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EDITORIAL
r lavoratori del petrolio
iANNFMARIEDUPRÉ
I BIBBIA E ATTUALITÀ I
AMARE
LO STRANIERO
Spedizione in a. p. 45% - art 2 comma 20/B legge 662/96 ■ Filiale di ^or/no
In caso di mancato recapito restituire al mittente presso l'Ufficio PT Tonno CMP Nord
CHIESEI
«essere Mesa msieme» a Chiavari
di FRANCO SCARAMUCCIA
Lire 2200 - Euro 1,14
¡VILLAGGIO GLOBALI
Il conflitto israelo-palestinese
di SARA SPEICHER
ìgiovanii
Animazione muskale-Uturyica
di CABLO IELLA
«Quando qualche straniero abiterà
con voi nel vostro paese, non gli farete
torto. Tratterete lo straniero, che abita
fra voi, come chi è nato fra voi; tu lo
amerai come te stesso; poiché anche
voi foste stranieri nel paese d’Egitto. Io
sono il Signore vostro Dio»
Levitico 19, 33-34
HO sentito gridare; ho visto da
lontano un uomo correre, è scivolato ed è caduto. È stato circondato da un gruppo di persone. Si è alzato con fatica ed è stato spinto sino
alla colonna del portico. È un giovane africano sui vent’anni; indossa
una maglietta bianca e un paio di
jeans, ai piedi calza dei sandali, anzi
ne ha uno solo, l’altro l’ha perso cadendo. Gli uomini che lo circondano
lo insultano. Dall’altro lato della
strada arrivano due tizi con un grappolo di borse, parte della merce di
questo ambulante abusivo. Ora l’uomo sta davanti a noi a testa bassa,
sanguina dalla nuca e cerca di fermare il sangue con il palmo della mano,
l’altra mano è tesa verso le persone
che lo stringono sempre più contro
la colonna. Qualcuno vorrebbe dargli una lezione prima che arrivino i
vigili. L’uomo trema e la mano non
riesce a fermare il sangue; la tensione
è altissima. «Bisognerebbe cacciarli
tutti», grida un signore dal viso pao
nazzo. Ecco l’anziana fioraia che si fa
largo con decisione, si avvicina al
giovane e tampona la ferita con un
piccolo asciugamano, nessuno si
muove, nessuno parla. Il suo gesto
disarma anche gli animi più bellicosi. Arrivano degli agenti e portano
via il giovane ambulante abusivo.
ORA la signora R. mi guarda con
i suoi occhi neri che emanano
come un brillio di buona inquietudine e dice a voce alta: «Io non mi dimentico che quando arrivai a Milano
nel 1951, per vivere, anch’io ho venduto fiori senza licenza, siamo tutti
figli di Dio!». È vero, siamo lutti figli
di Dio, ma è anche vero che ce ne dimentichiamo presto. Sembra che se
ne sia dimenticato anche il cardinale
Biffi di Bologna, preoccupato di sai
vare l’identità cattolica degli italiani
daU’invasione islamica. La sua proposta per essere attuata necessita di
una schedatura religiosa degli immigrati. È questa una risposta cristiana
ai problemi dell’immigrazione?
Questa sera ho cercato nella
Bibbia una risposta diversa. Ho
incontrato le parole del Levitico;
amare lo straniero come noi stessi. È
una parola pesante, che ci coglie
spesso impreparati; è una storia antica, perché vorremmo amare come
noi stessi soltanto coloro che riteniamo degni di tale attenzione. Lo so
che l’emigrazione è un problema
complesso (esistono oggi problemi
sociali semplici?), a maggior ragione
una risposta alla Haider sarebbe degradante per noi e per gli immigrati.
Non possiamo prendere in giro il Signore: non possiamo amare a parole
c programmare discriminazioni.
Perché vogliamo dimenticare di essere stati anche noi un popolo di
emigranti? È la nostra storia e ricordarla ci rende certamente più umani.
Il Signore ci illumini e ci ispiri attraverso la sua parola soluzioni sagge e
I generose.
Antonio Adamo
Forte documento unitario delle chiese evangeliche italiane suH'immigrazione
Le chiese e gli immigrati
Le richieste di alcuni esponenti della gerarchia cattolica di selezionare l'ingresso
degli immigrati su base religiosa sono «particolarmente contraddittorie e fuorvianti»
DOMENICO TOMASEHO
Le esternazioni del cardinale Biffi,
un principe della Chiesa cattolica,
Mater et Magistra, ripetute per ben
due volte a distanza di pochi giorni,
hanno provocato uno strano, ma non
sconosciuto fenomeno: quello della
doppia eco. La prima eco è quella tradizionale che conosciamo bene: un
manipolo di seguaci, non tutti di piccolo calibro, non ha fatto che ripetere
alTinfmito le stesse parole del cardinale di Bologna, che chiedeva di vietare l’ingresso nel nostro paese ai migranti non cristiani. Date le percentuali statistiche, si trattava di negare
l’ingresso a circa la metà delle persone che attualmente vi entrano.
La seconda eco, forse perché proveniva dal versante del volontariato,
un mondo ben lontano da quello della gerarchia romana e, finalmente.
Assemblea Fcei
<iE voi, chi dite
che io sia?»
«E voi, chi dite che io sia?» (Marco
8, 29): questa domanda di Gesù, che
è stata il motto della «Settimana della libertà» promossa dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia
(Fcei) nel febbraio di quest’anno,
sarà anche il tema biblico dell’Assemblea triennale della Fcei, la dodicesima, che si svolgerà al Villaggio
battista della gioventù di Santa Severa (Roma) dal 29 ottobre al 1“ novembre. Con la scelta di questo tema, il Consiglio intende proporre
aH’Assemblea, a cui parteciperanno
200 persone fra delegati e osservatori, una riflessione sull’identità protestante nel terzo millennio e la ricerca di un linguaggio nuovo, capace di
far uscire il protestantesimo dal
«ghetto» mediático in cui esso è rinchiuso nel nostro paese. (nev)
anche dal mondo laico, criticava duramente quelle stesse parole. Tutti
mettevano in discussione che un
porporato dicesse parole dure contro
l’accoglienza dello straniero, diverso
per religione, mettendosi così chiaramente in contraddizione con l’Evangelo che, come chiesa cristiana, ha il
compito di annunciare.
Quando a Palermo, nel 1995, in occasione del terzo convegno ecclesiale, si parlò di un progetto culturale,
noi protestanti, «delegati fraterni»
reagimmo con molta tiepidezza. Volevamo conoscerne prima il contenuto. Ora quel progetto è diventato
una vera e propria proposta politica,
di tipo conservatore e integralista.
Molti avvenimenti trovano in questo
contesto la loro chiave interpretativa.
La Federazione ha ritenuto di dover alzare la voce e coinvolgere in
questa presa di posizione l’intero pa
norama evangelico. Le firme della
Dichiarazione sono molto eloquenti
e indicano che le chiese evangeliche
italiane, al di là delle diversità teologiche che le caratterizzano, sanno dire una parola comune, concordata
assieme. La Dichiarazione porta le
firme della Federazione pentecostale, delle Assemblee di Dio, delTUnione awentista e della Fcei. Talvolta è
necessario dire una parola dura e
franca nei confronti di una chiesa
cristiana, una parola che affonda le
sue radici nell’Evangelo e che da
questo trae il proprio vigore. Si tratta
da una parte di un’opera di discernimento e dall’altra di una parola di riprensione fraterna, una parola che
non viene detta a cuor leggero, né
con spirito di superiorità. Un parola
che non potevamo non dire.
Il documento a pag. 6
Israele-Palestina
No alla violenza
sì alle trattative
«Non è tempo di ultimatum né di
minacce di vendetta, ma è tempo di
dichiarare insieme la tregua e vivere
giorni di cordoglio per le vittime della violenza da entrambe le parti»: si è
espresso così, in una lettera al segretario delle Nazioni Unite, Kofi Arinan, il segretario generale del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec),
pastore Konrad Kaiser, di fronte al
riesplodere del conflitto in Israele.
Nei giorni scorsi è intervenuta anche
la Federazione luterana mondiale
(Firn), con una lettera al primo ministro israeliano Ehud Barak e al presidente palestinese Yasser Arafat da
parte del segretario generale della
Firn, pastore Ishmael Noko. Preoccupazioni sono state espresse anche
dalla Federazione delle chiese evangeliche svizzere. (nev)
Valli valdesi
È alluvione
È disastro
Peggio del 1977; come nel 1945. Gli
abitanti del Pinerolese fanno i confronti con altri tremendi eventi alluvionali del passato. Da sabato 14 ottobre a lunedì 16 è stato un costante
crescendo: prima la pioggia battente
che innalzava il livello dei corsi d’acqua, poi i presìdi sui ponti onde evitare che i troppi curiosi venissero travolti dalle acque e le azioni per portare in salvo persone le cui case si
trovavano in zone a rischio. Il Pinerolese non conta vittime umane ma
danni sì, e tanti; alla viabilità: ponti
crollati, strade chiuse per frane, il palaghiaccio di Torre Pellice schiantato
dall’erosione del Pellice, altri ponti
resi impraticabili, paesi interi senza
luce, senza telefono, gas e acqua.
Prime analisi a pag. U
IL FATTO
MEMORIA
RIABILITATA
La cerimonia di posa della lapide intitolata a Goffredo Varaglia, pastore
valdese arso sul rogo in piazza Castello
a Torino nel 1558, doveva avvenire sabato 21 ottobre (vedi Riforma del 6 ottobre). Tutto era pronto e tutto si è improvvisamente bloccato. L’il ottobre
la presidenza del Consiglio comunale
ci informava che la cerimonia non poteva più avere luogo. Motivo? Da parte
della Soprintendenza non era giunto il
benestare senza il quale non si poteva
procedere. Ma la lapide, posta là dove
avvenne U rogo, non deturpa per nulla
la piazza. Era questo uno dei motivi
dell’empflsse? Ma non si trattava di
scoprire un monumento, bensì di porre una semplice iscrizione in bronzo
sulla pavimentazione, visibile soltanto
da chi ci passa sopra. Poco più di un
tombino. Storicamente il fatto avvenne in quell’area centralissima, tra il
fronte di Palazzo Madama e l’inizio
dell’attuale via Garibaldi. Stampe
dell’epoca ritraggono la piazza Castello che, allora, si sviluppava solo parzialmente rispetto all’attuale. In questa piazza si svolgevano nel XVI secolo
le feste, i tornei e le esecuzioni capitali.
Già allora era il centro di Torino. Impensabile porre la targa altrove.
Da Ginevra, Calvino stesso scrisse
un appello al Parlamento di Torino
per fermare la condanna a morte. Tutto inutile. A Goffredo Varaglia, prima
dell’esecuzione, fu concesso di parlare
al popolo. Egli confessò la sua fede in
Cristo davanti a diecimila presenti,
pregò Dio per loro e anche per i suoi
persecutori. Poi, visto che sino all’ultimo non abiurò la sua fede evangelica,
fu strangolato e arso. Morì a 51 anni. Il
rogo indignò l’Europa protestante. Oggi quel ricordo assume un duplice significato. Da un lato, è un fatto storico
che va ricordato come frutto di un
tempo di intolleranze e violenze, che
speriamo non ritornino, in nessuna
forma, a dominare e mortificare le coscienze. Dall’altra, in questo sobrio ricordo, colgo una valenza pedagogica:
incamminarsi, come cerchiamo di fare
da alcuni anni, verso una riconciliazione delle memorie storiche significa
innanzitutto conoscerle. Questioni
tecnico-burocratiche non hanno permesso che si rispettassero i tempi previsti. Alcuni hanno voluto vedere il
motivo dello slittamento nella concomitanza di date tra la posa della lapide
a Varaglia e la chiusura della stagione
di ostensione della Sindone. Da parte
nostra abbiamo evitato ogni interpretazione polemica. Il fatto concreto è
che la Soprintendenza ha espresso
parere positivo alla posa della lapide.
Personalmente ho sempre avuto fiducia sia nella linearità della presidenza
del Consiglio comunale che ha portato
avanti l’iniziativa deliberata sia nella
professionalità della Soprintendenza.
La lapide a Varaglia verrà quindi
apposta non più il 21 ottobre ma sabato 11 novembre alle ore 11. In piazza
Castello, proprio là dove avvenne il
fatto. Lo spostamento della data non
dovrebbe compromettere la partecipazione degli evangelici al piccolo
ma significativo evento torinese. La libertà di coscienza che il sacrificio di
Varaglia indica è patrimonio di tutfa
la città. Ci sono voluti quattro secoli e
mezzo per renderlo visibile ai torinesi. E lo noteranno, tra sei anni, anche i
protestanti che dal Nord Europa scenderanno numerosi a Torino per le
Olimpiadi.
Giuseppe Platone
2
r
PAG. 2 RIFORMA
All’Ascolto Della
VtNEIlDbOOnOB«^
dunque
vi è qualche
incoraggiamento
in Cristo, se vi è
qualché conforto
d’amore,
se vi è qualche
comunione
di spirito,
se vi è qualche
tenerezza di
affetto e qualche
compassione,
^rendete perfetta
la mia gioia,
avendo un
medesimo
pensare,
un medesimo
amore, essendo
di un animo solo
e di un unico
sentimento.
^Non fate nulla
per spirito
di parte o per
vanagloria ma
ciascuno di voi.
con umiltà stimi
gli altri superiori
a se stesso.
* Ciascuno di voi,
invece di cercare
il proprio
interesse,
consideri anche
quello degli
altri»
(Filippesi 2, 1-4)
«^Dopo queste
cose Gesù se ne
andò all’altra
riva del mare di
Galilea, che è il
mare di
Tiberiade. ^Una
gran folla lo
seguiva, perché
vedeva i miracoli
che egli faceva
sugli infermi.
^Ma Gesù sali sul
monte e qui si
pose a sedere con
i suoi discepoli.
*Or la Pasqua, la
festa dei Giudei,
era vicina.
^Gesù dunque,
alzati gli occhi e
vedendo che una
gran folla veniva
verso di lui, disse
a Filippo: “Dove
compreremo
del pane perché
questa gente
abbia da
mangiare”»
IL CAMMINO DELLA FEDE
L'Evangelo di Gesù Cristo ci ricorda come tutti siamo bisognosi del suo intervento
di liberazione. Tenerezza e compassione sono i segni della solidarietà umana
MAURO PONS
La malinconia del vivere è
come la nebbia autunnale
che, spessa, avvolge i contorni
nitidi delle case, degli alberi,
delle automobili che normalmente ci circondano, la cui presenza rassicurante, invece, conferma la concretezza della nostra esistenza nelle giornate di
sole pieno. La malinconia è una
forma leggera di depressione,
non un baratro cupo in cui si rischia una caduta senza fine ma,
piuttosto, una sorta di ebbrezza
angosciante da cui emerge una
netta sensazione di abbandono
e solitudine, come «il nulla alle
mie spalle, il vuoto dietro di me,
con un terrore di ubriaco» (Eugenio Montale, Ossi di seppia,
Milano, Mondadori, 1987, p. 14).
tervento da parte di Dio stesso.
Nel suo libro «Libertà di credere», Fulvio Ferrario osserva che
chi «crede ode anche troppo bene accanto alla parola deU’unico
vero Dio le molte parole dei falsi
dèi ed è chiamato a rinnovare la
propria scelta: “Scegliete oggi
chi volete servire”» (Giosuè 24,
15) (F. Ferrario, Libertà di credere. La fede della chiesa, Torino,
Claudiana, 2000, pp 31-32).
Questo significa che il dubbio e
la tentazione sono sempre presenti nella vita del credente e
che quest’ultimo sperimenta
«l’incredulità non solo come un
fatto che interessa gli altri ma
come una presenza costante accanto alla propria fede» (p. 32).
(Giovanni 6,1-5)
Il «male di vivere»
Quello che Montale chiama il «male di vivere» si riverbera spesso anche nell’esperienza di fede del credente,
quando si smarrisce il senso
della propria vocazione, quando il senso di partecipazione e
di appartenenza alla comunità
cristiana si attenua fino al punto di perdere di consistenza,
quando la realtà dell’incarnazione di Dio in Gesù Cristo (il
«...prodigio che schiude la divina indifferenza») non riesce più
a essere vissuta come fondamento di un cammino verso la
libertà e la piena realizzazione
della propria umanità.
La nostra fede in Dio può essere minacciata dal dubbio,
dall’indifferenza o superficialità, dalla mancata risposta positiva a una nostra attesa di in
II «combattimento»
della fede
Preghiamo
Padre,
non dlmentìcarmi nel giorno della prova,
ma fai risuonare in me la tua Parola,
perché essa nd ricordi che la vita che tu mi hai donato,
a te deve essere affidata.
‘Gesù,
fratello e Signore, mio Salvatore,
non lasciarmi soto in questo cammino
ma, come ad Emmaus, accompagnami con la tua
presenza
perché B tuo pane e B tuo vino mi sostengano.
Spirito,
r^a tua presenza,
rendimi consapevole deBa mia appartenenza
alla nuova realtà deUa comunità di Dio in Gesù Cristo,
e da essa non farmi mai allmitsmare.
Tra r«autointrospezlone volta a elucidare fino in fondo
la propria disposizione interiore» (p. 32) e l’invito «a distogliere lo sguardo da se stessi per
concentrare le forze nell’ascolto
della chiamata rivolta in Gesù
Cristo» (p. 32) si colloca l’esperienza della fede che la Scrittura
definisce come un «combattimento» (1 Tim. 6, 12). Il problema è che, prima, nessuno ci avverte che il cammino nella fede
non è una tranquilla passeggiata, ma un rude e aspro percorso
di trekking estremo: al contrario, cfr. Matteo 7,13-14. Quando
il credente non accetta l’idea
che la fede sia un combattimento perenne viene preso dal «male di vivere» e il suo rapporto di
fiducia con il Dio di Gesù Cristo
viene meno, lasciandolo esposto
al «nulla» e al «vuoto».
È proprio in questi momenti
che si avverte il bisogno della
presenza solidale di una comunità, dell’insieme delle sue relazioni. Per resistere alla tentazione dell’autoreferenzialità compiaciuta del proprio individualismo e per mantenere aperta la
propria disponibilità all’ascolto
della parola di Dio, abbiamo bisogno della comunità fondata da
Dio in Gesù Cristo. Paolo scrive
ai credenti e alle credenti della
comunità di Filippi dalla solitudine dell’isolamento della prigione in cui è rinchiuso, sollecitandoli a condividere con lui
l’esperienza della lotta nel nome
dell’Evangelo di Gesù Cristo. Sia
l’uno, sia gli altri sono coinvolti
in un combattimento in difesa e
a sostegno della fede in Dio: la
forza, la tenacia e la consistenza
di questa lotta si possono sviluppare a partire dal rafforzamento
del tessuto comunitario. Come?
In Cristo (w. 1 e 5) i credenti
riconoscono l’unico fondtimento della loro fede in Dio. Ma Cristo è anche l’unico fondamento
posto alla loro appartenenza alla
chiesa cristiana. L’unità dei cristiani non trova alcuna ragione
in uno stare insieme motivato
dall’economia, dalla sociologia,
dalla cultura, dalla storia o da
quant’altro, ma solo dall’esperienza di una vocazione in cui
Dio chiama ad essere uno in
Cristo. L’unità dei cristiani non
è altro che il dono di una comunione fraterna, conseguenza
della riconciliazione a Dio dell’essere umano alienato dal peccato, grazie alla quale l’umanità,
frantumata dal dolore e dalla
sofferenza delle divisioni provocate dalle ingiustizie e dall’egoismo, trova la ragione per riconciliarsi a sua volta nell’amore divino. Dunque in Cristo si è chiesa, cioè si è comunità raccolta
nell’ascolto della Parola di Dio,
nella preghiera e nell’esercizio
del servizio dovuto sia alle proprie sorelle e ai propri fratelli,
sia nel mondo. Se vivere la fede
significa lottare per rimanere radicati in essa, si deve anche
mettere nel conto la possibilità
che, in questa lotta, si possa rimanere feriti.
deve riservare ai propri simili,
per non dimenticare che ogni
essere umano è creatura di Dio.
La comunione
La comunità
La comunità di Cristo è il luogo dove le credenti e i credenti ricevono incoraggiamento
e conforto. Non si può sostenere la lotta per la fede nell’Evangelo di Gesù Cristo senza essere
garantiti da queste due modalità che rendono concreta e visibile la presenza della comunità
cristiana. Cosi come la comunità cristiana non può dimenticare che i gesti della fraternità
devono sempre essere accompagnati dalla tenerezza di affetto e dalla compassione: in questi due termini sono compresi
l’intimità e la vicinanza tra persone che avvertono in sé la fragilità di un’esistenza continuamente esposta al male, al dolore
e alla sconfitta.
L’annuncio dell’Evangelo di
Gesù Cristo ci ricorda come tutti
siamo sofferenti e bisognosi del
suo intervento di liberazione: la
tenerezza e la compassione sono
i segni della condivisione e della
solidarietà che l’essere umano
Note
omiletiche
Il contesto in cui si ins«
risce il testo di Filippesi)
1-5 è costituito dal brar»
che inizia con il v. i, j)
si conclude con il v. *2, u*
Il testo nel suo insieme i
un richiamo aHa comuni«
cristiana di Filippi, al cl
centro Paolo pone il pr^
ùlema della lotta che de
ve essere sostenuta per j|
radicamento dei credenti
nella fede dell'Evangelo
di Gesù Cristo (1, 27:35)
lotta che si attua attraver'
so l'amore, l'umiltà e l'u.
nanimità che caratterizae
no la vita comunitaria dei
credenti cristiani (2, 1.4)
Gesù Cristo è il modello
(paradigma) a cui i cristie
ni si possono riferire nella
lotta in favore dell'Evan.
gelo (2, 5-11), tanto che,
a partire da lui, essi pos
sono vivere la comune
sollecitudine per la salvezza promessa (2, 12-13)
e la loro posizione nel
mondo (2, 14-16). Questa
lotta per l'Evangelo non
Sol
LO Con
unita
La Co
della
unita (Ui
Nell’AGIRE cristiano l’mcoraggiamento e il conforto
reciproco, l’affetto e la compassione riversati sulle sorelle e sui
fratelli, esprimono nel loro insieme quella comunione che dovrebbe caratterizzare la vita della
comunità cristiana: questa comunione, come ricorda Paolo,
non è un obiettivo da raggiungere, ma la risposta all’azione dello
Spirito santo da parte di chi crede. È solo a partire da questa comunione che si può parlare di
una unità nel pensare, nell’amore e nel sentimento delle cristiane e dei cristiani, unità che non
deve essere intesa nel senso di
una sorta di uniformismo cristiano che annulli le differenze
tra le persone ma, piuttosto, nel
senso di una unità nella direzione comune del cammino della
chiesa nella testimonianza all’Evangelo di Gesù Cristo.
Questa comunione nelle chiese cristiane è sempre messa in
discussione da due atteggiamenti, figli dello stesso peccato:
l’eccessivo amore per se stessi.
Lo spirito di parte e la vanagloria rompono la solidarietà e la
comunione della comunità cristiana, perché fanno emergere i
propri problemi e le proprie esigenze a discapito dell’esigenza
di fedeltà a Dio. Per questo Paolo insiste sul prendere come termine di paragone dell’agire del
cristiano verso il prossimo. Solo
nell’altra e nell’altro noi scorgiamo l’oggetto dell’amore di Dio,
a cui noi dobbiamo offrire il nostro amore e il nostro servizio
nel nome di Gesù Cristo.
Paolo ci invita a considerare la
chiesa di Cristo nella concretezza
delle relazioni che si vengono a
costruire al suo interno. La comunità cristiana è il tavolo apparecchiato a cui tutti devono potersi avvicinare se hanno fame.
Gli indigenti alla nostra porta sono tanti: qualcuno ha bisogno di
un cibo «materiale», altri, i più
numerosi, hanno bisogno di un
cibo «spirituale». A noi Dio ha
dato in dono ricchezze materiali
e spirituali che possiamo ben
spendere per la diaconia della
Parola e la diaconia dell’azione
che dalla solidarietà porta alla-libertà delle figlie e dei figli di Dio.
(Terza di una serie
di quattro meditazioni)
può non essere vissuta
che nella gioia (2, 17-18),
Il testo di Fil. 2, 1-4èia
stretto rapporto con il
successivo inno cristologlco (2, 6-11). Vi è tra essi
una integrazione reciproca, perché mentre il nostro testo prepara l'inno a
Cristo, questo motiva essenzialmente l'esortazione. In vista dell'inno acquista particolare significato l'espressione «in Cristo» del V. 1, ripreso poi
nel V. 5, la frase di collegamento con l'inno cristologico vero e proprio.
Con il passaggio al secondo capitolo della lettera ai Filippesi, l'esortazione iniziata con il v. 2?
del primo capitolo giunge
a una svolta: se, finora,»
è parlato della necessaria
unanimità nella lotta per
la fede, adesso si esigala
comune concordia dei
membri della comunità.
Questa «comune concordia» si realizza a partire
da quattro condizioni;
l'incoraggiamento dovuto a chi lotta per la fede
nell'Evangelo, perché di
fronte ai cedimenti e alle
sconfitte subite in questa
lotta la consolazione reciproca riporta al centro
della relazione fraterna
l'evento della salvezza verificatosi in Cristo; il conforto reciproco, per cui ci
si pone uno di fronte
all'altro, ricevendo consigli, stimoli, speranza, in
una prospettiva (quella
dell'agape) che sottolinea
l'importanza e l'immeciiatezza del discorso individuale,' personale; la comunione, creata dallo
Spirito di Dio, che, quindi,
non può essere intesa come riferimento a un'unanimità interiore dei credenti; l'affetto che deve
unire i membri della comunità, un affetto che
però non deve essere inteso in termini di senti
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Filippesi, Torino, ’
1974, pp 87-132. ,
- J. Gnilka, La /ettem
Filippesi, Brescia, Pam®' '
1972, pp 169-265.
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- G. Eichholz, La te?
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1977, pp 142-166.
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Ecumene
Si è svolta a Cleveland (Ohio) la Conferenza generale della Chiesa metodista unita
Solenne confessione di peccato di razzismo
In Conferenza è iniziata con una commovente cerimonia di pentimento. Lo Chiesa metodista
unita è composto di undici milioni di membri negli Usa, in Europa, In Africa e nelle Filippine
PAG. 3 RIFORMA
I Uno dei problemi più incandescenti
Omosessuali nella chiesa
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La Conferenza generale
della Chiesa metodista
„„ita (Urne) viene convocata
Li quattro anni. Quest’anTsi è svolta a Cleveland
Ohio) Vi hanno partecipato
dica 1.000 delegati e altrettanti ospiti e invitati. Le chiese metodiste italiane non
fanno parte della Urne ma
sono state invitate per gli
stretti rapporti di fraternità e
di collaborazione che in questi anni si sono intensificati.
La Urne è composta di circa
11 milioni di membri di cui 9
negli Usa e gli altri in Europa,
Africa, Filippine. La delegazione italiana era composta
dal presidente del Comitato
permanente Opeemi e dal
Lega Giunio Censi.
Nel n. 21 di Riforma del 22
maggio 1998 è stato pubblicato un inserto contenente i
«Principi sociali» della Urne.
Il termine «principi» è da interpretare non come leggi
vincolanti, ma come orientamenti da offrire alle chiese ed
ai singoli membri. La Conferenza ha facoltà di rimettere
in discussione, confermare o
modificare questi principi di
ordine sociale ed etico, cosa
puntualmente avvenuta a
Cleveland.
