1
*.T^
Sig.a
LONGO SFLMA
Casa Valdese
'lOHHE PFMJCE
DELLE VALLI VALDESI
S e 111m an a1 e
della Chiesa Valdese
f' . . r- ■ .
Gettate lungi da voi tutte le vostre trasgressioni per le quali avete peccato, e fatevi un cuor nuovo e uno spirito nuovo
Anno LXXXIX - N. 29
Una copia Li re UO
ARRrtNAMinvTi l per rìntemo | Eco e La Luce: L. 1.800 per rintemo j Spediz. abb. postale • li Groppo
/ L. 1.600 per l’eetero | L. 2.500 per l’estero | Cambio d’indirizzo Lire S 0
TORRE PELLICE - 17 Luglio 19Ô9
Ammin. Claudiana Torre Pellice ■ C.C.P. 2-17557
IL DISGUSTO DELLA TIEPIDEZZA
Apocalisse 3 : 14-22
Lo sapete anche voi, non c'è di peggio che arrivarsene a casa accaldati, assetati, precipitarsi al rubinetto dell'acqua e... sentirsi in bocca
un'acqua tiepida, nauseante; si ha solo voglia di risputarla subito;
disgustati. Molti di voi, lettori, hanno le loro fonti limpide e profonde,
ma molti che vivono in città e cittadine e godono le delizie degli acquedotti e dei serbatoi, sanno che guaio è, d'estate.
Così, d'inverno, quando si entra tutti intirizziti, e si ha voglia di un
bel caffè-o di un bel ponce bollente, che delusione disgustosa, quando
lo si riceve tiepido...
Questa è l'impressione che spesso facciamo a Dio. Nè freddi nè
bollenti ; tiepidi, come un'acqua morta, come una bevanda che si fredda.
F il Signore non nasconde il suo disgusto! « Fossi tu pur freddo o bollente! ma poiché non lo sei, non sei che tiepido, l'unica reazione naturale sarebbe di sputarti fuori ». (Piuttosto che «ti vomiterò» credo
ciie sarebbe più giusto tradurre « sto per vomitarti »). E non abbiamo
da guardarci gli uni gli altri, cercando di saggiare con la nostra bocca
poco caritatevole l'altrui tiepidezza. Il Signore dice a ciascuno, dice a
me: « Sei tiepido! ». E 'Lui che ci saggia. E di fronte al suo divino saggiare, rhe ricerca la limpidezza cristallina e l'ardore appassionato,
quanto scipiti, tiepidi dobbiamo sembrargli tutti !
Il grigiore è il segno del nostro tempo. E la Chiesa si, conforma
al monde ne! suo grigiore, nella sua tiepidezza piena di comodo e di
compromessi. L'ultima delle sette lettere alle Chiese si ricollega alla
prima: il «cristiano» tiepido è quello che «ha lasciato il suo primo
amore »; quello per cui la fede e la vita cristiana sono solo più un'eco
lontana e quasi sepolta, pur nell'aprirsi a ventaglio delle « attività »
di chiesa.
Tiepidi, certo, coloro che disertano quasi sempre la vita della
Chiesa. Tiepid, perchè non hanno il coraggio umano di dire no, perchè
« non si sa mai... ». Ma per una possibilità così vaga non vai certo la
pena di impegnarsi più che tanto.
Ma tiepidi, più tragicamente tiepidi, così spesso, noi « buoni »
membri di chiesa. Non pensate anche voi, qualche volta, allo sguardo
del Signore su dimoi, quando ascoltiamo in santa pace la Sua Parola,
quando cantiamo (è la nostra bocca che canta, forse a gola spiegata)
le .parole forti, ardenti di certi nostri cantici...' e forse non sappiamo
quel che cantiatho'! Qualche volta ci è dato, ma quanto raramente, di
gelare o di ardere quando risuona la Parola, quella Parola che anche
se spesso cerchiamo di addomesticare, ■ rimane il martello che spezza
anche l'incudine, la spada affilata, a due tagli, che penetra fin nell'intimo.
Raramente.., Sì, forse la Parola è rara ai nostri giorni, rara nella
lettura personale della Bibbia, rara nella nostra predicazione — proprio avvicinando questo testo incendiario quanto sento la mia mediocrità-! — ; pure rimane i! colpo di Colui che abbiamo messo alla porta
perchè averlo in casa, a contatto di gomito nella vita di ogni momento,
era una « prossimità» quanto mai incomoda; macche non si è lasciato
eliminare, che batte alla nostra porta. Sono colpi che disturbano, colpi
che fanno male, a volte, perchè chi batte non è ,un mendicante biso
gnoso di briciole di carità, è il Signore che vuol prendere possesso...
Chi batte è Colui che con la sua amorosa ironia « smonta » tutto il
nostro affacendarci, la nostra « serietà » nella vita :« Ti consiglio di
comprare, di ricevere da me...». Oh non è tiepido, Lu.i ! la sua ironia
sferzante, la sua asprezza violenta è tutto e solo amore : « Quelli che
amo io li castigo'e li riprendo»; l'amore del «testimone fedele e
verace », che sctuta i cuori e conosce il fine della vita e sa che si sta
giocando la nostra Vita.
Egli solo conosce il mistero di una porta che si apre: che Lui stesso
apre, poiché, se nostra è la decisione, sappiamo pure che I'« amor di
Cristo ci costringe ». Il mistero della comunione con le sofferenze dì
Cristo (« affamati e assetati di giustizia », « travagliati ed aggravati »,
«misericordiosi», «facitori di pace»), nella speranza salda e viva
della comunione con la sua gloria eterna; « cenerò con lui », come ad
Emmaus, corne alla sua Mensa, in attesa de! giorno in cui ceneremò’
con Lui, nella casa del Padre. g. e.
Esperienze pastorali... alle Valli
Nel presentare ai lettori dell’Eco
« Esperienze pastorali » di Don Milani, ne citavamo soltanto le pagine che per interesse di cura d’anime
e per mentalità e costume di popolo
ci facevano pensare per analogia all’odierna situazione di molte parrocchie delle Valli. Porse molte persone
rimarranno perplesse di fronte ad
una siffatta affermazione e si chiederanno se non è priva di fondamento.
Eppure dovrebbe saltare agli occhi
come molte osservazioni del Don Milani potrebbero essere citate di peso
da un qualsiasi diario di un Pastore
alle valli, dato e non concesso che
qualche Pastore abbia tempK) e voglia di tenere un « diario ».
l\lon si va in chiesa
Ecco ad es. la prima esperienza che
avevamo citato: I parrocchiani di
Don Milani non si recano che in piccolo numero, e molti di questi a malincuore, per dovere, al vespro.
Abtriamo subito pensato alla nostra parrocchia. Nella cappella di P.,
siccome il servizio religioso ha luogo
al mattino e non vi sono distrazioni
in paese, si registra una certa qual
affluenza di uomini. Le donne restar
no invece a casa per i vari « servizi »
domestici. Nel pomeriggio invece, nei
tempio di S., per quanto la popolazione sia più numerosa che a P., alle 14,30 non si nota in Chiesa che
qualche donna, pochissimi uomini ed
alcuni giovani. Perchè? Perchè gli
uomni restano a casa o vanno all’osteria o a spasso, mentre i giovani
vanno a sciare d’inverno ed a far
gite in motocicletta in primavera.
Vanno dunque in chiesa le donne che
a; mattino hanno terminato di mettere in ordine la casa e di fare pranzo, ed i pochi giovani che dovendo
essere confermati la domenica delle
Palme devono frequentare il catechismo dopo il culto! E se si chiede,
durante le visite, perchè non si viene
in Chiesa, ci si sentirà dire che vi
sono i lavori ai campi, che vi è il bestiame da nutrire, che dei giovani
che stanno a casa, i più piccoli devono andare al pascolo mentre i più
grandi non possono abbandonare (e
a chi verrebbe mai un’idea simile?)
la società sportiva od un bel fllm
per recarsi in Chiesa! Provate un po'
a dir loro allora; «Già! Capisi.
Non si può pretendere che dei giO"
vani che lavorano duramente tutta
la settimana non possano nemmeno
svagarsi un po’ la domenica pom^
liggio. Avete ragione. Però... un ri
DaL libro^di Don Lorenzo Milani a certi aspetti della vita delle nostre chiese
medio c’è. Non potreste recarvi ad
assistere al culto, la mattina, nella
parrocchia vicina?» Vi diranno aUna
volta si faceva così, quando la parrocchia era una sola ed era meglio »
« No, rispondiamo, è meglio ora, da
to che avete due pastori ed un ser
vizio religioso anche di pomeriggio
Quello della mattina l’avete ugual
mente, come una volta » Vi rispondono : « Ma ora quell’altra non è più
la nostra chiesa » E cosi non si va
al culto, come se il mio collega della parrocchia accanto non fosse Pastore come me e come se il nostro
Dio non fosse quello della comunità
viciniore!
Feste e... funerali
Ma alle feste allora si, a Pasqua
specialmente, tutti sono in chiesa. E
questa è Tunica occasione in cui la
fella accorre numerosa. E’ veramente per celebrare la risurrezione del
Cristo? Vorremmo che cosi fosse, ma
non ne siamo più tanto convinti
quando pensiamo che anche in altre
circostanze i fedeli accorrono in gran
numero ed è in occasione di... funerali! Strano accostamento! Ma, forse, accorrono numerosi ai funerali
per udire veramente, come dice la liturgia «in presenza della mor.e le
parole di vita eterna e per invocar ;
su quelli che piangono le consolazioni della fede cristiana?». Ma al
U Ha perchè, dopo un funerale, sentiamo chi vi ha preso parte dira, a
seconda del più o meno grande nu
mero degli accompagnati r:, che il
morto ha avuto un discreto od un
ottimo « onore-»? Chi mai ha detto
loro che ad un funerale ci si reca
per « rendere onore al morto »? Porse qualche ateo, ma non il Pastore.
Eppure Tabbiamo sentita dire, questa
frase, da più di una persona, e non
nella nostra parrocchia soltanto! Ma
allora non si fa attenzione a quel
che viene predicato? Ed ogni cosa
si fa per abitudine inveterata?
Parole c fatti
Non possiamo che convalidare questa nostra convinzione quando pensiamo ad es. anche alla celebrazione
dei matrimoni. Non è sempre facile
convincere sposi e fotografi a non
trasformare ima semplice e significativa cerimonia in una sontuosa scena da film in cui il Pastore non dovrebbe essere altro che una comparsa... più c meno decorativa, e le Parole del Vangelo un qualche cosa di
assolutamente insignificante! E guai
se egli osasse accennare agli sposi
che se vengono in Chiesa soltanto
per farsi ammirare possono anche ricorrere ad un ufficiale di stato civile per il loro matrimonio! E uguale
scandalo provocherebbe il suo dire
se rivolgendosi a qualcuno che chiede un funerale religioso di un parente gli domandasse se, visto che tanto il defunto quanto i parenti viventi hanno sempre dimostrato la massima indifferenza verso la Chiesa,
non sarebbe meglio fare un funerale civile soltanto.
