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LA BÜO^A NOVELLA
GIORNALE DELLA EVANGELIZZAZIONE ITALIANA
Seguendo la verìtì iri'Ua l'ui llk
Ems. IV. 15.
PcrTuKiKO — Un Anno L. X.
Sei mesi • S.
Tre mesi • ».
Si dislriboisce ogui Veuerdì. — Per cadun Numero cenlesimi 10. — Per caduna linea d’inserzione cenlesimi 20.
Condiziont d’AffSoelazione I I le Associiiioiii si ricevono: in Tomaio airuni*lo del tilornalp, vìb Valciilino, ciiij
BtUora, N“ 12, 3» piano; e dai ■'ralrlli Planra lihrai, via II. V. degli Angeli, cu»a Poinlra.
— A (icnova, alla Cappella Vnidene, mura di S. Chiara.
Nelle prorinoie, presso tutli gli l'/pi’ii po»(n(i per metzo di Vaglia, elio dovranno eesere inviati
franco al Uireuore della Bio:«a Novella e non altrimenti.
AH'estero, ai seguenti indirizzi: Lu:<niiA,dui sigg. .Nisslieii e C. librai, 31 Borners-streM;
dalla libreria C. Meyrueis. rue Tronchet, a; Ni)(e», da] sig. Poyrot-Tinel libraio; I.ii.or;
dai sigg. Denis et Petil Pierre librai, me Neuve, I8; Ginevra, dal sig. E. Beroud libraio
LnnANXA, dal sig. Delafonuine libraio.
■ A domicilio L. <1 •
— .SS*
— ■ a »»
— Provi.'ccie L. « *U.
- • » »*.
Per Francia e Sviziera franco a deslinaiione, e per l’Inghilierra franco al confine lire t
per un anno, e lire C per sei mesi.
CHE COSA È IL PROTESTAMISMO?
IX.
Ora vogliamo rispondere a coloro che ci
chiedessero se noi abbiamo una politica. Sì, ne
pratichiamo una ed è la seguente; sommessione
intera a tutte le autorità esistenti, ai poteri di
fatto, i soli da noi riconosciuti, con questa
semplice e naturale riserva: che vai meglio obbedire a Dio che agli uomini nelle cose che
interessano la coscienza.
Ma qui fa d’uopo intenderci bene; la sommessione intera ai poteri di fatto non distrugge
mica nel cristiano i sentimenti nazionali e ì
diritti politici, fra i quali vi è pure quello dell’opposizione legale, quando il bene della patria
e dell’umanità lo richieda: il discepolo di Gesìi
Cristo, in mezzo alla società, adempie eziandio
un ufficio eminentemente civilo; il Cristianesimo è il riformatore degli uomini e in ordine
a Dio e in ordine alle attinenze che hanno fra
loro: Io non chieggio che tu gli tolga dal mondo
(dall’umaua società), ma che tu gli guardi dal
maligiwi Giot. XVII, 15. In secondo luogo
non credano i clericali di trovare nelle parole
vai meglio obbedire a Dio che agli uomini ecc.
un appoggio alla scandalosa guerra che fanno
al governo, alla nazione, alle leggi del nostro
Stato. Ubo dei loro giornali disse testò che t bi
ÌU>PEND1GE
CENNI STORICI
DELLA BIFORMA IN ITALIA
NEL SECOLO XVI.
IV.
Le dottrine di fra Girolamo, formolate a mo’ di
profeiie, erano queste :
■ Ecclesia Dei indiget reformatione et restauratione ;
■ Ecclesia Dei flagellabitur, et post flagella reformabitur;
• InGdeles ad Cbrìstuffl et fldem ejus coovertentur;
« Florentia flagellabitur, et post flagella renovabitur,
« Et prosperabit i.
Le quali dottrine rivestite della popolare eloquenza di frà Girolamo, rafforzale dalla grande
idea che il popolo s’era formato di lui, dimostrate
necessariedallecalamilà cheaffliggevan la Chiesa
e ia patria, non potevano che acquistargli numerosi e devoti partigiani, che tolsero il nome di
Piagnoni: e in pari tempo gli attirarono sul capo
la collera de’clericali e di quanti avversavano il
governo democratico; costoro spinsero la loro
persecuzione sino all’eccessu, e i loro anatemi
pon s’arrestarono aeramepo davanti al rogo che
sogna prima esser cristiani cattolici e poi cittadini piemontesi ; — che bisogna obbedire ai
padroni etiam discolis, ma che quando noi permette la coscienza fa mestieri rispondere un
non iicet». Queiraggiunto di cattolici significa,
sul labbro de’clericali, che bisogna considerarsi
prima sudditi del re di Roma o poi cittadini
piemontesi : inoltro, che cosa 6 mai la coscienza
loro? Chi non sa ch’ella è fatta a maglia, o per
lo meno, secondo la bella similitudine evangelica, è viziata come potrebbe es.sere l’occhio
del corpo? .Ma lasciamo staro i ministri del
papato; unicamente si rifletta che noi vogliamo
parlare di uua coscienza vera e non mendace,
illuminata e non cieca : e se (prima certamente)
c’incombe di obbedire a Dio e di essere per
conseguenza cristiani (non papalini), ciò non
vieta di considerarci eziandio come cittadini di
qualche nazionalità; e riguardo a noi in particolare, delle due nazionalità, piemontese e italiana, l’una subordinata all’altra, perchè la
piemontese è d’ordine inferiore all’italiana.
