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Roma, 4 Settembre 1909
SI pttbbllca ogni Snbato
ANNO li - N, 36
LA LUCE
Propugna gl’interessi sociali, morali e religiosi in Italia
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ABBONAMENTI
Italia : Anno L. 3,00 — Semestre L. 1,50
Estero : » » 5,00 — • « 3,00
. XJn numero separato Cent. 6
I manoscritti non si restituiscono
INSERZIONI
Per linea o spazio corrispondente L. 0^5
< c da 2 a 5 volte 0,10
< < da 6 a 15 volte 0,05
Per colonna intera, mezza colonna, quarto di colonna e
per avvisi ripetuti prezzi da convenirsi.
Direttore e Amministratore : B. Celli, Via Magenta 18, Roma
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IL SINODO
L’annuo Sinodo si aprirà a Torrepellice
il 6 corrente alle D, e proseguirà le sue
sedut^e fino al venerdì successivo. Il Signore
diriga, col suo Spirito d’amore e di pace,
i lavori dell’importante convegno, benedicendo ogni fraterna discussione per il bene
dell’ opera nostra : nelle care Valli, ove
risiede la Chiesa madre ; in tutto il rimanente d’Italia, ove ci si sforza di addurre
anime al Salvatore ; nelle Americhe, ove
fiorenti colonie onorano il nome valdese e
abbisognano come tutti noi di -vita rinnovata che ci,, stringa sempre pm
e faccia di ciascun membro della tìostra
gloriosa Chiesa un valoroso soldato per
l’Evangelo.
ACQUA, VINO
L’acqua manca in certe regioni, nelle Puglie specialmente ; manca o almeno scarseggia in un gran
numero di comuni italiani. In certi luoghi l’acqna
c’è, ma è distante : bisogna fare un viaggio per andar al « fontanile » là fnori del villaggio, dove l’acqna d’nna sorgente si raccoglie e riempie una duplice larga vasca, a cui è condotto il bestiame a abbeverare, a cui le contadine vanno a sciacquare il
bucato. E’ bello il vedere queste donne recarsi alla
fontana con la gran « conca >, che manderebbe al
sole « riflessi d’oro » se fosse pulita e lastra, ma
<ihe manda nn bel niente perchè non è lastra nè
■pulita. Io i « riflessi d’oro » non ce li ho mai veduti,. forse perchè non ho imaginazione abbastanza...
poetica. E cosi, le donne vanno alla fontana là fuori
del villaggio col cercine sul capo e con la conca di
rame sul cercine ; ma, per la distanza, ci vanno il
meno possibile ; sicché la casnccia è sudicia, e i figlioli sono sudici, sudici da far raccapriccio. Da
l’altra parte della stradetta polverosa, qui, è uno
sciame di bambini mezzi nudi, che non sarebbero
forse brutti, se alle linee naturali del volto non se
ne fossero aggiunte altre artificiali, un impiastricciamento di colore oscuro, che da settimane aspetta
qneirefficace solvente che si chiama acqua e che dovrà aspettarlo chi sa per quanto tempo ancora : forse
il giorno della fiera o del santo protettore la ripulita verrà, eia biancheria sarà un po’ più bianca e
le stoviglie un po’ più nette e la casa un po’ più
in ordine e le « conche » nn po’ meno opache e le
fecce tin po’ meno ritinte.
Questo dell’acqua è davvero un grave problema':
è un problema d’igiene, di civiltà ed anche di mo
rale ; perchè doye l’acqua scarseggia, ci si attacca
con minor scrupolo di coscienza al vino ; quando la
« conca » è vuota, si ricorre più volentieri al fiasco.
Son due infatti i problemi, e l’uno è intimamente
connesso con l’altro : acqua e vino ! Parrebbe quasi
nn effetto di naturale compensazione : dove più scarseggia l’acqua e più abbonda il vino. Quanto costa
nn barile (sessanta litri) di vino comune ? Lo darebbero per 5 lire ? — « Ha voglia ! » cioè « sicuramente ! », « si figuri 1 » fu la risposta. Dunque
il vino costa poco più di otto centesimi il litro-; e
tanti di questi contadini non devono nemmeno comprarlo, perchè se lo fanno sul loro. Una famiglia di
contadini, l’anno passato, mise in « grotta » quarantacinque barili,, ed era stata un’annataccia di siccità
e di grandinate. Un anno, la stessa famiglia con le
stesse viti fece ijento barili di vino, cioè sessanta
f >cqua A scarsa e
lontana ; il vino costà pochissimo,^ e sè ne ricavai
una miseria a venderlo, l'acqua è lontana e il vino
invenduto è li nella « grotta » che si addentra sotto
la casetta e oltre, scavata nel tufo come una catacomba... Il vino vi si mantiene freschissimo... Sicché,
bevute e bevute senza economia. Peccato che il vino
non abbia la virtù ripnlitrice dell’ acqua ! Si beve
vino a desinare, a cena, fra il giorno, ai campi sotto
il sollione ; si beve,vino anche a colazione, la mattina, per tempissimo : pane inzuppato nel vino e
qualche po’ di frutta, che qui abbonda : ecco la colazione del padre famiglia, della sua consorte, dei
figlioli, fin del piccino di un anno e mezzo o due,
che, dopo aver sorseggiato il liquore di Bacco, non
disdegnerà qualche po’ di latte materno, tanto per
non perder troppo presto la buona antica abitudine.
Fa ridere, ma rattrista anche del pari immensamente :
non il latte, ma il vino, intendiamoci. C’ è nn povero piccino di tre anni, che non cammina ancora,
gonfio le mani, le braccia, le gambette, tatto il corpo,
e se ne sta disteso sur una lurida materassiiccia dinanzi a casa all’ombra : ha un’infiammazione d’intestini cronica. A quell’età 1 II medico dice che è un
alcoolizzato ! Fratto dell’ eredità e frutto del vino
che la madre imprudente gli somministrava fin dai
primissimi tempi. Ha dei tremiti nelle membra ! Non
guarirà ! Sarà un infelice, se mai avesse a campare.
Ah che problemi 1 E la soluzione ?
Ogni comune dovrebbe arricchire, a costo di qualunque spesa, la popolazione, d’ acqua sana e inondarne il paese. Le viti s’avrebbero a sradicare in
parte almeno, e, in luogo di esse, a seminar patate,
granturco, fave, qualsiasi altro seme, frumento specialmente. E no,n basterebbe ancora. Ogni sindaco,
ogni membro della giunta dovrebb’ essere non un
giocator di carte o un bevitore emerito, ma un educatore, che insegnasse ai padri, alle madri i pericoli di quel veleno che si chiama alcool, il quale
non solamente rovina il corpo, ma annebbia le intelligenze e imbestialisce l’nomo. Earamente si vedono di questi contadini camminar zighezaghe per
la via ; hanno bevuto tanto, che ormai « soppor
tano » senza troppi inconvenienti immediati le quotidiane libagioni ; ma che pietà tnttavia ! Gli uomini
specialmente sembran cotti dal vino; è, se tenete loro
un ragionamento che duri qualche minuto più del
consueto, si appisolano !
Ah, in questltalia che ha fama d’esser sobria,
preme come altrove che sì scenda a combattere una
battaglia contro l’alcoolismo, senza voti d’astinenza
che non son da uomo; ma una battaglia nobile, con
l’Evaugelo per arme, che trasformi i cuori, e quindi
ì gusti, in queste cosi belle contrade ove il sole
fiammeggia, ove il frumento cresce rigoglioso, ove
l’acqua si aviHbe, se la si volesse cercare.
TVRREL E niHOCCHI
, . Si capii?ce che si aspetti con gran curiosità la pubblicazÌMie deU’altimo libro dell’ Abate Tyrrel,' che
sarà, come ci si annunzia, il suo testamento scientifico 0 religioso. Non solo da questa pubblicazione
si presame verrà nuova luce sul modernismo, che
nonostante tutto quello che se n’è scritto è sempre
cosi poco noto neH’intima essenza sua ; ma anche la
figura, cosi simpatica dell’Abate, si spera di conoscerla meglio approfondendone sempre più la mentalità. Intanto, per quest’ultimo rispetto, e mentre
si attende l’opera più ponderosa, giova tener conto
di ciò che l’Abate ha pubblicato nel secondo fascicolo del Rinnovamento.
È un articolo polemico in risposta al Minocchi, il
quale, già nella Voce., aveva pubblicato alcune osservazioni critiche sul modernismo, più che altro a giustificare la sua attitudine.
Per Minocchi il cattolicesitno è nn insieme di dogmi,
e sopratutto è il dogma del papato : annientato il
dogma, e distrutto il papato, per lui di cattolicismo
non resta più tracci^. Per Tyrrel invece, senza il
dogma e senza il papato sussiste sempre la Chiesa.
Chi dei due abbia ragione sarebbe interessante ricercare ; ma a me ora importa rilevare come il Tyrrel si renda ragione del perchè di quelle obiezioni
che non sono nè di ieri, nè dì oggi, e che il Minocchi ripete per la ennesima volta.
E’ un frutto delPeducazione cattolica, dice il Tyrrel, dare la priorità al pensiero sopra la vita e l’azione ; è sopratatto la scolastica medioevale, che domina e signoreggia nel cattolicismo, quella che ha
abituato a concentrare tatti gl’interessi religiosi su
una formula dommatica.
L’osservazione è profonda ! Ai giorni nostri non
v’è cosa più evidente di questa ; e cioè, che la chiesa,
prima di essere un semenzaio di dogmi, e prima ancora di essere un consenso di coscienze, è secondo
l’insegnamento paolinico, il corpo di Cristo ; il corpo
per mezzo del quale egli continua l’opera sua quaggiù. Se, quest’idea, non s’jmpone e non trasforma
nell’ambito della Chiesa tutt’i rapporti che corrono
tra fratelli, e, se non colloca la Chiesa di fronte al
mondo nella posizione che le spetta, lo si deve a
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LA LUCE
quella zavorra dell’intellettualismo scolastico, che
impedisce i liberi voli.
Anche il Tyrrel spiega bene quel ripiegarsi precipitoso vèrso le ultime negazioni, appena il più lieve
venticello della critica storica fa muovere qualche
foglia dell’albero annoso delle credenze. Non è logica, no ; non è conseguenza di carattere quella che
ci trasporta d’un tratto fuori della fede positiva cristiana, perchè un’ammenicolo dommatico è stato dichiarato fuori d’uso ; è l’efletto del dilemma insidioso
del tutto 0 nulla che i teologi romani hanno posto
nel loro interesse. « Nelle nazioni latine, dice il Tyrrel, questo dilemma è stato accettato, e quando non
possono aver tutto scelgono nulla : in Inghilterra
e in Germania (si noti quest’osservazione) invece, il
dilemma è giornalménte confutato davanti ai nostri
occhi ». Insomma, nbi latini (e perchè non diremmo
addirittura noi italiani?) siamo le vittime dì uno
spauracchio,, che c’impedisce di riformare la nostra
fede : la fede ci hanno abituati a considerarla come
un edificio colossale, il quale in un attimo precipita
e si riduce in polvere, se ci facciamo lecito di smuovere il più piccolo sassolino.
Ma, quel che merita di essere sopratutto notato
in quest’articolo del Tyrrel, è la sua fede tenace
nella possibilità d’uua riforma della Chiesa cattolica
mediante gli sforzi perseveranti « di coloro che le
appartengono e la comprendono ». Egli non vuole,
e non sa nemmeno concepire una religione e una
chiesa nuova. Egli desidera « rilevare la vecchia
casa col suo nome, il suo prestigio e la sua clientela : Í) insomma, vuole il cattolicismo moltitudinarista, cosi com’è, perchè ha bisogno di una « religione
pubblica, che eserciti sulla fita sociale la sua ìufiuenza, che sia la sanzione soprannaturale dei suoi
più alti ideali di vita e di condotta ».
