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LI fiUOi\A IVOVELLA
GIORNALE RELIGIOSO
PRRKXO
(A domictito)
Torino, per un anno F^. 0,00 L.7,00
— per sei mesi « 4,00 » 4,i>0
Per le provincie e i’esteio Iranco sino
ai confini, un anno . . L. 7,20
per sei mesi, » 5,20
A)i)fl£'jovTt{ Si i'j «yann
Scgacndo la verità nello cariti
Efìs. IV. 15.
La Direzione della BUONA NOVELLA è
iu Torino, casa Bellora, a capo del Vialp
del He, N 12, piano 3 '.
Le associazioni si ricevono dalla Direzione
del Ciornale, e dal Libralo fi, SEPiRA,
contrada Nuova in Torino.
Gli Associati delle Provincie potranno provvedersi di un vaglia postale,
inviandolo franco alla Direzione.
Il giornale l’Qpinione in materie di religione. — 1 Cristiani Evangelici di Favale.
Lettera III. ^ Lettere intorno allo spirito religioso in Italia, Lettera 111. — L*uo*
mo dirimpetto alla Bibbia. ^ Notizie Religiose. — Cronachetta politica,
IE. CÌIOB1VA1.E 1^’OPMJVMOIVgi]
in materie di religione.
Un arlicolo pubblicato dall’Opinione, alcune domeniche sono, ci richiamò alla memoria la scarsezza di
dollrina e di perizia in materie e controversie religiose, la quale noi con
pena riscontravamo nel maggior numero de’ suoi articoli della domenica
nei prossimi passati anni. Poche assai
sono state le volte, in cui nei suoi
argomenti contro il papismo, e nei
suoi sforzi per far cessare ! mali che
da quello aU’Italia derivano, non sia |
riuscita a ferire nel cuore il cristianesimo , e ad aduggiare le speranze
di un nazionale italiano risorgimento.
E così ha fatto coll’articolo di cui ora
parliamo. Non è punto da meravigliare ch’ella parli a sproposito della
religione Evangelica tanto nel dogma
e nella disciplina, quanto nella storia
e nell’influenza che la medesima può
avere nella prosperità temporale delle
nazioni.
Questa è, per grave nosti’a sven-
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tura, col \oIger de’ secoli diventata merce troppo rara in Italia, perchè possa aspettarsi che gli Italiani
sappiano sempre giustamente apprezzarla.
Ma allora percliè volerne cosi leggermente parlare? Non è nemmeno a
stupirsi se ella abbia finora mostrato
co’ suoi ragionamenti di non possedere un’ intima cognizione di quella
parte della religione cattolica che
chiamasi propriamente papismo. Chi
fra i laici si occupa di esso in Italia
intellettualmeute? Ma ancora, e perchè parlarne? II prelodato giornale è,
come la maggior parte degli uomini
di Stato della Penisola, sgomentato
al dubbio, alla possibilità di lontane
scissure religiose fra noi. Quella uniformità di credenze e di forme esteriori , 0 piuttosto quell’acquiescenza
la quale in Italia generalmente si osserva nella dottrina e nelle pratiche
della Chiesa romana pare a\\'Opinione
la sorgente di una forza inestimabile,
la quale il nostro paese possiede per
rigenerarsi, il fondamento unico d
ogni speranza nostra pel futuro comune nostro riscatto, e deplora perciò
ogni conato che altri tenti per rompere questa uniformità collo stabilire in mezzo a noi credenze e pratiche religiose diverse. Vero è che
questa conformità od unità l'Italia la
possiede da molti e molti secoli, e
che il nostro paese anzi che sollevarsi per essa alle forme politiche, le
quali \'Opinione desidera veder qui
stabilite, non fa che sprofondarsi sempre pifi nell’assolutismo, nella soggezione allo straniero e nella povertà
intellettuale e materiale, che ne è
l’inevitabile conseguenza. Ma che perciò? La nostra salute, secondo l’Optnione, non può venire che dalia durata della causa della nostra infermità. La nostra è una piaga, la quale
nou può guarire che collo spingere
più addentro nel nostro corpo il
dardo velenoso, il quale ve l’ebbe ad
aprire.
A questa riflessione sappiamo quale
argomento l’OpmiOMe opporrebbe. Ma
invece di entrare in disputa intorno
ad essa , vorrebbero \'Opinione e gli
statisti nostri, i quali in ciò consentono con lei, saperci dire se eglino
per avventura stimino che la verità
e Terrore delle dottrine dogmatiche
e morali di una religione siano elementi da non contarsi nel calcolo
dell’azione che la religione medesima
può avere sulla socielà umana; oppure , se credano che la verità possa
produrvi effetti diversi da quelli dell’errore.
Se credono che la verità possa
produrvi del bene e l’errore del male,
vorrebbero eglino farci assapere presso di chi l’una e l’altro abitino ? Se
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quella stia colla Cliie.sa romana e
questo colle Chiese evangeliche?
L’Opinione bisogna dire che tenga
quest’avviso, perchè ove credesse che
la verità fosse dalla parte della religione 0 delle Chiese evangeliche, invece di imprecare o deprecai-e, dovrebbe invocare, benedire, incoraggire gli sforzi che altri potesse fare
per introdurre ed allargare fra noi
l’una e l’altre. Perchè, ammesso anche die questo nou potesse tentarsi
e compirsi senza una grave soma di
guai, nessuno in sanità di mente consiglierebbe altrui a rimanersene; altrimenti nessuna operazione chirurgica 0 finanziaria dovrebbe nel corpo
umano o nel politico praticarsi, quand’anche da essa dipendesse la guarigione del corpo stesso. Ma se il
prelodato giornale crede, come abbiamo già detto, che la verilà si trova
a Roma e col papa, perchè assalir
sempre l’una e l’altro? Se ci rispondesse , e non v’iia altra adeguata risposta , che gli assalti suoi sono diretti contro gli errori, i vizi del sistema romano, noi replicheremmo, che
se questa risixista dà indizio in chi
la fa di buone intenzioni, rivela però
in lui una deplorabile ignoranza del
sistema che egli offende e difende
nello stesso tempo, quell’ignoranza
che è fonte principale, se non unica,
de’ mali secolari da cui questa Italia
nosira è travagliala; ignoranza della
cardinale verità, la sola forse che da
Roma sia proceduta da molte centinaia d’anni in qua, che il sislema di
lei va accettato o rigettalo tutto intiero come sta; e che il volervi fare
scelte , distinzioni, o qualificazioni
fra una parte, benché minima , e le
altre parti, vale lo stesso che rigeltario lutto intiero, volere annichilarlo.
Avvegnaché queslo sistema riposi
tutto intiero sulla teoretica infallibilità della Chiesa e del caiio di essa,
il romano pontefice , e non v’abbia
sentenza della Bibbia ,• per quanto
chiara possa sembrare ai dotti ed
agli indotti, non testimonianza della
tradizione e della storia ecclesiastica,
per quanto concorde, certa, evidente
possa essere dai laici giudicata, non
ragione, o senso comune, o principii
d’economia politica, per quanto siano
universalmente accettati che valgano
uD iota contro le interpretazioni,
testimonianze e dichiarazioni della
Chiesa e del pontefice romano; dimodoché è vero, logico, irresistibile
l’assioma, per quanto sgradito riesca
a molti fra i teologi, canonisti e statisti del mondo cattolico romano, che
quando Roma locuta est, causa fi'
nita est.
Laonde coloro i quali pongono,
come ì'Opinione fa, i limiti all’obbedienzii ed alia sommessione alla loro
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Gliiesa, od all’organo di essa, il papa,
ci sembrano tanti fanciulli iu una
casa di vetro , i quali per toglierne
qualche ragnatele che essi credono
scorgerci qua e là , gettano sassi, e
invece di nettare, spezzano le lastre
dell’edificio.
Molto meno ancora dà VOpinione
a divedere che ella conosca il sistema
evangelico, la sloria di esso in Italia,
e l'influenza dal medesimo esercitata
sulle civili società. «L’Italia, ella
« dice, non può divenire protestante.
« La sua storia, le sne antiche tradi« zioni, il Suo genio sono aperta« mente contrari alla religione di Lu« tero ». Ma di grazia, cosa c’entra
Lutero nella religione di Gesù Cristo?
