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LA BUONA NOVELLA
GIORNALE RELIGIOSO
A).r:0£'joyT£; Si èv iyiiirif
Senucodo la verità QoUa carità
Efes. IV. 15.
La Direzione della BUONA NOVELLA è
in Torino, casa Bellora, a capo del Viale
del Be, ina, piano S».
Le associazioni si ricevono dalla Direzione
del Giornale, e dal Libraio G. SERRA,
conlrada Nuova in Torino.
PREXXO D’.«AÌ!«OCIAZIO\'C
(,1 domicitio)
Torino, per un anno L. C,00 | L.7,00
— per sei mesi » 4,00 I » 4,SO
Per le provincie e l’estero franco sino
ai conlini, un anno . . L. 7,20
per sei raesi, » 5,20
Gli Associati delle Provincie potranno provvedersi di un vaglia postale,
inviandolo franco alla Direzione.
La successione apoitiolica. VI. Chiarezza della Bibbia. — Le annue rauoante delle
Società Evangeliche dì Parigi giudicate da un Italiano > Il Cattolicismo ed il
Cattolico — Notizie Religiose. — Cronachetta politica.
lA SUCCESSIONE APOSTOLICA
VI.
A sentire i clericali non vi è verità di fatto più chiara della non
interrotta successionedei papi, i quali
uno dopo l’altro si sono, secondo
loro, regolarmente succeduti da san
Pietro fino a Pio IX. Eppure i fatti
che abbiamo narrati, tolti dalla storia
dei papi, provano che la pretesa sue-/
cessione apostolica, se vi fu da principio (lo che non ammettiamo così'
facilmente), fu più volte cosi evidentemente spezzata da non restarne più
vestigio alcuno. Due zelantissimi
campioni della chiesa di Roma sono
costretti a confessare questa verità
¡storica : il primo è Genebrardo, il
quale nel libro IV della sua Cronaca
all’anno 901 parla così dei papi di
quei tempi: • In queslo secolo infelice cinquanta papi incirca, nello
spazio di ISO anni, decaddero sì fattamente dalla virtù che si conviene
al loro grado, che debbon chiamarsi
apostati anziché apostolici. » L’altra
testimonianza è del Cardinal Baronio
all’anno 912, il quale esclama; « Ahi!
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come era orrenda la faccia della
Chiesa romana , allorché le più infami proslitute disponevano a loro
voglia dei vescovati ; e quel che è
più orribile ed abbominevole
iJaHo nella sede di Pietro i loro amanti. » Dopo tali confessìani tratte dalla
forza della verità ai più zelanti difensori della successione apostolica
sarebbe inutile ogni altra prova istorica; ma siccome ci siamo impegnati
nella storia degli scismi, conlinueremo ad accennare gli altri anelli
spezzati di questa pretesa successione.
11 famoso monaco Ildebrando, che
fu poi papa sotto il nome di Gregorio
VII, si era arrogata l’autorità di stabilire i papi a suo piacimento, siccome poco prima facevano le celebri
prostitute Marozia e Teodora. Alla
morte di Stefano IX (10S8) Ildebrando non era in Roma: il clero,
dice Platina, aveva promesso a cotesto monaco che nel caso che Stefano morisse, nella sua assenza essi
non avrebbero eletto un nuovo papa
prima del suo ritorno. Però i conti
Tusculani vollero riprendere la loro
autorità, e fecero eleggere Giovanni Minchio (da cui, dice s. Pier Damiani, è venuto il titolo di Minchione), il qui^le era vescovo di Velletri,
osi fe’chiamare Benedetto X. S.Pier
Damiani che era cardinale si pose
alla testa deH’opposizione, ma il partito di papa Benedetto era cosi forte,
che gli oppositori furono costretti a
fuggire. L’imperatore fu a sua volta
irritato contro papa Benedetto perchè
si era fatto consacrare senza suo permesso. Passarono però dieci mesiin
tal guisa ; raa al ritorno d’ildebrando
le cose cangiarono di aspetto. Il focoso monaco, d’accordo coll’imperatore, fe’ convocare un concilio a
Siena, e là fu eletto papa Gerardo
arcivescovo di Firenze, che prese il
nome di ISicolò II.
Il cardinale di Aragona, scrittore
della vita di Nicolò II, dice che questi
usò delle armi spirituali e di quelle
temporali nello stesso tempo per far
cedere il suo avversario. Convocò
un concilio a Sutri, ove, come è naturale, papa Benedetto fu deposto;
da Sutri marciò alla testa di un’armata tedesca su Roma. Allora papa
Benedetto, deposte le insegne ponlificali si ritirò. Entrato a Roma
trionfante il suo rivale, ii buon ex
papa Benedetto andò subito a gettarglisi ai piedi per implorare il
perdono ; ma questi lo degradò e lo
fe’rinchiudere in una prigione ove
mori. Nel catalogo di Platina Benedetto X figura come papa legittimo
ed è il 161 nel numero d’ordine.
Nicolò II fece cardinale il monaco
Ildebrando. Alla morte di papa Nicolò (1061) i romani, peruniformarsi
ai recenti decreti dei concilii di Siena e di Sutri (1059), e per evitare
un nuovo scisma, domandarono
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secondo quei Jecieli un nuovo papa
airimperatore Enrico IV. Ildebranilo
però non volle soffrire che l’elezione
d’un papa dipendesse da altri che da
lui; disprezzando dunque i decreti
dei concilii che egli stesso aveva
solloscrilti, si pose alla testa del clero
e fece eleggere papa Anselmo vescovo di Lucca, che prese il nome
di Alessandro II. L’imperatore aveva
allora la sua corte a Basilea, ed aveva chiamati lutti i vescovi dell’irapero presso di lui per eleggere un
papa; alla notizia della elezione di
Anseimo andò sulle furie ed i vescovi raunati dichiarandola nulla elesseropapa Cadalo, vescovo di Parma, che prese il nome di Onorio li.
La guerra non lardò a seguire lo
scisma; in tre anni che essa durò i
due pretendenti furono vinti e vincitori a vicenda; ma Agnese imperatrice reggente nella minorità di
Enrico IV, cedè ed abbandonò papa
Onorio, il quale dovè soccombere ad
uua forza maggiore; la corte allora
obbligò papa Alessandro a giustificarsi innanzi ad un concilio che convocò a lai effetto a Mantova. Dopo
ciò papa Alessandro fu riconosciuto
papa legittimo.
