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ciel 5 settembre 1997
1. 2000
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,rt. 2 comma 20/B legge 6
filiale di Torino
* * Arar'
jmaaaaaitffWiiiy'M
in caso di mancato recapit
5i prega restituire al mittente
presso l'Ufficio PT Tori
L'Editore si impegna
(orrispandere il diritt
1
pfìplp^*
DEBITI E PECCATI
«Rimettici i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri
debitori»
Matteo 6,12
CON questa richiesta del Padre Nostro il testo di Matteo si discosta
da quello di Luca, che dice: «Perdonaci
i{ nostri peccati perché anche noi per
doniamo a ogni nostro debitore» (Luca
11, 3). Le diversità dei due testi sono
evidenti: nell’uso dei sostantivi, il pri
!0 parla di «debiti», mentre il secondo
li «peccati»; nell’uso dei verbi, il pri¡0 dice «come anche noi li abbiamo
’messi», il secondo «perché anche noi
rdoniamo». Esaminiamo brevemenqueste dijferenze cominciando con i
tstantivi: Matteo parla di debiti e di
_ éitori, mentre Luca parla di peccati
~^bitori. Sorprende l’equivalenza fra
'iti e peccati che viene fatta da LuCerto, questo evangelista deve «tra__ re» per lettori di tipo occidentale
"ina terminologia utilizzata e ben
' impresa in ambienti segnati dalla
0tà ebraica. Ma ora noi, figli della
cultura occidentale, comprendiamo
bene il linguaggio tradotto, ma non
■più quello originale, che ritroviamo in
Matteo: comprendiamo (forse) che cosa significa peccato, molto meno che
cosa significa debiti nel linguaggio biblico. In questo contesto, il nostro rapporto con Dio è legato a una obbligarne: ci è stato dato, perciò dobbiamo
siamo stati amati, perciò dobbiamare, siamo stati perdonati, per■: cW^bbiamo perdonare. Si tratta della radice del comandamento, quindi
di un’esigenza che viene posta su di
noi, di un’obbligazione. Là dove non
viene adempiuta, siamo venuti meno,
iamo mancanti (questo è il peccato!),
'he nel linguaggio di Matteo si chiama
debito»: là dove il linguaggio teologi0 non chiarisce, ci aiuta il linguaggio
conomico-commerciale. Una volta
che la portata della richiesta è compresa fino in fondo, non c’è più scampo.
A WlCINIAMOCl ora ai tempi dei
il verbi: in Matteo chiediamo a Dio
a perdonarci nella misura in cui noi
abbiamo perdonato. In Luca, invece,
perdoniamo nella misura in cui Dio ci
\ha perdonati. Abbiamo due impostaftioni teologiche ben diverse: la linea
lucana ci convince teologicamente di
più, quella matteana solleva più di
Una perplessità. Forse abbiamo compreso male le parole di Matteo? No, abbiamo compreso benissimo, anzi, proprio al termine della preghiera, nei vs.
14-15 si riprende l’argomento con pacale inequivocabili. Dobbiamo allora
ampliare l’orizzonte e arrivare alla pacabola presente in Matteo 18, 21-35, il
capitolo del perdono nella chiesa. Il tecjo è composto di tre scene: nella prima
» re perdona un grande debito al suo
arrirninistratore, nella seconda l’amcainistratore non è capace di perdonaci uri debito insignificante a uno dei
servitori, nella terza l’amministratore
’ferie riconvocato dal re il quale, costaceto che l’amministratore perdonato
^c>n è stato capace di perdonare, gli
cennulla il perdono prima concesso, rifrnando creditore della immensa
^rnma precedente. La risposta al no‘^co dilemma potrebbe essere questa:
'iu ha in mente la prima scena della
cabala, Matteo la terza.
f ^insegnamento che si trae da
^ questa richiesta del Padre nostro
cfaplice; non possiamo chiedere a
^ cjualcosa che non siamo disposti a
^ce agli altri; noi possiamo sussistere
ctanzi a Dio a una sola condizione:
me peccatori perdonati che perdoIl perdono ricevuto non si può
^^cyare gelosamente, altrimenti si
UHsce: deve essere passato ad altri
mantenga la sua vitalità. La di
~^/T\ f\ /I
.1.. Kì ¥.
SKT [ l.M AN AUy PELLI: CHIESE I VAMÌKUCHE IÌ ATTISH:, METODIS I E, VALDESI
verticale e quella orizzontale
cefluenzano reciprocamente.
Domenico Tomasetto
Si è concluso a Torre Pellice il Sinodo delle chiese valdesi e metodiste
Impegno ecumenico e responsabilità civile
«Essere evangelici ed essere ecumenici non è, come alcuni pensano, una contraddizione, ma
una marcia in più sul cammino della testimonianza cristiana». Molti i temi discussi dal Sinodo
EUGENIO BERNARDINI
E sempre difficile raccontare il Sinodo delle chiese valdesi e metodiste ed è ancora più difficile valutarlo oggettivamente. C’è, infatti,
il Sinodo che si svolge in aula, quello ufficiale, in cui 180 persone con
diritto di voto (quest’anno le donne
sono state un terzo dei 101 laici e 79
pastori deliberanti) affrontano un
numero infinito di argomenti, spesso molto complessi, indirizzando
così il lavoro della chiesa nel suo insieme. C’è il Sinodo degli ospiti,
quelli provenienti dall’estero (quest’anno 40) e degli osservatori di vari organismi e chiese (15) che con la
loro presenza danno il senso dell’orizzonte e della responsabilità
ecumenica in cui si situa la testimonianza di ogni chiesa. C’è poi il Sinodo del popolo delle chiese, vaidesi e metodiste prima di tutto, ma
anche battiate e di altre chiese
evangeliche italiane; è quello che fa
da ala al corteo inaugurale e che
riempie all’inverosimile il tempio di
Torre Pellice per il culto di apertura, che si incontra nel giardino
presso i vari stand e al buffet e che
segue il dibattito ufficiale con attenzione e partecipazione, qualche
volta commentando con un applauso o con un mormorio di disapprovazione. C’è, infine, il Sinodo visto dall’esterno, dai giornali,
dalla radio e televisione. Forse è
quello in cui ci riconosciamo meno,
ma è un segno importante di come
veniamo visti e (in) compresi da chi
non ha particolari motivi di benevolenza o malevolenza verso la minoranza protestante italiana che
più si sforza di «comunicare» al
paese attraverso 1 grandi mezzi di
informazione. Il Sinodo delle chiese
valdesi e metodiste non sarebbe
più lo stesso se venisse a mancare
uno di questi elementi.
Per quanto riguarda il Sinodo
«ufficiale», grazie anche all’ottimo
apporto della Commissione d’esame, si può essere soddisfatti della
mole di lavoro svolto, meno di come lo si è svolto. Ormai il numero e
la complessità dei problemi ebe si
I lavori deH’Assemblea sinodale
presentano ogni anno sono tali da
richiedere una radicale riforma
delle modalità di lavoro dell’assemblea che consentano di migliorare soprattutto l’approfondimento
dei problemi e la partecipazione di
tutti i membri del Sinodo. Se la
commissione di studio nominata
appositamente farà un buon lavoro, si potrà avere un’organizzazione dei lavori radicalmente «riformata» per il Sinodo del 2000.
Il capitolo sull’ecumenismo è
stato quest’anno molto ampio: a
due mesi dall’Assemblea di Graz
sulla riconciliazione, per la prima
volta sono stati presenti ufficialmente il vicepresidente della Conferenza episcopale italiana, monsignor Alberto Abiondi, che nel suo
intervento dal tono molto simpatico e fraterno ha affermato che «la
riconciliazione non può essere solo
formale: i passi dell’ecumenismo
(foto P. Romeo)
dovranno essere passi di vera e faticosa incarnazione», e il vescovo
di Pinerolo, monsignor Pietro Giachetti. Per gli ortodossi è stato presente ufficialmente il vicario arcivescovile per l’Italia del Nord-Est
dell’Arcidiocesi greco-ortodossa
d’Italia (che dipende dal Patriarcato ecumenico di Costantinopoli),
l’archimandrita monsignor Timotheos Eleftheriou che in un applauditissimo intervento ha ricordato il primo dialogo tra ortodossia
greca e teologia protestante: la corrispondenza e i contatti avvenuti
tra il 1628 e 1638 tra il patriarca di
Costantinopoli Cirillo Lukaris e il
pastore valdese Antonio Léger inviato a Costantinopoli come cappellano dell’ambasdata olandese.
Sull’ecumenismo il Sinodo ha invitato le chiese a esaminare attentamente la bozza di un nuovo importante documento di indirizzo
generale (quello precedente è del
1982) e la bozza di un documento
sull’eventuale costituzione di un
organismo nazionale di consultazione permanente fra le chiese cristiane evangeliche, cattolica, ortodossa. Infine, il Seggio ha nominato una commissione che si occuperà degli aspetti pratici dell’applicazione della recente intesa con la
Chiesa cattolica sui matrimoni interconfessionali. Su tutta questa
tematica valga la valutazione che
ha dato, nell’incontro con gli ospiti
dall’estero, Hans Martin Barth,
professore di teologia a Marburgo
(Germania), che studiò a Roma alla
Facoltà valdese alla fine degli anni
Cinquanta: «essere evangelici ed
essere ecumenici non è, come alcuni pensano, una contraddizione
ma una marcia in più sul cammino
della testimonianza cristiana».
Altro capitolo molto ampio è stato quello dei rapporti con lo stato e
più in generale con i problemi del
paese: i progetti di legge sulle organizzazioni non lucrative di utilità
sociale, sulla libertà religiosa, sulla
riforma della scuola e sul finanziamento delle scuole private destano
attenzione e, in qualche caso, preoccupazione. Il documento approvato sulla scuola segnala il costante impegno dei valdesi e metodisti
nel campo dell’istruzione e della
cultura in genere al fine di favorire
la crescita di una cittadinanza matura e responsabile. In questo quadro, le prossime celebrazioni dei
150 anni dall’Editto di emancipazione del 1848 saranno proposte
come una ricorrenza di tutti, perché la libertà o è di tutti o non è vera libertà. «I valdesi - ba ricordato
il pastore Giorgio Tourn nel dibattito - hanno scommesso contro
tutto; la fede, la religione, la tradizione del nostro paese per far sì
che l’Italia, che a quel tempo non
esisteva neppure, divenisse una
nazione civile».
Per tutti i molti e importanti temi
passati al vaglio dell’assemblea sinodale, rinviamo all’ampio resoconto che pubblicheremo la prossima settimana.
Roma cambia millennio
Progetti per una città
aperta e solidale
«Roma cambia millennio; progetti per una
città aperta e solidale»: è
questo il nome del nuovo «Servizio cittadino»
che l’amministrazione
capitolina ha istituito nel
maggio scorso, affidandone la direzione all’assessore Raniero La Valle
e chiamando a collaborarvi diverse personalità
come il pastore Paolo
Ricca. L’obiettivo è quello di pensare e proporre
un nuovo stile di vita per
la città nella prospettiva
del passaggio dal ’900 al
nuovo millennio.
Fra le varie proposte,
quella di creare un centro interreligioso e inter
culturale di studi antropologici che indaghi sulle «antropologie che
hanno fondato e giustificato orrori ed errori della storia recente» come
lager e gulag, razzismi e
sassismi, esclusioni e
pulizie etniche, e la promozione, dal 6 al 10 ottobre, una conferenza
internazionale su «Eredità e ricusazioni di fine
secolo». Fra le cose da
assumere vi sono «l’ecumenismo, l’interculturalità e la solidarietà». Alla
conferenza interverranno, fra gli altri, il vescovo
evangelico di Berlino,
Wolfgang Huber, e il pastore Ricca. (nev)
iT-r Nuova campagna del Cec
«Pace alla città» in sette
realtà urbane del mondo
Sette città che lottano
contro la violenza, in cui
i gruppi di persone che
lavorano per costruire la
pace nella giustizia si sono accordati per scambiare le loro esperienze.
È questo, in sintesi, il
programma di «Pace alla
città», la nuova campagna del Consiglio ecumenico delle chiese lanciata il 31 agosto a Johannesburg (Sud Africa).
«Pace nella città» si concentra sulla città come
microcosmo di alcune
delle più distruttive forme di violenza e di alcune delle iniziative più
creative per vincere la
violenza con modelli
creativi di riconciliazione e di ricostruzione del
tessuto sociale.
Ecco le sette città che
partecipano alla campagna, ciascuna delle quali
evidenzia un particolare
tipo di violenza: quella
politica a Durban (Sud
Africa), fra comunità e
gruppi religiosi a Belfast
(Irlanda del Nord) e Colombo (Sri Lanka), violenza giovanile e contro
le donne a Boston (Usa),
violenza di strada a Rio
de Janeiro (Brasile), violenza etnica e difesa dei
diritti degli indigeni a
Suva (Figi), violenza urbana a Kingston (Giamaica). (nev)
«NON COMMETTERE ADULTERIO».
Continua la nostra riflessione sul decalogo. Il settimo comandamento è stato
ripreso e rafforzato nelle parole di Gesù. Occorre saper riconoscere i rischi
che possono mettere in crisi il rapporto di coppia. La comprensione ebraica
di questo comandamento. (pag. 3)
USA: ASSEMBLEA DEI «DISCEPOLI DI
CRISTO». Si è svolta a Denver l'Assemblea generale della Chiesa cristiana degli Stati Uniti, più nota come
«Discepoli di Cristo», che conta una
popolazione di oltre un milione di
persone distribuite in circa 4.000 comunità locali e con 7.000 pastori. Si è
trattato di un incontro all'insegna
dell'informalità, scandito dalla preghiera, dal canto, dalla riflessione libera e spontanea. (pag. 4)
LE SFIDE DEL PERDONO. Come in altre
occasioni analoghe, a Parigi il papa ha
chiesto perdono per la Chiesa cattolica
per quel terribile bagno di sangue noto come la «notte di San Bartolomeo»
che colpì i riformati francesi. Le sue
parole sono una sfida per tutti, cattolici e protestanti, che non può essere
ignorata o minimizzata. (pag. 10)
2
PAG. 2 RIFORMA
- All’As
A
VENERDÌ 5 SETTEMBI
«Tanto tempo fa,
quando i giudici
erano a capo del
popolo d’Israele,
ci fu una carestia
nel paese.
Elimelech, abitante
a Betlemme,
si trasferì nel paese
di Moab insieme
alla sua famiglia.
I due figli sposarono
Orpa e Ruth,
due moabite.
Dopo circa dieci
anni tutti i maschi
della famiglia
erano morti.
Noemi, con le due
nuore, lasciò Moab.
Mentre erano in
cammino verso
Giuda, Noemi disse
loro: “Tornate a
casa; rimanete con
vostra madre. E che
il Signore sia buono
con voi, come voi
siete state buone
con me e con i miei
morti. Vi dia un
altro marito e
un’altra famiglia”.
Poi Noemi le salutò
e le baciò. Ma esse,
piangendo, la
supplicarono: “No!
Vogliamo venire
con te tra la tua
gente”. “Tornate
indietro, figlie mie”
soggiunse Noemi
“perché volete
venire con me?
Tornate a casa.
10 non ho altri figli
da darvi. Ormai
sono troppo vecchia
per averne. E anche
se potessi averne,
e questa notte
rimanessi incinta,
e avessi dei figli,
potete voi aspettare
che crescano?
Non vi sposereste
di nuovo nel
frattempo? No,
figlie mie, il Signore
ha colpito me!
Soffro già molto io.
Non dovete soffrire
anche voi”.
Ma esse ripresero a
piangere. Poi Orpa
salutò la suocera, la
baciò e tornò a casa
sua. Ruth rimase
con lei. Noemi le
disse: “Tua cognata
è tornata dal suo
popolo e dai suoi
dei. Vai anche tu
con lei”. Ma Ruth
rispose: “Non
chiedermi più di
abbandonarti!
Lasciami venire con
te. Dove andrai tu
verrò anch’io; dove
abiterai tu abiterò
anch’io. Il tuo
popolo sarà il mio
popolo e il tuo Dio
sarà il mio Dio.
Dove tu morirai,
morirò anch’io e li
■ sarò sepolta.
11 Signore dovrà
punirmi se io ti
lascerò. Solo la
morte potrà
separarmi da te!”.
Allora Noemi capì
che Ruth era ormai
decisa ad andare
con lei e non
aggiunse altro.
Continuarono il
cammino fino
a Betlemme»
(Ruth 1, 1-19)
LA «CASA DEL PANE»
Per Ruth, andare a Betlemme non significa ritornare al passato rassicurante
delle proprie tradizioni ma «entrare» in un mondo per lei sconosciuto e nuovo
MAURO PONS
Hamza mi guarda dritto in
faccia e, per la terza o la quarta
volta mi ripete con forza; «L’Italia non è la mia patria, ma è la
casa del pane».
La storia di Hamza
HAMZA è un albanese. È
rientrato per la terza volta
clandestinamente nel nostro
paese. Diplomato, perito tecnico, era impiegato in un’industria
militare da cui è stato espulso
dopo la caduta del regime comunista. Per qualche tempo ha
lavorato nell’impresa di un italiano: rivestiva di finta pelle i
tacchi di scarpe per donna. La
paga bassa, gli orari massacranti
di lavoro, la mancanza di prospettive per sé e la famiglia, lo
hanno convinto a tentare il viaggio verso «Lamerica». Sei mesi di
lavoro in nero a raccogliere pomodori e olive fra il Tavoliere e il
Casertano, poi il primo ritorno
in Albania perché fermato dalla
polizia e trovato senza permesso
di soggiorno. Con i soldi messi
da parte apre con la sorella un
piccolo esercizio alimentare, ma
le cose non vanno proprio bene.
Ritorna nuovamente in Italia e
trova impiego presso una fonderia in provincia di Reggio Emilia.
Ottiene un permesso di soggiorno e, per due anni, risparmia denaro. Ritornato in patria, Hamza
mette a frutto i suoi guadagni
investendo il denaro nel suo negozio, ingrandendolo, ma si lascia anche tentare dalle specula
zioni delle «finanziarie». Non
perde tutto, ma pensa di tornare. Solo che da noi l’atmosfera è
peggiorata per loro: gli albanesi
sono considerati tutti mafiosi e
criminali. Tutte le porte gli si
chiudono in faccia. Hamza ripete: «Ma questa è la casa del mio
pane». Non oso guardarlo in faccia; gli mormoro qualcosa cercando indirizzi di chi forse lo
potrà aiutare veramente. Quando se ne va, con un po’ di vergogna gli faccio scivolare nella mano venti 0 trentamila lire. Chiudo la porta dell’ufficio e non mi
sento molto bene.
La storia di Noemi
SUL tram, mentre torno a casa, penso ad Hamza e alla
sua storia, risento il suono amaro e disilluso della sua voce: ora,
anche per lui la «casa del pane»
non ha più cibo; le promesse di
sostentamento sono venute meno e, al posto di esse, ora c’è solo
fame, solitudine, disperazione e
sconfitta. A quale destino sarà
ora condannato Hamza?
Penso ad Hamza e vedo Noemi. Perché Hamza non decide
come Noemi di ritornare in Albania? In fin dei conti, nel suo
paese, egli ha ancora la sua famiglia, il piccolo esercizio alimentare da portare avanti con la
sorella. Ora, poi, si è avviato un
processo di democratizzazione
reale del paese e, dopo, anche il
sistema economico si avvierà in
uno sviluppo controllato con il
quale, speriamo, si eviteranno i
danni del liberismo imposto a
quel paese dalle varie istituzioni
internazionali cbe si erano offerte di aiutarlo a uscire dal disastro deU’ecohomia socialista. Sì,
ritornare non è sempre sbagliato! Che stupido! Sì, gli potevo dire che nel «ritornare» egli avrebbe trovato il suo vero «destino»:
«tornare» per curare i suoi e per
dare il proprio contributo alla rinascita del suo paese. Ma l’argomento del ritorno può avere
molte forme: per molti di noi
può significare tornare ai «bei
vecchi tempi», a idee e tradizioni che hanno determinato il nostro modo di pensare, di credere, di vivere. Il «nuovo» ci fa
paura, si presenta in forme che
non avevamo previsto e che non
sappiamo controllare? fa emergere aspetti negativi della nostra
esistenza? Se questo accade non
c’è nulla di necessariamente
sbagliato nel ritornare alla tradizione, a un agire consolidato
dalle esperienze del passato.
Ma, per Hamza, nato dopo la
guerra e vissuto sotto un regime
comunista, che senso ha ritornare? A quali tradizioni, a quale
storia, a quale vissuto comune?
fin dei conti, neppure per me.
Spero solo che questa «casa del
pane» continui a dare sostentamento almeno per me: Hamza
ha il suo destino e questo non
l’ho certamente deciso io. Per
questo sono stato in silenzio.
La scelta di Ruth
«Andate e lasciate»
Preghiamo
O Signore dell’universo ascolta questo figlio disperso
che ha perso il filo e non sa dov’è
e che non sa neanche più parlare con te.
Io lo so che tu da qualche parte ti riveli
che non sei solamente chiuso dietro ai cieli.
Voglio andare a casa la casa dov’è?
La casa è dove posso stare in pace con te.
O Signore, ascoltami, proteggimi
e il cammino quand’è buio illuminami.
Sono qua in giro per le città
e provo con impegno a interpretare la realtà
cercando il lato buono delle cose
cercandoti in zone pericolose
ai margini di ciò che è convenzione
di ciò che è conformismo
di ogni moralismo.
Voglio andare a casa la casa dov’è?
La casa è dove posso stare in pace con te.
Lorenzo Chembini
Nella Bibbia troviamo un
«filo rosso» nell’idea che
anche le tradizioni possono diventare nocive per la nostra esistenza quando la dominano. Se
noi sentiamo solo la voce del
passato e fissiamo lo sguardo in
direzione del passato, della «casa» che abbiamo lasciato, noi
possiamo diventare dei «disadattati al regno di Dio» (Le. 9,
62). Al contrario, per tutta la
Bibbia, la chiamata che viene rivolta agli esseri umani è un’altra: andate e lasciate. Nel suo insistere sull’Italia come la «casa
del pane», Hamza vede più lontano di me. Forse immagina un
mondo «diverso», quello su cui
noi, esseri liberi e ricchi, discutiamo, ma che non sappiamo
costruire. Un mondo in cui ogni
individuo, al di là della sua provenienza e della sua storia, possa sentirsi cittadino, parte integrante di esso solo per il semplice fatto di esistere. Utopie!
Hamza è la mia sfida. Di fronte a lui si è rivelato tutto il mio
«vuoto»; non ho nulla da dargli;
non ho nulla da promettergli;
non ho progetti né per lui e, in
Ma Noemi sulla sua strada
ha incontrato Ruth. Questa donna poteva abbandonare
al proprio destino la suocera,
anzi questa le consiglia di agire
proprio in questo modo. Ruth
non lascia Noemi, anzi l’accompagna nel suo cammino di ritorno. Per Ruth tornare a Betlemme non significa ritornare al
passato rassicurante delle proprie tradizioni o della propria
storia, ma «entrare» in un mondo per lei sconosciuto, nuovo,
dominato dall’incertezza. Con il
suo «ritorno» a Betlemme, Ruth
pone la suocera e se stessa di
fronte al fatto che, alla fine del
viaggio, entrambe potrebbero
ritrovarsi diverse, cambiate, rinnovate. Non è questo il risultato
cbe nella Bibbia viene indicato
come la fine di quel processo
che si chiama redenzione? Infatti, per redenzione, in qualsiasi
sfera della vita, si intende sostanzialmente la responsabilità
reciproca delle persone, in particolare la responsabilità dei forti e dei potenti verso i deboli e
gli indifesi, verso coloro cbe non
sono in grado di prendersi la responsabilità di se stessi. Perciò
la redenzione assicura lo sviluppo della vita delle persone in
quanto comunità e non semplicemente come un insieme di individui. Non era così il Dio
d’Israele, responsabile del benessere del suo popolo? Gesù
Cristo non è la rivelazione di un
Dio redentore per gli esseri
umani e i popoli del mondo?
Il libro di Ruth sottolinea soprattutto quanto sia importante
capire bene come l’essere umano debba collaborare con la grazia di Dio. In esso vi è dunque
una corrispondenza tra il modo
in cui Dio agisce e il modo di
agire di Ruth. Quando, nei loro
rapporti reciproci, le persone
agiscono secondo la categoria
della redenzione, esse costruiscono una società che corrisponde pienamente alla vita del
popolo di Dio.
(Prima di una serie
di tre meditazioni)
Note
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zza ed
nna. Ni
uj0ggi parla ancora di
a4til®o e di adulteri? Si
' piuttosto di qualcuno o
iuna che «ha una stoj ¡.on con un al
g si indica già così una
' lura di provvisorietà,
ttere di episodio di
o si conosce la conclu, Già non toglie che anoggl la perdita dellività di un rapporto di
jia comporti spesso sofnza profonda, un senso
imento e di vuoto, per^ umiliazione. La Bibirastica al riguardo;
ju^^mmettere adulterio»
[sodo 20, 14), e Gesù, se
lile, rincara la dose:
toiàvete udito che fu detto
in commettere adulterio”,
vi dico che chiunque
una donna per appegià commesso adultecon lei nel suo cuore», agiendo cioè quella ditne dell’intenzione che
lalogoWÉgià affermato a propore ruopotì«non uccidere».
M ca (ii Certo possiamo dire che,
osmi distanza di secoli
tuttoJoro,Wue passi biblici si
m^s^HO a un quadro di
latrimi familiari diverso dal
e unicb^jj.p^ donna era vi
nel contesto dei diritti di
«vuota marito. Ma che
I (jg jji 'è oggi l’adulterio? In una
ché qui ifitàcome la nostra, dove i
ianolofeorti sono plurimi e prei e protii, dove si è affievolita l’in
0 di legazione degli impegni «per
1-10); mòta», e non solo nel camiguari dei rapporti di coppia,
>ere ratabtaprevalere un senso di
3,3) «alìsmo che guarda con difpiù nifjenza e con Efficienza a
P®Ji crede neJI’aftiore per tut'°'''°!la vita, 0 magari semplice' ®^^te neJJ’amore, È infatti
1 luo rir®*^® parlare di adulterio,
(Ruth^^® come violento tradi. ¡I ritoipto della fiducia recipronadre»|laza parlare della quasperanwfcll’amore. Così lo defi3 le regghel suo linguaggio poequel lu«il pastore Carlo Lupo,
trovarildei maestri del passato
fontano, in un suo fitta la ¡ite di «Pensieri» di receniblicazione (Claudiana,
«L’amore reale è quelle include in sé ogni vite, e le predilezioni terrelO strumenti, canali, di
lo si vale per far scende%uo amore... ogni affetto
IO non può e non deve
____ iehiuso e finito, fine a
ag (no^y^o, ma deve essere
azatlTOverso l’infinito»,
in modo di considera
la «affetti terreni» come
® e strumenti di amore
‘Umanità, è certo poco
ente quando due si in■^uno, ^oprono con gioia
‘Pore l’attrazione reciproci cuore e dei sensi, han“hvelazione improvvisa
altro 0 l’altra diventa
' 0 unica, e intrecciano
. Un rapporto che non di
per essere unico, divenne esclusivo, taglia fuoUn. Ma, a ben vedere, la
nella coppia non è si
marci fltilrp no ' ® arricchenti con
Uxe«^'*8tafo sulla fedeltà
bni í^t^^iBune sui matri»atr, Ìf'i^nnfessionali» ap
e metodiste e dalla
etti, i*>.(love r! episcopal®
- ® i.ecita: «Oggi il pro
^,S'‘®nafedehàTcquTsm
perché l’inseri
entrambi = —
Storiò
-- ciurambi i coniugi
la sociale ha come
ljg®JJ®®za che marito e
anno spesso ambiti
e sociali diversi,
hö/a
)92,l
ran '1
fster *^®sionali
relazio
pp, 159' ‘®°noscimento nella
società e della migliore realizzazione delle reciproche doti
e aspirazioni è il segno chiaro
della fedeltà coniugale».
Si tratta tuttavia di un processo che va vissuto nella reciproca sincerità e fiducia,
non confondendo fedeltà
molteplici nello stesso ambito, sapendo che un vero amore non annulla né comprime la personalità dell’al
tro, ma l’accetta e la esalta. Il
contrario dell’adulterio non
è quindi un rapporto di coppia chiuso ed esclusivo, ma
l’accettare di scoprire nell’altro quel qualcuno (o qualcuna) che per dono divino ci
diviene intimamente prossimo, eppure non si confonde
con noi. «Io posso solo veramente amare - scrive ancora
Carlo Lupo - quando sono
staccato in modo completo
da chi amo», quando cioè
amo nella libertà. Certo, talvolta questo legame si affievolisce o si spezza, quando
semplicemente non viene a
noia, e si cerca allora di ritentare l’esperienza con un’
altra persona, si spera di riuscire, là dove prima si è fallito, a costruire un rapporto
autentico e significativo, una
vera, specifica e duratura solidarietà.