Quando si dice la religione dei papisti , ognuno capisce , o può capire
consultando la storia ecclesiastica,
volersi con ciò additare quel sistema
religioso di cui il papa è capo, maestro ed oracolo, senza riferirsene alle
fonti da cui il medesimo può essere
derivato, o i fondamenti sui quali
esso può appoggiarsi. Ma la religione
di Lutero? Altrettanto varrebbe chiamare la Madonna della Seggiola (di
Raffaello) pittura del maestro Scopa,
se maestro Scopa avesse contribuito
in qualche modo a trarre di sotto alle
rovine di un monastero la pittura
medesima. Chè Lutero non ha fatto
altro che lavorare, dì conserva con
altri, a trarre il Vangelo di solto alle,
rovine del medio evo, e pubblicarlo
al mondo ; dimodoché le Chiese evangeliche traggono il loro Credo e il
loro culto non da Lutero o da altro
uomo qualsiasi, ma dalla Bibbia e
dalle pratiche delle primissime Chiese
d’Italia e deil’Oriente.
Perciò, come potrassi affermare che
l’Italia non voglia tornare al Vangelo?
Alla religione cioè che ella nei primi
tempi del cristianesimo professò ed
insegnò a buona parte dell’Occidente?
E qual razza di prova è questa, la
quale XOpinione adduce che la religione evangelica non possa rifiorire
in Italia, perchè nel secolo XVI vi
fu soffocata dalle forche del papa e
dei principi itahani suoi alleati? Non
è egli certo, come lo dimoslra la storia, che se l’Italia avesse allora goduto libertà di coscienza, la Riforma
evangelica predicata con successo in
Germania ed altrove, si sarebbe estesa
da un capo aH’altro della Penisola?
E non è quindi ragionevole la speranza di coloro , i quali attendono
dalla libertà politica , a cui l'Italia
sospira, il ritorno e il rifiorimento di
una religione tutta divina, nella quale
sola gli uomini e le nazioni possono
trovar e salute, e prosperità, e gloria?
Anzi, tutti coloro i quali, come VOpinione, anelano alla hbertà civile e
politica del loro paese , dovrebbero
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adoiieraie il flore del senno loro, la
precipua loro potenza per l’introduzione della religione del Vangelo, insegnando la storia che questa libertà,
come si vede oggidì stabilita in alcune fortunate contrade di cristianità, ripete l’origine sua dai Puritani,
e suggerendo la filosofìa ed il buon
senso che la libertà interiore deve
precedere la libertà esteriore, come
il pensiero o la volontà precede l’azione in ogni ragionevole persona. In
conseguenza di che l’affermare, come
VOpinione fa, che gli Italiani vogliono
raggiungere la lihertà d’esame e l’indiiiendenza del pensiero, e allo stesso
tempo rimanere nel papismo, equivale
a volere c non volere nello stesso
tempo , implicando diretta opposizione , libertà e schiavitù, indipendenza e sommissione assoluta all’autoriLà di uu uomo o ceto d’uomini, ,
qualunque sia il titolo di cui vanno
insigniti. Oltre di che (juesta libertà
d’esame, questa indipendenza del pensiero non possono, non che ottenersi,
nemmeno desiderarsi da un cattolico
roinauo senza pericolo di peccalo
mortale, avendo ripetutamente dichiarato la inesorabile sua Chiesa
essere cotesta libertà tid indipendenza
schiette eresie.
Un cattolico romano coerente con
sè e con la sua fede, non può fare
appunlatiiru alla sua Chiesa, non può
nemmeno sospettare che sia in essa
materia della più lieve appuntatura.
« Non v’è nulla da innovare, mutiire e
correggere nella Chiesa caltolica romana , dice Gregorio XVI nella sua
enciclica d’agosto 1852, ed anatema
a chi lo dice o lo pensa ».
Queste riilessioni non furono destate in noi, e non vengono qui manifestale per uno spirito censorio, alienissimo dall’indole nostra e dallo scopo
a cui miriamo scrivendo. E le avremmo tacciute se VOpinione non godesse, e a molti titoli giustamente ,
una considercvolc influenza nella nostra società. Ma è la coscienza del
debito nostro che ci sforza a presentarle ai nostri lettori, onde sappiano
coll’aiulo di esse distinguere ciò che
v’è di buono e vero da ciò che v’ha
di falso e di pernicioso nell’articolo
da noi preso ad esame. Continui pure
VOpinione i suoi combattimenti per
la libertà e l’indipendenza del nostro
paese; ella ha i nostri più caldi voli
perchè i suoi sforzi Iddio voglia benedire e prosperare: ma riconosca
che il fondamento , l’origine , la garanzia di questi beni esteriori si concentrano nella liberlà religiosa, e che
questa è assolutamente proscritta dalla
sua Chiesa, e può solo trovarsi in
quella a cui essa a torto suppone
avere gli Italiani oggidì una insormontabile ripugnanza.
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I CRISTIA.:VI EVANGELICI
DI FAVALE
Lettera III.
Genova li 20 maggio 1855,
Mio fratello in G. C.
Se i Cereghini fossero animati dallo
spirito della fazione clericale, avrebbero
polulo instare presso del fisco, ed accusare il parroco di s. Vincenzo come pubblico diirannatore; nè sarebbe stala questa
la prima lezione di emenda, che quel
Reverendo avrebbe appreso per parte dei
suoi parrocchiani; perciocché non sono
ancora due anni da che ei venne, dai tribunali di !■'cognizione in Chiavari e della
Corte d’Appello in Genova, condannato al
carcere e ad una multa per avere dal
pergamo e daH’allare pubblicamenle infamato tre oneste fanciulle.
Potevano altresì i nostri fratelli a lutto
diritto invocare la legge, come furono più
d’una volla consigliali, e giustamente abbaltere i propri nemici colle armi medesime colle quali erano stali assaliti, poiché non so qual legge nel nostro paese
peimelta al prete di servirsi del tempio
per oltraggiare impunemente intiere famiglie, e per suscitare il credulo popolo
agli odii non solo e a tumulti di partito,
ma eziandio alla crociata e allo sterminio
di pochi contadini, rei di avere abbracciato il Santo Vangelo di Crislo. Ma lo
spirilo che anima un vero credente non
è di contesa e di vendella ; sibbene lo
spirito di abnegazione e di pace, di perdono e di amore, per cui i Cereghini
fortificati in Cristo Gesù compiangevano
net loro cuore la cecità degli ostinali
persecutori, si rassegnavano, e pregavano pei loro nemici.
Osservando i clericali che le loro mene
ed i loro raggiri erano inutilmente adoprati presso i padroni dei Cereghini; che
la loro predicazione era per qualche valligiano di scandalo ; che i loro sforzi anziché ottenere lo scopo confermavano ed
aumentavano il numero degli evangelici;
ma sopra tutto temendo la legge che
colpisce i turbolenti e gli autori dei disordini; sospettando del popolo, che sebben rozzo talora sa rettamente giudicare
le opere dello scaltro e del savio, alle
minacce della pessima morte, allo spavento dell’inferno, ai fulmini del Valicano
si avvidero, per riuscire con qualche felice successo, essere necessario aggiungere la forza del Governo, Miserabile quella
religione che per sostenersi e difendersi
abbisogna di armi e di armali ! Sventurati
quei popoli che la professano!
IH” articolo del nostro codice civile e
dello Statuto proclama religione dello
Stalo la religione caltolica, apostolica e
romana, e gli articoli 164, 16S del
cod. pen. sanzionano gravissime pene
contro gli offensori di essa. Invocando
queste leggi poterono i clericali salvare
il proprio onore, e contenere il popolo.
Nè qui vi prenda pensiero di credere,
che nei clericali fosse sentimento di pietà
e d’indulgenza se indugiarono qualche
tempo ad invocarle, perciocché unicamente vi furono costretti per mancanza
di prove, le quali dovettero procacciarsi
col silenzio, colle arti, colle provocazioni,
in una parola colla prudenza cui sanno
adoprare i soli figli del secolo.
