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SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE BATTISTE, METODISTE, VALDESI
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Anno IX - numero 36 - 21 settembre 2001
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■BIBBIA E ATTUALITÀ li | Dopo la Strage negli Usa si prepara una dura risposta punitiva annericana
I
IL CROLLO
DELLA TORRE
«Quei diciotto sui quali cadde la torre di Siloe e li uccise, pensate che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di
Gerusalemme? No, vi dico; ma se non
yi ravvedete, perirete tutti come loro»
Luca 13,4-5
Esterrefatti e sgomenti davanti al colossale efferato atto
terroristico che ha colpito così gravemente gli Stati Uniti d’America, non
possiamo non unirci al coro di indignazione e di esecrazione che condanna senza alcuna attenuante questo barbaro assassinio di massa, ed
esprimere al tempo stesso tutta la
nostra viva solidarietà a tutte le povere vittime innocenti e ai loro congiunti. Ogni violenza, soprattutto
quella che assume forme e dimensioni così gravi, va decisamente stigmatizzata, da qualsiasi parte provenga,
chiunque ne siano i mandanti e gli
esecutori. La mia coscienza scossa e
sconvolta, però, sente anche il bisogno di farsi un’idea propria e quindi
di fermarsi a riflettere un po’ più a
fondo per cercare di capire quali
Assono essere il «senso» e il «mesto» di questo grave fatto.
¡FLETTENDO, mi è venuto in
jLmente l’episodio della torre di
!;Siloe, riferito dall’Evangelo di Luca,
Èól commento che ne fa Gesù. Certo,
ci sono delle grosse differenze: là si è
trattato solo di un incidente (una
torre caduta per cause sconosciute
aveva ucciso 18 persone); mentre nel
caso odierno si tratta di due mastodontici grattacieli fatti crollare da
mano omicida e della morte di parecchie migliaia di creature umane.
Ma perché è avvenuto questo fatto?
Certo, ci sono tanti nemici che odiano l’America del Nord e il mondo
occidentale, il mondo della ricchezza
c del benessere, il mondo delle
«^andi potenze» che dominano suSli nitri, che impongono la loro economia e sfruttano le popolazioni dei
paesi sottosviluppati, che diventano
sempre più povere. Ma gli autori di
questo gravissimo atto terroristico
non possono essere stati dei poveri
<ji quella parte del mondo dove minoni di creature umane ogni giorno
letteralmente muoiono per la fame,
la niiseria e le malattie che non hanno i mezzi per combattere. Ma la
morte quotidiana di questi milioni
m esseri umani del Terzo Mondo ormai non fa più notizia o, per lo meno, non impressiona più.
p PPURE forse proprio da questo
■Gfrtto scaturisce un monito per
Intti noi, che nella sostanza mi pare
rimanga lo stesso di quello che
ha rivolto ai suoi contemporanei: «Se non vi ravvedete, perirete
™fri come loro». Dunque, quanto è
accaduto mi sembra uno dei più
t^nturbanti segni dei tempi, che in'ntano al ravvedimento, al cambiamento della mente, del cuore e dello
tue di vita, per vivere nella giustizia,
nel rispetto di tutti i diritti dell’altro,
alla sobrietà, nella condivisione e
atta comunione, senza di che non vi
^0 essere pace; anzi le cose, se connano a procedere così, andranno
^^ale in peggio. E quello che oggi è
^attsso a una parte della nostra so*®la, presto, forse in modo molto
Pu grande ed esteso potrà succedere
... se non ci ravvediamo.
Agostino Garufì
Dichiarazioni di guerra
Ma più di cento leader ebrei, musulmani e cristiani hanno chiesto di ponderare con
«sobria cautela» la risposta all'attacco terrorista e di evitare ogni spirito di vendetta
■■ TUU*««mMEsJ
' War on America war comes to Awerf
GABRIELLA LETTINI
NEW YORK, 16 settembre 2001 —
Scrivo a cinque giorni dagli attacchi
terroristici su New York e Washington, che hanno causato la morte di
migliaia di persone. Anche al di là
dall’oceano avete avuto modo di testimoniare lo strazio e la disperazione della gente di queste città. Non
sembra esserci nessuno, qui a New
York, che non abbia conosciuto qualcuno che martedì mattina era o sarebbe potuto essere al World Trade
Center. Chi non era nella zona del disastro cercava disperatamente di
mettersi in contatto con i propri cari,
con amici, conoscenti e colleghi, per
sapere se erano vivi. Dopo aver visto
il secondo aereo schiantarsi, ci si
aspettava di essere ancora colpiti da
un momento all’altro. Per la strada,
nelle scuole, sui giornali, la gente
___I Convegno battista
No alla violenza
Il convegno sull’identità battista
che si è svolto a Santa Severa fra il
14 e il 16 settembre e che ha coinvolto oltre trecento persone da tutta
Italia, ha risentito degli eventi che
hanno sconvolto in questi giorni gli
Stati Uniti. L’introduzione del presidente deirUcebi, Aldo Casonato, i
tre minuti di silenzio alle 12 di venerdì scorso, la spontanea partecipazione nella preghiera al dolore
delle vittime e delle loro famiglie, le
accorate invocazioni all’impegno di
tutte le chiese cristiane perché alla
violenza assassina non si risponda
con nuove brutalità, sono state fra
le principali espressioni di solidarietà e viva preoccupazione. Nel
prossimo numero pubblicheremo
un ampio servizio relativo a questo
evento, che è stato convegno di studi ma anche incontro di popolo.
adesso parla delle diverse reazioni
avute: senso di irrealtà, l’impressione
di star guardando un film, terrore,
apatia, disperazione, rabbia. Chi era
nelle vicinanze delle torri gemelle ha
trovato il coraggio e l’energia di scappare che non sapeva di possedere.
Sorprendentemente, il popolo di
New York è stato capace a non lasciarsi sopraffare dal panico e da una
preoccupazione egoistica solo per la
propria persona, così che l’evacuazione della zona è avvenuta con ordine e senza incidenti, con numerosi
esempi di solidarietà. Nello stesso
modo, i vari team di soccorso hanno
generalmente risposto con prontezza, professionalità e grande coraggio.
Anche se sotto shock, la gente di
New York si è mobilitata per offrire
aiuto in ogni forma possibile, dallo
scavare nelle macerie, servire cibo e
offrire supporto ai team di soccorso.
donare sangue agli ospedali, facendo
donazioni monetarie o di generi di
prima necessità e medicinali. Gli
ospedali sono stati capaci di affrontare con professionalità e umanità
un tipo di emergenza per la quale
non erano preparati. Anche i più
acerrimi critici della politica del sindaco uscente di New York, Rudolph
Giuliani, hanno ammesso che in
quest’occasione egli ha saputo dare
una risposta adeguata, sia dal punto
di vista organizzativo che umano.
Giovedì la gente è ritornata a lavorare e le scuole sono state riaperte,
tranne le zone direttamente colpite.
La popolazione di New York e Washington, e il popolo americano in
generale, sono stati invitati a cercare
di fare una vita quanto più possibile
«normale», a non avere paura di usci
Segue a pag. 2
■i Come gli americani percepiscono la realtà
La lotta tra il bene e il male
FRANCIS RIVERS
DALLAS, Texas — La parola «congiuntura» è raramente usata nella
lingua inglese. Nel passato, gli storici
fecero uso di questo termine per descrivere la particolare e spesso contraddittoria mescolanza tra nuove e
vecchie idee durante la lunga transizione al capitalismo. Avendo visto alla televisione gli incredibili attacchi
dell’ll settembre a New York e Washington e avendo ascoltato i commenti retorici di giornalisti e rappresentanti governativi, mi domando se
non è giunto il momento di rispolverare la parola «congiuntura».
Non ci sono dubbi che gli autori
degli attacchi a New York e Washington hanno introdotto un nuovo elemento nella vita americana. Lo stesso reverendo Billy Graham nel suo
sermone del 14 settembre nella cattedrale nazionale ha ribadito come
gli Usa siano di fronte a un nuovo tipo di nemico e a una nuova tattica di
guerra. I primi segni di questo cambiamento sono iniziati nel 1996 con
la distruzione delle torri di Khobar
nell’Arabia Saudita. Successivamente, altre evidenze sono state le esplosioni alle ambasciate Usa a Nairobi,
a Dar es Salaam nel 1998 e il danneggiamento dell’Uss Cole in Yemen nel
2000. Un nuovo, sconosciuto nemico stava attaccando le installazioni e
il personale americano in maniera
imprevedibile. New York e Washington rappresentano non solo una
continuazione di questi svUuppi, ma
anche un aumento del livello di violenza indiscriminata e di potere di
Segueapag.3
IsIam e Occidente
CONTRO OGNI
FANATISMO
«La terza guerra mondiale», «La prima guerra del nuovo secolo», «L’Apocalisse»: sono alcune espressioni usate
per descrivere l’attacco terrorista stragista che ha colpito gli Stati Uniti. Dopo il cordoglio e l’indignazione per un
atto criminale che non ha, e non può
avere, alcuna giustifìcazione ideale,
neppure tra chi si oppone alla politica
degù Usa e dei loro alleati, i pensieri di
tutti si rivolgono all’immediato futuro. Si stanno cercando i responsabili
per punirli, questo è giusto. Si stanno
cercando andie i complici, coloro che
hanno coperto e coprono i terroristi e
li sostengono finanziariamente e logisticamente. E anche questo è giusto.
Ma si stanno studiando anche possibili ritorsioni per punire quei paesi, prima di tutto l’Afghanistan, accusati di
ospitare e finanziare i madori gruppi
terroristici. E questo ci preoccupa
molto, perché appare piuttosto diffìcile sperare che uña reazione sid piano
militare non sia indiscriminata e sproporzionata, e quindi giusta e utile.
Intendiamoci, la democrazia ha il
diritto di difendersi dal furore omicida dell’estremismo ideologico che
considera le persone non esseri umani
ma semplici bersagli. La sicurezza va
garantita il più possibile ai cittadini e
agli stati, ma non a costo di mettersi
sullo stesso piano di chi commette
questi crimini (anche per questo siamo contrari alla pena di morte) e non
a costo di inaccettabili discriminazioni o riduzioni delle libertà personali e
collettive. La vera forza della democrazia si basa sul libero consenso, cioè sul
patto reciprocamente rispettato, e su
una politica rispettosa dei diritti propri e altrui, più che sulla capacità di
difesa e offesa sul piano militare e di
polizia. L’Occidente, certamente, deve
vigilare sul terrorismo, che è in crescita nel mondo, ma deve vigilare anche
su se stesso se non vuole farsi trascinare proprio là dove lo vuole portare
chi ha conunesso questi atti criminosi:
10 scontro aperto in ogni angolo del
mondò, senza esclusione di colpi Cioè
una guerra estesa, la terza guerra
mondiale; oppure l’apocalisse, una
guerra di civiltà e di rel^onl
Capisco che molti possano essere
tentati di dare una lettura apocalittica
degli eventi degli idtimi giorni. Ma ao'
che se così fosse (Gesù ci ricorda che
né gli angeli del cielo né lui conoscono
11 giorno e l’ora, solo Dio li conosce,
Matteo 24, 36), la nostra responsabilità di credenti non sta nell’assistere
passivamente agli eventi in modo più
o meno compiaciuto o rassegnato; né
sta nel sostenere, con molti altri, che si
tratta di una lotta contro il «Grande
Satana» (l’Occidente o l’Islam, a seconda da che parte si guardi); ma sta
nell’impegnarci perché la malattia
mortale del fanatismo e dell’estremi
smo fondamentalista sia sconfitta,
nell’Islam come nell’Occidente o in
qualsiasi altra parte del mondo. Questa non è una guerra tra rel^oni o tra
nazioni, ma è una guerra da fanatici
che si immaginano servi di una specie
di dio-killer. Per combatterla, l’Occidente e l’Islam devono essere uniti: il
primo si deve impegnare di più nella
ricerca di una maggiore giustizia ed
equità sociale, riconoscendo i diritti
dei senza diritti; il secondo deve ricercare democrazia, laicità e tolleranza.
Insomma, si tratta di non essere più
fanatici ma credenti. Un obiettivo che
sta davanti a tutti.
Eugenio Bernardini
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PAG. 2 RIFORMA
Primo Piano
DALLA PRIMA PAGINA
Dichiarazioni di guerra
re, a cercare di trovare forza e
supporto nelle proprie tradizioni di fede e nel circolo dei
propri affetti e amicizie. Il
presidente Bush ha continuato ad affermare, nelle sue apparizioni televisive, che il popolo americano deve dimostrare di non essere stato
messo in ginocchio, e deve
reagire mostrando tutta la
propria forza, coraggio e spirito patriottico. Fede in Dio, patriottismo e determinazione a
mantenere il proprio primato
economico e politico a ogni
costo emergono ancora una
volta come i pilastri dello
«spirito del popolo americano», almeno a sentire i cori
uniti dei politici e dei giornalisti delle maggiori reti televisive. Tutti, in questi giorni, non
ricordano che gli Stati Uniti
sono solo una parte dell’America, e raramente danno rilievo al fatto che negli attacchi
di martedì scorso sono morte
persone di ogni nazionalità,
non solo statunitensi.
Una nemico invisibile
Dalle prime ore dopo gli attentati, Tamministrazione
Bush ha iniziato ad ciffermare
di aver ricevuto una dichiarazione di guerra, paragonando
la situazione all’attacco giapponese su Pearl Harbor. Ora
prepara chiaramente una
campagna per convincere
l’opinione pubblica della necessità di una risposta mUitare punitiva, e di una guerra
che è convinta di poter e dover vincere in nome dei valori
della libertà e democrazia occidentali. Il nemico da colpire non è ancora chiaramente
individuabile, ma questo non
ferma la determinazione di
Bush e del Congresso. Inoltre, mentre giornali e programmi televisivi continuano
a parlare di Osama Bin Laden, solo alcune voci di minoranza, che rimangono
quasi totalmente inascoltate,
ricordano come siano stati
proprio gli Stati Uniti a fomentare, finanziare e addestrare gli estremisti islamici
in Pakistan e Arabia Saudita
nel tentativo di espellere le
forze sovietiche dall’Afghanistan e far crollare l’Unione
Sovietica. Pochi vogliono ricordare che Osama Bin Laden è stato uno degli allievi
migliori della Cia.
Su questa linea, quello che
mi pare totalmente mancare
in questi giorni è un tipo di
riflessione politica, storica, e
certamente anche spirituale,
delle responsabilità occidentali nella creazione dell’attuale situazione politica. L’opinione pubblica statunitense reagisce con shock e orrore per la tragedia degli attacchi suicidi, dichiarandoli,
giustamente, ingiustificabili.
Ma, ha ricordato in questi
giorni il celebre regista indipendente Michael Moore:
«Noi aborriamo il terrorismo,
a meno che non siamo noi a
terrorizzare gli altri. Abbiamo
finanziato, addestrato e armato gruppi di terroristi in
Nicaragua negli Anni 80 che
hanno ucciso più di 30.000
civili. Quella era opera nostra. Mia e tua. Trentamila civili assassinati e chi se lo ricorda! Abbiamo finanziato
innumerevoli regimi totalitari, in Cile, Vietnam, Gaza, Salvador, per esempio, che hanno ucciso migliaia di cittadini
innocenti, e le nostre giornate non sono state interrotte
dalla loro sofferenza».
Confessione di peccato
Una minoranza di cittadini
statunitensi, e un vasto numero di residenti stranieri
negli Stati Uniti, sembra veder mancare, nelle manifestazioni di cordoglio di questi
giorni, una confessione di
peccato. Questo non per colpevolizzare le vittime, perché
la distruzione di una vita
umana non è mai giustificabfle, ma per leggere la tragedia di questi giorni in una
prospettiva più ampia e complessa, che possa aiutare ad
agire con maggiore saggezza
e integrità nel futuro.
Mentre l’amministrazione
di Bush continua a parlare di
guerra, chi pensa che la violenza possa solo creare più
violenza in una spirale inarrestabile sta cominciando ad
organizzarsi. Leader religiosi
di fedi, tradizioni e orientamenti teologici diversi si sono
espressi con una voce comune m risposta agli attacchi terroristici dell’11 settembre, e
hanno rilasciato una dichiarazione collettiva. Più di cento
leader ebrei, musulmani e cristiani hanno firmato un documento che piange la morte
delle vittime, condanna l’atto
di devastazione, e invita il popolo americano a «non lasciare che il terrore ci spinga lontani dall’essere le persone e il
popolo che Dio ci ha chiamato a essere». Il documento del
13 settembre invita anche il
governo e la popolazione de^i Stati Uniti a ponderare con
«sobria cautela» la propria risposta al recente attacco. I
leader religiosi esprimono la
propria profonda rabbia per
questi atti di violenza, e si rifiutano di trovare ima giustificazione per chi li ha commessi, affermando che nessuna
ingiustizia e sofferenza subita
possono motivare azioni terroristiche di questo tipo. Il
documento chiede che, nel
nome di Dio, i responsabili
per le morti dell’11 settembre
siano portati davanti alla giustizia e, allo stesso tempo, implorano il paese a non rispondere invece in uno spirito di
pura e indiscriminata vendetta, che non potrà che causare
un numero di vittime innocenti ancora più grande. Per
questo motivo il presidente
Bush e i membri del Congresso sono invitati a invocare la
saggezza di Dio nel momento
in cui valutano la decisione
berry Field a Manhattan, dove fu ucciso John Lennon, per
piangere la morte delle vittime della strage, e per chiedere al governo una risposta che
non rischi di portare l’umanità sull’orlo di un conflitto
mondiale, dove non ci saranno né vincitori né vinti. Mentre si prega per la pace, ci si
preoccupa anche per le reazioni xenofobe e razziste che
rischiano di mettere a repentaglio l’incolumità di cittadùii
e residenti statunitensi arabi
e musulmani, come già accaduto in alcuni casi.
piu appropnata.
Venerdì 14 è stato dichiarato giornata di preghiera e lutto nazionale, che è stata osservato nella National Cathedra! in Washington corne in
ogni quartiere e sobborgo del
paese. Venerdì sera, gruppi di
manifestanti si sono riuniti a
lume di candela in varie aree
di New York, tra cui Straw
La nostra risposta
In questo momento di lutto
e di paura, penso che siamo
chiamati a dare una risposta
che sia al tempo stesso pastorale e profetica. Pastorale,
perché la morte e la sofferenza di questi giorni non vanno
dimenticate, né giustificate,
ma piante, e perché intere famiglie, città e popoli soffrono
per la morte dei propri cari, e
cercano conforto in Dio e nel
proprio prossimo. Profetica,
perché anche nella sofferenza, nella paura e nella rabbia
non possiamo dimenticare le
nostre responsabilità, passate, presenti e future, nel lavorare per un mondo di pace e
di giustizia. Sarà difficile,
mentre a Oriente e Occidente si alzano le voci di guerra,
essere in grado di sentire la
voce dell’amore di Dio. Riuscire a percepirla al di là di
tutto il clamore e delle risposte facili è la scommessa della
nostra fede.
Gabriella Lettini
Musulmani e cristiani d'Europa uniti nella condanna degli attentati negli Stati Uniti
No alla violenza commessa nel nome della religione
Le prime reazioni in Italia e nel
Un impegno a «intraprendere coraggiose azioni a sostegno della vita, della
religione, della proprietà, della dignità e
della giustizia umana», un riconoscimento «della nostra comune umanità
che ci rende sorelle e fratelli, al di là di
differenti appartenenze religiose e politiche», il rifiuto «della giustificazione
della violenza nel nome della religione»:
sono questi i passaggi salienti del messaggio finale approvato dai partecipanti
alla Conferenza «Cristiani e musulmani
in Europa. Responsabilità e impegno religioso in un’Europa pluralista», svoltasi
a Sarajevo dal 12 al 16 settembre su iniziativa della Conferenza delle chiese europee (Kek) e del Consiglio delle Conferenze episcopali in Europa (Ccee).
All’incontro hanno partecipato oltre
cento tra cattolici, protestanti, ortodossi
e musulmani provenienti da 26 paesi
dell'Europa, i quali hanno personalmente sottoscritto il messaggio finale in cui si
impegnano tra l'altro a «portare i giovani
a conoscere e rispettare ciascuno la fede
dell’altro» e a «promuovere nelle scuole
pubbliche un’educazione religiosa che
preveda anche corsi interreligiosi»; a «sostenere gruppi interreligiosi a livello lo
Al LETTORI
Abbiamo ricevuto diverse lunghe
lettere sulla strage negli Usa che
sintetizzeremo nel prossimo numero. Invitiamo a scrivere in modo
breve ed essenziale, senza ripetere
quanto già espresso da altri.
cale», a «incoraggiare al dialogo e all’incontro interreligioso preti, pastori, teologi, imam e laici, attraverso scambi tra facoltà e seminari cristiani e musulmani».
11 messaggio finale riprende inoltre un
testo, già approvato nelle prime giornate
della Conferenza, in cui si condanna l’attacco violento contro gli Stati Uniti e ogni
altra violenza che produce «distruzione
di vite umane, come una violazione della
volontà di Dio e un peccato contro l’umanità». Riconoscendo il potenziale di
violenza che risiede in tutti noi, ha ancora affermato la Conferenza, «noi preghiamo che questo avvenimento privo di senso non provochi una risposta di ritorsione. Nello spirito di questa Conferenza ci
impegniamo a essere strumenti di dialogo, di contribuire a costruire giustizia e
pace, e di lavorare per la riconciliazione
nelle nostre società».
Nei primi giorni della Conferenza,
Mustafa Ceric, leader spirituale della comunità islamica della Bosnia, aveva affermato: «1 tragici eventi di New York e
Washington costituiscono il culmine
della follia umana. E come musulmano
di Bosnia devo dire che non vi era alcuna ragione per distruggere moschee o
monasteri. Non vedo come chi dissacra
un monastero possa essere un migliore
musulmano; così come non credo che la
distruzione di una moschea possa rendere qualcuno un miglior ortodosso o
un miglior cattolico». In questo senso
cristiani e musulmani devono riscoprire
quella «logica del dialogo che hanno
perso ormai da molti secoli».
Un’apertura al confronto e alla collaborazione tra due fedi abramitiche puntualmente ripresa dal suo interlocutore
cristiano, monsignor Jean-Luc Brunin,
vescovo ausiliare di Lilla: «Nel rapporto
con i musulmani - ha affermato - dobbiamo cambiare posizione: da faccia a
faccia a spalla a spalla. Prima avevamo
una visione frontale delle relazioni islamiche-cristiane; ora dobbiamo cercare di
coabitare in uno spazio comune. Ma per
progredire sulla via del dialogo e della
cooperazione dobbiamo avere in mente
una etica di rispetto che si basi su una diversa prospettiva della verità. Capiamo
bene, infatti, quanto è difficile un incontro tra noi cristiani e i musulmani se continuiamo a pensare che Dio ha fatto di
noi i depositari di un tesoro che avrebbe
rifiutato ad altri».
«Ricordiamoci - ha concluso il pastore
Keith Clements, segretario generale della Kek - che anche se le nostre fondamenta sono scosse, non lo sono la nostra fede e la nostra vocazione alla pace
e alla riconciliazione. Un’antica storia
orientale racconta che vi fu un tempo in
cui improvvisamente la terra si corrugò
e montagne e valli resero più difficile il
cammino, gli spostamenti e quindi l’incontro tra gli uomini. E allora gli angeli
stesero le loro ali così da costituire dei
ponti che consentissero agli uomini di
muoversi e incontrarsi. Costruire ponti
di comunicazione è inspmma il lavoro
degli angeli. E le loro ali, per quanto fragili, sono essenziali e necessarie per continuare a vivere insieme». (nev)
I messaggi di solidarietà
delle chiese evangeliche
Dopo i terribili attentati
che hanno sconvolto gli Stati
Uniti e il mondo intero, si
moltiplicano da parte delle
chiese evangeliche italiane i
messaggi di solidarietà con i
parenti delle vittime, le comunità religiose e tutta la società civile americana.
Il presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei), Gianni
Long, in un messaggio inviato al Consiglio nazionale delle chiese cristiane Usa, ha dichiarato che «come evangelici italiani ci uniamo al dolore
dei parenti delle vittime dell’America, delle sue comunità di fede e di tutte le persone di buona volontà che in
tutto il mondo lavorano per
la pace, la giustizia e la convivenza». Il presidente della
Fcei ha invitato le comunità
evangeliche a raccogliersi in
preghiera «per invocare l’aiuto del Signore perché sulle
macerie dell’odio possa crescere anche il seme del Suo
amore; e perché oggi, senza
cedere alla tentazione della
vendetta, delle discriminazioni e dei pregiudizi, la leadership americana e la comunità internazionale sappiano cercare la verità e operare per la giustizia».
«Nessuna ideologia, nessuna motivazione politica, nulla potrà mai giustificare tale
ferocia»; così ha scritto il Comitato esecutivo dell’Unione
battista, in un messaggio di
solidarietà indirizzato «ai fratelli e alle sorelle delle chiese
americane». «Quello che più
sconcerta - aggiungono i battisti italiani - è che simili atti
criminali vengano contrabbandati da alcuni fanatici come martirio offerto a Dio. Ma
tale abuso del suo nome è solo orribile bestemmia». In un
messaggio indirizzato alla
Chiesa metodista unita statunitense, con sede a New York,
il presidente dell’Opera per
le chiese evangeliche metodiste in Italia (Opcemi), pastore Valdo Benecchi, ha affermato che «noi discepoli
del Signore della pace dobbiamo unirci più che mai gli
uni agli altri nella preghiera
affinché finalmente la pace e
la riconciliazione prevalgano
sull’odio e sulla violenza.
Questo è lo specifico che ancora oggi ci viene richiesto
dal nostro Maestro e Salvatore del mondo». «L’orrore è
entrato alcune ore fa nelle
nostre case - ha scritto il moderatore della Tavola valdese, pastore Gianni Gente,
alla Chiesa presbiteriana e alla Chiesa unita di Cristo negli
Usa -. Il terrore a cui abbiamo assistito non rappresenta
solo un attacco a una nazione
o a un popolo amico; rappresenta un attacco a tutti noi, al
mondo occidentale, alla democrazia e al diritto, alla sicurezza e alla pace. Adesso
viene per noi il tempo della
preghiera, senza il quale non
riusciremo a superare questo
senso di smarrimento». Nei
momenti bui, come quello
che il mondo sta vivendo,
«siamo chiamati a recuperare
il senso di ciò che è accaduto
nel Venerdì Santo: Dio ha
raggiunto l’umanità proprio
nel momento in cui pensavamo di esserci sbarazzati di
lui. Dobbiamo essere testimoni del fatto che nulla e
nessuno potranno impedire a
Dio di continuare ad amare
questa umanità».
Il Comitato dell’Unione
italiana delle chiese cristíane
awentiste del 7° giorno, ha
espresso il suo dolore per le
numerosissime vittime innocenti, e manifestato la sua solidarietà alle famiglie colpite
nei sentimenti più intimi, al
governo e alla popolazione
degli Stati Uniti. Il Comitato
awentista ha invitato 1«.
rità a vegliare con tutti i,'
leciti sulla sicurezza
dividui e '
delle famigli dito«"'
vendo cura che non si iiinno o
mettano ingiustizie nei^ sere un
fironti di tutte le minorai iùscitai
che non si venga a creZ
clima indiscriminato di J '
venga a crea®!;),»- .
, ‘todii laeir® .
denza e ostilità verso eh'
idee politiche o religio^ Talocuti
verse dalla maggioranza,
La Commissione (
ca per l’ecumenismo (
delle chiese battiste,
sta e valdese di Torino ed »sitavi
tura, esprimendo la sua® rione ac
danna per l’atto diga» ■
commesso da sconoscimi
confronti degli Stati Uniti
riconosciuto che cometí
stiani che hanno dato viti
un grande movimento pa ^
pace, «non siamo stati 5
stanza vigilanti nel riconoà
re i “segni dei tempi”, pa,
ci sentiamo non solo din
gare per le vittime diqiO dil^ivers
atto di guerra, ma ancheei ■
prattutto per tutte le vitti« t
che ogni giorno, in ognipi
del mondo, in modo meli
eclatante e massmediatij
continuano a morire
portan
iinto
Èostner
fbiitìà
Bandito
mettere a ognuno di noli
continuare a vivere neU'il
bondanza e nella sicuieza,
Dopo pochi giorni, laCep
insieme alla Commissim
per l’ecumenismo dellaft
cesi di Torino e altri orgii ,
smi cattolici, ha firmatoli ì
lettera aperta alle commi
islamiche di Torino in ciiil
espresso apprezzamento if
la vostra riprovazione dira
denti nel Dio giusto e misa
cordioso che si sentono oi
da queste mani omicide i
uccidono degli innocentip
tendendo di farlo nel Suoi
me Santo. Vogliamo
mervi la nostra stima e risfi
to, pur nelle diversità teli
se che ci separano, e vorrei
mo costruire per lanosi
città insieme a voi un fui
di giustizia e di pace».
Le chiese evangeliche di
TIrpinia, la diocesi |;jp¡rg j
di Avellino e altri orgaiusi uj;
religiosi, in un documeii
comune hanno affermatoci ^ 0Qfj|
«occorre che tutte le i "
dicano in modo chiaro efe
il loro no deciso a . , „ tauiioi
fondamentalismo, togli® '¡-„¡j
l’alibi delle "guerre sante
«Siamo convinti - prosegue
documento - che nonsidd
ba rispondere aH® ' d terro^
del terrorismo, con la 0® ^
rie della ritorsione. Cosit
cendo le guerre non finirt” ‘ foímnñ
mai. Finché si risponderà
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guerra con la guerra, -r
sarà mai pace; finche non»
ranno eliminate le caused
scatenano le guene, tutte
origine economica, que
non finiranno mai e saraiq ,
sempre più distmttiye».
A livello intemazionalft jmj
messaggio di solidarietà
chiese e al popolo degh^^ '
Uniti d’America è stato ¿gj
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glio ecumenico delle
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PAG. 3 RIFORMA
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che quindi l’America e gli
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"e e dell’ala est del PenI rivela quanto questa
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■^lificazione della realtà
‘ Da tempo donne e uomini
di diverse discipline di studio
d hanno spiegato come l’essere umano cerca di affrontare l'ansietà e la complessità
'lel’ignoto attraverso un pro'cesso di riduzione e semplificazione della realtà. Aspetti
del patriottismo proclamato a
più riprese in questi giorni mi
Portano alle scene del film
di itìtoccabili» in cui Kevin
Còstner è il bravo agente del
Fbi ih continua guerra con il
bandito Al Capone. In altre
parole, un aspetto della congiuntura attuale è questa vi"sione dell’attacco dell’11 setiembre come una lotta tra il
bene e il male, tra la civiltà e
la barbarie. Il reverendo Jerry
Friwell ha tratto un estremo
esempio di questa interpretazione dichiarando che gli attacchi erano punizioni divine per gli Stati Uniti a causa
del «peccato» dell’aborto. Lo
stesso presidente Bush ha
successivamente smentito
questo commento ma la ten1 un i a cercare spiegazioni
^ estreme agli eventi della settimma passata rende ancora
più difficile per gli americani
capire le ragioni di questo
odio smisurato.
