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ECO
DELLE VALLI VALDESI
Pastor9
T5CIA ALtEflio
ANGKOOWA °
«Torino)
Sellimanale
della Chiesa Valdese
1 Anno 98 - N. 6 1 1 UnacopialireSO | . Í Eco: L. 2.500 per Tinterno l Spedizione in abbonamento postale . I Gruppo bis •ABBONAMENTI { , , t- . r u- j- • j- • i ■ en 1 L. 3.500 per 1 estero Lambío di indirizzo Lire 50 1 TORRE PELLICE - 9 Febbraio 1968 I 1 Ammin. Claudiana Torre Pellice ■ C.CJ*. 2-17557 |
VERSO LA CHIESA DI DOMANI
Il documento che pubblichiamo
qui sotto, e sul quale ci permettiamo di attirare l’attenzione dei lettori, è stato redatto in tempi recenti da un sacerdote cattolico,
tuttora all'opera in una parrocchia italiana. Avendolo udito leggere nel corso di una riunione di
amici, cattolici e protestanti, abbiamo scritto all’Autore chiedendogli la facoltà di pubblicarlo sul
nostro giornale. Egli ha fraternamente consentito e gli esprimiamo
C[ui la nostra viva gratitudine.
Questo documento, come i lettori constateranno, è destinato ai
cattolici ed è loro proposto come
« Appunti (riservati) per la riflessione e la discussione ». Ma ci è
parso che per svariati motivi, questi « Appunti » riguardino da vicino anche n«ji evangelici; ecco perchè essi compaiono ora sulle nostre colonne.
Precisiamo subito, a scanso di
equivoci, che pubblicando questo
promemoria fortemente critico nei
confronti della Chiesa romana.
non intendiamo affatto alimentare
un certo farisaismo protestante
che sempre serpeggia nelle nostre
chiese e in noi stessi. Sarebbe oltremodo spiacevole se, dopo aver
letto quanto scrive questo sacerdote cattolico « in un momento di
dibattito soffertissimo » che egli
stq vivendo con la sua comunità
(come ci ha scritto in una lettera
personale), i lettori provassero solo un senso di compiacimento
confessionale. Criticare la Chiesa
romana non significa incensare le
Chiese evangeliche (tanto più nella loro presente condizione). Se
pubblichiamo questo scritto non
è dunque per rinfocolare il battibecco confessionale o per far rivivere uno spirito di sufficienza,
che dev’essere per sempre sepolto.
Il valore di questo documento
ci sembra essere duplice.
In primo luogo esso ripropone
coraggiosamente quella alternativa tra l’istituzione romana e
l’Evangelo di Gesù Cristo, che i
Riformatori del XVI secolo ben
conoscevano e che l’oppio di un
certo ecumenismo (quello che, nel
nostro tempo, va'per la maggiore)
sta facendo dimenticare, non si sa
ben in nome di che cosa. È veramente significativo che debba essere un sacerdote cattolico (che
— per quanto sàppiamo — non
sta affatto pensando a entrare nelle nostre file) a dirci e insegnarci
di nuovo cosi’ che un protestantesimo non farisaico nè isterico
ma semplicemente cosciente dovrebbe sapere, e{,che invece non
sa più o non osa più dire, e di
fatto queste cose non le dice, anche qui non si sa* bene in nome di
che cosa. Noi crediamo che queste
cose vadano dette: e siamo grati
a Dip se, mentre il protestantesimo non sa o non, vuole più dirle,
sono dei cattolioji a dirlo. E questo — chiunque lo capirà, se vuole — non per portar acqua al mulino protestante, ma unicamente
perchè sia resa testimonianza a
certe verità elementari e fondamentali dell’Evangelo.
Ma il valore màggiore di questo
documento ci pare risieda nella
visione della « vera Chiesa di Gesù », intesa come « la comunione
delle comunità dei credenti sparse
per il mondo e nascoste nel mondo come fermento, unite all’interno dagli stessi sentimenti di Cristo Gesù (Filippesi 2: 4) e tra di
loro dalla fede nell’ Evangelo »
(punto 4). Questo è a nostro .avviso il punto saliente del documento e qui appare anche la sua rilevanza ecumenica. La Chiesa una
di domani, la Chiesa ecumenica
che speriamo si profili un giorno
all’orizzonte della storia, non potrà essere altro che questa rete di
comunità di fratelli, in cui l’Evangelo è vissuto nella sua semplicità
(se così si può dire) originaria. Noi
crediamo che la Chiesa ecumenica
potrà sorgere solo col sorgere di
un nuovo tipo di comunità cristiana: nuovo non rispetto all’Evangelo ma rispetto alle chiese come
sono oggi (comprese le nostre).
Perchè questo possa avvenire è
anzitutto indispensabile che tutte
le chiese ritornino all’essenziale.
al po’ di lievito che fa lievitare
tutta la pasta, al granel di senape
nascosto nella terra. È necessario
che le chiese storiche siano ridimensionate, che l’albero cristiano
sia potato. È necessario che mentre il Vaticano II inneggia alla
« crescita » della Chiesa, si preghi
invece per la sua « diminuzione »,
nel senso della parola del Battista: « bisogna che egli (cioè Gesù)
cresca, e che io diminuisca » (Giovanni 3: 30).
Come si vede, gli interrogativi
che questo documento pone indirettamente anche alle nostre chiese sono seri e precisi; sono le nostre chiese vere comunità di fratelli, « unite all’interno dagli stessi sentimenti di Cristo Gesù » ?
Sono esse « nascoste nel mondo
come fermento »?
Ci fermiamo qui. Il nostro discorso è già troppo lungo. Il documento qui pubblicato è di quelli
che rendono quasi superfluo ogni
commento. Esso parla da sè.
Paolo Ricca
1 ) li problema nasce da un'esperienza di libertà interiore :
Dio m'interpella nell'amore e aspetta una risposta d'amore.
Rispondere a Dio significa rispondere, con scelte evangeliche,
alla situazione storica in cui vivo. La risposta è personale, ma
le scelte vengono fatte assieme alla comunità la quale interroga simultaneamente l'Evangelo e i segni del tempo. E' una
scelta, quindi, liber.a e responsabile, fatta secondo una coscienza personale e comunitaria che è stata liberata dalla « maledizione della legge » e che deve vivere « in quella libertà a cui
Cristo ci ha resi liberi, senza lasciarsi imporre di nuovo il giogo deli:; ;schiavitù » da una falsa autorità religiosa ( Gaiaii 3: Ì3, 5:1).
2) E' un problema, quindi, teologico. Noi abbiamo un solo
Padre, Dio. Abbiamo un solo Maestro, un solo Sacerdote, un
solo Mediatore ( Lettera agli Ebrei ) : Cristo. La potestà di Dio
è in rapporto diretto col popolo di Dio che vive animato dallo
spirito di Cristo e che, essendo il « corpo di Cristo », eredita
le prerogative del suo unico Signore. Nella Chiesa, oltre alla
mediazione svolta da Cristo e dalla croce, non c'è altra mediazione svolta da persone ( papa, vescovi, preti ) o da cose
(«sacramenti»). Ogni attività svolta nella Chiesa è un servizio affidato dalla comunità secondo le attitudini personali di
ciascuno (I Corinzi 12). L'intera Chiesa è «stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo che Dio s'è procurato perchè annunci le sue grandezze» (I Pietro 2:9). L'intera Chiesa,
quindi, in assemblee presiedute da un credente qualsiasi, celebra la memoria della Cena del Signore ; l'intera comunità
esercita il ministero della riconciliazione (Giovanni 20: 19-24;
efr. Luca 24: 33-36).
3 ) La Chiesa romana è costituzionalmente infedele all'Evangelo. Cristo, con la sua croce, ha abolito la croce co'Stituita dall'asse verticale delle autorità religiose e dall'asse orizzontale dei segni sacramentali. Egli voleva stabilire l'incontro
con Dio in cuori aperti nella fede e nell'amore. Invece, la croce
della legge — con l'autorità sacerdotale e col ritualismo ester
— è ricomparsa nella Chiesa romana che ad essa ha di nuovo crocifìsso l'uomo che cerca il Dio di Abramo.
4) La vera Chiesa di Gesù non è una realtà sociologica
strutturata come le società temporali. E' la comunione delle
comunità dei credenti sparse per il mondo e nascoste nel mondo come fermento, unite all'interno dagli stessi sentimenti di
Cristo Gesù (Filippesi 2: 4) e tra di loro dalla fede nell'Evangelo.
5) La nostra situazione è identica a quella del discepolo di
Gesù che pensasse di seguire l'Evangelo restando nelle strutture dell'antica religione israelitica, obbedendo ai sacerdoti del
tempio e ai farisei. Anche a noi viene chiesta quella stessa conversione che è passaggio dalla schiavitù istituzionale alla libertà. Restare nella Chiesa romana significa tradire l'Evangelo.
6) A chi dice che la nostra presenza nella Chiesa romana
può farla gradualmente evolvere, rispondo:
I. Non si tratta di evoluzione d'un corpo vivo ma ammalato, bensì di distruzione d'una realtà strutturalmente peccaminosa.
II. E' impossibile che durante la nostra esistenza vediamo la gerarchia autodistruggersi. E noi dobbiamo vivere qui
e ora.
III. Per il cristiano, l'efficacia coincide con la fedeltà alI Evangelo, perlomeno la suppone. E l'Evangelo esige chiarezza di comportamento : « Sia il vostro parlare ( anche con la
'«ita ) sì se è si, no se è no ».
IV. Il nostro gradualismo è connivenza col trasformismo
che caratterizza la strategia adottata da Paolo VI. Sotto un linguaggio nuovo e uno stile più duttile, sta avvenendo una restaurazione dell'autoritarismo e del temporalismo pre-giovannei. Adeguandosi al neocapitalismo. Paolo VI ha inaugurato il
neotemporalismo.
V. Nel mondo eontempiì^nèa, la Chiesa romana è un
fenomeno puramente provinciale : su 3 miliardi e mezzo di
uomini, essa ha 500 milioni di cattolici anagrafici, la metà dei
quali vive neH'America latina. La Chiesa romana è viva perchè
sta in contatto coi vertici politici internazionali ( USA, URSS,
ONU ) e perchè fa leva sulla superstizione popolare. Quanto
durerà il sottosviluppo culturale dei popoli? Storicamente, ha
senso lavorare dal di dentro perchè essa si evolva, mentre deve non evolversi ma estinguersi, e mentre ci sta pensando la
storia del progresso umano a sopraffarla?
7 ) Il compito del cristiano che vive oggi è duplice :
I. Unirsi a tutti coloro che lavorano per la crescita della
libertà e della dignità dell'uomo.
II. Vivere e testimoniare l'autentica Chiesa di Cristo, in
piccole comunità libere disperse nel mondo.
Molti segni mi fanno pensare che un sempre maggior numero di cristiani si orienterà in questo senso, non dando alla
Chiesa romana neppure quell'importanza che le dava Lutero
polemizzando con essa. E' un fenomeno nuovo nella storia. Lo
sviluppo d'una coscienza pluralistica a livello civile favorisce
quest'orientamento che mi sembra sia l'unico e sia — ripeto —
ineluttabile.
8 ) Forse un « laico » può personalmente non sentire la
schiavitù che impone la Chiesa romana. Per il « prete » è essenzialmente diverso, lo mi trovo sempre più a disagio nel predicare, nell'amministrare i « sacramenti », nel mantenere rapporti con la gente. E' un disagio di coscienza : parlo e agisco
in contraddizione positiva con la mia fede.
Non solo : già in quanto « don », io dò pubblica testimonianza a favore d'una Chiesa che ritengo nemica dell'Evangelo.
Diverse persone mi hanno detto : « Codesto tuo pensiero è in
contrasto con Roma : perchè non vai via, per coerenza con te
stesso e lealtà col vescovo? ».
9) Non credendo che Cristo abbia istituito il «sacerdozio
ministeriale e gerarchico », considero me stesso un laico. Perciò i valori laici, i valori umani crescono d'importanza dentro
di me. Sento sempre di più il bisogno di realizzarmi come
uomo uguale agli altri. Guardo quindi alla mia situazione con
immensa sofferenza :
I. A impegni professionali dei quali non voglio fare a
meno, accumulo impegni clericali sovraccaricandomi di lavoro.
I « laici » che sono stanchi dopo aver fatto il loro lavoro « laico » potrebbero immaginarsi cosa intendo dire.
II. Vivo in un celibato che non ha senso finché, eventualmente, io non lo riscelga senza costrizioni esterne. Per entrare
nei miei panni, basta che ciascuno immagini di trovarsi come
se sua moglie (o suo marito) e suo figlio non esistessero.
Preciso che il celibato non è per me il problema numero
uno cammuffato sotto una problematica teologica. Avviene l'inverso : nella misura in cui riscopro la mia libertà in Cristo e la
mia umanità in Dio, in quella misura sento riaffiorare prepotenti — liberati ma non risolti — tutti i problemi della mia
realizzazione umana.
10) La nostra parrocchia sta per avere un grosso sviluppo
numerico. Aumentano, di conseguenza, la compromissione e il
lavoro, mentre già non sono in grado di provvedere all'attività
pastorale entro i limiti della popolazione attuale.
11 ) E' prevedibile che prima o poi il vescovo o addirittura
Roma ci pongano dinanzi alla scelta : la sottomissione o fuori.
Per ragioni di coscienza e limiti psicologici non potrò nè aggirare la difficoltà nè fare atto di sottomissione. E saremo al centro d'una grossa polemica.
12) Una soluzione potrebbe essere la seguente. Prevenire
quello scontro, lasciare la parrocchia, dire al vescovo che riprendo la mia libertà non accettando la laicizzazione ( egli stesso avrebbe interesse a « scomunicarmi » senza pubblicità ), cercare un podere nei pressi della città, possibilmente acquistandolo, per farne il centro della nostra libera comunità, continuare in quella situazione quello che è stato il nostro lavoro più
significativo : l'incontro personale con le persone che cercano
di dare un senso cristiano alla loro esistenza.
Ma tutto il discorso suppone l'accordo della comunità su
tutti i punti precedenti, in particolare su quelli teologici.
un sacerdote cattolico
Ansia di'^rinnovamento e fiducia nei Signore
La nostra Chiesa vive in iin inomento assai impegnativo: non soltanto per i problemi economici cui
si trova di fronte e di cui abbiamo
parlato ultimamente, ma per la ricerca di una espressione più coerente e significativa del nostro compito, per l’ansia di un rinnovamento
dei metodi e del contenuto della nostra testimonianza, per l’urgenza di
puntualizzare meglio la nostra ragion d’essere come Chiesa di minoranza.
La molteplicità dei problemi che
ci stanno dinanzi e talvolta l’inquietudine per il loro peso e la loro serietà non devono farci perdere di
vista il fatto che ci è dato di opera
re in questo tempo per la testimonianza del Regno di Dio; ci è dato
lità dei nostri programmi, ma soltanto per la misericordiosa grazia di
Dio, che sovviene alla no.stra debolezza. Siamo talvolta portati a valutare con pessimismo la nostra situazione, a fare amare considerazioni
Sìdia nostra incapacità di far fronte
alle responsabilità più evidenti, a
giudicare con severità uomini, programmi o mancanza di programmi,
idee o mancanza di idee. Tutto questo va bene, perchè non dobbiamo
farci illusioni su noi stessi, ma non
bisogna perdere di vista quello che
ci è dato; ed è per questo che possiamo parlare di lieta obbedienza.
di un’allegrezza profonda, che è più
forte di ogni amarezza perchè è Vainoli per virtù nostra o per la genialegrezza del servizio di Cristo. Viviamo sotto la croce, ma il Signore
è risorto, siamo travagliati da molte
inquietudini, ma il Signore ci è venuto incontro e ha preso su di sè
la nostra condizione umana. Il nostro servizio può allora essere lieto
e sereno, perchè colui che ce lo ha
affidato lo esercita con noi è per
noi. Sia dato a tutti noi di poter
compiere la nostra vocazione con
gioia e di poter vivere nella obbedienza come atto di fede e di riconoscenza.
Neri Giampiccoli
2
pag. 2
N. — 9 ieooraio
UNA BIBLIOTECA Di 66 LIBRI
Una intervista del pastore E, Carson Blake
Diversità e unità della Bibbia L’unità delle Chiese alla
Malgrado la sua diversità, la
mento sono due parti distinte,
Bibbia conserva una grande unità : Antico e Nuovo Testama non separabili della Bibbia - Un dito teso a indicare Cristo
La prima cosa che colpisce un
profano che si accinga per la prima
volta a sfogliare la Bibbia è il fatto
che non si trova davanti ad un libro
unico, ma davanti a molti libri, a
66 libri, divisi a loro volta in due
parti di ineguale lunghezza: l’Antico e il Nuovo Testamento. Un’intera
biblioteca! E tale è pure il significato originale della parola « Bibbia ».
E questi 66 libri non sono l’opera
di un solo autore. Gli autori della
Bibbia sono moltissimi, e di alcuni
non sappiamo neppure il nome. Essi appartengono ad epoche, ad ambienti e a culture diverse. Basti pensare che la Bibbia è stata scritta attraverso ad un periodo di almeno
1200 anni, dal 1000 a. C. circa al
200 dopo Cristo. Tra gli scrittori sacri ci sono dei profeti, dei re, dei
sacerdoti, dei poeti, dei savi, dei
contadini, dei pescatori, dei funzionari, uomini di grande cultura e
uomini senza istruzione.
Diversi sono anche i generi letterari in cui è scritta la Bibbia : vi troviamo la prosa, la poesia, l’apocalissi e altre forme ancora; tre sono
le lingue originali: l’ebraico, l’aramaico e il greco!
* 4:
Da quanto abbiamo detto si potrebbe concludere che la Bibbia sia
un libro confuso, disordinato, caotico, una specie di zibaldone, atto
più a confondere le idee che ad illuminare la mente.
Certo, questa diversità crea dei
problemi di non facile soluzione: vi
sono delle discordanze e delle contraddizioni apparenti che possono
anche scandalizzare il lettore superficiale, e la cui soluzione richiede
una conoscenza approfondita di tutta la Bibbia ed una lunga e seria
meditazione. Del resto questo non
ci deve sorprendere in un libro che
comprende 66 scritti di autori così
diversi.