Vi è un collega francese che un
giorno ha fatto così. Lo racconta in
un suo romanzo autobiografico « La
fiamme et le vent » ( Henri Hatzfeld
- La fiamme et le vent ■ Editions du
Seuil - Paris 1953. Cfr. Pagg. 22 segge
61-62) che consigliamo vivamente di
leggere. E sapere chi si è scandalizzato del suo atto? Non il figlio del
la defunta, come a tutta prima po
trebbe sembrare, (anzi questi fu riconoscente al Pastore di averlo invitato a rifiettere sul dovere della
coerenza) bensì la comunità. E per
chè? le sembrò che il Pastore avesse perso un’occasione di ricondurre
nel suo gregge alcune pecore smarrite e che con Tagire in tal modo egli
avesse in un certo qual senso fatto
perdere alla Grazia l’opportunità di
agire in favore di quei miscredenti.
il mudernii fHriseo
E che succederebbe mai se un Pastore volesse cancellare dalle listo
dei membri comunicanti qualcuno
che magari besteinima ogni qual volta qualche cosa gli va a male, non
fa che protestare contro la Chiesa e
poi viene a dire, che dopo tutto egli
è un « buon cristiano » perchè « non
ha mai fatto male a nessuno»! Anzi egli è migliore — a sentirlo — di
tutti quegli altri farisei che vanno
in Chiesa «solo per farsi notare»;
non gli passa neanche per l’anticamera dal cervello che in fondo il
fariseo è proprio lui, certo com’è del
la sua buona pietà, migliore dell’altrui, pronto à confrontarsi con gli altri e quasi quasi a dire : « Ti ringrazio o Dio che io non sono come quelle malvage persone di Chiesa! Sono
franco e leale. Sbaglierò, ma almeno
lo dico subito ! » E non si accorge che
così pensando ha ragione soltanto
perché... non si sforza di far nulla,
nè di credere, nè di agire secondo
TEvangelo. Naturalmente gli è facile criticare, nella sua qualità di Spettatore, i credenti (perchè egli non è
uno di quelli) che sicuramente sbagliano, peccano (e come! l’idea che
pretendano di non far mai male, di
non sbagliare, è puramente e semplicemente gratuita) ma comunque
sono assillati, tormentati dal problema religioso e se perseverano è solo
perchè sperano, credono nella remissione dei peccati. E ancora: perchè
quella persona dice che gli altri van
no in chiesa solo per farsi notare o
ammirare? Sa perfettamente chè
non è vero, perchè lui non ci va per
timore di essere tacciato di ridicolo,
di retrogrado, di;.. « femminuccia »
(A Natale e Pasqua, no, vi è un’eccezione). Siate pure certi che se fosse
sicuro di essere ammirato e stimato
come persona per bene solo j^rchè
va in chiesa, chiederebbe al Pastore
di fare un culto al giorno, e non uno
alla settimana! E non ne perderebbe nemmeno mezzo!
Eh no! — mi pare di sentire dire
— non lo si deve cancellare dai registri di Chiesa un tipo simile (e sia
chiaro che il cancellarlo avrebbe un
puro valore disciplinare, non simile
a quello della « scomunica » cattolica,
atto a fargli notare che se vuol essere cristiano segue una via sbagliata). Non gli si deve far capire in questo modo che si prende atto della sua
intenzione di restare spettatore della fede. Non si sa mai... si cerchi di
fargli capire la sua situazione, ma
a parole, magari a Natale e Pasqua,
quando viene in chiesa od in occasione delle visite pastorali. — Sarà, ma
sappiamo già per espierienza, come lo
sa anche Don Milani, che a Natale
e Pasqua egli verrà col cuore già preparato alla predica e dirà sempre sì,
e vi darà ragione già in anticipo. E
se anche sentirà un certo qual rimorso di coscienza in quel momento
sarà simile al ...dolore ed al timore
provato talvolta dal dentista; ma di
cui poi non si ricorda più appena
cessato. Mi è capitato senza iiensarci, di fare quest’esperienza proprio a
Pasqua, quest’anno, quando nel corso del sermone ho detto quanto espiosto più su facendo un accostamento
tra Taccorrere in chiesa dei parrocchiani a Pasqua ed in occasione dei
funerali. « Bravo, Signor Pastore —
ho poi sentito dire — ha veramente
ben parlato! Il suo sermone è stato
fenomenale» — mi ha detto una
persona; non l’ho però mai più vista
m chiesa. L.a vedrò soltanto l’anno
prossimo, se saremo in vita tutti e
Que. E’ proprio vero che con le parole soltanto non riusciremo a mutare questa situazàone di indifferenza e di apatia generale; ci vogliono
degli atti- non dico- rivoluzioriari, ma
capaci di turbare la normale situazione religiosa (o... irreligiosa?) di
molte nostre parrocchie. Ma per paura di spengere qualche lucignolo fumante, si lascia correre, e si continua a cercare di potenziare la maniera di amicarsi giovani ed adulti in
vari modi e coi sistemi più svariati
per poi servirsi di quest’amicizia per
predicare loro TEvangelo!
Giovani c distrazioni
Si continua nella normalità infatti anche nelle unioni giovanili. I
giovani devono essere le colonne della Chiesa, si dice. E non hanno sempre gli stessi problemi degli anziani,
c questo è vero. Ed hanno bisogno di
svago perche non possono concenti arsi per molto tempo, ed anche
qu.sto è vero. E poi è bene che i giovani si incontrino tra di loro in un
Bruno Costabel
(segue ili l.a ¡>ag.)
Convegno del Colle della Croce
Alcuni giovani dell'Unione dei Coppieri,
salili al Colle, hanno trovato la grande
croce spezzata dalle intemperie: la ripareranno volenterosamente per l’incontro
della domenica 26 luglio. Fot. E. Gay
DOMENICA 26 LUGLIO 1959
tradizionale incontro al Colle
delia Croce fra protestanti del
Queyras e della Val Pellice avrà
luogo D. V. domenica 26 luglio.
Come per il passato, l'incontro
s'inizierà con un culto in lingua
francese, seguito dalla celebrazione della S. Cena. Chi salirà fin
sul Colle per partecipare a tale
incontro è pregato di portare l'Innario francese « Psaumes et Cantiques ».
Una volta di più ricordiamo che
tale Convegno avrà un carattere
prettamente religioso, perciò non
saranno tollerati i soliti disturbatori. Fin d'ora prepariamoci ad. incontrare i nostri fratelli d'óltr'Alpe
in uno spirito di preghiera. e di
allegrezza cristiana.
2
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L'ECO DELL! VALU VÀL0BSI
17 luglio 1959 — N. 29
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La “predica laica,,
del raduno alnino
Sinora ho fatto come chi sfoglia la margherita; scrivo, non scrivo? sarei magari
stato zitto, ma visto che ormai tutti scrivono, e la quistione si è tanto ingrossata,
mi son chiesto: perchè non dici la tua?
A determinarmi, poi, ha contribuito una
riflessione: dal momento che anch’io ero
a Torre Pollice al « famigerato » raduno,
devo confessarlo a chi non mi ci ha visto!
se sono stato una... canaglia, è bene che
10 si sappia e me lo si dica.
Comunque, scherzi a parte, non voglio
dir cose dii&ili, e discutere a fondo di
gravi problemi, come si è finito per fare,
quali la posizione del cristiano di fronte
al servizio militare, alla guerra, all’obiezione di coscienza; la conciliabilità o non
tra il mondo in cui viviamo e la fede che
ci sforziamo di professare; e tantomeno
parlare in termini di astrusa politica, di
« ciocceltismo » (oh! il curioso neologismo) non so fin dove compresi dai lettori
dell’Eco, o comunque non so fin dove, per
i medesimi, interessanti.
Poche idee terra terra, proprio come se
si parlasse, alla buona, tra alpini (o alpigiani, se si preferisce...).
Primo punto: assolutamente d’accordo
sul diritto di tutti di parlare, scrivere,
esprimere le proprie idee, i proprii convincimenti; ancor più d’accordo quando
chi scrive lo fa con indubbia sincerità di
intenti. E d’accordo anche se si scrive su
fatti dei quali non si è stati diretti testimoni: nessuno mi può impedir di parlare
o scrivere di Garibaldi, anche se ...credo
di non averlo conosciuto.
Qualche riserva mi sento di fare sul diritto di parlare o scrivere come se si fosse
deposiUri infallibili della verità assoluta,
perchè quanto meno si son vissute determinate esperienze, tanto più si deve essere
umilmente cauti nel parlarne. Mi è spiaciuto quindi il tono troppo vivacemente e
crudamente polemico cui si sono lasciate
andare le parti in contrasto sulle colonne
dell Eco, e questo discorso, per chi voglia
intender quel che vuol dire, vale per entrambe.
Ancor meno d’accordo sul modo col
quale l’articolo che ha dato fuoco alle polveri (non dei cannoni, per carità!) è stato
presentato: sul titolo, equivoco (ma proprio solo perchè il proto ha dimenticato
11 punto interrogativo?); sull’impaginazione. Senza far qui della gran tecnica giornalistica, mi pare che l’articolo non dovesse essere quello di fondo. Sarebbe stato
meglio in terza pagina, come lettera al
direttore, per esempio.
L’articolo di « fondo » dell’Eco per lungo tempo è stato una buona meditazione
della Parola di £Ho. Ve la vedete la vec
chietta valdese sulla soglia della baita leg
gere, dove si attende il piccolo « sermo
ne », l’articolo « Viva gli Alpini »? La so
stituzione è spiaciuta a me che faccio l’av
vocato, ed ho l’abitudine della polemica
volete non sia spiaciuta a tanti altri?
Secondo punto, sul contenuto, non solo
di quell’articolo ma di quanti vi hanno
fatto seguito): primo dovere di chi scrive
è di essere obiettivo, ed allora il raduno
doveva essere descritto per quel che è
realmente stato; ce l’ha detto, in modo
garbato e spiritoso, M. Eynard nelle prime
risposte. Macché esaltazione di glorie e
conquiste militari, di medaglie, di assalti,
macché ubriacatura di sangue confuso al
barbera! Nè di questo, nè di ricordi eroici
mi sono certo ubriacato. Ho rivisto un
buon numero di amici, ho saputo che stanno ancora bene e me ne son rallegrato, che
avevan magari moglie e figli, qualcuno mi
ha parlato dei suoi guai attuali, altri ha
ricordato dei tempi trascorsi le vicende
più liete trascurando quelle cosidette
« guerriere » per lo più tristi.