Alla morte del quale il monaco
Ildebrando giunse a farsi eleggere
papa egli stesso (1075); ma setteanni
dopo, un concilio raunato a Brixen,
nel Tirolo, pronunciò contro papa
Gregorio sentenza di deposizione.
ed elesse papa Guiberto arcivescovo
di Ravenna, che prese il nome di
Clemente HI .1 Tedeschi sostenevano
papa Clemente, i Normanni papa
Gregorio, e il sangue italiano correva a torrenti per decidere quale
dei due fosse il successore di s. Pietro. Roma presa e ripresa per assalto provò la furia dei Tedeschi c
dei Normanni che fecero più guasti
in essa che non ne-avevauo fatli nè i
Goti nè i Vandali. Finalmente papa
Gregorio mori a Salerno; raa prima
di morire protestò solennemente di
non volerla perdonare nè aU’imperatore, nè a Clemente. Dopo la
morte di Gregorio, lo scisma continuò; perchè i suoi aderenti elessero
papa Desiderio abbate di Monte Casino, che prese il nome di Vittore
III, ed andò a Roma per disputare
al suo competitore la successione apostolica. I due papi, ciascuno alla
testa delle sue truppe, si disputavano
il possesso della basilica vaticana;
la quale fu presa e ripresa varie
volte dai due parliti : fino a che Vittore rimasto padrone del campo, ricevè la consecrazione sopra i cadaveri
dei suoi e degli avversarii. Non trovandosi però sicuro in Roma si ritirò a
Benevento e scomunicò in un concilio Clemente III, che era riconosciuto da tutti 1 vescovi della Lombardia e dell’impero. Urbano 11 che
successe a Vittore scomunicava
ancora Clemente, il quale si credeva
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pnpa meglio che Urbano. Finalmente
sotlo il ponlificalo di Pasquale il, Io
antipapa Clemenle III morì, ed in
tal guisa Pasquale restò solo papa.
L’abate ('orrado nella sua cronaca,
Lldarico vescovo di Bamberga autori contemporanei, Pietro Diacono,
e Giordano nella cronaca attestano
che alla tomba dell’antipapa Clemente III si operavano quantità di
miracoli. Papa Pasquale non poteva
soffrire che le reliquie di un antipapa, di uno scomunicato operassero prodigi; e per porre un termine
a tale disordine che avrebbe fatto
credere Clemenle un vero papa, ed
egli un usurpatore, fece disotterrare
il cadavere di Clemenle, e lo fe’ gittare nel Tevere.
Morto lo stupido e languente Pasquale (come lo chiama il Cardinal
Baronio), i cardinali con alcuni senatori si nascosero in un monastero
di Benedellini, e là senza le solite
formalità, elessero papa Giovanni da
Gaeta che prese il nome di Gelasio
lì. Non era ancora finita la cerimonia, che Cencio Frangipane, devoto
deH’imperatorc, strappò dalle mani
degli elettori il nuovo papa, c malconcio lo gellò in una prigione; ma
costretto a sua volta a rendere il
prigioniero, quesli si salvò a Gaeta
sua patria. I Romani allora si unirono aH’iraperatore che era andato
per accomodare le differenze, ed
elestero papa in luogo di Gelasio,
che dissero malamente eletto, un lai
Maurizio Bourdin, che fu consacrato
col nome di Gregorio VIII. Papa
Gelasio avendo saputa lale novella
raunò a concilio a Capua quei poclii
vescovi che potè, e scomunicò il
suo competitore, l’imperalcre e tulli
gli aderenti dell’uno e deli’allro.
L’imperatore, stabilito in Roma il
suo papa, tornò in Germania. Le circostanze parvero allora favorevoli a
Gelasio per tentare la sua fortuna,
ed impadronirsi della sede di Roma.
Alla lesta di un’armata si avvicina
a Roma, ed offre battaglia al suo
competitore, il quale parimente alla
testa della sua armata usci in campo:
ed ecco due santissimi, da papi divenuti generali, che si combattono,
colla spada, le chiavi dis. Pietro. Il
sangue corse a torrenti, ma la vittoria si dichiarò per Gregorio Vili. 11
santissimo Gelasio disfallo, ebbe salva la vita per l’abilità del suo cavallo : come un saltimbanco, dice
l’autore della sua vila, Pandolfo da
Pisa, si spoglia fuggendo de’suoi abili ponlificali per non essere riconosciuto, e a traverso dei campi,
mezzo nudo, andò in luogo sicuro.
Di là accompagnalo da sei cardinali
e due romani andò in Francia chiamando Roma Sodoma ed Egitto, e
mori nel monastero di Clugni. Allora i sei cardinali del suo seguito
elessero papa l’arcivescovo di Vienna
che prese il nome di Calisto II. La
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Francia si dichiarò per queslo papa,
il quale in un concilo a Reiins scomunicò l’imperatore e Gregorio Vili.
Papa Calisto vedendo che i suoi
affari prendevano buona piega, azzardò di tornare a Roma: più fortunato di Gelasio polo entrare in
Roma. Gregorio Vili a sua volla
fuggi, ed andò a rinchiudersi nella
fortezza di Sutri : ma assediato da
Calisto, fu preso e condotto a Roma
nella maniera la più infame. Buggero, abaie istorico contemporaneo,
dice che l’infelice Gregorio fu posto
a cavallo alla rovescia sopra un camello, obbligato a tenere la coda
nelle sue mani, e ricoperto di pelli
di aniinaliancora sanguinolente, servi di trionfo all’ingresso del sanlissimo Calisto. Questa vendetta lerminò coiravvelenamento di Gregorio, o come altri autori riportano,
colla rexlusione dello slesso in una
gabbia di ferro, ove si lasciò morire dalla fame.
ClllAUKZZA BEILA BIBBIA.
La Bibbia è parola di Dio ; è la
manifeslazione della volontà di Dio;
raanifeslazione falla agli uomini acciò per essa possano trovare la via
della salute. Queste proposizioni sono fuori di ogni questione per chiunque animelle la divina origine delle Scritlure. La conseguenza che da
essa discende ci sembra cosi chiara
che bisognerebbe rinunciare al senso comune per negarla : e (juale è
questa conseguenza? Eccola: dunque la Bibbia in lutto quello che è
necessario a salvezza è chiara in
guisa che ogni cristiano di buona
fede possa intenderla.
l'.din vero se la Bibbia, essendo
parola di Dio, avesse bisogno di un
tribunale umano per essere interpretala; se essa non fosse chiara ed
alla portata anche dei più semplici,
si dovrebbe dire che Dio non ha
potuto, o non ha saputo, o non Jia
voltilo esprimersi con chiarezza onde
essere inteso da quelli ai quali parlava. Ma senza derogare alla sua
onnipotenza non si può dire che non
abbia potuto; siccome non si può
dire cho non abbia saputo, senza
derogare alla sua sapienza. Resterebbe dunque a supporsi che Dio
non abbia voluto esprimersi chiaramente; ma una tale supposizione
è una orribile beslemmia. Come
diffatti supporre un Dio bontà infinita, che raanifesla la sua volontà
agli uoniini, che prolesla di volerli
giudicare secondo quella parola che
egii ha dala oscura acciò non la intendessero? Lungi da noi tali bestemmie; ed anziché credere all’uomo, vediamo come Dio medesimo
dichiari una tale dottrina.