Cerimonia di pentimento
All’inizio della Conferenza
si è svolta una commovente
cerimonia di pentimento e di
riconciliazione. 1 delegati
hanno confessato il loro peccato di razzismo consumato
ali’intemo della famiglia metodista. L’atto di pentimento
e di riconciliazione è stato il
tentativo di recuperare lo spirito del metodismo perduto
quando un certo numero di
afroamericani nei secoli XVIII
e XIX sono stati costretti, per
motivi razziali, a lasciare la
chiesa dei loro genitori per
formare delle comunità nere. Con parole e descrizioni
drammatiche i rappresentanti delle comunità nere hanno
ricordato alcune storie di atti
di discriminazione, hanno
espresso la loro gioia per
questo atti di pentimento e di
riconciliazione auspicando
che «i simboli si traducano in
sostanza».
il vescovo McKinley Young,
della African Methodist Episcopal Church, ha cosi concluso il suo intervento accompagnato da profonda
commozione; «Avrei voluto
che i nostri nonni sentissero
la vostra coirfessione questa
sera, lo credo che nel cielo ci
sia un terrazzo con un nuvolo
jii testimoni che tendono le
loro orecchie per ascoltare».
E stata formata la commissione «Pan-Methodist CooPeration» per esplorare la
possibilità di una riunificazione della Urne con le tre
chiese metodiste nere: African Methodist Episcopal
Lhurch (due milioni di membri): Christian Methodist Episcopal Church (con 800.000
Cembri); African Methodist
Episcopal Zion Church (un
milione e 200.000 membri).
Il problema delle armi
Un problema ampiamente
dibattuto dai delegati è stato
quello deH’acquisto e della
uetenzione di armi. La Convenza ha approvato un’imPortante risoluzione in matetta, diretta non solo al goveru Usa, ma anche ai governi
V paesi dove è presente la
tue. Si chiede, in pratica, la
essa al bando della detenucmi da parte dei citmaini, approvando, nel con
r, leggi restrittive
P c li loro acquisto. Alcune
Valdo Benecchi e Giunio Censi di fronte al logo della Conferenza
battute colte qui e là nel corso del dibattito. «La violenza
che sta dilagando anche nelle
scuole sta uccidendo i nostri
figli. I cittadini americani
hanno il diritto di proteggere
le loro case e i loro beni».
Molti interventi hanno parlato dell’alto livello di violenza
armata e della frequenza delle uccisioni accidentali fra i
ragazzi. «Se siamo veramente
dei discepoli del Principe della Pace non dovremmo esse
re contro l’uso delle armi? Le
armi stanno distruggendo la
nostra società. Stanno distruggendo la mia generazione. Distruggono le future generazioni. Dobbiamo batterci
per il disarmo dell’America
nel nome dei nostri figli e di
molti altri giovani che muoiono troppo presto».
La risoluzione che chiede la
messa al bando della detenzione di armi da parte del
pubblico, l’applicazione da
parte dei governi di leggi restrittive per quanto riguarda
la fabbricazione e l’acquisto
delle armi è approvata con
704 voti a favore e 205 contrari. Come si vede, la questione
è molto complessa. Le chiese
sono impegnate in progetti di
educazione e di prevenzione
non solo nei confronti della
violenza delle armi, ma anche
nei confronti di ogni forma di
violenza nella famiglia, nelle
chiese, nella società.
Oltre alle altre due questioni su cui riferiamo qui a lato,
la Conferenza si è occupata
di molti altri problemi, tutti
interessanti perché ci permettono di guardare un po’
oltre i nostri confini italiani
ed europei per capire come le
chiese evangeliche si stanno
muovendo in quella complessa realtà che sono gli
Usa. Solo qualche esempio:
l’ecumenismo, una nuova visione del discepolato, i ministeri nella chiesa, i diritti civili, il razzismo, l’Aids, la biotecnologia, le donne nella
chiesa, gli esperimenti nucleari nelle isole del Pacifico,
riunificazione delle Coree.
Ampiamente dibattuto un altro problema di grande attualità
Chiesta l'abolizione della pena di morte
Un problema di grande attualità e dalle enormi implicazioni particolarmente negli
Usa, ma anche in Europa e
nel resto del mondo è la pena
di morte. In Italia, di recente,
c’è stata un’ampia mobilitazione a favore di Rocco Barnabei: come cittadini, come
cristiani, come esseri umani
abbiamo infiniti motivi per
prendere posizione contro la
pena di morte e per esprimere, in piena libertà, un giudizio critico nei confronti di
quegli stati che la praticano,
fra cui in primo luogo, gli
Usa. Purtroppo neppure i
due candidati alla Casa Bianca, George Bush e Al Gore,
per evidenti motivi elettoralistici, prendono posizione
contro un atto di inciviltà
che non ha alcuna giustificazione. Abbiamo certarnente
ragione quando esprimiamo
i nostri giudizi critici, rna è
anche necessario evitare inutili e superficiali generalizzazioni come spesso succede
anche nei nostri sermoni e
nei nostri documenti. Grazie
a Dio, non è stato così per il
documento approvato dall’
ultima assemblea generale
dell’Ucebi che ha avuto anche il coraggio di chiedere alla Southern Baptist Convention di recedere dalla sua decisione di sottoscrivere una
mozione di appoggio alla pena di morte.
Come si muove la Urne iri
generale e in particolare negli
Usa? In un ampio documento
del 1984 leggiamo: «La pena
capitale deve essere soppressa, essa viola il concetto della
sacralità della vita ed è contraria alla nostra convinzione
che le sentenze debbano prevedere la possibilità della riconciliazione e della riabilitazione». Leggiamo nei «Principi sociali»: «Appoggiamo le
misure governative volte a ridurre e sconfiggere la criminalità, nel rispetto dei diritti
fondamentali degli individui.
Nell’amore di Cristo, venuto
per salvare coloro che sono
Lrduti e vulnerabili, esigiamo la creazione di un sistema
veramente nuovo per il sostegno delle vittime della criminalità, e per una riabilitazione che ricostituisca, preservi
ed educhi l’iimanità dei car
cerati. Per la stessa ragione ci
opponiamo alla pena capitale
e chiediamo che venga eliminata da tutti i codici». Sempre
nei documenti citati che sono
stati fatti propri dalla Conferenza 2000 si ribadisce che;
«Non esiste alcuna ragione
sostenibile per cui una vita
possa essere soppressa. Inoltre l’uso della pena di morte
da parte dello stato finisce
per diffondere ulteriormente
la logica della vendetta nella
società e per dare una sanzione ufficiale al clima di vendetta privata già così diffuso».
In un documento del 1996 si
giungeva a parlare di «terrorismo di stato».
Un’ultima citazione chiarisce ancora di più la posizione della Urne: «La Urne è convinta che i capi delle nazioni
dovrebbero dedicare maggiore attenzione al miglioramento del sistema della giustizia
nel suo complesso per eliminare le situazioni che generano il crimine e provano disordine piuttosto che alimentare
una falsa fiducia negli effetti
della pena capitale». Anche il
Consiglio mondiale metodista, di cui le chiese metodiste
italiane sono membro, si è
espresso chiaramente contro
la pena di morte nel 1999 a
Hong-Kong. (nb]
I mass media hanno dato
molto rilievo alla questione
della presenza degli omosessuali nella chiesa. D^altra parte tale questione è stata al
centro del dibattito di ogni
Conferenza generale fin dal
1972. C’era una grande aspettativa nelle chiese locali che
prefiguravano addirittura una
spaccatura fra i delegati. Lo
scoop è stato dato dall’arresto
di circa 200 manifestanti, fra
cui alcuni vescovi della Urne.
Nei «Principi sociali» si dice che l’omosessualità è «incompatibile con l’insegnamento cristiano» e inoltre
che «cerimonie che celebrano unioni omosessuali non
devono essere condotte dai
nostri pastori e non devono
essere condotte nelle nostre
chiese». La Conferenza del
1996 aveva ribadito la posizione contraria alla consacrazione dei pastori e alle pastore che si dichiarano apertamente omosessuali.
Addirittura non sono accettati neppure come candidati. Queste posizioni sono
state mantenute con il voto
favorevole di due terzi dei delegati. È stato approvato un
appello: «Imploriamo le famiglie e le chiese a non rigettare e a non condannare i
membri di chiesa e gli amici
gay che fanno parte della comunità. La grazia di Dio è
per tutti e ci impegniamo per
un ministero che coinvolga
tutti e che sia rivolto a tutti».
La commissione per l’unità
dei cristiani e il dialogo interreligioso elaborerà una strategia di dialogo.
Il tempo dedicato dalla
Conferenza a questo tema è
stato caratterizzato da tensione e sofferenza sia aH’intemo del Convention Center
che all’esterno. Il dibattito interno è stato molto duro,
mentre all’esterno per dieci
Una veduta d’insieme della Conferenza generale
giorni si sono svolte dimostrazioni alle quali hanno
partecipato anche membri
della Conferenza, inclusi alcuni vescovi e alcune vescove
non omosessuali.
All’interno una protesta è
stata organizzata dall’Amar,
una coalizione di gruppi che
operano nella Urne e che sostengono la piena integrazione nella chiesa dei gay, delle
lesbiche, dei bisessuali e dei
transessuali. Ad un certo momento circa 150 delegati
membri dell’Amar hanno interrotto i lavori occupando le
corsie centrali della sala, la
platea e la balconata. Dopo la
votazione sono saliti sulla
piattaforma rifiutandosi poi
di allontanarsi dopo che erano stati autorizzati a parlare
all’assemblea. È stata fatta intervenire la polizia.
Arrestati
200 manifestanti
Ho fatto questo accenno di
cronaca per descrivere il clima in cui si sono svolti il dibattito e le votazioni. All’esterno le dimostrazioni sono state organizzate dal gruppo Soulforce, una coalizione
di gay e lesbiche di varie fedi
religiose. A questo gruppo si
sono aggiunti dei delegati e
alcuni leader dei diritti civili
fra cui il rev. Lawson, che ha
collaborato con Martin Luther King, Arun Gandhi, nipote del Mahatma, Yolanda
King, la figlia più anziana di
Martin Luther, Rodney Powel, un altro collaboratore di
King. La vescova Susan Morisson ha così motivato la sua
partecipazione alla dimostrazione; «È un modo nonviolento per essere solidali
con alcuni figli di Dio che sono esclusi.
Come persona e come vescova sento che c’è bisogno
di questa presenza». La vescova si è detta certa che ci
sarà un cambiamento; «È
inevitabile, ma ciò richiede
una nuova generazione».
Tutti i manifestanti portavano questa scritta sulla maglietta: «Basta con la violenza
spirituale. Bisogna porre fine
al dibattito. Anche noi siamo
figli di Dio». Altri slogan: «Noi
siamo qui per liberare i delegati dalla loro ignoranza»;
«L’amore non è un peccato».
A un certo momento i dimostranti hanno cercato invano
di abbattere le transenne.
Hanno poi bloccato le uscite
della Convention gridando lo
slogan: «Rimanete dentro fino a che non prenderete la
decisione giusta». La polizia è
intervenuta e ha arrestato circa 200 manifestanti. (vb)
«Associazione ecumenica delle Accademie e dei Centri laici in Europa»
Il Villaggio della Gioventù diventa membro della Eaalce
EMANUEIE TROIANI
A circa 50 chilometri eia
Hannover, l’Accademia
evangelica di Loccum ha
ospitato dall’8 al 13 settembre scorsi due incontri ecumenici: l’Assemblea annuale
dell’Associazione ecumenica
delle Accademie e dei Centri
laici in Europa (Eaalce) e
l'Assemblea annuale «Okiosnet», rete ecumenica di cui
la Eaalce fa parte. Fino a oggi sono circa 80 i centri .ecumenici che aderiscono alla
Eaalce. Come ogni anno il
Comitato esecutivo ha presentato ai membri dell’Assemblea i nuovi centri che
hanno espresso l’intenzione
di iscriversi. Il Villaggio della
Gioventù, di Santa Severa,
ha iniziato già dal 1998 a ricercare li modo per intensificare i suoi rapporti internazionali. Grazie alla collaborazione con gli altri due centri già iscritti, Agape e Casa
Cares, abbiamo iniziato a
conoscere il lavoro dell’associazione scoprendone alcuni
aspetti che ci hanno convinto all’iscrizione.
Il primo aspetto è quello di
scoprire con quale facilità si
possano aprire delle porte.
Una volta aperta la porta dobbiamo scegliere cosa fare a seconda delle forze che ci riconosciamo. Possiamo rimanere sull’uscio a osservare tutto
ciò che succede sia in termini
di testimonianza che di progettualità di lavori in comune,
o possiamo scegliere di superare la soglia e interagire con
quello che la rete offre: conoscere da vicino persone che
sono impegnate in altri centri
e in altre chiese con cui non
abbiamo frequente scambio
di informazioni o addirittura
nessuno. Conoscere le strutture in cui questi nostri colleghi lavorano, osservarne la
professionalità, lasciarsi interrogare costruttivamente dalle
loro capacità di accoglienza e
di testimonianza di fede.
Il secondo aspetto, fondamentale per un’Associazione
così costituita, è la forte componente ecumenica che traspare nelle abitudini delle
sessioni di lavoro, nella progettualità e ovviamente nelle
liturgie che accompagnano i
momenti di lode al Signore.
Ognuno con propria sensibilità di fede e condizionato
dalla propria esperienza. Ad
esempio a chi frequenta i nostri centri in Italia potrebbero sembrare pesanti e poco
coinvolgenti le liturgie organizzate in occasione delle meditazioni del mattino. Questa
diversità comunque contribuisce ad arricchirci personalmente e collettivamente.
La predicazione nel culto domenicale è stata condotta dalla prima vescova luterana tedesca, Margot Ksessmann.
La Eaalce è un’associazione ecumenica europea che a
sua volta fa parte della rete
ecumenica mondiale «Okiosnet». A quest’ultimo aderiscono: Meatrc (Medio Oriente), Acisca (Asia), Aclca (Africa), Conosur (Sud America),
Cepacasa (Centro America), Narda (Nord America).
«Oikosnet» è legato al Consiglio ecumenico delle chiese
(Cec), impegnato nell’educazione e nella formazione ecumenica. I membri dell’Assemblea, dopo aver ascoltato
la presentazione del Villaggio
della gioventù, sia da parte
del comitato che direttamente dal direttore del Centro,
hanno votato all’unanimità
per l’accettazione del nostro
Centro. Quali sono ora le
aspettative del Villaggio? Abbiamo la possibilità di concretizzare delle collaborazioni con altri Centri europei e
non, su progetti anche piccoli e locali che coinvolgano le
realtà dei centri e la rete dei
volontari che li sostiene.
4
PAG. 4 RIFORMA
v'EfCUWLENE
VENERDÌ 20
OnOBREio^ V0^
Convegno annuale delle Federazioni delle chiese evangeliche dell'Europa Latina
Le chiese sorelle di Ginevra e la figlia (unica) di Roma
GIUSEPPE PLATONE
L>ANNUALE convegno,
svoltosi a Ginevra dal 27
al 28 settembre, delle Federazioni delle chiese evangeliche
dell’Europa latina è iniziato
incontrando rappresentanti
di tre grandi organismi: l’Alleanza riformata mondiale
(Arm), il Consiglio ecumenico delle chiese (Cec), e la
Conferenza delle chiese europee (Kek).
Lancio del decennio
«Vincere la violenza»
Tra le questioni più vive
quella del lancio del prossimo decennio contro la violenza che fin d’ora porta in sé
alcune contraddizioni. Una
per tutte; ci sono chiese evangeliche (negli Usa per
esempio), che condividono la
pena di morte come deterrente contro la criminalità. Si
è inoltre chiarito che il Cec
non è un centro che interpella le chiese o le surroga ma
semplicemente le favorisce e
le stimola nel loro cammino
di testimonianza. Particolarmente significativo è il modello del «forum», ovvero il
riuscire ad organizzare vasti
dibattiti tra le chiese su questioni importanti nei quali,
pur non raggiungendo una
parola risolutiva e assoluta, si
possano indicare valide soluzioni. Non è possibile distillare una parola unica protestante, non esiste nel nostro
ambito un pensiero unico e
magari infallibile, esiste un
insieme di variazioni su temi
specifici. Ma ciò non significa
che le prese di posizioni articolate e complesse non siano
chiare. Un conto insomma è
esprimersi in modo assolutistico 0 sintetico, altro è rendere conto delle varie sfumature che ogni presa di posizione, su argomenti fondamentali, implica.
Il ruolo del Cec
Nel vasto confronto che
coinvolge anche l’Arm e la
Kek, si è notato che insorgono spesso doppioni, sovrapposizioni; bisognerà prossimamente evitarli, razionalizzando il lavoro e le specificità. È necessario muoversi
sempre più verso una piena
conciliarità in un quadro di
eguaglianza istituzionale; ci
sono infatti tendenze che
vorrebbero fare del Cec di Ginevra una sorta di contro Vaticano, magari chiedendo un
posto alTOnu e uno statuto
di extraterritorialità. La direzione del Cec va in un’altra
direzione: non quella di un
consenso imposto dall’alto
ma la capacità d’individuare i
nodi cruciali del mondo di
oggi e fornire risposte sul piano teologico ed etico, ovviamente discutibili, riformabili
sul piano del confronto biblico e teologico.
Tra le novità più grosse del
Cec: il forte sviluppo del dialogo con il mondo pentecostale internazionale attraverso un organismo misto composto di 24 persone, simile a
quello che intrattiene rapporti con la Chiesa cattolica.
Le ultime, eclatanti, prese di
posizione del Vaticano (beatificazione di Pio IX, documento della Dominus Jesus
sulla pretesa superiorità spirituale di Roma rispetto alle
altre chiese, gli accenti discriminatori dell’arcivescovo
di Bologna sulla questione
degli immigrati, ecc.), hanno
suscitato una reazione di
amarezza in molte istituzioni
protestanti.
Qualcuno, nel corso dell’incontro, ha voluto distinguere tra Vaticano, Conferenze episcopali e base della
chiesa romana che, almeno
oltralpe, se non proprio ignora vive bene anche senza nutrirsi delle indicazioni della
Congregatio fidei. Thomas
Da sinistra Hartmut Lucke (Svizzera), Jean-Arnoid de Ciermont (Francia), Paui Schneider (Svizzera),
Raymond de Rham (Svizzera), che ha presieduto l’incontro
Commento alla cerimonia dell'8 ottobri
Il culto di Maria
PAOLO RICCA
I HE dire deH’«affidaI mento» di «tutti gli uo
Wipf, presidente del Consiglio
della Federazione delle chiese
evangeliche in Svizzera ha in
proposito dichiarato: «Noi
protestanti partiamo, nel nostro orientamento biblico, dal
principio che nessuna chiesa
può, da parte sua, stabilire in
modo definitivo i criteri per la
definizione di chi è la vera
chiesa di Gesù Cristo. Come
cristiani che confessano Gesù
possiamo dire con certezza:
anche noi facciamo parte
dell’insieme della chiesa cristiana». Altri hanno notato
come la posizione di Ratzinger proponga una lettura integrista del capitolo ecumenico
scritto dal Concilio Vaticano
II. Il lavoro di analisi e di elaborazione della «Charta cecumenica» il cui varo è previsto
per la primavera del 2001 a
Strasburgo nell’ambito della
Kek va avanti anche se le ultime prese di posizione ufficiali
della chiesa romana tesa a
sottolineare ciò che divide,
hanno raffreddato molti slanci ecumenici.
Ma altre sono le priorità
sull’agenda del Cec e quella
dell’Arm. Quest’ultima, per
bocca del suo segretario generale, l’africano Setri Nyomi, ha ricordato che l’Arm
oggi è costituita per due terzi
da chiese del Terzo Mondo e
che non si può più dividere la
riflessione teologica da quelle
sulla giustizia sociale.
Partire dagli oppressi
C’è un altro modo di fare
teologia che parte dal grido
degli oppressi, dalla miseria
in cui vive la maggioranza
dell’umanità. Del resto in
Europa, salvo alcune poche
aree, il cristianesimo è in
progressivo declino partecipativo, mentre nel Terzo
Mondo la sua crescita sembra inarrestabile. Ma per tornare all’Europa latina in
Francia la Federazione segue
da vicino il dibattito sul problema delle sette religiose:
pare che non si sia ancora
trovato un accordo sulla
stessa definizione di setta, la
questione della manipolazione mentale ha confini difficilmente individuabili.
Rimane comunque il dato
oggettivo di formazioni religiose che approdano nei tribunali su base di denunce
circostanziate, con tanto di
prove, circa l’asservimento
psichico di persone e dei loro
patrimoni; «È un problema
di libertà religiosa, siamo
convinti tuttavia - ha commentato il presidente della
Federazione di Francia, Jean
Arnold de Ciermont - che
l’uso appropriato degli attuali strumenti legislativi sia sufficiente ad arginare e controllare il fenomeno». Negli
Usa si dice che ormai Germania e Francia non siano
più terre di libertà religiosa,
in effetti di fronte a precisi
comportamenti delittuosi
non si può far finta di niente
e intervenire solo quando
scoppiano tragedie».
In Belgio la Federazione
protestante ha recentemente
redatto, di fronte ai nuovi fenomeni di rigurgito razzista e
nazionalista, un dossier sui
pericoli dell’estrema destra
contro l’imbarbarimento della società. Infine, da più parti, sono giunte testimonianze
nel corso del convegno, della
buona collaborazione con il
mondo awentista. Non solo
in Francia o in Belgio ma anche in Italia. I nostri delegati
hanno raccontato delle relazioni con gli avventisti, specie a livello di impegno sociale, per esempio nei confronti
dei migranti.
Il dialogo tra chiese sorelle
In conclusione, mentre da
Roma giungono segnali di
chiusura, a Ginevra si aprono
nuovi canali di comunicazione tra protestanti aderenti
alla Concordia di Leuenberg
e mondo pentecostale e avventista. Su questo fronte il
dialogo si svolge alla pari, tra
chiese sorelle. Chi si autoconsidera figlia unica rischia
di escludersi dalla riflessione
comune. Una sorta di celibato ecumenico in odore di
narcisismo.
mini» a Maria avvenuto in
Piazza San Pietro a Roma
l’8 ottobre scorso da parte
del pontefice romano?
1) 11 papa vorrebbe trasformare il mondo intero in
un grande santuario mariano. Malgrado le pie intenzioni che possono averlo
dettato e. il contesto di preghiera in cui ha avuto luogo, l’«affidamento» è un atto di prepotenza tipico di
chi si comporta come dominus mundi, come padrone del mondo, e quindi ritiene di poterne disporre
come vuole, e «affida tutti
gli uomini» a Maria, senza
neppure consultarli. Che
cosa direbbe il papa se il
Dalai Lama affidasse tutti
gli uomini a Buddha?
2) Erano presenti alla cerimonia, oltre a molte decine di migliaia di fedeli, 80
cardinali e oltre 1.500 vescovi: mai così tanti insieme a Roma dai tempi del
Vaticano IL L’occasione era
buona per vivere momenti
non solo cultuali di collegialità, ma non è accaduto.
Vescovi e cardinali sono
venuti a Roma da tutto il
mondo solo per fare silenziosamente corona al papa,
protagonista assoluto. La
collegialità è ormai ridotta
a semplice cornice Uturgica
del primato papale.
3) La statua in presenza
della quale il papa ha rivol
to a Maria una lunga e an
passionata preghiera di ¡1,
tercessione è la Madonna
di Fatima che, come divet.
se altre madonne moderne
non ha il bambino in brac!
ciò, cioè non è raffigurata
come madre di Gesù ma
come «dolce Signora» celeste. La distanza tra la Maria
biblica e la Madonna di Fatima è immensa. La chiesa
di Roma giustifica il suo
culto mariano sostenendo
che esso porta a Cristo: per
Mariam ad Christum.
La realtà è però molto di-.
versa nel cattolicesimo;
è piuttosto Cristo che porta
a Maria. Maria non è una
tappa per andare a Cristo,
ma Cristo è una ragione
(addotta) per andare a Maria. «Piena di grazia» come
è dichiarata dalla chiesa di
Roma, Maria brilla ormai
di luce propria nel firmamento cattolico. Cristo
continua a essere presente
(in Piazza San Pietro c’era
un grande crocifisso ac
canto alla statua - di Fati
ma), ma ci si rivolge a Ma
ria, la si invoca e le si chie
dono grazie che competo
no a Dio soltanto. Questo
culto era inesistente nel
cristianesimo apostolico,
Nella Bibbia e nella chiesa
Lee
degli (
cristiana primitiva c e 1
ria (Atti 1,14), ma nonc’èil
culto di Maria.
Una ricerca dell'Università del Galles
Qual è lo stato di salute
psicologica dei pastori?
FEBE CAVAZZUTTI ROSSI
A che punto è lo stato di salute dei pastori? Se ne è
occupato il «Centro per gli
studi sul ministero pastorale»
dell’Università del Galles che
di recente ha dato alle stampe
la relazione di una ricerca ordinata dalla «Evangelical Alliance», e da «Care for Pasto
Diario della partecipante italiana alla visita dell'équipe della Cevaa in Francia
Alla scoperta delle chiese protestanti dell'Est francese
ELISABETTA RIBET
PARIGI — Dopo tre anni di
preparativi, la visita della
équipe Cevaa in Alsazia e Lorena è iniziata; tra Nancy,
Strasburgo, Mulhouse, Montbéliard e Besançon, le chiese
ospiti sono quattro, i membri
dell’équipe sei, il periodo due
mesi. Delle quattro chiese
due sono regionali (l’Ecaal,
di confessione augustana e
l’Eral, riformata), e due sono
parti delle chiese riformata
(Erf) e luterana (Eelf) nazionali. L’équipe è mista, come
prevede il protocollo della
Cevaa: oltre a chi scrive, candidata al ministero pastorale,
René Dzifa Bansah, pastore
della Chiesa presbiteriana del
Togo, Alice Derblay, animatrice teologica alla Chiesa
presbiteriana delle isole
Mauritius, Felicidade Cherinda, pastora della Chiesa presbiteriana del Mozambico,
Leticia Giano Rivoir, animatrice di infanzia nelle chiese
valdesi del Rio de La Piata,
e Freddy Schmidt, pastore
Ecaal a Strasburgo.
L’intenzione che anima e
ha animato gli ultimi tre anni
di lavoro di organizzazione
della visita è quella di creare
un momento di scambio più
profondo e duraturo di un articolo di giornale o un filmato: lungi dall’essere una pura
e semplice vacanza il viaggio,
in tappe più o meno settimanali, è pensato perché i due
gruppi, quello che riceve
l’équipe e l’équipe stessa,
possano aver modo di raccontarsi, confrontarsi e scoprirsi a vicenda, entro i limiti
del possibile. Ci si aspetterà
che presentiamo le nostre
chiese, con le loro sfide e i loro problemi, ci verranno richieste predicazioni e studi
biblici, e non solo sorrisi e fotografie. Uno scambio che,
nell’ottica e anche nell’ecclesiologia della Cevaa è una
messa in gioco, un «partage»,
una condivisione di esperienze e di riflessioni sul ruolo dei
singoli credenti e delle comunità cristiane sul pianeta.
Al momento, qui a Parigi,
da dove sto scrivendo, siamo
solo all’inizio, stiamo provando a fare conoscenza, a
creare un gruppo, a conoscere la città. Nostalgia, un po’
di paura, tanta voglia che
questa esperienza sia bella e
importante sono le prime cose che ci mettono in comunicazione tra noi in queste
giornate incredibilmente calde e soleggiate per la Ville lu
mière in autunno. Speriamo
che siano di buon augurio.
Intanto proverò a farmi viva
sulle pagine del nostro giornale in modo regolare. Sperando ebe, anche se per poche righe, sia possibile condividere a distanza questa
esperienza anche con voi.
NANCY — «Pasceremo alla
nostra tavola un po’ di spazio
allo straniero? Quando arriverà troverà un pezzo di pane
e delle mani che lo accolgano?». Queste le parole con cui
inizia un inno dell’innario
protestante francese, Arc-enciel, arcobaleno. Queste le
prime parole del primo culto
del viaggio dell’équipe della
Cevaa nel Grand Est francese.
Nancy è una città molto graziosa, centro culturale e artistico delTArt Nouveau le cui
case, rese aggraziate da decorazioni floreali di inizio Novecento, si trovano un po’
ovunque, affascinanti e romantiche come le foto delle
attrici dell’epoca, prima tra
tutte Sarah Bernhardt.
