1
Anno 126 - n. 10
9 marzo 1990
L. 1.000
Sped. abbonamento postale
G'uppo II A/70
In caso di mancato recapito rispedire
a: casella postale - 10066 Torre Pedice
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
PROFUGHI A BARI
La nave
dei folli
« Stultifera navis »: per alcuni
giorni i 54 profughi (provenienti perlopiù dallo Sri Lanka, in
maggioranza tamil) che pensavano di poter sbarcare a Bari,
si sono ritrovati in una condizione che evoca tristi memorie.
Alla fine del Medioevo, scomparsa la lebbra dal mondo occidentale, l’orrore e Tobbrobrio viene
suscitato dai folli, dagli insensati, e più di un quadro raffigura
l’imbarcazione su cui li si allontanava come un « battello ubriaco, che fila lungo i fiumi della Renania e i canali fiamminghi »
(Foucault).
Così si rimuoveva il diverso,
che scuoteva paure e fantasmi,
in un viaggio che — sostiene lo
studioso francese — era considerato un po’ come pellegrinaggio,
un po’ come metaforico itinerario alla ricerca (impossibile)
della perduta ragione.
Forse, con un esercizio non
velleitario di fantasia cronachistica, possiamo pensare che un
intento simile avrà percorso la
mente di quei giovani che si
sono sentiti in dovere di organizzare il « raid di carnevale » a
Firenze, approfittando della not
te di festeggiamenti, di travestimenti e di scherzi (ma qui c’è
ben poco da scherzare) per pestare a sangue alcuni nordafricani. Forse qualche meccanismo non dissimile ¡muove gli
animi di chi dice; Basta, è ora
di buttarli fuori, diamogli una lezione. E’ successo, in questa settimana drammatica, a Torino,
dove un senegalese è stato pretestuosamente accusato di voler
rapire un bambino (e magari,
qualcuno avrà pensato, per mangiarselo).
Tornando alla cronaca: la vicenda di questi « boat-people »
è stata un test per il decreto sull’immigrazione, poi divenuto
legge. Se la Convenzione di Ginevra stabilisce che il primo
paese di arrivo (in questo caso
la Grecia) deve dare la possibilità al profugo di fare domanda
d’asilo, è anche vero che la Grecia questa possibilità non l’ha
concessa. L’Italia stava per fare
altrettanto, in questo tira e molla, poi l’Alto commissariato ONU
si è rivolto alla magistratura affinché vigilasse che 11 nostro paese applicasse la sua nuova legge.
Alla fine però la commissione
mista che ha vagliato la posizione dei profughi, ha scelto di rispedirli, come un pacco, alla
Grecia; resta, per i 54, la possibilità del ricorso al TAR delle
Puglie.
Naturalmente i tamil devono
dimostrare di essere perseguitati
politici, ma intanto si è scoperto
che qualcuno, non si sa di che
nazionalità, aveva promesso loro
casa e lavoro proprio in Italia,
cosa che la nuova legge non prevede. E l’aveva promesso a caro
prezzo, 2.000 dollari a testa. Questo è il dramma di questa na
ve, di questi reietti: come i folli alla ricerca di una ragione
introvabile, sono alla ricerca di
miglior sorte, di una speranza.
Reagiremo come i « giustizieri »
di Firenze? Ora che c’è una legge. per quanto perfettibile come
tutte le leggi, è compito di tutti
vigilare die sia applicata, impedire i soprusi quotidiani.
Alberto Corsani
SEOUL: APERTA LA CONVOCAZIONE MONDIALE « JPIC
»
Il mondo che Dio ama
Non un assemblea cJi informazione, ma una tappa fondamentale lungo
un cammino difficile: poi la parola passerà a tutte le singole chiese
(dal nostro inviato)
« Sorelle e fratelli, siamo venuti
qui, a questa ’’Convocazione mondiale”, perché crediamo che Dio,
che noi amiamo e serviamo, è il
creatore di questo mondo; egli ha
un progetto di giustizia per la terra e di pace per tutti i popoli. La
creazione, di cui siamo parte, è il
dono della vita, e ci viene da Dio;
giustizia e pace sono la sua volontà per il mondo... ».
Sono le parole d’inizio del culto inaugurale, solenne ma non
spettacolare, della « Convocazione mondiale sui problemi drUa
giustizia, della pace e della salvaguardia del creato » (JPIC), indetta dal Consiglio ecumenico delle chiese (CEC) a Seoul dal 5 al
13 marzo.
Diciamo subito che si tratta della più grande assemblea di chiese
mai. convocata; non solo perché
da Vancouver (dove nel 1983 si
tenne la VI Assemblea del CEC)
ad oggi le chiese membro sono aumentate, ma anche perché a questo appuntamento di Seoul sono
presenti organizzazioni, chiese, religioni, movimenti che non fanno
parte del CEC. Sono venuti perché
invitati; e sono stati invitati perché, come si riconosce nel documento preparatorio, « noi non
dobbiamo fare altro che unirci alle campagne e ai movimenti che
sono stati già lanciati altrove, magari sotto altri auspici. Dio è all’opera nel mondo: il mondo intero gli appartiene ». E forse è bene — come si dice in altra parte
del documento — che noi, abituati ad essere sempre i « primi », impariamo — applicando il detto
evangelico — ad essere, una volta
tanto, gli « ultimi ».
4 MARZO: GIORNATA MONDIALE DI PREGHIERA
Ualba di un nuovo giorno
« Per digiuno io intendo un’altra cosa : rompere le catene dell’ingiustizia, rimuovere ogni peso
che opprime gli uomini, rendere la libertà agli oppressi e spezzare ogni legame che li schiaccia. Digiunare significa dividere il pane con chi ha fame,
aprire la casa ai poveri senza tetto, dare un vestito
a chi non ne ha, non abbandonare il proprio simile » (Isaia 58: 6-7).