Definire il terrorismo
Questa tendenza a interpreto gli attacchi in un’otti.raffi lotta tra buoni e cattivi
incide anche sull’emergente
stratfegia deU’amministrazionc Bush. A suo tempo fu lo
stesso Bill Clinton a definire
jl terrorismo come un problema di giustizia criminale,
paradigma Clinton venne
mrmulato su due principi,
forno, i terroristi venivano
•hé nonsf nella stessa categoria
ì cause il *’^^®nnti di droga o dei
®fnibri di organizzazioni
riminali. Tutti quanti, si
pensava, non avevano nes® progetto politico e non
«rio sponsorizzati da nes^ governo. Secondo, il ter, fe era un problema dei
rizionari di polizia e non
L’arma principa® neUa lotta al terrorismo era
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In, dovevano scruposiriente osservare tutti i
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mostrano una rottura con
questo paradigma e un ritorno alle politiche deU’amministrazione Reagan.
Nella notte di martedì 11
settembre Bush, nel suo breve
discorso alla nazione, ha ribadito un punto essenziale. Gli
Stati Uniti, ha detto, «non faranno distinzione tra i terroristi e i paesi che gli ospitano». L’amministrazione si rifiuta di credere che i mandanti degli attacchi di New
York e Washington abbiano
potuto agire senza l’appoggio
di un qualche stato. Durante
la settimana, l’organizzazione
«Al Qaeda» di Osama bin Laden e il governo talebano
dell’Afghanistan sono emersi
come i sospettati principali.
In questa prospettiva, il segretario di stato Colin Powelh
ha iniziato trattative diplomatiche molto intense con i governi della Russia e del Pakistan cercando di assicurarsi la
loro totale collaborazione
nell’eventualità di una mossa
contro bin Laden e se necessario anche contro i talebani.
Nel frattempo sono stati interpellati anche i paesi che
formarono la coalizione che
operò nella guerra del Golfo.
«La campagna contro il terrore sarà l’obiettivo principale della mia presidenza». Con
queste parole Bush ha chiesto apertamente al Congresso di stanziare 20 miliardi di
dollari per formulare una risposta agli attacchi. Il Congresso ha approvato non solo
uno stanziamento di 40 miliardi di dollari, ma ha anche
dato all’amministrazione pieni poteri discrezionali nello \
sviluppo e nell’attuazione di <
una strategia di guerra. Circa '
metà di questo denaro servirà a provvedere alla ricostruzione e agli aiuti umanitari di New York e Washington. Il resto è a completa disposizione dell’amministrazione Bush.
Come Pearl Harbor
Per quanto riguarda la mobilitazione militare, si sa già
che la maggioranza dei
35.000 riservisti chiamati in
servizio svolgeranno più che
altro compiti necessari per
mantenere l’attuale alto livello di difesa nazionale, particolarmente la sorveglianza
dei cieli sopra le grandi città.
Corrono voci contrastanti rispetto a quali scelte tattiche
seguirà l’amministrazione
Bush. Esiste grande interesse
nel rinnovare programmi di
«human intelligence», cioè
iniziative da parte della Central Intelligence Agency (Cia)
nel reclutare come agenti
all’estero, persone riconosciute come criminali e violatori di diritti umani. Programmi di questo tipo vennero severamente limitati
dallo stesso Congresso durante gli Anni 90 perché ritenuti causa di gravi abusi in
America Latina. Si discute
anche la possibilità di sospendere la proibizione, imposto alla Cia dal presidente
Ford nel 1976, di usare agenti
secreti per assassinare stranieri. Finora non si è voluto
discutere apertamente sugli
elementi strategici che l’amministrazione vorrà perse
■1 L'attacco terrorristico in diretta tv
Le telecamere sotto
l'occhio della realtà
guire e la dottrina di «national security» consente loro di
limitare l’accesso all’informazione e di scegliere come
e quando rompere il silenzio.
Colin Powell ha detto soltanto che la risposta degli Stati
Uniti usufruirà di tutte le risorse e di tutto il potere del
governo federale. Una prima
conclusione sembra essere
che una controffensiva militare di stampo tradizionale è
solo una tra le varie opzioni.
Un ultimo elemento della
congiuntura attuale è la frequenza con il quale giornalisti, politici, e cittadini invocano la memoria dell’attacco
giapponese contro la base
navale di Pearl Harbor. Il paragone non è esatto dato che
nessuno sa ancora chi è responsabile per la distruzione
a New York e Washington. A
un altro livello, lo spirito che
portò il governo americano,
durante la seconda guerra
rrtondiale, a segregare i giapponesi americani in campi
appositamente creati per delimitare la loro circolazione si
sta ripetendo. Subito dopo gli
attacchi, i mass media hanno
cominciato a proiettare immagini di bambini palestinesi
che celebravano la tragedia di
New York e Washington. Solo
a fine settimana si è saputo
che queste immagini risalivano al 1991 e che qualcuno le
aveva messe in circolazione
per cercare di far passare un
forte messaggio antiarabo.
I diritti degli immigrati
Infatti, nei giorni passati si
sono verificati diversi attacchi
contro moschee e persone di
religione musulmana in varie
parti del paese. Persone di discendenza araba e sudasiatica
(indiani, pachistani) si sono
lamentati di essere stati fermati indiscriminatamente
dalle forze delTordine. Consapevole di questa situazione,
l’amministrazione Bush ha
incoraggiato il popolo americano a rispettare i diritti di
cittadini ed immigrati provenienti dal Medio Oriente e
dall’Asia del Sud. Tuttavia, la
tensione persiste, aggravata
dalla pressione che le forze
dell’ordine sentono nell’identificare possibili terroristi.
Nonostante la paura, la sofferenza, e l’incertezza di questa settimana una delle dinamiche più rilevanti della società americana è un rinnovato senso di civitas. Questo spirito si è manifestato nel coraggio di migliaia di volontari,
che generosamente hanno dimostrato grande disponibilità, donando tramite la Croce
Rossa sangue, tempo e denaro alle vittime di New York e
Washington. Questo senso di
virtù pubblica era da tempo
che non si notava negli Stati
Uniti e la sua rinascita sembra
essere l’aspetto più auspicabi
le e meno preoccupante della
congiuntura attuale.
Francis Rivers
DAVIDE ROSSO
Lf ATTACCO terroristico alI le «Torri gemelle» di New
York è stato, tra l’altro, per le
emittenti tele-visive di tutto il
mondo sicuramente un grande avvenimento mediático. A
differenza però di altre situazioni più o meno catastrofiche che sono state riprese e
ritrasmesse dalla Tv, l’impressione nella giornata di martedì 11 settembre, per chi
guardava, è che mai come ih
questo caso la realtà si andava
costruendo sotto l’occhio delle videocamere. La scelta delle varie emittenti, dall’americana Cnn alle italiane Rai tre
o Rete quattro, è stata apparentemente quella di fare
semplicemente e umilmente
cronaca per immagini. Mostrare quello che stava accadendo suggerendo o dicendo
apertamente che lo scopo era
quello di proiettare lo spettatore nella realtà che si stava
vivendo a New York. Ciò che,
probabilmente più per necessità che per virtù, mancava
erano le scene di morti e di feriti. Se ne sono visti molti di
più ai tempi del G8 a Genova.
Di fronte a un avvenimento
che naturalmente sembrava
seguire gli schemi di un crescendo da tragedia (con la
differenza che si trattava di
realtà e non di finzione e chi
seguiva la diretta tv lo sapeva)
la tv ha saputo adattarsi mostrando quello che un curioso
medio con il dono deU’invulnerabilità a-vrebbe potuto vedere stando a pochi metri
dalle torri colpite. I commenti
tecnici o politici dichiaratamente assenti in molte trasmissioni italiane (anche se
non sono mancati certi accostamenti di immagini o certi
richiami a personaggi e ad
agenzie stampa) o appena accennati o pesantemente presenti in altre trasmissioni
francesi, inglesi o americane
non sembravano scalfire la
realtà che piano piano si andava creando ma sembravano accrescere quel senso di
incertezza e di voglia di risposte che accompagnava tutti in
qualche modo dffil’inizio della tragedia. Il «gioco» sembrava essere quello di mostrare
quello che stava succedendo
e contemporaneamente lasciare aperta la porta alle interpretazioni.
Il problema è che gli avvenimenti si succedevano a ritmo incalzante e benché uno
fosse conseguenza dell’Edtro
ognuno poteva da solo essere considerato im argomento
da speciale televisivo. Ma il
mondo globale è anche questo forse, da un lato un terrorismo che riesce a colpire in
maniera cosi drammatica e
improvvisa una superpoten
za come gli Stati Uniti e dall’altra, forse più modestamente ma non è poi cosi detto, la possibilità di vedere e
«partecipare» ad avvenimenti
avvenuti su un altro continente. La tv come possibilità
di raccontare la realtà (qualcuno anni fa diceva creare la
realtà) di incanalarla, di presentarla in modo particolare.
Di fronte a questa tragedia la
tv è stata, almeno nella prima
giornata, sicuramente non
presa di sorpresa ma apparentemente quasi coinvolta.
Tutto questo lo ha riversato
sui suoi ascoltatori che sono
stati a loro volta coinvolti
emotivamente e tutto è avvenuto senza mostrare quel tipo di tv truculenta che di solito in questi casi prende il
sopravvento ma semplicemente, e c’è n’era a sufficienza, mostrando la città, il fumo, il secondo aereo che si
schiantava (il primo schianto
è stato mostrato solo il giorno
dopo), la prima poi la seconda torre che crollavano, le testimonianze di alcuni superstiti, i profughi in fuga.
Più ci si avvicinava facendo zapping alla fonte delle
immagini, cioè alla Cnn, più
queste immagini erano numerose, intense, ricche di testimonianze, di commenti,
più ci si allontanava più si diradavano, si coprivano di im
alone che dava quasi l’idea
anche fisica dell’allontanamento dalle vicinanze della
realtà. Era solo più un raccontare, non vivere quanto
di tragico purtroppo stava
accadendo a m^liaia di persone. Dal giorno successivo
poi pressoché ovunque nel
mondo televisivo sono tornati i commenti, le dietrologie, la voglia trasparente di
creare la realtà.
* Il paragone con il cinema è soltanto apparente
Ma i film sono proprio un'altra cosa
ALBERTO CORSANI
Molti esperti e testimoni
hanno paragonato gli
attacchi aerei a celebri o meno celebri film: fantascienza,
film «catastrofici». C’è un filone, iniziato nel 1974 da Terremoto e proseguito con Cassandra Crossing (1977) in cui
un terrorista, infettato da un
virus per opera dei servizi segreti, viaggiava su un «treno
della morte», destinato a essere deviato su un ponte pericolante. Questi paragoni non mi
convincono, per due motivi.
Innanzitutto perché il film
non è la realtà. È un’altra
realtà, una realtà diversa. Il
film utilizza elementi della realtà «vera», ma questa è di
difficile definizione, è la sommatoria, anzi, di svariate realtà soggettive. Per restare al
film di cui sopra (ma si potrebbe parlare del più recente
e celebrato Titanio) a ogni
personaggio che viaggia su
quel treno corrisponde un
modo di vedere ciò che avviene, attraverso incertezza, sgomento, terrore, artificioso umorismo. Il film è una realtà
complessa che, sulla base di
un racconto e mediante un
procedimento di analisi (dei
caratteri e delle situazioni),
costruisce una sintesi creativa, fatta di immagini e parole
e suoni. Ma questa sintesi è
un manufatto, è un prodotto
del lavoro umano, controllatissimo non solo all’atto delle
riprese con la cinepresa o la
telecamera, ma anche e soprattutto nella successiva fase
del montaggio: alle immagini
(che saranno state realizzate
alternando primi piani, volti e
panorami più generali) si af
fiancano i commenti musicali
o sonori. Non solo: elementi
ritenuti poco significativi o
fuorvianti possono essere eliminati e magari sostituiti.
Siamo lontani della realtà
«bruta» di partenza, ammesso
che ne esistesse una sola.
L’altro motivo per cui il paragone regge poco sta nelle
modalità della fruizione. Un
conto è un tg che mostra il
crollo delle «Torri gemelle» (e
che dal punto di vista visivo
può anche ricordare immagini cinematografiche): un altro conto è trovarsi non in
poltrona, ma in mezzo all’evento. Dieci anni fa, a Padova, mi trovai nel mezzo di
un’azione di polizia intesa a
bloccare un folle armato in
una piazza affollata di sabato pomeriggio. Di colpo da
una volante scesero agenti
dotati di mitra e giubbotti antiproiettile. Voltandomi istintivamente, vidi la folla
della piazza che mi correva
incontro, e subito iniziai a
correre anch’io, ormai alla testa di quell’incongruo plotoncino. Non ho capito fino
al giorno dopo che cosa fosse
successo (ben poco, in realtà,
perché nessuno dovette sparare un colpo) ma in quel
frangente, roba di pochi secondi, non c’era dramma,
non c’era manufatto artistico, non c’era altro che dei
frammenti di realtà incomprensibile, produzione incontrollabile di adrenalina,
sudori freddi e cuore in gola.
Niente altro. La realtà «vera»
è prosaica, non ha alcun fascino estetico.
Una certa potenzialità evocativa la potranno avere, nei
prossimi giorni, i filmati di
«perlustrazione» dei danni, le
immagini di sopralluogo, i
resti, le vestigia rovinose, testimoni della crudeltà e dell’insensatezza. Allora una comunicazione di emozioni
sarà possibile, anche perché
nel frattempo avremo smaltito l’angoscia delle prime ore
e tutti, soccorritori, funzionari, testimoni anche armati di
cinepresa, andranno, con
pietà, sui luoghi della morte a
cercare ciò che rimane. Sul
selciato e nei cuori offesi.
4
PAG. 4 RIFORMA
Gesti, pieno
di Spirito Santo,
ritornò dal
Giordano, e fu
condotto dallo
Spirito nel
deserto per
quaranta giorni,
dove era tentato
dal diavolo.
^Durante quei
giorni non
mangiò nulla;
e quando furono
trascorsi, ebbe
fame. ^Il diavolo
gli disse: “Se tu sei
Figlio di Dio, di’ a
questa pietra che
diventi pane”.
*Gesù gli rispose:
Sta scritto: “Non
di pane soltanto
vivrà l’uomo”.
^Il diavolo lo
condusse in alto,
gli mostrò in un
attimo tutti i
regni del mondo
e gli disse: Ti darò
tutta questa
potenza e la
gloria di questi
regni; perché essa
mi è stata data, e
la do a chi voglio.
^Se dunque
tu ti prostri
ad adorarmi,
sarà tutta tua.
^Gesìi gli rispose:
Sta scritto:
“Adora il Signore,
il tuo Dio,
e a lui solo rendi
il tuo culto”.
^Allora lo portò
a Gerusalemme
e lo pose sul
pinnacolo del
tempio egli disse:
Se tu sei Figlio di
Dio, gettati giù di
qui; ^°perché sta
scritto: “Egli
ordinerà ai suoi
angeli che ti
proteggano;
"erf essi ti
porteranno sulle
mani, perché
tu non inciampi
con il piede
in una pietra”.
'^Gesù gli rispose:
È stato detto:
“Non tentare il
Signore Dio tuo”.
Allora il diavolo,
dopo aver finito
ogni tentazione,
si allontanò
da lui fino
a un momento
determinato»
(Luca 4,1-13)
All’Ascolto Della Parola
«NON CI INDURRE IN TENTAZIONE»
Il diavolo da cui chiediamo a Dio di essere liberati è, ancora e parallelamente alla
«tentazione», il limite reale di fronte al quale non siamo onnipotenti, ma deboli
CRECORIOPLESCAN
Le chiese evangeliche e quella cattolica romana sono di
vise da molte cose; alcune divisioni nascono da riflessioni
ponderate, altre da tradizioni e
abitudini e queste non sono
necessariamente meno sentite.
Una di queste, apparentemente secondaria ma significativa
per molti, si trova in questa parola del Padre Nostro e della
sua traduzione: «esporre» o
«indurre»? Diciamo subito che
il verbo usato da Gesù può significare entrambi i concetti ed
è difficile dire se è giusta Luna
o l’altra forma.
In realtà, però, la questione è
meno accademica di quanto
sembra in quanto affronta un
problema più importante che la
sfumatura di un verbo piuttosto di un’altra: quale immagine
di Dio suscitano Luna o l’altra
traduzione? Quale immagine di
Dio preferiamo o costituisce
per noi un problema? La preghiera non risolve questa ambiguità ma la mantiene, per una
ragione importante: vuole ricordarci che Dio si mette in relazione con noi durante la nostra vita, nelle certezze e nelle
incertezze dell’esistenza. Se
usiamo questa chiave di lettura
rispetto agli avvenimenti, probabilmente una distinzione
troppo sottile tra i due verbi
viene a cadere.
Proviamo a pensare a qualche terribile esempio storico:
la difesa armata contro le persecuzioni che i valdesi attuarono nel '500 e nel ’600 era essere
«esposti» 0 «indotti»? La congiura contro Hider a cui partecipò tra gli altri Dietrich Bonhoeffer, cioè decidere positivamente di partecipare a un ti
rannicidio che è anche, non dimentichiamolo, un omicidio
come va interpretata?
Più che soffermarci sul presunto approccio «provocatorio»
di Dio è importante mettere in
rilievo la nostra invocazione
«fa’ sì che non ci troviamo nella
situazione...». Partendo da questo punto, possiamo notare come questa richiesta ci costringe
a riflettere sulla necessità di riconoscere il nostro limite e la
nostra incapacità di affrontarlo.
Nella vita di ciascuno esiste un
limite invalicabile. Il progresso
umano ci porterebbe a pensare
che l’idea di limite sia ormai
anacronistica, ma è proprio là
che la preghiera si trasforma da
auspicio a invocazione. Questa
domanda a Dio ci costringe a
lavorare su noi stessi, a domandarci qual è il nostro limite, o
quale limite riusciamo a sostenere e quale ci porterà infallibilmente alla distmzione.
to» in cui il diavolo si rifarà vivo, che potrebbe essere quello
del Getsemani, dove appaiono
nuovamente i termini «ora» e
«tentazione».
Le tentazioni di Gesù sono
molto importanti per questa riflessione perché, nel loro contenuto, diventano le tentazioni
dei cristiani in quanto tali. Le
tre tentazioni, almeno di Matteo e Luca, sono:
- la tentazione del miracolo;
- la tentazione della religione
che lascia a bocca aperta;
- la tentazione del potere.
Liberaci dal Male
Questa domanda è compo
La tentazione
La parola «tentazione» è ge
Preghiamo
Non pool etsete un uomo di fede, se non sai dubitare.
puoi credere in Dio, se non sei capace di mettere in
dubbio un meconcetto, anche se tale pre
concetfiBpubMabrardm carattere religioso.
La fe^ncn è conformismo cieco ad un preconcetto, a
un «axiQcetdo prestabilitoci’A
La fede è frutto di una dectsdone presa consapevolmente, di un giudido fedo con pfena deiiberaztone alla luce
di una verità che non si può dimostrare. •
Non è semplkemisite «scettare una detiidénie presa da
altri, . L '
Merton
nerica, ma questo è positivo: è un modo per evitare il
moralismo, una codificazione
da un lato sempre valida, dall’altro astratta di cos’è giusto e
cosa non lo è. Questo termine è
spesso usato dal Nuovo Testamento, anche se non tutte le
volte ha un significato teologico. A volte significa semplicemente «tendere un tranello,
mettere alla prova», altre, implica qualche cosa di più pericoloso, potremmo dire «diabolico». II racconto in cui il tema
della «tentazione» viene maggiormente sottolineato è quello
che apre i tre Vangeli sinottici.
In esso possiamo notare alcuni
elementi significativi:
- in tutti i tre casi le tentazioni sono poste all’inizio del ministero pubblico di Gesù, subito dopo il suo battesimo nel
Giordano e dopo che Dio l’ha
scelto apertamente quale suo
«unto»;
- il racconto del Vangelo di
Marco è molto breve rispetto a
quelli di Luca e Matteo;
- Luca e Matteo sono pressoché identici, sia come immagini
usate, sia come scansione degli
avvenimenti, sia come uso delle citazioni bibliche;
- Luca lascia «aperto» il finale
del racconto, perché ci rimanda
a un altro «tempo» o «momen
sta da due elementi: la «liberazione» e il «male». Se è abbastanza facile capire il «liberaci», più complesso è il significato di «Male». Esso può significare sia «la malvagità», sia «il
diavolo» mentre è da escludersi
l’interpretazione di «uomo
malvagio»:
a) liberaci dalla malvagità:
nell’Antico Testamento si parla
spesso di liberazione, sempre
collegandola a pericoli e mali
«immanenti» e non extrasensoriali come potrebbero essere
quelli diabolici. È interessante notare che la liturgia ebraica conosce una preghiera analoga alla nostra, vicina al Padre nostro anche nel tempo: le
«_emòné ‘e_rAh» («le diciotto
benedizioni»), in cui leggiamo
una richiesta simile (VII): «Considera la nostra afflizione, prendi per mano la nostra causa, liberaci per amore del tuo nome...». In questo senso, dunque, il «male» potrebbe legittimamente dire «dalla malvagità»
che noi possiamo subire o commettere;
b) liberaci dal Diavolo (il
«Maligno»): nel Nuovo Testamento l’elemento diabolicodemoniaco è spesso presente.
Molte delle guarigioni di Gesù
sono legate a malattie che hanno un’origine considerata diabolica; Gesù subisce le tentazioni dal diavolo; Giuda tradisce
Gesù su ispirazione del diavolo,
almeno secondo Giov. 13,27.
Dietro a questo fatto possiamo vedere sicuramente la testimonianza di una mentalità
molto diversa dalla nostra, ma
non solo. Ricordando che la
mentalità ebraica non ama le
astrazioni e che per noi riferirsi
al diavolo spesso significa scaricarsi di ogni responsabilità («la
colpa è sempre del diavolo»), i
riferimenti al diavolo nel Nuovo
Testamento mettono in evidenza resistenza di una forza negativa, generalmente incontrollabile ma drammaticamente efficace. Esiste il male fisico, che fa
soffrire e debilita, allontana e
isola; esiste il male che impedisce di ravvedersi; esiste infine il
desiderio di distruzione cieca e
assoluta dell’umanità che porta
al tradimento di Giuda, al rinnegamento di Pietro, alla folla che
grida «Barabba!» (gli stessi che
poco prima urlavano «osanna»?), a Pilato che se ne lava le
mani... queste forze vengono
definite «diavolo».
Un limite molto concreto
J L diavolo da cui chiediamo a
Dio di essere liberati è, ancora e parallelamente alla «tentazione», il limite reale di fronte
al quale non siamo onnipotenti, ma deboli. Questo non è un
limite filosofico o astratto, ma
decisamente concreto: la supplica di avere un aiuto efficace
nella nostra lotta contro il «male» che spesso è comprensibile
e spiegabile razionalmente, ma
altrettanto spesso è incomprensibile e «diabolico». Questa forza «demonica» ma radicalmente umana è quella che
l’apostolo Paolo ha descritto
neUa lettera ai Romani «il bene
che non voglio, faccio; ma il
male che non voglio, quello
faccio» (7,19).
Se questo è il «destino umano», la preghiera «liberaci dal
male...» non è altro che la richiesta a Dio di donarci lo Spirito Santo nella sua accezione
di «consolatore-difensore» di
Giovanni. Anche in questo caso
una contrapposizione netta fra
male inteso come «malvagità»
oppure come «diavolo» è anacronistica ed esagerata. La frase
di Gesù, mentre lascia in sospeso la questione, riesce a mantenere la tensione tra la «banalità
del male» e la sua forza demoniaca.
(Sesta di una serie
di sette meditazioni.
Le precedenti sono state pubblicate sui n. 28,29,30,31,32)
Nella foto: Pieter Bruegel, La torre di Babele, c. 1563, Museum Baymans-van Beuningen, Rotterdam
Perché pregare co^,
viamo in un rtiondT
discorsi
ha ormai decisamene
perato i-idea di «d^
(esso è presente so?
■■ ■ di quaich
sntalista
itefice c(
e anche 1^1
«malvagità» è spesso;
fondamentalista o hi
che pontefice con s^
dì fini) e anrhù
sa in discussione. bÌ
pensare a quanti i
ni, pur efferati i
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ti a sangue freddo''"3et»^^® ^
prontamente spiegati, ad#.“
con la malvagità mar» r3ll#°
disagio sociale, il con| jto3.50l
generazionale, l'ince' aesiiaPP
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con la responsabilità
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non esiste più e il mS ^sCh®P'
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grazia ma quasi unao ■- ,. •
strizione, il segno dim ione
buona coscienza civb eieultini'
Come possiamo défiai '
oggi il «male» dacuiG» idCmmèi
ci invita a chiedere dij (¡jaieno.!
sere liberati? Forse pe® jaoentrât
to, incapacità di acce«* ¡stacines
il limite, desiderio coitaij nnferenzc
te di seguire la correa^
Naturalmente tuttec
tengono delle sfumati:
che le rendono impreà
e incapaci di spiegaieli
parola «male», mail:»
no hanno un vantagg
quello di ampliare!
di «malvagità» e di iia|)^%sunii
dire che questa sia senili ¡«un’amp
cernente ciò che ormali iigli»> che
ventata in Italia, unacak menti, a
goria sociologica. provocaz
Gesù ci invita a ribalta onc e all
questo sentire común ettivoèsi
non per unirsi al coros» uedalpre
pre vivo dei moralisti (dt
di coloro che ritengm^^ J
poter fermare li male ni .
chiudendolo in uñases
di comportamenti pred
e facilmente identificai w alla CO
li), ma piuttosto perali^ti uc
mettere che esso è iUlii enSivideri
te assoluto»: la.nostrai li dagli a
sione ci porta a pensarei SSjidendi
poter fare il bene, lan MVerede
rità biblica ci mostrai ràfedee
la nostra indole ci porta loafanza
compiere il suo opposi ercemen
«il bene che non vogl ¡jcosì va
faccio; ma il malechem ¡vjstg^pj
Í/-V iarrirt# . V
voglio, quello faccio»,
Gesù ci vuol far capi^
che essere cristiani signi ,
ca essere persone chesp “»nian
rano fortemente in Di ™ecom>
che credono fortemei Mtareipi
che egli metterà in prati ®oilmo
ciò che oggi è ancorasi rossiamc
promessa, ma anche pa ienza ine
sone che si rendono coni iù che il \
che molto è fuori dal end,degl
nostra portata. E ciò eli« stcentual
più lontano da noi non ippdcg^jc
tanto quello che noni» ijigjjy j
siamo fare (il nostro fj« ’
do, sotto molti punti dii .
sta può fare dei «nw® ¡n.i .
li», soprattutto se trova A® fede.
investimenti econom
necessari) ma ciò cheta piena
sciamo a fare eg
mo agire «bene» eppt* ^^16 6
causiamo sofferenza. Prima(jj
non è possibile fare a» ¡fjm ,
darci «perche lardiaoi
si», ci si dovrebbe do^
dare se la nostra pet^ Xymr^*
sità nel farlo non è
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te radicato nell
umana il «male». . jìAj,
dal «maligno»
aiutaci a resistere, a £^to:il
essere sempre e tot” TOnza,
mossi da quella pad ttileeji
noi stessi che ci spav«"’
ma ci rende schiavi. ®0n(io «
tei i. *,
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approfondii® contrai'
Dietritl“‘^Aai
E. Bethge. tJ^OA '
Bonhoeffer, .Qq5,r7^—
sistema, Claudiana,
-E.eR. BethgeJWif^l
lettere dalle Resi
Claudiana, 2001.
- N. Kazantza^ .„eli
= tantarinne, l"’ L.
ma tentazione,
1987.
- G. Plescan.
sul diavolo, Claudia
5
PAG. 5 RIFORMA
Si è svolta a Brighton (Inghilterra) dal 25 al 31 luglio la XVIII Conferenza mondiale metodista che si riunisce ogni 5 anni
jQ appello ad avere una visione globale della salvezza di Dio
a¡ partecipato 5.500 persone provenienti da 108 paesi George Freeman è subentrato a Joe Hale al posto di segrefário generale del
isiglio mondiale metodista. Fra i temi discussi: Corea, giustizia economica, solidarietà per il presidente macedone Trajkovski, ecumenismo
cosi}:
mondo
isamente
‘ «diavji
he I':
spesso
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BENECCHI
Consiglio mondiale
StasièsvoltaaBrigh
I“,";? «Ä persone da 108
,3.500 persone
-■ l'¡nceíTesi rappresentanti di 74
^no sai Sedie hanno radici wed educai le.Ulema clella confe^ocietii LiGesù, la via della sallo rutti di pio»-Il Consiglio
’ ® ol'ef» indiale metodista (Cmm)
‘f“'«Jffnel 1881 nella We.
° VsChapel, a Londra. Oggi
¡a^nl”-'* «»senta circa 36 milicini
lasrun'a!' Sodisi* su unapopolatgno ® tone di circa 70 milioni; una
tnza ielle ultime denominazioni
no defijisleyane ad essere accolta
da cuiiw (IQnm è stata la Chiesa del
edere di« lizareno. In questa sessione
Forse paca no ©trate la Chiesa rnetodi accettji ¡sta cinese in Australia, la
lorio costil ¿enza metodista delle
la correnti! ^as, la Chiesa metodi
■ adelBan^adesh, la Chiesa
■ etodista della Colombia.
La Conferenza mondiale
/'’S ®i riunisce ogni
«nta S Se dimi. Non si tratta di
Diiare 1^ ipemblea legislativa, ma
•> e di im «assume le caratteristiche
a sia senili Iwm’ampia riunione di fahe ormai i iigli®> che ofíre spazio a inia, una cat nentí, a spunti di dibattito
ica- provocazioni, alla meditaa a ribatoi ¡qm e alla preghiera. L’o'e comui! lettivo è stato ben messo in
al coros» jpddpresidente del comioralistiltii programmazione:
itengonoi y^jovare e consolidare il
ri una Mi metodista. La Confelenti preó iza è importante perché
identificai fe alla Comunità dei partesto pera! iSVti una possibilità di
;so è il «i piévidere, di imparare gli
a,nostrailitii dagli altri che cosa sta
a pensarei ¡»adendo nel mondo e di
oene, la» severe delle sfide alla promostra á (iafede e alla propria testile ci porta loaianza». Un’occasione
IO opposi 5, cementare questa famihi Is così variegata dal punto
faccio» spirituale, culturale,
I far capi ®'i®tico, per ricercare un
tiani signì f""®® otientamento di teme chesp Wonianza ed elaborare
nte in Di comuni linee per affortemeii ®hre [problemi che travarà in prati ISDO il mondo,
ancorasi fossiamo dire che la Conanche pi tema mondiale metodista
idonocoiji 111 che il trionfo dei docufuon enti, degli atti formali, delle
' ^ ni°noii ®thuali di votanti, delL”non pi ^i’^’^ione di rigidi ordidi co
punti'il' propria voca
le! «mW <ii mstiani, è la festa
. setrovaj “™tede, della preghiera, è
economi Ppsto dove lo Spirito aleg
ciò cheli ^mpienalibertà.
w^vorrfl della guardia tra
ie» epp« Hale e George Freeman
/fare al* informare breverío iJ argomenti prin
i) dei seminari,
he dof .CPPtRilavoro, occorre
pregare* ¡. .aata al cambio della
jbe doiiw I a m vertici del Consiit*! metodista. Con
^ 1 ^“ttlerenza il rev. Joe
M°"?(tePi ** posto di
^'liberi S8tam°i^®’^®Fale al quale
wJS£°®i«ttonell976.llse
-ere, a ** t"omen
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ci spave*' i^.„®“t^abile, che ha
ia''l- Sa® predicato in tutto
Sii» spesso addentranBdeiti u “ttP^rvie, per di2,« pace e la giustizia;
pienamente la lotici
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fiSÌL''*®''''"®"'*
Pro
l^adìo
(diana.
