioni e problemi. Così a volte si vuole esaltare la propria identità oppure si
cerca di porsi nella posizioni di
chi, con falsa umiltà, denigra la
propria origine. Tale debolezza
umana fa parte anche del nostro
essere chiesa. Per alcuni una caratteristica degli evangelici italiani è proprio quella di svalutare se stessi piangendosi addosso
e credendo, in tal modo, di manifestare una particolare umiltà;
per altri la caratteristica è di
porsi sempre in primo piano come gli unici conoscitori della verità nei campi pii! disparati delle
conoscenze umane.
Si vuole così o denigrare il
proprio essere credenti evangelici a fronte di debolezze essendo
«pochi e ben divisi» oppure esaltare la propria identità di protestanti a fronte di una cultura religiosa dominante sempre letta
al negativo e sèmpre vista come
oppressiva. Con questi pensieri
vi chiedo di porvi in ascolto della
parola di Dio contenuta nella se
conda lettera di Paolo ai Corinzi.
Desidero presentare alcuni punti di riflessione.
La «conoscenza
della gloria di Dio»
Preghiamo
0 Dio, ti prego,
fa’ che tutti gli uomini del mondo
possano sentire la tua buona novella.
Che nessuno ti disconosca,
nessuno ti rinneghi,
nessuno ti dimentichi,
ma tuta pensino a te.
Le tue parole
ci regalano gioia e speranza
in mezzo a tutte le nostre difficoltà.
Tu infatti sempre ci fai dono
della gioia e della speranza.
Possa la tua buona novella
non mancare là dove c’è povertà.
Possa abitare in ogni cuore
la tua presenza.
Che nessuno al mondo
possa dimenticarti.
Possa tu vivere sempre
nei nostri cuori.
Benedici noi tutti, sempre.
Che la tua parola
abiti fra noi
per tutti i secoli.
Amen. r .
INNANZITUTTO abbiamo qui
un’importante affermazione:
nei nostri cuori brilla la «luce
della conoscenza della gloria di
Dio». Ascoltando queste parole
ho constatato come la nostra
esistenza sia ricca: abbiamo un
«tesoro» prezioso riservato forse
a pochi eletti perché la conoscenza della gloria di Dio non riguarda un concetto culturale,
ma è vita ed è speranza.
La nostra fede in Dio Padre, la
nostra salvezza in Gesù Cristo e
la nostra comunione di amore
nello Spirito Santo, sono veramente un bene prezioso da accogliere con riconoscenza perché frutto della gloria di Dio in
noi. È potenza di salvezza per
l’umanità. È grazia, pace e vita
nuova. Mai potremo comprendere l’altezza e la profondità di
questo dono dell’amore di Dio,
dono proprio per noi affinché
qui e ora la luce possa risplendere nelle tenebre per indicare al
mondo la strada della vera vita.
Siamo «vasi di terra»
■ ' ■ Preghiera dai Cile
(tratta da In attesa del mattino, deUa Cevaa)
PAOLO poi, ricorda che questo tesoro è posto in noi come «vasi di terra». Noi vorremmo riporre questo bene (la gloria di Dio) in qualcosa di più nobile di un vaso di terracotta; vorremmo argento e oro, o altro metallo prezioso. Solo vasi di terra!
Segni di debolezza e fragilità,
precari e poco adatti a contenere quello che è dono divino.
Questa immagine è certamente quella che incontriamo più
volte nella Bibbia dove l’umanità è vista come «argilla» e l’opera di Dio simile a quella del
«vasaio» mentre la distruzione
del malvagio è presentata come
la rottura di un vaso. Certamente è un’immagine molto significativa e utile a porre in risalto il
forte contrasto tra il contenuto e
il contenitore. Così la nostra vita
è all’interno di questo contrasto,
tra la gloria di Dio e la nostra esistenza di umani. Non è possibile
essere liberati da questa contraddizione: anzi proprio perché
vi è questo conflitto. Paolo elenca una serie di situazioni molto
concrete e sperimentate da lui
stesso come aspetti deila vita
che producono sofferenza. Esse
vengono elencate in opposizione una all’altro:
- essere come dei tribolati i
quali ogni giorno faticano consumando energie vitali per poi
trovarsi senza frutti duraturi nel
tempo; ma non ridotti ad estremo e senza speranza;
- essere perplessi con una infinità di dubbi sulla propria vita
e sulla profondità della propria
fede, ma non disperati sapendo
che nella profondità della propria incredulità Dio è luce;
- essere perseguitati a cagione
di offerte di amore e di giustizia
affinché i popoli abbiano pace,
ma non abbandonati senza comunione con il Signore Gesù
che è stato «odiato per il primo»;
- essere atterrati ogni giorno
da forze e potenze ben più
grandi di noi, ma non uccisi
perché la morte non potrà vincere la potenza dello Spirito
Santo che è in noi.
Vi è un crescendo di gravità e
di pericolosità. Dalla tribolazione come una situazione che ci
schiaccia all’essere atterrati come colpiti a morte. È una situazione certo non felice, ma è il
nostro essere «vasi di terra».
Vorremmo uscirne soprattutto
per un motivo molto semplice:
come è possibile manifestare la
gloria di Dio in una condizione
così molto umana e fragile? Non
è nell’essere tribolati, perplessi,
perseguitati e atterrati che la
gloria di Dio diviene fatto potente per il futuro del mondo! Come possono i vasi di terra rendere onore al tesoro posseduto?
Come sarà possibile credere nella «gloria di Dio» se la nostra testimonianza è contraddetta dalla esperienza umana?
confronta con tutta la storia
deU’umanità. Proprio nella «antitesi»! Non ridotti all’estremo,
non disperati, non abbandonati,
non uccisi! Possiamo con maggior fiducia guardare al nostro
cammino di chiesa portando la
possibilità di dare gloria a Dio
nell’essere deboli e fragili. Possiamo in quanto mancanti, limitati e imperfetti, in quanto divisi
e in opposizione alle cose assolute del mondo, dare e rendere
gloria a Dio. Possiamo in quanto
senza una nostra verità precostituita e universale offrire al nostro mondo la testimonianza
dell’unica signoria di Dio e del
suo Regno.
Oggi, io credo, molti cristiani
presentano la potenza della gloria di Dio (la «Verità» su tutta la
realtà della vita!) offrendo una
immagine accattivante e vincente della chiesa. Chiesa come
l’unica che ha operato e opera
per la pace, l’unica che conosce
le vie della giustizia e l’unica che
può insegnare la verità. Tutto
sembra essere centrato sull’essere chiesa «preziosa» agli occhi
umani e sembra voler abbandonare l’immagine di una cristianità simile a vasi fragili.
Dio si manifesta
nella nostra debolezza
M a proprio nella complessità di questa nostra vita e
nel contrasto tra ciò che siamo e
ciò che possediamo, vi è manifestazione della gloria di Dio!
Proprio in questo modo la nostra vocazione di cristiani e
la
nostra identità di evangelici si
Un messaggio consolatorio?
Questo cì porta a un’ultima
considerazione. Per noi oggi
quale portata può avere questo
messaggio biblico? Consolatorio?
Io credo qualcosa di più. Il conforto che riceviamo nel sapere
che, nonostante il nostro essere
chiesa debole e fragile, portiamo
il tesoro della gloria di Dio non
riguarda più solo noi, ma altri.
Noi non ricerchiamo una pia
consolazione nel constatare die
la nostra vocazione si realizza
sempre nella debolezza. Ricerchiamo, e lo diciamo con grave
solennità, la gloria di Dio! Ancora
meglio, ci poniamo in cammino
nella nostra vita per rendere manifesto e vincente in tutte le donne e in tutti gli uomini, «la vita di
Gesù», la sua potenza di vita.
Il nostro vivere è e sarà in continuazione un processo di amore e di dono per il nostro mondo
affinché la gloria del Padre sia
manifestata in Gesù Cristo nella
potenza dello Spirito Santo.
(Ultima di una serie
di tre meditazioni)
Note
omiletiche
//pai
deìt
«B
I cristiani di Corinto d# U
vevano essere sconcertai "
dalla predicazione di Pa
lo tanto che si chiedevara
quali fossero i motivi 0
creti per accettare la ¡n
autorità. Paolo mostt
una personalità modesta
una predicazione scadea
te; insuccessi, sofferenza;
contrattempi ne caratta
rizzano la vita. Come po
teva costui essere un tti®
saggero divino per la sai ¿ne, è
vezza della umanità?
L'apostolo sembra ,1
spondere m questa epistj rfp
la con l'immagine ben ca P*“.
nosciuta ai lettori dell'An .
tico Testamento; il vaso j
argilla e il vasaio. Paoli nell’ott:
afferma che l'evangelo di sn® veri
lui predicato, l'evangeli comuni!
della chiesa primitiva,j Albamh
un «tesoro». Qualcosa d il nome
molto prezioso dato chi chela ci
porta vita alla umaniti, aandan
Ma tale tesoro è contenir dell’allei
to in «vasi» e questi soni - Quanc
gli apostoli, persone da eh
con molti limiti a ”
boli
010 (Gei
una rela
ta, appu
aquesto
tutta la 1
«entaric
userà il
tiasmett
Signore
Gmisale
della su:
((M 1).
ci, ah ve
corpo re
spesso e
'
Per
approfondire
- B. Corsani, Introduzione al NuovoTestamentOi
voi.2, Claudiana.
- H. D. Wendiand,
Lettere ai Corinti, Paidei^.
- J. Héring, La secondo
épitre de saint Paul od*
Corinthiens, Delachaux 0
Niestlè.
J. M. O'Connor,
teologia della seconda loi'
tera ai Corinti, Paideia.
mani, li contrasto tra que- ,
ste due immagini è pre
sentato in un senso positi F®’ P®
vo: Dio prende uomini de> P
boli per riversare in lorolii
sua grazia, l'evangelo dei stra cari
la salvezza. Così la debo; tenne» (<
lezza del cristiano vieneiij tali pat
lustrata con una serie di! popolo, 1
contrasti tra dolori e spei l’un
ranza. Vi è tribolazione puridic
tanto da essere ridottia| pig e Ti
punti estremi, ma mai dii
sperati; vi è persecuzioni
e cadute per la violenza
dei nemici, ma si è mai uccisi. In tal modo viene rivelato che sì vive costante;
mente nel contrasto trai
sofferenza e conforto. Co-sì Cristo è contro il mondoi
e II mondo vive in contra-i
sto con Cristo. Ancora noi! per Ose:
appare il compimento fi sarà un
naie e ogni credente vorrebbe essere liberato da
tale fragilità per vivere li
propria fede nella forzi
della gloria. Oggi vi è soli
il «portare nel nostro corpo la morte di Gesù».
Quale può essere il me:
saggio per il nostro tei»
po? Per alcuni il messaggi!
è consolatorio. Si vuol vedere la situazione preseite segnata dalla sofferenza e da capacità limitate
delle chiese, come tempi
dì passaggio: presto vi sari
il successo e tutti dovraiv
no ammirare la gloria
Dio. Vi è una svalutazione
del presente e delle espt
rienze negative perdi!
tutto è visto nella prospettiva di un futuro atteso(
creduto pur se sempre rimandato a un domani lontano dalla nostra esistenza. Il messaggio consolate
rio può diventare un'ideologia della rassegnazione.
Per altri il messaggio
l'accettazione della viti
della fede evangelica nell!
limitazione di esseri umani. Accettazione dì esseri
chiesa che vìve in questi
antitesi: il contrasto trai
vaso e la gloria di Dio. Li
chiesa è impegnata oggi*
manifestare questa «glo;
ria» senza preoccuparsi di
ritrovare quaiche vantaggio o qualche ricompensa
consolatoria. Le chiesi
sappiano non piangete
più sulla loro debolezza,s|
è convinti di essere di'
«vasi» comuni e fragili
per gioire nelia missione di annunciatori deili
potenza dell'Evangelo o|
Gesù Cristo. Preoccupo*'
più di dare «gloria a Dio*
piuttosto che lamentate
tutta una serie di incapi'
cità e limitazioni umane.
lUSABE'
VORR
tare
nostra ti
del cristi
sata da
WrgognE
Si tratta
thè risai
stìco e rii
orizzon
iiuanto il
separò i
l'anima
píese co
è invece
ébe non
stinzioni
Ma me
tolico m
corpo e
•hiesa c(
tìtrovò u
hi semh
tlistianei
Una sort:
«ai corpi
•Pirito. 5
nat
hinile V
«ratto e
^iaro, V
*1 distinj
teiò è !
C(
®on era 1
ci si r
doni e n
^ipi mi
«filari, r
*hi corpi
Nlizzòi
da e chili
- Nel crii
Pt> si SCO
•azio. Si
'fiiminil
hato de
iodoss
^fiipo fer
dia catti
*®Ha chi
3
tngj^ERDÌ 15 GENNAIO 1999
Fede e
PAG. 3 RIFORMA
:he
rinto
ancertat
e di Pa,
iedevaia
«ivi eoa
re la si,
mostri
nodesta
scadaa
erenza,
ca ratta
ome Po
un mas
er la sai
tà?
nbra r|
a episto
' ben ca
dell'An
I vasod
a. Paola
igelorfe
vangala
litiva, a:
licosa Í
lato dia
manitj,
rontenu
isti sona
one de
limiti 0
tra que
i è pre
o positi,
mini dei
n loro lai
)elo del
a debo;
viene ilserie d|
ri e spe;
laziona
idotti a
mai di■cuziona
'iolenza
mai uo
/iene ri
ostante!
ssto trai
irto. Co|
mondoj
contri
ora noi!
ento fi
nte vor:
rato da:
'ivere la
a forza
/i è soli
;tro coi'
j».
e il met;
ro tenr
‘ssaggit
uuol ve
presee
afferei
imitate
tempi
D vi sari
dovrai
loria Í
taziore
le espe
perdil
jrospetitteso Í
npre ri
ani Ionesistei
isolato
in'ideo
izione.
sggioè
la vita
za nella
ri urnaessere
questa
0 tra il
Dio. La
oggi a
a «gio;
oarsi di
rantagn pensa
chiese
ingerì
ezza, s|
ire dei
Taglili
nissio
1 della
jelo ilj
cupa*'
a Dio»
entarì
ncapalane.
La Bibbia ci insegna a parlare di Dio con immagini, metafore e parabole
* a
»
Il mio patto nella vostra carne sarà perenne
Il patto di Dio con l'umanità non è astratto né teorico ma molto concreto. I segni
del battesimo e della cena del Signore, infatti, coinvolgono anche il nostro corpo
PAWEL GAJEWSKI
BERIJT mijla», ossia il
patto della circoncisione, è tuttora nella tradizione religiosa ebraica una
gioiosa celebrazione e una
grande festa. L’intervento
%e viene eseguito sul corpo
Jiogni bambino maschio
jeil'ottavo giorno di vita è
una vera nascita per la vita
jomunitaria (cf. Luca 2, 21).
Al bambino viene assegnato
il nome e la liturgia ricorda
die la circoncisione è un comandamento divino e segno
dell’alleanza.
Quando rileggo la storia del
patto che Dio fece con Àbramo (Genesi 17), mi colpisce
’^mpre una breve frase che
però, per la cosiddetta teologia del patto, è una frase centrale; «Il mio patto nella vostra carne sarà un patto perenne» (Genesi 17, 13b). Allora il patto di Dio con il suo
^polo, ovvero il patto di Dio
con l’umanità non è un atto
|ìuridico astratto, teorico.
Dio e l’umanità entrano in
una relazione molto concreta, appunto, corporea, fisica
eijuesto pensiero attraversa
tutta la teologia veterotestamentaria. Il profeta Ezechiele
userà il proprio corpo per
trasmettere il messaggio del
Signore rivolto alla città di
Qmisalemme (Ezechiele 4),
per Osea l’unione coniugale
sarà una grande parabola
della sua missione profetica
((to 1). Il Cantico dei Cantici,#! vero inno di lode alla
corporeità, alla sensualità
spesso e volentieri sarà usato
nella tradizione rabbinica per
ricordare la concretezza e la
completezza del rapporto tra
Dio e l’essere umano.
Di certo, il corpo e la corporeità non vengono mai interpretati nel senso soltanto
esteriore o superficiale, si
tratta sempre di un’integrità
profonda ed esistenziale.
«Circoncidete dunque il vostro cuore e non indurite più
il vostro collo», ricorda il
Deuteronomio (10, 16) e lo
stesso pensiero si trova anche nell’annuncio profetico
di Geremia (4,4).
Nel pensiero neotestamentario, soprattutto quello paolino, la circoncisione, un segno «inciso» sul corpo, perde
il suo significato: «Infatti, in
Cristo Gesù non ha valore né
la circoncisione né l’incirconcisione; quello che vale è
la fede che opera per mezzo
dell’amore» (Calati 5, 6). Non
di rado la parte seguente di
questo capitolo deH’Epistola
ai Calati (5, 13-25) veniva interpretata come una condanna del corpo e della corporeità, una vittoria del pensiero greco su quello semitico.
Non voglio negare resistenza dei famosi tre versetti,
nei quali la carne, ossia il corpo viene identificato con tutta l’immoralità possibile (Calati 5, 19-21), ma leggendo
questo brano di Paolo, concentro spesso la mia attenzione suU’inizio del versetto
6, «in Cristo Gesù». In Cristo
Gesù, così crediamo noi cristiani, Dio ha realizzato una
nuova alleanza, o forse sarebbe il caso di dire che ha riconfermato definitivamente
il suo patto con l’umanità. E
questa riconferma definitiva
trova il suo segno più visibile
e più tangibile nel corpo
martoriato di Gesù appeso
sulla croce. Questa apparente
sconfitta è nello stesso mo
mento la più grande conferma del valore del corpo umano, la più alta espressione
dell’incarnazione di Dio e
della sua umanità.
La prima esperienza che fa
ognuno e ognuna di noi è
l’esperienza della propria
corporeità. La comunicazione con la realtà, le relazioni
con le persone passano attraverso il corpo e si esprimono
in esso. È vero che oggi usiamo i sistemi di comunicazione molto virtuali, come, ad
esempio, la posta elettronica,
e che il mezzo privilegiato
per relazionare è la parola,
solo qualche volta lo sguardo
o il gesto. È però altrettanto
vero che nulla può sostituire
la mano che sfiora la mia pelle, le labbra che si incontrano
in un bacio, il calore di un
corpo stretto al mio corpo.
Nessuno può prescindere
dal proprio corpo e in questa
logica anche il rapporto con
Dio, il patto con lui non può
prescindere dalla corporeità.
Per noi cristiani non esiste
più la circoncisione, l’inizio
della nostra esistenza per la
comunità credente è però segnata dall’acqua che scorre
sul nostro corpo e poi professiamo la comunione con Dio,
con i fratelli e le sorelle spezzando il pane e condividendo
il calice, due elementi che
servono per nutrire il nostro
corpo. Forse sarebbe ora il
momento di recuperare, sia
nel culto pubblico che nella
nostra preghiera individuale,
la dimensione del nostro essere e della redenzione operata da Dio in Gesù Cristo.
dire
iduziO'
id,
lideia.
'Con<¡^
,jl 3U»
aux d
or,
da (ri'
la.
Chi trascura i! proprio corpo trascura anche il Dio che si è voluto incarnare
La tradizione cristiana ha vergogna di «vivere nel corpo»
JUSABETH MOLTMANN-WENDEL
VORREI innanzitutto gettare uno sguardo nella
nostra tradizione. La storia
ilei cristianesimo è attraversata da un tratto fatale: la
vergogna di essere nel corpo.
Si tratta di un’espressione
die risale al pensiero ellenistico e rimane legata a questo
Orizzonte di pensiero, in
guanto il pensiero ellenistico
separò il corpo e lo spirito,
l’anima e il corpo e li comprese come opposti. Diverso
Mnvece il pensiero ebraico
che non conosce queste ditìnzioni e opposizioni.
Ma mentre il pensiero cattolico nella concezione del
corpo eucaristico e della
dliesa come corpo di Cristo
dttovò una certa corporeità,
®i sembra che la storia del
distianesimo protestante sia
Una sorta di storia della fuga
ilal corpo verso il regno dello
spirito. Si tratta di una fuga
^a natura e dal corpo femtoinile verso uno spirito asttatto e concettualmente
chiaro, verso uno spirito che
*' distingue e si eleva e che
^rciò è separato. E poiché la
l^esa come corpo di Cristo
•ton era un sogno protestanci si rifugiò nelle popola®oni e nei corpi sociali, nei
^pi militari, nei corpi votositari, nelle corporazioni e
*6l corpi insegnanti, in cui si
^izzò l’idea di ordine, pulizie chiusura. (...)
_ Nel cristianesimo Dio e corsi scontrano nello stesso
azio. Si scontrano col corpo
minile nello spazio deliItato dall’altare delle chiese
Odesse. Si scontrano col
femminile nell’eucare**ia cattolica. Si scontrano
«ella chiesa protestante, in
cui l’illuminismo si realizzò in
forme intellettualistiche e il
corpo venne utilizzato come
strumento di servizio e come
proiezione delle proprie paure e dei propri desideri. Dove
è andata a finire l’incarnazione di Dio? Uno dei pochi che
ha notato questa anomalia è il
teologo latinoamericano Rubem Alves. «È singolare - egli
scrive - che noi per pregare
chiudiamo gli occhi. Abbiamo
forse paura del corpo? Chiudiamo gli occhi e volgiamo
lo sguardo verso l’interiorità,
alla ricerca dello spirito. Ma
10 spirito di Dio si trova nelle
cose, nei corpi, nella creazione e soprattutto nel riso e nel
pianto dei bambini e dei sofferenti». {Ich glaube an die
Auferstehung des Leibes, Dusseldorf 1983, p. 53).
Secondo me Rubem Alves è
11 primo teologo moderno
che ha riscoperto la relazione
di Dio col corpo, la presenza
di Dio nel corpo, tanto nei
corpi fisici, quanto nell’ostia:
«Corpo, Santissimo, altare,
ostia». Ma, traendo le conseguenze da questo fatto sul
piano di un approccio responsabile verso la natura,
sul piano di un’assistenza ai
carcerati, agli stranieri e alle
minoranze etniche, Alves ha
dimenticato una cosa: il corpo dimenticato e sfruttato
della donna. Egli ha individuato il problema del nostro
rapporto distorto con Dio,
ma lo ha appena sfiorato, come tutti i teologi della liberazione che prendono le mosse
dal «corpo sociale». Vale a dire che solo se noi prendiamo
le mosse dal luogo in cui ha
avuto inizio la distruzione
dalla forma concreta della
donna, dalla sua immagine e
simbolo possiamo riscoprire
Dio nel corpo. Questo è il
luogo concreto della distruzione, in cui si pone per noi
in modo esemplare la domanda sulla nostra partecipazione alla violenza e alla
distruzione della natura. (...)
Per lungo tempo un certo
cristianesimo occidentale ha
venerato Dio come spirito a
partire da uno spirito occidentale proprio perché trascurava il corpo, non avvertiva lo stupore di fronte ad esso e la ricchezza in esso racchiusa e proiettava entrambi
i momenti sulla donna. Dio è
spirito, ma non nel senso di
uno spirito occidentale che si
distingue dal corpo in un
senso diametralmente opposto e conflittuale. Dio è lo
spirito che è simile al soffio
vitale, all’eros presente in
tutte le cose, in tutti gli organismi, in tutte le creature. E
proprio per questo Dio è nello stesso tempo corpo.
Colui che trascura il proprio corpo, trascura anche
Dio. Il piacere per l’immanenza di Dio ci fa percepire
in modo nuovo sia noi stessi
che la terra, sia il divenire del
mondo che il prossimo formato da uomini e donne. Se
noi ci convertiamo al nostro
corpo in questi termini, ci
convertiamo a Dio che nella
creazione è diventato uomo.
(tratto dall’art. Il corpo come servizio nella prospettiva protestante
in Aa.Vv. Religione della libertà a
cura di Jürgen Moltmann, Morcelliana, Brescia, 1992, pp. 123126; 135-136, trad. F. Camera)
Preghiera
Quando sul mio corpo
(e ben più sul mio spirito)
comincerà a mostrarsi l’usura degli anni,
quando si abbatterà su di me, dal di fuori,
o nascerà in me di dentro,
il male che sminuisce o porta via,
neU’istante doloroso in cui prenderò coscienza
che sono malato o che sto diventando vecchio,
in queirultimo momento, soprattutto,
quando sentirò di sfuggire a me stesso,
assolutamente passivo
in mano alle grandi forze sconosciute
che mi hanno formato,
in tutte quelle ore buie,
donami, mio Dio, di comprendere
che sei tu (ammesso che la mìa fede sia così grande)
che separi dolorosamente le fibre del mio essere
per penetrare fino al midollo della mia sostanza
é trascinarmi in te.
Pierre Teilhard De Chardin
{àa Libro delle preghiere,
a cura di Enzo Bianchi,
Einaudi, Torino, 1997, p. 287)
Un brano del Cantico dei Cantici
Voltati, voltati, Sulamita
Voltati, vòltati,
Sulamita,
vòltati, vòltati,
e lasciati guardare!
È bella, vero, la Sulamita
nella «danza delle due schiere»!
Come sono belli i tuoi piedi nei sandali,
principessa.
Le curve dei tuoi fianchi
sono davvero un’opera d’arte.
Lì c’è una coppa rotonda:
che non manchi mai di vino profumato!
II tuo ventre è come un mucchio di grano
circondato di gigli.
I tuoi seni sono come due cerbiatti
0 due gemelli di una gazzella.
II tuo collo assomiglia alla Torre d’avorio.
1 tuoi occhi sembrano i laghetti di Chesbon,
vicino alla porta di Bat-Rabbim.
11 tuo naso è come la Torre del Libano,
che sorveglia la città di Damasco.
La tua testa si erge fiera
come il monte Carmelo.
I tuoi capelli hanno riflessi color porpora;
un re è stato preso dalle tue trecce!
Quanto sei bella, come sei graziosa,
amore mio, delizia mia.
Sei slanciata come una palma,
I tuoi seni sembrano grappoli di datteri.
Voglio salire sulla palma
e raccogliere i suoi frutti!
I tuoi seni siano per me
grappoli d’uva;
il profumo dèi tuo respiro
come l’odore delle mele
e la tua bocca
come il buon vino...!
(Cantico dei Cantici 7,1-10;
traduzione interconfessionale in lingua corrente)
« La liberazione secondo Paolo
Spirito e carne sono separati?
DOROTHEE SOLLE
J\T0N regni dunque il peccato
1V nel vostro corpo mortale per
ubbidire alle sue concupiscenze;
e non prestate le vostre membra
al peccato, come strumenti
d’iniquità; ma prestate voi stessi
a Dio, come di morti fatti viventi, e le vostre membra come strumenti di giustizia a Dio; infatti
il peccato non avrà più potere su
di voi; perché non siete sotto la
legge ma sotto la grazia.
Romanie, 12-14 (versione
Nuova Riveduta)
Ho difficoltà con espressioni come «corpo mortale»,
«concupiscenze», «membra»,
membra come «strumenti» o
«armi». Quali presupposti
stanno dietro a queste espressioni? Possiamo condividerli? Che cosa significa liberazione per Paolo? E in
questo contesto: si tratta di
ciò che per molto tempo abbiamo chiamato «redenzione», un concetto essenzialmente idealistico, che evoca
l’idea di essere sciolto da catene e ceppi (inteso dalla
realtà terrestre?). Redenzione come metafora è la liberazione da malattia, prigionia,
da una cattiva situazione; è
l’essere trasferito in una situazione diversa, migliore.
Ma è di questo che parla
Paolo? Fa egli parte di quella
tradizione dicotomica, della
separazione tra spirito e carne, che nella storia del cristianesimo ha incrementato
e glorificato l’oppressione?
Questa dicotomia è una
componente ideologica del
sessismo, del razzismo e del
predominio di classe; era ed
è uno strumento del potere,
della volontà di dominio; in
questo senso è imperialistica. Nel sistema di pensiero
della dicotomia, gli uomini
possono soltanto essere redenti, rapiti altrove, al di fuori della situazione in cui si
trovano. Ma le nostre più
profonde aspettative riguardo alla vita, per noi e per il
mondo, non vanno forse
rnolto più lontano? Più che
di redenzione, non abbiamo
forse bisogno di altro, cioè di
liberazione? Qual è il reale significato di soterìa, di salvezza, in Paolo? Liberazione
non è forse la migliore traduzione, perché include il corpo e la socialità, quindi ciò
che intendiamo, antropologicamente e sociologicamente, con la parola «terra»?
(da Scegli la vita, Claudiana,
Torino, 1984, pp 39-40, trad. B.
Rostagno)
4
PAG. 4
RIFORMA
VENERDÌ 15 GENNAIO \% VENER
Messaggio per il 1999
Amos Luzzatto
Stiamo uscendo da due secoli di aspre contrapposizioni
che sembrano avere introdotto in Europa, e diffuso da qui
a tutto il resto del mondo, motivi di conflittualità che a
giusta ragione possono dirsi moderni, sia perché sono collegati a un nuovo modo di essere della società, sia perché
sono applicabili dovunque e possono dirsi «globali».
In una prima fase, le contrapposizioni sono state rappresentate dai nazionalismi, che si sono rivelati ovunque
aggressivi, espansionisti, colonizzatori e intrinsecamente
razzisdci. In una seconda fase, essi si sono variamente intrecciati con gli ideologismi, che a volte sono stati nazionali, altre volte sopranazionali, partendo anche da istanze
di riscatto sociale o nazionale, gli ideologismi hanno tentato di adattare le realtà sociali, culturali, psicologiche
dell’umanità a un sistema di pensiero che avrebbe voluto
dettare soluzioni già giustiflcate «a priori», con conseguenze pratiche quasi sempre drammatiche.
In questa cornice, il cristianesimo e l’ebraismo si trovavano di fronte a sfide inedite. Le due religioni avevano
sperimentato diciotto secoli di rapporti complessi, per lo
più diflìcili e sofferti, fortemente caratterizzati dal fatto di
essere stata la prima, in Europa, religione maggioritaria e
quasi ovunque intrecciata con le strutture del potere nella
società: la seconda, al contrario, minoritaria e per lo più
discriminata o addirittura apertamente e violentemente
perseguitata. Le nuove sfide erano impellenti; esse dovevano essere affrontate anche prima di avere avviato a soluzione i loro confronti tradizionali, da quelli teologici a
quelli sociali e istituzionali. Ne derivava, sia per gli uni che
per altri, una sollecitazione a farsi coinvolgere nel quadro
delle nuove conflittualità, spesso come singoli ebrei o singoli cristiani, altre volte come gruppi particolari ebraici,
cristiani, culturali, professionali; ma altre volte nella loro
stessa realtà di istituzioni specifiche, di comunità.
Dopo le vicende della seconda Guerra mondiale, che furono tanto drammatiche per l’umanità tutta, ma eccezionalmente drammatiche e distruttive per gli ebrei d’Europa,
si fece strada, lentamente e faticosamente, il convincimento che fosse necessario un dialogo diretto fra ebraismo e
cristianesimo, un dialogo che non fosse tradotto e semplicisticamente ricodificato nei termini degli aitri conflitti, delle
nuove contrapposizioni che si contendevano la scena.
Si prospettavano due possibili strade. La prima era semplicemente quella di ritornare alla scena tradizionale che,
in questa visione, sarebbe stata erroneamente interrotta.