Dal cuore deU’Europa è giunto quest'anno l’invito a pregare per un domani migliore e per una
giustizia valida per tutti. Dalla Boemia, dalla Moravia e dalla Slovacchia le donne credenti hanno
lanciato a tutte le comtmità cristiane un messaggio di liberazione che trova oggi un riscontro sociale e politico d’immense proporzioni. La preghiera delle donne cecoslovacche prende le mosse da
alcuni passaggi biblici che ci ricordano come il
tempo sia ormai giunto affinché la liberazione dall’oppressione, dalla malattia e dal dolore diventi
realtà. Il Cristo legge la parola d’Isaia nel silenzio della sinagoga, tutti gli occhi sono puntati
.su questo giovane rabbi: « Lo Spirito del Signore
è sopra di me... », ma prevarrà lo scetticismo. L'autorità della parola di Gesù non sarà riconosciuta,
anzi sarà calpestata dai pregiudizi. Ieri come oggi. Affinché questa parola di liberazione che Cristo propone all’umanità venga accolta occorre —
ci dicono le donne cecoslovacche — una partecipazione generosa e disinteressata alle cause di
pace e di giustizia, .Nella ricca liturgia della Giornata mondiale di preghiera si fa riferimento al
testo di Isaia 58, che ci ricorda come spesso il digiuno, anticamente, diventasse anziché un'occasio
ne di pentimento e di riflessione un modo come
un altro per mettersi in bella mostra davanti agli
altri. Oppure fosse un’occasione in più per litigare, questionare, schierarsi gli uni contro gli altri.
Come sappiamo, non è solo un problema di quei
tempo lontano! Il vero digiuno — dice il profeta
— è l’impegno contro la malvagità, è il rimuovere i pesi che opprimono le coscienze, è rendere la
libertà agli oppressi ed è spezzare ogni legame
che li schiaccia. Il vero digiuno è condividere con
gli altri la propria esistenza, non chiudere la porta in faccia alla « carne della tua carne ».
Ma la nostra preghiera, non solo quella « mondiale », il nostro culto, non solo quello delle occasioni speciali, dovrebbero essere l’incontro della
nostra dimensione spirituale con quella sociale.
Il nostro rapporto con Dio non può ignorare il
nostro rapporto con il prossimo. Incontrare la Parola di Dio in Gesù Cristo significa ricostruire,
una volta ancora, i nostri rapporti troppo spesso
caratterizzati dall’egoismo, dallo spirito di sopraffazione, dal ripiegamento su noi stesse e dalla
nostra incertezza. L’alba di quel nuovo giorno che
sorge dal messaggio di liberazione biblico deve
trovarci pronte a ricostruire la nostra vita, la
nostra realtà sociale, la nostra chiesa.
Il domani potrà essere migliore, la giustizia per
ogni persona potrà diventare realtà se saremo di.smnibih non solo ad invocarla con il cuore e con
il sentimento ma a lavorare, senza stancarci, perché questa realtà in cui viviamo venga trasformata nella prospettiva che Cristo indica. «Il domani — .scrivono le sorelle cecoslovacche, che stanno vivendo nell’era del ”dopo-muro” — è nelle
mani di Dio vivente. Domani è tuttavia anche il
nostro impegno oggi». La realtà che divide, che
distrugge può essere trasformata. E' un compito
difficile ma la dolcezza, l’amore di Dio, la fermezza del convincimento che solo la giustizia può
condurre alla pace ci saranno di aiuto. E’ una battaglia internazionale, senza confini. Dall’esito di
questa battaglia che vuole giungere al trionfo della giusriria dipende il futuro dei nostri figli e delle
nostre figlie. Ogni creatura di Dio è invitata oggi
a lottare perché siano abbattuti i muri di divisione e l’ingiustizia e l’emarginazione lascino finalmente il loro posto alla pace e alla solidarietà.
Operare questo cambiamento è la nostra preghiera e il nostro programma.
Gruppo donne
della Chiesa valdese di Angrogna
Tre testi significativi hanno costituito l’intelaiatura del culto
iniziale; il Salmo 104, che celebra
la grandezza del Dio creatore —
« ...o Eterno, mio Dio, tu sei sommamente grande; sei vestito di
splendore e di maestà...» (v. 1) ■—;
Matteo 5: 43 ss., che contiene il
noto detto di Gesù: « Amate i vostri nemici, pregate per quelli che
vi perseguitano... ». Gesù rovescia
Timmagine del nemico. Quella che
può sembrare una follia suicida
non è forse oggi Tunica politica
perseguibile, in un mondo che, a
forza di creare nemici, si trova
sotto la spada di Damocle, rappresentata dalla sempre possibile
catastrofe nucleare? Il terzo testo
viene dal libro dell’Apocalisse,
cap. 7 vers. 9-12. E’ la visione di
una folla sterminata, incalcolabile,
« sono quelli che vengono dalla
gran tribolazione », gli assetati, gli
affamati, i perseguitati, i profughi,
le vittime della repressione del potere, e tanti, tanti altri. « Hanno
lavato le loro vesti e le hanno imbiancate nel sangue dell’Agnello...
Egli, che è in mezzo a loro, li pasturerà... » (vv. 14. 16). Di loro si
vuole occupare l’Assemblea di
Seoul.
Non a caso, dunque, è stata
scelta questa grande città dell’Estremo Oriente, emblema dei
problemi e delle contraddizioni
del nostro tempo. Città dallo sviluppo caotico ed ingiusto, sviluppata e povera, capitale di una nazione divisa, lacerata, il cui « muro » non è ancora caduto (e chissà
quando cadrà).
Scrive una ragazza di Seoul, 12
anni:
« Ansia è il nome di mia madre,
in estate in ansia per l’acqua
in inverno per il carbone
tutto l’anno per il riso.