Nè credasi che il sentimento della nazionalità
sconvenga al cristiano, p6r l’idea cosmopolitica
rinchiusa nel Cristianesimo; imperciocché il genere umano, come tutti i generi e quindi tutta
la natura, soggiace alle due supreme leggi di
unità od uniformità e di inoltiplicità e distinzione. Di più, l’idea compiuta di nazionalità è
divorò le membra del loro formidabile nemico.
Grande è il numero degli scriltori che han
parinto di frà Girolamo Savonarola, e il loro
giudizio varia a norma delle simpatie o antipatie
d’ognuno. Alcuni lo hanno dipinto qual vero
apostolo di religione e di patria, caratterizzandolo siccome un martire, ed onorandolo del titolo di Lutero italiano; altri invece l’han considerato come [un sedizioso impostore che assumeva l’aria d’ispirato, e si spacciava in diretta
comunicazione col cielo, onde incitare il popolo
a sollevarsi contro le autorità civili ed ecclesiastiche di Firenze, e per tal modo soddisfare alla
sua sfrenata ambizione.
Nessuno però può mettere in dubbio che la
di lui vila fu pura, i costumi illibali, santi i
precetti, anzi dettali da un estremo rigorismo
evangelico, e il suo patriotismo straordinario.
Lo stesso san Francesco di Paola, 40 anni dopo,
ne fece un grande elogio, aggiungendo essergli
stato rivelalo da Dio che quel sanlo uomo fu oppresso dalla cabala e dall’invidia, e che le di
lui ceneri facevano miracoli; sao Filippo Neri,
sotto Paolo IV, ne raccomandò al papa la santificazione, ed altre due donne che nella Chiesa
cattolica sono in odore di santità, S. Caterina
un portato dolla civiltà cristiana; gli iiìiiiclil,
tranne il popolo eletto, non la conobbero, ossia
non ebbero nazionalità perfetta, nel senso cho
abbraccia tutta una stirpe o razza, perchò non
si formarono altro concotto dell unionn sociale
stabile, se non quello della famiglia e del municipio. Le nazionalità non sono ciTlo il com|iiniento dell’unità umana, ma il dogma cosmo politico le presuppone come un mezzo; elleno
sono un organismo fra|)posto Ira la città o la
tribìi e il genere umano: prima di passare nelle
.società profane, l’idea di nazione si svilup|)ò
nella Chiesa, creando appunto le Chiese nazionali o parziali che, insieme confederale spiritualmente, compongono la universale.
L'antichità ci offre un solo esempio di nazionalità completa, nel popolo d’Israele; esempio
tanto più illustre e rimarchevole, perchè unico
a’suoi tempi e in tutti i tempi unico |ier grandezza; cosa mirabile! ohe prova anch’essa in
modo stupendo essere stalo Israele il popolo
eletto, il popolo di Dio: e quale distanza fra
Moisè, diretto dallo Spirito divino, o i grandi
conquistatori, come Alessandro il .Macedone,
Giulio Cesare, Napoleone l! .Moisè ¡tose a base
del suo edifizio la nazionalità ebrea, e da questa uscì la cosmopolilìa cristiana, in quella
guisa che l’universalità umana usci dalla prima
coppia creata nelle origini. Ora noi troviamo
de’ Ricci e suor Domenica dui Paradiso, furono,
per testimonianza del Nerli,accerriino nemico di
Savonarola, entrambe fautrici di quesl'ullimo.
Frà Girolamo fu il predicatore più rinomato
de’suoi tempi; qualche volta la sua eloquenza
mancava d’eleganza e di metodo, ma in compenso
abbondava d’energia naturale e di sentimento.
E sia che propugnasse l’interesse del popolo contro la fazione avversa a' principii democratici,
sia che si facesse a stimmatizzare gli abusi e la
corruzione del clero, ed a proclamare il bisogno
d'una riforma ecclesiastica, il Siivon.irola era
sempre circondalo da numerosissimo uditorio,
che pendeva dal suo labbro come dal sanlo
labbro d’un profeta.
Come uomo politico, Niccolò Machiavelli ne
fa grandissima stima ne’suoi Discorsi sulla Deca
di Tito Livio-, e come riformatore alcuni gli
hanno attribuito le stesse dottrine, professale
dopo lui da Lutero, sulla giustificazione, sulla
comunione, sulle indulgenze e sulle tradizioni
romane. Ma non tutto ciò si ricava da' suoi scritti;
pare anzi che la riforma predicala da questo
celebre Frate mirasse più alla disciplina ed ai
costumi che alla parte dommatica.
{continua.)