Con molti, guarda il caso, ho parlato anche della nostra Chiesa Valdese, del loro
pastore, dei cappellani militari, dei culti
sulle pietraie dalmate e via dicendo; ho
stretto fraternamente molte mani. Scusatemi, ma mi vien da sorridere leggendo che
tutto ciò prelude ad una esaltazione bellicistica, e che ci siam ripromessi di ritrovarci, armi in pugno, per la prossima
guerra. Si posson rassicurare i pastori che
han scritto (e condivido la loro preoccupazione di predicare e testimoniare conformemente alla Parola di Dio in ogni, e
quindi anche in quella, occasione): nessuno si è « acceso », mica era un raduno
di SS o di nostalgici esaltali!
C’è purtroppo, lo so, anche in quei raduni, qualche pennellata di retorica, ed è
giusto denunciarla come un aspetto negativo della manifestazione; ma una cosa è
dir che c’è, ed altra dire che lutti ne sono
inevitabilmente contagiati, specie quando
è chiaro agli orbi che di contagiato forse
non ve ne è neppure uno.
Non vorrei, e non mi sento, entrare a discutere di grossi problemi, e mi limito a
sfiorarli con considerazioni molto modeste.
Lo so che sono i problemi tragici della nostra vita di deboli credenti; ma mi pare
che non si possan risolvere solo col dire
oggi, in tono di sia pur nobile deciso impegno, « io la guerra non la farò mai »,
dando quasi del criminale (implicitamente)
a quanti per loro disgrazia ci si son trovati
in mezzo; è meglio, semmai, le cose farle
a tempo debito, e secondo l’ispirazione
che in allora ci sarà data. Lo sappiamo
noi quanti suoi testimoni Dio, pur nell’orrore della guerra, ha fatto sorgere in mezzo agli uomini, nelle trincee, nei campi
di concentrameiHo, Aelle caserme? di quali
strumenti si serva, ed in quali momenti.
Iddio per il compimento del Suo disegno?
E se una simile calamità sconvolgesse
ancora, Dio non lo voglia, il mondo, dov’è
il nostro posto di testimoni? Dio ne «.leggerà qualcuno a sostener la protesta nobile dell’obiezione e del rifiuto, ma altri
forse manderà in mezzo agli uomini divenuti folli, a lenire i dolori, soffrendo con
loro, ad accendere le speranze, sperando
con loro, a ricordar la forza della preghiera, pregando con loro. Chi può sapere
oggi cosa farà, se apparterrà alla prima
od alla seconda schiera di testimoni?
Certo, il più elementare dover© del credente non è quello di fare il servizio
militare (questo semmai è Un dovere civico), ma di combattere, in pace, con ogni
suo mezzo la guerra.
Ma purtroppo non è questo, della guerra, l’unico problema che ci tormenta: forse
oggi gli uomini, eome sempre, non sono
perennemente in guerra tra di loro, nelle
famiglie, nei villaggi, sul lavoro, nella
Chiesa stessa, se per stato di guerra si intende l’assenza della carità e dell’amore,
la presenza dell’egoismo, della ambizione,
dell’invidia, dell’odio?
Francamente, per quanto mi riguarda,
non so se son meno peccatore oggi di quel
che non sia stato quando mi han messo le
stellette, e son partito, con un senso di
angoscia nel cuore, come tutti, o quasi,
noi) perchè montato dalla propaganda ma
perchè, per dirla in gergo, « mi ci hanno
mandato ».
Al qual proposito osservo che taluni,
scrivendo, si son lasciati indurre a demagogia affermando che la partenza dei battaglioni alpini per il fronte fu il frutto
della diseducazione politica degli alpini
che quei battaglioni formavano, quasi fos
Chiudiamo la discussione sul raduno
alpino. Si^no stati lieti dell’ampiezza della discussio'ne, ma non
pubblicheremo altri interventi, fiduciosi che nessuno ce ne terrà rigore.
E ci rallegriamo di poter chiudere con
la bella lettera delTAw. Serafino, in
cui «ce n’è per tutti», scaturita dalla sua maturata esperienza di credente. Ci sia solo permesso di affei>
mare che siamo profondamente convinti che la discussione, pur con qualche intemperanza, non è stata inutile: ha dato occasione a ciascuno di
ripensare la sua posizione personale,
e, neU’affrontarsi di opinioni contrastanti, di sentirsi spinto a salutare
umiltà. Quanto al mancato culto per
gli alpini a Torre Pellice, non posso
rispondere per il mio collega Pastore
Sommani, momentaneamente assente; ma non nascondo la mia molto
personale diffidenza verso questi culti
speciali ad introduzione di convegni
civili e militari: penso che, se è sentito il culto domenicale basti, e che
se non è sentito non abbia molto valore, anzi possa indurre ad equivoci,
la pennellata religiosa sul raduno c
la festa. Posso sbagliare... G. Conte
scro stati tutti volontari! è possibile che
non si sappia ebe per decidere se andare
o no al fronte non si son fatti i referendum? D’accordo, dunque, alla fin fine:
meglio del titolo « viva gli alpini » è pur
sempre quello « abbasso la guerra », che
non contrasta affatto col primo; perchè sia
ben chiaro che il primo può dir tutto quel
che si vuole, meno che « viva la guerra ».
Terzo punto: è vero, ahimè i Valdesi
eran più numerosi al raduno che non ai
culti o alle conferenze distrettuali, e chi
ha constatato il fatto ha ragione di dolersene. Aggiungerei che son più numerosi
anche alle gite, più o meno festaiole, così
di frequente ed egregiamente organizzate
dai Pastori (che fanno benissimo, sia ben
chiaro, ad organizzarle).
Dir di chi è la colpa è riproporci un vecchic interrogativo, vecchio ma sempre attuale: dei pastori? dei laici? di noi tutti?
della nostra Chiesa?
Però, in fondo, al raduno ho visto molti
e molti che sono solitamente assidui ai
culti, che sono anziani di chiesa, diaconi;
forse quelli che non partecipano ai culti,
perchè non sentono l’urgenza della comunione fraterna, non son neppure andati al
raduno, a ritrovar gli amici.
E quelli che c’erano, parecchi almeno,
hanno candidamente chiesto (come me lo
son chiesto io) perchè, dal momento che
si sapeva del raduno, non si è tenuto un
culto alle nove, nel tempio di ' Torre, pei
loro; come s’era fatto a Pinerolo (ed il
tempio era gremito) alcuni anni or sono.
Forse le stesse cose dette nel primo articolo di questa ormai lunga polemica,
avrebbero potuto esser dette, nel modo
convenevo’e al luogo ed al momento, dal
pulpito:, con ben altra forza, con ben altra possibilità di indurre a meditazione.
E così molti avran finito per chiedersi
I^rchè, oggi, in seno alle nostre comunità, non vi sia quella solidarietà fraterna
che tutti ci legava allora: perchè non si
divide, come allora si divideva, il pane
secco e scarso; non ci si sopporta se troppo vicini, mentre si dormiva, tenente e soldati, sotto la stessa tenda; non ci si carica
il peso del fratello come si faceva con lo
zaino di chi era affaticato; perchè, se uno
è colpito da una disgrazia, non lo si soccorre con lo stesso slancio, come, nella
« guerrafondaia » domenica di Torre Pellice, è accaduto per l’glpino M. di A., cui
un fulmine aveva uccjso un giorno o due
prima le’ mucche, e gli alpini, saputolo,
hanno improvvisato per lui una generosa
colletta.
Facciamo bene attenzione: non capiti
che quel montanaro abbia incontrato, sia
pure in minima misura. Cristo sulla piazza di Torre Pellice in quel giorno, più di
quanto non lo incontri nella sua chiesa.
Come incontrava ii,_sno Signore l’alpino
E. B. che ogni sera, spesso tra l’ammirato
stupore dei superiori ( cattolici) leggeva la
Bibbia nella tenda al lume di candela;
come lo incontravamo tutti, laceri, polverosi, affamati, assetati, se i pastori in quel
tempo venivano a portarci il conforto della
Parola; e lasciatemi ricordare il volto
buono, incorniciato dalla bella barba nera,
di uno solo di essi, rimasto laggiù (dove,
non importa), il pastore cappellano Rostain, che, nella tragedia di quella brutta
guerra (brutta come tulle) combatteva con
la rossa croce sul petto, la sua bella guerra vittoriosa. Ettore Serafino
Uomini del passato
Caro ■ Direttore,
mi pareva che agli argomenti del Sig.
Falchi avesse già esaurientemente rispmsto
a suo tempo il Past. Nisbet e mi pareva
sopra tutto che il rapporto della Commissione sinodale avesse dato alla quistione
del nostro atteggiamento nei riguardi del
cattolicesimo un fondamento sostanziale c
una impostazione molto chiara. Ma ora
vedo che il Falchi ritorna a presentare i
suoi argomenti come qualità del « cristiano
del futuro ». E questo fatto mi pare che
meriti un breve intervento, anche se ovviamente gli argomenti non possono che
venire sfiorati.
Cosa dice il signor Falchi?
Dice che dobbiamo voler bene ai Cattolici: certo che vogliamo loro bene; che
dobbiamo perdonarli : certo che lo facciamo o quanto meno ci sforziamo di farlo
(e non è sempre facile). Vorrei chiedere al
signor Falchi se gli risulti che vi siano in
Italia o altrove dei Cattolici perseguitati
dai Protestanti.
Il signor Falchi dice che dobbiamo voler
bene alla Chiesa cattolica: certo che la
amiamo e ci sforziamo di comprendere le
ragioni più profonde del suo agire. Ci piacerebbe che anche la Chiesa cattolica ufficiale ci volesse bene e facesse un sia pur
minimo sforzo per comprenderci, ma sappiamo che ciò le è impossibile per costituzione e per dogma e anche di questo la
perdoniamo.
Senonchè altra cosa è amare o comprendere, altra cosa è credere. Ora accade che
messi al bivio se credere nel Signore Gesù
Cristo o nella Chiesa cattolica noi scegliamo la prima alternativa (o piuttosto non
siamo noi che abbiamo scelto Lui, ma è
Lui che ha scelto noi). E avendo scelto
Cristo come il Signore, reale e assoluto,
della vita c della Chiesa, non possiamo
che lasciar cadere, senza asprezza ma con
assoluta chiarezza, tutto ciò che non viene
da Lui, come il papato monarchico, la teologia del Regno divenuta teologia di potenza terrena, il culto mariano.