E qui ci sarebbe molto da dire ; perchè a mio
modo di vedere, quest’azione sociale della Chiesa, che
mena al moltitudinarismo cattolico, è uno dei punti
deboli del modernismo. Per intanto, creda bene o
male il Tyrrel, certo è che egli una fede sulla vi
talità della chiesa cristiana la possiede : e ^questi
fede'ci appare tanto più preziosa^ allorcliè le contrapponiamo lo scetticismo soddisfatto del Minocchi;
il quale non crede più che ad una vuota religiosità,
e di riforme impossibili non vuol saperne, e tutto
vede avviato verso l'estrema ruina : abgssus abyssum invocai.
Si prova il Tyrrel a convincere il suo avversa
rio, che la mina non è cosi inevitabile come egli
crede ; che la riforma oggi è possibile più, e meglio
che nei secoli scorsi ; che le stesse ragioni, per cui
altri dispera, sono potentissimi argomenti per sperare : ma alla fine deve arrendersi dinanzi alle differenze di personalità, di temperamento e di espe
rienze, vale a dire di fronte a disposizioni morali,
che rendono tanto diversi dall’una all’altra persona,
i giudizi sulla possibilità d’una riforma della Chiesa.
E qui gli sfugge una confessione per noi preziosa!
« Forse, egli dice, se io avessi respirato i miasmi
della Roma ecclesiastica, di cui non ho che una co
noscenza concettuale. Sarei altrettanto pessimista che
il Minocchi. Forse se egli avesse lamia esperienza
della vitalità che hanno altre forme del cristianesimo non dispererebbe del tutto di riforme ecclesiastiche nella chiesa di Roma ». E questo vuol dire,
in povere parole e senza gretterie, che il Tyrrel è
il Tyrrel, perchè è vissuto, e fu educato in ambiente
protestante ; e il Minocchi è il Minocchi, perchè è
vissuto e fu eduiiato in ambiente cattolico-romano.
Cosi, si potrebbe concludere col dire ; che quella
riforma che non è riuscita (?) e quel protestantesimo che si appoggia al Cristo morto e non al Cristo
vivo (?) qualche cosa han pur fatto, questo almeno
hanno reso possibile al Tyrrel di credere quello che
il Minocchi non crede.
Giovarmi Rodio
Le origini della vita sulla terra
ronraci Signorina capace dirigere pensione foreLErlilIal stieri a Firenze, che parli italiano, francese,
inglese. Si richiedono ottime rrferenjm.
Dirigersi alla sig.ra Rochat, 16, Via dei Fossi, Firenze.
Alla fine la scienza ha pronunziato l’ultima parola per la bocca del signor G. De Lorenzo sul
Corriere della Sera ! E dico la « scienza », perchè
il De Lorenzo ci tiene a farlo sapere che egli è
scienziato e che parla in nome della scienza : « noialtri scienziati » dice egli -in un luogo ; ed al
principio del suo articolo : « Parlo 'dell’origine della
vita sulla terra nel solo senso fisico, che si può
scientificamente indagare, e non nel senso metafisico ».
Ora, qual è qnest’ultima parola circa l’origine della
vita ? E’ che la vita è sorta spontaneamente, senza
il concorso di un Creatore, per la cosi detta « generatio aeqnivoca », combinandosi insieme naturalmente, in un ambiente adatto, il carbonio, l’idrogeno, l’ossigeno e l’azoto.
Io non sono uno scienziato : tutt’altro ! ma da
quell’infarinatura di scienza, di cui, da dilettante,
mi sono incipriato, sapevo, prima di leggere l’articolo del De Lorenzo, che ormai l'ipotesi della generazione spontanea era scartata dalla grandissima
maggioranza degli scienziati come assurda ed illogica; sapevo che già il grande Darwin affermava
che è impossibile ammettere scientificamente che la
vita organica sia proceduta dalla vita iuorgpica ;
sapevo che gli studi di Liebig, Pasteur, ecc., hanno
respinto in modo assoluto l’ipotesi della generazione
spontanea... e allora ?
Perchè il De Lorenzo, parlando della genesi della
vita secondo la Bibbia, me la classifica : « la rozza
concezione della Genesi biblica, che ha formato per
molti anni il limitato patrimonio intellettuale dell’Europa ». Dunque, secondo lui, l’asserzione biblica
che la vita delle piante, degli animali e dell’ uomo
sia proceduta da un Dio, Spirito e Vita, è assurda ;
mentre è scientifica l’asserzione che la vita sia proceduta spontaneamente dalla combinazione di materie, che in sè vita non hanno I come se zero più zero
e più zero all’infinito potesse mai dare uno!... E,
d’altra parte, se la vita è proceduta da una combinazione di idrogeno, ossigeno, azoto e carbonio,
perchè voi scienziati, che da secoli studiate che cosa
sia la vita, e che avete scoperto ed inventate tante
e tante cose belle ; perchè non mi formate nei vostri lambicchi, nelle vostre storte, nei vostri gabinetti scientifici di nuovo una tale combinazione, e
mi riproducete cosi artificialmente la vita ? !... Parli
il maestro degli scienziati materialisti, 1’ Haechel :
« L’ipotesi tuttora improvata della generazione spontanea è indispensabile per non essere costretti ad
ammettere una creazione soprannaturale ». Alla buonora ! è dunque una « ipotesi » la vostra ; ed aggiungo: ipotesi tutt’altro che probabile, ipotesi illogica, che nou deriva da alcunché di analogo che
si possa riscontrare in natura... e allora perchè classificarmi come « rozza concezione » l’ipotesi biblica,
che per lo meno è molto più logica e verosimile ?
perchè ?... E’ un preconcetto che vi guida ! « per
non essere costretti ad ammettere una creazione soprannaturale ! », e non vi accorgete che pur essa,
l’ipotesi della geuerazione spontanea, è soprannaturale ; poiché la vera scienza non può constatare di
certo, se non che la vita procede da secoli e secoli
sempre naturalmente « di padre in figlio », vale a
dire che è stato sempre necessario un essere vivente
per procreare altri esseri viventi : questo c’insegna
la natura. Ma risalendo la scala, di figlio in padre,
di figlio in padre, bisogna pur arrivare ad un tempo
quando sulla terra non vi erano viventi, ed allora
vi dovette necessariamente essere un modo soprannaturale di creazione della vita. Il De Lorenzo, scartando assolutamente l’ipotesi biblica, che per noi è
la più logica e la più sicura, emette l’ipotesi della
generazione spontanea ; od anche dichiara pure ammissibile l’ipotesi emessa dal Thomson, da Lord
Kelvin e recentemente da Svante Arrhenins, che
la vita sulla terra sia piovuta da qualche astro
lontano.
Lettore intelligente, a te la scelta fra queste tre
ipotesi : 0 che la vita è piovuta sulla terra, come
un chicco di grandine in giorno di tempesta (? !),
0 la vita è nata da sè dalla materia inerte spontaneamente, 0 la vita è sorta per comando e intervento
d’nu Dio Creatore, Spirito e Vita.
« Ma. io e la casa mia serviremo al Signore ».
Giuseppe Fasulo.
I seminaristi si muovono
Riproduciamo qui — togliendola da la Voce — la
seconda e non ultima puntata di quel lavoro che « Un
gruppo di seminaristi » pubblica sotto il titolo « La
salvezza è in noi ».
L’apologetica è fatta per condurre i morti nel regno
dei Cieli, se ancora non vi sono giunti, non per uomini viventi delle aspirazioni del loro tempo. È tutta
una struttura sottilissima del M. E. che sfugge. La
prova dei miracoli rimane la prova classica ed unica
del Cristianesimo cattolico, dimenticando che in una
società che nega il soprannaturale o è verso esso ostile
son neeessarie altre prove che formino il fondo di
certezza donde partire per il primo passo verso la
fede. Tutta la nostra apologetica è uno sforzo ad imporre dal di fuori la religione con i caratteri della
meravigliosità e dello sfarzo ; noi a questa scuola diventiamo dei buoni archeologi del pensiero umano,
capaci di narrare le benemerenze sociali del Cristianesimo nel passato, pur non sapendo fargli dire una
parola buona ai contemporanei, non riflettendo che
la verità di una religione non si valuta dal passato
e dalle influenze di bontà e di vita che poteva avere
in passato, ma dal presente, dall’attitudine che può
imprimere ai fatti contemporanei. Un’apologetica che
non può agire su gli uomini viventi é un’apologetica
fallita, un’arma fuor d’uso che al più avrà valore per
la storia.
La morale è casuística bella e buona, un arruffio,
un tentativo ohe si risolve nell’inane e nel ridicolo :
invece di descrivere l’atto impercettibilmente semplice
del determinarsi e del volere, invece di valersi degli
ultimi eccellenti risultati della psicologia sperimentale
per la formazione di uua nuova pedagogia dello spirito non è ohe un esercitarsi a risolvere casi ardui ed
irreali, senza parlare nè di ascetica nè di direttiva.
Più che creare delle guide crea dei libratori e bilanciatori di colpe.
I iibxi di dommatica ci fanno profondamente dubitare e ci rivelano tutta una rete fittissima di sofismi
intesi ad ingannare con la complicità di tutto un ambiente : da una simile lettura si esce scettici e profondamente turbati nelle fede. Della storia del domma
che dovrebbe farci cogliere nel suo genuino significato la divina essenza della dottrina che predicheremo,
che ci aiuterebbe ad evitare una confusione, origine
di grandissimo scandalo all’anima contemporanea, la
confusione fra fede e teologia, non se ne parla che
con paura come di una cosa pericolosa.
La storia ecclesiastica — dove questa materia è contenuta nel programma — è una sequela di tesi apologetiche piene più di sillogismi che di fatti, una filza
di eresie e di guerre, nonché di adulazioni per ogni
papa. Delle conquiste del puro metodo storico applicato spregiùdicatamente negli ultimi tempi anche alla
storia della Chiesa, non si tiene nessun conto. Le scuole
più antiquate e maggiormente prive di valore son
quasi sempre quelle di introduzione e di esegesi biblica. Con l’unico argomento riverenziale si accetta
sempre, a priori, là tradizione anche quando la critica
con i suoi metodi propri sa mostrare l’origine e la
formazione leggendaria della stessa tradizione. Nell’interpretazione della Scrittura tutto lo sforzo è posto nella conciliazione a base dì sottigliezze metafisiche dei diversi passi ; mentre non si fa nessun lavoro
per riporsi dal punto di vista dello scrittore, per'rìentrare nel modo di concepire e di agire del tempo e,
con assenza del più elementare senso storico, si attribuiscono a scrittori semiti antichissimi idee e concezioni degli scolastici del secolo XIII.
Inutile però dilungarci ancora : quello che manca
alla nostra scuola è la fiducia senza paura nella scienza
e la libertà. Finché il seminario non diverrà luogo
sacro destinato a spargere amorosamente e disinteressatamente nell’anima dei giovani i primi germi della
scienza dello spirito e rimarrà sforzo per monopolizzare il sapere destinato più che altro alla formazione
di utili e fidati funzionari ecclesiastici, questa deficienza fatale nella scuola e negli studi resterà sempre.