Ma Nancy non è solo questo, lo stile floreale è tramontato da un pezzo, e l’impressione è che da un lato si sogni
di poter tornare all’antico
splendore e dall’altro si stia
cercando una nuova direzione, una caratterizzazione,
qualcosa di speciale e nuovo
allo stesso tempo. La chiesa
protestante che ci ospita appartiene alla Chiesa riformata di Francia (Erf) e occupa
un posto centralissimo in
una bella piazza. Le persone
sono accoglienti, e sembrano
piuttosto vicine alle realtà
delle nostre chiese: anche qui
i giovani non si vedono molto, e il dialogo tra generazioni
è una speranza e un problema allo stesso tenpo. Anche
qui si è minoranza, anche qui
le opere sono importanti ma
la loro vita è burocraticamente ed economicamente difficile: una Casa per anziani e
un Centro di assistenza sociale e pastorale nella zona più
«a rischio». Una comunità che
accetta le sfide, non sempre
sapendo come andranno le
cose: anche qui la sigla Cevaa
non dice molto ed è farcita di
fraintendimenti. Saremo qui
fino a domenica 8 ottobre, e
poi si andrà un po’ a Nord.
Con nuovi volti in mente,
nuove amicizie e nuove idee.
E come ogni volta quando si
sta per partire, ci si chiede se
e come tutto questo potrà
avere un proseguimento.
TI
ral Network», una rete inteidenominazionale che si prende cura dei pastori e di chili
responsabilità nella chiesa.
Dalla ricerca risulta chei
53% dei pastori, a un certi
punto del suo servizio, pens
seriamente a ritirarsi dal ministero attivo perché si seni
sottoposto a pressioni tropi»
forti. Due pastori su Itesi
sentono sopraffatti dalli
complessità delle richiestei
delle aspettative che quoti
dianamente devono affrontare. 11 problema che più coinn
nemente crea il bisogno ®
loro intervento è lo stress: sa
guono la guida in situazio®
matrimoniali difficili, il
la solitudine e la depressione
Ma l’elenco di situazio®
per cui si ricorre al 5000019
pastorale comprende and*
l’Indebitamento, la fase®
minale delle malattie, il“i
vorzio. La quantità delle
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complessità di ognuna pt®
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la cura pastorale, che co
spesso porta al crollo. Seco
do il prof. Lesile Francis,
degli autori dell’inchies '
questi dati invitano a una
ria riflessione sulla
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evidentemente, non ricevo
quegli strumenti
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—iiicct Villaggio Globale
Rapporto 2000 del Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (Undp)
Diritti umani e sviluppo umano
le condizioni econonniche e culturali oggi sono tali da rendere realistico il raggiungimento
(jeglialti principi scritti nello Dichiarazione universale dei diritti umani. Ne siamo molto lontani
____TERESA ISENBURC
Dal 1990 il Programma
delle Nazioni Unite per
lo sviluppo (Undp) pubblica,
contemporaneamente m dr
verse lingue, un rapporto relativo allo sviluppo umano
con particolare riferimento a
un ramo di questa tematica:
le diseguaglianze, la povertà,
le donne ecc. Nel 2000 questo
strumento di conoscenza,
che peraltro vuole anche servire da guida per l’azione, riguarda i diritti umani*, divenuti negli anni recenti baricentro di una porzione importante delle relazioni internazionali.
Un rapporto inscindibile
Quale rapporto dunque intercorre fra diritti umani e
sviluppo umano? Per un certo numero di decenni, anche
sotto l’influenza della tensione polemica alimentata dalla
guerra fredda, diritti civili e
politici da un lato e diritti
economici, sociali, culturali
dall’altro erano considerati
separatamente: i pr imi caratterizzando il versante umano, i secondi quello dello sviluppo. Nel contesto della globalizzazione, all’indomani
del venire meno dei vincoli
della guerra fredda, il legame
fra i due campi si presenta
come un intreccio nel quale
trama e ordito non possono
essere separati. Il rischio è infatti di disfare un tessuto
connettivo che si presenta
come una sfida improcrastinabile: «Garantire la libertà, il
benessere e la dignità a tutte
le persone, in tutto il mondo»
(p. 15). Una sfida con il sapore dell’utopia, o per dirla con
Ernst Bloch, del principio
speranza perché «oggi il
mondo ha la consapevolezza,
le risorse e la capacità di raggiungere l’obiettivo su scala
mondiale» {p. 20). E questo
mi sembra il primo punto da
sottolineare: le condizioni
economiche e culturali oggi
sono tali da rendere realistico
il raggiungimento generalizzato degli alti principi scritti
nella Dichiarazione universale dei diritti umani approvata
e proclamata dall’Assemblea
generale delle Nazioni Unite
il 10 dicembre 1948.
Il cammino percorso
, Molta strada è stata fatta
nel corso del XX secolo per
avanzare nella realizzazione
di quelle che sono le sette
fondamentali libertà nelle
quali diritti umani e sviluppo
umano devono operare attraverso reciproco sostegno e
integrazione: nel 1900 più
della metà della popolazione
niondiale viveva sotto il tallone pesante della dominazione coloniale e nessun paese
gararitiva il diritto di voto a
tutti i cittadini. Oggi coriandoli coloniali punteggiano un
paesaggio in cui tre quarti
dell’umanità vive in regimi
politicamente democratici.
. La speranza di vita nei paesi in via di sviluppo è passata
da 55 anni nel 1970 a 65 nei
tp98; il tasso di alfabetizzazione degli adulti è cresciuto
de la metà, dal 48% al 72%
nello stesso arco di tempo e
n mortalità infantile è dimiduita di più di due quinti, da
tlO a 64 per 1.000 nati vivi,
otto bene, dunque, sul
Cammino di dare contenuto
coiicreto alle libertà dalla dicriminazione, dal bisogno,
alla limitazione a realizzare
u potenziale individuale, dalPdnra, dall’ingiustizia e
riain '''finzione della legge,
all esclusione dai processi
ecisionali, dal degrado di un
lavoro che lede la dignità?
PAG. 5 RIFORMA
11 conflitto israelo-palestinese - 1
Gerusalemme, nodo della
questione mediorientale
SARA SPEICHER
Una scuola a Madhu (Sri Lanka)
Situazioni intollerabili
Naturalmente no, rimane
un lungo percorso da superare perché ancora ci sono
troppe situazioni che negano
quegli obiettivi, insieme umani e di sviluppo, che le potenzialità economiche e culturali dell’epoca attuale non
rendono più tollerabile di vedere calpestati. 90 milioni di
bambine e bambini non frequentano la scuola negli anni
che a ciò dovrebbero essere
dedicati, il dilagare dell’Aids
nell’Africa subsahariana abbassa di nuovo la speranza di
vita, 1,2 miliardi di persone
hanno un reddito di un dollaro al giorno, un miliardo non
ha accesso all’acqua, il lavoro
schiavo fa la sua ricomparsa
risuscitando fantasmi che si
credeva appartenessero al
passato. Mentre negli Anni 90
le esportazioni sono raddoppiate, la partecipazione percentuale dei paesi meno sviluppati, già molto bassa, si è
ulteriormente ridotta. E soprattutto un’ombra nera getta-una minaccia sul futuro:
aumentano le diseguaglianze: la distanza fra il reddito
dei paesi più ricchi e quello
degli stati più poveri era di
circa 3 a 1 nel 1820, di 35 a 1
nel 1950, di 44 a 1 nel 1973 e
di 72 a 1 nel 1992. E questo
baratro contrasta con il primo articolo della Dichiarazione universale dei diritti
umani che recita: «Tutti gli
esseri umani nascono liberi
ed eguali in dignità e diritti.
Essi (...) devono agire gli uni
verso gli altri in spirito di fratellanza».
Che fare?
Che fare dunque di fronte a
questo quadro a diverse tinte? Ricorre in tutto il rapporto, e questo mi sembra il secondo messaggio forte che
esso trasmette, il richiamo al
fatto che il raggiungimento di
obiettivi di maggiore giustizia
ed equità non avviene per
automatismi. Se un miglioramento è stato raggiunto in
passato, esso in buona parte
è stato costruito attraverso
lotte di singoli, di associazioni, di paesi. E il percorso che
(foto Acnur/M. Kobayashi)
si deve ancora edificare passa
attraverso nuove lotte, pressioni, mobilitazioni che diano materialità ai principi
enunciati: le elezioni da sole
non garantiscono un reginie
democratico, è necessario
dar vita a una democrazia inclusiva; la povertà rende gli
individui invisibili e la sua
eliminazione deve essere un
diritto umano: di fronte al
diffondersi delle privatizzazioni e della globalizzazione,
la responsabilità che si richiede agli stati deve essere
estesa anche ad altri soggettis
in grado di incidere sul destino di molti con le loro decisioni, come i grandi gruppi
economici: e infine per vegliare sul rispetto o la conquista di tutti i diritti umani,
è necessaria l’attenta vigilanza di organizzazioni indipendenti e il rafforzamento innovativo degli organismi internazionali.
(*) Undp, United Nation Development Programme: Rapporto
2000 su Lo sviluppo umano. 11.1
diritti umani. Torino, Rosenberg
2000, p. 314, lire 39.000.
Apprezzamento degli avventisti per il discorso di Kofi Annan
Riconoscimento per le Ong presso l'Onu
I rappresentanti della Chiesa awentista, che hanno assistito il 28 agosto scorso a una
conferenza ai massimi livelli
alle Nazioni Unite, hanno
detto di essere stati incoraggiati dal riconoscimento da
parte del segretario generale
delTOnu, Kofi Annan, per il
grande contributo che le organizzazioni non governative
(Ong) hanno apportato.
Durante il suo discorso ai
1.800 delegati, riuniti nella
sala principale dell’Assemblea generale delTOnu nella
sede centrale a New York, Kofi Annan ha infatti affermato:
«Sia che la vostra attività
principale sia una politica di
assistenza a livello globale, o
che lavoriate direttamente
per aiutare le persone; sia che
lavoriate primariamente nel
mondo sviluppato o nel mondo in via di sviluppo; sia che
la vostra preoccupazione sia
quella dell’emancipazione
delle donne o l’educazione, i
diritti umani, l’assistenza
umanitaria o la salute, voi
avete mostrato a più riprese
Pozzo a Vavuniya (Sri Lanka)
(foto Acnur/M. Kobayashi)
un coraggio e una visione che
tutti noi dobbiamo ammirare.
Voi siete nostri associati in
ogni senso della parola. Le
vostre voci saranno sentite,
ve lo prometto».
Jonathan Gallagher, rappresentante della Chiesa avventista all’Onu e capo della
delegazione, ha espresso apprezzamento per Tinvito del
segretario generale: «Siamo
incoraggiati da questo approccio che riconosce i grandi contributi che apportano le
organizzazioni non governative - ha detto -. Sempre di
più le sfide del mondo sono
accettate da gruppi religiosi e
umanitari, motivati a offrire
aiuto a coloro che sono meno
fortunati. La Chiesa awentista è impegnata in programmi pratici ad ampio raggio riguardanti la salute, l’educazione, gli aiuti umanitari e
anche la difesa dei diritti
umani e della libertà religiosa. La nostra presenza qui
conferma il nostro impegno
ad aiutare in qualsiasi campo,
offrendo un diretto contributo a combattere i problemi
come l’analfabetismo, la povertà, la mancanza di igiene,
l’alimentazione e la scarsità
d’acqua, andando incontro
allo stesso tempo alle necessità spirituali e promuovendo
la libertà di coscienza». (Adn)
NELL’AMBITO del suo lavoro per la giustizia e la
riconciliazione, Jean Zaru ha
attraversato il mondo intero.
Ma, per percorrere i 15 chilometri che separano il suo domicilio di Ramallah in Cisgiordania da Gerusalemme,
ha bisogno di un permesso
speciale, molto difficile da ottenere. «Non posso prendere
semplicemente la mia auto
perché le auto palestinesi
hanno targhe differenti. I veicoli israeliani possono varcare senza problemi i posti di
controllo ma non mi lascerebbero passare».
Jean Zaru, quaker ed ex
membro del Comitato centrale del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec), si rivolgeva a un gruppo giunto dagli Usa per assistere ad un seminario sulla questione di
Gerusalemme, organizzato
dal Cec dal 9 al 15 luglio scorsi. Parlando delle restrizioni
che pesano sugli spostamenti, sulla discriminazione e la
violenza che la sua famiglia e
lei stessa subiscono in quanto cristiani palestinesi, si
chiede spesso se per Dio non
è «una bambina di seconda
categoria».
Jean Zaru è una dei circa
2,5 milioni di palestinesi che
vivono in Cisgiordania e nella
striscia di Gaza per i quali
l’accesso a Gerusalemme è
stato limitato o vietato. Nel
1993 il governo israeliano ha
infatti adottato misure di sicurezza particolarmente severe che, secondo la Palestinian Academic Society for thè
Study of International Affairs
(Passia), «vieta ai palestinesi
di Cisgiordania e di Gaza l’entrata in Israele, la libertà di
spostamento tra il Sud e il
Nord della Cisgiordania e
l’accesso a Gerusalemme».
Lo statuto della città è al
cuore del conflitto che da oltre mezzo secolo oppone palestinesi e israeliani. Il fallimento dei negoziati di Camp
David nel luglio scorso ha ricordato al mondo il cammino che resta ancora da fare
per raggiungere gli obiettivi
di pace nella zona, e ha mostrato che la questione di
Gerusalemme è lungi dall’essere risolta.
Santa e divisa
Gerusalemme è una delle
città più antiche del mondo.
Ospita il Muro del pianto, ultimo vestigio del secondo
Tempio ebraico, dove Àbramo, nella sua fedeltà a Dio, si
preparò a sacrificare suo figlio Isacco. Per i cristiani, la
chiesa del Santo Sepolcro è il
luogo della morte e della risurrezione di Gesù Cristo, e
Gerusedemme è la culla della
chiesa. Infine, la vita del profeta Maometto è legata a Gerusalemme e la moschea El
Aqsa è il terzo luogo sacro
dell’Islam. La città assume
quindi un’importanza religiosa fondamentale per milioni di ebrei, cristiani e mu
sulmani in ogni parte del
mondo. Per secoli, è stata un
luogo di pellegrinaggio e anche un obiettivo di conquista
per gli imperi e i crociati.
Dal XIX secolo, Gerusalemme è diventata oggetto delle
rivendicazioni rivali degli
ebrei e dei palestinesi. Tali rivendicazioni rivestono dimensioni politiche, territoriali e religiose complesse dato che, come si legge in un
rapporto delTOnu, «le due
popolazioni considerano la
città come l’incarnazione
della loro identità nazionale e
del loro diritto alTautodeterminazione»'.
Definire la questione
di Gerusalemme
La questione di Gerusalemme è estremamente complessa, come hanno potuto
constatare i 13 giovani americani che hanno partecipato
al seminario. Nel sottolineare
che «la questione di Gerusalemme è indivisibile», il direttore della Passia, Mahdi Abdul Radi distingue sei «componenti», ciascuna indissociabile dalle altre cinque:
Territorio: Quali sono le
frontiere in causa? I confini
definiti nella risoluzione 181
(1947) delle Nazioni Unite differiscono dalle frontiere effettivamente applicate tra il 1947
e il 1967. Inoltre, l’annessione
di terre da parte del governo
israeliano dal 1967 in poi ha
cambiato radicalmente il
tracciato delle frontiere della
città, in particolare di Gerusalemme Est.
Popolazione: Chi e chi sarà
«cittadino» di Gerusalemme?
Dal 1948 i palestinesi devono
fare i conti con politiche restrittive in materia di residenza, di cittadinanza e di alloggio, politiche che mirano
a cacciarli dalla parte occidentale della città e a dividere quelli di Gerusalemme Est
da quelli della Cisgiordania.
La loro principale preoccupazione è di sapere come i
cittadini della futura Gerusalemme potranno inserirsi
nelTinsieme della popolazione palestinese.
Sovranità: Chi esercita la
sovranità? 11 governo israeliano ha proclamato «Gerusalemme intera e riunificata capitale dello stato d’Israele», e
vuole che la città «rimanga
per sempre sotto sovranità
israeliana»^ Da parte loro i
palestinesi considerano Gerusalemme come la capitale
del popolo palestinese e del
suo futuro stato. (cec info)
(1 - continua)
(1) The Status of Jerusalem
(1997) - Division for Palestinian
Rights (Dpr) Study. II Dpr fa parte del Dipartimento degli affari politici del Segretariato delTOnu. 1 documenti su Gerusalemme (solo in inglese) pubblicati dall’Onu si trovano sul sito
http; / / www.un.org/Depts/ dpa/q
pai/jeru_f.htm.
(2) Legge adottata dalla Knesset che proclama Gerusalemme
capitale dello Stato di Israele, 29
luglio 1980; Guidelines of the Government of Israel, June 1996.
Gerusalemme: la Spianata delle Moschee
6
T
PAG. 6 RIFORMA
»OCIETÀ
VENERDÌ 20 OTTOBREifft,
II testo integrale del documento unitario delle chiese evangeliche italiane
Le chiese e l'accoglienza degli immigrati
La società italiano è diventato multiculturale e multireligioso soprattutto per l'immigrazione
di guesti ultimi anni. Su 100 immigrati 30 sono cattolici 22 evangelici, 48 di altre religioni
Il documento che presentiamo è stato elaborato dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei) e concordato con le Assemblee di Dio
in Italia (Adi), l'Unione italiana delle chiese cristiane avdentiste del settimo giorno
(Uicca), la Federazione chiese
pentecostali (Fcp).
«Ci sarà una stessa legge per
voi e per lo straniero che soggiorna tra voi» (Num. 15,16).
La società italiana non è
più né monoculturale, né
monoreligiosa. Ha certamente una cultura dominante, che ci viene dalle nostre
tradizioni latine e occidentali, e ha anche una religione di
maggioranza, quella cattolico-romana, più per tradizione che per scelta. Ma i recenti movimenti migratori hanno cambiato il volto della nostra società, tanto che la religione cattolico-romana e la
cultura occidentale non sono
più esclusive: l’Italia è ormai
un paese multiculturale e
multireligioso.
Questo fatto, comune a
tutti i paesi europei occidentali, pone a tutti noi, cittadini e credenti, una domanda
di fondo: come rispondere a
questo radicale mutamento
sociale, culturale e religioso?
E come porsi dinanzi al dato
statistico che, su 100 immigrati in Italia, registra la presenza di 30 cattolici, 22 evangelici, 34 musulmani, 6
orientali, 8 culti diversi? Non
è sufficiente domandarsi che
cosa fare dei circa 300.000
migranti evangelici, ma dobbiamo chiederci che cosa fare dinanzi al numero totale
di oltre 1 milione 200.000
migranti fra di noi.
Le risposte politiche, insieme ai progetti di inserimento
sociale e di controllo dei flussi di immigrazione, sono elaborati dai governanti e dal
Parlamento. Me le risposte
politiche risentono in grande
misura dei pensieri presenti
nel paese. E qui tutti noi siamo chiamati in causa sia in
quanto cittadini, sia in quanto chiese e comunità cristiane. Siamo delle comunità di
fede, componenti della società italiana, quindi coinvolti
doppiamente, come cittadini
e come credenti.
In quanto comunità di fede, il nostro riferimento fondamentale è sempre la Bibbia
e le indicazioni in essa presenti. Non possiamo negare
che l’indicazione biblica fondamentale riguardo gli stranieri sia quella dell’accoglienza e della solidarietà. Anzi, gli.
stranieri, assieme alle vedove
e agli orfani, erano considerati una categoria sociale «protetta» e raccomandata alla solidarietà dell’intera società
(Deuteronomio 27, 19). Tale è
la loro rilevanza che un comandamento, il quarto (sul
riposo settimanale del sabato), inserisce «il forestiero che
è dentro le tue porte» (Esodo
20, 10; Deuteronomio 5, 14)
fra le categorie sociali per le
quali vale il Decalogo.
Ma la legislazione di Israele, per quanto risenta del
contesto geopolitico, ha anche alcuni momenti «alti».
Basta pensare alle affermazioni: «Ci sarà una sola legge
per voi e per lo straniero che
soggiorna tra voi» (Numeri
15, 16); «Avrete una stessa
legge tanto per il forestiero
quanto per il nativo del paese, poiché io sono il Signore,
il vostro Dio» (Numeri 24, 22)
e, «Il forestiero che soggiorna
tra voi lo tratterete come colui che è nato tra voi; tu
l’amerai come te stesso; poiché anche voi foste forestieri
nel paese d’Egitto» (Levitico
19,34). Perché vi sia la massima chiarezza si dice anche;
«Non conculcare il diritto dello straniero» (Deuteronomio
24, 17). Ma il comandamento
esige molto di più; «Amate lo
straniero, anche voi foste
stranieri» (Deuteronomio 10,
19). Qui non si tratta soltanto
di accogliere lo straniero nel
proprio paese ma di trattarlo,
dal punto di vista giuridico,
sociale e umano, come uno
dei normali abitanti del paese. Dio stesso, nella formulazione del testo, ordina di
amare lo straniero come se
stessi. Su questa linea il comandamento è ancora più
netto e categorico; «Ama il
prossimo tuo come te stesso»
(Levitico 19, 18; Marco 12, 31;
Romani 13, 9; Calati 5, 14;
Giacomo 2, 8) senza possibilità di scegliere l’oggetto del
tuo amore. Anzi, l’esigenza
che l’Evangelo propone ai
credenti assume la forma paradossale di un comandamento ancora più stringente; «Amate i vostri nemici»
(Matteo 5, 43). Si passa dal
dato giuridico, sociale e poli
08
gioventù evangelica
ABBONAMENTI
normale................L. 45.000
sostenitore..............90.000
estero...................60.000
«3 copie al prezzo di 2».90.000
cumulativo GE/Confronti..90.000
versamenti da effettuare sul ccp n. 35917004 intestato a:
gioventù evangelica
via Porro Lambertenghi, 28 - 20159 Milano
tico a quello etico-teologico.
Un altro elemento è estremamente importante; la solidarietà, l’accoglienza e la disponibilità verso l’altro, il diverso, diventa una parabola
dell’accoglienza del «Totalmente Altro», di Dio stesso, in
una parabola di Gesù (Matteo
25, 31-46). Dio si identifica
con lo straniero, con i «minimi» del nostro tempo. E non
c’è alcun dubbio che migranti
e rifugiati siano oggi i «minimi» nel nostro paese. Rifiutare loro la solidarietà e l’accoglienza significa separarsi da
coloro con i quali Dio stesso
si è identificato. Il rifiuto di
amore, che si manifesta con
l’impedire allo straniero di
venire in mezzo a noi, discriminare fra straniero e straniero, rifiutare l’accoglienza e la
solidarietà, è in palese e flagrante contraddizione con le
più profonde indicazioni dell’Evangelo. Costituisce la negazione di quelTEvangelo su
cui la chiesa è fondata e che è
chiamata a predicare.
Alla luce di tali principi cui
è improntato il cuore stesso
dell’Evangelo e che, quindi,
impegnano e improntano la
coscienza cristiana, particolarmente contraddittorie e
fuorvianti appaiono le pubbliche dichiarazioni di alcuni
esponenti della gerarchia cattolica che mirano a influenzare l’opinione pubblica e i
poteri dello stato in direzione
di una selezione dei migranti
sulla base della confessione
religiosa di appartenenza.
Non si può certamente negare che l’ingresso nel nostro
paese di masse di uomini e di
donne di diversa razza e cultura pone alla società italiana
grosse questioni di convivenza e talvolta aggrava alcuni
dei suoi più pesanti problemi. Ma affermare che alTorigine di tali questioni di convivenza vi sia l’appartenenza
religiosa è falso, oltre che
particolarmente pericoloso,
in quanto rischia di offrire
all’immaginario collettivo un
cemento ideologico su cui
fondare l’ostilità verso tutto
ciò che è «diverso».
Riteniamo al contrario che
sia preciso dovere di una retta coscienza fondata nelTEvangelo contribuire alla costruzione di una società tollerante e pluralista, che non
discrimina anche se esige da
tutti il rispetto delle leggi che
si è data e che si da, fra le
quali primeggiano quelle
ispirate alla tutela della dignità dell’essere umano e alla libertà delle coscienze. E
tale dovere appare più pressante proprio in un momen
to in cui i problemi prodotti
dall’immigrazione sono in
Italia oggetto di speculazione
politica e assistiamo al risveglio di gruppi che si ispirano
all’ideologia nazista. Avallare
di fatto tali pericolose tendenze con la prospettiva di
una difesa della «religione
dei padri» sembra atto irresponsabile e foriero di gravissime conseguenze.
Non ignoriamo che all’interno dello stesso cattolicesimo, a fronte di autorevoli
avalli, si sono levate voci di
fermo dissenso, soprattutto
dal mondo del volontariato e
delTassociazionismo, impegnato con le organizzazioni di
ispirazione evangelica in una
capillare azione di sostegno
agli immigrati e ai rifugiati,
nel quadro della promozione
di una società aperta e solidale. Ci sembra, tuttavia, che si
tratti di posizioni isolate che
emergono da un più generale
silenzio che appare più compiaciuto che imbarazzato.
In questo contesto sentiamo, pertanto, di chiedere al
mondo cattolico italiano, nelle sue componenti gerarchiche e di base, di riflettere
attentamente sulle conseguenze delle proprie azioni
ed omissioni che, nel caso in
specie, sembrano ispirate da
ragioni assai distanti da quelle su cui si fonda l’Evangelo.
Il coraggio di questo nostro
appello ci deriva, oltre che
dagli insegnamenti della fede,
da quelli della storia. Quando, infatti, la comunità cristiana nel suo complesso, a
fronte delle più pericolose
tendenze che andavano sviluppandosi nella società, ha
scelto la via del silenzio o,
peggio, del compromesso, è
stata sempre costretta, dopo
qualche tempo e dopo grandi
tragedie, a invocare il perdono di Dio e degli uomini.
Le chiese evangeliche
in Italia
Roma, 11 ottobre 2000
/ SENTIERI DEL DIALOGO
DOPO LA Dichiarazione «Dominus Jesus»
Ostacoli, scorciatoie, progetti
Forum ecumenico e interreligioso internazionale
promosso dallo rivista «Confronti»
Facoltà valdese di teologia
Via P. Cassa 40, Roma
In colloborazione con Facoltà valdese di teologia^
Federazione delle chiese evangeliche in Italia,
riviste «Jesus», «Qol», rivista «Sefer»
In questi anni, pur tra molte difficoltà, sono stati compiuti dei passi eccezionalmente importanti che hanno reso visibile e apprezzata la risorsa dei pluralismo religioso e delia convivialità delle
differenze. Si tratta di un'acquisizione preziosa e a nostro avviso
irreversibile; ma, almeno in apparenza, recenti prese di posizione sembrano chiedere molti spazi di incontro e di dialogo. È
l'inizio di un inverno ecumenico e del dialogo interreligioso? Co
me reagiscono il popolo ecumenico cresciuto spiritualmente e
numericamente in occasione di incontri come quelli di-Basilea e
di Graz? È possibile ridimensionare gli spazi del dialogo interreligioso in società sempre più interculturali e pluraliste anche sotto
il profilo religioso?
Questi gli interrogativi che ci inducono a proporre questo appuntamento al quale è prevista la partecipazione di esponenti italiani ed esteri delle varie comunità di fede.
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settembre
Programma
venerdì 27
Ore 9,45
Ore 10
ottobre
Apertura dei lavori
Religioni, cultura e società dal Concilio Vaticano
Il ad oggi
Luigi Sandri, giornalista, redazione «Confronti»
Maria Immacolata Macioti, sociologa. Università
La Sapienza, Roma
Magdi Allam, giornalista, «La Repubblica»
Ore 1 1,45
Origine e percorsi del dialogo ebraico cristiano
Lea Sestieri, docente, studiosa di ebraismo
Paolo De Benedetti, Facoltà teologica dell'Italia
settentrionale
Introduce Daniele Garrone, Facoltà valdese di
teologia
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Ore 15
Le nuove frontiere del dialogo interreligioso
Amos Luzzatto, presidente Unione delle comunità
ebraiche in Italia
Fouód Khaied Allam, Università di Trieste
mons. Piero Coda, Università Lateranen,se, Roma
Mariangela Falò, Unione buddista italiana
Ore 17,15
Ore 18,30
Dibattito
Verso una sinfonia delle chiese e una convivialità
delle religioni. Un'esperienza svizzera.