L. 10.000
L. 20.000
L. 20.000
Il corteo delle delegazioni che hanno partecipato alla Conferenza
lavoro ecumenico e ha incontrato e parlato con molti
leader religiosi in tutto il
mondo mettendoli in dialogo
fra di loro.
Aveva compiuto ben 35
viaggi in Terra Santa e ultimamente con quale dolore ci
confidava di non riuscire a
intravedere grandi segni di
speranza all’orizzonte. Joe, di
cui ero fiero di essere amico
fin dagli Anni 60, ha per tutti
questi anni corso ogni rischio
per tenere alta la bandiera
della pace cristiana e della
giustizia. Non ho sempre
condiviso la sua interpretazione deH’ecumenismo; mi è
capitato di contestargli in
pubblico la partecipazione
del Consiglio mondiale all’apertura delPAnno Santo, forse non sono riuscito a fargli
capire le ragioni di un metodista italiano che vive e sperimenta un ecumenismo così
diverso da quello americano,
ma mi ha stimato ancora di
più per la mia franchezza.
In un clima di generale
commozione è stato attribuito a Joe Hale il premio «World
Methodist Peace Award», precedentemente attribuito a
Nelson Mandela, Kofi Annan,
Mikhail Gorbaciov. Il nuovo
Segretario nominato è il rev.
George H. Freeman, un popolare predicatore della Virginia
ed esperto amministratore al
quale auguriamo un lavoro
proficuo e benedetto dal Signore. Desidero far giungere
un pensiero di riconoscenza a
Francés Alguire, che in questi
anni ha svolto con grande
competenza l’incarico di presidente del comitato esecutivo del Consiglio mondiale
metodista, di cui il sottoscritto ha fatto parte per cinque
anni. La ricordo come l’incarnazione di una fede umile che
ti abbraccia e così ti saluta:
«Spero che tu tomi a casa con
nuovi amici, e che porti con te
il messaggio di Gesù Cristo».
La salvezza di Dio
Ora vorrei rendere conto di
alcuni fra i moltissimi argomenti affrontati nel corso
della Conferenza. La predicazione del pastore astrofisico
David Wilkinson ha dato il
tono ai lavori della Conferenza rivolgendo un appello a
tutte le chiese e a tutte le culture affinché abbiano una visione più ampia della salvezza di Dio, che tenga conto dei
problemi globali e non solo
individuali e localistici. La visione di molti cristiani è troppo angusta. La via della sal
vezza di Dio comporta per i
credenti il farsi carico dei
problemi sociali e politici del
mondo. L’oratore ha elencato, fra l’altro, la violenza razzista, ogni sorta di pulizia etnica, la persecuzione dei cristiani dove sono minoranza,
la lotta contro l’Aids. La soluzione del grave problema dei
debiti dei paesi poveri è un
momento essenziale verso la
costruzione di un mondo
economicamente più giusto.
Tutto questo deve essere
accompagnato da un cambiamento, oltre che della politica, anche della nostra vita
personale. Molto spazio deve
essere dedicato al crescente
pluralismo culturale e religioso, fenomeno nel quale i metodisti devono essere in prima
linea. Su questi e altri temi,
fra cui sul decennio contro la
violenza, sono stati presentati
e approvati importanti documenti che in questa sede non
possiamo riprodurre per ragioni di spazio. Penso che,
però, sia utile dare una qualche altra breve informazione
su interventi specifici.
Corea
Alla Conferenza è stato presentato dalla Chiesa metodista coreana e dai vescovi della
Chiesa metodista unita un
appello scaturito da un incontro congiunto sul tema
«Pace e riunificazione» per
chiedere di porre fra le priorità il sostegno della riunificazione della due Coree. Dopo ampio dibattito l’appello è
stato accolto e ora saranno
prese tutte le iniziative utili
per realizzare questo progetto
che da tempo le chiese metodiste coreane caldeggiano.
Giustizia economica
La Conferenza ha approvato un documento intitolato
«Verso un’economia globale
più giusta, èqua e sostenibile». Ci si rivolge in questo caso al «Popolo chiamato metodista» perché si impegni a rispondere al grido di aiuto che
giunge da crescenti moltitudùti in tutto il pianeta, prigioniere del circolo vizioso della
povertà e dell’ingiustizia.
Sebbene ci sia opulenza in alcune parti del mondo, una
percentuale sempre maggiore
di popolazione è esclusa dai
benefici della nuova economia. Il documento affronta i
problemi generati della globalizzazione. Il Comitato esecutivo, riunito subito dopo la
Conferenza, ha fra l’altro inviato ima lettera al presidente
George W. Bush incoraggiandolo ad impegnarsi a favorire
il processo di Kyoto.
Solidarietà per Trajkovski
L’assemblea ha chiesto di
inviare una lettera per esprimere la propria solidarietà in
preghiera a Boris Trajkovski,
presidente della Macedonia e
predicatore locale metodista.
La lettera è stata inviata e durante la settimana è giunto un
messaggio del Consilio mondiale metodista della Macedonia che condannava la violenza e il conflitto, facendo
appello ai membri delle .chiese metodiste di tutto il mondo
affinché premano sui loro governi e, attraverso i loro rappresentanti, sulle comunità
internazionali affinché esse
facciano il possibile per trovare una giusta soluzione riconoscendo le necessità e i diritti di tutte le parti coinvolte nel
conflitto. Si chiede che l’aiuto
internazionale sostenga in
particolare tutte le agenzie e
le organizzazioni che in Macedonia lavorano con metodi
non violenti in vista del mutuo rispetto, e per una ritrovata reciproca fiducia e coesistenza pacifica.
Ecumenismo
Da venticinque anni si
svolge il dialogo teologico fra
la Chiesa cattolica romana e
il Consiglio mondiale metodista. Ogni cinque anni in occasione della Conferenza
mondiale metodista si presentano i risultati. Puntualmente alla Conferenza 2001 i
risultati dei colloqui sono
stati presentati in una pubblicazione intitolata: «Teaching Authority among Catholics and Methodists». II ministero dell’insegnamento
nella chiesa, o dell’autorità
nella chiesa è un tema non
facile, molto controverso, e i
membri della commissione
l’hanno affrontato con coraggio, sperando nella guida dello Spirito Santo. Speriamo di
parlarne per esteso in una
prossima occasione. La Conferenza ha accolto questo
rapporto prendendo atto delle significative differenze tra
le due denominazioni cristiane, ma compiacendosi del
fatto che tutti questi anni di
dialogo abbiano permesso di
consolidare un proficuo comune terreno di dialogo.
La delegazione italiana era
composta dal presidente del
Comitato permanente Opcemi e dalla vicepresidente Daniela Manfrini, eletta nel Comitato esecutivo al posto del
presidente per compiuto
quinquennio.
Il logo del Cmm
Approvato dal Parlamentó un emendamento alla vecchia legge del 1869. Soddisfazione delle chiese
Donne cristiane in India: stessi diritti degli uomini in caso di divorzio
Le chiese dell’India hanno
accolto con soddisfazione i
cambiamenti adottati di recente dal Parlamento che
rendono «eque per le donne»
le leggi riguardanti il divorzio
per i cristiani. Infatti un emendamento della legge del
1869 sul divorzio, approvato
dalla Camera bassa del Parlamento il 30 agosto scorso, dà
alle donne cristiane diritti simili a quelli degli uomini in
caso di divorzio. Secondo la
legge, che risale al regime coloniale britannico, un tribunale civile concedeva il divorzio a un marito cristiano se
c’erano adulterio, o abbandono del domicilio coniugale, o cambiamento di religione, o crudeltà da parte della
sposa. Ma per quest’ultima
era necessario provare diversi di questi fattori prima di
ottenere il divorzio e questo
rendeva il procedimento praticamente impossibile.
«La clausola discriminatoria era stata forgiata su misura per dei funzionàri cristiani
del regime coloniale in India
[il che impediva alle spose indiane di questi funzionari di
divorziare facilmente]», ha
spiegato all’agenzia di stampa Eni Jyotsna Chatterji, direttrice del Gruppo d’azione
delle donne cristiane che ha
proposto questi emendamenti alla fine degli Anni 80.
«Ma, anche dopo l’indipendenza, i governi che si sono
succeduti hanno rifiuta- to di
emendare questa clausola arcaica - ha aggiunto Jyotsna
Chatterji, membro della Chiesa dell’India del Nord -. Siamo pertanto molto felici che
finalmente le donne abbiano
ottenuto diritti uguali in materia di divorzio».
L’emendamento cambia
anche due clausole della legge
riguardanti la comunità cristiana: sopprime l’ammontare massimo nelle richieste di
pensioni alimentari e limita a
due mesi il tempo concesso ai
tribunali per fissare l’ammontare di pensioni alimentari
preliminari per la sposa e di
assegni per i figli durante la
procedura di divorzio. In una
dichiarazione comune pubblicata il 2 settembre, le chiese indiane hanno qualificato
la legislazione di «tappa nella
lunga lotta della comunità cristiana». Questa dichiarazione
è stata firmata dal Consiglio
nazionale delle chiese dell’India, che riunisce 29 chiese ortodosse e protestanti, dalla
Conferenza episcopale dell’
India e dal Gruppo d’azione
delle donne.
Suzy Mathews, presidente
del Consiglio delle donne cristiane di tutta l’India (che è il
dipartimento «donne» del
Consiglio nazionale delle
chiese dell’India) si è congratulata per questo emendamento «benvenuto» per le
cristiane: «Anche se i cristiani
non dovrebbero divorziare,
esso sarà una benedizione
per le donne confrontate a situazioni estremamente difficili», ha detto. Secondo Jyotsna Chatterji, le Corti supreme di diversi stati hanno
abrogato la legge sul divorzio,
giudicata «incostituzionale»,
ma il governo federale si è
mostrato «restìo a introdurre
cambiamenti senza il consenso delle chiese». Anche dopo
l’indipendenza nel 1947, l’India ha continuato ad applicare le leggi «individuali» riguardanti il matrimonio, leggi
basate sui codici di ogni comunità religiosa che erano
state stabilite dai governi coloniali britannici. I governi federale e locali erano stati restii a modificare queste leggi
senza l’assenso della comunità religiosa interessata.
Nel 1989, commosso dalla
situazione di molte donne
cristiane «rinchiuse in matrimoni fallimentari», il Gruppo
d’azione delle donne ha sottomesso un progetto di legge
al governo in vista di sostituire le leggi individuali sul matrimonio, ha spiegato Jyotsna
Chatterji. Ma il ministero della Giustizia si è dichiarato incapace di proporre questo
progetto al Parlamento senza
l’approvazione delle chiese. Il
Gruppo ha quindi presentato
il progetto alle chiese, e il
Consiglio nazionale delle
chiese e la Conferenza episcopale hanno organizzato
diversi incontri ecumenici a
questo riguardo. Una commissione di esperti di diritto
canonico, di giuristi, di donne
militanti e di responsabili di
chiesa, è riuscita a raggiungere un consenso e a presentare
al governo, nel 1994, quattro
progetti di legge della comunità cristiana sul matrimonio.
il divorzio, la successione e
il’adozione.
Nel presentare l’emendamento più recente al Parlamento il ministro della Giustizia federale, Arun Jaitely,
ha sottolineato che il governo
apportava «dei cambiamenti
appropriati alla legge sul divorzio, sopprimendo le difficoltà per le persone interessate» dato che «la decisione di
sopprimere questa disuguaglianza tra i sessi non aveva
incontrato opposizione».
Padre Donald de Souza, segretario generale aggiunto
della Conferenza episcopale,
ha detto che «la Chiesa cattolica si congratula per questo
emendamento molto atteso e
necessario. Anche se la Chiesa
cattolica è contraria al divorzio, non volevamo bloccare
un procedimento riguardante
l’uguaglianza fra i sessi e l’ottenimento del “divorzio con
consenso reciproco”, richiesto da altre chiese cristiane»
precisando che «in un grande
paese come l’India, dove il divorzio è riconosciuto da diverse chiese cristiane, non è
intenzione della Chiesa cattolica opporsi all’iniziativa.
6
PAG. 6 RIFORMA
■ I ncordi di un pastore metodista americano, per varie estati predicatore a Parigi
La ricerca spirituale di Albert Camus
Nel discorso pronuncioto al termine del Sinodo, il moderatore ho fatto riferimento al celebre
scrittore francese. Pochi sanno del suo interesse per lo predicazione evangelica e la Bibbia
CIOBCIOBOUCHAHD
IL discorso che il moderatore ha pronunciato al termine del Sinodo' mi ha fatto
venire in mente un libro
straordinario" che da tempo
desideravo condividere con i
lettori di Riforma: Howard
Mumma è un pastore metodista deirohio (Usa), laureato a Yale, il quale negli Anni
50 ebbe la ventura (o la chiamata?) di passare varie estati
in Europa quale predicatore
della Chiesa americana di Parigi: nel corso degli anni, ha
così avuto qualche incontro
con Jean-Paul Sartre e molti
colloqui con Albert Camus:
questi colloqui erano confidenziali e solo ora, superata
la soglia dei novant’anni, il
pastore Mumma sente il dovere di consegnare ai posteri
gli appunti, un po’ rielaborati, di quegli incontri.
Ma andiamo per ordine:
siamo negli Anni 50, in piena
guerra fredda. Mumma comincia a predicare a Parigi in
un periodo in cui il celebre
organistà Marcel Dupré accompagna i culti nella chiesa
americana: le prime domeniche il giovane pastore vede
dunque, estasiato, la chiesa
stracolma di gente, e ciò proprio nel cuore della laica Parigi". Dopo un mese, Dupré
conclude il suo servizio e l’affluenza al culto si dimezza:
ma in fondo, un po’ nascosto,
c’è un signore di mezza età,
vestito di scuro, che ascolta
attentamente e prende appunti: poi all’uscita, mentre
Mumma saluta i suoi «parrocchiani», quell’uomo è là
fuori, circondato da una piccola folla che gli chiede l’autografo; improvvisamente lo
sconosciuto pianta in asso i
suoi fans, tende la mano al
pastore e gli dice: «Grazie per
il culto». Mumma, da buon
pastore, gli chiede: «Lei chi
è?». Risposta: «Sono Albert
Camus. Le scorse domeniche
sono venuto per Marcel Dupré, oggi sono venuto per
sentire lei. Possiamo pranzare insieme domani». Il pastore è stupefatto: in America
Camus ha fama di comunista,
comunque è un esistenzialista, e come tale sicuramente
ateo. Cosa va cercando?
Il giorno dopo Camus arriva puntuale, accompagnato
da un interprete perché non
è molto sicuro del proprio inglese: porta il pastore in una
trattoria di campagna, e dà
l’avvio a una serie di dialoghi
indimenticabili; chiede al pastore di raccontargli la sua
storia spirituale, e poi racconta la propria: l’infanzia di
orfano povero in Algeria, la
tubercolosi, la guerra, il mito
stalinista e il suo crollo. Conclude: «Sono un uomo deluso
ed esausto; cerco qualcosa in
cui credere; è impossibile accettare che la vita non abbia
un senso». Il colloquio è durato quattro ore.
Per tre settimane, Camus
viene in chiesa ogni domenica, ma scappa prima della fine del culto; si presenta tuttavia puntuale al secondo appuntamento: questa volta
porta Mumma a pranzo a
Montmartre, gli dà del «tu» e
subito tira fuori gli appunti di
uno dei suoi primi sermoni,
sulla Genesi: «Ho controllato
sulla Vulgata il racconto di
Eva e del serpente». «Ma come, non hai una Bibbia in
francese?». «No, ho solo la
Vulgata che un prete mi dette
da ragazzo». Il pastore cerca
di dargli una spiegazione
convincente della storia del
peccato originale, poi gli procura una buona traduzione
francese. Ma Camus scompa
re: non lo si vede neanche
più al culto. Una sera, improvvisamente, telefona: «Ho
letto tutta la Genesi e l’Esodo,
e trovo affascinante la marcia
verso la Terra promessa; il
Levitico e i Numeri, invece, li
trovo francamente noiosi. Ho
bisogno di parlarti».
Segue un nuovo pranzo a
Montmartre, dove Camus copre Mumma di domande:
«Questi racconti sono storicamente esatti? In che senso la
Bibbia è Parola di Dio?». Il pastore dimostra un certo coraggio: «Caro Albert, tu non
puoi leggere la Bibbia solo da
un punto di vista intellettuale». Al quarto pranzo (servito
nella casa pastorale da un
esule della Repubblica spagnola) Mumma muove all’attacco: «Albert, non hai mai
avuto prima qualche interesse
per la fede cristiana?». La risposta è rivelatrice: i colloqui
spirituali più intensi, Camus li
ha avuti quindici anni prima,
con Simone Weil, quando lei
si stava orientando verso Dio,
ma al di fuori della cristianità
istituzionale'. Poi Camus torna a parlare di se stesso: «Ho
fatto un sacco di soldi interpretando l’angoscia della gente; ma ora non sono più convinto delle idee che stanno alla base dei miei libri: e questo
fatto mi deprime».
Pochi giorni dopo, Camus
arriva una sera all’improvviso:
«Passavo di qua, ho visto le
luci accese». A Mumma che
gli racconta i suoi due incontri con Scirtre, Camus precisa:
«Sono enormemente debitore
a Sartre, ma adesso le sue risposte non mi soddisfano più.
vero che torni in America?».
«Sì». «Mi dispiace, perché i
nostri colloqui e i tuoi sermoni sono stati molto importanti
per me. Tornerai Tanno prossimo?». «Sì, la Chiesa americana me Tha proposto».
E così il dialogo va avanti
per qualche anno. Intanto,
Camus ha letto tre volte l’Antico Testamento, dove si è riconosciuto in Giobbe, ma anche in Giona. Nel Nuovo Testamento, si ritrova, esitante.
Albert Camus
in Nicodemo. Nel 1959 arriva
il colloquio finale: «Sartre thi
ha insegnato che l’uomo è
solo, ma i tuoi sermoni e la
letmra della Bibbia mi hanno
convinto che non siamo soli
al mondo: c’è una realtà invisibile, che ci trascende: non
so se è una realtà personale, e
certamente non la posseggo:
io sono soltanto un pellegrino». A questo punto il pastore prende coraggio: «Tu stai
cercando la presenza di Dio
stesso». La risposta è stupefacente: «Howard, sono pronto,
saresti disposto a battezzarmi?». Il pastore (doveva avere
letto i regolamenti valdesi)
replica: «Ma tu sei già battezzato: caso mai puoi fare la
confermazione».
La risposta arriva netta:
«Non sono pronto a diventare
membro di una chiesa [come
la povane Simone Weil, ndr],
non posso appartenere ad alcuna chiesa. Per me battesimo o confermazione potrebbero essere solo una cosa
personale, qualcosa tra me e
Dio. Non potresti farlo tu qui,
tra noi due?». Il pastore (questo Mumma deve proprio
avere nelle vene un po’ di
sangue valdese) opta per un
rinvio: «Continua a studiare
la Bibbia, ne riparliamo Tanno prossimo». Ma non c’è
stato alcun «anno prossimo»
e Camus deve averlo oscuramente intuito: vorrebbe accompagnare Mumma all’aeroporto, ma per questo c’è già
il Consiglio di chiesa, schiera
to al completo. In fondo, per
ultimo, c’è però Camus: guarda il pastore negli occhi, e poi
gli dice: «Amico mio, mio caro, grazie! (...) continuerò a
lottare per avere la fede» (/
am going to keep strivingfor
Faith). Pochi mesi dopo, Camus si schianta contro un albero mentre viaggia ai cento
all’ora con il suo editore, Gallimard. Il pastore (ma questo
Mumma deve proprio essere
un valdese) si sente colpevole
di questo «suicidio» e pensa:
forse dovevo battezzarlo. E,
da buon americano, conclude: I failed Camus, ho «mancato» Camus.
A questo punto, cari lettori
di Riforma, pianto in asso
l’articolo e provo a mandare
una e-mail al pastore Mumma (che intanto ha compiuto
92 anni, devo sbrigarmi), e
gli dico: caro collega, non
sentirti colpevole: il compito
che Dio ti aveva affidato non
era di «salvare l’anima» di
Camus (lo dici tu stesso)", il
tuo compito era simile a
quello di Eliseo di fronte al
nobile pagano Naaman": non
«salvargli l’anima», ma solo
aiutarlo a rendergli una fedele testimonianza. E questo tu
hai fatto. Grazie. E grazie per
avercelo raccontato.
(1) Vedi Riforma n. 35, p. 3.
2) Howard Mumma: Albert Camus and thè Minister. Brewster
(Massachussets), Paraclete Press,
2000. Ringrazio di cuore Frank
Gibson che me Tha tempestivamente procurato.
(3) La Chiesa americana è sul
Quai d’Orsay.
(4) Questo è forse il motivo per
cui Camus non sembra aver parlato dei suoi numerosi colloqui
con i pastori di Chambon-sur-Lignon (Trocmé, ecc.), colloqui di
cui secondo Goffredo Poti {Le
nozze coi fichi secchi. L’ancora,
1999) v’è ampia traccia nel romanzo La peste: si trattava certo
di uomini di punta, ma apertamente legati alTistituzione ecclesiastica (la Chiesa riformata di
Francia).
(5) «Non ero di certo preoccupato per la sua anima: Dio gli
aveva riservato un posto speciale, ne ero certo», p. 96.
(6) II Re 5.
i Un incontro «letterario» a Bisaccia
Protestanti in Irpinia
tra fede e impegno sociali
GIOVANNI SARUBBI
1 protestanti, questi sovversivi. È stato questo il leit
1CÍ
motiv delTincontro organizzato dal «Parco Letterario F.
De Santis», per la serie «Incontri al caffè letterario», venerdì 24 agosto a Bisaccia, in
Irpinia. L’incontro si è svolto
a partire dalle 18,30, al Castello ducale di Bisaccia. Il
tema delTincontro è stato:
«Protestanti in Irpinia, tra testimonianza della fede e impegno sociale». Sono intervenuti i pastori battisti Anna
Maffei e Massimo Aprile, che
haimo tenuto rispettivamente una relazione sulla storia
dei protestanti in Irpinia e
una illustrazione della fede
protestante. C’è stato poi un
intervento del prof. Fiorenzo
lannino, che ha parlato delle
persecuzioni subite dai protestanti durante gli anni scelbiani, e un redattore della rivista «Quaderni irpini».
L’incontro è stato moderato da Lucia Castelluccio, figlia del compianto pastore
Donato Castelluccio, figura
luminosissima del protestantesimo irpino che è stata ricordata in tutte le relazioni. Ricordata anche la figura
della moglie del pastore Castelluccio, che ha svolto un
ruolo molto importante per
l’emancipazione delle donne
deU’Irpinia. Molto numerosi
i presenti, nonostante un
tempo non favorevole, sia
della chiesa battista di Bisaccia sia di persone di altre
confessioni religiose.
La presenza protestante in
Irpinia, ha sottolineato Anna
Maffei nel suo intervento, risale alla fine del 1800. Si è‘
trattato di un fenomeno legato alla emigrazione massiccia
di quegli anni verso gli Stati
Uniti d’America. Furono quegli emigranti che, al loro ritorno in patria, portarono le
prime Bibbie tentando di
condividere con i loro familiari la fede cristiana appresa
negli Usa. Non semplici furono i rapporti con i vescovi irpini della chiesa di Roma che
non hanno esitato a ricorrere
al più duro ostracismo nei
confronti dei predicatori
evangelici. Nel igjn
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Con Herbert Haag scompare un teologo scomodo e libero
è spesso svolto sulla staiD
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PAUOTOCNINA
morto Herbert Haag, ese
geta e studioso cattolico
dell’Antico Testamento, docente e studioso attento al
rapporto tra magistero e ricerca teologica, strenuo difensore della libertà di tale ricerca e critico commentatore
degli sviluppi in atto nella
sua chiesa. Il pubblico di lingua italiana lo ha conosciuto
soprattutto negli Anni 60 e
70, quando le editrici Queriniana, Paoline e Mondadori
hanno tradotto, oltre ad alcuni suoi saggi esegetici e biblici, i suoi controversi studi sul
peccato originale, sull’esistenza del diavolo e sul male.
Herbert Haag si è sempre
occupato dei problemi della
divulgazione dei risultati della ricerca biblica e si è sempre rifiutato di separare la ricerca scientifica dal compito
dell’annuncio e della predicazione. In anni più recenti
ha avanzato alcune proposte
di riforma della struttura della Chiesa cattolica raccolte
in Den Christen die Freiheit
(1985) e riprese nell’autobiografico Mein Weg mit der Kirche (1991), e si è chinato sulla
questione del ministero ordinato in saggio Worauf es
ankommt - Wollte Jesus eine
Zwei-Stànde-Kirche? di cui
ho curato l’edizione italiana,
uscita nella primavera scorsa
per i tipi della Claudiana editrice di Torino.
Il nome di Herbert Haag è
spesso apparso anche in calce a dichiarazioni e manifesti
comparsi negli ultimi trenti
anni nella Chiesa cattolica.
Nel 1968 firma l’appello A favore della libertà della teologia, con Hans Kung, Yves
Congar, Karl Rahner ed Edward Schillebeeckx, che rivendica la libertà della ricerca e chiede la libertà di espressione per i teologi; nel
1972 firma la dichiarazione
Contro la rassegnazione, che
critica la prassi della nomina
segreta dei vescovi, la scarsa
trasparenza dei meccanismi
decisionali ecclesiastici, il riferimento della gerarchia alla
propria autorità e alTobbligo
di obbedienza, la mancanza
di collegialità, l’insufficiente
considerazione dei laici e del
clero inferiore; nel 1989 firma
la Dichiarazione di Colonia,
promossa da Norbert Greinacher e Dietmar Mieth, che
critica di nuovo la prassi seguita nell’elezione dei vescovi, la sottrazione del diritto di
concedere o revocare il permesso d’insegnamento ai
professori di teologia da par
te di Roma ai danni dei vescovi locali di tutto il mondo,
il tentativo di elevare la dottrina ecclesiastica sulla regolazione delle nascite al rango
di verità rivelata.
Uno dei nodi su cui Herbert Haag insiste è quello del
rapporto tra ricerca teologica
(e libertà di tale ricerca) e autorità del magistero. In questo senso è rivelatrice l’istruzione della Congregazione
per la dottrina della fede, del
maggio 1990, Sulla vocazione
ecclesiale del teologo, nella
quale si afferma che il magistero è «l’unico autentico interprete della parola di Dio» e
che eventuali dissensi di teologi possono portare alla revoca del permesso d’insegnamento. Numerosi teologi, tra
cui di nuovo anche Herbert
Haag, rispondono con la Dichiarazione di Tubinga
(1990), in cui si afferma che
l’istruzione vaticana costituisce «un attacco alla libertà
della teologia e alla libertà
delTintero popolo di Dio».
Nel 1985 Herbert Haag ha
creato una Fondazione, che
porta il suo nome, «per la libertà nella chiesa e al servizio
di una fede cattolica aperta
ed ecumenica». La Fondazione ha premiato, tra gli altri,
Leonardo Boff, la redazione
del settimanale Publik-Forum, Eugen Drewermann, il
vescovo Jacques Gaillot, il
movimento internazionale
«Noi siamo chiesa» e il teologo Dietrich Wiederkehr.
Nell’ultimo decennio Herbert Haag ha proseguito la
propria attività pubblicistica
intervenendo sul fenomeno
dell’abbandono della chiesa
da parte di molti fedeli e sacerdoti, della scarsità delle
vocazioni, della questione del
celibato obbligatorio per i sacerdoti, della necessità di un
rinnovamento liturgico, del
rispetto dei diritti umani nella chiesa. Più volte ha polemizzato con il vescovo di Basilea Kurt Koch su questioni
relative alla morale sessuale e
sul ministero ordinato. Il dibattito con il vescovo Koch si
quotidiana svizzera e —
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La riconoscenza
delle chiese
Nel corso del Sinodo la chiesa tutta ha espresso la proria riconoscenza ai quattro pastori che quest’anno sono
^sati all'emeritazione. Abbiamo cercato di farci racconre da loro come hanno lavorato nella chiesa e, poiché
f tto formale dell'emeritazione non significa cessazione
Aell'attività, abbiamo chiesto loro che cosa faranno
All’immediato futuro. E abbiamo scoperto che questo viancora di servizio e di studio. Sergio Aquilante si occuperà ancora del progetto di organizzazione della «chiesa
iiurisede» di Palombaro, Pescara, Fermo-Porto San Giorno e lavorerà a un libro: un racconto dei pensieri, dei prommi, degli avvenimenti con i quali si è incontrato durante il suo ministero; Franco Becchino rinvia la decisione
nerché per il momento pensa all’anno di servizio, per il
amie ha dato ulteriore disponibilità alla Tavola valdese,
Alla Chiesa metodista di Savona; Gino Conte invece viaggerà tra Firenze e la Biblioteca della Facoltà di teologia a
\oma, per curare la pubblicazione di alcuni testi luterani
sulla questione del battesimo e Ruben Vinti, ora residente
alusema San Giovanni, oltre a dare il proprio contributo
alla chiesa locale, ritornerà sull’argomento della propria
tesi di laurea, che verteva sul pastore valdese Giuseppe
Banchetti e i suoi rapporti con il cristianesimo sociale.
(Alberto Corsani)
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Ripercorrere le tappe del
ministero di Sergio Aquilante
lignifica cogliere uno snodo
storico per le chiese metodiste e valdesi. Ma prima di arrivare agli anni che hanno
portato edl’integrazione è giusto riandare al tempo in cui la
vocazione del Signore si è
manifestata, ben intrecciata
con il radicamento sociale.
«Richiamerei - dice Aquilante
-lamia esperienza nella Palombaro della stagione in cui
anche per me cominciavano
amaturare le scelte. Da un lato la comunità con la predicazione del mondo nuovo di
Dio aperto da Gesù (il «Regno
di pace, di giustizia e amor»
del vecchio inno); dall’altro la
realtà, con le pesanti ristrettezze di allora, soprattutto
conia mancanza di lavoro
che desse un reddito sufficiente, e perciò con la costrizione alle “partenze": per
l’estero, per le grandi città
specialmente del Nord. La
domanda ricorrente era: perché queste lacerazioni profonde nelle famiglie, nelle
amicizie? E, ancora con più
rabbia, se l’Italia è una (e per
questa Italia "una" tanto hanno lottato anche i miei padri
nella fede), perché al Nord
c è lavoro, ci sono possibilità
^ sistemazione, e qui, a Palombaro, nel Mezzogiorno,
no? Perché questa tragica incertezza di futuro? È il destino? Oppure è l’opera dell’uomo? La conseguenza di un
^0 tipo di organizzazione
economia, della politica.
ccc? Cantare quel vecchio inno («contro ogni mal che
,?°ni travaglia all’opra»: «chi
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® affatica ad estirpare il mal,
oogli alleati la falange aumenta del nemico fatd»), si
impegnarsi nell’annneio dell’Evangelo della
^vezza e della libertà, e neltestimonianza del mondo
uovo di Dio, dentro i nodi
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preventivi a richiesta
trasporti per
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nttrezzatura con autoscala
operante all’esterno fino
a 43 metri
TRASLOCHI
Belfiore 83 - Nichelino
Telefono 011-6270463
•'-iÌlS^noe fax 011 -6809298
che le coinvolgeva nella direzione dell’integrazione, e
qui il bilancio che fa Aquilante è in realtà anche una
proposta valida per oggi e
domani. «A me pare - dice che in tutti questi armi, nelle
comunità, nei Sinodi, nelle
Conferenze, nei campi di
studio per la gioventù, a
Ecumene, ecc., lo sforzo sia
stato di evitare che l’amore
per la “nostra patria terrena”
(come la chiama Giorgio
Bouchard) si trasformasse in
“nazionalismo”, e la “gelosia” per la piccola tribù metodista in “denominazionalismo” (confini rigorosamente
tracciati e ben sorvegliati, al
di qua dei quali leggere, valutare, decidere sempre a
partire da se stessi). Pur tra
debolezze di analisi, fughe in
avanti e passi indietro, posso
dire che nel nostro ambiente
non sia mai venuta meno la
“fatica” per il dialogo, per
l’unità dell’evangelismo italiano e la crescita di una Italia “aperta”. Il desiderio di
portare, con le proprie forze
(modeste assai), un contributo; a) nell’edificazione
della “unità della chiesa” (in
questo quadro, il patto di integrazione delle chiese vaidesi e metodiste: un segno
originale di unità che, nonostante certe incomprensioni
e frettolose interpretazioni,
ha messo radici profonde,
ponendo in essere un reciproco scambio di idee, elaborazioni, tradizioni, e quindi un vicendevole arricchimento); b) nella costruzione
di un’Italia della democrazia
e della giustizia (in questo
quadro, il tentativo di trasformare le varie “valli di Baca”, di cui al Salmo 84, attraverso le nostre opere “di
azione sociale”, e la stessa
lunga battaglia per l’applicazione dell’art. 8 della Costituzione repubblicana. Sottolineerei che l’attuazione di
questo articolo, l’Intesa, ha
segnato la fisionomia del nostro Stato con un tratto di
democrazia realizzata)».