Noi ne soffriamo gli effetti deleteri — Intorno a noi
è un mondo di una piccolezza fenomenale, ove non
crescono le virtù forti, ma le passività rassegnate, i
pallidi fiori di serra che avvizziscono al primo soffio
di vento nella primavera precoce, ove, quando manca
la vera volgarità e non sviluppano i primi germi del
vizio, regna sovrana l’inerzia e Timpulsivìtà.
3
; r ■)
LA LUCE
Qualunque forma di vita è assente : l’interessamento
serio ai problemi inerenti all’imminente missione sacerdotale, ogni tentativo a ridar vita ed entusiasmo
alla nostra grrnde vita di preparazione, facilmente è
preso in ridicolo ed accolto con freddezza dai più.
Un’idea lanciata in quest’ambiente trova un numero
stragrande di scoraggiati, di pupille spente, di scettici
a vent’anni. Cosa davvero strana lo scetticismo fra gli
aspiranti al sacerdozio, ma vera I È più frequente trovar degli scettici in pratica fra seminaristi e fra preti
che fra laici, i quali lo saranno solo forse in teoria.
Una cosa solo si aspetta da tutti indistintamente, ogni
giorno, ogni ora : la fine dell’anno e l’ordinazione che
è segno del termine della vita di seminario. Non si
aspira agli ordini come al principio di una vita nuova
a cui ci si sente attratti da sete di ministero e di azione, ma come a una liberazione da una vita troppo
sacrificata verso una vita più comoda eche dia maggiori soddisfazioni.
I preti di domani non saranno diversi dai seminaristi di oggi. Se la vita del seminario poteva esser
qualificata come apatica, la vita sacerdotale può bene
esser qualificata come generalmente inattiva : perchè
è innegabile che la gran maggioranza dei preti sta
per una larga parte del giorno nell’ozio.
Non si seppe creare in essi una volontà forte ed
ora alla prima difficoltà cedono: la rivelazione inaspettata della gravità e della diffusione del male, al
primo contatto col mondo invece dì incoraggiarli ad
un’azione più piena ha l’effetto di farli rinchiudere
sconsolatamente in sè stessi. Anche per quei ohe nel
seminario sembravano i più entusiasti, la presenza viva
della realtà ha l’effetto istantaneo di raffreddare tutto
il calore della loro idealità.
Senza una preventiva educazione alla vita di celibato spesso portano per tutta la vita, nell’ anima, lo
scontento di una gravissima obbligazione assuntasenza
conoscerne a pieno le pesanti responsabilità : spesso
passano la vita senza l’austerità che nasce da una forte
coscienza e nella leggerezza, con discapito della propria missione: non rare volte cadono miseramente,
con danno irrimediabile proprio e di altri.
Non si seppe creare in essi interesse ed amore allo
studio che fu loro presentato come cosa morta e fredda,
senza relazione con la vita vissuta ed ora hanno abbandonato i libri, vivono nel mondo come persone
sperse non comprendenti nulla del grande movimento
di cultura che si svolge intorno ad essi.
Effetto dell’ignoranza è anche l’intranjsigen?¡a di cui
danno spettàcolo i nostri preti, cóndaniiandó éd anatomizzando tutte le anime che dissentono dalle loro
vedute grette e meschine, di cui spesso non Comprendono neppure il linguaggio che non rientra nelle categorie del loro cervello fossilizzato.
Ili
E’eilangelizzaziotte degli israeliti
La Chiesa romana non vede negli ebrei che i crocefissori di nostro Signore Gesù Cristo : il miglior
trattamento da usar con loro è di crocefiggerli anch’essil Invero la storia dimostra che, per lunghi
secoli la Chiesa che avrebbe dovuto ricordarsi delle
parole di Gesù : « Padre perdona loro !... » non ha
voluto perdonare.
La Chiesa riformata ha partecipato ai medesimi
pregiudizi antisemitici e la sua condotta verso gli
ebrei, benché men feroce e sanguinaria, non fu però
men crudele sotto diversi aspetti. Oggi ancora, interessarsi alla conversione di Israele, infondere in
esso la fede nel Cristo-Messia, per molti cristiani è
mera follia. Salvarne alcuni individualmente, passi I
Ma intaccarne la massa ; far penetrare in essa il lievito del Vangelo, è pretta utopia 1 - •
Circa alla metà del secolo decimottavo, Mosè Mendelssohn aveva fatto premura agli Israeliti di prender parte alla vita sociale dei paesi ove dimoravano
e di assimilarsi la coltura degli etnici ossia dei gentili — e ben presto se ne videro gli effetti nella
migliorata lor condizione civile e religiosa, specialmente dopo la ottenuta concessione dei diritti politici.
Ma questo non concordava coll’ideale del vero Israelita.
La missione dell’Israelita nel mondo è di proclamare e di propagare l’unità e la spiritualità di
Dio. I proseliti erano obbligati ad osservare i precetti
e i riti della legge, e per tal modo venivano incorporati alla nazione. I primi cristiani di Gerusalemme
rimasero in qpest’idea. « Se voi non siete circoncisi
secondo il rito di Mosè, voi non potete esser salvati I » (Fatti 15, 1). Ma questa affinità materiale
e fisica ripugnò sempre ai gentili, come ripugnò ai
primi cristiani, finché non tu abolita. D’altra parte,
il senso vivissimo di ra^sa che hanno gli Ebrei (cfr.
Matt. 3, 9), e la lor antipatia contro la prevalenza
degli ideali religiosi sopra quelli temporali, rese vano
ogni lor tentativo di amalgamarsi socialmente colle
altre nazioni. Il sangue ebreo ed il sangue etnico
non tirano a confondersi.
Oggi, come in antico, stanno dunque di fronte l’uno
alLaltro due principi opposti : la carne e lo spirito
(confr. Eom. IV. Gal. IV) ; e l’Evangelo afferma che
la vittoria dev’ esser dello spirito contro la carne,
Il vero israelita non è già quello, non fu mai quello,
che discende dai lombi di Àbramo ; — ma è quel
qualunque uomo che,/«/«ife, diventa * figliuolo
di Abramo ». € Non tutti coloro che sono d’Israele,
sono Israele ; e perchè son progenie d’Àbramo, non
però son tutti figliuoli »... (Rom. 9, 7-8).
Giudei e Gentili hanno bisogno d’essere evangelizzati : da questo punto di vista non c'è fra loro
differenza alcuna. Chè se vi sono, come vi sono, fra
loro delle diversità di razza, di indole o di costumi,
ecco che Gesù Cristo approssima gli uni agli altri.
Egli « crea in sè stesso i due in un nomo nuovo ».
Quest’uomo nuovo si spiritualizza e perde la sua nazionalità : non è più ebreo e non è più gentile ; non
è più padrone o servo ; non è nemmanco più maschio
0 femmina ! ! « Tutti siete figliuoli di Dio per la
fede in Cristo Oesà\ tutti siete Uno'm Cristo Gesù.
Ora, se siete di Cristo, siete veri € figliuoli di Abramo », progenie di esso, ed eredi secondo la promessa. (cfr. Gal. 3, 26-30; Efes. 2, 11-22).
La volontà di Cristo fu che si evangelizzassero
imprima gl’israeliti, poi i Gentili. Gli apostoli ottemperarono a quest’ ordine. « Egli era necessario, dissero Paolo e Barnaba a que’ di Antiochia di Pisidia,
che a voi prima si annunziasse la parola di Dio ;
ma, poiché la ributtate, e non vi giudicate degni
della vita eterna, ecco, noi ci volgiamo ai Gentili ».
(Fatti 13, 46). Dopo gli apostoli, e superate le terribili persecuzioni dei primi imperatori romani, la
fede cristiana si estese per tutto il mondo ; indi vennero tempi tristi in cui la luce di Cristo fu posta
sotto il moggio — ed in cui parve eresia il portare
l’Evangelo ai pagani ed agli Ebrei. Que’ tempi, la
Dio mercè, sono passati, e non ritorneranno più. Una
delle maggiori glorie del secolo decimonono sarà
questa, d’essere stato il Secolo delle Missioni —
vale a dire di un’attività missionaria sistematica e
organizsata, a vantaggio degli Ebrei e dei pagani.
Y.
IL CRISTIANESIMO E LE GRIESE CRISTIANE
(del Prof. Giorgio Bartoli)
Il libro è di grande valore. Esso arreca alla nascente
nostra letteratura evangelica un prezioso contributo di
forza ; e perciò io mi credo in dovere di segnalarne qui
alcuni dei pregi più eminenti.
Innanzi tutto rilevo il metodo del libro, che è il
metodo storico. Il libro, il lettore lo avrà già intuito,
è un libro di controversia nei riguardi della Chiesa
romana e delle pretese papali. Ora io ho sempre ritenuto che il terreno nel quale noi possiamo infliggere
al romanesimo le più fiere sconfitte è precisamente il
terreno della storia. Perchè ? Ecco perchè : L’apprezzamento circa la bontà e verità intrinseca di una
dottrina ha sempre qualche cosa di soggettivo. Ciò
che a noi può sembrare contrario ai bisogni veri dello
spirito, ad un altro può fare, date le sne disposizioni
intime, la sua formazione psicologica, ecc., un’impressione tutta opposta. Continuiamo nella polemica, ad
analizzare il valore intrinseco delle dottrine, ma non
accontentiamocene. Lo stesso diciamo pel terreno biblico
relativamente alle tenzoni della controversia anti-romana. Certo, esso è un terreno adeguato allo scopo, e
dal quale non bisogna rimuoverci. Ma esso è suscettibile di essere rinforzato con opportunissime e valide
artiglierie. Molte volte alla interpretazione evangelica
di passi biblici i preti ne oppongono un’altra ; e il
giudicare cosi astrattamente quale sia la vera spesso
riesce arduo. Entrambe sono verosimili, e l’elemento
soggettivo (tendenze, temperamento ecc.) farà pendere
la bilancia più da una parte, che dall’altra.
Ma non è più cosi quando la dimostrazione biblica
delle nostre tesi ottiene la riprova storica ; quando noi
possiamo dimostrare a Roma sul terreno non equivoco,
ma affatto obbiettivo della testimonianza della storia,
che alle sue pretese manca il consenso dei secoli cattolici. Allora, ogni ombra di subbi etti vismo che possa
supporsi nella dimostrazione biblica esula completamente
alla stregua dei fatti. Si potranno — ad esempio —
far correre fiumi d’inchiostro sul Tu es Petrus, ove
si voglia restare unilateralmente sul terreno biblico, e
non si perverrà mai ad una conclusione irreplicabilmente decisiva. Ma trasportate la questione sul terreno
patristico, e il controversista romano dovrà fare il
saluto e battere in ritirata; perchè, se le suelucubrazioni sul tu es Petrus fossero vere, il fatto storico, di
cui il consenso del Padri testimonia, dovrebbe essere
opposto a quello che esso risulta da quel consenso, negativo in questo caso.
Al merito che ha il libro del Padre Bartoli relativamente al metodo, un altro se ne aggiunge. La patristica non è pane per tutti i denti. Possedere una raccolta di passi dei Padri raccolta avuta di seconda
terza o quarta mano — giova a poco, anzi a nulla.