Non appena Iddio ebbe manifeslata la sua volontà a Mosè, e gli
ebbe ordinalo di scrivere la sua pa-
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rola, che dichiarò quesla essere
cosi chiara, da essere compresa
perfin dai fanciulli, ti quali non hanno ancora alcuna conoscenza« (Deuter. XXXI, 9-13). Ogni selle anni
quando si faceva la raunanza generale di tulio il popolo, Dio ordina
che la sua parola sia Iella a tulli,
uomini, donne e fanciulli, acciò tulli
udissero, « ed imparassero a temere
il Signore»; e non ordina ai sacerdoti di fare un commento, nna interpretazione, ma semplicemente di
leggere la divina parola; e l’efTetto
di lale lettura doveva essere che
tulli imparassero a temere il Signore. Ma se la Bibbia non fosse
chiara ed evidente, potrebbe produrre un tale effetto eziandio sui
fanciulli?
I Salmi celebrano continuamente
la chiarezza della divina parola : la
legge del Signore è perfetta, ella
ristora l’anima; la teslimonianza del
Signore è verace, e rende savio il
semplice. Gli saluti del Signore sono
dirilli e rallegrano il cuore; il comandamento del Signore è puro ed
illumina gli occhi (Salm. XIX, 7-8).
Ma come sarebbe perfetta se non
fosse intelligibile a tu Iti come potrebbe rendere savio il semplice, se
quesli non la intendesse? Il salmo
119 è un continuo panegirico della
chiarezza della Bibbia ; ma ci basti
accennare il v. lOo « La tua ]ijrola
è una laiiipana al mio piede, ed un
lume al mio sentiero ». Se è lampana al piede e lume al sentiero che
ci conduce a Dio; dunque è chiara
e evidente in tulto quello almeno
che risguarda la nosira salute.
E una verità di fallo che gli Ebrei appresso queste e tante altre
chiarissime testimonianze della Bibbia, ed appresso il senso comune
ritenevano e ritengono, nella Bibbia
contenersi chiaramente tulto quello
che è necessario a salvezza; è verilà di fatto che Gesù Crislo, il
quale ha su tante altre cose rimproverali i Giudei, non li ha mai rimproverali su quesla loro dottrina,
anzi li rimandava continuamente
alle Scritture ; dunque fino a Gesù
Cristo la Bibbia era chiara in lutto
quello che riguardava la salvezza ;
dunque il Vecchio Testamento è chiaro : uia forse che è divenuta oscura
dopo? ovvero il Nuovo Testamento
sarà più oscuro del vecchio? Ebbene
il Nuovo Testamento ci risponda.
La resurrezione di un morto è un
fatto che parla in una maniera chiara
e strepitosa anche ai più ignoranti;
ebbene, la chiarezza delle Scritture
vince in paragone la chiarezza del
fatto della resurrezione di un morto.
Nel capo XVI dell’Evangelo di san
Luca, G. Cristo porta la parabola del
ricco dannato, il quale prega Abramo acciò faccia risorgere Lazzaro il
mendico per mandarlo a predicare
ai suoi parenti; ad Àbramo rispon
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de ; «Hanno Mosè ed i Profeti, ascoltino quelli : » cioè la parola di Dio
che si conleneva in quei libri. Ma
alle nuove insistenze del reprobo
risponde Abrauio; « se non ascoltano
Mosè ed i Profeti, neppur crederanno avvegnaché alcun dei morti resuscili. ■ Avrebbe potuto aver luogo
la risposta di Abramo se la Scrittura
non fosse stala evidente? Se per intenderla vi fossero bisognale le interpetrazionì della sinagoga. Abramo non ci avrebbe mandali al testo
della divina parola, ma alla sinagoga
li celebre fatto dei fedeli di Berrea
registralo da s. Luca con lodi nel
capoXVH degli Alti Apostolici, dimostra ad evidenza la chiarezza della
parola di Dio. Quei buoni Berreesi
non vollero credere alla predicazione
degli A\)osloU se non quando la ebbero confrontata colla parola di Dio,
e videro che ad essa era uniforme;
come potevano far ciò se la parola
di Dio non fosse stala chiara?
E qui vogliamo osservare che quei
fedeli di Berrea anziché essere biasimali furono lodati per simile condotta; che se gli Apostoli lodavano
coloro che confrontavano i loro insegnamenti colla parola di Dio, pronti
a rigettarli se non fossero stati conformi alla divina parola ; percbè oggi
coloro che pretendono succedere
pgli Apostoli chiamano eretici quelli
che non fanno a loro riguardo nè
più nè meno di quello die facevano
i Berreesi riguardo agli Apostoli ?
L’aposlolo s. Pietro vuole che i
Cristiani attendano « alla parola profetica come ad una lampana rilucente
in luogo oscuro • (2 Pietr. 1, 19):
ma è fuor di questione che fra tulle
le parti della Bibbia, quella nella
quale s’incontrano più facilmenle
delle difficoltà è la profezia ; ora se
secondo s. Pietro, ossia secondo la
parola di Dio, la profezia è chiara
come una lampana in luogo oscuro,
che dovrà dirsi del reslo delle Scritture?
Ecco cosa c’insegna la parola di
Dio intorno alla chiarezza della Bibbia. Che coloro i quali dicono che
la Bibbia è oscura tremino; imperciocché la loro condanna è già pronunciala : meditino queste terribili
parole di s. Paolo: 2 ai Cor. IV, 3,
4. • Che se il noslro Evangelo è coperto, egli è coperto fra coloro che
periscono: fra i quali l’iddio di questo secolo ha accecato le menti degli
increduli; acciocché la luce dell’ Evangelio della gloria di Cristo, il
quale è l’immagine dell’ invisibile
Iddio non risplenda loro, » Noi però
crisliani evangelici, figli della Bibbia,
educati sulla Bibbia, riteniamo corno
si conviene questo prezioso tesoro
acciò sia la nosira consolazione, e
la nostra guida.