Past. Shafique Keshavjee, pastore evangelico,
animatore dell'Arzilier, Losanna
Sabato 28 settembre
Ore 9,30
Le tappe del cammino ecumenico
p. James Puglisi, Centro Pro Unione, Roma
Ore 10
Ostacoli e prospettive del movimento ecumenico
mons. Alberto Abiondi, arcivescovo di Livorno
prof. Ermanno Genre, decano Facoltà vai
dese di teologia
rev.mo Nilos Vatopedinòs, Archimandrita, metropolia ortodossa d'Italia
Ore 12,15
Il dialogo interreligioso nella prospettiva della
condivisione e della pace
Toriq Mitri, Consiglio ecumenico delle chiese
Si invitano le Chiese evangeliche italiane a dedicare
una domenica di novembre,
così come fanno le chiese europee, al tema dell'accoglienza. A questo scopo il Servizio
rifugiati e migranti della Fcei
ha predisposto una cartellina
con documenti, materiale di
studio, di riflessione e una
proposta liturgica. Potete
chiederla al nostro ufficio (via
Firenze 38, 00184 Roma), oppure ritirarla direttamente
nel corso dell'Assemblea Fcei,
versando una libera quota
per le spese di produzione e
spedizione con il modulo di
ccp che troverete allegato.
Ore 14,30
Le prospettive di lavoro
Introduce Mons. Carlo Molari
Interventi dì
Mons. Gianfranco Bottoni, responsabile per l'ecumenismo e
dialogo dell'arcidiocesi di Milano; Maria Vingiani, presidente
emerita del Segretariato attività ecumeniche; Giovanni Ferro,
mensile «Jesus»; Mahmoud Salem EIsheikh, Università di Firenz®
Maria Girardet Sbaffi, Commissione per le relazioni ecumenic ®
della Tavola valdese; Brunetto Salvarani, Rivista «Qol»; Duncof
Hanson, Chiesa presbiteriana. Usa; past. Domenico Tomasetto,
presidente Federazione chiese evangeliche in Italia.
Confronti, via Firenze 38, 00184 Roma; tei. 06-4820503, 0^
48903241 ; fax 06-4827901. E-mail: dialogo@confronti.net
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NOTIZIARIO DPI I ^ FEDERAZIONE GIOVANILE EVANGELICA ITALIANA
DELL’ANIMAZIONE MUSICALE
Un importante strumento dì testimonianza, tra rinnovamento e tradizione
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chiese
L’articolo che segue, a cura dell’animatore musicale Carlo Leila, è la sintesi di un
intervento proposto durante l’ultima riunione del Consiglio allargato (S. Severa, 22-24
settembre 2000)
ome mai oggi la musica, in alcune
nostre chiese, sta ricoprendo un
ruolo di avanguardia rispetto a
tiìo^ altre attività liturgiche? La musica
ha avuto sempre un ruolo dominante nel
protestantesimo, simbolo ed accompagnatrice della Riforma e delle sue trasformazioni. Oggi però, si sta verificando un
fenomeno nuovo, quasi una «ribellione inconscia» verso la monotonia di una certa
ritualità tradizionale. Ribellione che può
avvenire, ad esempio, attraverso un canto,
un canto popolare, semplice, che coinvolge cinquanta, cento persone. 11 popolare
ritorna alla ribalta, come accadde al tempo di Lutero, anche se allora la musica era
«in sintonia» con la parola predicata. Oggi,
sembra invece che la musica voglia prendere il sopravvento sulla parola detta e
darle una lezione di «modernità» che essa
sembra non voler considerare. Ad esempio, come mai accade che tra un sermone
ed un nuovo inno c’è una differenza di ritmo talmente evidente che l’uno, il sermone, sembra troppo antiquato e l’altro, l’inno, eccessivamente invadente? Analizziamo alcune caratteristiche della musica
che forse possono aiutarci a rispondere alle nostre domande.
La musica è nel tempo storico in cui nasce e non fuori del tempo come spesso si
vuol far credere. Cina melodia del 1200 ci
colpisce e ci emoziona ancora oggi, non
perché questa melodia è oltre il tempo, o
addirittura rappresenta il nostro tempo, ma
esattamente per il contrario: essa ci emoziona perché parla del suo tempo. Spesso
ci dimentichiamo che è «la memoria» ad
emozionarci, più del presente, il quale, in
quanto vissuto sul momento, non può essefe attraversato subito dall’emozionalità se
non nell’attimo dopo in cui è accaduto ed è
diventato già «passato». In secondo luogo la
musica ha il suo ritmo, la sua tonalità, il
suo movimento che rispecchiano i sentintenti e le culture di riferimento. La musica.
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come sostiene un filone della moderna etnomusicologia, non è un linguaggio universale, nel senso di essere comprensibile a
tutti e a tutte, ma è un linguaggio determinato dal luogo e dalla cultura di riferimento.
Ricordo che durante un seminario sponsorizzato dal Consiglio mondiale delle chiese
tenutosi a Bossey in Svizzera, il maestro 1To Loh, etnomusicologo cinese, ci fece
ascoltare un breve frammento proveniente da una
regione orientale e poi ci
chiese: «Che
musica è questa? Quale il suo
significato?» Dopo che ognuno
dette la propria interpretazione, 1-To
rispose che quel
frammento non era
una melodia, ma un
rimprovero rivolto ad
un bimbo monello,
del tipo... taci adesso!
Dove voglio arrivare?
Se osserviamo le varie
tappe della musica cristiana, e nello specifico
del corale, ci accorgiamo dei mutamenti che
le melodie subiscono in
base ai cambiamenti culturali che intervengono.
Le melodie dei corali nel
’500 hanno un carattere
deciso, forte, poetico, mentre nel 700, cioè con l’avvento del movimenti pietistici, esse diventano più intimista, soggettive ed emozionali. La musica parla e si evolve, nasce e muore, esattamente come le stagioni del
nostro tempo.
Si canta il corale come se
fosse il nostro canto, e lo è nel
senso della nostra storia e memoria, ma non del nostro pre
sente. Oggi, nessun musicista comporrebbe
un corale spacciandolo per musica contemporanea. Se lo fa, sa bene di comporre
un’imitazione. Cantiamolo pure il cinquecento, guai a dimenticarlo! Ma ricordiamoci
che siamo chiamati alla testimonianza evangelica per
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I CAMPI INVERNALI
^ pAq. 4 i centrì di AqApE, Santa Severa e BetIheI
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e le donne del nostro
tempo. Quello che noi abbiamo
cantato sono le nostre radici, ma i rami e i
frutti crescono in altezza e si confrontano
con le atmosfere, i venti e i capricci del presente.
Penso che oggi i tempi siano maturi
perché le nostre chiese possano vivere un
rinnovamento musicale. Se penso alla
mia attività dieci anni fa, ricordo che l’animazione musicale liturgica era considerata una mia illusione. Facendo tesoro dei
numerosi incontri fatti in questi anni in
tutta Italia, ritengo che le nostre chiese
sono ormai pronte ad ascoltare le novità
sia per condividerle che per confutarle.
Anche nel campo della scuola domenicale il concetto di animazione musicale è
avviato, anche se in situazioni circoscritte. Vi sono molti animatori e soprattutto
animatrici musicali per le scuole domenicali. Se è vero che dalle scuole domenicali noi creiamo il futuro delle nostre chiese, lo è anche dal punto di vista del canto. Le generazioni che hanno acquisito una certa innologia evidentemente rimarranno ancorate a
quella tradizione e troveranno difficile
accettare nuovi modelli innologici.
Le scuole domenicali possono essere il terreno più importante sul
quale costruire l’utilizzo di nuovi
linguaggi musicali ed un buon animatore ed una buona animatrice,
a mio parere, devono tener conto
I delle possibilità che l’esperienza
di lavoro con i bambini può offrire.
Infine per quanto riguarda
l’attività di animazione musicale
nei gruppi giovanili, ritengo
che occorra sapere esattamente cosa accade all’interno dei
gruppi giovanili, quali sono le
esigenze, le nuove tendenze
musicali. 11 materiale che generalmente propongo, ad
esempio, ha già chiaro un
riferimento liturgico, ma non
è detto che aU’interno dei
gruppi giovanili questo sia
un dato acquisito e voluto,
anzi spesso i gruppi giovanili non sono interessati all’innologia e cercano espressioni che
non si riferiscono esclusivamente ad ambiti ed
azioni liturgiche. L’animazione si fonda su alcuni principi come la
condivisione, la programmazione, l’organizzazione, la
capacità di capire i contenuti e le aspettative di chi partecipa all’animazione. E poi va
sfatato il mito dell’improvvisazione: un canto e il modo di proporlo sono frutto di un lavoro che è avvenuto precedentemente.
Occorre fare una ricerca meticolosa dei
doni musicali che i gruppi giovanili delle nostre comunità esprimono, in modo da costituire un coordinamento che solleciti il coinvolgimento dei gruppi o dei singoli nelle animazioni musicali in occasione di campi studi, campi di formazione, congressi. Tutto
ciò, accanto alla necessità di organizzare
seminari di formazione sulla figura dell’animatore e dell’animatrice musicali, richiede
un forte investimento di risorse anche da
parte della Fgei. La strada, credo, è stata
tracciata, ora occorre volerla proseguire.
Carlo Leila
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SOGNI RUBATI E FUTURO INCATTIVITO ||
Il documento finale del campo polìtico internazionale dì Asape
Introduzione e comprensione
del termine «globalizzazione»
La fine del Campo Politico dell’estate
2000 segna un cambiamento significativo
nella struttura dei campi politici degli anni
passati: invece di essere concepito come
un’opportunità di incontro di scambio di
idee e di discussioni tra associazioni e
realtà sia legate al territorio sia collegate
con le chiese in Europa, il campo di
quest’anno ha inaugurato -si spera- un
nuovo percorso che intenda parlare alle
persone, credenti e non, che sono impegnati nel lavoro orientato alla giustizia sociale,
ma anche a coloro che non lo sono.
11 campo si è focalizzato sulle dinamiche
economiche, politiche, sociali e ideologiche
che modellano il «villaggio globale».
Presentazione Della Globalizzazione
La globalizzazione può essere compresa
come un sistema di forze e di influenze che
si manifestano in tutto il mondo e che possono essere descritte in termini economici,
culturali, ambientali, politici e tecnologici.
Sebbene l’impatto della globalizzazione non
sia monoliticamente negativa, ne risultano
gravi conseguenze di urgente natura. Esse
comprendono una povertà di ingenti proporzioni (accompagnata da una sproporzionata
crescita di ricchezza tra una bassa percentuale della popolazione mondiale) drammaticamente evidente nelle 40.000 persone che
ogni giorno muoiono di fame; un numero
crescente della popolazione mondiale che
vive ai margini della società con limitato accesso all’istruzione, al lavoro e a altre risorse
sociali, e la distruzione di distinte culture.
La globalizzazione moderna comincia durante il periodo coloniale con la concentrazione del controllo di risorse, terra e lavoro di
buona parte del globo da parte del «nord».
Oggi la globalizzazione è guidata dal controllo centralizzato del capitale finanziario teso in
primo luogo all’accumulazione di denaro e in
secondo luogo di beni e servizi. Il controllo
dei flussi di capitale è concentrato nelle mani
delle aziende transnazionali e delle istituzioni
globali quali il Fondo Monetario Intemazionale, la Banca Mondiale e l’Organizzazione
Mondiale del Commercio. Per esempio la
somma dell’introito delle 500 multinazionali
con il più alto volume di affari supera il Prodotto Interno Lordo degli Stati Uniti.
Sebbene molti ritengano che la globalizzazione promuove uno sviluppo progressivo
teso a distribuire una qualità migliore di vita In tutto 11 mondo, essa deve anche essere
analizzata come un fenomeno coercitivo
per cui le priorità delle strutture sociali e
polìtiche e le forze che le proteggono non
sono indirizzate alla soddisfazione dei bisogni primari della gente che vìve aH’lnterno
di queste strutture, bensì di assicurare 11
maggiore flusso di capitale nelle mani di
poche élite economiche. La globalizzazione
è anche un fenomeno spirituale e culturale
airinterno del quale il mercato è diventato il
principale agente di mediazione delle relazioni interpersonali e della relazione tra le
presone e la natura. Di conseguenza il mercato si sostituisce a qualsiasi altro valore in termini religiosi o morali - che possano
mediare queste relazioni.
Usfldt.
Come si è visto a Seattle durante rincontro deirOrganizzazlone Mondiale del Commercio è in aumento la resistenza alle forze
della globalizzazione nelle sue varie forme.
Tuttavia, 11 movimento di resistenza é di
piccole proporzioni. I media non offrono un
Immagine giusta e rappresentativa con
conseguenti incomprensioni da parte delle
popolazioni sia nel nord che nel sud del
mondo. Una risposta adeguata alla globalizzazione richiede una sfida ai modi di comunicare gli eventi di resistenza e una promozione più sostenuta della cosclentizzazione.
Dobbiamo assumerci la responsabilità
dell’educazione così come dobbiamo farci
promotori di solidarietà e diffondere la nostra visione. I mezzi di comunicazione di
massa rifuggono un’informazione accurata
e contestuale circa le radici e le realtà della
globalizzazione. I movimenti di resistenza,
per quanto vivi e vegeti, sono frammentati
e mancanti di sufficienti reti di solidarietà
globaie. Esiste un bisogno di alternative
all’attuale sistema sociale globale e, forse in
primo luogo, una necessità di credere che
tali alternative esistano davvero.
Suggerimenti per l'azione politica
Visione
Uno dei problemi riscontrati nelle discussioni del campo è costituito dalla difficoltà
di definire la visione che molti e molte di
noi sembrano avere. Una «visione» condivisa dalla maggioranza dei e delle partecipanti è il bisogno di cambiare il mondo in
cui viviamo e la possibilità di poterlo veramente fare, soprattutto attraverso gli impegni politici e la nostra critica teologica (che
per moltì/e di noi è la stessa cosa). Durante
il campo vi è stata una accalorata discussione sulla impossibilità di «sperare» in un
cambiamento reale ed efficace, soprattutto
a causa dell’ «egoismo antropologico» della
natura umana come la storia può dimostrare. Abbiamo però riconosciuto che esistono
segni vitali nel mondo che ci permettano di
percepire l'avvicinarsi di una visione il cui
inizio può essere individuabile con gli accadimenti di Seattle. Un rinnovamento spirituale può coincidere nell’adattare le nostre
vite ad un modo di vivere più giusto che include la scelta e la proclamazione di uno
stile di vita dedito alla teoria e alla pratica
della sufficienza, secondo la quale non dovremmo depredare la terra o privare gli altri
delle risorse di cui hanno bisogno a causa
del nostro eccessivo consumo. Un uso più
razionale delle risorse potrebbe portare a un
mondo non competitivo e ad una riduzione
delle guerre come strumento di protezione
della competizione.
cancellazione dei debiti dei paesi più poveri, gli investimenti socialmente responsabili, la fine del lavoro minorile, l’obbligo
dell’applicazione di giusti standard di impiego e per l’ambiente (quali gli impegni
presi alle conferenze di Rio e ILO), la richiesta di un pieno svelamento di tutte le
pratiche aziendali delle imprese tansnazionali, il bando all’uso in agricoltura di organismi geneticamente modificati, la conservazione delle biodiversità, il dialogo interreligioso volto a criticare la ascendenza del
mercato come ultimo agente di mediazione, l’applicazione del concetto e della pratica della sufficienza, un’educazione capillare circa le nefaste conseguenze della globalizzazione attraverso mezzi di comunicazione alternativi e altri canali di informazione, la limitazione dei finanziamenti per le
elezioni politiche, l’impegno nella lotta e
nella protesta sociale coordinate tra i vari
movimenti sociali livello mondiale.
Conclusioni
La situazione richiede soluzioni urgeii
1.800 esseri umani muoiono di fameoj
ora! Di questi fatti siamo al corrente. Ow
que vi sono sacche di resistenza di perso«
che lavorano contro e resistono alle tragici
conseguenze della globalizzazione. Tutta«
dobbiamo incrementare la nostra capacitai
lavorare insieme. Dobbiamo unire 1 noi
sforzi. Dobbiamo rendere consapevoli limai
gior numero di persone della crisi creatati
globalizzazione incominciando con i netwa
e associazioni con cui lavoriamo o siamo i
contatto. Contrastare le bugie sulla globaliffl
zione come fenomeno primariamente posi
è una sfida significativa così come la possi
lità di apportare efficaci cambiamenti al sisk
ma. Queste sfide le possiamo raccogliere»
speranza, passione, coraggio e impegno!
con queste qualità che dobbiamo incoraggi
re altre persone ad unirsi a noi.
L’incontro del laboratorio polìtico h
Prospettive a lungo termine
Dobbiamo lavorare affinché le istituzioni
pubbliche e quelle globali (WTO, FMI, BM)
vengano restituite ai popoli, per 1 quali esse
sono state create e che in teoria ne dovrebbero avere il controllo. Man mano che I
mercati finanziari incrementano 11 loro potere dovremmo riuscire a promuovere del
processi di riforma come la Tobln Tax (una
tassa sugli spostamenti del capitale finanziario da essere devoluta a progetti sociali
nelle aree più povere del mondo). Sarebbe
opportuno Invertire le privatizzazioni delle
risorse naturali e dei settori pubblici per garantirne l’accesso a tutte le persone, specialmente ai più poveri.. Dobbiamo rivalutare la nostra comprensione del tempo affinché il suo valore non venga visto solo in
termini economici, riducendo le ore di lavoro e aumentando il tempo da dedicare alle
attività sociali che soddisfino I bisogni umani come la cultura e la vita famigliare.
oche righe scritte a caldo. Con ancora
negli occhi lo sguardo sorridente delle
compagne e dei compagni di questo
viaggio a Cinisello, nella testa le parole dense
delle relatrici e dei relatori; il pensiero - bagnato di pioggia e visioni - che spontaneo si
muove verso righe già scritte, torna su storie
già percorse, prova a invadere campi nuovi.
NeH’impossibilità, questa volta fisica e concreta, di raggiungere Torre Pelllce e casa, i
ponti le strade i binari come limiti imposti
daU’alluvìone, metafora naturale e meno
cruenta di altri ponti, altre strade e altri binari
che da vie di comunicazione cercate e costruite si fanno ostacolo aH’abbraccio dei cari.
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Prospettive a breve termine
Le azioni che dobbiamo promuovere immediatamente 0 nel prossimo futuro compremdono il sostegno alle iniziative di commercio equo e solidale e di mlcrocrediti, la
"Si testimonia sempre qualcosa di cui si
ha esperienza e la testimonianza nasce dal
conflitto». Sono parole di Giorgio Quelmani,
codìrettore di Qe, intervenuto nella sala al
primo plano del Centro culturale «Jacopo
Lombardlni» durante l’incontro di sabato 14
ottobre organizzato dal Laboratorio politico
della Fgei. Presenti venticinque persone, per
lo più provenienti dal Milanese. Allora, se le
chiese vogliono fare testimonianza, é dal terreno del conflitti per eccellenza, quello delle
diseguaglianze sociali dettate daH’odine economico, che devono partire. Mon solamente
facendo mente «globale», ma imparando a
muoversi e conoscere l’economia e il pensiero che vi soggiace, anche in campo locale: fra gli oppressi, i sommersi. Un’analisi da
compiere anche fuori dagli spazi «consueti» e in questa pagina si può leggere il docu
mento finale del Campo politico di Ag«P*
dei nostri centri giovanili, ma nelle coin
nità, nei centri culturali, nei gruppi. Pef’
presente in cui la domanda fondamenti
non é più «da che parte stai?», ma «chenm
do vedi?». Le rivolte di Seattle e PragSi'
sincretismo arrabbiato ma in lotta, dall*'
vendicazioni differenti ma concrete, semi*
no dimostrarlo. C’é confusione, ma il
ma rovente di ong, chiese, partiti poW®
sindacati, gruppi sparsi e ambientalisti 8®
brano decretare un definitivo e
cambiamento di strutture e prospettiva ^
voglia di modificare l’assetto delle istitu«'
sempre più lontane e sovranazionali, 8''®
mocratiche e apolitiche.
Sara Fornabaio, deH’ufficio di prograjjj
del Prc, é Intevenuta sul rapporto fra gj
lizzazione e Terzo settore, individuano®
possibilità di superare l’attuale situali®
dell’associazionismo e del no profit co^
«gestione controllato del passaggio da uj'
sterno universale dei diritti sociali (il weP
al mercato deH’ossistenza e la sussidiari^
verso un Terzo settore effettivamente cap»
di creare socialità e antagonismo.
A Cinisello é emersa l’esigenza di corf
lare un vocabolario comune, e questa
delle attività del Laboratorio nei prossirni
si, e una «mappa dei dissensi» contro 1®
logazìone. Prossima tappo e una nuova
nione aperta, a Roma nel mese di/''®
ospiti ì Cantieri sociali e la Rete di Lilliput'
Massimo 0'’®
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Il campo formazione tenutosi a Santa
Severa (Roma) dal 6 all’8 ottobre ha visto la partecipazione di circa 45 persone dai 17 anni in su. 11 campo è il secondo
di un ciclo di 4 anni, iniziato nel 1999 e finalizzato alla formazione di animatori che
siano in grado di lavorare in équipe.
L’anno scorso si è parlato di lavoro di
gruppo: come impostarlo e organizzarlo,
le dinamiche di gruppo, il problem solvlng. Quest’anno l’attenzione di è concentrata sui sistemi di comunicazione e decisionali, argomenti affrontati con l’aiuto di
relatori esterni, esperti del settore. 11 prof.
Angelo Cassano ha concentrato la sua attenzione sulle tecniche dinamiche psicologiche della comunicazione, in particolare quando si può parlare di comunicazione soddisfacente, della relazione esistente
tra al forma usata e il contenuto che si
vuole trasmettere, su come coinvolgere
gli interlocutori e impostare una lezione
che sia chiara e dinamica sia nei contenuti che nella forma.
11 prof. Cassano si è soffermato sull’insegnamento come costruzione del sapere
più che trasmissione dello stesso. In questo modo si apprezza la conoscenza pregressa di chi ci sta vicino, valorizzandolo.
La comunicazione si basa sul dialogo e
sull’ascolto, sul confronto con il nostro vicino. È stato sottolineato come l’ambito
delle nostre chiese costruisca un luogo
privilegiato per mettere in pratica questi
insegnamenti.
11 secondo giorno è stato dedicato interamente alla gestione dei conflitti tramite
un’animazione biblica su 1® Corinzi 15:1926 e la relazione della psicoioga Patrizia
Margiotta. Da entrambi i momenti è emerso come unico metodo costruttivo ed efficace nella risoluzione del conflitti quello
che non vede perdenti ma che prevede
una condivisione di obiettivi e progetti, la
creazione di un terreno comune che permetta un confrorìto efficace.
1 partecipanti e le partecipanti si sono
confrontati ance su altri argomenti legati
più strettamente alla vita del Villaggio. Si è
cercato di valutare l’esperienza dei campi
di questa estate, organizzati secondo
quanto affrontato allo scorso campo formazione, dove sono state illustrate alcune
novità, come la richiesta alle singole staff
di fornire una documentazione completa di
ciò che viene organizzato al campo, come
memoria e per consultazione. Si è parlato
di spiritualità del culto domenicale durante
i campi; della presenza (o forse meglio
parlare di assenza) dei pastori e delle pastore nelle staff; dell’organizzazione delle
serate sociali.
Lo sforzo che il Villaggio sta facendo è
quello di «professionalizzare» le persone
che volontariamente prestano servizio
all’interno del centro. In questo senso va
letta la presenza degli esperti che sono venuti a relazionare su argomenti che cominciano a essere sempre più diffusi
nell’ambiente delle nostre chiese e dei nostri centri.
Le valutazioni dei campisti e delle campiste sono state molto positive: è stato
complessivamente apprezzato il livello degli interventi, anche se è stata fatta notare
la mancanza di momenti in cui poter applicare sul campo ciò che è stato teorizzato.
La strada imboccata dal Villaggio comincia a riscuotere consensi, anche se il
cammino da fare è ancora lungo e difficoltoso. La Fgei può dare un contributo significativo sia con l’impegno nelle staff (peraltro già buono) sia con la partecipazione
ai campi giovani (estivo e invernale).
Air interno della nostra federazione si sono
accumulate una serie di competenze ed
esperienze di cui non sempre si è consapevoli. Un confronto e uno scambio più
serrato costituirebbero una fonte di arricchimento comune. C’è da augurarsi che al
prossimo incontro di formazione interamente dedicato all’animazione musicale
(2-4 marzo 2001) la presenza fgeina sia
ancora più massiccia e che poi continui ai
campi, tenendo a mente quello che il prof.
Cassano sottolineava, che cioè i nostri
centri in particolare, sono un ambito privilegiato (per certi versi l’unico) per poter
esercitare la comunicazione vera.
Noemi La Fata
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LA FEDE GIOIOSA CHE CONTAGIA
Il campo in Croazia orsanizzato dalle chiese luterane
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bonjan, Croatia, 17-24 luglio 2000,
lii«Jesus why not»: questo è il titolo del
_ ° campo estivo organizzato dalla
Chiesa luterana di Zagabria in collaborazione con al Chiesa luterana norvegese e
alcune Comunità locali italiane (Trieste,
per dirne una). 11 campo è stato l’ultimo di
una serie di appuntamenti già avvenuti: alcune riunioni miste, croati e italiani; un
campo invernale a Santa Severa lo scorso
Capodanno. Speriamo di poter di nuovo ripetere il campo invernale a Santa Severa
®i se lo trovata segnalato sull’agenda degli
appuntamenti, non perdetevelo, provare
per credere! Ma torniamo al Obonjan,
splendida isola dalla natura selvaggia e
i^ere incontaminato. A questo campo eraito presenti norvegesi, italiani (solo quattro) e circa 50 croati... un bel miscuglio,
vero? Ovviamente la lingua ufficiale era
1 Inglese e le altre difficoltà linguistiche sono state ampiamente superate dalla bellissima sintonia che si è subito creata all’interno del grande gruppo di giovani così diversi ma uniti nella fede in Cristo. Le nostre giornate erano molto intense ma, aiutati dalla natura circostante, siamo riusciti
* lavorare al meglio. 1 lavori e le discussioni erano tutte basate sulla lettura di alcuni
testi del Vangelo di Marco.
l^opo la levataccia mattutina (la sveglia
®fa alle 7,151), ci si ritrovava tutti nel salo^®'.si pregava insieme e tre o quattro di noi
guidavano gli altri a voce alta; si cantava
(in croato) e, immancabile, seguiva la canzone del campo. Il pastore ci introduceva
tutte le mattine con uno studio biblico e ci
lasciava con una serie di domande e riflessioni da fare divisi in gruppi; poi ci si ritrovava nuovamente insieme in plenaria. A
metà settimana abbiamo dedicato una mattinata alle nostre testimonianze di fede; è
stato un momento molto intenso e condiviso da tutti.
Arriviamo ai pasti, unica nota veramente
dolente: ve la immaginate una mensa per
500 persone? Siamo dimagriti tuttill Dopo il
«lauto» pasto ci si divideva in vari laboratori;
arte, preghiera, canto, teatro e liturgia, finalizzati alla preparazione del culto. Finalmente la parte vacanziera: tutti in spiaggia!