Quantunque i nostri fratelli fossero
dalle piazze e dal tempio banditi, perse-
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ie
guilati per ogni verso daU’odio dei fanatici romani, non si avvilirono però, anzi
colia fortezza di animo che solo conosce
il vero seguace deU’ucciso Agnello, presentandosi l’occasione, predicavano il
Vangelo difendendolo in faccia ai dissidenti terrazzani, come l’aveano già difeso
in faccia ai preti ed ai cappuccini, uno
dei quali esternò l'infernale desiderio di
uccidere Andrea.
Perla qual cosa più d'una volta ebbero
motivo di parlare delle verità evangeliche
nelle niiolte borgate, e più d’una volta
invitati dovettero rendere ragione della
loro speranza, e spiegare quella parola
che rende l’Momo savio a salute. Tuttavia
lo zelo per la causa di Cristo forse talora
spinse quei generosi confessori tant’oltre
da mancare della prudenza del serpente,
quantunque non mancasse in loro la
semplicità della colomba; perciocché coloro che gli invitavano a parlare di Vangelo, per lo più erano emissari! clericali, i
quali come Giuda aveano pattuito per tradire i nostri cristiani. Quella gente subdola per natura è molto più nocevole,
perchè istrutta dai nemici del Vangelo,
provocava a discorsi religiosi per poscia
cogliere i nostri fratelli nelle parole, per
accusarli come sovversivi della religione
dello Stato, per consegnarli in mano dei
giudici, e finalmente per testimoniare
contro di loro come vedremo nelle deposizioni di alcuni teslimonii fiscali; e tanto
era in lei il desiderio delle loro disgrazie,
che si spiavano per ogni dove, ascoltandosi i loro secreti discorsi, per cui fu
fatto materia di accusa anche la conversazione religiosa tenuta tra padre e figlio,
i quali a vicenda s’istruivano e si confortavano uegli insegnamenti di Dio, mentre
da soli lavoravano in una campagna.
Quando i preti capitanali dal parroco,
ed il municipio composto in gran parte
di preti capitanati da un sindaco intieramente ad essi devoto si trovarono in forza
sia pel processo sia per le prove, sporsero
a! fisco di Chiavari una denuncia accusando nove dei Cereghini come oltraggiatori della religione delio Stato. Gli imputati, i di cui nomi si leggono negli alti
fiscali sono : Cereghino Agostino, Stefano e
Maria figli di Gio. Battista; Cereghino
Andrea, Giovanni, cd Antonio figli di
Giuseppe; Cereghino Giuseppe di Andrea,
Cereghino Giuseppe di Gio. Battista, e
quest’ultimo oltre al processo religioso fu
accusato di puhhlic<iscandalo con Vittoria,
a cagione del matrimonio cui vi accennai
nell’ultima mia.
Una parte di questi imputati sono padri
di numerosa famiglia ; il solo Andrea di
Giuseppe deve provvedere col sudore
della sua fronte il pane a sette figli, dei
quali il maggiore conta appena il sedicesimo anno dell'età sua. La denuncia di
questi capi di casa, vi spiega qual fosse
lo scopo dei clericali, di schiantare, il dicevano pubblicamente, di schiantare da
Favale quelle famiglie facendo esigliareo
seppellire per sempre in una prigione
padri, ed errare sulla terra i figli se sopravvissuti agli stenti e alla fame. I sedicenti depositarli esclusivi della Bibbia
dovrebbero sapere che Dio si è fatto mallevadore del povero e che ascolta le voci
dell’innocente oppresso, come ascolta le
grida della vedova e dcU’orfano; dovrebbero ricordarsi che del cristiano tutti i
capelli sono numerati, e che un solo non
sarà svelto seuza il divin volere.
Intanlo il fisco nello stesso giorno
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mandava cinque ordÌDÌ di arresto, cioè per
Andrea, Stefano, Agostino, Giuseppe e
Viltoria; più lardi fu incatenala Maria
giovinetta di diciassette anni appena; e
Giovanni, Giuseppe di Andrea, con Antonio furono lasciati iu libertà perchè risultò non farsi luogo a processo.
Era il mallino del tredici novembre
quando si eseguì l’arresto. Un buon nerbo
di carabinieri (credo due brigate) giunse
inosservato col favor delle tenebre in Favule; una parte circondò le case dei Cereghini, altra dovea inoltrarsi per il
fermo dei supposti rei, e tutli erano
pronti, temendo che le numerose famiglie
fossero per opporre resistenza alla forza
armata. Lodevole condotta al certo, ma
non necessaria coniro gli evangelici, perché essi hanno per norma il Vangelo, che
loro prescrive i doveri verso le autorità
costituite, e l’ubbidienza verso i magistrati
Don solo per timore della spada, ma per
debito ancora di coscienza. Essi devono
essere conformi alla vita di Cristo, che
non oppose resistenza alcuna alla sua
c^atlura e che in silenzio subì la flagellazione e la croce.
Disposte le guardie, dati gli ordini, una
voce si udì che chiamava Villoria. Vittoria dormiva a fianco dello sposo, mentre
il suo cuore, forse presago della ordita
trama, le agitava il placido sonno. Nel
silenzio lieU’alba si ripeteva il nome di
questa donna, per cui Giuseppe destatosi
ed aperta la finestra vide i carabinieri
schierali. Chiese egli perchè si cercasse
di Vittoria, c dal capo della spedizione
n’ebbe in risposta, che essendo lungo la
notte passati molti contrabl)audieri di
polveri volea assicurarsi se iti casa di lei
il ìrovavaiio merci proibite o persone
nascoste, come gli era riferito. Giuseppe
e Vittoria non sospettando dell’inganno e
sapendo che la sua capanna non fu ma i
asilo di contrabbando, apersero tosto la
porta per cui entrò il brigadiere dicendo
con significante sorriso <i Bravo Giuseppe!
cercava appunto di voi », e in queslo dire
comparvero due gendarmi che s’impossessarono d’entrambi gli sposi, obbligandoli a tosto vestirsi e di sollecitarsi a seguirli.
Mentre si eseguiva qnesto arresto altri
carabiuieri cercavano di Andrea, di Stefano e di Agostino. Stefano da alcuni
giorni, per ragion della sua professione,
erafi allontanalo dalla provincia, ed Agostino non era in paese, chiannato altrove
per alcuni lavori ; laonde per quel giorno
si pri'soru e si legarono soltanto Andrea,
Giuseppe e Vittoria, i quali strappali dal
seno delle loro famiglie, in mezzo a sei
guardie, lasciarono il paterno abituro.
Non è a dirsi se la strida delle dolenti
madri e delle giovani spose risuonassero
per quelle valli; a voi lascio considerare
lo spavento e la desolazione delle sorelle
c dei fratelli, e dei parenti tulli che costituiscono la numerosa famiglia. Nei lamenti però e nel pianto tu vedevi due
venerandi vecchi alzare le mani al Cielo
e fervorosamente pregare Iddio che volesse concedere ai loro lìgli lanla fede e
tanto coraggio da confessarlo in faccia ai
concilii e ai tribunali, e che alle tante
angoscie e ai loro affanni non volesse aggiungere quello di sapere che un solo di
loro si fosse vergognato del santo Vaugelo. Pregavano che Egli li confortasse
nelle catene, che il divino suo Spirito
scende.sse a consolarli nel tetro e solitario
carcere. Eiauo questi Gio. tìattisla e Giù-
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sfppc, che lerminarono In breve invocazione benedicendo i catturati Tigli, ed affidandoli in tutlo alla pietosa provvidenza
del nastro Padre de’Cieli.
Mentre sulla (accia di quesla famiglia
stava scolpito il terrore e la rassegnazione, mentre i gemiti e la preghiera si
udivano lungo la borgata del Castello,
mentre lagrime di dolore e benedizioni si
alleriiavauo e si confondevano, i clericali
che tutto sapevano, e che forse avevano
diretto l’arrestò, ridevano, esultavano al
dolore ed al pianto della sventura, e battendo palma con palma si avanzavano io
mezzo agli incatenati nostri fratelli facendosi heffe di loro, e deridendo il
Vangelo di Cristo; « Evviva, gridavano
cnn Iwstiale sarcasmo, evviva i protestanti, evviva gli evangelici ! Ora il Vangelo sarà diviso, e a suo tempo ciascuno
iivrù la sua porzione ».