Quello che invece sorprenderà il
lettore che voglia andare un po’ più
a fondo nella conoscenza della Sacra Scrittura, sarà di scoprire con
stupore e meraviglia, come davanti
ad un miracolo, che la Bibbia, nonostante tutto quello che abbiamo
detto, possiede una grande unità.
H: ^
Ci sono sempre stati dei credenti
che hanno avuto delle perplessità
sull’unità della Bibbia, soprattutto
per quello che riguarda l’Antico Testamento e i suoi rapporti col Nuovo. Non è forse l’A. Testamento la
Bibbia degli Ebrei, e il Nuovo la
Bibbia dei Cristiani? Che ci sta a
fare rAntico Testamento nella religione cristiana? Non è forse il Nuovo Testamento molto superiore all’Antico, come Rivelazione di Dio,
come moralità e soprattutto come
spiritualità?
Eppure esiste una profonda unità
e identità fra i due Testamenti che
cercheremo di sottolineare, e speriamo, di chiarire.
1) Innanzitutto, l’unità dei due
Testamenti è data dal fatto che è lo
stesso Dio che si rivela nell’uno e
nell’altro e al quale l’uno e l’altro
rendono unanime testimonianza.
L’Iddio del Nuovo Testamento non
è diverso da quello dell’Antico.
L’Iddio di Abramo, l’Iddio nel quale hanno creduto Mosè ed 1 Profeti,
è lo stesso Dio di Gesù Cristo e della Chiesa primitiva. L’Iddio che nel
principio disse: Sia la luce! è lo
stesso Dio che s’incarna in Gesii d
Nazaret. Basterebbe, per dimostra
re l’unità ilei due Testamenti, ricor
dare il racconto della Trasfigurazio
ne in cui appaiono Mosè ed Elia in
sieme a Gesù, discorrendo insieme
della sua dipartenza che egli stava
per compiere in Gerusalemme (Lu
ca 9: 28 seg.).
2) Questo ci porta ad una secon
da osservazione. E’ Gesù Cristo stes
so che costituisce l’unità profonda
della Bibbia e in modo particolare
dei due Testamenti. Perchè nell’An
tico come nel Nuovo, si tratta sem
pre di Lui, il Cristo che deve veni
re e che è venuto. Si pensi un mo
mento alla sorprendente corrispon
denza di queste due parole, una del
l’Antico e l’altra del Nuovo: « Verrà n, profetizza Isaia (35: 4); « £’
venuto », annunzia Giovanni (1:11).
L’Antico Testamento è la lunga, secolare preparazione della culla di
Betlemme, e il Nuovo Testamento
annunzia che il Cristo profetizzato
dai Profeti di Israele, è venuto, ed
è Gesù di Nazaret.
3) Il Patto di Dio costituisce un
altro importante elemento di unità
dei due Testamenti. Disgraziatamente la parola Testamento non è
una traduzione giusta; la traduzione esatta è « Patto ». Si deve dunque parlare di Antico e Nuovo Patto anziché di Antico e Nuovo Testamento. E proprio questa parola,
o meglio la realtà espressa da questa parola, sottolinea con forza l’unità delle due parti della Bibbia. Il
Patto è un’alleanza di grazia che
Dio stabilisce col suo popolo, ed è,
per così dire, il quadro nel quale si
svolge la storia della salvezza che
inizia con Abramo ed ha il suo compimento nella croce di Cristo ed è
oggetto di predicazione della Chiesa.
L’Antico Patto del Sinai viene
annullato dal peccato di Israele; ma
Dio annunzia un Nuovo Patto (Geremia 31: 31-34); e questo Nuovo
Patto Dio stabilisce nella morte del
suo Figliuolo Gesù Cristo, il quale,
nella notte in cui è tradito, istituendo la Santa Cena, distribuisce il calice con queste parole : « Questo calice è il Nuovo Patto nel mio sangue, il quale è sparso per voi »
(Luca 22: 20).
4) Infine notiamo ancora che l’Antico Testamento è stato la sola Bib
bia di Gesù e della Chiesa primitiva. Gli scrittori del Nuovo Testamento vi riconoscono un’autorità
normativa. Così per esempio quando Gesù dice: (c Voi investigate le
Scritture... esse sono quelle che rendono testimonianza di me » (Giovanni 5: 39), e quando l’autore della lettera a Timoteo scrive : « Ogni
Scrittura è ispirata da Dio » (2 Tim.
3: 16), si riferiscono ovviamente al
solo Antico Testamento, per il semplice motivo che il Nuovo non era
ancora scritto.
:¡! * *
Vi è dunque un’identità profonda fra i due Testamenti. Vi è fra i
due un rapporto di continuità storica nello svolgimento del piano
della salvezza, di promessa e di
adempimento, di profezia e di realizzazione; e vi è identità di ispirazione e di scopo; l’Antico e il Nuovo Testamento sono, ciascuno per
conto proprio, un dito teso ad indicare il Cristo Redentore e Signore
del mondo.
Per comprendere la Bibbia, per
ricevere il suo messaggio di giudi
zio e di grazia, di condanna e di
perdono, di misericordia e di amo
re da parte di Dio, è necessario leg
gere e meditare l’Antico e il Nuo
vo Testamento come due parti di
stinte, ma non separabili della Bib
bia; è necessario leggere si, l’Anti
co Testamento alla luce del Nuovo
ma anche il Nuovo alla luce del
l’Antico. Allora la Bibbia ci rivele
rà il suo tesoro : la Parola di Dio
Cipriano Tourn
LE DIVERSE CONCEZIONI
DELL’UNITÀ
Oggi si parla molto di « unità », ma
non tutte le chiese la concepiscono
allo stesso modo. Gli studi di teologia e gli incontri ecumenici che si
vanno moltiplicando porteranno in
avvenire anche ad una unità di fede oltre che di intenzioni? Sembra
che qualcosa di simile stia già avvenendo nelle relazioni tra cattolici, ortodossi e anglicani...
È vero, esistono diverse concezioni
deU’unità tra le stesse Chiese che fanno parte del Consiglio Mondiale delle
Chiese. Noi non tendiamo solo verso
una cosidetta unità spirituale, ma vogliamo una unità autentica. Questo include una organizzazione visibile, la
quale si basi su di una vera unità di
fede e di vita.
La dichiarazione di New Delhi del
Consiglio Mondiale delle Chiese (1961)
ha messo in evidenza quale tipo di
unità vogliamo e ha detto che essa
consiste nello spezzare il pane insieme (e questo è un riferimento sacramentale) e nel riconoscere vicendevolmente il sacerdozio di ciascuna Chiesa. Questo è lo scopo verso il quale tendono tutti i membri del Consiglio
Mondiale delle Chiese.
Io spero che voi non sopravvalutiate la rapidità dello sviluppo teologico
comune tra anglicani, cattolici e ortodossi. Senza dubbio progredisce, e
il C. O. E. lo incoraggia, come incoraggia qualsiasi serio dialogo teologico. tra tutte le varie confessioni. Ma anche quello delle altre
Chiese va avanti Vorrei aggiungere
che le relazioni visibili tra le Chiese
episcopaliane organizzate non sono
facili da capire per il fatto che non
esiste un capo che possa rappresentarle ufficialmente nel dialogo con
Roma. Quindi è difficile avere un’idea
chiara del progresso teologico che si
realizza in seno a queste Chiese. Ciò
dà al pubblico l’impressione che esiste
minor progresso nel dialogo tra luterani e cattolici che tra anglicani e cattolici perchè c’è stata la visita, dell’arcivescovo Ramsey e si è visto qualcosa
di tangibile accadere. Ma io penso che
in realtà il lavoro teologico è più ge
iimiiiiiimiiiimiiiiiiii:ii
Incontro con Adriana Zarri
Uno degli enfants terribles del cattolicesimo iìffiliaiio é la prima teologa (cattolica) nostrana
Per chi non lo sapesse. Adriana Zarri,
teologa cattolica di formazione prevalentemente autodidatta, è attualmente « l’enfant
terrible » del Cattolicesimo italiano postconciliare.
Chiunque abbia let'to i suoi articoli estremamente aperti, agili, disinibiti, per esemplo su « Il Nostro Tempo », o i suoi libri
che si succedono, editi da Boria, con un
ritmo considerevole, non può non consentire con questa impressione.
Così pure chiunque si fosse trovato presente all'incontro avvenuto con la Zarri al
« Circolo della Stampa » torinese si sarebbe probabilmente meravigliato non poco del
'.ono estremanente contestatario della teologia laica nei confronti dei temi più scottanti della istituzione cattolica alla quale
appartiene e in maniera simpa'iica tiene ad
appartenere.
L'occasione di questo incontro era offerta
dalla recente pubblicazione del suo ultimo
libro: «Teologia del probabile».
Affermare, come essa afferma nella prefazione, che uno dei temi di fondo della riflessione teologica sia quello della « provvisorietà della teologia, rispetto alla certezza
della fede », signiflca, ci sembra, fare una
critica radicale non solo alla pesante eredi'.à cattolica del tomismo e della scolastica,
ormai fossilizzata, ma investire anche la
teologia protestante nei suoi vari aspetti (si
pensi anche a Barth) in cui la elaborazione
teologica razionalistica se.mbra decisamente
prevaricare sulla dinamica della fede, la riflessione sembra spegnere la vita. Ne deriva. e consentiamo pienamente come protestanti con la Zarri. che « la provvisorietà
non è soltanto delle strutture operative o
istituzionali o liturgiche: è anche delle strutture logiche e delle sistemazioni teologiche
che non raggiungono la certezza della fede
ma solo la probabilità deli’ipoilesi ».
Invano dunque « abbiamo preteso fare
una teologia del certo » (e questo vale ancora per noi protestanti!). Accettiamo dunque l’invito a liberarci « da una ricchezza
equivoca ».
A esser sinceri ci è sembrato che gran
parte dell'uditorio non capisse. Già la presentazione del libro da parte di un (eologo,
purtroppo non laico, era stata penosa, estremamente elusiva dei temi di fondo del libro. inessenziale. per non dire disonesta. Ma
soprattutto ci è sembrato che il cattolicesimo non sia 'Iroppo maturo per capire queste contestazioni... e probabilmente molte
delle nostre comunità, ancora così pesantemente clericali, non lo sarebbero.
Che poi alla Zarri non manchino i gesti
di ostruzionismo — ha confessato candidamente che parecchi dei suoi articoli erano
oggi ancora rifiutati dalla Stampa Cattolica — anche se nel corso della serata non
le sono mancati consensi di sacerdoti cattolici. (mentre alcuni laici cattolici sembravano attestati su posizioni assai più tradizionaliste e clericali) ciò non dovrebbe stupire
Ciò che comunque ci rallegra moltissimo,
forse più come cristiani che come protestanti. è 11 profondo travaglio di molti fra
telli cattolici, le loro lotte vive, vere, le loro
tensioni, nonché la loro riconoscente e onestissima adesione a talune critiche protestanti... insomma, il cattolicesimo odierno vive
e soffre. Ma noi, pigri e sazi continuiamo a
dormire, come Giona, sotto il sicomoro della vecchia Riforma.
Rendiamoci conto della fragilità della nostra teologia protestante... nessun edificio
teologico sarà mai così maestoso da contenere la fede, non vi sono Banche teologiche
dove fare i nostri depositi spirituali per vivere successivamente di rendita, nè tanto
meno possiamo incaricare altri di curare i
nostri affari spirituali. È tempo che tutti i
credenti si diano da fare anche per pensare
la loro fede, sia pure nel « probabi.e ». nell'incerto. nel fragile, nel provvisorio.
Enrico Pascal
Aggiungiamo alcune annotazioni per il lettore curioso di leggere il volume : il primo
capitolo « Postconcilio tempo inquieto » delinea le possibilità di una « lestimonianm di
povertà ». Il secondo capitolo « Il sacramento e il codice » vanifica certe posizioni clericali contro il divorzio; il terzo capitolo
« Un uomo come noi » denuncia 1 immoralità
del celibato obbligato dei preti, che diviene
troppo spesso travagliato « zitellaggio virile ».
Un successivo capitolo « 11 laico clericalizzato » critica i movimenti laici clericalizzati
ed istituzionalizzali (soprattutto l’Azione Cattolica); un successivo capitolo « Pietro e
l'BCumenismo » cerca di « demitizzare Pietro »; il sesto capitolo « Teologia sotto accusa » prospetta la necessità di accettare il rischio della teologia: seguono i capitoli : « Siamo tutti modernisti? ». « Il tomismo ad un
bivio ». « Dal Vaticano in poi » di interesse
forse più interno cattolico: e il libro si conclude con un capitolo dal titolo significativo; «Una corona a Porta Pia».
ANGROGHA (Capolttogo)
Tra le pìccole novità della vita invero un
po' troppo « normale » della nostra Comunità segnaliamo la costituzione di un gruppo
filodrammatico che raccoglie elementi prove,
nienti dalle quattro unioni di Angrogna
(Serre, Marlel, Prassuit, Jourdan) e si propone di presentare drammi di un certo impegno, che possano essere motivo di riflessione dando nel contempo un messaggio
evangelico. La prima prova è stata data dalla messa in scena di « La luna è tramontata » di Steinbeck. Ancorché scritto nel
1942 e inquadrato all epoca delle prime invasioni naziste, questo dramma non ha perduto nulla della sua vivezza e attualità, purtroppo ancora confermata da situazioni storiche del nostro tempo. Buona generalmente la recitazione dei numerosi attori e in
particolare molto apprezzala quella degli interpreti principali. L'esperimento pare dunque felicemente riuscito e merita di essere
continuato.
Nel mese di gennaio i turni delle riiinio
ni di quartiere delle due comunità di Angrogna sono stati fatti insieme dai due Pastori. Il tema, di grande attualità, è stato :
La sovranità dì Cristo, come appare nella
Bibbia 8 come si manifesta nella vita individuale, nella Chiesa, nel mondo. Questa triplice divisione mette in realtà in luce la totale signoria dì Cristo che impegna anche in
modo totale il credente in tutti gli aspetti e
in ogni momento della sua vita.
Il Pastore del Capoluogo è stato invitato
in due diverse occasioni a parlare a dei giovani cattolici in connessione con la settimana di preghiera per Vunilà della Chiesa. Il
20 gennaio ha parlalo ad un gruppo di giovani in una sala del Priorato di Torre Pellìce sul tema: «Ecumenismo protestante)).
Il 27 dello stesso mese a Pinerolo davanti
ad un folto gruppo di studenti cattolici, sul
tema : « La Parola di Dio nella Chiesa evangelica ». Entrambe le conferenze sono state
seguite da una discussione che ha testimoniato il vivo interesse ecumenico che anima
questi giovani cattolici desiderosi di conoscere le posizioni delle Chiese evangeliche e
di confrontarsi con esse. La sera dello stesso
giorno il Past. Taccia ha parlato ai giovani
valdesi di San Secondo e dì San Giovanni,
riuniti a San Giovanni, sul lema: « La Parola di Dio nella Chiesa Cattolica ». Pur rilevando la sostanziale differenza che il significato deH'espressione « Parola di Dio » acquista nel protestantesimo e nel cattolicesimo è stato ricordato come il crescente interesse. che nella Chiesa cattolica si manifesta
per la riflessione bìblica, dev'essere di stimolo e di sprone per noi. ad approfondire
sempre più il nostro studio e la nostra comprensione della Parola e la nostra fedeltà
ad essa.
L'appello lancialo dalla Federazione evangelica a favore dei sinistrati della Sicilia, co.
me già al tempo deU'inondazione di Firenze,
non c caduto nel vuoto. Un grosso pacco di
vestiario è stato inoltrato tramile la Croce
Rossa, generi alimentari sono stati inviati
per mezzo del pulmino di Agape e una offerta in denaro è stata mandata attraverso la
Tavola valdese.
{continua)
Abbiamo ricevuto
Pro terremotali siciliani, in mBmoria del Pastore Enrico Pascal, la moglie: L. 5.000 al Servizio Cristiano
di Palermo, L. 5.000 al Centro evangelico di Adclfìa, Vittoria.
In favore delle vittime del conflitto vietnamita e della fame: Anna
Marnilo (Torre Pellice) L. 5.000; Armandina Viglielmo (Riclaretto) 5.000
Maria e Ada Bessone (Torino) .5.000
Emilio Lanieri (Sanremo) 15.000
N. N. (Torino) 10.000. Totale Lire
38.000. Totale preced. L. 62.000. Totale generale L. 100.000.
Iterale e si svolge su argomenti più
vasti. Benché noi sentiamo la necessità che ci sia un unico rappresentante
per ogni Chiesa nel dialogo, tuttavia
siamo convinti che la discussione circa l’unità della Chiesa di Cristo deve
impegnare tutta la Chiesa e non solo
una parte di essa. In questo senso il
Consig’io Mondiale diventa importante perchè include quasi tutto il mondo
cristiano non romano.
Il movimento ecumenico non deve
restare una azione di specialisti,
ma deve interessare tutto il popolo
cristiano. Che ne pensa dell’impegno attuale dei fedeli delle varie
Chiese?
Uno dei motivi per cui la Chiesa
Cattolica si è interessata al nostro
movimento del C.O.E. è stata l’ampiezza che è venuta assumendo la sua azione ed il fatto che progressivamente
esso è stato sempre meglio conosciuto.
Negli ultimi dieci anni tutti hanno capito sempre meglio che il nostro era
un movimento veramente ecumenico.
Prima c’era l’idea che esso servisse
solo ad unificare la Chiese ; ora invece
si è capito che la sua funzione è anche quella di rinnovare la Chiese per
renderle sempre più adatte a compiere la loro unione. L’obiettivo del C.O.E.
non è di creare una Chiesa più grande ma una Chiesa più viva, che rappresenti il vero volto di Cristo nel
mondo, questo è lo scopo. A che punto
siamo? Secondo me non molto lontani
da questo obiettivo.
Bisogna riconoscer:; che nei primi
60 anni del movimento ecumenico moderno c’è stato un cambiamento effettivo non solo tra il gruppo ristretto
degli specialisti delTecumenismo ma
anche nella generalità dei fedeli. Alcuni esempi ; il ministero dei laici.