Ma il signor Falchi fa di tutto un fascio:
la fede nel Signore Gesù Cristo e le simpatie personali, la Parola di Dio e quella
di taluni uomini di Chiesa, la grazia di
Dio e il « buon cuore »; ora questo romanticismo impreciso, vagamente irenico.
faceva parte del bagaglio, e non del migliore, di taluni uomini di una o due generazio.ii fa; è un romanticismo alla « volemose bene » che si trascina ancora qua
e là nelle nostre Chiese, ma che veramente
non direi che appartenga al futuro e neppure al presente, ma gl massimo a un passalo, grazie a Dio, superato.
A un certo punto il Falchi parla dell’Apostolo Paolo e là citazione non potrebbe essere più opportuna. Infatti l’Apostolo Paolo amava profondamente la Chiesa in cui era nato, pregava e soffriva per
la sua salvezza, (« vorrei essere io stesso
anatema per amor dei miei fratelli »), ma
neppure per un moménto ha jiensato per
questo di rinunciare alla sua fede in Cristo o di fare un unico miscuglio di grazia
e legge, di battesimo i e circoncisione, di
apostoli e farisei. Anzi è proprio questo
suo amore per Israelq che lo ha portato
ad evangelizzare indefessamente Giudei e
pagani, rinfacciando agli uni e agli altri,
senza perifrasi, i loro errori, affinchè, convertendosi, trovassero . una possibilità di
sfuggire al giudizio incombente. E lutto
ciò egli ha fatto perchè animalo dalla vera
carità, che non è un mettere dolcemente nel
vago ogni problema od equiparare la verità
di Dio alle idee degli uomini, ma amare
i propri fratelli e per questo evangelizzarli,
anche a costo di perdervi la pace, la fortuna ed eventualmente la vita.
L’atteggiamento di quei Protestanti che
parlano dei Cattolici « cattivi » è solo apparentemente contrario a quelio del Falchi; in realtà ambedue hanno una stessa
origine romantico-etica, che non ha nulla
a che fare con la nostra fede; a noi non è
chiesto un giudizio morale sui cattolici,
non ci è chiesto di decidere se li amiamo
o meno, ma ci è stalo dato per grazia il
grave e meraviglioso fardello della fede e
quindi l’obbligo imprescindibile di annunciare questa fede a tutti. Cattolici e pagani.
Giudei e Greci, senza falsa carità, ma con
profonda fiducia che la Chiesa cristiana,
che ha venti secoli di vita (e non la cattolica come dice il Falchi), sia visibilmente
riunita contro ogni umana previsione dal
miracoloso intervento del Suo Signore,
unita nello Spirito e nella Verità.
Pierluigi Jalla.
Una polemica
tendenziosa ?
Signor Direttore,
la discussione suscitata dall’articolo del
past. Tonrn a mio modesto avviso sta assumendo aspetto e tono assai pericolosi poiché rivela, nel fondo, un sostanziale equivoco. Taluno, certo inavvertitamente, è
persino raduto in vera e propria polemica
politica con espressioni, mi perdoni, che
sembrano inspirate più alle tesi dei giornali di estrema sinistra che non al Vangelo.
Ha, cioè, preso la . mano una visione retrospettiva degli avvenimenti contemporanei
su cui pende ancora il sereno giudizio della Storia e che sarebbe dunque opportuno
non affrontare leggermente e soprattutto
quando l’argomento non lo richiede.
Ciò che importa considerare — -per una
retta trattazione dall’assunto che ci occupa
— è Vavvenire. E’ innegabile che la Chiesa debba predicare la pace; è fuori di dubbio che la guerra, in linea di principio,
sia da condannarsi; ma come la mettiamo
quando un popolo aggredito deve difendersi? E’ ovvio che non possa improvvisare una difesa efficace, ma debba prepararsi
di lunga mano, tanto più con gli odierni
mezzi di lotta.
Condanniamo ehi schiaccia la lesta della
vipera col tallone? Censuriamo i coltivatori che, nello Stato d’Israele zappano col
fucile a tracolla? Ricordiamo che i nostri
Avi gloriosi, accomunando eroismo a Fede, sulle montagne hanno fieramente combattuto i persecutori.
E’ antico come il mondo l’angoscioso dilemma che attanaglia il credente: se i focolari della Patria sono in pericolo, mi
inginocchio a pregare rimettendomi iner
me alla grazia del nemico oppure il dovere
m’impone di impugnare la spada?
Ha ragione senz’altro Tourn quando biasima coloro che dimenticano la Chiesa e
sono presenti soltanto alle bisbocce delle
radunate d’arma; ma ha torto quando condanna quello spirito che anima il combattente e permane nel reduce. E’ tanto facile (ed è infatti avvenuto nelle pagine
dell’Eco) passare dalla condanna dei convegni di Alpini all’obiezione di coscienza.
Ed è procedendo su questa via che taluno
giunge ad accusare il gen. Jalla di fascismo e di... connivenza vaticana! Così si
giunge, a rigor di logica, a riconoscere nei
fascisti e nei gesuiti i custodi esclusivi dell’amor di Patria ed implicitamente s’invitano i nostri avversari a qualificare i Vaidesi cittadini deteriori.
In piena e tranquilla coscienza, affermo
invece che è buon Valdese chi sente e pratica i doveri del buon cittadino, cioè colui che, attaccato alla Fede la difende ma,
nel contempo è pronto a difendere la Patria come il Potere legittimamente costituito dello Stato comanda (date a Cesare...), senza con ciò porre Dio e Cesare
sullo stesso piano.
Il Pastore sa impedire che l’uomo, credente e cittadino, entri in conflitto con se
stesso. Perciò, condividendo i sentimenti
del gen. Jalla, mi appongo alle sagge considerazioni del past. Paolo Bosio (Eco,
3 luglio) che dovrebbero concludere, su
questo nostro giornale, una polemica tendenziosissima.
Grato se vorrà pubblicare. Le invio cordiali saluti. Emiuo Rostacno
Elevare
il tono
Fino a poco tempo fa, il nostro giornale
sapeva mantenere, pur nella sua semplicità,
un tono elevato. Ma ora abbiamo l’impressione che il tono si stia alquanto abbassando. Simpatizziamo col Direttore che è
sempre obbiettivo nella pubblicazione dei
vari articoli. Ma sono i collaboratori che
non sempre sanno mantenere un linguaggio elevato, e potremmo dire anche corretto.
C’era una volta... un giornale intitolato
« La Sentinella Valdese ». E l’Eco delle
Valli è una Sentinella Valdese. Ora, nel
numero del 10 Lugli^l, ecco un articolo che
per 1 appunto parla del « Difficile compito
di una sentinella ». E l’articolo è una prova di quanto sia davvero difficile lo scrivere sempre con correttezza cristiana.
Si tratta di una commemorazione svoltasi a Villar Pellice il 31 Maggio. Chi ha
preso la parola in ideila circostanza non
ha eccitato gli anìipì alla guerra, ed ha
anzi affermato l’assòluta confortante certezza che le profezie e promesse di pace già
contenute nell’Antico Testamento si compiranno, e con tutto il cuore ha formulato
1 augurio che non vi sieno più guerre, ed
Iia chiesto a tutti di' pregare per l’avvento
della pace. Orbene, di tutto questo l’articolista non dice ver^o, non ne tiene alcun
conto, ed invece inveisce contro l’affermazione che chi ha una vera fede sente dì
dover compiere il proprio dovere verso la
Patria, e si sente sostenuto dalla stessa sua
fede.
Non è vero che si sia affermato che Dio
vuole la guerra! S’è affermato invece il
convincimento che è volere di Dio che noi
compiamo il nostro dovere verso la Patria.
L’articolista dice che questa è una impostura! Termine ch’egli ripete più volte.
Ecco quanto s’abbassa il tono... Non pensare come l’articolista è un rendersi colpevole di impostura. Ora l’articolista è libero di pensarla come gli pare, e libero di
dire il suo pensiero. Ma non ha il diritto
di considerare come impostori quelli che
non la pensano come lui, e non ha il diritto di insultare, così, quanti ufficiali e
soldati credenti han servito la Patria. Uomini che han saputo conciliaie nel loro animo la loro fede religiosa ed il loro patriottismo. Ed hanno ubbidito alla voce della
loro coscienza come all’appello della loro
nazione.
Quanti nomi potremmo fare, di Pastori
e di Laici. Basti ricordare che in questi
ultimi tempi ben cinque Moderatori della
Chiesa Valdese hanno portato con onore la
divisa militare: V. A. Costabel - Virgilio
•Sommani - Guglielmo Del Pesco . Achille
Deodato - Ermanno Rostan. E senza dubbio essi sono stati fedeli sentinelle delTEvangelo.
Ora certi giovani Pastori la pensano diversamente. E sia. Ma se discutiamo, discutiamo col dovuto rispetto verso le opinioni
altrui. E con santa umiltà aiutiamoci reciprocamente nella ricerca della giusta via.
Chi parla contro la violenza non ricorra
mai alla violenza del linguaggio, e parli
sempre con carità fraterna, senza atteggiarsi a giudice altrui. « Ma tu, perchè giudichi il tuo fratello? » (Rom. 14: 10).
V’è perfino chi ha tentato di porre in
cattiva luce la menvpria di Enrico Arnaud,
c quindi quel rimpatrio che è sempre stato
chiamato « Il Gl.orioso Rimpatrio », il cui
Bicentenario fu solennemente celebrato
coll’inaugurazione della Casa Valdese.
I tempi sono mutali. Ma l’Iddio dei nostri padri sarà sempre il nostro Dio. E
quali che siano i nostri pareri personali,
noi dobbiamo vivere e parlare da fratelli.
G. Berlinalti.
Senso delle
proporzioni
L’opinione del Sig. G. Tourn sui raduni
degli Alpini (in se stessa del tutto innocua) ha suscitato come logico, in quanto
resa pubblica, la catena di reazioni e controreazioni cui assistiamo, con sfoghi quasi
personali, richiami al ventennio o alle crociate e simili tristezze; è questo il guaio
della stampa, da quando esiste. Non è la
montagna che partorisce il topolino, bensì
l’inverso; la questione dilaga, il senso ne
viene travisato ed in ultima analisi che
cosa rimane, ognuno restando certamente
in buona fede sulle sue posizioni, se non il
sapore amaro di cose che avrebbero potuto essere taciute?