2
l’accordo del cosmopolitismo colle nazionalità
nell’essenza stessa di questo, le quali, essendo
unioni di parti, mirano sempre all’unione universale, per la legge costante di natura che
ogni complesso inferiore tende ad una superiore
unità. Ma stando negli ordini politici si può
forse trovare il vincolo che stringa insieme le
varie nazionalità? Non lo crediamo; si dirà
consistere esso nel principio confederativo : sì,
conviene però cho anche questo lo si ricerchi
fuori della politica; in una sfera di cose affatto
spirituale, superiore a tutti gli interessi materiali degli uomini.
La religione è dunque la sola efTicace unificatrice, ed è al di sopra della nazionalità ; ma
se dalla nazionalità si passò alla cosmopolitìa
cristiana, come scorgesi nell’esempio del popolo
ebreo, avendo il Mosaismo preparato il Cristianesimo, è d’uopo concludere che la nazionalità
medesima sia una religione; e infatti olla nasce
dalla città e dalla tribù, e queste dalla famiglia,
in cui si trova lo stato patriarcale, il quale non
è altro che il germe del governo nazionale;
quindi la religione, ch’ò la comunione dell’uomo
col suo Creatore, è il principio e la base di
ogni comunanza. Ed ecco, per l’opera eccelsa
di Gesù Cristo, una piccola nazione, ristretta
nei limiti della Palestina, tramutarsi in religione
cosmopolitica e lo Stato in Chiesa. In Abramo
sono già state benedette tutte lo nazioni della
terra (Gen. XII, 3; XVIII, 18; XXII, 18;
XXVI, 4; XXVllI, 14); esso debbono distinguersi come nazioni, ma essere unite da una
.sola religione in una sola Chiesa o società spirituale, avente por capo il Cristo, l’unto del
Signoro, il sacerdote eterno, e in questo modo,
anche riguardo alla politica, rimano fermo il
principio che il Cristianesimo non sciolse la
logge mosaica, ma la compiè, sviluppandovi i
germi che racchiudeva.
A quale stato abbia ridotto la nostra Italia la
mancanza, o meglio, la perdita di questa idea
cristiana, unificatrice degli spiriti, ognuno può
vederlo da sò; l’Italia, come Israel, è divisa perchò ingannata da falsi profeti, caduta nell’idolatria e corrotta colla superstizione ; ha Sadducei che la rendono incredula; ha Farisei che
la materializzano; ha Samaritani che al cullo
sul monte sacro di Sion ne sostituirono uno
arbitrario sovra i monti profani di Homa; ha
finalmente Erodiani che la vogliono schiava dei
ro stranieri. V'è una generazione d’uomini ecc.
con quel che seguo; vedi Prover. XXX, 11,
12, 13, 14.
Ora, tornando alla prima idea del presente
articolo, è facile il mostrare la nostra obbedienza
ai poteri di fatto : da noi evangelici riscoutransi monarchie, repubbliche, aristocrazie,
democrazie ; e lo une e le altro, in genero
(perchò tutti gli uomini sono soggetti alle passioni) si mantengono pure, aliene da ogni eccesso, camminano saggiamente, con passo lento
ma sicuro, nella via del progresso, al lume del
Vangelo, senza conflitti, crisi, rivoluzioni e terrori.
I nostri principii evangelici escludono la forza
o la violenza. Cristo ci dico di ammaestrare e
battezzare tutte le nazioni : ed è questa semplice formola che distrusse il mondo antico
pagano, e piantò il cosmopolitismo cristiano;
formola che si adatta mirabilmente, per la ragione medesima che ha un carattere universale,
a tutte le differenti culture dei popoli, e all’indole varia delle nazioni. Ed ecco un’altra prova
cho il Cristianesimo ò del pari mondiale o nazionale, studioso di custodire e sollecito di
avanzare, eche riunisce in uno i caratteri delle
particolarità patriarcale e mosaica e del cosmopolitismo; o in altri termini, i caratteri nazionale ed umanitario. Infatti Gesù Cristo poso
come fondamento della sua dottrina sublime,
in ordine agli uomini fra di loro, la reciproca
benevolenza; e non prescrisse mica di amare i
compatrioti o il genere umano, che sono due
punti lontani l’uno daH’aUro, ma usò la parola
prossimo, la quale racchiude tutti i gradi di
prossimità o vicinanza, e di attinenze che corrono dall’individuo al genere umano nel suo
complesso, quali sono la famiglia, la tribù, la
città,la patria, le confederazioni di varii Stali ecc.
Un’altra osservazione si può faro in proposito:
Gesù Cristo parlava a tutti gli uomini ; se dunque avesse adoperato le parole patria e nazione,
egli avrebbe escluso dai suoi benefici insegnamenti e dalla sua grazia tutti coloro che per
condizioni naturali o accidentali non possedono
una nazionalità, una patria (nel sonso politico);
ma resta sempre cho per quelli che hanno questi
beni, il prossimo più vicino ordinariamente è
appunto il complesso dei compatrioti e nazionali :
quindi, s’è vero che la società fondata, da Gesù
Cristo è spirituale e cosmopolitica, ò pur vero
che il principio dolio nazionalità servo a stringere fra loro, coi vincoli dell’amore, lutti i popoli della terra, imperciocché nel loro aggregato
si possono considerare como altrettante individualità.