Si sarebbe trattato di riprendere il confronto teologico, esso avrebbe avuto l’obiettivo vicino di trovare il massimo
possibile di convergenze nell’ambito del monoteismo, della morale sessuale e familiare, della coscienza e della valorizzazione di quella tradizione che si riteneva essere stata
comune alle due religioni, almeno fino allo scisma del I secolo. Spesso restava sullo sfondo, a più lunga scadenza, un
altro obiettivo implicito, che confidava in una progressiva
convergenza delle due religioni fino alla loro fusione e che
la maggior parte degli ebrei viveva come una pressione
per la loro pura e semplice conversione.
Negli ultimi anni si è cominciato a capire che è più corretto, dopo Auschwitz e dopo la fondazione dello Stato di
Israele, non tanto riprendere un percorso interrotto attorno a due secoli fa, quanto semmai scoprirne uno nuovo. Si
tratta certamente di un percorso dai contorni più complessi. È più facile infatti esporre dogmi diversi e confrontarli fra di loro; è più facile paragonare principi di fede e
regole liturgiche che non ricercare i rapporti fra una comunità quale quella cristiana, che è costituita per definizione da coloro che accettano una determinata fede e una
comunità quale quella ebraica, che è già «strutturata a
priori» e che si riconosce semmai nel compito di educare
alla propria religione coloro che già appartengono alla comunità stessa (o che aspirano ad appartenervi). Ne derivano due identità di gruppo di carattere diverso, due identità
che, accanto a indiscutibili componenti simili, ne possiedono altre qualitativamente diverse.
E tuttavia, malgrado questi aspetti che potremmo dire
di incommensurabilità, vi sono molte motivazioni che
spingono al dialogo cristiano-ebraico, anche se al presente con obiettivi che potrebbero apparire limitati.
Vi è in primo luogo la necessità di una conoscenza reciproca, che non sia strumentalizzata alla disputa, cioè alla
polemica condizionata da preconcetti. In secondo luogo,
la chiara volontà di operare per promuovere, nel concreto,
iniziative di pace e di salvaguardia del creato.
Terzo, la comune ricerca di un affratellamento dell’umanità nel sincero rispetto delle peculiarità altrui, nella
ricerca di una convivenza e non di una separazione, nel ripudio di qualsiasi discriminazione razziale, ideologica, religiosa, con il comune impegno di non far più sorgere
gruppi umani privilegiati e dominanti a fronte di gruppi
umani «inferiori», oppressi, sfruttati e perseguitati.
Noi ebrei italiani, ma sarebbe meglio dire oramai «ebrei
d’Europa», abbiamo fortemente contribuito, dalla Spagna
alla Germania, alla Polonia, alla stessa Russia, in particolare in Italia, a costruire una cultura, a contribuire alla
storia di questo continente, pur appartenendo quasi sempre, purtroppo, alle sue minoranze, spesso perseguitate e
cacciate di paese in paese. Le ere dei nazionalismi e delle
ideologie parevano, ciascuna a suo modo, promettere
tempi di pace e di integrazione. Così non è stato. Noi siamo ancora qui, convinti forse ancora più che nel passato
di avere una nostra identità complessa da difendere e da
sviluppare, di avere qualcosa di specifico, dei valori da offrire alla costruzione dell’Europa stessa. A questo servono
fra l’altro i nostri stessi legami con gli ebrei di Israele, con
la loro rinnovata realtà culturale e sociale. Il rafforzamento della nostra identità non è dunque un ripiegarsi, un
chiudersi su noi stessi ma, al contrario, quanto di meglio
possiamo offrire per dialogare con gli altri, per meglio collaborare con quanti intendano operare per un avvenire
migliore per tutti in una società di fraterna convivenza di
identità diverse e, pertanto, pluralista.
Questa è la prospettiva che sentiamo autenticamente
nostra. Confidiamo che sarà possibile accoglierla.
Amos Luzzatto alle varie chiese cristiane in Italia. La risposta della Fcei
Per un rilancio del dialogo ebraico-cristiano
Proposti tre obiettivi: approfondire la conoscenza reciproca, promuovere iniziativa H
di pace e di salvaguardia del creato, ricercare un «affratellamento dell'umanità»
Il 29 dicembre scorso il presidente dell’Unione delle comunità
ebraiche italiane, prof. Amos Luzzatto, ha inviato ai responsabili delle varie comunità cristiane in Italia «Messaggio per il
1999», riportato qui a lato, che contiene una serie di riflessioni e
di proposte per rilanciare il dialogo ebraico-cristiano.
Pubblichiamo la risposta del Consiglio della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei), curata dal suo presidente,
post. Domenico Tomasetto.
Al Presidente
deU’Unione comunità
ebraiche italiane
prof. Amos Luzzatto
Caro Presidente,
all’inizio del nuovo anno ci
è pervenuto il suo «Messaggio
per il 1999»; non poteva esserci coincidenza migliore
per l’invito a una veloce ricognizione storico-teologica degli ultimi due secoli di presenza ebraica e protestante in
Italia, per una necessaria valutazione e, nello stesso tempo, per una possibile progettazione comune del futuro
così da inserirvi già da ora semi di rinnovamento e di speranza. Ci sentiamo onorati
per aver ricevuto il suo testo e
nello stesso tempo impegnati
in una risposta meditata.
Il primo pensiero che ci
permettiamo di esprimere
non è nostro, ma ci viene dalla tradizione biblica, quindi è
comune a ebrei e cristiani:
«Ascolta Israele, il Signore,
l’Iddio nostro, è l’unico Signore» (Deuteronomio 6, 4).
Siamo consapevoli che, fra le
tante parole presenti nella
Scrittura, questa riveste per
voi ebrei il ruolo di una vera
e propria confessione di fede, la cui recitazione quotidiana conferma e rafforza
nel tempo una identità di fede. Si tratta di una parola che
è entrata a far parte anche
della tradizione cristiana:
quindi è eredità preziosa e
condivisa di un comune patrimonio spirituale.
La sovranità di Dio
Queir antica e sempre nuova parola prospetta a chiunque un’esigenza teologica
fondante: quella dell’assoluta
e unica sovranità di Dio, che
deve essere riconosciuta e affermata in ogni momento
della propria vita. Le chiese
cristiane, pur nelle loro diversità e nella loro divisione, riconoscono e confessano che
lo Shemà Israel è una confessione dell’unicità e della sovranità esclusiva di Dio. Si
tratta, quindi, di una parola
che delinea il fondamento
teologico anche della nostra
identità cristiana. A questa
prima esigenza, le chiese cristiane ne fanno seguire subito
un’altra: l’irriducibilità di Dio,
secondo la quale nessuno
può disporre di Dio in esclusiva, nessuno può vantare nei
suoi confronti alcun diritto di
proprietà. È vero, anzi, il rovescio: Dio possiede e dispone di noi, al di là di tutte le
nostre diversità e divisioni.
No airintegralismo
Se queste due esigenze, fa
sovranità e l’impossibilità di
disporre di Dio in esclusiva,
sono vissute con un forte
senso di integrità spirituale,
ne discende una impostazione che, mentre da una parte
propone una forte identità di
fede, dall’altra esclude ogni
tentazione di integralismo
teologico, ideologico e politico. Anche qui, siamo consapevoli che spesso le chiese
cristiane sono cadute nella
tentazione di rivendicare una
arrogante ed esclusiva disponibilità del Dio biblico e sulla
base di questa presunzione
hanno commesso le maggiori
nefandezze. Anche le chiese
cristiane in momenti particolari della storia hanno impo
sto la loro sovranità come
espressione della sovranità di
Dio. La confessione di fede è
stata trasformata in visione
ideologica e in integralismo
teologico-politico.
Il percorso di libertà
Ma la nostra storia, la piccola storia delle nostre comunità ebraiche ed evangeliche in Italia, permette anche
un’altra lettura, più direttamente legata alla nostra situazione. Le nostre comunità
hanno vissuto una comune e
condivisa condizione di confessioni religiose di minoranza in un paese a fortissima e
diversa connotazione religiosa di maggioranza. Nel corso
dei secoli nei nostri confronti
sono stati utilizzati i mezzi
più diversi pur di oscurarci o
almeno di ridurci al silenzio.
Assieme abbiamo vissuto i
momenti tristi e duri, assieme abbiamo vissuto l’alba
della libertà: il 1848 con le
Lettere Patenti, assieme abbiamo mosso i primi titubanti passi in questa nuova «terra promessa». Abbiamo vissuto insieme le accelerazioni
e le regressioni in quel percorso, che la storia in momenti diversi ci ha riservato.
Ma con l’entrata in vigore
della Costituzione (cento anni dopo le Lettere Patenti e in
concomitanza con la Dichiarazione dei diritti dell’uomo!)
il percorso verso la libertà religiosa e i riconoscimenti ufficiali che ne derivavano hanno trovato il loro riscontro.
Oggi le nostre confessioni religiose, pur nella loro diversità, con le Intese stipulate,
hanno finalmente trovato riconoscimento e legittimazione. Il percorso di libertà è arrivato a un traguardo, che a
sua volta si pone come inizio
di nuovi impegni: da una
parte la libertà di tutti, la libertà degli altri, e dall’altra la
ricerca di forme di collaborazione fra tutti noi.
Dialogo e collaborazione
Il dialogo ha già portato i
suoi primi frutti. Non sono
mancate occasioni di incontri, di progetti comuni, di collaborazioni in avvenimenti
specifici, nel mondo editoriale e dei mass media in genere.
Il documento «L’ecumenismo
e il dialogo interreligioso»,
approvato dal Sinodo valdese
del 1998, così si esprime: «Si è
anche riscoperta quella che
per secoli è stata una dimensione “perduta”, anzi negata:
il legame profondo che unisce cristianesimo ed ebraismo, non solo sul piano storico. Una maggiore considerazione del rapporto tra le due
parti del canone cristiano,
dell’ebraicità di Gesù e del disegno paolinico di Romani 911 hanno condotto a ripensare in modo nuovo il rapporto
tra chiese ed ebraismo, anche
riallacciandosi alla valorizzazione dell’Antico Testamento
che ha caratterizzato il protestantesimo riformato». Poi
prosegue: «Oggi le chiese avvertono l’esigenza di imparare a conoscere e riconoscere
Israele anche a partire dalla
coscienza che gli ebrei hanno
di sé, in tutte le sue articolazioni, nei termini in cui gli
stessi ebrei la definiscono
(per esempio Dio, popolo,
terra) e in tutta la sua articolata complessità, che traspare
già dai molteplici riferimenti
che il termine Israele può
avere... Si è preso coscienza
del fatto che, alla luce della
testimonianza biblica, il rapporto tra chiesa e Israele si
colloca su un piano diverso
da quello del rapporto con le
altre religioni» (n. 52).
Il dialogo deve certamente
continuare, aprirsi a nuove
sollecitazioni e coinvolgere
un numero sempre più ampio
di interlocutori. Uno degli
strumenti già esistenti è costituito dalle Amicizie ebraicocristiane: occorre intensificare il loro sviluppo e renderle
sempre più luogo di incontro
e di collaborazione. Quanto è
avvenuto finora ci spinge a fare un deciso passo in avanti:
dobbiamo passare dal dialogo
alla collaborazione più stretta. A un certo punto le sole
parole, per quanto importanti, non bastano più. Occorre
osare di più.
La conoscenza reciproca
Allora si aprono dinanzi a
noi due possibili itinerari: tenendo conto del nuovo scenario presente nel nostro
paese, della nuova Europa e
della mobilità di popoli che
questo scorcio di millennio ci
testimonia, spia di un flusso
sempre più consistente di vere e proprie migrazioni che
richiedono la ricerca di nuovi
equilibri aH’interno di ogni
paese, occorre da una parte
precisare i settori operativi
della collaborazione, dall’altra identificarne con esattezza i protagonisti.
Riguardo al primo itinerario, il suo «Messaggio per il
1999» propone già una serie
di piste di collaborazione. La
prima è «l’approfondimento
della conoscenza reciproca»:
riteniamo che questa possa
essere favorita sia intensificando il dialogo e le occasioni
di incontro, che sviluppando
forme di collaborazione operativa più consistenti. Lungi
dal mettere in pericolo la propria identità di fede, rincontro e il confronto con l’altro
diverso da sé approfondisce e
chiarifica a se stessi le ragioni
del proprio essere e delle diversità dell’altro e dall’altro.
Su questo piano le chiese
evangeliche italiane, pur con
diversa sensibilità, sono ben
disponibili a raccogliere questa prima indicazione.
Pace e integrità del creato
La seconda pista di collaborazione è costituita dalla
«promozione di iniziative di
pace e di salvaguardia del
creato». Queste sono indicazioni che ci trovano come
evangelici molto attenti e
sensibili. Non per nulla si
tratta degli stessi temi che le
chiese evangeliche hanno affrontato in ambiti mondiali
(Seoul 1992) insieme alle altre
chiese del Consiglio ecumenico delle chiese, e in ambito
europeo (Basilea 1989), con le
altre chiese cristiane della
Conferenza delle chiese europee (insieme a chiese consorelle ortodosse e cattoliche).
Pace, giustizia e integrità del
creato sono stati i tre temi
che hanno visto impegnate le
chiese cristiane in una nuova
riflessione che dura ormai da
più di un decennio. A questi
temi si è aggiunto anche
quello della riconciliazione,
sempre in ambito europeo
(Graz 1997). Temi impegnativi che, oltre alla necessaria riflessione teorica, debbono
ora vedere il conseguente impegno sul piano pratico. Le
implicazioni operative, specie
quando coinvolgono cambiamenti e nuovi equilibri nel
proprio stile di vita, non sono
sempre facilmente accolte
Anche in questo settore di Ij
voro, le chiese evangelici,
sono più che disponibili al],
collaborazione reciproca.
La terza pista di collabora.
zione parla di «affratellamen.
to dell’umanità nel pieno rispetto delle peculiarità altrui
nella ricerca di una convive^
za e non di una separazione
nel ripudio di qualsiasi di
scriminazione razziale, ideoi
logica, religiosa: con il comu'
ne impegno di non farpij,
sorgere gruppi umani privile,
giati e dominanti a fronte (tf
gruppi umani “inferiori”, op.,
pressi, sfruttati e perseguita.’
ti». Anche su questi temi 1)
presenza e l’impegno delle
chiese evangeliche è di lunga,
data. Ma qui non ci sono pri.*
mogeniture da rivendicare oi
da distribuire, quanto piutto-i
sto l’esigenza di richiamare
sempre daccapo l’attenzione
di tutti e impegnarsi perchéì
quelle affermazioni così no-l
bili non rimangano solo sulla
carta su cui sono scritte. Ancora una volta, le buone intenzioni possono essere utili,
ma non sono assolutamente;
sufficienti. Il tempo dell’eia-^
borazione concettuale deve
ora fasciare spazio all’azione’
per verificare la consistenza;
degli enunciati e le disponi-'
bilità operative dichiarate. |
Un paese multiculturale |
A questo punto, però, occorre guardare con attenzio-:
ne ai cambiamenti avvenuti;
nella nostra società in questi
ultimi tempi. Non siamo pii
un paese uniforme per radici
culturali: la forte immigrazione, specie da paesi del sud dd
mondo, ha portato fra noi oltre un milione di persone, alla
ricerca di una condizione di
vita migliore. Ma la loro presenza fra di noi ha determinato anche dei grandi mutamenti a livello culturale e religioso che ne sono il contrassegno più determinante.!'
Italia oggi si caratterizza come un paese multiculturale:
questa è la frontiera su cui si
pone la nuova sfida che dobbiamo accogliere: paese occidentale, ma multiculturale,
formato da specifiche identità al plurale. Proprio per cominciare a vivere da subito Is
terza pista di collaborazione,
un qualsiasi progetto comune
deve vedere coinvolte anche
le nuove comunità di fede
presenti in mezzo a noi, in
particolare Tlslam: solo cosi
daremo consistenza realea
quel che affermiamo in linea
teorica. Coinvolgimento pieno e paritario di quel mondo
che è venuto a vivere in mezzo a noi, e si trova ad essere
diverso fra diversi: da ora in
poi non deve più sentirsi straniero fra stranieri.
Un Forum interreligioso
A questo punto l’indicazione conclusiva si presenta
spontanea e senza forzature:
non sarebbe possibile pensare ad un «Forum interreligiO"
so nazionale» come progetto
operativo per il quale impf
gnarci e investire energie e risorse? Potrebbe essere u®
piccolo segno, ma anche
l’inizio di un percorso che
oggi non riusciamo ad intr®'
vedere dove potrà condurrà'
Potremo soltanto, con l’afh*
co salmista, invocare la ben®'
dizione divina: «(Signor®'
rendi stabile l’opera delle nostre mani» (Salmo 90,17).
Roma, 11 gennaio 1999
Federazione delle ohi®®®
evangeliche in Itali
il presidente
Domenico Tomasetto
LEGG
della
Don Gioì
luta era
1787, a F
cazione
due atti»
tici delle
no agli a
tre: in ri
non è se
nio mus
giungenc
no, ha c
mantici
conipon
occupa
storia de
ottima b
lorenzo
to, vaglia
tità di m
laleggen
afartùe
Èia ài T:
1641) al
Molière,
di Giovai
da Gazza
mdiMo
Da Por
sui due ]
aostante
se, vivor
Sovanni
bello, eie
arroganti
poli pur
zella di I
che Irri d
imposti c
senza ter
nepossc
tem^ il
tofflha c(
vati ài pi
suo temp
le unisce
mentale i
redo, ser\
sdatto, s(
biSugli e
del suo I
ddle con
u
Lo «S|
nato di
vicenda
chino ^
bui per
dei naz
coinvoli
sto è sta
in Frani
qui riasi
risiede ;
che l’ha
giovanil
petto, e
no: il
5
PAG. 5 RIFORMA
Fcei
10
/af/vç
ìità»
1^^ L'opera di Mozart nell'allestimento del celebre regista Peter Brook
Il fascino ambiguo di Don Giovanni
Il mitico personaggio del seduttore vive in contrapposizione, ma anche in simbiosi
con il servo Leporello: insieme incarnano pregi e difetti degli uomini di ogni epoca
PAOLO FABBRI
accolte ------------------------------
igeUch T EGGENDO la locandina
ibili aS* prima viennese del
3ca Don Giovanni (la prima assollabo stata l’anno prima,
llamea 1787. a Praga), si rileva l’indi
, ''*1' y//Hi*omrY^o rrìr\/'rtr><^ i»
iieno ri■à altrui
inviveu.
razione
àasi di.
e, ideo-i
’ comu
razione «dramma giocoso in
due atti». I contenuti semantici delle due parole sembrano agli antipodi l’uno dell’altro; in realtà la definizione
non è scorretta perché il genio musicale di Mozart, agfar Dii giungendo alle parole il suoorivil creato contenuti se
onte i ®antici diversi e particolari,
“ componendo un’opera che
occupa un posto a sé nella
storia del melodramma. Un’
ottima base l’aveva già posta
lorenzo Da Ponte nel libretmo ori una gran quan
licareo materiale riguardante
piutto iilugg^uda di Don Giovanni,
liamar. Spartire da El burlador de Semzinn Mito di Tirso da Molina (1571perch Festin de pierre di
Molière, al Convitato di pietra
)n , op.:
seguitatemi il
IO deili
3i lunga
:osi no-i
ilo sulla
tte. Ahone inire utili,
amente:
leU’ela-'
le deve
’azione'
istenza.
di Giovanni Bertati musicato
da Gazzaniga (E. Dent, Il teamdiMozart, Rusconi).
Da Ponte imposta il libretto
sui due personaggi che, nonostante le differenze di classe, vivono in simbiosi: Don
Sovanni, cavaliere, giovane,
bello, elegante e sicuro di sé,
arrogante, ricco, senza scru
j poli pur di sedurre una don
zella di basso o alto rango,
che irride i comportamenti
imposti dalla morale comune
senza temere le ritorsioni che
nepossono derivare, senza
temere il mistero dell’oltretofflba con i tormenti riservati'ài peccatori, giacché al
ierazio- temperamento passionasuddd una impostazione
Mentale razionalista; e Leporello, servo né brutto né bello,
sempre pieno di dubesiti delle avventure
suo padrone, timoroso
ì conseguenze che posso
urale
irò, octenzio-,
/venuti:
I questi
mo pii
r radici
noi ol"
ne, alili
ione d
ro prenermimuta-j
e e reliontrasnte. L’
zza coi turale:
j cui»
le doble occiturale,
; idei!per coibito la
azione,
omune
anche
li fede
noi, il)
lo cosi
ealea
n linea
to pie
Tiondo
n mezessere
ora in
si stra
no derivarne, timoroso dell’aldilà e dei demoni, legato ai
valori della morale comune,
che lo inducono a disapprovare la vita condotta da Don
Giovanni, pur avvertendone il
fascino e l’ebbrezza quando
si trova a sostituirlo con Elvira: in fondo amihira e invidia
il signore che serve con dedizione. Attorno a Don Giovanni si muovono tre donne, che
hanno la funzione di provocare i comportamenti elei due
protagonisti.
Nella musica di Mozart essi
tendono a fondersi; l’impressione che se ne ricava è che
essi, volutamente estremizzati nelle loro caratteristiche,
siano le metafore viventi di
due diversi aspetti del nostro
mondo interiore, delle nostre
più intime pulsioni, che coesistono in noi, a volte prevalendo, anche a lungo, a volte
soccombendo, senza però
scomparire. Infatti Don Giovanni, quando alla fine stringe la mano alla statua del
commendatore, padre di Anna, da lui ucciso in duello, più
che morire scompare dalla
scena, lasciando Leporello a
una vita banale di servo qualunque. In fondo Leporello,
andando all’osteria per cercare un nuovo padrone, esce di
scena. Don Giovanni è la metafora della nostra spavalderia, del nostro desiderio di
mettere da parte le leggi morali che ci obbligano a certi
comportamenti di rispetto
del prossimo.
Leporello è la metafora invece dei nostri timori di violare le regole, che comunque riteniamo giuste, ma che in
qualche modo ci opprimono,
della nostra pavidità. Il tragico e il comico coesistono perché si riferiscono a due metafore piuttosto che a due
personaggi, due metafore che
hanno senso compiuto solo
Una narrazione non lineare
Una vicenda complessa
tra passato e presente
Lo «Spasimo di Palermo» è costruito su un percorso alternato di progressioni e salti all’indietro della narrazione. La
deenda, schematicamente, è quella di uno scrittore, Gioacchino Martinez, che da bambino, durante la guerra, contribuì per imperizia all’uccisione del proprio padre da parte
dei nazisti. A sua volta è padre di un giovane che è stato
coinvolto in episodi di terrorismo negli Anni 70, e per questo è stato ricercato dalla polizia e costretto a trovare riparo
® Francia. Lo scrittore (che va a trovare il figlio a Parigi e
qui riassiste dopo tanti anni a un film già visto in gioventù)
risiede a Milano, e quando fa ritorno a Palermo e alle terre
che l’hanno visto giovane, dove ricorda anche il suo amore
giovanile per Lucia, conosce un giudice che gli abita dirimpetto, e finirà per assistere all’uccisione di quest’ultimo.
se esistono insieme. Scomparsa una delle due figure rimane il vuoto.
Sparito di scena Don Giovanni, Elvira si ritira in convento, Anna fa una riluttante
promessa di matrimonio a
Don Ottavio, Zeriina riprende
la sua vita di prima, Leporello
va all’osteria. La vita rimane
come sospesa, aspettando
che Don Giovanni esca dagli
inferi per rimettere in moto il
tutto. L’opera di Mozart è un
dramma giocoso perché riesce a rappresentare quél tragico e quel comico che ci fanno essere talvolta tremebondi
(e quindi ridicoli) eroi o strafottenti servi o altro ancora
secondo le infinite variazioni
del nostro essere, che solo
l’irrompere nel nostro animo
dell’immortalità, per il tramite della via crucis percorsa da
un uomo che era anche Dio,
può trasformare portando al
rispetto delle persone per
amore anziché per obbligo,
senza paure di demoni e di
torture infernali.
L’orchestra «Gustav Mahler» è formidabile nell’eseguire quanto Daniel Harding
pretende. L’esecuzione (prima al Nuovo Piccolo Teatro
di Milano, poi a Torino) è
durata circa due ore e 40, nel
pieno rispetto delle indicazioni dell’autore. Del resto in
passato questa velocità era
considerata normale: la mitica esecuzione di Bruno Walter a Salisburgo (1937) era di
2 ore e 41 minuti. La riduzione (fino quasi alTannullamento) del vibrato, il fraseggio segmentato, la perentorietà degli attacchi hanno
prodotto un’esecuzione secca, condensata, nel complesso molto efficace e funzionale all’interpretazione di Roberto Scaltriti, un Don Giovanni grintoso e spavaldo,
perfettamente in linea con la
metafora di cui sopra.
Tutti gli interpreti hanno
fornito una prova di ottimo
livello, anche se nessuno ha
brillato per capacità vocali.
L’allestimento di Peter Brook ha ridotto al minimo gli
arredi, scegliendoli con gusto eccellente e collocandoli
su un quadrato con gli artisti
seduti sullo sfondo in attesa
di entrare in scena, una soluzione che ricorda vagamente
il palcoscenico centrale su
cui recitavano gli attori inglesi nel XVI secolo.
Un momento dello spettacolo
(foto L. Ciminaghi)
tM Cinema: il Mosè a disegni animati
Il principe d'Egitto: una
prospettiva semplificante
ALBERTO CORSANI
Raccontare in un lungometraggio d’animazione la storia di Mosè salvato dalle acque, e poi della fuga degli ebrei dall’Egitto non
era impresa da poco, anche
se presentava alcune caratteristiche potenzialmente foriere di successo: la bellezza
e il fascino della storia, innanzitutto. Da sempre raccontata a generazioni e generazioni di bambini, in ambito ebraico e cristiano; il clima culturale dell’immaginario dei bambini di oggi, così
portato ad assecondare la
proposta di figure a cavallo
tra il mitologico e il fantastico; la possibilità di realizzare
scenari paesaggistici di fascino e al tempo stesso di relativa uniformità cromatica (il
disegno animato prevede,
anche nell’era della computer-grafica, l’obbligo di migliaia e migliaia di tavole il
più possibile uniformi almeno negli sfondi di base).
Proprio questo dato, il colore, spicca fin dalle prime,
concitate e serratissime sequenze: queste ultime, come
i film muti di una volta, realizzati in bianco e nero e successivamente colorati (anzi,
virati), a seconda dei personaggi e delle situazioni, presentavano lunghe sequenze
color seppia piuttosto che
violetto o azzurrognolo, ci
propongono le vicende relative a un Mosè ormai adolescente scapestrato, in una
complice competizione con
Ramses, fratellastro e destinato al rango di Faraone. È
improntata al giallo ocra la
sequenza iniziale con il bimbo nel cestino; la corsa sulle
bighe dei due ragazzi è prevalentemente in bianco, l’incontro con i fratelli Miriam e
Aaronne dà sul blu notte,
tende al viola rincontro con
la voce di Dio, al verde acqua, ancora, l’annuncio fatto
a Ramses della propria missione da compiere. Qui però,
in un film che complessivamente è bello, coinvolgente e
abbastanza rispettoso del testo biblico, si vede il limite
dell’operazione: fin troppo
attenta al destinatario a cui si
rivolgeva (ma poteva essere
altrimenti?), la produzione
appiattisce il contrasto tra
Mosè e la sua missione da un
lato, e Ramses con i suoi poteri di Faraone dall’altro.
Laddove il primo è chiamato
a fare valere gli imperativi di
Dio e a liberare il popolo
d’Israele, rispetto alla volontà di potenza che schiavizzava gli ebrei, il contrasto
sembra solo «politico», oppure una lotta fra due forze,
due antagonisti. Come in un
fumetto o in un «cartone» di
super-eroi, Batman contro
JoÌcer. E l’esortazione divina
(«Con questo bastone tu
compirai i miei prodigi».
Esodo 4,17) sembra quella di
un allenatore di basket ai
suoi giocatori poco convinti
dei propri mezzi. Lascia perplessi anche la voce arrochita
e rimbombante del Signore,
assimilabile indistintamente
a una qualche potenza oscura e sovrannaturale: ma Tunica strada alternativa per
rendere parole così pregnanti e impegnative, certo non
adatta a un pubblico infantile, sarebbe stata quella della
lettura nuda e cruda dei testi,
come avviene nel film che i
registi Jean-Marie Straub e
Danièle Huillet hanno tratto
dall’opera Mosè e Aronne di
Schònberg, film ostico ed
emozionante ma irripetibile.
Come prevedibile nei momenti più drammatici, come
la successione delle piaghe,
la tensione si risolleva, e, al di
là di qualche contestazione
di tipo storico avanzata dagli
egittologi, per esempio riguardo alla presenza o meno
dei cammelli, il risultato nel
complesso è soddisfacente.
L'ultimo libro di uno scrittore difficile ma affascinante per il suo stile
Lo «Spasimo di Palermo» e l'impegno civile di Consolo
ANTONIO DI GRADO
dente
isetto
La scommessa intellettuale e espressiva di Vincenzo Consolo è sempre più azzardata. 11 rifiuto del romanzo, del suo assetto tradizionale, orientato a uno scioglimento salvifico e a una fittizia ricomposizione dei conflitti, in questo Spasimo di
Palermo* si accompagna con
il rifiuto della parafrasi critica, di quella mediazione banalizzante (le «prose piane» e
le «storie tonde» dei «professori») a cui si può dare ancora spazio, e credito, giusto in
un paese cattolico: «Questo
materno confessionale d’assolvenza», come Consolo definisce, in queste pagine, il
nostro paese, estraneo alla
responsabilità e al tormento
del libero pensiero e dell’analisi critica, e perciò propenso a delegarli a una casta
separata di chierici.
Ma la sfida espressiva di
Consolo, ispirata da un raro
senso della responsabilità
d’essere scrittore, evoca e
sfiora il silenzio senza inabissarvisi, senza rinunciare cioè
a quell’estrema mossa della
speranza che è la parola che
si pone e resta sospesa sulla
soglia, che nel momento di
spegnersi pronuncia l’indicibile. Così è in questo Spasimo, in cui è lo spasimo che
si sprigiona dalla materia e
dalla scrittura a dar ragione
del titolo quanto e più dell’omonimo edificio palermi
tano. Consolo vi si cimenta
con la scommessa più ardua:
quella di scrivere un romanzo
sull’impossibilità di scrivere
un romanzo, di ridurre la
realtà a romanzo; ovvero di
convogliare tutto il continuum della realtà soggettiva e
oggettiva, tutto ciò che di una
realtà irredimibile e di una
coscienza implacabile si rifiuta alla selezione e all’accomodamento del romanziere, in
un’opera erratica e polimorfica, che impone una lettura
circolare e potenzialmente
infinita, un «viaggio» che comincia nella Parigi degli esuli,
degli orfani delTillusione rivoluzionaria degli Anni 70.
È la stessa Parigi in cui il
Candido di Sciascia diventava
adulto congedandosi dal mito
del «padre» Voltaire, e ora è
un’intera generazione a recidere ogni legame con 1 «padri», e un padre altrettanto
smagato avvia il più spietato
esame di coscienza mai pronunciato da quella generazione di padri avari e inadempienti, maturata nella prosa
antieroica del secondo dopoguerra e già tramontata con
l’effimera vampa degli Anni
60. Tra Parigi e Milano, tra la
Sicilia dell’infanzia e quella
delle stragi mafiose, è sempre
Tonda franta e sincopata dei
ricordi, delle epifanie della
violenza e dell’intrigo, a imporre cesure e dissolvenze alla narrazione, slittamenti e
depistaggi all’intreccio, che
per tal via scarta costante
mente dalla via maestra del
senso comune e impone al
lettore analoghi scarti, dilatazioni e mutamenti della percezione, insomma una lettura
attiva e perciò anche (diciamolo, in tempi di disimpegno!) un doveroso impiego
dell’intelligenza.