Molte volte — forse — nuoce, perchè rende possibile
il far dire ad un testo il contrario di ciò ch’esso direbbe se fosse letto nel contesto. Neppure basta aver
letto alcune opere dei Padri nelle edizioni papaline,
poiché è noto che in quelle edizioni la mano della
fraude introdusse delle interpolazioni dirette a falsare
la verità storica. Che occorre dunque per avventurarsi
nella controversia sul terreno patristico ? Occorre, prima
di tutto, aver fatto dei Padri una sufficiente conoscenza
diretta ; il’che richiede molti anni di logorante lavoro
del cervello e degli occhi, e poi avere studiata tutta
la letteratura che si riferisce all’opera fraudolente della
sètta papale nelle interpolazioni fatte subire agli scritti
patristici. Oia, il Prof. Giorgio Bartoli è precisamente
l’uomo ad hoc per una tale polemica ; egli che si è
logorato per molti anni sugl’interminabiU volumi dei
Padri, egli che conosce a fondo la critica relativa alle
prefate interpolazioni. Chi legge il suo libro si accorge
subito che ' lo scrittore qui è nel suo elemento, ch’egli
si miù)ve con passo franco perchè sicuro, di quella
sicurezza che nulla più ormai paventa da un’insidia a
cui ha stracciata la maschera.
Il capitolo III sul Tu es Petrus è molto interessante,
quantunque l’argomento sia vecchio. Il Prof. Bartoli
ha in proposito delle riflessioni e degli argomenti nuovi
ed originali che senza dubbio hanno un grande valore
per lo studio esegetico del testo. Dico ciò indipendentemente dalle mie opinioni contrarie — dal punto di
vista critico — all’autenticità di quel testo.
Lasciate che io mi congratuli col Prof. Bartoli anche per la chiarezza con cui nel capitolo VII ha distinte le dottrine di fede dalle dottrine teologiche, le
quali ultime sono relative e mntevoli perchè interpretazioni umane delle prime. Argomento magno è questo
su cui non si tornerà mai abbastanza ; poiché la confusione tra il domma divino e le umane formule teologiche— confusione fatta dal medievalism^he, cosi, divinizza le teorie umane, e dall’« ultra-mOTOiàismo negativo » (da non confondersi col modernismo tout court)
il quale cosi umanizza le verità divine — è una delle
piaghe cancerose che affliggono sl’odierna anima religiosa.
Sarei adulatore se dicessi che il libro è privo di
mende. Ve ne sono parecchie relativamente alla forma,
alla coerenza — cioè — delle espressioni, alla precisione del linguaggio, e simili. Ma le son cose minime
che spariranno da una seconda edizione.
Sanremo, il 26 agosto 1909.
Ugo Janni
CROCE AZZURRA
L’8 e il 9 corrente, festa cantonale della Croce azzurra a Ginevra. La « Semaine Religieuse » ne pubblica il programma. Ci sarà, tra l’altro, uh discorsò del
prof. Fulliqnet nella cattedrale di S. Pietro. “
. ■
L’Imperial Institnt d’Inghilterra ha riconosciuto che
nella Marina ci sono 25000 astemi, e che nell’esercito
42 soldati sopra cento sono iscritti come astemi completi. Si è anche notato che tra i militari condannati
dai consigli di guerra non vi è che un astemio per
bevitori.
4
LA LUCE
Profili di riformati Italiani
Baldassare Altieri
Veaezia occupa nella storia della Kiforma in Italia
un posto importantissimo; e se una politica troppo
spesso utilitaria non avesse indotto quella repubblica. a calpestare il più sacrosanto dei diritti, cioè
Ja libertà di coscienza, la Riforma avrebbe avuto facile trionfo in Venezia. Invero anche qui il Santo
Uffizio ha soffocato ogni movimento riformatore.
Per le facili comunicazioni trà Venezia e 1’ Alemagna, i libri di Lutero si introdussero assai presto, cioè fin dal 1520, nella Regina dell’ Adriatico.
Anzi il ritratto del riformatore girava di mano in
mano coi suoi scritti latini. Di qui un breve del patriarca per vietare che si leggessero i libri di Lutero. Divieto che fu rinnovato negli anni seguenti,
ma invano, perchè i libri protestanti si moltiplicavano, onde il 15 Maggio 1527 un falò fu acceso sul
ponte di Rialto per distruggere molti libri di Lutero
e dei suoi seguaci. Dunque il nome del riformatore
tedesco era molto popolare, e questi nel 1528, scrivendo ad un amico, diceva : « Sono lieto di udire
che i veneti abbiano ricevuto la parola di Dio ».E
l’anno seguente carteggiava con un dotto umanista,
Giacomo Ziegler, il quale'era assai favorevole alla
Riforma. Nel 1530 i protestanti di Venezia esortavano Melantone, affinchè nelle discussioni di Augusta
avesse a dimostrare fermezza di proposito e di evangelica fede pel trionfo della buona causa. Più tardi
furono pure in corrispondenza con Calvino. Dal 1530
al 1542 il numero dei riformati veneti aumentò considerevolmente, sopratutto per opera di Baldassare
Altieri, agente principale della Riforma in quella città.
Era nativo di Aquila, ma presto si domiciliò a
Venezia, dove divenne segretario deU’ambasciatore
inglese, e poi agente dei principi protestanti di Alemagna. E’ Altieri veramente una figura nobilissima
di apostolo della Riforma che propagò con tutti i
mezzi di cui, per la natura del suo ufficio, poteva
disporre, e per le corrispondenze che teveva con le
corti estere, come pure per i libri che faceva venire in Italia e per i consigli e soccorsi ch’era in
grado di somministrare.
A nome delle chiese di Venezia, di Vicenza e di
Treviso scrisse importanti lettere a Lutero, a Ginevra, nelle quali sono narrate le vicende della Riforma. Fu pure rappresentante dei principi protestanti presso il Senato. Il quale ufficio però perdette in seguito al scioglimento della lega protestante di Smalcalda.
L’Altieri fu pure in corrispondenza con il riformatore Bullinger di Zurigo, successore di Zvinglio,
al quale anzi si presentò personalmente, pregandolo
di appoggiare una sua petizione al Consiglio della
città. Intervenne alla dieta di Coira, ma per l’opposizione del partito cattolico, riuscirono pur vani i
suoi sforzi, onde fosse nominato agente dei Cantoni
Elvetici presso il Senato di Venezia. Ma tornato in
quest’nltima città, il Doge medesimo gli fece comprendere che per lui era più sicuro non rimanervi.
Andò quindi errando di città in città, sfuggendo all’Inquisizione. Mori non si sa dove nell’Agosto del
1550, come un esule in patria.
Enfieo IWeyniet»
P91QIME PI STORIA
Risposero a quella chiamata i cattolici della Valle,
avidi del sangue e dei beni dei loro congiunti e vicini, in omaggio ai precetti della Chiesa Romana.
I Valdesi risposero a questa levata di scudi con una
confessione di fede, dichiarandosi disposti lasciarsi
persuadere dalla forza della verità. Cattaneo dichiarò
che la loro eresia era notoria e, per provar loro che
il tempo della grazia era ormai trascorso, cominciò
col dare al fuoco due Valdesi.
Il 6 marzo, la Palud si trovava a Cesana con 8000
combattenti e la campagna cominciò con messe, processioni, benedizioni, indulgenze, quasi a persuadersi
che Dio li approvava.
Il 7 fu assaltata una grotta, sita sopra la Tronchée di Pragelato, dove furono catturati 60 Valdesi
dei due sessi.
Il 9, giorno di domenica, fu assalita un’altra grotta
sopra il Fruisse (Usseaux) ; i rifugiati resistettero disperatamente e furono tutti passati a fil di
spada.
Il 10, venne dato l’assalto alla Balma del Bodour, sita in luogo alto ed alpestre donde i Valdesi
respinsero i 400 assalitori rotolando sopra loro dei
massi rocciosi. Ma l’indomani, quando già preparavasi un nuovo assalto con macchine da guerra, i
rifugiati mandarono a trattar della resa. Duecentoventi, uomini e donne, scesero dunque da quelle alture precipitose, mentre molti altri preferirono varcare fra le nevi la montagna che li divideva da Massello in Val S. Martino. Quelli arresisi, trattati come
prigionieri di guerra, furono sottoposti a penitenza
e ricevettero l'assoluzione. Furono però mandati al
supplizio uno dei capi e la sorella di un burbu. Ma,
partito l’esercito, tutti tornarono a professare la fede
valdese.
GioV. Jallsi
Il 1465, anno di sangue in Val Chisone.
I primi mesi del 1488 furono occupati dai Vaidesi della Valle del Chisone in varie pratiche e ricorsi al re ed al papa per prevenire l’imminente macello che sovrastava loro.
Tutto fu vano; i crociati non ammettevano pietà
che a chi abiurerebbe.
Nel febbraio, si organizzò l’esercito dandogli per
capo l’ardito, ma spietato Ugo della Palud. Per accrescere il numero dei crociati, Cattaneo emanò un
appello « a tatti i cristiati volenterosi perchè si armassero anch’essi ».
La Dottrina Cristiana spiegata al popolo
Il Cristo rijorfo.
D. — Quanto tempo rimase Gesù nell’Ades, cioè
nel luogo o stato provvisorio, in attesa dello stato
definitivo ?
R. — Tre giorni. Il terzo giorno il Salvatore risuscitò dai morti.
D.___La risurrezione deve ritenersi come un fatto
storico ?
R. — Sissignore. Ogni cristiano evangelico positivo
afferma la risurrezione del Cristo come fatto storico
obiettivo. (Leggere in proposito il libro sulla Risurrezione scritto dal prof. Vincenzo Tummolo)
D. — La risurrezione implica essa un semplice
ravvivamento del cadavere di Cristo ?
R. — Ma per nulla affatto, il ravvivamento del cadavere sarebbe un miracoloso ritorno alla vita di prima.
Il miracolo sarebbe, in tal caso, compiuto per ottenere
una pura e semplice reazione. Ben altra cosa è la risurrezione. Non è un passo indietro, ma un immenso
passo avanti. Per la risurrezione Gesù Cristo è rivestito non già del corpo animale, ma del corpo spirituale e per giunta glorioso. Lo spirito di lui è, cosi,
fornito della forma o dello strumento necessario e adatto
alle grandi operazioni palingenesiache. Vi è corpo animale — dice S. Paolo — e vi è corpo spirituale. La
risurrezione implica la frasformazione del corpo animale
in corpo spirituale.
D. — Il trapasso del corpo animale in quello spirituale è desso un miracolo ?
R. — Se voi per miracoli intendete fatti compiuti
da Dio violando le leggi da lui stesso poste nella natura 0 contradicendo alle possibilità logiche (e questa
è, pur troppo, la nozione che il volgo ha del miracolo)
allora, sappiatelo una volta per sempre, non esistono
miracoli. Dio non viola mai le leggi da lui poste ; Dio
non esce nè può uscire dai confini delle possibilità razionali (egli che è suprema ragione), come non può fare
che le necessità logiche non sieno.
Però, delle leggi e dei fatti della natura, anche materiale, noi sappiamo pochissimo. La materia è per noi
la grande incognita. Le scoperte scientifiche più recenti
ci fanno intravvedere, o meglio intuire, la immensa regione dell’ignoto e dell’inconoscibile per noi in questo
campo. La nostra intelligenza ed i nostri mezzi di scoperta sono limitati ed inadeguati all’immensa realtà delle
cose. Ecco perchè la più grande parte di questa realtà
è per noi misteriosa. Ogni lembo che solleviamo, con le
nostre scoperte, fa dileguare un mistero, ma in compensosuscita cento nuovi misteri più ardui ancora di quello.