Ed eccoci alle serate insieme. Ci si alternava la gestione; serata norvegese, croata,
italiana, tutte molto divertenti; dopodiché
tutti a ballarell Abbiamo avuto die mattinate
particolari: una dedicata alla body art (eravamo davvero dei quadri viventi) e una dedicata al silenzio (tre ore di assoluto silenzio, passate ad ascoltare ciò che avevamo
attorno, a meditare, a leggere ecc... Niente
male, vero? Cina settimana così è veramente esaltante, io mi sono sentita veramente
libera. Libera dagli schemi, dalle formalità e
dalle abitudini chiuse e un po’ ristrette che
ho sempre avuto come modello. Ho finalmente trovato l’espressione fisica e diretta
0
Jane Campion
Holy smoke
Con H. Keitel e K. Winslett
n «deprogrammatore», Harvey
Keithel, deve riportare alla realtà una
^ giovane ragazza, Keit Winslett, vittima idei plagio di una delle molteplici sette
che professano l’amore assoluto alla fine
di unviaggio in India. La storia si svolge fra
i mistici scenari di Nuova Delhi ed il deserto australiano. La ragazza dovrà tornare
forzatamente a vivere come la sua famiglia, attirata con una bugia, e si troverà a
dover condividere una catapecchia con
questo personaggio, il deprogrammatore
venuto dall’America, che le si presenta con
la presunzione di insegnarle la vita. Ma gli
effetti sono prevedibilmente distruttivi e le
parti si invertono progressivamente. Mi ha
fatto riflettere sul valore di una fuga e del
prezzo che si deve pagare per cercare di
essere come si desidera.
Anna Bottari
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POSTA
di tutto ciò che sempre ho avuto nella mente e nel cuore. Chi ha detto che le danze, le
testimonianze di fede, le emozioni devono
essere escluse nel mio momento di incontro
con la comunità? Va benissimo la discussione teologica, l’esercizio della mente, la
ricerca costante, ma perché non esprimere
con tutti noi stessi la nostra fede? In Ezechiele non c’è forse scritto di «lodare il Signore con la danza, con il canto e con cembali sonanti»? E allora proviamoci! Non abbiate paura delle vostre emozioni, liberatele
nei vostri momenti di culto; saranno semplicemente più pieni e completi.
Impariamo ad esprimere la nostra gioia,
la nostra felicità dell’essere credenti, vi assicuro che è contagiosa.
Carla Necchio
NON LASCIAMO
MORIRE LE CHIESE
! ra le panche delle nostre chiese, in
giro per l’Italia e forse anche altrove,
^ intravedo soprattutto volti solcati dal
tempo e l’assenza sempre più diffusa di
persone giovani.
Eppure se ne parla poco, come se questa situazione fosse una condizione permanente, immobile, immutabile e invariabile allo stesso tempo.
Mi chiedo, vi chiedo: «non è tempo di
focalizzare questo aspetto, a mio avviso
così urgente e domandarsi i perché?».
Tanti possono essere i motivi di questo
assenteismo: forse un linguaggio tradizionale ormai superato, il bisogno di riformulare... spaziare senza sosta nel campo
liturgico... ricercare melodie e canti ritmati che ci facciano vibrare ed esprimere
la gioia della fede, magari col movimento
libero del nostro corpo, la voglia di essere attivi durante il culto e di partecipare a
esso non più come spettatori e spettatrici, il ritrovarci in una comunità vivente
che guardi oltre le proprio mura e agisca
al di fuori... per esempio nei quartieri delle nostre città, il desiderio che la nostra
vocazione sia riconosciuta dagli adulti
con le teste già bianche e sia considerata
vera almeno quanto la loro nel passato, a
necessità di essere presi e prese sul serio
come credenti e considerati/e parte della
comunità e non «gli alternativi per forza»
ai quali si lascia uno spazio esiguo che
sia eccezione una volta l’anno nella giornata della Fgei.
Non lasciamo che lo nostre chiese
muoiano.
Cari amici, care sorelle, sono seriamente preoccupata ed è per questo che vi
chiedo di riflettere, se non lo state già facendo, sul tema giovani e chiese.
Vi lancio questa proposta e per ora non
aggiungo altro... passa parolai
Claudia - Como
A
c/o Redazione Riforma
via Pio V, 15 10125 Torino
tei. 011 -655278 fax 011 -657542
10
dal Consiglio
Atti
S. Severa, Roma: 22-24 settembre 2000
«^50
52
I®
53
Il Consiglio nomina Manfredo Pavoni membro delia redazione di Gioventù Evangelica.
Il Consiglio fissa le quote di sottoscrizione per l’abbonamento a Gioventù’ Evangelica come segue:
L. 50.000: sottoscrizione ordinaria
L. 100.000: sottoscrizione sostenitore
L. 100.000: sottoscrizione cumulativa Gioventù’ Evangelica/Confronti
Il Consiglio stabilisce di incontrare i direttori di Gioventù’ Evangelica, Giorgio
Guelmani e Michele Rostan, nel corso della sua prossima riunione (25-25 novembre 2000).
Il Consiglio stabilisce di tenere i prossimi Precongressi entro febbraio 2001 (in
date da stabilire), suddividendoli per aree geografiche come segue:
1. Piemonte e Lombardia
2. Triveneto e Toscana
3. Lazio, Campania, Puglia
4. Sicilia
Campì invernali
Bethel tei. 090/40098, resp. lens Sielmann
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l haoe a dream - 27 dicembre-3 gennaio
Campo giovani invernale (età: almenoìS anni), costo L. 200.000
Metodi di animazione - 8-10 dicembre e 9-11 febbraio 2001
Campo formazione staff
Santa Severa tei. 075/5570055, lunsomare Firsy, 13
Oltre le barriere - 28 dicembre-2 gennaio
Campo giovani internazionaie costo L. 200.000
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Agape tei. 0191/807514, fihigo di Orali
Ogni cosa ha il suo prezzo - 26 dicembre-1° gennaio
Campo intergenerazionale (dai 14 anni in su) costo per fasce di reddito
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L’ultima riunione del Consislio allargato fa il punto della situazione
Il Consiglio allargato è un’occasione preziosa per misurare la temperatura della
Egei. Alla riunione del Consiglio allargato
(S. Severa 22-24 settembre 2000) a cui
hanno partecipato le segreterie regionali, i e
le responsabili dei movimenti intemazionali,
i direttori dei Centri e i co-direttori di GE,
erano presenti 25 persone.
Pur analizzando senza reticenze la debolezza della Egei, il Consiglio allargato
non si è fatto sommergere dagli eventi e
ha dato dei suggerimenti preziosi per gestire questo delicato momento. Credo di
non esagerare affermando che la Egei è,
indubbiamente, debole, ma non sbandata
e frastornata dalla sua debolezza.
La discussione plenaria sulla situazione
della Egei e sulle sue prospettive è stata
introdotta da uno studio biblico sulla Storia di Giuseppe (Genesi 30: 22 - 24 e dai
cc. 37 - 41) largamente ispirato ad uno
studio biblico di Massimo Aprile.
11 nome dato da Rachele a Giuseppe significa ‘Dio mi aggiunga’. In questo contesto si riferisce all’auspicio che Rachele,
sterile per molti anni, possa avere altri figli. Essa è un’indicazione per la Eederazione che più che mai può vedere negli annunci di moltiplicazione rivolti ai padri e
alle madri di Israele una promessa a cui rivolgere le proprie speranze.
Giuseppe è prima di tutto un sognatore
e sogna due sogni che sono interpretati
dai fratelli e da Giacobbe. Curiosamente
Giuseppe non interpreta i sogni dei covoni, del sole, della luna e delle stelle che lo
circondano inchinandosi a lui. Qualcun altro lo fa per lui. E due sono le strategie
d’interpretazione. La prima, quella del padre, che pur inquietandosi, conserva le parole del sognatore. La seconda, quella dei
fratelli che si adirano per il sogno di Giuseppe e meditano di ucciderlo.
Ma la vicenda di Giuseppe entra nel vivo solo con l’invio che egli riceve da parte
Giacobbe di andare a trovare i fratelli. La
storia di Giuseppe inizia con un invio, un
allontanamento, uno sradicamento.
«Ecco il sognatore arriva». I fratelli vedono Giuseppe e decidono di ucciderlo.
C’è una prossimità tra il sogno e la morte.
I sognatori sono dei morituri. Il sogno se
non è una fuga, ma è la visione delle cose
diverse così come potrebbe esserlo già
oggi, diventa una pratica impegnativa e rischiosa. Impegnarsi in una Eederazione di
gruppi ci fa sentire degli sradicati - dei sognatori e delle sognatrici fuori posto - ma
questa è la condizione in cui siamo gettati.
Tuttavia i fratelli risparmiano Giuseppe
gettandolo prima in una cisterna e, poi,
vendendolo a dei mercanti.
Giuseppe è portato in Egitto. L’Egitto è
per Israele un luogo ambivalente, sia la terra
dei morti, sia il luogo della fertilità e della
ricchezza. L’allontanamento, lo sradicamento genera paura per l’ignoto che ci attende,
ma è anche affascinante, perché ogni sradicamento può essere un’opportunità.
In Egitto Giuseppe il sognatore diventa
un accorto e brillante amministratore. Prima in casa di Potifar, quindi in prigione e
infine a palazzo di Earaone. Giuseppe si
dimostrerà capace di essere un ottimo gestore dei beni a lui affidati che cresceranno esponenzialmente. Come ha detto Massimo Aprile, Giuseppe è un sognatore desto, un visionario accorto.
Giuseppe non sogna più da tempo, ma
con i sogni continua ad averci a che fare,
prima con i sogni del panettiere e del coppiere e successivamente con i due sogni
di Earaone. I sogni di Earaone sono un solo incubo: a sette anni di abbondanza, seguiranno sette di carestia. Earaone riconosce nelle parole di Giuseppe la giusta interpretazione perché le sue parole non sono una consolazione a poco prezzo. E Dio
a interpretare i sogni, eppure le parole del
sognatore convincono Earaone per la loro
pensosa limpidezza.
Giuseppe è il gestore dell’incubo di Earaone. Egli è riceve l’incarico di viceré per
amministrare l’abbondanza e la carestia.
Giuseppe non dismette l’Impero, ma con
gli strumenti della struttura statale si attrezza a superare la crisi.
La Egei è debole, ma non in crisi. È necessario che assieme, e prima ancora
dell’ottimismo della volontà, sia evidenziato l’ottimismo della speranza che dipende
dalle promesse di Dio. L ottimismo della
speranza significa che quanto accade va
visto e analizzato senza reticenze. Non servono alla Egei illusioni dietro cui nascondersi, ma delle strategie per gestire l’incubo. Solo così essa può vivere quest’incubo
da sognatrice desta.
La debolezza della Egei sta nella debolezza dei gruppi che nascono con fatica e
vivono ancora peggio. C’è ùna reale carestia, una difficoltà concreta a fare aggregazione sul territorio. Difficoltà che va seriamente considerata perché ci si possa
attrezzare per superarla.
Per questo la Egei intende gestire l’incubo investendo le sue energie sui gruppi locali, sulla loro formazione, sul loro sostegno
e crescita. Gestire l’incubo della debolezza
dei gruppi locali è possibile solo se si analizzano rigorosamente le ragioni della crisi dei
gruppi locali che non riguardano la Egei soltanto, ma investono sfere più ampie. Non
bisogna rimuovere l’incubo, ma viverlo pienamente lavorando per focalizzare cosa sta
accadendo nella relazione tra singoli e gruppi locali e perché viene scemando la parte
cipazione e la responsabilità democratica di
questi nel lavoro della Egei.
Tuttavia perché sia possibile tracciare
delle proposte è necessario non ridurre la
Egei ad un sogno, nel senso di una beH’illusione, ma capire perché essa è un sogno
che diventa concreto e nel quale s’inscrive la
nostra fede di singole persone e di gruppi. In
questa cornice ci si muove nelle coordinate
della ricerca teologica e di fede de! Dio che
interpreta i nostri sogni (ma anche i nostri
incubi) e dall’altra nell’impegno ad una crescita numerica ed una maggiore capillarità
della presenza della Egei a livello locale.
Dunque se si può dire, senza ridurla ad
un’illusione onirica, che la Egei è un sogno
ancora da sognare è perché è possibile
praticare un’umanità che sappia esporsi a
delle relazioni politiche e crescere in esse
senza dismettere la Egei.
È compito del XIV Congresso dare corpo a quelle che per ora sono solo delle linee di lavoro, ma che già testimoniano
della vitalità della Egei.
Sandro Spana
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REDAZIONE: a Torino C/o Riforma, via S.Pio V 15, 10125 Torino (tei. 011/65520787; fax 011/657542), a Napoli C/o Riforma, via ^oria 93 80137 Napd^
t REDATTORI/TRICI: a Torino Anna Bottari, Massimo Gnone, Paolo Montesanto,Elia Piovano, Loredana Pecchia, Pietro Romeo; a Napoli Marta D Auria (tei 081/273194), a Roma. Lula Nitti (c/o Fcei, tei. 06
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Fascicolo interno a RIFORMA n. 40 del 20 ottobre 2000. Reg. Trib. Pinerolo n. 176/1951. Response ai sensi di legge: Piera E^. Edizioni Protestanti srl, viS
Fotocomposizione: AEC - Mondovì. Stampa: La Ghisleriana - Mondovi.
Bn Pio V n. 15^, 10125 Torino:
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^FRD|200TTOBRE2000
Vita Delle Chiese
Ricordo del pastore Alfredo JanaveI, morto il 2 ottobre scorso all'età di 91 anni
Un pastore valdese a New York
éfiìbasdatore valdese» nella metropoli americana, ha accompagnato il processo di piena
integrazione sociale di tre generazioni di evangelici italiani e spiegato l'America agli italiani
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volta Alfredo JanaveI
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rL tranvai che portava gli
operai e gli studenti da PerocafinoaPinerolo. Infondo
allo scompartimento sedeva,
confarla un po’ affaticata,
un robusto montanaro vestito con un abito dimesso, ma
completo: giacca, cravatta,
nantaloni col risvolto. Una
Dia valdese mi fece osservare
che quello era il pastore di
Villasecca, e non avrebbe dovuto star seduto in quel modo in pubblico: io mi spaventai moltissimo, peiché cominciavo lentamente a maturare una vocazione pastorale,
e pensavo che l’efficacia di un
pastore dipendesse dal suo
modo di stare in piedi nella
vita (eravamo in un tempo di
fucilazioni e di bombardamenti) e non dal suo modo di
star seduto nel tranvai: comunque, mi rimase la curiosità di sapere chi era quest’
uomo solido e robusto, da
dove veniva, dove andava.
Questa curiosità fu ben
presto soddisfatta; finita la
guerra, mio zio Gustavo Bouchard organizzò una riunione
di pastori in casa sua a Prali, e
lì incontrai di nuovo Adfredo
JanaveI. Quale non fu la mia
sorpresa nello scoprire che si
trattava di un uomo eccezionale: anzitutto, sapeva cucinare; mentre consumavamo
il suo ottimo pranzo, ci raccontò con bonomia che, non
essendo ammogliato, per un
po’ di tempo aveva avuto
l’abitudine di pranzare in
trattoria, ma poi aveva deciso
di fare da sé (anche per motivi economici, posso ben supporre); il discorso scivolò poi
sul suo celibato (allora quasi
uno scandalo per un pastore
valdese), ed egli ci raccontò
con semplicità ebe sei anni
prima si era fidanzato, ma la
ragazza lavorava in America,
e per tutta la durata della
guerra non era mai riuscito a
mettersi in contatto con lei,
ma aveva appena avuto la lettera di una lontana parente,
la quale gli garantiva che la
ragazza era ancora disponibile ielle est toujours filie, ricordo benissimo la frase) e gliene forniva il nuovo indirizzo.
La ragazza aveva dunque
saputo aspettare, e anche Janavel aveva aspettato, con
una vena di malcelato romanticismo e molta antica
fermezza. Così, qualche tempo dopo, i due si sposarono e
JanaveI accettò di svolgere un
lungo ministerio come pastore della Chiesa valdese di
New York: non era uno di
quei posti prestigiosi e ben
pagati che talvolta i pastori
metropolitani riescono a trovare in America; era un posto
modesto, ma di grandissima
importanza. Anzitutto si trattava di accompagnare tre generazioni di valdesi e di
evangelici italiani nel processo di piena integrazione nella
società americana, senza tagliare le radici, senza dimenticare la propria storia e la
propria cultura; in secondo
luogo si trattava di fare «l’ambasciatore valdese» nella metropoli, dove avevano sede le
grandi chiese americane e il
loro Consiglio nazionale; infine bisognava compiere il servizio inverso: spiegare un po’
ai valdesi, agli evangelici italiani che cosa fosse questa
America potente e discussa,
che cosa fosse quel protestantesimo così efficace in
patria e così diffamato all'estero. Questi tre compiti
JanaveI li svolse con singolare
fermezza: non abbandonò
mai le vecchie famiglie valdesi disperse nella valle dello
Hudson e un po’ dovunque;
tenne contatti con i presbiteriani, con lo Union Seminary
che tanti di noi hanno conosciuto; fu consigliere prezioso di quella American Waldensian Aid Society (Awas)
che nel dopoguerra ebbe per
la nostra chiesa la stessa importanza economica che ha
oggi l’otto per mille. Andava
a prendere i moderatori al
«La Guardia Airport» (poi «J.
F. Kennedy»), magari li salutava in perfetto occitanico,
ma poi li introduceva con discrezione di qua e di là, tra le
persone che contavano, sen
PAC. 7 RIFORMA
Attività della Chiesa battista di Mortola
Sguardo all'indietro
percorso ecumenico
su un
VIRGINIA NIARIANI
za dirlo, come uno che fa
semplicemente il suo dovere.
Quando poi veniva in Italia
(quasi tutti gli anni), anzitutto
veniva in Tavola a raccontare
come andavano le finanze
dell’Awas, quali erano le donazioni e i lasciti in arrivo,
l’umore degli amici amerb
cani. E poi, parlava in pubblico: predicava (ancora l’anno
scorso, a 90 anni) con profonda efficacia, ma il suo discorso preferito era quello del XV
Agosto: la questione nera, il
movimento studentesco, la
crisi di coscienza del Vietnam
venivano così presentati al
popolo valdese in un linguaggio piano e accessibile; la
pronuncia era ancora occitanica, ma il discorso era quello
di un uomo che viveva a New
York, aveva tre figli americani, e cercava di essere leale
verso i due mondi tra i quali
gli era toccato di vivere: il piccolo popolo delle Valli e la
grande America dei Puritani e
dei Risvegli, dei grattacieli e
deU’infinita solitudine.
Passai con lui, e con i suoi,
la Pasqua del 1987: ero solo
nella grande metropoli, Janavel mi chiese di tenere il culto, mi invitò a pranzo in un
modesto ristorante di Manhattan, poi mi riaccompagnò
alla mia stanzetta di «vecchio
studente»: non dimenticherò
mai il suo tatto, la sua semplicità, vogliamo dire la parola?: il suo amore cristiano
nutrito dell’Evangelo. Ero
toccato e commosso, e non
ebbi l’avvertenza di osservare come stesse seduto in metropolitana; ma certo, quest’uomo aveva saputo stare
in piedi nella vita.
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è stato occasioibnoscenza che di
iniziative svolte
[sieme con le sorelli cattolici del
primi approcci e
quando pastore
lità era Pino Molarce e ai digiuni
giustizia e integrilo» con il pastore
.prile, dalla celeìUa Settimana per
cristiani e della
ondiale di preaccolta di alimen\^estiario da portala, compresi gli ininsibilizzazione per
lyia, che hanno cail lungo periodo
pastorale e questi
in cui pastore è
i^udice. Inevitabile
don Tonino Belle! Regno e non di
religiosa, da parcoloro che hanno
lia di conoscerlo e
insieme e che con
sperimentato la
delle diversità,
ente anche le ularazioni da parte
cattoliche sono
di
gio
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rita I
Manifestazione a Napoli delle chiese pentecostali
Responsabilità dei cristiani del 2000
ANNANIAFFEI
idi
1 siamo smarcati dalle
''VJ nostre faccende e siamo venuti qui per fare una
grande azione. Noi dobbiamo essere dei fuoriclasse nella fede »: con queste parole,
provenienti dal gergo calcistico, l’ex giocatore di calcio
Ricardo De Brito Alemào, che
militò ai tempi d’oro del Napoli di Maradona, ha inco■^oggiato i credenti raccolti
sotto una inesorabile pioggia
battente U 30 settembre nella
^ande piazza del Plebiscito a
Napoli. Da tempo e con tanta
cura era stata preparata dalla
neonata Federazione delle
oniese pentecostali (Fcp) questa grande manifestazione in
occasione dei 2.000 anni dalla
nascita di Cristo. E nonostan0 la pioggia il popolo pentecostale, proveniente dalle circa 250 comunità locali appar■®^®ttti alla Fcp, ha risposto
ntervenendo numeroso,
erse 6.000, forse 8.000 perj^ne hanno affollato l’immensa piazza per tutta la
^ornata. La mattina oltre ad
®”tno, che ha offerto una
I “Ppassionante testimonianza
int conversione, sono
mtervenuti, in primo luogo, i
tondatori della Federazione, i
P stori Michele Romeo e Re
mo Cristallo, quest’ultimo in
veste di presidente. La manifestazione, che aveva come
tema la Pentecoste e quindi
la responsabilità dei cristiani
del 2000 di essere testimoni
dello Spirito e della Parola di
Dio «che non cambierà mai»,
ha avuto nell’intervento del
prof. Domenico Maselli un
suo punto centrale. Maselli,
che ha per lunghi anni esercitato proprio a Napoli il suo
ministero pastorale, ha portato alla piazza il suo messaggio e il suo incoraggiamento
attraverso una rievocazione
storica delle varie fasi della
Riforma della chiesa. A partire dai movimenti pauperistici
e popolari medioevali fra cui
quello di Francesco di Assisi
e quello valdese, ha ripercorso il cammino dello Spirito
nella chiesa. «La Riforma
protestante, tranne zwingliani e anabattisti, ha un po’ trascurato lo Spirito - ha affermato -, ma poi quella di Wesley con la sua predicazione
di salvezza e la sua lotta contro la schiavitù può definirsi
come la “terza riforma” e il
Risveglio pentecostale dell’inizio di questo secolo come
la “quarta”. Mentre si parla di
scristianizzazione dell’Occidente in Corea, in America
Latina e altrove nel mondo
Unìntensa stagione per
Intorno al centenaiti
ft lttS-20 radjp commerciali ed evangeliche trasmettono
^ in tutta Italia dal lunedì al venerdì una serie completa di
b^editazioni della Parola di Dio, dalla Genesi all’Apocalisse,
j lista completa delle frequenze, consultare il sito
^fernet http://www.blbbla.it o contattare CRC)
CRC - Centro di Radiodiffusione Cristiana
Casella Postale, 14 - 20050 Macherio MI
tei 039-2010343; fax 039-2012520
E-mail: mailto:redazione@bibbia.it
c’è un movimento dello Spirito che coinvolge milioni di
persone». Le parole dell’inno
«Innalzate il vessil della croce», che pochi sembravano
conoscere fra i presenti, hanno concluso il suo appassionato intervento.
Il rappresentante dell’Alleanza evangelica italiana
(Aei), coordinatore per il Centro-Sud Riccardo Leonetti,
portando il saluto dell’Aei ha
esortato a fare fronte comune
per innalzare il nome di Cristo «condividendo gli stessi
scopi e gli stessi valori, contro
quelle tendenze - ha detto per le quali il peccato cambia
nome, la fornicazione si chiama convivenza e l’omicidio si
chiama eutanasia». Leonetti è
stato l’unico, in verità, a porre
al centro convergenze sul piano etico e dare a una manifestazione improntata all’unità
evangelica un tono da crociata. Alla manifestazione, a cui
erano presenti anche rappresentanti del protestantesimo
storico, ha inviato un messaggio il presidente della Fcei,
Domenico Tomasetto.
«In Brasile - ha detto
Alemào alla fine della sua testimonianza, con tono preoccupato - scandali coinvolgono quasi ogni chiesa. Qui in
Italia ancora non è così, ma
state attenti. Voi siete grandemente responsabili della
fede e dovete avere discernimento per rifiutare strane
dottrine che presto arriveranno anche qui, se non sono già
arrivate. Cristo vuole la nostra santità. Una volta, 2.000
anni fa, cercarono di fermare
il Vangelo con le catene e anche oggi in molti modi. Ma
anche la pioggia non deve
fermarci perché Cristo vive!».
Le celebrazioni per il centenario della chiesa (inaugurata il 26 agosto del 1900)
sono proseguite, dopo due
concerti spirituali e due conferenze con una mostra sulla
storia della Chiesa valdese in
Valle intitolata «Valdesi in
Valle d’Aosta. Percorsi di fede». L’inaugurazione, avvenuta il 7 luglio, ha visto la
partecipazione di cinquanta
persone; molti evangelici,
valdesi e di altre denominazioni, nonché molti amici
cattolici: tra gli ospiti c’era la
signora Berta Subilia e il pastore Gino Conte; tutti hanno apprezzato sia la mostra
sia il video. La signora Subilia e il pastore Conte, in particolare, hanno espresso il loro apprezzamento aspettando di partecipare anche
all’inaugurazione che sarebbe avvenuta a Courmayeur il
6 agosto.
Oltre alla mostra, per tutto
il tempo dell’apertura è stato
in funzione un «documentario-video» che illustrava le
tappe indicate dal percorso
della mostra stessa. Il video è
stato realizzato dal regista
Patrizio Vichi su testi e ricerche di Sandro Di Tommaso.
La chiesa è rimasta aperta sabato 8 e domenica 9 luglio,
dalle 17 alle 19,30. Molte persone hanno visitato la mostra, soffermandosi con interesse a seguire il video e spesso discorrendo con chi era
incaricato di tenere il locale
aperto. Nella seconda metà
di luglio la chiesa è stata
aperta tutti i fine settimana.
La mostra, trasportata nella
chiesa di Courmayeur, dove è
avvenuta l’inaugurazione domenica 6 agosto, vi è rimasta
fino al 15 agosto, con apertu
de'
ra nei gior
14 e 15. N.
mayeur è
ta, con la
fratelli aw
mostra sul
delTinaugi
senti una
sone. La
attendeva
ra della
mayeur,
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comunità
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ra e con 1
cazione
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culto ha
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Subilia.
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Vangelo
e dalla C
sta, i cui
pastore
il cappu^i
ne. Per
pella di
na; molti
sta, alcu
altre loci
state oggetto di qualche intervento, ma non hanno assolutamente scalfito o minimamente avvelenato l’atmosfera di gioia, di comunione e
di piacevolezza dello stare insieme in armonia. Anzi, è emersa forte un’autocritica a
proposito del «complesso eli
superiorità» da parte cattolica che acceca la vista e blocca l’azione, che non dà sentore di quanto accade e di
quanto cambia intorno.
Infine, l’invito di don Vincenzo, che ora è in Brasile, a
continuare ad essere ciò che
siamo, mantenendo ognuno
l’autenticità e la specificità
proprie. A fine serata, dopo
uno scambio di doni, c’è stato ancora un momento di
condivisione con il buffet nei
locali sottostanti. Le Piccole
sorelle saranno anche a Taranto e a Grottaglie e, così
come all’aeroporto di Gioia
del Colle, pregheranno per la
pace portando con loro il
motto «Nonviolenza: tra il già
e il non ancora».