Ora vorrei chiedere molto semplicemente:
quale seria necessità, quale « utilità » ha
ravvisato il Sig. Tourn nel mandare alle
stampe il suo scritto iniziale? Crede egli
veramente che in queste adunate degli Alpini (che si faranno sempre, con sua buo
na pace) si rinfocolino propositi bellicosi,
si forgino speranze di nuove avventure militari e così di seguito? Via, non esageriamo ; questi raduni sono semplicemente umani, nel ricordo del tempo passato fra camerati di un corpo scelto ed orgoglioso di
esserlo, non fanno proprio male a nessuno
in definitiva; e ad essi hanno partecipato
più volte nel tempo, con vero piacere, non
pochi pastori ex-ufficiali, certamente non
bellicisti ancorché non obiettori di coscienza. Se a tutte le manifestazioni umane
si volesse applicare alla lettera la Parola,
non vi sembra che da ben altro si dovrebbe incominciare? Quanto alla fede, chiamata in causa dalle opposte schiere, sono
perfettamente d’accordo col prof. A. Jalla;
cerchiamo di non confondere e ricordiamo
anche che la parola fede non ha esclusivo
senso religioso, senza per questo essere in
ogni caso indegna di rispetto.
Concludendo, mi torna nuovamente il
forte dubbio che aH’origine di non pochi
scritti del tipo « W gli Alpini » si trovi
quella marcata propensione (ogni generazione ha sempre ritenuto, nei secoli, di
poter riformare il mondo) alla « rettorica
deU’antireUorica » di cui egregiamente —■
sia pur troppo garbatamente a mio avviso
— ebbe a scrivere tempo addietro suH’Bàto
una gentile collaboratrice.
M. Bonnet.
AD AGAPE
Ad Agape si stanno svolgendo
contempioraneamente il primo campo
internazionale che, sotto la direzione
del Past. Carlo Gay e del Dr. Fulvio
Rocco affronta il tema: L’Evangelo e
il Cattolicesimo politico (si è registrato il « tutto esaurito », e lo stesso
è previsto per il secondo campo intemazionale che, dal 29 luglio all’8
agosto, sotto la direzione del Past.
Tullio Vinay, tratterà de « La Chiesa
e la società, oggi»), e, diretto dal
Past. Alberto Taccia, il Campo foi^
mazione quadri F.U.V., con partecipazione purtroppo più ridotta.
Ricordiamo ancora che dal 17 al 26
luglio avrà luogo il Campo Unionisti
(campo della gioventù evangelica italiana, organizzato dalla F.U.V.) che,
diretto dal Past. Alberto Taccia e dal
Dr, Marco Ricca, studierà il tema:
Uomo e donna di fronte all’Evangelo. Fin d’ora annunziamo il Campo
internazionale per operai ed operaie
(8-16 agosto), su cui daremo quanto
prima più diffuse informazioni.
3
r
17 luglio 1959 — N. 29
ih
Una novità della Clnudianq
U problema del male
di Vittorio Subilia
L'ECO DELLE VAUI VALDESI
Grati dobbiamo essere al Prof. V. Subilia per averci offerto in una novantina
di pagine dense e ricche di spunti e riferimenti, una guida per addentrarci, non
per « curiosità speculativa di spiriti oziosi » (p. 5), in questo problema che, come
dice l’A. nella presentazione, è « il fondo
del nostro affanno, il fondo del problema
stesso della vita e della fede ».
Nella Premessa vengono presentati i termini del problema, che è quello dell’origine del male, di questa realtà misteriosa e
possente che si è insinuata rovinosa nella
realtà buona della creazione di Dio; problema tanto più difficile, « razionalmente
inaccessibile e inesplicabile », in quanto
ci accostiamo ad esso non dal di fuori, ma
dal di-dentro di una situazione di cui il
male è divenuto parte integrante. Di quanto questo problema vitale abbia sempre
angosciato l’uomo è prova la meditazione
che se ne è fatta dall’antichità ai giorni
nostri, senza soluzioni di continuità, malgrado la diversità delle soluzioni tentate.
prima parte dell’opera che esaminiamo
è appunto dedicata ad un esame di queste
soluzioni storiche, raggruppate per « tipi »
principali.
Da dove proviene il male?
La concezióne dualistica prende così sul
serio il male, da intenderlo come un antidio : e il mondo diventa il drammatico
campo della lotta fra i due « principi »,
più o meno personificati, del Bene e del
Male. Dallo Zoroastrismo persiano, al platonismo greco, e via via allo gnosticismo
e a Mareione e al Manicheismo, l’A. segue
lo svolgersi di questa linea di pensiero
(evidentemente per amor di brevità si è
omesso di aeeennare ai prolungamenti manichei del Catarismo mcMioevale), che ha
trovato la sua forma moderna nella teosofia, con la sua tipica dottrina della reincarnazione. Nel dilemma : « il male non
può essere da Dio, ma nulla esiste che non
sia da Dio », il dualismo affronta con serietà profonda il primo termine, ma per
« scagionare » Dio gli contrappone semplicemente un anti-dio: e questa non è razionalmente una soluzione; soprattutto è
del tutto opposta alla rivelazione biblica
dell’unico Iddio onnipotente: e l’A. contesta — giustamente — il carattere cristiano del pensiero di un Wilfred Monod.
Un modo per risolvere il problema del
male è negarlo: è la via scelta dagli Stoici, ha lasciato tracce in Agostino e in
Tommaso d’Aquino, è stata seguita, con
toni diversi, da Spinoza e Leibniz; e il
male è diventato, nella dialettica hegeliana, la necessaria antitesi al bene, che solo
può. condurre alla sintesi; il che ha portato -all amoralismo -deila -visione idealistica della storia e del materialismo storico
marxista. E’ questa, certo, la soluzione meno seria e sofferta, e non per
nulla è alla base di una delle più strane
-ette moderne, la Christian Science.
Moderna, frutto deH’angoscia dei nostri
tempi inquieti è la soluzione che nega il
bene; preparata dal pessimismo di Schopenhauer, si svolge in direzioni diverse
nell’esistenzialismo : « essere nel mondo »
è « essere per la morte ». Al « tutto è bene » idealista si contrappone un « tutto è
male », altrettanto lontano quanto quello
dalle prospettive bibliche.
Non sarebbe la libertà, la sorgente del
male? Questo pensiero ricorrente non è
però conforme ai dati dei primi capitoli
della Genesi, che presuppongono la preesistenza del Maligno. Sostenere la tesi della
ribellione e della caduta degli angeli,
com’è stato fatto, non risolve il problema :
« Satana... è presentato come una creatura
di Dio e, perfino nell’esercizio delle sue
funzioni malefiche, è considerato dalla
Scrittura come un servo, un funzionario
di Dio... » (p. 53). No, la libertà, umana o
angelica, rimane condizionata dal Creatore
e Signore. Berdiaeff addita qui « la profonda sorgente morale dell’ateismo » (p. 54).
I modi suesposti di affrontare il problema del male « presentano... una fisionomia
teologico-filosofica che non soddisfa nè il
criterio teologico nè quello filosofico »
(p. 57): Karl Barth ha tentato «di pensare
con rigore il problema del male sulla base
unica dei dati evangelici » (id.). (L’A.,
salvo un accenno a Lutero, non ci dice —
e sarebbe stato interessante — se e in che
misura i Riformatori hanno compiuto anch’essi questo tentativo). Che ci sia riuscito pienamente, che siano queste le pagine più limpide e convincenti di Barth,
è permesso dubitare, come il Subilia stesso riconosce: non è comunque facile doppiare il « tour de force » da lui compiuto
nel condensare in poche pagine il pensiero barthìano al riguardo. Se però da una
parte « ci si deve limitare a dire che la
inspiegabilità, irrazionale e assurda, rifiutantesi ad ogni chiarificazione speculativa,
è il carattere specifico del male » (p. 64),
l’impostazione di Barth è d’altra parte determinante per riportarlo nella sua prospettiva biblica: anche questa oscura realtà, la cui origine è inspiegabile, presenta
il suo vero volto nella passione di Gesù
Cristo. « In Cristo il male svela la sua terribile realtà, che non si esaurisce nel fatto
peccaminoso e appare come una opposizione alla totalità della creazione di Dio,
in quanto tende a pervertire, a violare e
a distruggere l’esistenza della creatura, separandola dal suo Creatore e Signore e
rompendo il Patto da Lui stabilito» (p. 61).
Infine, il male, oltre che in questa prospettiva cristologica, dev’essere visto alla
luce del Regno che viene: non è la realtà
ultima, ma è al contrario già vinta, a Pasqua (Il Victory day del Cullmann): la fede e la speranza cristiane attendono la
manifestazione di tale vittoria.
II ]MCoblema rimane dunque aperto: ma
è un’apertura di fede e di speranza, di
Grazia.
Chiude e corona l’opera un capitolo va
ramente bell^ su « L’Evangelo della natura », in cui si contesta la fedeltà biblica
della concezione corrente dei « fenomeni
naturali » : è la « naturalità » di una creazione punita e « sottoposta alla vanità ».
E, fondato sui dati dell’Antico e del Nuovo
Testamento, secondo gli orizzonti così ampi di Romani 8, l’A. ci conduce a riconoscere nell opera di Cristo, nella sua lotta
contro il disordine nella natura, nel mondo degli esseri extraumani, nell’organismo
dell’uomo, e contro la morte, la portata
cosmica della Redenzione, la liberazione
di tutto il creato dalla « servitù della corruzione ».
Qualche difficoltà di linguaggio potrà
incontrare il lettore: ma è una difficoltà
che vai veramente la pena di superare;
sarà compensato dall’aprirsi di prospettive
nuove, ampie e profonde, e da pagine di
una liricità biblica come questa; « L’Evangelo ci rende capaci di considerare la natura fatta del bestiame, delle stelle, delle
montagne, delle piante, delle acque dei
fiumi e dei laghi, dei fiori e dei boschi,
dal punto di vista del perdono, della misericordia, della riconciliazione, della redenzione e della speranza della redenzione, della sapienza, della bontà, della gloria
di Dio. La prospettiva pensosa della fede,
che ha assunto Cristo a norma anche della
propria coscienza della natura, permette
allora di comprendere che il segreto di
ogni vita che palpita nell’universo sotto il
sole, è la tensione di speranza verso il
giorno di Cristo » (p. 86). g. c.
Vittorio Subilia: Il problema del male Ed. Claudiana - Torre Pellice 1959,
pp. 88 - L. 500.
Fine I (Iranno alla Facoltà
di Teologia
Anche per gli studenti della nostra
Facoltà questo è stato il tempo del
rendiconto... Giugno è un mese faticoso di esami; prima delle vacanze,
e delle prime esperienze pastorali nelle chiese, in sostituzione estiva di
pastori, qua e là per l’Italia.
Di particolare interesse, nel corso
della sessione d’esami di giugno, è
sempre la presentazione agli esami
finali (esame generale di Nuovo Testamento ; di predicazione e di catechesi in una delle due chiese valdesi di Roma) dei candidati che hùanno terminato il loro corso di studi
in Italia e all’estero; e la presentazione e la discussione delle tesi di licenza teologica.