Franco Becchino: pastore e magistrato, con umiltà
Franco Becchino ha affiancato per decenni l’attività del
pastorato nella Chiesa metodista di Savona,a quella professionale dell’esercizio della
giustizia, come magistrato
nella sua città. Alcuni anni
dopo il pensionamento da
quest’ultima attività, si trova
a essere il primo pastore locale che vada in emeritazione.
«È vero - conferma per un
pastore “a tempo pieno”
l’emeritazione è anche un vero e proprio pensionamento,
il mio caso è diverso, perché
la pensione l’ho raggiunta dopo i prescritti anni di lavoro
nella Magistratura, e quindi la
svolta di quest’anno la vivo in
maniera meno traumatica».
Essere pastore e magistrato,
tuttavia, porta con sé un carico di responsabilità che è affascinante e al tempo stesso
molto gravoso.
In particolare, senza affrontare qui il problema del rapporto tra giustizia divina, oggetto di predicazione, e giustizia umana, su entrambi i versanti Franco Becchino si è
trovato, a vivere 1^ tensione fra
due polarità: da un lato quella
dei valori e dei concetti generali (siano essi predicati siano
i riferimenti dei corpus giurisprudenziali) e dall’altro il
confronto diretto e concreto,
nella cura d’anime come
nell’azione giudiziaria, con
uomini e donne in carne e ossa, personalità complesse,
drammi esistenziali. «Premesso che nella nostra visione
evangelica - dice - il pastorato non è una “diversità di stato” ma piuttosto una funzione, e che tramite il battesimo
diventiamo tutti “ministri”,
devo chiarire che al momento
di iniziare l’attività di pastore
locale ho cessato di svolgere
funzioni di Pubblico ministero e mi sono attenuto alla magistratura giudicante. È inevitabile che questa attività ponga il problema del rapporto
fra la norma e il singolo caso
concreto: e questa tensione
letteralmente “toglie il sonno”; si tratta qui non già di
“umanizzare il diritto” ma di
usare in modo appropriato
quei margini di discrezionalità che i nostri codici ben
prevedono. Questo mestiere
tutto sommato ci spinge all’umiltà: ci si rende conto della modestia della nostra umanità, perché un tuo errore, anche piccolo, può avere conseguenze gravi. In questo senso
c’è ima certa affinità con il lavoro pastorale, in particolare
con l’aspetto della relazione
d’aiuto. Anche qui si tratta di
confrontare la Parola, la sua
oggettività, con le situazioni
concrete dei singoli fratelli e
sorelle, e questo in particolare
nella visione protestante, in
cui siamo chiamati non tanto
a “risolvere le situazioni”, ma
a suscitare la risposta delle
persone a degli stati di sofferenza in cui possono trovarsi:
dovrà essere poi la persona a
trovare una strada di liberazione. Credo proprio che vi
sia stato un parallelo tra queste due attività, e hon dimenticherei che anche il pastorato
spinge all’umiità».
• Peculiare del ministero di
pastore locale è l’esercizio
dell’attività in una stessa sede, e forse un ulteriore particolarità è stata quella del lavoro a Savona e nella Riviera
di Ponente: «Ricordo - prosegue Becchino - che la comunità condivise appieno il servizio di un pastore locale: ci fu
una risposta di vera e propria
condivisione del pastorato, in
virtù della quale la comunità
tese a “sparrocchializzarsi”, a
non avere un pastore-parroco
che provvede per lei, ma a distribuire le responsabilità.
Inoltre vanno ricordate le peculiarità di Savona, in passato
ricca di turisti e che oggi sta
cambiando. Proprio con i turisti, come anche nelle zone
di Imperia e Genova, si tentò
un approccio, ma non ebbe
molta fortuna: un dialogo
maggiore si è avuto con quegli stranieri (tedeschi, olandesi, svizzeri) che in Riviera
prendevano una residenza
più stabile e a volte si sono inseriti nella comunità. Negli
ultimi anni, poi, la città è molto invecchiata, la nostra è a
quanto pare la Provincia più
vecchia non solo d’Italia ma
d’Europa, in virtù del clima
che attira nuovi residenti solo
della terza età, anche se qualche nuovo nucleo famigliare
sembra avvicinarsi a noi».
Gino Conte: l'apertura al mondo luterano
Il nome di Gino Conte è lègato a molte pagùie dell’editoria evangelica: in diversi
periodi, a fianco all’attività
pastorale, ha diretto L’eco
delle valli e La luce, l’editrice
Claudiana e ha in seguito
continuato a collaborare con
il settimanale (nel frattempo
unificato, finché è stato sostituito da Riforma) e con la
casa editrice, nella cura (è il
caso di dire amorevole) di alcune opere di Vittorio Subilia
e di alcuni testi luterani. La
sua attività pubblicistica è
stata contrassegnata anche
da prese di posizione che si
discostavano dalla maggioranza dei «quadri» delle nostre chiese, su almeno due
versanti: la politica e l’ecumenismo.
Da questo suo atteggiamento coerente e rigoroso, lineare ma mai animato dalla
rivalsa (anche in materie su
cui la storia ha poi dimostrato che Conte aveva ragione)
partiamo per una carrellata
di ricordi del suo ministero.
«Effettivamente - ci dice - mi
sono spesso trovato controcorrente, rispetto a un certo
“sbilanciamento” verso il
marxismo che si registrava
nelle nostre chiese: sembrava
quasi che l’adesione a una
corrente del pensiero politico
si dovesse affiancare alla
confessione di fede. Ma non
guardo a quelle polemiche
con acredine: i miei interlocutori avevano delle ragioni,
spesso si trovavano di fronte
a una chiusura di tipo pietistico per tutto ciò che era politica. I “contestatori” di allora hanno sollevato problemi
non indifferenti, così come
l’esperienza nata nel 1976 del
movimento Testimonianza
evangelica valdese ha portato
un utile contributo alla dialettica interna alla chiesa».
Oggi tuttavia non sono scomparsi i grandi temi di attualità
con cui si confrontano anche
le chiese, e Conte ne individua due principali: «Io personalmente - conferma - tengo
molto, da sempre, alla questione ecologica, alla quale
affiancherei la questione economica: abbiamo bisogno
che le nostre comunità siano
“avvertite” e abbiano delle
solide basi per riflettere su
questi argomenti».
SuH’ecumenlsmo, Gino
Conte ricorda di avere assistito a un mutamento forte: «Da
un atteggiamento radicalmente “anticlericale" - conferma - siamo passati a una
attenzione molto seria nei
confronti del “nuovo corso”
cattolico. A suo tempo non
condivisi la scelta di campo
che si fece in favore delle comunità di base, mi troverei
in difficoltà nel dover scegliere quale sia il cattolicesimo più vero e interessante.
Si è trattato di una sorta di
“sfaldamento”, forse psicologico, che ci ha portati alla soglia di un’affermazione di
fraternità che sembra rivolta
addirittura, all’istituzionechiesa come tale. Ma il problema non è solo nostro: il
protestantesimo, benché in
espansione in alcuni paesi
del Terzo Mondo, mi sembra
debole un po’ dappertutto,
oggi il cattolicesimo dimostra una maggiore vitalità».
Il pastore Conte ha anche
dedicato molto tempo a seguire per la Chiesa valdese i
rapporti con il mondo luterano, con un incarico che ritiene essere stato un privilegio.
«Sì - conferma -, perché attraverso i “Colloqui di Leuenberg” ho goduto della fraternità dei membri delle chiese
luterane. Certo, c’erano delle
differenze di atteggiamento:
in molte delle loro chiese ho
riscontrato un’attenzione ossessiva per l’ecclesiologia, la
chiesa, i sacramenti, che non
corrisponde molto alla nostra
sensibilità. E anche nei confronti del cattolicesimo alcuni loro rappresentanti mi
sembravano molto “aperturisti”. In ultimo infatti mi sono
trovato a dissentire, come
sanno i lettori di Riforma, nei
confronti della “Dichiarazione” cattolico-luterana sulla
giustificazione per fede. Sono
convinto che non sia in gioco
qui la “soteriologia” personale ma il ruolo che assume tutta la chiesa: essa, di per sé,
non può in alcun modo “amministrare” la salvezza».
Poi c’è il Gino Conte che
rievoca le comunità in cui ha
servito, ed è tipico del suo carattere rigoroso iniziare con
l’individuazione di un limite:
«Mi è mancata purtroppo
l’esperienza di un incarico
nel Meridione. Dopo essere
stato in prova a Trieste e nella diaspora giuliana, poi alle
Valli (quando un secondo pastore curava ad Angrogna le
“parrocchie” del Serre e di
Pradeltomo e poi a Torre Pollice quella dei Coppieri), sono passato a lavorare in forma diversa a Torino, dove
c’era una vera e propria équipe pastorale, oltre a un Concistoro molto autorevole.
Forse si potrebbe dire che in
questo modo di lavorare si
sente un po’ meno lo stimolo
all’iniziativa personale. Diverso è stato il lavoro a Genova e in ultimo a Firenze, pur
in presenza di altre chiese
evangeliche e di importanti
opere diaconali».
Ruben Vinti: il lavoro e la fede
Un ministero abbastanza
diverso è stato quello di Ruben Vinti. Lasciamogli raccontarne le tappe e spiegarci
la nascita della sua vocazione. «Effettivamente sono
giunto al pastorato piuttosto
tardi, dopo avere lavorato
per 11 anni nell’Esercito della Salvezza e per altri 12 come direttore della Casa balneare di Borgio Verezzi, un
periodo in cui ho potuto
iscrivermi alla Facoltà valdese dove ho conseguito in seguito la laurea in Teologia.
La mia vocazione al servizio,
che era nata in gioventù
nell’Esercito della Salvezza,
così come la certezza che Dio
mi ha guidato nel lavoro e
nelle decisioni, è stata per
me una convinzione di fede.
Vi sono state molte circostanze in cui la fede ha visto
la mano di Dio, circostanze
che al di fuori della fede stessa potrebbero essere lette in
altro modo».
Proprio gli anui di Borgio
Verezzi hanno caratteristiche
tutte particolari, e si intrecciano in qualche modo con il
percorso di franco Becchino.
«Il periodo di Borgio Verezzi
- prosegue Vinti - è stato ricco di incontri con persone di
tutte le età, sia evangelici sia
cattolici, che sicuramente mi
hanno arricchito, e talvolta
questi incontri sono stati occasione di testimonianza,
particolarmente felice poi è
stata la comunione con la
Chiesa metodista di Savona».
Poi viene l’Abruzzo: un
cambio di panorama, di ambiente sociale piuttosto netto... «Chiamato dalla Tavola
valdese a Villa San Sebastiano - dice il pastore - mi sono
trovato a svolgere oltre al lavoro pastorale anche il servizio al Centro sociale, con
l’asilo, il doposcuola e la
cooperativa agricola di servi
zi, peraltro ormai in crisi.
Posso dire che la realtà sociale abruzzese che ho conosciuto non è stata molto diversa da quella delle valli vaidesi, nel senso che essa ha
subito una profonda trasformazione rispetto al passato.
Pochissime persone vivono
ormai di un’agricoltura che
in passato permetteva appena la sopravvivenza. Parecchi sono emigrati verso Roma; la chiesa evangelica è relativamente giovane, circondata da un mondo cattolico
legato ancora a una religiosità popolare paganeggiante.
Ma questo crea nei credenti
evangelici un forte senso di
impegno che permette di affrontare le difficoltà che in
passato sono state delle vere
persecuzioni e che ancora
oggi si manifestano con atteggiamenti di opposizjpne».
Ultimo capitolo, per ora, di
questo variegato ministero è
allora proprio quello delle
Valli, Pramollo e Prarostino:
«Le chiese delle Valli sono sicuramente più "stabili” spiega Vinti - per la loro antica storia: arrivando qui si
percepisce una cultura che
ha subito da secoli l’influenza dell’Evangelo».
8
PAG. 8 RIFORMA
Vita Delle Chiese
Angolano, già immigrato in Italia, Rodrigues Chama era tornato al suo paese
L'ultimo saluto al generoso Rodrigues
Per una malattia, scompare un fratello tenace e intraprendente che aveva voluto occuparsi
degli altri immigrati e che era tornato a casa per aiutare sul posto il proprio popolo
NUNZIAUNAFORIWICA
Abbiamo appreso con vivo dispiacere la notizia
della morte di Rodrigues
Chama, avvenuta il 10 agosto
scorso a Luanda, in Angola.
Tre anni fa ci aveva lasciati
inaspettatamente la moglie,
la nostra cara sorella Lidia
Grasso, che con lui aveva
condiviso per qualche anno il
lavoro missionario.
A soli quindici anni, Rodrigues fu aiutato a lasciare la
sua terra martoriata dalla
guerra, prima quella di liberazione dal giogo coloniale,
poi quella civile. Andò in Portogallo dove studiò in una
scuola biblica e lavorò frq i
giovani. Vivendo personalmente l’immigrazione maturò in lui la vocazione di un
ministero fra gli immigrati
che portò avanti per qualche
anno a Napoli, dove era giunto nel 1993. Il suo lavoro, in
collaborazione con le chiesa
battiste dell’area napoletana,
fu di grande stimolo per il
processo di sensibilizzazione
delle chiese sui diritti all’uguaglianza e all’integrazione
degli immigrati, particolarmente quelli irregolari. Sostenuto dail’Ucebi portò avanti
per due anni il progetto di accoglienza per immigrati a
Qualiano denominato «Lode
dei popoli». Il progetto non
decollò mai, non solo per il
difficilissimo contesto sociale
del posto prescelto e per la
sua personale estraneità a
quel contesto, ma anche perché Rodrigues non fu mai veramente accettato dagli altri
immigrati, provenienti da
paesi africani di lingua diversa dalla sua e teologicamente
più conservatori.
Nel 1995 sposò Lidia Grasso, che per lui era tornata
dalla Svizzera dove aveva vissuto dal 1970 come lavoratri
Rodrigues Chama il giorno del matrimonio
ce immigrata. Tutti quelli che
l’hanno conosciuta, a Lentini, suo paese di origine ma
anche altrove, ricordano il
sorriso e la serena determinazione di Lidia che a 45 anni
ebbe il coraggio di dare un
taglio netto alla sua vita discreta e tranquilla per sposare Rodrigues e condividerne
la missione. L’esperienza di
loro due a Napoli fu breve ma
intensa. Poi però Lidia e Rodrigues pensarono che il biodo migliore di combattere la
miseria degli immigrati era
quello di contribuire a creare
le infrastrutture per lo sviluppo nei loro paesi di origine.
Così, dopo ima visita assieme
a Lidia, nel dicembre del
1996 nel suo paese, che non
vedeva da vent’anni, fra i
sentimenti contrastanti di
gioia di rivedere i suoi cari e
dolore, per la desolazione e la
sofferenza della sua gente
provocata dalle guerre, Rodrigues fu più che mai deciso
a ritornare in Angola. Lidia lo
sostenne. Nacque così il progetto del Centro «Martin
Luther King» che oltre alle attività di sostegno e difesa dei
diritti umani e a quelle di
promozione della cultura angolana e cristiana, si prefiggeva fra gli scopi, la realizza
zione di una «Casa materna»
che accogliesse a Huambo,
bambini orfani e fungesse da
consultorio per ragazze madri, vittime della guerra.
Iniziarono nel dicembre
1997, con l’autorizzazione
del governo, i lavori di ristrutturazione e di ampliamento di tre box. La manodopera era locale, l’aiuto invece era fornito dalla Fao. Lidia lo raggiunse dopo poco
mentre il progetto era in pieno sviluppo. La Casa raccoglieva in quel momento già
nelle ore diurne circa 300
bambini che venivano nutriti
e intrattenuti da insegnanti
retribuiti dal governo; durante la notte però non tutti trovavano ospitalità nelle famiglie del posto, così i più sfortunati dormivano per strada.
Bisognava completare la sopraelevazione della struttura
per assicurare ospitalità e
scolarizzazione regolare, Tinaugurazione era prevista
per la primavera successiva:
fu in quel periodo che Lidia
venne falciata via dalla malaria. Fu un colpo tremendo
per Rodrigues, il quale comunque decise di proseguire
nel suo proposito di terminare i lavori entro luglio ma la
guerra civile si allargava e la
guerriglia rese tutto più difficile. Si riuscì a reperire a fatica il materiale per completare l’allestimento della struttura mentre in Italia era partito il programma, pubblicizzato anche su Riforma, per
l’adozione a distanza dei
bambini di Huambo. Ma a
Huambo la situazione precipitò improvvisamente con un
assedio da parte dell’esercito
dell’Unita, uno dei raggruppamenti in lotta. Tutta la
città fu trasformata in base
militare a motivo del suo aeroporto; molti bambini vennero trasferiti a Luanda.
Allo stesso Rodrigues fu
proibita l’entrata in città perché i suoi contatti telefonici
con l’estero lo rendevano sospetto. Da quel momento ricevemmo notizie da lui e dalla missionaria tedesca, collaboratrice di una missione a
Huambo, del suo adoperarsi
negli ultimi anni, insieme a
un’altra ventina di associazioni non governative e chiese di varie denominazioni
cristiane, per far decollare a
Luanda un simile progetto a
quello lanciato a suo tempo a
Huambo. Tale progetto, con
la casa di accoglienza che sarebbe stata intitolata a Lidia
Grasso, aveva recentemente
anche ottenuto l’autorizzazione del governo ma la salute di Rodrigues, minata più
volte dalla malaria e dalla
malnutrizione non gli ha
consentito di vederlo realizzato: una peritonite da ulcera
lo ha stroncato. Altri, speriamo, lo porteranno avanti.
Di Rodrigues ricorderò la
tenacia e l’intraprendenza,
sempre, forse anche troppo
ottimista di chi vuole osare, e
le parole della sua ultima telefonata, che mi pesano ancora sulla coscienza: «Qui la
gente ha fame e mangia i fiori
dei campi».
Chiesa valdese di Angrogna
In anteprima il resoconto
sul Sinodo appena concluso
Un numeroso gruppo di
fratelli e sorelle si è riunito
domenica 2 settembre nella
scuola Beckwith di ¡Buonanotte per ascoltare il pastore
Giuseppe Platone che offriva
alla comunità un resoconto
sul Sinodo appena concluso.
Partendo dai comunicati
stampa che durante il Sinodo
sono stati rilasciati ai giornali
e alle agenzie, il pastore Platone ha proposto una lettura
delle decisioni sinodali che
aveva indubbiamente il pregio della freschezza e della
massima attualità. Un momento di fraternità e di condivisione ha poi prolungato il
pomeriggio e coronato il successo delTiniziativa.
• Un altro momento importante della vita estiva della
chiesa di Angrogna è stato vissuto al Bagnoòu alla Ca d’ia
pais dove si è tenuto il culto
del 19 agosto. Un gruppo di
amici da Mâcon e i bambini e
le bambine partecipanti al
campo organizzato alla casa
stessa hanno dato un tono
particolare all’incontro.
• La comunità ringrazia i
pastori Costabel e Giaccone
e le predicatrici locali Fusetti
e Aldrighetti che hanno presieduto alcuni culti estivi in
assenza del pastore. Il 26
agosto nel corso del culto a
Pradeltorno il pastore Giaccone ha impartito il battesimo a Yuri Avondet di Ivo e
Lorella Bolero (Torre Pellice).
Domenica 9 settembre è stato poi celebrato il battesimo
di Luca Paschetto, di Luciano e di Donatella Rivoira. A
questi bimbi e ai loro genitori giunga la benedizione e
l’aiuto del Signore.
• L’estate angrognina è purtroppo stata funestata da
molti lutti e la comunità si è
riunita ripetutamente per
esprimere la sua solidarietà
fraterna ai familiari e per
ascoltare l’annuncio della resurrezione in Cristo. Sono deceduti: Margherita Gaydou,
Albertina Simond, Rinaldo
Malan, Irma Rosina Rivoira,
Giulietta Simond, Livio Monnet, Luigina Rivoira, Vilma
Bertin. Nell’occasione di quest’ultimo decesso TEvangelo
della resurrezione è stato annunciato dal pastore nella
chiesa cattolica di San Luca,
presso Villafranca Piemonte,
località nella quale questa
giovane sorella era andata ad
abitare dopo il matrimonio.
Il trasferimento da Catanzaro
Grazie al pastore Gabrielli
ANTONIO PARISI
DOPO un sodalizio durato
sette anni e mezzo, il pastore Bruno Gabrielli lascia la
Chiesa valdese di Catanzaro
per prestare la sua opera a Palermo, nella Chiesa valdese
del quartiere «Noce». Lo sostituirà la giovane pastora Claudia Lupi. Gabrielli saluta così
quella che è stata la prima comunità del suo ministero pastorale condividendo con essa
gioie, dolori, passioni, esperienze di vita e uno spirito di
fratellanza molto radicato.
«Un uomo del Nord che ha
scelto il Sud» lo ha definito
Rosario Olivo durante l’agape organizzata domenica 22
luglio per salutare il pastore
e nella quale erano presenti, oltre al nutrito gruppo della comunità di Catanzaro e
Vincolise, anche fratelli cattolici. Bruno Gabrielli infatti
è bergamasco di nascita ma
«meridionale» di adozione
visti i suoi trascorsi in Sicilia,
a Palermo e a Catania, in Calabria a Catanzaro e, per un
SOSTEGNO ALLA FACOLTA
A partire dal mese di settembre fino alla fine di giugno si rende disponibile un minialloggio sulle rive
dello Ionio in Ardore Marina (Re) in forma di gratuita ospitalità, ma con una offerta alla Facoltà di teologia. Gli interessati potranno rivolgersi a Caccamo, Biella, tel.'>348-5220349 anche con Sms oppure e-mail: arcangelo.caccamo@tin.it
breve periodo, anche in Puglia a Taranto.
Rosario Olivo,, elogiando e
ringraziando il pastore anche
a nome della comunità, lo ha
definito come «la sintesi fra
Giorgio Bouchard, per la chiarezza di esposizione, e Sergio
Rostagno per la profondità
dei contenuti» e Gabrielli ha
sottolineato che «se ognuno
di noi ha qualcosa dell’altro è
perché dietro ciascuno di noi
c’è un unico Dio, nostro Signore Gesù Cristo».
Uomo colto e pastore ironico e profondo. Bruno Gabrielli arriva a Catanzaro durante
le feste natalizie ma si insedia
il 10 gennaio ’93 con la predicazione sul Salmo 77 di Saiomone (un salmo di speranza)
e l’agape conclusiva di benvenuto. Oggi Bruno saluta la comunità dedicandole la predicazione del Vangelo secondo
Matteo sulle preoccupazioni,
al capitolo 6, 25-28.11 pastore,
citando il testo, raccomanda
ai fratelli di non essere in ansia per il loro futuro «...di che
cosa mangerete o di che cosa
berrete... né di che vi vestirete» invitandoli a non rifuggire
il confronto fraterno e stimolandoli affinché la comunità
possa crescere avendo come
unico punto di riferimento
Dio, che «sarà sempre con noi
ovunque andremo». Già, proprio così: ovunque andremo il
Signore sarà sempre con
noi... e con te caro Bruno, che
dovrai ricominciare daccapo
non senza ansie e preoccupazioni. Auguri pastore!
AGENDA
22 settembre
MILANO — Nell’ambito dell’iniziativa «Un tempo neri
creato», il Consiglio delle chiese cristiane organizza un
«Festa del creato» con preghiera, canti, testimonianze an'^
mazioni per bambini e merenda all’aperto. Tel. 335-8096^'
FERENTINO — Alle ore 21, nella palestra della scuola meH'
«A. Giorgi» (via A. Bartoli), la Chiesa valdese e l’Associazion
culturale «Il fiore azzurro» presentano il dramma teatrale
casa del mago» di F. Dionesalvi, ispirato alla strage dei vaia„
si di Calabria del 1561.
FIRENZE — Alle ore 10,30, nell’auditorium delTArciconfra
temila «de’ Vanchettoni» (via Palazzuolo 17), per iniziativi
della Famiglia monastica benedettina «Fraternità di Gesù»p
della Banca etica, si tiene un convegno sul tema «‘‘Dacci oggi
il nostro pane”. I cristiani e l’economia». Intervengono fratì
altri Luigi Ciotti, Rita Borsellino, Fabio Salvato. ^
23 settembre
VELLETRI — A Ecumene, con inizio alle 10 del sabato, si tie.
ne il terzo «Fomm della cultura» sul tema «Quale Forum per
quale cultura?». Relazioni di Giorgio Gueimani; Franco Gi^npiccoli, Francesca Spano, Marco Rostan, Giorgio Tourn.
26 settembre
VENEZIA— Alle 17, a Palazzo Cavagnis, che lo organizza
con il Sae, si tiene un incontro sul tema «La Carta ecumenica
europea». Intervengono Mara Rumiz, Andrea Ferrazzi, Tede
Vetrali, Fritdjof Roch, Gregorio Plescan, Simone Morandini,
27 settembre
MILANO — Alle 17, nei locali della chiesa metodista (v. P,
Lambertenghi 28), la chiesa metodista, il Centro culturale
protestante e Tass. «Panta-rei» avviano un ciclo di conferenze sui tema «Perché Dio? La ricerca di Dio nella letteratura
europea del Novecento». Intervengono Romano Madera,
Ferruccio Parazzoli, Paolo Ricca. Coordina Silvia Giacomoni
30 settembre
PROSINONE—Alle 18, all’ass. «Oltre l’Occidente» (via Plebiscito 32), la chiesa valdese e Tass. culturale «Il fiore azzurro»
presentano il dramma teatrale «La casa del mago» di F. Dionesalvi, ispirato alla strage dei valdesi di Calabria del 1561.
5-7 ottobre
VELLETRI — A Ecumene si tiene U convegno di formazione
per formatori sul tema «Chi insegna a chi?». Informazioni tei
06-9633310; fax 06-9633947; e-mail: ecumene@alinet.it.
AVVERTENZA: i pro^ammi relativi a questa rubrica vanno
inoltrati 15 giorni prima del venerdì di uscita del settimanale.
LA CASA VALDESE DI VALLECROSIA
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Si richiede:
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turistico-ricettivo e condivida le finalità di un'opera
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TELEVISIONE
Protestantesimo
Rubrica televisiva di Raidue, a cura della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, trasmesse a domeniche alterne e, in replica, il lunedì seguente
alle ore 24 circa e alle ore 9,30 del lunedì successivo. Dome_
nica 30 settembre, ore 23,50 circa, andrà in onda: «Come
granel di senape, i protestanti italiani tra passato e futuro’’La replica sarà trasmessa lunedì 1“ ottobre alle ore 24 e lunedì 8 ottobre alle 9,30 circa.
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71 SETTEMBRE 2001
PAG. 9 RIFORMA
Dopo il Sinodo, continua il dibattito sulla situazione degli ospedali valdesi del Piemonte e sulla sanità pubblica in Italia
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i ospedali (devono avere una forte programmazione strategica
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la discussione sinodale
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^he è poi il passaggio fonunentale per capire se eslpo ò meno i presupposti
(runa equilibrata conduzio(dei nostri ospedali.
Le nonne per la razionalizlàone del Servizio sanitario
azionale (Ssn) così cóme so0 state definite negli Anni
f.94, e modificate nel ’99 (la
isiddetta riforma Dindi), fisino il principio secondo il
atei cittadini esercitano la
p scelta del luogo di cura
edei professionisti presso i
juali farsi curare. Siccome
erò i bisogni sanitari sono
ifldenzialmente infiniti,
lentie invece le risorse sono
Ée(nd senso di non fllimiite), quésto diritto subisce
ei condizionamenti e può
ssere esercitato soltanto
eB’ambito dei soggetti pubici e privati accreditati con i
aali siano stati definiti apDsiti rapporti contrattuali.
Il modello della sanità
pubblica
ttinodello prevede pertanto
aattrofasi (le quattro «a»):
atorizzazione all’apertura,
atorizzazione al funzionalo, accreditamento istitubnale e accordi contrattuali.
■Autorizzazione all'apertucpurqconosciuto il diritto
•stìtuaonale alla libera iniativa imprenditoriale, l’abiura di una nuòva struttulò oggi soggetta alla pro®fflniazione regionale.
-Autorizzazione al funzio'¡mento-. le strutture sanitapubbliche e private, già
iisteirti, possono erogare
lutazioni sanitarie se in
. — requisiti minimi
otturali; tecnologici e or™Z2ativi) fissati dS Dpr 14
®uaio 1997.
-Accreditamento istituzioancorché autorizzata al
i,, ,:-~‘''*uo una struttura,
“Ulica e privata, non può
gare prestazioni a carico
«n se non è stata preven;^ente accreditata inse1, uosì nell’elenco dei
fornitori del Ssn.
J^ditamento è rilasciato
pubbliche e prifacciano richiesta
ij. f'iiutamente alla loro
)ri ^ requisiti ulteifi,„ 9’^uUficazione, alla lo^onalità rispetto agli
™ programmazione
‘deìl’«« verifica positi2 attività svolta e dei ri
iltati
ottenuti» (art. 8 quater
° 502/92 e successive
Wrw“‘^‘"^®8razioni).
JSordi contrattuali: la
aggetto accreditalisce vincolo per
spendere la resone delle prestazio
ni erogate se queste non sono ricomprese negli «accordi
contrattuali» che obbligatoriamente le Aziende sanitarie
locali (Asl) devono stipulare
con le aziende e presidi pubblici e privati che forniscono
le prestazioni.
Questo, per grandi linee, è
il modello di sanità che deriva dalle norme emanate dai
precedenti governi e che,
nelle Regioni governate dal
centro-destra (Lombardia,
Piemonte e Liguria), tende ad
accentuare l’aspetto aziendalistico con la separazione delle funzioni di produttore di
prestazioni (aziende e presidi
ospedalieri) da quelle di acquirente di prestazioni (le
Aziende unità sanitaria locale). Separazione non ancora
ultimata, tanto che l’Asl 10
gestisce ancora direttamente
l’ospedale Civile di Pinerolo.
Il controllo della spesa
sanitaria
Questo passaggio non è banale in quanto T’«acquirente»
(la Asl), non essendo più invischiata nei meccanismi di
produzione, è molto interessata ad attivare meccanismi
di verifica e controllo dei propri «fornitori» (aziende e presidi ospedalieri) in modo da
ottenere, con il minor utilizzo
di risorse possibili, prestazioni appropriate e di qualità.