C’ è qui un’ idea ecumenica che in
Olanda, nella Chiesa riformata. In
Francia, nella Chiesa Cattolica è
stata discussa, riscoperta e rimessa in auge. Si è capito che la
Chiesa è formata da tutto il popolo
di Dio e che l’ecclesiologia comincia
da questo principio base. Questo cambiamento di prospettiva ha avuto anche effetti pratici. Abbiamo oggi più
laici che partecipano al governo della
Chiesa, anche se la Chiesa Cattolica
su questo punto è ancora un po’ tradizionalista. Un altro esempio : il sacerdozio dei laici : si è capito che non sono
solo i preti a essere cristiani professionisti ma tutti i fedeli. Tutti nello stesso senso sono predicatori della parola
di Dio, tutti hanno lo stesso sacerdozio laicale.
Tutte queste cose noi abbiamo cominciato a capirle e questo ha cambiato la vita ordinaria di molte Chiese, e ora noi accettiamo questi cambiamenti più dì quanto non lo facessimo molti anni fa.
Ma uno dei compiti e degli interrogativi che dovremo affrontare nei
prossimi anni è come lavorare insieme, come fare dei programmi insieme
per la pace e il progresso dei popoli. Il movimento ecumenico sarà
valido non per quello che avremo
detto, ma per ciò che avremo fatto
insieme.
I PERICOLI
PER L’ECUMENISMO
Qual è il pericolo maggiore da evitare nel movimento ecumenico?
Credo sia quello di dimenticare perchè ci siamo organizzati, con quale
scopo : rinnovare la Chiesa e renderla
più capace di compiere la sua missione. Credo che è sempre più vivo questo pericolo a mano a mano che aumentano 1 legami di cooperazione con
la Chiesa cattolica nei vari settori.
Tutti dobbiamo stare attenti a quello
che facciamo e curarci di farlo come
cristiani e servitori di Cristo. I pericoli
in concreto sono quelli di essere troppo uomini e poco cristiani, di crederci
autosufficienti, ripiegarci su noi stessi,
superbi per le realizzazioni e non sufficientemente attenti alle motivazioni
ecumeniche di esse.
Si dice che l’attività missionaria è
molto importante per Tecumenismo.
Lei che ne pensa?
Probabilmente è vero che l’azione
favorisce l’unità. Le missioni in quanto proclamazione del 'Vangelo sono tra
le attività principali della (Chiesa e tra
quelle che più favoriscono 1 unità. Puf"
troppo nessuno, neanche noi del (^OE
siamo arrivati ancora a stabilire i requisiti di una azione comune nelle
missioni che impegni tutta la Chiesa
di Cristo. Vorrei dire che il ruolo delle
missioni, in un mondo che sta secolarizzandosi, è quello di lavorare per onorare Cristo piuttosto che per onorare
la Chiesa di fronte ai non cristiani.
Ora oggi tutto ci induce e credere che
questo onore di Cristo lo otteniamo
meglio se lavoriamo assieme piuttosto
che separati.
CHIESA CATTOLICA
E MOVIMENTO ECUMENICO
Si ha l’impressione che in questi
ultimi tempi Roma sia diventata
il centro del movimento ecumenico. Vari avvenimenti recenti lo fanno pensare: il Concilio ecumenico;
il viaggio a Roma di Ramsey, primate della Chiesa anglicana, e di
Khoren I, catholicos armeno di
Cilicia; le visite reciproche a Roma
e a Costantinopoli tra Paolo VI e
3
9 febbraio 1968 — N. 6
pag. 3
segretario generale del Consìglio ecumenico delle Chiese, alla rivista *‘Le Missioni Cattoliche
99
vigilia della Assemblea ecumenica di Uppsala (luglio 1968)
Atenagora. Di conseguenza Ginevra, (cioè il Consiglio Mondiale delle Chiese) che ha avuto l’onore di
iniziare il dialogo ecumenico, sembra passata in secondo piano. Che
ne pensa di tale impressione? È giustificata?
È chiarissimo che quando nel Concilio Vaticano II la Chiesa romana si
mosse uiHcialmente verso il movirnento ecumenico, allora c’è stato un interesse dei cattolici per l’ecumenismo
assai maggiore che prima del Concilio.
Questo interesse ha creato una nuova situazione.
Penso che non dobbiamo domandarci se il Consiglio Mondiale delle
Chiese abbia il primo o il secondo posto. Noi esistiamo per servire il movimento ecumenico: di conseguenza il
vero problema è « come è concepito »
l’ecumenismo. Ed è qui che esiste un
confilitto d’opinioni per il fatto che la
Chiesa romana, date le sue posizioni
teologiche ed ecclesiologiche, concepisce il movimento ecumenico come
avente Roma per centro. Ci sono molte altre Chiese che trovano in ciò la
loro grande difficoltà. Lo stesso Paolo VI parlando al Segretariato per
l’Unità accennò a queste difficoltà che
io stesso gli avevo fatto presente a
nome di altre Chiese.
Per il dialogo ecumenico è necessario che la Chiesa Cattolica ascolti anche quelli che hanno punti di vista diversi suH’ecumenismo. Ora io penso
che l’atmosfera stia cambiando. Oggi per esempio i capi delle varie Chies possono visitare il papa e cercare il
dialogo con lui senza che la gente parli
di « ritorno » a Roma delle Chiese
« separate ». Se la Chiesa romana ricominciasse a parlare di « ritorno » il
movimento ecumenico ritornerebbe alle posizioni anteriori al Concilio.
La questione fondamentale non è
quella di « ritornare » o « restare », ma
è essenzialmenìe ecclesiologica: abbiamo idee diver.se sulla natura delle
Chiese e deH’uiiione dei cristiani. Dobbiamo comportarci con fede in tutto
questo lavoro, e non solo da uomini,
dobbiamo pregare perchè ci sia l’unità
dei cristiani nel senso voluto da Cristo e non in quello che intendiamo
noi oggi. Noi possiamo concepirla come una protezione oppure un movimento autocentrico ma questa concezione non permette di andare molto
lontano col dialogo. Dobbiamo prima
di tutto cercare insieme che cos’è il
vero ecumenismo e non arroccarci ciascuno nella nostra attuale concezione
di esso.
L’unione completa nella fede tra
Roma e Costantinopoli quali conseguenze comporterebbe per il COE?
Noi abbiamo e.spresso pubblicamente
e privatamente la nostra grande gioia
sui tenta r ivi l atti per riconsiderare e
sanare quella che è stata una delle
maggiori divisioni del mondo cristiano. Benché talvolta in concreto queste visite e la rimozione delle vicendevoli scomuniche tra cattolici e ortodossi non conducano con la velocità
desiderata verso la riunione delle Ghie
se, tuttavia il Consiglio Mondiale delle Chiese è sempre felice quando tutte
le Chiese procedono visibilmente e teologicamente verso la mutua comprensione.
Molti cattolici pensano che anche
la Chiesa romana deve entrare nel
C.O.E. di Ginevra. Invece, al 20“
comitato centrale del C.O.E., la risposta del gruppo misto (cattolici C.O.E.) ha detto che per U momento questa entrata non sarebbe utile
per l’unità dei cristiani. Per quali
ragioni?
Penso che siano due le ragioni. La
prima è che ambedue. Chiesa cattolica e C.O.E., resteranno molto differenti anche se questa entrata avverrà.
Noi dei C.O.E. dobbiamo essere aperti
a tutte le domande di ammissione. Se
la Chiesa cattolica ci chiede di entrare
noi dobbiamo dire di s'ì. Ma dicendo
questo noi obbligheremmo il C.O.E. ad
operare molti cambiamenti importanti. E lascio alla Chiesa cattolica di
pensare quale genere di cambiamenti
dovrebbe essa stessa operare al suo
interno. Ci sono molti problemi teologici sia da una parte che dall’altra. E
ci sarebbero anche delle questioni pratiche: per esempio, quale atteggiamento tenere verso la Chiesa anglicana.
Forse è meglio avere relazioni più
dinamiche nei settori che ho indicato
sopra. Io mi attendo nel prossimo avvenire maggiore cooperazione specialmente con « Fede e Costituzione »
(F.C.). Da lungo tempo la Chiesa cattolica, ha accettato di partecipare a
Fede e Costituzione. Può darsi che la
Chiesa cattolica entri a far parte della commissione di F.C.; la cosa si sta
discutendo, per il momento. Ciò è possibile perchè non è necessario essere
aggregati come Chiesa membro del
C.O.E. per partecipare alla commissione « Fede e Costituzione ».
Attualmente stiamo cercando di collaborare anche con la commissione
« Giustizia e Pace » : su questo punto
non ci sono impedimenti dottrinali
che possano ostacolarci. Queste azioni
in comune forse spianano la strada
per l’entrata della Chiesa cattolica nel
C.O.E. quale membro.
Credo, come diceva P. Stransky,
membro del segretariato per l’Unità
e del gruppo misto, che sia importante
capire che l’entrare o il non entrare
come membro del C.O.E. è per la Chiesa cattolica una decisione téologica.
Perciò non possiamo decidere subito la
questione, bisognerà continuare a discuterla. Per il momento dobbiamo cominciare ad agire in comune su molti
campi. Questa collaborazione più dinamica aprirà la strada per la discussione teologica sia per i cattolici che per
i riformati.
Quale sarebbe dunque la posizione
ideale della Chiesa Cattolica in rapporto al C.O.E.?
La posizione ideale sarebbe quella
di « membro » del C.O.E. Le nostre basi sono ecumeniche, quindi non c’è discriminazione verso nessuna Chiesa.
Le nostre fondamenta sono scritturali,
trinitarie e cristocentrici. Ogni Chiesa che ha questi fondamenti è ben accetta nel C.O.E. La divergenza con la
Chiesa cattolica, come ho detto, è di
ordine ecclesiologico : primato del papa, concezione della Chiesa. Ci vorrà
del tempo per riesaminare, cattolici e
riformati, le nostre concezioni particolari. Gli ortodossi solleciteranno in
questo senso i cattolici romani, io spero. Però ci vuole prudenza e preparazione teologica, per non entrare impreparati nel movimento d’una crisi
che non si saprebbe dove conduce. Bisogna andare gradualmente e ci vorranno delle lunghe discussioni teologiche.
L’ECUMENISMO IN ITALIA
E del movimento ecumenico in Italia che ne pensa?
Ogni nazione ha un passato ecumenico che ne condiziona inevitabilmente l’ecumenismo presente e quello futuro. L’Italia, in senso largo, per il
fatto di essere cristiana è anche cattolica. Ci sono antichi movimenti protestanti come quelli di Pietro Valdo e
altri antecedenti alla riforma stessa,
ma costituiscono delle piccole minoranze. Ora dappertutto le minoranze,
siano esse protestanti o cattoliche, sono condizionate psicologicamente dal
fatto di essere appunto delle minoranze e vivono sulla difensiva. Ciò rende
il dialogo molto più difficile che non in
paesi dove i gruppi cattolici e quelli
protestanti pressappoco si equivalgono.
Attualmente in Italia voi avete i vaidesi, i metodisti ed altri riformati. Io
credo che il rispetto e le mutue relazioni tra preti cattolici e pastori prote
lllll■ll|||rlllll|lmllmllllllllllllMllllll
«Lutheran World» esamina il tema dell’Assemblea di Uppsala
‘Ecco, io faccio ogni cosa nuova,,
Ginevra flwb). - 11 Consiglio ecumenico
delie Chiese si è « dichiarato per l’esistenza
rivoluzionaria » scegliendo « Ecco, io faccio ogni cosa nuova » per tema della sua
quarta Assemblea, quest'anno — così un
noto teologo luterano danese commenta sulI ultimo nurnero di « Lutheran World », rivista teologica della Federazione luterana
mondiale (F.L.M.).
Il prof. Kris'ler E. Skydsgaard, di Copenhagen, nell articolo difondo definisce la
piossima Assemblea « n/i itnpresa arrischia“
ta >} e nota che « forze provenienti da varie
di redolii si incontreranno e. senza alcun
linhhio. si scontreranno ».
Il teologo danese afferma che il tema dell'Assemblea ecumenica « significa semplicemente il Regno di Dio », riguarda « le realtà ultime ». « Ciò non significa — egli aggiunge — che dimentichiamo ciò che ci sta
«immediatamente vicino; al contrario, la
visione della fine dà alla fede coraggio e allegrezza per compiere il proprio dovere, per
affrontare ciò che ci attende sulla soglia
della nostra porta, anche se ci porta difficoltà e inqicietiidine.
«Ora, infatti, ogni giorno è un’invocazione al futuro di Dio. cioè anche i compili immediati sono colmi di promessa nel
senso più intenso e profonda del termine.
Ciò è vero anche per la vita quotidiana delle Chiese e del movimento ecumenico. Perciò l Assemblea può e deve, concretamente
e con grande precisione, operare, pianificare
e discutere senza cercare di evitare le difficoltà che incontrerà. Non ntiò quindi essere omesso il tema genuinamente teologico,
relativo all’intervento finaledi Dio »
Il direttore di « Lutheran World », Lavern
K. Grosc, nella prefazione al fascicolo, discute il significato dell'Assemblea del CFC
e nota che « molte cose sono cambiate da
Nuova Delhi e dal Vaticano //, da "Chiesa
e Società" da quando ha assunto l’incarico
un nuovo segretario generale... ».
Inoltre, egli aggiunge. « Uppsala .sarà la
prima Assemblea in cui si farà pienamente
sentire l’apporto delle Chiese ortodosse. Essa sarà probabilmente caratterizzata da un
nuovo atteggiamento, che includerà una
con.siderazione più attenta per gli "evangelici conservatori" come pure una meno limitata intensità di rapporti con la Chiesa
cattolico-romana, in un certo senso, Uppsala significherà pure il concludersi della generazione dei pionieri del movimento ecumenico e si porrà la necessitti che venga
alla ribalta un nuovo grtippo di leaders ».
stanti siano molto importanti. In tal
senso molte iniziative possono essere
prese dalla Chiesa cattolica, capaci di
influenzare la mentalità dei fedeli. Mi
sembra che questo può essere l’unico
metodo per diventare ecumenici in
Italia.
L’aggiornamento conciliare ha portato i cattolici a sviluppare il senso
comunitario. Ora nella stessa città
dove un cattolico lavora al fianco di
un altro che non è cattolico ma professa la sua fede nello stesso Cristo,
c’è per la religione di maggioranza un
dovere di muoversi verso quest’uomo
di minoranza per incontrarlo, per capirlo, per aiutarlo a capire a sua volta
i cattolici romani.
Questo è il tipo di dialogo che deve
instaurarsi. Ma ciò suppone di conoscere bene la storia delle relazioni passate tra le varie Chiese nei vari paesi
e soprattutto rendersi conto delle motivazioni dei vari comportamenti. Per
esempio, nel mio paese (USA) il dialogo è ora più facile tra cattolici e protestanti perchè i cattolici non sono
più una minoranza perseguitata. Questo è un genere di dialogo che non è
possibile in Italia dove le condizioni
sono quelle di dialogo d’una maggioranza verso una minoranza.
Il desiderio di dialogo tra i cattolici conduce talvolta ad azioni ed iniziative che sfuggono al controllo
dell’autorità. Come giudica Lei tali
iniziative?
Il Concilio 'Vaticano ha risvegliato i
cattolici e ora in mezzo ad essi forze
molto importanti si sprigionano e si
orientano in vari modi. I conservatori
hanno paura e temono delle manifestazioni non ortodosse. È molto difficile arrestare queste forze. Credo sia
più importante sforzarsi di renderle
sempre più responsabili nei loro rapporti. Non si può confinare la discussione al livello ufficiale.
Questo discorso ci porta ad un’altra
questione: come può il popolo di Dio
acquistare uno spirito più ecumenico
attraverso questi procedimenti di libera discussione? Lasciando libera discussione c’è pericolo di sentir dire
delle cose senza senso perchè spesso
l’aspetto teologico più profondo delle
questioni non sarà capito dai più.
D’altra parte noi che siamo in posti
ufficiali dobbiamo ascoltare con molta
attenzione i fedeli in tutte le loro ri
chieste di far più in fretta, di muoverci in una direzione piuttosto che in
un’altra e cosi via. Credo che il progresso è sempre un po’ imbarazzante,
anche perchè non sempre coincide con
la moda corrente. Dobbiamo tener a
mente che i doni dello Spirito sono
dati a tutte le persone, anche non importanti, che si uniscano a due o tre
nel nome di Gesù. Egli è presente in
mezzo a loro e la sua presenza dà un
contributo all’unità della Chiesa.
APPUNTAMENTO AD UPPSALA
Il 1968 sarà un anno particolarmente denso d’avvenimenti ecumenici:
assemblea generale del C.O.E. a
Uppsala (Svezia), Concilio ortodosso a 'Vienna. Ma anche il 1967 è stato ricco d’avvenimenti. Ci può tracciare un bilancio del passato ed anticipare alcune speranze per l’awenire?
Nessuno può sapere in anticipo quanto siano importanti per il futuro gli
avvenimenti che succedono nel presente. Parlo in particolare dell’Assemblea
di Uppsala nella quale sarò presente
per la prima volta come Segretario
Generale. Io spero e prego perchè questa mia carica non mi faccia, almeno,
provocare dei disastri. Ma credo che
sarà una riunione importante anche
in base ai preparativi che sono in corso. Le difficoltà vengono dal fatto che
la gente è tentata di fare dei paragoni.
Anche al congresso dei laici di Roma
abbiamo sentito molti che dicevano
che come a Roma gli osservatori protestanti hanno avuto un grande ruolo,
costi per gli osservatori cattolici ad
Uppsala. Questo è giusto, ma bisogna
tener presente che si tratta di due assemblee diverse. Ad Uppsala le decisioni saranno prese dai rappresentanti
ufficiali delle Chiese membri che sono
233.