Quest’anno i candidati presentatisi sono stati tre: Franco Giampiccoli, con una tesi su «La concezione
della storia nel pensiero di Reinhold
Niebuhr» — mentre gli è stato rivolto un avvertimento a guardarsi,
da un apprezzamento .eccessivo di un
pensiero che, come quello appunto^
del teologo- nordamericano, indulge
troppo al sincretismo^, cioè alla ricerca di punti di vicinanza fra l’umanesimo odierno e la rivelazione biblica,
è stata d’altra parte lodata l’ampiezza di orizzonti di cui la sua tesi te
stimoniava — ; Gianni Bogo, con una
tesi su « La situazione liturgica nelle chiese riformate di lingua francese» — una ricerca molto interessante e guidata da im senso critico riformato sempre vigile, del rinnovamento liturgico anche in seno alle
nostre chiese, e della necessità che
esso sia costantemente nutrito dei
frutti del rinnovamento biblico-teologico- —; s Giovanni Conte, con una
tesi su <( Il Movimento Ecumenico e
la ricerca della Chiesa» — in cui è
stata delineata con sicurezza d’informazione, e seguendo le grandi tappe delle Assemblee ecumeniche di
questo cinquantennio, la trama pazientemente tessuta del ripensamento
teologico sulla realtà della Chiesa di
Visa e una in Cristo.
I tre candidati hanno conseguito
la licenza teologica, e con Sergio Rosfagno, che l’aveva conseguita già
l’autmmo scorso con una tesi sull'esegesi cattolica recente dell’Antico
Testamento, si presenteranno al Corpo Pastorale per l’esame di fede. Il
nostro augurio li segue in questo
tempo di preparazione spirituale ; e
attendiamo da loro che rechino nella
nostra Chiesa, secondo gli interessi
specifici che hanno coltivato, un apporto serio e fecondo.
è uscito Emma Forti
LA LAMPADA ACCESA
Romanzo per ragazzi Lire 800
A Como, la Conferenza del II Distretto
Valdesi nei grandi centri industriali
Nell ultimo numero de La Luce si trova un’ampia relazione, dovuta a Gianni
Bogo, della Conferenza del li» Distretto, tenutasi a Como il 28-29 giugno u. s.
Non staremo a riportarne i dati; ma per i nostri lettori che non leggono La Luce
e speriamo siano pochi! — stralciamo le notizie relative a quello che pare
esser stato uno dei temi più vivi di discussione, e uno dei probléni centrali del
Distretto: la presenza e i compiti delle nostre chiese nei grandi centri industriali.
La relazione della Commissione distrettuale dedicava un ampio paragrafo alla situazione delle nostre
Chiese nei grandi centri industriali
del nostro distretto : Milano e Torino.
« In ambedue i centri — dice la relazione — è evidente che le ragioni che
paralizzano la nostra azione nelle
piccole città provinciali, non sussistono: abbiamo qui delle forti chiese, attive ed impegnate in buona parte dei loro membri (....). Abbiamo soprattutto dei centri in cui ogni azione, ogni attività è possibile: ambienti estremamente complessi, ma di importanza fondamentale nella vita economioa e culturale del Paese. Una
nostra presenza maggiormente impegnata ed attiva in questi ambienti,
dal rione popolare industriale al mondo della cultura e della politica, non
può non essere significativa. (......).
Questa Commissione ritiene dunque
che le città di Torino e Milano siano
in questo momento i punti di maggior rilievo ed impegno dell’opera nc
stra ».
8u questo giudizio della Commissione distrettuale si è ampiamente
discusso. L’esame delle statistiche di
questi ultimi trent’anni conferma il
giudizio della Commissione: l’aumento djei memb,ri di Chiesa si è verificato in modo preponderante e quasi
esclusivo proprio in questi due centri. A Torino, in questi ultimi anni,
sono stati ammessi in media duecento nuovi membri aH’anno, di cui circa la metà evangelici provenienti dalle Valli 0 dal Sud Italia. Cesi, oltr-e
al potenziamento delle due comunità
già esistenti, si sono aperti a
m questi ultimi anni due nuovi lo
cali di culto, e si prospetta ora come
urgente la necessità di aprirne un
altro nella zona industriale di Miraiiori. dove risiedono circa 200 famiglie valdesi.
Il Past. Ayassot, di Torino, illustra
efiicacemeute la situazione in quella
città. L’aumento dei membri di cniesa significa anche un aumento note
voie qi bambini e catecumeni, e quindi una vasta opera di cura d’anime,
soprattutto nei casi di famiglie di
confessione mista.
Un’altra possibilità di apertura a
Torino è costituita dall’attività del
1 Ospe dale evangelico : vi sono degsnti ogni anno oltre 2.000 ammalati di
varie fedi, i quali vengono in qualche
modo in contatto con l’ambiente ovangelico. sia attraverso il personale
ospedaliero che attraverso le visite del
Pastore.
A questo già notevole lavoro, deve
aggiungersi l’assistenza ai numerosi
ammalati valdesi provenienti dalle
Valli e ricoverati nei vari ospedali sp,ì
cializzati di Torino.
« E’ dunque necessario — conclude
il Pastore Ayassot — avere a Torino
almeno un altro pastore, per poter
far fronte a tutte queste necessità,
tanto più che esse vanno continuamente aumentando ».
Il Pastore Corsani, pure di Torino,
illustra la situazione in alcune bor
gate periferiche, ora praticamente unite alla città stessa, nelle quali risiedono delle vere e proprie comunità regionali di immigrati. In questi
ambienti, basta a .v,0te la pregenza
di una famiglia evangelica per costruire un centro di apertura al mes
saggio delTEvangelo:' ma questi nuclei bisogna poi seguirli sul posto.
Il Pastore Bibet, di Milano, parla
della situazione evangelica in questa
città. Come già era stato sottolineato
nella relazione della Commissione distrettuale, vi sono ànc-he a Milano
delle possibilità e delle aperture. Anche qui il problema è di uscire dai
nostri schemi «parrocchiali», di rag
giungere nuovi ambienti. Vi sono, al
la periferia di Milano, delle zone industriali estese, con nuove popolazioni, in parte immigrate da altre regioni. Una di queste è Lambrate, zona
di rapido ed intenso svilupjio urbani
stico ed industriale. Vi sono dei cen
tri prossimi a Milano, come Pavia
Vigevano, Sesto San Giovanni, dove
la nostra presenza può trovare un
terreno fecondo.
Anche qui, la difficoltà consiste nel
raggiungere tutte queste situazioni
e nel dare a ciascuna di esse un’atti
vità impegnata e profonda. Ma an
che a Milano vi sono dei membri di
chiesa disposti a lavorare e a impegnarsi per questo.
Attraverso vari interventi, fra i quali quello del Vice Moderatore, la Conferenza esprime il parere ohe non ba
sta auipentare il numero dei pastori
per risolvere delle situazioni come
quelle di Torino e di Milano: è inve
ce necessario ohe la comunità nel suo
insieme sia impegnata. Bisogna fare
appello. ai « laici » ; esortarli - a impegnarsi a fondo, se è necessario a rinunciare anche a guadagni o à sue
cessi di carriera. Ma bisogna anchs
preparare questi collaboratori, e anzitutto riscoprire nella vita della Chie- *
sa i vari ministeri. Dobbiamo dunque
rivedere la dottrina pratica della nostra vita ecclesiastica.
Il Past. Eynard (Zurigo), riassume
e conclude la discussione su questo
punto. Bisogna riconoscere che vi sono certe situazioni chiuse, in cui sembra impossibile un qualsiasi progres
so. Tuttavia, le comunità che opera
no in queste situazioni non devono
sentirsi esonerate dal continuare ogni
possibile sforzo per l’annunzio delTEvangelq^ ovunque e a chiunque.
D’altra parte, dove vi sono situazion:
aperte ed evidenti possibilità di esten.
dere la nostra opera, non bisogna lasciar passare del tempo: non sappia
mo fino a quando questa apertura e
queste possibilità potranno continuare ! E’ dunque opportuno auspicarci
una concentrazione di forze pastorali
e di mezzi finanziari in quelle località, almeno per un certo tempo.
G. Bogo
TOPONIMI
delle Valli Valdesi
di T. G. Pons
Barma ciabrira: case verso la confluenza del torrentello che scende
da Castelluzzo col Biglione, ove ha
origine l’acquedotto municipale della Torre. Balma, caverna, riparo
delle capre. 1716, a balma Oiabriera.
Barma d’aut: Foresto nel vallone di
Siibiasc, vicino alla storica barma,
alla quale si accede dall’alto (donde il nome) e che fu im luogo di
rifugio nel periodo delle persecuzioni dei secoli passati. 1646: balma
d’haut.
lu Barmas: gruppo di case ai piedi
di Sibaud, a Bobbio. In vai d’Aosta
è anche nome di famiglia, accrescitivo di «bamia».
lu Barneut : gruppo di case in quel di
Riclaretto, sotto Garin. Nella Francia meridionale Barnaud, Bamau,
Barnaud sono nomi di famiglia abbastanza diffusi: 1383, un Stephanus Barneodi, de Vallepula.
id.: case fra i Jouve ed i Gonin, nel
comune di Angrogna. 1676 : Barneodo.
li Barneut : case sul territorio del
Villar, fra il Teinau ed il Ciarmis.
1638, alli Barneodi.
li Bastìa: gruppo di case ad Angrogna, fra li Raggiu e la Garsinera,
ed altre fra i Malan e Roccìamaneut. Nome di famiglia originaria
di Angrogna, di cui si ha notizia
fin dal ’4(X): ad Bastías, 1463. Lo troviamo pure fra i martiri di Calar
bria del 1561.
id.: case di S. Giovanni, presso i
Bianchi, dove si stabilì un ramo
dei Bastia, sin dal ’600: alli Bastia,
1626.
la Batìc: villaggio di Bovile, quasi di
fronte al forte Luigi, che difendeva lo sbocco della valle di S. Martino. Dal b.lat. «bastita», casa di
campagna, borgo recentemente
costruito, con l’idea di fortificazione a scopo difensivo, luogo fortificato con fossa e terrapieno.
Batrèl; ca.solari e vigneti circostanti,
sopra il ponte omonimo, in quel di
Pomaretto, ad occ. della Lauso. Dal
prov. « batarèl », che significa randello, pezzo di legno unito alla tramoggia di un mulino e che, muovendosi, la cadere il grano fra le
macine. ■
lu Baussan: case sui confini di Torre, Angrogna e S. Giovanni, ad or.
del Ciambun, su la strada che conduce ad Angrogna. «Ad Bauxanum », troviamo in un doc. del
1537. Baussan è nome di famìglia
provenzale che può derivare dall’agg. balzano: cavallo che ha macchie bianche ai piedi. 1614, al Bauxano.
li Belimi: due gruppi di case a S.