In ansia di giorno
per come guadagnare il pane,
di notte per i suoi figli,
ogni ora della sua vita
si mangia il suo sangue.
Così il nome di mia madre è Ansia
quello di mio padre
Ubriachezza - Delirio
e il mio. Pianto e Sospiro ».
11 documento che i delegati hanno avuto in mano è quanto di meglio si poteva avere. Riunisce in
un quadro sintetico i dati impressionanti. terribili, di quella che è
la situazione attuale: ogni ora
muoiono 1.500 bambini per fame,
ogni giorno si estingue una specie
animale e vegetale; ogni minuto si
spendono nel mondo 1.8 milioni
di dollari USA per gli armamenti;
le persone detenute, torturate, assassinate da regimi, ccc. negli anni
’80 sono state più numerose che
in qualsiasi altro periodo della storia: ogni mese il debito del Terzo
Mondo, che raggiunge già la cifra
di 1.500 miliardi di dollari USA,
aumenta di altri 7,5 miliardi; ogni
Luciano Deodato
(continua a pag, 8)
2
commenti e dibattiti
9 marzo 1990
LA SORTE
DELLE FERROVIE
Quando i governi sono inefficienti,
come ha dimostrato di essere quelio
italiano fin dal suo nascere, e le leggi non funzionano, si ricorre sempre a
ripieghi inadeguati, com'è la insulsa
proposta di privatizzare le ferrovie. Tale proposta, se fosse attuata, farebbe
tornare indietro il nostro paese di oltre un secolo. Infatti verrebbero riposti
nella soffitta del dimenticatoio tutti gli
immensi sforzi, tutte le più fulgide
iniziative dei pionieri e dei dirigenti
della nostra bella rete ferroviaria, quali Pietro Paleocapa, Bartolomeo Boba,
che incrementarono le opere ferroviarie nel secolo scorso; e Giorgio Sonnino che, tra il 1907 ed il 1910, completò la statalizzazione delle ferrovie italiane, fece raddoppiare i binari nelle
reti iprincipali, costruire nuovi tratti, fra
cui Livorno-Cecina (perché antecedentemente il treno per Roma transitava
per Collesalvetti), migliorare altri
tronchi, fra cui Genova-Novi-Alessandria.
Insomma gli attuali governi, in cospetto della clamorosa disfunzione ferroviaria, se ne laverebbero le mani,
mettendo la nostra rete alle direttive
dei privati, aggravando enormemente
la situazione. Ma sono sempre le solite soluzioni all'italiana di sopprimere o di disfarsi di ciò che non funziona, anziché applicare le adeguate
misure per farle funzionare, proprio
come fanno i comuni per le fontane e
altri igienici impianti.
Parimenti sta avvenendo per quanto
riguarda i licenziamenti perché, sotto
la spinta della demagogia, avevano
riempito le ferrovie di personale inutile assumendo indiscriminatamente. Poi,
tirando le somme dei risultati negativi,
ora getterebbero sul lastrico quanti
hanno lavorato anche coscientemente
per guadagnarsi un pezzo di pane, venendo meno agli impegni assunti dalle
direzioni ferroviarie.
Orbene, le soluzioni inadeguate ed incoscienti non hanno mai portato a nulla di positivo. Ed i governi, dopo così
lunghe pessime direttive, ora pretendono di rifarsi contribuendo ad aggravare
la situazione con metodi « tornacontisti », retrivi e soprattutto clamorosamente anacronistici!
Ma la storia non ci ha dato abbastanza lezioni quando la Francia, negli anni trenta, fu costretta a nazionalizzare le sue ferrovie per togliere il
caos che avevano causato le società
private nella gestione ferroviaria?
Elio Giacomelli, Livorno
LA COMUNITÀ’
ECUMENICA DI ASTI
Una frase infelice inserita nella cronaca relativa alla inaugurazione della
sala di culto della Comunità cristiana
ecumenica di Asti ha suscitato una
piccola polemica e fino ad ora nessuno si è preoccupato di rettificare quelle che il fratello Adino Genta ha chiamato - inesattezze ».
Poiché Asti, nel nostro ordinamento, fa parte della diaspora della Chiesa metodista di S. Marzano, credo di
dover fare alcune considerazioni in nome di quella verità che sembra così
difficile mettere per iscritto.
Dobbiamo innanzitutto riconoscere
che il fratello Genta ha ragione nel
protestare circa le inesattezze contenute nell'articolo « Ricomincio da venti... ».
La comunità dei Fratelli di Asti ha
certamente diritto di essere considerata una delle prime comunità evangeliche poiché è stata suscitata dal Signore in questa città 133 anni fa. Anche la comunità pentecostale e quella awentista rendono la loro testimonianza all'evangelo di Gesù Cristo In
questa città ormai da molti anni. (...)
Dai registri della chiesa valdese
risulta l'apertura della sala nel 1945
con oltre 40 membri comunicanti e la
sua attività è durata fino al 1961, anno in cui ha traslocato nella sede di
via Gorleri e, nel trasloco, ha cambiato
nome diventando Chiesa metodista,
visto che la cura pastorale era affidata
ad un pastore metodista. Questa comunità ha testimoniato Cristo fino al
1975, anno in cui il fratello Cendola ha
scritto nel registro dei culti: « Sono solo con Dio »... L’emigrazione aveva
decimato la comunità e altri membri si
erano « addormentati nel Signore » sazi di anni. Il fratello Cendola non era
rimasto solo, ma era • solo con Dio »
in una città che ha usufruito del suo
servizio di credente finché ha potuto e
poi lo ha rapidamente dimenticato...
Al suo funerale gli evangelici erano talmente pochi che non abbiamo neppure
potuto cantare a Dio la gioia che ci
è stata data di camminare per un
tempo con questo fratello. Dal 1975
ad oggi è sopravvissuto un piccolo
gruppetto di credenti di quella comunità, iscritti nella diaspora della comunità di S. Marzano... membri di cui in
parte si erano perse le tracce e che
non sono riusciti ad inserirsi nelle esistenti comunità evangeliche locali.