È il rischio al quale ogni
rapporto di coppia è soggetto, come ogni dtra cosa umana. Non possiamo escluderli
e dobbiamo saperli riconoscere nella sua verità, facendo appello alle risorse più
profonde del nostro discernimento, nella chiara consapevolezza di che cosa è in gioco. Il sapere che l’amore di
coppia apre alle possibilità di
sperimentare la comunione
più profonda e più libera che
possa esistere tra due esseri
umani può aiutare a riflettere
sia sul dono sia sul rischio
perché, come dice ancora il
«Testo comune», ogni autentico rapporto d’amore reca in
sé, quasi come un riflesso
dell’amore di Dio, la promessa della durata.
L'episodio del «Decalogo» cinematografico di Kieslowski
Una profonda frattura per il genere umano
AWEL GAJEWSKI
La puntata ispirata al comandamento «Non commettere adulterio» del famoso film «Il Decalogo» di Krzysztof Kieslowski è stata presentata alla fine degli anni
Ottanta nelle sale cinematografiche della Polonia sotto il
titolo «11 breve film sull’amore». 11 contenuto dell’opera
sembra essere molto lontano
dalla comune interpretazione sia dell’adulterio che
dell’amore. Non si parla di
una classica relazione sentimentale, di un matrimonio,
non esiste nessun «triangolo»
0 un’altra combinazione di
questo tipo. Il punto di partenza è molto banale: un
adolescente, Tomek, spia con
un piccolo cannocchiale
Magda, un’attraente giovane
donna del condominio di
fronte. È tutto virtuale, due
mondi separati da un muro
di vetro e collegati solo con il
filo del telefono che diventa
complice del gioco.
La piccola, scura stanza di
Tomek piena di libri e quaderni contrasta fortemente
con l’ampio, luminoso appartamento di Magda, adorna di splendidi arazzi. Il
dramma comincia quando il
muro scompare e i protagonisti si incontrano. E un incontro tra l’amore platonico,
anzi l’illusione amorosa vissuta da Tomek e l’erotismo
quasi volgare di Magda. Per
lei sembra esistere prima di
tutto il corpo, la materia, per
lui c’è solo la bellezza ideale
che non può essere toccata,
infranta. Questa storia esprime in fondo il concetto che
nel linguaggio biblico si associa alla parola «adulterio» e
cioè «frattura», «rottura». È
una profonda frattura vissuta
dal genere umano. Non c’è
più integrità tra lo spirito e il
corpo, essi appartengono a
due universi completamente
separati e un possibile incontro si trasforma in uno scontro pieno di forti tensioni.
Forse proprio qui noi cristiani abbiamo fallito? Nel
pensiero ebraico viene fortemente sottolineata l’integrità
dell’essere umano. Un atto
esteriore, corporeo, diventa
l’espressione di tutto Tessere
umano, del «cuore» umano.
Invece molte correnti spirituali dell’Occidente hanno
contribuito a divulgare una
dicotomia, se non addirittura
una schizofrenia: la purezza
dello spirito e l’impurità del
corpo. Sulla base di un comandamento che doveva
proteggere l’integrità di una
relazione ma anche l’armonia tra corpo e spirito, si è cominciato a giustificare una
patologica sessuofobia, esaltando esageratamente la dimensione spirituale dell’esistenza umana. Questa presa
di posizione ha distrutto o
danneggiato molte relazioni,
ha spesso favorito ipocrisia e
doppia moralità.
Molti sistemi religiosi e politici, parlando del matrimonio, della famiglia, tutt’oggi si
concentrano eccessivamente
sulla sessualità. Si ha spesso
l’impressione inquietante
che il controllo sulla sessualità e sulla procreazione sia in
fondo un tentativo di acquisire o riconquistare il potere
assoluto e il controllo totale
della società. Basta prendere
in mano il romanzo «1984» di
George Orwell per confrontarsi con l’onnipresenza del
«Grande Fratello» che pretende di dominare tutte le relazioni intime dei suoi subordinati. È un danno ancora
più grande se il Grande Fratello viene identificato con
Dio, puro spirito, nemico di
tutto ciò che è materiale, corporeo. In questo contesto
l’incarnazione del Figlio di
Dio o viene completamente
trascurata o presentata come
se si trattasse dell’apparizione di un eone, rinforzando in
questo modo una netta separazione tra due mondi.
Nel film di Kieslowski,
Magda, sconvolta dal tentato
suicidio di Tomek, comincia
a vivere tutta un’altra dimensione dell’amore. La sofferenza del ragazzo innocente la
redime e la redenzione significa in questo caso ricostruire
l’integrità dell’essere e delTamare, ma anche per Tomek
le cose cambieranno. Se l’incontro reale e non ideale con
Magda, con il suo modo di vivere l’amore, con la sua sensualità lo avevano portato in
un primo momento all’autodistruzione perché l’illusione
era stata distrutta, Tomek
però non muore. Dopo il ricovero torna a casa, debole,
stanco ma (il regista lo lascia
intendere) cambiato. I due
universi si sono riconciliati
anche se questa è una riconciliazione molto sofferta, addirittura traumatica. La riconciliazione però non può
essere che frutto di un lungo
viaggio dentro il proprio cuore, di una profonda conversione. La confessione dei peccati individuali e sociali potrebbe diventare molto lunga
se solo si fosse disposti ad entrare nei dettagli di situazioni
apparentemente «normali».
Additare solamente fenomeni di difficoltà relazionali,
crisi matrimoniali e familiari,
abusi sessuali rischia di diventare un altro luogo comune e un grave errore. La personalità frantumata dell’essere umano ha bisogno di ricostruire l’unità tra le sue
componenti, di riscoprire
l’amore nella sua completezza, di trovare la via di riconciliazione tra i due sessi. In
questo cammino l’antico comandamento non perde affatto la sua attualità: non è
solo una semplice protezione
del matrimonio ma diventa
un richiamo a proteggere e
salvaguardare l’amore in tutte le sue dimensioni, forme
ed espressioni in tutta la sua
libertà. Questa ottica suppone però una grande responsabilità da parte di tutti. Nessuno può trascurare la rivoluzione iniziata da Lutero anche in questo ambito: «Conscientias liberare et certificare fide», liberare le coscienze
e dare loro, per fede, la certezza. Questa frase applicata
al discorso sul settimo comandamento del decalogo
vuol dire soprattutto assumere la responsabilità, il peso, il
rischio e la gioia di vivere e di
amare in modo coerente e
cosciente.
La soluzione ebraica al problema
La legge dell'unicità
orienta la vita morale
Quale sarà la soluzione
ebraica del problema sessuale? Essa non può essere che
l’applicazione del principio
etico ebraico fondamentale,
che in nessun modo potrebbe esprimersi meglio che con
la formula: Legge dell’unicità.
L’unicità, ecco il concetto
che anima tutto il pensiero e
tutta l’azione d’Israele; che si
esprime in testa al Decalogo
con l’ammonimento solenne
«Non avere altri dei di contro
a me» e che si ripete come
atto di amore da ogni ebreo
tre volte al giorno quando si
attesta: «Il Signore, Dio nostro, il Signore è unico». Legge dell’unicità che significa,
nella vita morale, imprimere
un carattere unitario alla nostra personalità, e quindi
escludere, vincere e dominare tutte le passioni che frantumano l’unità della nostra
persona e dietro le quali sogliono deviare, come dietro
falsi dei, gli occhi e il cuore
dell’uomo; convergere tutte
le energie verso un unico fine, tendere tutti gli sforzi verso un unico ideale, fondere
tutti i sentimenti in un unico
amore. La legge dell’unicità,
nella vita sessuale, vorrà dire
dunque monogamia assoluta; morale unica per i due
sessi. Monogamia assoluta:
uno per una, una per uno;
ogni rapporto sessuale aberrante dell’unicità è condannato e escluso, perché spezza
l’amore dividendolo su soggetti diversi. (...)
Brevemente dirò del divorzio. I pochi accenni contenuti nella Torah non possono
essere valutati nel loro intento senza considerare gli ampi
sviluppi che la legislazione
sul divorzio ebbe nel Talmud
e in tutta la posteriore interpretazione rabbinica. L’atto
di divorzio fu circondato
sempre da tali e tante cautele
che in Israele divenne un fat
to d’eccezione, e fu adottato
come difesa dell’innocenza
ingiustamente colpita piuttosto che come soddisfazione
di un capriccio poiché sarebbe vano nascondere che gli
uomini sono ben lungi dall’essere perfetti e sarebbe incompleta una legge che, non
prevedendo il male, neppure
provvedesse a mitigarne le
conseguenze. Ora, per l’ultimo legame che stringe i coniugi nella famiglia si danno,
purtroppo, dei casi in cui la
colpa dell’uno graverebbe in
modo ingiusto sull’altro se la
legge non intervenisse a sciogliere un vincolo che contraddice ormai ai fini per i
quali fu contratto. Ecco l’origine del divorzio di cui Israele non abusò mai, che non fu
mai ritenuto, come in certi
paesi moderni, come una
«preziosa conquista del progresso» verso la licenza e il
capriccio ma come una dolorosa necessità, circondata
sempre da un’ombra di tristezza. Prospettato sotto questa luce, il divorzio non può
apparire affatto in contraddizione con l’ideale monogamico che del resto rifulge fin
dalla creazione del mondo
come la norma a cui tutta
l’umanità deve attenersi. Al
primo uomo fu data una
donna sola, e non a caso:
l’autore del racconto non tace la sua intenzione prima,
che è di insegnare agli uomini la legge dell’unicità nella
vita sessuale, e riassume il
suo pensiero nella limpida,
scultoria frase conclusiva:
«Perciò l’uomo lascia suo padre e sua madre e si unisce
alla sua donna, ed essi diventano un essere solo».
(Entrambi i brani sono tratti
da: «Non commettere adulterio» di Enzo Bonaventura, nel
libro II Decalogo, editrice
Israel, Firenze, 1974; p. 103 e
pp. 106-107).
Il divieto di adulterio
Una tutela della vita
del prossimo e della famiglia
Letto a partire dal prologo,
il divieto di adulterio non appare come divieto morale o
addirittura principalmente
sessuale. In esso si tratta,
esattamente come nel divieto
di omicidio che lo precede, di
tutelare la vita del prossimo e
della sua famiglia. Per capirlo
bisogna ricordare [...] che esso si rivolge a uomini e che
con esso viene loro vietato di
intromettersi in un altro matrimonio. Ciò che è vietato,
dunque, è la relazione con
una donna sposata o legalmente fidanzata. Per poter
correttamente valutare la tutela del matrimonio del vicino e del prossimo a cui qui si
tende, è necessario ricordare
brevemente che la famiglia,
nella società dell’epoca, aveva una funzione e una rilevanza vitali. La vita, a quei
tempi, in ogni caso al di fuori
delle poche grandi città, era
possibile solo alTinterno di
una famiglia. Solo la grande
famiglia, tra l’altro con la sua
autonomia economica, poteva (e doveva) fornire a più generazioni il fondamento vitale per tutti i suoi membri. In
questo erano compresi anche
ad esempio la garanzia del
possesso ereditario, la crescita dei figli legittimi come eredi e garanti della tutela degli
anziani ecc. [...].
Nel caso di adulterio tutto
questo entrava ovviamente in
gioco almeno potenzialmente. La legittimità della discendenza, la conservazione della
famiglia e della sua proprietà
fondiaria: anche di tutto questo si trattava. L’adulterio minacciava di mettere in forse,
effettivamente e in modo
molto concreto, il fondamento della vita del prossimo e
del vicino.
(Tratto da F. Crusemann:
Bewahrung der Freiheit. Kaiser
Traktate 78, Monaco, 1983, citato da Daniele Garrone in Servitium, n.l08, 1996, p. 68).
Riforma ABBONAMENT11997 ITALIA ESTERO
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- ridotto £ 85.000 - via aerea £ 190.000
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intestato a Edizioni Protestanti s.r.l., via S. Pio V15 bis, 10125 Torino.
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RIFORMA
VENERDÌ 5 SETTEMRd
Denver: Assemblea generale della Chiesa cristiana degli Stati Uniti
La gioiosa assemblea dei Discepoli di Cristo
Un incontro all'insegna dell'informalità, scandito dalla preghiera, dal canto
e dalla riflessione libera e spontanea. Grande attenzione ai problemi sociali
PAOLO NASO
L> ASSEMBLEA generale
I della Chiesa cristiana degli Stati Uniti, più nota come
«Discepoli di Cristo», ha i toni e i colori di una «convention» piuttosto che di un Sinodo e di qualsiasi altra assise di un organismo ecclesiastico. Quando a fine luglio
quasi diecimila «Discepoli» si
sono trovati a Denver per celebrare l’Assemblea generale
della loro chiesa, che ha luogo ogni due anni, è stata soprattutto una festa, un incontro gioioso scandito dalla
preghiera, dal canto, dalla riflessione libera e spontanea.
Ai piedi delle Montagne rocciose, nel grande «Convention Center» di Denver (lo
stesso dove poche settimane
prima si era svolto il Summit
dei leader degli stati più industrializzati) era impossibile
distinguere tra delegati e osservatori; la stmttura dell’Assemblea è infatti in assoluta
prevalenza informale e le sessioni propriamente decisionali sono ridotte a poche ore
conclusive dopo una settimana di incontri.
Una forte e gioiosa
spiritualità biblica
Per il resto è scambio, riflessione, culto. Nulla a che
fare con la severità della tradizione sinodale riformata o
con il rigore delle procedure
di una chiesa pure vicina e
sorella come quella presbiteriana: il «libro dei regolamenti» dei Discepoli conta meno
di dieci fogli; tutti i materiali
di discussione dell’Assemblea di governo di una chiesa
che conta una popolazione di
oltre un milione di persone
distribuite in oltre 4.000 comunità locali, dispoùe di
quasi 7.000 pastori e sostiene
oltre cento missionari in Africa, Asia e nel Pacifico, si riducono a meno di cinquanta
pagine. L’informalità nei processi di governo della chiesa
affonda le sue radici nella
storia di questa denominazione: la «Chiesa cristiana»
da una parte e i «Discepoli di
Cristo» dall’altra nacquero
all’inizio dell’Ottocento nel
quadro storico e culturale
dello «spostamento» della
frontiera verso l’Ovest. Dopo
essersi sviluppate, rispettivamente, sotto la predicazione
di Barton Stone e di Alexander Campbell, le due chiese
si unificarono nel 1832. Nel
clima di frammentazione e di
improvvisazione religiosa
della «frontiera», i pastori
della «Christian Church» e
dei Discepoli predicavano
Una veduta panoramica dell’assemblea dei Discepoli di Cristo a Denver
una chiesa unita, fondata su
poche e semplici formulazioni dogmatiche: la fede in Gesù Cristo, il battesimo (ancora oggi in prevaienza degli
adulti) la partecipazione settimanale alla Santa Cena.
Questa «leggerezza» dogmatica ha fatto dei Discepoli
una chiesa strutturalmente
ecumenica e impegnata nel
dialogo con tutte le altre comunità di fede. Infatti sono
attivamente impegnati nel
Consiglio ecumenico delle
chiese e nel Consiglio nazionale delle chiese degli Usa,
l’organismo che raccoglie le
principali denominazioni
protestanti e ortodosse degli
Stati Uniti: l’attuale segretaria generale del Consiglio,
Joan Campbell, è pastore
consacrato dei Discepoli.
La Chiesa cristiana fa anche parte del Cocu (Covenant
on Church Union), un patto
di comunione tra alcune delle principali denominazioni
protestanti degli Stati Uniti;
tra i Discepoli e la Chiesa di
Cristo Unita (Ucc, un milione
e seicentomila membri attivi)
esiste un vero e proprio patto
di reciproco riconoscimento
che ha reso possibile la collaborazione in molti programmi sociali e missionari e l’integrazione di alcune strutture
operative.
Una viva attenzione
ai problemi sociali
«Leggerezza dogmatica»
non significa identità incerta:
al contrario, i Discepoli sono
una chiesa ben ancorata al
ramo riformato della tradizione protestante e costitui
la
scono una componente ben
caratterizzata dell’evangelismo americano; il suo tratto
più specifico è forse l’intreccio tra una gioiosa spiritualità biblica e una viva attenzione ai problemi sociali di
oggi. È risultato molto evidente nel corso dell’Assemblea di Denver; al fitto programma di studi biblici e di
momenti di culto corrispondevano altrettante occasioni
di informazione e riflessioni
su argomenti di grande attualità; il razzimo, la povertà,
la lotta contro le mine, l’edu
cazione dei bambini e
riforma dello stato sociale.
Proprio questi due temi sono stati al centro di un’ampia riflessione che ha costituito uno dei momenti più
alti dell’incontro. Marian
Wright Edelman, educatrice
e responsabile di un Centro
per la difesa dei diritti dei
bambini che ha sede a Washington, ha posto con forza
l’accento sui gravi probiemi
ancora irrisolti dell’infanzia.
«Nel suo messaggio alla nazione - ha detto - il presidente Clinton ha affermato
che l’Unione è forte e che 1’
America è grande. Ma quanto forte e grande è un paese
in cui la percentuale dei
bambini uccisi da armi da
fuoco è 12 volte superiore alla media mondiale? Quanto
sicuro è un paese in cui ci sono 10 milioni di bambini non
assicurati e quindi sostanzialmente esclusi da un sistema sanitario che garantisca
cure adeguate? Quali opportunità sono offerte ai bambini di un paese che, eliminando o riducendo il sistema
delle “azioni affermative” rischia di escludere le minoranze etniche dai iivelli di
istruzione superiore?».
Il ruolo delle chiese
nella società americana
L’Assemblea di Denver si è
svolta in un momento poiitico assai difficile: proprio in
quei giorni infatti il Congresso americano stava approvando il bilancio e significativi tagli aila spesa sociale. «In
questa circostanza - ha ancora affermato la Edelman - le
chiese sono chiamate a dire
la loro e a essere parte della
soluzione e non parte del
problema. E si è parte del
problema riducendo le politiche sociali nei confronti dei
bambini e di quelli delle minoranze in particolare, mentre si è parte della soluzione
rilanciando politiche di assistenza. Si è parte del problema quando si lasciano i bambini e i giovani esposti di
fronte al mercato della droga
che è aperto 24 ore al giorno
per sette giorni la settimana;
si è parte della soluzione dedicando spazi, tempi, risorse
finanziarie e umane delle
chiese ai bambini e ai giovani». Un messaggio molto netto nelle sue implicazioni politiche e di testimonianza
della fede. Un messaggio che
i 1500 teen-agers presenti
all’Assemblea, coloratissimi e
pienamente partecipi, hanno
raccolto con entusiasmo come «missione» della loro
chiesa. Una missione difficile, raccontata con gioia, cantata con entusiasmo e soprattutto vissuta con fiducia.
La Mendola: 34^ Sessione dei]
La via obbligata del dialo]
con le altre religioni
EMMANUELE PASCHETTO
Dal 26 luglio al 2 agosto
si è svolta al Passo della
Mendola, in provincia di
Trento, la 34“ Sessione di formazione ecumenica indetta
dal Sae (Segretariato attività
ecumeniche), organismo interconfessionale di laici, fondato e diretto per mezzo secolo da Maria Vingiani.
L’anno scorso la sessione
non aveva avuto luogo: un
anno sabbatico, per meglio
riflettere sulle strutture e gli
scopi di questa organizzazione che sta passando un momento di transizione e di
riorganizzazione statutaria
sottolineato dal passaggio
delle consegne al vertice:
Maria Vingiani pioniera carismatica e superba protagonista di cinquant’anni di
ecumenismo nel nostro paese ha lasciato la presidenza
del Sae, ed Elena Covini è
stata chiamata a sostituirla. A
sottolineare il lavoro instancabile e fecondo di Maria
Vingiani il recente riconoscimento di Giovanni Paolo II
che l’ha insignita del titolo,
mai conferito prima ad una
donna, di «Signora dell’Ordine di San Gregorio Magno»,
per i suoi meriti ecumenici.
La sessione ha visto la presenza di oltre 400 iscritti,
provenienti da tutta Italia,
cattolici in grande maggioranza, protestanti, ortodossi
ed ebrei. A fronte di una cinquantina di sacerdoti cattolici e ortodossi, pastori evangelici, suore e frati, un popolo di «laici» maturi e impegnati, con una notevole presenza di giovani.
Il tema, «L’Ecumenismo di
fronte al dialogo interreligioso», apre una nuova stagione
di confronti del Sae con il più
ampio orizzonte costituito
dalle fedi viventi non cristiane, segno che questo organismo non ha perso vitalità ma
si pone sempre in prima linea sulle frontiere della fede.
E proprio per permettere a
cristiani delle diverse confessioni di dibattere il tema con
maggiore libertà si è rinunciato quest’anno alla presenza di credenti provenienti da
altre esperienze religiose,
dando spazio a relatori cristiani esperti di religioni e discipline orientali.
In apertura gli interventi di
padre Favaro, missionario,
del pastore Paolo Ricca, docente alla Facoltà valdese di
teologia di Roma, del prof.
Amos Luzzatto, chirurgo,
membro della comunità
ebraica di Venezia, di Piero
Stefani, biblista laico cattolico, hanno introdotto l’argomento da diverse angolature,
sottolineando l’importanza
del dialogo interreligioso co
10
BIGIC
re»i *
collani
me urgenza obbligata
stro tempo. Nei gioj.
cessivi vi sono stati
interventi di doncio
Cereri, docente all’lsti|studi ecumenici diy.
che ha relazionato
orientamenti attuai
quanto concerne ia
con le altre religioni,
Consiglio ecumenlcip«-«!:'
chiese (Cec) che deUiacif’
cattolica, e di mojjjcin&^l '
Fitzgerald, segrete
Pontificio Consigli
dialogo interreligioso]
inquadrato l’argom
una conferenza da[
«Profezia, semi del Vi
vità e creatività dello
Come sempre le
sono state scandite d
ditazioni mattutine,.
verse liturgie, cattolici
gelica, ortodossa ed
nica e dal lavoro del
13 quest’anno, che k
battuto i diversi aspi
dialogo con le altren
e con la cultura laici
meditazioni, molto li
santi quelle di padre.
Sottocornola che vive
tre 15 anni in Giap^..
sieme alla famigliai
bonzo buddista, chef
luppato una particol|
sibilità per questa rei
orientale e di padre T
Matus, camaldolese,
gioventù era stato ^
induista.
Ospiti particolari deK"’
rimana mons. Pietri °
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generale di Sarajevo c^i
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ne civile e religiosa dej||n
snia-Erzegovina. 'Il II
La presidente emerl
Sae, Maria Vingiani,
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festeggiata venerdì 1
quando ha tenuto un'|Qjg
sionata rievocazione
quant’anni di lavoro d|Tj.|
dai suoi incerti inizi
giorni nostri. Da segi^jj^
infine il lavoro prezioijgjjj
due giovani «litrirgistii,||j jjjj
cerdote Carlo Francollyyjg,
no e la pastora Elisabef‘ ’
riformata tedesca, ins
presso la Chiesa vald
Milano.
Come sempre la sd
intensa e sostanzi
mantenuto le sue pn
soddisfacendo ancb
che prendendovi p
prima volta si sona
dapprima con circo
e quasi timore, e sono
via via familiarizzandi
la metodologia segj
l’ampiezza dei temi
riportandone un giu
tamente positivo.
»
fm
Dopo la decisione del Sinodo della Chiesa luterana
Usa: piena comunione tra luterani e riformati
Dopo l’Assemblea generale
della Chiesa presbiteriana
degli Usa, svoltasi lo scorso
luglio, il 18 agosto anche il Sinodo della Chiesa evangelica
luterana d’America ha approvato un documento che, stigmatizzando le incomprensioni e le reciproche condanne
dei secoli scorsi, intende promuovere la piena comunione
tra alcune delle chiese appartenenti ai due grandi rami del
protestantesimo. Il documento, definito «Formula»,
prevede il reciproco riconoscimento dei ministeri e dei
sacramenti celebrati nelle varie chiese che la sottoscrivono; invita esplicitamente,
inoltre, al riesame e alla ri
scrittura della storia delle polemiche e delle divisioni tra
luterani e riformati che, nei
secoli, hanno pesantemente
diviso comunità di fede che
pure aderivano ai principi
della Riforma protestante.
Sin qui hanno aderito alla
«Formula» la Chiesa presbiteriana degli Usa (2 milioni e
settecentomila membri), la
Chiesa evangelica luterana
d’America (cinque milioni di
persone, quasi quattro milioni dei quali membri attivi), la
Chiesa unita di Cristo (un milione e mezzo di membri) e la
Chiesa riformata in America
(400.000 membri).
Prossimamente, quindi
pastori regolarmente consa
crati in ciascuna chiesa aderente alla Formula potranno
essere riconosciuti e chiamati a servire anche nelle altre.
«Oggi è un giorno in cui
esprimiamo profonda gratitudine a Dio - ha affermato il
pastore H. George Anderson,
vescovo della Chiesa evangelica luterana in America - per
averci chiamato con insistenza a superare le divisioni che
hanno separato i cristiani luterani e quelli riformati in
America».
Alla Formula non ha aderito la Chiesa luterana-Sinodo
del Missouri, un ramo del luteranesimo americano che
raccoglie poco più di 2 milioni e mezzo di membri, fner)
50 delegate delle chiese ortodosse riunite a Istanj^
Donne ortodosse: rinnovarsi nella tradiziit^
Rinnovare i costumi e le
preghiere nelle chiese ortodosse, scrivere nuovi inni,
sollecitare i ministeri femminili nella chiesa toccando anche la questione dell’ordinazione delle donne, sono i diversi temi su cui si sono confrontate a Istambul 50 delegate delle chiese ortodosse.
L’incontro si è svolto nel quadro delle iniziative per il «Decennio di solidarietà delle
chiese con le donne».
Le partecipanti hanno sottolineato fortemente la necessità di un rinnovamento
nelle pratiche tradizionali
delle chiese ortodosse. In
particolare si sono riferite alia tradizione secondo cui le
madri, nei primi 40 giorni
dopo la nascita di un figlio,
non devono andare in chiesa, cosi come alle «preghiere
speciali in casi di aborto, di
interruzione di gravidanza, e
dopo il parto». Alcune delle
presenti hanno dichiarato
che ritengono «queste pratiche e queste preghiere contrarie alla teologia della chiesa, in considerazione della
dignità attribuita da Dio alle
donne e alla loro liberazione
in Cristo».
In una raccomandazione è
stato affrontato anche il tema
dell’ordinazione femminile.
Molte partecipanti hanno ac
colto con favore l’idea
di
chiedere che sia tenuta una
conferenza interorbWffligjjjj^
nella quale uomini cPGesii
possano affrontare^bellajjjj
stione anche sotto l^'baecclg
teologico e spirituale. ¡Ppptezjrji
In un momento in
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5
li 5 SETTEMBRE 1997
Cultura
PAG. 5 RIFORMA
Le donne ugonotte nell'ultimo lavoro letterario di Bruna Peyrot
La memoria delle prigioniere
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WUn romanzo sull'amore e sulla solidarietà che prende le mosse dalle
fiiìolte credenti incarcerate nella Torre di Costanza a causa della loro fede
tjMlÿXA MAURIZIO
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JIÌ3ÓNIERE della TorJe», edito da Giunti
collana Astrea, l’ultima
Iggptaria di Bruna Peyjaclnta la storia delle
■■ donne ugonotte
fliÌaTrancia settecente)ve l’assolutismo moco vietava ai sudditi
iti di esprimere libe;e il loro credo, venneionate nella Torre di
; La loro vita prima,
te e dopo la prigionia
torre che incombeva
¡cittadella di Aigues$ sugli stagni salati
lat^margue, occupa la
e’ia metà della secon:edel romanzo. Il resto
ita poi in particolare la
una delle prigionieiarie Durand, «che volle
itvare la memoria di
darietà protestante
■ebbe trovato ragione
:oria».
assionante, coinvolfino alla commozione,
della Torre nasce
di un percorso
"autriée durato quasi
Inlesp gestazio
. ’ ffliolto tempo prima, da
«Bambina intorno ai
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^ senti
1 di Pir storia di Marie
Bruna Peyrot
Durand. L’ho portata con me
fino al presente - scrive la
Peyrot nella parte finale del
romanzo La storia ritrovata memoria carsica, l’ho sognata molte volte, annegamento
inconscio che appare, al risveglio, più vivido delia realtà. Da anni i miei pensieri
tornavano là, come se si trattasse di tornare a casa, di rivedere persone amiche, di riconoscere volti familiari».
Prigioniere della Torre è allora un romanzo sull’amore e
la solidarietà, è una storia,
tante storie di donne legate
da una consapevolezza crescente, a volte dolorosa, della
propria fede, è un cammino
che si fa insieme alle prigioniere, trascinati dalla loro
forza e dalla loro libertà, nonostante le mura possenti
della Torre. Le donne della
Francia settecentesca vivono
a tutto tondo, parlano tra di
loro, si raccontano, scrivono,
descrivono, e in questo modo
il romanzo storico di Bruna
Peyrot si fa vario: lirico a volte, tragico e doloroso altre,
fonte preziosa di documenti
inediti in altri passaggi, trascinante, quasi cinematografico, lasciando al tempo stesso ampio spazio all’immaginazione e anche alla fantasia.