Il Cristianesimo adunque tendo ad unire il
genere umano o a fondare il vero cosmopolitismo; ma bisogna distinguerlo dal falso, com’é
inteso da alcuni umanitarii d’oggidì, i quali
nutrono un amoro astratto pei popoli e sentono
poco, per non dir nulla, le affezioni di patria e
di famiglia. Come si può credere che il cosmopolitismo cristiano, per islabilirvisi, abbia a
distruggere le nazionalità, cioò i grandi complessi delle stirpi umane? Non no vediamo la
necessità, poiché, ripetasi, tutta la creazione
ci mostra l’unità la più perfetta risultante dalla
varietà la più estesa : noi dunque pensiamo
che il sentimento e la libertà nazionale sieno
mezzi necessari per giungere al detto cosmopolitismo , in quella guisa cho dalle famiglie e
dalle tribù o municipii sorgono le nazioni e
sono gli elementi che le compongono.
Pur troppo si confondono insieme la religione
e la politica, lo spirituale o il temporale! e in
colesla confusione appunto consiste in gran
parte l’essenza del farisaismo clericale, tanto
che Dante chiamava Roma la capitale dei principi farisei (Epis. IV, I). Il Cristianesimo non
ha un solo fine, ma due; l’uno primario o religioso, l’altro secondario o civilo; ed unica è
l’azione di lui, spirituale. Questa è la sola forza
ancho negli ordini politici che valga a salvarli
dalla corruzione, o a fondare i veri Stati civili
o cristiani : dal lato poi religioso puramente, il
Crislianesimo stabilisce la Chiesa. Ora lo Slato
0 la Chiesa importano due ministeri distinti, il
civile e l’occlosiastico; distinti, perchè sebbene
gli uomini politici, per governar bene, abbiano
bisogno dello spirito cristiano, pure se indistintamente volessero intromettersi nell’esercizio
del ministero religioso, potrebbero guastarlo:
così egualmente chi si dedica per vocazione,
per aver ricevuto i doni necessari dello Spirito
Santo, al sacro ministerio, incorrerebbe nel pericolo di corromper se stesso e di compromettere
l’opera di Gesù Cristo, se abbandonasse lo scopo
primario del Cristianesimo, per dedicarsi al secondario, cioè al politico, siccome fa la curia
di Roma; i di lei costumi non sono mutali dopo
l’epoca di Dante, e Dante esclama ; — « I santi
padri intendevano a Dio, come al vero fine; ma
oggi i prelati intendono a conseguir censi e
benefizii ».
Ma dicendo cho lo Stato e la Chiesa hanno
uffizi distinti, non no viene che sieno oppugnanti fra loro; quindi i ministri della Parola
di Dio, anzi tutti i cristiani, veduti nella loro
qualità di membri della Chiesa, non cessano
per questo di essere cittadini, di possedere i
diritti nazionali ed averne gli obblighi correlativi; come viceversa, i cristiani, che non esercitano ministerio sacro diretto, non si devono
considerare cittadini soltanto e non partecipanti
alTatto all’azione religiosa, impcrciocchò, quali
discepoli di Gesù Cristo, hanno essi pure il
dovere di far progredire l’opera sua, di educare
ed instruire i fratelli, ognuno secondo le forze
proprie, e di salvare la religione dai falsi ministri di essa ; a ciò dovrebbero pensare una
volta i cattolici-rojnani.
IL REDENTORE
lì.
(^''edi num. 30 J
La venuta di Gesù Cristo era dal popolo
d’Israele positivamente aspettata, conformemente alle rivelazioni che in varie maniere ne
furono fatte. QueU’aspetlazione non cominciò
nei giorni tristi della cattività di Babilonia; ella
sarà divenuta sicuramente più viva allora, sebbene l’oppressione sofferta sia pure stata causa
cKe troppo si desiderasse un liberator temporale,'più che una redenzione spirituale. Nelle
epoche più splendide e gloriose della sloria
d’Israele, e sin dalla sua infanzia, quella bella
e cara speranza non mancò mai.
La stessa elezione di un popolo ebbe luogo
in milra della manifestazione di Cristo. Appunto
perchè fra gli altri popoli la speranza in quella
posterità della donna, che schiaccerebbe il capo
del serpente, svanivasi in una superstiziosa
credenza e favolose teogonie, Israele fu eletto
per conservar gelosamente la gran promessa,
cui tutte le nazioni della terra hanno la loro
parte. Mentre il mondo presta il suo culto al
mondo e s’allonlana da Dio, Israele deve essere
testimonio costante delle paterne cure del vero
Dio, e dividere poi cogli emendati fratelli l’eredità del Padro pjeloso che tulio ci largisce,
dandoci il suo divin Figlio. Tutta la storia di
quella singolarissima nazione d’Israele accenna
a Cristo.