Quando il fratello Bruno Giaccone
ha fatto la sua professione di fede ed
è diventato a tutti gli effetti membro
della comunità di S. Marzano, il Consiglio di chiesa lo ha nominato capogruppo per la zona di Asti e gli ha
affidato la cura pastorale delle sorelle
(quattro) ancora viventi. Questo fratello è predicatore locale iscritto nel
ruolo dei P.L. del V Circuito valdese e
metodista, di cui fa parte anche la
zona di Asti. (...)
Nello svolgimento della cura pastorale il fratello Giaccone ha incontrato
altri credenti che non erano riusciti
a inserirsi nelle comunità evangeliche
locali e che mantenevano dei vincoli
fraterni con le comunità battiste di
origine tramite la visita del pastore
della comunità battista di Venaria. Al
piccolo nucleo « BMV » in anteprima
si sono aggiunte alcune persone che
si riconoscono nel movimento delle
comunità dì base e alcuni cosiddetti
« non credenti », che non si riconoscevano fino a quel momento In alcun
movimento cristiano.
Questi fratelli e sorelle hanno deciso di darsi un nome ed una sede senza
voler costituire una nuova denominazione, poiché i membri battisti continuano ad essere membri delle chiese
battisti d’origine e i membri metodisti continuano ad essere metodisti,
valdesi restano valdesi, i cattolici di
base continuano a fare riferimento alle
comunità di base mentre i cosiddetti
• non credenti » hanno finalmente trovato un luogo che li ha accolti fraternamente. (...).
Ugo Tomassone, Imperia
VOLONTARI SULLA
COSTA AZZURRA
Mi trovo da circa 7 mesi in Francia, al Centre Azur delle Unioni cristiane, dove svolgo un lavoro volontario insieme ad altri giovani stranieri.
Il Centre Azur si trova a Sanary-surmer, una cittadina « provençale » a 50
km. da Marsiglia; come ho già accennato, il Centre Azur è membro delle
Unioni cristiane di giovani e adulti
(UCJG), un movimento di orientamento protestante, con un'organizzazione
laica.
Il Centre è animato da un'équipe
permanente, residente sul posto, sostenuta da membri attivi e animatori, sia volontari sia professionisti.
In inverno come in estate, il Centre
accoglie e organizza stages di formazione, soggiorni sportivi, campi di
giovani, incontri internazionali, settimane di studio e visita della regione,
soggiorni di giovani e adulti handicappati, manifestazioni culturali, congressi, soggiorni per la terza età.
il progetto dell'équipe si pone io scopo di creare incontri rivolti all'informazione e alla solidarietà.
lo mi trovo in questo quadro dalle
differenti e numerose sfumature, in
cui ogni ombra ha la sua importanza.
Attualmente l’équipe di cui faccio parte è formata da personale « salariato » e personale volontario.
Per quanto riguarda i volontari, i
compiti si distinguono in due diverse categorie:
1) La prima riguarda un lavoro a
livello soprattutto pratico, che comprende ad esempio il servizio nel refettorio, aiuto in cucina, servizio al bar.
Le condizioni richieste per questa prima categoria sono le seguenti:
— avere almeno 18 anni;
— essere pronti al lavoro fisico:
— spirito pratico;
— avere voglia di aiutare in compiti
concreti.
. 2) La seconda categoria richiede
un maggior impegno mentale, in quanto
prevede la responsabilità per l'organizzazione dei gruppi in arrivo, presenti 0 in partenza.
Le condizioni richieste sono le seguenti:
— avere almeno 20 anni;
— parlare francese;
— avere un'esperienza reale con gruppi di adulti;
— impegnarsi per almeno 12 -mesi.
I volontari hanno un contratto ■■ au
pair », vitto e alloggio in camera singola in un appartamento con altri.
L'argent de poche mensile è di circa 600 franchi.
Al di là di queste informazioni pratiche, la mia esperienza di questi mesi
mi ha sollecitata a voler fare conoscere le opportunità che questo Centro
offre ai giovani.
Vorrei dare la possibilità a dei giovani
italiani di vivere in parte e con mille
esperienze differenti quello che sto vivendo io in prima persona.
L'équipe del Centre accoglie giovani di tutte le nazionalità, attualmente è composta da un giovane obiettore di coscienza tedesco, un giovane volontario proveniente dal Galles, una giovane svizzera tedesca e da me italiana.
E' anche per aumentare la presenza
italiana (che è in netta minoranza in
confronto a quella tedesca, per esempio) che tengo in modo particolare a
diffondere questa mia esperienza tra
i giovani di varie comunità italiane.
Carola Caimeran, Sanary
COSE UMANE
E REGNO DI DIO
Caro Direttore,
ti invio questa lettera con l’intento di
comunicare con i fratelli e le sorelle
che stanno seguendo con impegno le
sorti di Villa Qlanda.
Come prima cosa, per correttezza,
desidero chiarire tre punti:
1) la mia posizione nei confronti di
Villa Olanda: pur con sofferenza e con
rimpianto, sono favorevole alla vendita della struttura. Dall'esame del mio
bilancio di famiglia, è risultato impossibile aumentare le uscite a favore
dell'opera della chiesa in modo da poter sostenere in modo rilevante la gestione di Villa Olanda. E' una scelta,
me ne rendo conto e me ne assumo
ogni responsabilità.
2) Domenica 18 febbraio u.s. non
ero presente all’incontro, anche in
questo caso per mia scelta. Ero in
visita alla Comunità alloggio per minori, non molto frequentata e/o sostenuta, per la verità, dalla nostra comunità.
3) Tutto quello che esprimerò in
questo mio intervento è il mio personale punto di vista, non coinvolge pertanto nessuna delle commissioni di
cui sono stata chiamata a far parte.