UisprezzRndu le ingiurie e gli oltraggi,
inirepidi si avviavano i prigionieri, per
ipianlo il permettessero la forza deH’affeziooe figliale e paterna, e la dolorosa
pittura delle loro famiglie. La novità dell’arresto ed il numero insolito dei carabinieri attiravano sulle strade e sui loro
passi moltitudine di valligiani, e se non
fossero stali i Cereghini di buon nome e
di provata onestà si sarebbero scambiati
per lanli assassini o parricida, a vece
di persone religiose ed evangeliche. Per
questo modo si arrivò a Cicagna, mandamento di Fontana-Buona, ove Vittoria
fu separala da Giuseppe, il quale assieme
ad Andrea furono sepolti nel profondo di
una torre in cui non si vedeva raggio di
luce, nè si respirava aura di vita.
Buon (K'r loro che vi restarono soltanto
lino al aiorno seguente. quello un
giorno di festa, ed essendo da quel luogo
di morte estratti verso le ore dieri del
mattino poterono divenire spettacolo della
moltitudine, che oziosa si stava raccolta
sulle vie e sulla piazza diquel paese. Anche in Cicagna non mancarono le satire
e gli insulti coniro persone inermi ed
incatenate "Ecco gli eretici, gridava la
forsennata plebe, ecco gli eretici che volevano distruggere la nostra santa religione, ma Dio II punirà. Volevano edificare un tempio da protestanti; ebbene ora
vadano intanlo a provvedersi di lavagne».
Notate che nelle vicinanze di Chiavari vi
sono le cave delle lavagne. Colla rassegnazione e col silenzio proseguivano i
nostri crisliani il loro viaggio, pregando
il Signore e ringraiiandolo di averli fatli
degni di soffrire qualche cosa pel nome
di Gesù Cristo. Fra gli scherni e gl’insulti
arrivarono verso le tre pomeridiane in
Chiavari, ove furono tosto presentali al
Comandante delle (Carceri, e presi i connotati e fatte le regolari formalità furono
divisi, rilegando Giuseppe sulla sommità della prigione, Vittoria nelle carceri delle donne, e Andrea nel profondo del castello, il qual luogo per
la sua oscurità e pessimo stato si chiama
la botte ; tutti e tre non solo fra loro separati, ma eziandio rinchiusi da soli e
divisi dagli altri prigionieri, come si trattano dai romani gli scomunicati.
Ritornava frattanto a casa Agostino; la
moglie ancora commossa di quanto era
avvenuto due giorni prima, con furtivo
pianto lo scongiurava a fuggire dalla giustizia degli uomini e a cercarsi più sicuro asilo. La consolava il marito e la
confortava in Dio a lasciarsi ridurre a
più savio partito; « lo ritornai a casa.
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soggiunse, uDicumente per abbracciar te
ed i Doslri vecchi ; al resto penserà il
uostro Padre de’cieli. losegnami a fuggire dall'ira divina, e non dalle leggi del
mondo, e sorridendo, credimi, nel carcere più che altrove sarò abbastanza sicuro >>. Stretti al suo seno i cari pegni e
baciatili, partì per Chiavari, dove presen(ossi all’avvocato fiscale per conoscere
qual fosse il vero motivo dello spiccalo
ordine di arresto, cd inteso che unicamente era per causa del Vangelo,, nel
giorno 17 novembre, quattro giorni cioè
dopo la cattura di Andrea, Giuseppe e
Vittoria, volontario si costituì prigione.
CRITIC.V DEGLI EVANGELI
DI A. BIANCHI-GIOVINI
( Continuazione)
II.
Mio caro fratello. Prima d'introdurmi
nella disamina dell’opera di Bianchi-Giovini, non ti sia grave ch’io tocchi uu poco
della posizione scambievole tra me e lui,
il fronte dell’epoca e del paese in cui viviamo. Quest’intramessa gioverà, credo,
a’Ieltori della Buona Novella.
L’Italia, tranne un pugno d’uomini perseguitali si, ma beati in Cristo (1), è vis
(1) <1 Voi sarete beati, quando gli uomini v’avranno vituperali e perseguili ; e
mentendo avranno detto contro a voi ogni
mala parola per eiigion mia (di G. C ).
Rallegratevi e giubilate, perciocché il vostro premio è grande ne’cieli : conciosia■ osaehè cosi abbiano perseguito i profeti
chc sono stati innanzi a voi ». Matt. v,
Jl, 12, Senza quesla promessa, può spiegarsi la costanza de’martiri nostri in faccia ^\\'Inquisizione, eia costanza de’nostri
fratelli in faccia alle calunnie del Cattolico
e deH’A'monia?
suta 0 è sembrata viver persuasa ehe il
papato sia la vera ed unica espressione
del cristianesimo. E per confermarvela
da’pergami, ne’confessionali, entro le
scuole, in mezzo alle fanaiglie, con libri e
a voce, un battaglione mirabilmente organalo di preti e di frati ha sparso l’opinione che le sette acattoliche (come modestamente ci appellano) siano una pozzanghera di errori e di vizii. Quella
persuasione, stranissima per tre quarti
del genere umano, presiede ancora all’educazione in Italia; e pare (doloroso a
pensarsi !} che voglia sopravvivere anche
nel cuore di coloro che manifestamente
mostrano odio ni papato. Quindi è che
sopraggiunto, per circostanze che noi non
dobbiamo enumerare, il discredito per
queir istituzione, e resosi padrone degli
spiriti italiani, l’amor di patria e di progresso, ne è provenuta una curiosa conseguenza. Il ‘papato, si è detto, non poggia che sul Vangelo ; ma il papato, che è
quel che è, non può venir da Dio : l'Evan
gelo dunque è un’impostura. Quest’argomento che circola sordamente nelle masse
non solo, ma anche io parecchi della genie
colta, fu sviluppato per la prima volta da
G. Ferrari nella sua Filosofia della Rivoluzione-, ove, dimostrando incorreggibile
il papato, proclama necessaria la guerra
al Cristo : come se per opporsi a un despota (non è che un esempio) il qual dica'.
Io son la legge, fosse mestieri di distruggere il diritto di natura. Non sarebbe più
a proposito di esaminare se in diritto è
amnnesso un despota? —Il Ferrari non
ha trattato ia quistione che lìlosoficamente, come pretende, ma in modo cosi
singolare ed esotico che conterà sempre
pochi partigiani. Il Bianchi Giovini alcen-
11
trario è dotato d’acuto buon senso ed è a
maravigliare come sia corso allo stesso
risultamenlo de! Ferrari, a cui nè la natura dell’ingegno, nè la tendenza degli
studi, nè legami politici il ravvicineranno
giammai. Il Giovini ha mostrato sempre,
per quel che io sappia, d’appartenere a
quel partito che chiamasi de’ moderati,
partito non cosi fucllmente avventato, e
nimico d’ogni estremo, I suoi componenti,
paghi di veder diviso il potere temporale
dallo spirituale, non han mai attaccato il
papato come rappresentante di non so
qual vincolo apostolico. Or come in Giovini una condotta così diversa? Nella
prefazione alla Critica degli Evangeli ne
dà per motivo la condannazione di alcune
sue opere; raa la Critica al cerio piglia
data, come lavoro, da epoca anteriore alla
notificazioue episcopale de’2 oltobrel852.