I patriarchi furono uomini di fedo ; la stessa
loro vila raminga ne fa prova ; essi vivono dappertutto forestieri, finché non sieno in possesso
della terra promessa. La loro religione non con-
3
siste in una legge, bensì in una promessa, cui
fidano pienamente: promessa che al primo aspetto appar vicina e tutta temporale, che ha però
una portata pili alta assai, e piü estesa. Una
posterità ed una terra promette Iddio ad Abram:
quella posterità ei se la vede già miracolosamente
data in Isaac, ma però in Cristo soltanto, in cui
tutto le nazioni della terra realmente sono state
poi benedette, b totalmente compiuta la promessa
divina : la terra di Canaan non fallisce ai figli
dei patriarchi; ma soltanto in quei nuovi cieli,
e quella nuova terra ove la giustizia abiterà,
ove Cristo regnerà in persona, saranno riuniti
tutti i figli d’Abram, tutti i veri credenti.
La famiglia diventata popolo abbisognava di
una costituzione. Dio volle che questo suo popolo eletto fosse costituito in tale maniera che
si conservasse distinto da ogni altro, come
quello che gli ò consécralo e sanlo. Il qual fine
conseguivasi di leggieri col governo teocratico,
quale si ebbe in principio, cioò col governo
immedialo di Dio, o almeno per mezzo d’inviati straordinarii, quali furono i giudici. Con
ciò era più facile si mantenesse la conoscenza
di Dio, e si rimovesse ogni culto d’idolatria.
E lale era il primo punto essenziale, onde il
Dio redentore potesse poi essere conosciuto e
ricevuto con fede allorché apparirebbe. — Ma
ciò non bastava. Nonostante la conoscenza di
Dio e della sua legge, pur erano gli Israeliti,
al pari degli altri uomini, peccatori, bisognosi
di perdono e di riscatto; e doveano esserne
accorti, e doveano sentir quel bisogno, onde
non lasciassero scorrere la grazia che verrebbe
loro manifestata. A lale uopo si presenta ad
ogni tratto la distinzione tra cose sacre e non
sacre, e più direttamente ancora son destinati
i riti di purificazione, cui lutti sono assoggettati,
ed i varii sacrifizii che tutli, non escluso il
sommo sacerdote, debbono offrire pei loro propri peccati.
Doppio adunque appare il fine di tutla la
mosaica costituzione; cioè di mantenere il culto
del vero Dio, e con quel culto stesso di preparare la venula del Redentore.
Gli ordinamenti civili inculcano il sentimento
della presenza e della sovrana autorilà di Dio;
i comandamenti della legge morale danno conoscenza del peccato come di malvagia offesa a
Dio; ed i riti sacri servono di confessione del
peccato e di provvisoria espiazione del medesimo.— Il tutto poi, per la stessa insufficienza
di quegli ordinamenti a produrre reale santità
e pace perfetta, giova a far desiderare Colui
che è il fine, ossia il compimento della legge
in giustificazione d’ogni credente.
Nè la legge fu l'unica preparazione alla venuta del .Messia; alla profezia era specialmente
riserbato di chiaramente delineare tutte le cose
che riguardano il medesimo.
Se uffizio del sacerdote è quello di rappresentare il popolo presso Dio, uffizio del profeta
ò quello di rappresentare Dio presso il popolo.
Esso è interprete dei voleri di Dio; esso esorta
popolo e re e sacerdoti ; spiega la legge, e richiama all’osservanza della medesima; ed inoltre egli porla nuovi oracoli o descrive le cose
avvenire, quali gli son da Dio presentate. I
profeti non sono indovini ; son modelli di virtù
ed organi eletti della divina sapienza per am
maestrare il popolo in verilà, e segnare la via
a Colui che deve essere la luce del mondo.
L’antico Testamento è lutto intoro opera di
profeti; e tant'è che per convincersi che Gesù
Cristo ò il Redentore, che ò Dio, conviene studiare le loro Scritture. Il libro sacro degli Ebrei
è pur divenuto proprietà dei Cristiani; perchè?
perchè nel vecchio come nel nuovo Testamento
troviamo Gesù Cristo, la cui venuta per la salvazione degli uomini tanto non tardò, se non
perchò le genti doveano liberamente percorrere
le loro vie, prima che egli si rivelasse.
(Continua)
MARTIN BOOS
Curato io Germania.
Avendo nominato questo fedele confessore di
Gesù Cristo (Vedi Buona Novella num. 30) ci crediamo in debito di offrire ai nostri lettori un
breve sunto della sua vita.
Martin Boos, in poche parole, abbandonando
la Chiesa dei papi ed entrando in quella di Gesù
Cristo, ebbe a sofferire le persecuzioni che ogni
cristiano vivente dee subire, in tempi soprattutto
di tenebre e di morte spirituale; fu scacciato .di
luogo in luogo; spesse volte messo in prigione,
come pubblico nemico ; dovette sostenere lunghe
discussioni elette con giudici, con avvocati, con
preti: ma nulla valse ad abbattere la di lui fede.