E questo teatro della memoria, e la rete di percorsi che
lo connettono a un oscuro
presente. Consolo li intreccia
ribadendo i procedimenti
complessi della sua scrittura,
fondata sulle figure dell’accumulazione e del catalogo, della «galleria» barocca che affianca le meraviglie proliferanti del paesaggio e dei monumenti con gli orrori del
monstrum, del male del mondo che anch’esso prolifera in
forma di caos, accumula metastasi di dolore e marcescenti trionfi. Ecco la natura del
barocco di Consolo, del suo
lessico e della sua sintassi: un
barocco compositivo e concettuale, mai esornativo, formale; dove l’eccesso e l’azzardo sono funzionali, «tengono»
la narrazione, e veicolano significati che altrimenti non
potrebbero essere espressi.
E così la storia dello scrittore siciliano esule a Milano,
del suo fallimento di padre
(già parricida e ora «disfatto
padre», nella sua impotenza e
nelle sue responsabilità di
fronte a un figlio delle sue illusioni, inevitabilmente ribelle), del suo ritorno all’isola
avvertita come «matrice di
ogni male, estremo lembo,
perenne scivolio, annientamento», si configura come
l’autobiografia collettiva e
l’esame di coscienza che
mancano alle due o tre generazioni che hanno fatto o disfatto l’Italia d’oggi, e alla nostra intellighenzia così poco
incline agli esami di coscienza, votata com’è al trasformismo e alla mera perpetuazione di sé.
E la tragedia collettiva in
cui quell’esame di coscienza
non può non sfociare, l’apocalisse civile e il cruento simbolo del fallimento, è la strage di via D’Amelio, preparata
da un infittirsi di oscure trame e di macabre epifanie, da
uno strazio di madre modulato sullo spartito d’uno Sta-,
bat Mater, e infine da un pudico sfiorarsi e implicito simpatizzare dei due personaggi,
lo scrittore e il giudice, che
ha il sapore di una doverosa e
liberatoria riconciliazione,
dopo le polemiche sul «professionismo dell’antimafia»,
su Sciascia e il pool di Palerrno, che avvelenarono gli ultimi anni di Sciascia e indebitamente oscurarono la sua
limpida testimonianza e il
suo insostituibile ruolo, ma
anche la testimonianza e il
ruolo della letteratura, trascinata sul banco degli imputati
ove non esprimesse ottimismo e consenso.
(’) Vincenzo Consolo: Lo spasimo di Palermo. Milano, Mondadori, 1998, pp. 133, £25.000.
6
PAG. 6 RIFORMA
venerdì 15 GENNAIO 199g
Presentato a Palermo il libro di uno scrittore protestante tedesco sulla Sicilia
Andata e ritorno nel mondo lìbero
La battaglia di libertà di un cittadino che fronteggia il potere assolutistico del
regime dell'ex Ddr. I problemi e le prospettive della riunificazione della Germania
FRANCO CALVETTI
A Palermo c’è un luogo privilegiato per parlare di libri e di cultura: la libreria Sellerio. Accolti dall’accattivante
sorriso di Elvira Sellerio eravamo in molti a rispondere
all’invito della più prestigiosa
editrice del Sud per incontrare l’autore de La passeggiata
da Rostock a Siracusa* di Friedrich Delius. Tradotto a intermittenza dal tedesco, l’autore
ha ripercorso l’iter creativo e
di scrittura del suo ultimo libro, le motivazioni che lo
hanno spinto a occuparsi dell’argomento (fuga dalla Germania Est per anelito di libertà) e ad appassionarsi alla
vicenda del cameriere Gompitz. Il cameriere nell’estate
del 1988 raggiunse con una
piccola imbarcazione di fortuna le coste della Danimarca, eludendo la rigorosa sorveglianza dei guardacoste. A
preparare la fortunosa impresa Gompitz lavorò otto anni
in assoluta clandestinità.
Quale fu la molla che lo accompagnò in tanta cocciutaggine? Visitare l’Italia e spingersi fino a Siracusa sulle orme di un suo conterraneo, tale Seume, che scrisse Passeggiata fino a Siracusa nell’anno
1802. Ma quel che di particolare ci incanta è che il protagonista vuole sfidare le autorità della Germania orientale
che credono che un muro,
quello di Berlino, sia invalicabile e sicuro. Il cameriere
Gompitz non solo vuole evadere dal suo paese prigione
ma, compiuta l’impresa, vuole ritornare dal «mondo libero» per spiegare a tutti che
anche un umile può vincere la
sua battaglia contro le assur
A cavalcioni di quelio che resta del Muro
de logiche del potere. E commovente è l’aspirazione a percorrere le strade italiane: «Vedi l’Italia e poi muori...». Testardaggine, capacità di intuizione, logica, determinazione,
sangue freddo, esaltazione
per il viaggio accompagnano
il personaggio che, da piccolo
cabotaggio, diventa a mano a
mano più grande, quasi eroe.
E Siracusa, la meta agognata,
non lo delude: «La città è
semplicemente incantevole
con la sua ricchezza di forme
architettoniche. Tutti gli strati
culturali del nostro secolo
hanno lasciato qui delle tracce. Qui anche senza grosse
opere di manutenzione tutto
rimane per anni. Se solo non
installassero impianti elettrici
e condutture d’acqua in maniera così approssimativa...».
Nel dibattito che è seguito,
allietato da un sontuoso banchetto a base di dolci della
tradizione siciliana, Delius ha
risposto a numerose domande. Ci ha incuriosito la sua risposta alla domanda: «Che
cosa la spinge a scrivere?». Ha
dichiarato di essere protestante, figlio di un pastore luterano: in quanto tale è affascinato dalla Parola che fa sì
che gli uomini trovino nelle
parole tracce della Signoria di
Dio. Delius ha ricordato che
da piccolo confondeva la Parola biblica di Dio con le parole del padre, tanto che i sermoni erano per lui parola di
Dio. Delius ha svelato un altro
particolare della sua infanzia;
dice di essere nato a Roma nel
1943, l’ultimo anno in cui suo
padre fu pastore nella chiesa
luterana di via Sicilia a Roma;
costretti a abbandonare Roma nel maggio del ’43, Roma
e l’Italia avranno sempre in
Delius un posto di riguardo.
Parliamo del muro di Berlino
abbattuto, della difficile situazione dei tedeschi dell’Est che
mal si adattano all’impostazione politica e economica
della Germania Ovest, del
senso di smarrimento che
manifestano, dell’aspirazione,
per alcuni, a ritornare come
prima. E lui? È convinto assertore dell’unificazione della
Germania, della via della riconciliazione, dei progetti di
solidarietà per chi è stato oppure è ancora in difficoltà.
(*) Friedrich Christian Delius: La passeggiata da Rostock a
Siracusa. Palermo, Sellerio, 1998,
pp 176, £ 15.000.
Una conferenza del pastore Fulvio Ferrario al Centro culturale di Milano
Come sì è codificato nel tempo il dogma cristologico?
GIGI RANZANI
UN diffuso pregiudizio
verso la tradizione dogmatica in teologia, esistente
anche nelle nostre chiese,
non ha frenato la partecipazione di pubblico alla conferenza tenuta il 17 dicembre
dal pastore Fulvio Ferrario
per il Centro culturale protestante di Milano, su un tema
assai impegnativo: «Lo sviluppo del dogma cristologico». Si
trattava del secondo incontro
di quattro previsti, proposti
sotto la denominazione comune di «storia del pensiero
cristiano antico», organizzati
in collaborazione con il Corso
di formazione teologica a distanza della Facoltà valdese di
teologia. Il pregiudizio antidogmatico ha fatto comunque capolino in alcune domande fatte nel corso del dibattito seguito all’esposizione. Esso trova una generica
giustificazione nell’idea che la
dogmatica sia un frutto dei
processi di «grecizzazione»
della fede cristiana, che insieme alla statalizzazione della
chiesa, nel corso dei primi secoli, sarebbero poi stati responsabili del rapido sviluppo
di dinamiche repressive e del
clericalismo ecclesiastico.
Ferrario, conscio del sospetto metafisico che grava
sulla cristologia, che della teologia dogmatica è parte essenziale, si è impegnato a fondo per dimostrare che le radici delle primitive testimonianze cristologiche stanno
conficcate nelle Scritture, nella fede e nella storia di Israele.
È stata la luce dell’incontro
con Gesù di Nazaret, la luce di
Pasqua, a permettere alla
chiesa primitiva di rileggere le
Scritture e cogliere il compimento della rivelazione del
Dio di Israele in Gesù. E tutto
ciò, si badi, non nell’evidenza
della gloria di Dio in Gesù, ma
della fede «che constata». In
questo quadro, due sono le
vie di elaborazione cristologica che ci sono pervenute dalla
comunità primitiva la prima
parte dalla dinamica dell’uomo Gesù e dallo sviluppo della sua storia di obbedienza e
figliolanza con il Padre, fino
alla resurrezione. Ferrario l’ha
chiamata «cristologia dal basso», quella dei Vangeli sinottici e di Marco in particolare,
che fanno riferimento, per
esempio, alle profezie di Isaia
del «servo sofferente» e del
«principe della pace». La seconda è la dinamica «dall’
alto», che parte dall’eternità
di Dio e che segue lo sviluppo della teologia veterotestamentaria della Sapienza, espressa anche nella teologia
giovannica della preesistenza
del Verbo che si fa carne. Ma è
sbagliato pensare che questa
sia solo un’elaborazione tardiva, basti pensare all’inno di
Filippesi 2, 5-11. Tutti e due i
casi, dunque, hanno piena attestazione già nel Nuovo Testamento. Mentre il primo
modello si afferma a Antiochia, il secondo avrà il suo
centro di elaborazione principale a Alessandria d’Egitto. La
dialettica tra i due modelli
starà alla base dei grandi dibattiti (o scontri) conciliari
svoltisi nel corso di circa sei
secoli, nel bel mezzo di eventi
Il past. Fulvio Ferrrario
epocali quali il declino e la divisione dell’impero romano
fino alla fine del suo tronco
occidentale.
Nel ricordare i temi dei più
significativi dibattiti conciliari, Ferrario ha illustrato la
progressiva definizione avuta
dal dogma cristologico, in
funzione prima delle posizioni di tipo docetista o ariano,
che tendevano la prima a negare l’effettività della natura
umana di Cristo e, la seconda, a negarne la piena divinità. Così al Concilio di Nicea
del 325 si raggiunse per la prima volta l’affermazione della
consustanzialità (omoousia)
tra Cristo e Dio Padre. Da
questo punto si aprì la questione della relazione tra le
due nature, divina e umana,
presenti in Cristo, che dovette
trascinarsi fino al III Concilio
di Costantinopoli del 680. In
queste brume ci si imbatte,
per esempio, nella portata
originaria dell’espressione
paradossale: Maria, madre di
Dio, coniata nel fuoco polemico per spiegare e affermare la coesistenza delle due
nature in Cristo. Il dogma cristologico che noi conosciamo, e che la generalità delle
chiese cristiane confessano, è
però quello stabilito nel 451 a
Calcedonia. Concluso questo
rapido ma esaustivo giro
d’orizzonte, Ferrario ha messo in guardia i presenti contro una moderna tendenza a
liquidare la cristologia a vantaggio di un più comodo docetismo o, peggio, di una
gnosi già galoppante. In questo senso l’esperienza del dibattito cristologico in età
classica è un vaccino benedetto per le chiese di oggi.
La chiarezza espositiva
dell’oratore ha facilitato il
pubblico nell’acquisizione di
temi spesso considerati ostici. Vale la pena però di registrare una lacuna: l’assenza
di riferimenti alle basi socioreligiose di cui erano espressione, nella vita sociale e politica, le rispettive posizioni
teologiche in contrasto. Insomma, una contestualizzazione nella storia reale, si direbbe oggi, che avrebbe reso
con maggiore realismo il senso storico delle problematiche e dei contendenti. Si sa,
per esempio, che in concomitanza con alcune decisioni
conciliari dei primi secoli si
produssero sollevazioni popolari accanto a rotture istituzionali. Questa mancanza
rischia di lasciare in ombra la
vita di fede e testimonianza
delle comunità protagoniste
di questo grande quadro della
cristologìa antica.
Un testo teatrale e una riflessione
Spe'
art. :
In CI
aim
L'Ed
L'invettiva di Brancati
contro l'ipocrisìa dei costumi
SERGIO N. TURTULICI
EMBRA un sogno che
nel 1952 noi siamo di
nuovo a questo punto. L’Italia non si stanca mai di essere un paese arretrato. Fa
qualunque sacrificio, anche
le rivoluzioni, pur di rimanere vecchio». Correvano gli
Anni 50 quando Vitaliano
Brancati, scrittore siciliano,
antifascista ma prima ancora
liberale autentico e quindi
fuori dagli schemi ideologici
e dagli schieramenti di parte,
pronunciò questa sentenza
senza appello sull’Italia di allora, clericale, illiberale, bacchettona, appena uscita dal
fascismo e subito consegnatasi alla De e all’influenza vaticana. Quell’Italia che di lì a
poco vedrà processati e messi alla gogna per adulterio
Fausto Coppi e la sua «dama
bianca». Nel 1950 Brancati
aveva scritto una commedia.
La governante*, destinata poi
a grande successo ma allora
caduta sotto i fulmini della
censura e vietata alle scene.
In difesa della sua commedia, della libertà di pensiero, di espressione, Brancati
scrisse Ritorno alla censura,
un pamphlet da lui stesso definito ustorio e violento.
Protagonista della commedia è Caterina Leher, ragazza
francese, calvinista e omosessuale che va governante a
Roma presso la famiglia siciliana di Leopoldo Platania.
Quando si scopre la relazione
sessuale della governante
con lana, la servetta di casa,
Caterina per salvarsi calunnia lana e quando la serva
cacciata via muore in un incidente, Caterina resta sconvolta sino al suicidio. Un
dramma quindi. La governante, sulìa calunnia, il rimorso, la responsabilità personale, il giudizio contro se
stessi, la violenza sociale sull’individuo. Neanche tanto
pruriginoso. Ma la novità di
un dramma centrato sulla
doppia diversità della protagonista, insieme di fede protestante e lesbica, sollevò la
«pruderie» ipocrita del regime, fece montare con lo
scandalo la censura clericogovernativa.
L’editore Bompiani ha ora
ripubblicato con il testo teatrale anche Ritorno alla censura. Possiamo fare nostra
l’osservazione di Domenica
Perrone che ha scritto ora la
prefazione ai due testi di
Brancati: «È sorprendente come ancora oggi, a quarantacinque anni dalla sua pubblicazione, Ritorno alla censura
conservi intatta la sua carica
polemica. Non c’è più la De
(ma quanta parte della sinistra non fu allora complice?)
ma quell’attacco contro il
profilarsi di una nuova tirannide si rivela profondamente
attuale». Ed è così. Forse ogg
nessun tribunale arriverebbe
a condannare Coppi e la sua
compagna, forse la maggiore
tolleranza, il relativismo ij
fatto di costume ha stemperato la diversità dell’essere
omosessuali e la secolarizzazione la diversità dell’essere
in Italia, protestanti.
Ma resta il fatto che il fi),
traggio e la manipolazione
delle notizie, il condizionamento della libertà di pensiero, di espressione, di manifestazione di modi di essere
esistenzialmente, cultural-|
mente, politicamente noni
conformisti sussiste in forme
forse ancora più subdole ini
questo paese «che rimane!
vecchio». Dove l’editore puro '
di giornali non esiste più perché quasi tutta la stampa cosiddetta indipendente è nelle
mani di industriali e finanzie-;
ri legati al carro del protezio- j ‘
nismo di stato e quindi di go- Ì
verno. Dove metà delle tele-ì
visioni nazionali è controllata: ■
dal governo e l’altra metà dal) ;
capo dell’opposizione. Dove| '
chi studia la storia e la inter- í ■
prêta fuori dai canoni cristal-; ;
lizzati come «politicamentej .
corretti» passa per «revisionista» e chi scrive romanzi non
li vende se non attraverso i
giusti salotti di intrattenimento mediático, a meno
che abbia così tanto talento
da imporsi a prescindere da
quei canali. Dove il consenso
politico del mondo cattolico,
di quello più retrivo, è barattato dai politici con smaccate ostentazioni di sindoni e
giubilei. Dove la stessa compresenza con pari dignità di¡
scuola pubblica e privata,
che di per sé è momento di
civiltà europea, è fatto oggetto di bassi mercanteggiamenti compromissori.
Ho visto La governante a:
teatro l’anno stesso del suo
dissequestro censorio, nel
1966, e ne ho letto il testo
ora. Dico che forse la forza
della denuncia culturale e
politica, la tensione etica che
ispirano la commedia non si
risolvono sul piano letterario
e drammatico in altrettanta
felicità espressiva. Ma resta
la novità per l’Italia e la sua
cultura di questo testo, la
bruciante attualità dei temi
della responsabilità individuale, della difficoltà di attingere una misura morale in
un mondo che cambia e palesa la perdita di valori accomunanti, di sicurezze consolidate. E la bruciante attualità di Ritorno alla censura,
che affianca la commedia e,
letto ancora oggi, mostra
quanta poca strada, in mezzo secolo, abbiamo fatto verso i parametri di un paese
normale dell’ocddente.
ga;
chi
COI
pei
ghi
inf
soc
ne
mil
mo
Pai
prc
stai
sor
gio
Cri;
Si
str
co
(*) Vitaliano Brancati: La governante. Milano, Bompiani,
1998, pp 188, £ 12.500.
L'Italia di «Lascia o raddoppia?»
La
Piner
stero
genn;
rio a
Morg
nistei
ma i
da, di
il sim
il pur
lutare
prend
non è
sta ati
taceo
dall’!
una n
con s
mond
zione
bilim
gliare
nel Pi
luned’
la Fin
tante
tuazii
Morgi
stero
sere :
adess
molto
f flo po
»Cassa
ììnaria
ffine c
idei r a
jraggi
ii(«Ragg
I - dice
f ipreser
J Un am
1- lavora
! Vare e
ì miglic
[ attuai
F'quest;
anche
ili e de
tori pi
imo la
-Lanza
alPon
;i buona
j menti
che di
futuro
7
) 1999
le
imi
■se ogg
erebbe
■ la sua
aggiore
smo ili
mperaessere
arizzaessere,
e il filazione
zionaaensie-.
aanifeessere,
Itural-i
te noni
forme;
loie ini '
imanei
■e puro:
iù peripaco- .
è nelle i
lanzie-,
0 lezio-i !
idigo-j
e tele-i ,
Tollatai .
età dall ;
- Dove
1 intercristal-1
mente'
isioni- ;
izi non j i'
versoiI ;
itteni-j. i
meno! i
alento
ere da
asenso
tolico,
baratnaccadonie
1 com-;
nità dii
ivata,
nto di
ogget
5ggia
spedizione in a.p. 45%
art. 2 comma 20/B legge 662/96 - Filiale dITorIno
In caso di mancato recapito si prega restituire
ai mittente presso i'Ufficio PT Torino CMP Nord.
L'Editore si impegna a corrispondere il diritto di resa.
Fondato nel 1848
LAVORI DEI MINORI — Sabato 16 gennaio una delegazione dei comitati promotori della «Global March» si recherà dal presidente della Camera, Luciano Violante, per
consegnare una petizione firmata da migliaia di persone
perché venga approvata anche in Italia una legge che obblighi i produttori a segnalare i prodotti venduti «senza lavoro
infantile». Tra i promotori di questa iniziativa, oltre alla Associazione per la pace della vai Pellice, ci sono anche alcune chiese evangeliche. Il lavoro dei bambini riguarda 140
milioni di ragazzi e ragazze di età inferiore a 14 anni nel
mondo e almeno 300.000 in Italia. La petizione sollecita il
Parlamento italiano a approvare una legge che obblighi !
produttori a dichiarare che nel processo produttivo non è
stata utilizzata manodopera infantile. Le proposte di legge
sono state sottoscritte da tutti i gruppi politici. Anche in Regione è stata presentata una proposta di legge analoga.
D
T
A <1
A A -A
VENERDÌ 15 GENNAIO 1999 V ANNO 135 - N. 3 LIRE 2.000-EURO 1,03
E quasi innaturale che Pramollo e i piccoli Comuni
osteggino la legge Galli e i
provvedimenti applicativi. La
loro tranquillità, con la costituzione dell’Autorità d’ambito
e dei gestori ne guadagnerebbe: niente più denunce per inquinamenti relativi al ciclo
delle acque, nessun problema
di approvvigionamento, di
bollettazione e riscossione, oltre ai soliti di funzionamento
della rete distributiva. L’aspetto fondamentale di questa
opposizione trova però giustificazione non tanto nei minori
introiti, aspetto da non sottovalutare, quanto piuttosto nel
maggior costo del servizio che
l’utente dovrà fronteggiare te-'
nulo conto di quanto già deve
pagare per la scelta di vivere
I COMUNI MONTANI E LA LEGGE GALLI
LIBERA SCELTA?
RENATO RIBET*
in montagna. In più nell’Autorità d’ambito siedono i presidenti delle Comunità montane, i sindaci rappresentanti gli
altri Comuni e il presidente
della Provincia di Torino: al
momento della determinazione delle tariffe e degli investimenti nessun piccolo Comune
potrà esporre il proprio punto
di vista. Non è per diffidenza
montanara, tuttavia riteniamo
che tale organismo non appor
ti efficienza, se l’efficienza è
misurabile dai minori costi e
non solo da potenziali migliori
servizi. Noi chiediamo che
vengano introdotte deroghe
per i Comuni di ridotte dimensioni onde possano continuare a gestire questo servizio. Crediamo di poterlo offrire in modo adeguato e a costo
minore, il minimo che riteniamo debba essere garantito a
chi ha scelto di risiedere in
questi Comuni e ne paga giornalmente il prezzo. Crediamo
che se una funzione è ancora
posta in capo ai nostri Comuni, questa sia di garantirsi la
libertà delle scelte, non vincolate da imposizioni finanziarie
o standard altrove pensati; come possono compromettere la
risorsa idrica i Comuni montani quasi disabitati? Da questo punto di vista la legge
Galli dai buoni fini, calibrati
però per altre realtà, rappresenta un grave colpo agli enti
locali, anche se incombono
provvedimenti dagli effetti
ancora più disastrosi e nefasti
per la vita delle nostre Comunità montane. Esiste forse un
disegno di liquidazione dei
piccoh Comuni?
* sindaco di Pramollo
Crisi Beloit
Si cercano
strade nuove
col governo
Occhi puntati sui telefonini a causa del boom natalizio ma anche per le tariffe e per il ripetitore di Luserna
Cellulare: strumento dì lavoro o fonte dì allarme sociale?
PIERVALDO ROSTAN
antei
el suo
o, nel
testo
forza
rale e
ca che
non si
:erario
ttanta
i resta
la sua
;to, la
i teiiii
ndlvidi atrale in
e paacco:onsoattuaisura,
idia e,
ostra
mezo verpaese
Lago
pianii
La crisi della Beloit Italia di
Pinerolo è approdata al ministero dell’Industria. Lunedì 11
gennaio infatti il sottosegretario all’Industria, Gianfranco
Morgando, e i tecnici del ministero hanno incontrato a Roma i rappresentanti dell’azienda, dei sindacati confederali e
il sindaco di Pinerolo per fare
il punto della situazione e valutare eventuali iniziative da
prendere. La situazione certo
non è rosea vista la crisi che
sta attraversando il settore cartaceo e r intenzione dichiarata
dall’azienda, che fa capo a
una multinazionale americana
con sedi distaccate in tutto il
mondo, di trasferire la produzione da Pinerolo ad altri stabilimenti in Europa e di tagliare sul personale presente
nel Pinerolese. «L’incontro di
lunedì - dice Enrico Tron della Firn - è un tassello importante nelTevolversi della situazione. Il sottosegretario
Morgando e i tecnici del ministero hanno dimostrato di essere sensibili al problema,
adesso però rimane ancora
molto da costruire». Il governo potrebbe spingere verso la
Cassa integrazione straordinaria avviata dall’azienda alla
fine di novembre sulla base
dell’accordo faticosamente
raggiunto con i lavoratori.
'«Raggiunto questo obbiettivo
dice fon. Giorgio Merlo,
presente all’incontro - ci sarà
Un anno di tempo per provare,
lavorando tutti insieme a trovare delle strade nuove per
migliorare il piano industriale
attualmente sul tavolo». E
questa sembra essere l’idea
anche dei sindacati confederali e dell’Associazione lavoratori pinerolesi (Alp). «Vogliamo lavorare - dice Enrico
'Lanza, di Alp, in una lettera
lalTon. Morgando - per una
[buona applicazione degli strumenti e per costruire un piano
che dia maggior certezza al
f futuro di questa azienda».
Il telefonino è al centro delle discussioni di questi
giorni: aumento delle tariffe
(ma solo per alcuni tipi di
contratto e per chi chiama dal
un telefono fisso ad un apparecchio mobile e forse, quando il giornale uscirà ci saranno anche stati dei correttivi) a
livello nazionale e ripetitori
Tim in vai Pellice, a Luserna
e Bricherasio, posti in siti che
la popolazione ritiene non opportuni. C’è dunque da sentirsi traditi dal cellulare diventato per molti uno «status simbol» prima ancora che un utile strumento di lavoro?
Ancora nel periodo natalizio il telefonino è stato un oggetto da regalo; in fondo le
tariffe oggi sono assai più abbordabili di pochi anni fa: si
va da un costo non molto sopra le 200.000 lire fino a ben
oltre il milione, per non parlare delle possibilità di «rottamazione» che, pur riguardando solo alcuni tipi di apparecchio, consente di portare a casa un telefonino anche con
150.000 lire. «In realtà sotto
Natale abbiamo venduto più
o meno come Tanno scorso commenta Ivano Benech del
Punto In Sip di Torre Pellice,
un negozio che da quando si
sono diffusi i cellulari ne ha
messi in circolo circa un migliaio -; in compenso, quando si è diffusa la notizia degli
aumenti tariffari, tra l’altro
non sempre correttamente,
siamo stati sommersi di utenti
preoccupatissimi».
Ma non si è rinunciato ad
usare il telefonino, anche perché, come ricordano ancora al
«Punto», «Oggi sta diventando conveniente chiamare cellulare da cellulare rispetto non
solo a cellulare da fisso ma
anche da fisso a fisso, specie
in teleselezione». E a confermare che si continua ad usare
intensamente il telefonino, ci
sono anche i tabulati dell’ormai famoso ripetitore di Luserna Alta che nei primi giorni
dell’entrata in funzione ha fatto registrare livelli di traffico
telefonico vertiginosi. L’impianto che a Luserna vorrebbero spostare, serve sostanzialmente il territorio della vai
Pellice compreso fra Bricherasio (dove ne sta sorgendo un
altro) e Torre Pellice; chi usa
un cellulare Tim in questa zona si sarà accorto che il segnale è nettamente migliorato.
Preoccupati sulle possibili
conseguenza per la salute degli abitanti del borgo e soprattutto dei bambini che frequentano la scuola elementare sono
i cittadini che sabato scorso
hanno costituito un comitato
dei residenti che si impegnerà
con i genitori e, a sentire il
sindaco Ghibò, anche l’amministrazione comunale per far
traslocare il traliccio in un sito
più lontano. Sarà possibile?
Sul tappeto ci sono almeno
due nodi: i costi sostenuti dalla Tim per realizzare la struttura da chi sarebbero coperti
in caso di spostamento posto
che rimpianto è stato costruito con regolare concessione
edilizia? E soprattutto ci sono
aree idonee nei pressi? «Il terreno è stato individuato su base cartografica dai tecnici Tim
- spiega il geometra Alberto
Ughetto consulente del gestore telefonico -; mi sono recato
sul posto ed ho saputo che la
proprietà di quel terreno era
della famiglia Merlo. Definito
il contratto di affitto ci siamo
Al seguito dei Mille di Garibaldi i
predicatori valdesi raggiungono
l’Italia meridionale. I centri di irradiazione della predicazione sono Palermo e
Napoli. Nelle due ex capitali opera il pastore Giorgio Appia. È fratello del chirurgo Luigi, che aveva soccorso i feriti
delle battaglie di Solferino e San Martino
(1859) fondando col medico Dunant l’organizzazione intemazionale della Croce
Rossa, ed egli stesso ha soccorso feriti
austriaci e pontifici tradotti in prigionia
in Piemonte. A Napoli, quando vi giunge
G. Appia nel 1860, un gruppo è già stato
costituito dalle conferenze tenute dal magistrato Albarella d’Afflitto. L’Appia,
dopo qualche anno appoggiato dalla colonia svizzera, riesce ad affittare dei locali per una presenza stabile, nel chiostro
di San Tommaso d’Aquino (1863), e a
costituirvi una solida chiesa che richiede
presto l’aiuto di un secondo pastore (...).
In Sicilia, i valdesi sono i primi evangelici e per un certo tempo gli unici. Il
IL FILO DEI GIORNI
CON I «MILLE»
MARIO CIGNONI
colportore Cereghino arriva subito dopo i
garibaldini, seguito presto dal pastore
Appia che inizia l’opera a Palermo dove
stabilisce la sua residenza (1861-63). La
comunità è costituita principalmente da
borghesi colti e benestanti ma, quando si
converte il segretario della Società operaia, le porte della chiesa vengono varcate anche da persone umili. Presto le gerarchie ecclesiastiche aizzano le folle
contro l’opera dell’Appia, il suo locale di
culto è assalito, la forza pubblica interviene arrestandolo con alcuni altri valdesi. Quando tornerà a Napoli verrà sostituito dal pastore scozzese G. Simpson
Kay che inaugurerà le scuole nel 1865.
A Girgenti un colportore valdese provoca una reazione del clero per cui il prefetto fa arrestare il parroco (1861). A Catania il gruppo sorge spontaneamente
quando il prete A. Bellecci inizia a leggere la Bibbia del Diodati e i trattati del
Desanctis (1862-63). Il gruppo che lo segue diviene presto evangelico e, sempre
guidato dal Bellecci (ormai ex prete), si
mette in contatto col Kay che viene a incontrarlo da Palermo, poi col Gregori da
Napoli, che subito dopo avere inaugurato
un nuovo locale qui morirà di colera nel
1867, e con TAppia. In fine il pastore A.
Malan (1868) darà solidità alla chiesa e
si spingerà a predicare e a costituire i
nuovi gruppi di Trapani (1869), di Barcellona Pozzo di Gotto e di Messina
(1869) dove assiste alla conversione di
un «mafioso», termine ancora sconosciuto ai piemontesi.
(da/valdesi in Italia 1848-1870, in Dalle
Valli all’Italia 1848-1998, ed. Claudiana)
recati in Comune col progetto
per chiedere la concessione
edilizia». Dopo 70 giorni è arrivata l’autorizzazione comunale; un tempo, a dire del geometra Ughetto, assai lungo.
Segno che sono nate subito
delle perplessità?