Io mi attendo che lo sviluppo della
cooperazione con la Chiesa Cattolica
e l’ulteriore integrazione nel C.O.E.
della Chiesa ortodossa in numero ed
influenza saranno i fatti più nuovi ad
Uppsala. È chiaro anche, come dicevamo prima, che una delle cose più importanti per il progresso dell’ecumenismo è lo sviluppo ulteriore della Chiesa come famiglia dei cristiani. Una
delle cose nuove messe in risalto dagli
ortodossi, con la loro entrata nel
C.OR., è stato di sottolineare che la
Chiesa è una famiglia prima ancora
di essere un’organizzazione e un’alleanza di Chiese delle diverse parti del
mondo. Lo sforzo dei capi ortodossi è
stato quello di trasmettere a tutte le
Chiese questa posizione.
C’è poi la questione delle Chiese precalcedoniane (armeni, copti ecc.): la
loro entrata nel C.O.E. richiede molti
incontri per essere sicuri che l’unità
sarà un vantaggio per tutti.
Credo che il 1968 sarà una pietra miliare nella storia dell’ecumenismo. Ma
è meglio lasciare il giudizio agli storici
piuttosto che abbandonarsi a delle profezie.
Quando lei è diventato seg^retarìo
generale del C.O.E. ha detto che
questo organismo era ancora troppo occidentale e bisognava renderlo veramente ecumenico. Cosa intendeva affermare?
Abbiamo fatto dei progressi in questi ultimi anni. Ora non si trattava in
questo mio giudizio di criticare il passato. Alcune Chiese dell’Est Europa
sono entrate nella vita del C.O.E. appena all’ultima Assemblea del movimento. Ma la piena partecipazione al
movimento non sarà possibile che dopo Uppsala, quando saranno stati attuati alcuni cambiamenti nel ruolo dei
membri del comitato centrale.
Sitamo anche lavorando dal punto
di vista pratico per avere una rappresentanza di Chiese più numerosa. Ora,
protestanti e cattolici devono tener
presente che ambedue sono occidentali
nelle loro tendenze: quando noi parliamo assieme è facile capire dove siamo d’accordo e dove no. Con. le Chiese orientali invece è più difficile a causa del lungo isolamento in cui sono
vissute per secoli. I nostri amici ortodossi chiedono alle Chiese occidentali
se non sia possibile completare la loro
ricchezza con l’apporto orientale specifico. In tale situazione cattolici e
protestanti devono essere molto sensibili per ascoltare e dialogare come gli
orientali vogliono. Dobbiamo essere
disposti anche a modificare la nostra
organizzazione se essa non corrisponde
alle esigenze dello spirito orientale. E
dobbiamo essere disposti soprattutto a
modificare noi stessi se vogliamo essere pronti per una vera azione ecumenica.
Non siamo d’accordo, Pastore Blake,
e ce ne dispiace assai
In primo luogo va dato atto a « Le Missioni Cattoliche » di essere una delle riviste
cattoliche italiane pii) attente alla vita del
Consiglio ecumenico e delle Chiese evangeliche. In questo quadro di ampia e onesta
informazione si situa l'intervista del segretario generale del CFC. pubblicata con rilievo in apertura del fascicolo di gennaio
'68. E siamo molto grati al direttore della
rivista, il quale ci ha permesso di riprodurre quest'intervista concessa « in esclusiva ».
Pubblichiamo questo documento perchè ci
pare estremamente significativo e illuminante nei confronti della prossima, importante
assemblea generale del CFC.
Purtroppo, però, questo significative dichiarazioni del past, Blake non fugano, ma
anzi confermano e accrescono le perplessità e il dissenso che più volte, negli ultimi
mesi, abbiamo dovuto esprimere nei confronti della linea seguita dal CFC in vari
aspetti della sua azione e in particolare nei
rapporti di stretta collaborazione avviati
con la Chiesa romana. Cercheremo di condensare qui sotto alcuni di questi punti di
dissenso, in riferimento alle dichiarazioni
del segretario generale del CFC.
1) Da un punto di vista di metodo, i
quadri ufficiali del CFC danno per scontata la collaborazione con la Chiesa di Roma. Così non è, però, e senz'altro uno dei
momenti più «caldi», a Uppsala, sarà proprio il dibattito su questa iniziativa, che è
stata presa dai dirigenti del CFC senza averne ricevuto mandato daH’assemblea generale dopo un dibattito esauriente.
2) Quanto al contenuto, riteniamo assai
equivoca Laffermazione — a nostro avviso,
fondamentale — che « la divergenza con
la Chiesa cattolica è di ordine ecclesiologico », lasciando quasi intendere che invece
in altri settori la divergenza non ci sia o
non sia profonda : se questo fosse il pensiero, ci troveremmo di fronte a un non-senso teologico. Dovrebbe ormai essere evidente a tutti — c comunque va sempre ripetuto che se rifiutiamo il primato papale e
1 ordinamento della Chiesa di Roma, non
è per motivazioni democratiche e libertarie,
per insofferenza all'accentramento, per invincibile anticlericalismo, ma perchè un Dio
che si vincola a tal punto ai canali ecclesiastici (il magistero, i sacramenti, l'istituzione) non è l’Iddio vivente e libero e sovrano che incontriamo nelle tesitimonianze
profetiche e apostoliche. Non si tratta dunque di una questione, in fondo umana, di
organizzazione, ma del modo di ricevere e
di vivere il rapporto con Dio; sicché la divergenza ecclesiologica è in realtà una divergenza teologica, nella radice stessa della fede. Ovviamente lo stesso vale da parte
cattolica: la grandiosa evoluzione conciliare mostra la capacità straordinaria di ringiovanimento e di aggiornamento del plurisecolare organismo romano, ma sia la costituzione « De Ecclesia » sia innumeri opere di teologi « progressisti » dicono a tutte
lettere che anche da quella parte la questione ecclesiologica è avvertita come una
questione ultima, una questione di fede. Due
fedi a confronto, dunque, inconciliabili. E
una sola può essere vera, fedele aH’Evangelo. Guai se la buona volontà ecumenica
spingesse a risparmiarsi il rischio della fedeltà.
Ci dispiace, ma soprattutto ci preoccupa
che questa questione fondamentale non affiori per nulla nell’intervista del past. Blake.
Da questo dissenso di base dipendono altri
rilievi che ci pare di dover muovere a questo documento.
3) Disconoscendo o tacendo questa divergenza teologica fondamentale, il discorso
del segretario generale del CEC cade in
semplificazioni che si prestano ad equivoci.
Ad es„ quando nota ii movimento di risveglio del laicato in tutte le Chiese, trascura
però di sottolineare che la « condizione
laica » — se così possiamo dire! — resta essenzialmente diversa nel cattolicesimo e
nelle Chiese del CEC. O ancora, quando
nota con comprensibile soddisfazione che
Roma non parla più di « ritorno », ma non
accenna affatto al movimento postconciliare
di assimilazione universale (la nuova cattolicità!), che è solo la versione aggiornata e
dilatata della millenaria vocazione del cattolicesimo.
3) Neppure possiamo condividere il
discorso sul primo posto nel movimento ecumenico, di cui il CEC non avrebbe da essere geloso; e il nostro non è un atteggiamento grettamente concorrenziale. È possibile che Roma stia effettivamente avviandosi a diventare il centro del « movimento
ecumenico » o almeno di quel che resta
(umanamente, non poco) del movimento
ecumenico; ma sarebbe la vera fine di esso. La Chiesa di Roma non è ancora pervenuta al livello ecumenico, non si è mai riconosciuta e costituzionalmente non può riconoscersi Chiesa sorella, bensì madre e
maestra (sia pure nell’ambito di una... scuoattival); essa e il CEC non stanno a fronte
come due entità analoghe, come del resto
nota giustamente il past. Blake : la Chiesa
romana non è nè una comunione di Chiese, quale è il CEC, nè una Chiesa che possa chiedere di entrare accanto alle altre nel
CEC. Occorre allora trarne le conseguenze ;
la Chiesa cattolica potrebbe dunque entrare
nel CEC soltanto a condizione che ovvero
essa ovvero il CEC non fossero più ciò
che sono e che vogliono essere.
4) È dunque ovvio che riterremmo fatale l'ingresso eventuale della Chiesa di Roma
nel CEC, Tuttavia, almeno nella forma che
il CEC conserva tuttora, questo ingresso
non si verificherà; l'azione che, con teologica coerenza, il cattolicesimo romano persegue nei confronti delle altre confessioni
cristiane, sarà molto più duttile ed efficace
se, senza troppo legarsi istituzionalmente, si
stimolerà la collaborazione daH’esterno, moltiplicando i gruppi congiunti (non più soltanto « misti ») di studio e di azione. Chissà che pian piano, intanto, la pera non maturi e non basti una scosserella alla pianta...
Invero il disorientamento in campo protestante ed « ecumenico » non è poco.
5) Coerentemente, ci preoccupa e ci
rattrista ogni « avvicinamento » degli orto
dossi (e degli anglicani) a Roma, anche se
per ora ci si è mantenuti a livelli piuttosto
superficiali ; scambi di visite, di reliquie e
pergamene, contatti diplomatici e abbracci
televisivi. Abbiamo già detto in passato come. a nostro avviso, il cattolicesimo non
romano si trovi oggi a un bivio fatale. Non
comprendiamo, quindi, l'entusiasmo ecumenico del past. Blake al riguardo.
6) Infine, il paragrafo suH’ecumenismo
in Italia merita di essere notato. Le Chiese
evangeliche italiane vi sono presentate in
modo che ci si potrebbe chiedere, con una
punta d’ironia, se ci troviamo in una situazione minoritaria, minorile o minorata... La
solita spiegazione psicologizzante dell’atteggiamento di una minoranza in passato perseguitata, ecc. A parte il fatto che non pochi evangelici italiani darebbero grandi consolazioni al past. Blake. anché noi che passiamo fra i più « duri », non ci sentiamo
affatto gli stambecchi di una provinciale riserva religiosa, psicologicamente condizionati, con cui si devono avere pazienza e
riguardi particolari. Noi cerchiamo di capirlo. il cattolicesimo e pensiamo di averlo
studiato e capito abbastanza; così come siamo certi che esso, nei suoi spiriti più aperti e vivi, ci comprende (pur mantenendo
il dissenso), forse più di non pochi protestanti. Eppure il past. Blake, nel corso della sua visita romana del maggio scorso,
aveva incontrato alcuni di questi evangelici italiani e discorso fraternamente con loro. In seguito a quella riunione, il Moderatore Neri Oiampiccoli aveva rilasciato a
« Nuovi Tempi » (28-5-’67) una dichiarazione in cui sottolineava la chiarezza teologica
e il realismo ecumenico del segretario generale del CEC. Ci dispiace fortemente di
non averli ritrovati neli’intervista concessa
a «Le Missioni Cattoliche», la quale avrà
naturalmente una larga eco nel nostro
paese.
Diamo atto al past. Blake dell’humour
che accompagna il suo indubbio senso vocazionale quando scrive, di fronte alle difficoltà massiccio che incontra e in particolare
alla ormai prossima scadenza di Uppsala :
« Spero e prego perchè questa mia carica
non mi faccia, almeno, provocare dei disastri ». Il fatto grave è che la posizione che
egli esprime è tutt'altro che isolata, anzi
sembra andare per la maggiore negli ambienti ecumenici ufficiali e responsabili.
G. C.
Culto radio
domenica 11 febbraio
Past. GIOVANNI LENTO
Palermo
domenica 18 febbraio
Past. SALVATORE CORDA
Adliswil - Zb.
4
pag. 4
N. 6 — 9 febbraio 1968
Si è spwita « Sanremo la Signora Janni AssisteDza evaoielicd ai Carcerati
All’alba del 26 Gennaio è mancata a
Sanremo la decana della nostra comunità, Felicita Long, vedova del Pastore Ugo Janni. Proveniva da una famiglia di San Germano Chisone, nelle
Valli Valdesi, ma era nata a Marsiglia 98 anni or sono. Oltre che la sua
eccezionale vigoria fisica, quello che
meravigliava i visitatori era la sua
perfetta lucidità mentale e l’equilibrio dei suoi ricordi e dei suoi giudizi. Venne a Sanremo compagna del
Pastore Ugo Janni, quando questi era
ancora a capo della Congregazione
Cattolica Riformata, passando poi alla
Chiesa Valdese nel 1901. Da allora, accanto al marito e fino alla morte di
quest’ultimo nel 1938, essa fu animatrice della Chiesa di Sanremo. Anche
in questi ultimi anni, malgrado la grave età, essa aveva piacere di ritornare
di tanto in tanto ai culti.
La comunità è accorsa numerosa
lunedì, 29 u. s. nel tempio, per testimoniare la sua simpatia cristiana alla figlia e ai parenti tutti.
Il Pastore Aldo SbaiQ ha portato il
saluto della Tavola Valdese, ricordando anche l’opera del Dr. Ugo Janni, e
il Pastore Silvio Long ha innalzato la
preghiera. R. N.
POMARETT
Domenica 28 gennaio il culto è stato presieduto dalla Pastoressa Carmen Ceteroni;
messaggio incisivo e ricco di riflessione per
la chiesa. L’occasione di avere, seppure per
qualche ora, i coniugi Ceteroni, in procinto
di partire per la loro missione iu Germania
è stato motivo di gioia per noi. Che il Signore dia loro molta allegreitza per Topera
ehe stanno compiendo per i nostri operai all'estero.
Ricordiamo la riunione femminile di domenica 11 febbraio alle 14,30 alla sala delle
attività; sarà presieduta dalla sig.na Selma
Longo che parlerà sull’opera dell’Istituto di
educazione « Comandi » dove Virgilio Sommani ha ricevuto la sua profonda formazione.
Domenica 11 febbraio ,anziché il 18, avrà
luogo un culto di Santa Cena per esprimere
a Dio la nostra riconoscenza per il dono del.
la Libertà in Cristo.
Ricordiamo la visita della Corale di Torino che canterà nel tempio di Pomaretto la
vigilia del XVII e cioè il venerdì 16 febbraio alle 20,30 subito dopo i falò. Messaggi
da parte dei Pastori e laici saranno rivolti
alla comunità.
Programma della «Festa Valdese»; Venerdì 16 febbraio: visita della corale e comunità di Torino alla nostra chiesa per la
vigilia del XVII; ore 20,30 riunione nel tempio, dopo i falò, con canti della corale di
Torino, messaggi brevi e poi ricevimento
nella sala delle attività; Sabato 17 febbraio:
ore 8 corteo; ore 10 : culto; ore 12,30 : agape fraterna; ore 20,30 : recita (Dentro di
noi).
Fiori in memoria di Virgilio Sommani:
ei sono pervenuti per la nostra Scuola Materna, quale segno di affetto avuto per il diletto Pastore e pedagogo valdese: L. 6.000:
Eugenio ed Elena Girardet, Roma; L. 5.000;
Seiffredo Colucci e sig.ra, Lusema S. Giov.;
Franco e Margherita Sommani, Firenze;
L. 1.000: Ribet Ines.
Fiori in mem. di Elda Jahier: L. 4.000:
Bouchard Long Irma; L. 3.000: Paschetto
Lina; L. 2.000; Tron Paolina, Rostan Clara;
L. 1.000: Bleynat Letizia Giaccone, Maurino Letizia.
Con fiori che non periscono le amiche di
Elda Jahier l’hanno ricordata. I bambini della Scuola Materna possono sperare di veder
continuata un’opera che non perisce e che
dura più di un giorno!
Non dimentichiamo la riunione prossima ;
Martedì 13 febbraio, al Clot Inverso.
Desidero anche quest'anno ringraziare, da
queste colonne, quanti hanno cooperato con
i loro doni al « Natale dei Carcerati »; ed
in modo seciale coloro che non hanno potuto essere ringraziati direttamente, perchè
hanno inviato la loro offerta sotto il velo
dell'anonimo. Essi sono: A.L.T., Pinerolo
(in lettera) L. 10.000; B.E.T., Torino (in
francobolli) L. 600; B. S., Torino L. 5.000;
E. G., Torino L. 10.000; E. G., Sanremo
L. 5.000.
Ringraziamo pure quanti hanno contributo per l'invio della radiolina richiesta da
un detenuto. Egli scrive:
« Sento il vivo desiderio di ringraziare
con tutta la sincerità del mio cuore i cari
e diletti fratelli e sorelle nel Signore che
hanno partecipato con la preziosa carità ed
hanno esaudito il mio desiderio, lo non so
trovare parole abbastanza belle per esternare i miei più vivi ringraziamenti e gratitudine... ».
E in una lettera seguente : « Ogni Domenica mattina alle ore 7,40, quando trasmettono il Culto Evangelico da Roma, mi
sento una grande gioia nel cuore, e questa
mia grande allegrezza la devo anche a voi
per il grazioso dono della radiolina... La
tengo gelosamente custodita e me ne servo
soltanto la Domenica mattina...».
In occasione del Natale sono stati inviati
60 vaglia e diversi pacchi d'indumenti; 50
copie del numero speciale del Grido di
Guerra, e una trentina di copie del Calendario « Buon Seme » (dono graditissimo del
Messaggero Cristiano di Valenza Po); alcune copie di «Valli Nostre», e 30 « Christmas Letters to Prisoners » deH’omonimo
Comitato di Londra.
Fra le molte lettere di ringraziamento ricevute, stralciamo il seguente brano della
lettera di un detenuto soltanto da pochi
mesi in relazione con me:
« La ringrazio, sorella, per quanto ha
fatto per me, mi creda mi ha portato un
po' di pace, perchè ora so di non essere
solo, ma di avere nel mondo anch’io qualcuno che mi pensa e mi fa sentire meno
solo. E tutto questo lo devo a Lei, cara
sorella, non ho parole per dirle tutto il mio
grazie ...».
E questi ringraziamenti e quello di tanti
altri li passo a voi, cari Amici, che con i
vostri doni così fedeli e generosi, mi avete
dato la possibilità di portare un po’ di gioia
e di conforto a tanti sventurati.
Con ringraziamenti e saluti cordiali,
Selma Longo
10066 Torre Pellice (To)
FRALI
Durante queste ultime settimane il lutto
ha colpito numerose famiglie della nostra
Comunità. Il Signore ha infatti richiamato
a sè la sorella Giovanna Martinat v. Grill,
a Rabiere, l’8 dicembre dopo anni di sofferenza, all’età di 84 anni. A Villa è deceduta
il 21 dello stesso mese la sorella Maddalena
Grill, tolta improvvisamente aU’affetto della
sua famiglia a 85 anni. La mattina di Natale è mancato il fratello Marcello Grill di
Malzat all’età di 58 anni. Il 16 gennaio è
deceduta presso il figlio Luciano, a Ghigo,
la sorella Giovanna Adele Artus v. Barus a
63 anni di età. A queste famiglie così provate ripetiamo ancora la parola piena di
speranza che Gesù ci ha detto : « Io sono la
resurrezione e la vita, chi crede in me anche
se muore, vivrà ».