Dai seguenti particolari tolti da una sua lettera
si potrà meglio giudicare a quali prove fu Boos
sottoposto.
« Tu dici che la mia vita è un lento e lungo
martirio: hai ragione. Nella mia giovinezza erano
i peccati che mi martoriavano, e per lunghissimo
tempo io non conobbi altro salvatore che me
stesso. Quando più tardi ho trovato il solo Salvatore, il quale mi liberò dalle colpe, fui tormentato dai concistori e dal popolo, di spirito
giudaico e formalistico: essi volevano involarmi
la fede e il mio Salvatore per la paura, per le
dispute, per gli sfratti, e simile tragedia seguita
ancora. Aggiungi a questo l’inferno del mio proprio cuore, ch'è malvagio, presontuoso, assurdo,
pauroso, pronto a disperarsi. E un miracolo
s’ancor vivo ; io mi trovo oltre modo vecchio, eppure cominciasoltantoii miocioquantesimoanno.
Mi sono imposte pene infinite per vivere santamente; per anni interi, anche durante i rigori
del verno, io dormii sul duro e freddo pavimento,
lasciando vuoto il letto; mi flagellai sino al sangue ; ho patito la fame per dare il mio pane ai
poveri ; passai tutte le mie ore d’ozio nella chiesa
o nel cimitero: mi confessai e mi comunicai
quasi ogni settimana. Voleva assolutamente vivere delle mie buone opere e de’ miei buoni costumi; ma qual vita era dessa I Ad onta di tutta
la mia santità, io piombava sempre più nell’egoismo; era triste, angoscioso, mille scrupoli mi
tormentavano. Questo gran santo ch’io era gridava sempre nel suo cuore: me infelice, chi mi
libererà! E nessuno mi rispondeva,—la grazia
di Dio per Gesù Cristo. —Era malato e nessuno
mi offeriva la pianta che sola guarisce e che si
chiama — il giusto vive di fede. — Alla fine,
quando mi fu recata e che mi trovai meglio, il
mondo intero accorse a me colla sua erudizione
e colla sua dignità ecclesiastica; voleva farmi
credere che avessi mangiato de) veleno, vomitato
del veleno, avvelenato ognuno; che quindi bisognava scacciarmi, imprigionarmi, appendermi,
annegarmi, ardermi. Io non conosco uomo più
pauroso di me, e tuttavia, povero coniglio, sono
oggetto di terrore per tutto il mondo. Amerei
sopra tutto essero oscuro, tranquillo; invano,
rOriente e l'Occidenle mi conoscono. Ecco in
poche parole il corso dcH'iiitera mia vita. Allorchi’- sarò morto, dirai por parto di me al mondo,
che lo saluto e che non volli dargli altro semplice per tutti i suoi mali cho questo: il ijivslo
vive di fede; che tal orba medicinale fece del bone
a me e a molti ; e che se non si ebbe fiducia ni^
in me e neppure nel mio rimedio, la colpa nou è
mia; che sperimentai quant’essi la credenza di
potersi salvare da se medesimi; ma che poi ho
trovato in un vecchio scritto che noi siamo giustificati e salvali a nome di Cristo, per grazia,
senza che la meritiamo , e che sono morto in
questa fede. Che se ciò non piace loro, ch'esperimentino di passare a guado il vasto oceano del
mondo senza affogarsi ».
Le Glaneur Savoyard, da cui togliamo i particolari della suddetta lettera, ci narra che Boos
fu perseguitato in ispecie per la dottrina della
giustificazione per la fede; e che riguardo alla
sua condotta, i di lui avversari i più violenti dovettero riconoscere ch’ell’era irreprensibile (por
quanto può esser tale iu un figlio di Adamo),
ch'era ardente il suo zelo, profonda la sua umiltà,
assoluto il suo rispetto per le autorità. Di più
ancora, Boos trovò nei tribunali medesimi e fr.i
gli alti dignitari ecclesiastici e giudiziari, de’ fervidi difensori e seguaci. Egli sino alla fine della
sua vita andò in giro di luogo in luogo, sempre
assalito dai nemici del Signore, e sempre difeso
dagli uomini fedeli e diritli di cuore; predicò
dovunque e con verità l’Evangelio di Cristo, e fu
per moltissimi istrumento di salute; infine manifestò sempre con sommo coraggio quant'egli ere.
dette necessario di proclamare, ed ha comprovato
la,.verità di queste parole, che « il giusto ha dei
mali in gran numero, ma che l’Eteruo lo libera
da tutti >.
Un generale devoto della TIiMloiina
«d nn capitano devoto di Gesù Cristo.
Giorni sono ¡'Armonia esaltò la fede aH’Immacolata Coticezione del generale Vergò. Infatti,
dietro sollecitazioni di madama Vergè e sul punto
di correre all’assalto del Mamelon Vert, in Crimea, il generale fece voto di riconoscere il dogma
dell'lmmaeolata Concezione, se fosse ritornato
sano e salvo dalla battaglia ; e cosi fu. È una
vera disgrazia, come osserva il giornale Archivet
du Chritlianisme, che l'armata intera non impieghi questo mezzo cosi semplice e cosi efficace ;
avremmo delle battaglie senza morti e senza
feriti.