«Non direi - puntualizza
Ughetto -; Tunica osservazione propostaci dal tecnico del
Comune è andata nella direzione di realizzare una siepe
attorno alla recinzione, di installare un container diverso
con un tetto rivestito in lose e
le pareti di legno. Per quanto
riguarda gli eventuali rischi
alle richieste del Comune sono state fornite tutte le documentazioni sulla struttura che
si andava a creare, in linea col
dettato della legge regionale
che regola la materia, una legge recente e assai restrittiva».
Nel corso della animata assemblea di sabato scorso a
Ughetto non è stata data la parola («è un’assemblea di residenti» ha chiosato Celeste
Martina che ha coordinato la
riunione); forse sarebbe stato
utile almeno a livello informativo: l’antenna installata ha
una potenza inferiore ai 50
watt e dunque, secondo i tecnici Tim, di nessuna pericolosità per gli abitanti della zona.
Ma il comitato si è costituito e appare agguerrito: «L’antenna deve essere spostata in
zona non abitata - tuona Celeste Martina che si fa portavoce del comitato -: è evidente che la giunta comunale
di Luserna ha sottovalutato il
problema. Noi non diciamo
che ci siano state delle illegittimità; affermiamo che l’impianto, accanto a una villa
storica e a 50 metri dalla
scuola elementare è inopportuno. Non è però accettabile
l’affermazione del sindaco
che a decidere oggi siano sono i tecnici; i poteri del sindaco sono accentuati rispetto
all’indirizzo e al controllo.
Un sindaco deve dunque capire quali possono essere le
conseguenze ambientali e sociali di un provvedimento».
8
PAG. Il
E Eco Delle Vao.i "\àldesi
VENERDÌ 15 GENNAIO 1999 y£NERI
Cronache
PINEROLO: RIPRENDE IL CANTIERE DELLA PISCINA — Il Comune di Pinerolo e la ditta Cogen, incaricata
dei lavori di costrazione della piscina nella zona degli impianti sportivi (nella foto), hanno raggiunto recentemente
un accordo che dovrebbe permettere finalmente il completamento della struttura. L’amministrazione della città ha
prorogato di 150 giorni i termini di esecuzione dei lavori,
cominciati ormai anni fa e per motivi vari più volte interrotti, così come richiesto dall’impresa attualmente incaricata.
La Cogen per parte sua si è dimostrata ancora disposta a finire i lavori dopo che il cantiere era stato fermato l’ultima
volta a causa di varie traversie dovute proprio alla ditta appaltatrice. «Ora l’augurio - dice il sindaco di Pinerolo, Alberto Barbero - è che i lavori riprendano al più presto senza
più intoppi e che la città possa avere finalmente, dopo anni
di attesa, l’agognata piscina».
INCENDIO A TORRE PELLICE — Erano circa le 4,30 di
martedì scorso quando un violento incendio si è sviluppato
al secondo piano di un’abitazione in via Miravalle a Torre
Pellice. Le fiamme, sviluppatesi probabilmente partendo da
una vecchia stufetta elettrica della proprietaria dell’abitazione, la maestra elementare Adriana Dematteis, hanno trovato facile esca nel solaio in legno della casa che è andato
distrutto. L’intervento dei vigili del fuoco ha impedito alle
fiamme di distruggere il tetto; i danni sono comunque ingenti: il secondo piano della casa risulta infatti inabitabile.
QUINTETTO DI OTTONI IN CONCERTO — Si svolgerà
sabato 16 gennaio alle 21, nel teatro del Forte, un concerto
del Quintetto italiano di ottoni; l’ensemble che si esibirà
nell’ambito delle iniziative dell’associazione musicale Divertimento, è composto da Francesco Tamiati (tromba), Flavio
Bergamasco (tromba), Ettore Bongiovanni (corno), Floriano
Rosini (trombone), Rino Ghiretti (basso tuba). Il programma
della serata comprende brani di Farnaby-Francies, Bach,
Ewald, Horowitz, Rota, Joplin ed autori anonimi.
INCONTRO SUI FRUTTETI BIOLIGICI — Da alcuni regolamenti Cee possono arrivare interessanti indicazioni per la
produzione di frutta con sistemi biologici; la produzione di
prodotti alimentari senza utilizzare pesticidi o prodotti chimici è un patrimonio della frutticoltura delle alte valli, a cominciare dalla castanicoltura. Oggi l’Europa tende a valorizzare
questi metodi, a salvaguardia della salute dei consumatori e
anche a protezione dell’ambiente. Interessanti aiuti economici possono derivare dai regolamenti Cee agli agricoltori sia
per vecchie che per nuove specie. Per presentare le opportunità di questo settore alla luce dei regolamenti Cee 2092/91 e
2078/92 il servizio agricoltura della Comunità montana vai
Pellice ha organizzato una riunione nella sala consiliare di
Torre Pellice, venerdì 15 gennaio prossimo.
PIOVE NEL NIDO: CHIUSO — Brutta sorpresa lunedì per le
operatrici e per i piecoli utenti dell’asilo nido di Torre Pellice: la nevicata di domenica, sul tetto piatto della struttura costruita nei primi Anni 70, ha provocato abbondanti infiltrazioni di acqua nelle sottostanti stanze. Il nido è stato così dichiarato inagibile dal sindaco e chiuso per un paio di giorni.
RINNOVATO IL PATTO CONSORTILE DEL CSI —
Nell’ultima riunione del ’98, l’assemblea dei soci del CsiPiemonte ha deliberato il rinnovo del patto consortile per
dieci anni, fino al 31 dicembre 2008, e ha deciso la costituzione di una commissione che riveda lo statuto entro il 31
marzo prossimo. Il nuovo statuto prevederà tra l’altro il
rafforzamento del ruolo di indirizzo del Consiglio di amministrazione e la presenza nello stesso degli enti locali e della
sanità. Il Csi, con 700 dipendenti e 120 miliardi di fatturato,
è la più grande realtà informatica piemontese al servizio
della pubbliea amministrazione locale.
PER RAFFORZARE IL «MADE IN PIEMONTE» —
L’assessore regionale all’Industria, Artigianato e Commercio, Gilberto Pichetto, ha di recente affermato che la Regione intende impostare un nuovo approccio per la promozione all’estero del «Made in Piemonte», anche a seguito
dell’assegnazione di deleghe specifiche da parte dello stato. Il primo passo è stato già fatto: l’accordo di programma
con il ministero del Commercio estero, a cui è seguita la
convenzione annuale per la gestione delle iniziative comuni, con una impegno finanziario complessivo di cirea 4 miliardi e mezzo. L’export piemontese è una realtà rilevante,
che ha ormai superato i 50.000 miliardi di fatturato annuo,
con un surplus rispetto aH’import di oltre 17.000 miliardi.
Le attività volte all’esportazione danno lavoro a eirca
150.000 persone, prevalentemente nei settori dell’auto e
componentistica, della meccanica, deH’agroalimentare, del
tessile e abbigliamento.
Per la pubblicità su
tei. 0121-323422, fax 0121- 323831
Con un accordo fra il Comune di San Germano e il Concistoro
Un volto nuovo per il centro
LUCIANO DEODATO
Nella sua ultima riunione
del ’98 il Consiglio comunale di San Germano Chisone ha approvato uno stanziamento di 50 milioni per
costruire un marciapiede che
faciliterà il traffico in via delle Scuole. La decisione fa seguito a una serie di incontri
tra il Concistoro della Chiesa
valdese di San Germano e
ramministrazione comunale,
per risolvere il problema della circolazione nella piccola
e stretta via delle Scuole.
L’unico sistema per allargare
la viabilità era quello di occupare una parte del giardino
del presbiterio, di proprietà
del Concistoro. I lavori da fare consistono nell’abbattimento dell’attuale recinzione
e nella ricostruzione, arretrata
però di circa un metro.
Il Concistoro, verificata
una disponibilità di massima
da parte del Comune, ha incaricato l’architetto Bounous di
elaborare un progetto per dare un assetto più dignitoso
all’area circostante la sala
valdese. Il progetto è stato
presentato all’assemblea di
chiesa e da questa approvato.
La spesa complessiva per il
riassetto di tutta l’area si aggira sui 170 milioni. Siccome
parte dei lavori saranno di
utilità pubblica, è stato possibile stipulare con il Comune
un contratto di comodato, per
cui il Concistoro concede in
uso gratuito una parte dell’area di sua proprietà e in
cambio il Comune si accolla
il costo dei lavori sulle aree
di pubblico interesse.
Quando il progetto sarà
compiuto, al posto del tetro e
fatiscente muro di cinta del
presbiterio si troverà una bella cancellata; un marciapiede
permetterà ai pedoni di camminare senza doversi schiaeciare contro un muro per permettere il passaggio alle auto.
Si pensi soprattutto ai bambini della scuola materna. Davanti al museo e al teatro vi
sarà uno spiazzo pavimentato, con aiuole e panchine; uno
spazio da vivere e degno ingresso al bel parco della Villa
Widemann.Queste opere si
aecompagnano ad altre che il
Comune sta eseguendo, come
il nuovo parcheggio nei pressi della fontana pubblica (dove ogni giorno vengono anche da fuori per fare provvista d’acqua) e che darà un po’
di sollievo al traffico, o altre
che intende eseguire, come
un riassetto della piazza XX
Settembre attualmente soffocata dalle auto in sosta.
Una sottoscrizione per restaurare il monumento in bronzo
Torre Pellice e il «suo» alpino
Probabilmente nessun corpo dell’esercito italiano è così
legato a un territorio come gli
alpini;'ed è un legame forte
non solo con le popolazioni
ma anche fra le generazioni:
ogni anno un raduno nazionale, centinaia'quelli locali, anche nelle nostre vallate. C’è
poi un ruolo ben preciso di
questo «corpo»: a volte tragico nella storia (basti pensare
agli alpini in Russia), a volte
carico di passione umanitaria
(vengono in mente gli interventi di ricostruzione e aiuto
nel caso delle più gravi calamità naturali del paese. Nel
Pinerolese, a conferma di un
fortissimo radieamento sociale e culturale, ci sono ben 48
gruppi Ana facenti riferimento alla sezione di Pinerolo; a
Torre Pellice il gruppo nazionale alpini eompie 70 armi: è
infatti datato 1“ dicembre
1929 il verbale di costituzione del gruppo. Rileggere i
verbali di un gruppo con tanti
anni di attività alle spalle è un
po’ riscoprire pagine di storia; «Fin dai primi anni di attività - ricorda Franco Sappé,
capogruppo Ana* di Torre Pellice - a quanto risulta dai verbali, si erano messe in atto
modalità di aiuto nei confronti di quegli alpini ehe non
avevano mezzi di sussistenza
per mantenere le famiglie».
Nell’esercito italiano non ci
sono soltanto alpini; spesso ci
si chiede il perché questa
grande unione: «Nelle truppe
alpine c’è un clima molto particolare - prosegue Sappé -;
forse perché il reclutamento
veniva fatto sostanzialmente
nelle zone montane e dunque
ci si trovava subito a condividere storie e cultura. La stessa
situazione si registra nel gruppo di Torre Pellice dove pure
sussistono grandi disparità di
età fra gli ultra 90enni e le ultime leve». Le Alpi come elemento di divisione o come
cerniera fra popoli, si dice
spesso, e gli alpini hanno rapporti anche con i colleghi
transalpini: «Come alpini della valle abbiamo sempre avuto rapporti diretti eon^li amici deH’altro versante; con
Abries, Ristolas, malgrado si
tratti di zone dove si sono
svolte azioni di guerra, abbiamo grandi rapporti di amicizia». Nel centro di Torre Pellice un monumento fa bella
mostra di sé dal 1923; anche
la sua storia è curiosa...
«L’autore del monumento,
che è diventato un simbolo
per Torre Pellice, è lo scultore Calderini; nell’ultimo conflitto bellico - ricorda Franco
Sappé - veniva chiesto ai cittadini di donare del ferro alla
patria per fare le bombe: così
il monumento rischiò di essere asportato ma il giorno in
cui gli operai si recarono in
viale Trento per portarlo via
si trovarono l’alpino ricoperto
di fiori e “presidiato” da una
moltitudine di donne in totale
silenzio, manifestazione organizzata dal poeta locale Parvus. Gli operai allora si rifiutarono di abbattere il monumento. A tanti anni dalla creazione del monumento ci siamo resi conto che intemperie
e smog hanno deteriorato il
bronzo e perciò vorremmo
realizzare un necessario lavoro di restauro. Grazie a un
primo contributo del Comune
e a una successiva raccolta di
fondi contiamo di riuscire nel
nostro obiettivo».
In funzione di questa raccolta un modello del tutto
identico ma in piccolo è stato
posto nella vetrina della farmacia Intemazionale dove si
raccolgono gli eventuali doni.
Il grappo Ana ha già in mente, per ricordare i 70 anni di
vita, altre iniziative: in estate
dovrebbe esserci un concerto
fra le vette e uno della banda
Ana e, con tutti i gruppi del
Pinerolese, si darà vita all’iniziativa «Stella alpina»; esemplari del noto fiore di montagna verranno distribuiti dietro
libera offerta: i proventi saranno devoluti al mondo
dell’handicap e più precisamente all’impegno della comunità Uliveto di Luserna
San Giovanni.
Incontri di valutazione e programmazione
Campi al Bagnòou
Gli animatori e le animatrici che nell’estate del 1998
hanno organizzato e gestito,
per conto della Chiesa valdese di Angrogna e in collaborazione con il 1“ circuito, i
campi per bambini e bambine
presso la «Ca d’ia pais» del
Bagnòou, si sono incontrati a
fine anno per valutarli e per
impostare quelli del 1999.
«Questi campi - dice il pastore Taglierò, che diede il
via all’iniziativa dieci anni fa
- sono autogestiti, nel senso
che i vari gruppi si preoccupano della gestione quotidiana (pasti, tempo libero, passeggiate, giochi) e dei contenuti. Ogni campo ha un tema
che impegna i partecipanti in
animazioni e discussioni.
Uno dei principali obiettivi
dell’iniziativa è infatti quella
di offrire ai partecipanti
un’esperienza di vita comunitaria a loro misura in un ambiente di collaborazione e di
crescita nella responsabilità. I
soggiorni sono differenziati
per fasce di età, secondo i criteri della scuola domenicale
(piccoli, medi, grandi o precatechismo) e la loro durata
varia da 4 a 6 giorni; la capienza della Casa non permette di accogliere più di una
quindicina di iscritti. Si tratta
dunque di campi «leggeri»,
che possono essere propedeutici a esperienze più impegnative nei grandi centri della
Chiesa valdese (Agape, casa
valdese di Vallecrosia).
La «Ca d’ia pais» è ovviamente anche aperta a gruppi
autogestiti che siano prioritariamente espressione delle attività delle chiese valdesi del
distretto delle Valli. «L’auspicio - dice ancora il pastore
Taglierò - è che le scuole domenicali del distretto e i grappi giovanili utilizzino sempre
di più la struttura per le loro
attività, e nel contempo forniscano anche degli animatori e
delle animatrici disponibili e
preparati alla gestione dei
campi. Non servono soltanto
organizzatori di cacce al tesoro ma anche cuochi! Per questo la chiesa di Angrogna invita durante l’inverno le persone interessate, non necessariamente giovanissime, ad alcuni incontri finalizzati alla
formazione, alla presa di responsabilità e all’organizzazione dei campi estivi. Più responsabili si riesce a formare,
più numerosi saranno i campi
organizzati: ogni anno, infatti,
dobbiamo rifiutare delle iscrizioni». Il primo incontro avrà
luogo domenica 21 febbraio
al capoluogo di Angrogna, a
partire dalle ore 10.
Nelle
Chiese
Valdesi
INCONTRO SULLA
DIACONIA — Si svolgerà venerdì 15 gennaio alle 20,45 a Villar Pellice un
incontro su «Evangelicità e
professionalità nella nostra
diaconia»; introduce il pastore Daniele Bouchard.
SETTIMANA DI PREGHIERA — Il primo circuito delle chiese valdesi e
la zona pastorale vai Pellice
della Chiesa cattolica organizzano una serata di preghiera e riflessione nel salone delle scuole mauriziane mercoledì 20 gennaio alle 20,30, in occasione della
Settimana di preghiera per
l’unità dei cristiani.
CONCISTORI — Alle
15 di domenica 24 gennaio
(ansiché il 17 come annunciato), al tempio di Pinerolo, incontro dei Concistori
delle Valli su «Le discipline valdesi»; relazione del
pastore Franco Becchino.
ANGROGNA — Mar
tedi 19 gennaio riunione
quartierale a Pradeltomo.
BOBBIO PELLICE —
Riunione quartierale martedì 19 gennaio alle 20.
LUSERNA SAN GIOVANNI — Giovedì 14
gennaio alle 20,45 al presbiterio inizia il nuovo dico di studi biblici sul battesimo, a cura del pastore
Pasquet. Domenica 17, alle
11, inizio della giornata
comunitaria a Bricherasio
con il culto. Riunioni quartierali: martedì 19 gennaio
alla frazione Gonin, mercoledì 20 alla borgata Peyrot, venerdì 22 Bricherasio.
Il Grappo donne insieme si
ritrova venerdì 22 gennaiq
alle 20,45 al presbiterio.
PERRERO-MANIGLIA — Riunioni quartierali: martedì 19 alle 14,30
alla Baissa, mercoledì 20
alle 14 alle Grangette.
PINEROLO — Venerdì
22 alle 20,30 incontro interconfessionale per la settimana di preghiera per
l’unità dei cristiani nella
chiesa cattolica di San
Lazzaro.
PRAMOLLO — Giovedì 14 alle 20 riunione ai
Pellenchi.
POMARETTO — Riu
nioni quartierali: giovedì
14 alle 15 all’Inverso Paiola, mereoledì 20 alle 20,30
a Pomaretto, venerdì 22 alle 20,30 ai Maurini.
SAN SECONDO —
Giovedì 14 gennaio alle
20.30 riunione quartierale
a Barbé.
TORRE PELLICE —
Riunioni quartierali: venerdì 15 agli Appiotti,
martedì 19 all’Inverso,
mercoledì 20 ai Chabriols.
VILLAR PELLICE —
Riunioni quartierali: mercoledì 20 gennaio alle
20.30 al eentro, venerdì 22
ai Ciarmis.
VILLASECCA — Gio
vedi 14 gennaio, alle ore
14,30, incontro dell’Unione femminile con la partecipazione di Bruna Peyrot
che parlerà delle donne
ugonotte prigioniere della
Torre di Costanza. Riunioni quartierali: lunedì 18 alle 14,30 alla borgata Trossieri, alle 20 a Villasecca,
martedì 19 alle 20 al Serre
Marco, mercoledì 20 alle
20 alla Roccia.
RADIO
BECKWITH
FM 91.SCXD~ 96.550
se
MnS
scuola pi
ta sia su
su altri,
diverse,
sono sin
duabili I
maggio«
ne, nella
vamento
tativi del
’per ^
sceni
spazic
per cc
¡gpiazia fedito
9
1999 ^æNERPÎ 15 GENNAIO 1999
1^«
E Eco Delle valu
PAG. Ili
>E
:SI
.LA
vol
0 ale un
itàe
3stra
1 pai.
RE
Girisi e
Ilice
)rgapre1 saizia
0 alleila
1 per
Alle
naie
nun
lero
stori
ipli
del
IO.
bar
ione
IO.
I____
nar
ilO
14
precilattetore
alle
nata
asio
|uarnaio
nerPeyìsio.
re si
naiq
I.
NI
rtie
4.30
ì 20
lerdì
I insetper
ella
San
jiole ai
[^iu
/edì
aio
3.30
’ al
alle
rale
ve
)tti,
rso,
)ls.
neralle
ì 22
licore
nioirteyrot
nne
ella
nio; alros:ca,
erre
alle
DIBATTITO
SCUOLA VALDESE
LUCETTA GEYMONAT*
»^olte voci sono intervejy|.nute nel dibattito su
scuola pubblica-scuola privata sia su questo giornale sia
su altri, offrendo prospettive
diverse. I nodi problematici
sono sinteticamente individuabili nell’esigenza di una
maggiore laicità dell’istruzione, nella necessità di un elevamento degli standard qualitativi della scuola pubblica e
privata, nella incostituzionalità dell’ipotesi di finanziai mento delle scuole private da
parte dello stato, nell’esigenza di garantire alle famiglie una maggiore gamma di
offerte formative, ivi comprese quella dell’istruzione privata. Come vive il Liceo valdese di Torre Pellice questa
fase problematica della scuolaitaliana?
La posizione assunta dalla
Chiesa valdese costituisce ini dubbiamente un punto di riferimento, ma non esime da
jOna riflessione legata alla
fspecificità di questa scuola,
'dieè, al tempo stesso, ema' nazione della Chiesa valdese,
istituto privato finanziariamente autonomo e scuola
pareggiata, avente gli obbli^ e i diritti della scuola statale. La riflessione va quindi
condotta su questi tre livelli.
Pur essendo un’opera della
Chiesa valdese, il Liceo si distingue per il carattere di non
cotìÉessionalità riscontrabile
nell’apertura a allievi e insegnanti indipendentemente
àalkifede religiosa che possanqàvere, ma soprattutto
nelfàssenza di un’impronta
«iilfessionale nella pedagogia
e nella didattica. Ci si può
iiiedere, quindi, quale sia il
senso dell’appartenenza alla
(Mesa valdese di una scuola
così caratterizzata.
In realtà questa posizione
non è contraddittoria. Le finalità che perseguono il Coiitato di gestione, la presilenza e gli insegnanti si ispirano essenzialmente a una
ioncezione laica della formatone dei giovani, intendendo
essa una formazione che,
deludendo ogni forma di imposizione dottrinale, favorisce l’affinamento critico del
pensiero e si esplica nella cattità di ricerca autonoma in
■totti i campi dell’apprendiWnto, manifestandosi positi''iniente anche nell’ambito
iO
della fede. Per questo non vi
è contraddizione nell’esistenza di una scuola valdese laica, tanto più significativa se
rapportata al contesto della
società italiana in cui una cultura acritica di matrice cattolica informa molti aspetti del
vivere, compresa la scuola.
Gli altri due livelli di riflessione concernenti rispettivamente il carattere di scuola
privata del Liceo e il pareggiamento vanno più propriamente considerati insieme. In virtù del pareggiamento, i cui cento anni sono
ricorsi nel 1998, il carattere
privato del Liceo si esplica
unicamente nella sua autonomia finanziaria, ottenuta grazie alle rette degli allievi e alle offerte dei sostenitori e delle chiese protestanti in Italia e
all’estero. Rispetto a una ipotesi di finanziamento da parte
dello stato, la posizione del
Comitato, come del resto della Chiesa valdese, è quella di
una non deroga dall’articolo
della Costituzione che consente l’esistenza della scuola
privata solo se senza oneri
per lo stato. Rispetto a possibili forme di finanziamento
indirette, quale la defiscalizzazione delle somme versate
per la frequenza, il Comitato
ritiene prioritaria l’esigenza
di mutamenti profondi nella
scuola privata, mirati a una
aconfessionalità dell’istruzione, nel senso precedentemente descritto, e a un elevamento dei livelli qualitativi.
Anche a costo di grossi sacrifici finanziari, il Liceo si
oppone a una operazione di
parità tra pubblico e privato
che, limitandosi ad alleviare,
in qualche modo, il disagio
finanziario delle scuole private, non incide minimamente
sulla qualità della scuola italiana ignorando, ancora una
volta, la profonda necessità di
una riforma mai attuata. Evitando il pericolo di immobilismo insito in un’attesa che
pare senza fine, il Liceo vive
questa fase tormentata della
vita della scuola italiana impegnandosi in una costante e
proficua tensione di ripensamento del proprio significato
e in una critica costruttiva
delle modalità di attuazione
del suo compito culturale.
* Presidente del Comitato del
Collegio valdese
La Foresteria Valdese
di Torre Pellice
cerca
n 1 cuoco/a
n 1 addetto/a alla sala*
n 1 addetto/a alla ricezione
e segreteria*
■^per queste mansioni è richiesta buona conoscenza di almeno 2 lingue (tedesco ed inglese)
Per maggiori informazioni telefonare al
11. 0121-91801 nei giorni lavorativi dalle 8,30
alle 12,30 entro il 23 gennaio 1999.
INFORMAGIOVANI VAL PELLICE
Via Roma 45 - Luserna S. Giovanni - 0121/900245
spazio adolescenti
♦
per confrontarsi sui temi dell’identità, la sessualità,
la vita affettiva, irapporti sociali, ecc.
Ogni martedì dalle ore 17 alle 19
iSgzia l'editore per lo spazio concesso_
A colloquio con la (dottoressa Laura Coucourde di Pinerolo
Aids: cambiano i soggetti a rischio
FEDERICA TOURN
I primi casi furono segnalati
nel 1979 in alcune comunità di eroinomani negli Stati
Uniti: si trattava di una malattia che evolveva nel sarcoma di Kaposi e portava alla
morte. Fu chiamata Sindrome
da immunodeficienza acquisita, e solo dopo si scoprì che
aveva origine in un virus che
attacca il sistema immunitario. A vent’anni di distanza
l’Aids continua a colpire, anche se oggi sono note le modalità di trasmissione e le
possibilità di prevenzione del
contagio.
Nel Pinerolese si riscontra
una situazione dell’espansione
del virus tutto sommato stabile: nel 1997, su 3.827 test effettuati, sono stati scoperti 10
nuovi casi di sieropositività, e
nel 1998 altri 5 casi su 4.280
test. «Di questi ultimi non c’è
nemmeno un tossicodipendente o un omosessuale - puntualizza la dottoressa Laura Coucourde, responsabile del laboratorio di Sierologia del Centro trasfusionale dell’ospedale
Agnelli di Pinerolo - e questo
dato evidenzia il fatto che la
vera categoria a rischio oggi è
quella dei frequentatori assidui delle prostitute».
Che cosa succede una volta
che il test risulta positivo?
«Dopo aver riscontrato la sieropositività - spiega la dott.
Coucourde - per verificare lo
stato di malattia bisogna eseguire un’altra serie di esami
sulla situazione immunologica
del paziente per verificare
quanto è compromesso il sistema immunitario. A Pinerolo non siamo attrezzati per
Il coro «Gabrieli» a Torre Pellice
Tra Riforma
e Controriforma
FERRUCCIO CORSAMI
Tra Riforma e Controriforma. Sotto questo profilo
storico-culturale, il coro «A.
Gabrieli» di Bagnolo Piemonte ha presentato a un pubblico
interessato alla buona musica
(Torre Pellice, 9 gennaio) una
scelta di cori sacri di grandi
compositori del XVI secolo.
Già all’inizio del concerto le
severe note del «tema regio»
(del re Federico di Prussia),
trattato con rigorosi contrappunti nella famosa Offerta
musicale dal grande Bach,
promettevano l’esecuzione di
opere di alto livello; Salmi e
Mottetti di Bourgeois, Goudimel, Palestrina, S^chutz e Hassler hanno documentato come
in quell’epoca musicisti cattolici e protestanti trattassero i
medesimi argomenti (per
esempio «Come la cerva desidera i corsi d’acqua», Salmo
42; o «Presso i fiumi di Babilonia», Salmo 137) ovvero
fossero .soliti comporre musiche sia per il culto protestante
sia per quello cattolico.
Le differenze fra i due tipi
di musiche non sono soltanto
esteriori (per esempio l’uso
delle lingue francese o tedesca
per gli uni, del latino per gli
altri), ma anche di forma e di
stile; i brani d’ambiente riformato si articolano quasi sempre su melodie di salmi ugonotti o di corali luterani; quelli
di matrice cattolica lasciano
spazio alla libera inventiva e
agli sviluppi polifonici che,
concedendo alle singole voci
maggiore autonomia, richiedono loro, d’altra parte, la
massima precisione e ricerca
d’equilibrio tra le «voci».
Il coro «Gabrieli» ha dato
ancora una volta prova di ottima preparazione sia tecnica
sia stilistica; a noi è parso do
tato di maggior consapevolezza e immedesimazione
nell’esecuzione delle musiche
riformate, rese con grande
compattezza timbrica e nello
stesso tempo con lucidità e
compunzione; in alcuni brani
di stile «romano» si è peraltro
notata la capacità di operare
sfumature e mutamenti coloristici di gusto raffinato, come nello splendido finale del
Sicut cervus di Palestrina. La
ciliegina sulla torta, per così
dire, è stata l’esecuzione del
coro Ein feste Burg («Una
forte rocca») di Hassler, con
organo, nel quale l’autore ha
saputo fondere la robustezza
della melodia attribuita a Lutero con le eleganti e ricche
fioriture della polifonia.
Il concerto comprendeva
anche due sezioni di musiche
per organo; va dato merito al
giovane organista Silvio Pinamonti di aver saputo scegliere
brani che non si odono frequentemente; inoltre di aver
sagacemente trovato nella
gamma di un organo moderno
i registri adatti per eseguire
musiche barocche, sia quelle
più rigorose e meditative, sia
quelle più fastose e prodighe
di veloci cascate di note, e di
effetti sonori, come la Ecofantasia di Sweelinck. Forse il
Ricercare a sei voci di Bach
era un po’ arduo da seguire
per il pubblico, ma questo ha
trovato senza dubbio interessante l’esecuzione integrale
del «Forte rocca» per organo
di Bach, che siamo soliti sentire, appena accennato, come
sigla del culto evangelico su
Radiouno. Cordiali applausi, e
richiesta di bis, al termine,
hanno mostrato il ringraziamento e il consenso dell’attentissimo pubblico al maestro
Chiapperò, al coro ormai di
casa e all’organista Pinamonti.
l’accoglienza al sieropositivo:
il nostro compito è soltanto
quello di eseguire il test di laboratorio; in seguito al risultato si concordano le terapie col
medico curante o con i Sert di
riferimento, o si indirizza direttamente il paziente ad altri
ospedali per gli esami necessari». In particolare dalla nostra zona si confluisce all’
Amedeo di Savoia di Torino o
al Santa Croce di Cuneo.
Anche per questa impossibilità di seguire il paziente
nell’evoluzione della malattia
(con le nuove terapie, molto
costose, si può ritardare lo
scatenarsi del virus anche 10
anni) le nostre strutture non
sono in grado di stabilire con
precisione il numero complessivo dei malati di Aids; inoltre nulla sappiamo dell’incidenza della malattia sui bambini, perché le donne sieropositive vengono mandate a partorire all’ospedale Gaslini di
Genova. Dalle analisi che il
laboratorio di Sierologia raccoglie dal 1985 si può però
constatare che la fascia d’età
dei sieropositivi va dai 18 ai
45 anni, uomini e donne sono
colpiti in uguale misura, e cresce (come del resto ovunque)
il contagio fra eterosessuali.
Luserna S. Giovanni
Quale Ppì con
la sinistra?
Le elezioni amministrative
(comunali e provinciali) si
dovrebbero svolgere nella
prossima primavera; non vi
sono ancora date certe e fra le
possibilità c’è anche l’accorpamento con le europee del
13 giugno o addirittura il rinvio al 2000 con le elezioni regionali. In molti Comuni intanto e fra alcune forze politiche si stanno già avviando
consultazioni. Il Ppi pinerolese ha recentemente annunciato di volersi muovere all’interno del centro-sinistra, «pur
nel rispetto dell’autonomia
delle singole realtà comunali». Ed è proprio in casa popolare, a Luserna, che paiono
esserci acque agitate; da un
lato è data per probabile la
conferma del sindaco Ghibò
alleato con i Laburisti, dall’altro, complice la vicenda
del traliccio Tim di Luserna
Alta, si registra un gran movimento intorno a Celeste Martina, popolare che guarda
all’Ulivo. Che faranno allora
Ds, Verdi e Rifondazione?