Il pastore Nunzio Loiudice
la Chiesa valdese di Aosta
io della chiesa
■ni 8, 10, 11, 12, 13,
Iella chiesa di Courlitata anche allesticollaborazione dei
entisti, una piccola
il la Bibbia. Il giorno
¡orazione erano prequindicina di persignora Subilia, che
con ansia l’apertumostra a Cour1 31 luglio è stata
dal Signore da quela patria celeste. La
, stretta attorno ai
agli amici, tra cui il
nte, con la preghieascolto della predili pastore Marchet;o ancora ricordarla
predicazione di
one della mostra: il
e locale, Sandro Di
che ha tenuto il
itto una lettura della
irta in cui lei aveva
speranza di essere
quell’evento che le
la sua vita e il suo
in Valle d’Aosta acino marito, il pastore
.1 culto è seguito un
preparato dalle so■;der, i partecipanti si
iati in chiesa sia per
mostra sia per un
aterno.
lica 13 agosto, semi^mbito della mostra,
una tavola rotonda
(Valdo e Francesco:
lenti all’ascolto del
organizzata dal Sae
hiesa valdese di Aorelatori sono stati il
Ruggero Marchetti e
:cino Oreste Fabbro1^ circostanza la capCourmayeur era pieerano giunti da Aomi da La Thuile o da
:alità della Valle. Il di
la
ile
Bs
la
la
battito che è seguito è stato
caratterizzato da spirito ecumenico e da un sincero desiderio di conoscere il significato profondo delle scelte e
delle divergenti soluzioni di
Francesco d’Assisi e Valdo di
Lione di fronte aU’appello
evangelico.
Tornando alla mostra, sebbene non tutti i visitatori abbiano firmato l’apposito registro, sommando però il numero di firme e le altre presenze segnalate dalle sorelle
e dai fratelli che curavano
l’accoglienza durante le circa
cinquanta ore di esposizione, abbiamo calcolato un
numero di circa 400 -visitatori. La cifra per la nostra realtà
è senza dubbio soddisfacente, ma ciò che più conta è
stato il dialogo intrapreso
con molte persone che si sono dimostrate interessate.
Occorre infine non solo segnalare ma ringraziare le
persone che si sono prestate
a fare i turni per tenere aperte le chiese; Patrick Barmasse, Lilia Comba, Camilla Giuliano, Sandro Di Tommaso,
Oriana Henriet, Ruggero
Marchetti, Vanda Monaya,
Giselda Nicoletta, Rosella
Resburgo, Patrizio Vichi.
Il 5 novembre prossimo la
chiesa di Aosta terrà la commemorazione ufficiale del
centenario dell’apertura del
locale di culto, invitando i
conduttori che hanno servito
la chiesa in passato, le chiese
del circuito e quelle di Losanna e Ginevra. Per ora diciamo solo che al pomeriggio
ci sarà un concerto della corale valdese di Torino; i canti
saranno intercalati da commenti del pastore Giorgio
Tourn. (sdt)
12
PAG. 8 RIFORMA
Vita Delle Chiese
VENERDÌ 20
S«j» «.ESDI
Un viaggio organizzato dalla Commissione sinodale per la diaconia
Là diaconia in Carinzia e Croazia
La diaconia evangelica in Austria ha una lunga tradizione ed è organizzata molto bene
mentre quella croata è iniziata di recente, in una situazione di guerra e di risorse limitate
La diaconia protestante italiana è andata a visitare le realtà
diaconali della Carinzia e della Croazia. È stato un viaggio importante per quanto abbiamo potuto vedere, capire e sentire: ci
ha molto colpito la differenza tra il benessere che si respira
ovunque nell'ordinatissima Carinzia e la povertà dei terrUori
della Slovenia, che abbiamo attraversato, e della Croazià. La
diaconia austriaca è molto bene organizzata e, per quanto riguarda la Carinzia, concentrata massicciamente in due località;
per contro, la diaconia evangelica croata è iniziata da pochi anni in una situazione di guerra e di povertà.
CARLA BEUX
La diaconia evangelica in
Carinzia è sorta per iniziativa di alcuni personaggi nel
secolo scorso: una nobildonna molto ricca che donò alla
chiesa un’intera valle affinché
vi si svolgessero iniziative
diaconali che prendono il nome di Stifìung de la Tour e un
pastore che raccolse hambini
orfani in casa sua, iniziando
in questo modo la diaconia
che dalla località dove sorge
ha preso U nome di Waiern.
La diaconia croata è sorta da
pochi anni per accogliere
bambini orfani o soli e non
ha molti mezzi. Colpisce, al di
là delle differenti situazioni
anche economiche, l’analogia
dell’inizio di alcune attività
diaconali in Austria, in Croazia e in Italia, rivolte ai bambini. È stato anche un viaggio
di conoscenza della chiesa
austriaca: abbiamo incontrato pastori, diaconi e il presidente della diaconia austriaca; della chiesa di Trieste, dove la comunità ci ha accolti in
modo stupendo e il cui pastore ci ha accompagnati in visita alla piccola diaconia evangelica croata; di Abbazia, luo
go stupendo della costa croata dove sorge un piccolo tempio valdese. Ed è stato anche
un viaggio alla ricerca di persone e di memorie.
Di questo viaggio conservo
vivida la memoria di tre donne, di tre storie diverse: una
vive in Croazia, a Rovigno.
Città di mare, luogo turistico
con una splendida architettura, selciati di pietra bianca regolare, un porto molto frequentato. Qui abbiamo incontrato Èva, direttrice del
Centro Gaza, un centro di
aiuto ai bambini abbandonati
o con famiglie inadeguate. In
una casa semplice e comoda,
vivono otto bambini di età
compresa fra i 3 e gli 8 anni,
affidati a una coppia di adulti
che già hanno figli propri e
crescono insieme come in
una famiglia normale un po’
più «ampia». Èva e suo marito
hanno avviato questo centro
nel 1993 insieme ai loro figli,
quando hanno raccolto per
strada alcuni piccoli che da
giorni si aggiravano nei dintorni, probabilmente orfani a
causa della guerra. A questi
bimbi se ne sono aggiunti altri; Èva con la madre e la sorella Lenka hanno allora deci
Alcuni bambini ospiti dei Centro di Rovigno
so di donare la loro casa per
l’opera di aiuto a questi bambini e hanno costituito il Centro Gaza, che ha continuato a
sopravvivere con l’aiuto della
Chiesa evangelica della Croazia, di quelle valdese e metodista di Trieste, con doni e
aiuti provenienti da molte
parti; in un secondo momento lo stato ha impostato una
forma di convenzione. Gra
esistono altri due gruppi famiglia, uno a Krnica che ospita i ragazzi diventati troppo
grandi per la casa di Rovigno,
e uno a Fola. Èva è sorridente,
lieta del lavoro che svolge,
consapevole di dover sempre
di nuovo reimpostare il tutto,
a seconda delle situazioni
contingenti.
L’altra donna si chiama
Anna e vive ad Abbazia. L’abbiamo incontrata nella stupenda chiesa luterana, e ora
valdese, dove ci siamo recati
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Omtrta valida fino ai 3l dicembre 2000, salvo esaurimento scorte
in cerca di luoghi e di memorie; avevamo con noi Sauro
Goliardi, nativo di Fiume e
costretto all’esilio quando la
sua città è diventata croata.
Anna e suo marito Aldo sono
i custodi della chiesa e della
memoria della comunità valdese di allora. Carlo Gay è
stato l’ultimo pastore valdese
di Abbazia e suo figlio Paolo,
membro della nostra comitiva, ha potuto salutare nel
piccolo tempio il pastore tedesco luterano che subentrò
al padre, per poi essere rimandato egli pure in Germania nel dopoguerra. Si sono
incontrati Paolo, Sauro, il pastore tedesco, Anna e suo
marito Aldo quasi per caso,
nello stesso momento all’interno del piccolo tempio. Anna è l’anima di questa storia
con il suo entusiasmo, la sua
fede, la sua allegria. Anna ha
conservato allegria, fede,
speranza, anche se con il marito ha attraversato dei momenti molto difficili, di vera e
propria persecuzione.
La terza donna l’abbiamo
incontrata in Austria. Si chiama Renate. È una donna minuta che lavora con altri quasi
300 colleghi nella diaconia di
Waiern dove sono presenti
case per handicappati adulti,
atelier, ospedali, case per anziani, case per ragazzi, case
per studenti, una foresteria,
un ospedale e un hospice. Renate, psicoioga, è una personcina minuta che con un entusiasmo travolgente ci ha portati alla conoscenza del lavoro
con i malati terminali che essa svolge presso l’hospice di
Waiern. Colpita ella stessa anni fa da un gravissimo male, è
passata attraverso tutte le fasi
della malattia, ha conosciuto
la disperazione, la solitudine
ma anche la solidarietà e l’affetto; è poi guarita e ha deciso
di trasferire la sua esperienza
per alleviare gli ultimi tempi
delle persone senza più speranza di guarigione.
11 movimento hospice ha
avuto inizio in Inghilterra nel
1967 e dal 1997 la Chiesa
evangelica austriaca ha costruito all’interno dell’ospedale un luogo di accoglienza e
di cura per questi malati e
contemporaneamente si è attrezzata anche per la cura domiciliare. Molte energie vengono dedicata alla formazione del personale e del volontari i quali debbono aiutare il
malato e la sua famiglia ad affrontare con una attitudine
positiva la morte. Renate ci ha
detto di aver capito quanto la
vita sia bella proprio nel momento in cui pensava di dover
morire; da allora cerca di comunicare questa scoperta a
coloro che si trovano nella
stessa situazione; ci ha condotti a riflettere sull’ascolto
delle persone, sul rispetto loro
dovuto, sul dire sempre la verità al malato e alla famiglia.
Chiesa battista di Casorate Primo
Le «cellule» per
parlare al territorio
BRUNO COLOMBU
UN inno comunemente
cantato nelle comunità
battiste dice; «Racconta ad altri ancora cos’è (chi è) Gesù
per te...»; rendere testimonianza fedele dell’intervento
dello Spirito nella vita delle
donne e degli uomini, raccontare la salvezza donata da
Gesù nei piccoli gruppi familiari ad amici e conoscenti è
un impegno categorico che
giunge a ogni credente dal
Vangelo. La Chiesa battista di
Casorate Primo ha dunque
intrapreso in alcuni centri in
cui abitano famiglie della comunità, dall’inizio dell’anno,
un preciso e forte impegno
evangelistico, sostenuto da
riunioni di preghiera e da una
«Commissione per l’evangelizzazione permanente».
Abbiamo adottato il sistema delle «cellule», di antica
pratica wesleyana, ammodernato in modo da rispondere
alle persone con le quali entriamo in contatto. In questo
cammino ci stiamo servendo
del contributo specifico del
Dipartimento di evangelizzazione dell’Ucebi, e quindi del
past. Carmine Bianchi, del
missionario Gerald G’ Flaherty, di Carlo Leila per il canto, ed è previsto anche il contributo che potrà venire da altri ambienti evangelici.
L’impegno evangelistico
sta diventando sempre più
comunitario, si è esteso da
una a quattro cellule, e con il
nuovo anno ecclesiastico a
cinque. Per diversi anni in
casa della famiglia Abbiati, a
Santa Corinna, il fratelloi
turo e la moglie Lesley hj
Ui
Dato^
no svolto un lavoro di
evaj
gelizzazione eccezional
spesso anche tra tantey
comprensioni e ostacoli, i
ha arricchito la chiesa dio
sorate di membri validi jj
credenti, uomini, donne
alcune famiglie, realmem
convertiti al Signore.
Da quell’unica cellula
mo passati a cinque, a;|
gevano, Noviglio, Motta|
sconti (che inizierà quejj
mese), Binasco e Corsico.i)
di queste cellule sono vicini
sime alla «chiesa madre», j
tre due (Vigevano e Corsici
più distanti. Sulla primaj
queste ultime due vegliai
puntare per la formazione!
un gruppo prima e dim
chiesa poi, dal momento lì
a Vigevano risiedono menili
della comunità casoratesei
che la città (oltre 70.000al)i
tanti) è fulcro attorno alqm
le gira tutta la Lomellinn
primi frutti, le prime bene!
zioni del Signore di quest
impegno evangelistico sii
cominciano a vedere: il m|
sionario G’ Flaherty, in un*
minario di tre serate (28-1
settembre), ci ha dato il su
validissimo contributo!
esperienza e di preparazioi
all’evangelizzazione, allacit
scita della comunitàei
possibile formazione di à
chiese attraverso le celli
La comunità battista di Ca»
rate Primo sente conmol
urgenza la necessità di aera
tare la sfida del «grande mi
dato» missionario affìdatol
Gesù a ogni credente.
HU
Chiese battiste del Napoletano
Culto di ringraziamento
a Monteforte Irpino
MARIA LORUSSO
Le chiese dell’Associazione
battista del Napoletano
(Aben) si sono ritrovate il 23
settembre a Monteforte Irpino (Av) per un culto di lode e
di ringraziamento al Signore
per il lavoro svolto dall’Associazione nel precedente anno ecclesiastico. All’incontro
erano presenti circa una settantina di fratelli e sorelle
delle comunità battiste di
Fuorigrotta, Casavatore, di
Arzano, Torre Annunziata,
Monteruscello, Pozzuoli e
Napoli via Foria. Per l’occasiofle è stato invitato il pastore Sergio Tattoli. Tema della
predicazione: la consacrazione. 11 pastore Tattoli, a partire da alcuni testi biblici ha
sottolineato l’importanza
della chiamata che Dio rivolge ad ognuno di noi. Al ((vieni» di Dio fa seguito il «va’»
dell’annuncio gioioso della
sua grazia. E questa gioiosa
testimonianza implica, pei
il servizio che i credenti sol
chiamati a rendere al prosi
mo e soprattutto a col®
che vivono particolari siti»
zioni di disagio.
11 momento della Santa!)
na ha coinvolto i presentì
modo profondo; essahani
presentato un momento p*
ticolare in cui il sentirsi «u®
in Cristo diventa, per le ctì
se, l’aspetto qualificante®
fede che insieme si prole®
Considerevole la prese®*
giovani che hanno animi
con i loro canti il culto. Dof
il pranzo condiviso coni®
agape fraterna c’è stato
conclusione dell’incontroij
cora un momento piaoew
di canti e preghiere. DeP
tensa giornata trascorsa»
sieme ognuno porta con »
consapevolezza che si®
momenti comunitari po»
no edificare il proprio po^
so di fede. L’appuntamento
per l’anno prossimo.
(Per maggiori informazioni
sulVhospice o sul Centro Gaza rivolgersi alla segreteria della Csd,
tei 0121-953 ¡22).
m m CRONACHE DELLE CHIESE
ANGROGNA — L’assemblea di chiesa di 8 ottobre ha eletto'
nuovo membro del Concistoro nella persona di Fr^
Chauvle e ha confermato nel suo incarico l’anziano
T AGI
ijvari
per la p:
na coro
sendo s
teinbre
seppe I
presenJ
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store. I
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L^nauvie e iia cuiiuiniicuu nei auu i «1*^.*«**- ^
berte Gaydou, che aveva terminato il primo quinqueff'
. . . *^ » _ _?______________________________
Mentre augura al nuovo anziano un servizio benedetta
Signore, la comunità esprime la sua riconoscenza a A
no Chauvie per l’impegno di tanti anni, che egli
in particolare nella custodia del museo degli Odin-Be
nell’accompagnamento dei visitatori, oltre che j
stione del cimitero del capoluogo. La stessa asseinbie
udito una sintetica relazione sui lavori del Sinodo daPj
delle persone che, a vario titolo, vi hanno partecipai '
deputata eletta, Miriam Pisani, il pastore e la presHi
del Concistoro, entrambi membri della Commis®'
d’esame, e la delegata del primo distretto. Franca Co'S
hanno permesso un dibattito animato, concentrât
prattutto sul futuro della Csd e degli ospedali delle Val ■
RORÀ — Mercoledì 11 hanno avuto luogo i funerali di Ei^
n:.TI Ko Clll \7iirCPttn di l ^ .
no Rivoira. 11 pastore ha predicato sul versetto di P.
l’amore non verrà mai meno. Ai familiari la comunità .
ra rivolge una parola di consolazione e fiducia in Ges
sto che è morto e risuscitato per noi.
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Vita Delle Chiese
PAG. 9 RIFORMA
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Ito
Da quasi 90 anni è attiva e vivace la presenza battista a Chiavari e nel Tigullio
Un'esperienza di «Essere chiesa insieme»
Oato lo rilevante presenza di sudamericani nella zona, è stato deciso di dar vita a un servizio
per queste persone, sempre più attive nella chiesa: ora ci sono i primi battesimi
AGENDA
20 ottobre
____aANCO SCARAMUCCIA
La Chiesa battista di Chiavari ha quasi novant’anni:
nerla precisione ne ha appena compiuti ottantotto essendo stata fondata il 22 settembre 1912 in casa di Giuseppe Leone Garbarino alla
resenza di Giovanni Arbanasich che ne fu il primo pastore. Come molte chiese
evangeliche italiane l’età media è piuttosto alta, i giovani
latitano, i bambini praticamente non esistono. Per la
verità i membri sono molto
attivi, generosi, impegnati
ma sono pochi e la situazione
è statica, la presenza sul territorio è ridotta, manca il ricambio generazionale.
Poi, nel 1999, il Consiglio di
chiesa, rendendosi conto che
la zona del Tigullio vede una
presenza molto alta di sudaWicani che vi lavorano (sono il 33% degli immigrati in
regola con il permesso di soggiorno, assai più del 50% se si
considerano anche gli irregolari») e che qualcuno di loro
ogni tanto si affaccia timidamente alla sala di culto, decide di impegnarsi a rendere un
servizio a queste persone, con
l’aiuto del fratello Tito Figueroa abitante a Genova, il cui
impegno viene concordato
con la chiesa di appartenenza. Si comincia con manifestini e inviti personali prima per
un culto bilingue al mese, poi
ogni quindici giorni. La cosa
pian piano prende piede e i
sudamericani cominciano a
venire in chiesa in numero
crescente e con sempre maggior frequenza: alcuni sono
credenti già battezzati nel loro paese, alcuni sono simpatizzanti, altri mettono piede per la prima volta in una
chiesa evangelica.
È passato poco più di un
anno dall’inizio dell’esperimento e la chiesa di Chiavari
è completamente cambiata:
ricordiamo di avere letto
qualcosa di simile in una cronaca della Chiesa valdese di
Brescia pubblicata su Riforma
qualche tempo fa. Abbiamo
nuovamente una scuola domenicale (sette bambine, di
cui una italiana), ci sono finalmente parecchi giovani,
che fanno sentire la loro gioia
e che riempiono il cuore dei
meno giovani con le loro risa
e il loro slancio, c’è una riunione di catecumenato. Oltre
nlle consuete riunioni, ci sono
culti bilingue e culti in spagnolo (con la predicazione in
■tdiano da parte del pastore),
c è uno studio biblico appositamente per il gruppo sudamericano (in orario adatto per
'loro impegni di lavoro),
simo.
Il pastore Scaramuccia con I battezzandi
nazionalità in maniera separata ma stiamo tentando
quello che l’Unione battista
suggerisce alle sue chiese con
il nome di «sviluppo interculturale» o «multiculturale». In
pratica le riunioni vengono
fatte in comune, sia pure nel
rispetto delle specificità di
ciascuna nazionalità (per cui
sono previsti culti in italiano e
culti in spagnolo ma a fianco
e non sostitutivi delle attività
comuni). Sappiamo che è una
strada non facile da praticare
ma è nostra intenzione insistere, con l’aiuto del Signore:
tante reciproche diffidenze
sono difficili da superare ma
intanto molti luoghi comuni
sono già caduti (per esempio,
che gli evangelici sudamericani sono tutti pentecostali).
Domenica 24 settembre so
no stati celebrati 5 battesimi:
Marybel, Jessica, Leticia, Monica e Jonathan (tre pemviani
e due ecuadoriani) hanno dato la loro testimonianza di fede nel locale affollatissimo di
sudamericani e italiani. Di loro quattro erano già in contatto con chiese evangeliche
nel loro paese ma Marybel ha
conosciuto TEvangelo a Chiavari tramite la comunità locale. Come è logico, è stato un
momento di festa e di grande
ringraziamento al Signore
che ci permette nella sua grazia di cogliere i primi frutti
del lavoro. Al momento altre
due persone (di cui una italiana) hanno chiesto di essere
battezzate ma ci aspettiamo
che il Signore chiami anche
altre e altri a fare questo passo. La festa è continuata tutto
il giorno, prima con un’agape
e poi con canti e lodi al Signore che ci hanno impegnato fino a tardi pomeriggio.
Ovviamente l’intenzione è di
continuare nella strada intrapresa: adesso stiamo anche
pensando a iniziative di evangelizzazione pubblica.
Senza farci troppe illusioni
ma sempre contando sul
consiglio di Dio, a quasi novant’anni per la nostra chiesa
si apre una nuova prospettiva
di lavoro. Naturalmente il
servizio che rendiamo non si
limita al solo aspetto ecclesiastico: facciamo anche, nei
limiti del nostro possibile,
aiuto concreto di prima accoglienza quando se ne presenta il bisogno, attività di consulenza e pensiamo alla possibilità di aprire una scuola di
prima (il «mercato» chiede
un buon uso della lin^a italiana per trovare un impiego). Siamo pochi ma i sudamericani che sono già da
tempo in Italia sono in grado
di aiutarci in qualcuno di
questi aspetti diaconali dell’impegno della chiesa. Non
ci poniamo grandi traguardi:
vorremmo soltanto risultare
accoglienti fornendo a queste
persone cosi lontane dalla loro patria un ambiente ospitàle e disponibile, in cui possano sentirsi come a casa loro.
E ci pare che finora, a partire
dalla condivisione dell’Evangelo, in qualche modo per la
grazia di Dio ci siamo riusciti.
Da 6 all’8 ottobre al Villaggio della Gioventù a Santa Severa
Un campo formazione sulla comunicazione
ALBERTO SIDDU
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CON una tre giorni «full
immersion» si è svolto il
secondo campo «Formazione
staff» al Villaggio della gioventù di Santa Severa. Dopo il
campo dello scorso anno sulle
dinamiche interne ed esterne
allo staff, quello di quest’anno
ha proposto ai partecipanti
alcuni momenti di riflessione
sui «Sistemi di comunicazione, l’esposizione, le plenarie,
con la gestione dei momenti
di confronto e decisionali».
Ancora una volta c’è stato un
buon numero di presenze,
maggiore rispetto allo scorso
anno, indice che la sperimentazione dei corsi per la forma
zione dello staff di campo è
un problema sentito. Alta è
stata la partecipazione dei
giovani delle nostre chiese attenti al lavoro di gruppo.
Gli incontri sono stati supportati da ospiti esterni quali
il prof. Angelo Cassano, che
ha parlato delle «tecniche e
dinamiche psicologiche della
comunicazione», e la dott. Patrizia Margiotta, che ha relazionato sulla «risoluzione del
conflitto». Queste relazioni
hanno permesso di confrontarsi sui motivi scatenanti
dell’incomprensione senza la
presenza di una vera comunicazione. Oltre la comunicazione verbale, è stato interessante conoscere ciò che tra
smette il linguaggio del corpo.
Il campo, ben articolato nel
suo programma, ha offerto
oltre alla «torta» degli interventi di studio, anche la «ciliegina» del sabato sera con la
presenza di un animatore
che ha reso allegra, festosa,
musicede, ma allo stesso tempo di apprendimento, la serata. Anch’egli ha dato il suo
contributo, con alcuni esempi, di momenti di animazione per l’intrattenimento nelle
serate durante i campi estivi.
Ringraziamo il Signore per
l’opportunità di crescita, avuta in questo campo, e... in
bocca al lupo agli staff che
andranno a formarsi per i
prossimi campi estivi.
:ia m '
Per godersi i privilegi della terza età
i i Vivere bene la vita fa
stare meglio 99
Quando i miei pazienti mi chiedono consigli per
vivere la loro terza età in modo indipendente, io
suggerisco sempre una soluzione residenziale.
Una villa in una località tranquilla con un ampio
parco dove fare belle passerete.
Una residenza dove si mantengono le proprie
37^n? abitudini ma, si può contare su assistenza e servizi;
meS dove ci sono spazi per la vita in cornune, dove si
possono ricevere visite, con la massima libertà.
Quando i miei pazienti mi chiedono un indirizzo,
io non ho dubbi: La Residenza di Malnate perchè
so per esperienza che è la scelta giusta.
UDINE_____Alle ore 18, al Centro culturale evangelico «G.
Gandolfo» (piazza D’Annunzio 9), si inaugura la mostra sulla
Chiesa evangelica metodista di Udine dal 1917 al 1973. Presenta l’ingegner Paolo Grillo.
MANTOVA — Alle 18, al Conservatorio, l’organista Gianluca
Capuano presenta la Cantata Bwv 61 e 62 di J. S. Bach.
21 ottobre
FIRENZE — Alle ore 17, al Centro culturale protestante (via
Manzoni 19/A), si tiene un incontro su: «Chiese e massoneria: dialettica e controversia» con Guglielmo Adilardi, Paolo
Bagnoli, Augusto Comba, Delfo Del Bino, Marco Ricca. Verranno presentati i recenti libri di D. Del Bino e A. Comba.
22 ottobre
MONTEFORTE IRPINO — A partire dalle 10, al Villaggio
evangelico si tiene il convegno «Rilanciare Monteforte».
23 ottobre
TRIESTE — Alle 18 a Villa Prinz (Salita di Gretta 38), il Gruppo ecumenico organizza una conferenza del prof. Rinaldo
Fabris sul tema: «Il Vangelo di Paolo-La lettera ai Romani».
MILANO — Alle 18,15, in piazza San Fedele 4, il Sae organizI za il primo incontro della serie «Legge e grazia nella Bibbia e
i nelle tradizioni cristiane». Gioachino Pistone parla sul tema:
I «Legge e grazia nell’epistolario paolino».
24 ottobre
VENEZIA — Alle 16, a Palazzo Cavagnis, il Centro culturale
omonimo e la Società italiana per gli studi kierkegaardiani
organizzano una presentazione del libro di Giorgio Agamben
«Il tempo che resta. Un commento alla lettera ai Romani».
Intervengono Giandomenico Cova, Michele Ranchetti, Sergio
Tagliacozzo. Presente l’autore, presiede Franco Macchi.
BOLOGNA — Alle 20,45, alla chiesa metodista (via Venezian
3), il prof. Rinaldo Fabris parla su: «A confronto con un testo
controverso del Nuovo Testamento: Giacomo» a inizio del ciclo del Sae e del Corso di formazione teologica a distanza.
TORINO — Alle ore 16,30, nell’Aula magna del Politecnico
(corso Duca degli Abruzzi 24), si tiene un incontro suU’auteriticità della Sindone a cui intervengono Luigi Garlaschelli, Luigi Gonella, Antonio Lombatti e Carlo Papini.
26 ottobre |
TRIESTE — Alle 17,30, in piazza San Silvestro 1, a conclusione del ciclo «Frontiere dell’etica oggi», la prof. Gilda Manganaro Favaretto parla sul tema: «Guerre giuste oggi?».
GENOVA —Alle ore 17,30, nella Biblioteca della Società di
letture scientifiche (Palazzo Ducale, piazza De Ferrari), per il
ciclo del Sae su «Il dono della Legge e la libertà nello Spirito»,
il prof. Paolo De Benedetti parla su: «Il dono della Torah».
27 ottobre
MANTOVA —Alle 21, nella chiesa di Santa Maria del Gradare, gli allievi del Conservatorio «L. Campiani» eseguono la
«Passione secondo Giovanni» di Johann Sebastian Bach.
BERGAMO —Alle orel7,30, al Centro culturale protestante
(via Tasso 55), per il ciclo sulla «Spiritualità del nostro tempo», Giampiero Comolli parla sul tema: «I nuovi movimenti
spirituali: lo scenario».
UDINE — Alle 18, nella sala della chiesa metodista (piazza
D’Annunzio 9), il past. Giorgio Bouchard parla sul tema:
«Protestanti e libertà, tra fascismo e Resistenza».
SONDRIO — Alle 21, al Centro evangelico di cultura, il prof.
Mario Declich e U past. Alfredo Berlendis dialogano sul tema:
«Fede, miracoli, guarigioni».
GENOVA —Alle 17, nella sala della Biblioteca universitaria
(via Balbi 3), il Centro culturale valdese e la Fondazione «Mario Novaro» organizzano un incontro sul tema: «Incontrare
l’altro: la difficoltà di comunicare nella Babele dei linguaggi».
Intervengono Adriano Bertolini, Maria Novaro, Marco Sciaccaluga, Rina Lidia Caponetto, autrice del libro «I miei confini
erano altrove» che Sctrà presentato nel corso dell’incontro.