«Non potevo raffreddare
nel saggio storico il materiale
che via via mi trovavo di
fronte nelle librerie e nelle biblioteche di Torre Pellice, di
Nîmes, Montpellier, Parigi spiega l’autrice - Le donne
della Torre mi venivano incontro, alcune con molti
scritti, altre con il semplice
nome. Attraverso quell’isola
femminile ho cominciato a
leggere i sentimenti della reclusione, i bisogni della fame
e della sete, i conflitti di una
convivenza obbligata, sperimentando ogni cosa nell’empatia creata dalla loro evocazione, prima ancora che si
trasformasse in racconto».
Protagonista imponente e
crudele la Torre di Costanza,
misteriosa e impressionante,
immota e cilindrica, si pone
come luogo fisico della prigionia ma anche come simbolo di una lotta, come punto di riferimento per raccontare la storia della conquista
della tolleranza da parte dei
protestanti francesi, raccontata dal punto di vista di alcune delle sue protagoniste,
dalla più celebre Marie Durand, fino alle più umili.
Sempre costante, talvolta
dominante, non è solo la presenza della Torre ma anche il
paesaggio inquietante e ventoso della Camargue: «In
questo romanzo il paesaggio,
i paesaggi, il vento, il sale e gli
stagni, la “garrigue” sono stati veicoli reali e simbolici dice Bruna Peyrot - dei tormenti e dei dubbi, delle domande e anche delle speranze che mi hanno accompagnato durante tutto il percorso che ha portato alla stesura
di Prigioniere della Torre».
Ancora una volta dunque ritorna l’incontro-scontro tra il
«dentro» e il «fuori», tema ricorrente anche nelle altre
opere di Bruna Peyrot, chiave
di lettura della scena collettiva e della storia individuale, e
ancora una volta è la scrittura, quella dell’autrice, quella
che emerge dalle lettere di
Marie Durand, che diventa
una possibile risposta della
storia alla storia.
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iesad 11 volume di Gerald O'Collins
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se negli ultimi anJpttolti teologi concen■improprio interesse sulyto Santo, il dibattito
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Ito del gesuita austraìerald O’Collins, pro¡te all’Università Grego’’iigià noto in Italia soto per i suoi studi sul
Iella resurrezione.
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.«»i'*®1 resto molto clasnel sottotitolo:
j, pdeldato biblico, storia
i ^'■'flessione ecclesiale,
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La cristologia di 0’
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^lone, che da un lato è
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della storia, dall’al
propulsore degli
tàfll^^^diinenti dogmatici
» biblica è ben co
|7|g^t didatticamente utile,
l^ente avvertita: l’aule sue conoscenero ■-fendere la continuità
numerosi elementi di grande
interesse, sono spesso condotti in modo marcatamente
speculativo: il dato biblico
viene cioè utilizzato come
«trampolino» per argomentazioni di tipo deduttivo, per
esempio sull’onniscienza di
Gesù, o sulla sua incapacità
di peccare o simili: argomenti
certo classici del trattato cristologico che però, recentemente, anche la teologia cattolica tende a formulare in
modo diverso, più storico e,
appunto, meno deduttivo.
O’Collins inoltre non fa mistero della sua viva simpatia
per un’impostazione il più
possibile tradizionale dei temi notoriamente controversi,
come la nascita verginale.
(*) G. O’Collins: Cristologia.
Uno studio biblico, storico e sistematico su Gesù Cristo. Brescia, Queriniana, 1997, £ 50.000.
Il libro di un predicatore cinese
Un sussidio per la vita
spirituale del credente
PIERO bensì
E finalmente reperibile anche in italiano un libro’*
che nel mondo anglosassone,
in molti ambienti evangelici,
è ancora oggi, a settant’anni
di distanza dalla prima edizione cinese, un punto di riferimento insuperato per la
vita spirituale. Si tratta de
«L’uomo spirituale» di Watchman Nee. L’autore, famoso
predicatore cinese, ha trascorso molti anni della sua
vita in carcere a motivo della
sua coraggiosa testimonianza
cristiana.
In questo libro, denso e
ponderoso, uscito originariamente in tre volumi, vuole
aiutare il credente a percorrere il suo itinerario cristiano;
a passare cioè, sotto la guida
della Parola di Dio, dalle elementari alle superiori. Un
Teatro a Guardia Piemontese
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'*^‘]j^^®'^'^Iesiastico. Anche
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Più strettamente
'Ili- pur presentando
Occitani nella casa del mago
STEFANO FOLINO
UNA cornice di pubblico
attento, interessato e
competente ba seguito e apprezzato la rappresentazione
teatrale «La casa del mago» di
Franco Dionesalvi a Guardia
Piemontese. I giovani attori
de «La teatral compagnia del
mago», sotto la regia di Claudio Dionesalvi, hanno ottimamente interpretato il testo, ispirato alle vicende di
Guardia Piemontese, che racconta la storia di Gian Luigi
Pascale e l’eccidio dei valdesi
per raccontarne altre mille
diverse per epoca e costumi
ma uguali nel loro significato,
per restituire dignità a quanti, nel corso del tempo, sono
stati perseguitati in nome
dell’intolleranza razziale, religiosa, politica, sessuale, culturale, etnica.
Gli atti della rappresentazione sono stati inframmezzati dal canto in occitano di
sei canzoni da parte di un
gruppo di ragazzi guardioli in
costume tradizionale da festa. Se per il numerosissimo
pubblico forestiero sarà stata
una bella rappresentazione
teatrale, per gli abitanti di
Guardia Piemontese è stato
molto di più. La magia della
torre, la partecipazione degli
abitanti stessi, il rivivere la
propria storia ha reso lo spettacolo un evento, e i residenti, consci che è la loro storia
ad averlo partorito, la considerano un nuovo tassello del
loro modo di essere.
cammino non facile: l’autore
non nasconde nessuna delle
difficoltà che il credente incontra nel suo itinerario di
fede, ma offre delle indicazioni chiare per superarle.
Nella prima parte del libro
il discorso è centrato sulla
croce di Cristo come unico
strumento offerto da Dio per
annullare la nostra «carne».
Sulla croce non solo il nostro
peccato è stato perdonato
ma, se crediamo, anche il nostro vecchio uomo è stato inchiodato. Nulla di ciò che appartiene alla vecchia creazione può essere gradito a Dio,
neppure le opere migliori,
neppure la pietà religiosa. Secondo Watchman la carne rimane carne, anche quando è
«carne religiosa» non può diventare «buona», può soltanto essere crocifissa.
Nella seconda parte, Nee
esamina con cura minuziosa
le tre espressioni in cui si manifesta la nostra personalità:
spirito, anima e corpo. Non si
tratta di tre «parti» distinte:
l’uomo è un’unità, che però
si manifesta in tre modi diversi. Le pagine dedicate
all’analisi della nostra psiche,
quale sede della mente, dell’emotività, della volontà, sono di una profondità e acutezza straordinarie. Nulla ci
viene risparmiato e l’autore
riesce a scoprire i mille nascondigli in cui si cela e si camuffa il nostro «io» carnale,
anche l’«io» religioso. Uno
specchio impietoso di fronte
al quale bisogna ogni tanto
fermarsi per ricercare la grazia di Dio. Che è appunto
l’unica medicina che può
guarirci dai nostri mali interiori, quando li riconosciamo.
Un bel libro da centellinare, scritto in un linguaggio
semplice e scorrevole, che
rende piacevole la lettura.
Presentazione pubblica a La Spezia
Concilio e papato
nell'età del Rinascimento
GABRIELLA LO BRANO FORMA
{*) Watchman Nee: L’uomo
spirituale. Ed. Eun, Marchitólo
(Va),pp. 512, £.64.000.
Venerdì le maggio nella
chiesa evangelica metodista di La Spezia il prof. Aldo
Landi, docente di Storia moderna a Firenze, ha presentato in una conferenza-dibattito organizzata dal Collettivo
culturale, il suo ultimo libro
dal titolo Concilio e papato
nel Rinascimento. Un problema irrisolto (Claudiana).
L’esposizione è partita dalla seguente premessa: l’aspirazione a un tipo di potere
non monarchico ma conciliare non è limitata al periodo del Rinascimento ma, nei
confini dell’ortodossia, attraversa tutta la storia della
Chiesa come un’esigenza irrinunciabile, basata sul modello delle prime comunità
cristiane. Le due concezioni
di autorità, quella assoluta e
quella conciliare, si sviluppano in parallelo attraverso i
secoli, senza seguire una linea costante né prevalente,
ma secondo un andamento
ciclico. Da una parte si assiste allo sforzo del papato di
imporre l’unica autorità fondata sul clero, dall’altra non
viene negato l’aspetto collegiale che possa frenare il potere del papa e affiancarvi la
comunità. In alcuni momenti
di grave crisi istituzionale o
morale, le due diverse concezioni di autorità si scontrano
apertamente. Così avviene
durante l’epoca del grande
scisma (1300-1400), quando
le due sedi papali a Roma e
Avignone e i due papi rendevano sempre meno credibile
il potere religioso.
A questo periodo Landi fa
risalire le origini dell’idea
conciliare, cioè la proposta
di un organismo collegiale
che operi una riforma della
Chiesa. Nel 1409 è indetto a
Pisa un Concilio coraggioso e
sofferto, nel quale i due papi
vengono deposti per eleggerne un altro. Le decisioni del
collegio rimangono tuttavia
senza effetto: i papi non rinunziano al potere per cui si
arriva alla presenza di tre
pontefici: il Concilio di Pisa
fallisce perché è privo del sostegno dei poteri politici che
costringano i due papi deposti ad accettare la sentenza
del Concilio stesso, e tuttavia
ha il merito di recuperare i
valori di conciliarità nella
Chiesa.
Nel 1414 a Costanza si ha
un nuovo Concilio, sostenuto dall’autorità imperiale. I
papi, abbandonati dai loro
fedeli, si ritirano e l’assemblea elegge il nuovo papa
Martino V. Dopo questo momento, l’assemblea viene indetta solo due volte, a Siena
e a Basilea. Inizia infatti una
sottile ma palese lotta curiale
contro il Concilio.
Il papa tenta di eliminare il
potere democratico in nome
del primato pontificio e l’autorità collegiale viene soffocata dai concordati che assicurano al papa l’appoggio del
potere secolare. Il sovrano
stabilisce di non convocare
Concili, che pure erano richiesti a ogni conclave, in
cambio del controllo delle
nomine vescovili.
Il prof. Landi ha ricercato e
preso in esame le tracce dell’aspirazione a un potere conciliare, che continuano a sopravvivere nella Chiesa fedele
a Roma, anche dopo tanti
ostacoli e tanti insuccessi. Il
papa Pio II, dopo Basilea,
pubblica la bolla «Execrabilis» contro l’idea assembleare
e condanna chi la sostiene.
Dopo un primo atteggiamento cauto, la bolla viene ripresa
nel 1500 e suscita immediate
reazioni da parte di principi
contrari al papa per ragioni
politiche, di vescovi e cardinali, pensatori umanisti. Si
indice infine un Concilio a
Pisa, città dei banchieri, nella
quale il papa Giulio II aveva
in mano il ricatto delle operazioni finanziarie. Nel collegio si presentano al papa reiterati inviti per risolvere i
contrasti tra le città (come
Bologna e Ferrara) senza la
soluzione delle armi ma con
un patto di pace.
Questo Concilio è protetto
per ragioni politiche dal re di
Francia e segue le sorti negative delle truppe francesi che
vengono sconfitte. Ciò svaluta il Concilio, ma non si può
negare il travaglio dottrinale
e interiore dei fedelissimi
cattolici che richiedono trasformazioni istituzionali.
Dopo queste vicende il papa rimane primate assoluto
della Chiesa e convoca un
controconcilio per annullare
quanto era stato espresso a
Pisa. Sarà poi il Concilio di
Trento del 1545 a ribadire la
dottrina cattolica contro il
protestantesimo e il Concilio
Vaticano I del 1870 a proclamare l’infallibilità papale. Da
quel momento non si sono
avute più convocazioni per
circa un secolo. Ecco allora la
sorpresa di Giovanni XXIII
con il Vaticano II nel 1962.
Quasi cento anni prima la dichiarazione dogmatica secondo la quale il papa non
aveva bisogno del consenso
della comunità, rendeva impossibile una tale assemblea.
L’idea di un papa che richiami l’episcopato del mondo
per discutere insieme sulla
Chiesa viene considerata
«scandalosa».
Il problema delle due autorità non è ancora risolto, anzi
oggi sembra tornare particolarmente di attualità: il papa
ha infatti espresso la richiesta
di essere aiutato a esercitare
il primato in maniera diversa,
senza rinunciare all’«essenziale della sua missione», ma
aperto a «una situazione
nuova». Il prof. Landi, al termine della sua interessante e
coinvolgente conferenza, si è
chiesto che cosa sarebbe successo se avesse vinto l’idea
conciliare. Se ogni problema
fosse stato affrontato in modo collegiale, la gestione della Chiesa sarebbe stata molto
diversa e non avremmo avuto una Controriforma così
drammatica e sanguinosa.
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Foto d’epoca del Concilio Vaticano II
6
PAG. 6 RIFORMA
VENERDÌ 5 SETTEMBRE
I luoghi storici dove, nel Medio Evo, ebbe inizio il movimento valdese
Tracce dì Valdo nella vecchia Lione
Strade e edifici raccontano con le loro pietre una storia plurisecolare
L'iconoclastia che colpì la cattedrale e la via ribattezzata «me Maudite
»
MIRELLA LOIK
La vecchia Lione (che gli
abitanti hanno sempre
detto e scritto al maschile «le
vieux Lyon», riferendosi anche all’antico simbolo araldico cittadino del leone) è rappresentata dalla zona romana, poi riplasmata nel Medioevo con eccezionali edifici
in calda pietra ocra, severi e
rigorosi anche nelle loro più
elaborate espressioni gotiche, che si estendeva lungo la
stretta costa piana della Saona, a ridosso delle protettive
colline di Fourvière.
Proprio nei pressi del fiume, ma con il fronte rivolto
alle alture della fondazione
urbana originaria, si erge la
massiccia cattedrale di San
Giovanni, luogo di dispute e
conflitti teologici tra i primi
seguaci di Valdo e le autorità
ecclesiastiche. La sua ampia
piazza longitudinale un tempo era completamente rinchiusa da una muraglia difensiva, merlata e munita di
pesanti torri squadrate (vi si
accedeva soltanto dalla porta
laterale di Santo Stefano, la
primitiva basilica romanica);
oggi però si apre verso la stazione della ferrovia metropolitana e si è estesa anche verso la Montée di Chemin Neuf
(vecchio pendio del colle romano). Sono inoltre scomparsi il secolare albero cittadino, la fontana centrale e le
stesse fitte costruzioni originarie che si addossavano ai
muri difensivi, insieme al
vecchio porto di barche posto dietro all’abside del tempio di San Giovanni, che serviva per i trasporti commerciali più pesanti.
Sulla facciata della chiesa
restano però ancora i segni
fisici delle «trasformazioni liturgiche» della Riforma, attuate dai protestanti in quella Iniziale furia iconoclasta
che ha quasi sistematicamente mozzato le teste alle
statue gotiche raffiguranti
santi e prelati, risparmiando
soltanto le effigi degli angeli
e degli animali.
Ma il luogo «valdese» certamente più originario e tipico
a Lione è il quartiere di San
Nazario, situato nel nuovo
centro romanico-gotico della
città, che si era intanto ampliata verso la piana del Rodano occupando la lingua di
terra tra i due fiumi. Nel tessuto urbano intorno alla chiesa di Saint-Nizier si accalcavano, come oggi (per quanto
molto sia cambiato e qualcosa sparito) numerosi fabbricati in muratura, bassi e accostati, allineati lungo le vie
strette e denotati dalle loro
caratteristiche pareti lapidee,
composte di pesanti blocchi
scalpellati, soltanto decorate
da ripetitive cornici ad arco
Rue Vaudran, poi rue Maudite
che si rincorrono lungo i piani terreni dei caseggiati.
Per lo più negozi e magazzini nelle parti affacciate sulle
strade, e adibiti a residenza
nei piani superiori (in genere
uno solo prolungato nel sottotetto), molti di questi edifici sono ora scomparsi e trasformati in ambienti più attuali, anche se non hanno
cambiato le loro attività e destinazioni; le costruzioni che
ancora sono rimaste attestano la loro antica qualità e
consistenza, e perfino riman
L’insegna araldica della «Locanda dei lombardi» (foto Gavinelli)
(foto C. Gavinelli)
dano alle possibili utenze originarie. La famosa piazza della chiesa (Place du Pain) che
ai tempi delle predicazioni di
Valdo era occupata da due
corpi allungati di botteghe e
da un imponente edificio
pubblico contenente il forno
comunale, dotato di torrette
cilindriche sospese e prominenti dai colmi del tetto (uno
spazio che oggi si presenta
laconicamente vuoto e del
tutto liberato da quelle tipiche presenze medievali),
concentrava i commerci delle
attività artigianali del quartiere; le quali, come testimoniano ancora i nomi antichi
delle sue vie, ospitavano le
attività dei drappieri, dei falegnami, degli usurali e dei caseifici domestici.
Per secoli quelle strade
hanno mantenuto le loro denominazioni lavorative, tranne la Rue Vandran, dove abitava Valdo, che è stata ribattezzata dopo il 1184 e con
l’espulsione degli eretici dalla
città, Rue Maudicte. Attualmente in quella strada lunga
e regolare, che si chiama
adesso Rue de la Manecanterie, si può ancora vedere una
massiccia tipologia medievale in pietra, con le caratteri
stiche arcate tonde in sequenza; mentre nella parallela Rue du Fromage (anticamente Place du Fromage; così chiamata perché, nonostante fosse una strada, era il
«posto» dove si svolgeva il
mercato caseario) restano
tuttora curiosissimi e sorprendenti resti dei ricordi
valdesi; soprattutto nella Locanda dei Lombardi, che rinvia immediatamente alla denominazione internazionale
dei Poveri lionesi diffusasi
per tutta la pianura padana,
conosciuta allora come Lombardia secondo l’antico riferimento ai longobardi.
Ma ancora più sorprendentemente, le pietre stesse del
locale, in loro molti conci
all’interno, marchiati dai segni di riconoscimento dei
muratori (secondo l’uso lapidario degli scalpellini, che incidevano sui blocchi da costruzione i simboli di appartenenza alle logge corporative) testimoniano questa vecchia epocalità, e di un’età che
ha vissuto il passaggio e la
frequentazione di Valdo e dei
predicatori sandaliati, dei
primi colportori e dei Poveri
lombardi, in viaggio per i territori della fede valdese.
Come otto secoli fa, anche
oggi le due cuspidi della
chiesa di San Nazario a Lione
emergono oltre i tetti bassi
della vecchia città storica, segnalando quella dicotomia
religiosa che ne ha connotato la cultura ideologica e
l’aspetto esteriore nel Medioevo; il campanile romanico, scabro e semplice, e la guglia gotica tutta traforata, ancora simboleggiano, nel loro
aspetto formale, quell’epoca
tormentata di passaggio dal
cristianesimo iniziale alla
Riforma, e di cui la predicazione di Valdo e dei suoi seguaci ha costituito una premessa non indifferente.
Italia e Francia a confronto in un libro
Donne immigrate e norme legislative
VOLOLONA
ANDBIAMITANDRINA
D ONNE immigrate e servi
zi socio-sanitari in Umbria: Italia e Francia, due legislazioni a confronto, (Edizioni
Era nuova, Perugia, 1996) è il
titolo del volume curato dalla
dottoressa Marina Toschi del
Dipartimento servizi sanitari
territoriali Usi 2 di Perugia,
presentato alla Camera dei
deputati a Roma il 2 giugno.
Quante e quali sono le donne immigrate nel nostro paese e che vivono in Umbria?
Quali i loro progetti migrato
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Servizio Abbonamenti - Edizioni protestanti sri
via San Pio V, ISbis - 10125 TORINO.
il presidente delle Edizioni Protestanti
Avernino Di Croce
in conformità alla legge 675/96
ri? Come si attrezzano i servizi socio-sanitari per accogliere le nuove diverse richieste
che originano da questo flusso migratorio? La prima parte
del volume cerca di dare una
parte di risposta a questa serie di domande. Si tratta di un
racconto di un’esperienza di
un ambulatorio o un centro
di accoglienza per immigrate
specificatamente in Umbria,
in cui emergono le diverse
difficoltà della straniera rispetto alle diverse cure. Alcune non sono in regola e questo stato di clandestinità nei
confronti della legge esclude
la straniera malata. Alcune
hanno un reddito medio-basso e ciò rende problematiche
le cure specialistiche nonostante il ticket. In un altro
senso la straniera, venendo
da fuori, ha vissuto un altro
modo di curarsi; i diversi costumi tradizionali vanno rispettati. Alcuni esempi sono
forniti per mostrare la difficoltà di convincere la donna
immigrata ad avvicinarsi alle
diverse cure. La seconda parte del volume parla dell’immigrazione in ambito francese. La paura di essere denunciata come «sans-papiers» è
una delle ragioni che rendono difficili le cure riservate
agli immigrati, diceva Catherine Richard, membro di Médecins du monde e responsabile di un’emittente nella periferia di Parigi, ma la consulenza con dei responsabili
della sanità aiuterebbe i migranti in difficoltà moralmente e psicologicamente.
In una terza parte il confronto tra le situazioni italiana e francese è stato affrontato dal punto di vista della legislazione sull’immigrazione
e sulla maternità. Nell’ultima
parte l’autrice propone un’
ipotesi di lavoro in Umbria.
Hanno partecipato alla
presentazione il senatore
Giovanni Berlinguer, Fon.
Marida Bolognesi, presidente della commissione Affari
sociali della Camera, che ha
concluso con parole di ringraziamento rivolte tanto
all’audacia dell’autrice quanto alle diverse relatrici come
spinta per una nuova legislazione sanitaria a favore dei
migranti. In conclusione vorrei riportare un’affermazione
di M. Lorgnetti Bordogna [Le
donne della migrazione: visibilità e uso dei servizi sociosanitari, Roma, 1990, pagg.
382-393): «II migrante, con la
sua presenza, contribuisce a
cambiare la società, e cambia con la società: la migrazione è l’evento dei grandi
cambiamenti: cambia il paese, cambiano i ruoli all’interno e fuori della famiglia,
cambia la lingua, la cultura,
cambiano i riferimenti. Cambia il modo di percepire il
corpo e di comunicare attraverso di esso, cambia lo spazio geografico, cambia lo
spazio linguistico».
..Rassegna internazionale a MiU
Tendenze e stili di danza
al Castello sforzesco
Editore
PAOLO FABBRI
Lf ASSOCIAZIONE Milano
Festival, con la collaborazione del Comune, ha organizzato una rassegna internazionale di danza nella cornice suggestiva del cortile
delle armi del Castello sforzesco, incontrando purtroppo
le difficoltà dell’estate pazza
1997. La prima esibizione è
stata del Dance Theater di
Harlem, una straordinaria
compagnia statunitense, di
altissimo livello tecnico, che
ha spaziato da un delizioso
passo a tre su musica di Gustav Mahler all’incanto di
Dougla, con musica e coreografia di Geoffrey Holder
nell’atmosfera di Trinidad.
Le «stelle» dell’American
Ballet hanno proseguito le
esibizioni di scuola americana presentando brani classici
come il Cigno nero di Ciajkovskij, con l’interpretazione
dell’unico elemento veramente eccezionale del gruppo, Valentina Koziova, vincitrice a suo tempo del concorso di ammissione alla scuola
del Bolscioi fra 30.000 partecipanti. Il meglio, lo spirito
più autentico del complesso,
è emerso nell’ultimo pezzo in
programma: Jazzmania, su
musiche di Ray Charles, Dave
Brubeck, Michael Kamen,
Somp, Papadlamandis e coreografia di Margo Sappington. L’«Aterballetto», complesso italiano diretto da
Mauro Bigonzetti, ha presentato brani di enorme diversità
che hanno costretto lo spettatore a vere e proprie capriole
intellettuali, passando dall’atmosfera di profonda introspezione della musica di Purcell all’intenso erotismo del
Bolero di Ravel secondo la
fantastica coreografia di
Maurice Béjart.
La melodia era interpretata
da una sinuosa e affascinante
Luciana Savignano, che danzava su un enorme tavolo circondato da sedie su cui sedevano i danzatori del complesso, a rappresentare il ritmo,
entrando gradualmente a
formare un cerchio sempre
più nutrito man mano che la
musica incalzava, fino a una
estenuata implosione della
melodia su se stessa. Passando attraverso lo spettacolo
del «Charleroi Danses Pian
K», che smitizza la moderna
tecnologia proiettata verso lo
spazio virtuale per rii
la pienezza del corp(
spazio reale si arriva
che Gitana del più si
nario ballerino di flj
oggi esistente, Antoi
quez. Il senso del trai
la morte, della passii
l’amore per la vita, g
un tale livello da far
chiunque quanto
popolare andalus^j
pre profondamente*
A degna conclusi
programma la Com:
danza del Teatro Ni
Torino ha presentato;
greco, balletto su m
Mikis Teodorakis, rei
so dall’omonimo fili
pretato da Anthony
Per questo lavoro f|
bello il musicista gri
ispirato alla musica p
della sua terra interpi
la chiusura del suo mo
lo straniero: una tei
che anticipa di parecc
i problemi che oggii
vivendo con la nasciti
cietà multietniclie. Nf
ma John (lo straniero)
tra Marina e se ne inni fW^ug'
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incontrando l’ostilitài
gos, che pure ne è imi!
to. Marina sceglie lo si
e viene considerata uà
ditrice dal suo popolo
da Yorgos. Zorba, chen
senta l’apertura verso lì
no, la propensione allycocll
zia piuttosto che all’odi
terviene a fare da pacii
la violenza cieca ha
preso il soprawento e!
na ^ iene uccisa.A Zorba non resta cljlUrI
solare l'amico John, d
fa trascinandolo in anQi||ii
za liberatoria su/lam^tll'
del sirtaki. Anche Morti
la donna di Zorba, mui j pjj.
è allora John a r onsolarmoj dt
ba. Gli abitanti del vflL j[j(g
non restano iusensibLj,(gjjj,
forza d'animo e airai|ijjg jg
dei due protagonisti e*99y g
scono a loro in una gral
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cbe continua con la sui
irrefrenabile, portai
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dentro la memi-ria del
gedia. Un’interpretazL
tensa, di ottimo liver,™’
complesso. Eccezionap
terpretazione di Raffaw^rob
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coreografia di Torca MJE® ' Sei
Il pubblico, caloroso «Pi^sl e
i complessi, ha decréli ®no i
vero trionfo per lo spc^i^nti f
e per Antonio MarqueSlìagiona
Jlesi, d(
La «Rivista dolciniana»
La memoria dell'eresia
Nel n. 9 della «Rivista dolciniana» viene presentato il libro a cura di Corrado Mornese e Lavo Burat Dolcino e il
lungo cammino dei fratelli
apostolici, che raccoglie contributi di diversi studiosi insieme a una ricca documentazione fotografica, per dare
un quadro comunque unitario alla complessa epopea legata all’eresia «apostolica»,
alle vicende dolciniane, alla
perduranza del «mito» di
Dolcino nei secoli successivi
sino ai nostri giorni. Il volume, uscito a Natale, è andato
subito esaurito e ne è prevista una seconda edizione che
verrà realizzata in base alle
prenotazioni anche solo verbali che giungeranno all’editore Millennia, piazza Santa
Caterina da Siena 1, 28100
Novara (tei. 0321-611770, fax
0321-611775).
La rivista contiene anche la
prefazione di Lavo Burat al
Ìibro («Attualità e fascino di
una ribellione montanara
di un’eresia medievale»),
continuazione del saggio di J
C. De Haan sulla «Selwjj-g|
apostolici e i suoi capi
pitolo tratta della terz
ra di Dolcino con le s pj-gg
me profezie) tradoH
l’olandese dal pastori
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l’avvento del “Poverd g
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zio Federici; il saggio'
di Beppe Pellitteri «Or
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due interventi sulla Si ..
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dell’Istituto cattolico^,. '
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la recensione del lii’fj
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L’abbonamento a
costa £ 20.000 per
ri annui, versamene a^rci
10737286 intestatoirei
studio redazionalO'^i^ roii,
grange 26, 28100
(specificare la causa»
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jizione in 8-P'
2 comma 20/B legge 662/96 - Filiale diTorino
Mso di mancato recapito si prega restituire
Attente presso i’Ufficio PT Torino CMP Nord.
ijitore si impegna a corrispondere ii diritto di resa.
Fondato nel 1848
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asilo dei vecchi di san germano — Si rin
iva, domenica 7 settembre, la giornata dedicata all’Asilo
dei vecchi di San Germano Chisone; la Casa, completamente ristrutturata nel 1989, vive ogni anno questa giornata cooccasione per riflettere sul significato dell’opera e per
innovare il contatto con le comunità locali. Alle 14,30 si
(prirà il bazar, con esposizione dei lavori eseguiti dagli
¡piti e dairUnione femminile; un settore sarà dedicato anche a lavori provenienti dal Bangladesh. Ci sarà spazio aniche per altri consueti e immancabili appuntamenti: buffet,
¡anco pesca, sottoscrizione a premi. Parallelamente verrà
inaugurata una mostra di lavori eseguiti dai ragazzi di alcuscuole elementari e medie a conclusione della mostra di
^etti e scenette create con la carta: «Ritagli». La mostra
iterà aperta fino al 20 settembre dalle 14,30 alle 17.
ine
VENERDÌ 5 SETTEMBRE 1997 ANNO 133 - N. 33 LIRE 2000
Il Sinodo ha approvato il
progetto «Insieme per crescere» e lo statuto della nuova struttura diaconale «Comunità alloggio-uliveto», nata dall’esperienza di due opere delle Valli: la Comunità alloggio di via Angrogna a Torre Pellice e l’Uliveto di Luserna. Oltre che un buon progetto a livello socio-assistenziale, che risponde alle esigenze del territorio, è un progetto di «speranza».