Potrebbero trovarsi, almeno i
primi due, nella situazione di
dover scegliere con quale ramo del Ppi realizzare una coalizione ulivista per il Comune.
Accodi fra le associazioni di volontariato
Anche ¡I Pinerolese
nell'Univol-Csv
ADRIANO LONGO
Durante il mese di dicembre è stata formalizzata,
alla presenza di diverse associazioni di volontariato, la nascita della delegazione pinerolese deirUnivol-Csv. Si
tratta di uno dei centri di servizio per il volontariato, previsti dalla legge quadro n.
266 del 1991, sorti in Piemonte negli ultimi anni. La
Univol-Csv ha sede legale ad
Asti dove ha un centro residenziale per realizzazione
di stages formativi, e a giugno ha inaugurato la sede amministrativa in Torino. La
funzione dei centri di servizio
è di assistere tutte le associazioni iscritte nelle incombenze amministrative della gestione ordinaria; di formare
quadri responsabili ai diversi
livelli; di compartecipare con
finanziamenti alla realizzazione di progetti di servizio, e
infine di promuovere una più
stretta collaborazione fra le
associazioni stesse in vista di
dare soluzioni mirate alle situazioni di bisogno. Per finanziare il raggiungimento di
questi obiettivi la legge quadro prevedeva un impegno da
parte delle fondazioni bancarie che in questi ultimi anni
sta prendendo corpo.
Per la nostra zona il discorso era partito all’inizio di giugno quando il presidente aggiunto, Corvetto, presenziando a un convegno a Torre
Pellice aveva fatto un invito
per l’inaugurazione della
nuova sede di Torino e a partecipare come osservatori a
una assemblea tenutasi nel
centro Univol di Asti alla fine
di settembre. In seguito con
due riunioni a Pinerolo giungeva la formalizzazione dell’iniziativa con la consegna
delle richieste di adesione da
parte di una decina di associazioni. L’abitudine all’incontro fra le associazioni era
già presente a Pinerolo dove
la comunità cattolica e quella
valdese aderiscono a progetti
comuni, come il Centro di
ascolto, ma indubbiamente
questa nuova dimensione organizzativa giunge quanto
mai opportuna in quanto dà
vigore e solidarietà reciproca
all’impegno di tutti.
Alle Associazioni che gravitano intorno alla città di Pinerolo si sono affiancate quelle
della vai Pellice che si occupano del disagio sociale e che
da un anno hanno costituito
un coordinamento denominato
«Arcobaleno-contro il disagio
e l’indifferenza» in cui, nel rispetto dell’identità di ciascuna
associazione hanno messo insieme un certo numero di strumenti operativi a cui si è aggiunta anche l’Associazione
evangelica di volontariato
(Aev) che opera all’interno
delle strutture valdesi.
In attesa che l’amministrazione comunale di Pinerolo
verifichi la possibilità di assegnarle una sede, la delegazione nascente viene ospitata
in quella dell’associazione
«Mai soli», in posizione centrale facilmente raggiungibile. Nella stessa riunione si
sono individuati i primi due
volontari che avranno la responsabilità del funziona.mento delle apparecchiature
lasciate in dotazione alla delegazione (computer, modem,
fax) e che terranno i collegamenti con le altre associazioni, mentre due rappresentanti dell’associazione
ospitanti fungeranno da referenti logistiche.
Nella stessa serata si èparlato di effettuare un corso di
preparazione per dare una prima informazione di base a
coloro che presiederanno la
sede e anche uno di preparazione dei bilanci. Il recapito è
il seguente: Delegazione Univol-Csv del Pinerolese presso
Associazione «Mai soli», corso Piave 17, 10060 Pinerolo
(To), tei. 0121-397333.
10
PAG. IV
E Eco Delle Yaui Iàldesi
venerdì 15 GENNAIO 1999
vener
Sport
HOCKEY GHIACCIO
L’H.C. Valpellice Sparea
espugna Como e promette di
dire la sua negli imminenti
play off. Martedì sera, sul
campo della squadra lombarda dove non vincevano da 14
anni, i biancorossi hanno vinto con un punteggio abbastanza strano nell’hockey su
ghiaccio: 1-0 con rete di Vasicko al 17“ del secondo tempo. Il primo e il terzo tempo
si sono chiusi sullo 0-0; il
portiere Alessandro Rossi, come al solito su livelli di eccellenza, per la prima volta quest’anno ha chiuso imbattuto e
anche questo è un fatto assai
inconsueto. Il Valpellice Sparea esce battuto nell’ultima
partita casalinga della regalar
season; opposti domenica sera al Bozen 84 i biancorossi
hanno disputato un incontro
opaco perdendo per 3-4.
Il primo tempo si è chiuso
con i valligiani in vantaggio
per 1-0 con una rete del solito
Vasicko ma nella seconda frazione gli ospiti si sono fatti
decisamente più pericolosi pareggiando dopo appena 3’; il
riacutizzarsi di uno strappo ha
messo fuori combattimento il
terzino De Luca verso la metà
del secondo tempo e in concomitanza con l’infortunio del
terzino il Bozen ha creato il
break decisivo: due gol in due
minuti e il Valpellice si è trovato a dover rimontare.
Nel terzo tempo una classica legge dello sport: i biancorossi hanno fallito una bella
occasione in attacco e sul contropiede sono stati punti dai
bolzanini che si sono portati
sul 4-2 dopo appena 1’ di gioco. La rete di Volante al 13“
ha illuso il folto pubblico su
una possibile rimonta ma il
punteggio non è più cambiato:
un 4-3 con qualche recriminazione. Dopo la difficile trasferta di Zoldo martedì, sarà
chiara la composizione dei
due gironi dei play off; in ogni
caso si ripartirà da zero punti.
In serie B il Pinerolo è
uscito sconfitto dalla trasferta
di Bergamo per 6-2 (reti di
Gerard e Orsina); in classifica
è sempre penultimo con 9
punti. Al comando il Chiavenna con 28 punti.
TENNIS TAVOLO
Posta
Riprendono i campionati
dopo la pausa di fine anno e
per la Polisportiva Valpellice,
la prima partita di ritorno, per
le tre squadre maggiori, si
svolgerà in casa: la CI nazionale se la vedrà col Tennis tavolo Torino, la C2 affronterà
il Ciriè e la DI il Sisport Fiat.
Le partite si svolgeranno sabato 16 alle 15,30, come sempre, alla palestra di via Filatoio a Torre Pellice.
PALLAMANO
Le convenzioni
fra AsI e Ciov
Nessun dubbio fin dall’inizio: fra la capolista della serie
C Alessandria e il 3S Pinerolo
la partita è stata a senso unico;
del resto gli ospiti hanno fin
qui vinto tutti gli incontri. È
finita 35 a 19 per l’Alessandria; un incontro dal gioco veloce e aperto con gli ospiti reduci dalla serie B e intenzionati a tornarvi: i giovani pinerolesi poco hanno potuto
esprimendosi senza tatticismi.
Sconfitta con onore dunque, e
con la possibilità di mettere in
evidenza un buon attacco che
ha realizzato 7 reti con Rosso
(in evidenza) 5 con Vellano e
3 con Gaydou. I prossimi impegni vedranno l’under 19
maschile a Pinerolo col Casale domenica 17 alle ore 11,30,
l’under 16 sabato 16, alle ore
18,30, a Luserna col Regio
Parco Torino e la serie C il 24
in casa col Città Giardino.
PALLAVOLO
Giornata negativa per il
volley pinerolese: sconfitte
sia la Magic Cerotti in B1
femminile (0-3 in casa con la
Bieffe Cuneo) che il Body
Cisco in B2 maschile ha perso con la Giletti Ponzone al
tie break per 3-2.
A completamento dell’informazione fornita da L’eco
delle valli del 18 dicembre
1998 circa la Conferenza dei
servizi dell’Asl 10 di Pinerolo va ricordato, come ho fatto
in quell’occasione, che relativamente all’obiettivo dell’integrazione con gli ospedali
valdesi la situazione è la seguente. C’è una convenzione
in atto che viene rinnovata di
6 mesi in 6 mesi per reciproche collaborazione di specialisti, l’uso del centro trasfusionale di Pinerolo, la collaborazione con il 118 e il Dea
di Pinerolo. Entro febbraio
devono essere firmate le Intese di programma (programma
triennale di attività delle Asl
e delle aziende ospedaliere)
con la Regione: le proposte
degli ospedali valdesi e dell’Asl 10 sono state presentate
alla Regione che deve riunkci
per concordare quali e quante
attività vanno svolte da ciascuno, dato che l’accordo tra
di noi non è stato raggiunto.
Infine il progetto del Distretto
montano potenziato presentato dall’Asl 10 per i distretti*
della vai Pellice e delle valli
Chisone e Germanasca è stato
accolto dalla Regione, che ne
ha chiesto la riformulazione
tenendo conto di alcuni criteri, tra i quali il raccordo con
le Comunità montane e l’utilizzo delle risorse presenti sul
territorio (ospedali e altre
realtà del privato sociale):
aspettiamo di essere coinvolti
prima della definitiva stesura
del progetto, come era stato
fatto, su nostra richiesta, per
la prima stesura.
Appuntamenti
Franca Cdisson
presidente della Ciov
Una società
più disponibile
alPaccoglienza
Abbiamo letto con stupore
e tristezza su L’eco delle valli
del 1“ gennaio le considerazioni di Augusto Comba sulla
serata di presentazione della
Comunità terapeutica «Du
Pare» per malati psichici.
Comprendiamo le preoccupazioni che sorgono istintivamente di fronte a una iniziativa nuova, quale quella del Du
Pare, ma crediamo che prima
di protestare si debba dare il
tempo alla comunità di operare, e valutare in seguito la validità dell’intervento, peraltro
compito del Servizio di salute
mentale dell’Asl 10.
Contestiamo il fatto che gli
interventi fossero programmati a sostegno della Comunità terapeutica: piuttosto tutti
hanno espresso l’auspicio che
I Luoghi Della Memoria
a cura di Marco Rostan
Luogo : Barge
Data: 17 novembre 1557
Dopo una visita a Busca, suo luogo di nascita, viene arrestato a Barge il 17 novembre
1557 Gioffredo Varaglia, ministro, figlio di
un altro Gioffredo Varaglia che era stato uno
dei capi dell’armata che aveva invaso le Valli
nella persecuzione del 1484 (o 1488). Il Varaglia si era fatto monaco nel 1520 ed era diventato grande predicatore papale, girando le città
italiane con Bernardino Ochino di Siena, fondatore dei Cappuccini. Studiando in vista della predicazione contro gli «eretici», si rese
conto di molti errori nella religione papale,
poi soggiornò in Francia e infine a Ginevra
dove divenne ministro della Parola di Dio nel
1557. Fu inviato come pastore a San Giovanni
di Lusema perché conosceva l’italiano. Arrestato e interrogato dai monaci, rispose senza
nascondere nulla; avendo saputo che un gruppo di riformati di Bibiana voleva cercare di liberarlo, fece dire loro di lasciar fare a Dio; fu
portato a Torino dove continuarono i tentativi
e le promesse per farlo tornare alla Chiesa
cattolica, senza esito. Condannato, fu strangolato e poi bruciato a Torino il 29 marzo 1558,
all’età di cinquant’anni.
1561. Nuovamente distrutto nel 1655 e nel
1686, venne ricostruito nella forma attuale nel
1708. Nel 1880 il Concistoro ottenne dal Comune la cessione del terreno che circonda il
tempio e l’autorizzazione a costruire il muro
di cinta. Una delle innovazioni più contrastata
fu lo spostamento del pulpito, che prima si
trovava, come d’abitudine, sul lato destro
dell’entrata. Nel corso di un restauro nel 1980
fu collocata la vetrata del rosone sopra il pulpito con alcuni simboli del cristianesimo: pare
si tratti dell’unico esempio di finestra decorata in un tempio delle Valli.
Luogo Angrogna: Serre, tempio
Data: 1555
Luogo : Angrogna San Lorenzo, tempio
Data: 1555
E il primo tempio eretto alle Valli dopo
Chanforan. Costruito di fronte alla chiesa cattolica di San Lorenzo, che dipendeva da quelle di San Giovanni del Perno e di San Giacomo di Lusema ed era in disuso da quando la
popolazione, prima mista, era diventata totalmente valdese. Di fronte alla chiesa sorgeva
la Cappella della Confraternita del Santo Spirito: questo locale, restaurato e ingrandito, diventa il primo tempio alle Valli. Distrutto nel
1561, durante la guerra del Trinità, fu ricostruito dopo la pace di Cavour del 5 giugno
Dato l’alto numero di fedeli, provenienti
anche da altri comuni, il tempio di San Lorenzo si rivelò ben presto insufficiente come
spazio, per cui già prima della fine del 1555
gli angrognini della parte alta del vallone (di
là dal Vengie) iniziarono la costruzione di un
secondo tempio sul costone del Serre. Abbattuto anche questo nel 1561, 1655 e 1686,
venne ricostruito dopo il Rimpatrio, più in
alto, nel posto dell’attuale, ma di modeste dimensioni, con una piccola arcata destinata ad
appendere una campana, la cui posa però non
venne autorizzata. Dopo varie istanze, solo
nel 1792 le autorità la consentirono, permettendo anche la costruzione di un campanile
vero e proprio al posto dell’arcata. Questo
piccolo tempio fu rimaneggiato e praticamente demolito per far posto a quello attuale,
i cui lavori iniziarono nel 1785 e che venne
inaugurato il 26 ottobre 1876 soprattutto grazie all’opera del pastore Stefano Bonnet. Il
suono della campana venne affidato al maestro parrocchiale che la doveva suonare la
domenica mattina alle 8,30 e alle 10, vale a
dire mezz’ora prima dei due culti principali,
e naturalmente tutti i giorni a mezzogiorno.
ai malati di mente siano riconosciuti la dignità dei cittadini, il diritto alle cure appropriate, nell’ambiente più adatto alla loro riabilitazione,
nell’ambito della società civile e non ai suoi margini. Ci è
dispiaciuto che solo due persone abbiano espresso, in modo vago, le preoccupazioni
degli abitanti circostanti il Du
Pare, mentre si è insistito
quasi esclusivamente sul fatto
che la comunità sia gestita da
privati, come se fosse una
colpa l’aver colmato un «buco» lasciato scoperto da enti
pubblici ed ecclesiastici, dando una risposta adeguata a un
bisogno emergente. Si è così
evitato di scoprire il nocciolo
della questione, cioè la paura
che abbiamo tutti della diversità, in modo particolare di
quella rappresentata dalla malattia mentale.
Finché tutti insieme non
ammetteremo questa difficoltà che ci blocca e ci crea
ansia, non potremo affrontare con serenità l’argomento
e per quanto disponibili a
«informarci», non supereremo il problema. D’altra parte
la migliore comprensione che
possiamo avere della sofferenza, avviene attraverso il
contatto diretto con le persone, come ha testimoniato una
signora presente al dibattito.
Crediamo che di fronte a una
persona sofferente, che può
anche arrecarci qualche disturbo, dobbiamo prima di
tutto capire che il suo comportamento è causato da un
profondo e incontenibile disagio, che domani potrebbe toccare anche noi.
Ci dispiace che quella sera
si sia persa l’occasione di confrontarsi apertamente e costruttivamente sui problemi
connessi alla malattia mentale,
ben presente anche nella vai
Pellice. Comunque speriamo
che il dialogo faticosamente
iniziato possa proseguire serenamente e senza preconcetti,
permettendoci di raggiungere
traguardi di accettazione e di
comprensione, indispensabili
per migliorare la qualità della
vita di tutti i cittadini. Il nostro gruppo continuerà a attivarsi in questo senso.
Bianca Genre
per il gruppo «Difesa
ammalati psichici»
della vai Pellice
L’Eco Delle Valli Valdesi
Via dei Mille, 1 - 10064 Pinerolo
tei. 0121-323422; fax 323831
recapito Torre Pellice
tei. 0121-933290; fax 932409
Sped. in abb. post./SO
Pubblicazione unitaria con Riforma
non può essere venduto separatamente
Reg. Tribunale di Pinerolo n. 175/60
Resp. ai sensi di legge Piera Egidi
Stampa: La Ghislerìana Mondovi
Una copia L. 2.000 - Euro 1,03
14 gennaio, giovedì
TORINO: Nel salone della
Chiesa valdese di corso Vittorio Emanuele, alle 20,45,
conferenza su «La novità
pentecostale», interventi di
Erancesco Toppi, presidente
delle Assemblee di Dio in Italia, Eugenio Stretti, pastore
valdese e studioso, Giorgio
Bouchard, pastore valdese.
TORRE PELLICE: Alle
15,30 alla biblioteca della Casa valdese, per l’Uni tré, conferenza del dott. Rudy Lanza
su «Tecniche complementari
in medicina cinese».
PINEROLO: Per Cinefo
rum al cinema Italia, alle
20,45, verrà proiettato «Lezioni di tango» di S. Potter.
15 gennaio, venerdì
TORRE PELLICE: Nell’
atrio del Centro culturale valdese si apre la mostra «Una
finestra su... Mura fortificate.
Le opere difensive nelle valli
Chisone e Germanasca.
TORRE PELLICE: Nella
sede del Cai, alle 21, diapositive e presentazione del libro
«Orizzonte bianco», a cura di
Paolo Ponzio.
TORRE PELLICE: Nella
sala consiliare della Comunità
montana, alle 20,45, conferenza del professor Aldo Comba
su «Umanità e modernità di
Calvino», a cura del Gruppo
di studio Val Lucerna.
PINEROLO: Per il corso
di agricoltura biologica, al
Centro sociale di via Lequio,
alle 21, prosegue la presentazione delle schede sui singoli
ortaggi.
17 gennaio, domenica
CUMIANA: Alle 16, nella
sala incontri Carena Nonsoloteatro presenta lo spettacolo
«Il Nido dell’orso».
19 gennaio, martedì
PINEROLO: Alle 14,30,
nella chiesa valdese, si riunisce il coordinamento dei musei e luoghi storici valdesi.
PINEROLO: Alle ore 21,
al teatro Incontro, concerto
del pianista vincitore del concorso di Porto (Portogallo).
20 gennaio, mercoledì
TORRE PELLICE: «Vita
nuova», trasmissione radiofonica evangelica, organizza
una serata al cinema Trento
sul tema «New Age, dalle
origini ai giorni nostri»; sarà
proiettato un documentario.
Inizio ore 20,30.
21 gennaio, giovedì
TORRE PELLICE: Alle
15,30, alla Casa valdese,
l’Unitrè organizza un concerto con Daniela Catalano, soprano, Patrizia Manzo, soprano, Maurizio Spinelli, basso
baritono, Roberto Santocchi,
pianoforte; verranno proposti
brani di Mozart, Rossini,
Strauss e Verdi.
PINEROLO: Alle 20,45,
al teatro Incontro, per la stagione di prosa, va in scena «Il
riformatore del mondo» di
Bernhard. Ingresso £ 34.000.
Prevendita libreria Volare.
23 gennaio, sabato
TORRE PELLICE: Alle
ore 21, al Teatro del Forte,
concerto del quintetto di percussioni «Demoè Ensemble».
£ 15.000, ridotti 10.000.
29 gennaio, venerdì
TORRE PELLICE: Alla
Bottega del possibil, ore 21,
dibattito sull’assistenza alle
donne .sfregiate del Balgladesh con il dott. Silvio Falco ed
esponenti della Coopi.
30 gennaio, sabato
PEROSA ARGENTINA:
Alle 16,30, nella sede della
Comunità montana in via Roma 22, il Centro culturale
valdese di Torre Pellice organizza un incontro con Claudio Tron che introdurrà il libro di Maria Luisa Gariglio
Genre «La balmo d’Arman».
VALLI
CHISONE - GERMANASCA
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva;
Ospedale di Pomaretto, tei. 81154
Guardia farmaceutica:
DOMENÌCA17GENNAÌO
Perosa Argentina: Farmacia
Bagliani - Piazza Marconi 6,
tei. 81261.
Ambulanze:
Croce Verde, Perosa: tei. 81000
Croce Verde, Porte : tei. 201454
VAL PELLICE
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva;
telefono 932433
Guardia farmaceutica:
DOMENiCA 17 GENNAIO
Bricherasio: Farmacia Ferraris - via Vitt. Emanuele 83/4,
tei. 59774..
Ambulanze:
CRI - Torre Pellice, tei. 953355
Croce V. - Bricherasio, tei. 598790
PINEROLO
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva;
Ospedale civile, tei. 167-233111
Ambulanza:
Croce Verde, tei. 322664
SERVIZIO INFERMIERISTICO
dalle ore 8 alle 17, presso le
sedi dei distretti.
SERVIZIO ELIAMBULANZA
telefono 118
Cinema
TORRE PELLICE — Il
cinema Trento ha in programma, giovedì 14 e venerdì
15, ore 21,15, Gatto nero,
gatto bianco, di E. Kusturica; sabato 16, ore 20,10 e
22,10, domenica ore 16, 18,
20,10 e 22,10, lunedì e martedì ore 21,15, Il prìncipe
d’Egitto.
PINEROLO — La multisala Italia ha in programma, alla
sala «5cento», Ronìn con Robert DeNiro; feriali 20 e 22,
20, sabato 20 e 22,30, domenica 15,15, 17,40, 20, 22,20.
Alla sala «2cento» è in programma II mio West; feriali
20,20 e 22,20, sabato 20,20 e
22.30, domenica 20,20 e
22,20. Sabato, ore 15 e 16,30,
e domenica, ore 14,30, 16 e
17.30, sarà in visione La
gabbianello e il gatto.
Cartelli obbligatori
Segnalare
i passi carrai
Continua a Pinerolo la distribuzione dei cartelli da
esporre per segnalare la presenza di un «passo carraio».
Dal 31 dicembre infatti è obbligatoria l’affissione del cartello per non incorrere nelle
sanzioni previste dal Codice
della strada. «Per avere il cartello - dicono negli uffici dei
Lavori pubblici del Comune
di Pinerolo, che li distruiscono - è sufficiente presentare la
domanda unitamente a un versamento di 30.000 lire, più
20.000 di marche da bollo,
agli uffici preposti che provvederanno a consegnare una
insegna, simile a quelle già
distribuite anche nel Comune
di Torino, che andrà esposta
sul cancello o comunque sull’accesso carraio. Fino ad ora
ne abbiamo distribuito circa
250 e stiamo lavorando per rispondere alle altre domande
che ci sono arrivate».
Urie
In
[TNA
confine
Chuy è 1
struttui
strada cl
liana e s
Il confin
se e nesi
passapo
dare unt
si ritrova
' reilpae:
ta tarjett
trabban(
più redd
dini e si
tutti 1 tip
speciale,
Un’alt!
scassata
ftro ore e
f veramer
; bella e qi
j a tante c
1 fatto di
I molto le;
' Montevii
ptession
f gnora at
! diventate
. co, che c
I lasua mi
' sa abiti e
I nati... Ci
' centrano
■ Metti di a
i città, pie
hanno r<
f scono gli
dono de
antiche s
tovtaa, ai
facekno
vfeolucc
Mala r
Bentos e
di Maria:
siano ris
pimerigj
ahtidiluv
ore e me
nel buio
in un terr
h
Un
Una
dell'
Nell’an
Zakhor (
i^ovincit
^ti), nell
Isola d’Ai
®ana av
wgo lo s
tevista V
di sul tei
^ali antie
astori Ri
N, Abl
Usta) e ù
tale Adi)
tftozion
*ssi dei
dani del
■ombri c
■unità. 1
lentia hi
'Antico
■Ha Lune
®ri dei p
degli SCO
U data
■ministra
11
999 ^/ENERDÌ 15 GENNAIO 1999
iva;
1154
10
ada
11 6,
)00
154
iva;
IO
jrra
13/4,
15
3790
iva;
11
ICO
0 le
IZA
- Il
)roerdì
;ro,
Liri
0 e
18,
(lar
ipe
isa
alla
Ro
22,
me
1
jro•iali
!0 e
0 e
,30,
6 e
La
elida
>reo».
ob;ar;lle
lice
:ardei
ine
co2 la
icrpiù
lo,
ovina
Vita Delle Chiese ì
Una visita al pastore Sergio Ribet, in servizio alla chiesa di Frey Bentos
Il minestrone e il «dolce di latte»
Un annbiente vivace che si prepara al Natale nella fratellanza e in clima ecumenico
I nomi di origine valdese e la collocazione in un ambiente naturale affascinante
PAG. 7 RIFORMA
ELENA MARINI
UNA corriera scassatissima ci porta a Chuy al
confine con il Sud del Brasile.
Chuy è un orrendo paesotto
strutturato su una grande
strada che su un lato è brasiliana e sull’altro uruguaiana,
llconfine è come non esistesse e nessuno si preoccupa di
passaporti e visti, salvo poi
dare una multa salata se uno
: si ritrova, quando deve lasciare il paese, senza la famigerata tarjeta di ingresso. Il contrabbando sembra che sia il
più redditizio lavoro dei cittadini e si possono comprare
' tutti i tipi di merce in offerta
speciale, tre pagandone due.
Un’altra corriera ancor più
• scassata ci conduce in quat*tro ore a Montevideo, che è
I veramente una città molto
: bella e quasi europea rispetto
I a tante città brasiliane che in
1 fatto di consumismo sono
molto legate agli Stati Uniti.
Montevideo mi ha dato l’imj pressione di una vecchia si[gnora aristocratica e colta,
I diventata povera a poco a poco, che conserva i suoi libri e
la sua musica, ma che indosI sa abiti e gioielli un po’ rovii nati... Ci sono i teatri, si incontrano più librerie e nego; zietti di antiquari che in altre
città, piccoli caffè in cui, mi
hanno raccontato, si riuni\ scono gli intellettuali, si vedono delle bellissime case
antiche stile liberty quasi in
rovina, alle cui finestre si affacciano persone in età dal
visoSuccato e sorridenti...
Ma la nostra meta era Frey
lélitos e quindi, su consiglio
di Marianna e Sergio Ribet,
siamo risalite, alle cinque del
pomeriggio, su un pullman
antidiluviano ebe in quattro
ore e mezzo ci ha scaricato
nel buio delle nove e mezzo
inun terminal deserto. Final
II pastore Sergio Ribet con alcune sorelle del Gruppo femminile
ri bg,
mente Marianna e, in una
decina di minuti la casa e la
chiesa della comunità di
Sergio. Una casa rustica con
un piccolo studio, parecchie
camere, una cucina accogliente e un orto-giardino
dove cresce di tutto. Infatti
Marianna può preparare minestroni all’italiana e al momento del dolce, oltre al famoso dulce de leite, può servire delle favolose marmellate con le arance e i limoni direttamente colti dagli alberi.
Conigli e galline convivono
tranquillamente con una
simpatica e allegra cagnolina
piena di corteggiatori (che ricorda il cagnotto nero dei
tempi di Agape) e con un
gatto un po’ selvatico che appare solo di sfuggita.
Le persone della comunità
che abbiamo conosciuto (ci
siamo fermate poco più di
una giornata) erano le signore che stavano lavorando con
Marianna nel grande laboratorio della chiesa. Ceramica,
sartoria, tessitura, costruzione di oggetti per ornare gli alberi di Natale: i lavori manuali erano quelli che si preparano per i bazar delle varie
chiese, ma le caratteristiche
ambientali mi sono sembrate
un po’ diverse. Intanto mi ha
colpito l’ecumenismo; le persone presenti infatti non erano tutte protestanti, ma erano di tutte le religioni esistenti nel paese e erano riunite solo per il piacere di produrre delle cose stando insieme in amicizia: molti cognomi erano prettamente piemontesi delle valli valdesi, altri spagnoli, tedeschi: il materiale usato durante l’attività
era quello locale e, fra le altre
cose, spiccava per la bellezza
dei colori la tessitura con la
lana delle pecore della zona.
Marianna infatti non solo ha
insegnato a filare la preziosa
lana locale, ma prima di tesserla ha cercato le ricette per
usare i colori naturali che
danno un insieme di tinte
molto raffinato.
La comunità di Frey Bentos ha in uso un bellissimo
terreno sulla spiaggia del Rio
de la Piata, proprio di fronte,
a una distanza simile a un
braccio di mare, alla costa
Argentina. Sabbia bianchissima, alberi di ogni tipo che
ospitano uccelli che.in Europa non esistono, nidi del colibrì e del picchio, cavalli selvatici e costruzioni essenziali
per ospitare gruppi durante
dei fine settimana e dei soggiorni di vacanza.
L’oasi ecologica del Potrero
el Burro è veramente un paradiso dove si cammina affondando un poco nel terreno sabbioso, si parla sottovoce per non perdere le voci
del bosco, si raccolgono pietre quasi preziose per i colori
e le forme. Verrebbe voglia di
non andarsene più, di rimanere a camminare coi piedi
nell’acqua del fiume, di rimanere a imparare a tessere
con le amiche di Marianna o
a chiacchierare la sera nella
cucina accogliente di Sergio
per conoscere i vari aspetti di
questo paese povero, ma ricco di storia e di politica, che
ha accolto e protetto il popolo piemontese e del resto
d’Italia, quando i problemi
del nostro «primo mondo» li
ha costretti a partire e che
ora a sua volta sembra aver
bisogno di uno scambio tecnologico, ma che è sempre
disponibile a restituire quello che riceve con la generosità della natura e della accoglienza. Grazie Marianna,
grazie Sergio. E buon lavoro.
Iniziativa di chiese a Isola d'Asti
Una veglia in ricordo
dell'arresto degli ebrei
Nell’ambito del progetto
Mhor (patrocinato dalla
ftovincia e dal Comune di
. nell’accogliente sede di
wla d’Asti della Chiesa cri¡•iana awentista, ha avuto
;o lo scorso 2 dicembre la
•«vista veglia di meditaziosul tema delle leggi raz^9li antiebraiche del 1938. I
^tori Rivoli (Chiesa avvenga), Abbà (valdese e metodista) e Martucci (pentecoIsie Adi) si sono alternati in
•Sozionanti commenti di
assi dei libri ebraici e criHani della Bibbia, letti da
•«mbri delle rispettive comunità. Il prof. Renato La
tatia ha eseguito al flauto
Antico di fratello Sole e so•fc Luna. Molto apprezzati
^ri dei giovani pentecostali
®6gli scout avventisti,
data era stata scelta in
memoria dell’arresto degli
ebrei astigiani, avvenuto appunto il 2 dicembre 1943.
Gianfranco Monaca, animatore del progetto Zakhor, ha
concluso a nome del movimento «Siamo chiesa», sottolineando l’importanza della
serata nella costruzione di
un efficace dialogo interculturale «per essere fedeli alla
chiesa del futuro partendo
dalle diversità e dagli errori
delle chiese del passato».
Erano presenti fra gli altri il
presidente provinciale delle
Adi, Roberto Genta, la dott.
Maria De Benedetti, del Cepros, il rettore del seminario
diocesano, prof, don Celestino Bugnano, il cancelliere
della curia vescovile, prof,
don Vincenzo Vergano, il
parroco di San Secondo, don
Paolo Carrer.