Quattro famiglie sono state allietate dalla
nascita di altrettante bimbe : Ivana, primogenita dì Nino e Leontina Peyrot (Orgere);
Ada, primogenita di Osvaldo e Laura Richard (Villa); Silvia di Franco e Danielle
Giampiccoli (Agape), e infine Vera, di Ettore e Nella'Rostan. Chiediamo al Signore di
guidare queste sue creature e di farne un
giorno dei suoi testimoni.
Il 24 dicembre si sono uniti in matrimonio nel tempio di Ghigo : Piero Paschetto
(Torre Pellice) e Maria Barbero (Pinerolo).
Aumenta cosi il numero di amici di Frali
che scelgono questa Comunità per celebrare
il loro matrimonio e con i quali ci auguriamo di poter rimanere in contatto anche per
'A futuro.
La sera di Natale i ragazzi delle scuole
di Ghigo e di Villa hanno organizzato per
le loro famiglie e per tutta la comunità una
riuscita serata con l’albero di Natale. I ragazzi di Villa hanno recitato varie poesie, il
coro della Scuola Domenicale e la Corale
hanno cantato inni e canti ed i ragazzi di
Ghigo hanno presentato una recita, scritta
e diretta dalla maestra Liliana Viglielmo
dal titolo (( Il Natale di Hans », che ha riscosso un meritato successo. Alcuni ragazzi
provenienti da altre Scuole Domenicali e che
trascorrevano le vacanze a Frali hanno completato il programma con i loro interventi.
Sempre in tema di serate, la Filodrammatica di Angrogna ha sfidato la tormenta che
soffiava implacabile la sera del 6 gennaio per
venire a recitare « La luna è tramontata » di
J. Steinbeck, Nonostante il Icuipo sfavorevole che ha trattenuto molli spettatori —
specialmente dai quartieri più lontani —
un buon pubblico ha applaudito gli attori
i quali, con il loro impegno, hanno dato vita
ad una serata che ha certamente offerto argomenti di riflessione a molti spettatori. Un
fraterno incontro con l’Unione di Frali ha
terminato la serata.
L'Unione Giovanile vede quest’anno aumentare il numero dei suoi membri che si
impegnano attivamente per la preparazione
dgli studi. In questo ultimo periodo Mariella
Richard ha magistralmente presentato il libro « Tanguy » e Lilia Da vite ha riferito
sulla fame nel mondo.
I LEYTORI CI SCRIVONO
Md non c’è
la Croce Rossa
Internazionale ?
Un lettore, da Gorle:
Signorina Munzi,
poiché ancora ima volta Lei ha voluto scrivermi attraverso l’cc EcoLuce » del 15-12 u. s., e non direttamente (come Tavevo invitata per non
annoiare molti lettori, l’insieme dei
quali, salvo pochissime eccezioni, ha
mantenuto purtroppo il silenzio anche su questo argomento...), sono obbligato a risponderle attraverso Io
stesso settimanale, pregando di scusare per l’involontario ritardo.
Pur comprendendo il Suo desiderio
di fondare anche Lei qualche comitato per aiuti ai bambini del Vietnam, devo dirle che io sono del parere sia molto più pratico e conveniente, invece di creare tanti nuovi
organismi più o meno necessari e vitali, di versare il proprio contributo
al Comitato Internazionale della Croce Rossa (C.I.C.R.), che ha sede in
Ginevra (1211) . Àvenue de la Paix,
n. 7.
Le ricordo che questa benemerita
Istituzione è assolutamente indipendente da qualsiasi Stato (perfino dalla Confederazione Svizzera che pure
la finanzia per la quasi totalità, sebbene in un recente discorso l’esponente del Governo elvetico, qualifi
calo in materia, abbia vivamente auspicato che, tenuto conto di quanto
la C.R.I. ha già fatto in aiuto della
umanità sofferente in tutto il mondo,
e dei suoi grandissimi bisogni, anche
altri Paesi — ed io credo che alcuni,
fra cui l'Unione Sovietica, sarebbero
ben in grado di farlo...! — sentano il
dovere di dare ad essa un loro contributo concreto). Le faccio pure presen.
te che il suddetto Comitato è del tutto
imparziale (ossia, aggiungo, animato
da vero spirito cristiano) e ch’esso
possiede una particolare esperienza,
acquisita in una lunga ed intensa attività. Il C.I.C.R. riceve aiuti materiali (di cui, credo, la forma più semplice e pratica è quella delle rimesse
in denaro) anche per una destinazione a scelta dell’offerente, per la quale siano all’opera le sue delegazioni
od incaricati. Le posso dire che nel
Vietnam esso ha istituito delle stazioni di rifornimento di latte per i bambini, dei quali ben 30.410 ne hanno
ricevuto nel solo mese di luglio 1967
(pur dopo Tocclusione del Canale di
Suez ad opera degli Egiziani, ciò che
ha ostacolato per un po’ di tempo la
tempestività dei soccorsi della Croce Rossa Internazionale all’Estremo
Oriente); e che si è preoccupato di
fornire alla popolazione di quel Paese (se volesse notizie e cifre si potrebbe rivolgere direttamente all’indirizzo che Le ho dato) viveri, indumenti e medicinali. Aggiungo poi,
perchè ne prenda nota, che la Croce
Rossa Americana in maggior misura,
e quelle di quasi tutti i Paesi del
Mondo libero (esclusa, stranamente,
l’italiana!...) hanno svolto anch esse
una analoga azione assistenziale nel
V'^ietnam, naturalmente nei luoghi in
cui hanno potuto agire e nei limiti
delle loro possibilità finanziarie.
Quindi, devo dirle che rispondo di
no all’invito a far parte del Comitato
da Lei proposto, precisando, a scanso
di equìvoci (sebbene avrei preferito
tacerlo), che ho già versato il contributo che ritenevo di poter dare, particolarmente per quest’anno, al
C.I.C.R., devolvendolo per l’alimentazione dei bambini arabi vittime della guerra che l’ignavia, la presunzione e la malvagità di troppi loro padri e confratelli hanno provocato otto
mesi or sono, nel vicino oriente :
bambini, che non credo vedano tutti
quei viveri, indumenti, medicinali,
ecc. che, specie da parte degli U.S.A.
arrivano alla popolazione civile del
Sud Vietnam (anche se, naturalmente, i suoi bisogni sono alquanto superiori alle disponibilità di tali aiuti) e,
forse, nemmeno l’entità di quelli, eer.
to molto più scarsi, che i Paesi co
munisti ed i loro vari seguaci porta
no nel Nord-Vietnam.
Riguardo poi ai passi del rapporto
di W. F. Pepper, della Commissione
per i Diritti dell’Uomo, da Lei citati,
Le devo far notare che quando dice ;
(( ...i dati ufficiali stimano che 415.000
civili (di cui 250.000 sarebbero bambini) sono stati uccisi dal 1961... nel
Vietnam del Sud », il suddetto relato
re non sostiene certo la tesi di Lei e
Suoi compagni che vogliono dimostrare la barbarie dei bombardamenti
americani, i quali avvengono, invece,
come Lei certo certo saprà, nel Vietnam del Nord: anzi, sembrerebbe che
detto rapporto voglia ricordare... le
molte stragi di civili, bambini appunto compresi, compiuti dai terroristi Vietcong, agli ordini del comu
nlsmo nordvietnamita e cinese, se
non anche russo, negli attentati ad
ospedali, scuole, luoghi e mezzi di
trasporto pubblici. Su tali violenze,
come già Le scrissi nell’« Eco-Luce »
del 6-10-’67, Lei può trovare interessanti notizie e fotografie nella pub
blicazione del giornalista svizzero J. R
de Ziegler, 283 Norfolk Street Strand, London W C 2, come pure
dati statistici che possono considerarsi fra i più seri, nell’opuscolo di Giu.
seppe DairOngaro: «Vietnam: perchè la guerra? » . Stec - Roma - Edi.
zione « Il Giornale d’Italia ».
Non capisco poi perchè, secondo
fonti del suddetto rapporto Pepper,
bambini ustionati più o meno gravemente vengano nascosti a medici americani recatisi nel Vietnam: sìa che
si tratti di quello del Sud, dato che
sono proprio gli Americani che cer
cano di alleviare come possono le sof
ferenze della popolazione civile di
quel Paese, e che questo stesso ha tutto rìnteresse ad essere aiutato; sia
che si tratti di quello del Nord, dove
i comunisti locali trarrebbero un
grande vantaggio propagandistico
« presentando », anziché nascondendo,
a detti medici (che, tra l’altro, per
recarsi colà dovrebbero essere « sim
patizzanti » della causa nordvietnamì
ta), i bambini ustionati o mutilati, ciò
mi sembra controproducente, cosi come poco logiche mi appaiono alcune
altre frasi del rapporto da Lei citato.
Comunque, riconosco senz’altro che
la situazione è tragica, sia nel Vietnam del Nord, che del Sud, e dobbia.
mo augurarci fervidamente che non
peggiori ancora molto, tanto in quella reg'one del mondo che in altre..-.
E ciò, anche per colpa di coloro, spc
eie se anziani (...ai quali Lei forse
non appartiene...), che, pur avendo
un cervello ed un cuore, si dimenticano cosi facilmente di due delle cau
se principali, probabilmente anzi le
principali, che hanno portato nel cor.
so deLa storia alle varie guerre, ed in
particolare alla seconda mondiale :
ossia la paura e l’indecisione di fronte al prepotente ed all’aggressore.
Con questo augurio Le contraccambio i Suoi cordiali saluti.
Giovanni ZavarUt.
Perché ero
alla veglia
per la pace
Una lettrice, da Torre Pellice:
Caro direttore,
desidero unire la mia voce a quelle di Bruno Rostagno e di Riccardo
Gay, perchè alla veglia delTultimo
deH’anno, a Luserna S. Giovanni,
c’ero anch'io. Si, c’ero anch’io (perchè
ritengo mio dovere partecipare alle
veglie ed anche alle marce di protesta,
dato che costituiscono per me Túnico
mezzo per testimoniare della mia volontà di pace e del mio desiderio di
giustizia. Non escludo però che io vi
partecipi anche per tacitare la mia
coscienza, perchè ho il rimorso, anzi
l’angoscia di non fare nulla, proprio
nulla, perchè gli « altri » possano
avere pace, sia che questi « altri » si
trovino a corahattere nel Viet-nam o
lottino per condizioni più giuste nei
quartieri negri d’America o soffrano
nei campi di concentramento delle
isole greche e nelle prigioni di Spagna 0 infine patiscano la fame, non
solo nei paesi sottosviluppati ma nel
nostro stesso paese! Infatti non devo
andare tanto lontano con il pensiero
per accorgermi che non sono capace
di fare niente, nemmeno in situazioni molto a me vicine, situazioni
concrete, reali. Mi sento angosciata,
ma anche nell’ìmpossihili’tà di recare
un qualsiasi aiuto, se mi capita, come poco tempo fa, di vedere delle
donne piangere perchè, in fabbrica,
non riescono a tener dietro ai tempi
di produzione, si prodigano ai limiti
delle loro possibilità, ma non ce la
fanno a produrre il numero troppo
alto di confezioni loro imposto. Vivono con la paura dei rimbrotti e dei
licenziamenti. E questo un vivere in
pace?
Voglio ringraziare molto coloro che
hanno organizzato la veglia delTultimo dell'anno, finalmente anche nella
valle del Pellice, perchè ho potuto
così anch'io, con la mia presenza, protestare contro la guerra e l’ingiustizia.
Anna Marullo
Lasciate parlare
chi ha
esperienza diretta
Un lettore, da Torino:
Caro direttore,
come ben dice il Sig. Rostagno, sarebbe bene che qualcuno con espe, rienza di Fiat ad altri livelli che
quello dirigenziale prendesse la parola in merito alle condizioni di lavoro esistenti alla Fiat stessa. Ora, essendo stato nelle diverse condizioni
(manovale, operaio, operatore, capo
squadra e assistente), penso di essere
in grado di dare un quadro abbastanza obbiettivo benché naturalmente personale.
Ritengo che, sulla questione, la
base del problema sia soprattutto nel
sapersi accontentare del proprio stato
o tenore di vita senza pretendere uno
stipendio in cambio di prestazioni poco faticose o addirittura divertenti.
La Fiat come tutte le industrie in
generale non fa della beneficenza e
deve difendere il proprio mercato,
per cui è obbligata non solo a contenere i costi, ma a diminuirli per poter reggere la concorrenza che con
il M.E.C. si fa ogni giorno più aggressiva.
La verità è che la maggior parte
degli operai vorrebbero migliorare il
proprio tenore di vita ma non sono
disposti ai sacrifici che questo comporta; oppure per mantenere quello
ottenuto fanno una vita talmente logorante che li abbrutisce e li rende
astiosi verso la società. E’ l’equilibrio
fra le due cose, tenore di vita e soddisfazione, che è difficile da raggiungere e soprattutto da mantenere.
11 Sig. Rostagno parla di logoramento non dei muscoli ma del sistema nervoso. Ora il logoramento è soprattutto voluto dall’operaio stesso,
perchè io mi ricordo benissimo che
dovevo compiere lo stesso ciclo di
operazioni circa tremila volte nelle
otto ore e che sicuramente se ogni
volta che eseguivo quell’operazione mi
fossi detto « Com'è noiosa » nel giro
di tre giorni sarei stato sulTorlo del
collasso; ma io potevo benissimo pensare ad altro e lo facevo, perchè sapevo bene quanto fosse pericolosa per
la mia salute mentale quella forma
di « automontatura ». Non nego che
ritornando a casa fossi stanco ma penso che a fare lo stradino o lo scaricatore di porto sarei stato ancor più
stanco e forse meno remunerato.
li problema presenta però un altro
lato che per dovere di obbiettività
non posso nascondere, ed è che talvolta dei capi, per mettersi in luce
presso i propri! superiori, operano
dei tagli sui tempi dei cottimi addirittura in concorrenza con i servizi
preposti a tale scopo, con il risultato
di una corsa al « taglio » che va tutta
a detrimento delToperaio. Naturalmente a difesa di ciò la direzione
dice che se il taglio è stato fatto è
j)2rchè prima i tempi erano troppo
larghi e che perciò sarebbe necessario
ringraziare che fino allora si era la
volato poco.
Ora tjuesto farà sorridere qualcu
no. ma io posso testimoniare che die
ci anni fa c'erano degli operai che in
quattro o cinque ore. di lavoro facevano la produzione dì otto ore e che
poi attendevano tranquillamente la
fine delTorario di lavoro. Per cui da
un punto di vista di scrupolosa one
là penso che la cosa non sia proprio
ineccepibile.
Certo che quegli operai che lavo
ravano solo il 60/70% delle loro ore
di presenza (ricevendo naturalmente
la retribuzione al 100%) vedendosi costretti a lavorare due ore di più a
giorno si lamentano, dicono che il
ritmo è diventato insostenibile ecc
ma il tutto va ridimensionato e non
generalizzato come pare di moda oggi. Per cui è meglio lasciar parlare
e scrivere le persone a cui 1 argomen,
lo in discussione sia noto nei piu prò
fondi particolari per averlo vissuto e
non a giovani e studenti che di lavoro non ne hanno ancora compiuto
molto, per cui non possono avere la
maturità e Tesperienza necessarie per
un opportuno filtraggio e un sereno
giudizio delle cose. A chiusura penso
che l’amore e la volontà per la Pace
sarebbero meglio espresse con forme
di pacificazione verso gli animi esacerbati e non con rinfocolamenti di
asili e odii già purtroppo sempre giacenti nelTanimo umano.
Cordialmente
Fiorello Beux
Non equivochiamo
Un lettore, da Luserna S. Giovanni:
Caro direttore,
davo per scontate le due lettere
pubblicate sul n. 5 dell’« Eco-Luce »
in relazione aDa mia pubblieata sul
n. 3. Per quanto riguarda quella del
dott. prof. Riccardo Gay non mette
conto fare osservazioni : è esattamente quale Taspettavo. Il dr. prof. Gay,
assessore socialista a Luserna S. Giovanni e probabilmente organizzatore
o coorganìzzatore della veglia di fine
anno, doveva — noblesse oblige —
rispondere e questo ha fatto in ter
m’nì corretti e signorili di cui gli dò
atto. Il suo intervento rimane però li.
mitalo nei termini su esposti, essendo
egli, per quanto mi consta, valdese
secolarizzato, come oggi si usa dire.
Per la lettera del pastore Rostagno
la cosa è un po’ diversa. Questa lettera evidenzia ancora una volta, se
ve ne fosse la necessità, che nella
Chiesa si è determinata una frattura,
forse insanabile. Si prende atto di
questo dato di fatto e basta.
Quel che può dispiacere nella let
tera del past. Rostagno è il voler
equivocare su mie espressioni, il che
non è corretto.
Nella mia lettera non ho inteso
affrontare il problema del lavoro e la
sua più o meno grande pesantezza,
che non può essere peraltro valutata
su la base « del solleone o del freddo ». 11 lavoro pastorale ad es. può
essere ovviamente enormemente piu
logorante del lavoro manuale. Quan
to ho voluto chiaramente osservare è
che la guerra del Vietnam ecc. e le
condizioni di lavoro alla FIAT — e
vogliamo dire in qualunque azienda
— sono problemi di ordini dì grandezza diversi, mentre sono problemi
dello stesso ordine di grandezza la
guerra del Vietnam e i processi agli
intellettuali russi, la violenza delle
guardie rosse cinesi, ccc. con scarsa
obiettività taciuti dal past. Rostagno.
Spero che il past. Rostagno intenda
questa semplice espressione matematica. In caso contrario dovrei dire che
«pour un clerc la cho.se est plutôt
grave ».