Ora, Dio può compiere nel nostro mondo fatti che pur
essendo naturalissimi (ipevdhè l’extra-naturale non esiste)
a noi sembrino fuori della natura, perchè ci sono ignote
le leggi naturali secondo cui essi furono compiuti. Tali
sono i miracoli ; ed in questo senso la risurrezione è
miracolo, cioè fatto che — sebbene logico, naturale, con forme alle leggi di natura poste dal Creatore — è però
meraviglioso per noi in quanto che non si spiega col
solo sussidio di quella piccola parte di leggi di natura
che noi conosciamo.
Quanti e quali sono gli stati reali e possibili della
materia? Chi lo sa! Ieri, una scienza assai più infantile
della nostra, diceva che sono tre ; solido, liquido e gazoso. Le nuove scoperte hanno data una smentita a
questa scienza di ieri, mettendo in luce altri stati della
materia che quella neppur sospettata ; per esempio, lo
stato radiante. Queste scoperte ci hanno, oltre a ciò,
avvertiti che sono possibili tanti e tanti altri stati
della natura da noi oggi neppur sospettati. Il corpo
spirituale glorioso è una forma costituita dalla sostanza
(materia, forza, io non so) che si trova in uno stato altissimo, il più adatto ad essere forma dello spirito. E
come potè la materia che costituiva il corpo animale
di Gesù assorgere ad un altro stato altissimo che noi
ignoriamo quale sia ? Chi lo sa ! Ma nello stesso modo
come, facendo valere certe leggi di natura che noi conosciamo, ci è possibile trasformare, per esempio, un
corpo solido in liquido e viceversa, un corpo liquido in
gazoso e viceversa, cosi potè Iddio, facendo valere leggi
di natura più alte a noi ora ignote, trasformare la materia che componeva il cadavere di Gesù trasformandola a quello stato più alto che costituì la spiritualizzazione di essa ; di modo che lo spirito di Gesù, con la
sua forma corporea sopravvissuta alla morte dell’organismo materiale, potè organizzare attorno a sè quella
materia spiritualizzata e farne lo strumento completo e
perfetto della sua azione nella vita gloriosa.
Insomma : qui v’è mistero, non assurdo. La scienza
non ha una parola da opporre a questo dato della fede.
Ignoriamo come la risurrezione avvenne. Ma sappiamo
che la risurrezione (cioè la spiritualizzazione della materia) è scientificamente possibile.
D,___ Che cosa è, nella sua essenza, la risurre
zione ?
R. ,-tr- May|ensen dice : E’ una visione anticipata della
gloria di questo mondo pervenuto alla sua definitiva
attuazione. Questa definitiva attuazione del mondo sarà
il mondo e l’umanità rinnovati nella gloria, lo spirito
e il corpo, la storia e la natura completamente riconciliati, nobilitati e purificati, resi definitivamente al
loro vero destino, divenuti per sempre templi dello Spirito Santo nella beata e gloriosa libertà che aspetta
tutti i figliuoli di Dio.
Orbene, questa palingenesi, cioè questa necessaria
riconciliazione tra il fisico e il morale, tra il regno
della natura e quello della grazia, s’inizia nella risurrezione del Salvatore. La risurrezione del Cristo non è
soltanto il segno di quella palingenesi ; ma è la palingenesi stessa nel suo principio vivente, nel momento in
cui la morte si trova vinta nel creato di Dio. Da questo
momento procedono la risurrezione delle anime e la risurrezione dei corpi per l’intero universo. Negare la risurrezione — conchiude Martensen — non è, dunque,
negare un fatto storico particolare, ma è negare la
concezione profetica e biblica del mondo, della quale
la risurrezione non è che l’enunciato e la causa vi
D.___ Come si spiega la contradizione oioliea che
ora ci presenta Gesù risuscitato con un corpo animale come quello che aveva prima della morte — egli
è carne ed ossa, mangia e beve — ed ora con un corpo
spirituale che passa attraverso le porte chiuse e che
improvvisamente diviene invisibile ?
R. — Ma se non c'è la minima contradizione in
tutto questo I... Il più comprende il meno e lo tiene
soggetto. Il corpo spirituale è dominatore di ogni forza
a lui inferiore. Esso può sempre assoggettare a sè i
fluidi dell’ambiente e materializzarsi in via transitoria
per determinati fini.
I fenomeni della psicologia sperimentale gettano su
questo molta luce.
D. — Quali sono i rapporti del corpo spirituale
con le leggi fenomeniche dello spazio e del tempo ?
R. — Queste leggi fenomeniche sono inerenti allo
stato attuale. Il corpo spirituale ne è emancipato.
D,___In qual campo sentiamo noi già fin d'ora
quella che San Paolo chiama la potenza della risurrezione di Gesù Gristo ?
R, — La sentiamo in tutta la vita nostra. Sulla co-
5
LA LUGE
scienza grava la pesante pietra del peccato ; ebbene,
la risurrezione la toglie via, poiché per essa noi abbiamo un Salvatore vivente... Altra pietra che pesa sui
nostri ideali e sulle nostre aspirazioni è la brevità della
vita e l’appareute sua mancanza di scopo. La risurrezione toglie questa pietra : la vita è nobilitata e si dimostra davvero degna di essere vissuta. Doveri, sforzi,
purità, amore, dolore, sacrificio, nulla è vano. La morte
non è che un accidente della vita. La vita non è un’ombra,
ma una realtà. ». i.
Gaardaodo attoroo
(Noterelle e Spigolature)
I voli degli aviatori si rinnovano e si prolungano.
Noi ammiriamo ! Luigi Barzini crede che 1’ aviazione
segnerà il principio d’ un’era nuova, come la Stampa.
Teniamo che esageri !
• «
I giornali evangelici ginevrini sono usciti abbrunati,
a cagione della catastrofe avvenuta all’officina del gaz.
*
* «
Pare che la Voce non intenda pubblicare più oltre
— nelle sue colonne — lo scritto di « Un gruppo di
seminaristi » e che noi abbiamo riportato fin che»., abbiam potuto, ponendovi per titolo « I seminaristi si
muovono ». Leggiamo infatti nell’ultimo numero della
Voce : « Escirà a giorni il primo migliaio : — Un gruppo
di seminaristi. — « La salvezza è in noi ». Opuscolo
di pagine 32 con copertina. — Edizione della Foc«. —
Una copia cent. 30 ; dieci copie lire 2,50 ; cinquanta
copie lire 9 ; cento copie lire 15. Diffondetelo nei seminari, mandatelo ai giovani sacerdoti, regalatelo agli
amici. Chi ne prende cento copie (lire 15) riceverà Là
Voce fino al 1909 gratuitamente ».
*
* •
E. T. Moneta, premiato col premio Nobel, ha proferito a Cristiania un bel discorso pro pace, che — piacendo a Dio — noi pubblicheremo in sunto nel numero
venturo.
if: *
Il cardinale Merry del Val, segretario di stato del
pontefice, fu a Subisco, cioè nei luoghi che servirono
di cornice al Fogazzaro nel suo romanzo posto all’Indice ; « Il Santo » ; nei luoghi ove sòn tnttora. «ivi e
verdi i personaggi riprodotti nel romanzo stesso, e —
tanto per nominarne uno — quel padre benedettino Girolamo Borin, che sarebbe il don Clemente del « Santo ».
Il cardinale sperava di non essere riconosciuto, ma lo
fu invece, e don Borin — dice il Corriere della Sera
— e degli altri religiosi « si prostrarono dinanzi al
porporato ».
Ah, idolatri ! Non avete mai letto il capitolò X degli Atti apostolici?
*
n «
A Velletri, congresso cattolico e contro-congresso
popolare. Siamo alle solite I Non caverete un ragno dal
buco, finché non vi metterete all’opera, in nome del
Cristo, per la rigenerazione spirituale dei fedeli.
*1 '
• •
A Breslavia, nn altro Congresso cattolico, in cui
sono state poste sul tappeto le « ardenti questioni del
giorno ».
Troppe chiacchiere !
Il mondo abbisogna d’azione.
• •
Al piccolo S. Bernardo fu, di questi giorni, inaugurata una lapide in memoria dell’abate Chanonx, simpatica figura di alpinista e di religioso. Di lui il Giornale (Vitalia ha scritto queste belle parole :
« Annoverò fra i suoi amici uomini che avevano diversa credenza o non ne avevano alcuna. A tutti additò, in sul morire, come suo testamento spirituale, la
divinità consolatrice del Vangelo. In Lui un vescovo
cattolico ravvisava la figura di S. Nilo, dipinta a Grottaferrata, e un pastore protestante lo additò fra quei
puri di cuore, che vedranno Iddio ».
*
, • *
Il vescovo di Plnerolo ha sospeso a divinis il sacerdote Giacomo Taramasso, il quale, colto e liberale, si
occupa di studi sociali ed è accusato di ritenere dottrine moderniste.
Al vescovo il Taramasso ha risposto con una fiera
lettera.
Se la nostra fede fosse semplice e incrollabile, noi
sconvolgeremmo il mondo.
Moody
ydla Penisola e atllf jsole
Valli Valdesi
Abbiamo ricevuto il « Eapport de la Table au Synode s’ouvrant à la Tour le 6 septembre 1909 ». Quest’anno il Rapporto è mestamente abbellito da un grande
ritratto del sempre compianto moderatore Comm. Dr.
G. -P. Pons.
— Abbiamo pure ricevuto da Tojrepellice « La Relazione annua del Comitato d’EvanJnizzazione ».
— Apprendiamo con piacere che i candidati in teologia signori Enrico Tron e Rinaldo Malan furono approvati anche nel sermone d’esame e che quindi saranno consacrati al S. Ministerio il giorno 6, a Torrepellice, nella cerimonia inaugurale del Sinodo. Congratulazioni e auguri fraterni fin d’ora !
— Il 3 corrente, a Torrepellice, nell’Aula del ginnasio-liceo, concerto prò Asilo Froebeliano. Esecutrici :
le signorine Bianca Prochet, Bersezio e Goetzloff.
— (***) La signorina Margherita Goetzloff, valente
violinista, recatasi al Rifugio Carlo Alberto, a Luserna
S. Giovanni, deliziò per più di un’ora col suo. soave
suonare quei poveri e infelici ricoverati. Molti di questi
rimasero visibilmente commossi ; tutti poi" pregarono
la gentil signorina di ritornare presto.
— La nostra chiesa di Perrero-Maniglia ha eletto a
pieni voti assoluti... con lode un successore al vicemoderatore B. Léger — che, come annunziammo, anderà
pastore a Pomaretto — in persona del sig. Giovanni
Bonnet fin qui pastore a Prali. — Congratulazioni e
auguri !
Ustica
L’opera d’evangelizzazione tra i Coatti dei varii luoghi di pena italiani non è una novità, ma come i Lettori ricorderanno, è stata ripresa che non è molto e
con vigore specialmente dal sig. Luigi Renzi di Prato
e dal sig. Giovanni Scuderi di Palermo.
Il pastore Renzi ci favorisce in proposito belle notizie, ch’egli ha avuto in parte da la gentilezza del
pastore 0. W. "Walker agente per l’Italia della Società
biblica di Londra.
Il sig. Scuderi fu ad Ustica nell’ aprile scorso, vi
trovò un impiegato evangelico ; parlò del Salvatore ai
Coatti sparsi per l’isola ; dispensò loro vangelini e altri libri religiosi ; tenne una radunanza in una sala
offertagli gratuitamente, annunziandovi Gesù Cristo unico Mediatore e vendendovi una Bibbia ; bene accolto
e bene trattato da le autorità locali, che valgono qual
cosetta più dell’ateo governatore francese di Madaga
scar; tornò a rivedere i coatti, mentre si recavano al
lavoro e di nuovo parlò loro dell’amor di. Dio, ;prendendo come tema la parabola tanto adatta del Fìgliol
prodigo, e potè anche visitarli nei loro stessi cameroni
« Uno di questi infelici » scriveva il sig. Scuderi al
pastore Walker « venutomi a trovare all’albergo, « ri
versò nel mio cuore di cristiano amico tutta l’angoscia
della sua storia passata, dolorosissima a udirsi ».