Chiesa battista di Gravina
Il culto del raccolto
Mnistra I pastori Rivoli, Abbà e Martucci
ROSANNA GIACCHETTA
Tra le tre feste principali
indicate nell’Antico Testamento, vi è quella delle
«Capanne» o festa del raccolto, che era celebrata al termine dell’anno quando si conclude la raccolta del frutto
dei lavori nei campi. Anche la
comunità battista di Gravina,
riprendendo questa antica
tradizione, domenica 13 dicembre si è presentata al Signore rendendogli grazie per
il raccolto. È questo un appuntamento molto sentito
che si ripete da parecchi anni, dato che una consistente
parte dei membri della comunità si dedica all’agricoltura. Il consueto culto domenicale, dunque, è stato stravolto dalla presenza di un tavolo sul quale, durante una
speciale liturgia, fratelli sorelle e bambini hanno posato il
meglio dei loro raccolti.
Questo culto speciale è sta
ta l’occasione per ringraziare
il Signore per aver esaudito le
nostre preghiere e per averci
donato ciò che per noi rappresenta il pane quotidiano.
Dunque non soltanto grazie
per il frutto dei campi ma anche per tutti gli altri doni che
egli ci fa: la salute, un sorriso
amico, la pace in famiglia.
È stato bello vedere i locali
di culto stracolmi di persone
accorse per l’occasione. Non
soltanto membri della nostra
comunità, ma anche membri
provenienti dalla comunità
di Altamura e dalla chiesa avventista di Gravina. Con quest’ultima, la chiesa battista
locale ha instaurato una
buona relazione che è sfociata nella creazione di una corale che ha esordito in questa
gioiosa occasione. Terminato il culto, nella stessa festosa
atmosfera la comunità si è
fermata nei locali della chiesa per condividere un pasto
comune.
Otto per mille informa
PROGETTI OPM 1999
Si ricorda che i progetti Opm per il 1999 vanno presentati
entro il 28 febbraio 1999 utilizzando gli appositi moduli ottenibili presso rUfflcio Opm di Roma.
1 progetti presentati negli anni precedenti e non finanziati possono essere ripresentati o con una semplice lettera di richiamo
al progetto stesso, o con una lettera che modifichi alcuni dei dati oppure - ovviamente - con un modulo totalmente ntìovo.
È comunque necessario allegare l’eventuale documentazione
non inviata precedentemente e in ogn| caso il bilancio 1998.
Il tempio valdese di Frey Bentos
Chiesa battista di Civitavecchia
Parole, luce e musica
nella sera delle «pastorelle»
ELISA STRISCIULLO
UNA festa di parole, musica, canti e luci è quella
che si è svolta il 23 dicembre
sera nei locali della Chiesa
battista di Civitavecchia. Il
gruppo diaconale della comunità, che ha ideato e organizzato la manifestazione, ha
pensato di approfittare di
una particolare tradizione in
uso nella città, quella delle
«pastorelle». Le pastorelle sono gruppi di persone, per lo
più giovani, che si esibiscono
in canti e musiche strumentali di ispirazione natalizia la
notte tra il 23 e il 24 dicembre
per le strade cittadine. La
città e soprattutto il centro,
in quella notte, è affollata come in pieno giorno sia dalle
pastorelle sia da chi esce di
casa per andare a ascoltarle.
Così alle 21,30 la chiesa della comunità battista, in pieno
centro cittadino, si è aperta
per ospitare una vera e propria folla di persone. Il programma comprendeva una
prima parte incentrata su
» , Ivrea-Chivasso
Gli evangelici
bosniaci
GREGORIO PLESCAN
Domenica 29 novembre
le comunità di Ivrea e di
Chivasso-Torrazza hanno
vissuto una giornata importante. Unite in un culto comune hanno incontrato il pastore Karmelo Kresonja, della
Chiesa evangelica di Mostar,
in Bosnia Erzegovina. Benché
Italia e Bosnia Erzegovina
siano separate solo dal mare
Adriatico, queste due nazioni
sono divise da una storia
drammatica e dolorosa. Il past. Kresonja ci ha narrato, durante il culto e poi in una
conferenza aperta al pomeriggio, la violenza quotidiana
e la speranza di fare dei piccoli passi per riunificare due
mondi che si sono spezzati
con una lunga guerra civile: i
croati e i musulmani.
Il lavoro degli evangelici bosniaci è quello di chi tenta di
riallacciare dei rapporti minimi: gruppi di donne che condividono le difficoltà della
spesa quotidiana, bambini
che riscoprono la difficoltà
comune di trovare del materiale didattico. Solo le generazioni che hanno vissuto la seconda guerra mondiale possono ricordare e capire: solo
l’immenso amore che Dio ci
ha insegnato in Cristo può superare la barriera di odio che
le persone hanno costituito in
anni di guerra, combattuta o
che cova sotto le ceneri.
Orlandus Wilson, leader storico
del Golden Gate Quartet
«parole e luce» e una seconda
su «canto e musica». I bambini e le bambine della scuola
domenicale, guidati dalle
monitrici Renata e Febe Strisciullo, hanno preparato e
curato la prima parte, una
suggestiva rappresentazione
dal titolo «La luce risplende
nelle tenebre» (tratta dalla rivista La scuola domenicale),
nella quale il racconto della
venuta di Gesù, della sua vita,
della sua morte e resurrezione e della testimonianza della
chiesa nel corso dei secoli è
stato cadenzato e animato
dall’accensione di decine di
candeline nel buio completo
del tempio. Il pastore Italo
Benedetti ha introdotto questa prima parte spiegandone
brevemente il significato e
Tha conclusa invitando i presenti a fare entrare nella propria vita la luce delTEvangelo.
La seconda parte si è svolta
all’insegna della musica e del
canto. La corale della Chiesa
battista, accompagnata dal
soprano Roberta Manovelli e
diretta da Massimo Peroni, ha
cantato gospel e spiritual che
hanno rallegrato non poco
l’atmosfera; il pianista Daniele Di Pomponio, la flautista
Federica Rossi e il trombettista Andrea Rossi hanno suonato in modo coinvolgente
musiche di Locatelli, Gershwin e del compositore jazz
contemporaneo Chick Corea;
l’«Orlandus Wilson Quartet»
(di cui tre componenti sono
membri attivi della comunità
battista) ha letteralmente entusiasmato e trascinato il
pubblico con l’esecuzione di
altri spiritual e gospel.
La serata è stata veramente
bella, coinvolgente, suggestiva e significativa sia per i
membri della comunità sia
per i tantissimi amici, parenti
o semplici curiosi che hanno
gremito la chiesa e hanno
partecipato in modo attivo alle due ore e più di festa. Ancora una volta non ci resta
che ringraziare il Signore perché continua a permettere
che la testimonianza dell’
Evangelo sia viva e significativa nella città anche attraverso
manifestazioni come questa.
12
PAG. 8 RIFORMA
Vita Delle Chiese
VENERDÌ 15 GENNAIO 199q
venei
Un incontro fra evangelici italiani e immigrati a Conegliano
Essere chiesa insieme: i primi passi
L'incontro con i fratelli e le sorelle provenienti da altri paesi e da altre culture
presuppone un impegno reciproco al dialogo e può portare a una crescita comune
NOEMI LA FATA
Lf IMMIGRAZIONE è una
I questione che prima o
poi tutti dobbiamo affrontare, non solo in quanto cittadini ma anche come chiese.
Molti degli extracomunitari
che arrivano in Italia sono
evangelici e sempre più spesso entrano nelle nostre chiese per poter condividere la
dimensione comunitaria nella fede. L’incontro con le nostre comunità non è facile:
diversi sono i modi e i tempi
dello stare insieme, della lode
al Signore, dell’espressione
della propria fede. I problemi
spesso aumentano quando a
bussare alla porta non è un
singolo, che in qualche modo
può «adeguarsi» alla comunità esistente, ma sono gruppi di una certa consistenza
che tentano di mantenere la
propria identità almeno in
questo aspetto della loro vita.
Le nostre chiese sono quindi
chiamate a confrontarsi con
queste persone, a mettersi in
discussione per cercare insieme un modo di essere comunM nella fede in Gesù Cristo.
È questo il contenuto del
«sogno» che la pastora Laura
Leone ha illustrato come progetto da realizzare insieme
con il gruppo di uomini e
donne ganaensi e nigeriani
che abitano a Conegliano e
dintorni, in provincia di Treviso, in occasione dello speciale culto di Natale tenuto
con alcuni membri della
chiesa di Venezia e diaspora
in una saletta messa a disposizione dalla Chiesa cattolica
di San Martino a Conegliano.
Si è trattato di un culto semplice, bilingue per permettere ai fratelli e alle sorelle africane di seguirne tutti i momenti, in cui si sono avuti
canti natalizi conosciuti da
tutti e altri tipici della tradizione africana. Nella sua breve meditazione la pastora ha
ricordato il significato della
nascita di Gesù, mettendo in
evidenza come sia venuto
sulla terra in maniera semplice e umile e ricordando che
possiamo trovarlo nei posti
che a prima vista possono
sembrarci strani e inusuali.
Affermando che il Gesù che è
nato in una stalla è il Cristo
che unisce, la pastora ha ricordato ai presenti che quando molte persone sognano
insieme, allora il sogno può
diventare realtà.
Dopo avere condiviso la
cena del Signore, Laura Leone ha rammentato ai fratelli
e sorelle africane che la chiesa valdese e metodista di Venezia è la loro chiesa, e che i
membri italiani vogliono cominciare un cammino insieme con loro. L’arrivo degli
stranieri è un elemento positivo per le chiese italiane, bisognose di nuova linfa per
essere rivitalizzate. In questo
senso l’apporto degli immigrati può essere rilevante, in
una prospettiva di condivisione e di scambio reciproco.
Foto di gruppo nel corso dell’incontro di Conegliano
Dopo il culto si è avuto il
tempo per cominciare a conoscersi personalmente, a
fraternizzare con la voglia di
continuare insieme un cammino appena iniziato, che si
presenta lungo e non privo
di difficoltà, ma che si intende percorrere con l’aiuto del
Signore. Il prossimo appun
tamento sarà domenica 24
gennaio, sempre nella saletta
concessa dalla chiesa di San
Martino a Conegliano. Al primo hanno preso parte 25
africani (compresi tre bambini) e 12 italiani: l’augurio è
che la prossima volta i presenti delle due parti siano
più numerosi.
Un'occasione di festa per la Chiesa battista di Matera
La gradita visita di una sorella lontana
«Se un membro [del corpo]
è onorato, tutte le membra
gioiscono con lui». Con queste parole dell’apostolo Paolo la Chiesa battista di Matera ha voluto condividere la
gioia del pastore Benito Marzano e della sua consorte Teresa Carrata per la visita della
loro figlia e della sua famiglia
dagli Stati Uniti nel corso
delle feste di Natale. Erano
dieci anni che Maria Grazia
Marzano non visitava ia
chiesa di Matera e non aveva
visto il nuovo tempio. Grande è stata quindi la sua gioia
nel riabbracciare sorelle e
fratelli insieme ai quali anni
addietro aveva fatto il proprio cammino di fede.
Benito Marzano è stato
pastore della chiesa di Mi
II Centro diaconale
«La Noce» Istituto valdese
Opera che promuove e gestisce in Palermo
iniziative di carattere educativo e sociale
cerca
Direttore/a
a cui affidare, a partire dalla metà dell'anno 2000, la gestione
dell'opera che attualmente comprende: scuola dell'infanzia, scuola elementare, comunità alloggio 8-14 anni, casa famiglia 0-5 anni, servizio
di riabilitazione per disabili, servizio educativo domiciliare, centro sociale per famiglie, laboratori educativi e foresteria.
Nell'esercizio delle sue funzioni il/la Direttore/a dovrà interagire con
gli organi del Centro (Comitato generale e Comitato esecutivo).
Caratteristiche e competenze
il/la candidato/a deve:
- avere capacità di dirigere un'organizzazione complessa, integrata
nel tessuto cittadino e nella relatà delle chiese evangeliche italiane e
straniere, che gestisce i servizi sociali anche in collegamento con
pubbliche amministrazioni;
- essere in grado di progettore e di pianificare le strategie di sviluppo
dei vari servizi;
- saper gestire i propri compiti in un quadro di coinvolgimento e di
collaborazione con il personale dipendente;
- essere disponibile ad ampliare le proprie competenze e ad
profondire la propria formazione.
Il/la candidato/d deve inoltre:
essere membro di chiesa evangelica;
■ conoscere e condividere i principi della diaconia evangelica;
- aver maturato esperienze nei settori specifici e/o esperienze di
stione;
- conoscere almeno una lingua straniera.
L'incarico sarà preceduto da un adeguato periodo di inserimento e il
trattamento previsto è analogo al trattamento diaconale della Chiesa
evangelica valdese.
ap
ge
Inviare entro il 28 febbraio dettagliato curriculum a:
Presidente del Centro Diaconale «La Noce»
Via Giovanni Evangelista Di Siasi, 12
90135 Palermo ■ fax n. 091-6820118 - e-mail: c.d.lanoce@mclink.it
oppure a:
Moderatore della Tavola valdese
Via Firenze, 38
00184 Roma - fax n. 06-47885308 - email: tvmode@tin.it
glionico prima e di Matera
poi, negli anni 1959-1986, e
Maria Grazia insieme a suo
fratello Luca erano cresciuti
in seno alle due comunità
diventandone membri attivi.
Dopo la sua laurea in Lingua
inglese presso l’Università di
Torino, Maria Grazia si era
trasferita negli Stati Uniti
dove vive tuttora con la sua
famiglia. Con loro sono venuti a Matera i figli Sara, Richard e Stephen, che hanno
allietato i culti natalizi con la
loro musica. Sara infatti studia canto, mentre Richard
suona la tromba.
Il 2 gennaio la chiesa li ha
festeggiati, insieme a Luca e
alla sua famiglia giunta da
Roma, con una serata comunitaria e un’agape fraterna.
Maria Grazia, monitrice della scuola domenicale nella
Chiesa battista di Jacksonville, nel Texas, ha fatto proprie
le parole del Salmo 133: «Ecco quant’è buono e quant’è
piacevole che i fratelli vivano
insieme».
Il mattino del 3 gennaio la
nostra ospite ha voluto recarsi alla piccola chiesa di
Miglionico dove ha potuto
salutare fratelli e sorelle che
non vedeva da vent’anni, lasciando dietro di sé il profumo del Signore. In serata la
chiesa di Matera, commossa
per la sua visita, ha preso
commiato da lei e dai suoi figli, cantando «Il Signore ti
benedica, ti protegga la sua
man finché noi ritorneremo
per pregar msiem».
Servìzio Cristiano
Opera che promuove e gestisce in Riesi
iniziative di carattere educativo e sociale
cerca
Direttore/a
a cui affidare, a partire dalla metà dell'anno 2000, la gestione
dell'opera che attualmente comprende; scuola per l'infanzia, scuola elementare, gruppo residente, consultorio medicasocio-assisfenziale, foresteria. ■
Nell'esercizio delle sue funzioni il/la Direttore/a dovrà interagire con
gli organi del Servizio Cristiano (Comitato generale. Comitato esecutivo, Gruppo di servizio. Gruppo residente).
Caratteristiche e competenze
Il/la candìdato/a deve:
- avere capacità di dirigere un'organizzazione complessa, integrata
nel tessuto cittadino e nella relatà delle chiese evangeliche italiane e
straniere, che gestisce i servizi sociali anche in collegamento con
pubbliche amministrazioni;
- essere in grado di progettare e di pianificare le strategie di sviluppo
dei vari servizi;
- saper gestire i propri compiti in un quadro di coinvolgimento e di
collaborazione con il personale dipendente;
- essere disponibile ad ampliare le proprie competenze e ad approfondire la propria formazione.
Il/la candidato/a deve inoltre:
- es.sere membro di chiesa evangelica;
- conoscere e condividere i principi della diaconia evangelica;
- aver maturato esperienze nei settori specifici e/o esperienze di gestione;
- conoscere almeno una lingua straniera.
L'incarico sarà preceduto da un adeguato periodo di inserimento e il
trattamento previsto è analogo al trattamento diaconale della Chiesa
evangelica valdese.
Inviare entro il 28 febbraio dettagliato curriculum a:
Presidente del Comitato Generale Servizio Cristiano
Via Monte degli Ulivi, 6
93016-Riesi fCLj
faxn. 0934-928123
oppure a:
Moderatore della Tavola valdese
Via Firenze, 38
00184 Roma - fax n. 06-47885308 - email: tvmode@tin.it
Svolse un servizio aperto al mondo
È morto a Colonia Vaidense
il pastore Mario Bertinat
HUGO MALAN
IL pastore Mario Leonel
Bertinat è mancato a Colonia Vaidense il 23 dicembre
scorso. Nato nella medesima
città nel 1923, aveva fatto gli
studi teologici nella Facoltà
evangelica di teologia (oggi
Isedet) di Buenos Aires dove
si laureò in teologia nel 1948.
Sposato con Violeta Davyt, è
stato padre di tre figli e una figlia. Ha esercitato un fecondo
ministero pastorale in varie
chiese e lavorato anche, prima di terminare gli studi, tra i
disseminati del Nord argentino. Nel 1946, infatti, ebbe il
compito di visitare le famiglie
valdesi disperse nelle province di Entre Ríos, Santa Fe,
Chaco e Cordoba. Per quattro
mesi e mezzo percorse città,
paesi e campagne per portare
l’Evangelo e mantenere i vincoli di quelle famiglie con il
resto delle comunità valdesi
del Rio de la Piata.
Nel 1950 si trasferì in Italia
per un anno di studio e si
consacrò pastore nel 1954.
Dal 1953 al 1967, come candidato ai ministero fino al
1954, fu pastore della chiesa
di Colonia Cosmopolita, dipartimento di Colonia, in
Uruguay. In questa comunità
svolse la cura pastorale anche dei dintorni e della città
di Juan L. Lacaze. In questa
città industriale, durante il
suo ministero nacquero e si
rafforzarono due opere quartierali ubicate in zone in cui
mancava ogni infrastruttura.
Sviluppò anche delle iniziative ecumeniche con i cattolici
e si impegnò anche a favore
degli operai. Ricordo che in
un’occasione, quando ci fu
un conflitto in una fabbrica
tessile, andò con il coro della
chiesa a cantare nella fabbrica, esprimendo così la sua
solidarietà con gli operai. In
un’altra occasione si mise in
prima fila, insieme con i dirigenti sindacali, di una manifestazione proprio quando
stavano cominciando i conflitti sociali degli Anni 60.
Da Cosmopolita andò a fa.
re il pastore delle chiese di
Montevideo e Alferez-Lascano, Presbiterio dell’Est. Lì,
abbracciando tutto il periodo
dei forti conflitti tra gruppi (J
contestatori, guerriglieri e la
risposta dei militari, il suo ministero non fu meno ricco. Gli
anni della dittatura lo vedono
pastore di queste comunità,
con un costante atteggiamento di comprensione e consentendo spazi di dibattito e libertà, anche se questi provo-;
carono alcuni conflitti nella
propria comunità.
Stando a Montevideo, esercitò la moderatura della Mesa
Vaidense dal 1979 al 1982, uti'
periodo difficile della chiesa
nel Rio de la Piata, specialmente per le sfide che si presentavano in ambo i paesi,
Uruguay e Argentina, in cuile,
dittature militari dominavano fortemente la realtà e‘
esercitavano un forte controllo sui cittadini. Poi andò a
svolgere il ministero pastora-1
le nella comunità di Rosario,!
dipartimento di Colonia, Pre-i
sbiterio Colonia Sud. li suo>
ultimo ministero lo esercitò a
Colonia Vaidense, Presbiterioj
Colonia Sud, la comunità da'
cui era partito.
Fino ai suoi ultimi anni ha
mantenuto il suo atteggia-,
mento inquieto in relazionej
all’evangelizzazione e allaf
necessità che la chiesa an-i
nunci l’Evangelo e si apra!
sempre più alle istanze del;
mondo. Il suo costante interesse per i temi della storia
del movimento valdese lo
hanno portato a lavorare nel
la Commissione di storia dd
museo valdese a cui ha offerto i suoi doni fino agli ultini
tempi. La nostra gratitudine,
va al Signore della vita pei
averci dato questo ministero
ricco, pieno di impegno, carico di emozioni, in mezzo ai
società e alle comunità valdesi del Rio de la Piata.
L
m
esauriti
era Ului
Ione de
none n
le armo
Un’insc
te dopo
brilipre
no dell
progett
sentato
comune
to delle
ne per
Una fesl
to, il pii
Riesi, SI
decenni
dei nos
collina c
andava ;
vare Fai
progetti
Servizio
costruzi
stiano fi
ramo ir
attorno
Oggi eh
molti an
he più i
dano. O
un quart
a,isupe
filbitaz
tanomol
Era or;
peraggr
qu,atóer£
prepara:
sonosta
casa: l’ol
era infat
del saper
nedel qr
reiipar
tadizion
Un pastore «nacional»
ALDO COMBA
IL23 dicembre 1998 è deceduto in Uruguay il pastore
Mario Bertinat, Per molti anni le chiese valdesi dell’Uruguay e dell’Argentina erano
state servite da pastori nati in
Europa e poi trapiantati (per
sempre o per un periodo limitato) in America Latina.
Mario Bertinat (assieme a
Wilfrido Artus e a pochi altri)
è uno dei primi pastori «nacionales», come là si diceva,
cioè nati in Sud America. La
lista poi si è allungata e ormai
quasi tutti i pastori e le pastore al servizio delle comunità
valdesi rioplatensi sono originari di quel continente.
Mario Bertinat era nato a
Colonia Vaidense, il più antico e tipico insediamento valdese nel Nuovo Mondo: conservava alcuni tratti caratteristici dei valdesi delle Valli. Da
un lato una certa timidezza o
reticenza, o forse soltanto un
sano realismo, che gli impediva di pontificare come certi
effimeri rappresentanti di
gruppi «evangelicali». E d’altro lato una coerenza, una dirittura, una costanza, che ne
facevano uno dei migliori
rappresentanti di ciò che la
tradizione valdese ha di più
solido e permanente.
Mario Bertinat è stato varie
volte in Italia; è stato «moderador» dell’esecutivo delli
nostre chiese dell’Uruguayi
dell’Argentina: è stato uno
dei pastori che hanno maggiormente contribuito a raf
forzare i legami tra valdesi
europei e americani, pur difendendo con energia l'autonomia delle nostre chiese
Nuovo Mondo. È stato, dopo
Jean Tron, pastore della chie;
sa di Montevideo, uno degli
avamposti della presenza valdese in America Latina.
Pochi anni fa, durante il suo
ultimo viaggio in Europa, era
stato colto da infarto. Ospitato con ammirevole fraternità
da Livio Gobello a Luserna
C
Lac
»fra
;Domer
wmuniti
quale nut
® Antoni
ptedicazii
fons, cen
di Gesù a
'agente (
dalla cor
teu sei i
H la COI
^ti gioia
:hiarazi
tesa va
Wo. Nel
to deli
ituito e
San Giovanni, si era rimessOp^t Gra
in salute e aveva potuto anco- -«G è u
ra godere di alcuni anni di trazioni
operosa pensione. Operosa, asità pi
in quanto si occupava, assiO' ttsuetuc
me ad altri, di raccogliere no- hanzi a
tizie, documenti, memorie, fino
atte a ricostruire in qualche^ intimi
misura la variegata storia del
valdismo latino americanoPer molti decenni, e fino w
ultimi istanti, Mario Bertinat®
stato affiancato da Violet®
Davyt, sua moglie, una persO'
nalità di primo piano nella vt
ta della chiesa, piena di dispO'
nibilità e di iniziative. A lei, 1®
questo momento di lutto,
innanzitutto il nostro pensiO'
ro più cordiale e affettuoso.
'• Ma u
è e esi
Ipostro f
Ito int
Parola
fronte ;
egois
Iti di ri
egnar
denta
Per la pubblicità su
tei. 011-655278
fax 011-657542
13
) 1999
ndo
se
i conSO.
lò a fa.
iese di
-LascaEst. LI,
Jeriodo
uppidi
eri e la
5UO micco. Gli
k^edono
tiunità,
iamenonsento e li.
provo-!
ti nella,
0, esera Mesa
382, un'
chiesa
pecialsi prepaesi,,i
Il cui le,
linava:altà e:
ontrol-!
mdò aj
astora-i
:osario,|
ia, Pre-i
Il suoj
incitò a
ibiteiio
nità à.
inni ha'
eggia-j
azione
e aliar
'sa anii apra
ize del;
:e intestoria
lese le
ire nelmia del
a offerultimi
tudin!;
ita peti
nistero
o, carirzo alla
: valde
^/ENERDÌ 15 GENNAIO 1999
Vita Delle Chiese
Un'iniziativa del Servizio cristiano con la cittadinanza di Riesi
Una festa con la gente del quartiere
Le «vicine di casa» si sono aggregate nella produzione di dolci tradizionali
e tipici, gustati in una serata giocosa fra canti e rappresentazioni favolistiche
PAG. 9 RIFORMA
ERIKA TOMASSONE
DOPO appena un’ora dall’inizio i parcheggi erano
esauriti. Il Servizio cristiano
era illuminato a festa; dal salone della ex scuola di formatone meccanici giungevano
le armonie dei canti natalizi.
Un’insolita serata: finalmente dopo giorni e giorni di febbrili preparativi si era nel pieno della realizzazione del
progetto che abbiamo presentato all’amministrazione
comunale di Riesi nell’ambito delle attività di aggregazione per il periodo natalizio.
Una festa del quartiere Firriato, il più recente quartiere di
Riesi, sorto in quest’ultimo
itecennio proprio alle spalle
dei nostri edifici, su quella
doUina dove l’architetto Ricci
andava a passeggiare e osservare l’ambiente per creare il
progetto architettonico del
fervizio cristiano. Quando le
tfflstruzioni del Servizio cristiano furono terminate eravamo in aperta campagna:
attorno solo campi di grano.
Dggi chi manca da Riesi da
molti anni non riconoscerebfié più i luoghi che ci circondano. Ormai siamo parte di
un quartiere con i suoi negozili supermercati e tante case
dubitazione dove ormai abitano molte famiglie.
Era ora che si facesse festa
per apregare le persone del
qtóere e coinvolgerle nella
pifflarazione di una serata
9t%a. Il punto di partenza
sono state le nostre vicine di
casa: l’obiettivo del progetto
era infatti la valorizzazione
del sapere pratico delle donne del quartiere, in particolare ripardo ai dolci tipici e le
tttozioni di Natale. Le visite
Il Servizio cristiano e sulio sfondo ii nuovo quartiere deila città
alle nostre vicine hanno portato all’adesione entusiasta
di 35 donne che nonostante il
carico normale della casa e la
cura dei figli spesso ancora
piccoli hanno prodotto cose
meravigliose. Abbiamo esposto in bella mostra torroni,
bugie, «mastazzole», «gnucchitti», ciambelle di patate,
taralli, biscotti alle mandorle
e alle noci, mandorle ghiacciate, «spinci», palline al cioccolato, una stupenda torta a
forma di albero di Natale, fino a una torta della Foresta
Nera, per non dimenticare i
«tiramisù», la torta di ricotta,
la torta all’ananas, il salame
di cioccolato, le crostate.
Un piccolo riconoscimento
ha premiato ogni donna e la
sua ricetta, non in uno spirito
competitivo ma nella condi
visione del sapere pratico che
si tramanda ancora di madre
in figlia. La pergamena che
ogni donna ha ricevuto l’abbiamo chiamata «sostegno
per i giorni faticosi», augurandoci che guardandola le
donne si sentano rafforzate
nel loro lavoro quotidiano
spesso così ripetitivo. La serata è proseguita con una
grande tombola inframmezzata dai canti della corale
della Chiesa valdese di Riesi e
da due cunta narrati dalla signora Sciarrino. La corale
della Chiesa valdese ha ormai
un ricco repertorio ed è stata
più che all’altezza della situazione; i due cunta, racconti,
quasi favole, in dialetto, ci
hanno richiamato l’epoca in
cui si facevano le veglie nelle
famiglie e tutto era affidato
alla tradizione orale. Il sindaco, Micciché, e l’assessore ai
Servizi Sociali, Pina Noto,
hanno espresso l’apprezzamento per l’impegno delle
nostre vicine e per la festa.
C’è forse qualcuno che
rimpiange che non si sia realizzato il sogno nel cassetto
del pastore Tullio Vlnay di
creare attorno al Servizio cristiano un bel quartiere costruito insieme agli abitanti,
in cui senza proprietà privata
si sarebbero divisi gli spazi
abitativi a seconda delle esigenze. La storia, si sa, non va
sempre nella direzione che si
sogna, le difficoltà arrestano i
progetti. Il quartiere Furiato
non è sorto nell’ambito dell’utopia, dell’idealità del progetto del Servizio cristiano;
molti dei nostri terreni sono
stati espropriati, abbiamo
anche rischiato di perdere
una parte consistente del nostro uliveto. Ancora non sono
pronte tutte le opere di urbanizzazione, non c’è verde
pubblico o parchi giochi per i
bambini. Questo però è anche il quartiere dove abitiamo noi e almeno un pezzo
dell’intento iniziale rimane:
che il Servizio cristiano non
restasse isolato in mezzo ai
campi di grano, che la collina
fosse abitata.
Tutti questi pensieri ci hanno accompagnato durante
questa festa assai riuscita grazie alla collaborazione dell’
amministrazione comunale e
di tutti e tutte coloro che con
il loro lavoro manuale hanno
contribuito alla realizzazione
del progetto: sono così numerosi che non possiamo elencarli tutti, ma desideriamo
che a tutti e a tutte giunga il
nostro ringraziamento.
M Chiesa valdese di Catania
La comunità accoglie
il fratello Antonio Di Grado
p.'
^Domenica 13 dicembre la
^niunità valdese ha accolto
itale nuovo membro di chie® Antonio Di Grado. Dopo la
Wicazione del pastore Italo
fpns, centrata sulla domanda
i Gesù ai discepoli («chi dice
gente che io sia?») seguita
Wla confessione di Pietro
sei il Cristo», Marco 8,
iza val-PLi la comunità ha ascoltato,
'in gioia e riconoscenza, la
e il sudj^afazione di adesione alla
pa, valdese di questo fra
■ ""lo. Nel sottolineare il minilo della grazia, nel dono
itttito e immeritato della felli Grado ha così prosegui^C’è un’antica e profonda
"^azione per l’austera relisità protestante, c’è una
uetudine con il tormento
anzi al “silenzio di Dio”,
® fino a ieri più letteraria
intima e prossima alla feMa un cammino intelleticano- Ile e esistenziale ha portato
no agli lostro fratello «a un mutartinati Ulto interiore e di apertura
'iole'* fParola e alle grazie divine,
persO' ifonte alle quali deporre i
ella vi' S egoistici e arroganti strudispp” Wti di ricerca intellettuale e
I lei, i® degnarmi, con tutta la mia
Wenta miseria, ma anche
DspiMtemiti
isernä
imessa'
) anco
con tutto il mio bisogno di
purezza e di giustizia, alla volontà del Signore. La fede, anzi, il primato della giustificazione per fede su ogni urgenza esistenziale, culturale o
politica, mi sembra ora il problema, la questione centrale
fra tutte le grandi questioni
dell’umanità, capace d’illuminarle tutte e di diversamente orientarle».