In un tempo in cui le parole
chiave della cultura indicano
sempre di più separazione, distinzione, secessionismo, razzismo, nazionalismo, regionalismo, ecc., il progetto è sicuramente una nota diversa.
Parla di unione, di condivisione, di integrazione. Si inseri
IL PROGETTO «INSIEME PER CRESCERE)
MINORI E DISAGIO
ANITA TRON
sce nello spirito del documento finale della Consultazione
delle chiese sulle nuove povertà promossa dall’Unione
europea e stimola la riflessione all’interno delle nostre
stesse chiese, sempre un po’
disorientate di fronte alle problematiche poste dai minori in
difficoltà e dai portatori di
handicap.
Si ha sempre l’impressione
che questi temi siano sì presi
in considerazione, ma in modo frettoloso, senza approfondimento più che come scelta
di intervento, di impegno personale e comunitario. Come
operatori sociali da un lato e
diaconali dall’altro, ci siamo
spesso chiesti il perché di
questo atteggiamento che ha
per conseguenza un interesse
abbastanza debole nei confronti delle strutture che si
occupano del disagio minori
toduttori di latte
uove
liiormative
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sulla mJliUrOpCG
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rba, mu( j produttori di latte e dei
derivati hanno di fronte
i del intenso calendario di ap
®®'i‘^‘“iuntamenti, da .settembre alla
e alia|jig jgj
apposito decreanche lo stato italiano ha
:epito i contenuti di due diive Cee del 1992. 1 conte
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depti del decreto(54/97) inte
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Dretaziol. catena produt
IO liver.™’ allevatori ai casari.
:ezion#‘^°®'iiercianti. Entro il 30
tembre tutte le aziende dofanno essere registrate presto i Servizi veterinari delle
W e prima della fine deianno tutti, ad eccezione di
tanti producono formaggi a
agionatura più lunga di due
lesi, dovranno ridurre la caoa batterica del latte a valori
™ndard; entro l'ottobre "98
®tte le aziende dovranno acleSnare le strutture e con la fine
ol 98 ogni azienda dovrà esi^re registrata. Sono escluse
.a queste normative le azieno Co« 1^ effettuano la vendita
• pani **^^*^^ crudo al consu
la terz finale e quelle che lain les latte in caseifici nei
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1 turisti giunti nel Pinerolese e le mete preferite dai residenti per un anno discreto
Vacanze condizionate dai capricci del tempo
CARMELINA MAURIZIO
•astorer«':;''/" alpeggio, assoggettaSetteSi p normative.
et quanti non rientrano nel
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le», à L Pn rii applicazione di queagglf’ norme, resta in vi
:ri «0t| g T guanto già attuato in prechesf ®“za, sia per quanto riullaSf ’’ria la pulizia dei locali,
l’’®Pl lattp^^L*^ ‘^^'■ntteristiche del
^^9 sultacomunque riollen^ki^® privo di residui di antiri °^”ioni, antiparassita'^1 rhfl* vizi rietergenti. Ai ser
^ lUem spetta ovvia
verificlt periodica.
HaWis^ ^omunque possibile (e
na#^''ender^ negativo)
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P^^àuttore nella
M aliargli aiif ^^lenda: ovviamente
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100 N«' qualità del latte.
tatoä
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^ inoenni da tu• ^ lire l’io** ** l’rucellosi e garan'^lrolloS"^ dei locali e il con
Forse non è troppo presto
per tracciare un bilancio
delle vacanze ’97, anche se
operatori e albergatori sono
ancora all’opera per tutto settembre. 'Vediamo dunque come è andata nel Pinerolese,
cominciando da chi è già partito e tornato. Secondo gli
agenti di viaggio delle 9 agenzie presenti sul territorio le
cose non sono andate poi peggio di altri anni, semmai sono
cambiate. I pinerolesi hanno
scelto in maggioranza di partire tra luglio e agosto; le mete preferite sono state il mare
e le capitali europee. In particolare chi si è fermato in Italia ha scelto in gran parte di
andare in Sardegna, al primo
posto assoluto nelle preferenze dei pinerolesi e valligiani,
in Liguria, meta che per la vicinanza non tramonta mai, in
Romagna, dove costa poco e
si sta bene, in Sicilia e in Toscana, sempre molto amate;
bocciata invece la Puglia, a
causa delle tensioni create degli sbarchi degli albanesi.
Chi si è orientato all’estero,
secondo la nostra indagine
Il rifugio Willy Jervis al Pra
presso le agenzie di viaggi
della zona, ha scelto soprattutto il Mediterraneo: la Tunisia, al primo posto tra le preferenze, seguita dalla Grecia
e dalle sue isole, dal Marocco, dalle Baleari, da Malta e
Cipro; in ripresa la Croazia,
novità dell’anno; resta sempre forte la richiesta di soggiorni a Londra, Parigi, Vienna. Il periodo medio di soggiorno è stato di una settimana e mediamente si è speso 1
milione, 1 milione e mezzo
prò capite per le vacanze del
1997. Si sono rivolti alle
agenzie soprattutto coppie e
famiglie: que.ste ultime hanno
preferito le soluzioni offerte
da campeggi e residence, ma
sono andate bene anche le
formule che prevedevano offerte per famiglie con bambini; i più giovani si sono invece orientati per formule di
viaggi non necessariamente
organizzati.
Chi è venuto invece in vacanza nel Pinerolese? Gli albergatori delle Valli e di Pinerolo non sono troppo soddisfatti ma non è comunque andata poi troppo male; i turisti
stranieri sono arrivati in gran
parte dalla Germania, per
soggiorni brevi, a volte per
meno di una settimana attratti, come per esempio a Prali,
dai percorsi della Grande traversata delle Alpi, o comunque dalle passeggiate e dalle
escursioni che offre il territorio. Nei rifugi il pienone di
italiani e stranieri, francesi e
tedeschi in maggioranza, si è
avuto a luglio e soprattutto ad
agosto, come confermano per
esempio dal Willy Jervis, nella conca del Pra in vai Pellice, ma in generale è stata una
stagione fiacca, influenzata
anche dal clima instabile. Resta costante l’afflusso dei
pensionati, che amano le nostre Valli per trascorrervi mediamente due settimane-un
mese, come confermano sia
dall’Hòtel Gilly che dall’albergo Centro di Torre Pellice.
Va infine rilevato che dove si
sono svolte manifestazioni artistiche e/o sportive c’è stato
più movimento: a Pinerolo
con la fiera dell’artigianato,
per esempio, o a Torre Pellice
con la gara sportiva delle moto da trial nell’ultimo weekend di agosto.
usale)'
La relazione della «stazione» evangelica di Rio Marina del 1866 riporta
una commovente testimonianza di cui fu
protagonista una bambina di circa 10 anni. La sua maestra era entrata a far parte
della Chiesa valdese ed era diventata insegnante della scuola evangelica locale.
Dalla strada si udivano i canti degli inni e
la bambina si soffermava spesso ad
ascoltare. Un giorno chiese alla mamma
il permesso di frequentare le scuole degli
evangelici. Dopo molte reticenze, «essendo cosa mal fatta a detta del Parroco», i
genitori acconsentirono. La bambina frequentò con grande interesse. «Rapidi assai furono i di lei progressi. Alia Scuola
delia Domenica chi meglio recitava i versetti delia Bibbia e degli inni era dessa.
Anche in casa insisteva spesso perché ia
si ascoltasse leggere qualche passo delia
Bibbia che più l'aveva colpita, ia madre
sulle prime non voleva, ma a poco a poco
si dilettò a sentirla poi a farie cantare
qualche inno poi a farle ripetere “la pre
ILFILO DEI GIORNI
RIO MARINA
ALBERTO TACCIA
ghiera di famiglia ” e finalmente un bel
giorno si lasciò dalla piccola indurre ad
accompagnarla alla adunanza».
Da allora anche i genitori diventarono
credenti per la sua testimonianza. Es.sa
«si recava a far visita a dei parenti noti
pei .soverchio loro bigottismo e con ingenuìtcì tutta infantile ragionava loro delie
cose di cui era pieno il suo cuore. Talora
la sentivano con piacere a recitare qualche brano delia Parola o un inno ed anche ne ia richiedevano, ed allora grande
era la gioia che internamente provava,
ma se si accorgeva che per ischerno gli
fosse fatta una tal domanda allora im
mantinente se la svignava». Ma la bambina si ammalò gravemente. Al pastore che
la visitava recitava il Salmo 121: «Io alzo
gli occhi ai monti, da dove mi verrà l’aiuto?». Un’ora prima di morire chiese che
la zia la portasse «pianino pianino a ca.sa
sua, sì che mammina non se ne accorga,
perciocché io sono per morire e se lo saprà ne .sarà aggravato il suo male. Ditele
che sono co.sì contenta di andarmene a
Gesù e che là la starò attendendo».
«Commovente oltre ogni dire risultò
la sua sepoltura: tutti quanti i bambini
della .scuola ne accompagnarono ia salma al campo dei ripo.so e più di 1.500
persone ascoltarono riverenti e commossi sulla di lei tomba le parole di vita
eterna che vi furono pronunciate. E chi
dirà che quella bambina che contava i
dieci anni appena, non sia stata un potente banditore dell'Evangelo nella sua
famiglia e nel paese dove pochi anni or
sono erano ancora co.sì dense le tenebre
che i'avvolgevano?».
le e dell’haridicap, soprattutto
se paragonato a quello che invece suscitano le opere per
anziani e gli ospedali.
La risposta che ci siamo dati è che il disagio a cui tali
opere cercano di rispondere
crea «disagio» perché mette a
nudo la fragilità degli uomini
e delle donne, perché è segno
inequivocabile di un fallimento. L’augurio è che accanto al
progetto Insieme per crescere
si sviluppi una riflessione che
susciti maggiore comprensione e maggiore condivisione
dei problemi e della sofferenza, che ci aiuti a mettere in
pratica quanto affermato nel
documento di presentazione:
«Portate i pesi gli uni degli altri e adempirete la legge di
Cristo» (Calati 6, 2).
In Questo
Numero
Università
In autunno parte il secondo anno di attività della
Scuola universitaria di Pinerolo, che contempla due
corsi di laurea in Economia e amministrazione
delle imprese e in Economia e gestione dei servizi
turistici. Ne parliamo con
il direttore Fabio Scrini.
Pagina II
Chiese nella Cevaa
Con Franco Taglierò,
pastore a Angrogna e recentemente nominato tesoriere della Cevaa, facciamo
il punto sulla comunità di
chiese che interagiscono in
Europa e negli altri continenti sulla base del concetto di condivisione e scambio reciproco.
Pagina II
Piano regolatore
Pinerolo si è finalmente
potuta dotare del nuovo
piano regolatore che, concepito quasi 20 anni fa, era
stato condizionato anche
dalle osservazioni formulate dalla Regione. Ne parliamo con l’architetto Flavio Fantone, assessore all’Urbanistica.
Pagina III
Scuole al via
Sta per iniziare un nuovo anno scolastico. In una
fase che vede grandi riforme annunciarsi nel mondo
dell’istruzione, vecchi e
nuovi problemi gravano
sugli istituti.
Pagina III
Dizionario occitano
E stata presentata a Torre Pellice la nuova edizione del «Dizionario del dialetto occitano della Val
Germanasca», pubblicato
nel 1973 da Teofilo G.
Pons e aggiornato ora da
Arturo Geme.
Pagina IV
8
PAG. Il
Yaui ^ldesi
VENERDÌ 5 SETTEMBRp
Cronache
GROSSA FRANA AL VANDALINO — È stato un vero e
proprio fortunale che nel giro di pochi minuti, accompagnato da forti venti un acquazzone senza precedenti, si è
abbattuto sulle pendici del monte Vandalino a Torre Pellice, domenica scorsa. Una vera ondata di piena è partita
lungo le pendici del monte aprendosi un varco tra larici e
ontani, trascinando a valle massi e alberi fin nel torrente
Angrogna (foto). Sono rimaste così interrotte due strade alla Sea, quella che conduce all’alpeggio Vandalino e quella
che porta a Barfè: quest’ultima è stata riaperta dopo qualche giorno; nel frattempo erano intervenuti i geologi della
Regione per verificare la situazione del versante.
MUORE GIOVANE LUSERNESE — È arrivata in valle
giovedì pomeriggio, con tutta la sua carica di tristezza, la
notizia della morte di Dennis Oudry, 21 enne di Luserna caduto due giorni prima da un soppalco su cui dormiva all’interno dell’ex asilo di via Alessandria a Torino, occupato da
un gruppo di anarchici. Il giovane si era reso protagonista in
passato di un gesto di protesta imbrattando il duomo di Torino per contestare l’arresto di un compagno antimilitarista
e per quel gesto era stato condannato con la condizionale.
L’incidente che lo ha portato alla morte è avvenuto nella
notte; i compagni di camera lo hanno sentito cadere e rialzarsi poco dopo. Solo il giorno seguente, accorgendosi che
la situazione del giovane era preoccupante, lo hanno portato
all’ospedale dove però le cure dei sanitari sono state vane.
GIORGIO MERLO INTERROGA — L’on. Giorgio Merlo
ha rivolto un’interrogazione al ministro delTInterno per sapere quali sono le iniziative del governo in materia di prevenzione delle alluvioni, in particolare sui lavori di disalveo
e di rinforzo delle sponde del torrente Pellice e del fiume Po
e sul ruolo, per ora «di mero ornamento rispetto alle emergenze che caratterizzano ampie zone del territorio piemontese» che svolge il Magistrato del Po. Un’altra interrogazione
riguarda invece le intenzioni oggettive del ministro della Difesa in merito al ventilato trasferimento del Nizza Cavalleria
di Pinerolo, che conta attualmente 900 uomini, nell’economia generale della prevista ristrutturazione dell’esercito che
prevede tra l’altro tagli di reparti e comandi calcolati intorno
a 6.000 uomini. Infine, un’interrogazione al ministro dei Lavori Pubblici chiede conto della mancata realizzazione del
completamento del tratto autostradale che collega Torino a
Pinerolo, nonostante questo sia indicato tra le priorità della
Provincia di Torino, della Regione e della .società concessionaria Ativa, che ha presentato all’Anas il piano finanziario
per ultimare finalmente l’opera dopo 5 anni di attesa.
I BIGLIETTI VINCENTI DI RADIO BECKWITH —
Mercoledì scorso, durante un applaudito concerto del gruppo Sharadì, sono stati estratti i biglietti vincenti della sottoscrizione a premi di Radio Beckwith. Sono stati estratti,
nell’ordine, i numeri: 2257; 91; 1477; 960; 891; 279; 1839;
1630; 878; 1883; 1377; 121. I vincitori potranno ritirare i
premi presso Sibille HiFi a Torre Pellice entro il 31 ottobre.
ARRESTATO IL MARESCIALLO DI FERRERÒ — Incredulità. È stato questo il sentimento diffuso a Perrero subito dopo l’arresto del maresciallo Aldo Giuga, accusato di
gravi episodi di pedofilia. Dopo alcuni giorni di indagine e
altri interrogatori però si fa strada l’ipotesi che il fatto denunciato nei giorni scorsi non sia che uno di tanti altri; nella
casa del maresciallo sarebbero state trovate un centinaio di
lettere scritte da giovani e giovanissimi della zona, quasi
sempre amici di famiglia dei Giuga.
DALLA REGIONE FORMAZIONE PER 27.000 PIEMONTESI — Il nuovo «piano corsi» approvato dalla Regione Piemonte prevede, grazie a un impegno finanziario di
oltre 133 miliardi, di dare la possibilità a 20.000 persone di
acquisire una nuova qualifica professionale. Sono anche
previste risorse per attivare corsi a favore di 7.000 lavoratori occupati che intendano riqualificarsi o specializzarsi. Tutti gli interessati devono rivolgersi ai Cilo di zona.
GHIGO PROPONE A VELTRONI UN CENSIMENTO
ENOGASTRONOMICO — Il presidente della giunta regionale, Enzo Ghigo, ha proposto al ministro dei Beni culturali e ambientali di «censire i prodotti pregiati come garanzia di qualità del marchio enogastronomico italiano. È
intenzione della Regione Piemonte presentare il censimento
dei beni enogastronomici in occasione della prossima edizione del Salone del gusto di Torino». Il Piemonte presenterà una serie di prodotti doc, dai vini ai formaggi, dalle acque minerali, ai tartufi, alla carne e alla frutta.
Per la
pubblicità
su
intervista al professor Fabio Serini, direttore della scuola
Università a Pinerolo anno II
FEDERICA TOURN
In autunno riapre la Scuola
universitaria di Pinerolo,
nata l’anno scorso da una
convenzione tra la Facoltà di
Economia di Torino e il Consorzio universitario di economia aziendale per gli studi e
la formazione nel settore
dell’economia e dell’amministrazione delle imprese. Le
preiscrizioni ai due diplomi
universitari triennali, in Economia e amministrazione delle imprese e in Economia e
gestione dei servizi turistici,
si sono chiuse mercoledì 3
settembre con un numero di
domande che si prevede molto alto (soltanto al 21 agosto
le richieste pervenute erano
212) per una possibilità di accoglienza che si limita a 80
studenti per il primo corso e
di 50 per il secondo.
I ragazzi dovranno comunque sostenere una prova di
idoneità, che si terrà il 16 settembre presso il Palazzo del
lavoro di Torino, per poter accedere alla scuola di Pinerolo.
Le lezioni sono tenute da manager e docenti universitari; il
costo annuale del corso di diploma universitario è di 2 milioni, più circa 700.000 lire
come tasse universitarie e regionali. Cerchiamo di fare un
rapido bilancio dell’anno accademico appena trascorso e
dei progetti per il futuro con il
direttore, prof. Fabio Serini.
- Qual è stata la risposta
degli studenti a questi corsi
di laurea breve?
«Direi più che buona. L’anno scorso le domande di preiscrizione sono state 412 contro 120 posti disponibili, e gli
abbandoni durante Tanno sono stati veramente pochi: alla
fine di giugno solo 6 studenti
del corso in Economia e amministrazione delle imprese e
5 nell’altro; a fine luglio
T 84% dei ragazzi ha superato
le prove d’esame previste».
Il giorno dell’Inaugurazione del anno del Corso di laurea a Pinerolo. Al centro il rettore Bertolino
- A che cosa attribuisce
questo successo ?
«Probabilmente alla frequenza obbligatoria e allo
stretto rapporto tra docenti e
studenti: le classi sono relativamente poco numerose e
quindi i ragazzi hanno la possibilità di essere seguiti più
da vicino rispetto a una normale lezione universitaria».
- Erano in molti gli iscritti
residenti fuori Pinerolo?
«Il 60% veniva da Torino e
cintura, il 4% dalla vai di Susa, il 3% da altre regioni, il
resto da Pinerolo e dintorni».
- Era prevista una sistemazione per questi ragazzi che
venivano da fuori?
«L’anno scorso non eravamo attrezzati in questo senso,
ma dal 1° settembre di quest’anno è disponibile un servizio alloggi: insieme a un
rappresentante degli studenti,
Vittorio Blasi, abbiamo selezionato alloggi a basso costo
per gli studenti. Inoltre, nel
caso in cui la frequenza da
Torino sia ancora così elevata
come nell’anno passato, sarà
previsto un servizio speciale
dell’autolinea Cavourese programmato appositamente sugli orari della scuola».
- Ci saranno in futuro nuovi corsi di laurea breve ?
«La notizia è ancora ufficio
sa, ma si prevede per Tanno
accademico 1998-99 l’avvio
di un nuovo diploma universitario in Pubblica amministrazione.. E non è tutto: presto Pinerolo sarà sede di completamento del corso di laurea in
Servizi turistici, che oggi esiste soltanto a Rimini».
-L’anno scorso, al momento dell’apertura, la sede della
scuola in via Battisti 6 era,
per così dire, in costruzione:
a che punto sono i lavori?
«Durante tutto Tanno appena trascorso abbiamo potuto
utilizzare soltanto il primo
piano, ma il 20 settembre saranno terminati i lavori anche
sul secondo e terzo piano dello stabile, che sono speculari
rispetto al primo nella composizione delle aule; il tutto sarà
completato da altre due aule
studio e due sale mensa».
- Come per l’anno scorso,
avete già previsto dei seminari aggiuntivi al normale corso di studi?
«Certamente: a partire dal
16 settembre avrà corso il
“Modulo Master”, una serie
di 11 incontri serali che si terranno fino a dicembre e che
avranno come oggetto tematiche economico-aziendali, e
saranno tenuti da manager e
docenti dell’Università di Torino e Milano».
A colloquio con Franco Taglierò, nominato tesoriere
Il «partage» simbolo della Cevaa
tei. 0121-323422, fax 0121- 323831
Un anno in Europa, un anno
fuori, il Consiglio della Cevaa
si riunisce per programmare la
propria attività indicandone le
iinee principali; quest’anno,
dopo le assise mondiali di
Torre Pellice del 1996 è toccato all’Africa. Franco Taglierò, pastore di Angrogna ha
partecipato nelle scorse settimane all’incontro svoltosi
presso la chiesa metodista della Costa d’Avorio (1 milione
di metodisti su una popolazione di circa 14 milioni). «La
presenza del Consiglio delia
Cevaa in una chiesa - spiega
Taglierò - è ritenuto molto
importante per gli incontri che
consente; in effetti abbiamo
lavorato molto ma anche avuto interessanti incontri con i
responsabili delle chiese locali. Tra i lavori del Consiglio
c'era l’elezione di un nuovo
segretario generale: il segretario uscente, il pastore svizzero
Piguet, si era dimesso e ci siamo trovati di fronte a quattro
candidati, due europei e due
provenienti da Africa e Polinesia; alla fine è stato eletto il
pastore francese Alain Re,
dunque ancora un europeo».
- Non .sono dunque maturi i
tempi per una leadership extraeuropea ?
Direi quasi che sono pro
prio gli africani a non volere
i’elezione di un loro rappresentante; la questione è deli- I
cata ma mi pare di poter dire
che gli europei sarebbero stati
pronti ad eleggere una persona del Sud. L’impressione è
che le chiese africane abbiano
sostenuto il candidato francese; è possibile che di fronte ai
gravi problemi sociali ed economici esse guardino ancora
alla Cevaa come un organismo presso il quale poter bussare alla ricerca di aiuto. Nella realtà anche da parte europea ci sono alti e bassi nel sostegno economico alla Cevaa
ed in particolare pare in calo
l’aiuto svizzero».
- Oltre alle elezioni di quali argomenti si è occupato il
Consiglio ?
«Il Consiglio ha deciso di
avere un’assemblea generale
• periodica, dunque con un
maggior numero di partecipanti agli incontri, specialmente giovani e donne. Toccherà invece al comitato esecutivo un maggior potere di
gestione».
- Come tesoriere della Cevaa è disposto a fare una riflessione in tema di finanze?
«Alcune chiese locali o i
gruppi, specialmente svizzeri,
si appassionano facilmente ai
progetti perdendo però di vista la vita della Cevaa nel suo
complesso, che vede diminuire le proprie entrate; da parte
italiana o francese si sostiene
invece l’esigenza di sostenere
Il pastore Franco Taglierò
la Cevaa la quale offre anche
valide garanzie circa l’eventuale impiego di fondi su progetti specifici di evangelizzazione che rappresenta lo scopo principale di questa associazione di chiese».
- Fra le iniziative so.stenute
dalla Cevaa vi è .spes.so stata
quella dello scambio di pastori fra i paesi membri; ci
.sono progetti in tal senso?
«Come comitato italiano
stiamo pensando a un progetto con la Chiesa presbiteriana
del Mozambico: alcuni pastori italiani staranno un periodo
presso dei col leghi africani e
dopo un po’ ci si scambierà i '
ruoli ospitando in Italia i pastori del Mozambico. È anche
questo un modo per confermare la parola simbolo della
Cevaa che è il “partage”».
Strasburgo
Corso per
cappellani
d'ospedale A
I «itn ha
u
«lo ha
DARIO TRON
— nosff“
.. ^ ispens
n corso di forma|rilupp'
per cappellani d’o» ste
le è cosa poco racconti ¡¡¡cere
da vivere però in modoj „iprin
so. Il corso alternava lavi a a®l
gruppo ad momenti dej ’¿ssess
alle visite: ogni partecj
doveva occuparsi delle
ai malati ricoverati in
reparti ospedalieri, in ci
anziani e per lungodei
Oltre alla gioia e alla
scenza per aver potuto
cipare per la seconda vLÌ putii
questo corso di formazi mie il ‘
Strasburgo, credo di rnchioi
esprimere alcune consi 0 ree
zioni, che potrebbero! éurm
essere utilizzate comes usui pi
per un’eventuale discusi U terzi
a) visite pastorali e curai \ilCon.
me dovrebbero essere un me risp
le priorità, non solo dei ferite
ri, ma dell’intera chietèanchf
non esistono ricette pesa, un d(
una «buona visita»; c)il||dovut
tatore, pastore o laico, ni
sita il malato con lo sci
aiutarlo nella guarigioi
scopo di ogni visita è
dell’altro e Taccompi
mento della persona in
riodo per le difficile; d) l’j
resse del visitatore deve
re rivolto alla persona visj
eventuali parenti, amici,
ratori ospedalieri presenti) s«/te
vono essere incontrati apnéro a
non è possibile né axMvidua
né rivolgersi a troppe pefUna bu
nello stesso momento; carico d
si può definire «buona viristrutt
quella che termina commagin
lettura biblica o una pr^rventi (
ra; la persona visitata sai qiesta
cosa può esserle «offertu'ità?*«);
un pastore o da un visiarenulh
quindi sa che cosa paò teentro
dergli. Vorrei tcrminarptone una domanda: com’è poterau im
le che non si siano trosàsettore
pastori o pastore disponifiii ree,
partecipare a questo corsÉ )n«ov
pninatc
'ttstiea
8 settembre
cupero
tute, eh
kradat
I • • . » ^duìfio
Iniziative
a Torre Pellfc
pti mus,
e Angrognafe)
tete de
È un altro 8 settembre,
Io che ci apprestiamo a
e ancora una volta Anpt
e Anei di zona, insiemi
enti locali si apprestanoj
steggiare la ricorrenza,
cordare e riaffermare i
dell’antifascismo sonoi
organizzate varie manij
zioni, a Torre Pellice
tembre, al Bagnòou doi
7, Si comincia il veneri
con la fiaccolata dalla
del municipio alle 20,3m
i monumenti ai Cadur
21, al cinema Trento,
ne ufficiale del prof
Tibaldo a cui seguirà I
zione del film «Tetri
bertà»: il protagonisti
portato dal ritrovane
vecchie fotografie alla
del ’36, alla lotta coi
truppe fa.sciste.
Domenica 7 settembi
tenza alle 7,30 dell’»;
verso Angrogna da
Pietro Micca a Torre
alle 9,15 al Ciabas in^ì]
zione del nuovo cipp® '
moria di Peo Regia; a*'
tradizionale manifesta^
,.jc,
il Com
Igeiti, n
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gna, Jean-Louis SapP^^^
guire pranzo organizó
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9
mere 1 fcMFRDÌ 5 SETTEMBRE 1997
Eco Delle Yalu ^ldesi
PAG. Ili
Pinerolo: edilizia residenziale di recente realizzazione
bbero
come
tli scusi
e cura
¡sere ui
colloquio con Flavio Fantone, assessore all'Urbanistica
Il piano regolatore di Pinerolo
I Nelle scorse settimane il
SIP £onsigli° comunale di Pine^ fclo ha approvato il nuovo
nn« llano regolatore della città,
no strumento urbanistico inispensabile per gestire lo
1 foriujj j^iluppo urbanistico e che,
mi d’os| olio stesso tempo, rischia di
racconj jscere vecchio avendo mos1 modoi ripri®! passi quasi 20 anni
'ava lavi a nel 1978. Ne parliamo con
enti da ’assessore all’Urbanistica,
parteci %vioFantone.