E il sig. Renzi, dopo averci riferite queste importanti notizie, prosegue, esprimendo la fiducia che i vangeli e quegli altri libri saran stati letti, e il desiderio
che anche per mezzo della Luce giunga agli amici di
quest’opera ottima un caldo invito a concorrere direttamente e indirettamente ad essa in occasione della
visita che, piacendo a Dio, si farà il venturo Natale
ai mille Coatti delle isole Ponza, Lipari e Ustica : « di
rettamente », diciamo, cioè preparando « mille lettere
scritte a mano (in carattere chiaro e grossetto) o a
macchina, e variate nel contenuto » ; « indirettamente »
cioè inviando il più presto possibile a lui (Sig. Luigi
Renzi, Via Bologna 87II, Prato, Toscana) il loro obolo
fraterno e gen iroso, che si accetta con gratitudine an
che in francobolli.
Il sig. Renzi termina con un cordiale ringraziamento
al sig. Walker, che a ripromesso il suo appoggio, e
che nella passata visita natalizia diede al sig. Renzi
per compagni e aiuti due colportori della società biblica
Condegno bt Cerino
Era mia intenzione il comunicare ai lettori de La
Luce quanto segue, nel p. v, ottobre, ma siccome sono
cortesemente avvisato che qualche altro periodico evangelico è già pronto a manifestarlo, cosi mi faccio vivo
anch’io ed annunzio una buona notizia evangelica.
L'Unione dei pastori delle chiese evangeliche di Torino che già portò frutti benedetti di pace, di mutua edificazione, di amor fraterno e A'entente cordiale nelle
raunanze di risveglio e nei convegni degli anni p. p..
ha deciso di convocare un nuovo Convegno in Torino,
dal 23 al 26 novembre p. v., Deo lavante et bene Facente. Ad esso sono con viva e fraterna istanza pregati di partecipare in modo attivo i pastori, gli evangelisti ed i membri delle chiese evangeliche della patria nostra, che certamente non verrà dimenticata nelle
ferventi nostre preghiere ed esortazioni, come i let
tori già possono osservarlo nel programma delle nostre
progettate adunanze.
Queste saranno, Dio volendo, convocate nelle varie
chiese o cappelle di Torino con appositi avvisi.
programma del Convegno
ARGOMENTI
mattina. Il progresso spirituale,
ore 9 1^2 La preghiera.
» Il sentimento di Gesù Cristo.
» Il sentimento deU’obbligo morale,
pom. ore 3 Le missioni.
» L’evangelizzazione.
» L’attività laica nella Chiesa.
» L’unione dei cristiani.
Venite numerosi, cari fratelli, ad istruirci e ad edificarci « sulla nostra santissima fede » (Ep. di Giuda
20) e voglia il Ghinde Pastore e Vescovo delle anime
benedire fin da ora la nostra preparazione a questo
Convegno, affinchè ne consegua qualche risveglio efficace e santificante per le nostre chiese e l’opera d’evangelizzazione.
Paolo liotigo
Pastore Valdese in Torino
Nov. 23
}» 24
» 25
» 26
Nov. 23
» 24
» 25
■» 26
OLTRE LE ALPI E I fV/lRI _2S:
Svizzera
Il pubblicista Favez nel € Vandois » di Losanna
lancia il grido, « Trop de fêtes »... (Troppe feste) e attribuisce alla mania festaiola la degenerazione religiosa.
Che dovremipo dir noi in Italia?
— Nello stesso periodico si va ragionando dell’invasione 0 immigrazione cattolica romana nel paese di
Vaud, e si propone di dare opera energica all’evangelizzazione , degli ospiti provenienti da nazioni papiste. '
— In questo mese a Losanna si avranno due esposizioni : l’una antialcoolistica (dal 12 settembre in poi)
e l’altra missionaria, che si aprirà il giorno 26.
— I corsi religiosi a Chexbres sono incominciati il
16 agosto. Ecco i temi di alcune lezioni già date : Le
parabole del regno di Dio (Morel) ; Il profeta Daniele
(Regamey) ; Lo studio metodico della Bibbia (Fermaud) ;
La legge e la grazia (Bugnion) ; Lo Spirito Santo (Saillens).
— E’ morto a Lausen (Svizzera tedesca) il dottor
Adolfo Haegler, medico della Società missionaria, studioso delle malattie dei tropici, igienista credente e
fautore del giorno del riposo.
— Teodoro Flournoy, l’illustre professore di psicologia sperimentale all’Università di Ginevra, presidente
del recente Congresso internazionale di psicologia, cristiano dotto quanto semplice, ha avuto l’immenso dolore di perdere la moglie, colta e degnissima.
— Per l’erezione del Monumento della Riforma si
sono fin d’ora raccolte 200 mila lire. Occorreranno da
6 a 700 mila lire.
Austria
A Welehrad, in Moravia, ebbe testé luogo un Congresso
di cattolici romani d’ogni parte d’Europa, i quali si proponevano di preparare il terreno a indurre la Chiesa
scismatica a riconoscere la supremazia del Papa di
Roma. Il motto prescelto fu questo; « Una sola chiesa e
nn sol pastore ».
Benissimo! Ma il solo pastore ha da essere Gesù
Cristo.
Germania
Il prof. E. Doumeigue di Montauban, l’illustae biografo di Calvino, che a Ginevra in occasione del Centenario di Calvino proferì il discorso che tutti sanno,
è stato eletto dottore « honoris causa » non solo da
l’Università di Ginevra, ma anche da quella di Giessen,
in Germania.
— Il conte Zeppelin, autore del dirigibile, fu accolto
festosamente a Fraucoforte. Il borgomastro gli porse il
saluto in nome della città ; e un inno fu cantato in
onore del grande inventore. Il conte Zeppelin ringraziò
con queste parole : « Quale Tedesco non si sente commosso a un inno tedesco ? Specie poi se quest’inno sia
cantato in suo onore ? C’è un vecchio motto che dice :
« Noi Tedeschi temiamo Dio solo e nnll’altro al mondo ».
Quand’uno è pervenuto a trovar ciò che tutti deside-
6
LA LUCE
ravano da gran tempo, non si deve a lui ’ la gratitudine, ma a Dio solo. Ecco il sentimento che si conviene
a un Tedesco ».
E c’è ancora chi crede che la scienza sia inconciliabile con la religione !
— L’Associazione contro la letteratura immorale, che
esiste da 5 anni, novera ormai 1240 soci, ciascuno dei
quali paga un minimo di una lira.
— E’ morto il dottor Adolfo Hausrath, già professore di teologia all’Uuiversità di Heidelherga, autore
di molti scritti teologici e di parecchi romanzi storici.
Belgio
Il 25 luglio scorso fu dedicato un nuovo tempio, a
Taintignies.
— « Al Congo pel Cristo; » tale è il titolo di un
libro del pastore Rambaud, il quale libro vedrà la luce
in questo mese di settembre a Liegi, e propugnerà la
missione, a cui la Chiesa Evangelica belga dovrebbe attendere nel Congo accanto alle Chiese di altre nazioni
che già vi lavorano.
Norvegia
Ecco un saggio dell’onestà che regna neH’evangelica
Norvegia. Uno straniero, viaggiando in carrozza da
nolo, a un tratto s’accorse che il pastrano gli doveva
esser scivolato giù su la strada, e però propose al vetturino di tornare addietro a riprenderlo. Non importa,
disse il vetturino : lo ritroveremo stasera quando ripasseremo.
Ripassarono, e ritrovarono infatti il pastrano appeso
con cura a un ramo d albero.
Spagna t
Gli Evangelici spagnoli hanno rivolta petizione al
Re, per ottenere la grazia a favore di quelle persone
che a Gerona furono iniquamente condannate per aver
seppellito un bambino col rito cristiano evangelico.
Brasile
Si è adunato a Rio de Janeiro un primo Congresso
delle Scuole Domenicali.
Cocincina
La Chiesa Evangelica fa una bell’opera a Saigon, tra
gli evangelici di nascita, e — per mezzo dell’Unione
Cristiana della Gioventù — tra i militari. Si sono tenute
anche conferenze contro Talcoolismo.
L’entropia deH’Gniverso
Certi dotti materialisti, i quali, beati loro ! sanno
tutto, hanno dichiarato nrbi et orbi che l’Universo morirà. E come sanno esattamente da quanti milioni di
secoli esiste, cosi affermano del pari con incredibile sicurezza quanto tempo gli resta ancora a vivere. E
sanno anche di quale malattia esso morirà. Perirà di
freddo. A questa morte, a questa paralisi colossale delle
forze cosmiche, a questo congelamento catastrofico dell’Universo, essi hanno anche trovato un-nome, il quale,
perchè fosse più misterioso e suonasse più arcano agli
orecchi dei poveri mortali lo hanno cavato dalla lingua
greca. Essi chiamano la morte dell’Universo per mezzo
del freddo: « Entropia dell’Universo ».
Fortuna che questi scienziati materialisti non sono
i più, nè formano tutta la schiera degli astronomi!
Altri più prudenti si tengono, a proposito dellà probabile fine dell’Universo, in un dignitoso riserbo;
molti invece professano a dirittura l’opposta sentenza,
e credono, non alla morte, ma alla eternità dell’Uuiverso.
Questa questione è tornata a dibattersi per un istante
su pei giornali, occasionata da un astro luminoso che
prima si fece vedere a Milano, poscia a Salerno nella
prima decade di questo mese. La sera aveva l’apparenza
di un grosso pianeta ; poi andava pian piano diminuendo
di grandezza fino a ridursi verso le tre del mattino alle
dimensioni apparenti di una stella, acquistandone allo
stesso tempo tutto lo splendore. Alcuni hanno messo
in dubbio il fenomeno ; altri lo hanno spiegato per una
cometa ; due o tre hanno messa innanzi l’ipotesi di una
stella variabile; finalmente un giornale onesto confessò che
« non ci si capiva niente ». Il corrispondente però di un
giornale tedesco negò senza più il fatto, dicendo impossibile che, € posta la certissima teoria dell’entropia dell’Universo », nuove stelle o nuovi soli si accendessero
fiammeggianti nei lontani cieli.
E’ vera questa teoria dello spegnimento graduale delle
stelle e dei-pianeti? E’ dessa suffragata da fatti bene
accertati ? Ecco la mia risposta, la quale non sarà la
mia solo, perchè avrebbe poco valore, ma riassumerà
gli studi severi che molti dotti ed astronomi nostrani
e forestieri hanno fatto in questi ultimi tempi.
L’Universo, in realtà, è troppo vasto per la mente
umana. I cieli, poi, quando sono scrutati coll'occhio
della scienza, appaiono di tale grandezza da opprimere
ogni più forte intelletto. Quella polvere di diamante
che noi vediamo scintillare nell’azzurro infinito nelle
fredde notti invernali, sono mondi, sono soli, sono stelle
di quasi infinita gjrandezza.