Or noi registreremo qucst’altro fatto, occorso
pure sui medesimi campi di morte. Il capitano
Lyons, sul fior degli anni, rimase ferito crudelmente, per.modo che andava grado a grado perdendo le forze e la vita, a seconda che il sangue
usciva quasi a goccia a goccia dallo sue vene:
pure egli ebbe la forza di sofferire così lunga
agonia, seuza esternare mai nè un lamento, nè
il più lieve atto d’impazienza. E chi gli comunicava tal forza? La viva fede in Gesù; mori confessando agli amici ch’egli conosceva Cristo da
più anni come suo Salvatore, ch’aveva adempiuto
agli obblighi verso la patria sua, ch’erasi riconciliato con Dio e non*temeva la morte.
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PIEMONTE E ROMA
Alcuni giornali fecero cenno di un articolo
della Quarterly Rewiew, attribuito alla penna
di sir G. Gladstone: ne riportiamo i due seguenti passi, dai quali si può giudicarne lo
spirito:
« I risultamenti della politica interna del Piemonte sono notevoli, ma il modo con cui esso è
giunto a così fatti risultamenti è ancor più notevole. Tra varie fortune, fra i selvaggi baccanali
del 1848, come fra la depressione prodotta dalla
reazione che troppo naturalmente segui il suo
corso, noi abbiamo veduto un re ed un popolo
procedere di accordo , senza temerità e senza
paura, facendo intuitivamente la scoperta delle
insidie che l’anarchia o l’assolutismo collocavano
sulla loro via, con lo sguardo deliberatamente
fissato sulla meta del perfezionamento civile, e
col piede giammai vacillante nel procedere verso
quella meta. La loro istoria durante questi ultimi
sette anni cosi pieni di eventi reca in abbondanza
gli indizi di un carattere nazionale ad una volta
audace e maschio, circospetto e solido : e gli
urti interni di questi anni, che sono i primi della
libertà della Sardegna, sono stati poco maggiori
di ciò che poteva aspettarsi dall’opera ordinaria
del più antico e meglio ordinato governo costituzionale. In queste condizioni di cose la vocazione del Piemonte ha assunta una importanza
che non è soltanto domestica ma italiana, e che
non è neppure soltanto italiana, ma è europea ;
e perchè il Piemonte abbia a compiere un destino, che è di non comune elevazione, niente
altro si richiede, fuorché la sua politica domestica ed estera abbiano sempre ad esser governate in qualsivoglia futura emergenza da quello
spirito medesimo, che con si prospero successo
ha informato finora le sue leggi interne e le sue
istituzioni.
€ Dall’altro canto che cosa diremo noi di Roma,
l'assalitrice del Piemonte? Potrebbe supporsi
che i consiglieri del papa trovino abbastanza da
fare in casa propria e per essi e per lui, poiché
essi ci porgono lo spettacolo straordinario e forse
senza esempio di un sovrano e di un governo
non solamente sostenuti da armi forestiere, ma
senza partito od amici fra i proprii loro sudditi,
tranne quelli che sono immediatamente interessati all’ordine di cose esistente. I vani sogni che
nacquero all’epoca della esalt^ione al trono del
buono ma instabile e di mal fermo giudizio Pio IX,
si sono infelicemente dileguati. É stato fatto l’esperimento della impossibilità di associare la libertà civile col gòverno temporale del papato.
La condanna del potere temporale del papato è,
secondo ogni apparenza, suggellata, e la data
della sua fine può essere fissata non più tardi del
giorno in cui sarà tolto il duro giogo della dominazione straniera ».
NOTIZIE RELIGIOSE.
Torino. — Ad onta delle minacce dell’alto
clero, i parrochi generalmente accettarono le congrue dal governo: tal fatto, unito a quello della
massima indifferenza con cui le popolazioni dello
Stato tollerano gli insulti e i continui eccitamenti
alla ribellione del partito gesuitico, determinò i
vescovi, onde alla meglio oceultare la sconfitta
loro, a far venire da Roma il permesso papale,
resguardante appunto l’esazione delle dette congrue. Questo permesso giunse accompagnato dalla
scomunica, la quale destò l’ilarità universale;
eccone le-precise parole :
« Con incredibile dolore del nostro animo siamo
costretti dichiarare, che tutti quelli che nel regno
di Piemonte non paventarono proporre, approvare, sancire i predetti decreti e la legge contro
i diritti della Chiesa e della Santa Sede, non che
i mandanti, i fautori, consiglieri, aderenti, esecutori, sono incorsi nella scomunica maggiore, e
nelle altre pene e censure ecclesiastiche, che
sono inflitte dai sacri canoni e dalle apostoliche
costituzioni dei concilii generali, e specialmente
di quello di Trento ».
Ciò non è che la conclusione dell’allocuzione
papale: questa è poi nel suo complesso un tessuto di lamentazioni e d'ingiurie.