Ed è questo l’ulteriore elemento del sistema che va attentamente considerato. È
infatti dimostrato che un
controllo di appropriatezza
delle prestazioni, nemmeno
troppo severo, da parte dei
Noe (Nuclei operativi di controllo) della Asl può portare a
una diversa qualificazione
delle prestazioni con significativi effetti economici.
Ci sono infatti tre classi di
ricoveri ospedalieri: il ricovero ordinario quello più frequente (polmonite, appendicite); il ricovero in Day hospital (ospedale di giorno), quello che permette al paziente di
accedere aH’ospedale, per la
stessa patologia, una o più
volte senza dormire in ospedale; il ricovero in Day surgery (chirurgia di giorno):
quello che riguarda interventi chirurgici in sala operatoria
per i qudi il paziente entra il
mattino ed esce la sera (interruzione volontaria della gravidanza, trattamento vene
varicose ecc.).
Un ricovero ordinario improprio o fuori standard declassato in ricovero Day hospital può comportare un
mancato ricavo di milioni;
un ricovero in Day hospital
improprio o fuori standard
può essere declassato in prestazioni ambulatoriali meno
remunerative (e porre, tra
l’altro, il problema del mancato pagamento dei ticket da
parte dell’utente) e così via.
Nell’Ospedale evangelico internazionale di Genova (Oei),
per esempio, il controllo da
parte dei Noe ha messo in discussione circa il 5% del fatturato. È evidente a questo
punto come, prima di fare affidamento su miliardi di fatturato, la produzione debba
essere sottoposta a un severo
monitoraggio, in termini di
appropriatezza, per evitare
Regala
un abbonamento a
brutte sorprese all’atto dei
controlli.
Ma non è tutto; abbiamo
visto come le risorse non sono infinite e come, quindi, i
fondi sanitari regionali abbiano tetti invalicabili (pena
disavanzi che, dal 2002, non
verranno più ripianati, come
ha puntUEdmente evidenziato
il fratello Franco Siciliano nel
suo centrato intervento sinodale). E allora scattano i tetti
di sistema e i relativi abbattimenti tariffari. Le tariffe non
sono fisse e diversificate per
classi di soggetti ma sono
uguali per tutti i soggetti erogatori. La Regione, anno per
anno, avendo quantificato il
valore totale della produzione di tutte le aziende, verifica
l’eventuale sfondamento del
tetto di sistema e applica i relativi abbattimenti prefissando abbattimenti tariffari percentualmente diversificati
per fasce di ricoveri e servizi
di diversa complessità. Di
conseguenza la produzione
di ciascun ospedale viene inquadrata in una griglia così
definita e subisce gli abbattimenti in essa previsti relativamente alla complessità delle prestazioni erogate
(non è vero, quindi, come più
volte affermato nella discussione sinodale, che le tariffe
della Liguria sono il 20% più
alte di quelle piemontesi perché dette tariffe sono state
abbattute proporzionalmente allo sfondamento del tetto
di sistema; l’Oei, nel 2000, ha
subito un abbattimento tariffario medio del 10,9%).
L'obiettivo deil'equiiibri
di bilancio
Questo è il sistema all’intemo del quale i nostri ospedali sono collocati e operano;
un sistema, secondo me, tutto mirato al contenimento dei
costi. Le Regioni hanno un
solo obiettivo, il contenimento della spesa del sistema sanitario all’interno del Fondo
regionale con la necessità, tra
l’altro, di operare un riequilibrio tra costi dell’attività
ospedaliera e spese per l’attività territoriale a favore di
quest’ultima. Le Regioni porranno sempre più vincoli di
spesa agli ospedali a prescindere dalla loro produzione in
attesa che le Asl determinino
i propri fabbisogni di prestazioni distribuendo le fette
della «torta produzione»,
stringendo o allargando la
fetta di uno a scapito dell’altro per rispettare il proprio
tetto di spesa invalicabile.
Qui entrano in ballo gli
aspetti più prettamente di
competenza delle direzioni
generali degli ospedali: condurre una gestione rigorosa
che abbia come obiettivo
l’equilibrio di bilancio tenuto conto di tutte le variabili
di sistema conosciute. Il ciclo del controllo di gestione
è chiaro: programmazione
strategica pluriennale (lavori
compresi): piani di attività e
attribuzione delle risorse (sistema budgettario); controllo
direzionale (contabilità per
dentri di costo) e sistema di
reporting: verifica degli scostamenti (o della bontà della
programmazione).
Gli organi «intermedi», di
gestione e/o controllo previsti
dal nostro Ordinamento ecclesiastico hanno, o dovrebbero avere, tutti gli stmmenti
per attivare il ciclo e porlo a
regime. Il Sinodo, quindi, potrà discutere a fondo le strategie proposte e i risultati ottenuti, ma non può essere chiamato, all’improwiso, a decidere se bloccare tutto (e meno male che non lo ha fatto) o
no nel bel mezzo del guado.
L'informazione fa bene ai nostri ospedali
GIANNI ROSTAN
IL Sinodo 2001 è appena
terminato, ed è ancora caldo il ricordo della discussione sui nostri ospedali piemontesi, di Torino, Torre Pellice e Pomaretto. Il Sinodo è
breve, e non si può certo condensare tutto quello che andrebbe detto nel breve tempo
concesso dall’ordine dei lavori. Nonostante la chiarissima esposizione del presidente della Csd, il diacono Marco
Jourdan, esposizione che
spero sia resa disponibile a
tutti coloro che operano negli
ospedali e per gli ospedali, e
nonostante i resoconti che
certamente compariranno
sulla nostra stampa (e gli articoli che già vi sono comparsi)
ritengo che sia utile ricordare
alcuni fatti che qualche volta
non sono hen presenti alla
memoria di tutte e di tutti.
Comunque reperita juvant.
Finanziamenti otto per
mille agli ospedali
Il Sinodo 1991 ha accolto
l’otto per mille (Opm), e ha
incaricato la Tavola di procedere a stabilire gli opportuni
accordi con lo stato. L’accordo veniva firmato il 25 gennaio 1993, mentre il Parlamento lo tramutava in legge
soltanto nell’autunno 1993
(legge 5 ottobre 1993 n. 409),
assegnandoci così i fondi solo a partire dalle dichiarazioni 1994 dei redditi 1993, da liquidarsi dopo tre anni dal
1994, quindi dal giugno 1997.
Nel corso degli anni successivi al 1993 la Tavola operava
per affinare la regolamentazione per gestire TOpm, approvata quindi nel Sinodo
1996 (35/SI/96).
Nell’autunno 1995 e all’inizio del 1996 l’ospedale di Torino intavolava trattative con
la Regione, in vista di un finanziamento che permettesse la ripresa dei lavori di ristrutturazione, fermi da anni. La Tavola, prima ancora
che il Sinodo approvasse le
procedure per le richieste
Opm e prima ancora di sapere quanta sarebbe stata la
quota Opm che sarebbe stata
attribuita alla Chiesa valdese,
unione delle chiese metodiste e valdesi, si impegnava a
contribuire, insieme alla Regione, alla ristrutturazione
dell’ospedale di Torino con
la cifra di 4 miliardi. Questo
impegno «anticipato» della
Tavola è stato ovviamente
segnalato nella Relazione
della Tavola al Sinodo 1996
(pag. 42). Il Sinodo ha approvato l’operato della Tavola,
riconoscendo l’opportunità
di questo impegno, indispensabile per raggiungere
l’accordo con la Regione. Per
gli ospedali non è stata quindi fatta alcuna eccezione a
un regolamento che ancora
non c’era. I successivi progetti (Torre Pellice, ecc.) sono stati debitamente presentati alla Commissione Opm,
e quindi approvati dalla Tavola e dal Sinodo.
Trattative con la Regione
In qualsiasi struttura organizzativa il top management
(nel nostro caso la Ciov e la
Csd, Commissioni preposte
alla direzione degli ospedali)
si avvale, nelle trattative con
enti terzi, della collaborazione (preziosa e indispensabile
nel nostro caso) dei tecnici
delle materie da trattare. Per
gli ospedali vi è stata una ovvia collaborazione, essenziale
alla buona riuscita delle trattative, con la direzione generale degli ospedali. Le materie in gioco sono talmente
specialistiche che è indispensabile l’apporto dei cosiddetti «tecnici» e non solo quella
dei «politici». Per questo, in
Sinodo, ho segnalato l’indispensabile, determinante
collaborazione ricevuta dal
L’Ospedale valdese di Pomaretto
direttore generale e dal direttore amministrativo della
Ciov, esprimendo altresì l’opportunità per una (sobria, mi
raccomando!) parola di riconoscenza e di apprezzamento che è di fatto venuta per
amministratori, gestori e
operatori. Il moderatore si è
espresso in modo inequivocabile (vedere il primo punto
del suo intervento in aula sinodale, che ha dato «pieno
riconoscimento e apprezzamento per quanto fatto»).
Controlli
È ovvio che ciascuno può
esprimere i propri giudizi,
specie in Sinodo, anche «a
mota libera». Ma su un tema
così complesso, e pieno di attenzione e di implicazioni
non solo verso il personale
operativo coinvolto ma anche verso le autorità pubbliche (Regione, Asl ecc.), come
quello della gestione dei nostri ospedali, la saggezza e la
previa informazione sono un
obbligo morale. Così è bene
ricordare che alle sedute dei
direttivi degli ospedali (Ciov,
Genova e Napoli) assistono
sempre anche i revisori, proprio per un controllo immediato di quanto viene deciso.
Se poi aggiungiamo l’opera
delle Commissioni d’esame
sinodali e dei gmppi di consulenza, possiamo ben dire
che i nostri ospedali sono fra
gli enti più controllati dell’intero settore privato e pubblico in Italia. Duplicare ulteriormente i controlli, come è
stato suggerito in Sinodo, sarebbe incauto da mtti i punti
di vista, gestionale ed etico.
I deficit di gestione
Veniamo ai cosiddetti «deficit». Dico cosiddetti perché
in realtà si tratta di una situazione a metà strada fra un
deficit e un credito più o meno esigibile. Facciamo un
esempio: se un governo regionale o nazionale imponesse ai panettieri di vendere il
pane a 1.000 lire al chilo, ben
presto tutti i panettieri sarebbero in difficoltà, dato che i
sqli costi di produzione (farina, energia elettrica, lievito,
acqua, manodopera) sono
ben superiori. Il governo, nazionale o regionale, dovrà
presto 0 tardi riconoscere
che i panettieri hanno il diritto di ricevere una giusta remunerazione, a meno di eliminare il pane dalle nostre
mense. Una cosa analoga avviene per gli ospedali, per
tutti gli ospedali piemontesi e
non solo per quelli valdesi.
Gli standard dei corrispettivi
sono fissi al 1997, gli standard stessi sono stati fissati a
priori a limiti molto bassi
(sembra siano notevolmente
inferiori a quelli della Lombardia e della Liguria, regioni
non troppo dissimili e diverse dal Piemonte). I nostri
ospedali poi lavorano bene,
tanto bene che i pazienti affluiscono in numero sempre
maggiore, e non possono
(ovviamente) essere rifiutati.
A Torino il lavoro è praticamente triplicato in pochi anni, pur con i lavori in corso!
Conseguenze? Sui fogli dei
bilanci, un deficit crescente.
In parallelo e in sostanza, un
credito crescente che si spera
di poter esigere in toto o almeno in buona parte. Quale
è la soluzione? Vendere la
panetteria o esigere il pagamento dei veri costi operativi? Credo che ciascuna persona di buon senso risponda
che sia bene darsi da fare per
esigere il pagamento del dovuto e, inoltre, programmare
il ricupero di eventuali differenze. Questa del resto è la linea delle nostre Ciov-Csd e
che la Tavola ha sempre sostenuto e sostiene e che, giustamente, il Sinodo ha sostenuto e approvato.
Informazione
È chiaro ed è riconosciuto
quanto sia importante divulgare e spiegare quanto avviene nei nostri enti, e quindi
anche negli ospedali e non
solo nel Ce.mi di Palermo o a
Casa Materna. Occorre però
tener conto da una parte della difficoltà di avere tutti i dati necessari (la riforma della
sanità è recente, e quindi è
recente la rivoluzione nella
contabilità e nella stesura dei
bilanci, oggi di tipo aziendale
e quindi assai complessi),
dall’altra che la pressione
dell’attività del «giorno per
giorno» di fatto impone le
sue priorità: funzionare, farsi
pagare, informare. Infine è
bene ricordare sempre la peculiarità della situazione: non
vi è certezza per quanto la
Regione riconoscerà dei «diritti maturati e non ancora
formalmente riconosciuti»,
per cui qualsiasi previsione
sarebbe fatta sulla sabbia o
per lo meno dovrebbe essere
fatta con almeno due o tre
ipotesi differenti, moltiplicando quindi il lavoro di previsione. Si è scelto di agire in
due direzioni: la principale
(seguita con impegno e attenzione dai nostri ospedali)
è di farsi riconoscere al più
presto quanto dovuto, la secondaria è di preparare le
misure eccezionali per far
fronte alla situazione precaria nella quale ci si potrebbe
trovare se i soldi regionali
tardassero ad arrivare. I margini di manovra sono, è vero,
assai ristretti ma i timonieri
sono capaci e attenti e meritano tutto il nostro sostegno
e il nostro apprezzamento.
Conclusione
A conclusione si potrebbe
dire che un dibattito sul nostro giornale potrebbe forse
aiutaré gli ospedali a essere
meglio conosciuti non solo
nei loro aspetti operativi (gli
apprezzamenti dei pazienti
non mancano) ma anche in
quelli gestionali. In un mondo dove l’economia e la finanza cercano di avere la supremazia e l’ultima parola, e
si avvalgono di sofisticati sistemi di gestione penso che
sia nostro comune dovere
«rimanere alla pari» in quanto a conoscenze tecniche e
gestionali per poter competere ad armi pari nel rispetto
delle nostre peculiarità.
10
PAG. 10 RIFORMA
Commenti
Mi Dopo la Conferenza Gnu sul razzismo
Israele oggi è vittima di tre
potenze «culturali»
LUCIO MALAN*
A poco più di un anno
dall’istituzione in molti
paesi della Giornata della
Memoria, gli ebrei di Israele
(e di conseguenza tutti gli
ebrei che li sostengono) sono
l’unico popolo messo sotto
accusa alla conferenza delrOnu sul razzismo a Durban.
Del resto, lo scorso 11 novembre, alla manifestazione
«Per la pace in Palestina» a
Roma, presentì le bandiere di
tutti i partiti di sinistra, nonché parecchi gonfaloni comunali, l’unico slogan era
«Intifada vincerà», si bruciavano bandiere con la stella di
David e si distribuivano volantini di vari centri sociali
dove si auspicava «la distruzione dello Stato d’Israele».
Nessuno si dissociò. Credo
sia indispensabile cercare le
cause, per nulla occulte ma
spesso rimosse, di questo apparente paradosso.
Israele si trova oggi vittima
di ben tre potenze «culturali». La prima è l’antiebraismo
storico: quello dell’Impero
romano, che tolse la patria
agli ebrei nel 70 d.C., proseguito in quello cristiano e
culminato nel XX secolo con
il nazionalsocialismo di Hitler, ma ben presente anche
nel comunismo sovietico.
Sottolineo: «antiebraismo» e
non «antisemitismo», perché
semiti sono anche gli arabi e
Hitler non era per nulla antiarabo, tanto che fece nominare colonnello onorario
delle SS il Gran Muftì di Gerusalemme, che poi diventò
il primo leader palestinese. Il
«rais» egiziano Nasser era un
acceso seguace di Hitler, ma
passò per un saggio leader
grazie alla sua successiva devozione al marxismo e all’Unione Sovietica.
Il secondo nemico di Israele è il mito della solidarietà arabo-islamica, che trova l’unico vero elemento di
coesione negli atti e soprattutto nei proclami contro lo
stato ebraico, e non certo nel
sostegno ai palestinesi. Infatti, si dimentica sempre
che lo stato arabo-palestinese fu garantito dall’Onu nel
1947 contestualmente a Israele, ma fu cancellato dall’immediata guerra scatenata dalla Lega araba per cancellare gli ebrei, parecchi dei
quali erano usciti appena tre
anni prima dai lager. Gli arabi persero la guerra, ma intanto si appropriarono di
tutto il territorio dei «fratelli»
palestinesi, salvo quello conquistato dagli ebrei nella loro disperata difesa.
La terza forza, quella decisiva a Durban, è l’egemonia
culturale progressista, terzomondista, antioccidentale,
anti economia di mercato,
creatura dell’Unione Sovietica ma vigorosamente sopravvissuta a essa. Il capolavoro del leninismo applicato,
così efScace da egemonizzare anche la cultura del mondo libero, dove grandi intellettuali, tanti di loro italiani,
esaltavano il «paradiso» sovietico, il «grande timoniere»
. Mao (responsabile di milioni
di morti) e creavano la strada
a Poi Pot con il loro «Yankee
go home». Già nel 1975 l’Onu
approvò, su impulso dei paesi comuitìstì, una risoluzione
che equiparava sionismo e
razzismo. Il Pei di Enrico
Berlinguer diede il suo appoggio, peraltro doveroso, in
quanto, in quel solo anno, da
Mosca giunse al Pei l’equivalente di 30 miliardi di oggi (ci
sono le ricevute).
Ma oggi più che mai, Israele incorre nell’automatica
condanna di quella egemonia
culturale. Se si sostiene la
teoria che i paesi ricchi lo sono perché sfruttano e opprimono i paesi poveri, Israele è
da condannare perché certamente più ricco dei suoi vicini. Se si accetta che tiranni
come Fidel Castro abbiano titolo a condannare i governi
democraticamente eletti, Israele va condannato, perché
è l’unico paese dell’area dove
gli arabi possono votare.
È inutile commemorare
Auschwitz se non si ricorda
che cosa la generò: il disprezzo per l’individuo e i suoi diritti per cui conta solo la razza (o la classe sociale, fa poca
differenza), l’invidia e l’odio
per i «parassiti» (banchieri,
imprenditori, professionisti,
commercianti) che «sfruttano e opprimono» gli altri. Ma
oggi c’è chi pensa che il vero
nemico non sia il camino di
Auschwitz, ma quelli dei McDonald’s. E in Israele ci sono
un sacco di McDonald’s.
* senatore della Repubblica
Riforma
LEœ Delle
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valli valdesi) £ 30.000. Partecipazioni; mm/cokxina £ 1.800. Economici; a parola £ 1.000.
La testata Riforma è registrata dal Tribunale di Pinerolo con il numero 176/51.
Riforma-L’Eco delle valli valdesi è il nuovo titolo della testata
L’Eco delle valili valdesi registrata dal Tribunale di Pinerolo con il
n. 175/51 (modifiche registrate il 6 dicembre1999).
Il numero 34 del 14 settembre 2001 è stato spedito dall’Ufficio
CMP Nord di Torino, via Cebrosa 5, merctjledì 12 settembre 2001,
2001
AMOciatoalla
Unione itainpa
periodici ItiBen«
La riflessione tra pedobattismo e battesimo dei credenti
Grazia di Dio e testimonianza
Oltre alle questioni teologico-sacramentali, dietro al nostro dibattito
potrebbe esserci un problema crescente riguardo la nostra identità
SILVANA COLOMBU COMPARETTI
r O seguito con interesse
. il dibattito sul battesimo
pubblicato su Riforma in
questi ultimi mesi. Premetto
che non sono una teologa né
una pastora ma una «semplice laica», abituata però a meditare e a discutere sul messaggio biblico e sulla fede,
come è costume nelle chiese
riformate (intendendo con
questo aggettivo tutte le chiese nate dalla Riforma e quindi anche quella battista di cui
faccio parte). Non voglio entrare nel merito degli interventi pubblicati ma rilevare
che nessuno ha affrontato
quello che, secondo me, è il
nodo fondamentale della
questione, e cioè: il battesimo è o non è un sacramento?
Intendendo per sacramento
un’azione umana che rende
visibile l’azione o l’intervento
di Dio: la sua grazia. Forse su
questo argomento i teologi
dovrebbero fare la fatica di
interrogarsi più a fondo e
chiarirsi e chiarirci le idee.
Ho l’impressione, ma potrei sbagliare, che per molti
battisti il battesimo non sia
un sacramento dato che ciò
che è ritenuto centrale in
questo rito è la volontà del
credente di testimoniare la
propria fede nella salvezza
operata da Dio per mezzo di
Gesù Cristo, mentre diventa
meno importante, in quel
momento, l’azione di Dio. Infatti il battesimo d’acqua non
ha alcun valore se prima non
è avvenuto il battesimo di
Spirito: la chiamata o vocazione rivolta da Dio al credente, che purtroppo però
non è visibile e non può essere prassi della chiesa, ma solo
esperienza del credente. Per
questa ragione il battesimo
dei bambini non è ritenuto
valido, dato che non può esserci stato prima battesimo
di Spirito, ne c’è la possibilità
di testimonianza di fede da
parte di un bambino.
Se invece il battesimo è, come abbiamo sempre creduto,
un sacramento, esso ha una
sua valenza indipendentemente da come viene amministrato in quanto sarà sempre l’azione umana che rende
visibile l’azione di Dio nella
vita di un credente che lo testimonia o nella vita di un
bambino dove viene testimoniata dai genitori e dalla comunità riunita. Qui è ritenuta
centrale la grazia di Dio piuttosto che la testimonianza,
inesistente, del battezzando.
In questo caso, ovviamente,
sarà ritenuto valido il battesimo impartito da tutte le confessioni cristiane, e quindi rimane aperto il problema con
le chiese cattolica e ortodossa.
Tuttavia nulla impedisce a
noi protestanti di non ritenere il battesimo un sacramento (ne abbiamo eliminati tanti, possiamo eliminare anche
gli ultimi due) e decidere che
battesimo e santa cena siano
soltanto testimonianza della
nostra fede e non segni che
rendono visibile la grazia di
Dio. Se questo fosse l’intendimento attuale, è ovvio che
sarebbe più conseguente la
prassi battesimale battista
anche perché neotestamentaria, piuttosto che quella pedobattista che ha il suo fondamento nella tradizione e
non nella Bibbia. Immagino,
però, che se la chiesa cristiana dopo i primi secoli ha ritenuto necessario introdurre la
prassi pedobattista avrà avuto le sue buone ragioni, forse
simili a quelle che hanno
spinto Israele alla prassi della
circoncisione: necessità di
salvaguardia della propria
identità e di sopravvivenza in
un momento in cui la chiesa
cristiana non era certo maggioranza.
Il reciproco riconoscimento
Personalmente pensavo
che dopo l’Assemblea-Sinodo
del 1990 avessimo raggiunto,
con il reciproco riconoscimento, l’accordo di ritenere
valida la prassi ecclesiologica
delle tre denominazioni bmv
e che, di conseguenza, nessuna chiesa battista avrebbe più
chiesto a un credente valdese
o metodista battezzato da
bambino e che avesse confermato il suo battesimo, di essere ribattezzato e che fosse
possibile diventare membro
di una delle tre chiese con
tutti i diritti e i doveri senza
ulteriori problemi. Mi sembrava che rispettandoci e ri
conoscendoci reciprocamen
te avessimo superato tutti gli
ostacoli e potessimo ritenerci
appieno una stessa chiesa,
pur con le diversità dovute alla storia di ognuna. Evidentemente mi sbagliavo e il dibattito di questi ultimi mesi lo
conferma, anche se continuo
a credere che l’intenzione di
quella prima Assemblea-Sinodo fosse questa.
Tuttavia ho l’impressione
che ci sia dell’altro, oltre alla
questione teologico-sacramentale, dietro questa necessità di riprendere la polemica
sul battesimo sia da parte
battista, sia da parte valdese.
Per i battisti, credo che ci sia
un rigurgito di paure vecchie
(essere fagocitati dai valdesi)
e nuove (imbarazzo verso le
forme liturgiche diverse portate dagli stranieri accolti)
che hanno spinto verso la necessità di riaffermare il nostro segno distintivo e quindi
la nostra identità; per i valdesi e metodisti, che stanno accogliendo immigrati che provengono da tradizioni battiste piuttosto che pedobattiste e che chiedono anche di
essere ribattezzati, discussioni imbarazzanti al loro interno e necessità di chiarificazioni, anche importanti, sui
loro regolamenti.
Sarei molto grata se qualcuno addetto ai lavori mi facesse sapere la sua opinione
su quanto ho scritto.
La città dei quaccheri
cj
Il quotidiano veneto
da a Paolo Ruffiiij (e ^
sto) un reportage da pi
delphia, la «città dell’a,J
fraterno» fondatanelS
da William Penn come *»
dei quaccheri. «Awe,
della teoria della coi
ne dell’uomo a causai
peccato originale-s^
l’inviato - i quaccheri^
trastavano anche la ’ ™
na di Calvino sulla ptju
stinazione, sostenendo a
]a cTravìa Hi\7’ir»o x j ^
la grazia divina è datai
beramente a tutti
distinzione alcuna %
mentalità (...) rispetto^
quella imperante neidk
torni tra i puritani
condannò all’impiccagioi
non pochi quaccheri, k
dottrine erano riteim
eversive deU’ordinameai
dello stato)». «E ilpm|
fondamentale - prosegiKj
testo - era la fiducia
confronti della bontà naia
tale dell’uomo: la con4
zio ne che si dovessero fj.
vorire le qualità miglioa
Non per niente nonc'ea
differenza sostanziale tu
uomini e donne; e sip.
fessava il rifiuto assolati
del ricorso alla forza,
pure per legittima difesa.'
E ancora: «E sulla sciatiti
“amore fraterno”
delphia si ingrandì rapii
mente, favorita dalla toì
ranza religiosa e dalle risei'
se della regione circostai'
te. Fu subito meta di
forte migrazione (tede:
svedesi, inglesi) e divem
il centro culturale délia»
Ionia, sede di associaàoi
filosofiche, artistiche, rati'
sicali e scientifiche».
CORRIERE DELLA SUI
I figli di Abramo
In una pagina dedicata!
dramma mediorientale (Il offlziat
agosto), la scrittrice isiaf
liana Manuela Vltali-Nota
D'viri lancia un appello i
comprensione fra i discei
denti del patriarca: «Abit
mo non fu un granché »
me padre, abbandonò ni
deserto con la madre HagJ limpia
il padre della stirpe arabi
Ismaele, e fu pronto a si
crificare Isacco, padre del jlUísta
futura stirpe ebraica a u
dio severissimo. Ma ambi
due i figli rimasero invitai
non per caso. I figli deyoi
vivere, e vivere una vita!
più normale possibile
Perché i figli non hanno »;
cuna colpa degli errori di
padri, perché neonati
bambini e ragazzi non «
vono morire per le
guerre di noi adulti, e
ro morte non deve esseH
sfruttata a scopi di.
ganda. E forse il primo
so in un accordo fra i
popoli deve iniziare con®
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yylVT ULLA sarà più come
prima»: questa frase,
ripetuta cento volte da uomini politici di tutto il mondo,
riflette il senso di sgomento
per il futuro, creato dagli avvenimenti tragici di martedì
scorso a New York. Vedere
l’impatto degli aerei contro le
due torri gemelle e successivamente il loro crollo è stato
uno spettacolo angosciante
soprattutto pensando al numero impressionante delle
vittime. Un vero atto di guerra organizzato con la meticolosità e la precisione di una
mente allucinata, che ha voluto dimostrare che l’America non è più una fortezza
inespugnabile. E non soltanto l’America.
Le due torri scintillanti erano il simbolo della potenza
economica americana, ma
anche in parte di tutto TÒcci
gile, perché basata ■
tenza, sulla supremazia
sull’amore. Mentre osse.
vo quelle immagini
iter®
canti, mi venivano in ® ¡
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le parok de'l’apostolo ^ ^
«Quando diranno pac
curezza..., un improw* .
vinaTe"rrUoroaddossmJ^?*lazz¿
PIERO bensì
dente. Potenza raggiunta nel
secolo scorso senza troppo
badare alle sofferenze di altri
popoli. Finita la guerra fredda noi occidentali siamo entrati in una sorta di paternalismo nei confronti del resto del mondo, e di soddisfazione per le nostre conquiste.
Guardando la capitale dall’
alto del suo palazzo, così
racconta la Bibbia, un giorno
il grande re Nabucadnezar
esclamò: «Non è questa la
gran Babilonia che io ho edificato... con la forza della mia
potenza e per la gloria della
mia maestà?». Il re aveva ancora la parola in bocca quando una voce discese dal cielo:
«Sappi, o re Nabucadnezar,
che il tuo regno ti è tòlto...».
Questo non significa giustificare l’immane tragedia
che ha colpito gli Stati Uniti,
ma serve a ricordarci che la
pace che gli uomini costruiscono è sempre una pace fra
Bibbia ci ripete con'' J 3^^^
mente, e la stona trag' ^
mente ce lo conferma. , ^
cuore dell’uomo è
ingannevole, sempre
al male. Servono a po
plomazie, 1 semzi seS
armi sofisticate, uc lafyjm.
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PAG. 11 RIFORMA
A San Germano ¡I16 settembre
La Festa dell'Asilo
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I rimo pai'
I irai dai
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i padri
ccano»'
Giornata di festa domenica 16 settembre all’Asilo dei vecchi
di San Germano. Sono stati in molti a darsi appuntamento per
la consueta festa dell’Asilo che ha aperto come ogni anno le sue
porte e il suo giardino a tutti. La festa, caratterizzata dal bel
tempo, ha avuto per protagonisti ovviamente le persone e si è
subito trasformata, come già negli anni passati, in un momento
di incontro importante per gli ospiti, il personale della struttura
e i visitatori. Buono anche l’incasso del bazar; erano in vendita
anche lavori realizzati nel corso dell’anno da un gruppo di
ospiti, il cui ricavato è andato a favore dell’Asilo. Una giornata
importante insomma per l’Asilo di San Germano ma anche per
chi domenica ha deciso di trascorrere alcune ore nella Casa.
»—Alla Protezione civile in vai Pellice
Volontariato in festa
Giornata di festa per il volontariato domenica a Torre Pellice
in occasione dell’inaugurazione di due nuovi mezzi della locale
squadra di protezione civile. Mezzi acquistati e allestiti con il
contributo della Regione Piemonte e della Provincia di Torino,
nonché grazie ai doni della popolazione. Erano presenti i rappresentanti delle altre squadre della valle; a quella di Bibiana è
stato consegnato il primo mezzo del gruppo di Torre Pellice,
tutt’ora ben funzionante. Durante la cerimonia tutti i presenti
hanno voluto sottolineare il ruolo prezioso di questo gruppo di
volontari nei momenti delle calamità. Un bel riconoscimento
per una squadra particolarmente dinamica, parte integrante
degli oltre 6.000 volontari della Protezione civile del Piemonte.
Riforma
) ■i <1
y -J..
Fondato nel 1848
Nel territorio pinerolese è necessario sviluppare la viabilità e renderla meno pericolosa
Strade: in prima fila la sicurezza
lungo la provinciale della vai Pellice sono allo studio varie migliorie, ma il problema più rilevante
è lo «bretella» Bricherasìo-Osasco. Coinvolti i parlamentari locali anche per la Pinerolo-Orbassano
DAVIDE ROSSO
PREVEDERE per le arterie stradali del Pi
nerolese uno sviluppo
concreto ma soprattutto
una loro messa in sicurezza e una loro buona
percorribilità. Questa
sembra la linea che in
questi giorni anima gli
amministratori dei Comuni delle tre Comunità
montane e di Pinerolo. Ai
progetti di miglioramento 0 di varianti già previsti nei mesi scorsi e inseriti nella legge 285 che
prevede una serie di finanziamenti in vista delle olimpiadi invernali di
Torino 2006 si aggiungono ora, nella speranza di
un inserimento deH’ultimo minuto o fra le opere
prioritarie o fra quelle
, connesse all’evento olimpico, nuovi piani, o
varianti ai progetti pre
______ sentati. Interessate da
ladre del questa «frenesia stradale» sono in questo periodo la Provinciale 161 della vai Pellice ma anche la
statale 586 dei laghi di
Avigliana, in particolare
usi tratto che da Pinerolo
arriva a Piossasco.