Per quanto si riferisce alla mia seconda osservazione, se devo giudicare
dai numerosi consensi ricevuti per la
tuia precedente, sono sempre più confortalo nel parere che i Valdesi delle Valli hanno dato prova di serietà,
disertando la veglia politica di fine
anno. Su questa astensione il giudizio del past. Rostagno e mio sono divergenti; ebbene ognuno si tenga la
.sua opinione, il che però non tog le
che. in sede sperimentale, 1 Valdesi
non partecipano, tranne rare eccezio
ni, alle veglie e alle marce politiche.
Coi più cordiali saluti.
Guido Ribet
Politica
e teologia
Caro direttore,
a proposito delle obiezioni fattemi
dal Dr. Giorgio Rochat, vorrei aggiungere alle tue righe di risposta,
delle quali ti ringrazio, alcune osservazioni personali.
Io m’ero impegnato a dar notizia
sui lavori del Campo Invernale, ad
Agape, soltanto per la parte a cui
avevo presenziato. Ciò è detto esplicitamente nelle prime righe della mia
« Anal.si critica » (v. « Eco-Luce n
del 19-1, n. 3^ p. 3). Ma di teologia,
nella prima parte, s’era parlato poco
o niente. Venerdì 29 dicembre vi fu
un vigoroso e bel culto del pastore
Tourn, nel cui sermone vennero prò
posti alcuni temi, fondamentali sul
l’argomento, tratti dall’Antico Testa
mento. Tali temi furono studiati pre
lìminarmente, nei seminari, il pome
riggio di sabato 30. Io partii da Aga.
pe la mattina di domenica: la mia
permanenza lassù fu dunque tale da
non poter riferire seriamente sulla
parte teologica del Campo, parie che
venne poi svolta in tutta la sua ampiezza. come m'è stato detto, soltanto
nel pomeriggio di domenica e nella
giornata di lunedì.
Ma le obiezioni del Dr. Rochat, se
non erro, sembrano alludere proprio
a questo: che una relazione, come la
mìa. sui lavori del Campo, limitata
alla sola parte politica, non potrebbe
dare una visione esauriente ed obicitiva neppure di tale parte, perchè
questa sarebbe concettualmente condizionata dall’altra. Io non avrei capito che « certe perplessità suscitate
da Israele oggi non hanno solo origine pol.tica, ma anche teologica », afferma infatti il Dr. Rochat.
Non so in che senso io possa non
aver capito questo fatto. Se si traila
semplicemente d’un fatto psicologico
di qualcuno ad Agape, magari anche
della maggioranza degli intervenuti,
io lo comprendo benissimo: in certa
misura, lo condivido anch’io. Concet
tualmente direi invece che i problem
teologici sono metastorici e metapoli
tici, "come lo sono in generale i prò
blemi della fede. I credenti non pos
sono non occuparsi di politica, essi
devono occuparsene : anzi lo devono
fare comunitariamente. Ma non possono. nè devono, condizionare la poi:iica alla fede, o viceversa. E questo,
credo, è dimostralo in vario modo:
non per ultimo, dal fatto che, in linea di principio, la Chiesa ha il dovere di non pronunciarsi nè per la
conservazione, nè per la rivoluzione,
nè di tarsi .sostenitrice di alcuna formazione politica.
Naturalmente si possono condurre
due discorsi, quello jiolitico e quello
cristiano, simultaneamente e su due
lince parallele, o magari anche su
due linee formalmente (dico « formalmente »!) intrecciantisi. Ma questo. ad Agape, fino alla mattina del
31 dicembre, non è stato fatto ne io
intendo dolermene.
Coi più cordiali saluti.
Tullio Viola
5
9 febbraio 1968 — N. 6
pag. 5
Seoondo la fede che professiamo
in umiltà e fermezza
Un ordine del giorno del Consiglio di Chiese sulle manilestnzioni ecumeniche
CìH (¡nziiini e i diaconi del Consiglio di
Chiesa nella seduta de! 5 gennaio si sono
i’i encciipati dei sempre più frequenv contatti
ufficiali o ufficiosi con persone e gruppi
cattolico-romani, tn un o.d.g. hanno fissato
alcuni punti sui quali si richiama l'attenz'one
della Chiesa.
1, « È utile e buona cosa incontrarsi
con credenti di altre Confessioni, purché si
cerchi — se invitati come "evangelici" —
di dare un apporto che sia secondo la fede
che professiamo. A nostro avviso, chi partecipa a incontri interconfessionali è tenu<to
in coscienza a dare una testimonianza nella
forma e con gli argomenti che l'occasione
suggerisce, con umiltà e fermezza, senza secondi scopi.
2, <c La responsabilità di chi partecipa a
tali incontri è tale che studio e preghiera
devono preparare una attiva presenza. Inoltre, per correttezza nessuno si può presentare quale delegato ufficiale della Chiesa, a
meno che il Concistoro ritenga che la natura dell'incontro sia tale da dover designare una o più persone.
3, i( Per quanto è possibile all'interlocutore evangelico, consigliamo di dare agli incontri interconfessionali dei temi precisi e
negli interventi di riferirsi .sempre alla rivelazione hlhiica. Quando è questione di
"cerimonie ufficiali'’ — che generano più
confusione di spiriti che approfondimento
invitiamo a una vigile pruoccasione, si operi cercando
io di rJio e scartando altri
è conclusa con la colletta del culto della
domenica 28 gennaio.
— La Settimana di Preghiera, caduta nel
pieno dell'epidemia influenzale, sembra sintomo di ben altra malattia...
— Il Consiglio dei Pastori diffonde — sul
suggerimento emerso dall'ultima conferenza
del C.E.C. — una inchiesta « sulla validità
del nostro culto oggi ». Sarà argomento che
riprenderemo durante le visite, le riunioni
familiari, ecc.
Una visita
gradita
Al colloquio pastorale del Primo Distretto. che ha avuto luogo a Pinerolo venerdì 19 u. s.. era presente quale gradito
ospite il pastore Bruno Corsani, professore
di Nuovo Testamento alla nostra Facoltà
Valdese di Teologia. Egli ha intrattenuto i
colleghi con un interessantissimo studio di
teologia biblica sul tema; «Lo Spirito Santo ne'l'Evangelo di Luca e nel libro degli
/•ti ». Erano presenti, nella circostanza,
quasi tutti i pastori delle Valli, che hanno
sesuilo con attenzione ed interesse lo studiò del Prof. Corsani. Questi, sulla base di
numerosissimi passi degli scritti lucani, ha
diviso il suo studio in due parti, parlandoci
prima dello Spirito Santo in relazione con
la comunica dei credenti.
Siamo grati al Prof. Corsani per la sua
visita e cogliamo l'occasione per ringraziarlo sentitamente, a nome di tutti i colleghi. Ci auguriamo, inoltre, che questo incontro possa essere seguito, appena possibile, da altre gradile visite di docenti della
not’.ra Facoltà.
A. M.
Corrispondenza da Vittoria
Ä(i Adelfia sono ospitati novanta profujllii
Come forse già sapete, abbiamo messo
Adelfia a disposizione di quanti sono rimasti senza casa, dopo il terremoto che ha colpito una vasta zona della Sicilia, solo due
settimane fa. Dopo una lunga riluttanza iniziale a spostarsi dalle loro case e dalle loro
terre, le ultime scosse sismiche di questi
giorni hanno contributo a decidere l'esodo
dalle zone colpite. Attualmente abbiamo ad
Adelfia quasi 90 persone (potremmo ospitarne decentemente solo fino a 63!) e continuano ad affluirne altre. Speriamo di riuscire a persuadere le autorità locali della necessità di creare un altro centro in grado
di offrire un tetto, dei viveri e l’assistenza
medica necessaria.
Il nostro gruppo proviene quasi esclusivamente da Partanna (dei singoli da S. Ninfa e da S. Margherita Belice); siamo andati
noi stessi a prelevare le famiglie più bisognose ed abbiamo lavorato da Lorenzo Bar
KiiimiiuHiiiMuiiu' miHitiHii
iiiiniiiiiiiimiiitiiiMiiimiiii
DAL COLLEGIO VALDESE DI TORRE PELLICE
Lettere ai bambini siciliani
della venia —
denza; in ;n;
sempre la aio
motivi.
4. « C I ,
SETTI MA "a
L'UNITA ,i
abbiano non
■che l'intenzi-..n, .v,,
■e non solo nella io
L’ì
sol
'¡’ìli di preghiera — la
PREGHIERA PER
chiediamo che esse
jiio scopo preciso, ma
■ omune nella sostanza
ina.
« L'unita deila Ch.esa del Signore non è
nè "ritorno" ne reintegrazione" in questa
0 quella Confessione storica ; crediamo che
essa vada ricercata, invocata, attesa come
dono dello Spirito Santo. Per questo crediamo di dovere sconsigliare riunioni di preghiera per l'unità, dove due diverse intenzioni non riconciliate ancora, due mentalità. si esprimono con parole forse simili.
'< Attendiamo dal Signore, che opera già
in modo eviden.e. tempi più maturi — per
noi come per gli altri fratelli — perchè in
un medesimo spirito, nella stessa intenzione,
possiamo pregare per l’unità visibile della
Chiesa ».
V * *
Questa presa di posizione — che è risposta a un preciso mandato del Consiglio
di Chiesa — non abbisogna di commenti.
Il documento considera essenzialmente
1 azione di quel cattolicesimo « ufficiale v
che non opera mai liberamente, ma secondo direttive, ordini di marcia che sottintendono una tattica e una strategia. Noi
crediamo che tutto l'edificio del Cattolicesimo triileniino ilehha cadere — e cadrà! —
hè il popolo cristiano possa trovare la
sua I: 'ita.
'anima delle terre siciliane sconvollemoto ha sollevato una ondata di
.■ solidarietà. Anche noi fummo
Lin cataclisma, e sappiamo quanI.; partecipazione dei fratelli alla
■ iva. Da più parti ci è stato, con
, chiesto c( cosa dobbiamo fare ».
tituti « Ferretti » e « Gould » hanno subiio messo a disposizione dei posti per
oc nambini; può darsi che dobbiamo temporaneamente « adottare » qualche piccolo
ospite.
L stata aperta una scétoscrizione che si
■ - li ■
le dal
cornino ;
colpiti .
to vali',
noslra i
insisieiii
I 11,
A dieci giorni di distanza dal terremoto
che ha colpito la Sicilia occidentale, ho invitato i miei allievi di I Media a scrivere, a
scuola, deile lettere di simpatia che accompagnassero la somma di denaro raccolta
nella loro classe per i bambini sinistrati.
Lascio subito la parola ai miei ragazzi
riportando alcuni brani delle loro letterine
tanto spontanee e fraterne, poiché, attraverso le colonne di questo giungano al cuore dei loro compagni sventurati.
Citerò dapprima ie frasi che dicono quanto essi partecipino al dolore e all'angoscia
delle popolazioni colpite ed in particolare
dei bambini in età scolare; « Mi ha addolorato molto la notizia della catastrofe »,
« Mi rattrista il pensiero che voi abbiate
perso tutti i vostri libri e che le vostre scuole siano state tutte distrutte dal terremoto
e vi si presenti davanti il pericolo di perdere l'anno scolastico ». « Penso a voi che
ora non avete più un tetto per ripararvi
dalle intemperie, una stufa per scaldarvi,
dei letti per dormire, dei vestiti per ripararvi dal freddo e poco cibo per nutrirvi ».
« Comprendo il vostro dolore di non potere
più frequentare la scuola, non avere più i
propri compagni, i professori ». Ma un altro
ragazzo dubita di poter veramente comprendere situazioni tanto disperate e scrive;
« Noi non possiamo capire quanto abbiate
sofferto di freddo e di fame sotto alle tende ». Ed ancora un'altra frase che denota
sensibilità e profondità di pensiero; «Noi
noti riusciamo totalmente a sapete quanto
è grande il dolore di un sinistrato ». Diversi
studenti realizzano l'abisso che c’è tra noi
che viviamo in mezzo alle comodità ed i
terremotati esposti ai più grandi disagi, perciò così si esprimono ; « lo che ho tutte le
comodità possibili pensando a voi che abitate in tendopoli, all’umidità e al freddo,
credo che al vostro posto non potrei resistere ». « Mi fate molta pena laggiù in quelle tende al freddo e fino a questi giorni nel
fungo e alla pioggia ».
Dalla pena hanno origine sentimenti di
comprensione e di simpatia; «Tutti voi
avete paura ai tornare in un centro abitato
e avete l’ossessione del terremoto, vi capisco benissimo, anch’io al vostro posto avrei
paura ». « Il queste poche righe vi voglio
scrivere col cuore tutte la mia solidarietà e
simpatia ».
Sono veramente scritte col cuore queste
letterine, anche se non vi sono molto osservate le regole della grammatica e della sintassi. Ascoltate, bambini siciliani quello che
vi dice questo ragazzo; «lo vi considero
come frittela, io vi starò sempre vicino col
ctiore in ogni miititita scossa... State sicttri
che io vivo col mio cttore le vostre angosce
S. 6£RMA)^0 CHISOttE
Il Natale c pa.ssalo, come pure il Capodanno. Vogliamo ringraziare il Signore di
tulio quanto è stato fallo nel Suo nome, in
(juc.sto periodo. La celebrazione del Natale
deirUnione Femminile ha riunito un discreto numero di sorelle che hanno fraternizzato
fra loro attorno ad una tazza di tè e con lo
scambio di regalini. dopo aver udito il messaggio natalizio. Un piccolo numero di fedeli
.si è radunato nel Tempio le sere del 19, del
20 e del 21 per udire la predicazione dei pa.
stori .lalla. Carmen e Silvio Ceteroni che,
ancora una volta, hanno richiamalo rattenZione dei presenti sul significato del Natale.
Alla Casa di Riposo, le Signore dell'Unione hanno offerto una gradita merenda ai ricoverati. dopo il tradizionale culto settimanale. La rappre.senfazione natalizia data dai
Giovani e dalla Corale, guidata dalla sig.na
Tiirck e dal maestro Giordano, è stata una
novità molto apprezzata. Il culto alla Combina. organizzato in gran parte dai giovani,
ba avuto luogo il mattino del 24 dicembre.
L’a.ssemblea del giorno di Natale è stata
quella delle grandi occa.sioni; la Corale ha
preso viva parte al culto con Tesecuzione di
due cori diretti dalla sig.na Tiirck e dal
maestro Giordano che ringraziamo vivamente. Alla Mensa del Signore .si sono avvicinati
molti fedeli. Il 26 dicembre un'abbondante
nevicata, non ha impedito il normale svolgimento della festa dell'Albero di Natale per
gli alunni delle Scuole domenicali. Nella sala
gremita di un simpatico pubblico, i piccoli
e meno piccoli attori, sono stati molto applauditi per le loro recito e i loro canti intonali al Natale. Voglia il Signore far si che
lutti i messaggi uditi in questo periodo lascino tracce benefiche.
La sera del .31 dicembre ha visto riuniti
nella sala di Porte, un discreto numero di
S. Germanesi e Portolini, i quali hanno fraternizzato insieme aspettando il Nuovo Anno. Il mattino del 1 gennaio ha avuto luogo
il consueto cullo di Capodanno.
Il pomeriggio della domenica 7 gennaio,
la Casa di Riposo era di nuovo in festa: attorno all'Albero acceso, la Corale e un buon
numero di bambini della Scuola domenicale,
si sono alternati nel presentare recita e canti.
I Signori Balmas, custodi dei locali della
Chiesa, hanno lasciato il loro lavoro per mo.
livi di salute. Nel formular loro molti auguri, li ringraziamo per quanto hanno fatto in
questi anni.
diti liturgici Sono stati accompagnati
all estremo riposo: Sappei Pietro, il cui nome era sfuggito nella precedente relazione
per un errore di trascrizione. Balmas Enrichetta. Avondet Levi. Gönnet Marta ved.
Galhan, Gönnet Carlo Emanuele. Bertalot
Amalia ved. Balmas e Alliaud Ernestina. A
tutti i familiari di questi fratelli, rinnoviamo Pespressionc della nostra simpatia cristiana.
A Beux Oreste (Pramollo) e a Barai Dionigia Edina (Mondoni) unitisi in matrimonio il 4 novembre 1967, auguriamo una vita
coniugale serena e ricca di celesti benedizioni.
E' stato posto il segno del Battesimo sul
piccolo Meynier Gianni; il Signore accompagni sempre questo agnello della Sua greggia
e lo benedica abbondantemente insieme con
tutti i suoi familiari.
C. Giarone
molto tenebrose.. Fra non molto però sono
sicuro che ttitti si rimetterà a posto, ma bisogna essere forti... Queste parole io le scrivo a tutti voi come fratello, vi prego di
accettarle nei vostri cuori ». In queste lettiere non c'è solo una simpatia sterile e vana. ma ci sono pure parole di incoraggiamento, di speranza, di fiducia; «Bisogna
essere forti ». « Pensate a rifarvi una vita,
ricominciare dal principio ».
Alcuni nei loro scritti parlano delle macerie, la cui immagine alla televisione li ha
molto impressionali, ricordano la bimba
che vi rimase sepolta per cinquanta ore. descrivono l'angosc'a deila madre che crede
il figlio morto, poi ha notizie di lui e « allora va e viette per cercarlo ». Questa è per
loro la realtà, ma essi vanno al di là di
questa, hanno una visione quasi profetica
di città ricostruite in cui si torna a casa e
si frequenta di nuovo la scuola; «/ vostri
paesi saranno ricostruiti e voi potrete tornare nella vostra cara terra». «Le vostre
belle case saranno ricostruite pietra su pietra, più belle, più solide. Le scuole saranno
di nuovo aperte e le classi si ricomporranno e andrete a scuola come tutti i bambini
del mondo ».
Desiderano infondere nei loro amici siciliani una vera e propria certezza. « Voi
che ora siete giovani farete rinascere una
Sicilia nuova, chissà anche ricca come il
Piemonte e la Louìbardid ». «Forza, siciliani, rifate la Sicilia e dimenticate il terremoto ».