Il motivo, secondo me, è altro. Egli ha
un ingegno facile, perspicace, brioso:
av«a già sentito il vento, poco men che
uragano, che travaglia la così detta na«tcella di Piero, e desideroso di quella gloria, che certo non è accattata, ha pubblicato un’opera che deve riuscire aggradevole agl’italiani.—Or questa sua opinione,
che noi crediamo vera, mostra al tempo
stessoquanto siadifficile nell’epoca attuale
e io Italia l’incarico di difendere il cristianesimo che per colpa non sua (2) trovasi
così discreditato. Nè tal difficoltà sorge
(2) « Or guardatevi da’ falsi profeti, i
quali vengono a voi in abito di pecore,
ma dentro son lupi rapaci. Voi gli riconoscerete da’frutti loro.... L’albero buono
non può far frutli catlivi, nè l’albero malvagio far frulli buoni.... Voi dun(|ue gli
riconoscereie da’Ior fruiti ». iMalt. vii, 16
c seguente.
per manco di ragioni, chè il solo leggere
attentamente II Nuovo Testamento ne fornirebbe e molte e potenti; ma perchè rara
cosa è trovare ne’leggitori quell’attenzioue, quella calma e quelTimparzialità che
son necessarie per giudicare lavori di tal
genere. L’apologista non trovasi in tempi ove lo spirilo religioso sia la pari»*
viva delle popolazioni : ci giunge quando
la sorgente della fede è stala disseccai.i
da una super.<itizione così agevolmente
visibile, quando coniro una religione creduta di Cristo e nemica intanto del vero (5), allri mezzi non resfHno che l’indifferenza 0 l'iDcredulità. Come non annoiare i leggitori con discussioni cIir
paiono aride, talvolta lunghe, gpesso vane,
mentre l’avversario con un tratto di spirito s’insinua e va innanzi, avendo sempre
per sè quel sottinteso, ma polente argomento: l'Evangelo che io combatto i il
libro [pensatevi bene) che sostiene (?) quell'istituzione che avversa il bene della patria vostra, lo statuto, la libertà. L’apologista ha necessità di ripigliare argomenii
già ripetuti, doltrine già esposte, fatti già
Doti ma non curali ; e mentre l’avversario
può contentarsi d’esser letto, egli ha bisogno che sia ben letto. Non è un domandar molto, almeno a molti?—-Nè ciò dico
perchè un difensore del crislianesimoahbia
mestieri d’esser commiserato: .'crivevei
(5) «Voi conoscerete la verilà e la >erilà vi farà liberi (iUuO;f,/>jiii ùuix) «■
Giov, vili, 52. Intendono questo versetto
coloro che predicano la schiavitù d’iin
popolo? l’intendono coloro, i quali credono che la libertà non debba anzi tulto
esser intima, e la fan consistere solo negli
statuti? Oh come Cristo è contrario a’prinii ! oh quanto vanamente è combattuto
dai secondi !
12
se cosi sentissi ? Il noslro premio non è
in man degli uomini (4); possiamo esser
non leni, ma in ogni caso i compnssionabili non sarem noi, nè ora, nè in eterno.
Ho voluto solo parlar della posizione in
cui trovasi ì'apologista, onde chi legge si
prepari ad usare l’attenzione necessaria.
Consideri cbe se per un incredulo lo scrivere è affar di passatempo, di gloria o
anche di dovere letterario, per noi il difendere l'Evangelo è dovere che mettiamo
superiore a tutli gli altri: l’altezza di un
dovere siffatto, se da un lato oi toglie la
facile tentazione di dare insulti per ragioni, dall’altro non ci rende agevole di
credere cbe un tratto di spinto sia un
argomento. Posti Ira le accuse de’clericali
che ci chiamano (ne’ momenti di galateo
che non son mollo ordinari) razionalisti o
peggio, e tra gli attacchi degl’ increduli
che negano la divinità del libro che è la
regola della nosira credenza, noi speriamo
di dimostrare agli uni, che se loro impegno è di difendere il papato, il nostro è
di serbare intatta l’efficacia del Vangelo ;
e agli altri che è facile riconoscere in
questo lo Spirito di Dio, se spogliando ii
cristianesimo delle vesti del medio evo e
della superstizione, cercheranno quel Cristo che è nella Bibbia, nato povero, vissuto co’poveri, predicatore e martire della
verità, benefico, compassionevole, fermo
innanzi alla persecuzione, speranza e conforto di tutti coloro che sentono aver un'
anima non contentabile da cose caduche
e passeggere. La religione è per noi (oc
fi) «Or io vi dico: Chiunque m’avrà
riconosciuto davanti agli uomini, il Figliuol dell’uomo altresì lo riconoscerà davanti agli angeli di Dio «. Luca, xii, 8
corre il dirlo) non affare di leggi e di decreti ; la è principio celeste che rigenera
l’individuo, e così rifallo lo pone in socielà, non per farlo schiavo di chicchesia,
ma perchè spiritualmente libero possa
compiere sulla terra que’disegni larghi e
splendidi, pe'quali l’uomo è stato creato.
Per noi difender l’Evangelo non è solo
propugnare la vita avvenire (che è pur
tanta parte negli studi d’un’anima non
moritura), ma assicurare ancora un progresso poggiato sulla carilà, una libertà
ansiosa di eseguire i doveri senza ostacoli,
un’educazione intima di famiglia ; onde ne
sorga cosi un popolo che possa chiamarsi
di Dio, pieno di dignità al cospetto degli
uomini, e di umiltà e purezza al cospetto
del Signore.
Il sig. Giovini, mettendo tutti in un fascio, dice nella sua prefazione (pag. xxv)
che ; Si crede per ozio, per abitudirte, per
ignoranza, per interessati nguardi, non
per convinzione, non per fede. Jji fede
non esiste più, ed ella é come la verginità:
perduta una volta, sono vani tulti gli
artifizii per ripristinarla. Se intenda parlare de’caltolici solamente io non so, nè
per essi nemmeno sapremmo ammetterò
quelle dure parole in modo generale. K
curioso ohe ne’paesi cattolici gl’increduli
e i teologi romani seguono lo stesso procedimento. Questi vi parlano con aria di
trionfo delle migliaia che son con loro,
quelli usano lo stesso tuono per dimostrare che l’Evangelo non ha più credenti,
che la fede è morta, che la religione è
fuor di moda. I primi dichiarano dannati,
empii, malvagi gli avversari ; i secondi
danno del balordo a chi crede. Evitiamo
questo metodo insignificante. Riconosca
il sig. Giovini che v’ha chi crede, perchè
13
è. convinto doversi credere, perchè può
render ragione della sua fede, perchè ha
superato la Dio mercè quello stadio d’incredulilà nel quale lanti altri si trovano.
Egli hd ragioni per non credere, non
gliene conlesliamo il potere, e riconosciamo che si può avere ingegno ed onoratezza essendo incredulo: ma riconosca
anch’egli ohe si può essere onoralo, coscienzioso e dotto e credere in Cristo, e
uoi pensiamo anzi (senza punto offenderlo) che son questi de’raolivi per esser
credenti. Sia certo che i credenti e gli
apologisti non mancheranno mai: solo ci
è grave a pensare che questa volta l'apologista è men valente del Critico, ma non
v’ha dovere seni ilo che possa eliminarsi
dalla propria debolezza. Clii impone un
dovere di coscienza è potente a dar là
forza necessaria per adempierlo. E (|uesle parole che muoveranno il riso o noti
troveranno eco nel cuore degl’increduli,
esprimono una delle più consolanti convinzioni del crisliano: uè è piccola cosa
d’esserlo, se vi si trova la franchezza ferma e pacifica che si richiede per adempire
i propri doveri. A scanso d’e(|uivoci poi
dichiaro, che per noi i doveri del cristiano
non consistono solo nell’apologetica, ma
son doveri che riguardauo la famiglia, la
patria, il genere umano e Din. Noi non
abbiamo un papa da difendere, ma dil'endiamo quel Dio che ama e vuole il vero
ed il buono in tulla la cerchia deirattività
umana.
Addio.
lETTiiiiE mmm allo spirito religioso ii\ it\lia
LETTERA 111.
Esteriorità del Romanesimo.
lo vi diceva nella precedente lettera
chc il fine supremo della dottrina di Roma
è di manlenere la signoria del pontefice
c l’azione gerarchica del clero che si
muove ed obbedisce al di lui leinulo cenno,
l’er porre In rilievo un tuie scopo mi fu
forza toccare dei caralleri interni, o meglio della natura intima di quella; ma
non è tulio dftio cnn qiieslo, poiché essa
presenta ancora dei lali pieni d’interesse
• che col fine ora indicato altamente armonizzano e lo servono a meraviglia.
Porse nessuna utnana istituzione può vantarsi di essersi sviluppata con una logica
più rigorosa del papillo; nessuna aspilaudo al dominio della terra ed alla utilità
che s’atlaccano a! di lei godimento si valso
di un corredo più ampio e più possente
di mezzi esteriori atli a signoreggiare Io
spirilo.