11 giorno successivo, nel
quadro di una serie di iniziative culturali, in un ambiente
strutturalmente diverso dal
tempio valdese, che la storia
di Catania ricorda come «...
l’immenso salone dalla volta
dipinta a fresco, rischiarato
da ventiquattro finestre grandi come portoni» (da 1 viceré
di Federico De Roberto), cioè
il Monastero dei benedettini
(sede oggi dell’Università cittadina), Antonio Di Grado è
stato circondato nell’ambito
accademico da alcuni colleghi, ai quali si è aggiunto lo
scrittore Vincenzo Consolo,
per la presentazione del suo
ultimo libro La vita, le carte, i
turbamenti di Federico De
Roberto, gentiluomo. Nel suo
intervento il sindaco Enzo
Bianco ha rivolto a Di Grado
un ringraziamento per il suo
passato di amministratore
della città in qualità di assessore alla Cultura, in un periodo in cui sono state gettate le
basi dell’attuale immagine
culturale di Catania, immagine che nuovamente la caratterizza come una grande
città europea.
Chiesa battista di La Spezia
Un concerto per la città per
ricordare Martin Luther King
MICHELE SINIGAGLIA
PER celebrare il 50° anniversario della Dichiarazione dei diritti dell’uomo
sancita dalTOnu nel 1948, la
comunità battista di La Spezia ha voluto ricordare il pastore battista Martin Luther
King che per avere propugnato tali diritti fra uomini
bianchi e neri perse la vita.
Con questa motivazione il
coro ecumenico e il coro dell’Arci-musica hanno offerto
alla cittadinanza un concerto-omaggio alla figura di
King, con il titolo «testamento di speranza».
Un lettore serio e coinvolgente ha condotto il folto
pubblico attraverso la vita di
King, partendo dalla sua nascita e passando ai suoi studi
da pastore, poi al suo primo
incarico nella Chiesa battista
di Montgomery e successivamente alla sua presa di posizione sui diritti umani fra
bianchi e neri, iniziando dal
boicottaggio sugli autobus
(su cui erano costretti a sedere separati) per arrivare alla
protesta per una scuola libera e alla «marcia su Washington» del 1963, dove King pronunciò alla presenza di 250
mila persone il famoso discorso che terminava «... ho
fatto un sogno oggi (...) che
nello stato dell’Alabama (...)
bambine e bambini neri nei
loro giochi possano stringere
la mano a bambine e bambini bianchi (...) come fratelli e
sorelle», per finire al 4 aprile
del 1968, giorno in cui, mentre teneva un discorso in una
piazza, fu ucciso da un killer
appostato a una finestra.
Tutti questi momenti della
vita di King, tracciati nel Testamento di speranza, sono
stati intercalati dal canto di
spiritual appropriati e che
hanno riscosso immediato
successo; in special modo
Sometimes i feel like a motherless Child, cantato dopo la
lettura relativa alla morte di
King. Al termine del Testamento è stato fatto l’aggancio al sacrificio di Gesù sulla
croce, con il canto dell’inno
Come a fiume che impetuoso
ha unito comunità e pubblico in un solo sentire. La speranza citata sull’esempio delle mura di Gerico, costruite
con scatole e carta color
mattone, recitava: «...forse
c’è qualche crepa nelle mura
che dividono l’umanità (...) è
lì che Cristo semina il piccolo
seme della libertà».
Ha concluso il concerto lo
spiritual Jericho, cantato come in un sit-in, con conseguente caduta delle mura,
suscitando nel pubblico un
forte entusiasmo sfociato in
applausi. All’uscita, una petizione per un ragazzo pachistano, presentata da Amnesty
International, raccoglieva
una larga adesione. Il concerto ci ha vieppiù convinti che
diritti umani raccontati e
cantati hanno ancora un lungo cammino da fare e noi
proseguiremo in questo cammino, dentro e fuori le chiese.
I
Agenda
16 gennaio '
MESTRE — Alle ore 10, nella chiesa valdese (via Cavallotti
8) si tiene una giornata di aggiornamento dei monitori.
Dopo la meditazione è previsto un «laboratorio del fare» e
nel pomeriggio un laboratorio musicale. Tel. 041-5202285.
BERGAMO —Alle 17,30, nella sala conferenze del Centro
culturale protestante (via Tasso 55, p. 1“), il past. Salvatore
Ricciardi tiene il secondo dei sei incontri di studio sulla Lettera ai Romani, sul tema: «Il giusto per fede vivrà» (1,1-17).
TORINO — Alle 15, nella sede decentrata della biblioteca di
Scienze religiose «Erik Peterson» (via Martini 4/b), Luigi Bettazzi, vescovo di Ivrea e Gian Carlo Andenna (Università
cattolica di Milano-Brescia), presentano il libro «Storia della
Chiesa di Ivrea dalle origini al XV secolo» (ed. Viella, 1988).
IVREA— Nei locali della chiesa valdese, via Torino 217, alle
ore 21, si svolge un’incontro per discutere il documento sul
la bioetica che verrà presentato al prossimo Sinodo.
22 gennaio
TORINO —Alle ore 15, alla fondazione Luigi Firpo (via
Principe Amedeo 34), inizia la giornata di studio su: «La
casa editrice Claudiana: politica, cultura e storia». Franco
Bolgiani e Carlo Papini presentano il volume di Dehora
Spini («Diritti di Dio, diritti dei popoli») e il testo di V. Minutoli «Storia del ritorno dei valdesi nella loro patria dopo
un esilio di tre anni e mezzo».
SONDRIO — Alle ore 21, presso il Centro evangelico di cultura (via Malta 16), si tiene una conversazione di Gioacchino Pistone, studioso di ebraismo e membro del Comitato
esecutivo del Sae e di Biblia, sul tema: «Gesù ebreo»).
^gennaio
CINISELLO BALSAMO —Alle ore 17,30, al Centro culturale «Jacopo Lombardini» (via Montegrappa 62/b), lo psicologo Romano Madrea tiene il secondo «Incontro con Gesù», dedicato alla figura di Nicodemo (Giovanni 3,1-21).
BERGAMO — Alle 17,30, nella sala conferenze del Centro
culturale protestante (via Tasso 55, p. 1°), il past. Salvatore
Ricciardi tiene il secondo dei sei incontri di studio sulla Lettera ai Romani, sul tema «Tutti hanno peccato» (1,18; 4,25).
PONTE IN VALTELLINA (So) - Alle 20,30, nella chiesa di
San Maurizio, si tiene una conversazione del pastore Alfredo Berlendis sul tema: «La Bibbia nella Chiesa».
26gennaio
IVREA — Nei locali della chiesa valdese, via Torino 217, alle
ore 21, si svolge un’incontro per discutere il documento sulla bioetica che verrà presentato al prossimo Sinodo.
Radio e teleoislone
CULTO EVANGELICO: ogni domenica mattina alle 7,27 sul
primo programma radiofonico della Rai, predicazione e
notizie dal mondo evangelico italiano ed estero, appuntamenti e commenti di attualità.
PROTESTANTESIMO: rubrica televisiva di Raidue a cura
della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, trasmessa a domeniche alterne alle 23,40 circa e, in replica, il
lunedì della settimana seguente alle ore 9,15 circa. Domenica 24 gennaio andrà in onda: «Ebrei e cristiani: un invito
al dialogo»; «Un incontro con il compositore Luigi Bonafede»; « Incontri: rubrica biblica». Replica 1° febbraio.
AVVERTENZA: chi desidera usufruire di questa rubrica deve inviare i programmi, per lettera ofax, quindici giorni prima del venerdì di uscita del settimanale.
VILLAR PELLICE — Il periodo natalizio è stato ricco di incontri per la nostra comunità; abbiamo avuto il piacere di sentire il coro Eiminal in un concerto nel tempio; nel corso
della stessa serata ci è stato presentato il libro La balmo
dArman. Un altro concerto ci è stato offerto dal coro Valpellice e dalla nostra corale; entrambe le serate hanno
avuto un buon successo di pubblico. Gli incassi di questi
concerti insieme al ricavato della vendita prenatalizia organizzata dall’Unione femminile sono stati devoluti alla costruzione della nuova sala polivalente per la quale stiamo
ricevendo le prime offerte e i primi prestiti. Altra Iniziativa
che ha avuto buon successo è stato l’incontro del coretto
dei giovani con la gente dei quartieri in occasione di tre
riunioni natalizie alla Piantà, all’Inverso e al Teynaud. Anche la festa dell albero, animata dalla scuola domenicale
ha avuto una buona partecipazione di adulti e bambini.
• Ringraziamo il pastore Giorgio Tourn per i culti presieduti in questo periodo.
• La comunità si rallegra per la nascita di Manuel, di Alessandra Avondetto e Claudio Garnier; William, di Franca
Long e Gianni Genre; Denny, di Mara Baridon e Marco
Charbonnier.
• Ci hanno lasciato purtroppo in questo ultimo periodo
diverse persone anziane e giovani che molto si sono impegnate per la vita della chiesa: Stefano Rambaud, Liliana Davit, Anita Gönnet, Ottilia Dalmas e Renato
Bonjour. Alle famiglie di queste sorelle e di questi fratelli
che sono nel lutto, vada l’abbraccio e la simpatia di tutta
la comunità, nella consapevolezza che il nostro avvenire è
saldamente nelle mani di Dio.
14
PAG. 10 RIFORMA
Commenti
VENERDÌ 15 GENNAIO I99ç VENEI
Refdrma
I «graffìtisti» delle città
Alberto Corsani
Ha destato scalpore riniziativa del sindaco di Milano, che
auspicava un eventuale ricorso alle «taglie» per smascherare chi imbratta la città con scritte e graffiti, ma anche un osservatore sicuramente non moralista e non ostile alle culture giovanili come Michele Serra notava che i disegni, anche
quando di fatto «migliorano» l’impatto visivo di muri spesso fadscenti, sono in realtà spesso ripetitivi, come dire occasioni sprecate per dare un volto alternativo alle città.
Come confermano alcuni «addetti ai lavori», artisti di
strada riconosciuti o giovani che sui muri esprimono la loro «controcultura», bisogna fare una distinzione fra fenomeni diversi che muovono da atteggiamenti e intenti diversi. C’è chi ha uno scopo provocatorio e di protesta sociale o politica, o anche solo di generica ribellione generazionale. Costoro si esprimono con le classiche scritte, magari non troppo diverse dalle invettive dei tifosi di calcio, e
nel loro atteggiamento di sflda ricordano i gesti ostili di chi
ha «rapito» la statuetta del bambin Gesù dal presepe artistico del centro di Torino; prediligono, sempre nell’ottica
della loro contestazione, i palazzi appena ristrutturatì o le
facciate rimesse a nuovo, per rendere più offensivo e clamoroso il loro gesto. Ma è ben diverso l’atteggiamento di
chi disegna sui muri o sui treni, in genere senza intenti
esplicitamente polemici: costui ritiene di esprimere una
sua soggettività e pensa in buona fede di rendere «più bello» un pezzo di muro.
1 nostri muri ne hanno bisogno. Interi isolati urbani,
magari un tempo periferici e ora riassorbiti dall’espansione delle aree metropolitane, sono fatiscenti e intristiscono
l’ambiente. Oltretutto il disegno sui muri, per quanto sia
una forma espressiva «povera» e estemporanea, non è banale. Per almeno due motivi: il primo è che esso richiede
una notevole messa a punto tecnica: realizzare un disegno
con molti colori direttamente con la bombola spray non è
facile, ci vuole del tempo e perizia tecnica. Per questo i
luoghi prescelti sono poco accessibili, come le carrozze
ferme lungo i binari morti o le aree di smistamento ferroviario: tutto il contrario delle scritte, che sono fatte per essere viste dal maggior numero possibile di persone. L’altro
motivo è che ricorrono fra i «graffìtisti» delle vere e proprie
marche di riconoscimento, figme, sigle, logotipi, che i più
non notano, ma che gli «addetti ai lavori» sono in grado di
riconoscere. E c’è anche un aspetto dimostrativo di essere
riusciti a «espugnare» un luogo ritenuto particolarmente
inaccessibile, come gli arrampicatori che scalano i grattacieli a New York o il giovane pilota che una dozzina d’anni
fa atterrò con un piccolo Cessna sulla piazza Rossa a Mosca, facendosi beffe dei servizi di sicurezza.
Insomma, c’è un urgenza comunicativa che si articola su
due livelli: esprimere se stessi di fronte agli altri e nello
stesso tempo fare e consolidare il proprio «essere gruppo»,
rivolgendosi a una cerchia ristretta di persone. Ovvero:
cercare il confronto con gli altri e nello stesso tempo ammettere che nella propria nicchia sociale si sta bene. Tutto
ciò non è un fenomeno trascurabile, evidenzia una situazione di confronto e scontro sociale. La vivibilità delle aree
metropolitane è fatta sì di servizi e di sicurezza dei singoli
e della collettività, ma anche di gradevolezza, di creatività:
in troppi ci lasciamo «scivolare addosso» la città, senza
sforzarsi troppo a ipotizzare come cambiarla. Per alcuni,
molti, la risposta dovrebbe essere in primo luogo quella
del decoro e della pulizia, ma si può pensare anche (e a
volte infatti si fa) a forme di coinvolgimento degli artisti
più giovani, proprio per ridare vita all’espressione che parte dal basso. Napoli ha giocato buona parte del proprio rilancio proprio stimolando l’affetto del cittadini per le loro
strade e i loro monumenti.
La scommessa su cui tutti dovrebbero sentirsi coinvolti,
amministratori, gruppi di base, scuola, comitati spontanei
di quartiere e tanti altri ancora tino ai cittadini qualunque,
potrebbe andare nella ricerca di un’armonizzazione fra
queste diverse visioni della città, fra il muro «lindo» e quello a tinte sgargianti, e anche da lì potrebbe partire la riflessine sulla necessità di comunicare che i giovani esprimono
in maniere forse scomposte ma certo non tini a se stesse. E
poi: sono tanto più belle le pareti degli stabili del centro interamente appadtate ai cartelloni pubblicitari?
A
E-Mail (Torino): riforma@alpcom.it
E-Mail (Napoli): riforma.na@mbox.netway.it
Uri: http://www.aipcom.it/riforma
Via S. Pio V, 15 -10125 Torino - tei. 011/655278 - fax 011/657542
Via Foria, 93 - 80137 Napoli - tei. 081/291185 - fax 081/291175
Via dei Mille, 1 -10064 Pinerolo - tei. 0121/323422 - fax 0121/323831
DIRETTORE: Eugenio Bernardini. VICEDIRETTORE PER IL CENTRO-SUD: Anna Matfei. IN REDAZIONE: Alberto Corsani, Marta D’Auria, Emmanuele Paschetto. Jean-Jacques Peyronel, Piervaldo Rostan (coordinatore de L'eco delle valli) Federica Tourn, COLLABORANO: Luca Benecchi, Alberto Bragaglla, Avemmo Di
Croce, Paolo Fabbri, Fulvio Ferrarlo, Giuseppe Ficara, Giorgio GardioI, Maurizio
Girolami, Pasquale lacobino, Milena Martinat, Carmelina Maurizio, Luca Negro,
Luisa Nitti, Nicola Pantaleo, Gian Paolo Ricco, Fulvio Rocco, Marco Rostan, Mirella Scorsonelli, Florence Vinti, Raffaele Volpe
DIRETTORA RESPONSABILE Al SENSI DI LEGGE: Piera Egidi.
REVISIONE EDrTORIALE:Stello Armand-Hugon; GRAFICA: Pietro Romeo
AMMINISTRAZIONE: Ester Castangia; ABBONAMENTI: Daniela Actis.
STAMPA: La Ghisleriana s.n.c. Mondovi - tei. 0174-42590.
EDITORE: Edizioni Protestanti s.r.l. - via S. Pio V, 15 bis -10125Torino.
nonpuô»UÊfanaàaaM^)»giÊUiMntê
1998
Associato alia
Unione stan^
periodica itaiiana
Tariffe insenioni pubblicitarie: a nmdulo (42,5x40 mm) £ 30.000.
Partecipazioni: mm/colonna £ 1.800. Economici: a parola £ 1,000.
Riforma è il nuovo titolo della testata La Luce registrata dal Tribunale di Pinerolo con II n. 176 del 1‘ gennaio 1951. Le modifiche
sono state registrate il 5 marzo 1993.
Il numero 2 deH’8 gennaio 1999 è stato spedito dall'Ufficio CMP
Nord di Torino, via Cebrosa 5, giovedì 7 gennaio 1999.
Parla il sociologo protestante francese Jean Baubérot
In difesa della morale laica
Anche se non vuole «dipendere» dalla religione, una vera
morale laica non pretende di non averci niente a che fare
Jean Baubérot, storico e sociologo, docente all’«École
pratique des hautes études»
presso la Sorbona a Parigi, è
esperto di laicità. Nel 1997 è
uscito il suo ultimo libro: «La
morale laïque contre l'ordre
moral» (Ed. Seuil). Riprendiamo quest’intervista, a cura di
Rémy Hebding, apparsa sul
settimanale protestante francese «Réforme» (n. 2718 del 15
maggio 1997).
- Che cosa intendevano, nel
secolo scorso, i pionieri della
laicità quando parlavano di
«morale laica»?
«Per Jules Ferry* non c’è
contraddizione tra libertà e
morale, anzi. È proprio perché l’uomo è libero nella Repubblica che egli si pone la
questione morale. Sotto un
regime dispotico, la gente
non si pone questioni morali
perché è costretta ad agire in
un determinato modo. Formare una società non è una
cosa o-wia. Può essere infatti
la legge della giungla, quella
del più forte, che porta al dispotismo, alla decadenza. La
civiltà non è qualcosa di eterno: può scomparire. Secondo
gli “ussari della Repubblica”,
la coscienza è “l’opinione che
avresti di te stesso se fosti un
altro, se ti vedessi come ti vede un altro”. È una morale
della reciprocità, della relazione con l’altro, dell’inserimento in una società democratica e della continuazione,
con un sentimento di gratitudine nei confronti degli antenati: quelli che hanno permesso di giungere a questa
società democratica, che implica quindi la riconciliazione
delle “due France”. Questa
morale laica è una credenza
al progresso, ma non una credenza ingenua o passiva: una
credenza molto dinamica. Si
cammina nel tempo».
- Questa morale del rispetto
dell'altro si ispira, nonostante
tutto, a valori cristiani...
«Jules Ferry lo ha detto espressamente: la morale laica
non pretende di essere una
morale che non ha niente a
che vedere con la religione. In
compenso, la morale laica
non vuole dipendere da una
religione. Rivendica il potere
di prendere a prestito ciò che
ritiene valido fra le varie tradizioni religiose o filosofiche.
E questo non solo nella Grecia antica (Antigone), nel giudaismo (il Decalogo), nell’Evangelo (“Amatevi gli uni gli
altri“), ma anche nelle religioni orientali (il buddismo, il
confucianesimo). Questa morale ha inoltre un aspetto socializzante per la sua insistenza sulla solidarietà; il suo
Da pochi giorni siamo
entrati nell’ultimo anno
di questo secolo, che nella
sua prima metà ha visto le
due guerre più spaventose
che l’umanità ricordi, mentre la seconda metà è stata
caratterizzata dallo sviluppo
impressionante della scienza
e della tecnologia. Dalle spedizioni interplanetarie alle
meraviglie della chirurgia e
della genetica, sembra che
non esista più alcuna barriera allo sviluppo della scienza
umana. Siamo sicuri di camminare sulla strada giusta?
Moralmente la creatura umana non progredisce di pari passo con la sua tecnologia. Ne abbiamo le prove
ogni giorno quando guardiamo i telegiornali: guerre locali, massacri indiscriminati,
violenze, stragi, morti per fame. Gli scienziati che non sono riusciti a evitare il disastro
criterio di selezione è: tutto
quello che va nel senso della
dignità umana».
- Che cosa significa oggi
questa necessità di una nuova
morale laica contro l’imposizione di un ordine morale?
«Oggi esiste ciò che io chiamo “la morale selvaggia”. Si
passa molto rapidamente da
un indifferentismo morale a
un’attenzione quasi esacerbata per un determinato problema. Esemplo: la pedofilia.
Quelli che ieri la denunciavano venivano trattati come
“vecchi reazionar” che usavano i bambini come alibi
perché in realtà erano contrari all’erotismo e alla pornografia. E, bruscamente,
con l’affare Dutroux, quelli
che finora avevano rifiutato
di vedere il problema non rispettano neppure la presunzione di innocenza. Di fronte
ad una morale intermittente,
lampeggiante, indifferente,
dobbiamo ritrovare una riflessione morale più regolare,
meno tentata di fare spettacolo. In questo la scuola gioca un ruolo, ma anche il tessuto associativo gioca la sua
parte di reinterpretazione, di
riattualizzazione dei valori
morali, o addirittura di invenzione di nuovi valori.
A tal fine sarebbe importante trovare procedure di dibattito più sistematiche. Per
me, la morale laica è la morale comune, il che non esclude
le chiese. Ma queste hanno
piuttosto un ruolo di interpellazione morale della società.
Non credo invece che una
chiesa debba farsi carico della
parola comune. C’è qui un rischio di clericalismo. Esistono dunque due settori: quello
della morale laica con la ricerca di una morale comune
e, d’altra parte, la predicazione morale assicurata dalle
chiese o da gruppi filosofici.
In questo paese (la Francia,
ndr), viviamo come se il cattolicesimo fosse vocato a dire
la morale, mettendo il resto
della società in posizione di
eterno adolescente. La società civile essendo l’adolescente che si ribella contro la
morale del padre, del papa.
Vorrei uscire da questa alternativa dannosa che fa sì che il
papa funge da alibi per non
porsi questioni imbarazzanti.
E vero infatti che l’Aids, ad
esempio, non può essere ridotto a un problema tecnico
di preservativi. Si possono
porre interrogativi morali, ma
in modo alternativo».
- Non ha l'impressione di
una sconfitta d'una morale comune trasmessa dalla scuola?
«Se parlo di nuova morale
laica, è proprio perché avverto una crisi. Ma è una crisi di
successo dato che la morale
laica ha retto per tre quarti di
secolo. Nonostante tutto, rimangono alcune cose: la nozione di dignità umana fa
sempre senso oggi. Ora, gli
insegnanti vogliono educare
ai diritti umani; anche la morale laica. Ma la morale laica
diceva che per educare ai diritti umani bisogna anche insegnare i doveri. Allo stesso
modo oggi, non bisogna educare soltanto ai diritti umani
ma anche alla reciprocità dei
diritti e dei doveri. Oggi si dice: educare alla cittadinanza.
Ma la morale laica non diceva questo: diceva: formate
degli uomini! E quindi avrete
dei cittadini. Aveva in primo
luogo una visione dell’uomo
e dell’essere umano libero in
una società libera. Era una
istruzione morale e civica.
Prima veniva la morale, poi
l’aspetto civico. Oggi, si lascia
da parte la morale. Non c’è
dunque da stupirsi se lo scopo che ci si era prefissi non
viene raggiunto.
Quando si ha poco potere,
si bara un pochettino; quando si ha molto potere, si bara
molto. E la televisione ci fa
vedere quelli che barano
molto il che può costituire un
alibi per tutti quelli che barano un pochettino, e portarli a
dire: “Ce ne sono che barano
più di me!”, e giustificare così
il loro atteggiamento di piccoli imbroglioni. Ma è la stessa cosa! La giustizia morale
non può che essere collettiva.
Non c’è retribuzione individuale dell’atto morale. Questo è quello che la morale laica aveva finito col capire; si
era posto molto il problema
dell’inadeguazione tra la morale e la sua ricompensa. Abbiamo sicuramente una società migliore se i suoi membri sono morali. Ma non si
può dire: sarete più felici individualmente se 5iete morali. Non è questo l’obiettivo.
L’essenziale è di non dare
un’immagine troppo contraddittoria. anche se rimane
sempre uno scarto tra l’insegnamento di precetti e la pratica. Ma se la contraddizione
è troppo flagrante, i bambini
non possono prendere sul serio il discorso degli adulti. La
morale è innanzitutto una
credenza di adulti. Se è una
convinzione, può essere trasmessa ai bambini. Ma non è
possibile educare i bambini
ad una morale alla quale gli
adulti non credono».
* ministro francese della Pubblica Istruzione dal 1879 al
1883. Istituì la scuola elementare laica, obbligatoria e gratuita.
PIERO bensì
di Cernobil, che continua a
mietere le sue vittime, pensano seriamente oggi alla
possibilità di clonare l’essere
umano.
Siamo forse alla soglia di
una nuova era? Stiamo attenti. Negli affascinanti racconti
della creazione che aprono la
Bibbia si narra che il Signore,
dopo avere creato l’uomo, lo
pose nell’Eden dandogli questo avvertimento: «Mangia
pure liberamente del frutto di
ogni albero del giardino; ma
del frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male
non ne mangiare, perché nel
giorno che ne mangerai, per
certo morirai». Fuori di metafora, significa che l’uomo è
creato libero di percorrere le
sue strade, ma con un limite
invalicabile: non può tentare
di mettersi al posto di Dio.
Perché l’uomo appunto è
una creatura, Dio è il creatore. Dio non ha bisogno
dell’uomo, l’uomo non vive
senza Dio, che ci creda o no.
Con i
ve» il SI
COBRIERE DELLA SERA
Pastore in moschea
Il numero del 30 dicembri
riporta una notizia singolare
«La moschea di Oxford hj
preso la decisione senza pre.
cedenti di assumere un pa.
store anglicano che lavoret)
ài miglioramento dei rapporti
tra musulmani e cristiani.
dirigenti religiosi cristiani)
musulmani già da tempo so.
no impegnati nel dialogo [riporta il «Corriere» dal «Dailj
Telegraph, ndr] (...) ma quei
sto è il più radicale passo mai!
compiuto nel campo dellij
collaborazione tra fedi divet-i
se in Gran Bretagna”. 11 bando di concorso per il nuovo
incarico, che si fregerà del%
tolo di operatore interreligio-ì
so, è in fase di preparazione|
tra i dirigenti della moschei!
musulmana e della diocesi
cristiana di Oxford. Il pastore;
anglicano prescelto dovrij
agire da mediatore nelle aree!
di conflitto tra le due fedi’
Egli non parteciperà alle cef]
rimonie religiose e non do-!
vrà, in nessun caso, cercate
di convertire i musulmanii!,
L’attività dovrebbe comincia-;
re nel corso del 1999.
A««« (■
piuto u
che da
combat
vincend
Le nu
tori del
grandi i
di Aids
zaelas
rare al t
valendo
cente di
soli di R
come il
traguar
Aids pr<
co. Per
attentar
mediche
lizzate) (
vivere a
guarda
malati, i
30% pui
tanno a
Oggi in
eonclam
viventi, I
parano i
piamo £
ijguerra»
èclusi a
ianno p
estero, s
per finir
loro nun
il manifesto
Laici 0 non credenti?
ILa
int(
nel
Rossana Rossanda, inm
articolo del 24 dicembre
analizza l’atteggiamento di
non credenti rispetto alli
Chiesa cattolica. «Non pass
per la mente - scrive che nella Chiesa cattolica èì
corso (...) un vero scontro il
l’eredità del Concilio Vatica
no II e l’attuale papato, espi
citamente conservatore.) i
cattolici sanno che quest r°
conflitti hanno bisognod
tempo e, forse, non ingerei “''tiova
za, ma è possibile che se M ^
gerenza c’è, sia sempre al
vore della gerarchia? PercM ®
i non credenti, quando
facciano sugli specchi prO'
fondissimi del cristianesimi ®®dente
sono così inclini a rendei pei
omaggio all’autorità e coi oi
poco interessati ai dileraiJÌ P®*' denu
che il secolo presenta and« fP
ai cristiani cattolici? Si direb ppnta
be che il non credente, inve
ce che laico, sia volentiel Iposessi
semplificante. Come altri li^Anna G
buisce senz’altro all’Islam gl ^sempr
sgozzatori algerini o i talebspidenza
ni, così tende a ridurre il 0
stianesimo al cattolicesimo
questo al soglio pontificio,
quale rende più omaggi
quanti ne meriti. E che coi
tinua a privilegiare con
Concordato, mortificando!
altre religioni e isolandod
nelle scuole i figli».
Con ri]
10 di Ann
lum
dia
eli
11 tèma c
per me p
co, in un
«etti b
teualitè
colle'l
Dio, spirito infinito, dà la vii
l’uomo riceve la vita. Come
lampade della nostra casa
illuminano solo se sono
gate alla centrale elettrica, 0
sì noi viviamo per la grazia
la provvidenza di Dio.
collegamento con la centri
elettrica salta, le nostre Ic
padine si spengono. Quam
l’uomo cerca di mettersi
posto del suo creatore,
pie la propria distruzioi
perché senza creatore la cf^'
tura non può sussistere. Sm*
spartiacque epocale che sW
mo vivendo, la parola del ^
gnore sta come sentinella c™
grida: «Attento, uomo
farti Dio di te stesso».
R/FOf?
(Quello
L’abbo
©7); 5<
are li
pure f
>.000
bonar
lualsiasi
Di
m
coWl
rice rei
alità (c
We ai f
cane
:i urna
sia d
rà i co
porti £
offror
ibenefi
(Rubrica «Un fatto, un cot^
mento» della trasmissione ‘
Radiouno «Culto evangeli a
curata dalla Federazione
chiese evangeliche in WK,
andata in onda domenica
gennaio).
lipenc
posi:
irare
al pn
nostra
Ila leggi
ìregani
Ito curr
tura «Á
issi» il
Ma Sar
15
) 1999 VÆNERDÎ15 GENNAIO 1999
Pagina Dei Lettori
PAG. 1 1
RIFORMA
0K L'esperienza del volontariato e le ricerche di un vaccino
Nuove speranze nella lotta contro l'Aids
lea
cembtt
figolate;
ford hî
iza pre.
un pa.
avoreti
■apport
tiani. “Il
stianit
npo so.
!ogo [ri1 «Dail|
na que.;
isso mail
0 déliai
ii diver.;
Il ban.'
1 nuovi
à deltl
razioni
loschei
diocesii
pastoni
) dovrìi
die arei
a e fedi
alle ce-f
lon do.f
cercarli
Imanli,!
mincia.'
Con il titolo «Di Aids si vive» il settimanale femminile
Anna (n. 50/1998) ha compiuto un «viaggio» tra coloro
che da oltre un decennio
combattono con il virus Hiv,
vincendo qualche battaglia.
Le nuove terapie (gli inibitori delle proteasi) offrono
grandi opportunità ai malati
di Aids di lunga sopravvivenza e la speranza di poter arrivare al vaccino risolutivo, avvalendosi della scoperta recente della dott. Barbara Ensolidi Roma, che pone l’Italia
come il paese più vicino al
traguardo del vaccino anti
Aids preventivo e terapeutico. Per coloro che seguono
attentamente le prescrizioni
mediche (che sono personalízate) dunque si può ancora
vivere a lungo, e questo riguarda il 70% degli attuali
malati, mentre per il restante
30% purtroppo si continueranno a celebrare funerali.
Oggi in Italia i malati Aids
conclamati sono circa 12.000
viventi, mentre i deceduti superano i 32.000. Noi non sappiamo ancora se in questa
^erra» con tanti morti sono
Iclusi anche gli italiani che
tanno preferito recarsi all’
estero, specie in Inghilterra,
per finire i propri giorni (e il
loro numero supera i 5.000).
C’è dunque un cambio totale di strategia nell’assistenza ai malati di Aids, un cambio di approccio, di sostegno.