ó delle] ^ll Consiglio comunale ha
rati in¡ ^retizzato !’ultimo atto in
'1, in cj ^sa che la Regione dia il
'ngodei [o assenso finale oppure efi allaifcaí nuove osservazioni potutopce l’assessore Cantone
ronda vCfl/ punto di vista dimensioformaz£fl/i il nuovo piano non è
'do dijfecfo'uperché è stato ripene consife/c» recentemente: permetta una notevole espansione
ìfl sul piano residenziale che
eì terziario. Circa un mese
til Consiglio ha espresso al0e risposte alle osservazio)lo dtì^della Regione». Di mezzo
a chiesfèanche il piano della colliette peiji un documento che avrebi»; cjilpdovuto precedere l’approiaico, afeone del piano regolatore
1 lo scoBaehe in effetti ha trovato
larigioM ostacoli del previsto. «A
ta è faspesto punto il piano particomgiato della collina siila Fantone - deve in
afiche modo essere compre■e deve knel piano regolatore; ansona visfenno definite le caratteri, amici,fee degli interventi possipresenii sulla collina dopo che il
itrati amerò dei vani era già stato
ré ascmviduato».
rppe pefUna buona parte del centro
lento; einrico di Pinerolo necessita
)uona vi ristrutturazione; è possibile
ina counnaginare che partano inulta proventi di recupero edilizio
sitala sa questa parte centrale della
«offerW/ià?Vli nuovo piano regolain visitjrc nulla ha modificato circa
sa pmmntro storico - chiarisce
rminarMtone in queste zone bim’è pmna intervenire con piani
IO Imsisettore o con piani attuatidisponildi recupero: qualcosa si
\o cot^ muovendo. Abbiamo già
inato in commissione ur'stica un grosso piano di
'supero in via Principi d’
'aia, che è fra le zone più
’■gradate di Pinerolo: noi
’riamo che si possa partire
’<00. E in dirittura d’arrivo
'■e il recupero della casa
Senato: in questo caso si
'tà un miglioramento degli
museali e si dovrebbero
cr costruire molti parasi interrati con consedecongestionamento
cmhKl^ajfico».
ino 3*^11 Comune ha anche dei
tcompi
tna in
ile; d)r
re il recupero delle aree con
la demolizione dei fabbricati
esistenti e la realizzazione di
spazi pubblici. In questo caso
si vorrebbe realizzare una
piazza su cui si ajfaccerebbero i nuovi edifici, pur mantenendo qualcosa della preesistenza storica come testimonianza dell’attività produttiva
che si svolgeva sui canali.
Analogo discorso abbiamo
avviato con la Beloit per il recupero di un ’area di forte degrado. In generale si può dire
che puntiamo ad un recupero
di aree .sotto utilizzate piuttosto che ad occupare nuovi
spazi esterni alla città».
La rassegna di artigianato
Mostra di pittura e scultura a Torre Pellice
Mario Giansone
.1 Anpi,
nsienif
Itti, non da ieri, sull’area
Merlettificio Turck:
estañe 'i questa, come su altre zoenza.l <maloghe - prosegue l’as- il piano regolatore
''«de una ristrutturazione
'^fùstica: ciò può voler di
Molto bella la mostra antologica dei lavori dello scultore Mario Giansone, ospitata
alla Civica galleria d’arte
contemporanea di Torre Pellice in via Roberto d’Azeglio
10. Per la verità, non di sole
sculture si tratta: oltre ai legni, ai graniti e ai porfidi, si
possono conoscere e ammirare le opere di pittura, le cartelle di grafica, gli oggetti di
oreficeria e le incisioni.
Nato a Torino nel 1915 e
scomparso lo scorso gennaio,
Mario Giansone è un artista
perlopiù sconosciuto al grande pubblico, a causa della sua
riservatezza che gli faceva
prediligere la vita appartata.
Allievo di Michele Guerrisi,
di cui frequentò lo studio nel
1930, durante la sua vita
svolse numerose attività didattiche, in particolare dal
1956 al 1985 all’Istituto statale d’arte «Aldo Passoni» di
Torino, dove sono conservati
diversi suoi lavori.
La mostra comprende oltre
cento opere: la bella serie di
teste, il celebre Concerto jazz
del 1964, proprietà della Rai,
La pietà in legno, un arazzo,
dei bronzi e infine due gruppi
di opere, uno su carta del periodo che va dal 1958 al 1963
e l’altro, bellissimo e del tutto
inedito, di chine su legno degli Anni 90. Ai lavori presentati si affiancano alcuni album
di fotografie, in cui Giansone
raccoglieva i suoi lavori ritratti da ogni angolazione,
quasi a suggerire all’osservatore nuove prospettive e approcci alle opere d’arte. Proprio questo particolare uso del
mezzo fotografico, attraverso
le immagini di Elirio Invernizzi, Francesco Aschieri e
Roberto Chiesa, è stato di recente oggetto di un’altra mostra su Giansone (chiusa il 24
agosto) presso la Fondazione
italiana per la fotografia di
Torino, che mostrava anche
alcune sculture importanti
dell’artista che per peso e dimensioni era impossibile
esporre a Torre Pellice.
La mostra è aperta fino al
28 settembre dal martedì alla
domenica dalle ore 10,30 alle
12,30 e dalle 15,30 alle 19.
L’ingresso è libero.
compie 21 anni e da molto
tempo si parla di realizzare un
centro fiere; ci sono indicazioni nel nuovo Prg? «Proprio partendo dall'area Beloit
- spiega ancora Flavio Fantone - pensiamo di poter individuare una zona pubblica anche per mostre e fiere. Le dimensioni di questa zona non
sono comunque sufficienti: il
piano regolatore prevede
un’area esterna alla città che
attualmente è agricola e completamente da urbanizzare.
Teniamo conto che vicino alla
Beloit c’è anche la zona del
macello civico che potrebbe
entrare nella ridefinizione degli spazi di uso pubblico».
Il nuovo anno scolastico in alcuni istituti del Pinerolese
Al via con qualche problema
Mentre per alunni e famiglie l’anno scolastico inizierà
nella nostra regione lunedì 15
settembre, sono già al lavoro
da diversi giorni i docenti e le
segreterie, impegnati a programmare il nuovo anno. Nel
Pinerolese la situazione sembra sotto controllo e la maggior parte dei presidi e dei direttori didattici conta di poter
garantire un inizio anno abbastanza tranquillo. In generale
negli istituti di Pinerolo e dintorni le domande di pensionamento presentate e accettate
sono davvero poche, i trasferimenti rientrano nella norma
annuale, e quindi in sostanza
il corpo docente sembra abbastanza stabile un po’ ovunque. «C’è poca mobilità nel
settore magistrale - dice
Marco Armand Hugon, direttore didattico del circolo di
Luserna San Giovanni - e a
parte le nomine degli insegnanti di sostegno, per il resto nel mio circolo non ci sono vuoti da riempire».
Qualche problema in più lo
avranno invece alunni e docenti dell’Istituto professionale alberghiero di Pinerolo,
da anni alle prese con la dislocazione su tre sedi diverse,
che quest’ anno vedono la carenza di personale ausiliario e
il pensionamento della presi
La sede della direzione didattica di Perosa
de: «Inizieremo le lezioni solo in una sede, con orario ridotto - dicono dalla segreteria - in atte.sa di sapere qualcosa in più sulle nomine dei
bidelli; ne abbiamo infatti a!
momento solo 7 su 14». Sono
altri i problemi del Porporato,
dove si sconta una carenza
cronica di insegnanti stabili
per discipline fondamentali
come matematica, latino e
italiano; «Da tempo non si
svolgono concorsi pubblici
per queste classi e così dobbiamo far ricorso a supplenze
per almeno dieci cattedre»,
spiega il preside del liceo
classico pinerolese.
«Il rallentamento nel ricevere informazioni e quindi la
difficoltà di non sapere bene
in diversi casi come coprire
alcune classi è il nostro problema di quest’anno - afferma il professor Ughetto, preside della media San Lazzaro
di Pinerolo - e anche se nella
mia scuola mi sento di poter
garantire un inizio abbastanza buono, credo che comunque si paghi la gran mole di
lavoro ché i Provveditorati
hanno dovuto affrontare in
seguito alle numerose richieste di trasferimento dell’ultimo anno». Qualche problema
in più per gli alunni delle elementari del 1° e del 4° circolo
di Pinerolo, dove si lamenta al
momento la mancanza degli
insegnanti di seconda lingua.
Prosegue la Rassegna pinerolese all'Expo Fenulli
Non c'è solo l'artigianato
Dimostrazione «dal vivo» di un artigiano
Si è aperta a Pinerolo sabato 30 agosto, all’Expo Fenulli, la mostra dell’artigianato
del Pinerolese giunta ormai
alla sua ventunesima edizione. Sono già state molte le
persone che hanno visitato la
Rassegna che quest’anno su
un’area di 4.000 metri quadri
presenta circa 200 espositori.
Come già gli anni passati la
Rassegna presenta anche un
ricco programma di manife
stazioni collaterali: incontri,
presentazioni di libri, spettacoli. Quest’anno sono state
allestite anche quattro mostre;
tre all’Expo Fenulli (le mostre fotografiche «Torino e la
sua provincia», «Al centro
del centro» e «mostra di lavori di artigianato tessile» quest’ultima a cura dell’Auser) e
al Salone dei Cavalieri («I segni sacri sul territorio rurale
della provincia di Torino»).
DONI • DONI • DONI - DONI ■ DONI - DONI > DONI
valdese di Pomaretto
Pro Ospedale valdese
di Pomaretto
GENNAIO-MARZO 1997
£ 100.000: Frida e Ettore
Massel in ricordo di Ernestina Massel Rosaria; Odetta Long, riconoscente; Dante e Elda Michelino in memoria di Gardiol Luigi, della mamma e di tutti i cari.
£ 150.000: Luigi Biederbost e
fida Vincon.
£ 180.000: I coscritti, per Enrico Maero e Valdo Ribet.
£ 240.000:1 nipoti ricordando
lo zio Enrico Maero.
£ 500.000: Raimondo Genre
in memoria della mamma.
£ 600.000: Il condominio di
corso Porporato 25 Pinerolo alla memoria del prof.
Alfredo Pagani.
£ 1.030.000: Chiesa valdese.
£ 1.250.000: Chiesa valdese
di Prali.
£ 1.290.000: Concistoro di
Pomaretto.
Pro Ospedale valdese
di Torre Pellice
GENNAIO-LUGLIO 1997
£ 50.000: Eliseo Veneziani,
Trieste; Liliana Ribet in
mem. Goffreda Nisbet; Fiorella Vola in memoria di
Luciana Pascal Benazzato.
£ 60.000: Isabella Bianchi.
£ 100.000; Guglielmina Franca in memoria di Luciano
Guglielmino; i coscritti in
memoria di Daniele Nello;
Albarin Lilette, Ginevra.
£ 113.770: Ausgar Kuhnrich,
Comitato Berna.
£ 150.000: Concistoro valde
se, Luserna San Giovanni.
£ 200.000; Maria Damosso;
le nipoti Giovanna e Margherita in ricordo di Maria
Savio Angiono
£ 250.000; I coscritti della
classe 1926 per ricordare
Francesco Besso Pianetto.
£ 250.000: Letizia Biolé per
ricordare lo zio i nipoti Irene, Lavora, Vanda,Vittorina. Mauro e Sergio.
£ 300.000: Église évangélique, Lausanne.
£ 350.000: Ines Comba in
memoria di Mario Bricco.
£ 600.000: Williana Gönnet
in memoria di Delfina Benecchio.
£ 1.300.000: Amici e parenti,
doni in memoria di Daniele
Nello.
£ 2.207.440: Alfred Kunzler
dal Comitato di Zurigo.
APPUNTAMENTI
I Venerdì 5 settembre
ore 18; presentazione del libro «Il silenzio della neve»,
di Lina Dolce, ediz. Alzani;
ore 21 convegno Cna «L’
auto del 2000: prospettive
per il cittadino e per la categoria degli artigiani»; ore
22,30, esibizione di danze.
Sabato 6 settembre
ore 17: danza jazz-aerobica;
ore 21, «Bring on thè
nigyh band» and «Taxi
blues» concerto: rockblues e pop inglese. Sarà
presente Mario Collino con
attività di animazione.
Domenica 7 settembre
ore 21; le «cansson d’ia piola» di Roberto Balocco; ore
22, Swing studio orchestra
di Gianni Grossi, vocalist
Maura Astesano.
iT,A
Bambini
di CemobiI
L’Associazione Senza confini, sezione della Val Pellice
(Comitato prò bambini di
Cernobil), in occasione dell’arrivo di 31 bambine e bambini bielorussi previsto per il
periodo 20 settembre-25 ottobre, organizza una raccolta di
indumenti e calzature per
un’età compresa tra gli 8 e i
14 anni.
Il vestiario, che deve essere
in buone condizioni, può essere portato, dal 5 al 15 settembre, alla Pro Loco di Torre Pellice (via Repubblica 3a)
nel seguente orario: 9,3012,30; 16,30-18,30 dal lunedì
al sabato. Grazie -per la vostra
collaborazione.
Per l'Associazione,
Lucilla Borgarello
10
PAG. IV
Presentato il nuovo dizionario
Dialetto occitano
della vai Germanasca
MARCO FRATINI
Quali possono essere le
motivazioni che spingono a compilare un dizionario
del dialetto? Innanzitutto
quella di fornire una base
scientifica (non soltanto ai
parlanti, ma anche a coloro
che tale dialetto non comprendono), in secondo luogo la necessità di salvaguardare un
patrimonio che si va estinguendo.
Entrambe le ragioni sono
emerse domenica 24 agosto
quando, presso l’aula sinodale
della Casa valdese di Torre
Penice, si è svolta l’annuale
serata della Società di studi
valdesi, incentrata sulla presentazione del Dizionario del
dialetto occitano della Val
Germanasca, edito in collaborazione con l’associazione
Soulestrelh di Sampeyre e
pubblicato dalle edizioni
dell’Orso di Alessandria. Il
poderoso volume (più di 500
pagine) è stato curato da Arturo Genre, docente di Fonetica sperimentale presso
l’Università di Torino, ed è
l’edizione aggiornata del precedente, pubblicato nel 1973
da Teofilo Pons (del quale
Osvaldo Coisson, in sede di
presentazione, ha ricordato
l’opera di ricercatore nel campo della storia valdese e delle
tradizioni popolari delle Valli). La Società di studi valdesi
si era posta fin dalle proprie
origini l’intento di produrre
un dizionario e una grammatica «valdese» (la precedente
edizione si intitolava proprio
Dizionario del dialetto valdese della Val Germanasca, ora
opportunamente corretto in
«occitano»), tuttavia i suoi interessi si concentrarono soprattutto, come testimonia il
suo «Bollettino», sulla storia
valdese, lasciando in secondo
piano lo studio dell’ambiente
locali e delle sue tradizioni:
proprio in questo campo, dunque, Teofilo Pons costituì una
sorta di eccezione (come ha
notato Giorgio Toum nel suo
intervento). L’ossatura del
nuovo volume si basa sull’edizione di Pons, tuttavia
costituisce un’opera nuova,
dal momento che è stato arricchito di qualche migliaio di
voci, di numerose illustrazioni
(eseguite da Andrea Genre,
che ha portato un messaggio
del padre, purtroppo assente
per motivi di salute) ma soprattutto presenta, al fondo,
l’aggiunta di un glossario italiano-dialetto. Assente nella
prima edizione, esso risponde
a motivazioni particolari e
cioè intende fornire non soltanto una chiave d’accesso
nella lingua d’uso, l’italiano,
ma anche una possibile via di
comparazione con le espressioni dialettali di altre varietà
dell’occitano alpino (come rilevato da Giampiero Boschero, dell’associazione Soulestrelh, che ha anche sottolineato come sempre maggiore
sia stata di recente, anche in
queste valli, l’attenzione manifestata nei confronti delle
tematiche «occitaniste»).
Eco Delle ^lli ^ldesi
Appuntamenti
VENERDÌ 5 SETTEMBRE 199?
^EI
5- 7 settembre — VILLAR
PEROSA: XVII Raduno dei
campeggiatori in vai Chisone
al parco turistico: informazioni Franco Viano (598611).
6 settembre, sabato — BIBIANA: Presso l’area polivalente di Villa Bodo (nella sala
parrocchiale in caso di pioggia) proiezione de «Il gobbo
di Notre Dame». Ingresso lire
5.000, ridotti lire 3.000.
6 settembre, sabato — PINASCA: Inizio manifestazioni per il trentennale Avis.
6 settembre, sabato —
FROSSASCO: Festa in musica con la partecipazione degli «Africa Unite»; ore 21,30.
6- 8 settembre — SALUZZO: In piazza d’Armi, dalle
7.30 alle 22, 50“ Fiera della
meccanica agricola.
7 settembre, domenica —
TORRE PELLICE: Alle 10,
in piazza Muston, ritrovo dei
partecipanti al «1° raduno
d’auto d’epoca città di Torre
Pellice»: aìle 10,30 inizio gara e sfilata per le vie cittadine;
a seguire aperitivo, pranzo tipico piemontese, premiazioni
e omaggi ai partecipanti.
7 settembre, domenica —
PORTE: Presso gli impianti
sportivi di Malanaggio mostra
mercato «Il raccolto», artigianato e subfornitura, ore 9-23.
7 settembre, domenica —
PRAROSTINO: 2“ edizione
del giro motociclistico «Da
nostre part», cavalcata non
competitiva delle colline pedemontane.
7 settembre, domenica —
PRALI: Incontro italofrancese: alle 10 corsa podistic, alle
11.30 riunione tra amministratori e associazioni del
Queyras e Comunità montana. Interverrà il coro Eiminal.
7 settembre, domenica —
POMARETTO: Festa delle
borgate.
7 settembre, domenica —
LUSERNA SAN GIOVANNI: Il gruppo «Amici di Luserna» organizza la IX edizione di «La pietra di Luserna»,
giornata alle cave di gneiss.
8 settembre, lunedì — RIVALTA: Nella sala consiliare del Comune, alle 17,30, assemblea ordinaria del Coordinamento Comuni per la pace.
9-12 settembre — TORRE PELLICE: La Bottega
del possibile propone il viaggio di studio «Viaggio nelle
risposte per la salute mentale». Per informazioni rivolgersi alla segreteria dell’associazione tei. 0121-953377.
12 settembre, venerdì —
TORRE PELLICE: Presso
le ex scuole mauriziane, corso
Gramsci, prelievo di sangue
collettivo dalle 8,30 alle 11.
13 settembre, sabato —
TORRE PELLICE: Per le
vie del paese mercatino biologico dalle 8 alle 17.
13 settembre, sabato —
TORRE PELLICE: Alle 21,
alla palestra del Collegio, inizio corsi di danze eccitane.
Per informazioni tei. 0121933322 e 91875, 011-883229.
14 settembre, domenica
— TORRE PELLICE: Fiera
di settembre dalle 8 alle 17
per le vie del paese.
BOBBIO PELLICE
— Domenica 7 settembre,
alle 15, riunione quartierale alla borgata Payant.
PERRERO — Domenica 7 settembre alle 15
riunione quartierale
all’aperto a Bovile.
PRAMOLLO — Si
svolgerà dal 18 al 22 settembre una gita a Roma,
con partenza da Pramollo
alle 6 di giovedì 18. Per
ulteriori informazioni rivolgersi al pastore oppure
all’anziano di borgata.
PRAROSTINO —
Domenica 14 settembre
alle 10 culto a San Bartolomeo, alle 17 incontro
estivo al Roc e cena comunitaria.
TORRE PELLICE —
Domenica 7 settembre
pomeriggio comunitario
ai Simound alle 15.
VILLAR PELLICE
— Domenica 7 settembre
avrà luogo una giornata
comunitaria all’Inverso
(Fienminuto), con culto
all’aperto, esposizione di
stand e attività.
VILLASECCA — Domenica 7 settembre alle 9
culto a Combagarino.
INFORMAGIOVANI VAL PELLICE
Via Roma 45 - Luserna S. Giovanni - 0121/900245
spazio adolescenti
per confrontarsi sui temi dell’identità, la sessualità,
la vita affettiva, irapporti sociali, ecc.
Ogni martedì dalle ore 17 alle 19
>ERVIZI
VALLI
CHISONE - GERMANASCA
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva;
Ospedale di Pomaretto, tei. 81154
Guardia farmaceutica:
DOMENICA 7 SETTEMBRE
San Germano Chisone: Farmacia Tron , tei. 58787
Ambulanze:
Croce Verde, Perosa: tei. 81000
Croce Verde, Porte : tei. 201454
'Pf
VAL PELLICE
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
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DOMENICA 7 SETTEMBRE
Luserna San Giovanni: Farmacia Savelloni - Via Blando
4 - (Luserna Alta), tei. 900223
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Stampa: La Ghisleriana Mondovì
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[FRPÌ 5 SETTEMBRE 1997
Vita Delle Ghie:
PAG. 7 RIFORMA.
Gli esami di fede dei candidati al ministero
JASCAf Cinque storie di vocazione
r”?si ^^nto nella chiesa, della
Grazia e della riconciliazione, e dell'uso delle ricchezze
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PlO che un esame di fede,
ciò a cui sono stati sottonosti i cinque giovani candidati al pastorato, poi consaI ciati al ministero pastorale
f duraste il culto di apertura
jejSinodo, è‘stato ancora
yna volta il banco di prova
Ma loro capacità di esprijfere e quindi di far capire al
"rtrpo pastorale la propria
intità di persone chiamate
servizio della parola del SilOie nella chiesa.
Ognuno di essi è arrivato a
orre Pellice dopo gli anni di
dio presso la Facoltà, uno
anni presso una Facol’estero, un periodo più
^no lungo di tirocinio presso una chiesa locale sotto la
guida di un/una pastore/pastoradi riferimento, dopo afver incontrato difficoltà di
.pbientamento e di comuni■fezione con le persone, dopo
[ver sperimentato che, se
ipegno del pastore è conintrato in buona piirte sullo
i’studio, suH’aggiornamento
teolopco, sulla fedeltà all’Evangelo nella predicazione e
juli'esercizio della pazienza e
tell'amore nell’ascolto e nelIsolidarietà, esso è tuttavia
lttoanch,e di atti burocratià di attenzione alla disciplila della chiesa e molto spesB di energiche prese di posisene e di tanti sforzi per gelare i conflitti, sia quelli inteiori che quelli esterni.
Cinque giovani che hanno
naturato la vocazione al patoialo a partire dalle proprie
ealtà origine, tutte divere, seppu^simili, e dal loro
krsoiiaie'carattere: questa
iversitàera quasi visibile nel
prò atteggiamento come nel
)ro modo di esprimersi. Di
tte queste componenti
tenuto conto i pastori
!opo un breve e intenso
tento di cullo proposto
I candidati prima dei culto inaugurale del Sinodo
dal presidente del corpo pastorale, hanno enunciato,
non sempre chiaramente e
non sempre in modo consono alla veste dell’esame di
fede, le domande di rito: a
ognuno dei candidati ne sono state assegnate due, con
l’aggiunta di una terza, la
stessa per tutti, riguardante
la loro vocazione. Essi si sono
poi ritirati per prepararsi e il
corpo pastorale, a porte chiuse, ha avuto comunicazione
delle valutazioni individuali
rilasciate dagli organismi e
dalle persone a ciò preposte
(Facoltà, Consigli di chiesa e
di circuito. Concistori, pastori/e di riferimento). Dopo
una buona ora i candidati sono stati chiamati a presentare le loro risposte.
In un clima di grande attesa e di curiosità tutti i presenti (come sempre il pubblico era molto numeroso) hanno ascoltato via via l’esposizione dei cinque esaminandi.
Le domande assegnate riguardavano il vasto campo
della teologia evangelica e
protestante (il ruolo dello
Spirito Santo nella chiesa, la
I Chiesa battista di Civitavecchia-via Filzi
itopia evangelica di Teresa Gargiulli
ENRICO SABTORELLI
|[nasPETTATAMHNTE, a
usa di un male che sempotesse essere controlcurato nel tempo ma
[ ,^vece ha avuto un’evojzioite veloce e imprevista
ncnfr^ajle relative statistici ciba lasciato, per fare riuo alla casa dei Padre,
L sorella Teresa Gar|j,Chiesa battista di
t^tavecchia-via Filzi.
Con il quale la coi familiari e i numepinici hanno dato l’estrefwuto alla sorella Teresa
r olio il pomeriggio di veAgosto nel locale della
nella quale la sorella
i tenuto spesso la predi^ e gli studi biblici nel
¿pel primo anno di vita
comunità, della
iWlem ^ ®'^che una
Focc^°J?otrici. Via Filzi, per
baffìrn^t’ ^ chiusa al
|Ì^tjn„.®oa accolto alcune
tevannl?* persone che non
di c , posto nel locato. La predicazione
Peolo Sbaffi coJiiW. proprio nuovo in’'fen»p. Benci 9, 50122
tei. 055-288143.
del pastore Paolo Marziale, di
cui riportiamo alcuni passaggi, è stata incentrata sul versetto 14 del capitolo 3 della 1
Epistola di Giovanni: «Noi
sappiamo che siamo passati
dalla morte alla vita, perché
amiamo i fratelli. Chi non
ama rimane nella morte».
La morte, ha detto Marziale, è diventata potente oggi
negli individui, nelle famiglie,
nella società, nelle nazioni, in
tutta quanto l’umanità. Ma
l’amore è più forte della morte. Si tratta dell’amore di Dio.
Dio è amore. E in Cristo
l’amore di Dio si è fatto uomo e è stato crocifisso e sepolto. Ma la morte non ha
potuto trattenere questo
amore che è sfociato nella resurrezione e nella presenza
viva del Risorto. Credere questo, sentire questa realtà palpitare nel profondo del nostro essere, ha proseguito il
pastore, vuol dire vivere la vita che porta a avere cura degli altri e della creazione, vuol
dire che siamo passati, già da
ora, dalla morte alla vita perché amiamo i fratelli.
Possiamo dire che la nostra
sorella Teresa ha creduto
nell’amore di Dio manifestatosi in Cristo: questo amore
ha vissuto nella chiesa, nella
famiglia e nella società, certamente consapevole dei
suoi limiti e della sua finitezza, ma nella salda fiducia che
l’amore è sempre più forte
della morte. Possiamo dire
con certezza di fede che ora
ella è passata definitivamente
dalla morte alla vita. Non è
più nella morte, ma definitivamente nell’amore che rimane più forte!
Noi siamo riconoscenti al
Signore per i molti doni che
ha concesso alla nostra sorella e che ella ha saputo mettere a frutto nella vita comunitaria e nei rapporti sociali
ovunque veniva a trovarsi. Il
dono della preghiera e della
predicazione: il dono delle visite e quello di sapere tessere
legami di fraternità e di amicizia con tutti. Grazie Signore!
Teresa è stata soprattutto
una donna libera. Libera di
cogliere l’incoerenza nelle
strutture laiche e anche ecclesiastiche, quando esse si
chiudevano alla novità soprattutto nel periodo della
contestazione giovanile. Credeva che siamo liberi di cambiare la direzione della nostra
vita pur non essendo più giovani. In lei era una vena profetica, come quella antica,
quando i profeti si dimostravano liberi di denunciare e
abbandonare non solo le vecchie strutture sociali e politiche, ma anche l’immobile ordine religioso che la grande
maggioranza considerava ancora valido. La memoria che
avremo di lei è quella di una
donna di fede impegnata nella direzione non del progressismo, ma della rivoluzione e
dell’utopia evangelica.
L'argomento centrale della seduta del corpo pastorale
Quale cappellania per le carceri?
GREGORIO PLESCAN
libertà della grazia di Dio,
rapporto tra annuncio e storia, riconciliazione, rapporto
tra ricchezza e fedeltà evangelica), della strategia ecclesiastica (ministero pastorale
nella comunità locale e nella
città, giovani e chiesa, incontro con le altre religioni). C’è
chi ha dato risposte concise,
c’è chi si è dilungato sulle
esperienze personali, chi ancora ha espresso il proprio
interesse per lo studio teologico: talvolta alcuni membri
del corpo pastorale hanno
voluto replicare con domande di approfondimento o con
note di critica.
L’esame si è svolto in due
momenti, perché la ristrettezza del tempo ha costretto
a rimandare al pomeriggio
i’ultimo esame e la votazione
a scrutinio segreto, preceduta da alcuni interventi a porte
chiuse. Finalmente l’esito: i
cinque giovani sono stati ammessi alla consacrazione.
L’applauso finale di tutta
l’assemblea ha chiuso una
giornata intensa e faticosa
non solo per i candidati ma
anche per il pubblico.
Nei giorni precedenti
il Sinodo, come d’abitudine, si è tenuta la tradizionale «due giorni» di sedute del corpo pastorale valdese
e metodista. Ogni anno, in
questo incontro, si discute di
argomenti di interesse generale, o sollevati da particolari
situazioni e problemi della
chiesa. Sicuramente la discussione più significativa,
per quest’anno, è stata la
presentazione della situazione della cappellania nelle
carceri. Gli oratori sono stati
tre: Franco Becchino, pastore
e giurista: Odoardo Lupi, pastore a Pisa e promotore di
una significativa iniziativa di
cappellania nelle carceri di
quella città, e don Giuseppe
Lupino, cappellano cattolico
del carcere di Savona.
Il pastore Becchino ha
esposto le condizioni del codice, che permette la visita ai
carcerati da parte di ministri
di culto evangelico a determinate condizioni (richiesta
da parte di un detenuto e della sua famiglia), accennando
però a possibilità più ampie,
a seconda dell'interpretazione della legge data dal direttore del carcere.
Il pastore Lupi ha presentato l’esperienza di un ente di
collegamento dei cappellani
cristiani europei, e della sua
personale esperienza di pastore che è riuscito a trovare
uno spazio regolare nella prigione di Pisa, avendo a disposizione un locale per alcune ore la settimana, e potendo in questo modo incontrare detenuti di varie estrazioni religiose e sociali.