Quando un capo di religione fi costituisce scopo della stessa e la fa servire
a’suoi fini, quando egli ne dirige l’azione
sulle masse obliando l’individuo, e la trasfonde per lale ragione tutlo al di fuori^
egli è evidente che l’esteriorilà deve essere la principale caratteristica di questo
culto religioso.
I falli confermano una induzione cosi
spontanea.
II carntterfi del culto minano non poleva essere in virlù dei lini dui quali s’in-
14
— sua —
forma ed a cui serve se non un culto che
parlasse eloquente ai sensi, e giugnesse
ad Imporsi airanimo, non apprendendosi
direllamenie alle facollii interne delTuomo, ma seducendole col fascino della
pompa e collo splendore delb ricchezza e
dell’arte.
A mostrarne II processo evolutivo sarebbe necessità di risalire ben addietro
nei tempi. Non mi è permesso dalla brevità chc m’impone una ricerca che versa
sul presente il cercare nella storia le ragioni eie cause remote le quali addussero
questo duplice sviluppo, che s’implica a
vicenda, della potestà ecclesiastica e del
sensualismo che domina il culto papale.
Dessa ci mostrerebbe come il cristianesimo ausjilcato religione dello Stato dagli
imperatori di Roma, si trasse seco di necessità nel suo novello atteggiamento l’idea della gerarchia civile, di cui riprodusse sovra un altro terreno la forma e
rinvigorì gli argomenti di dominio. Da
queslo punto era nella sua utilità di istituzione sociale II secondare i contralti
costumi ; un assetto esteriore e pomposo
le veniva imposto dalle abitudini e dalla
influenza della potestà civile, che essa
doveva o dominare o servire. Inaugurata
nel reguo del privilegio, essa doveva recarlo nel suo seno ed offrire una carriera
all’ambizione Individuale ed all’ardore
d’avanzamento quanto le magistrature e
l’armata. La ricchezza che la superstizione de’tempi le recava In tributo, faceva irrompere in essa il fasto e le pompe
delle cerimonie giudaiche e pagane. Come
le reliquie architettoniche dei templi demoliti passavano nelle nuove chiese, così
le seguivano pure le feste, gli ornamenti
e il rito del siigrilìcio.
Tali furono I principii della signoria
spirituale di Roma. Ella sentiva come l’autorità materiale dell’uomo si perde senza
un culto esteriore che la sostenga e le sia
di guarentigia.
Qualora si abbandoni la questione della
dottrina, si è pure tratti a confessare che
mirabile è quelTapparato di riti e di simboli cou cui il culto cattolico parla agli
occhi del popolo, con cui soddisfa gli
impeti deirimaginativa ed appaga il rozzo
sensismo delle moltitudini. Lo spirito
della dottrina è mirabilmente deluso j
nulla è lasciato all’abbandono spontaneo
del cuore od alla Ubera aspirazione della
mente. 11 pen.siero non deve mai riposarsi
sopra se slesso ; quindi il tempio colla
maestosa bellezza delle colonne e degli
archi inviterà a passare la sua soglia di
marmo; raa qui pure niuna cosa favorisce
la concentrazione, e lo sguardo erra perduto in quella luce che da mille doppieri
s’irradia sugli aurei ornamenti e sul fregi
preziosi dell’altare. I simboli venerali
sfavillann in mezzo alla lenta nube degli
incensi che mesce il suo profumo a quello
dei fiori; ebbrezza possente dei sensi che
s'armonizza alle cadenze misurale delle
preghiere e degli inni. La prece stessa
seconderà 1’ agitazione inquieta della
mente col senso arcano dell’ignorato linguaggio, che getta l’anima in una aspirazione Indefinita la quale compie l’incantesimo in cui ella si affoga.
Vedete quelle due lunghe righe in cui
Il popolo si dispiega raccogliendo nel
mezzo il sacerdote avvolto in panni che
ricordano una lontana antichità di costumi e di tempi ; ella è sempre la Roma
che vive delle tradizioni dell’ universo,
che alla mitra persiana accoppia il candido
15
radiiraento deH’anlico romano, fortificando
colie insegne del passato la signoria dei
presente.
Essa, come gli antichi, continua a sahitare l’apparire di primavera, ed al ritorno de’ ridenti giorni di maggio la turba,
preceduta dal ministro del tempio, si diparte dalla chiesa inneggiando, e si muove,
aggirandosi per,la verdeggiante campagna,
su cui invoca a vicenda i tiepidi soli e le
piogge feconde.
A. tulti questi riti ed a queste pompe si
unisce il suono inseparato della campana.
Nel culto cattolico la campana tiene un
gran luogo, poiché essa è il segnale della
gioia e del dolore, essa ripete tutte le
melanconie e gli affetti che agitano ed
accompagnano la vita. Il suo suono è ripieno di memorie, poiché esso è la musica che saluta il fulgóre dell’alba e si
mesce ai triiti addio del crepuscolo; esso
auspica il tripudio deile nozze, c si associa ai mesti lutti del sepolcro, quasi sia
alternamente il foriero della vila e della
morte. Infine dal primo vagito al suo estremo sospiro il credente cattolico si trova
davanti al simbrilo ed è schiavo della forma
religiosa, che al suo nascere lo rende partecipe della vita assoggettandolo alle cerimonie del rituale, e lo segue nella tomba
di cui moltiplica gli onori.
Se Roma non voleva chc continuare il
regno del mondo, essa non poteva meglio
compier l’opera, ed ella si valse di tutti i
più possenti mezzi con cui poleva venire
in suo soccorso la natura, l’immaginativa
c l’arte. Pieghevole e varia essa non urta
gl’interessi, mentre non condanna i moli
del cuore; essa non combatte le differenze
di casta, non-strappa il povero alla prepotenza del ricco ; ma aspetta di procla
marne l’eguaglianza nel regno della morte.
Lascia intatti i godimenti dell’uno, mentre
tempera le amarezze del misero e del sof
frente in una giuslizia che ella non promette a chi vive, ma a quelli che discendono nel sepolcro. Essa non ameliora il
mondo, ma se lo appropria qual è; essa è
cosa terrena, nè il buono ed II meglio sono
dati integrali della sua queslione di vita.
Materiale e lulta sensi il suo regno si
propaga e si mantiene nella misticità del
simbolo che attira a sé lo spirilo, e lo attacca ai vincoli esteriori della materia.
Queste sono le condizioni della sua esistenza, le quali soffocano, snaturano e ritardano il regno della parola libera e viva,
che parla alla coscienza affrancala dell’individuo, e che ci diparte dall’idea immateriale ed eterna.
I popoh italiani obbediscono e piegano
davanti a questo fascino che loro permette
la quiete di una vita, di cui il tempio corona la festa ; che l’italiano ne valichi la
soglia col fervore del credente, con fredda
indifferenza o col sogghigno dell’incredulità, egli vi cerca uno spettacolo, cd intanto Roma lo avvince al suo destino e Io
mantiene in sua potestà. Ma egli è poco
notare i danni, è forza penetrare le cau.se
di questa profonda dissoluzione morale e
di quella spirito religioso di cui dura in
Italia da secoli l’intervertimento.
L’10.M0 DiaiJll'ETTO MIX BIBBIA
ossia
diritti rispettivi della Bibbia
sull’uomo, e dell’uomo sulla Bibbia.
DI FILIPPO BOUCHER —1 voi. in-S“*
È queslo il titolo di un’operetta pregevolissima di cui si è pubblicata ora la tra-
16
duziiiDc italiuna in Turino. Il lihro è diviso m tre parli: uella prima si discorre
dei dirilli della Bibbia sull’ uomo: nella
seconda dei diritti dell’uomo sulla Bibbia:
e nella terza deirohbligazione dell’nomo
dirimpetto alla Bibbia. iNoi crediamo
far cosa grata ai nostri leltori dando un
piccolo sunto di quosto libro, che stimiamo uliiissitno i>er tutli coloro che ritengono la religione essere cosa seria e
degna di occupare l'intelligenza dell’uomo
ragionevole.
Dopo una breve prefazione diretta a
basare con tutta chiarezza lo stato della
questione, il noslro autore entra in materia
premettendo due preliminari osservazioni.