Se sino a oggi essi hanno
camminato con le gambe dei
volontari o degli operatori,
oggi possono iniziare a camminare con le proprie, in ciò
sostenuti dal volontariato
che dovrà fare un passo indietro. Se il volontario prima
era il «papà», ora dovrà diventare un «fratello maggiore», dovrà aiutare senza imporre (come a volte si doveva
fare prima), collaborare con
il malato a gestire il denaro
della pensione di invalidità, a
trovare un lavoretto nelle
cooperative sociali (magari
dando vita a una di queste),
renderlo responsabile della
propria stanzetta e della propria salute.
Quanto a noi, si tratta di
una piccola rivoluzione che
implicherà anche un cambio
di «casa»: dalla periferia al
centro, aiutando così il malato a essere libero, di nuovo,
ma responsabile. Non sarà
facile, così come non lo era
prima, ma oggi questa è la
strada da percorrere, che con
l’aiuto di Dio e dei fratelli,
nonché dei tanti amici, anche gay, impegnati in questa
opera di sostegno si può e si
deve compiere anche qui alla
casa «Eben-Ezer» di Mestre.
Anche gli oltre 100.000 sieropositivi ufficialmente registrati in Italia (i non registrati
pare siano il doppio) hanno
oggi la possibilità di arrivare
alla sieronegatività, sempre
che lo vogliano, tramite una
corretta sorveglianza medica e una vita regolare. I gmppi giovanili delle comunità
possono essere in questo un
grande aiuto per i loro amici
e amiche, solo che abbiano il
coraggio evangelico di parlare a loro anche con pubbliche conferenze sull’argomento o mediante volantinaggio fuori dalle scuole e
nei loro luoghi di ritrovo:
quelli generalmente evitati
dalla gente per bene e dopo
una certa ora di sera.
In questo lavoro di diaconia spicciola molti hanno
paura di agire, temono di venire confusi con, di essere
scambiati per, mala parola di
Dio, tramite Isaia, ci rassicura: «Non temere perché io sono con te, non smarrirti perché io sono il tuo Dio, ti rendo forte e anche ti vengo in
aiuto e ti sostengo con la destra vittoriosa» (41,10).
Giovanni L. Giudici - Mestre
Comitato «Il sostegno»
M Una lettera
aperta per
Marco Rostan
Grazie di averci pensato o,
meglio, grazie per averlo scritto [Riforma n. 1/99, pag. 11,
«Un’ebrea alla presidenza
della Repubblica»)! È un po’
come capita spesso nella vita
quando a un certo punto ti
accorgi che qualcuno ha detto
quel che da qualche tempo ti
gira per la testa e magari con
parole migliori. Due sono le
occasioni che ricordo e che
vorrei condividere con le lettrici e i lettori di Riforma. La
prima è stata quella condivisa
con alcuni di voi in Parlamento per la commemorazione
dei 150 anni delle Lettere Patenti. Il resoconto del discorso della signora Zevi, se non
ricordo male, è stato pubblicato su questo settimanale.
Lo ricordo per la semplicità,
la chiarezza e l’alto valore etico delle proposte. La seconda
occasione è invece del tutto
personale: credo che fosse la
fine del ’97 e le telefonai per
proporle a nome della Tavola
valdese una comune emissione di un francobollo commemorativo per il 150°.
Tullia Zevi era assolutamente d’accordo, tanto più
sto
;nti?
1, iniiii
embrsi
mto di
tto allí
n pass
'e - (..:
ilicaéi
introit
Valia
o, espi
atore,1
quesí
agnoí
ngerea
e seit
)re afr
Perdí
lo si i
:hi pro
nesinií
endei
1 e eos
lilemni
a anchi
¡i direh
e, invo
lentiei
e attrislam
talebi
re il cii'l
esiniO'
ificio,
laggi
he COI
; coD
ando
andonl
lia vil
lióme i
casa
10 coHq
rica,d
grazis
io. se;
:entrí
re laií'l
3uani
tersHl
e, contl
izioo*
lacrf
•e. Sij®|
he stif
I del SiJ
ellact
10, no'
I La Bibbia va
interpretata
nel suo contesto
Con riferimento all’articolo di Anna Grosso pubblicato
sulflumero del 4 dicembre
’asjtella speranza di non cadereneU’errore di affrontare
¡¡tèma dell’omosessualità,
per me più culturale che etico, in un duello che utilizza
Inetti biblici per ferire l’avtersario o l’avversaria, mi
sembra utile dire che, proprio come persona credente,
lobo interrogato la Bibbia
per trovare una «risposta cristiana» alla questione omoteualità, e la risposta che vi
Ilo trovato non coincide con
ipiella di Anna Grosso. Io
scrivo in qualità di persona
rodente eterosessuale, non
per risolvere la «questione omosessualità», ma
per denunciare un atteggia
(ento pretenzioso che si
esenta spesso, non solo in
perimento al dibattito sulla
losessualità.
JiAnna Grosso scrive: «Oggi
I^Sempre più nelle chiese la
^denza a seguire con platConformismo le ideologie
postmoderne consumisticoedonistiche...». Quando la
smetteremo di etichettare
come eretiche e profane tutte le persone che in coscienza e responsabilità hanno
una visione teologica diversa
dalla nostra? Quando capiremo che il giudizio, la condanna, il ravvedimento e infine il perdono che andiamo
a ricercare nei testi biblici,
dobbiamo ricercarli per noi e
non per gli altri e le altre?
Quando la smetteremo di fare passare la nostra verità come la Verità, citando passi
biblici estrapolati dal loro
contesto, staccati da passi biblici dello stesso contesto
che condannerebbero anche
noi? Non possiamo più imboccare questa strada, non
possiamo pretendere di utilizzare la scientificità riformata e adottare un atteggiamento estremamente letteralista e fanatico, ma se proprio vogliamo farlo, facciamolo per i nostri peccati e
non per i presunti peccati
degli altri e delle altre.
Oltre al metodo anche il
contenuto dell’articolo è
fuorviarne e allarmista per
quel che riguarda la situazione delle nostre chiese. A me
Ogni settimana...
RIFORMA ti fa conoscere un mondo evangelico più grande
li (Quello che puoi conoscere con la tua esperienza diretta.
L’abbonamento ordinano costa 105.000 lire (invariato dal
'97); se il tuo reddito familiare non te lo consente, puoi utilizare liberamente l’abbonamento ridotto di S5.000 lire,
ippure puoi fare un abbonamento semestrale che costa
“.000 lire: se, invece, hai qualche risorsa in più, aiutaci con
ibonamento sostenitore di 200.000 lire o inviandoci una
palsiasi cifra in dono: aiuterai chi non se lo può permettere.
infatti non risulta che le chiese protestanti italiane abbiano preso una posizione chiara e politica sul tema della
omosessualità, edonistica e
non. Quello che vedo è, a livello generale, il disperato
atteggiamento di chi interroga i testi biblici alla ricerca di
una conferma per le sue idee
preconcette, idee che tenta
di fare passare come risposte
assolute e inequivocabili, come se noi persone protestanti avessimo dimenticato il
nostro approccio storico-critico ai testi, come se avessimo dimenticato che ogni
teologia e affermazione teologica, biblica e contemporanea è fortemente influenzata
dal contesto all’interno del
quale viene formulata.
Eccoci dunque al contesto.
Ancora una volta io e Grasso
ci troviamo su posizioni diverse. Se lei crede che il nostro contesto sia favorevole
alle persone omosessuali, io
sono pienamente convinta
del contrario. Non credo che
l’Italia abbia fatto ancora i
conti con la sua omofobia, e
non credo purtroppo che
l’Italia abbia ancora cambiato il suo volto androcentrico
e eterocentrico. Se così fosse.
se fosse veramente come
Grosso afferma, e io mi auguro, non ci sarebbe una
«questione omosessualità»,
non si andrebbe più alla ricerca di una definizione di
che cosa sia naturale e che
cosa innaturale sulla base di
criteri scelti da chi è eterosessuale, e non ci sarebbero
più articoli di giornale che
invitano le persone omosessuali a ravvedersi e cambiare
strada non in quanto persone, ma in quanto persone
omosessuali.
Silvia Rapisarda
Reggio Calabria
& Nuovo fax
L’Opcemi comunica il nuovo numero di fax dei propri
uffici di via Firenze 38 a Roma: 06-47881267. Invariato il
numero tei. 06-4743695.
■ Numero errato
Nell’indirizzario di «Valli
Nostre» è stato riportato erroneamente il n. telefonico
del past. battista Brancé, di
Marghera; il numero esatto è:
041-928038.
mco>
none
igeli<^
ne de!
11tHn
nica I’
Direttore Casa di Riposo
ricerca è aperta presso una piccola Casa di riposo di
lalità (circa 40 ospiti) situata nell’alta Lombardia, non opefite ai fini di lucro e con principi di cultura evangelica,
te candidato/a ideale, con innata predisposizione ai conati umani, dovrà coordinare, organizzare e gestire le attisia dei collaboratori interni, circa 30 addetti, che esterni;
Irà i contatti con gli ospiti e i loro familiari e si occuperà di
Dporti amministrativi con gli enti pubblici.
offrono condizioni economiche di sicuro interesse
[ronefit di un aiioggio moito confortevole in villetta
dipendente nel parco della Casa,
posizione è congeniale a candidati motivati ad
irare in ambiente caratterizzato da spirito di servisi prossimo.
nostra Società assicura la massima riservatezza e il rispetto
"te legge 675/96 per il trattamento dei dati personali.
fregano gli interessati di inviare, via fax o per espresso, dettarlo curriculum, corredato di recapito telefonico, evidenzaindo la
'hra «Autorizzo ii trattamento dei dati personaii da me traessi» indicando anche sulla busta il RIf. 852/RI a: SIRIUM S.r.l.
p-ffa San Bartolomeo S/A -24121 Bergamo. Fax 035-240452.
cxjnfixxÿi
GENNAIO 1999
I cattolici sono una minoranza?
Leggi razziali
Quando gli italiani finirono di essere «buoni»
Chiesa cattolica
Democrazia, il papa e l’Austria divisi
Ebraismo
La famiglia nella tradizione ebraica
Dialogo
Semi di pace in Medio Oriente
Confronti: una copia lire 8.000; abbonamento annuo lire 65.Ò00;
(aostemtore lire 120.000 con libro in omaggio). Versamento sul ccp 64288007
intestato a coop. Com Nuovi Tempi, via Firenze 38, 00184 Roma.
Chiedete una copia omaggio telefonando allo 06-4820603, féx 4827601,
(indirizzo Internet: Http;//hella.stm,it/markef/sct/home.htm)
che se da una parte la richiesta per l’emissione di un
francobollo commemorativo
era una cosa buona, dall’altra
era sicuramente una grana
lunga e noiosa da risolvere
per chi in un francobollo non
vede altro che un prezzo da
pagare per scrivere una lettera! Il francobollo «comune»
non è stato fatto per questioni che nulla hanno a che fare
con una volontà contraria ma
semplicemente perché un
Comune (non ricordo quale)
e un esperto filatelico hanno
agito più velocemente di noi.
Pazienza, ma forse è stato
meglio così: due francobolli
al posto di uno!
Che cosa centra il francobollo con la presidenza della
Repubblica? Nulla! Ma la telefonata che ho avuto con la
Zevi mi ha mostrato in poche
parole l’umanità (e perché
no, la dolcezza!) di una donna che potrebbe rappresentare anche un’altra Italia. C’è
stato sicuramente nei gesti
formali e sostanziali delle ultime due presidenze un riconoscimento della diversità
confessionale, dei diritti delle
minoranze, degli immigrati,
dei più deboli: Tullia Zevi con
le sue parole alla Camera è
andata oltre. Caro Marco, per
questo ti ringrazio!
Sergio Spana - Roma
Il Padre Nostro
In riferimento all’articolo
«Come termina il Padre Nostro» [Riforma n. 46), segnalo
che di san Giovanni Crisostomo, nato tra il 344 e il 354 e
morto in Cappadocia nel 407,
esiste il Commento al Vangelo di San Matteo in tre volumi
(editrice Città nuova, Roma,
1966). Nel primo dei tre volumi, a pag. 317, è scritto: «...e
non lasciarci cadere in tentazione, ma liberaci dal male.
Perché tuo è il Regno, la Potenza e la Gloria per i secoli
dei secoli. Amen».
In riferimento a Matteo 6,
13, si commenta che l’immediato uso liturgico della preghiera del Signore fece sì che
si considerasse come facente
parte di essa questa dossologia «perché tuo è il regno, la
potenza e la gloria per i secoli
dei secoli», che appare già
nella Didaché e che passò in
alcuni manoscritti del Vangelo (cfr. A. Merk, Novum Testamentum Graece et Latine,
su Matteo 6,13). Non solo c’è
da chiedersi, ma principalmente da scoprire perché,
dal V secolo in poi, tale dossologia sia rimasta assente
nella tradizione della chiesa
sino alla Riforma, e nelle tradizione cattolica sino a oggi.
Guerino D’Auria - Pisa
Par
RINGRAZIAMENTO
«Gesù disse: “Lascia
i morti seppellire i loro morti;
ma tu va' ad annunziare
il regno di Dio’’»
Luca 9, 60
È deceduta
Evangelina Grill
ved. Purpura
di anni 88
Ne danno l’annuncio le figlie
Claudia. Paola e Giovanna con i
rispettivi figli Federico Balmas,
Gabriella e Fausto Coucourde,
Elena Calvetti.
Si ringrazia il personale tutto
del Centro aperto per anziani di
Perosa Argentina e quello dell’Ospedale valdese di Pomaretto
per le cure prodigate con professionalità, disponibilità e affetto. Il
presente serve da partecipazione
e ringraziamento. Eventuali offerte in memoria possono essere
devolute ai due istituti citati.
Pomaretto, 3 gennaio 1999
RINGRAZIAMENTO
«Se siamo divenuti
una stessa cosa con Lui per
una morte somigliante la sua
lo saremo anche per una
risurrezione simile alla sua»
Romani 6, 5
La moglie, la figlia e i familiari
tutti del caro
Attilio Bleynat
commossi e riconoscenti, nell’impossibilità di farlo singolarmente,
ringraziano di cuore tutti coloro
che con presenza, scritti, parole
di conforto e fiori hanno preso
parte al loro dolore.
Un particolare ringraziamento a
tutte le persone che gli sono state
vicine durante la malattia, al personale medico e infermieristico
deirOspedale valdese di Torre
Penice, alla dott.ssa Paola Grand
e ai dottori Uscello e Mathieu.
Torre Pollice, 15 gennaio
RINGRAZIAMENTO
«Le tenebre stanno passando,
e già risplende la vera luce»
I Giov. 2, 8
La moglie Evelina Salma, il figlio Adriano con la moglie Michela
Beux e figli Prisca e Jacopo, la
sorella llda ved. Ferrler e famiglia,
la cognata Emida Mourglia e famiglia annunciano la scomparsa di
Valdo Glachero
di anni 84
avvenuta il 6 gennaio ed esprimono riconoscenza a quanti sono
stati loro vicini con affettuosa solidarietà. I funerali si sono svolti
presso la casa in borgata Palaiset
l’8 gennaio con la prediacazione
della pastora Lucilla Peyrot.
Inverso Pinasca, 9 gennaio 1999
RINGRAZIAMENTO
«Il Signore è il mio pastore
nulla mi mancherà»
Salmo 23,1
La sorella Elena Ribet, i nipoti
Baidi, Ribet e Garrou annunciano
la scomparsa della cara
Alba Garrou
di anni 90
e ringraziano tutti coloro che con
presenza, scritti, parole di conforto e fiori hanno preso parte al loro
dolore. Ringraziano in particolare
la direzione e il personale tutto
della Casa delle diaconesse di
Torre Pellice e il past. Rostagno.
Torre Pellice, 15 gennaio 1999
RINGRAZIAMENTO
«Nel mondo avrete tribolazione;
ma fatevi coraggio,
io ho vinto il mondo»
Giovanni 16, 33
I parenti tutti di
Emanuele GardioI
deceduto il 31 dicembre all’età di
92 anni, ringraziano tutti coloro
che con presenza, scritti, parole
di conforto e opere di bene hanno
voluto dimostare la loro solidarietà. Un grazie particolare a tutti
coloro che si sono prodigati assistendo Emanuele In ospedale.
San Secondo, 5 gennaio 1999
RINGRAZIAMENTO
«Perché se viviamo, viviamo
per il Signore; e se moriamo
moriamo per il Signore»
Romani 14, 8
I familiari di
Federico Rostan
a funerali avvenuti, annunciano la
scomparsa del loro caro; un ringraziamento particolare al personale dell’Ospedale valdese di Torre Pellice, alla dott. Paola Grand e
al pastore Bruno Rostagno.
Torre Pellice, 15 gennaio 1999
«Dio ci consola in ogni
nostra afflizione»
2 Corinzi 1,4
Gli amministratori, i redattori e i
collaboratori di Riforma partecipano al dolore di Piervaldo Rostan e
della sua famiglia per la scomparsa del papà
Federico Rostan
Torino, 15 gennaio 1999
È mancato in Uruguay
Renato Bouissa
di anni 71
Ne danno l’annuncio la moglie,
la figlia, la sorella, il fratello e I
parenti tutti.
Montevideo, 6 gennaio 1999
16
PAG. 12 RIFORMA
Villaggio Globale
venerdì 15 GENNAIO 1999
Fin dal 1925 i curdi conoscono una violenza inaudita
Ocalan, la Turchìa e la questione curda
FRANCO CALVETTI
I fiumi di inchiostro, prò e
contro, che sono stati riversati sui nostri quotidiani,
e i chili di fotogrammi, spesso ripetitivi, che sono stati
mandati in onda televisiva
sulla questione Ocalan mi
hanno scosso ancora una
volta e hanno suscitato in
me, come sempre, una grande e vera simpatia per i curdi,
miei amici di lunga data.
Curdi, amici miei
Devo alla lunga amicizia
con Laura Schrader, giornalista impegnata da almeno
vent’anni in prima persona
nella causa della liberazione
del Kurdistan, se ho potuto
affrontare da tanti anni la
problematica curda, studiare
la storia di quel popolo sfortunato, avvicinarmi alla sua
eccezionale cultura di identità, tessere rapporti di amicizia e di solidarietà.
Nelle migliaia di chilometri
che sei mesi fa ho macinato
alla scoperta dell’Anatolia e
delle sue numerose civiltà
scomparse, ho spesso incontrato curdi, parlato di Kurdistan, interpellato turchi sulla
questione curda. Le impressioni che ne ho tratto è che il
problema è quanto mai complesso, la cui soluzione è stata accantonata dai grandi
della storia e drammaticamente presente sulla scena
mondiale solo a intermittenza, in occasione di efferate
azioni di tracotanza da parte
dei dominatori e di violenze,
come risposta e ribellione, da
parte dei resistenti curdi.
In tutta la Turchia, specie
nella città di Istanbul e di An
talya al Sud del paese, ho potuto constatare che i giovani
curdi, scappati dai loro villaggi distrutti, si sono dati al
vagabondaggio costellato di
aggressioni ai danni anche
del turista, di furti, di prostituzione e di azioni malavitose. Tale vita randagia costruita su espedienti anche criminali viene naturalmente enfatizzata dai turchi, additando il popolo curdo in generale quale un male da estirpare
anche con la forza.
Violenze e distruzioni
L'origine della questione
La tragedia dei curdi nasce
alTindomani del Trattato di
Losanna del 1923 quando,
rinnegando il Trattato di Sèvres di tre anni prima, che
aveva dato autonomia e patria al popolo curdo, i curdi
vengono ripartiti sotto la giurisdizione di quattro stati:
Turchia, Iran, Iraq, Siria. Per
quel che riguarda i curdi della
Turchia sotto la presidenza di
Ataturk, osannato come il padre fondatore della Turchia
moderna, il mondo ha assistito impotente dal 1923 al 1938
a provvedimenti capestro per
il popolo curdo tesi tutti a
cancellare l’identità di quel
popolo: divieto di parlare e di
scrivere in curdo, divieto di
avere una stampa propria, divieto persino di dare un nome curdo ai figli. Eppure i
curdi in Turchia, o meglio nel
Kurdistan alTintemo dei confini turchi, ci sono. Sono dodici milioni, distribuiti su
23.000 chilometri quadrati
rappresentati per lo più da rilievi aspri, con altitudini varianti dai 3-4.000 metri, con
la presenza della neve per almeno cinque mesi Tanno.
Ma la pace non è di casa
fra quelle montagne, il cui
sottosuolo è ricco di petrolio
e di minerali, in particolare
di cromo. Il popolo curdo conosce a sue spese una violenza inaudita fin dal 19251928 e poi ancora nel 1932
quando venne messo a punto un piano di deportazione
di un milione di persone che
comportò la distruzione di
7.000 villaggi e la morte di
40.000 curdi. Le condizioni
di sopravvivenza vennero ridotte al minimo sotto il ministro della Giustizia dell’epoca, un tale Mohammed
Esad Berg, che era fiero di ripetere: «Coloro che non sono
veri turchi hanno nella patria
turca solo il diritto di essere
servitori e schiavi».
Nel 1937-1938 le atrocità
sono inaudite verso i curdi
della Turchia: vengono usati i
gas tossici, la gente viene ammassata in grotte campestri
nelle foreste che i turchi incendiano sistematicamente.
Si conta un milione e mezzo
di morti. Dal 1948, con il piano Marshall, che inserisce
basi Nato sul territorio curdo,
sembra verificarsi un periodo
di relativa calma, dovuto in
parte alla crescita numerica
dei movimenti della sinistra.
Ma anche se sembra superata l’epoca delle soluzioni da
genocidio, permane una pesantissima cappa di piombo
nelle relazioni fra la Turchia e
i rappresentanti curdi: il ministro dell’Istruzione sarà imprigionato per tre anni perché in un comizio ha dichiarato di essere curdo; Ismail
Besikei sconterà 12 anni di
‘ L'intesa riguarda un gruppo di nativi di 5.500 membri
Canada: oltre 180 capi religiosi appoggiano
un trattato con il popolo autoctono Nisga'a
Oltre 180 capi religiosi della provincia della Colombia
Britannica (Canada), tra cui
cattolici, battisti, unitariani,
sikh, zoroastriani, avventisti,
musulmani e buddisti, hanno
dato il loro avallo al regolamento controverso sulle rivendicazioni territoriali del
popolo Nisga’a nel Nord della provincia.
Il trattato, primo del genere in Canada da 100 anni a
questa parte, è stato firmato
nell’agosto scorso dai capi
del popolo Nisga’a e dai governi della Colombia Britannica e del Canada. Esso dà ai
5.500 Nisga’a 2.000 km quadrati delle loro terre ancestrali nella valle isolata della
Nass, nonché il potere di governare la zona. L’intesa
comprende anche diritti di
pesca commerciale e indennizzi vari per un totale di 500
milioni di dollari canadesi
(300 milioni di dollari Usa).
In cambio, i Nisga’a rinunciano al 90% del loro territorio tradizionale nonché all’esonero fiscale e ad altre
agevolazioni che venivano finora loro concesse dalla legge federale sugli indiani.
Il trattato prevede inoltre
che i Nisga’a e il governo provinciale gestiranno congiuntamente la Riserva naturale
della Nass, la cui superficie è
circa cinque volte superiore a
quella delle terre dei Nisga’a.
All’inizio dello scorso novembre, 1.451 dei 2.376 Nisga’a aventi diritto di voto
hanno accettato le condizioni del trattato. Il 30 novembre il trattato è stato presentato all’assemblea legislativa
della Colombia Britannica. Il
trattato dovrà poi essere approvato dalla Camera dei comuni del Canada, il che non
dovrebbe creare problemi in
quanto esso viene appoggiato dal Partito liberale, attualmente al potere. Ma, al livello
provinciale, il Partito liberale,
che è il partito ufficiale dell’opposizione nella Colombia
Britannica, si oppone al trattato, ritenuto anticostituzionale dal suo capo, Gordon
Campbell, il quale ha fatto
causa davanti ai tribunali per
tentare di imporre un referendum. Egli pensa infatti
che il trattato creerebbe un
terzo livello di governo.
Glen Clark, capo del Nuovo
Partito democratico e primo
ministro della Colombia Britannica, respinge l’argomento e afferma che un referendum sarebbe ingiusto perché
consentirebbe alla maggioranza di decidere sui diritti
di una minoranza. Harlene
Walker, pastora e presidente
della Conferenza della Colombia Britannica della Chiesa unita del Canada, la più
grande chiesa protestante del
Canada, ha detto che le chiese avevano iniziato ad appoggiare il trattato in occasione
di un grande raduno dei capi
spirituali della provincia, organizzato dal primo ministro
Clark 18 mesi fa.
Il 30 novembre scorso Victoria, la capitale della Colombia Britannica, ha visto riprodursi un evento storico accaduto 112 anni fa: nel 1887 i
capi Nisga’a erano partiti, su
tre piroghe, dal loro territorio
del Nord e avevano remato
per un mese per compiere gli
oltre 1.000 km che li separavano da Victoria, per chiedere un trattato. Ma il primo
ministro dell’epoca, William
Smithe, li aveva respinti. Il
viaggio di quest’anno si è
concluso nel porto interno
della città, di fronte agli edifici del Parlamento provinciale. Una delegazione di oltre
100 Nisga’a in costumi tradizionali, guidata dal capo Joe
Gosnell, si è avvicinata ai gradini del Parlamento, ed è stata accolta «con grande cerimoniale» dal primo ministro
Clark. I Nisga’a sono entrati
in Parlamento e sedevano alla Camera quando il progetto
di legge sul trattato è stato
depositato.
Il capo Gosnell, presidente
del Consiglio tribale dei Nisga’a, ha dichiarato in seguito: «Secondo i termini del
trattato, i Nisga’a si uniscono
al Canada e alla Colombia
Britannica da cittadini liberi...
da partner uguali nella vita
sociale, economica e politica
del paese». 51 gruppi, fra cui
capi ereditari e consigli tribali, hanno convenuto di negoziare attraverso la Commissione dei trattati della Colombia Britannica, istituita nel
1993. L’iter si svolgerà in sei
tappe. 37 gruppi sono giunti
alla quarta tappa, dodici alla
terza e due alla seconda.
Nel corso dei dibattiti in
Parlamento Frank Calder, 83
anni, che nel 1949 fu il primo
autoctono ad essere eletto deputato di un’assemblea legislativa del Commonwealth,
ha ricevuto una medaglia
commemorativa per i suoi anni di pubblico servizio, in particolare nei confronti dei Nisga’a. Calder si è dichiarato
fiero dell’onorificenza, ma ancor più del vedere il trattato
presentato all’assemblea per
la ratifica, e ha dichiarato:
«Tutto il mondo autoctono ci
guarda ed agiamo anche a nome suo... non faremo marcia
indietro. Nulla ci distoglierà
dalla nostra via». (etti)
Istanbul: Santa Sofia
carcere per aver scritto come
giornalista sui curdi; il sindaco di Diyabakir, città del Kurdistan, sarà condannato a 40
anni di carcere perché ha
pronunciato la sua difesa in
curdo e sarà sostenuto da
Amnesty International.
I terremoti
Alla mano dell’uomo si aggiungono le tragedie scatenate dai terremoti: 4.000 morti con il terremoto di Diyabakir, 7.000 con quello di Caldiran e Muradiye. E poi il colpo
di stato del 1980 con i campi
di concentramento di Mus,
Diya, Kiziltepe dove le prigioni rigurgitavano di «rivoluzionari turchi e curdi che credono nell’ideologia della classe
operaia», come riferisce Tarilli, l’autore di «Che tipo di democrazia chiediamo».
Perché sono andato a rileg
germi quelle pagine di sangue? Ocalan, che si è fiondato in Italia pensandola come
patria dove l’impossibile può
diventare possibile, è figlio di
quelle violenze da ambedue
le parti in conflitto e sente
sulla sua pelle le barbarie
perpetrate da oltre sessanta
anni sulla sua gente. Ocalan,
che ricorda TArafat della prima ora, qualunque sarà l’esito della sua ingarbugliata vicenda legale, deve assumere
a mio parere almeno due
ruoli che la storia mondiale e
il suo popolo gli chiede: per
prima cosa deve fermare e
rinnegare l’uso della violenza
dei curdi, abbandonando la
legge dell’occhio per occhio
e dente per dente, ingiustificabile anche come legittima
difesa; in secondo luogo deve proporsi come leader del
suo popolo del Kurdistan in
Turchia e, tramite gli strumenti democratici internazionali, riuscire a sedere a un
tavolo di trattative per affrontare le intricate questioni
legate all’autodeterminazione dei curdi.
Un augurio impossibile?
Solo così potremo augurarci, in questo momento così
ricco di banali espressioni
augurali, di assistere il più
presto possibile a due accadimenti per i quali accenderemo volentieri il televisore:
per primo, la stretta di mano,
sul tipo di quella di Camp
David, del turco e del curdo
suggellando accordi bilaterali
di convivenza civile; in secondo tempo, una seduta del
Consiglio d’Europa dove
all’unanimità sarà votata
l’entrata della Turchia nella
Unione europea.
,v^
♦ ♦♦
Riforma ti
a
RIFORMA, il settimanale evanselico di attualità e informazione più ampio
e completo del panorama italiano, oltre 800 pasine l’anno.
Con una piccola spesa, comodamente a casa tua ogni settimana.
RIFORMA, ogni settimana, ti informa e ti fa
riflettere su avvenimenti piccoli e grandi del
nostro tempo, sulle chiese e i movimenti evangelici, suirecumenismo, su Bibbia e teologia e su
molto altro ancora.
Abbonatevi o rinnovate subito il vostro abbonamento, utilizzando il c.c.p. n. 14548101 intestato
a: Edizioni Protestanti s.r.l. - via San Pio V, 15 bis
-- 10125 Torino, oppure il bonifico bancario sul
conto n. 10/15867 presso l’Istituto bancario San
Paolo di Torino, Agenzia 2, via Sant’Anselmo, 18,
10125 Torino (cod. AB! 01025 - CAB. 01002).
E-Mail: fflforma0Alpcom.lti Uri; http://www.alpcom.lt/(1forma
ABBONAMENT11999
ITALIA ESTERO
• ordinario £ 105.000
• ridotto* £ 85.000
- sostenitore £ 200.000
- semestrale £ 55.000
■ordinario £ 170.000
■via aerea £ 195.000
• sostenitore £ 250.000
• semestrale £ 80.000
• cumulativo Riforma + Confronti £ 145.000 (soto Italia)
• Coloro eh« hanno un boMo rodclfto famIKara poaaono utilizzare questo abbonamento.
OD abbonamenti decorrono, per dodict o sei rr
della prima copia del giornate.
(. dal giorno di ricevimento
l
set
di
ba
un
fra
all
tui
git
ba
ess
fes.
vu.
dis
an
rig
al
da,
nu
in
COI
lai.
vui
adì
'il
sul
del
no
ine
COI
sio
ese
e i
«ut
opi
gar
lizz
mii
pro
stai
pro
di c
lisi
sita
pro
sup
am
mo.
no I
rati
che
am
schi
sign
l'un
divi
sia i
Con
pen
per.
chiù
U
tro I
zior.
tra i
test,
imp
ma.
nito
giar.
simi
dire
Inni
nati
fede,
renz
vuoi
di qi
mo .
prat
vent
deve
latei
rinu
che)