Toccante e unica nella storia del corpo pastorale valdese è stata la testimonianza resa da don Lupino: da otto anni cappellano del carcere di
Savona, Lupino ha offerto una
vivida descrizione della condizione carceraria in Italia,
senza mai cadere nello «strap
palacrime» ma permettendo
agli ascoltatori di capire sia le
necessità dei prigionieri che
le barriere che si frappongono
tra «loro» e «noi».
Viviamo sicuramente in un
periodo contraddittorio: da
un lato una nuova e significativa volontà di avere un rapporto nuovo con l’idea di giustizia e pena (pensiamo al
movimento che ha scatenato
l’esecuzione di O’Dell questa
estate); dall’altro le reazioni
comprensibili che si hanno
di fronte all’efferatezza di alcuni crimini, ci fanno capire
come le risposte semplicistiche non siano sufficienti e
soprattutto non lo possano
essere per una chiesa e per i
suoi pastori.
La proposta della cappellania carceraria si pone come
una proposta di profonda
condivisione con degli esseri
umani sì colpevoli e peccatori, ma altrettanto sicuramente amati da Dio e bisognosi
del suo perdono.
Campo famiglie al Centro Menegon di Tramonti
Persone che si riconoscono come «prossimo
»
GIOVANNI ANZIANI
IL Centro ecumenico «Luciano Menegon» di Tramonti di Sopra ha organizzato anche quest’anno il Campo famiglia dal 9 al 20 agosto.
I partecipanti sono stati a
maggioranza coppie provenienti dalle chiese evangeliche del Triveneto e dell’Emilia. È stato un tempo di vacanza con gite organizzate in
modo spontaneo nelle località caratteristiche del Friuli;
è stato però anche un tempo
di riflessioni bibliche sul tema «La famiglia e la nostra
vocazione di credenti».
In momenti molto fraterni e
con riunioni serali alle quali
hanno partecipato membri
della Chiesa valdese di Tramonti e altri evangelici, abbiamo cercato di riflettere su
tematiche bibliche coinvolgenti il vissuto di famiglia.
Partendo dalla «famiglia» come insieme di relazioni tra
persone che si riconoscono
«prossimo», abbiamo letto
parte del libro della Claudiana
Nuovi volti della famiglia. Le
conversazioni serali si sono
concluse con studi biblici
aventi come tema il «parados
II Centro «Luciano Menegon»
so» di Gesù: «odio per i genitori» e il comandamento «0nora tuo padre e tua madre».
Tutti i partecipanti hanno
contribuito a fare in modo
che questo campo costituisse
soprattutto un importante
momento di comunione fraterna nel confronto con la
parola di Dio. Ricordiamo un
interessante incontro con
una avvocata esperta in diritto di famiglia, per comprendere i limiti e le contraddizioni della nostra legislazione in
merito alla tutela della parte
più debole nei casi di separa
zione e divorzio. Un particolare argomento di riflessione
è stato quello sulla situazione
delle cosiddette convivenze o
famiglie di fatto.
Il Centro L. Menegon (da
quest’anno avviato a una ristrutturazione molto importante per il proprio futuro) ha
permesso un incontro tra
persone con esperienze familiari molto diverse consentendo non solo l’incontro,
ma anche un confronto proficuo tra credenti che vivono
la famiglia come testimoni
dell’Evangelo di Gesù.
Lutto nella Chiesa valdese di Felonica e diaspora
La lunga storia di fede di Evelina Veneri
SAMUELE GIAMBARRESI
IL 19 luglio abbiamo celebrato a Santa Lucia di Quistello il funerale della nostra
sorella Evelina Veneri ved.
Montadori di 93 anni. Per
fortuna i locali della chiesa
erano stati restaurati grazie al
lavoro volontario di alcuni
fratelli della chiesa di Felonica, Gianfranco e Umberto
Negri, ma soprattutto Valdo
Natali e la moglie Pia Tabellini. Per il funerale la chiesa
era strapiena, anche dei numerosi parenti venuti da fuori ma soprattutto della popolazione locale: il parroco di
Quingentole, don Francesco,
ha fatto suonare le campane
e ha voluto partecipare alla
cerimonia.
Evelina era nipote della
moglie del pastore Benedetto
Giudici, Dircea Veneri, conosciutissima a Felonica fino al
dopoguerra e ancora ricordata per il bene che ha fatto alla
nostra comunità. Fu membro
della chiesa di Santa Lucia fin
dalla giovinezza; vi andava a
piedi da Quingentole per la
scuola domenicale e le varie
attività della chiesa, sopportando tutte le critiche e le
persecuzioni che allora erano
pane quotidiano per i valdesi. Fece un matrimonio interconfessionale, sposandosi
con un cattolico e vivendo
anche alTinterno della famiglia la tensione delle lotte
confessionali. Ha dovuto vedere i suoi figli Edda, Èva e
Vincenzo optare per il cattolicesimo, rimanendo sola con
la parola del Signore che dice: «Fatevi coraggio, io hp
vinto il mondo» (Giovanni 16,
33). Ha dovuto vedere anche
il dissolversi progressivo del
la chiesa di Santa Lucia, ormai ridotta al lumicino dopo
essere stata madre della chiesa di Felonica e avere avuto
una scuola fiorente come
quella diretta per decenni da
Filomena Di Gennaro.
Evelina non è mai venuta
meno alla sua fede, segnalandosi tuttavia per il rispetto dalla fede degli altri e per
il suo amore che spiega il
grande concorso di popolo al
suo funerale. Ha sperato
contro speranza nell’unico
Signore che pur promettendo tribolazioni ai suoi fedeli
li ha incoraggiati dicendo di
essere lui, nonostante tutto,
il vincitore del mondo.
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12
PAG. 8 RIFORMA
Vita Delle Ghie:
VENERDÌ 5 SETTEMBRE
Il Corso di «studio a distanza» della Facoltà valdese di teologia
La prima «sessione intensiva»
/4 fine giugno 35 studenti hanno partecipato con impegno e entusiasmo
alle lezioni incentrate sui rapporti fra l'Antico e il Nuovo Testamento
ROBERTO BOTTAZZI
Dal 26 al 29 giugno presso la Facoltà valdese di
teologia si è svolta la prima
sessione intensiva di formazione, offerta agli studenti del
Corso a distanza. Il corso
prevede infatti ogni anno alcuni momenti di confronto
diretto con i docenti della Facoltà. Il connubio di «studio a
distanza» e di «didattica in
presenza» è una della caratteristiche che abbiamo voluto dare alla nostra formazione teologica, e la risposta numerica e qualitativa di questa
prima esperienza è stata tale
da confermarci pienamente
in tale direzione.
Abbiamo avuto la presenza
di ben 35 studenti: una decina residenti in Roma ma tutti
gli altri provenienti da fuori
(dalla Svizzera fino alla Calabria, passando per Piemonte,
Lombardia, Veneto, Emilia,
Toscana, Marche...). Erano
«rappresentate» molte diver
Daniele Garrone
se denominazioni evangeliche, il protestantesimo storico era forse addirittura in minoranza. I lavori si sono svolti in un clima di grande entusiasmo e voglia di fare. La
partecipazione è stata assai
attiva come si è potuto constatare dalla qualità del lavoro di gruppo (esercitazioni di
esegesi biblica), dalle numerosissime domande poste ai
docenti, dal tipo di partecipazione alle lezioni compreso il fatto che pressoché tutti
erano già seduti alle loro postazioni almeno cinque minuti prima di ogni lezione.
Questa presenza motivatissima ha richiesto una grande
generosità intellettuale da
parte dei docenti. I professori
Daniele Garrone e Yann Redalié hanno offerto agli studenti un’ampia presentazione del tema specifico della
sessione, il rapporto tra Antico e Nuovo Testamento, ma
anche un confronto aperto
su molte altre problematiche:
fra queste ha occupato un
ruolo particolare quella concernente 1 diversi metodi di
interpretazione della Scrittura. Nell’uditorio, molto variegato, vi erano alcune persone
per la prima volta impegnate
nello studio della Bibbia, e altre persone abituate a una interpretazione fondamentalista delle Scritture. Il confronto con le metodologie proposte dalla Facoltà è stato assai
stimolante, credo, per tutti:
in particolare è stato molto
interessante l’accostamento
di metodi diacronici (con i
quali si indaga sulla storia
della composizione di un testo, distinguendo i materiali
provenienti da diverse tradizioni) e sincronici (con i quali
si analizzano le varie componenti del testo visto come un
tutto unitario, così come lo
troviamo nella stesura canonica).
Sotto il titolo generale
«Due Testamenti, una Bibbia» sono state svolte le cinque parti previste da una del
le «unità didattiche» del percorso di formazione biblica.
Una unità di sintesi, che dopo quella dedicata all’introduzione all’Antico e al Nuovo
Testamento, presenta alcuni
temi di teologia biblica. La
prima parte è stata dedicata a
«La Bibbia ebraica e le sue
letture cristiane: problemi e
modelli»; la seconda al motivo «secondo le Scritture». Sono stati poi affrontati i Salmi
nel racconto della Passione;
Tultima parte, infine, ha presentato una sintesi su «Antico» e «Nuovo»: il senso delTAlIeanza.
Quali erano gli obbiettivi
formativi della sessione? Di
natura generale era l’acquisizione di alcune chiavi di lettura per l’interpretazione di
un testo biblico. Come si procede alla lettura critica di un
testo biblico? A questo scopo
sono stati dati alcuni strumenti e gli studenti, divisi in
gruppi di lavoro, si sono impegnati in alcune proficue
esercitazioni. Lo sforzo dichiarato era quello di pervenire al significato proprio di
un testo, cogliendone la specificità e l’autonomia, la sua
indipendenza rispetto alle
precomprensioni di qualsiasi
tipo. Più in particolare, la
sessione ha cercato di far apprezzare le caratteristiche di
testi singolari del Nuovo Testamento (Luca 24, 13-35, Atti 8, 26-40; Marco 15) nel loro
riferimento-interpretazioneuso delle Scritture dell’Antico
Testamento. Ci si è cimentati
sull’identificazione dei vari
modelli di relazione ermeneutica fra Antico e Nuovo
Testamento e si è presa consapevolezza della valenza
specifica dell’Antico Testamento, e addirittura della impossibilità di ridurne il senso
Yann Redalié
alla sua interpretazione cristiana.
Gli studenti che non hanno
partecipato a questa sessione
intensiva di studi svolgeranno l’unità didattica a distanza: i partecipanti sono invece
ripartiti da Roma avendo già
non solo svolto l’unità didattica ma anche avendola verificata mediante alcuni questionari e test. AlTimpegno di
venire fino a Roma e di studiare intensivamente per due
giorni e mezzo, corrisponde
infatti per gli studenti la possibilità di mettere al proprio
attivo un buon pezzo del percorso formativo.
Una opportunità analoga è
stata offerta agli studenti del
corso, subito dopo la sessione di Roma, con l’«Università
estiva» di Torre PeUice, gestita dalla Fondazione Centro
culturale valdese e dal Collegio valdese insieme alla Facoltà. Il programma svolto a
Torre PeUice fra il 30 giugno e
il 4 luglio è stato infatti considerato equipollente con Io
svolgimento di una delle
unità didattiche del corso a
distanza della Facoltà, quella
relativa alla storia della Riforma, e alcuni studenti (8, un
buon numero anche qui) ne
hanno «approfittato». Una
prima esperienza di «joint
venture» positiva che andrà
ripetuta e ampliata, coinvolgendo anche altri istituti che
nei vari ambiti delle chiese
evangeliche si occupano di
formazione a livello universitario. Il prossimo Sinodo potrebbe essere un momento di
incontro, ma vorrei sviluppare opportunità di questo tipo
con diverse altre realtà evangeliche.
Il prossimo appuntamento,
a liveUo di sessioni intensive
di studio, è previsto per settembre (dall’ll al 14): già una
ventina sono gli studenti
iscritti, ma sarà possibile segnalare la propria partecipazione fino a una settimana
prima. Verrà svolta una unità
del percorso pratico, relativa
alla «comunicazione e dinamica di gruppo». Il programma, a cura del prof. Ermanno
Genre, prevede anche esercitazioni nelle tecniche televisive di intervista e nelle tecniche di scrittura.
Vorrei infine attirare l’attenzione sul fatto che per tutto il mese di settembre riceveremo le domande di iscrizione al nuovo anno accademico. Segnalo questa data a
tutti gli interessati, ma anche
ai tutor locali del corso, ai pastori e a tutti i responsabili
delle chiese a vario livello. È
importante che l’opportunità
del corso venga segnalata e
presentata adeguatamente.
Come ho già detto in precedenti occasioni, sono a disposizione di chi lo desidera
per qualsiasi tipo di supporto: dalle informazioni alle
riunioni di presentazione del
corso, dall’invio di materiale
ai colloqui collettivi e individuali di orientamento.
A Genova dall'Inghilterra e dalla Danimarca
Una vocazione per la grande città
ERMINIO PODESTÀ
Da un anno e mezzo una
coppia di giovani sposi
inglesi, Mark e Claire, e da un
anno circa una giovane donna danese, Helene, svolgono
la loro attività a favore della
Chiesa battista di Genova; a
tutti loro ho rivolto alcune
domande.
- Mark e Claire, perché siete
venuti a Genova?
«Io e Claire abbiamo offerto
la nostra disponibilità a recarci in terra di missione.
Sembrava che dovessimo essere inviati in Brasile. Invece
era stato chiesto alla nostra
missione qualche pastore per
l’Italia: quando ci è stato
chiesto se eravamo disposti a
recarci in Italia, abbiamo accettato di fare questa esperienza. Dopo aver trascorso
un anno a Perugia per imparare l’italiano, si trattava di
iniziare un lavoro di apprendistato presso una chiesa battista. Sembrava che la nostra
destinazione dovesse essere
Napoli, ma la Commissione
ci disse che a Genova ci sarebbe stato bisogno di aiuto e
che nello stesso tempo questa
comunità sarebbe stata molto
utile per noi. Fummo inviati a
Genova e dopo qualche mese
io iniziai a collaborare con il
pastore Michele Foligno; poi
è giunto come pastore in prova Stefano Fontana e la mia
collaborazione è diventata
quasi totale. Predico spesso,
tengo gli studi biblici ai giovani e mi impratichisco sempre più nel parlare italiano».
- E tu Helene, perché hai
scelto Genova?
«Sono la moglie del pastore
Stefano Fontana. Al termine
degli studi, al Seminario battista di Praga che abbiamo
frequentato insieme, a Stefano è stata affidata la cura pastorale della Chiesa battista
di Genova per due anni, in
prova. Pertanto io ho seguito
mio marito».
- Claire, quali difficoltà hai
trovato in questa città?
«Inizialmente è stato molto
difficile adattarmi alle abitudini dei genovesi, anche perché qui ho avuto una seconda bambina: ero costretta a
stare spesso in casa con la
neonata e la primogenita che
ha tre anni e quindi mi sentivo molto Isolata e sola. Inoltre, non conoscendo bene
l’italiano, avevo difficoltà a
esprimermi. Pensavo fosse
più facile ambientarsi in una
nuova città. Poi però, grazie
anche alla solidarietà delle
sorelle e dei fratelli di chiesa,
tutto è stato risolto nel migliore dei modi e sono molto
contenta di essere a Genova».
- Helene, che cosa hai scoperto a Genova che non ti
aspettavi?
«Innanzitutto il caos, il disordine. Poi, siccome avevo
sentito dire che i genovesi sono molto chiusi e musoni, ho
scoperto invece che sono
simpaticissimi e allegri, almeno quelli della comunità
battista».
- Tu Mark ti senti più pastore o missionario?
«Attualmente mi sento più
pastore, perché per essere
missionario si richiede una
specifica vocazione indirizzata a un’evangelizzazione sul
territorio e non legata a una
comunità. Io mi sento più
portato a seguire una determinata chiesa. Inizialmente
ero venuto a Genova con lo
scopo di conoscere la comunità, ma per esigenze particolari ho iniziato subito a lavorare nell’ambito delle due
chiese battiste, quella di Genova e quella di Sampierdarena. Questo mi ha fatto capire la mia particolare attitudine alla funzione di pastore
e di questa esperienza sono
molto contento».
- Quali sono le vostre prospettivefuture?
Mark: «Io e Claire abbiamo
messo un’unica condizione:
lavorare in una grande città,
perché abbiamo capito, dopo
aver pregato a lungo, che
questa è la nostra “vocazione”. Ci sentiamo totalmente
nelle mani del Signore e
pronti a rispondere a qualsiasi sua chiamata».
Claire: «In questo periodo
ho potuto fare ben poco per
la comunità, per i motivi già
citati; infatti ho potuto tenere
solo due studi biblici e ho seguito un po’ la scuola domenicale. Ma in futuro intendo
svolgere la mia attività pastorale insieme con Mark».
Helene: «Anch’io finora ho
svolto un’attività limitata a
causa della difficoltà della
lingua, ma in futuro desidero
svolgere la mia attività di pastora nella chiesa battista».
Il Gruppo musica di Luserna
Un'attività della chiesa
aperta all'eumenismo
LAURA NISBET
Estate un raro privilegio
per il Gruppo musica diretto da Walter Gatti, che fa
capo alla comunità di Luserna San Giovanni, partecipare
al II Festival corale della
Sainte-Baume in Provenza.
Per i primi quattro giorni di
agosto, sotto il patrocinio
deir«Association ensembles
polyphoniques en Provence»
e con l’adesione dello scrittore e storico Jean-Michel Thibaux, i Comuni compresi tra
Marsiglia e Saint-Maximin
hanno ospitato e organizzato
concerti di gruppi corali di
provenienza internazionale,
tra cui il coro giapponese
«Platano» di Kobe, il coro
ucraino «Renaissance», il coro «Voix nouvelles» della
Martinica.
Un ricordo prezioso del Festival rimarrà rincontro caloroso con il sindaco e con l’Ensemble vocal «Allegretto» di
Pian d’Aups, composto quasi
interamente dagli abitanti del
paese con il Gruppo musj
Sotto la navata della chii
romanica, nel programma___________
comune, le note di canti spj
tual si sono intercalatei^UAl
messaggi dei Salmi 1 e 23j|jl^cen
sicati da Ferruccio Rivoireji-diffusi
Salmo 150 composto daMa? Qu:
ter Gatti. Il Gruppo miMntetìo'
nell’opuscolo pubblicato^ tesse Iff
comitato organizzatore ei di ebeti
ma dei concerti è stato |
sentato come gruppo di | protesi
vità della Chiesa valdese,^ali P
aperto allo spirito ecumejpe p<
Il contributo dato al R
vai, oltre alla testimoni:
di una presenza valdese i.,
contesto prevalentemei
cattolico, è stata l’esecuzi
dell’inno del Festival l
composto dal giovane E..
Grangetto, uno dei frai
,accc
leste s
lome
V_l A UAA L L , UIXIU Utl --
cattolici del gruppo: preliieeto 1
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e fuga in si bemolle maesf i
-------------------------— ^^culbirali
per organo a quattro ni
eseguito dall’autore
Walter Gatti sul grande
no storico nel corso della
rata di chiusura nella basilK®®°
di Saint-Maximin. s
iUesec
Campo cadetti a Ecumene
Un «mosaico Europa»
per prepararsi al futuro
ispoatfere
aprono q
laifone 1
fecoltà d
louchart
lagno la
I rubrici
SILVIA RUTIGLIANO
CON un simpatico spettacolino finale si è concluso a Ecumene il campo cadetti 1997 «Il mosaico Europa», svoltosi nelle prime tre
settimane di luglio: canti,
balli, scenette e letture per un
pubblico di parenti dei ragazzi e lavoratori del Centro. In
un semicerchio formato dalle
bandiere deH’odierna Europa, piantate nel campetto di
calcio, con il pubblico seduto
sui gradoni costruiti nell’ambito delle recenti ristrutturazioni degli spazi esterni, i cadetti, aiutati dallo staff del
campo, si sono esibiti in una
bella serata estiva di luna piena. Nello spettacolo, e nei
cartelloni esposti sul piazzale, c’era un po’ il succo del
campo: la presentazione del
continente in cui viviamo,
con le sue antiche e leggendarie origini classiche, le
contraddizioni della sua storia recente, il fiorire del pensiero razionale che diede origine alla scienza moderna, la
varietà delle tradizioni (ancora molto evidente nelle lingue che si parlano) la maturazione di una coscienza dei
diritti umani e lo sforzo di
unire tante diversità in una
unione europea.
Così come nello speltauì^'^tesin
c’erano parole, musk a enipo l'onij
vimento, serietà e diverfi^-Adi
mento, così è stato durant#'’fsi, ir
campo, quando ai mome'iiiisvadi
di studio sono seguite oi^^}I^Zion
gioco, libero e organizza®! ptobl
quando si è imparato ‘
lo leggendo e parlando rii
anche disegnando costruP^i’h co,
do, inventando e ;mdand(^’?™®i
gita. Un campo quindi riu#™^i
to, grazie sopratu t;o allaPP°fI®r{
rezione di Vincei ..ina
quiñi, ormai al su<' sesto
no di esperienza (e li
che è stata coadiuv sta
gruppo giovane e v ilentr® ®
so, in parte alla s a
esperienza, che si: ¡nocf™’ino
saprà crescere per offrirsi®”.®
servizio ancora m. sfiora
anni prossimi. Coniunq|
vero salto in avanti dei ca
cadetti a Ecumene dipenÌ
dal numero dei partecipa
che potrebbe essere mi
più grande. C’è forse una!
ducia all’interno delle n(f
chiese nei confronti dei
tri giovanili? Non pensai
genitori che un’esperien
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Uno scorcio del Centro di Ecumene
13
ERDÌ 5 SETTEMBRE 1997
Vita Delle Chiese
PAG. 9 RIFORMA
Torre Pellice: la giornata «Giovanni Miegge» a ridosso del Sinodo
La cultura protestante in Italia
po musi
3lla chi
gramtna
canti sp(
rcalati
/ CGntri cultursii GVdngGlici si sono intGrrogdti sui propri progGtti^ sul ruolo
ctiG possono 3VGrG in Itdiis e hdnno discusso l'ultimo libro di Giorgio Tourn
DAVIDE DALMAS
iniziative a Ponticelli
Il Centro culturale «E. Nitti»
fa educazione all'ambiente
SALVATORE CORTINI
Ila basii
^UALI attività svolgono i
1 e 23^ culturali evangelici
RivoiiiLiffiisi variamente per lìta;to datìia? Quanti e chi sono i loro
30 miiterlocutori? Quanto inteblicato|resse|iescono ad accendere e
dorè ei di che>tipo? Quaie immagine
stato» aH’esterno del
ipo di’pr^estantesimo italiano?
aldese,iiuali progetti hanno in cancume®re per proseguire e, possio al plpinente, migliorare il loro
moniJcompito nel futuro? È sempre
Ideseirjion chiaro quale è questo
ntemeptnpito, o quanto meno
isecuzilquale è l’ispirazione di base
ival lèheaccomuna realtà diverse?
me ®°tio alcune delle tan
ei fra^°mande che hanno ani); preljffl®t° riuscita giornata
; magd ^®tini Miegge» dei Centri
:tro S cul|!urali evangelici in Italia,
ore luogo nella data
inde 01^®’ tradizionale del gio0 dellal’apertura
“■iBinodo, il 21 agosto nellùla sinodale della Casa
lese di Torre Pellice.
La mattinata è stata aperta
]dalle relazioni di alcuni dei
ipÉimali soggetti che, in mi! stiraIversa, tentavano di rialle domande che
queste righe. Daniele
¡airone ha rappresentato la
acoltà di teologia, Daniele
iouchard Agape, Silvia Roiagno la Fgei, Gianna Urizio
I rubrica televisiva «Protespetta^dtesimo» e Sergio Rostasic a emP® l’omonima rivista teolo
2 diverf®®- A differenza degli anni
duraatl^tsi, in cui l’incontro rito omef^tiva di esaurirsi nella prente oiftttazionc delle situazioni e
anizzàmproblemi propri di ogni
to nonP®ntro,’^op tentativi più o
andò it®tio riusciti di cercare elecostruP®^h' comuni che venivano
idandr*?tmm scoperti a posteriori,
di ritrf™®*i®®riza la possibilità di
; 0 allaPP°fl3re insieme il lavoro,
ina Tp®t’®i3rio la giornata è stata
estoun momento di
li fati®fe®iooe comune sulla lita d^.^®^®rale, sulle motivailentf®®srii risultati della culua protestante italiana. Inittii molti interventi che
inno seguito le relazioni
si sono limitati a valutare
¡he già è stato fatto, ma
.10 cercato di andare al
[do del problema,
udentemente un certo inìse, relativo se si pensa ai
idi numeri, ma certamenlle ni^^Snificativo, viene di freriscontrato; per e®'Dio nella continua preui visitatori del sistema
>s^e delle valli valdesi, i
^ sono interessati sopratuo a conoscere e confron>si con le posizioni attuali
ttosto che apprendere
Donatella SommanI e Silvia Rostagno
contro impossibile?, presentato da tre interventi, il primo
di Ermanno Genre, che ha inquadrato l’opera rispetto agli
scritti precedenti di Tourn,
appartenenti a tutte le discipline della teologia insegnata
alla Facoltà valdese, il secondo di Erika Tomassone, che
l’ha acutamente messa accanto al libro di un prete di
Riesi che nella storia della
propria città presenta l’arrivo
dei protestanti come un flagello paragonabile a un’epidemia di colera, degno rappresentante di una italianità
contrapposta nettamente
all’ipotesi protestante; e infine quella di Mario Miegge,
che ha aggiunto all’arringa e
all’apologia agli italiani di
Tourn, considerate molto efficaci, la parte mancante, ossia l’appello necessario a ripartire dalla parte migliore
della propria storia, che può
essere identificata nelle répu
bliques di Sismondi* e nei
momenti in cui le scelte di
responsabilità sono state prese, come il Risorgimento e la
Resistenza.
Nei due momenti della
giornata è stata continua, comunque, la volontà di affrontare chiaramente le sfide culturali che questi anni in cui
viviamo stanno lanciando.
Da un lato c’è la consapevolezza che è in atto, o è avvenuto non da molto, un mutamento di paradigma culturale. In un contesto di precarietà, di trasformazione economica globale, di riduzione
dell’importanza dell’Europa,
un ricco bagaglio storico e
culturale può essere un peso
da limitare al minimo indispensabile per rendere più
agevole il cammino in anni
difficili. Quando i messaggi
vincenti sono da un lato
quelli di chi dà certezze assolute, dogmi, sicurezze, fonda
menta incrollabili, identità
etniche, e dall’altro quelli di
chi esalta la velocità (anche
nel cambiare idea), la mancanza di peso, l’assenza di responsabilità collettive e individuali, la completa riduzione del passato nel presente,
col conseguente rischio della
perdita anche di una vera
possibilità di futuro, a molti
le bandiere del protestantesimo storico paiono sgualcite.
Infatti i valori della modernità, con la quale esso dovrebbe continuare ad accompagnarsi: la laicità che non è
laicismo, la democrazia, la
responsabilità personale, il
senso storico e critico, l’importanza della ragione, paiono in questo momento poco
affascinanti e addirittura poco comprensibili per la maggioranza delle persone. Tuttavia non sono accessori che
possono essere scaricati per
adattarsi a un contesto che
sembra rifiutarli, in nome di
una maggiore visibilità e di
un maggior successo. Tornano a essere valori da difendere, anzi da propagare di fronte al trionfo dei fondamentalismi che spargono intolleranza e sangue, di fronte alle
volontà di chiusura in ghetti
e in particolarismi e di fronte
alla perdita della capacità di
organizzare e esprimere un
significato condivisibile e
non imposto o autoreferenziale. Perciò queste bandiere
saranno forse sgualcite, ma
sono tuttora irrinunciabili.
* Storia delle Repubbliche
italiane, Torino, Bollati Boringhieri, 1996.
Napoli è tornata purtroppo a fare notizia non
solo per la sua rinascita culturale e sociale ma anche per
le numerose stragi di camorra susseguitesi negli ultimi
tempi. 1 cittadini delle periferie gridano che c’è bisogno di
più stato; l’arrivo dell’esercito è servito a dare un po’ di
tregua a una città che dal
gennaio scorso ha visto più di
90 omicidi nelle sue strade e
una guerra tra cosche che
colpisce anche gli innocenti,
ma certo non può bastare... 11
cardinale Giordano maledice
gli spacciatori di droga e chi
la traffica scegliendo l’importante ricorrenza religiosa della Madonna del Carmine per
pronunciare l’intensa omelia... intanto si cerca Fanti
Bassolino per le prossime
elezioni amministrative di
novembre.
Mentre succede tutto questo, nella periferia orientale
della città, la piccola opera
sociale evangelica della chiesa metodista, il Centro culturale di Ponticelli, ha realizzato l’attività «Impariamo insieme a non inquinare l’ambiente». Il programma è stato
inserito nel progetto «Napoli
bambini d’Europa-Estate ra
gazzi ’97», a cura dell’assessorato alla Dignità del Comune (servizio tempo libero e
politiche per i minori).