Ma non tutti hanno tanta certezza, altri
preferiscono sperare ed augurare queste
cose ; « Non dovrete mai perdere la speranza di poter tornare un giorno, che vi
auguro sia ben vicino, a vivere come prima ». « Con lutti i soldi che sono stati inviati spero con tutto il cuore che possiate
ricostruirvi le vostre case distrutte e soprattutto ricostruire le vostre scuole e ricomprarvi i vostri libri ». « Vi auguro di tornare a scuola tutti uniti e di riprendere il
vostro lavoro regolarmente, soprattutto a
voi ragazzi della scuola media, che capite
la vostra sventura ». « Se siete malati o feriti, vi auguro una pronta guarigione ».
Parole dunque di incoraggiamento, di
speranza, di fiducia d'augurio, ma anche parole di fede ; « So che siete in condizioni
pietose, ma non disperatevi, so che il Signore vi aiuterà ». Nel dubbio angoscioso
che i bimbi cui scrive abbiano potuto perdere i loro genitori, così scrive un ragazzo ;
« Voi bambini che noti avete la mamma ed
il babbo, credete nella fiducia del Signore
che dal cielo ci sta guardando e cerca di
aiutarvi per affrontare questa situazione ».
« Scrivo questa lettera per incoraggiarvi e
dirvi che anche adesso die siete senza casa,
come prima che Tavevate, il Signore penserà a voi come pensa a me ». Queste ultime
parole sono di un allievo che ha perso il
papà da poco tempo. E un altro che l'ha
perso quattro anni fa dice; « lo sono orfano del padre dal 1964 e appena seppi della
sua morte, piansi Cosa risolsi? Niente, perciò
fatevi forza... ». Cito ;ancora alcune frasi
significative; « Quando cade la casa, si può
ricostruire, ma quando non c’è la mamma,
nessuno al mondo la può sostituire ». « lo
spero che non abbiate perso i genitori, perchè quando si perde la mamma, si perde
tutto ».
Che cosa si può promeKere a degli amici
lontani che sono nella sofferenza, se non
di ricordarli nelle preghiere?
« Ricordatevi che io pregherò sempre per
voi ». « lo tutte le sere prego per voi e chiedo a Dio di far passare questa brutta esperienza della vostra vita, gli chiedo che nessuno abbia più fame, di rafforzare i vostri
animi: chiedo a Dio di essere con voi ».
Questa preghiera si unisce, in una lettera, al
desiderio di incontrare veramente l'amico
per cui prega ; « Il giorno che andrò in Sicilia ti troverò e giocheremo assieme. Ti
dico arrivederci »
Desidero terminare questo messaggio dei
miei studenti di I Media ai cari bambini siciliani con queste loro parole; « lo vi auguro di lutto cuore che diveniate di nuovo dei
ragazzi come prima, spensierati e allegri »...
« e che il .sorriso torni presto sulle vostre
labbra ». Anna Marullo
TOnnE PELLICE
Dopo la felice parentesi natalizia, tutte le
attività della noslra Chiesa hanno ripreso il
loro eorso normale. La Corale, i giovani delle Un'ioni e gli alunni delle Scuole Elemen
tari preparano un interessante programma in
vista della celebrazione del 17 febbraio.
La prima domenica di gennaio un gruppo
di TrombeU'ieri guidati dal M.o Ferruccio
Rivoir si è unito alla nostra Comunità nel
la lode del Signore, guidando il canto du
rante il culto e suonando alcuni pezzi a par
te. Con una lettera del Pastore Enrico (jey
met, è stata offerta una tromba da parte d
una signora tedesca per incoraggiare la for
mazione di un gruppo di Trombettieri an
che nella nostra Chiesa. Sappiamo che alcu
ni giovani hanno risposto aU’appello con en
'tusiasmo e hanno dato la loro adesione se
guendo l’esempio di Enrico e Roberto Char,
bonnier che già da alcuni anni prendono
parte a questa attività.
Il pomeriggio, nella Sala delle Attività,
prima seduta dell’i/nione delle Madri. Il Pastore Sonelli ha parlato sul tema : « La Settimana di preghiere per l’Unità ».
L ultima domenica del mese, come ogni
anno, è stata dedicata alle Missioni. Hanno
partecipato con molto interesse a questa celebrazione i giovani della Società Pra del
Torno e delle nostre Unioni visitando le varie Scuole Domenicali dove hanno presentato
episodi di particolare interesse ai bambini.
Il culto è stato presieduto dal Pastore Emilio Ganz in francese. Testo deffa meditazione : Matteo 13: 33 : « Il regno dei cieli è
simile al lievito che una donna prende e nascende in tre stala di farina finche la pasta
sia tutta lievitata ». La colletta (culto e Scuole Domenicali) è stata dedicata alle Missioni,
Durante il mese abbiamo avuto due conferenze di grande interesse. Il prof. Bruno
Consani della nostra Facoltà di Teologia ha
parlato sul tema : « Il principio scritturale
delle Confessioni di fede della Riforma ».
« Dalla conferenza del prof. Corsani è apparso un dato molto interessante : la dottrina della Riforma non è un cliché fatto dai
Riformatori e accettato passivamente dagli
altri; ogni Chiesa ha pensato a fondo la propria fede secondo la situazione concreta in
cui si trovava, qui sta il valore delle confessioni di fede anche se su vari punti è da
preferire la chiarezza e precisione di Calvino ».
La seconda conferenza sul tema « Il divorzio » del pastore Aldo Comba di Bergamo e
seguita da un vivace scambio di idee è stata
organizzata dalla Società E. Arnaud. L’oratore ha dato al problema del divorzio molto
discusso oggi in Italia un'impostazione completamente nuova che si stacca sia dagli argomenti della polemica laicista, sia dalla posizione tradizionale delle Chiese e risulta da
una attenta valutazione del messaggio evangelico.
La colletta della domenica 4 febbraio è stata dedicata ai fratelli sinistrati della Sicilia, a
cui va la nostra profonda simpatia.
Sono stati battezzati : Roberto Davil di
Franco e di Elena Charbonnier (Inverso Rolando) e Danilo Gay di Enrico e di Erika
Travers (Santa Margherita). La Comunità
ha accolto con gioia questi due cari bimbi.
Hanno lasciato i loro cari la missionaria
Emilia Caisson (Appiatti) e la signora Nancy
Van Alst ved. Balma (da Lugano). Alle famiglie in lutto rinnoviamo la profonda simpatia della Chiesa. La signora Balma è stata
per molti anni memliro molto attivo nella
nostra Comunità. Dotala di particolare senso artistico e di una grande competenza musicale ha diretto per 15 anni, dal 1921 al
1936, la Corale di Torre Pelliee. Una volta
al mese inni italiani ed inni francesi della
Nuova Raccolta venivano presentati al pubblico durante il eulto. Ne citiamo alcuni:
Pécheur je voudrais te guérir (n. 93): Plus
le mal est pressant (1.37); A" ton appel sur
les flots (152); Quel repos céleste (158); Dans
la joie et l’allégresse (212); L’aube naît sourit et passe (250); Ainsi que d'une lyre (229).
Con molto amore si è occupata delle bimbe
del nostro Orfanotrofio preparando le varie
feste di Natale ed insegnando loro molti cori
per le varie manifestazioni della Comunità.
Ogni anno i suoi alunni privali presentavano al numerosissimo pubblico dell’Aula Magna sotto la sua esperta guida incantevoli
operette a totale beneficio delle nostre opere.
E.spriraiamo alla sua memoria la profonda
riconoscenza della nostra Chiesa, che ha avu.
lo in lei un esempio di silenzioso ma efficace
servizio. Lina Varese
La Filodrammatica 'Valdese presenterà
LA CAMPANA
SUONERÀ ANCORA
3 atti di
EDINA RIBET
All’Aula Magna, sabato 17 e domenica 18 alle ore 21
bera. collaboratore ed amico di Danilo
Dolci.
Naturalmente è di grande vantaggio che
i nostri ospiti si conoscano già e siano in
buona parte parenti e amici fra loro. L'esperienza con Lorenzo Barbera e il suo gruppo,
ha recato senso di fiducia e di collaborazione reciproca ed ha posio le basi per un possibile lavoro comune nella speranza di una
ricostituzione della comunità e del paese. Ci
piacerebbe poter continuare ora il lavoro in
questo senso, cercando di sentire proprio
dalla base quei suggerimenti e quelle disponibilità che sono necessarie. Diversi volontari sono venuti ad aiutarci, ed abbiamo
dovuto respingere molte oflFerte di servizio
generico (perchè speriamo di poterlo organizzare fra i profughi stessi). Continuiamo
invece ad aver bisogno di personale qualificavo ; un cuoco che possa dare il cambio a
quello attuale, un assistente sociale che ci
aiuti a collocare i molti disoccupati e tenga i contatti con gli organi cittadini, che
finora sembrano molto aperti e generosi. 11
servizio di assistenza medica è assicurato
per la disponibilità di 3 medici e 4 infermieri che si danno il cambio nei molti bisogni della comunità, che è stata ben due
settimane sotto tenda o addirittura sotto
l'ombrello per diverse notti.
Continuiamo ad aver bisogno di medicinali (soprattutto antinfluenzali e vitamine).
I bambini sono tanti e ce ne sono diversi
ammalati. Sei, finora, sono di pochi mesi e
non abbiamo ancora una scorta sufficiente
di pannolini, pomate, ecc. Anche la biancheria manca quasi completamente, mentre
abbondano le offerte di indumenti usati!
Le offerte più utili in questo momento
sono dunque : medicinali e materiale sanitario, biancheria (da quella intima a quella da tavola e da letto) e naturalmente
viveri.
Abbiamo anche dovuto apportare delle
modifiche al nostro campo di Adelfia, date
le necessità di questi ultimi giorni. Tra
Talero abbiamo fatto installare quattro
scaldabagni (di cui uno ci è stato regalato),
perchè sia possibile fare la doccia (che è
Tunica possibilità di lavarsi). Un’altra grande necessità è il telefono : non averlo significa molti viaggi in macchina fra Vittoria
ed Adelfia (circa 30 km. andata e ritorno) e
tra l’altro non abbiamo che una macchinafurpne, saremmo dunque anche grati agli
amici vicini che si mettessero a disposizione
per qualche giorno con una macchina. Un
buon servizio segreteria è assicuravo per il
momento, ma fra due o tre settimane ci
occorrerà qualcuno che dia il cambio alle
attuali collaboratrici. Per questo servizio e
per quello dell’assistente sociale, preferiremmo vi fosse una certa continuità e durata nel tempo, per risparmiare tempo ed
energie.
Intanto ringraziamo tutti gli amici che
sono accorsi in nostro aiuto, da Catania, da
Agrigento, da Roma e perfino dalla Svizzera, insieme a tutti gli altri di Vittoria e
di Scoglitti. Molto notevole è il contributo
del villaggio che ha sentito moltissimo la
sua responsabilità nei confronti degli amici
di Partanna e si prodiga in mille modi e
nei più svariati settori. Ce ne rallegriamo e
accettiamo con gioia questa collaborazione,
che pensiamo possa esserci molto utile anche per il futuro di Adelfia.
Grazie per tutto quello che fate.
Gianna Sciclone
Giovanna Sciclone, Via Garibaldi 60,
97019 Vittoria c.c.p. 16/1303 oppure:
C. C. Banco di Sicilia N. 01/16450 H
specificando « pro sinistrati ».
RINGRAZIAMENTO
I familiari della compianta
Luigia Valentina Pons
in Barus
commossi per la dimostrazione di simpatia tributata alla loro Cara, esprimono la loro profonda gratitudine a
tutti coloro che hanno preso parte al
loro dolore. Un particolare ringraziamento ai Signori Pastori Ernesto Ayassot e Paolo Ricca di Torino, Lorenzo
Rivoira di Perrero, Edoardo Micol di
Villar Pelliee, ai coniugi Albertine e
Jean Bertin, alla cugina Lina Pons di
Balziglia.
Torino - Maniglia, 31 gennaio 1968.
RINGRAZIAMENTO
Le famiglie Clot e Bertetto, riconoscenti per la prova di simpatia ricevuta in occasione della dipartita della
cara
Maria Peyronel
ved. Vigiielm
ringraziano quanti hanno voluto essere loro vicini nella dolorosa circostanza.
Chiotti, 2 Febbraio 1968
RINGRAZIAMEr.TO
I familiari del compianto
Davide Pastre
commossi per la dimostrazione di simpatia tributata al loro Caro, ringraziano quanti hanno voluto partecipare al
loro dolore. Un particolare ringraziamento al dottor Ros e al pastore Genre per la preziosa assistenza, •
« Io sono il Signore Iddio tuo,
che ti tengo per la mano destra
e che ti dico : Non temere, io
ti aiuto». (Isaia 41; 13)
S. Secondo di Pinerolo, 14 gennaio 1968
6
pag. 6
ISotiziario
ecumen ico
11 EEBBHailJ : ICTTO lazioitiaLE E CBISTiamo
a cura di Roberto Peyrot
PRESTITO CONGIUNTO
DEL CEC E DEL VATICANO
AD UNA CHIESA COPTA
Il Cairo (soepi) — Un portavoce del patriarca copto egiziano, Cirillo VI d’Alessandria, ha teste annunciato, al Cairo, che il Va_
ticano ed il Consiglio Ecumenico delle Chic!
se avevano prestato circa 10.000 dollari (oltre 6 milioni di lire it.) alla Chiesa copta di
Gerusalemme, a seguito della decisione israeliana di congelare i fondi del patriarcato.
Il Vaticano ha prestato 2 mila dollari ed il
CEC 7.200.
Il portavoce ha fatto sapere che le autorità israeliane di Gerusalemme (com’è noto,
la città, dopo la guerra araho-israeliana del
giugno scorso, è attualmente in totale possesso degli israeliani) hanno rifiutato al patriarca copto l’autorizzazione al ritiro dei
fondi in deposito o di ricevere qualsivoglia
aiuto dai paesi arabi.
Capo della Chiesa copta di Gerusalemme
è l’arcivescovo Anba BasUius. I fedeli di
questa comunità sono quasi tutti arabi.
IL DOTT. F. IBIAM
NON E' PIU' BARONETTO
DELLA CORONA INGLESE
Come forse i lettori ricorderanno, nel numero 2 del 1968 demmo notizie di « sir »
F. Ibiam, ex governatore della Nigeria orieu.
tale, co-presidente del CEC (è infatti uno
dei sei presidenti di detto organo) e della
polemica che egli ha sostenuto sul giornale
presbiteriano inglese « The British Weekly »
contro la BBC e le sue trasmissioni radio,
che pare abbiano assunto una posizione molto parziale nei riguardi della spaventosa
guerra tribale che oppone la Nigeria al Biafra.
Apprendiamo ora dal n. 245 del Bip. che,
secondo il quotidiano olandese ROUW, il
Dott. Ibiam avrebbe scritto, in una lettera
indirizzata alla regina d’Inghilterra, che « il
modo scandaloso col quale la cristiana Inghilterra e la Russia comunista sostengono
la Nigeria islamica » l’aveva costretto a rinunciare al titolo di « sir » conferitogli dal1 Inghilterra. Ibiam, che occupa un posto
importante anche in seno aU’All. riformata
mondiale in Africa, con questo gesto ha risposto alle misure prese per il blocco del
Biafra.
UNA LETTERA AGLI INSEGNANTI
CRISTIANI DEGLI USA
« Nei « documenti » del Bollettino d’informazioni Bip, è riportato il testo di una
lettera aperta inviata dagli insegnanti della
Federazione Protestante deU’Insegnameuto ai
colleghi americani, e di cui riportiamo alcuni passi. La lettera tratta particolarmente di
tre argomenti :
I) (( Bisogna rendersi conto che, in base
alla politica seguita dai propri governi, i
cristiani vengono sovente confusi, dagli Asiatici e dagli Africani, con gli imperialisti ed
i colonialisti di ieri e di oggi. Le chiese
avrebbero parecchio da dire in merito per
ristabilire la verità. .(Ecco un pensiero che
c. trova pienamente consenzienti: quando
mai le chiese, con voce ferma e chiara, sapranno dissentire da tutto ciò cite è violen
aggressione e da quant’altro ci viene
gabellato come 'difesa"? Quando scinderanno le loro responsabilità e ne assumeranno
delle altre?). Ma, ancora adesso, vari interventi di paesi considerati cristiani impediscono la penetrazione del messaggio evangelico in Asia ed in Africa. I bombardamenti
del Nord Vietnam rappresentano uno solo
di questi interventi, ma è il più vistoso. E’
ormai evidente come affermato da parecchie
personalità politiche e religiose, che l’arresto dei bombardamenti è la chiave della soluzione o il punto di partenza per la soluzione del conflitto vietnamita, ed è un gesto
che può venir compiuto da una grande nazione, sicura di se stessa ».
II) « A causa dell’insufficiente intervento
delle grandi potenze, in parte cristiane. Arabi ed Israeliani sono stati costretti a vedere
nella guerra la sola soluzione di un problema insanabile. Persino nella questione dei
profughi palestinesi, le nazioni cosiddette
cristiane non hanno fatto più delle altre ».
Ili) « L aiuto ai paesi del Terzo Mondo
non è più soddisfacente: esso mira a mantenere i privilegi di un’epoca trascorsa e
conduce inevitabilmente i popoli diseredati
a porre le loro uniche speranze nel comunismo ».
« Vorremmo cercare con voi la verità, nella certezza che ogni passo verso di essa è un
passo verso la pace ».
lon c’è conciliazione nella discriminazione e nel privilegio
ti“::;.''» r!z e.»
cwntB alla diesa ; se non lo è. sigaiBca che è iasuiBcieate per tutti, e occorre ÌotlarZZ''“
stampa raiéese. nei^^J^ che puat^d^Lugsiiche soJdZZ
Cambio di guardia
ai Corpo di Torino
Commiato
dei maggiori Caizi
Dopo otto anni trascorsi al servizio del
Signore in Torino, il Maggiore Leone Calzi e signora sono stati trasferiti a Napoli.
Come è uso dell’Esercito della Salvezza,
avranno una riunione di saluto (che non
per questo perderà il suo carattere di evangelizzazione), domenica 11 febbraio alle
ore 21 nella sala di Via Principe Tommaso, 8 c.