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LE ANNUE RAUNANZE
(Ielle Società Evangeliche di Parigi
GIUDICATE DA L'N ITALIANO
Daunaleltera deirollimo ex-Prete
Ferrerò togliamo il seguente brano,
nel quale egli rende conto delle impressioni che gli fecero provare le
annue raunanze delle società evangeliche di Parigi, alle quali intervenne. Mentre a molti dei nostri lettori questa leltera farà conoscere
sollo nuovo e sempre più giusto aspetlo quelle chiese evangeliche tanto calunniate dai clericali; dai sentimenti esternati di chi la scrive, avranno i credenti nuovi motivi di
rallegrarsi a cagione del noslro fratello, scorgendovi quanto sia vivace
e profondo il suo atlaccamenlo alla
verilà che salva.
(I Quantuaque mi riservi d’inviarvi un
breve ragguaglio delle conferenze annuali
delle varie Società Evangeliche, non posso
trattenermi di palesarvi sin d’ora l’impressione dolcissima che ho provato ieri
sera (mereoledì’ 7 ‘/j pomeridiane) assistendo alla conferenza della Socielà Evangelica di Francia, tenutasi nella Cappella
di Tailhout. Presiedeva 1’ amico vostro
Bridel. Dopo il canto di un inno, ehe non
ricordo, il sig. Bosl padre apri la conferenza con una commoventissima preghiera, in cui dopo aver benedetlo Iddio
d’aver riuniti tanti fratelli insieme per
trattarvi gl’interessi dei suo regno, domandò lo spirito di carità e di verilà,
l’uno per annunziare il vero cou dolcezza.
l’altro per confessar Crislo con coraggio.
Domandò nuovi operai nella vigna di Francia, operai disinteressati, illuminati dalla
scienza che edifica, e finì invocando la
benedizione sovra ogni comunione, che
con mezzi diversi cammina al santo scopo
di far annunziare il regno di Dio nelle
varie contrade della Francia. Bridel prese
la parola parlò del dovere che ha uc
Pastore di conservare intatto il deposito
della fede: dell’obbligo d’ogni Cristiano
di concorrere a sostenere una Socielà,
die ha per fine di spandere il Vangelo:
dimostrò che la Socielà Evangelica di
Francia è una buona Socielàperc/ie Evangelica: difese la Socielà dall’accusa scagliala contro di lei, che vorrebbe esser
sola a predicar Cristo; lodò ogni altra denominazione od alleanza che milita con
allre viste sotto il vessillo di Cristo; e
finì esortando i Pastori a concorrere colla
preghiera, coll’opera e coll’esempio di
una vita di fede pratica a far trionfare il
Vangelo nelle varie contrade in cui Dio
gli pose a sostenere la sua Chiesa, ed
ampliarla. Dopo prese la parola il sig.
La-Ilarpe, n!/aiior, di Ginevra. Cercando
la ragione massima per cui la vila spirituale delle Chiese di Francia è così al di
sotto di quelloche dovrebbe essere, ebbe il
santo coraggio di dire che il Vangelo è troppo predicalo come teoria, e non abbastanza
osservalo come massima dagli stessi predicatori.—« Ce n’est pasassez d’annoncer
la Donne Nouvelle, diceva egli, mais il
faut de plus l’annoncer avec foi et charité, A quoi bon annoncer Dieu, son Christ,
sa misericorde, son pardon, si nous démentons ce niessage avec une foi morte
ou languissante? »—
« Dopo, il sig De Presscncé lisjsc un
9
rapporto sui lavori della Socielà : precisione, chiarezza d'idee, eloquenza e semplicità cristiana cattivarono l’attenzione
del numeroso uditorio: parlò dei progressi della Società, di quello die resta
a fare; il rendiconto del passivo e dell’altivo della Socielà, portò il relatore a condiiudere invitando ogni cuore che batta
pel Vangelo a concorrere colla preghiera
e coll’opera per realizzare la seconda domanda dell’orazione domenicale —Venga
il regno tuo. —
« Questa mattina ebbe luogo l’adunanza
della Sucietà delle Missioni presieduta dal
sig......commovente cd interessante
come la prima. Avendo udito che si manderanno a stampa le relazioni di tulle le
varie Società, non vi parlo di loro: d’altronde non potrei darvene che un’idea
molto inesatta , essendomi stato difficile
fin d'ora di tenermi a memoria le relazioni, che si lessero almeno pei sommi
tapi.
« L’assemblea della Società centrale del
l’roteslantismu in Francia, ch’ebbe luogo
ieri sera (22. 7 '/,) fu per me un molivo
di benedizioni. Dopo la lettura del rapporto il sig. De Pressencé invitò la Socielà
Centrale a camminare in buona armonia
colle Società Evanyelica di Francia.
Camminiamo, disse, lutli secondo le nostre viste diverse (1 ), ma camminiamo là
dove tutti devono andare pel trionfo della
buona causa. Dove miriamo ? A chi tende
la Socielà centrale? A Cristo. A chi la
Socielà Evangelica? A Cristo: ebbene,
le nostre Socielà sono sorelle, i loro meni
(■I) La prima si connette colle Cinese chc nceTono UDsalario dallo Stato j la seconda eolie Chioj?c
i»dlpoQ(lenti ossia non vincolale allo Stato col salario. S. del P\cd.
bri non saranno fratelli? Gioisco,o Signori,
sperando che da due o tre anni in qua
sparvero le dilTidenze, le gelosie; e che
ora il Vangelo è annunziato senza spirito
di contesa. Invito adutique i membri del
Comitato della Società Evangelica di Francia a promettere alla Società centrale tutto
il suo concorso, la sua simpatia, assicurandola che i loro timori, le loro speranze,
le loro gioie, i loro alTanni sono comuni a
noi, come noi teniamo certo chc i nostri
alTetti sono pur gli affetti della Soclctà
Centrale. — Sorse il sig. Vallette membro
della Società Centrale, e rispose: il Vangelo è come una ferrovia, che ci guida
alla patria del vero: sulla ferrovia sonovi
vagoni di 1“, 2“, 3» classe; vagoni per le
merci ; vagoni per i viaggiatori. I vagoni
sono le Società: lutti però sono guidati
da una sola locomotiva: la loromotiva è
Dio! Camminiamo tulli sulla stessa rotaia,
e saremo uniti : non badiamo se siamo
primi 0 secondi vagoni: badiamo di non
staccarci gli uni dagli allri, se vogliamo
arrivare alla mela.
(I È inutile dirvi, che un baltipiedi (in
Francia le mani stan ferme, almeno nel
tempio) acclamatorio accolse plaudendo la
parola dei due oratori.
« Voi desiderate sapere quale impressione eccitano nell’anima mia tali conferenze ? Avete voi mai assistito alle discussioni che si sollevano nei gorghi aristotelici delle Accademie Ilomauo-i;;attoliche?