Colla prima risponde all’ obbiezione di
coloro che vorrebbero nella verilà religiosa prove in maggior numero, e più convincali, in guisa che col loro splendore
abbagliassero ognuno. Ma e che diverrebbe la nostra morale responsabilità se
non dovessimo fare travaglio alcuno onde
procacciarci la convinzione? l.a seconda
osservazione cade intorno al falso metodo
tenuto dagl' increduli, a riguardo delia
Bibbia e delle verità in essa rivelate, fjssi
anziché esaminare se Dio ha parlalo nella
Bibbia, vogliono esaminare ciò che Iddio
ha detto, e pretendono di trovare impossibili i falli in essa narrali, incredibili
)e dotirine in essa rivelate. L’autore dimostra con evidenza di ragioni quanto un tal
metodo sia assurdo.
Un .secondo capitolo diretto a dimostrare che la Bibbia viene da Dio compie
la prima prima parte deH’opera: imperocché dimostrato una volta che la Bibbia è
il libro che Dio ha dato all’uomo onde manifestargli la sua volontà, è chiaro che
queslo libro di Dio ha tutti i diritti sul
l'uomo. Noi noa avevamo mai lello nulla
di più compendiato, di più concludenle,
e di più chiaro che le prove usale dal nostro autore a dimostrare che la Bibbia è
parola di Dio. Non diremo già che egli
abbia usati argomenti nuovi ; ma la
popolarità, la chiarezza, la forza colla
quale ha presenlali gli amichi danno
alla sua dimostrazione un’aria dilettevole che li convince senza stancarti.
Egli incomincia per istabilire la possibiiilà
di uua rivelazione; passa poscia alla necessità che desume dall’ assoluta incapacilà dell’uomo, per la cognizione diretta
di Dio, senza una rivelazione, i più savii
fra lulte le nazioni erano ignorantissimi
sulla natura e sulle perfezioni divine:
quindi i più grandi filosofi non si son vergognali di confessare la loro ignoranza.
Stabbila la necessità della rivelazione,
passa a dimostrare che quesla rivelazione
è tutta nella Bibbia, ed una tale dimostrazione essendo dioìostrazione di fatto,
è appoggiata sulle testimonianze dei Giudei, dei Padri dei primi secoli, e sulla
tesliinoniauza dei più grandi nemici del
cristianesimo. Che i libri della Bibbia non
sieno stati alterati è dimostrato con selle
argomenti a nessuno dei quali gl’incrcduli
han saputo rispondere fino ad ora. La verilà delle cose contenute nella parola di
Dio è dimostrata nella maniera la più popolare, e la più perenloria, da non lasciar
nulla a desiderare.
Stabilito così nella prima parte del libro che la Bibbia è il libro di Dio; ne
viene per conseguenza che essa ha il dirilto di essere acceltala dall’uomo come
conlenenle la verilà religiosa, e che essa
ha il dirilto d'imporre aH’uomo in nome
di Dio tulle le dottrine ¡che gli rivela, e
chc l’uomo dcvB accettare.
17
l.a seconda parte ragiona dei diritti che
l’uomo ha sulla Bibbia, e dopo di aver
parlato dei diritti religiosi in generale,
viene a dimostrare il diritto che ha ogni
uomo di leggere la parola di Dio. Il diritto di conoscere la verilà è il fondamento di tutti i nostri diritti religiosi, ed
un tal diritto è assoluto e ninno può vietarne l’esercizio. Siccome l’infermo ha il
diritto di cercare le medicine che lo sollevino dalla sua infermità, cosi Pignorante
ha il diritto di cercare la verità infallibile,
il colpevole il perdono, e l’uomo infelice
la felicità: le quali cose trovansi tutte
nella parola di Dio. Quindi dall'esercizio
di tal diritto nou è escluso alcuno, nè i
dotti nè gl’ ignoranti: nè esiste una casta
privilegiata la quale sola abbia diritto di
conoscere la verità religiosa, mentre II reslo della umanità sarebbe condannato a
marcire nella ignoranza. Diritti cosi assoluti non possono essere giammai prescritti,
imperciocché « Il diritto di conoscere Iddio è come il diritto di esistere, il diritto
di sentire, il diritto di operare.....è al di
sopra d’ogni potenza; per disposto che si
potesse essere a cedere sugli altri diritti,
è in tutti il sentimento di non doversi cedere mai su questo. Esso ha radice nella
nostra stessa natura »•
A questo modo stabilito il diritto di conoscere la verità religiosa in generale, si
viene a stabilire che il diritto di conoscere
Iddio e la sua verilà importa il diritto di
leggere la sua parola. Ma «il diritto di leggere non è quello di contraddire.Vi ha un
abisso tra l'uno ch’è il risultato necessario della nostra condizione dirimpetto
alla Bibbia, e l'altro che si risolve in un
tentativo di presuntuosa ignoranza......
noi non abbiamo il diritto di negare ciò
che la Scrittura afferma», lina volla di
fatti che è dimostrato la Bibbia essere
parola di Dio, negare ciò ch’essa afferma,
è cosa empia insieme ed assurda ; ed allorché il cristiano si tiene semplicemente
a quello ch’è scritto nella divina Parola
ha la morale certezz.i di non poter essere
ingannato, e di essere nel vero.
Ma lo stesso buon senso, quel buon
senso popolare e comune che se non saprà dare una risposta adeguata ai più
studiati cavilli scolastici, sentirà non essere da essi persuaso, dice chiaramente
che se Dio ha data una rivelazione all’uomo; se questa rivelazione ha voluto che
fosse scritta, lo ha voluto allìnchè l’uomo
la leggesse : se Dio avesse voluto che una
casta particolare insegnasse verbalmente
la sua rivelazione, avrebbe a quella casta
sola rivelata la sua volontà, e non avrebbe
ordinato cho fosse scritta in un libro per
lutti. I vantaggi che vengono dalla lettura
della Bibbia formano il soggetto del capo«
della seconda parte. Qui l’autore parla
piuttosto alla coscienza dell’individuo che
nirintelletto; e dopo aver citati dei passi
della Parola di Dio che più degli allri
vanno dritti alla coscienza, prende da ciò
occasione di far conoscere quanto sia mal
fondata l’accusa di oscuritó che si dà alla
Bibbia: fa poscia parlare in tal guisa l’uomo di buon senso : « Posto in mezzo ai
miei simili, lo da tutte parti intendo un
coro di benedizioni in favore del Libro di
Dio. Ignoranti e dotti si accordano a benedirlo , riconoscendolo per autore dei
molti effetti òperati sul loro destini. Osservo la loro vita e veggo i cangiamenti
notevoli che loro fruttò questo libro : veggo effetti ammirandi e in assai gran numero nati dalla sua lettura. I.’uno ricono-
18
íce essere stato dalla Bibbia arresiat«
nella via A^\\&indif[eren%a, l'aitro di avere
con essa dissipato le sue dubbiezze, quegli
le attribuisce la pace penduta alla sua angosciata coscienza, quesli i lumi e la
forza di adempiere i suoi doveri. Sorgono
quindi nel mio spirilo presunzioni favorevoli a questo libro; sento la brama e fo
proposito e ho diritto di leggerlo e andarvi in cerca de’ vantaggi cui tanti altri
ne hanno ritratto. Non può essere che io
debba venir escluso dal partecipare ai
benefìzi ch’esso universalmente diffonde
in ogni luogo, lo pure ho parte alla distribuzione dei tesori spirituali della divina parola.....Alla lettura della sacra
Bibbia 11 genere umano va debitore d’incontrastabili progressi i quali provano il
diritto di servirsi del mezzo che li ha
prodotti ».
Per ultima prova del diritto cbe ha
l’uomo di leggere la Bibbia ha riservata
l’autore quella che è la più concludente,
cioè la testimonianza della Bibbia stessa.
Se vi fosse una classe di persone ehe per
volontà di Dio non dovesse leggere la Bibbia, vi dovrebb’essere almeno una parola
di tale proibizione nel Libro di Dio ; ma
anziché trovarsi una tale proibizione,
Dio ne raccomanda, ne ingiunge formalmente la lettura : in guisa che, coloro che
la lettura della Bibbia la dicono peccalo, fanno Dio autore e istigatore di
tale peccato. Dopo il qual ragionamento
l'autore cita alcuni dei molli passi della
Bibbia, nei quali è espressamente da Dio
ordinata la lettura di sua parola.