40 ragazzi dai 6 ai 16 anni
hanno preso parte alle attività pomeridiane per tutto il
mese di luglio; divisi per
gruppi hanno lavorato e giocato sui temi dell’ambiente
con riferimenti anche al primo libro della Bibbia: «E Dio
creò». Abbiamo voluto creare, nel depresso quartiere napoletano dove sono a conoscenza di tutti le cause del disagio giovanile, un punto di
aggregazione e socializzazione offrendo spazi di riflessione, di gioco e soprattutto
sportivi. Importanti sono state le iniziative trasversali che
il dipartimento comunale ha
proposto: per lo sport il tiro
con l’arco e la scherma, un
pomeriggio dedicato ai colori
con un’animazione fatta con
gli acquerelli, il teatrino dei
burattini e due proiezioni di
film per ragazzi. Va apprezzato lo sforzo che quest’amministrazione sta facendo riguardo alla prevenzione dei
minori a rischio, che ha messo al primo posto questi temi
nella sua opera quotidiana di
governo e le sono testimonianza le numerose iniziative
messe in campo nella città.
Ragazzi bielorussi ospiti in Toscana
Solidarietà al di là delle confessioni
LEONARDO CASORIO
g ONO stati ospiti nella pri
ai , - — j- j.
rei all' comunque affasci
Onniirp npllp
jf oppure nelle sempre
numerose richieste di
Ije partecipazione
®riiti per i professori
Facoltà o ancora nella
cr aiiv-wia lidie
^®nza maggioritaria di
One non evangeliche ai
organizzati da Agape.
Ut interesse per i riforitaliani o anche per la
Ja? Insomma è soltanto
jea curiosità per il disinteresse profondo,
Ignite di vita e anche
lo che ne so
livers^.®- ^ ancora: questi
“ ' dentri riescono in
ntodo a produrre un
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ìpu' favori, oppure par.®“«anto a una fascia li
Persone?
riuscita della
raggiungij, Aatici h ''°*^nioli proble’j fiata determinata
discussione po‘"torno all’ultimo
• Giorgio Tourn,/m
^^tantesimo. Un
in
ma settimana di agosto
presso le scuole elementari
«Europa» di Rosignano Solvay (Li) 15 bimbi fra i 7 e i 12
anni originari della regione di
Grodno in Bielorussia, a pochi chilometri di distanza da
Cernobil, sede della maledetta centrale nucleare che ha
causato tante tristi conseguenze nella genetica umana
a partire dall’incidente del
1986.1 bambini, che non erano mai stati al mare e si sono
meravigliati che l’acqua fosse
salata, hanno dei nomi che
ormai sono diventati quasi
familiari per le persone che
da anni convivono con questi
sfortunati ragazzi offrendo
loro ospitalità, simpatia, occasione di riconsiderare la
solidarietà internazionale:
Svetlana, Alexandr, Ekaterina, Youri, Ruslan, Dmitri, e
altri ancora.
Il gruppo, che era composto anche da sette adulti fra
cui una giovane interprete e
un’insegnante di scuola elementare che parla anche tedesco e inglese, è stato accompagnato a Rosignano
Solvay dalla direttrice della
Casa comunitaria evangelica
Tresanti (Montespertoli, nella campagna fiorentina),
Franca Borroni, dal marito
Sergio e dal figlio Paolo, nonché da Hélène Spuhler, animatrice e teologa cattolica
proveniente da Basilea per
un impegno di lavoro pastorale volontario in Italia.
È stato sorprendente poter
constatare come sia stata
possibile una convivenza in
armonia, con animo sereno,
in uno spirito ecumenico di
fratellanza e di solidarietà fra
persone con cultura, fede,
tradizione e lingua tanto diverse fra loro. Un riconoscimento particolare per la realizzazione di questo progetto
va indubbiamente al comune
di Rosignano Marittimo,
all’amministrazione, al sindaco e in particolare al dott.
Brogi, responsabile del settore Affari sociali, che ha curato
i primi contatti poi tradottisi
in generosa ospitalità. Le
enunciazioni di principi tendenti a abbattere frontiere
per un’Europa più unita non
sono vuote parole, e i cittadini di Rosignano ormai da anni, con i plurimi gemellaggi
con città straniere sanno parlare al cuore e alle menti con
un linguaggio e con uno spirito «internazionalista». E gli
effetti si vedono: nel sorriso e
nei volti dei bimbi ospitati,
nelle cronache, nelle lettere
di ringraziamento, nella simpatia e nel vuoto che rimane
dopo ogni partenza.
Qualcuno avrebbe voluto
che simili iniziative avessero
un carattere più marcatamente evangelico, significando la matrice protestante
dell’impegno diaconale, altri
si lasciano invece tentare
dall’agire in favore dei minimi da un sentimento umanitario di reciproca solidarietà
umana, indipendentemente
da un credo confessionale
particolare. Una cosa però è
stata certa: questa disparità
di opinioni non ha arrestato
l’impegno d’amore verso
quanti si trovano in stato di
bisogno. La Casa comunitaria evangelica Tresanti di
Montespertoli ha così potuto
aggiungere alla sua catena di
impegno sociale una maglia
di solidarietà donata dal Comune di Rosignano Marittimo, che sembra aver applicato al proprio operato quanto
riportato nel primo versetto
del capitolo 11 dell’EccIesiaste: «Getta il tuo pane sulle
acque, perché con il tempo lo
ritroverai».
Alcuni ragazzi partecipanti all’iniziativa
Chiesa battista di Ariccia
Un luglio pieno di occasioni
per rendere testimonianza
Foto di gruppo per i ragazzi bielorussi
Il mese di luglio è stato per
la chiesa battista di Ariccia
un tempo particolarmente
ricco di forti momenti di testimonianza che lasciano il
segno come evidenti benedizione del Signore. Infatti anche quest’anno, il quarto
consecutivo, dal 2 al 25 luglio
sono stati nostri ospiti un
gruppo di bambini del Saharawi, cinque maschietti e
cinque femminucce. Sono
stati con noi anche i rappresentati del governo del Saharawi in Italia, Hamad Ahmed
Yahia e Samel Hamada, con i
quali si darà inizio a un progetto di intervento umanitario in un villaggio scelto dalle
autorità governative. Il progetto sarà curato dal pastore
Bruno Colombo, dalle rappresentanze sindacali e dal
direttore del personale di
una grossa industria chimica
di una società multinazionale americana.
Ma il mese di luglio va ricordato anche per la prima
domenica che è stata veramente un giorno particolare:
infatti abbiamo celebrato
due culti, uno al mattino e
uno nel pomeriggio. Al mattino la comunità si è stretta
con affetto e gioia attorno ai
giovarli coniugi Salvatore e
Stefania Loddo, simpatizzanti della comunità, che hanno
presentato al Signore la loro
piccola Sharon. Mentre veniva dai genitori di Sharon condiviso con la chiesa l’impegno di educare e indirizzare
la loro figliuola nella fede
evangelica sono stati elevati
al Signore inni e, a nome della comunità, l’anziano di
chiesa Costantino Barberi ha
pregato il Signore e il pastore
ha invocato le benedizioni di
Dio. Nel pomeriggio, dopo
l’agape fraterna, ha dato la
testimonianza di fede in Gesù Cristo attraverso il battesimo la giovane Giulia Lucchiari. Significativa e coinvolgente è stata la testimonianza
del suo cammino di fede, che
Giulia ha voluto condividere
con la comunità. Quando
Giulia ha incontrato il Signore. ha lasciato che lui diventasse la meta unica della sua
ricerca, ha trovato in Gesù il
suo Salvatore e ha deciso di
approfondire la conoscenza e
la fede in lui. Il culto è stato
arricchito da altre testimonianze, canti e preghiere oltre che dal messaggio del pastore Dentico e la predicazione del pastore Colombo.
14
PAG. 10 RIFORMA
1^*1
fa*
VENERDÌ 5 SETTEMBRF
Riforma
Le sfide
del perdono
Fulvio Ferrano
All’indomani della strage degli Ugonotti, perpetrata in
quella che è passata alla storia come la «notte di San Bartolomeo», nella chiesa romana di San Luigi dei Francesi fu intonato un Te Deum di ringraziamento. Nel corso della sua
visita in Francia, l’attuale pontefice ha chiesto perdono per
quel bagno di sangue. Lo ha già fatto, come si sa, in diverse
occasioni analoghe, e ancora una volta le reazioni sono
molto variegate: si va da chi insiste a dire che «alla fin fine
non cambia nulla», a quanti chiedono a gran voce che anche i protestanti si decidano a chiedere perdono per qualche cosa, ricambiando la «generosità» di Giovani Paolo II
(Franco Cardini su «Avvenire» del 26 agosto). Non c’è dubbio che le parole del pontefice romano rappresentino una
sfida per tutti, cattolici e protestanti. Ignorare tale sfida,
minimizzarla, esorcizzarla potrebbe voler dire, nel migliore
dei casi, perdere un’occasione preziosa per approfondire
con decisione ii confronto ecumenico. Che cosa significa,
tuttavia, prendere sul serio le parole del papa? Se esse, come molti pensano, configurano una situazione per molti
aspetti nuova, quali ne sono i contorni e le possibilità?
Una prima pista di riflessione è indicata da Paolo Ricca
nel breve commento riportato nel numero scorso: si tratta
anzitutto di sapere «per che cosa esattamente si chiede
perdono»: se per le violenze esercitate, considerate in se
stesse, o «anche per le ragioni teologiche e giuridiche che
le hanno ispirate». In questo secondo caso, il processo di
riconciliazione richiede il radicale ripensamento delle
strutture organizzative e di pensiero che hanno reso possibili le tragedie del passato. Queste ultime, cioè, non vanno
comprese come fhitto della pura e semplice malvagità, o
dei pregiudizi, di alcuni singoli ma come conseguenze di
un modo di concepire e di vivere la chiesa e, al suo interno, l’esercizio dell’autorità. La strage degli Ugonotti è stata la sanguinaria risposta a una domanda precisa: esiste,
ed è cristianamente legittimo, un modo di essere chiesa
diverso (ed eventualmente alternativo) rispetto a quello
incarnato dal papato romano? Riconciliazione vuol dire
anche tornare a porci oggi in un quadro, grazie a Dio
profondamente diverso, questa stessa domanda.
In secondo luogo, il nuovo clima determinato dai frequenti pronunciamenti autocritici del papa potrebbe favorire un ulteriore passo avanti, a nostro avviso di grande
rilievo. Le stragi della Controriforma avevano le loro radici nel fatto che si negava che quelle della Riforma fossero
chiese di Gesù Cristo. Erano bande, sette; il Concilio Vaticano II, cinquecento armi dopo, parla di «comunità ecclesiali»: certo va già meglio, ma chiese «vere», in senso pieno, sono solo altre, quella di Roma e quella ortodossa, che
hanno i vescovi «autentici», realmente successori degli
apostoli. Ci sembra sia giunto il momento di affrontare
questo tema: si esce dal tunnel di un passato carico di
sangue riconoscendo che quelle della Riforma sono, in
senso stretto e pieno, chiese del Signore Gesù Cristo,
espressione della chiesa una, santa, cattolica (cioè universale) e apostolica confessata nel Credo. In questo quadro, la riconciliazione conduce alla comunione: tra chiese
che hanno storie diverse, strutture diverse, ordinamenti
diversi, ma che riconoscono ciascuna nella testimonianza
delTaltra l’annuncio di Gesù.
Terza pista di riflessione. Se la riconciliazione conduce
alla comunione, quest’ultima deve esprimersi, anche nel
culto: intorno alla Scrittura (il che già accade) e intorno al
pane e al vino della Cena. L’obiezione la conosciamo, i
tempi non smebbero maturi. Ebbene, discutiamo di questo: che cosa occorre per farli maturare? Che cosa occorre
perché nella Cena celebrata dalle diverse chiese cristiane
si riconosca non il rito di una confessione, ma l’appello di
Gesù stesso? Naturalmente è sempre possibile continuare
a eludere queste domande, ma allora l’insistenza nel parlare di perdono e di riconciliazione troverebbe serie difficoltà ad evitare il rischio mortale della retorica.
Riforma
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Tariffe inserzioni pubblicitarie: a modulo (42,5x40 mm) £ 30.000. Partecipazioni: miilimetro/coionna £ 1.800, Economici: a parola £ 1.000.
Riforma è il nuovo titolo della testata La Luce registrata dai Tribunale di Pinerolo con il
n. 176 del 1-gennaio 1951. Le modifiche sono state registrate il 5 marzo 1993.
Il numero 32 del 29 agosto 1997 è stato consegnato per l'inoltro postale all'Utficio
CMP Nord, via Reiss Romoii 44/11 di Torino mercoledì 27 agosto 1997.
Il disegno di legge del governo sulla scuola
Parità fra pubblico e privato?
La soluzione proposta su questo delicato problema rischia
di ledere i principi della laicità e del pluralismo
NICOLA PAGANO
IL 18 luglio 1997 certamente non sarà ricordato come
un giorno fausto per la scuola
pubblica italiana. Il Consiglio
dei ministri ha approvato,
con il voto contrario di Ciampi, Flick e Ronchi, un disegno
di legge sulla parità tra scuola
pubblica e scuole private (in
sostanza cattoliche). C’è da
augurarsi che in Parlamento
tale disegno di legge non passi ma è innegabile che l’iter
della parità è giunto a una
svolta determinante se non
conclusiva.
Ironia della sorte, o forse
segno dei tempi: ciò che in
cinquant’anni non era riuscito ai regime democristiano e
alle mai smesse pressioni
delle gerarchie cattoliche, ora
è suo punto di essere realizzato dal governo dell’Ulivo e
da un ministro della Pubblica
Istruzione, per la prima volta
nella storia della Repubblica,
di sinistra. Certo non c’è da
stare allegri. Specie per chi
continua a nutrire un’idea
della scuola pubblica di tutti,
laica, pluralista e democratica, principio costituzionale e
funzione pubblica e civile irrinunciabile.
Non è questione da poco.
Come ho notato in altre occasioni, la parità tra scuola pubblica e privata, tra l’altro,
completa un disegno strategico di forte presenza cattolica
nella formazione dei giovani
e nella scuola; presenza riaffermata nel 1984 con il Concordato Craxi-Casaroli e dal
sistema dell’insegnamento
della religione cattolica, facoltativo nella scuola pubblica di ogni ordine e grado, ed
esteso ora, con il disegno di
legge in questione, mediante
la creazione di un ambiguo
«sistema scolastico integrato»
in cui il privato viene equiparato ope legis al pubblico e finanziato con i soldi dello stato. In realtà non vi è alcuna
necessità e alcuna seria ragione culturale, pedagogica o
economica che giustifichi tale
disegno di legge. Altre, in verità, erano e sono le attese del
mondo della scuola. Sono anni che da ogni parte si parla, a
proposito e spesso a sproposito, di crisi della scuola: e
non sarò certo io a negare le
tante cose che non vanno.
L’elenco è lungo e ormai di
dominio pubblico: scarse risorse, strutture carenti, cen
tralismo burocratico, formazione e aggiornamento dei
docenti, riforma dei programmi, evasione e mortalità scolastica, numero di alunni per
classe, serietà degli studi e
qualità dei curricoli, recupero
degli alunni carenti, innovazione tecnologica, autonomia
degli istituti, ecc.
Ebbene, con tutti questi
problemi che affliggono la
scuola è paradossale che il
ministro Berlinguer e si suoi
esperti, tra le molte riforme
annunciate e messe in cantiere, diano priorità a un disegno di legge sulla parità tra
scuola pubblica e privata,
con relativi finanziamenti (da
determinarsi con la prossima
legge finanziaria) che oltretutto, secondo calcoli approssimativi, ammonterebbero a 2.000 miliardi l’anno.
Come dire: con una mano si
lesinano i fondi alla scuola
pubblica (il cui bilancio in
proporzione è tra i più bassi
d’Europa), e con l’altra di regalano miliardi, in forme varie, alle scuola private.
Ma non è tanto e solo una
questione di finanziamenti e
di bilancio: in gioco vi è la legittimità costituzionale del
disegno di legge in essere. Il
terzo comma dell’art. 33 della Costituzione, se la parità
passasse in Parlamento, sarebbe impunemente aggirato. Alcuni hanno parlato di
vulnus infetto alla Costituzione. Né varraimo a sanarla,
la ferita, le incredibili e capziose tesi dei fautori della parità di parte cattolica, tra le
quali brilla quella di Pietro
Scoppola, firmatario del Manifesto per una nuova idea di
scuola, secondo il quale il
«senza oneri per lo stato» andrebbe riferito alla creazione
di nuove scuole, non al sostegno di quelle già esistenti
(«La Stampa», 1° marzo ’97).
Ma forse c’è ancora qualche
speranza. È noto infatti che il
Tar deH’Emilia Romagna,
chiamato in causa da «Scuola
e Costituzione», dalle chiese
evangeliche e dalle comunità
ebraiche di Bologna sul finanziamento alle scuole materne, ha giudicato rilevante
e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della legge regionale n. 52/95, disponendo l’invio degli atti alla
Corte Costituzionale per il
giudizio di merito.
Ma vi è di più. In prospetti
va vi è il pericolo che la parità
delle scuole private possa essere un primo passo verso
una graduale riduzione del
carattere pubblico dell’istruzione e quindi verso un’inarrestabile privatizzazione della scuola pubblica a vantaggio di tante scuole, ognuna
chiusa nella propria privatezza, portatrici di altrettanti interessi, valori e saperi parcellizzati 0 ideologizzati a misura e in funzione di chi le frequenta. Una resa, dunque, o
se si preferisce un adeguamento alle attuali tendenze
ultraliberistiche e alla logica
del mercato. Una scuola «supermarket» dove ognuno
sceglie il prodotto-servizio
che più gli si confà. Sarebbe
la fine della scuola pubblica
di tutti, laica, democratica,
strumento di uguaglianza e
di pari opportunità, di crescita culturale e civile di tutti i
cittadini: una scuola con finalità formative generali condivise, entro le quali, soltanto, ha senso e valore ogni
pluralismo.
Privatizzazione strisciante,
dunque (e massiccia presenza clericale): ecco una prospettiva non allettante per la
scuola, che non sembra turbare più di tanto gli osservatori. Ma dove sono i laici? Ma
dov’è la sinistra? E dov’è, infine, quel cattolicesimo laico
alieno da privilegi e da interessi di bottega? Al di là di
poche e ammirevoli eccezioni (Alessandro Galante Garrone su «La Stampa», Paolo
Sylos Labini su «L’Espresso»,
Aldo Schiavone su «La Repubblica») per il resto è silenzio, o ci si arrampica sugli
specchi per favorire il nuovo
corso dalemiano. Tutto sembra «metabolizzato» al fine di
una strategia di accordo politico di vertice «tra due potenze»: l’Ulivo e la Chiesa cattolica (Panebianco). Un’espressione che può urtare per la
sua durezza ma che tuttavia
coglie uno dei temi storici ricorrenti della politica e della
sinistra italiana: da Togliatti a
Berlinguer a D’Alema. Sapranno i laici essere all’altezza delle nuove battaglie? Saprà e vorrà la sinistra (se il
termine ha ancora senso) liberarsi dal complesso di inferiorità che l’affligge e riguadagnare iniziativa e credibilità sulla scuola, tenendo fede
ai propri principi? I prossimi
mesi ce lo diranno.
i Di fronte ai pregiudizi sugli extracomunitari
Buon senso, un concetto troppo ambiguo
ALBERTO CORSANI
Alla fine è stato rivelato il
criterio che orienterebbe
in molti italiani il rifiuto degli
immigrati (individui pericolosi, spacciatori e potenziali
stupratori): almeno così sembra dal titolo de La Padania
alla vigilia di Ferragosto:
«Quello che chiamano razzismo a volte è soltanto buon
senso». «Quando ci libererete
dai negri, dalle puttane, dal
criminali, dai ladri extracomunitari...?». Questo il tenore
dell’articolo, sul cui merito
altri hanno reagito, basandosi
opportunamente sui dati statistici (v. Giorgio Gardioi sul
n. 31 di questo giornale).
Occorre però interrogarsi
anche sulla portata di questo
riferimento al «buon senso»;
un appiglio che giustificherebbe qualunque reazione da
parte dei cittadini italiani
doc. Non è razzismo, si sente
dire, voler espellere o magari
linciare l’extracomunitario
che delinque. Non è razzismo, è solo buon senso, una
legittima e comune reazione
al pericolo. Ma qualcuno l’ha
mai visto il buon senso? Chi
scrive, con tutti i propri limiti,
ritiene di avere un proprio
buon senso, forse fallace e
Inadeguato, e pensa che ognuno dei lettori e dei cittadini che incontra per la strada
abbia il proprio.
Fare appello a un astratto
«buon senso», che si ritiene
condiviso da tutti, significa in
realtà riferirsi al «sentire» di
chi ha la maggioranza (in
senso culturale, non in senso
politico), oppure al buon
senso dei soggetto che in un
dato momento è più potente
(e anche in questo caso non
significa necessariamente
una maggioranza politica).
Significa pretendere di rappresentare tutti, escludendo
a priori come «deviante» chi
osa dissentire e argomentare
il proprio dissenso con dati e
prove numeriche. Per questo
non siamo d’accordo: si può
dire che un ioidi italiani condividono questa o quella
idea, se se ne hanno le prove
ma, per favore, il buon senso
non è una categoria politica e
neanche culturale. E neppure, fortunatamente, etica:
non a caso molti episodi della vita e della predicazione di
Gesù Cristo si pongono radicalmente in contrasto con
questo concetto astratto...
Centro evangelico di cultura
Sondrio
venerdì 12 settembre - ore 21
Gesù dopo due millenni. Qual è
l'immagine evangelica più fedele
che ci offre il caleidoscopio di
venti secoli di fede e teologia?
Relatore; past. Salvatore Ricciardi
fj)opo
[¿meni
iesaf
non
La Bibbia e il giornaljS
Rientrando dalle
in Valle d’Aosta, il papa),™
volto un consiglio perl'wìl'“'
ai fedeli: leggere la
che «arricchisce il tempo) ^
le vacanze», come scrivi) ^
gi F. Ruffato sul nume|
21 luglio, commentane '
l’esortazione: «Karl Bar? ^
store e teologo protesi
che ispirò aperture catti P®,/ ■
ai Padri del Concilio Val*?® .
li, avrebbe completato
gerimento: andate infc®*'®!
con nella mano destra 1?®“®*'^®^^
bia e nella sinistra un
diano. Si tratta di sapei
gere il giornale senza si
lo dalla Bibbia, ma ani
comprendere questa
confonderla con quel#®'8*'®^
versamente la “religioì^heavev
vissuto rituale) potrebbe®*®
porsi alla “rivelazioneP^p,^* ^
Dio che si manifestaP y
Scritture). I frutti saianijpnsi di
bendanti, assicuri' Gioifeà^S'^
Paolo II, se diventiamo®®®*™*
grini della Bibbia (...)».|™>P™
avanti: «Ebrei, cristianill^di®®
sulmani sono lf ttori)®W™®
Bibbia tra dubbio j fedei®i®®ioni
suno può sfuggir; com[®®r®to
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Evangelici e Zingari tre coir
Un servizio sul ^
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racconta Frate Ilo Elvis®P®Pt®
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senti in Italia, f , o catt^™™®
ma il mio credo era supP®®®®! '
ciale; fumavo, hevevo.Pt^® ®®F
stemmiavo" (...). Poilas#®®“?
l’incontro con un altroP^c
calore gli fa cono.scereiW’Pt®sei
gelo. È così che mcheP*™® d
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parola di Dio in inezzol^®™' ®i
popolo. Oggi la MezP®®cos
l’unica esperienza delgp'^®^® e
in Italia, ed è rironosf®*‘™ora
con decreto del presi^^^zanc
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morale affiliato alla fl^^mdice i
cristiana evangelica delPtogettare
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della missione in Frettale, al ]
quando nel 1952 il p#°®tro gl,
Clément Le Cossec 1®^“' ^eta j
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Riccardo Lonardi riferì* _
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giovani. «... la chiesa a® Federi
tova si è rifiutata di I
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allevare i figli secondo j*
cattolica, non perchO j
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benedizione, benche^^,|; Uonde, (
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buon grado alla cer»"
religiosa cattolica»-
15
BRE 1^»:NERDÌ 5 SETTEMBRE 1997
Pagina Dei
PAG. 1 1
RIFORMA
Una domenica
di festa
i',.j>opo il culto mi sono velo'ceinente diretto alla sorella
-■■l ‘jjnn battista di Mottola dononostante la domenica
• Estiva, la chiesa era piena
perché giorno di festa; dopo
1 ìquattro anni di autogestione
''acati gjgvane pastore Nunzio
P^Pa^Loiudice, di Altamura, dopo
perlfst^,i^tudi di teologia terminati
aPiaga, è stato affidato a
questa zona (Mottola e Martina Branca). Alla mia felicità
sièiinita una coralità sonora,
è il caso di dire, da parte di
tutta la comunità, perché dotpo il bel sermone sul tema
• y |jellariconcillazione (li Co»tato tiinzi 5, 17-21) ci si è trovati
he infeontaneamente a cantare la
;strai®osh-a gioia al Signore.
a annunci
i sapeP pastore sottolineava
izas(Jl’l®P®^”° a sostenere l’apla an#®^° legge sull’immiesta®®°"® del Servizio rifugiati
queli^niigranti della Federazione,
■ligio^he avevamo poco prima fir,trebbiato nella vicina chiesa valizionePaa Taranto, mi sono veffc sta pati in mente i momenti in¡aianiipàsi di attività della Fgei,
£' Gio^''egaÙ congressi e un iniamo Sessante lavoro che circa 7
{,..)>) &i prima insieme a Nunzio
stianilÌÉtcIice e a Emanuele Sbaffi
ttoril^amo svolto come comj fede|aifesione di revisione dell’
comperato del Consiglio Fgei.
rnaPtansità di testimonianza e
il gioliti sensazioni che possono
T non|Nare ben espresse dalle parità, hPle pronunciate domenica
tà nellfal fratello Antonio De Migiornihele, conosciuto durante le
lampagne pacifiste a Gioia
. ^ tei Colle dieci anni prima: mi
’ r «•fembra che il tempo si sia
Jermato, e il trovarci qui tutti
tre come una volta mi pro
lei mai. Porse andrebbe più evi'ortaar®”^^^^^ Prmportanza della
ne evai™™^® ona federazione
«“lo #ovanile che da quasi trent’
anni™ ® ohe sottolinea un
) Elvis™P0P'0 e una testimonianitraioaU’esterno quanto
i delle nostre chie
i catt»^ ona regione che vive da
ira suw®ochi anni anche una poevevOiP''^ esperienza di federaoi las#oe ^ Puglia e Lucania, che
altro pr P'-™o anno di lavoro ha
cere ilPPP’^esentato una forte ocinchep®*one di confronto e di ariffon#*ìi'^®ento reciproco. I loezzo¥™®oii spesso possono porMez f™e a costruzioni di identità
delg|P®^ere e sterili, mentre la
onosP™orazione e il dialogo
presir™orzano le vere ricerche,
comej Con questo spirito, con
illa Giudice abbiamo iniziato a
;a deljProgettare insieme dei lavori
Italie'! collaborazione nel prolacow '0 di teologia a distanza
lell nascita di un centro culn al potenziamento del
Il Pt giornale «Arcobale
ec la^"' Una provincia, quella di
r pre^fanto, dove la Riforma è
f^ata più di cento anni
fapH U'u ut cento anni
li„, la presenza evangelio eiornn rinnn ainr
mon^‘*'à Civile piùTadta"ndra"c
^ significativa per consta forme di responsabi
compagnate da un cattolicesimo che a isolate voci libere
ed ecumeniche accompagna
forme preconciliari di un pericoloso integrismo e asservimento al potere.
Simonpietro Marchese
Taranto
Evangelismo a
Orsara di Puglia
In occasione della consacrazione di Massimo Marottoli ho avuto la gioia di ripercorrere, con i suoi genitori,
una pagina dell’evangelismo
italiano a me particolarmente cara.
Come ricorda Massimo nel
numero del 1“ agosto di
Riforma, nella sua lettera di
presentazione, il contesto familiare in cui è cresciuto ha
inciso in modo significativo
per la sua formazione. Egli ricorda, infatti, il bisnonno
Giuseppe Marottoli, primo
evangelico della famiglia e figura di riferimento per la comunità di Orsara di Puglia,
che concorre alla chiamata
del pastore Gaio Gay a Napoli. È attraverso la predicazione di questo pastore che viene annunciata la «speranza
della liberazione dal potere
oppressivo di una cultura
cattolica fatta di superstizioni, fatalismo, violenza e di
miseria».
In questo intreccio famigliare e di esperienze di fede
emerge anche la figura del
nonno, Calvino Marottoli. Lo
abbiamo ricordato per la sua
forza d’animo manifestata, a
rischio della propria vita, in
difesa della comunità salutista alla quale, durante il fascismo, era impedito qualunque tipo di attività. Grazie al
suo carattere allegro, durante
il periodo della trebbiatura
molti giovani si riunivano
nella sua campagna per cantare e leggere la Parola.
L’allegrezza provata nel ricordare questo e altri episodi
è accresciuta dalla speranza
che questa storia avrà un seguito, attraverso la testimonianza che Massimo saprà
esprimere nel suo ministero,
sempre memore del richiamo biblico da lui stesso indicato: «Siate sempre pronti a
rendere conto della speranza
che è in voi a tutti queüi che
vi chiedono spiegazioni» (I
Pietro 3, 15).