Apparentemente risol•o il problema urgente
del doppio ponte ferrovlano-stradede sul Chisode a Pinerolo, per il quae e stato raggiunto la
settimana l’accordo in Regione, con la
riovincia che si è fatta
ddpofila del progetto, ora
^ff^Moni principali si
postano da un lato sulla
provinciale 161 dove soJ? Previste numerose
, M carreggiata,
ta suUsP jffHSdniento del ponte
mazie>* viiar Pellice e la realizj.g ossed ^one di diverse nuove
!i”i uria a San Se
° ^ Bricherasio,
stole Ps“ ® 8 Luserna e infine
’ Pd'"® ® Judre Pellice nella
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Idosso»'J ? dzzo del ghiaccio, incuti dal costo di circa
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%nl deHÌn ^‘dconvallazio0 tesi c ^ddduo. Qui le ipostrada “uu nuova
ra dal
ìsìoi^'^d sededilf^ fronte alla
le».Cantina socia
a tendf,*'^x®’-dada che par
prua monte vLo
ttetni
cappella Merli raggiunga
la nuova circonvallazione osaschese; infine una
strada che passando più
vicino al Pellice raggiunga Osasco. Il Comune di
Bricherasio sembrerebbe
preferire quest’ultima
ipotesi, anche se essendo
il terreno in questione
dichiarato fascia di esondazione del Pellice comporterebbe una maggiore spesa di costruzione
richiedendo la realizzazione di una strada o a
raso con sensori in grado
di segnalare l’imminente
pericolo di esondazione
o una carreggiata sopraelevata, quindi in viadotto. Una riunione, a cui
hanno partecipato gli
amministratori della valle e rappresentanti di vari enti oltre che i parlamentari locali, si è tenuta
venerdì pomeriggio scorso in vai Pellice per cercare una soluzione alla
questione e soprattutto
una posizione comune
sulla questione. Il problema ora è che occorrerà fare in fretta, anche
la Provincia si è mobilitata per arrivare a una mediazione, perché entro la
settimana occorrerà presentare i progetti di fattibilità per le opere già inserite nella legge sulle
olimpiadi che prevede
più di 13 miliardi di investimenti sulla provinciale
161, e la settimana successiva occorrerà presentare i rimanenti pro
getti per le opere connesse al Toroc.
Intanto sul versante
statale 586 sempre venerdì è stata convocata a
Frossasco una riunione a
cui hanno partecipato
oltre ai rappresentanti
della Comunità montana
Pinerolese pedemontano
anche i senatori Lucio
Malan e Elvio Passone e
l’onorevole Giorgio Merlo. Nel corso della riunione è stato presentato un
progetto di fattibilità per
interventi da eseguire nel
tratto di statale che da
Pinerolo arriva fino alla
circonvallazione di Orbassano, costo preventivato circa 12 miliardi.
L’idea è quella di chiedere che questo tratto di
statale, apparentemente
«dimenticata» dalla legge
per i finanziamenti olimpici, venga inserita fra ì
progetti finanziabili con
fondi per le olimpiadi o
quanto meno fra le opere
connesse.
In sostanza il progetto
prevede anche qui la realizzazione di diverse rotonde (otto in totale su
12 chilometri di strada)
oltre al suo allargamento
da 7 a 9 metri e poi una
sorta di minicirconvallazione del bivio di Cumiana, uno dei nodi caldi
della percorribilità della
statale 586. Il progetto
ora verrà presentato
all’Agenzia olimpica che
dovrà prendere una decisione in merito.
Richiesto un aumento di spesa
Possibili altre
opere olimpiche
«Opere connesse». Sotto questa definizione enti territoriali, Toroc, Provincia e Regione, stanno
cercando di far dilatare
dal Parlamento e dal governo lo stanziamento
previsto per le Olimpiadi
del 2006 previsto con la
legge 285 dell’anno scorso. Si tratterà di opere
strettamente legate agli
eventi olimpici che non
dovranno porsi in contrasto con la valutazione
ambientale strategica
(Vas) e ancora essere terminate prima dell’inizio
dei giochi olimpici.
La Regione Piemonte
ha fornito una serie di
esempi in merito; si potranno finanziare opere
Inerenti il ciclo delle acque, interventi a miglioramento dell’assetto del
territorio, interventi a tutela 0 miglioramento del
paesaggio. E ancora affrontare problemi quali
la mobilità e 1 trasporti,
la sicurezza, l’accessibilità ai disabili, sanità ed
emergenza, infrastrutture di accoglienza e impianti sportivi. In settimana Comuni e Comu
nità montane forniranno
alla Regione un elenco,
sicuramente assai più
ponderoso di quanto sarà poi finanziato, di interventi in questi settori.
Tanto per cominciare
l’Ato 3 (l’Ambito territoriale che è il nuovo ente
gestore del ciclo delle acque) ha raccolto le indicazioni delle Comunità
montane in materia; 86
miliardi, milione più milione meno, fra vai Pellice e valli Chisone e Germanasca per opere fognarie e acquedotti. Tanto per fare un esempio la
vai Pellice ha proposto il
progetto redatto dall’Acea di un unico collettore
di valle (20,5 miliardi) e
un sistema di razionalizzazione degli acquedotti
in modo da bypassare
eventuali tagli conseguenza di eventi calamitosi. Analogo progetto è
stato avanzato per quanto riguarda la rete Enel.
Nelle opere connesse
verranno inseriti anche
numerosi interventi sulla
viabilità provinciale e varie proposte di miglioramento dei centri storici.
ICONTRAPPUNTOI
BISOGNO DI CULTURA
E PROGETTI INTELLIGENTI
nHVAlOO ROSTMI
Il freddo pungente di
questi giorni ci fa capire
che il tempo tradizionale
delle vacanze è finito. Adesso è il momento in cui sono
i commercianti locali ad
andare in vacanza, al termine di un’estate che è stata
tale sul piano climatico e
più che positiva su quello
delle presenze. Se qualcuno
incontra un ristoratore o un
commerciante
che si lamenta
anche a cogliere i primi
frutti della comunicazione
in atto rispetto ai giochi
olimpici: mai come quest’
anno si sono visti in vai
Pellice i francesi, e non certo quelli di appena al di là
delle Alpi ma i parigini.
È in atto dunque uno
sforzo complessivo che facendo leva sui possibili
fondi legati
alle Olimpia
L'offerta va oltre di punta ad
aumentare la
o questi è in ¡I turíSÍTlO reUgiOSO capacità ri
malafede op
pure è proprio
il caso che...
cambi mestiere. Le presenze
nei mesi estivi
sono state più
alte che in passato, soprattutto per quanto riguarda le famiglie e
dunque sono i turisti che
hanno la maggior propensione alla spesa. Se un rammarico ci può essere è quello solito dell’eccessiva concentrazione delle presenze
nel mese di agosto e della
difficoltà ad allungare la
stagione. Ma questo problema si collega soprattutto al
meccanismo delle vacanze
nel nostro paese; non è un
caso infatti che i turisti
stranieri arrivino in altri
perìodi delTanno; basti
pensare che nella prima
settimana di ottobre in vai
Pellice saranno presenti (in
concomitanza con la festa
per la riunificazione delle
due Germanie del 3 ottobre) non meno di 250 tedeschi sparsi in più strutture
extra alberghiere.
Ma se è vero che si è registrato un incremento nell’andamento turistico, è bene analizzare alcuni elementi positivi e altri più
critici emersi dall’ultima
stagione. A fare da traino vi
sono alcuni punti «forti»,
anche sul piano dell’immagine. Oltre al sempre citato,
e molto reale, turismo cultural-religioso legato alla
presenza valdese, le nostre
valli stanno da alcuni anni
puntando su un turismo
«tematico»: tema invece
che meta, diceva qualcuno
durante un dibattito. Insomma le valli valdesi non
hanno lo stesso appeal di
Firenze o Venezia ma se
siamo capaci di rilanciare il
territorio intorno a qualche specifico aspetto ecco
che si diventa interessanti
per i visitatori. Che sia il
forte di Fenestrelle o le miniere da visitare in vai Germanasca, un ecomuseo in
vai Pellice poco importa.
Probabilmente si comincia
ma e scarsa
la concertazione
delle iniziative
cettiva extra
alberghiera
(a breve in
vai Pellice si
apriranno la
Crumière e
_____ Villa Olanda,
a Bobbio, vedi il numero scorso, potrebbe nascere un nuovo
Centro evangelico). Ma si
lavora anche sui centri storici; basti considerare che
le amministrazioni di Luserna San Giovanni e Torre
Pellice hanno nei cassetti
progetti di ristrutturazione
dei centri per un importo
complessivo che supera i
10 miliardi. Il Pinerolese ha
poi alcune scuole (penso al
settore turistico dell’Alberti di Luserna e al noto Alberghiero di Pinerolo) capaci di preparare elevate
professionalità nei settori
dell’accoglienza; esistono e
stanno per sorgere vari
punti di vendita (fi prodotti
tipici del territorio.
C’è però un forte bisogno
di maggiore comunicazione, di confronto fra i settori
e fra le persone, di un disegno più condiviso. Se uno
qualsiasi degli operatori
commette un errore, in
realtà ne pagano le conseguenze tutti, così come le
eccellenze, anche singole,
hanno un valore di immagine positiva su tutto il territorio. Tutto bene allora?
No, resta molto da fare, sia
in prospettiva olimpica sia
in termini assoluti poiché, è
noto a tutti, i Giochi durano
solo due settimane. Come
spiegare allora i 5 bar su 7
chiusi contemporaneamente domenica 12 agosto nel
centro di Torre Pellice gremito di turisti? Tutti gli
operatori avevano impegni
inderogabili oppure c’è ancora una scarsa condivisione del disegno globale di
miglioramento dell’offerta?
Occorre ripensare a un sistema economico che veda
le nostre montagne fulcro e
biglietto da visita che attendiamo, intelligente, rispettoso e capace di apprezzare
i valori di un territorio.
12
PAG. 12 RIFORMA
E Eco Delle "Iàlli valdesi
VENERDÌ 21 SEHEMBRe
CRONACHE
UNA PISTA CICLABILE PER LA VALLE — Sono in
corso i rilievi per realizzare la parte esecutiva del
progetto di piste ciclabili della vai Pellice; a seguito dell’ok dalla Regione si sta infatti passando dalla fase preliminare a quella definitiva; non
senza qualche problema legato alle conseguenze dell’alluvione che ha spazzato il tratto di territorio fra Villar e Torre Pellice. Sono interessati
anche i comuni di alta valle (escluso Bobbio che
p^e non aver aderito all’iniziativa) con percorsi
più impegnativi. La pista dovrebbe terminare
nei pressi del laghetto di Villar Pellice.
BIBLIOTECHE DI PINEROLO: GLI ORARI — Arriva
la brutta statone e cresce la voglia di un buon
libro. La biblioteca civica C. Alliaudi di Pinerolo
(tei. 0121-374505) è aperta dal lunerdì al venerdì
ore 8-19, il sabato ore 8-14. L’archivio storico,
nei locali della biblioteca civica, è aperto lunedì,
niercoledì e venerdì ore 14,30-16,30; martedì e
giovedì 9-12. La biblioteca per ragazzi di corso
Piave 5 è aperta dal lunedì al venerdì dalle 14,30
aUe 17,30. Con orari differenti, sono anche aperte le biblioteche rionali di Abbadia Alpina, Baudenasca. Riva e San Lazzaro.
CONTATORI ENEL: ATTENZIONE AI FALSI CON
TROLLORI — L’impresa Corex si è aggiudicata
l’appalto dei contatori elettrici: l’Enel ricorda che
«il personale che eseguirà le letture deve essere
munito di tesserino della Corex, con fotografia e
nominativo, e di una lettera di attestazione d’incarico rilasciata dall’Enel». Nessun dipendente
della Corex o dell’Enel è autorizzato a riscuotere
denaro presso i clienti o a procedere a rimborsi.
MALAN PER I VIGILI DEL FUOCO — Il senatore
Lucio Malan ha presentato un disegno di legge
per porre rimedio a un provvedimento del governo Amato (Dpr 362-2000) che sta creando
gravissimi problemi ai vigili del fuoco volontari.
«Se,il Dpr scritto da Amato, Bianco e Bassanini
venisse applicato senza modifiche, - spiega il senatore Malan - solo una piccola minoranza dei
volontari potrebbe svolgere questo servizio a
beneficio di tutta la comunità. Verrebbe scartato
chi ha più di quarant’anni, chi non ha una specializzazione professionale (tipo “pilota di elicottero”, “meccanico” ecc.), chi per lavoro è vigile urbano o poliziotto, chi non ha la patente C
e così via. È incredibile che qualcuno abbia
scritto una norma del genere, in un paese che ha
già il record negativo di vigili volontari, e dove
scoppiano migliaia di incendi all’anno».
CANAPA A BOBBIO: DUE ARRESTI — Due giovani
abitanti a Bobbio Pellice, Katia Catalin, 32 anni e
Michael Hitz, 27 anni, sono stati arrestati la
scorsa settimana dai carabinieri di Torre Pellice
perché nel proprio giardino avevano coltivato
alcune piante di canapa indiana. 11 peso della
canapa posta sotto sequestro ammonta a 7,5 kg.
Nell’abitazione dei due giovani i militi hanno
anche rinvenuto delle foglie già fatte essiccare
CORSO PER ORGANISTI — La commissione esecutiva distrettuale del 1° distretto delle chiese vaidesi ha dato incarico alla «commissione musica»
di attuare un corso di perfezionamento per organisti. Gli interessati possono mettersi in contatto col past. Franco Taglierò, tei. 0121-944182.
ARMI ILLEGALI IN VAL PELLICE — I carabinieri di
Luserna San Giovanni hanno denunciato due
persone abitanti a Lusema e Rorà per detenzione illegale di armi e di esplosivi. A Lusema, nella
casa del 70enne Renato Manavella, sono stati
trovati dinamite e due fucili non denunciati: a
Rorà, nella casa di Chiaffredo Chiri, sono state
trovate una carabina i cui numeri di matricola
erano stati cancellati e delle cartucce.
nuovi criteri di nonnina penalizzano la provincia
Scuola, partenza difficile
Insegnanti chiamati più volte dai medesimi istituti, trasporti
e distanze gravosi; forse più chiarezza a metà ottobre
CARMELINA MAURIZIO
A circa una settimana
dall’inizio delle lezioni nelle scuole del Pinerolese, vediamo quali
sono le principali novità
di questo anno scolastico, che a livello nazionale si annuncia abbastanza significativo, per una
serie di cambiamenti e
rinnovamenti annunciati
dal nuova ministro. Letizia Moratti. Sin dall’inizio di settembre i vari dirigenti scolastici si sono
trovati di fronte a scadenze ministeriali ben
precise che hanno imposto la nomina di docenti
sui vari posti vacanti, in
modo da consentire entro la fine di settembre
l’avvio dell’anno scolastico con tutti gli insegnanti. Le nuove procedure
per le nomine hanno reso quest’operazione particolarmente difficile.
«Non è andata come era
ottimistico immaginare dice Mariella Amico, dirigente dell’istituto comprensivo di Villar Porosa
nominare gli insegnanti sui posti vacanti
infatti ha imposto dei ritmi assai faticosi, abbiamo lavorato anche di sa
bato e domenica, con risultati discutibili. Secondo le nuove modalità di
nomina infatti alcuni insegnanti erano chiamati
ripetutamente dalle stesse scuole; inoltre, nel caso specifico del nostro
territorio, decentrato e
non ben servito dai mezzi di trasporto, abbiamo
avuto difficoltà a trovare
docenti disposti ad assumere incarichi. Verosimilmente cominceremo
al completo solo alla fine
di ottobre, siamo infatti
ancora in attesa delle
graduatorie d’istituto,
dalle quali però potremo
cominciare ad attingere
non prima della metà di
ottobre. Tutto il sistema
messo in moto va rivisto
e razionalizzato, per non
penalizzare le scuole di
periferia come le nostre».
Il nuovo anno scolastico vede anche alcuni
cambiamenti e novità a
livello locale. A Torre Pellice l’istituto comprensivo ha una nuova dirigente, Bruna Peyrot, che sostituisce Roberto Eynard,
andato in pensione; a Lusema San Giovanni l’istituto tecnico «Alberti»
ospiterà per tutto l’anno
gli allievi e i docenti del
professionale turistico di
Torre Pellice (con problemi logistici e aumento
notevole della popolazione scolastica) che hanno
lasciato il posto nell’edificio dove si trovava la
scuola nel complesso
scolastico di viale Dante,
ai ragazzi delle medie, a
loro volta trasferiti dalla
vecchia sede, in attesa
quest’ultima di grandi lavori di ristrutturazione
(barriere architettoniche,
ascensore, rimozione del
tetto in amianto), a cura
della Provincia. Al termine dei lavori, previsto per
il 31 agosto del 2002, nella sede di viale Rimembranza andrà l’istituto
per operatori turistici.
Il Consiglio comunale approva la spesa
Il ponte Chisone fa discutere
ALLUVIONE 2000: RIMBORSO DALLA REGIONE
ALLE IMPRESE — La Regione ha recentemente
annunciato di aver praticamente completato i
pagamenti dell’acconto del 40% per i danni subiti dalle aziende alluvionate nell’ottobre 2000.
«Sono stati effettuati 5.846 bonifici bancari precisano in Regione - per una somma complessiva di circa 114 miliardi di lire. Le rimanenti
500 pratiche verranno chiuse alla presentazione
del certificato antimafia, come richiesto dalla
le^e». Nel complesso i danni che saranno risarciti ammontano a oltre 700 miliardi di lire.
Consiglio comunale
animato quello che si è
tenuto la settimana scorsa a Pinerolo. All’ordine
del giorno tra l’altro la
variazione di bilancio resasi necessaria per reperire da parte comunale i
fondi per la ricostruzione
del ponte sul Chisone di
via Saluzzo, così come
previsto dagli ultimi accordi raggiunti in Regione e sottoscritti dall’amministrazione comunale.
Il Consiglio, che ha iniziato i suoi lavori martedì 11
settembre per poi continuare anche nei giorni
successivi, è stato anche
caratterizzato emotivamente dalle notizie che
arrivavano sull’attacco
terroristico alle Torri gemelle di New York su cui
l’assemblea ha deciso di
rimandare alla conferenza dei capigruppo consiliari la preparazione di
una mozione di solidarietà alle vittime e di condanna al terrorismo.
Tornando all’ordine
del giorno programmato
il Consiglio, dopo aver
ascoltato la relazione
dell’ingegner Renato Barra, uno dei progettisti a
cui è stato affidato l’incarico del progetto del nuovo ponte stradale e ferroviario sul Chisone, ha affrontato la discussione
relativa alla variazione di
bilancio per reperire i
fondi necessari alla realizzazione dell’opera. Subito la minoranza ha
contestato oltre alla scar
sa informazione relativamente ai progetti anche
le scelte in materia di variazioni di bilancio. «Non
si mette in discussione
l’intervento - hanno detto dai banchi della minoranza - ma la scelta di tagliare su interventi preventivati per la bonifica
del tetto in amianto della
scuola Andersen o sull’ade^amento degli impianti elettrici nelle scuole o ancora gli interventi
sul verde pubblico». Per
parte sua la giunta ha ricordato che questi interventi non sono stati cancellati dai preventivi di
spesa ma semplicemente
rimandati al prossimo
anno. «Si tratta non di
cancellare - ha ricordato
Giorgio Canal, della maggioranza - ma di postdatare gli interventi per
permettere la costruzione del ponte».
Alla fine il Consiglio ha
approvato all’unanimità
la variazione che prevede
il reperimento dei 2,6
miliardi necessari da
parte comunale alla costruzione del ponte che
andranno ad aggiungersi
ai finanziamenti che dovranno arrivare da Regione, Provincia (che
sarà tra l’altro capofila
nella realizzazione dell’opera) e Ferrovie. La cifra totale necessaria sarà
alla fine di 21 miliardi. Le
pratiche per la costruzione del ponte, in realtà
per i due ponti quello
ferroviario e quello stradale, a questo punto dovrebbero partire nelle
prossime settimane e seguire la procedura d’urgenza con la linea ferroviaria per Torre Pellice
riattivata nella migliore
delle ipotesi entro un anno e il varo definitivo di
tutta l’opera al più tardi
entro due anni.
Prima caccia nel Pinerolese
Uccisi 19 cinghiali
SICUBAZICT^
ASSICURAZIONI
INVESTIMENTI
È di 19 capi il «bottino»
dei cacciatori di cinghiali
nella prima giornata di
uscita (domenica 16 settembre); un dato non
elevato, probabilmente a
causa del forte vento e
della siccità che disturbano questi animali.
Nell’ultima annata venatoria, nei 3 mesi di caccia, in tutte le valli pinerolesi erano stati abbattuti 487 cinghiali, 180 in
vai Pellice e gli altri 307
fra vai Chisone e Germanasca. Una differenza
confermata in questa
prima giornata di caccia
dove sono stati uccisi 13
cinghiali in vai Chisone e
6 in vai Pellice. Diverso
invece il conto dei danni
che questo animale causa all’agricoltura, nell’or
dine di diverse decine di
milioni l’anno: in questo
caso le denuncie di danni sono maggiori in vai
Pellice, dove per altro la
presenza di coltivazioni è
decisamente più alta.
Intanto ha raggiunto
ormai il 50% il piano di
abbattimento del capriolo: per questo ungulato,
assai diffuso nelle medie
valli da qualche anno in
qua e causa a sua volta di
danneggiamenti ai frutteti, sono possibili 300
abbattimenti: a sabato
scorso ne erano stati uccisi 145. In settimana (20
settembre) si apre anche
la caccia al camoscio: si
caccia il giovedì e il sabato; il piano di prelievo
consente di uccidere 330
esemplari.
La nuova piscina di Pinerolo
Piscina in funzione
a San Lazzaro
DAVIDE ROSSO
FINALMENTE Pinerolo ha la sua piscina.
La nuova stmttura di San
Lazzaro, zona impianti
sportivi, è stata ufficialmente aperta al pubblico
lunedì 17 settembre. L’
impianto, con una vasca
da 25 metri, dopo gli ultimi ritocchi si presenta
ora, dopo anni di attesa
in città, al vaglio dei cittadini che amano gli sport
acquatici. La gestione
della piscina è stata affidata in convenzione per
10 anni alla società Uisp
che già gestisce altri impianti similari in provincia di Torino. «La Uisp spiega Giampiero Clement, l’assessore allo
Sport di Pinerolo - l’ha
spuntata sulle altre associazioni che avevano presentato domanda per la
gestione dell’impianto offrendo, a parità di qualità
di servizio, condizioni
economiche più vantaggiose dal punto di vista
del Comune e dei cittadini. Il Comune in totale
darà all’associazione un
corrispettivo di 50 milioni
il primo anno e di 35 il secondo oltre a un contributo di 38 milioni armuale per i primi 5 anni per
I’ammortamento dei co
sti di arredo. La gestioj.
dell impianto (circa 4!
milioni) però sarà coi!
pletamente a carico del
Uisp che si è impegnai,,
garantire tariffe diinae^
so relativamente bass^
Quanto costerà ai cit¿
dini andare in piscina,
Pinerolo? Le tariffe pai,!
no effettivamente van
taggiose. Per un ingrel
di un’ora si pagherà 8 Ooo
lire (4.000 i ragazzi fino ai
12 anni) 140.000 lire co
sterà la tessera da 20 in
gressi mentre l’abbona
mento a 10 ingressi pe,
i ragazzi costerà 35.0(||)
lire. Teoricamente satl
proprio quest’ultimo tipo
di tariffa quella più usati
o quantomeno questo i
quello che sperano in Co,
mune. «L’attività princ¡.
pale - conferma Clement
- dovrà essere quella rivolta alle scuole elemea
tari e medie nell’intento
di favorire la pratica di
uno sport sicuramente
utile alla formazione fe.
ca delle giovani generazioni». Tra le indicazioni
tariffarie è poi anche
compreso l’ingresso gratuito degli accompagnatori di disabili che intendano recarsi in piscina
ma che necessitino di
qualcuno che li affianchi
nella pratica del nuoto.
Ä La terza edizione di «Cheese»
Il sarass arriva a Bra
Ci sarà anche l’ormai
famoso «sarass del fen» a
«Cheese» che ritprna a
Bra da venerdì 21 settembre a lunedì 24; la ricotta tipica delle Valli
valdesi, prodotta in una
quindicina di alpeggi
della zona, sarà presente
in uno spazio della Comunità montana vai Pellice. La manifestazione è
alla terza edizione su organizzazione di «Slow
food»; si svolge ad anni
alterni con il Salone del
gusto di Torino e nel giro
di poco tempo ha saputo
ritagliarsi uno spazio tale
da portarla al primo posto frà le manifestazioni
mondiali del settore.
Ci saranno spazi di
vendita, convegni, mostre, itinerari gastronomici; quest’anno la manifestazione ha come tema centrale la salvaguardia dei formaggi a latte
crudo: si conclude infatti
con «Cheese» la campagna di raccolta di firma
lanciata in tutto il mondo a sostegno di questo
tipo di produzioni. A
questo argomento sarà
dedicato uno specifico
convegno venerdì 21 ai
presenza di rappresentanti dell’Unione europea. E a «Cheese 2001»
verranno presentati tutti
i formaggi europei a «denominazione di origine
protetta» ed «indicazione
geografica protetta», due
modi ufficiali di tutelate^
prodotti a rischio di con-'
traffazione e nello stesso
tempo una garanzia peri
consumatori.
Nel complesso «Cheese 2001» ospiterà
produttori selezionati
una sala per assaggi di
2.000 metri quadri, i laboratori del gusto per
spiegare agli «allievi» as;
saggiatori le qualità di
questo 0 quel formaggi()’
Con i «Comuni per la pace»
Pinerolo-Assisi
L’amministrazione di
Pinerolo si impegna per
la pace. La città ha infatti
recentemente aderito
all’associazione «Comuni per la pace» e perché
questo non sia un semplice atto formale ma si
concretizzi in azioni concrete ha deciso la partecipazione a livello istituzionale alla «Marcia per
la pace Perugia-Assisi»
del 14 ottobre prossimo.
Recentemente l’amministrazione comunale ha
indetto anche un incontro, che si terrà il 24 settembre nella sala di rappresentanza del municipio di Pinerolo, con le associazioni e le chiese del
territorio per cercare una
via comune per «sviluppare nella città la cultura
della pace - si legge ne
testo inviato a tutte le
sociazioni cittadine
frontando i problemi
dei
diritti umani, delle cult^
re altre, della globaliz^
zione, deH’immigrari
ne, dei progetti di soM
rietà». Un progetto co
creto insomma, fa”
sapere dal Comune, P
cercare di sviluppar®'7
cultura di pace difW j
un idea important
potrebbe aggiungete
arriva in un momen
particolare in cui P®”
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Torre Pellice: diverso utilizzo della stazione di arrivo dell'ex seggiovia
Una nuova struttura alla Sea?
Dopo lo distruttiva bufera del dicembre di due anni fa, lo stabile quasi distrutto
spetta una totale ricostruzione. A colloquio con il proprietario, Massimo Bocci
CNONE
Bnoai
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.nuova Ca d’ia paDietro queste parole
S'il possibile futuro del
Mne di arrivo deiia
^ovia, alla Sea di Tor^elUce. Un sogno che
diaeconta Massimo Boeri titolare dell’azienda
^turistica denominata
&#oBarfe»diAiigro■maTroprietano dall inEo^scorso dell’ex fabbricato deUa seggiovia.
27dicembre 1999: data
entrata nei ricordi dei
vaigiani per una bufera
divento memorabile, che
aEaSea (e se ne vedono
ancorai segni) sradicò lanci espezzò in due decine di alberi centenari.
Quella che fu la stazione
fiarrivo della seggiovia è
ormai ridotta a un rudere:
le pareti crollate e il tetto
sprofondato. Dopo la forza del vento, un anno e
mezzo di intemperie
completa l’opera. A gennaio 2001 Bocci acquista
la struttura dalla Società
sportiva «La Sea», proprietaria dell’ex stazione,
concessa per alcuni anni
in affitto e adibita da gestori differenti a bar-ristorante. Un locale da
100-120 coperti. Ma che
cosa era rimasto all’interno dello stabile? «Praticamente niente - dice Bocci
- macerie e spazzatura,
sedie rotte e decine di
materassi ammuffiti». Le
attrezzature del bar? Sparite. Sono bastati pochi
anni e si sono portati via
tutto: anche il lavello,
strappato dal muro.
Nei sogni del nuovo
proprietario c’è la ristrut
La stazione d’arrivo delia seggiovia negli Anni 60
progetto dispendioso: per
il momento iniziamo a sistemare la struttura e so
turazione e quindi la realizzazione di una foresteria per gruppi autogestiti
su modello della «Ca d’ia
pais» del Bagnoòu di Angrogna. Ma è lo stesso
Bocci a frenare i facili entusiasmi. «I lavori saranno lunghi e procederemo
con calma - dice, guardando le pendici del Vandalino -: si tratta di un
Storia di un'idea fallita
si era nel pieno della crisi della Mazzoiiis (e anche alla Beloit si stava iniziando a licenziare) e mentre per centinaia di famiglie della vai Pellice l’aweÉesi stava facendo sempre più cupo,
i ¡Étti Anni 60 videro nascere quello
àe secondo molti avrebbe dovuto essere un progetto capace di rilanciare il
|,toi0o in Pellice. E con esso le sorti econòmiche della valle, a partire dal
commercio e dagli alberghi. Parliamo
della Seggiovia del Vandafino: costruita
su progetto dell’ing. Prudenza venne
sponsorizzata dal settimanale locale «Il
Pellice» che con puntualità ne racconid lava ^sviluppi e le caratteristiche, invitando anche i più scettici a sottoscrivere le azioni della neonata società
«Seggiovie Vandalino» che aveva a capo il generale Stefano Coi'sson.
I lavoi iniziarono nella primavera
del ’64, l’inaugurazione avvenne, alla
presenza di senatori e onorevoli, nonché dimoiti amministratori ed esponenti del mondo economico, il 6 giugno ]|^65. 12.600 metri di tragitto consentivano di salire un dislivello di oltre
700 metri nei 108 cesti appesi alla fune.
Era prevista la realizzazione di un secondo tronco fin quasi alla sommità
del Vandalino e di tre skilift. Armunciati anche «numerosi alberghi e centri residenziali». Al giorno deU’inaugurazione avevano aderito, quali soci, quasi
600 persone attratte dall’idea di investire in modo redditizio i propri soldi.
In realtà non fu così e la tanto pubblicizzata stazione invernale della Sea,
«dove la neve non manca mai», in buona parte neppure si realizzò; in sostanza ü progetto restò monco: alla Sea di
neve non se ne è mai vista troppa e gli
investimenti a quote più elevate risultarono del tutto improponibili.
Per un po' di tempo, a neppure 20
anni dalla sua inaugurazione, la Seg- ,
giovia restò aperta con i soli ristoranti!
mentre rimpianto di risalita era stato
già chiuso sotto il peso delle passività.