E quale varietà in quei mondi stellari ! Vi sono
soli, stelle ed astri che brillano in solitaria maestà
nelle azzurre cavità del cielo ; stelle, invece ed altri
soli che rotano a due, a tre, a quattro insieme, eternamente accoppiati. Qui una stella si avvolge subitamente in un gran manto di luce ; là una sfera enorme
ruota silenziosa nell’oseurità. Anni sono, gli astronomi
non volevano ammettere nei cieli la presenza di milioni, per non dire miriadi, di corpi oscuri ; ora, invece li ammettono, ne indovinano la posizione mediante il calcolo, e procurano di darne una plausibile
spiegazione.
Nè minore è la varietà della luce delle stelle, tanto
nel colore che nella intensità. Vega nella costellazione
della Lira, a mezzanotte e d’inverno, brilla di chiara
luce di color azzurro acciaio ; a tarda primavera e
quando dechina all’orizzonte, scintilla di luce rossa e
quasi di rubino. Arturo fiammeggia tanto più maggiormente, quanto più basso si trova al suo orizzonte
orientale.
La Capra tocca il sommo del suo fulgore nelle calde
notti estive. Sirio, Regulus, Spica sono stelle bianche,
Betelgeux, Aldebaran, Arturo, Antares sono rosse ;
Proujon, la Capra, la stella polare sono gialle ; Castore
tende al verde, e Altair è azzurro.
Ma queste stelle non furono sempre dello stesso colore. Al tempo deH’astronomo Tolomeo la Capra era
rossa, mentre essa è gialla ora e supera Vega in ispleudore. Le .sei stelle di Perseo, le novantasei di Ercole
a poco a poco sono divenute bianche ; Sirio, gran sole
bianco che supera in scintillio di ben 5000 volte il nostro sole, era un 1800 anni fa una stella di seconda
grandezza, e niente affatto bianca, ma rossa, e più rossa
del pianeta Marte, come attestano concordemente Cice
rene, Orazio e Seneca.
Una doppia stella della costellazione d’Èrcole cambiò
in dodici anni dal color giallo al verde, al rosso acceso, al rosso cupo, per indi tornare al suo colore primitivo. La stella Mira brilla fortemente come una stella
di seconda grandezza per due giorni e tredici ore e
mezzo ; poi all’improviso perde la luce e in tre ore e
mezzo si affiochisce fino a divenire una stella di quarta
grandezza, quindi in altre tre ore e mezzo .si ravviva
e ritorna al suo fulgore primitivo. Gli astronomi hanno
calcolato il tempo delle evoluzioni luminose di circa
cinquanta stelle di varia grandezza.
Di tanto in tanto nuove stelle appaiono nei cieli, le
quali poi dopo un- certo lasso di tempo o anche subitamente spariscono. Nell’anno 1572 apparve una bella
stella nella costellazione di Cassiopea ; sfavillò presto
come una stella di prima grandezza, giunse persino al
fulgore di Venere, poi disparve quasi subitamente nel
1574. Nel maggio del 1866 una stella appena visibile
nella costellazione del Settentrione ruppe aU’improvviso in una gran fiamma e poi a poco ritornò al dolce
fulgore antico. Ora essa è una stella di decima grandezza. Lo stesso nostro sole va soggetto a simili accrescimenti e diminuzioni di luce. Si ricordano dagli
astronomi gli anni 536, 626, 807, 840. 1096, 1547, e
1607 come anni di deficiente luce solare. Nell’anno 536
la diminuzione della luce solare durò per moltissimi
mesi, nel 626 andò dall’ottobre al giugno seguente e nel
1547 il sole si oscurò tanto che per tre giorni interi
si videro le stelle (1).
Di tutti questi fenomeni si dànno dagli astronomi
molte e varie ragioni, alcune delle quali abbastanza
ovvie, ma le più tali da non reggere ad una critica
profonda e spassionata. Che alcuni di quei fenomeni si
debbano attribuire non alle stelle, ma alla varia condizione di luminosità, di rifrazione e di colore della nostra atmosfera, è certo: che per altri si possa a ragione supporre il subito incendiarsi nelle régioni vicine alle stelle di grandi masse d’idrogeno, si può del
pari ammettere : ma pei più d’essi il mistero persiste
fitto e tenebroso. La verità è che la vera scienza, la
scienza sincera, verace, non ciarlatana, ma modesta, la
scienza che vaglia tutti i fatti conosciuti, che tien conto
di tutti i fenomeni, la vera scienza, dico, non ci capisce niente. Essa è impotente a sollevare il velo che
copre il mistero dei cieli. Il telescopio le mostra qualche
cosa ; lo spettro le dice qualche altra meraviglia degli
astri ; la fotografia l’aiuta a rubare a qualche stella
lontana il segreto della sua solitaria esistenza ; il calcolo matematico la informa di certe relazioni che passano fra astri ed astri, fra i soli e i loro pianeti ; poi,
punto e basta. Il cosmo è praticamente infinito e Tintelletto dell’uomo è impotente a scandagliarne i paurosi abissi.
Per sciogliere il problema della durata dell’Universo,
bisognerebbe prima sciogliere quell’altro importantissimo problema della origine affatto misteriosa della
luce solare e stellare. Finché ignoreremo come e donde
venga e si conservi la luce solare, il problema dell’entropia dell’Universo è insolubile. Per spiegare l’origine
e la conservazione della luce e del calore solare furono
proposte e difese a volta a volta « l’ipotesi chimica »,
« l’ipotesi deU’attrito », « l’ipotesi meteorica », « l’ipotesi della concentrazione progressiva della massa solare » e « l’ipotesi della perpetua combinazione e dissociazione degli elementi chimici esistenti nel sole ».
Qual è fra tutte queste ipotesi la più vera e comprensiva ? Si devono ammetter tutte per sciogliere il difficile problema? Oppure, dobbiamo dire col Paye, « che
tutte queste ipotesi sciolgono il problema quando si
guardi da un lato solo ; veduto sotto tutti i suoi aspetti,
esso è insolubile ? ».
Si,-il problema non ammette una soluzione certa ; ma
dai fatti sopraccennati possiamo sempre dire agli increduli; « Voi non avete diritto d’affermare che i solisi
spengono, che l’Universo morirà dal freddo ». No! Noi
vediamo, per contrario, ch’esse, di tanto in tanto, si avviva e si riaccende. Esso dunque non cammina verso
il buio, verso il gelo, verso la morte ; bensì verso una
vita sempre più intensa e luminosa ! Se questa non è
per noi una certezza assoluta, è per lo meno assai più probabile entropia dell'Universo, propugnata dai dotti
materialisti. Questa teoria inoltre batte all’ unissono
colla fede del cristiano, che spera e confida di vedere
un giorno « cieli e terre rinnovate; fulgenti di giovinezza, vicino a Dio ».
G. SaPtoli.
(1) Sir John F. W. Herschei — Outlines of Astronomy, pag. 47.
V Influenza della fede
C’è chi non crede all’influenza della fede sulla vita
dell’uomo. Si gridi in questa sala ove siamo adunati ;
Al fuoco ! e vedrete se la convinzione del pericolo
non vi farà agire tutti quanti.
In ogni cosa noi riceviamo l'influenza della fede :
è inevitabile. Se uno crede a ciò che il Vangelo dice
di Gesù Cristo, egli sarà trasfigurato nella sua vita
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veramente dolenti di non trovar posto a pubblicare
l’amplissimo sommario.
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Tipografia dell’Istituto Gould Via Marghera 2, Roma
Rivista Cristiana
Dirpttore: E. Giampiccoli, Via Pio
Tino. —■ Amministratore : A. Rostan,
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Una pagina della mia vita . . . .
Di una riforma del culto nelle
Chiese Evangeliche d’Italia. . . .
Sui rapporti tra Socialismo e
Vangelo...........................
Maria Maddalena, Maria di Befania e la donna peccatrice . . .
Cronaca del movimento religioso . .
Quel che si dice e quel che si
scrive..........................
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Questa Conferenza del
signor Arturo Mingardi, già Padre Bernardino da Bussato, meriterebbe di venir largamente sparsa fra gl’italiani, e specialmente fra il Clero cattolico-romano. —
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7
LA LUCE
IL TRAMONTO DI ROMA
Sfudio di sforia e di psicoio«
del Frot. G- Bartoli.
Il povero prete fu quasi per venir meno. Impallidì, si appoggiò, prese fiato e si recò una mano alla
fronte.
— Spiegati meglio, Filippo. Io non ci capisco nulla.
Cbe è avvenuto? Di che libro tu parli mai?
— Martedì sera venne qui un monsignore mandato
dal Papa. Egli e il cardinale entrarono nel suo studio
e vi trovarono delle bozze di stampa. Per quelle bozze
il Papa è andato su tutte le furie e l’ha sospeso im.
mediatamente a divinis.
— Ah ! — fece D. Ottavio — ora ricordo. — E si
precipitò nello studio. Vide le bozze fatali dell’antienciclica stese e spiegate sulla scrivania. Aveva capito tutto. Il suo fato armai era sigillato, forse per
sempre. Iddio lo spingeva, suo malgrado, per la via
segnata a lui da tutta l’eternità.
Due ore dopo tornava il cardinale.
— Eminenza — disse — mi dispiace di averle recato un grande dolore. Sarà l’ultimo che le recherò
come nipote. Mi diseredi, mi tolga il suo nome, mi
scacci da casa sua... patirò tutto!...
— Che hai fatto Ottavio! ohe hai fatto figliuol mio !
— E nell’angoscia del momento il vecchio si gettóni
collo del giovane e lo inondò delle sue lagrime.
— Le apparenze e il fatto — disse il sacerdote —
sono contro di me. E pure, io sono innocente Una dozzina di giorni fa trovai in Piazza Montanara un noto
prete modernista, mio amico. - Sai Ottavio? — mi
disse — stiamo stampando una risposta alla lettera
del Papa. Te ne manderò le bozze ! Vedrai che zuccherino! — Io mi provai a distogliere quello sconsigliato dal passo che stava per fare. Ma tutto inutilmente. Egli persistette nella sua idea e ci separammo.
Non avrei mai creduto che avrebbe recato ad effetto
il suo divisamente, e mi avrebbe mandate le bozze.
■Questa, zio, è la verità. Ma, da quanto veggo, è giunta
la mia ora, l’ora del dolore!
Zio e nipote rimasero un istante in silenzio.
— Eminenza — disse poi D. Ottabio — ho presa la
mia determinazione. Andrò in volontario esigilo.
— Cioè? — domandò il cardinale.
— Lascierò Roma, almeno per un tempo.
— È meglio, anzi è necessario ora. La credo la soluzione più ragionevole. Te lo volevo proporre anch’io. Dove fai i conti di andare?
— Non saprei. Ci penserò su questa notte.
— Nè troppo vicino, nè troppe lontano. Che diresti
di Civitavecchia ? Ho bisogno di vederti, almeno di
tanto in tanto. Tu lo sai, sei l’unica persona cara che
mi resti al mondo...
— Ah ! zio ! zio 1 perchè non sono morto quando,
fanciulletto, ebbi quella crudele malattia ? Perchè
non ho seguito nel sepolcro i [miei buoni genitori ?
Perchè Dio non ascolta le mie preghiere ? Perchè mi
lascia ancora in vita? Ho pregato tanto perchè mi
mandi la morte, sventura ad altri, liberazione a me,
e non mi vuole ascoltare I Oh ! Dio ! oh ! Dio !
— No, vivi ! vivi ! Dio ha dei disegni sopra di te.
lo non ti rinnegherò mai !
D. Ottavio si gettò al collo dello zio, lo baciò in
faccia e sparse su di lui lagrime copiose.