Ritorna la data infausta, l’anniversario luttuoso non solo per la vita della nostra nazione, ma per quella della
chiesa di Gesù Cristo che in essa vive :
il Concordato clerico-fascista dell’ll
febbraio 1929, poi inserito nella Costituzione repubblicana grazie all’apporto determinainte dei comunisti.
Nello scorso autunno, vi è stato nella vita politica nostrana un tentativo
di riproporre una revisione del Concordato, con una serie di mozioni successivamente presentate in Parlamento e con un certo rumore sulla stampa; mentre i giornali cattolici insorgevano, piccoli gruppi — fra l’altro quelli raccolti attorno alle riviste «Momento » e « Questitalia » — discutevano in modo più critico la questione, dichiarandosi convinti della necessità di
giungere a una revisione. Presa da altri drammi e da altri scandali, non
pare che la nostra classe politica, almeno nel volgere di questa legislatura,
riprenderà la questione, una volta di
più sapientemente insabbiata.
È chiaro che è quasi del tutto assente una riflessione teologica, che
non si richiami alla teologia di potenza, di marca romana ma non certo
evangelica (e una conferenza ascoltata in questi giorni a Torino, in cui il
gesuita J. Daniélou ha trattato dei rapporti chiesa-mondo, ha confermato come anche a questo alto livello specialistico siamo lontani da una teologia
radicata nell’Evangelo di Gesù Cristo).
* Hs Hs
In questa infausta ricorrenza, abbiamo voluto andare a sfogliare l’annata
1929 de « La Luce » e de « L’Echo des
Vallées Vaudoises» (nel ’29 quest’ultimo usciva ancora in francese) per vedere come l’avvenimento era stato accolto nelle nostre chiese. Diciamo subito che la ricerca è deprimente.
Su « La Luce » soltanto nel n° del 13
marzo viene riportato integralmente,
senza commento, un articolo anonimo
pubblicato su « La Stampa » di Torino
il 7 rnarzo ; « Il Concordato e i Protestanti in Italia », in cui è affermato fra
l’altro che « non si perde quello che
non si ha »; in altre parole, mentre la
Chiesa di Roma ha riacquistato una
posizione ufficialmente, politicamente
predominante, « il Concordato non riguarda e non tocca la posizione delle
Chiese protestarti in Italia». In appendice, autorevole commento, uno
stralcio dal discorso di Mussolini all’Assemblea Quinquennale del Regime
(10 marzo), in cui il duce dichiarava
che la nuova situazione di preminenza
cattolica « non significa, è quasi superfluo dirlo, che gli altri culti sin
qui tollerati debbano essere d’ora innanzi perseguitati, soppressi o anche
semplicemente vessati» (come hanno
potuto sperimentare i pentecostali...).
Quanto all’« Echo des Vallées» nel
n. del 15 febbraio, nella rubrica « Nouvelles de la semaine » (i nostri « Echi
della settimana » hanno dunque un
precedente) scrive in proposito : « Dobbiamo segnalare una notizia che, senza sorprenderci minimamente, ha tuttavia avuto e avrà un’immensa risonanza in tutto il mondo ». Segue lo
stralcio da un comunicato dell’agenzia
Stefani. « Considerate se non si tratta
iiiiuiiiiiimiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Echi della settimana
COL NAZIONALISMO
NON E' POSSIBILE REAGIRE
ALL'EGEMONIA AMERICANA
Lo afferma P. Mendès France in una
lunga intervista concessa al giornale « Nouvel Observateur ». Secondo l’illustre uomo
poliiico francese, del quale si è costretti ad
ammirare la chiarezza d’idee e la precisione
di linguaggio, « quando un paese gode
d’un enorme potenza economica, militare e
politica, com’è il caso degli U.S.A., difficilmente esso sfugge a un complesso di superiorità. Anche se esso non ha una tradizione colonialista, cioè una volontà cosciente
d’assoggettare gli altri, è tuttavia propenso
a consigliare loro ciò che crede essere l’interesse generale e che facilmente confonde
con l’interesse proprio. A poco a poco, esso
riserva il proprio aiuto a coloro che seguono i suoi consigli, lo nega a coloro che li
respingono, e questi finisce addirittura di
voler punire.
In pari tempo, esso pone l’influenza di
cui dispone, al servizio dei propri esportatori, dei propri banchieri, e sostiene i governi
stranieri che li favoriscono. Di tappa in tappa, si crea un reticolato di governi protetti,
ai quali esso fornisce i mezzi per difendersi:
finanze, esperti, armamenti, (se necessario)
anche forze militari. Esso aiuta quei governi a resistere ai partiti che li combattono, e interviene per reprimere o per distruggere coloro che stima dannosi alla loro sicurezza. È questo l’ingranaggio al quale gli
U.S.A. disgraziatamente non hanno saputo
resistere.
Orbene occorre reagire. Ciò non significa
fare del nazionalismo sommario, dello sciovinismo; significa invece creare dei contrappesi, delle forze di discussione e di contestazione. Delle forze che non saranno necessariamente uguali a quelle degli U.S.A.,
ma tali che. grazie al loro intervento, il
giuoco internazionale cesserà d’essere unipolare (o bipolare). Vi sono da un lato gli
U.S.A. e quelli che liberamente hanno scelto di seguirli, dall’altro lato l’U.R.S.S. e il
mondo socialista che, malgrado i suoi problemi interni, corrisponde ad una sua propria e ben determinata etica. Vi potrebbe
essere, vi dovrebbe essere l'Europa (con
l’Inghilterra) a proporre ed offrire le proprie soluzioni di promozione umana e di
progresso materiale. Vi potrebbero anche
essere certe formazioni del "terzo mondo”.
A partire dal momento in cui si formano
de! nuovi organismi di questo genere, anche
se nessuno di essi pareggia gli U.S.A. per
mezzi militari, il giuoco internazionale diviene più elastico, nuove associazioni od
opposizioni si delineano, s'influenzano reci
Con grande piacere vedranno tutti gli
amici e fratelli in fede che in questi otto
anni hanno dato la loro collaborazione, in
varie forme. all'Esercito; ed anche, naturalmente, quelli che tale collaborazione non
hanno avuto occasione di dare!
A tutti coloro che non poiranno intervenire a questa riunione, inviano, con affetto
in Cristo, il loro cordiale saluto.
1 maggiori Calzi saranno sostituiti dal
capitano Ruben Vinti e signora; sarà dato
loro il benvenuto nel corso della riunione
di domenica 18 febbraio alle ore 20.30. Anche a questa riunione il Corpo di Torino è
lieto di invitare i fratelli di ogni denominazione. Silvano Calzi
a cura di Tullio Viola
procamente o si neutralizzano. Allora non
v’è più egemonia.
Ma se la maggior parte delle nazioni del
mondo si contentan/c. di mettersi sotto la
protezione del più forte (o dei più forti),
oppure di cercare un’ ’’indipendenza nazionale" pure e semplice (e d’altronde irrealizzabile), nessuna vera attività internazionale può prender vita, e gli Stati più
forti, non incontrando sulla loro strada
nulla e nessuno che li obblighi a rivedere il
proprio comportamento, pretenderanno di
continuare a dettar legge nel proprio set
FERMENTI DI LIBERTA'
IN POLONIA
■-fc « "Gli Avi", dramma romantico di
Adamo Mickiewicz, il più celebre degli
scrittori polacchi, è stato ritirato dal Teatro Nazionale di Varsavia, dopo alcune decine di rappresentazioni.
Questa notizia ha profondamente emozionato gli ambienti intellettuali ed universitari della capitale, a tal punto che, martedì
(30-1) sera, la rappresentazione che era considerata come ultima, è stata accompagnata
da serie manifestazioni. "Gli Avi", dramma scritto dopo il fallimento sanguinoso
dell'insurrezione del 183! quando la Polonia, occupata e spartita conosceva uno dei
momenti più tristi della sua storia, sono
un canto di rivolta contro l’occupazione
zarista e contro i metodi tirannici, canto
impregnato del messianismo caro a colui
che, esiliato, fu professore al Collegio di
Francia.
Martedì sera, dunque, il pubblico cominciò ad applaudire con ostentazione i
passaggi in cui qualcuno poteva riconoscere un'allusione a dei problemi contemporanei. Alla fine dello spettacolo, sì udirono
grida di: "Indipendenza!”, e "Abbasso la
censura!". La manifestazione continuò all’esterno sulla piazza del teatro, dove duecento persone si misero a gridare: "Libertà
d’espressione!", e "Niente censura per Mickiewicz!’’. Poi i manifestanti dispiegarono
una banderuola portante le parole: "Vogliamo il proseguimento delle rappresentazioni!", e tale banderuola, formatosi un corteo,
essi andarono a deporre ai piedi della statua di Mickiewicz, situata alcune centinaia
di metri dal luogo. La polizia, intervenuta,
arrestò alcune decine di persone. Queste furono rimesse in libertà mercoledì 3Ì-1 mattina, ad eccezione di cinque di esse, alle
quali verrà fatto il processo per "huliganismo" ( = teppismo}.
L’emozione è tanto più grande, in quanto il dramma è un monumento della letteratura polacca.
Comunque sia, quest’ultima decisione delle autorità non è fatta per conquistare gli
ambienti intellettuali ed universitari, già precedentemente scossi dalle dimissioni dal
partito, del sig. Baumann, professore di sociologia all'università, e del sig. Brus, celebre economista, membro del comitato di redazione del settimanale Zycle Gospodarcze
(= La vita economica), e fautore delle riforme economiche. D’altra parte, lo stesso
giorni di mercoledì 31-1, è stata lanciata
nell’ università una petizione che chiede la
ripresa delle rappresentazioni de "Gli Avi’’».
(Da i( Le Monde » del 2-2-1968).
di una notizia degna di nota, notizia
che tutti i nostri giornali commentano favorevolmente e che non possiamo
tare altro che menzionare » a con
clusione, una nota che pensiamo racchiudesse una sfumatura d’ironia ■
« Appena ci sarà possibile, riferiremo
ai nostri lettori, con più precisione,
qual’è l’estensione e la popolazione del
nuovo piccolo Stato, pontifìcio ». Nel
n° del 15 marzo si riprende, come faceva in quella stessa settimana « La Luce », l’articolo comparso su « La Stampa» il 7 marzo, «un eccellente editoriale che abbiamo letto con sommo
piacere e di cui desideriamo riprodurre 1 punti più significativi. Siamo lieti di constatare che il grande quotidiano torinese interpreta il Concordato
nel modo più obiettivo e con una larghezza di vedute, nei confronti dei
non cattolici, a cui non eravamo più
abituati. Le riflessioni sensate e oneste
de ”La Stampa” le avevamo, da alcune settimane, in punta di penna e
avremmo voluto scriverle per tranquillizzare quei lettori che, a torto, si
preoccupavano di eventuali conseguenze dell’accordo convenuto fra la S. Sede e il Governo italiano... ma abbiamo
lungamente esitato. Ringraziamo quindi ”La Stampa” di offrirci l’opportunità — e gli argomenti — per informare
i nostri lettori su una questione che li
preoccupava vivamente ». A conclusione : « Insomma, i lettori timorosi saranno perfettamente rassicurati e possono avere, come noi, piena fiducia
nella saggezza, nello spirito di giustizia e di equità di coloro che ci governano ».
Infine nel n. del 22 marzo, sotto il
titolo « Retours impossibles » (ritorni
impossibili) un’intera colonna è dedicata a stralci della relazione («magnifica relazione ») con cui Mussolini accompagnò la pubblicazione del trattato, « dichiarazioni che ci toccano da
vicino e che non lasciano più il minimo dubbio circa la loro interpretazione... dichiarazioni che non avrebbero
potuto essere più chiare, più esplicite,
più rassicuranti ».
È comprensibile che una infima minoranza, a appena ottant’anni dalla
« ernanclpazlone » e con una secolare
e triste esperienza di violenze repressive clericali, si preoccupasse della
propria esistenza nella nuova situazione. Non si giustifica però che questo
sia stato il suo solo interesse, che la
Chiesa valdese non abbia capito — o
non abbia denunciato — la colpa fatale, politica e soprattutto evangelica, di
questo atto che legava, a spese del paese e della vera Chiesa, due dittature.
Forse — e c’è da chiedersi se non fu
questo il lato più tragico — non lo cap'.; e pare indicarlo il fatto che, appena potè, con le sue gambette nane,
trotterellò dietro ai grandi, guadagnandosi ad esempio quel pasticcio liturgico condito di una beffa giuridica che è
il riconoscimento agli effetti civili del
matrimonio religioso acattolico (dove,
semplicemente, il ministro acattolico
funge da ufficiale di stato civile).
Non ci fu, insomma, una obiezione
di fondo al principio concordatario in
sè (e in modo particolare a quel concordato fra quelle due partii). E in
larga parte della nostra Chiesa non è
DONI RICEVUTI
PER ECO-LUCE
Elvira Conca (Providence, USA); Paul
Cornuz (Vevey) 3.500; Anna Vallone (Latina) 500; Paola Beri (Capriolo) 300; Guido
Bert (Bovile di Perrero) 300; Guido Fantino
(Cumiana) 500; Enrico Peyrot (Alpignano)
500; Angelo Platania (Pisa) 500; Armandina Viglielmo (Riclaretto) 1.800; Valdo Raimondo (Villarfocchiardo) 500; Dante Tabellini (Felónica) 500; Rachele Tasselli (Vallecrosia) 500; Camilla Clarke (Chiavari) 1.000;
Lìdia Rosa Brusin (Coazze) 300; Maurizio
Quagliolo (Castellamonte) 1.000; Santina Albano Lena (La Maddalena) 500; Evangelina
Lantaret (Pomaretto) 200; Nella Fontana
Albano Zaccaro (Portogruaro) 500; Emilia
Blanc (Villar Peli.) 200; Tabita Bongardo
(Brúñate) 500; Clementina Vinay (Svizz.)
1.000; Marie Rivoir (L. S. Giovanni) 250;
Ettore Massel (Riclaretto) 200; Luigi Coucourde (Inv. Pinasca) 200; Elvidio Mattone
(Coazze) 200; Bruno Grilli (Venezia) 2.500;
Giorgio Masi (Brescia) 1.500; Bianca Valente (Taranto) 500; Perside Rosin (Biella) 500;
Anita Bounous Giaccone (S. Antonino) 500;
G. J. Pontier (Olanda) 490; Eulalia Trogliotti (Vercelli) 2.500; Emilia Honegger
(Albino) 2.500; Daniele Crespi (Reg. Margherita) 200; Maria Migliau (Arona) 500;
Gennaro Pica (Napoli) 1.000; Paolo Gay
(Chiavari) 500; Elena Mosca Toba (Brindisi)
500; Vincenzo Nigro (Brindisi) 500; Umberto Rovara (L. S. Giovanni) 500; Adolfo Barai (Germania) 500; Karl Wenckebach (id.)
400; Suscita Artus Martinelli (Crema) 2.500;
Cesarina Boglino (Trausella) 500; Eli Reynaud (Pramollo) 450; A. Maria Siegenthaler
(Francia) 450; Enrico Tognìna (Svizzera)
1.000; Fossato (Santhià) 3.500.
Grazie! (continua)
oggi- ^ pur vero che
previste delle
àcattollH ^ e i uulti
acattolici, ma nessuno ci costringeva
a strmgerle. Invece sono venuti l’esenne°ns1nn^^ pastori dal servizio militare.
^ ® previdenza ai pastori, insegnamento della «religione valdese»
no K Valli, si so
nnnflt ®ussidi- Statali a scuole
^ evangeliche. Una via, se
eoncordataria, in
qualche modo al di là del diritto comune. Non vogliamo drammatizzare,
tuttavia 11 problema esiste e la propensione pure. Non foss’altro per il rapona.mento : « lo Stato dà tanto a enti e istituti cattolici, è pura giustizia
che dia qualcosa anche a noi » ; il che
e formalmente giusto, ma toglie ogni
autorità per contestare e respingere
un sistema e un’impostazione che sono essenzialmente errati, almeno In
una prospettiva evangelica (e ci conforta e ci svergogna al tempo stesso
Cfi6 vi sisno dGi c&ttolici — pochi, invero che sostengono in modo radicale questo pensiero).
Non dunque orgogliosi e forti di una
realta ecclesiastica esemplare, ma convinti della correttezza evangelica del
nostro rifiuto, protestiamo una volta
ancora contro il Concordato, di cui
chiediamo non la revisione ma l’abrogazione pura e semplice. Se la Chiesa
di Roma è costituzionalmente incapace di compiere questo grande gesto di
purificazione, le sia imposto dall’esterno, com’è tante volte avvenuto nella
storia secolare di Israele e della Chiesa, per volontà del suo Signore.
Così celebriamo questo lutto nazionale. Parlare del Concordato del ’29
(è sempre quello, e lo avvertiamo bene ! ) come di una « conciliazione » è
una beffa: una menzogna di cui può
valersi solo un centro di potere, non
la chiesa di Cristo.
Gino Conte
'f
Melodi prete odi mareseiollo?
Fra le « lettere al direttore » su « L’Espresso » del 28.1.’68.
Leggo sulla « Stampa » che a Terni è stato denunciato un italo-australiauo perchè
durante la messa aveva interrotto il sacerdote per spiegare lui il Vangelo. Il pretore
lo ha assolto. L’italo.australiano infatti è
riuscito a dimostrare che il suo comportamento è consueto nelle chiese cattoliche australiane. Ma chi l’aveva denunciato? Il prete? I fedeli? So che la Chiesa è il popolo
di Dio, che ogni battezzato ha una capacità
profetica, che nei primi secoli i fedeli parlavano nelle chiese. Oggi non parlano più
perchè ridotti a puri esecutori. Forse a denunciarlo è stato il maresciallo dei carabinieri. Lo avrà fatto certamente per zelo concordatario. Non vedo però come un problema interno d’una comunità di credenti debba interessare le autorità civili. Comunque
siano andate le cose quest’episodio dimostra
che nè il Vangelo, nè Papa Giovanni, nè il
Concilio hanno potuto gran che contro l’autoritarismo, il formalismo e le alleanze politico-religiose dai quali Gesù voleva liberare
l’uomo.
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Fr. 350 al mese. Per informazioni rivolgersi a : Enos Mannelli - Waid Block 2 8590 Salmsach Ch.
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
n. 175, 8-7-1960
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