Poi, quasi incredibilmente, anche i ristoranti chiusero. Il vento del 28 dicembre ’99 ha spazzato definitivamente un sogno e riaperto delle ferite non
ancora rimarginate, (pvr)
prattutto il tetto perché
non crolli completamente; poi si vedrà, anche in
base alle richieste che ci
potranno essere». Per
quanto riguarda la riconversione della struttura,
in passato c’era stato l’interessamento degli enti
pubblici. Comunità montana in prima fila, ma poi
non sé n’è fatto nulla. Ora
Bocci punta a un progetto sostenibile, evitando
«cattedrali nel deserto»,
senza per questo rifiutare
possibili contributi.
Sulle pendici del Vandalino, alla Sea, la famiglia Bocci ha messo piede
nell’ormai lontano 1987,
anno in cui comprò le
meire in località Barfè superiore (1.200 metri di altitudine), diventate dal
1993 sede dell’agriturismo, culla del mangiar
bene e del riposo. Nella
zona della Sea, che si
estende tra i comuni di
Angrogna e Torre Pellice,
Massimiliano e famiglia
sono proprietari, di altre
meire e di una superficie
di circa 10 ettari di terreno. A tutto questo si aggiunge l’ex stazione della
seggiovia: sul futuro di
quest’opera, che rimane
nel ricordo dei valligiani,
si può ben sperare.
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Per i ragazzi bielorussi a Bobbio
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Olle Pellice, e da un’
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associazioni e Pro
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cetrh- ® sangue e
di curare
.ármente l’aspetto
tico, perché molti
ced¿rp i'possono acNel A'^^arte regolari»,
mese di luglio al
cuni membri dell’associazione hanno fatto visita a un Centro vacanze
diretto dalTUnione delle
chiese battiste della Bielorussia situato in un ex
base militare sovietica ai
confini con la Polonia, in
ambiente meno contaminato dall’esplosione di
Cernobil: «La struttura è
all’avanguardia con attrezzature moderne e ha
una parte medica completa che durante i mesi
invernali diventa un servizio per le persone del
luogo: tutto questo è
possibile grazie ai finanziamenti della Chiesa
battista e dai privati - ci
spiegano alcuni partecipanti al viaggio -. Durante l’estate vengono organizzate colonie di cura e
divertimento di 3 settimane per 800 bambini
suddivisi in gruppi di circa 170: sono ragazzi che
non hanno la possibilità
di partecipare a soggiorni all’estero. Manterremo sicuramente i contatti con questo Centro battista, anche in vista di
possibili soggiorni per i
nostri ragazzi». Per il mese di novembre è previsto l’invio di nuovo materiale all’istituto di Radon; per eventuali informazioni, ci si può rivolgere alla farmacia Moselli di Bobbio Pellice.
corsi riprenderanno il 15 ottobre
La Scuola di musica
Dopo un anno di chiusura, dopo una fitta serie
di incontri tra docenti,
utenti e responsabili degli enti locali, riapre finalmente la scuola di
musica intercomunale
della vai Pellice. Come è
noto, dopo 9 anni ininterrotti di attività, con oltre 120 allievi al suo attivo, all’inizio dello scorso
autunno la scuola di musica si era trovata costretta a non riaprire, lasciando a casa i numerosi docenti e tutti gli aspiranti musicisti, senza alcun preavviso. Le difficoltà amministrative e di
gestione, alcune incomprensioni tra ente pubblico e l’associazione
musicale Divertimento
(che aveva allora in carico una parte della gestione della scuola) erano
state le cause principali
del fallimento. Nel corso
dei mesi passati tuttavia
un gruppo consistente di
allievi e genitori di allievi
ha continuato a sollecitare la Comunità montana
e i vari Comuni che avevano sostenuto la scuola;
alcuni docenti si sono
riuniti per realizzare un
progetto e i responsabili
degli enti pubblici hanno
portato a termine, seppure faticosamente, uno
statuto per la creazione
di un’associazione pub
blico-privato che potesse
consentire la riapertura
della scuola. Il prossimo
15 ottobre la scuola di
musica riaprirà, saranno
attivati oltre 15 corsi collettivi e altrettanti individuali, la metodologia e
l’impostazione didattica,
per volontà del corpo docente e su precisa e costante richiesta degli utenti, sarà la stessa del
passato. La Comunità
montana vai Pellice insieme ai Comuni che
hanno aderito alla nuova
associazione ha destinato 60 milioni alla nuova
scuola, per il resto saranno le rette a consentire il
funzionamento dei corsi.
Tra le novità c’è il parziale decentramento delle
attività; infatti oltre alla
sede di via Roma a Luserna, alcuni corsi (pianoforte) si svolgeranno a
Torre Pellice (alla Casa
delle diaconesse) e i Comuni interessati hanno
dato il loro impegno per
trovare altre sedi. I responsabili della Comunità montana e dei Comuni hanno proposto
anche delle facilitazioni
per i nuclei familiari che
frequenteranno i corsi;
inoltre gli utenti saranno
periodicamente coinvolti
a ritrovarsi per fare un
bilancio delle attività, soprattutto in questa fase.
Un'analoga mobilitazione anche in vai Pellice
Dal Coordinamento anti G8
nasce Pinerolese Social Forum
Martedì 11 settembre.
Una data che sarà ricordata a lungo. Simbolo del
terrorismo «antimperialista» che arriva a colpire
il centro del mondo. Bersagli, una scena vista e rivista migliaia di volte attraverso l’occhio impassibile delle telecamere,
sono le torri gemelle di
New York City e il pentagono: Tedificio che ospita il ministero della difesa americano. Luoghi
simbolici, quasi divini,
considerati inarrivabili. E
da violenza nasce violenza. Episodi incresciosi
sui quali riflettere e non
lasciarsi intimorire, riunirsi e discutere per non
soccombere né tacere. In
tutta Italia continua il
proliferare dei Social Forum: momenti assemblear! fra associazioni,
singole e singoli, gruppi
di cittadini e cittadine
che intendono, insieme,
proseguire la marcia e il
discorso iniziato a Genova con le iniziative del
Genoa Social Forum.
A Pinerolo, dal Coordinamento pinerolese contro il G8, che a luglio aveva organizzato le iniziative davanti a McDonald’s
e Carrefour e soprattutto
i pullman per partecipare alle manifestazioni
contro la riunione dei G8
a Genova, si sviluppa il
Pinerolese social forum.
Nuove attività e iniziative per un gruppo che
cresce (ne fanno parte
numerose rpaltà associative, confessionali e politiche locali, dall’Arci alle
comunità di base, passando per Rifondazione
comunista e Radio Beckwith) e si dà regolarmente appuntamento (le riunioni sono aperte a tutti)
nella sede dell’associa
I Rievocazione storica a Porosa
Poggio Oddone
DAVIDE ROSSO
SI aprirà venerdì 21
settembre’ a Perosa
Argentina per continuare fino a domenica 23 la
seconda edizione della
manifestazione «Poggio
Oddone, terra di confine». Manifestazione incentrata sulla rievocazione storica di un avvenimento risalente al XVI
secolo quando èra gioco
forza «per i margari
dell’alta e della bassa
valle per poter commerciare il formaggio fare
dono di qualche toma al
governatore di Perosa».
La rievocazione storica in
costume per la verità avverrà solo domenica alle
16 ma la tre giorni perosina prevede convegni,
cortei storici, un mercato
di formaggi di alpeggio,
concerti e balli occitani a
cominciare da venerdì alle 18,30 quando ufficialmente inizierà la manifestazione per continuare
fino alle 21,30 della domenica quando dopo il
«grande banchetto medioevale» inizierà l’ultimo appuntamento in
programma: il «Festival
di suoni e balli occitani».
Di rilievo il convegno
storico previsto per sabato 22 settembre al cinema-teatro Piemont
dal titolo «Il monacheSimo nelle valli alpine» a
cui parteciperanno tra
gli altri oltre a padre Lunardi, priore della Novalesa, i tre docenti di storia medioevale Alessandro Barbero, delTUniversità del Piemonte orientale, Giuseppe Sergi, dell’Università di Torino e
Riccardo Rao, dell’Università di Milano.
zione Stranamore di via
Bignone a Pinerolo.
Dopo il dibattito sulla
finanza etica e la proiezione del video di Indymedia sui fatti di Genova,
iniziative della settimana
scorsa, il Pinerolese Social Forum sta organizzando una due giorni ad
Agape per sabato 21 e domenica 22 ottobre. Temi:
il nodo violenza-nonviolenza e, attraverso dei laboratori a gruppi, le prospettive del movimento.
Interverranno il pacifista
torinese Nanni Salio e
Paolo Ferrerò, del Prc.
Parteciperanno esponenti di Attac e rete di Lilliput. Intanto giovedì 20,
alle 18 alla festa dei giovani di Pinerolo parlerà Franco Gesualdi, del
Centro nuovo modello di
sviluppo sulle possibilità
offerte dalla pratica del
consumo critico. Sempre
alla festa dei giovani ci
sarà un banchetto che
tornerà sul senso e sulle
luanifestazioni genovesi.
In vai Pellice cerca adesioni e partecipazione il
nuovo Val Pellice Social
Forum che, in collaborazione con il «forum» pinerolese intende organizzare iniziative nonviolente e manifestazioni di
sensibilizzazione e formazione sui temi della
globalizzazione neoliberista e del suo impatto sul
territorio locale. Il Val
Pellice Social Forum nasce dal Gruppo d’affinità
che ha partecipato con la
rete di LUliput aUe iniziative genovesi del Genoa
Social Forum. Per aderire
al «forum» oppure ottenere informazioni sulle
iniziative future si può
scrivere all’indirizzo email: vsf@noicom.net. La
prossima assemblea del
Val Pellice Social Forum è
prevista per giovedì 4 ottobre alle 21 nella sede
dell’associazione Lou
Cialoun a Villa Olanda, in
via Fuhrmann a Luserna
San Giovanni.
POSTA
M II francese
è lingua olimpica
I francesi, preoccupati di difendere
la loro lingua, da molto tempo hanno
imparato a conoscere la situazione della Valle d’Aosta e i suoi problemi, gli
sforzi per far rispettare la francofonia.
Tuttavia sono pochi a essere al corrente del problema che si pone, ancor più
concretamente, nelle valli valdesi. Ecco
che si presenta una buona occasione
per i francesi di pensàre ai fratelli francofoni d’oltralpe: i Giochi olimpici invernali del 2006. (...) La Francia, nel
1894, ha risuscitato le Olimpiadi, sparite da 1.500 anni. Questo privilegio della
Francia è dovuto a un duplice fattore:
in primo luogo il francese è la prima
lingua ufficiale del Ciò e soprattutto la
lingua di De Coubertin è quella dei
Giochi. Per comodità il regolamento
autorizza gli organizzatori, se temono
che sul posto non tutti comprendano il
francese, a farlo seguire dalla traduzione. Forse in inglese, la seconda lingua
del Ciò? No, nella lingua del paese nel
quale ci si trova. Perciò i Giochi olimpici di Torino 2006 dovrebbero svolgersi
in francese, seguito dalla traduzione
italiana. Non sarà così.
La lotta che porto avanti da 17 anni
ha senza dubbio ripristinato la nostra
lingua, che era del tutto sparita ai Giochi di Sarajevo nel 1984, ma le autorità
francesi mi hanno seguito solo in modo debole, limitandosi a implorare,
quando si sarebbe dovuto, appoggiati
da tutta la francofonia (più di 40 paesi), scuotere il Ciò ed esigere il rispetto
dei diritti storici acquisiti. Ciononostante il francese è stato ripristinato.
Lo si troverà dunque a Torino, così co
me è avvenuto ovunque a partire dal
mese di agosto 1984.
Ma le valli valdesi non sono Sydney o
Atlanta: si tratta di una località dove è
tradizione parlare francese. Pagare alcuni interpreti per mettere «anche» un
po’ di francese (...) non è sufficiente.
Occorre sottolineare che non ci si trova
in una località qualsiasi del mondo, ma
in un luogo dove la gente, fedelmente,
parla la sua lingua, vale a dire il francese. Suggerirei agli amici delle valli vaidesi di interpellare il Toroc: proponetegli, offritegli, esigete che in primo
luogo, per i numerosi piccoli servizi
necessari allo svolgimento dei Giochi,
la scelta sia fatta fra i vostri cittadini
che parlano francese. Penso che si cercheranno persone che hanno imparato
Tinglese; ricordate loro che in questa
circostanza Tinglese non è altro che
una lingua straniera fra tante altre. È
certamente giusto che un accompagnatore sappia aiutare un anglofono a
trovare il posto che gli è stato riservato
oppure il bar. Ma questo è vero anche
per il germanofono, come per tutti gli
stranieri che saranno presenti: l’anglofono non ha nessuna priorità. Secondo i regolamenti è molto importante che gli abitanti delle valli valdesi dimostrino di essere francofoni. Non
chiedo loro di tradire l’Italia, ma di restare fedeli alla loro origine culturale.
Per informazioni o aiuto si possono
richiedere gli opuscoli sui vocaboli
francesi dello sport alla «Délégation
générale de la langue française, 6 rue
des Pyramides, 75001 Paris».
Pierre-Louis Malien
(Associazione internazionale
degli amici del francese, lingua
olimpica e sportiva), Parigi
14
PAG. 14 RIFORMA
E Eco Delle %lli '\àldesi
VENERDÌ 21
Per quest'anno in pista le squadre giovanili e femminile
Hockey in vai Pellice: nuovo direttivo
«Resa dei conti», «rifondazione»,
«nuove collaborazioni»; il risultato
deirassemblea pubblica dell’Hockey club Valpellice di domenica
sera può essere letta sotto diversi
lati. Alle spalle una serie A di due
anni fa conclusa con un brillante
risultato sportivo ma con un pesante deficit, un palazzo del ghiaccio crollato sotto la furia dell’alluvione. In prospettiva un patrimonio fatto di tanti giovani pinerolesi
avviati all’hockey in quésti anni e
di una passione che ha pochi pari
altrove e, soprattutto, un nuovo
stadio (olimpico) che sorgerà a
Torre Pellice. Si impone dunque
un rilancio e la ricerca di azioni e
collaborazioni affinché il movimento hockeistico non giunga
all’appuntamento impreparato.
Dopo una lunga discussione
sulle prospettive, non senza tensioni fra il presidente uscente
Giovanni Cotta Morandini «anima monopolista» dello sport del
ghiaccio e il resto del direttivo
uscente, i 32 soci presenti hanno
votato un nuovo direttivo che di
fatto segna una linea di forte discontinuità: Cotta non è più stato
votato; nel direttivo entrano, oltre
ai riconfermati Livio Bruera e
Fausto Barale, alcuni genitori
(Danilo Barberis, Riccardo Ricca,
Luca Viglianco, Davide Frigo, Wil
ler Boimet) e Fabrizio e Francesca
Gatti, il primo individuato come
presidente. Quanto aU’attività la
società avrà in pista le formazioni
under 10, 12 e 14; i più grandi sono infatti tesserati «All stars» per
cui, almeno per quest’anno, giocheranno con quella bandiera.
«Cercheremo la massima collaborazione con tutti - commenta Livio Bruera, ora tesoriere della società - dobbiamo realizzare un
progetto globale che rilanci
¡’hockey in Piemonte». Se ci sarà
una prima squadra, in serie C,
avrà dunque le insegne «All stars»,
così come la serie A femminile e
la under 19.
Uri progetto di rilancio per la struttura risalente alla metà deH'800
Pomaretto: far rivivere la Scuola latina
DAVIDE ROSSO
Far rivivere la Scuola latina di
Pomaretto. Questo è Tintento
che l’associazione «Scuola latina»
porta avanti da alcuni anni con
un progetto di recupero dell’intero edificio che prevede la collocazione al piano terreno della Scuola dell’esposizione de^ modellini
di Carlo Ferrerò raffiguranti gli
antichi mestieri della vai Germanasca, la realizzazione al primo
piano della «Biblioteca del patuà»
e di una sala conferenze e la predisposizione di uno spazio multimediale interattivo che dovrebbe
essere collocato nel seminterrato.
Un progetto ambizioso ché si
pone come obiettivo, oltre che di
recuperare un edificio storico risalente alla metà del 1800, anche di
ridare la giusta collocazione culturale alla Scuola latina, per anni sede di formazione per molti studenti e daH’85 edificio in cerca di
una nuova destinazione. Il costo di
realizzazione deU’intera ristrutturazione supera di poco il miliardo
e per questo l’associazione, oltre a
raccogliere fondi tra gli ex allievi
della scuola e tra quanti hanno a
cuore il progetto, conta sull’aiuto
della Comimità montana valli elùsone e Germanasca e sul Comune
di Pomaretto ma anche su Provincia e Regione con cui ci sono già
stati contatti e interessamenti.
Domenica 7 ottobre è prevista la
«Giornata della Scuola latina» iniziativa che aprirà i battenti alle 10
con il culto al tempio, e proseguirà
per tutta la giornata tra Scuola latina, Teatro valdese, Eicolo grande
offrendo ai visitatori la possibilità
di percorsi storici guidati, una mo
stra mercato, il buffet, attività per i
bambini e altro per chiudersi, alle
ore 19 al tempio, con un concerto
del gruppo corale «Eiminal» dove
vi sarà anche la presentazione del
progetto «Adotta un modellino»
iniziativa legata alla sistemazione
e alla realizzazione di schede e
raccolta di materiale utile alla realizzazione dello spazio dedicato
agli «Antichi mestieri».
Settimo incontro estivo della famiglia Grill al Giu da Sap di Prali
«Dando» Livia racconta la propria gioventù
SANDRA RIZZI
IL sole è alto sulle antiche case del Giu da
Sap: «Sono arrivata qui
nel luglio del 1954, il
giorno dopo le mie nozze
con Oreste - racconta
sorridendo Livia Richard
mentre guarda con affetto questa manciata di case e fienili che costituiscono questa borgata
sulla sinistra orografica
del pianoro di Bou du
Col, proprio a monte della centrale elettrica -. La
famiglia di mio marito, i
Grill dei Sap (così venivano chiamati per distinguerli da altre famiglie
con lo stesso cognome)
durante l’estate si trasferiva in questo alpeggio e
io cominciai la mia vita
coniugale lì in quella camera vicino al fienUe».
- Dando Livia, com’era
la giornata di una giovane sposa in un alpeggio?
«Era una vita dura che
condividevamo con i nostri mariti e con le altre
famiglie della borgata. In
inverno abitavamo stabilmente ai Pomieri ma verso maggio, quando il bestiame aveva bisogno di
maggior pascolo, tutte le
famiglie si trasferivano
più in alto proprio per facilitare il pascolo e per
poter tagliare più fieno
per i mesi invernali. Solo
con l’autunno rientravamo nelle nostre case. Al
mattino ci alzavamo presto per fare il burro e il
formaggio: era ancora
buio e si lavorava alla luce del carburo poi passavamo nella stalla per
mungere le mucche.
Questi lavori li facevamo insieme, Oreste e io
come tutte le altre coppie
che abitavano qui. C’erano poi i figli più piccoli da
vestire e da preparare il
pane e il formaggio, la
consueta colazione per i
figlioli più grandicelli che
accompagnavano le muc
che al pascolo. Spesso occorreva trovare anche
tempo, pazienza e sorriso
per i più anziani che lamentavano l’ultimo “acciacco” comparso proprio nella notte. Finalmente alla luce del sole,
partiti gli animali per i
pascoli con al seguito i
bambini forse ancora un
po’ addormentati ma già
pronti a giocare e a scherzare tra loro, noi donne
preparavamo le gerle con
il necessario per una giornata nei campi. Quando il
tempo era bello bisognava anche occuparsi dei
campi, degli orti e dei
prati giù a valle, a Pomieri
o Giordano. Tutte le famiglie allora avevano cinque 0 sei mucche, i vitelli
e il fieno necessario per
l’inverno era veramente
tanto. Sì lo trasportavamo
anche noi sulle spalle,
ben legato, dal campo fino ai fienili e vi assicuro
che erano ben pesanti!
Dovevamo poi piantare
patate ma prima ancora,
molto spesso, si doveva
riportare con la gerla la
terra su in cima ai nostri
campi... proprio così, la
neve faceva scivolare i
campi sul versante scosceso della montagna e
noi dovevamo risistemare il terreno prima della
semina. 1 bambini più
piccoli venivano con noi,
seduti dentro alle gerle,
su e giù per il sentiero».
- Ma non c’era un po’
di divertimento?
«Ero giovane - Dando
Livia sorride sul filo dei
ricordi - amavo ballare
anche se allora i pastori
non ce lo permettevano
e ci sgridavano quando,
magari per le nozze di
qualche patente, capitava che al suono di una fisarmonica ballassimo
qualche mazurca o la curenta... amavo cantare e
nulla mi faceva paura.
Ricordo un giorno, tornando nel pomeriggio su
La borgata dei Pomieri a Praii (disegno M. Rostan)
verso il Giu da Sap con la ga tavola in questo caldo
gerla carica sulle spalle,
tenevo per mano Pierino
mio nipote, aveva tre o
quattro anni allora. Vedo
una vipera in mezzo al
sentiero: preoccupata
per il piccolo lo scanso e
rapidamente schiaccio la
vipera con lo scarpone.
Ma il movimento brusco
e l’ansia mi fanno sbilanciare, la gerla si inclina e
io guardo la mia bella
micca di pane rotolare
giù fino al torrente...».
- E la sera? Dopo giornate così intense come
trascorrevate le serate?
«Forse era il momento
più bello, non sentivo
neppure più la stanchezza. Le 4 famiglie che abitavano queste case venivano qui, nella nostra
cucina. Gli uomini chiacchieravano mentre il
nonno raccontava magari qualche storia ai piccoli. La luce della lampada
a carburo permetteva a
noi donne di rammendare qualche buco in una
calza o lo strappo ai pantaloni ma potevamo anche raccontarci e scambiarci le nostre impressioni. Quante risate! A
volte certo correva anche
qualche parola aspra per
una incomprensione o
un fatto accaduto durante la giornata; la vita gomito a gomito come la si
viveva allora non era
sempre rosa...».
11 sole è alto: siamo in
molti attorno a una lun
pomeriggio di agosto
Molti di noi nati e vissuti
lontano dalle valli forse
neppure immaginano
come si potesse vivere
senza acqua e senza luce
nelle case. Ci è sicuramente difficile pensare a
una vita di lavoro femminile senza l’aiuto di un
elettrodomestico. Mentre Dando Livia parla con
il sorriso sulle labbra,
quasi ci raccontasse una
favola, dalla tavolata partono i canti di montagna,
poi si passa al francese e
a qualche inno, le storie
familiari si intrecciano
all’epopea valdese: su
questi sentieri si è dipanato il percorso di una
tappa del «Glorioso rimpatrio». Livia riprende a
chiacchierare...
«Non dovevamo preoccuparci del colesterolo
allora, la dieta era ben diversa dal pranzo che abbiamo consumato oggi.
Ci bastavano, o meglio
dovevano bastarci, pane,
formaggio, latte, una minestra e tante patate... La
carne? Era sempre buonissima forse perché la
mangiavamo poche volte.
In inverno qualche pecora, di cui filavamo la lana
per fare calze e maglioni,
e poi il festin quando si
uccideva il maiale».
È tempo di salutarci,
per molti l’arrivederci è
all’anno prossimo mentre altri si vedranno domani al Sinodo.
APPUNTAMENTI
21 settembre, venerdì
PEROSA ARGENTINA: Seconda edizione di «Poggio
Oddone terra di confine», fiera del formaggio, festival
occitano fino a domenica 23, figuranti per le vie del
paese, corteo storico.
TORRE PELLICE: Nella sede dell’assodazione «Libera officina», alle 18, presentazione dei corsi del
2001-02.
PINEROLO: Al palazzetto dello sport, per la Festa
giovani, al mattino lavoro nelle scuole medie e superiori della città; alle 21, nell’area spettacoli, incontro
con Claudio Foti, del centro studi Hansel e Gretel,
Andrea Cammarata, Omar Pedrini, Chiara Zamboni.
22 settembre, sabato
FENESTRELLE: Alle 16, dalla sede del parco di Pracatinat, partenza per un’uscita sul territorio con i
guardaparco «Impariamo a conoscere il cervo».
PINEROLO: Alla galleria «En plein air» apertura
della mostra «In viaggio-en viaije», artisti spagnoli da
Castellon e artisti italiani.
PEROSA ARGENTINA: Al cine-teatro Piemont, convegno storico su «MonacheSimo nelle valli alpine» con
Alessandro Barbero, Giuseppe Sergi, Riccardo Rao.
PINEROLO: Al palazzetto dello sport, alle 17, incontro di calcio (50 contro 50); alle 19 grigliata, alle 21
concerto finale con la band «I fratelli Sberlicchio».
VILLAR PELLICE: Alle 18, alla sala polivalente, a
cura della Fidas, festa sociale; commemorazione defunti, premiazione soci benemeriti, cena sociale; alle
21, aerata musicale.
23 settembre, domenica
VIGONE: Alle 14,45, nella chiesa del Gesù, concerto
per organo prima metà del XIX secolo, a cura di
Raphaelle Martin; alle 15,15, nella chiesa di Santa Caterina, ascolto Organo Collino; alle 16,15, nella sala
dei Ricordi, pianole, manovelle, organi meccanici; al
teatro delle Selve, alle 16,15, quartetto Basaglia; alle
17,30, nella chiesa di San Bernardino, ascolto organo
Collino; alle 18,30, nella chiesa di Santa Maria del
Borgo, ascolto organo Angelo Nava.
ROLETTO: Dalle 10, voli in mongolfiera, artisti di
strada, giochi pirotecnici.
VILLAR PEROSA: Mercatino delle pulci.
RORÀ: Prima gara intemazionale «Barba e baffi», al
ristorante Monte Frioland.
TORRE PELLICE: Al campo del Collegio valdese,
nona edizione del memorial «Cipo», quadrangolare di
calcio, con inizio alle 9,30.
24 settembre, lunedì
PINEROLO: Fino al 28 settembre, alla scuola comunale di danza, stage di presentazione di danza classica, contemporanea, jazz, carattere, latinoamericana.
NELLE CHIESE VALDESI
ANGROGNA
Pradeltomo.
Domenica 23 settembre, culto a
PRAROSTINO — Domenica 23 settembre, alle 9,
culto al Roc; alle 10,30 a Roccapiatta.
PINEROLO — Domenica 23 settembre, alle 10, culto con santa cena.
TORRE PELLICE — Domenica 23 settembre, alle
15, pomeriggio comunitario ai Coppieri. Giovedì 27
settembre, alle 20,30, alla Casa unionista, seduta amministrativa della corale. Giovedì 27 settembre, incontro del I e II anno del catechismo alle 17, e alle 18
per il III anno, per concordare gli orari. Precatechismo: primo incontro, alle 10, alla Casa unionista. Primo incontro dell’Unione giovanile dei Coppieri, venerdì 28 settembre, alle 21.
VILLAR PELLICE — Domenica 23 settembre, culto
di insediamento del pastore Vito Gardiol.
RORÀ — Domenica 30 settembre, alle 10, culto di
inizio attività con cena del Signore; verrà presentato il
diacono Dario Tron che curerà la chiesa. Al culto seguirà un pranzo comunitario: prenotarsi dagli anziani.
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Al Centro culturale valdese e galleria Sommellief
«Transiti» tra Pinerolo e Torre
«Transiti» è il titolo della mostra fotografica
ospitata dalla galleria
Sommeiller di Pinerolo e
dal Centro culturale valdese di Torre Pellice dal
22 settembre al 14 ottobre. La mostra, dislocata
in sedi diverse, parte da
tematiche ricorrenti nella
ricerca artistica: lo spazio
come dimensione personale si intreccia con il
tempo nella sua dimensione universale. Molti
artisti hanno fatto dei reperti museali l’oggetto
della propria ricerca. La
fotografa veneziana, Liliana Grueff, ospitata nella galleria Sommeiller, ricostruisce sul pavimento,
attraverso i segni legati
dall’archetipo della spirale, una mappa del tempo, Le immagini xerografiche accentuano il senso
di arcaicità dei reperti,
uniti da un sottile filo di
sabbia che si svolge dal
centro dell’installazione
fino ai bordi. Nelle sue
opere il fotografo torinese Roberto Bottero ripercorre il corso del tempo e
l’evoluzione della vita.
L’uomo, come un virus in
un organismo vivente, ha
stravolto gli equilibri naturali, spingendosi fino al
nucleo della vita. L’autore passa dalla documentazione della memoria,
che sottolinea la scomparsa di esistenze primordiali, alle allarmanti
prospettive di un futuro
prossimo che minaccia
resistenza delle forme attuali. La natura ha fissato
negli strati della terra i
fossili che, come arcaiche
fotografie, riportano alla
luce forme di vita cancellate dal tempo.
Al Centro culturale valdese tre autori affrontano, anche se in modo diverso, la tematica dello
spazio familiare. Le fotografe Helga Wendt e Rossana Baroni si confrontano sul tema dello spazio
domestico. Circoscritto
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(.nUlSmaiBlìEZOOl
Pagina Dei Lettori
PAG. 15 RIFORMA
Continua il dibattito sulle manifestazioni in occasione del G8 di Genova
lere manifestare pacificamente è un diritto
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^manifestare
..^endo la lettera del sig.
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inre in negativo, da tragedia
ioca, il portavoce delle «tute
vianthe» Luca Casarini ricor® piuttosto Francesca Berti»1, e la sua polemica ignobile
®i> Adriano Sofri ci dà la milita esatta del personaggio,
fta Lenin e Gandhi la scelta
deve essere netta e inequivotd, seno si finisce in una marmellata fra il «semibuonismo»
dilrattocomunismo su sfondo vittimistico, il tutto finalizzo a una presenza sui meteLa lotta alla globalizzazioj ® troppo seria per
®darla ai vari Casarini di
Zno. Credo che dovrebbe
. ripresa la più feroce
femminista al modo
teschUe di fare politica, ma
jzo che Internet abbia canmemoria storia.
Enzo Robutti
Anguillara (Rm)
■ Antiglobal
non ambigui
Vorrei chiarire alcune questioni riguardo alle affermazioni sull’ambiguità del movimento antiglobal espresse
dal fratello Antonio Tetta di
Torino. La prima è inerente
alla chiara immagine distorta
che i mass media, in particolare mi riferisco alla televisione, hanno dato dagli avvenimenti accaduti a Genova durante i giorni del G8. Per chi
come me, e come altre decine di migliaia di uomini e
donne, erano là in dal 19 al
22 luglio i fatti sono andati
diversamente.
In primo luogo vorrei testimoniare di non aver assistito
ad alcuna violenza il giorno
venerdì 20 da parte dei manifestanti, tute bianche comprese. La città era stata divisa
dal Gsf in piazze tematiche
dove i manifestanti avrebbero dovuto, in accordo con le
forze dell’ordine, portare
avanti delle azioni di ‘dimostrazione non violenta e pacifica. Nessuno voleva «superare uno sbarramento di uomini, per di più armati!«. Io mi
trovavo a piazza Manin, e più
tardi in fondo a via Assarotti
a pochi metri da un cordone
di poliziotti in tenuta antisommossa pacificamente seduta per terra insieme a tutti
gli altri. Nessuno era vestito
con maschere antigas e scudi
ma anche chi lo fosse stato
avrebbe fatto bene a esserlo
visto quello che poi è successo. La polizia infatti ha caricato senza motivo, con terribili lacrimogeni al peperoncino (l’avessimo avuta la maschera antigas!), con marìganeUi su persone inermi, compresi parlamentari, giornalisti, uomini del servizio medico, accanendosi su giovani
adolescenti che ballavano
brani gospel al suono di
un’orchestrina intorno a una
croce con un sole dipinto in
mezzo. A pochi passi i black
block (gruppi indefinibili,
estranei al Genoa Social Forum) seminavano distruzione, salendo dalla piazza antistante allo stadio Marassi dove con i miei stessi occhi ho
visto almeno un centinaio di
poliziotti che non muovevano un dito mentre questi
pazzi incendiavano cassonetti e automobili.