28 ottobre
MILANO — Alle 17, nella sala attigua alla libreria Claudiana
(via Sforza 12/a), il Centro culturale protestante organizza
una conferenza del prof. E. Campi su: «Pietro Martire Vermigli
(1499-1562): influenze europee di un riformatore italiano».
MILANO — Con orario 10-12,30 e 14,15-16,30, nella sala della
libreria Claudiana, il past. Fulvio Ferrario conduce la prima
di tre giornate teologiche sul tema: «“Vorrei imparare a credere”: la teologia di Dietrich Bonhoeffer». L’incontro costituisce credito didattico per gli studenti del Corso a distanza della Facoltà valdese di teologia.
BARI —Alla chiesa valdese (c.so Vittorio Emanuele II 138),
alle ore 18, il past. Lorenzo Scornaienchi tiene una conferenza sul tema: «Nokolaus Ludwig, Graf von Zinzendorf: nuova
prassi di vita cristiana e “pietà del cuore”».
BRESCIA — Alle ore 15, nella chiesa valdese (via Dei Mille 4),
si tiene in occasione della Domenica della Riforma una tavola rotonda sul tema: «Perché l’Italia ha bisogno del protestantesimo?». Intervengono i pastori Salvatore Ricciardi, Lidia
Maggi e Gianmaria Grimaldi.
AVVERTENZA: i programmi relativi a questa rubrica vanito
inoltrati 15 giorni prima del venerdì di uscita del settimanale.
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14
PAG. 10 RIFORMA
Commenti
venerdì 20 OTT^^^fPDl 20
I LAVORATORI
DEL PETROLIO
ANNEMARIE DUPRÉ
Lo scandalo della
manodopera
straniera che lavora
senza diritti per i
signori del petrolio
In questi giorni si parla tanto
del prezzo del petrolio. Siamo
preoccupati perché viene messo
a rischio il nostro benessere. Il
mondo industrializzato teme il
potere economico dei paesi
produttori di petrolio, in particolare i potenti paesi del Golfo.
In un momento di preoccupazione economica e tensione politica potrebbe sembrare poco
diplomatico toccare un tema
molto delicato, che coivolge però
migliaia di persone. Parlo di
quegli uomini che nei paesi dei
Golfo lavorano con le loro mani
per estrarre questa materia prima che fa funzionare gran parte
del nostro apparato industriale.
La produzione
del greggio nei
paesi del Golfo
dipende infatti
quasi esclusivamente dalla manodopera straniera, le cui condizioni di vita
sono scandalose.
Questi uomini
vengono reclutati nei paesi più .....
poveri della terra, prevalentemente in Asia (dati statistici
parlano di ben 4 milioni di persone dall’India, 750.000 dalle Filippine, e alcune centinaia di migliaia dallo Sri Lanka e dall’Indonesia). Si tratta di «importazione» di forza lavoro trattata
come merce a basso prezzo.
Questi lavoratori devono firmare contratti vergognosi, spesso
estorti con l’inganno. Al loro arrivo, per esempio, in Arabia
Saudita di solito l’«importatore»
trattiene il passaporto di questi
lavoratori stranieri, che da quel
momento dipendono in tutto e
per tutto da lui o dalla persona a
cui sono stati «ceduti». Vengono
«importati» uomini per i lavori
di produzione del greggio, ma
anche donne per i lavori domestici nelle case dei ricchi proprietari o gestori dei pozzi. Gli
uomini vivono in campi, le donne vivono come schiave nelle case private. Di solito circa il 30%
del loro misero stipendio viene
trattenuto per vitto e alloggio.
Un altro terzo viene trattenuto
per pagare le spese di viaggio e i
servizi di mediazione deH’«importazione».
1 lavoratori stranieri sono negli Emirati arabi e in Qatar oltre
l’80% della popolazione di quei
paesi, in Kuwait il 60%, ma anche in Arabia Saudita dove in
percentuale sono di meno (il
40%) i lavoratori stranieri costituiscono comunque una consistente minoranza di oltre otto
sone non hanno diritti, viene applicata anche a loro la legge della
Sharia, anche quando non sono
musulmani o musulmani integralisti Migliaia di queste persone finiscono in prigione, ogni
giorno in tanti subiscono pene
corporali: frustrate, amputazioni di arti In Arabia Saudita avvengono ogni settimana in media due esecuzioni capitali: gli
uomini sono decapitati le donne lapidate. La maggior parte
delle vittime sono stranieri. Amnesty International ha denunciato questi fatti con un «Rapporto speciale 2000» per l’Arabia Saudita, dove la situazione è
peggiore che negli altri paesi. Il
fatto grave è che
tutto questo succede quasi in maniera indisturbata. I governi in
questione mantengono la massima segretezza
su tutta la situazione dei lavoratori stranieri. Perfino rOnu non osa denunciare gli
abusi nonostante sia in possesso di una documentazione attendibile e dettagliata. I governi
dei paesi industrializzati non ritengono opportuno intervenire
in particolare perché subiscono
una massiccia pressione da parte della lobby dei grandi della
produzione e della commercializzazione del petrolio.
Questa questione è stata sollevata nell’incontro del Consiglio
delle chiese del Medio Oriente
(Mecc) al Cairo dal 12 al 15 settembre sul lavoro con i migranti
e rifugiati Anche li si è parlato
con preoccupazione e ovvia riservatezza per non mettere in
pericolo gli operatori delle chiese che lavorano con mille difficoltà nei paesi del Golfo. Non in
Arabia Saudita dove non posso
no neppure entrare.
Le chiese del Mecc invitano
dunque tutte le chiese a prendere consapevolezza di questa
questione, che essi stessi nei loro paesi non possono denunciare. Chiedono di rendere visibile
la sofferenza dei lavoratori migranti nei paesi del Golfo, di
prendere coscienza che il nostro
benessere si basa anche sul lavoro di queste donne e questi
uomini che spesso sono trattati
come schiavi. Forse i nostri governi a livello nazionale e internazionale possono, lacerando per una volta il complice velo
del silenzio, fare almeno qualcosa sul piano della tutela dei diritti umani giornalmente violati
milioni di persone. Queste per- dai signori del petrolio.
REDAZIONE CENTRALE TORINO:
Via S. Pio V, 15 -10125 Torino, tei. 011/655278 - fax
Rifomma 011/657542 e-mail: reda2@rif0rma.it; REDAZIONE NAPOLI: Via Foria, 93 - 80137 Napoli - tei. 081/291185
L Eco U/iLl^jIl^LJ VuJMÙSI fax 081/291175, e-mail: ritorma.na@mbox.netway.it;
REDAZfONEPINEROLO:
Via dei Mille, 1 - 10064 Pinerolo, tei. 0121/371238
fax 0121/323831, e-mail: edipro@tpellice.it
DIRETTORE: Eugenio Bernardini. VICEDIRETTORE PER IL CENTRO-SUD; Anna
Maffei. IN REDAZIONE: Alberto Corsani, Marta D’Auria, Massimo Gnone, Jean-Jacques Peyronel, Davide Rosso, Piervaldo Rostan (coordinatore de L'eco delle valli)
Federica Tourn. COLLABORANO; Luca Benecchi, Alberto Bragaglia, Avernino Di
Croce, Paolo Fabbri, Fulvio Ferrarlo, Giuseppe Ficara, Pawel Gajewski, Giorgio Gardiol, Maurizio Girolami, Pasquale lacobino. Carmelina Maurizio, Luca Negro, Luisa
Nitti, Nicola Pantaleo, Emmanuele Paschetto, Gian Paolo Ricco, Fulvio Rocco, Marco Rostan, Mirella Scorsonelli, Florence Vinti, Raffaele Volpe.
DIRETTORA RESPONSABILE Al SENSI DI LEGGE. Piera Egidi.
REVISIONE EDITORIALE: Stello Armand-Hugon; GRAFICA: Pietro Romeo
AMMINISTRAZIONE; Ester Castangia; ABBONAMENTI: Daniela Actis.
STAMPA: La Ghisleriana s.n.c. Mondovi - tei. 0174-42590.
EDITORE: Edizioni Protestanti s.r.l. - via S. Pio V, 15 bis -10125Torino.
ABBONAMENTI sul c.c.p. n. 14548101 - intestato: Edizioni Protestanti (vedi sopra)
ordinario: L. 110.000; ridotto: L. 85.000; semestrale: L. 58.000;
ltali$ O* sostenitore: L. 200.000.
200.000; semestrale: L, 90.000;
P ^ ordinarlo: L. 175.000; v. aerea:
sSmO sostenitore: L. 250.000.
Tariffe inserzioni pubblicitarie: a modulo (42,5x38 mm, Riforma - 37x45 mm, L'Eco delle
valli valdesi) £ 30.000. Partecipazioni: mm/colonna £ 1.800. Economici: a parola £ 1.000.
La testata Riforma è registrata dal Tribunale di Pinerolo con il numero 176/51.
Rtforma-L’Eco delle valli valdesi è il nuovo titolo della testata
L'Eco delle valili valdesi registrata dal Tribunale di Pinerolo con il
n. 175/51 (modifiche registrateli 6 dicembrel 999).
Il numero 39 del 13 ottobre 2000 è stalo spedito daH'Ufficio CMP
Nord di Torino, via Cebrosa 5, mercoledì 11 ottobre 2000.
1998
Associato aHa
Union« stampa
periodica italiana
Ecumenismo e «Dominus Jesus»
Riaffermiamo la nostra
comune volontà di dialogo
Il Coordinamento ecumenico torinese «Insieme per
Graz», un gruppo formato da
cristiani appartenenti a confessioni diverse (cattolici,
evangelici e ortodossi), coglie
il documento DQminus Jesus
come occasione per riflettere
insieme sulle difficoltà e le
contraddizioni del cammino
ecumenico che riconosce
complesso e controverso. Le
dichiarazioni hanno provocato in noi sofferenza e perplessità di vario tipo soprattutto per i toni del testo, che
pur ricordando le affermazioni del Concilio Vaticano II sul
dialogo ecumenico, non tengono sufficientemente conto
delle esigenze di un dialogo
veramente fraterno e di quarant’anni di costruttivo ed irreversibile cammino ecumenico. Infatti la nostra esperienza ecumenica di fratelli e
sorelle in Cristo ci ha fatto vivere fino a oggi, momenti di
preghiera, di comunione e di
servizio rendendoci capaci di
accogliere, apprezzare, condividere i diversi doni di Dio
per noi e per le chiese; così
trasformati abbiamo «scoperto» la sua misericordia.
Nel suo cammino il Coordinamento ecumenico torinese «Insieme per Graz» ha
sperimentato questa fraternità in Cristo, soprattutto
nella preghiera ecumenica
mensile, nei momenti «forti»
di Natale, Pasqua e Pentecoste e anche in altri incontri
pubblici e privati. Anche se
non ci sentiamo in grado di
entrare nel merito di una valutazione teologica della Dominus Jesus, di fronte agli
echi negativi che il documen
to ha suscitato in noi, nelle
nostre comunità di appartenenza e nell’opinione pubblica, riaffermiamo la nostra comune volontà di continuare
il dialogo, «sperando contro
speranza» (Romani 4,18).
Per superare le difficoltà
del cammino ecumenico
chiediamo al Signore un supplemento d’amore, di quell’amore tra i cristiani e tra le
chiese, che porta a mettere
tutte le ricchezze in comune,
diventando ognuna dono alle altre senza timore di morire, per rinascere nuova nell’unità. Facciamo nostro
quanto detto dal pastore Paolo Ricca: «Il coraggio dell’ecumenismo non dipende dai
“sì” 0 dai “no” degli uomini
di chiesa, dipende dal “Sì”
della promessa di Dio. A questa noi guardiamo, è essa la
stella polare che orienta la
rotta della navicella ecumenica, e la fa avanzare».
Contando su questa promessa divina pregheremo ancora insieme perché si realizzi
l’unità delle chiese nella ricchezza delle diversità, annunceremo insieme il Vangelo di
Cristo, opereremo insieme
nella carità per la venuta del
Regno, dialogheremo fraternamente per superare ogni
divisione. «L’ecumenismo è
crocifisso», ha detto qualcuno, e proprio per questo vogliamo attingere dalla Croce,
radice del cammino ecumenico, la luce, la forza, la speranza per non fermarsi e trovare
la chiave di un ecumenismo
vivo in Cristo risorto.
Il Coordinamento
«Insieme per Graz»
Una visione della vita e della teologia
Convegno di studi su Giovanni Miegge
o cento anni dallo nascita
Facoltà valdese di teologia
Roma, IO novembre 20
Ore 9,30
Introduzione: prof. Ermanno Genre
Giovanni Miegge teologo ecumenico (prof. Paolo Piccai
Rileggere oggi «Per uno fede» (prof. Giuseppe Rug*
gerì, (Istituto di scienze religiose, Bologna; prof. Enrico
Romboidi, Università di Milano)
Segue dibattito
Ore 13 Pranzo alla Casa valdese
Ore 15,30
Introduzione (prof. Sergio Rostagno)
La rivalutazione del «finito» nel pensiero di Giovanni
Miegge (dr. Sara Saccomani, Università di Milano)
Segue dibattito
Pausa
Giovanni Miegge esegeta delle Scritture (prof. Bruno
Corsani)
Giovanni Miegge uomo di chiesa (prof. Claudio Tron)
Segue dibattito
Chiusura del convegno: ore 19
SUI GIORNALI
ilGfiornale
Neoclericalismo
In un editoriale dello scorso 23 settembre Massimo
Teodori prende di petto la
questione delle ingerenze
vaticane negli affari dello
stato a proposito di tematiche di attualità (dall’utilizzo
degli embrioni alle ultime
valutazioni sul Risorgimento e sull’immigrazione). «Da
laico e liberale - scrive - rispetto le opinioni che esponenti del mondo cattolico
manifestano sulle grandi
controversie con l’intento di
impartire direttive al popolo
dei credenti. La Chiesa ha
non solo il diritto ma anche
il dovere di promuovere
campagne di indottrinamento per i fedeli e di evangelizzazione della società».
E più avanti: «Di tutt’altro
segno è la pretesa di alcuni
settori anche ufficiali del
mondo cattolico di dettare
leggi valide per tutti, di delegittimare l’autorità pubblica quando non si adegua
ai precetti religiosi e di esercitare pressioni sullo stato
perché conformi il diritto alla sua morale. Che ci si sia
trovati in questa stagione di
fronte a una vera e propria
invadenza della Chiesa cattolica ai danni dello stato,
non è tanto l’impressione di
un laico quanto la constatazione della realtà».
Doppia coscienza
Umberto Galimberti, fiiQ
sofo e psicoanalista, rispoj’
de a una lettera indirizzata ji
magazine del martedì di «Hg,
pubblica» a proposito deuj
posizione ufficiale cattolicj
su pena di morte e guerra
giusta, entrambe tuttora am.
messe, seppure in casi partj.
colarissimi nell’ultimo Late,
chismo. Afferma dunque Ga"
Umberti: «La Chiesa cattolica
è solita procedere su due b|.
nari: il pulpito e il confessio,
naie. Dal pulpito si enunciano le regole e dal confessionaie si assolvono le deroghe
creando nel credente quelli
“doppia coscienza” percuisi
può fare quel che di per 5^
non si potrebbe fare. Tutti i
fenomeni di pentitismo; dai
brigatisti ai mafiosi, dai mafiosi ai corrotti, dai corrotti a
quelli che non pagano le tasse, viene [sic] da questa bel
educazione, che non troviamo ad esempio nei paesi
nordici a cultura protestante,
dove la coscienza di ciascuno deve vedersela direttamente con Dio, senza l’intetmediazione dell’assoluzione
del prete». Chiarito giustamente che le posizionii
istor:
Quasi og
sione e SUI
ijo e si l68i
menti che
ori eri
la del
me
si ve
ogni
volta
CORRIERE DELLA SERA
L'eredità di Dolcino
Nel riquadro «il libro del
giorno» che apre le pagine
culturali, Carlo Formenti
presenta (27 settembre) il
volume curato da Corrado
Mornese e lavo Burat (Fra
Dolcino e gli Apostolici tra
eresia, rivolta e roghi. EdDerive-Approdi)- «Le fiamme del rogo che quasi sette
secoli or sono (1307) - scrive
- posero fine alla "vita di fra
Dolcino (---) continuano ad
alimentare un mito rinsaldato, prima, dalle tradizioni
popolari della Valsesia e del
Biellese; poi, dalla trasfigurazione ad opera della sinistra. Una trasfigurazione
iniziata con l’immaginario
tardo ottocentesco del “Cristo socialista”, riscoperta
dalla Resistenza, rinverdita
da Dario Fo nel suo Mistero
buffo e infine riaffermata
con la costituzione (1974)
del Centro studi dolciniani
presso la Chiesa evangelica
valdese di Biella. A questa
tradizione si ispira l’ampia
raccolta di saggi e documenti che il Centro di studi dolciniani ha appena pubblicato. nel tentativo di dimostrare come le interpretazioni
“politiche” dell’eresia dolciniana non siano prive di
fondamento storico. Ma anche chi non condivide simili
tesi troverà in queste pagine
preziosi spunti di riflessione
sulle eresie “pauperiste” del
tardo Medioevo».
materia la Chiesa cattolica le
ha ereditate da una tradizione ormai vecchia. Galimbetti aggiunge; «Non potendo
smentire se stessa (...)b
Chiesa cattolica mantiene
queste posizioni nel suo catechismo che nessuno legge;
e poi le smentisce nella sue
predicazione e nella sua invocazione alla pace e all’abolizione della pena di morte,
che tutti ascoltano».
Jiator
Pena di morte
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una mia «1
rivista m'
nella quali
Acati mus
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teologia 1
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Fulvio Fei
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retta info
rettificar
inesatte:
malmeni
fondato
trarrebbi
Una conferma indiretta' servizio
viene dal primo numero (oh uonsolo
tobre) del mensile diretto di svMge 1
Luca Serafini. In una bellain- otturale
chiesta sulla pena di morte,:
una scheda sulle «prescriào-i
ni» della Chiesa cattolica, cl-'
tando il Catechismo del 1997:
«L’insegnamento tradizionale della Chiesa non esclude
(...) il ricorso alla penai
morte, quando questa to
l’unica via praticabile per difendere efficacemente dall
aggressore ingiusto la vitai jj ^
esseri umani», n. 2267, dice
che «Il Magistero affermala: giofnau
linfi
dis
..... a-------...
posizione che si e consolioa*
ta nella riflessione teologi®
liceità della pena di morte,*
ben precise condizioni,S“ diano//
piano astratto; illiceità!» yggjjg^
uno stato moderno che »»
tutti gli strumenti adegu® padelh
per far fronte alla criminal» chiese e
senza dover ricorrere a qu» abbia ir
sta estrema sanzione».
Neil
notizie evangeliche
protesta
in ques
che dav
e pesar
unachii
do al di:
dianodi
UANDO i nazisti arrestavano i comunisti, io
ho taciuto; io non ero affatto
comunista. Quando i nazisti
arrestavano i socialdemocratici, io ho taciuto: io non ero
per niente socialdemocratico;
quando i nazisti arrestavano i
sindacalisti, io non ho protestato: io non ero un sindacalista. Quando i nazisti vennero
ad arrestare me, non c’era più
nessuno per protestare».
Questa bella confessione è
stata scritta all’indomani della liberazione dal pastore luterano Martin Niemòller, uno
dei maggiori esponenti dell’opposizione di una parte
della chiesa luterana al regime di Hitler. Per questo aveva dovuto subire otto anni di
prigionia nei campi di sterminio. Eppure, alla liberazione non ebbe parole di rivendicazione, ma solo quel
i^-ukC'
' ;J1h !Ì] îiîïSHfrâ'
dei l.igiM i’ dei gulag,
lolle di liberazione. Non»®
no perché le famlghc>
scuole, le chiese hanno P
ra di ricordare che cosa e*
ta la dittatura in Europa-®
tempo quindi che quan
PIERO bensì
le di confessione sopra citate.
Da qualche anno serpeggia
in Europa una gran voglia di
dittatura; neppure molto segreta, particolarmente fra le
nuove generazioni. Ne abbiamo visto i segni in Germania,
in Austria, in certe zone d'Italia e ora anche nel Belgio, uno
dei paesi tradizionalmente
più liberali e democratici. La
debolezza di alcune democrazie europee, la moneta
unica che stenta a decollare.
l’aumento devastante della
criminalità organizzata, soprattutto quella legata alla
droga, alla prostituzione e al
bieco commercio di immigrati e di bambini, tutti questi e
altri mali, a cui fa riscontro la
lentezza e l’inadeguatezza
delle forze dell’ordine e della
magistratura, fanno crescere
la voglia di dittatura.
Si tratta di giovani che non
sanno nulla dei campi di
concentramento, della Shoà,
leuipu quiiiui Liic ^ , nd
noi portano ancora nel w
e nell’animo 1 segni diQ.
tempi calamitosi non M
parlino chiaro alle gì“
generazioni, finché c'é
po. La democrazia può
re lenta, scomoda e ta*
corrotta; ma dalla
qualunque nome essa p
non ci si libera se non c/*
sangue e la rovina. Jugo»
insegna. «Per noi - die
postolo - uno solo è il
re: Gesù Cristo».
un
(Rubrica «Un fatto, ■
mento» della trasmissioni
diouno «Culto evangdico»
ta dalla Fcei andata in ».
menica 15 ottobre)
15
PAG. Il RIFORMA
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I La coerenza
teologica
di J. s. Bach
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Quasi ogni giorno in televìcinneesuigiornalisiascolta
««1 leggono notizie e comjSti chfcontengono veri e
Sri errori riguardo alla
S del cristianesimo e in
nSicolare del protestantesiSi vorrebbe replicare
Rivolta, per un dovere di
?«retta informazione Dopo
aver rinunciato in molte occasioni, ho deciso di inviare
lina mia «precisazione» a una
Lsta musicale nazionale,
nella quale uno dei piu qualiLti musicologi italiani aveJa sostenuto che Bach per
aver musicato il testo del Credo si sarebbe distaccato dalla
oologia luterana e avrebbe
concepito un opera di imDianto cattolico- Ho spiegato
la coerenza teologica di Bach
e ho anche suggerito alcune
letture utili per tutti gli italiani che volessero approfondire
queste tematiche culturali ed
ecumeniche; ho proposto
perciò 1 libri Claudiana di
Fulvio Ferrarlo sul Credo e di
Gianni Long su Bachilo replicato al musicologo
perché sono stato stimolato
nel mio settore di competenza, la musica; ma il problema
della rettifica degli errori andrebbe affrontato più sistematicamente e curato da persone più qualificate di me in
materia di teologia- Spesso
queste precisazioni appaiono
su Riforma, ma sarebbe utile
esprimerle agli autori delle
notizie sbagliate e ai loro lettori. Dunque vorrei proporre
che le chiese evangeliche istituissero un servizio di «corretta informazione», al fine di
rettificare regolarmente ogni
inesattezza, scrivendo puntualmente ai giornali. Questo
servizio sarebbe necessario
non solo come testimonianza
evangelica, ma come dovere
culturale: e credo che anche
l’ecumenismo, in quanto
fondato sulla chiarezza, ne
trarrebbe vantaggio.
Nicola Sfredda
nicsfred@credit.tin.it
leu
eliche
■ Informazioni
distorte
H n. 35 del 15 settembre di
Riforma, nella rubrica «Sui
giornali» riportava un breve
stralcio di un’intervista di
Marcello Veneziani a Vittorio
Messori apparsa sul quotidiano Il Giornale (22 agosto).
Voglio vivamente sperare che
qualcuno del Servizio stampa della Federa.zione delle
evangeliche in Italia
abbia inviato una lettera di
protesta per quanto riportato
in questa intervista. Penso
ane davanti a tali menzogne
a pesanti offese vada data
®a chiara risposta, chiedendo al direttore di quel quotidiano di pubblicarla.
POSTA
Non credo che si debba
«passarci sopra» senza raccogliere la provocazione. Il
Giornale vende ogni giorno
qualche centinaio di migliaia
di copie, molti o alcuni lettori
di quella intervista si saranno
fatti degli evangelici, dì Lutero e di Calvino un’idea falsa,
non rispondente alla verità
storica. Questa forma dì denigrazione ricorda quanto
veniva scritto di Lutero e della Riforma da alcuni «storici»
cattolici di qualche secolo fa.
Nei testi scolastici italiani si
riporta poco o niente della
Riforma e spesso quel poco si
riduce a una pagina o due di
disinformazione. Il popolo
italiano non è mai stato informato sul pensiero della
Riforma, sui valori religiosi,
sociali e culturali apportati
da questa all’umanità. È necessario comunicare informazioni sane e non lasciar
passare menzogne storiche e
offese gratuite.
Bruno Colomba-Vigevano
Lecumenismo
s
da ora in poi
Molti credenti nell’ambito
nazionale e internazionale
sono rimasti sorpresi e amareggiati dopo la «Dichiarazione» del cardinale Ratzinger
intitolata Dominus Jesus. Si
pensava che nel clima ecumenico abbastanza consolidato dopo il Concilio Vaticano II, anche se con qualche
incrinatura, i rapporti con la
Chiesa cattolica sarebbero
stati soltanto tesi verso acquisizioni di nuove possibilità di
comunione. In effetti, lo studio del decreto De cecumenismo fatto al tempo della sua
promulgazione da parte di
Paolo VI ci faceva già allora
rimanere preoccupati per le
sue formulazioni complesse e
ambigue. Forse, in linea generale, negli ambienti delle
chiese della Riforma, si preferì scegliere l’interpretaziohe
dei documenti del Vaticano II
sotto l’aspetto possibilistico e
con molto irenismo, ci si intravedevano sogni di riforme
da parte della chiesa di Roma,
riforme che in realtà non erano avvenute e Ratzinger insieme al pontefice ce lo ha ricordato recentemente.
Il problema adesso è come
continuare il discorso ecumenico con l’ambiente cattolico. A me sembra che nel futuro dovremmo mettere molta più attenzione al tipo di
aperture che intendiamo offrire perché, scherzando ma
non troppo, non vorrei che la
Chiesa cattolica, credendosi
la sola e unica, nel suo «apprezzare nelle altre chiese solo quei mezzi ed effetti della
Grazia, che sono come una
partecipazione di ciò che essa già possiede...» continuasse a depredarci di tutte quelle
prerogative frutto della nostra fede di chiese riformate.
Parte del nostro patrimonio di studi teologici ormai fa
bella mostra negli ambienti
dì cultura cattolica: trattati di
esegesi biblica insieme a studi di teologia sistematica e
chissà quant’altro. Intanto
nelle chiese cattoliche si cantano inni della Riforma e
dell’evangelismo, mentre i
laici servono la messa e leggono la Bibbia nelle cerimonie ufficiali. Alcuni credenti
in questa occasione sentono
dì rimettere nelle mani del
Signore con spirito dì preghiera il problema della riunìficazione dei cristiani. Dobbiamo impegnare ancora il
Signore per dipanare questo
groviglio di ostinato potere
alienante o dovremmo
piuttosto richiamare fortemente la Chiesa cattolica
perché si assuma le sue gravi
responsabilità?
Ermanno Spuri
Civitavecchia
Offensiva
cattolica
Domenica 1° ottobre papa
Wojtyla dichiara di avere approvato loto corde, parola per
. parola, la Dichiarazione Dominus Jesus di settembre,
presentata daH’inflessibile
cardinale Ratzinger. In questa si ribadiva una volta per
tutte, a scanso di possibili
equivoci, la superiorità incommensurabile della fede
cattolica su tutte le altre, si
tornava a dichiarare falsa la
dottrina che pone tutte le fedi sullo stesso piano, perché
la verità totale ed eterna posseduta dal cattolicesimo non
è minimamente paragonabile con le verità incerte, confuse e parziali delle altre confessioni: esattamente come
nei vecchi catechismi di un
secolo e mezzo fa. Insomma,
la chiesa romana non ha nulla da imparare da nessuno e
ha tutto da insegnare a tutti;
ben s’intende, per spirito
evangelico di servizio e non
certo per volontà di dominio
sulle coscienze e sui popoli. Il
papa l’ha chiarito senza possibilità di fraintendimenti:
non si tratta di arroganza cattolica, ma di gratitudine verso Dio per essere stati illuminati da lui con raggi di verità
più intensi e diretti, da solleone dello Spirito (Santo).