Esaurita così la quistione del diritto di
leggere la Bibbia, passa l’autore ad esaminare l’esercizio di un tal diritto in una
seconda sezione della seconda parte.
(Continua).
m\ PAROLA ALL’ARMONIA
II nome di seduttori dato ai crisliani
evangelici non è nuovo : i Sacerdoti e Farisei chiamavano con tal nome il divin
nostro Maestro Gesù (Malt. xxvii, 65.
Giov. VII, 12); quindi noi calunniati collo
stesso nome dai giornali clericali non ne
facciam lamento per noi stessi, non domandiamo ragione della calunnia avanti i
tribunali, come ne avremmo il diritto ;
ma per l’onore del Vangelo che annunziamo domandiamo ragione aW’Àrmoiìia
stessa delle sue calunnie. Essa nel suo
N“ 66 in un arlicolo che intitola = Conversioni dell’ oro — ci accusa che noi
« non abbiamo dottrine fìsse : » al che rispondiamo che noi abbiamo una confessione di fede che pubblicammo in disteso
nella Buona Novella : ci accusa che noi
non abbiamo una • Bibbia autentica : »
e l’Armonia sa che noi abbiamo la Bibbia
di Martini, per coloro che si facessero coscienza di comprare quella di Diodali : ci
accusa che noi non abbiamo " un simbolo
di fede : » non abbiamo è vero aggiunto
al simbolo i diecisette articoli che vi ha
aggiunti Pio IV, ma abbiamo il simbolo
apostolico genuino, come Io aveva l’antichissima primitiva chiesa.
L’accusa poi per la quale diciamo altamente innanzi a Dio e innanzi al mondo
chel’.^rmonia mentisce sf*cciata.«e?ìte,
è l’accusa ch’essa ci fa di far proseliti col
danaro. Noi abbiamo già sfidati più volte
i giornali clericali a provare le loro accuse, ed essi come vili calunniatori non sono
voluti scendere nell’arena. Torniamo dunque a dire slÌVArmonia, e a’suoi consorti,
dì citare i nomi e di coloro che vanno a
19
sedurre con danaro e di coloro che dicoDsi sedotti, e se uon lo farauDO, noi fino
da ora li denunciamo innanzi al puliblico
per calunniatori.
IVOTIZIE REI>I«IOSE
I.%'GHiLTERRA. La Colletta per innalzare
un monumento al fu duca di Wellington,
ha prodotto fino ad ora 80 mila lire stcrhne (2,000,000 di fr.). Questa somma, e
il di più che si raccorrà, sarà erogata non
ad innalzare una slatua, ma a fondare una
.scuola 0 collegio col nome del duca, destinato a ricevere gratuitamente, o quasi
gratuitamente, i figli orfani degli ufficiali.
In breve il principe Alberto porrà la prima
pietra di questo monumento veramente
cristiano, e probabilmente, dice il Christian Times, vi assisterà anche la regina.
Irlanda. Nella chiesa evangelica di
s. Tommaso a Dublino, un prete cattolico
e quattro laici, abiurarono pubblicamente
e con molta solennità il cattolicismo il
gioruo di Pasqua, e furono ricevuti alla
comunione evangelica.
— Il celebre prof. M. 1’. U. O'.Meagher
la domenica 1 maggio ha rinunciato pubblicamente al caltolicismo nella chiesa
evangelica di Pallasgreen: quasi tutli i
giovani preti irlandesi sono stati discepoli
del professore convertito.
America meridionale. Il santo Vangelo
prende radici anche nell'America spagnuola. Una chiesa evangelica si costruisce a Buenos-Ayres, nella capitale r.ioè
delle provincie unite del Rio de la Piala
C questa, la prima chiesa evangelica che
si fabbrioa nell’America meridionale spagnuola.
Camad.ì.. — Leggiamo nel Semeur Canadien, che giorni sono in un villaggio
lontano 30 miglia da Monreale un prete
predicando ad un immenso popolo spiegava la ragione per cui e nel Cauadà e
in tutta America ed altrove le popolazioni proteslanli nelle stesse ¡e forse in
peggiori condizioni sono sempre più ricche
e più felici delle popolazioni cattoliche.
« Il diavolo, diceva il predicatore, è sicuro dei protestanti ; egli sa bene che
non gli possono uscir di mano; perciò gli
lascia fare quelloche vogliono per addormentarli. In quanto ai paesi cattolici
romaui ia cosa è ben differente. 1 preti
rivestiti del potere apostolico combattono
continnamenle contro il diavolo, ed ogni
anno gli strappano dalle unghie migliaia
di anime. Questo è che rende il diavolo
furioso, e perciò si vendica sui poveri
caltolici romani caricandoli di afflizioni e
di obbrohrii ». Ma è solo nel Cunadà che
*i annunziano dai preti dottrine di simil
conio invece del Vangelo'?.....
CROXACllETTA POLITICA
Piemonte. Dopo più giorni di discussione venne dulia Camera dei deputali,
nella tornata di martedì, adoltalo con 03
voli favorevoli e 13 conlrarii, la legge di
modificazioni alla tariffa doganale^
— Ieri cominciò alla Camera dei depu->
tati la discussione dell’importante progetto di legge di approvazione provvisoria
del codice di procedura civile.
— Sul finire della tornata di ieri venne ^
volalo ad unanimità \\ progetto di legge/\^
sulla ferrovia da Torino a Pinerolo, cd
accettate le offerte in propòsito dellu
ditta Pikering e Comp.
20
— Nella notte di venerdì 3 corrente
mancò ai vivi il conte Cesare Balbo. « Le
virtù e l’ingegno del conle Cesare Balbo,
dice il foglio uiRciale, non hanno mestieri
di essere decantati; la memoria dei servizii eminenti resi per lui alla patria vive
incauccllabile nella riconoscenza di tutli
gli onesti. La sua perdita inaspettata è
una sventura pubblica : il suo nome sarà
benedetto ed onorato finché la onestà, il
sapere ed il patriottismo saranno virlù
ammirate sulla terra ».
Napoli. Con decreto reale in data di
Caserta 16 maggio: « I^a bestemmia ossia
l’empia esecrazione del nome di Dio o de’
sanli, profferita da’militari nei quartieri,
nelle caserme, nei castelli ed altri luoghi
di militare riunione, è punita coi servizi
ignobili 0 la detenzione in castello. I consigli di guerra sono compatenti a giudicarne«.
SvizzBBA. Il Consiglio federale di Berna
ha annullato il giudizio pronunziato dalla
corte marziale di Friborgo.
l.NGHiLTEEKA. Il duca di Cenova è da
qualche giorno a Londra accolto e festeggiato dall’ intiera popolazione, contenta
che le .siasi offerta quest’occasione di dimostrare quanto interesse porti alle cose
nostre, e la simpatia profonda che desta
in quei liberi isolani, il coraggioso e leale
procedere del governo di Viltorio Emanuele.
Oriente. Stando a dispacci elettrici
privali, l’esercito russo avrebbe varcato il
Pruth od invasi i principati danubiani.
Checché ne sia di questa notizia, un fallo
non dubbioso è questo, che la quistione
d’Oriente ha preso da qualche tempo proporzioni lali da infondere negli.animi secondo i varii interessi grandi timori o
grandi speranze. Le ultime lettere di Costantinopoli asseriscono essersi svegliato
fra i Turchi uno spirilo molto ardente e
generale di resistenza in difesa dell’impero
e della religione.
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ed al negozio di cartoleria di Stefano
Giustetti, via della Provvidenza, N° 8.
L’UOMO
DIRIMPETTO ALIA BIRBIA
ossia
DIRITTI RISPETTIVI
della Bibbia sull’Uomo
e deir Uomo sulla Bibbia
DI FILIPPO BOUCHER
un voi. in-8°.
Esercizii di pietà
PER LA COMUiNlONE
Un Vnlumetlo in-IO di pagine 70.
MERLE 1)’AUBIGNÉ
STOBMJL
della Biforma religiosa
NEL SECOLO XVI.
3 grossi voi. in 8\
Direttore G. P. MEILLE.
Rinaldo Bacchetta gerente.
TIP. SOC. DI A. PONS E COMP.