Dunque non credo che il
movimento antiglobal sia un
movimento ambiguo. Esso si
basa su idee chiare e ben definite. Probabilmente per questo fa paura ai poteri forti della Terra. Nella settimana precedente al vertice e durante
quei tre giorni non si è parlato
di come sfondare la zona rossa, come invece i telegiornali
hanno cercato di far intendere, ma di come porre le basi
per un mondo diverso, migliore, a misura di uomini,
donne bambini e bambine,
senza disuguaglianze e ingiustizie. Si è parlato di salvaguardia del creato, di impegno politico e civile, di nonviolenza, degli atti criminali
compiuti da governi e multi
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Svolgiamo a tutti gli evangelici d’Italia che sono stati
lon è “ chgp*G in fallimenti immobiliari (come noi) per informarli
separi : _e stato formato un comitato (Conafi, Coordinamento
fallimenti immobiliari), preposto per tutelare gli
esa pmjj ¡feuih perso denaro e casa. Il prossimo 26 set
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palazzo Chigi) verso le ore 8, e si proseguirà (100
piazza Montecitorio. Per chiarimenti contattare il
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j'j®ttivo è l’incontro con gli onorevoli Castelli e Moroni
un blocco immediato delle aste e aprire di conlent^ un tavolo di trattative per rivedere le leggi che rego.J^tano i fallimenti; risarcimenti e indennizzi congrui alle
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'^^507438’ via Pace 47, 20017 Rho (Milano); e-mail: co'6t@conafi.net; sito Internet: www.conafi.net.
Ezio Zebelloni e Rosa Bianca Borgetti - Torino
nazionali nei confronti dei
più deboli solo per il profitto.
Si è pregato e si è digiunato.
Ma quanto di tutto ciò è andato in onda? Il risultato già
prima del vertice, già da un
mese prima era annunciato:
non si è fatto altro che parlare
dei violenti, dei contestatori,
abbiamo visto e rivisto le immagini della polizia che a Göteborg sparava a un ragazzo.
La violenza di Genova è
stata preparata molto tempo
prima del vertice, la tensione
è stata fatta aumentare con
questo battage televisivo,
l’opinione pubblica ha incentrato la sua attenzione non
sulle tematiche sociali (e anche molto politiche) ma sulle
vetrine blindàte dei negozi di
Genova e sulla chiusura della
zona rossa. Il risultato finale
l’avevano deciso prima, dei
contenuti non si sarebbe parlato comunque. Per questo
motivo sono profondamente
contenta di essere andata a
rischiare il linciaggio che è
avvenuto il sabato 21 su persone inermi da parte della
polizia sul lungomare. Ben
prima che giungessero l black
block la polizia aveva iniziato
a caricare ancora senza un
pretesto la testa del corteo,
con il Gsf, Attac e i Verdi che
solo grazie alla formazione di
un cordone di protezione q
riuscito a andare avanti. Ho
visto una manifestazione piena di giovani e di adolescenti,
come da tanto non si vedeva,
piena di gioia e fantasia, piena di persone che con la tristezza nel cuore per i fatti accaduti il giorno prima non si
davano per vinte ed erano
convinte che manifestare fosse la cosa più giusta da fare di
fronte alle violenze inaudite
subite, anche solo psicologicamente. È stato un atto coraggioso e pieno di coscienza
civile, e per noi, cristiane e
cristiani che eravamo lì, vissuto nella convinzione di testimoniare Cristo.
Lisa Saracco - Grosseto
Fraternità
e unità
A Genova il 21 luglio, fra
altre centinaia di migliaia di
persone pacifiche, mi sono
trovato in quella parte del
corteo che la polizia ha più
volte caricato, duramente
colpito con una pioggia di lacrimogeni e, nei fatti, disperso. Solo per poco non sono
stato picchiato, come a tanti
altri è brutalmente capitato,
e ai quali esprimo tutta la
mia solidarietà, ciò non di
meno ho vissuto un’esperienza che spero di poter in
qualche misura partecipare
ai lettori di Riforma.
È una folla davvero imponente, ancor più motivata
dopo i gravi fatti accaduti il
giorno prima, quella che sfila
lungo il percorso stabilito,
con gli, striscioni e le tante
bandiere rappresentanti le
proprie diverse appartenenze, i propri ideali di vita, i
propri valori umani, spirituali, politici e sociali. Una moltitudine di giovani, ma anche
di persone dell’età di mezzo e
di più anziani (come chi scrive), del nostro e di altri paesi,
manifesta contro i G8 per un
mondo migliore; lo fa anche
vivacemente, ma sempre civilmente, direi con compostezza e con dignità.
Da questo essere insieme di
tante persone diverse è possibile percepire un forte senso
di unità e di fraternità, per la
comunanza degli interessi,
dei bisogni fondamentali, dei
destini che lega tutti i popoli
della terra; e sulla maglietta
di un credente c’è una scritta
che bene esprime questa
realtà: «Uno solo il Padre, sei
miliardi i fratelli»! In tutti è
chiara l’importanza di esserci
e di esserci in tanti, per contestare le politiche dei cosiddetti grandi della terra se, come si può leggere nel documento del Genoa Social Fomm Un mondo diverso è possibile, «il 20% della popolazione mondiale consuma l’83%
delle risorse planetarie; 11
milioni di bambini muoiono
ogni anno per denutrizione e
1 miliardo e 300 milioni di
persone hanno meno di un
dollaro al giorno per vivere. E
10 scenario invece ch^migliorare peggiora continuamente!». Per non parlare, poi, dei
danni all’ambiente, degli organismi geneticamente modificati, dei brevetti sui semi,
dello sfhittamento dei poveri
e di altre tristezze del genere.
Per ragioni di spazio evito
di dilungarmi in particolari
raccontando, assieme ai fatti,
11 succedersi degli stati d’animo, delle sensazioni, dei momenti di sofferenza fisica ma
soprattutto di quella morale,
provocata a tante persone, e
ai giovani in particolare,
umiliati nelle loro attese e
nel desiderio di partecipazione; insomma delle riflessioni
e dei pensieri succedutisi
prima, dinante e dopo le cariche della polizia. Debbo,
però, almeno ricordare di
aver vissuto, assieme agli altri, tutta l’ingiustizia di quella repressione e di aver riflettuto amaramente, fra l’altro,
una volta di più, sull’enorme
responsabilità che ogni persona si assume nel momento
in cui va a votare...
Sono note le ripetute provocazioni di una minoranza
di violenti, che non si è saputo isolare e si sono lasciati per
lo più stranamente liberi di
agire nel modo che sappiamo, ma non è accettabile che
la polizia di un paese democratico reagisca come ha reagito, in grave violazione della
libertà costituzionale di manifestare e secondo evidenti
responsabilità politiche, intervenendo con durezza su
chi si è reso colpevole solo di
cercare anche gli interessi degli altri e la giustizia per tutti.
Certamente questo movimento intemazionale, questo
popolo in cammino (di Seattle, di Porto Alegre, di Genova) è inviso ai potenti, sia per
la sua capacità di denunciare
l’ingiustizia di politiche che
producono disuguaglianze
sociali e degrado ambientale,
sia per saper rivolgersi in modo comprensibile alle coscienze di un numero crescente di persone, nel proposito tutt’altro che facile, ma irrinunciabile, di riuscire a edificare insieme una società diversa dall’attuale, più sobria e
solidale, fondata sulla pace,
sulla giustizia sociale, sul doveroso rispetto per l’ambiente
e della dignità di ogni essere
umano. E se le violenze contro persone pacifiche e il tentativo di discreditare il Genoa
Social Forum sono un segnale
inquietante per il nostro vivere democratico, l’eccezionale
partecipazione alle manifestazioni del 24 luglio in molte
città del nostro paese, oltre a
riprovare quant’è successo a
Genova è una risposta molto
rassicurante che indica una
crescita di consapevolezza su
tali grandi questioni, ricordando come ciascuno debba
sentirsi costantemente impegnato in difesa dei valori fondamentali della democrazia e
della libertà.
Livio Taverna - Trieste
IPOSTAI
Il pastore
Nicola Leila
Fu durante l’Assemblea
delle chiese battiste del 1978
che conobbi il pastore Nicola
Leila. Le poche frasi e le brevi
opinioni scambiate durante
le pause dei lavori mi colpirono profondamente: quell’uomo dalla personalità schietta
e sorridente avrebbe potuto
colmare il vuoto lasciato dall’improvvisa dipartita del pastore Graziano Gannito al
quale ero legato da sincero
affetto. Pochi mesi dopo, l’assemblea della chiesa di via
Foria affidò a Nicola Leila la
guida della comunità: fu l’inizio di un lungo cammino. È
grazie al pastore Leila che la
Chiesa battista di Napoli ha
maturato la necessità di aprirsi alla società attraverso
un dialogo aperto con le altre
comunità evangeliche e con i
fratelli cattolici. «Evangelizzazione» ed «ecumenismo»,
quante volte, Nicola, abbiamo riflettuto insieme sul significato di questi principi
che per te rappresentavano
priorità inderogabili? Ricordo
la determinazione che dimostravi nel sostenere la tua
opinione senza che mai venisse meno il rispetto verso
chi, come me, aveva una posizione diversa. Quel lontano
1978 segnò anche l’inizio di
una profonda amicizia tra la
famigha Leila e la mia rinsaldata, nel corso di questi lunghi anni, da gioie e dolori fraternamente condivisi. Grazie,
Nicola, per la tua testimonianza di fede che non è mai
venuta meno anche nei momenti di sofferenza. Ripensando a te, mia moglie ed io,
ricordiamo il versetto dell’
Apocalisse: «Sii fedele fino alla morte e io ti darò la corona
della vita».
Gennaro Barilà - Napoli
Ho conosciuto il pastore
Leila quando aveva la responsabilità della chiesa di
Chiavari. Lo incontrai un
giorno a Genova quando io
mi ero avvicinato da poco alla Chiesa battista di Sampierdarena. Si dimostrò desideroso di conoscere il mio cammino di fede e mi invitò a
Chiavari. Trascorremmo alcune ore assieme. Volle sapere che cos’erano le comunità
cristiane di base. Mi chiese
anche il motivo per cui mi
ero convertito al protestantesimo. Dichiarò di essere entusiasta della mia «avventura
cristiana». Gli dissi infine che
mi sentivo portato a esercitare il ministero pastorale. Il
pastore Leila, dopo un momento di riflessione, mi diede la seguente risposta: «Erminio, ricordati che non conta tanto essere teologi, ma
soprattutto rinunciare ai propri interessi per mettersi al
servizio della comunità in
ogni momento. Comunque
anche se ti impegnerai seriamente, la gente potrebbe
ugualmente criticare il tuo
operato. Ma se dimostrerai
coerenza fra l’Evangelo e il
tuo agire nessuno potrà ostacolare il tuo cammino di testimonianza di fede».
Al termine di questo incontro rimasi favorevolmente
impressionato della spontaneità, sincerità e semplicità
del pastore Leila. Grazie, pastore Leila, perché le tue parole e il tuo esemplo sono
state sempre per me un programma di vita cristiana ed
evangelica.
Erminio Podestà - Genova
CRONACHE DELLE CHIESE
PRAROSTINO — La comunità fa i più sentiti auguri a Enrico
e Cinzia Griglio per la nascita di Sasha e a Tiziano e Carla
Bourne per la nascita di Alessia.
• Ringraziamo di cuore e salutiamo con un caloroso abbraccio il pastore Ruben Vinti e sua moglie Florence, che hanno seguito la nostra comunità in questi anni e che si congedano a
motivo della sopraggiunta emeritazione, e accogliamo fraternamente la nuova pastora Lucilla Peyrot con la sua famiglia.
■ Milingo
e Maria Sung
Povera Maria Sung, pagano
sempre le donne. L’abbiamo
vista felice e grassoccia nel
suo abito da sposa stile «meringa», insieme al suo amato
arcivescovo. Dopo poco lui è
sparito, risucchiato dal potere della Chiesa, e si raccontava che, pentito, era stato riaccolto fra le braccia amorose
dei suoi confratelli, quelli veri, non quelli di Moon.
Lei, povera donna, non sapendo dove cercarlo, ha cominciato l’ingenuo ricatto del
digiuno. Smagrita, circondata
da pochi amici, si è ritirata,
accettando il ripensamento e
il rientro di questo suo discutibile marito nelle regole della
chiesa, nella morsa del celibato. Un giornalismo idiota e
becero ora va scavando nel
suo passato. Poco ci importa
sapere che cosa ha fatto prima e che farà dopo la rottura,
non per causa sua, del «sacro
vincolo matrimoniale», rottura che la Chiesa cattolica ha
tenacemente voluto per salvaguardare le sue verità e i
suoi interessi.
Ma vale così tanto questo
chiacchierato arcivescovo?
Che se ne fa la Chiesa cattolica di un simile personaggio?
Perché nessuno ha speso una
parola di solidarietà o di
compassione «cristiana» per
questa donna che si è dimostrata capace di amare, di
‘ battersi, di rinunciare, di sacrificarsi? Cara Maria, medici
0 muratori, arcivescovi o contrabbandieri, gli uomini non
sempre sono affidabili. Hanno il loro «codice d’onore»,
non d’amore. Consolati, se
puoi, pensando che da questa
triste storia hai ricavato una
taglia in meno. Non è molto
per ricominciare, ma aiuta.
Didi Saccomani - Torino
■ PARTECIPAZIONI ■
«Ma tu persevera nelle
cose che hai Imparato e delle
quali sei stato accertato
sapendo da chi le hai Imparate»
li Tim. 3,14
Lo scorso 8 settembre è mancato ai suoi cari ii com.te
Mario Tron
Con infinita tristezza lo annunciano ia moglie Marta, i figli Aiberto e Marco, ie nuore Danieia e
Bruna e i nipoti Ludovico e Pierfrancesco che lo ricordano come
indimenticabile guida amorevoie.
i funerali hanno avuto luogo lunedì 10 settembre nella chiesa
evangelica valdese di via IV Novembre a Roma.
Torino, 21 settembre 2001
RINGRAZIAMENTO
I familiari di
Adele ReveI ved. Long
esprimono riconoscenza e gratitudine a tutte le persone che li
hanno circondati di affetto e simpatia in questo momento di lutto,
in modo particolare alla dott.ssa
Seves per le amorevoli cure prestate, a Paola per l’affettuosa
presenza e ai pastore Franco Davite per il messaggio di conforto e
speranza.
Luserna San Giovanni
8 settembre 2001
RINGRAZIAMENTO
«Il dono di Dio è la vita
eterna In Cristo Gesù»
Rom. 6, 23
I familiari di
Gino Peyrot
nell’impossibilità di farlo singolarmente, ringraziano tutti coloro che
in vario modo hanno partecipato
al loro dolore.
Un ringraziamento particolare
all’Ospedale valdese di Pomaretto, alla dott.ssa Maina, al personale del Day Hospital, al dott.
Faggiuole dell’Ircc di Candido, ai
dottori Anita Taraselo, Giulietta
Griof e Alberto Lazzero, al Servizio infermieristico dell’AsI 10, ai
pastori Ribet e Pfannkuche, ai
parenti e agli amici tutti.
Ghigo di Frali, 11 settembre 2001
16
PAG. 16 RIFORMA
È Stato creato dalla Chiesa metodista di Pietermaritzburg, capitale del Kwa Zulu
Un centro per i bambini di strada
Una città di 700.000 abitanti, con un tasso di disoccupazione del 65o/o. 55 baraccopoli con
68.000 abitanti circondano la città. Molti bambini muoiono primo di aver compiuto i 5 anni
FtBE CAVAZZUTTI ROSSI
PIETERMARITZBURG si
trova al centro del Natal
ed è la capitale del Kwa Zulu,
Sud Africa. Da quando nel
1994 sono cadute le leggi
dell’apartheid che costringevano la popolazione nera entro le riserve e le aride zone
ituali di deportazione, milioni di diseredati si spostano
verso le città alla ricerca di
un lavoro e di un luogo dove
sopravvivere.
Attualmente la popolazione di Pietermaritzburg conta 700.000 abitanti ma si prevede che nei prossimi cinque anni arriverà a toccare i
900.000. Il tasso di disoccupazione è ora del 65% ma aumenterà nei prossimi mesi e
quotidianamente ci saranno
10.000 disgraziati in cerca di
lavoro. Il dislocamento causato dall’urbanizzazione e
dalla violenza è un’esperienza angosciante: le famiglie si
dividono, si disintegrano intere comunità e una grossa
fetta di popolazione vive vagabonda, senza casa e senza
cibo, al di sotto della soglia di
sopravvivenza.
35 baraccopoli con 68.000
abitanti circondano Pietermaritzburg. La città non ha
forze sufficienti per soddisfare i bisogni di un flusso di
popolazione così massiccio e
rapido, perciò la gente si sistema illegalmente dove può,
in agglomerati, tirandosi su
un riparo con cartone, legno,
ferro, canne, fango e perfino
vecchie lattine di birra. In un
tale rifugio vive una famiglia
intera. Questi grumi di umanità non sono serviti di acqua, elettricità e fognature, e
non hanno luoghi di aggregazione. Vivono nello squallore e nella povertà più abbietta, costretti a mendicare
un pezzo di pane, queilcosa
da vestire, coperte contro il
freddo, cure mediche.
Sono i bambini che soffrono di più. Muoiono quasi tutti prima di aver compiuto i 5
anni. Nel passato regime non
sono mai esistite scuole pubbliche materne e lo stato ha
ora il problema immane di
provvedere almeno per l’i
Una delle baraccopoli che circondano Pietermaritzburg
Alcuni bambini di strada
struzione elementare per tutti. I bambini delle baraccopoU fra i 3 e i 6 armi devono
lottare per la sopravvivenza
come gU adulti. Girano per le
.strade mendicando un pezzo
di pane, uno straccio per coprirsi e una coperta per non
morire. Di notte, in gruppi,
razzolano nelle immondizie
e spesso dormono nelle strade della città. Muoiono di
polmonite quando sopravvivono ad altre malattie. La loro sofferenza è un grido che
nessuno ascolta.
Il pastore metodista Sol Jacob è responsabile per il Circuito del Kwa Zulu dello sviluppo dei progetti di assistenza e dirige un fondo creato da tutte le chiese locali,
The United Churches Trust.
Con questo fondo già si distribuiscono quotidianamente cibo e pasti caldi e nei locali della chiesa metodista,
con l’aiuto di giovani volontari, si è creato un centro per
i bambini di strada. Questo
centro è aperto dal lunedì al
venerdì dalle 9 alle 16,30 e dà
cure, assistenza, attività educative e ricreative, istruzione
e un pasto caldo. Le chiese e
alcune associazioni collaborano prendendosi cura di
aspetti specifici, come i casi
di dipendenza da droga e di
malattia, e per i più grandi
l’apprendimento di mestieri
e la creazione di posti di lavoro. Tuttavia questo servizio
raggiunge ancora troppo pochi: è stato così predisposto
un progetto dettagliato per:
a) ampliare il centro e dotarlo
degli strumenti necessari; b)
realizzare un sogno a lungo
accarezzato: quello di fornire
la nostra scuola di un mini
bus che possa raccogliere un
certo numero di piccoli neri,
dotandola di un autista, di
una maestra e un’assistente
zulu per preparare i piccoli
all’uso dell’inglese (che devono conoscere per entrare nelle elementari). È necessario
qui ricordare che l’apartheid
ha separato geograficamente
le etnie nera, indiana e meticcia e che, a causa delle leggi passate, Merryland si trova
ai bordi della zona indiana, e
che non ci sono mezzi di collegamento. Tabelle con le
previsioni di spesa sono a disposizione di chi desiderasse
prenderne conoscenza.
Perire giorni l'esercito israeliano ha occupato la chiesa luterana di Beit Jala
Il dramma di 45 bambini orfani coinvolti nei disordini
BEIT JALA, Cisgiordania,
giovedì 30 agosto. Il pastore
della Chiesa evangelica luterana e tutti i bambini dell’orfanotrofio adiacente aspettavano nèrvosamente, chiedendosi con angoscia se il
fragile cessate il fuoco tra
israeliani e palestinesi avrebbe retto. Per tre giorni, i combattimenti si sono scatenati
attorno e all’interno della
chiesa, nella quale 45 bambini palestinesi erano riuniti.
Nella mattinata del 28 agosto, durante i combattimenti
con i militanti palestinesi,
l’esercito israeliano è penetrato nel recinto. Di fironte alle reazioni della comunità intemazionale, si è poi ritirato
il 30 agosto.
Nel momento più caldo dei
combattimenti, il corrispondente dell’agenzia di stampa
Eni ha potuto incontrare il
pastore luterano Jadallah
Shihadeh, mentre fuori i palestinesi tiravano colpi di arma da fuoco e lanciavano
bombe artigianali contro i
carri e i soldati israeliani che
rispondevano con tiri di mitragliatrici. «Non abbiamo
potuto dormire per diversi
giorni - ha detto il past.
Shihadeh il personale, spaventato, minacciava di abbandonare il posto, i bambini
erano terrificati. Eravamo
tutti terrificati e i nostri nervi
sono saltati».
Osservando un cessate il
fuoco temporaneo, i soldati
israeliani si sono ritirati da
Beit Jala. Ma il ministro della
Difesa israeliano, Benyarrtin
Ben Eliezer, ha minacciato di
fare tornare le sue forze nella
città qualora fossero ripresi gli
attacchi contro la vicina colonia ebraica di Gilo, costruita
su terre occupate da Israele.
Il pastore Jadallah Shihadeh si è dichiarato pronto a
rimanere per proteggere i
bambini, cristiani e musulmani, se ciò si fosse verificato. «Qualunque cosa accada,
è mia responsabilità di pastore rimanere con i bambini ha detto sono bambini palestinesi che hanno perso i
loro genitori e che provengono da un contesto molto difficile». A suo parere, Israele
ha commesso un errore entrando a Beit Jala. Tutto quello che vogliono i palestinesi,
ha affermato, è di avere il
proprio stato, nel quale vivrebbero in pace accanto allo
stato israeliano.
Un tiratore palestinese si è
presentato al corrispondente
delI’Eni quale membro del
ramo militare di Al Fatah, la
fazione dell’Organizzazione
per la liberazione della Palestina del presidente Yasser
Arafat. Tenendo in mano una
bomba artigianale che poi ha
lanciato contro i soldati israeliani, ha dichiarato di
non avere paura di morire
per liberare Beit Jala dall’occupazione militare. Ha aggiunto che sua moglie, che
stava badando al bimbo, lo
aveva incoraggiato a lottare,
dichiarando di Volere combattere al suo fianco. «Per i
musulmani e gli arabi, la
jihad (guerra santa) è più im
portante della nostra famiglia
e dei nostri figli - ha detto -.
Perché per noi la terra è come uno dei nostri figli, che
dobbiamo difendere».
Mentre si stava avvicinando un carro armato israeliano, i tiratori palestinesi correvano per mettersi al riparo, in
attesa di un’altra occasione
per rispondere. Non si sapeva se i militanti palestinesi
avrebbero rispettato raccordo al quale israeliani e palestinesi erano giunti e se avrebbero osservato una tregua a livello locale. Per Bishara Daoud, membro del Consiglio legislativo palestinese e
abitante di Beit Jala, finché
Israele continuerà a occupare
zone in Cisgiordania e nella
striscia di Gaza, il cessate il
fuoco non reggerà: la città di
Beit Jala, dice, non è stata veramente liberata anche quando è passata sotto il controllo
palestinese sei anni or sono,
perché i soldati israeliani sono rimasti nei dintorni.
La Federazione luterana
mondiale (Firn) ha condannato con vigore l’occupazione militare israeliana di Beit
Jala, e in particolare l’occupazione della chiesa che è
servita di base per attività
militari. In una breve nota al
primo ministro israeliano,
Ariel Sharon, il segretario generale della Firn, il pastore
Ishmael Noko, ha espresso
«l’indignazione» della sua organizzazione dopo l’invasione di «uno dei luoghi sacri
della comunità cristiani di
Beit Jala» e il pericolo incorso
dai bambini e dal personale
dell’orfanotrofio luterano.
«Non posso fare a meno di
dire quanto questa azione irriflessiva e precipitata abbia
scosso la fiducia luterana
nella buona volontà del governo di fronte alla crisi attuale», ha aggiunto il pastore
Noko, che si trovava a Durban per partecipare alla Conferenza mondiale dell’Onu
contro il razzismo. Noko ha
chiesto il ritiro di tutte le forze armate israeliane dalla regione di Beit Jala.
Nello scorso ottobre, il segretario generale della Firn
aveva scritto al primo ministro israeliano Ehud Barak
per protestare contro l’occupazione da parte delle forze
israeliane dell’ospedale Augusta Victoria, gestito dalla
Firn, a Gerusalemme Est. Anche la Federazione protestante di Francia (Fpf) ha reagito pubblicando, il 29 agosto
scorso, un comunicato stampa del vescovo luterano di
Gerusalemme, Munib A.
Younan: «Mentre dei civili e
in particolare dei bambini
vengono presi in ostaggio
dall’esercito israeliano, la Fpf
sottolinea il carattere particolarmente scioccante del
non rispetto dei diritti elementari dei civili in tempo di
conflitti, diritti garantiti dalla
quarta Convenzione di Ginevra». La Fpf ha inoltre chiesto
al governo francese di chiedere al governo israeliano il
«ritiro delle truppe dal territorio palestinese di Betlemme, Beit Sahour, Beit Jala».
Dalla relazione annua della direttrice
Il Merryland Playcentre
ISOBELIACOB
Questi 12 mesi sono stati
pieni di attività e molto
produttivi per la nostra scuola. Abbiamo introdotto diversi cambiamenti che rendono i nostri metodi di insegnamento e di sviluppo del
fanciullo più efficaci e più significativi. Nel corso del
2000 il nostro Merryland
Playcentre ha offerto preparazione prescolastica, cura e
sviluppo per bambini fra i 3 e
i 6 anni di età. (...) Abbiamo
avuto 71 alimni di 3 e di 4 anni e 49 per la preparazione
alla scuola elementare di 5 e
di 6 armi. In tutto 120. Il personale della scuola è ora di
12 membri:, una direttrice, 4
insegnanti, 4 assistenti, due
tuttofare, una cuoca.
Lezioni sulla salute
Le infermiere del Dipartimento municipale per la sanità hanno visitato i bambini
regolarmente e controllato
che le cartelle cliniche individuali fossero in ordine. Personale dello stesso Dipartimento ha tenuto delle lezioni
sulla salute. (...) Quotidianamente ispezioniamo le unghie, i denti e i capelli. (...) Le
allieve infermiere della scuola della Sanità provinciale
hanno svolto il loro tirocinio
presso di noi. Il 19 maggio gli
operatori della Sanità ci hanno parlato dell’abuso sui minori, con esempi recitati. (...)
Le malattie infantili sono state l’argomento trattato in
giugno. Le maestre hanno
spiegato perché dobbiamo
essere vaccinati contro queste malattie, quali ne sono le
cause, i sintomi e le cure. Abbiamo spiegato cosa sono la
malaria, la bilhazia e le infezioni da parassiti, la poliomielite e il morbillo. Il 19 giugno gli operatori della Sanità
ci hanno parlato della igiene
dentaria. (...) Quotidianamente i bambini si lavano i
denti dopo il pasto, prima di
riposare. Il 17 agosto una delle infermiere della Sanità ha
vaccinato tutti i bambini
contro la poliomielite, la difterite e il tetano.
Nella seconda settimana di
marzo abbiamo scelto «l’acqua» come argomento sull’
ambiente. Tutti insieme abbiamo discusso come si può
risparmiare l’acqua a scuola.
Rispetto deH'amblente
Il 28 maggio gli operatori
della Sanità ci hanno parlato
di «un ambiente senza rifiuti». Il tema si è esteso a fonti
di acqua, parchi, strade, la vita animale e dei pesci. I bambini hanno cantato tante canzoni su questi argomenti e
hanno creato delle piccole
scene recitate, poi tutti insieme hanno prodotto disegni e
poster coloratissimi. Noi stessi continuiamo a tenere pulito l’ambiente dove ci troviamo; tutti i giorni i bambini ripuliscono l’esterno della siepe che demarca il nostro terreno. Anche il nostro orticello
va molto bene: abbiamo raccolto piselli, fagioli, granaglie,
e spinaci; abbiamo anche de
limitato con una siepe ¡1 Dn
sto per preparare il compor
I nostri bambini, con le ¡n
segnanti, hanno la consan?
volezza di dovere tenere p^T
to l’ambiente, e questa W
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tutte le loro attività; tutti in
sieme continuiamo a fare 1
raccolta differenziata di cat*
ta, cartone, vetro, lattineè
plastica e il ricavato va a fa
vore delle attività sociali che
svolge la Chiesa metodista di
Pietermaritzburg. La chiesa
vende questo materiale alle
agenzie di riciclaggio e usale
bottiglie e i barattoli di vetro
e di plastica per distribuire d
cibo ai poveri che quotidianamente vengono alla chiesa
per un pasto caldo (circa 200
ogni giorno). (...)
In marzo abbiamo avutola
giornata per i nonni; le inse.
gnanti hanno Organizzato un
tè con miniconcerto: erano
presenti 220 nonni con grande gioia e soddisfazione di
tutti. In giugno abbiamo avuto una bellissima giornata
degli sport: i bambini si sono
esibiti in giochi di ginnastica
e di atletica e ognuno ha ricevuto una medaglia e un pacchetto di cibo.
La giornata del genitori
In settembre abbiamo avuto la giornata aperta ai genitori; questa è l’occasione in
cui i genitori possono vedere
i lavori scolastici dei loro figli
e discutere con le insegnanti
dei progressi fatti. La signora
Christine Taylor, bibliotecaria della sezione per fanciulli
della Biblioteca di Pietermaritzburg, ha parlato ai genitori su «L’importanza della lettura e dell’usufruire della biblioteca per fanciulli». Il suo
discorso è stato ricco di informazioni utili per i genitori e
per le insegnanti. (...)
L’anno si è chiuso il 2 dicembre con l’assegnazione
delle licenze scolastiche e un
concerto pubblico nella sala
del Politecnico di Northdale.
(...) Dalla città sono venuti ad
assistere oltre 700 fra parenti
e amici; i genitori sono rimasti favorevolmente impres*
stonati dalla bravura dei loro
piccoli, sia che recitassero o
cantassero. Sono stati licenziati 49 alunni che entrano
ora nelle scuole pubbliche. Il
6 dicembre abbiamo festeggiato il Natale. (...) Stefania
Vegro, una giovane volontaria italiana, venuta da Padova
per servire nella realtà nera
del Sud Africa, ha fatto da
Babbo Natale ed è stata una
gioia per tutti! (...)
Ringraziamenti
Desideriamo dire tutto il
nostro apprezzamento eia
gratitudine per i nostri dorràtori, la Tavola valdese (Italia)
in primo luogo: senza questo
aiuto non avremmo mai potuto offrire alla comunità rimana che ci circonda quel livello di istruzione e cure che
riusciamo a dare. Infine a Febe Rossi, amica di lunga data,
per l’assistenza, l’incoraggiamento e il sostegno che raccoglie a favore della nostra
opera da oltre 20 anni.
Un gruppo di bambini del Merryland Playcentre
c
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