La riflessione che desidero condividere con i partecipanti all’incontro
di domenica 18 febbraio non deriva direttamente dai contenuti della discussione, ma deriva dalle reazioni che tale
discussione ha provocato in alcuni dei
presenti che ho incontrato il giorno
successivo.
Parto dalla convinzione che le persone riunite fossero lì non già per affrontare problemi inerenti interessi
personali, ma per affrontare i problemi di Villa Qlanda, opera della Chiesa
valdese, attraverso cui la stessa chiesa rende testimonianza della sua fede
nel messaggio dell'Evangelo.
Ebbene, le persone che ho incontrato lunedì 19 febbraio non avevano
niente della serenità presente anche
nel dolore, nel lutto che hanno i fratelli
e le sorelle che si incontrano nel nome del Signore per far fronte a situazioni gravi per le quali è necessario
trovare una soluzione.
Erano delle persone amareggiate,
deluse dai fratelli e dalle sorelle: erano delle persone tristi e piene di sfiducia.
Ognuno aveva delle parole molto dure, molto poco fraterne per definire la
posizione dell'» altro ».
Questo significa che sta succedendo
qualcosa di molto brutto: fratelli e sorelle non sono in grado di affrontare,
insieime, le difficoltà, di cercare, insieme, la soluzione più adeguata all’esigenza di testimonianza della chiesa.
La vicenda rischia di trasformarsi in
una lotta personale che non ha niente
a che vedere col piano del Regno di
Dio.
Questa è la riflessione a cui sono
giunta (e che questa circostanza mi
ha confermato) dopo uno scontro verbale con un fratello in cui esprimevo,
anch'io molto vivacemente, la mia opinione sulle sorti di Villa Qlanda.
Ed è su questa necessità, irrinunciabile, di discernere il piano delle cose
umane dal piano del Regno di Dio che
vi invito a riflettere con me, a confrontarvi con altri fratelli e sorelle
meno coinvolti e quindi più lucidi, affinché qualunque sia la decisione che
alla fine verrà presa possa essere espressione, all’interno e all'esterno delle comunità valdesi, della nostra volontà di servire Dio, innanzitutto, e affinché nessun fratello e nessuna sorella debba assaporare il gusto della
sconfitta 0 della vittoria.
Come diceva qualche giorno fa il
moderatore, past. Giampiccoli, commentando il brano di Isaia 46 in cui
si parla degli ebrei che si fabbricano
idoli d'oro e li trasportano in spalla,
« non facciamoci anche noi portatori di
Dio », ma lasciamoci, invece, da lui
trasportare perché le nostre conclusioni possano essere il più possibile
secondo la sua volontà piuttosto che
secondo la nostra.
Concludo ringraziando la Tavola per
aver stimolato, con l'incontro di domenica 18 febbraio, il confronto e la
riflessione su un problema per noi tutti così rilevante.
Fraternamente.
Anita Tron, Torre Pellice
COPYRIGTH
CLAUDIANA
La didascalia che accompagna l’illustrazione all'articolo di Qsvaldo Coì'sson su « Ignazio Bonomi » (n. 9 del
2/3) è chiaramente errata. Non si tratta del tempio di Torre, ma di quello di
Pinerolo (come si legge chiiaramente
nella scritta in basso a destra). L’immagine inedita della facciata del tempio di Torre firmata « Bonomi & Cory », scoperta dallo stesso 0. Coisson
in un archivio privato, è invece correttamente pubblicata nel volume della
Claudiana: Renzo BQUNOUS - Massimo LECCHI, I Tempii delle Valli Vaidesi (Torino, 1988, L. 38.000), illustrazione n. 63, pag. 141.
Forse era opportuno — per non dire
doveroso — citare nel corso dell'articolo o in appendice il libro suddetto
della Claudiana, in cui tutte le notizie date sommariamente nell’articolo sono ampiamente trattate e chiarite
nei loro sviluppi abbastanza intricati.
Senza volere con questo rivendicare un » copyright » — che pure esiste — credo che abitualmente il nostro giornale dovrebbe fare riferimento a libri in cui il lettore può approfondire l'argomento trattato nell'articolo. Un consiglio su come • approfondire l’argomento », con qualche indicazione bibliografica, è sempre un servizio molto importante reso al lettore
ed un invito a leggere libri, che ha
un’importanza non trascurabile per
sottrarci al dominio del mondo dell’immagine televisiva.
Quando poi si tratta di un libro della
Claudiana, direi che il servizio e il
vantaggio è duplice.
Carlo Rapini, Torino
delle valli valdesi
settimanale delle cblese valdesi e metodiste
Direttore: Giorgio GardioI
Vicedirettore: Giuseppe Plafone
Redattori; Alberto Corsani, Luciano Deodato, Adriano Longo, Plervaldo
Rostan
Comitato di redazione: Mirella Argentieri Bein, Valdo Benecchi, Claudio
Bo, Alberto Bragaglia, Francò Carri. Franco Chiarini, Rosanna Ciappa Nitti, Gino Conte, Piera Egidi, Emmanuele Paschetto, Roberto
Peyrot, Mirella Scorsonelli
Segreteria; Angelo Actis
Amministrazione: Mitzi Menusan
Revisione editoriale: Stello Armand-Hugon, Mariella Taglierò
Spedizione; Loris Bertot
Stampa; Coop. Tipografica Subalpina - via Arnaud, 23 - 10066 Torre
Pellice - telefono 0121/91334
Registrazione; Tribunale di Pinerolo n, 175. Respons. Franco Giampiccoli
INSERZIONI
Pubblicità commerciale: L. 25.000 per modulo mm. 49 x 53
Economici; L. 450 ogni parola
Partecipazioni personali; L. 500 ogni parola
Mortuari; L. 500 ogni mm. di altezza, larghezza 1 colonna
Ricerche lavoro: gratuite. Se ripetute, dalla seconda L. 400 ogni parola
Finanziari, legali, sentenze: L. 700 ogni parola
Prezzi non comprensivi dell'IVA
REDAZIONE e AMMINISTRAZIONE: via Pio V, 15 - 10125 Torino - telefono
011/ 655278, FAX 011/657542 — Redazione valli valdesi: via Repubblica, 6 - 10066 Torre Pellice - telefono 0121/932166.