Oppure avete voi mai tacchinalo sul secundum quid, sul siinpliciter secundum
quid, sul realiter, modaliter, sul in parte
quod, 0 in parte quid? No? Benedetto
voi ! che la vostra zazzera non è incipriata
dalla polvere minervale della scolastica!
Ebbene io vi fui là sui hanclii teologici...
10
e quando doveva alzarmi o vincitor, o
vinto, 0 impolverato di cipria, o carico
di nego, e di concedo, tentennava come
un biniljo, non oi vedeva più. Rovesciale
la medaglia: nelle conferenze evangeliche
sono uomini, che parlano : ma lode a Dio,
non è più la Babele scolastica, è la luce
vera che illumina, è la parola di un Dio
chiaro, preciso, sincero ; non asiruse sottigliezze, non pompose soffislicherie: non
fliiistioni coniate sull’ibis, redibis non,
raa verità solenni, esposte con lucidezza
di pensiero, con veracità di concetto, e con
logica religiosa. Io ho sentilo l’anima
degli 80 e più Pastori trasfondersi nella
mia, perchè tutti portarono Cristo nel mio
cuore, lii udii con gioia spandere il loro
giubilo, benedicendo la potenza di Dionella
propagazione della Buona Novella : li udii
con gioia eguale quando, con sincerità veramente apostolica, parlarono delle comuni debolezze, e dei bisogni delle loro
chiese. Nei tempii cattolici, udii gli oratori
vantare la loro dignità, inculcare il rispetto al sacerdozio: nei tempii evangelici i pastori non chiedono che riverenza,
e fede al Vangelo, clemenza, e carità all’infermità de’ suoi ministri. Oh se quella
porzione del Clero Romano, che non è
ancora corrotta dall’egoismo, e dall’ambizione, cbe è degna ancora di sentire la
verità, si trovasse presente alle nostre
conferenze (la dico grossa, ma è più che
tra le idee possibili) son certo, che scuoterebbe dal suo capo, e da’ suoi piedi la
polvere, e Roma resterebbe sola come
una piramide nel deserto. — È vero che
]a verità se non scende al cuore, l’anima
non riceve la vita : raa la verità è luce, e
poi calore. Dio volesse, che il clero italiano divenisse curioso di assistere alle
nostre discussioni! Ma che volete? Chiunque assiste a conferenza, od a culto acattolico è scomunicato se laico, se prete
scomunicato, e sospeso a divinis, a fcenefidio ecc.: sino al maramta.
« Vi scrivo da casa di uo vostro amico,
da cui ricevo l’ospitalità la più cordiale
perchè la più cristiana. è il sig. V.... che
voi conosceste a L.... Egli parla l’italiano
coH’acccnto napoletano. La mattina noi
facciamo le nostre orazioni insieme, ed
oh! che giubilo, che gaudio provai l’altro
giorno che potei pregare nella dolcissima
mia lingua. Non aveva ancora, non aveva
mai pregalo in comune nel dolce idioma
italico ! Vi potete pensare che mandai
caldi affetti per voi, pei confratelli, per
l’Ilalia mia, pei miei carissimi! Oh! Dio
voglia, che essi pur gustino un giorno la
pace che io provo, la gioja ch’io sento,
la speranza in cui m’affido.
Addio carissimo, pregate, pregale molto
per me: sì caro, tutti i giorni che penserete a me in Dio, avrete l’eco del cuore
mio, che risponderà alla preghiera, che
deporrete nel cuore del uostro Gesù. Io
non posso non pensare a voi : quando
prego, e faccio il giro del mondo, ed allargo le braccia dell’anima mia per stringere nel mio cuore tutli coloro che mi
sono cari, le mie mani .stringono le vostre,
ed ì nostri cuori abbracciano l’intiera
umanità ! Vi dirò che innanzi la mia conversione sentiva una certa stizza contro
il clero, e non sapeva condannare il principio, salvando le persone. Ora gli amo
lutti: gli veggo illusi, ma non gli veggo
più tanto tristi. Preghiamo per loro, ed
amiamoli come Cristo ci ha amati ».
11
IMj CATTWIilCISMO
ED IL CATTOLICO.
I.
Il Cattolico di Genova è tutlo gongolante dalla gioia, ed è ad un dottore tedesco, il sig. Leo, che va debitore di tanta
allegrezza. Questo dottore Leo « il più
celebre scrittore deli'AIIcmagna frai protestanti » dice il Cattolico, pubblica da
qualche tempo, sebbene protestante di
nome, scritti così favorevoli al romanesimo, che si è tratto addosso l’accusa di
essere più cattolico che protestante. Il
Voìksblatt für Hadt and Land che sì era
fatto l’organo dì queste accuse, pare vi
avesse aggiunto una caratterstica del romanesimo non troppo lusinghiera. Il sig.
Leo ha risposto, e questa sua risposta
è quella che fa trasecolare il pio giornale.
L’argomento principale usato dal signor
Leo a confutazione dei suo avversario
c il seguente: che in tutti i punti discussi
il suo antagonista parla « dì una Chiesa
Il cattolica ben diversa da quella ch’egli
«conosce» ; laonde non è straordinario,
« se dica si, là appunto ove lui, il Leo,
« dice no ». Ed il Cattolico ne trae questa
conseguenza: che se tutti gli Evangelici
non sì fanno cattolici romani, è solo perchè l’ignoranza in cui vivono vieta loro
dì apprezzare l’eccellenza di questo sistema.
Cominciando dalla teoria sul papato,
ecco come (attenendoci sempre al Cattolico) si esprimerebbe il sig. Leo :
« Egli (l’avversario) parla di una Chiesa
«cattolica in cui l’autorità del Papa più
• vale che quella di G. Cristo, mentre in
« quanto a me non ne conosco che una,
« nella quale l’autorità del Papa non ha
« per fine che di servire dì strumento alla
« luce dì Cristo. Che siavi un’altra mali niera di servire a Dio, ciò si comprende,
• ed è per questo che noi siamo proteII stanti — ma non ha altro fine ; non si
• ubbidisce al pnpa che in nome di Gesù
«Cristo».
E ciò sta mollo bene. Solo noi cì faremo lecito di domandare al sig. Leo,
ove egli sia andato a pescarla cotesta teoria sul papato? — Se nel suo cervello,
noi non abbiamo niente da ridire : lecito
al sig. Leo come a chiunque di foggiarsi
un papato a suo talento, pur che cì lasci
alla nosira volta la libertà di apprezzare
le sue imaginazioni per quel che valgono.