Giovanni, presso il Saret e i Bessun. Nome di famiglia che troviamo fin dal 1557 a Bobbio, sparso
pure in Provenza: Belion, Bellion,
Blion, Beliom, Belion.
li Bénech: case in quel di S. Giovanni, ai piedi di Rocciamaneut,
presso la Ruà. Nome di famiglia
diffuso ancor oggi a S. Giovanni
ed Angrogna, ove lo troviamo già
nel 1655, nella forma Benech, Beneochio. La forma è derivata da
Benedictus, Beneyet: in Angrogna
le forme dialettali dreit, freit dan
no drech, frech e quindi Beneyt ha
dato Benech.
A Roma, la Conferenza del 111 Distretto
Consuntivo di un anno di vita
Nei giorni 28-29 giugno si è riuni
ta, nei locali di Piazza Cavour, a Roma, la conferenza del III Distretto.
Il Culto è stato iwesieduto dal prof.
Valdo Vinay, che, commentando il
testo di I Corinzi 12, ha sottolineato
energicamente l’accento che l’Apostolo pone sulla opera del Signore nella nostra vita, nella Comunità, nel
Culto. A ciascuno è data la manifestazione dello Spirito secondo la sua
capacità, e il Signore è alTorigine
dei vari ministeri nella vita della
chiesa; per cui l’isolamento in cu:
talvolta si trova il Pastore nel Cui
to o nella sua opera quotidiana non
è obbedienza all’ordine di Dio, ma
mancanza di fiducia nella sua capacità di suscitare un sacerdozio universale e differenziato. Da esso si
escludono da soli soltanto gli uomi'
ni che vogliono costruire da sè la propria vita, privi di fondamento e pr vi di scopo, sostanzialmente atei anche se frequentano la Chiesa; d’altra parte non vi è, nè vi può essere,
separazione tra teologia e carità, tra
i dottori della Parola di Dio e gli altri membri della Comunità perche
tutti essi traggono origine, se hanno
fede, da un solo e medesimo Spirito.
Nel corso di questo Culto è stato
consacrato Anziano Evangelista il
Signor Archimede Bertolino, cui è
affidata la Comunità di Ferentino.
Dal tempio, si è quindi passati nei
locali destinati alle riunioni dove,
sotto la presidenza di un seggio provvisorie i delegati delle Chiese del Distretto hanno laboriosamente proceduto alla elezione di un seggio definitivo, non senza qualche elegante
disquisizione legale sulla poss.bilità
che' un membro del seggio provviso
no possa anche essere membro del
seggio definitivo.
Il giorno successivo il Sovrinten
dente ha dato lettura della sua rUazione, che molto opportunamente era
stata ciclostilata e distribuita ai partecipanti La discussione si è subito
accesa su una breve frase in cui si
parlava di un « processo di appesancimento e di secolarizzazione tra coloro che si sono impegnati nel passato ». Questo fenomeno è stato attribuito dai vari oratori a una crisi
deiridealismo che avrebbe animato
le nostre Chiese nel passato, alla ca
renza di spirito comunitario o di cura pastorale e a responsabilità individuali ; il Signor Moderatore ha concluso la discussione invitando a non
drammatizzare un fenomeno che sostanzialmente è sempre esistito nella Chiesa da quando l’Apostolo Paolo diceva « Dema, avendo amato il
presente secolo, mi ha lasciato ».
É tuttavia è ovvio che proprio verso queste pecore perdute deve rivol
gersi la attenzione non solo del Pastore, ma anche di tutta la Comunità, affinchè nelTopera comune gli
uni e gli altri traggano incitamento
per la loro fede.
E’ stato affrontato anche l’argomento del lezionario e delle meditazioni edite dalla Claudiana. Il Pastore SbafiB ha parlato dei nuovi indirizzi che presiedono alla compila
zione delle meditazioni per il prossimo anno e si è accennato anche ad
altri testi di meditazione editi da altre Chiese.
Sono seguiti gli indirizzi di saluto
del rappresentante della Chiesa di
Scozia, Pastore McLean, del rappresentante della Chiesa di Isola del
Gran Sasso e l’esame degli argomenti di cui agli ordini del giorno, che
verranno citati in seguito.
Quindi la discussione è proseguita
sul problema dei nostri rapporti col
cattolicesimo romano. Benché le
Chiese del Distretto avessero letto e
approvato il rapporto della Commissione sinodale, la discivssione si è sostanzialmente polarizzata intorno a
due teorie estreme: quella che considera il cattolicesimo come un mondo
inevitabilmente chiuso e nemico, e
quella opposta che parla di accettare inviti, per altro mai fatti, al previsto Concilio vaticano. Alcuni deci( segue in 4.a pag).
4
Noi abbiamo conosciuto l'amore che Dio ha per noi e vi
abbiamo creduto.
1 Giovanni 4: 16
L'Eco delle Valli Valdesi
MLLE NOSTRE COMUNITÀ
Se uno dice, (o amo Dio^ e
odia il suo fratello, ò bugiardo.
1 Giovanni 4: 20
AHIGROGISa CCapoinoïoi BOBBIO PELF.ICE
Domenica 12 luglio, nel corso del nostro
culto al Capoluogo è stata presentata al
Battesimo la bambina Bertin Èva di Umberto e di Revel Vanda.
La grazia e la benedizione del Signore
accompagnino sempre la bimba ed i suoi
genitori. g ^
aNGROGnia (Serre)
I culti all aperto continuano a registrare
una buona frequenza dei vari membri di
Chiesa sparsi negli alpeggi. Il Bagnau segna naturalmente la punta massima di
affluenza sia per la sua posizione centrale,
sia per la località veramente pittoresca. Il
tempo bello ci ha favoriti fino ad ora e
la fortuna ci ha assistito anche domenica
12 quando grazie ad una provvidenziale
tenda militare ed alla cortesia di due soldati abbiamo potuto presiedere il culto
al coperto senza essere disturbati dall’improvviso temporale scoppiato mentre ci
accingevamo a dare inizio alla riunione.
Questo provvidenziale aiuto... militare ci
ha cosi in parte ripagati del disturbo arrecatoci il sabato quando a causa dei tiri
anche la zona del Serre ha dovuto essere
evacuata al mattino, ed il matrimonio che
si doveva celebrare in mattinata essere
addirittura rinviato per il tardo pomeriggio.
Sabato 11 c. è stato celebrato nella chiesa del Serre il matrimonio di Benech Enrico Guido, di Chiò Gautie, con Malan
franca, di Serre Malan. Rinnoviamo agli
sposi gli auguri di una vita coniugale benedetta dal Signore.
Martedì 14 c. ha avuto luogo il funerale della Signora Monasticr Susanna in
Arnoul, di Buonanotte. Consoli il Signore
della vita la famiglia provata dal dolore.
Colpita da un male inesorabile, è deceduta all’età di anni 56, Pontet Suscita della Trattoria del Centro. La sua fede, affinata nel crogiolo della prova, ha aiutato
la nostra sorella a sopportare le lunghe e
grandi sofferenze. Rimane in quanti l’hanno conosciuta il ricordo della sua spontanea affabilità e della sua squisita bontà.
I funerali, che hanno avuto luogo mercoledì 8 luglio, sono stati una dimostrazione
viva del grande affetto di cui essa era circondata. Il Signore sostenga con la Sua
presenza la famiglia nel lutto.
Il 27 giugno è stato celebrato il matrimonio di Gönnet Italo (Pautasset) e Grand
Marisa (Lautaret). Il Signore aiuti questi
giovanissimi sposi ad edificare la loro casa.
La nostra comunità ringrazia il Past.
Em. Giovanni Bertinatti, che ha presieduto
il culto di domenica 12 luglio.
PUVEBULO
lUASSELI.n
A partire da domenica 19 luglio il culto
avrà luogo alle ore 10.
Domenica 12 luglio:’ giornata di festa
per la Comunità.
^ Nella grande famiglia che essa forma,
gioie e dolori sono naturalmente condivisi da tutti i suoi Membri; ed era la volta
di una coppia di aSposi d’oro»...: Amedeo
Grill e Fanny Beux celebravano il 50« anniversario del loro matrimonio.
Al culto intonato all’assistenza della
« Grazia di Dio » — il pastore porse ai
festeggiati gli auguri di tutti, ricordando
la testimonianza e l’esempio cristiani die
essi diedero alla Chiesa, oltre all’apprezzata collaborazione neH’opera del Signore
(U sig. Grill fu per ben 15 anni Anziano
del quartiere di Pinerolo-città). Una graziosa bimba offerse loro infine, all’uscita.
Il tradizionale mazzo di fiori.
lainiliare del pomeriggio nel1 incantevole quadro della natura alla
« ralcola», il pastore accentuò la, nota
della riconoscenza : « Io voglio ricordare
e benipiità deH’Eterno, considerando tut
to quello che rEternò ci ha largito »
- Domenica 19 luglio il culto sarà presieduto, D. V., dal Moderatore sig. E. Rostan, già pastore della nostra Chiesa.
Convitto MasohUe Vaidoso
Torna Pellico (Tonino)
^ giugno alla fine di settembre il Convitto di Torre PelHrp
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Dal 19 luglio in poi si accettano anche studenti che debbono «¡otite
sTonilTvig^ e di^Sone"^”
ulteriori informazioni rivolffersi al rfirAffnro -m
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BORA’
— Domenica prossima, 19 luglio, alle
ore 15, avrà luogo una riunione aWaperto
al Muraglione delle Fucine. Tutti sono
invitati a parteciparvi.
~ t)omenica 26 luglio, ore 15, Bazar di
Chiesa alle Fucine. Intervenite numerosi!
I nostri migliori auguri alla Signora
Tourn, moglie del nostro anziano Aldo,
per una pronta guarigione.
Siamo fraternamente vicini anche ad
Aldo Tourn del Roucas.
Dipendenza di Torre Pellice
Elenco assegnazioni di beneficenza per il
1959:
Torre Pellice: Asilo Infantile Valdese
L. 20.000; Casa di Riposo « S. Giuseppe »
per Cattolici vecchi L. 50.000; Opera Pia
Borsa dei Valdesi Poveri - Chiesa Evangelica Valdese L. 45.000; Opera Pia di
San Martino L. 40.000; Orfanotrofio Femminile Valdese L. 40.000; Ospedale Valdese
L. 50.000; Patronato Scolastico L. 65.000;
Scuola Statale di Avviam. Prof. « Leonardo
da Vinci » (Cassa Scolastica) L. 10.000;
Società di S. Vincenzo de’ Paoli - Conferenza « B. V. del Rosario» L. 20.000.