EDITORE: A.I.P. - via Pio V, 15 - 10125 Torino - c.c.p. 20936100
Consiglio di amministrazione; Costante Costantino (presidente). Adriano
Longo (vicepresidente). Paolo Gay, Giorgio GardioI, Franco Rivoira (membri)
Registro nazionale della stampa: n. 00961 voi. 10 foglio 481
FONDO DI SOLIDARIETÀ’; c.c.p. n. 11234101 intestato a La Luce, via
Pio V, 15 - 10125 Torino
Amministrazione del fondo: Maria Luisa Barberls, Renato CoTsson, Roberto Peyrot
Italia
Ordinario annuale
Semestrale
Costo reale
Sostenitore annuale
ABBONAMENTI 1990
Estero
L. 42.000 Ordinario annuale L. 75.000
L. 22.000 Ordinario (via aerea) L. 110.000
L. 65.000 Sostenitore (via aeL. 80.000 rea) L. 130.000
Da versare sul c.c.p. n. 20936100 intestato a A.I.P.
10125 Torino
via Pio V, 15
Il n. 9/90 è stato consegnato agli Uffici postali di Torino il 28 febbraio e
a quelli delle valli valdesi il 1” marzo 1990.
3
9 marzo 1990
commenti e dibattiti
LA SCOMPARSA DELLO STUDIOSO CECOSLOVACCO
DIBATTITO
A. Moinàr, storico del valdismo Agli avventisti
” ® Colgo l’occasione offertami dal
Si definiva « valdese della diaspora» - Gli studi sulla prima Riforma e I’« Internazionale
va do-hussita » - Fu lui ad evidenziare la portata teologica espressa dal valdismo medioevale
E morto a Praga il 31 gennaio, all’età di 67 anni, il prof.
Amedeo Molnar, che insegnava storia del cristianesimo e dei
dogmi alla Facoltà « Comenius » di Praga, di cui era stato
decano.
Nato a Praga nel 1923 da madre valdese, il nrof. Molnar
aveva mantenuto stretti legami con il mondo valdese in Italia,
e m particolare con la Facoltà valdese di teologia di Roma, dove
aveva tenuto frequentemente dei corsi. Uno dei massimi conoscitori del pensiero di Hus e del movimento hussita, Molnar era
uno dei più profondi studiosi della prima Riforma e del valdismo
medioevale.
La notizia della sua morte ha suscitato vivo cordoglio nel
mondo protestante italiano, dove era ben conosciuto per le sue
opere e le frequenti visite nel nostro paese. Nel 1985 aveva ricevuto la laurea honoris causa dall’Università di scienze umane di
Strasburgo e della Facoltà evangelica luterana slovacca di Bratislava. In Italiano sono state pubblicate nelle edizioni Claudiana
(Tonno) le seguenti opere: Jan Hus, testimone della verità
(1973); Storia dei valdesi, I (1974); La prima e la seconda Riforma alla disputa di Lipsia, in « Lutero nel suo e nel nostro
tempo» (1983); I Taboriti, avanguardia della rivoluzione
(1986).
Il prof. Molnar (secondo da destra) a Torre Peltice per v Convegno
storico dedicato al Glorioso Rimpatrio.
L’ultima volta che l’ho visto
a Praga, due anni e mezzo or
sono, mi accompagnò a casa sua,
all'estrema periferia della città;
due stanzette anguste e dimesse, letteralmente tappezzate di
libri. I libri, e ciò che essi implicano ed esprimono, erano la
ricchezza della casa. L’occasione
dell’incontro era un convegno
Sull’eredità della « prima Riforma ». Ma il suo contributo, in
quella occasione, non fu una relazione storica ma una meditazione biblica: passione per la.
storia e sensibilità per la teologia erano in lui strettamente intrecciate e si alimentavano a vicenda.
Ri Amedeo Molnar, « valdese
della diaspora » come amava definirsi, conosciamo in Italia soprattutto gli studi sulla prima
Riforma e, all’interno di questa,
sul valdismo. Ma egli ha lavorato molto anche in altri ambiti
storico-teologici: patristica. Riforma del Cinquecento, protestantesimo boemo, ricerca biblica. Per dare un’idea della sua
statura di studioso dovremmo
avere accesso alla sua vasta produzione scientifica, distribuita
lungo l’arco di quarant’anni e
scritta per lo più in lingua còca.
Questo breve « ricordo » sarà
dunque molto parziale: solo uno
dei tanti tasselli necessari a comporre la figura di uno storico
di livello internazionale come è
stato Amedeo Molnar. Ci limi
tiamo qui a ricordare l’importanza delle sue ricerche per una
rmgliore comprensione del valdismo medievale, a proposito del
quale Molnar ha dato almeno
due contributi fondamentali.