Se risponderà negli scritli degli espositori
più accreditati del sistema romano, noi
dovremo credere chc sia riuscito il signor
Leo, nelle sue ricerche storiche, a scoprire documenti del tutto sconosciuti fino
a quesli giorni, poiché tra la teoria del
papato ch’egli ci porge e quella di coloro
chc fino a questi tempi sonst sempre annoverati fra ì più rinomati e più valenti
propugnatori de! Papato, la discrepanza
è così assoluta, che l’immaginarl* dì più
sarebbe impossibile, anche a chi sollecitamente vi sì adoperasse.
Che dice infatti il sig. Leo del papato
quale esiste nella Chiesa caltolica da lui
conosciuta ? — Che in quesla Chiesa « l’autorità de’papi non ha altro fine che di
servire di stromento alla luce di Cristo...
e che non si ubbidisce al papa ehe in
nome di Cristo ». Che dicono sul medesimo argomento ì teologi più riputati della
Chiesa romana ? Si senta il loro linguaggio, e poi sì dica se vi ha il minimo rapporto tra la Chiesa di cui si fanno patrocinatori, e quella di cui si fa patrocinatore
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il sig, Leo, e se II Cattolico volendo ritnanere romano quale si è sempre dimostrato, lia fatto prova di molta prudenza
esaltando come cosa impag-ilìilc l’articolo
del tedesco scrittore, e chiamando su di
esso tutta l’attenzione dei suoi leltori.
Avvertiamo che le fonti a cui abbinino
attinto sono tutte indicate nella nota che
il lettore troverà a calce deH’articolo.
i< Il papa ha piena autorilíi sopra tutti
quanti i conuilii: Papa habet auctorilalem
super omnia concilia-, è un concilio universale che ci favorisce una tale dottrina.
Dio e il papa formano un solo concistoro;
il papa può fare quasi tutto quello che fa
Iddio. 11 papa fa quello che vuole, anche
le cose illecite, ed è più di Dio. Se il
papa errasse ordinando cose malvagie, e
vietando cose virtuose, la Chiesa è tenuta
credere che le cose malvagie sono buone,
e le virtù sono cattive, se non volesse
peccare contro coscienza. Sono due celebri
teologi rimunerati dal papa colla porpora
cardinalizia e poco mon che canonizzati
che hanno spacciate tuli dottrine, cioè il
teologo Zabarella ed il teologo Bellarmino;
ma sono bestemmie cosi solenni che I
nostri leltori dureranno fatica a crederle;
ebbene ecco le parole latine: Deus et Papa
faciunt unum concistorium..... Papa po
iesl quasi omnia faccre quae facit Deus...
Papa facit quidquid libel etiam illicila,
ET EST i’LüSQU.vJi Deiis. —Si uutem Papa
errarci praecipiendo vitia, vel prohibendo
virtutes: teneretur Ecclesia credere vilia
esse bona et virtutes mala, nisi velkl contra conscientiam peccare.
«Il papa può fare leggi e costituzioni per
il mondo intiero; imperciocché la sua polesln è illimitata. Il papa ha potere su
tulli gli uomini, anche sugl’infedeli. 11
papa giudica tutti, e niuno fuori di Dio
può giudicarlo; non può essere giudicato
neppure dal concilio; anzi se il mondo
intero sentenziasse contro di lui bisognerebbe stare alla sentenza del papa contro
tulto l’universo. Si totus mundus in aliquo negotio sententiaret cantra papam,
sentenlice papa; standum esset. Non è permesso ad alcuno discutere sulle azioni
del papa. Tutto quello che si fa per l’autorità del papa, si fa per l’autorità di Dio.
Il papa ha un potere tulto celeste; ciò
ch’egli separa non è separato dall’uomo,
ma da Dio stesso; imperciocché egli non
occupa il luogo di un semplice mortale,
ma di UN vero mo. Le di lui sentenze
procedono dalla faccia di Dio. Il papa è
sopra ogni diritto umano positivo, siccome
è sopra ogni diritto positivo ecclesiastico,
sebbene risultasse dalle decisioni di un
concilio generale; egli non riceve l’autorità dai canoni, anzi egli è che la dà ai canoni.
"11 papa può da se solo determinare i
simboli di fede; imperciocché a lui solo
appartiene decidere le questioni intorno
alla fede. Le decisioni dei Padri, anche
appoggiate alle S. Scritture, hanno forza
assai minore delle decisioni del papa.
Egli, sebbene lo volesse, nou potrebbe
sottoporsi ad un concilio ; perchè Dio solo
potrebbe rendere un mortale più grande
del pupa. Il papa può deporre un vescovo
anche senza alcun motivo ; non potrebbe
però deporre tulli i vescovi in una volta,
non già per mancanza di potere, ma per
uon arrecare disturbo alla Chiesa. 11 papa
non è soggetto né alle costituzioni dei suoi
predecessori, nè a quelle degli Apostoli :
egli dispensa egualmente dalle une e dalle
allre; imiicrciocchè non esiste alcun po-
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tere die limili il potere delle chiavi, ucppure il potere di s. Pietro e s. Paolo, noti
essendovi superiorità fra eguali. Il papa
può dispensare dall’osservanza delle leggi
divine, e dai precetti del Vangelo.
"Sarelilie eresia il credere die il papa
potesse errare nelle sue decisioni sulla
fede, sui sacramenti, sul costumi. Sarebbe un sacrilegio dubitare s’egli potesse
0 uo cambiare le ultime volontà dei moribondi; e chi negasse il suo sommo potere non sarebbe cristiano. Se vi fosse alcuna pia disposizione indipendente dal
papa, questa sarel)be ncn solo conlraria
al diritto canonico, ma anche al diritto
divino. Il papa come uomo può errare
nella fede, sebbene non abbia mai errato,
ma non potrebbe mai errare come papa,
11 papa è l’amministratore, il dispensalore,
anzi il vero padrone di tulli i beni ecclesiastici del mondo, dei quali può pienamente e liberamente disporre come di
cosa sua. Il papa può accordare ogni
.sorta di dispense, ad eccezione di quella
di sposare il padre o la madre. Il papa
può deporre dalla loro dignità i giudid e
1 principi, e sciogliere i sudditi dal giuramento di fedeltà; con questo però che
il re 0 principe deposlo dal papa non
possa essere scaccialo o ucdso legittimamente se non che da coloro ai quali il
papa avrà data una tale commissione:
Si papa regem deponat, ab illis tantum
poterit expelli, vel interfici , quibus
ipse id commiserit,
«Il papa è re dei re, dominatore dei
dominanti: rex regum, et domimts dominanlium : è il principe dei vescovi,
il giudice di tutti i mortali, l’ordinario
di ciascuno. Egli può, in virtù della sua
assoluta potenza cambiare la natura delle
cose, e fare una qualche cosa del nulla;
può far nascere un diritto ove non ve
ne era punto; egli è tutlo e sopra tutto:
papa est omnia, et super omnia : può faro
che le cose quadrate sieno rotonde, cambiare il bianco in nero, ed il nero in
bianco: papa potesi mutare quadrata rolundis, et facere de albo nigrum, et de
nigro album. Egli può tulio al di sopra
del diritto, fuori del diritto, e contro il
diritto : papa supra jus, conira jus, exira
jus omnia potest. Imperciocché egli è la
cagione delle cagioni, e perciò non si
deve ricercare l’origine dellasua potestà;
non essendo possibile dare una cagione
alla prima cagione. Quindi niuno ha diritto di dire al papa; perchè agisci cosi?