Angrogna: Opera Pia Borsa dei Valdesi
Poveri L. 10.000; Opera Pia S. Lorenzo
L. 10.000; Patronato Scolastico L. 10.000.
Bobbio Pellice: Patronato Scolastico Lire 10.000.
VMar PeUice: Congregazione Cattolica
di Carità L. 10.000; Patronato Scolastico
L. 10.000.
Totale L. 400.000.
Il Past. Roberto Nisbet ha presieduto,
domenica scorsa, il culto nel Tempio del
centro, in cui si comincia a notare lo sciamare di alcuni torresi e l’afflusso di un
buon numera di villeggianti vecchi e nuovi che sano lieti di vedere fra noi. Il
nostro grazie di cuore al Past. Nisbet per
la sua predicazione dell’Evangelo. Nel
cor.so del culto è stata battezzata la piccola .Miirm« Rivoircf di Lino e di Alice
Soulier (Inverso RolandiJ: il Signore sia
ringraziato per il Patto di grazia di cui è
stato posto il segno su questo tenero agnello del buo gregge.
Sabato 11 è stato celebrato il servizio
funebre della nostra sorella Paolina Rose
vt^. Thibault. « Giustificati per fede, abbiam pace con Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore » (Rom. 5: ì). '
La riunione di domenica pomeriggio,
alla Ravadera, ha visto raccogliersi un
buon gruppo di partecipanti; ricordiamo
le prossime riunioni (ore 15) il 19 ai Simonnd, il 26 alla Sea.
L’Unione dei Coppieri, con alcuni amici, ha compiuto domenica la sua gita annuale a La Thuile, spingendosi fino alle
cascate del Ruitor.
A Roniii la Coiiferonza
ài III Ristretto
(segue dalla 3® pag.)
si interventi hanno permesso alla fine di riportare la discussione nello
spirito del rapporto della Commissione sinodale, che, abbandonando da
una parte la polemica sterile e dall’altra le vuote illusioni, insiste sui
motivi fondamentali della nostra fede e della nostra testimonianza, motivi che per sè stessi ci differenziano
radicalmerite dal cattolicesimo romano, ma ci permettono di guardare
con serena fiducia, nonostante tutto,
all opera del Signore nella Sua Chiesa.
Gli altri argomenti citati nel rap
porto della Commissione distrettuale, rapporto completo ed esauriente
non hanno provocato interventi.
Abbiamo tralasciato di proposito di
parlare delle numerc-se questioni
formali trattate nel corso della Conferenza, in quanto molti delegati han
no avuto l’impressione che a questi
problemi, sostanzialmente secondari
si dedichi troppo del poco tempo concesso alle riunioni del «Sinodo regionale ».
La conferenza si è chiusa con la
nomina dei delegati al Sinodo: Sigg
Angiolillo (Roma), Bianconi (Rema)
Messina (Roma), Gay (Sampierdarena), con la riconferma della attuali commissione distrettuale e con la
approvazione di tre ordini del giorno
da trasmettersi al Sinodo.
In questi ordini del giorno si chiede che le diaspore siano uffìcialmen
te rappresentate nella Conferenza distrettuale, che venga proposta a tutte le Chiese una contribuzione a favore dei restauri dei locali di Rioma
nna e che venga esaminata la que
stione dei batte.simi cattolici di fan
ciulli effettuati senza o contro la volontà di uno dei due genitori. Infine
i partecipanti alla conferenza hanno firmato una lettera di augurio a’
Pastori Tron e Colucci, ammalati.
rep.
Redattore: Gino Conte
Coppieri - Torre Pellice
Tel. 94.76
Sede e Amministrazione
Editrice Claudiana
Torre Pellice • c.c.p. 2/17557
Tipografia Subalpina - s. p a
Torre Pellice (Torino)
Esperienze
alle
(continua dalla l.a pag.)
ambiente sano, morale, familiare (e
anche questo è vero). Ed ecco allora
fare ogni cosa per ottenere tutti questi scopi. Ci vuole lo studio biblico,
si, ma non troppo lungo! E poi ii
ping-pong, la televisione, e qualche
serata ricreativa. Ed ecco anche noi
sullo sdrucciolo di cui parla Don Milani...
E con questo anche noi non .siamo
inumani al punto di dire che ad es
la televisione non sia ima buona cosa se la si porta in montagna dove
non si ha assolutamente alcuna distrazione e quindi può aiutare a far
penetrare un po’ di modernità nel
paese ed a far conoscere in casi di
avvenimenti straordinari, quel che
succede nel mondo (non ci addentriamo in uria discussione sui prò
grammi televisivi che certo dovrebbero essere migliori per portare oltre
alle notizie anche un po’ di cultura).
F non neghiamo certo che anche
qualche buona serata ricreativa ed il
ping-porig tion siano utili ed anchi
giovevoli ai -fini dell’affiatamento e
del buon umore generale di giovani
ed adulti. Che diamine! Il cristiano
non è dopo tutto colui che va in giro continuamente vestito di nero e
con la cera lunga e mogia di chi è
sempre pronto a dire al vicino : « me
mento mori » ( ricordati che devi morire) !
Ma quando ci si accorge che non
si può tenere uno studio biblico che
duri venti minuti senza che già si
notino segni di noia, che mentre si
parla c’è chi adocchia già il tavolo
da gioco o si concentra pensando...
al modo più adatto di sgomberare
rapidamente la sala per potere poi
giocare ai « compagnons » od a qualche altro gioco del genere, allora è
meglio fare un taglio netto. Ma si
correrebbe il rischio di sentirsi dir.i
che non fa nulla per i giovani, che
non li si capisce e via dicendo. E
quindi le cose continuano come prima. Perchè non basta dire queste
cose apertamente. Anche in questo
caso è vero che le parole giovano
solta.nto a chi è partito da casa con
la disposizione d’animo che occorre.
* ♦ *
E se volessimo potremmo continuare ancora per molto tempo e quasi
scrivere un libro simile a quello di
Don Milani. Potremmo ancora parlare dell’esperienza che condividiamo
appieno della differenza tra poveri e
ricchi (differenza che si misura più
sui banchi della scuola che a denaro )
potremmo anche fare una caricatura
pastorali
Valli
•••
del Pastore factotum,ossia indaffarato in rnille cose e mille corse, ma dimentico dell’unica cosa necessaria,
figura più letteraria che reale, perchè
e anche vero che non possiamo trovare una figura del genere, almeno
nel senso così spinto, nei nostri ambienti; potremmo parlare ancora della mentalità comune che vede net
pastore colui che come diceva un
panettiere a quel nostro collega fran
cese, « deve essere per il bene ed andare d’accordo con tutti» (cfr. op. cit.
pag. 9). Potremmo anche iniziare un
lungo discorso sulle visite pastorali.
Ma sono cose che tutti sanno Se
con la presentazione di « Esperiénz.;
pastorali » di Don Milani con l’aggiunta di alcune note nostre saremo
riusciti non a suscitare un pandemo
nio (non è questo il nostro scopo), ma
a fare rifiettere un po’ tutti su ciò
che è essenziale per la nostra vita
religiosa, ne saremo felici. E sia chiaro che non è nostra intenzione trasformare le nostre chiese in associazioni cultuali semplicemente o in esperti del libro di catechismo. No!
terremmo soltanto richiamare i
crectenti isolati à non vivere lontani dai centri di culto come pietre
viventi sì, ma sparse in un cantiere
e quindi mutili finché non unite alfe altre per formare l’edificio spir;tuale di cui ci parla Taptostolo.
E soprattutto vorremmo che quel
li che stanilo lontano per abitudine
inveterata sia dagli altri credenti, sia
da quel che li può far pensare ad una
vita religiosamente vissuta, compren
daño che abbiamo redatto queste note non certo per giudicarli e nemme
no per metterli in ridicolo ma scio
per richiamarli. Sentiamo la loro as
senza e sappiamo che potrebbero auch essi avere una parola da dire non
soltanto quando si prega, non soltanto quando ci si riunisce per il culto, ma nel diuturno e logorante tentativo dei credenti di vivere una vita coerente all’Evangelo. Non ci lascino tribolare osservandoci o criticandoci: abbiamo bisogno di loro, del
loro aiuto perchè veramente le Valli
non siano abitate da una popolazione indifferente in mezzo alla quale
vive un’ecclesiola, ma perchè siano
tutte quante agitate dal soffio dello
Spirito che le fa vivere alla gloria
di Dio!
Bruno Costabel
Direttore: Prof. Gino Costabel
Pubblicaz. autorizzata dal Tribunale
di Pinerolo con decreto del 1-1-195,5.
MINISTERE
Cette paroisse de X qu’il fallait
forger (elle n a pas encore son autonomie d’ailleurs) m’a ensorcelé.
J’ai voulu ne repousser personne, ni
les socialistes ni les bourgeois; j’ai
mis une sourdine à certaines de mes
convinctions les plus profondes... Et
j ai réussi. Avec l’aide de Dieu ou
du diable, je ne sais! Quoi qu’il en
soit, je l’ai, ma paroisse — mais aus
Si elle m’a ”. J’en .suis prisonnier.
A force de me faire ” tout à tous
comme dit l’apôtre, j’ai fini par tuer
mon démon ”, mon ” génie
propre, ce qu’il y avait de meilleur
peut-être en moi! Voilà pourquoi
je ne sais pas si, dans mon oeuvre
de construction, le secours m’est venu de Dieu ou du diable. Faut-il sacrifier au ministère ses convictions
personnelles, en se disant que précisément elles sont personnelles et
n’ont rien à voir avec le Verbe éternel? Et .si elles sont d’inspiration divine, bien que les hommes les fassent procéder tout droit de Beïzébuth?
La ” prudence pastorale ” est-elle une forme supérieure de l’obéissance et de l’amour? Oui, est-elle
de Dieu ou du diable? Le ’’pasteur”
peut-il être un homme de Dieu?
A la longue, tout est devenu conflit pour moi. Parler, se taire? Quoi
que je fi.sse, je me le reprochais.,
parce qiu>, si je parlais, je le faisais
avec tant d’adoucissements que mon
témoignage avait perdu toute valeur,
et si je me taisais je savais bien que
( était une lâcheté... A lirai-je assez
de courage pour me libérer? Auraije assez d’amour pour me libérer
sans blesser?
Le pire c est que nous ne sommes
que quelques-uns dans l’Eglise à
ressentir ces conflits. Oh! quelle solitude! l’Eglise a le coeur à droite,
e! elle est tranquille. Il y a longtemps qu’elle a renoncé à .se faire la
conscience du peuple...
Marcel Bourquir:
{Ministère, Genève 1939, p. 181 ss)
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