Il giorno dopo all’alba, quando tutta Roma ancora dormiva, il giovane prete prese il treno per Civitavecchia.
XVI.
Fra iocudioe e martello.
L’acqua che va giù libera per la sua china non
freme, non ismania, non rumoreggia, non divora infuriata la sponda ; arrestatela, frenatela, incarceratela
contro natura, e la vedrete sorgere minacciosa, rompere gli argini, invadere i campi e portare per ogni
dove desolazione e morte. Cosi avviene delle passioni
umane quando il freno che lor si pone non sia ragionevole e acconcio ; ovvero la passione avvampa vieppiù
maggiormente,oppui’e si cangia, si trasmuta in un’altra
forse più temibile, forse più dannosa. La povera Bice
sperimentò a suo costo la verità di questo fatto psicologico del cuore umano, osservato da moltissimi, e
provato per personale esperienza dai più.
Se D. Ottavio non fosse stato perseguitato, se a lei
non fosse stato proibito di parlargli, l’amor suo pel giovane sacerdote, quantunque vivo, quantunque grande,
non avrebbe mai sorpassato quell’affetto che prova
una sorella per un fratello, molto maggiore di età, e
insignito dalla natura di doni cospicui. Ma le ingiuste
persecuzioni contro D. Ottavio e la imposta restrizione
della libertà personale di lei, posero a fiamma e a
fuoco il suo cuore. La Bice fissò il suo pensiero in
D. Ottavio e non se ne potè staccar piu. Quel pensiero divenne un’idea fissa che arse in brev’ora in ir
refrenabile amore. Essa lo sentiva ; essa lo provava,
n’era tutta invasa, e ne smaniava senza speranza di
consolazione.
L’ambiente nel quale essa era stata educata le aveva
impresso di buon’ora l’idea che il sacerdote è un essere che si può ammirare, si può venerare, si può
stimare, ma che non è lecito amare. Al prete romano
è proibito l’amore, non dalla legge di Dio, ma da ragioni umane, le quali, se pur sono speciose in apparenza, non reggono tuttavia contro la critica più elementare. La Bice, a volte, si ribellava contro questi
pregiudizi irragionevoli, contro le ingiuste imposizioni della Chiesa, contro le indebite restrizioni della
libertà umana. Ma la sua era una ribellione inefficace. La società difendeva coi suoi prediudizi le leggi
della Chiesa. È vero: per tutto il resto del mondo,
fuori che nei paesi latini, il sacerdote poteva amare,
poteva stringere un connubio, fondare una famiglia,
essere uomo, nè più, nè meno degli altri. Essa il sapeva. Quel po’ di contatto che aveva avuto cogli evangelici le aveva aperta la mente e tolti di molti pregiudizi : ma, restava sempre in fondo alla sua anima
una specie di sacro terrore che non poteva scacciare
da sè.
Nei giorni che seguirono il colloquio avuto con
D. Ottavio in casa Lincoln, la Bice provò uno strazio
indicibile. A tavola era triste e taciturna. Rispondeva
allo zio con frasi monche, con monosillabi, più coi
cenni che colle parole. Il cardinale la sgridò : essa
pianse. Quegli non capì la segreta cagione della tristezza della nipote, e imaginando che anch’essa parteggiasse, sebbene alla lontana, colle idee abbominevoli del modernismo, le fece di gran prediche e si
sfiatò a dimostrarle tutta l’assurdità e la nequizia di
quelle ree dottrine. La Bice ascoltava in silenzio lo
zio, ma in cuor suo confutava mentalmente il cardinale con questo semplice ragionamento, a suo credere
ineluttabile : < Questa dottrina è tenuta da D. Ottavio ;
dunque è buona ». « D. Ottavio ha ragione, e zio ha
torto ». « È impossibile che D. Ottavio sbagli ». « Se
non fosse una dottrina alta e bella, il nobile cuore di
D. Ottavio non l’avrebbe di certo abbracciata ». Contro
il ragionamento della Bice si spezzavano tutte le punte
dei sillogismi ed antinomie del Turini. Il cuore trionfava della mente.
A breve andare, le prediche del cardinale alla nipote ottennero tre effetti che egli di certo non intendeva punto : fecero della Bice una modernista, l’attaccamento vieppiù maggiormente a D. Ottavio, e le resero intollerabile la vita in casa dello zio.
E pure essa ci doveva vivere, nella solitudine, nelle
lagrime, nella disperazione! Fino a quando?
Accadde la catastrofe finale. D. Ottavio era scomunicato e profugo da Roma. Se prima lo poteva vedere
di quando in quando a casa Lincoln, ora non più.
Ormai essa avrebbe dovuto morire dal dolore. Povero
D. Ottavio! Povero D. Ottavio! Essa se lo imaginava, triste, solitario, in un albergo di Civitavecchia,
senza un amico che lo consolasse, senza una persona
che si prendesse cura di lui i Egli (essa n’era sicura),
vi sarebbe morto dal dolore. E non avrebbe avuto
nessuno, nessuno che l’assistesse! Scomunicato, cioè,
a dire, reietto dalla Chiesa, espulso dalla società dei
fedeli, in odio alla terra ed al cielo. E perchè ? Perchè
pensava col suo cervello, perchè era sincero, perchè
non voleva dir nero ciò che egli conosceva essere
bianco. Ma perchè il Cardinal Sinibaldi non difendeva
il nipote? Ah ! se essa, se essa, Bice Turini, fosse stata
al posto di lui ! Avrebbe messo sottosopra tutta Roma
per difendere quel caro giovane, quell’anima nobile,
quell’intelletto sublime, quel cuore gentile. Ohimè!
Essa era donna, non poteva far nulla, nulla, assolutamente nulla !
Pensò di recarsi dal Papa e di supplicarlo a perdonare a D. Ottavio. Ma perdono, di che ? D. Ottavio
era innocente. No! perdono, no! Non mai! Giustizia
essa voleva per D. Ottavio! giustizia, nient’altro che
giustizia 1 E se andasse dal cardinale Sinibaldi ? E
poi ? e poi ? Che cosa gli direbbe ? Che cosa farebbe ?
Non sapeva essa quanto il cardinale amava il nipote ?
Forse, era stato lui stesso a suggerire a D. Ottavio a
lasciar Roma per Civitavecchia. E allora?
Non restava che sua madre. Essa avrebbe indotto
sua madre a condurla di nascosto dello zio a Civitavecchia. Ma quando ? Come ? La sua mamma sapeva
che essa voleva bene a D. Ottavio, ma non sapeva,
oh no ! quanto era profondo, intenso, ardente il suo
amore. Ah ! se l’avesse scoperto, intuito, imaginato,
essa non avrebbe mai acconsentito a condurla a Civitavecchia ! Essa non approvava il suo amore per
D. Ottavio , oh 1 no ! oh ! no ! E allora ?
La povera Bice lottò, spasimò, procurò anche di
frenarsi, di vincersi, di dominarsi : ma tutto indarno.
Quanto più alta cresceva la barriera che la divideva
dall’oggetto del suo amore, tanto, più forte cresceva in
lei la brama di vederlo, di congiungersi ad esso in un
indissolubile nodo. Intanto soffriva, piangeva, si disperava ; nutriva propositi di vendetta, mulinava progetti, disegnava trame, architettava complotti. La fantasia e il cuore le avevano presa la mano e la conducevano celeremente verso i gorghi paurosi della
passione.
XVII.
Le follie dell’attiore.
D. Ottavio, a Civitaveccia, prese stanza in un modesto albergo vicino al mare, e passava gran parte
del giorno a leggere, a pregare e a fare passeggiate
di ore ed ore lungo la marina. Ai camerieri della casa
lasciò intendere che si era ritirato nel loro albergò
a fine di rimettere coll’aria del mare la sua malandata salute. Questa, infatti, a cagione di molti dolori
sofferti, era deperita non poco, e gli era necessario, in
verità, una qualche cura per riaversi completamente.
Era da pochi giorni colà quando una sera sull’imbrunire, leggendo egli, alla finestra, la Sacra Scrit.
tura, un cameriere picchiò alla porta di lui.
— Monsignore — disse, entrando — è qui sua sorella che cerca di lei.
D. Ottavio si levò su da sedere, scattando come una
molla. Dietro il cameriere, nel vano della porta, e
come velata dalla penombra del crepuscolo vespertino, si delineava la figura alta e snella della Bice.
Il sacerdote intuì, a quella vista, la necessità della
dissimulazione.
—- Vieni Bice — gridò tutto in festa — vieni ! Dov,è
la mamma? i
Il cameriere sparì giù dalle scale e la porta si chiuse
dietro la fanciulla. Fu un momento quasi tragico. La
Bice sollevò il velo, e vinta dalla passione, aperse le
braccia e volò incontro a D. Ottavio. Ma gli occhi
tristi e dolci del sacerdote spensero col loro sguardo,
in un subito, l’ardire della fanciulla, che, chinata la
fronte a terra, diede in uno scroscio di lagrime.
Il giovane si sentì tutto intenerire. Egli aveva l’anima
cosi trisiè, il cuore così esulcerato che la vista della Bice,
venuta a lui per consolarlo, per amarlo e pronta a donarglisl interamente, non solo non gli fece perdere il
senno, ma gli raddoppiò il dolore. Lasciò che la fanciulla singhiozzasse a sua posta e poi se la fece sedere
accanto a sè. La donna, per lui, in quel momento spariva; vi restava solo un cuore che gli voleva bene.
Anche nella giovane, l'amore era innocentissimo. Non
era in lei passione fisica, ma attraimento e passione
dell’anima. Amava in D. Ottavio, la bontà del cuoje,
l’altezza dell’intelletto, la rettitudine del carattere, la
nobiltà del sentimento ; e l’amava tanto più ora che
lo vedeva perseguitato, calunniato, ingiustamente punito. Se ardeva dalla brama di stargli vicino, ciò era
per consolarlo nei suoi dolori, per incoraggiarlo alla
lotta, per soffrire anch’essa con lui, per morire, se occorresse, con esso lui. L’amore prendeva in lei la forma
più femminile, il desiderio del sacrifeio per la persona amata.
Di Ottavio invece si doleva amaramente che per cagione sua, tante persone che gli volevano bene, soffrissero, penassero, si amareggiassero: suo zio, i signori Lincoln, Miss Florence, la signora Maria, e sopra
tutto la Bice.
Quando posò alquanto la foga irresistibile della ragazza in tempestar di domande il sacerdote, questi le
chiese dove avesse lasciata la mamma.
— La mamma ? A casa.
— E tu?
— Sono fuggita !
• — Fuggita ? tutta sola ? Senza avvertire tua madre ?
Ohimè! quale sproposito hai commesso, figlia mia!
Ohe dirà tuo zio ? Che dirà la mamma ? E non sai
che la tua fuga verrà ascritta a me ? diranno che io
ti ho sedotta ? ti ho rapita ? ti ho nascosta ? Ma mi
vuoi tu assassinare col tuo folle amore ? Oh ! Bice !
Bice! Questa, davvero, non mi aspettavo da te!
La povera fanciulla sentì acerbamente i rimproveri
di D. Ottavio. Le vennero le lagrime agli occhi, ma non
seppe balbettare una scusa, nè formulare una difesa.
Allora solo vide in tutta la sua estensione l’errore commesso. Essa guardò il giovane. Anche D. Ottavio aveva
le pupille umide di lagrime. A quella vista la fanciulla non seppe più reggere e diede in un dirottissimo
pianto.
D. Ottavio si levò in piedi.
(24) (Continua).
8
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