Il solo suo potere ne è la vera ragione ; e
chiunque dubita di lale dottrina dubita
della fede callolica: papa est causa causarum : ideoque non est de (jus potesinic
inquirendum, cum prima causce nulla
sit causa, Nemo potest dicere papw cur ila
facis? Sola enim potestas est prò causa,
et qui de hoc dubiiat dicitur dubitare de
fide catlìolica (1).
(< ) TiJc conc. Lateran. V sub Leon X. — Cardin. Zabarella de schisma Innocent. VII. — Bellami, de H. P. lih. IV, cap. 5. — Prosperi Kagnani comment, in pr. pari. lib. I, dccret. De
sum/na Trintiafe^ cap. FirtwiVcr, num. 38, He
constitution, cap. Cnnonum staluta num. 17,
cnp. ]\'e inniiarìs num. 6. — Idem in 2 part. \
decrot. de elect. cap. Significagli nom. 9, < I, -42,
48, 7i et 72. De translat. opiscup. cop
0uanii) num, 40, 57, 01 ad fiG, 8Î et ti7. IM
bigam nna ordinand. cap. Super eo num. ad
Ì7. oflic. dcK'jj. cap. Quoiìi/im num. 22j cap.
Sirjnificttiìiibus uiim. C9. De off. ordin. cap.
Perniciosam num. C4. De pactis cap. Anfiffonvs
num, 28 et 57. cap. Cum pridctn num. 27, 75
et 8Ü, cap. Accepimus num. 28. De transaction,
cap. IVnieni num. A. —Idem, in 2 lib. dccret.
de tc8(ib. cap. yenerabili num. 30 et 30. — Idem
ID I part. IH decret. de clcric. non resid. cap.
Ex parte num. b8. De clcr. ύrol. cap. ComuU
tationibui niim. 25. De reb. eccl. non alienand,
14
Se poi il signor Leo ed il Cattolico dod
si trovassero cocteuti di tali citazioni, potrebbero cousultare nella collezione dei
concilii di P. Labbé, et G. Cossart al
tomo XIV. ediz. di Parigi 1672, e vedrebbero nel concilio Lateranense V, alla sessione IV, chiamato papa Leone X « pastore, medico, governatore, coltivalore e
fmalmente un allro Dio in terra : Tu enim
pastor, tu medicus, tu gubernator, tu cultor, tadenique alter deus ¿n iem's». Lo
sentirebbero chiamato « Leone della tribù
di Giuda, radice di David, salvatore della
Chiesa». Lo sentirebbero, alla sessione VII,
chiamato col nome di divina maestà, a
cui è stato dato ogni potere in cielo ed
in terra, e che nel papa deve essere verificata quella profezia: « tutti i re della terra
lo adoreranno, tutte le genti lo serviranno».
Che il sig. Leo, il quale forse non conosce tali dottrine dica che nella Chiesa
cattolica « l’autorità del papa non ha per
line che di servire d’istrumento alla luce
di Cristo », gliela possiamo passare; ma
che il Catodico zelantissimo difensore del
cop. n'ulla num. 6. De testament. cap. Aoi guidem nuD). 40, 44 ot 47, cap. Cum eues num.
el \A. — Idem, in ! 1 f»art. IU decrct. de stalu
luonach. cap. Cum ad monatterium num. 54.
De baptisiuo cap, JUajorcs num. ^2 ad 44, No
clerici vel monachi cap. Reìaium num., 20 ad 29.
— Idem ìq IV dccret. de cousaiiguiu. et aflin.
eap, Vìr qui num. 54. — Idciu ia t part. V decret ne prcelat. vices auas cap. Prwterea mini,
50,51. De heerelicis cap. Vergentis num. 7, cap.
Absolufos num. 2. — Idem in \ 4 part. V docret.
de p(£nit. et remiss. cap. Omnù num. 2ì>. De
sent. cxcom. cap. /Ìe*;70»S0 num. 71.—Suarez
lib. VI, cap. 4 contra regom Angli«. — Bellarniin. lib. coDir. Barkiay cap. 7 et lib. De Rom.
Pont, passim.
Gli autori citati, citano a loro volta mohissimì
autori cattolici, per cut qnclle sentenze possono
con tutta »icnrezza dirsi dottriue della Chiesa rO'
mana.
diritto canonico convenga nella dottrina
del signor Leo non Io possiamo comprendere.
Su questo solo articolo avremmo ancora
molte cose a dire, raa qui facciamo sosta
per passare ad altri punti toccali nella
risposta del sig. Leo.
IKO'riZIE REliieiOSE
Savoia. Il sig. Iludry-Ménos, redattore
del Glaneur Savoyard, fu tratto alla barra accusato di avere attaccato la religione
dello Stato. Il 18 aprile i giurati lo han
.rimandato assolto. Il pubblico ministero,
dice il Patriote Savoisien, fece tutto il
suo possibile perchè l’accusato fosse condannato, ma i giurati, sollevandosi sopra
tutti gli scrupoli che il fisco voleva far nascere nelle loro coscienze, compresero la
sublime loro missione, e dichiararono
non colpevole l’imputato.
Madera. La fede evangelica piantata in
quell’isola sono ora pochi anni dall’ottimo Or, Kalley, e dalle zelantissime signorine Rutherford, non è stata potuta
sradicare nè coi patiboli, nè colle galere,
nè cogli esilii: un recente rapporto pubblicato dai giornali inglesi prova che esistono tuttora nell’isola molti e molli cristiani evangelici. Che Dio benedica quei
nostri cari fratelli ! Perù ci crediamo obbligati di avvertire i nostri confratelli, i
giornalisti religiosi evangelici, ad essere
molto sobri nel pubblicare notizie di tal
fatta. In un paese ove non esiste la libertà
di coscienza i crisliani evangelici debbono
essere nascosti finché Dio così vorrà ; tali
pubblicazioni noi le crediamo più dannose che utili, perchè i nemici del Vangelo
ne profittano per perseguitare.