Gustavo Bouchard - Rorà
Il Catechismo e
la pena di morte
«Fu detto agli antichi: Non
uccidere ...ma io vi dico...»
(Matteo 5, 21-22). In Virginia,
stato della civilissima America, al condannato a morte
O’Dell non è stata concessa la
grazia: gli è in compenso stata concessa la possibilità di
scegliere come essere ucciso.
Tutto ciò è alquanto macabro ma soprattutto a me suscita orrore. Il presidente del
Senato, Mancino, aveva chie
irza
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'ini'*
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iroiaa*
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Federazione delle chiese evangeliche in Italia
Stazione delle chiese evangeliche in Italia
ricerca
da assumere a metà tempo per ricoprire l'in
segretario/a di presidenza
Oji uffici romani, a partire dal mese di novembre
ll^ preferenziali sono: conoscenza di una o più
u ® ^!raniere, esperienza nell'uso di macchine da uffi
a n®.
no p conoscenza del mondo evangelico italia
domicilio a Roma o dintorni. Le do
,mJ^'"''®rnazionale,
abb'*idi '”°»redate da un curriculum vitæ e da una lettera
¡gioirà presenti
ceni
. "Azione della chiesa di appartenenza, dovranno
/'"’s entro e non oltre il 30 settembre a:
Fce/,
'"o Firenze 38, 00184 Roma. Fax 06/4828728.
Due opinioni suH'Assemblea ecumenica europea di Graz
Occorre ascoltare fino in fondo lo spirito profetico
Per quel che possono valere, vorrei
inviarvi alcune mie riflessioni personali
suU’assemblea di Graz.
Certo le differenze permangono. Mi
dico però: in fondo anche il sole è uno
soltanto eppure esso è percepito, soggettivamente, in modo molto differenziato dai diversi popoli solo perché essi
sono, rispetto ad esso, posizionati in
modo diverso. Nell’emisfero astrale
l’astro di fuoco ha comportamenti per
noi europei «stranissimi», appare ruotare in senso antiorario, a mezzogiorno si
colloca a Nord, «capovolge» addirittura
le stagioni. Di fatto invece è la Terra che
gli gira intorno.
Quanto fuorviata è la nostra percezione, quando non è mediata da un più
profondo e serio esame che ci sollevi dal
nostro particolarismo... Mentre ia verità
è globale e una. Terrore è parziale e molteplice. Di qui i malintesi, le divisioni, le
discordie, da sanare attraverso il ritorno
alla comune, obiettiva verità. Ma chi
mai è adatto ad attingere e diffondere la
Verità... vera? In proposito non scordiamoci mai del credentissimo Galileo e del
suo confronto con i «Custodi ufficiali
della fede» e tanto meno del confronto,
con analoghi custodi, dello stesso Gesù
di Nazareth.
A mio parere a «Graz 97» lo spirito
profetico illuminato dal «Sola Scriptura», interpretata secondo formata coscienza è stato sì tollerato ma non ancora pienamente ascoltato, accolto e,
concetto fuori moda, ubbidito. Ancora
il regno di Dio non è stato, mi pare,
messo «prima di tutto» (cfr. Matteo 6,
33); ancora di ostativo c’è qualcos’altro
(forse persino le troppe e troppo lunghe
preghiere e veglie...): qualcosa di molto
«terreno», che viene abusivamente
mantenuto «ùber alies»... Mi vengono al
riguardo in mente le infuocate insolTerenti parole che il profeta Isaia (1, 1020) attribuisce all’Eterno e anche le parole di Gesù in Matteo 7,21-29.
Quando, circa trent’anni fa, negli Stati Uniti, partecipai a un avveniristico
culto «monoteistico interfede», aperto a
cristiani di ogni confessione, a ebrei e
musulmani, un nuovo promettente ma
anche inquietante orizzonte si spalancò
agli occhi di tutti i partecipanti ^ culto.
Pensammo che, forse, chissà, l’Eterno
stesso fosse un po’... sorpreso di trovarsi ad essere pregato collettivamente in
quel modo così nuovo.
Convenimmo comunque che si stava
rivelando una Verità rivelata «superiore» rispetto a quelle proposte dalle tre
plurimillenarie tradizioni monoteistiche, le quali venivano così, al tempo
stesso, incomprensibilmente, paradossalmente, «misteriosamente» riaffermate e tuttavia anche rese «superate», «ob
solete». Un’operazione molto affine a
quella coraggiosamente condotta a suo
tempo da Cristo Gesù rispetto alla tradizione nella quale era immerso.
Facendo mente a quel precedente,
mi domando che cosa abbia rappresentato, trent’anni dopo «Graz 97», se
non un invito a proseguire, con slancio
e responsabile senso della «consegna»,
in spirito di autoconversione, nella direzione nuova quanto antica (eterna!)
indicata anche dal pur pittoresco
«Catholicos» Karekin I.
Roberto Petroni - Firenze
Positiva «contaminazione» fra le chiese
È difficile dirlo, è più difficile farlu! i
vari resoconti finora apparsi su Riforma
non sono legati da un filo unitario, sono
delle impressioni personali, non gli «atti»
di un consesso internazionale. Comunque, certi dati dovrebbero essere certi.
La consultazione sulla «realtà della riconciliazione in Cristo» (siglata Aee2) fu
organizzata da due «parti», che fino a
quel momento non avevano mai dialogato sul serio, se non in casi eccezionali,
come nel caso dei matrimoni interconfessionali in Italia o del movimento «Noi
siamo chiesa»: da un lato la Kek (Conferenza delle Chiese europee, esclusa la
romana), dall’altro lato la Ccee (Consiglio delle conferenze episcopali europee), con la partecipazione complessiva
di 700 delegati, oltre 150 chiese provenienti da 44 paesi e di circa 10.000 tra
osservatori e visitatori.
I lavori più impegnativi si sono svolti
nella ricerca costante del dialogo mediante 10 «forum» rappresentanti almeno 6 filoni principali di orientamento: 1)
la ricerca delTunità visibile della chiesa;
2) il dialogo interreligioso, in particolare
con i musulmani e gli ebrei; 3) l’impegno per la giustizia sociale; 4) la riconciliazione tra popoli e nazioni; 5) la responsabilità ecologica; 6) la condivisione con altre regioni del mondo.
Il messaggio finale evidenzia bene, in
22 articoli suddivisi tra esperienze, riflessioni e sfide, gli impegni che le chiese d’Europa e i cristiani in genere intendono assumere per acceierare la «realtà
della riconciliazione in Cristo»; tra i
quali però non appare esplicitamente
l’evangelizzazione, a meno che il termine non sia sottinteso in quella sfida di
«annunciare e comunicare ai popoli
dell’Europa che Dio in Cristo ha riconciliato a sé il mondo intero» (cfr. Ili Sfide, punto primo).
Comunque, a uno come me che non
era presente a Graz, i lati positivi li rintraccerei sia nella «contaminazione» tra
le chiese (e anche tra i gruppi diversi
operanti in esse), sia nei momenti di
preghiera, di culto, di dialogo, dov’è stata data la possibilità a tutti di parlare dei
propri conflitti interni ed esterni, sia soprattutto nel dialogo cristiano-ebraico.
A questo proposito mi prendo la libertà
di segnalare un eccellente articolo di
Ludék Broz apparso in «Metanoia» di
Praga (voi. 7 n. 1 - 2, 1997, pp. 73-92);
The Hebrew Christ, che riprende la questione del vero posto occupato da Gesù
nell’edificazione della prima comunità
cristiana in terra ebraica.
Giovanni Gönnet-Roma
sto la grazia. A mio avviso occorreva non solo chiedere
clemenza, ma anche contestare e opporsi al concetto di
liceità civile e religiosa della
pena di morte: e ciò sia con
considerazioni laiche di rispetto della dignità umana,
sia con considerazioni derivanti dalla morale cristianocattolica.
Purtroppo il Catechismo
della Chiesa cattolica (Ccc)
promulgato da Papa Wojtyla
nel 1992 (non mille anni fa!)
riconosce moralmente lecita
la pena di morte, sia pure in
casi particolarmente gravi.
Nel gennaio di quest'anno il
cardinale Ratzinger ha annunciato che questa «dottrina» sarebbe stata modificata
all’insegna della totale soppressione della pena di morte, riconoscendo così che
nessuna autorità ha il potere
di «uccidere» e quindi il diritto alla vita va riconosciuto
non solo all’inizio e alla fine
(no alTaborto e no all’eutanasia), ma anche «durante».
Non so, non mi risulta che
tali modifiche siano già state
promulgate. Rimane comunque il fatto che, se si riconosce la necessità di compiere
modifiche sostanziali a que
sto recentissimo n. 2266 del
Catechismo cattolico, ciò significa che il non aver riconosciuto questo diritto alla
vita (sempre; all’inizio, durante e alla fine) è considerato ufficialmente essere stato
un errore. E allora fra i tanti
«mea culpa» del papa per il
passato, dovrà essercene
(speriamo) uno anche per
questo errore del presente.
Qualche altra considerazione. Nel citato Ccc viene
moralmente legittimato il
concetto di «guerra giusta»,
cioè di una situazione in cui
all’uomo è concesso «uccidere» un altro uomo. Ma allora
si dovrà modificare anche
questo n. 2309 del Catechismo cattolico poiché sarebbe
contraddittorio affermare la
non liceità di uccidere nel
primo caso (pena di morte) e
non nel secondo (guerra giusta). Ratzinger però non ha
detto nulla al riguardo. Aspettiamo fiduciosi.
Un’ultima considerazione
di più ampio respiro. Il cardinale Ratzinger, relativamente
alla pena di morte, ha affermato «...c'è stato un progresso
nella dottrina...». Allora si
ammette esplicitamente che
quanto affermato dal Magi
Collegio valdese
Via Beckwifh 1 - 10066 Torre Pellice
La cerimonia di inaugurazione dell'anno scolastico 199798 avrà luogo nell'aula sinodale della Casa valdese, via
Beckwifh 2, Torre Pellice
sabato 13 settembre 1997 alle ore 15
L'on, Luciano Violante, presidente della Camera dei deputati, terrà la prolusione sul tema
Etica e responsabilità nella politica
La cerimonia sarà seguita da un rinfresco nel giardino del
Collegio valdese.
La giornata inaugurale si concluderà alle ore 21 nel Cinema-Teatro di viale Trento con una seratq musicale, e non
solo, intitolata «faccio ciò che so fare», a cura degli studenti del Liceo e degli studenti delI'VIII Seminario di interpretazione musicale.
stero della Chiesa cristianocattolica circa l’etica e la
prassi pastorale può essere
modificato in quanto la dottrina può «fare progressi». Ciò
allora fa ben sperare circa anche altri eventuali «progressi»
che è auspicabile (a mio, e
non solo mio, avviso) avvengano anche in altri settori e in
problematiche fortemente
sentite e vissute dai cristiani
cattolici nella vita quotidiana.
Mi riferisco come esempio a
problemi quali il sacerdozio
femminile, il celibato (non
obbligatorio ma solo su libera
scelta) del clero, la contraccezione, la nomina dei vescovi
fatta consultando anche il
popolo di Dio... e molti altri.
Sono certo che lo Spirito
che ha fatto «compiere progressi» circa la pena di morte
non mancherà di «far progredire» anche relativamente ai
suddetti problemi e ai tanti
altri «nodi» che, scandalosamente, ancora dividono la
cristianità.
I Mi chiedo perché la Società
biblica non provvede a pubblicare una versione «protestante» come la Nuova Riveduta con gli Apocrifi e non
soltanto quelli che compaiono nelle Bibbie cattoliche e
interconfessionali, ma anche
quelli che pur inclusi nella
versione greca dei Settanta il
Concilio di Trento nel 1546
non riconobbe «ispirati», ma
che sono altamente considerati dalle chiese ortodosse.
Dato che la Società biblica ha
pubblicato recentemente
una guida allo studio della
Bibbia dei Settanta, dovrebbe
tenere anche conto che quella Bibbia, pur misconosciuta
dopo il 90 d.C. dagli ebrei palestinesi e dalla diaspora
ebraica successiva, a eccezione degli ebrei etiopi, è stata
sempre una versione curata
da ebrei e poi utilizzata dai
primi cristiani.
Angelo Costa - Genova
Domenico Manaresi
Bologna
Libri apocrifi o
deuterocanonici
nella Bibbia
Le Bibbie pubblicate all’epoca della Riforma protestante includevano i libri
apocrifi o deuterocanonici in
appendice, i quali erano ritenuti sempre libri utili a leggersi da parte dei cristiani,
anche se non erano ritenuti
«ispirati». Tale prassi durò sino all’inizio del secolo XIX,
quando la British and Foreign Bible Society decise di
escludere tali libri dalle Bibbie e così a poco a poco anche le altre società bibliche
protestanti fecero lo stesso.
Ricordo che la Bibbia tradotta da Giovanni Luzzi e pubblicata in più volumi da Labor et Fides più di settant’anni fa aveva un volume dedicato agli Apocrifi.
RINGRAZIAMENTO
« Venite a me, voi tutti
che siete travagiiati
ed aggravati,
e io vi darò riposo»
Matteo 11,28
I fratelli e la cognata del caro
Levi Long
commossi e riconoscenti per la
profonda dimostrazione di affetto
tributata al loro caro, nell’impossibilità di farlo singolarmente, ringraziano sentitamente tutti coloro
che con presenza, fiori, scritti e
parole di conforto hanno preso
parte al loro dolore.
Un grazie particolare ai nipoti,
alla figlioccia, a Paimira e Aldo
che in questi ultimi anni l’hanno
curato con amore; alle famiglie
Bounous e Rivoira, al pastore
Deodato, al dott. Broue, a tutto il
personale dell’ospedale di Pomaretto, alla dottoressa e alle infermiere dell'AusI di Perosa, alla
Croce Verde di Porte, alla farmacia Tron e a Loris Bounous.
Sramoilo, 3 settembre 1997
16
PAG. 1 2
RIFORMA
BALE
VENERDÌ 5 SETTEMBRE iQo
Germania; dopo gli attentati contro le «chiese asilo»
Con una «dichiarazione comune» le chiese
prendono posizione nei riguardi dei rifugiati
MARTIN AFFOLDERBACH*
E una situazione pazzesca:
a Lubecca, città a nord
della Germania, la polizia ricercava per rimpatriarla forzatamente una famiglia algerina a cui era stata rigettata la
richiesta di asilo politico.
Qualche settimana più tardi
la polizia decideva di mettere
sotto la propria protezione
proprio quella stessa famiglia. Che cosa era accaduto?
Era notte fonda quando la
chiesa cattolica di San Vicelin
a Lubecca veniva attaccata
da tre giovani: in seguito
all’esplosione di piccoli contenitori di gas la chiesa era
stata distrutta dalle fiamme,
il tetto era crollato. I ragazzi
però avevano scelto la chiesa
sbagliata. Sui muri della chiesa cattolica distrutta fu scritto il nome del pastore della
vicina chiesa protestante, che
ospitava la famiglia algerina.
In quei giorni, il pastore aveva già ricevuto minacce per
lettera e per telefono, così la
polizia decideva di proteggere lui e la famiglia algerina
dagli annunciati attacchi.
Questo è stato l’attentato
più grave compiuto durante
l’estate contro una chiesa,
ma sfortunatamente non
l’unico. Ci sono state altre telefonate e lettere anonime
che minacciavano di morte i
pastori che ospitano richiedenti asilo i quali a loro volta
sono sotto la minaccia di
rimpatrio forzato nei paesi di
Berlino: dimostrazione di soiidarietà contro razzismo e xenofobia
provenienza dove la propria
vita è ugualmente in pericolo.
Questa era l’atmosfera in
alcune parti della Germania
quando una «comune dichiarazione delle chiese su questioni concernenti la migrazione e i rifugiati» è stata presentata alla stampa all’inizio
di luglio. Il testo è stato elaborato da un gruppo ecumenico di lavoro e firmato non
solo dalle due chiese tedesche maggioritarie, la Chiesa
evangelica in Germania (Ekd)
e la Conferenza episcopale
cattolica, ma anche da altre
dodici chiese, in maggioranza chiese di migranti. La dichiarazione riassume la recente storia del movimento
migratorio da e verso la Germania, la tradizione biblica
su questo tema e la sfida etica e umanitaria in una situazione di crescente xenofobia.
Essa raccomanda anche una
politica migratoria articolata
che favorisca l’integrazione. I
giornali hanno commentato
questa dichiarazione come
una posizione chiara e incoraggiante, e in modo favorevole è stata accolta anche da
molte organizzazioni e partiti. Il governo federale e gruppi conservatori l’hanno invece criticata.
Il ruolo degli stranieri in
Germania e il problema delle
«chiese asilo» continuano ad
essere argomento controverso nella società tedesca. Non
solo le attività delle chiese locali ma anche la nuova dichiarazione sulla migrazione
mostra che le chiese non occupano più una posizione
neutrale.
* responsabile per la Chiesa
evangelica tedesca dell’ufficio
immigrazione e riffigiati
11 presidente, Daniel Arap Moi, è sempre più alle strette
Kenia: le chiese potrebbero presentare
un proprio candidato alle prossime elezioni
In occasione della riunione
degli arcivescovi anglicani
d’Africa a Johannesburg, nel
luglio scorso, il governo keniota è stato condannato per
essere ricorso alla violenza
contro i manifestanti che
chiedevano delle riforme. Almeno dieci persone sono
morte all’inizio di luglio dopo
l’intervento delle forze di sicurezza per disperdere le manifestazioni; la polizia ha
inoltre preso d’assalto la cattedrale anglicana di Nairobi
in cui si erano rifugiati i manifestanti.
I violenti scontri che hanno opposto le forze governative e i manifestanti hanno
costretto l’arcivescovo David
Gitari, del Kenia, a rimandare di diversi giorni il suo
viaggio in Sud Africa per partecipare alla Conferenza dei
presuli di tutta l’Africa. È
quanto ha spiegato, all’inizio
della riunione, il 14 luglio
scorso, l’arcivescovo del
Centro Africa, Khotso Makhulu: «Nel momento in cui il
modello di uno stato a partito unico non è più accettabile, non possiamo tollerare
una situazione come quella
che si verifica in Kenia, dove
si lanciano gas lacrimogeni e
dove si colpiscono coloro che
manifestano pacificamente»,
ha affermato.
L’arcivescovo di Città del
Capo e primate dell’Africa
australe, Njongonkulu Ndungane, che presiedeva la Conferenza, ha sottolineato che i
recenti avvenimenti in Africa
gli facevano temere che il
«volto autentico della tirannia si sveli sotto nuove forme
sul continente». D’altra parte, durante una cerimonia
celebrata a Nairobi la domenica 13 luglio per purificare
la cattedrale dopo l’intervento delle forze di sicurezza,
l’arcivescovo Gitari ha lanciato un avvertimento facendo
notare che i giorni del governo del presidente keniota
Daniel Arap Moi sembravano
essere contati.
Migliaia di fedeli, pieni di
tristezza, hanno assistito al rituale di purificazione e al servizio religioso celebrato dall’arcivescovo Gitari in memoria di coloro che erano stati
uccisi durante gli scontri.
«Profanare un luogo santo è
una ragione sufficiente agli
occhi di Dio per far cadere
coloro che detengono il pote
re», ha affermato l’arcivescovo Gitari. Un membro influente della Chiesa presbiteriana dell’Africa australe
(Pcea), Timothy Njoya, che
era stato ferito durante l’intervento delle forze di polizia
nella cattedrale, ha proposto
che i kenioti organizzino un
giorno di preghiera anziché
andare alle urne. L’Alleanza
riformata mondiale (Arm) ha
inviato un messaggio alla
Pcea, assicurandola delle sue
preghiere affinché «la Chiesa
del Cristo in Kenia protesti
fermamente contro i mali
perpetrati da istituzioni o
persone nel paese». D’altra
parte, il Consiglio nazionale
delle chiese del Kenia, attraverso il suo segretario generale, Mutava Musyimi, ha detto
che le chiese potrebbero presentare un proprio candidato
alla presidenza. (eni)
Giungono da Sud-Est asiatico, Africa e Europa dell'Es
Il traffico delle donne straniere in Germanii
SUSANNE LIPKA*
M OLTE donne prove
nienti dai paesi del Sud
Est asiatico, dell’Africa e
dell’Europa orientale sono
vittime del traffico di donne
verso la Germania. A Francoforte il 90% e a Berlino il
70% circa delle prostitute sono donne migranti. Non tutte
sono vittime del traffico. Poiché il reddito medio in Polonia ad esempio è meno di
300 dollari al mese, molte
studentesse polacche vengono in Germania durante i fine
settimana per guadagnare
denaro nel business del sesso. Ma c’è anche molta prostituzione forzata, quando
per esempio gruppi di ballerini e ballerine altamente
qualificati firmano falsi contratti con i quali vengono impiegati per circa tre mesi in
famosi teatri tedeschi; una
volta che il gruppo arriva in
Germania, le donne vengono
separate, stuprate e costrette
alla prostituzione.
Ci sono donne che sono
ingaggiate con la promessa
di lavorare in Germania come cameriere, ballerine o
cantanti ma una volta arrivate, esse si rendono conto di
non avere né lavoro né permesso di soggiorno e comprendono che l'unico lavoro
che possono ottenere è quello nel mercato del sesso; poiché si erano indebitate per
pagarsi il viaggio in Germania, di solito non vogliono ritornare a casa senza soldi, e
alla fine accettano di lavorare come prostitute.
A volte la polizia fa irruzione in bar o bordelli e le donne migranti vengono arrestate e deportate poiché non
hanno il diritto di risiedere o
lavorare in Germania; a volte
le donne hanno più paura
della polizia che di coloro che
le sfruttano nel mercato del
sesso. C’è una grande polemica sul fatto che le donne
dovrebbero essere trattate in
maniera migliore dalla polizia e non dovrebbero mai essere arrestate, poiché esse
hanno bisogno piuttosto di
aiuto e assistenza. In alcuni
luoghi la polizia è più sensibile e coopera con quei gruppi che sostengono le donne
migranti vittime del mercato
del sesso.
Di questa questione in Germania si discute molto ma i
consultori cristiani o di altro
tipo che realmente assistono
le donne sono pochi, a causa
della mancanza di denaro
necessario per questo lavoro.
Questi gruppi si occupano di
fornire alle donne coinvolte
nella prostituzione una informazione base nella loro lingua su questioni sanitarie, di
offrire loro la possibilità di fare ritorno in patria se lo vogliono o ne sono costrette, di
sostenere quelle donne che
denunciano alla polizia i trafficanti e che devono affrontare un processo legale. Per rivolgersi alla polizia occorre
molto coraggio poiché i trafficanti cercano con ogni
mezzo di impedire loro di dire la verità dinanzi alla corte;
spesso le minacciano di danneggiare i membri delle loro
famiglie rimaste in patria.
Esiste anche il traffico delle
donne per il mercato dei matrimoni. Molti uomini tedeschi che sono alcolisti o hanno problemi sociali e affetti
vi, che hanno già alle spaj
divorzi o comunque relazio
interrotte, ordinano spoi
per posta dall’Europa oriei
tale o dai paesi poveri di tut
il mondo attraverso dei
cat
loghi. Molto spesso le donj
finiscono in relazioni viole]
te, e se vogliono divorziai
dal marito tedesco durati«
primi quattro anni di matj
monio non è permesso loij
di rimanere in Germania, (j
sono uomini che hanno spf
sato fino a 10 donne provj
nienti da altri paesi. Nona«
pena hanno i primi litigi
no dalle autorità e diconlf.,
«Non la voglio più, deporf ’’
tela nel paese dal quale è
nuta»; dopo il divorzio spoi
no un’altra donna provi
niente da un altro paesi
Molte organizzazioni di doi
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maggiori diritti per le moi^
provenienti da paesi stranii
ri; i consultori offrono suj
porto per le coppie e organi
zano gruppi di mutua assi
stenza fra donne per impei
re l’isolamento e aiutarle
sentirsi più forti.
* segretaria per le attivi
interculturali deH’Associazi
ne delle donne protestai.
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Brasile: la denuncia di un vescovo^
Violenze contro i senza terra'
Le rivendicazioni dei contadini senza terra del Brasile,
secondo il vescovo brasiliano
Orlando Dotti, vengono represse con una crescente
brutalità. Il vescovo, che è
presidente della pastorale per
la terra della Chiesa cattolica
brasiliana, critica il governo
del paese che a suo dire proteggerebbe i diritti umani dei
contadini soltanto a parole.
Solo nell’anno scorso almeno
47 «senza terra» sono stati assassinati da guardie private
assoldate dai proprietari terrieri in conflitti durante l’occupazione di terre incolte.
Secondo il vescovo una pic
cola minoranza di grossi It
tifondisti controlla enormi »
gioni, mentre quasi 5 milioi
di famiglie brasiliane non ki
neppure un pezzo di terra pe
coltivare gli alimenti esse»
ziali per la sopravvivenza.
Anche l’organizzazione pe
i diritti umani Fian critic
fortemente i continui rinvi
della riforma agraria che pre
vede la distribuzione di vasi
appezzamenti incolti ai con
ladini senza terra. Il possedt
re una superficie coltivabilt
sostiene la Fian, sarebbe p®
queste persone l’unica possi
bilità di poter accedere a uis
vita più dignitosa. (eph
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Nicaragua: dopo i violenti scontri tra polizia e studenti
Diciasette comunità religiose esprimono
la loro «collera evangelica» contro il governo
Mentre gli studenti universitari e la polizia continuano
a scontrarsi nelle vie della
capitale del Nicaragua, dei
religiosi hanno chiamato i
nicaraguesi a «non cadere
nella follia e nell’ingranaggio
della violenza, ma invece a
costruire insieme una nazio
Il governo ha lanciato un'offensiva
Sono in crescita le violenze
razziste in Gran Bretagna
Dopo l'attacco coi gas lacrimogeni nella cattedrale di Nairobi
In Gran Bretagna, secondo
esperti dei diritti umani, si
commettono sempre più violenze per motivi razzisti. Secondo una dichiarazione
dell’organizzazione americana «Human Rights Watch»,
dal settembre 1995 allo stesso
mese del 1996 sull’isola britannica si sono verificati
12.199 casi di razzismo. La dichiarazione parla di una «onda bianca di crimini» contro
le minoranze. Nonostante il
governo combatta le azioni
violente di razzismo, molte
persone che ne sono state vittime sono dell’opinione che
la polizia non prenda sul serio questi attacchi. Molti neri
avrebbero paura della polizia, perché diversi agenti
trattano con discriminazione
e brutalità gli appartenenti
alle minoranze. Secondo una
stima di «Human Rights Watch» il problema delia violenza razzista in Gran Bretagna è
più grave che non in altri
paesi europei. L’organizzazione ha dunque salutato con
favore la presa di posizione
del nuovo governo britannico, laburista, che intende
lanciare un’offensiva contro
la violenza razzista. (epd)
ne più giusta e più libera».
Questa lettera pastorale, pubblicata il 10 luglio scorso da
17 comunità religiose (tra cui
francescani, cappuccini e domenicani) ha fatto seguito a
tre settimane di violenti scontri tra polizia e gli studenti.
Questi ultimi protestavano
contro la decisione presa dal
presidente Arnoldo Aleman
di porre il suo veto a una legislazione che, secondo la clausola costituzionale che prevede che il 6% del bilancio del
paese deve essere dedicato
all’insegnamento superiore,
avrebbe dovuto versare circa
36 milioni di dollari alle università. 11 presidente Aleman
ha proposto di dare una somma inferiore e di lasciare al
Consiglio nazionale delle università che, secondo Aleman,
comprende rettori di ultrasinistra, solo una piccola parte
di questi soldi.
11 conflitto ha fatto numerosi feriti e grossi danni; molte automobili sono state incendiate, i due campus universitari della capitale erano
praticamente in stato d’assedio; molti abitanti hanno affermato di non aver visto un
simile scatenarsi della violenza dal tempo dell’insurrezione sandinista del 1979 e
del rovesciamento del presi
dente Anastasio Somoza.ll
lettera pastorale riconosii
che la tattica usata dagli st»;,
denti è discutibile, ma coisdanna la violenza poliziesU
contro gli studenti, la violi;
zione dell’autonomia u
sitaria da parte della ,
antisommossa, la perqui®
zione senza mandato nel^
case dei quartieri poveri, d
«controllo eccessivo del*
polizia nella capitale».
Gli autori del documen|
hanno chiesto con forza»
cessazione di ogni forma*
violenza, ma non hanno cW
sto agli studenti di sospen#
re le loro proteste, considei*
te come «una forma valida'
legittima di lotta popolar®!
un aspetto importante®
gioco democratico». Esp*'
mendo la loro «collera ev^,
gelica», gli autori hanno cA
cato il governo Aleman^
hanno accusato di appli<^
«misure politiche, econo®
che, sociali e culturali!''',
non hanno nulla a che veu®
con l’insegnamento dell
vangelo di Gesù di Nazare®
Hanno chiamato i nicarag*
si a ricorrere alla «nonviol®|j
za attiva» e a fare
«immaginazione creatiya’Tj
«trovare insieme la via t
porta a una cultura di •
alla riconciliazione».
Tu
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roed
sta it
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repei
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Dio n
mo te
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biblic,
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meco,
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