Il primo è questo. Molnar ha
ripreso da Ernesto Buonaiuti e
da Giovanni Miegge l’idea di una « prima Riforma », distìnta
dalla « seconda » (quella classica di Lutero, Zwingli, Calvino e
tanti altri) e diversa per contenuti, base sociale, molo politico
e profilo dottrinale. Essa ha trovato la sua espressione maggiore in quella che Molnar ha chiamato « l’Intemazionale valdohussita », mentre per Buonaiuti
essa era costituita da Valdo di
Lione, Francesco d’Assisi e Gioac
chino da Fiore. Molnar ha dunque sviluppato in maniera originale l’idea della « prima Riforma » ma soprattutto le ha conferito peso, consistenza, plausibilità storiografica: ha legittimato
sul piano della scienza storica
quella che in Buonaiuti era stata più che altro una geniale intuizione. Certo, come ogni altra
categoria del genere, anche quella di « prima Riforma » presta
il fianco a riserve e rilievi critici e reca in sé un certo grado
di discutibilità. Essa ha però acquistato notevole credito grazie
ai lavori di Molnar, con vari vantaggi di cui segnaliamo soltanto
il maggiore: estendendo la nozione di Riforma al movimento
valdese e a quello hussita, è stata superata l’interpretcìzione tradizionale che li presentava come
« pre-riformatori », cioè come
movimenti interpretati a partire
e in funzione della Riforma del
XVI secolo. Grazie a Molnàr (e
naturalmente anche ad altri) questo punto di vista riduttivo è
stato superato: la fisionomia spirituale e dottrinale dei due movimenti è stata messa meglio in
luce, le loro numerose influenze reciproche sono state ampiamente illustrate, la dimensione
europea del movimento valdese
è stata messa in rilievo, e soprattutto è emersa l’originalità
evangelica della loro iniziativa.
Essi non sono stati pre-riformatori ma riformatori, anche se si
è trattato di una riforma diversa da quella del Cinquecento. E’
però stata una riforma, non
qualcosa di meno: come i riformatori del Cinquecento, così anche i valdesi e gli bussiti hanno agito in ubbidienza alla Scrittura intesa come legge che emancipa dalle leggi ecclesiastiche,
quindi come « legge della libertà ».
E qui appare il secondo contributo fondamentale di Molnàr
a una migliore comprensione del
valdismo medioevale. E’ lui che
più e meglio di altri ha messo
in luce le sue implicazioni teologiche. La storiografia tradizionale vedeva nel valdismo im movimento di protesta essenzialmente morale. Molnàr ci ha molto aiutati a scorgerne la porta
ta teologica. Non a caso le ultime 60 pagine della sua Storia
dei valdesi (Claudiana, 1974) sono tutte dedicate a un’esposizione dettagliata della teologia valdese. Grazie ad esse abbiamo capito meglio — ad esempio — il
carattere oggettivamente eversivo sul piano sociale di certi comportamenti morali tipici dei vaidesi, come il rifiuto del giuramento. Analogamente, ci è diventato più chiaro il ricco contenuto teologico ed ecclesiologico della critica valdese al costantinianesimo: la « chiesa costantiniana » non è solo degenerata moralmente, è snaturata
spiritualmente; e l’idea valdese
che il pontefice romano sia successore non già del papa ma di
Costantino è tutt’altro che stravagante, anche se va intesa, ovviamente, cum granii salis. Potremmo continuare ma gli accenni fatti bastano; Molnàr ci
ha aiutati certo a conoscere meglio ma soprattutto a comprendere meglio, cioè più a fondo,
scandagliando nelle sue motivazioni teologiche, la storia valdese medievale.
Con la sua morte però non abbiamo perso solo uno dei massimi studiosi e conoscitori del
valdismo medievale. Abbiamo
perso un amico, che studiava la
storia valdese anche perché amava la comunità valdese. Forse per questo ne ha capito la
storia meglio di altri.
Paolo Ricca
Colgo l’occasione offertami dal
fratello Artus - Martinelli con il
suo articolo « 8 per mille : che
fare?», pubblicato nel n. 6 del
9.2.’90, nella rubrica « Dibattito », per esprimere in modo
il più conciso possibile il mio
ampio consenso a quanto da lui
sottoposto all’attenzione dei lettori.
La medesima domanda mi posi quando, ricevuto il n. 3 (19.1.
’90), lessi a pag. 3 il seguente titolo; «Erogazioni liberali deducibili per le Chiese avventiste ed
Assemblee di Dio».
Infatti la sera del 26.1.90, avendo partecipato al « Seminario
sullo Spirito Santo » tenuto nella chiesa avventista di Catania
dal pastore Paolo Benini, alla fine gli ho esibito il suddetto articolo e abbiamo parlato anche
dell’8 per mille.
Mia moglie ed io siamo membri della Chiesa battista e come
tali, pur volendo, purtroppo non
possiamo scegliere di dare l’8
per mille del nostro IRPEP alla
suddetta chiesa, poiché questa
finora, per motivi vari che esulano dalla presente rubrica, non
ha sottoscritto nessuna Intesa
con lo Stato italiano.
In alternativa avremmo preferito darlo alle Chiese valdesi e
metodiste, le cui opere sociali sia
in Italia sia neH’America del sud
sono molto apprezzate da noi;
ma queste, pur essendo state le
prime a sottoscrivere l’Intesa
con lo Stato italiano tuttavia,
come si sa, nel Sinodo dell’88, a
maggioranza, hanno respinto di
fruire dell’8 per mille « anche
per fini dì solidarietà sociale».
Scartata pertanto la « non
scelta », perché sarebbe da incoscienti affidare ad altri la scelta della destinazione dell’8 per
mille del proprio IRPEP, agli
evangelici italiani bene informati e corresponsabili nella prossima compilazione dei moduli
dei redditi da presentare entro il
rnaggio ’90, resta solo la facoltà
di fare la propria scelta tra le
seguenti quattro istituzioni: 1)
Stato italiano; 2) Chiesa cattolica; 3) Assemblee di Dio; 4)
Chiesa avventista del 7° giorno.
Scartate, quindi, le prime due
per i medesimi motivi chiaramente espressi dal fratello Artus
e da me condivisi, restano da scegliere le ultime due: o Assemblee di Dio o Chiesa avventista
del 7° giorno.