15
America, Inglese. Il qiialtordicesimo
auniversario della società missionaria francese-oanadiana è sialo oolebralo il 27
geoDaio p. p. scilo la presidenza del luogotenente colouello Vilgress, ed ha offerto un grande interesse. La benedizione
di Dio riposa sopra questa società la quale
progredisce sempre più ad onta dell’acre
opposizione del clero romano, che vorrebbe fosse l’insegnamenlo della S. Sede
ricevuto « colla stessa figliale fiducia con
cui il bambino riceve da sua madre il
cibo, 6 lo scioglimento di tulte le sue
difficoltà ».
A questo proposito citeremo la risposta
fatta da uno degli agenti della socielà
ad un uomo che l’insultava villanamente,
dicendogli che il prete gli avea proibito
di ascoltarlo, e che il suo evangelo era
c.allivo. L’ agente gli propose di recarsi
insieme dal prete e di aver là, in sua
presenza, una discussione sulla S. Scrittura. « Questo è inalile disse I’ uomo;
poiché il prete ha dichiarato che non vorrebbe parlarvi nemmeno, e che avrebbe
più caro discutere col suo cavallo, che
non seco voi »— « Lo credo volentieri,
rispose l’agente, signor Venot, poiché il
cavallo non risponderebbe e si lascierebbe condurre ciecamente, ed il vostro
prete preferisce rivolgersi a ciechi muti
che non a coloro che conoscono 1’ Evangelo » — Lo stabilimento di educazione
fondalo dalla società annoverava all’epoca
delTultimo rapporto sessantatre maschi,
fra i quali quarantatre ex-caltolici, e
quarantasei femmine, fra cui quarantuna
ex-calloliche. Oltre la sua influenza diretta la Società ne esercita una indiretta
più grande forse di quel che si suppone.
Eccone un esempio fra molti altri: mesi
sono una giovane donna in punto di
morte diceva al suo marito: « Ascolta! ti
(I ricordi senza dubbio di quel giorno che
n uno Svizzero si fermò da noi e ci lesse
<1 l’Evangelo? Non mi sono mai diinentiII cala le parole ch’egli ci lesse; ed ora io
Il muoio felice perchè ho credulo. Sì, ho
" creduto che il sangue di Crislo ci purga
« da ogni peccato. Addio, mio caro mali rito! ma dà retta al mio ullimo consi« glio: quando non sarò più, vada quel<• l’uomo, e compra l’Evangelo a qualun« que costo, u — La giovane donna è
morta in pace, e conforme al suo supremo desiderio, l’uomo che lasciava
vedovo, si è procurato l’Evangelo, ed egli
stesso ha narrato quanto precede.
(Dal Témoin de la Vorih-J.
CROXACilETTA POLITICI
Torino. Nella Cnmera dei Deputali seguita da più giorni, e con molla vivacità
la discussione sulla ferrovia da Novara
al Lago Maggiore.
— Ecco il nobile proclama pubblicalo,
unitamente al programma per le feste
dello Sia/ii<o, dal Sindaco di Torino:
Concittadinil
Noi soli in Europa abbiamo libere inslituzioni non imposte da guerra civile,
0 da straniere influenze, ma sponlaneamenle venute dal Irono, accolte con entusiasmo da quanti amano la patria, mai
sempre rispettate e coraggiosamente sostenute dalla noia lealtà dei nostri Principi e dalla costante assennatezza de*
popolo.
Le nostre libertà sono il frutto della
maturità dei lempi, i quali ebbero pe
16
interprete un Re magnanimo di cui durerà eterna ia gloria nella memore gratitudine del paese; esse non rappresentano
il trionfo di un parlilo, ma quello della
giustizia e della ragione, epperò l’annuale
ricordanza delle ottenute franchigie ci
rammenta 1’ epoca avventurata che per
sempre consacrò I nostri destini, che ci
sosteune nella sventura, che ci consola
di liete speranze, che svolge la nazionale
attività, e che vivifica ogni sorgente di
pubblico bene.
Inalberiamo adunque con animo fidente
il noslro vessillo, e salutiamo con riconoscente afletto la Croce di Savoia, che
brilla di così bella luce fra ì nazionali colori; celebriamo l’annuale ricorrenza di
questi giorni, dimostrando che sappiamo
apprezzare la liberlà e sfuggirne gli abusi,
e sia per tal modo a tutti aperto che invano sì tenterebbe di rompere quella concordia dì voleri che è figlia dell’amore del
migliore fra i popoli verso l’ottimo dei Re.
Torino, dal civico palazzo,
addì 4 maggio 1853.
Il Sindaco Notta Giovanni
— Leggesi nella Gazzetta Piemontese
di lunedì :
« 11 telegrafo ci reca la notizia che ierj
sera, versole ore9, sulla piazza di.SaintLéger, in Chambéiy ebbe luogo un alterco che produsse un assembramento, per
cui l’autorilà ha creduto opportuno l’intervenlo della forza armata. Mercè questo
intervento, la tran(|uillilà fu tosto ristabilita, cd un dispaccio di questa mattina
assicura che l’ordine non fu più menomamente turbato, e che l’alterco non ebbe
nessun carattere politico. »
Roma. La pontificia Accademia di ar
cheologia ha celebrato il 50 aprile il Natale di Roma nella deliziosa villa Massimo
ài Laterano. ! rev. socii, dopo bd sontuoso pranzo, ascoltarono le lodi di Roma
in un discorso pronunciato dal reverendissimo Commissario del S. Ufficio. Ci
asteniamo da qualunque commento,
Francia. È pubblicala nel Moniteur
la concessione di una ferrovia tra Lione
e Ginevra seguendo la sponda destra del
Rodano.
Inghilterra. La Camera dei Lords, ha
respinto il biglietto concernente l’ammessìone degli Israeliti nel Parlamento.
Austria. L’introduzione deH’Jrmonia
è stata vietala d’ ordine della polizia
di Vienna per tutti gli Stati Austriaci.
TuncuiA. La missione del principe
Menskikoff seguita ad essere argomento
a molte diverse dicerie, senza ehe niente
si sappia di positivo intorno ad essa.
L’UOMO
DIRIMPETTO .4LLA BIBBIA
ossia
Diritti rispettivi della Bibbia nell* Uomo, e dell- Uomo nella Bibbia.
presso Stefano Giustetti,
via della Provvidenza, numero 8.
Direttore G. P. MEILLE.
Rinaldo Bacchetta gerente.
TIP. SOC. DI A. PONS E COMP.