Sardegna. — Corre voce ohe al convento di
Oristano, in occasione di certa festa, un povero
contadino, che aveva sete, andò per estinguerla
alla cisterna dei frati, e che uno di loro gli vibrò
sulle spalle un forte colpo di bastone che lo fece
stramazzare. S'è vero, non occorrono osservazioni, soltanto diremo che il titolo soprascrìtto
veramente non corrisponde al fatto, essendo la
notizia tutt'altro che religiosa.
Svizzera. — A San Gallo il governo ha espulso
dal Cantone il vescovo di Rottenburg, ch’era ai
bagni di Rorschach; ha reclamato presso il governo Grigione contro il vescovo di Coira; ed
ha interdetto l’ingresso in San Gallo al dottor
Allioli, vicario del capitolo di Augusta. Tali
atti hanno per motivo le pubblicazioni di questi
prelati contro la legge confessionale.
Crimea. — Il tempio dei zappatori. — I zappatori del genio inglese eressero un tempio nel
loro campo dinanzi a Sebastopoli, con gabbioni,
fascine, sacchi di terra ed altri materiali d'assedio;
le scale d’assalto sostengono il tetto, e i panconi
che devono servire ad oltrepassare le fosse del
nemico, sono trasformati in sedili pei convalescenti. 11 culto vi,è celebrato regolarmente, ma
spésso lo scoppio degli obici e il fischio delle
palle che passano al di sopra del tempio, senza
colpirlo, per un istante cuoprono la voce del
predicatore, nè punto nuocono all'attenzione degli
uditori, abituati da lungo tempo a simili interruzioni.
Stati Uniti. — La libertà individuale protetta
contro il cattolicismo-romano. Il Timet, giornale
di Connersville (Indiana) narra il fatto seguente;
Un’orfanella di 17 anni circa, e da quattro anni
divenuta protestante, stava per essere tratta a
forza in un convento dai suoi zio e zia. Le autorità di Connersville, dove la giovanetta viveva
col proprio lavoro, intervennero a tempo onde
prevenire le misure di violenza che il zio cattolico-romano voleva impiegare per farla ricredere
de’ suoi errori.
—I cattolici-romani sottomessi aldiritto comune.
— Lo Stato di Nuova-York ha promulgato una
legge che toglie i beni ecclesiastici dalle mani
de’ preti e li colloca sotto il sindacato di commissari laici: l'opposizione fatta dal vescovo Hugue servi a sollecitarne la votazione e ad accrescerne la maggioranza. Lo Stato di Massachussets incaricò una commissione, presa nel seno
dell'assemblea legislativa, di visitare un convento
ed impose a tutte le instituzioni cattolico-romane
la stessa pubblicità ch’esiste per le protestanti.
La Pensilvania segue la medesima via adottata
da tutti gli Stati dell’Unione. Ciò ch’è rimarchevole si è che molli cattolici-romani favoriscono
queste tendenze.
— É morto il generale Guglielmo Pepe, nato
a Squillace, nelle Calabrie, l'anno 1783. Giovanissimo cominciò la sua carriera militare a Napoli nel 1799 e la compiè nel 1849 a Venezia,
combattendo per l'indipendenza italiana. Egli
avrà nella storia un posto distinto anche per le
belle qualità dell'animo suo.
BOLLETTmO POLITICO.
Si parla molto dei grande malumore che regna
nella popolazione e nell’armata del regno di Napoli, e dei timori del governo austriaco di una
nuova rivoluzione in Italia.
— A Londra lord John Russell provocò l'attenzione del Parlamento sull’ltslia e sulla sua
occupazione per parte di truppe straniere.
— A Vienna si aspetta quanto prima il bombardamento della torre di Malakoff.
— Qualche corrispondenza dalla Crimea dico
che la generale opinione dell’armata è in favore
di una separazione delle forze alleate ; i Francesi
avrebbero a proseguire l'assedio, e gli Inglesi
coi Turchi e i nostri avanzarsi nell’aperta campagna.
AVVISO.
'Molti giornali dello Stato ed esteri parlarono
già deU’incendio di Chamounix, per cui tante
famiglie rimasero prive di ogni suo avere: i
danni ascendono forse a 500 mila franchi. Chi
desidera concorrere all’opera caritatevole di sollevare questa disgraziata popolazione, non ha
che ad inviare le oblazioni al municipio di Chamounii.
«iraas* DvmeMlv* gereat«.
Nuovo Giornale uscito in Genova, intitolato
FOGLIO SETT1MA.\ALE
DI SeieiiKe Moroll e Naturali — di lietMratura e Arti Belle«
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Per Genova, tre mesi . . L. 3 — Un anno L. 11 —
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Ciascun Numero Cent. 40.
Avrertente
Il foglio sì pubblica o^i sabbato. GU abbuonamenti si
pagano anticipati, e sì ncevono aU'Ufficio del Giornale in
questa Tipografia. vìaS. Donato, N« 39. — Lettere, pieghi,
reclami, ecc. si dirìgano franchi alia Direzione del Giornale.
Le inserzioni Cent. 30 la linea.