Insomma, come l’arabo e
l’ebreo di un tempo al mattino ringraziavano Dio per
averli creati maschi, il papa e
tutti i cattolici ringraziano
Dio per averli creati cattolici,
o fatti diventare tali. Gli altri
esseri umani creati indù o
musulmani, e che non intendono rinnegare la fede dei loro padri (il che, tradotto nel
dizionario cattolico, significa
abiurare e convertirsi, mentre il processo inverso si chiama eresia o apostasia), questi
poveri infedeli non battezzati
e quindi ipso facto esclusi dal
regno dei Cieli, che si arrangino come possono: la verità
della Chiesa romana è una
santa e immobile, dura lex
Passatempo
Soluzione del cruciverba
del numero scorso
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- Catechismo; «Perché Pietro rinnegò Gesù?». «Perché non gli aveva perdonato di aver
guarito sua suocera».
- Catechismo; «Nella parabola del buon samaritano chi sopportò il sacrificio maggiore?». «L’asino».
- Catechismo; «Nella parabola del figliol
prodigo chi non si rallegrò del ritorno del figlio minore?». «Il vitello ingrassato».
- Catechismo; «Dove nacque Martin Lutero?». (suggerimento sommesso; «a Eisleben»). Risposta; «AAix-les-Bains».
- Catechismo; «I genitori di Samuele, erano
vecchi e non potevano avere figli; ma quello
che non è possibile agli uomini e possibile...?». Risposta in coro: «Alle donne!».
- Catechismo: «Che cosa dobbiamo fare
perché il. Signore possa perdonare i nostri
peccati?». «Peccare...!».
- L’inno: «Ora fratelli cantiamo il Salmo 42
come una cerva assetata!».
{da L'humour protestant, Marsiglia, 1963).
Sostenete Riforma, anche se costa un po' di più
Un giornale evangelico e libero'
Care lettrici e cari lettori,
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edicola passa da 2.000 a 2.200 lire (ma l’abbonamento ridotto, utilizzabile da chi ha un
basso reddito, rimane a 85.000 lire).
Facendo ricorso a tutte le economie dì gestione possibili, siamo riusciti a mantenere i
pre^i inalterati per ben quattro anni consecutivi, nonostante gli aumenti delle spese di
spedizione e della carta e quello della tipografìa, conseguente alla nuova e più efficace
e gradevole veste grafica ed editoriale.
Tutti i nostri collaboratori lavorano con
elevato senso di responsabilità e spirito dì
servizio, considerando le loro prestazioni, al
dì là deH’ottìma professionalità acquisita, un
impegno di testimonianza: grazie alla loro
dedizione ci è possibile contenere al massimo anche il costo del personale.
Abbiamo però viaggiato per quattro anni
sul filo del rasoio e siamo ora costretti a ritoccare, seppure di un importo molto modesto,
il prezzo dell’abbonamento, per contenere il
deficit di gestione entro limiti sopportabili.
È difficile che un giornale come il nostro,
libero e indipendente, possa pareggiare 1
conti tra ì costi e i ricavi puntando solamente alla tenuta del mercato: la nostra impresa
editoriale è fondata su una coerente scdta’
i etico-culturale e di tekimonianza che contraddice, quasi in modo assiomatico, le legf^
della crescita di mercato.
Non possiamo tuttavia permetterci di andare incontro a «sbilanci» eccessivi che, nel
giro di poco tempo, ci condurrebbero a rinunciare forzatamente a una sigriificativa
presenza, di Inequivocabile ispirazione
evangelica, nel panorama dell’informazione.
Per questo, care lettrici e cari lettori, vi
esortiamo a venire incontro alla nostra richiesta, mostrando comprensione per ì nostri sforzi e sostenendoci ancora con il vostro
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se riterranno il giornale dì loro gradimento.
Oltre che con l’abbonamento vi chiediamo
di sostenerci altresì con consigli, suggerimenti e crìtiche. E ricordate sempre che solamente con il vostro aiuto e con il vostro sostegno
possiamo continuare ad esìstere come giornale libero, indipendente ed evangelico.
Il presidente del Consiglio
di amministrazione, Averiìino Di Croce
sed lex, anche se agli inizi degli Anni 60 ci si era illusi su
una superiore legge d’amore
che fosse il lievito del messaggio di Gesù. La legge non
è superata né adattata, sono i
tempi a doversi adattare a essa, essa è rafforzata e ribadita. Unicuique suum.
La controffensiva cattolica
prosegue rinvigorita dalla opportuna occasione del Giubileo. Anzi, cresce di tono. Dopo gli «exploit» estivi e di primo autunno, mi chiedo come
sia possibile ancora parlare
di ecumenismo, se non nel
senso della ritrovata aspirazione cattolica di sempre a
dilatarsi per il beneficio eterno di tutto l’ecumene: quindi
mi pare giusto ormai attendersi un interminabile monologo cattolico, una predica
severa urbi et orbi, e una crescente coartazione, se non
vera e propria costrizione
delle coscienze.
Quando è in gioco la salvezza eterna, tutto diventa
lecito, possibile e necessario.
Le altre fedi che ammutoliscano intimorite. Godiamoci
il cardinale Biffi, sempre più
pensoso dell’identità nazionale (ammesso che l’Italia ne
abbia una che non sia del
primo canale Tv) minacciata
dal venditore ambulante di
tappeti tunisino, la signora
Irene Pivetti e il dott. Vittorio
Messori insieme a Comunione e liberazione, padre Baget
Bozzo ex socialista e disubbidiente a suo tempo al card.
Siri, che adesso ci spiega come uqualmente la pena di
morte non è incompatibile
con la santa dottrina cattolica, e infine il filosofo marxista Massimo Cacciari, che
saluta in papa Wojtyla l’uomo più rappresentativo per
farci entrare tutti quanti nel
III millennio. Cattolicamente. Ecumenicamente.
Avanti a tutta forza con le
santificazioni in massa di politica religiosa, modellate su
quella di Celestino V da parte
di Clemente V per far piacere
a Filippo il Bello. Ad maiorem
Dei gloriam.
Fortunato Micale
Messina
m Nuovi indirizzi
La pastora Anne Zeli comunica il nuovo indirizzo:
via Fratelli di Dio 74, 28026
Omegna. Tel. 0323-61623; ertiail: annezell@libero.it.
Il pastore Aurelio Sbaffi comunica il nuovo indirizzo:
via Teresa Gnoli 36/17, 00135
Roma; tei. 06-3387819.
La pastora Gabriella Costabel (Stoccarda, Germania)
comunica il nuovo numero
telefonico: 07156-920115.
■la Stampa
e i protestanti
L’articolo di Massimo L.
Salvador! su Repubblica del 22
settembre, la risposta di Sandro Viola di qualche giorno
dopo e la replica di Salvador!
del 26 settembre hanno smosso qualche considerazione
sulla stranezza della comunicazione e sul silenzio quasi
tombale delTevangelismo italiano sulla stampa nazionale.
«Un’ondata di montante clericalismo - scrive Salvador! giunge, in maniera martellante in primo luogo mediante la
tv pubblica, alla massa degli
italiani i quali, ormai ogni
giorno apprendono che la
Chiesa cattolica è l’unico fondamento della religione cristiana, che il cattolicesimo è
la base della morale toutcourt, che non vi è buona politica, buona conoscenza,
buona scienza al di fuori del
magistero ecclesiastico.
Diciamo pure che la misura
è stata superata, che per questa strada si deteriorano i presupposti di una società pluralista e tollerante, in cui ciascuno ha il diritto di credere
nelle proprie verità, ma di rispettare ì valori altrui. Si ricordi che in un sistema di libertà i primi diritti a dover essere protetti e rispettati sono
quelli delle minoranze, perché essi costituiscono la vera
misura della libertà e dei diritti di tutti». Grazie a Salvador!
per queste parole. Egli è un
intellettuale, uno storico e
come tale (non come cittadino) può scrivere e venire
pubblicato sulla prima pagina di «Repubblica». Adriano
Sotti è anch’egli un intellettuale e come carcerato anomalo può scrivere e venire
pubblicato sulle pagine di
Repubblica. Anche Paolo
Ricca è un intellettuale, ma è
teologo evangelico e come
tale non verrà mai pubblicata una sua opinione sulle pagine di Repubblica: non gli
verrà mai richiesta.
LA LAPIDE
A VARAGLIA
La cerimonia di posa
della lapide del Comune di
Torino in memoria del pastore Goffredo Varaglia
(arso sul rogo a Torino nel
1558), prevista in piazza
Castello per sabato 21 ottobre, è stata rinviata (vedi
l’articolo di Giuseppe Platone sulla prima pagina di
questo numero) a sabato
11 novembre alle ore 11,
sempre in piazza Castello,
angolo via Garibaldi.
Mi sembra che qualcosa
non quadri: la voce protestante non ha spazio sulla
stampa e sulla televisione del
nostro paese. Forse perché è
di una minoranza fastidiosa
(soprattutto per la Chiesa
cattolica?), perché non fa audience, perché è una voce che
non canta nel coro. Dobbiamo sempre rassegnarci tranquillamente o sfinirci fino a
trovare un canale di sbocco?
Per fortuna c’è Riforma che ci
consola: tra di noi ci pubblichiamo tutto...
Rossella Saccomani
La Spezia
Errata corrige
Il titolo «L’eresie del 900»
all’articolo a firma Elizabeth
Green [Riforma n. 38 del 6 ottobre, p. 5) è fuorviarne: il titolo esatto è invece «L’eredità
del 900». Ce ne scusiamo con
l’autrice e con i lettori.
■ PARTECIPAZIONI I
RINGRAZIAMENTO
«Venite a me voi tutti che
siete travagliati e aggravati,
e io vi darò riposo»
Matteo 11,28
I parenti di
Clorinda Peyran
ved. Bernard
riconoscenti, ringraziano tutti coloro che hanno preso parte al loro dolore.
Pomaretto, 4 ottobre 2000
RINGRAZIAMENTO
«io ho combattuto il buon
combattimento, ho finito
la corsa, ho serbato la fede»
Il Timoteo 4, 7
La moglie Vilma Bouchard e i
familiari tutti del caro
Aldo Comba
ringraziano tutti coloro che hanno partecipato al loro dolore. Un
ringraziamento particolare al
dott. Broue, ai past. Deodato e
Crucitti, alle signore llda e Alma
Monnet.
San Germano, 4 ottobre 2000
RINGRAZIAMENTO
«Questa è la promessa che
Cristo ci ha fatto: la vita eterna»
Glov. 2, 25
I familiari del caro
Davide Long
riconoscenti per la grande solidarietà ricevuta, ringraziano
tutti coloro che in vario modo
hanno partecipato al loro dolore
«Il tuo corpo ritornerà alla polvere della terra da cui fu tratto,
il tuo spirito vitale ritornerà
a Dio che te lo ha dato»
Qoelt12,7
Pinerolo, 13 ottobre 2000
16
PAG. 12 RIFORMA
E Eco Delle ^lli "IlLDEsi
VENERDÌ 20
ottobr^
1 ■ -I Per due giorni paesi isolati, senza gas, luce e acqua potabile
Le valli devastate dalla pioggia: crollano
ponti, franano strale, miliardi di danni
Pinerolese sott’acaua, come al- Due giorni per molti senza luce, a costo di intralciare i lavoro a
Pinerolese sott’acqua, come altre parti del Piemonte. Due giorni
isolati dal resto del mondo, senza
poter raggiungere né Pinerolo né
Torino (anche il nostro giornale
ne risente e dedica all'alluvione
solo questa pagina rimandando
altre notizie al prossimo numero).
Due giorni per molti senza luce,
spesso senza gas, acqua, telefono;
due giorni in cui, mentre centinaia di volontari si prodigavano
per rispondere ai problemi più
immediati, migliaia di curiosi si
affannavano verso i ponti, le situazioni più a rischio per... vedere.
a costo di intralciare i lavoro altrui e magari rischiare anche la
propria pelle. Ecco, se c’è una nota
positiva è che qui, diversamente
da altrove, pur in presenza di miliardi di danni e di ferite diffìcilmente sanabili, almeno, non siamo a contare le vittime.
PIERVALPO ROSTAjl
Ognuno, a seconda
dell’età, cita i precedenti episodi alluvionali;
il più recente nel ’77, altri, indietro fino al ’45,
era il 31 ottobre. E i parallelismi vengono proprio dalla memoria: il
Pellice nel ’77 si portò via
buona parte del Palaghiaccio asportando centinaia di metri cubi di
terra e arrivando alla pista; oggi ha fatto esattamente lo stesso percorso,
con gli stessi, devastanti,
effetti. E con una variabile: questa volta tutti hanno capito che lungo il
torrente non si deve più
costruire, e non solo un
Palaghiaccio. Poche centinaia di metri a monte,
la zona dell’Albertenga è
una enorme spianata dove scorrono tre rami del
Pellice. Anche qui, come
a Villar, a Bobbio, a Bricherasio, il Pellice non
scorre più dove era prima e molti prati non ci
sono più; alcuni sono coperti di fango e detriti, altri costituiscono oggi un
nuovo letto del fiume.
Nella classifica dei disastrati in vai Pellice sicuramente a Torre Pellice
tocca il ruolo più ingrato:
il Palaghiaccio, su cui gli
enti locali hanno investito vari miliardi negli ulti
Torre Pellice: la spalleta del ponte per l’inverso
mi anni e per il quale si
pagheranno dei mutui fino al 2015, si è adagiato
nel Pellice che ne ha eroso le fondamenta; una
parte del ponte dell’Albertenga è stato asportato ma lì è tutta la zona ad
essere stravolta e con essa le decine di abitanti
della zona dell’Inverso
Roland!, isolati, senza acqua potabile, luce e telefono per due giorni e
con grossi interrogativi
sul futuro dei collegamenti viari; a ciò si aggiunga che anche il ponte militare di Blancio, costruito nel ’77, è pericolante e non transitabile,
alcune decine di frane,
varie famiglie evacuate e
ospitate da amici o in
strutture di fortuna. Un
quadro da brividi, al di là
della pur pesante emergenza finanziaria. In alta
valle è sconvolta la viabilità nella comba dei Carbonieri, con due alpigiani bloccati alle Selle coi
rispettivi animali, sono
saltati tutti i ponti nella
zona del Cruello, ci sono
varie frane (una grave a
Malpertus che ha sfiorato una casa), il ponte della Giornà a Bobbio non è
praticabile, il campo
sportivo parzialmente
In alta vai Germanasca
Borgate isolate
Cominciava a migliorare in vai Germanasca la
situazione di emergenza
alluvione a metà di lunedì pomeriggio. 1 problemi maggiori sulla provinciale che da Pomaretto porta a Prali si sono
avuti proprio in quest’ultimo paese dove la furia
del torrente ha portato
via sia il ponte di accesso
a Villa di Prali che quello
che dal centro di Ghigo
porta verso Agape e le
borgate vicine. Danni di
sono avuti anche lungo
la provinciale prima di
Villa arrivando da Porosa. Sono rimaste poi isolate alcune borgate della
valle e alcuni ponti come
quello di Faetto sono pericolanti. Isolato anche
l’abitato di Massello e
una frana si è abbattuta
lungo la strada che da
Perrero porta a Maniglia.
Per quel che riguarda
Pomaretto la situazione
asportato e coperto di
pietrame. Anche al Pra e
a Villanova molte persone ospiti del rifugio o
delle locande sono state
isolate per due giorni. A
Villar Pellice alcuni
«cumbal» straripati con
vari metri cubi di materiale hanno invaso le
strade del centro; una
decina di famiglie sono
state fatte evacuare. A
Villar, come a Bobbio,
viene confermata la tendenza del Pellice a guadagnare nuovi spazi
cambiando compietamente il suo corso. Danni notevoli anche a Luserna San Giovanni, specie nella zona degli impianti sportivi e del ponte verso Luserna Alta;
erosa la sponda sinistra il
Pellice ha sfiorato i campi da tennis e minacciato
a più riprese la stabilità
del ponte. Frane vengono segnalate negli altri
comuni, episodi di esondazione hanno caratterizzato la bassa valle.
Sarà una ricostruzione
lunga e, in molti casi, anche assai problematica.
A causa del cedimento
dei ponti sul Chisone sono saltati anche i collegamenti con Pinerolo, sia
stradali che ferroviari.
lunedì sembrava stabilizzarsi, dopo il momento
di grave crisi di domenica quando si temeva il
peggio con il torrente
Chisone che lambiva le
case più in basso e il Germanasca che si andava
sempre più ingrossando
con parecchie delle persone evaquate dalla parte bassa del paese. Que■ ste persone, dopo una
notte passata nelle scuole della cittadina o in casa di famiglie amiche
hanno potuto far ritorno
alle proprie abitazioni.
Grave rimane il problema della sospensione
della fornitura del gas
che impedisce tra l’altro
il normale funzionamento del riscaldamento
all’ospedale valdese
mentre varie associazioni si sono prodigate per
permettere il normale
approvigionamento del
cibo alla struttura.
Finisce il «mito» di Torre Pellice
E ora un nuovo stadio?
La storia del palaghiaccio di Torre Pellice inizia
sul finire degli Anni 60 sotto la spinta dell’avvocato
Giorgio Cotta Morandini, allora sindaco di Torre
Pellice, che riesce nel ’71 a inaugurare la pista di
via Filatoio. Dopo l’alluvione del ’77 che ne ha
asportato la metà, in pochi mesi lo stadio viene ricostruito. Sono gli anni della serie A per L’Hockey
Valpellice; poi c’è la crisi, prima economica e poi,
legata al lungo periodo di chiusura dell’impianto
per i lavori di copertura. La Valpe riparte e arriva al
«mito» l’anno scorso quando, di nuovo in serie A,
arriva fra le prime otto squadre d’Italia e batte addiritura il Bolzano: quella sera scorrono molte lacrime sui visi di tifosi e appassionati. Sono, almeno
in parte, le lacrime dei tantissimi giovani che oggi
in processione vanno a vedere il gigante distrutto.
Il mito forse risorgerà, ma non sarà più (in questo la natura si rivela duramente maestra) lungo
un pericoloso argine; alle porte ci sono i fondi
olimpici e in ballo già alcuni siti per un nuovo,
possibile, stadio del ghiaccio, (pvr) _________
Torre Pellice: a sinistra quel
DAVIDE ROSSO
Tutti ì ponti chiusi,
più di 250 persone
sfollate solo a Pomaretto,
sospensione della fornitura del gas praticamente per tutta la parte bassa
della valle Chisone, con
l’energia elettrica fornita
a fasi alterne in vai Chisone o del tutto assente
in parte della vai Germanasca. La statale 23 chiusa da Pinerolo fino a Villar Perosa e poi da Porosa a Sestriere; stessa sorte per la provinciale della
vai Germanasca chiusa
in più punti a cominciare
dal ponte di Pomaretto
sul Germanasca. Questa
era la situazione della vai
Chisone e Germanasca
lunedì 16 ottobre, con la
pioggia che continuava a
cadere e il torrente Chisone che non dava segno
di diminuire.
La situazione era cominciata ad aggravarsi
nella notte di sabato 14
quando erano stati chiusi i primi ponti e si erano
verificate le prime frane
consistenti lungo la statale 23 in alta valle nei
territori di Perosa e Usseaux. Nella notte e poi
la domenica la situazione è continuata ad aggravarsi: inghiottita praticamente la sede della
Pro Loco di Pomaretto
con l’acqua che lambiva
le abitazioni della parte
bassa del paese costringendo il sindaco per ragioni di sicurezza a emanare l’ordinanza di sgombero delle persone, molte
delle quali sono state
ospitate nei locali della chiesa valdese, nella
chiesa cattolica e nelle
scuole del paese. Il Chisone inghiotte anche il
metanodotto Snam a Villar Perosa, impedendo
ovviamente la fornitura
di gas nei diversi comuni
della valle, e una serie di
capannoni industriali sul
confine tra Pinasca e Inverso, diverse frane bloc
che rimane del Palaghiaccio
cano poi la circolazione
verso molte borgate dell’alta e bassa valle. Intanto a Prali in alta vai Germanasca ci si prepara a
contenere la piena del
torrente con arginature a
Villa di Prali dove la strada presenta una profonda erosione e la provinciale si blocca per una
frana sopra Perrero. La
parte bassa della valle
Chisone rimane comunque bloccata a causa
deU’allagamento del Comune di Porte invaso dal
Chisone che ha superato
il livello di ponte Palestre, poi purtroppo crollato, invadendo la statale
e anche qui vengono fatte sgomberare ovviamente molte persone.
Eroso anche il ponte
che da Villar Perosa porta verso Inverso Pinasca
mentre cede quello che
da Inverso attraversa a
Pinasca. Tengono gli altri
anche se quello di Miradolo, alle porte di Pinerolo viene scavalcato dall’acqua che erode una
parte consistente della
strada per San Secondo
dove nella parte bassa
del paese, la gente viene
fatta sgomberare dalle
proprie abitazioni anche
qui a motivo precauzionale. La situazione peggiora ulteriormente in
serata quando a Pinerolo
sotto la spinta dell’acqua
sembra cedere ponte
Chisone e quello della
ferrovia per la vai Pellice,
che poi soccomberà a|
furia del Chisone, le ac.
que del torrente invado,
no i terreni e le abitazio.
ni vicine. A causa dell’ia.
vasione dell’acqua, olttj
che della pericolosità i
alcuni ponti, viene defi.
nitivamente interrottala
viabilità su praticamente
tutta la circonvallazione
di Pinerolo con pareccii
valligiani di ritorno a casa bloccati lungo la sto
da per tutta la notte. Si
verificano anche i primi
disservizi con la fomitnta
dell’acqua che mancati
piani alti di Pinerolo eia
molti Comuni valligiani
dove l’acqua c’è occoiit
farla bollire.
La situazione noni
molto diversa al lunedi
mattina; continua a piovere dirotto. Mentresi
cerca di rendere percoiribile il tratto di stati
che da Pinerolo portaa
Villar Perosa persistono
o si aggravano i già notevoli problemi di fomitm
di servizi nelle valli: Ptamollo è completamente
senza acqua e energia
elettrica così come Sai
Germano, Pinasca, Inverso Pinasca e patta
dell’alta valle Germanasca. In molti commi
inoltre continuano i problemi con il gas e a tutti
questo si viene ad aggiungere l’interruzione
completa a Pramollo,
San Germano e nell’alt!
vai Germanasca dei collegamenti telefonici.
Bisognerà riflettere per non fare passi avventati
ffConta prima fino a dieci»
STELIO ARMAND-HUCON
Torre Pellice: qui si è svolta l’Assemblea-Sinodo 2000
Qualcuno ha già parlato di miliardi; migliaia, ovviamente, centinaia
di migliaia, e quantificarli è ora solo un
gioco. Un gioco pericoloso, nel momento che siamo praticamente in campagna elettorale. Tutto il Piemonte è in
ginocchio, l’economia si risolleverà con
fatica e soprattutto avrà bisogno di
molto tempo, anche se il governo farà
(vogliamo esserne convinti) la sua parte
con incisivi interventi «sburocratizzati».
Tutto il Piemonte; ma sia concesso a
queste pagine una riflessione sul territorio che ci tocca da vicino, per noi più
prezioso, che da anni ormai è economicamente alle corde, che molti vorrebbero «vetrina» di una fetta di storia e altri
invece un normale luogo in cui vivere e
lavorare; ambedue le cose sono ora in
forse. Aspettare cbe l’acqua defluisca
per capire quanti prati o campi siario
distrutti e quanti invece recuperabili
l’economia agricola già traballante.
La ferrovia (che già era politicamente
pericolante) sarà inattiva per mesi (o
per anni come la Cuneo-Mondovì mai
ripristinata dall’alluvione del ’94) in seguito al crollo del ponte di Pinerolo. 1
collegamenti viari saranno per lungo
tempo (sono crollati numerosi ponti e
tutti conosciamo i reali tempi di ricostruzione) soggetti a soluzioni di ripiego
che significheranno itinerari alternativi
estremamente dispendiosi in termini di
tempo (quando già il tempo di percorrenza sulla Torre-Pinerolo era perversamente lungo e da più parti si richiedeva
un’asse di scorrimento veloce). Di conseguenza si allontanano le ipotesi di investimenti e si avvicina sempre più la
. possibilità di smantellamento. L’economia vuole prima di tutto tempi brevi.
Oggi più che mai serve sinergia; noi
tutti vorremmo sì ricostruire il Palaghiaccio di Torre Pellice, ma questo dopo le opere vitali alla valle e non invece
solo per il fatto che fra 6 anni ci saranno
le Olimpiadi. Bisognerà agire in fretta
ma anche riflettere attentamente. Diceva mia nonna: conta prima fino a dieci.
NELLE CHIESE VALDESI 4
ASSEMBLEA 1° CIRCUITO — Venerdì 20 ottobre,
alle ore 20,30, assemblea di circuito a Villar Pellice.
ASILO DI SAN GERMANO — All’Asilo dei vec*
di San Germano ci sono ancora alcuni premi deUa
sottoscrizione da ritirare: ecco i numeri: 1503; 3401,
3439 di fida Richiardone; 6907; 8923 (signora Loredana Micol) e infine 8930 e 9566 (Angela Soulier)
FGEI — Domenica 22 ottobre, a Prarostino, giornata della Fgei su: «I bisogni e le aspettative dei gerani nella chiesa, nella scuola e nella famiglia al giorno d’oggi». ,
ANGROGNA — Riunione quartierale, martedì n
ottobre al Martel. Sabato 21 ottobre, alle 21 concetto al tempio del Serre, con la corale e la partecipazione della corale di San Secondo.
LUSERNA SAN GIOVANNI — Domenica 22 ottobre assemblea di chiesa con la relazione sul Sinodo.
MASSELLO — Domenica 22 ottobre, alle ll,b'
assemblea dì chiesa, suH’inizio delle attività e co
relazione della deputata al Sinodo.
POMARETTO — Venerdì 20 ottobre, alle 16, cuP
al Centro anziani di Perosa Argentina. Domenicali
ottobre, alle 10, assemblea di chiesa. Riunioni qual'
tierali: mercoledì 22, alle 20,30, a Pomaretto, venerdì 24, alle 20,30, a Perosa.
PRALI — Domenica 22 ottobre, alle 10, assembie
di chiesa con relazione su Sinodo e Conferenza.
PRAROSTINO — Domenica 22 ottobre alle 9 cultj
al Roc e, alle 10,30, a Roccapiatta. Lunedì 23, alle^
al presbiterio, studio biblico sulla II epistola ai L
. ti., m
SAN SECONDO — Domenica 22 ottobre, alle ^
culto e assemblea di chiesa con all’odg la relazion
delle deputate al Sinodo e la situazione pastoraleTORRE PELLICE — Riunione quartierale merco
ledi 25 ottobre, ai Bouissa. Studio biblico del circuito: lunedì 23 ottobre, alle 20,45, al presbiterio, P"
mo ciclo su «La legge attraverso il tempo», gli mco"
tri di questo ciclo proseguiranno fino a lunedi i
novembre (tutti i lunedì). Domenica 22 ottobre, ai
15, pomeriggio comunitario all’Inverso Rolandi.
VILLAR PELLICE — Riunioni quartierali: lune
23 ottobre, alle 20,30, al Piantà. ,
VILLASECCA — Riunioni quartierali: giovedì
ottobre, alle 20, a Morasso, lunedì 23, alle 14,30,
Trossieri, mercoledì 25, alle 20, alla Roccia, giov
26, alle 20, a Villasecca. Domenica 22 assemblea
chiesa, per l’inizio dell’anno ecclesiastico.
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