Mia moglie ed io abbiamo già
espresso la nostra scelta a favore della Chiesa avventista al
pastore Paolo Benini, il quale ci
ha vivamente ringraziati. Sappiamo, infatti, che questa chiesa è impegnata a svolgere un
vasto programma di opere sociali sia in Italia sia all’estero,
anche nei paesi del Terzo Mondo. Bruno Ciccarelli
ALCUNI RICORDI DI UNA VITA INTENSA
Il mio primo incontro con il professor
itoedeo Molnàr ha avuto luogo durante
l’estate nel lontano 1963. Partecipai per la
prima volta ad un Consiglio mondiale del
Movimento internazionale della riconciliazione (M.I.R.). Eravamo in Olanda a
Woutschouten, in mezzo al bosco. Questi
incontri e dibattiti con esponenti della
nonviolenza venuti qui da tutto il mondo mi entusiasmarono. L’oratore che mi
impressionò più di tutti fu il professore
di teologia di Praga, Amedeo Molnàr. La
sua analisi lucida della situazione sociale e politica mi colpì. Facemmo subito
amicizia, ma egli era un membro isolato del nostro Movimento, non permesso dal suo governo.
Lo studioso non violento
L’anno seguente lo rivedo a Praga. Sianio all’assemblea della Conferenza cristiana per la pace. Una sera preghiamo
per un amico malato, nella casa del professor Lochmann. C’è tanta speranza in
questa assemblea, speranza per una collaborazione internazionale di tante Chiese cristiane, diversissime tra di loro.
zero, dove sono in vacanza con marito e
figli. Mi stanno tagliando i capelli. Non
posso credere alle mie orecchie. Corro a
casa, accendo la nostra radio e sento
che è proprio vero... In molti posti si organizzano manifestazioni di protesta, di
solidarietà con il popolo cecoslovacco.
Partecipiamo alla marcia di protesta a
Zurigo. Cammino a fianco di un nostro
amico svizzero, comunista indipendente,
è curvo dal dolore, sembra invecchiato
di dieci anni. Purtroppo alle nostre dimostrazioni per la libertà della Cecoslovacchia, che faremo più tardi a Roma,
solo poche persone parteciperanno. Ma
dove sono tutte le masse che hanno manifestato con noi per il Vietnam?
L’invasione della Cecoslovacchia da parte delle truppe del Patto di Varsavia
nell’agosto 1968 ci colpisce come un fulmine. Sento la notizia alla radio del
parrucchiere del mio villaggio natio sviz
Rivedo Amedeo Molnàr ad Agape, una
volta con sua figlia, sua moglie è pastore. Lo vedo molte volte a Roma dove
viene periodicamente, essendo diventato
professore esterno della Facoltà valdese
di teologia. Ogni volta che viene vado a
trovarlo. Una volta viene a farci una
conferenza organizzata dal MIR, è molto interessante e ci entusiasmiamo per
la nonviolenza dei primi valdesi. La sua
gentilezza, la sua umiltà conquistano tutti. Purtroppo in seguito non viene più,
dicendo che la polizia gli sta troppo dietro. Più di una volta viene arrestato (in
Cecoslovacchia) e una volta anche torturato: vedo che gli mancano parecchi denti e rispondendo alla mia domanda mi
spiega che la polizia voleva saperne di
più sulle manifestazioni degli studenti
di teologia che andavano con le candele
accese alla tomba di Jan Palach (studente ceco che si è bruciato vivo a Praga
per protesta, nel gennaio 1969). Più volte gli viene bruciata la cassetta delle lettere -— riceve sempre posta da molti
paesi. Ma da tutte queste sofferenze traspare sempre la luce della sua profonda
fede, ogni volta che ci vediamo preghiamo anche insieme, a lungo.
In più di un convegno teologico del
MIR usiamo i suoi scritti sulla nonviolenza della prima Riforma. Un personaggio
nonviolento a lui molto caro, ma purtroppo non conosciuto abbastanza in Italia, è
il ceco Pietro Chelcicky, protestante.
L ultima volta lo vedo a Praga alla fine del giugno scorso, durante la consultazione internazionale sulla prima Riforma. La sua malattia ormai è molto avanzata, gli permette di partecipare solo in
parte al nostro convegno. Durante la cena ufficiale vuole avermi accanto a lui,
ma un gruppo di uomini importanti lo'
porta via (è il più famoso dei professori presenti). Mi dice che è molto poco
probabile che possa venire ancora in Italia alla fine dell’estate, come uno degli
oratori del convegno sul Glorioso Rimpatrio.
Tornando dal seminario sulla teologia
della nonviolenza in Francia, leggo sul
giornale del vicino, in treno, che il professor Molnàr è al Sinodo valdese, che
parlerà durante il convegno.
Mi prende una gran voglia di tornare
indietro e andare a Torre Pellice, incontrare ancora una volta Amedeo Molnàr e
assistere almeno in parte al Sinodo. Ma
poi penso alle difficoltà di trovare un
posto e ai miei impegni familiari, e contmuo il viaggio fino a Roma. Non ho più
rivisto Amedeo Molnàr, ma lo rivedrò
nella gioia eterna.
Medi Vaccaro
4
4 chiese e stato
9 marzo 1990
RELIGIONE A SCUOLA
Il TAR boccia il ministro
L’ultima sentenza relativa al ricorso delle chiese protestanti e delle comunità ebraiche ribadisce il non obbligo delle ore alternative
Notizie flash
Per Comunione e Liberazione
e per i più integralisti tra i cattolici era un’« ora marinata » l’ora in cui i ragazzi uscivano dalle scuole per non star li a far
niente, non avendo chiesto di
frequentare le cosiddette attività alternative aH’insegnamento
della religione cattolica (Ire).
Presidi, genitori di ragazzi cattolici, insegnanti di religione
avevano pensato che fosse perciò opportuno minacciare di dure misure amministrative (e persino penali) quei ragazzi che
non entravano o uscivano prima della scuola in corrispondenza deirirc.
Se c’è Tire — questo era il
ragionamento — non si può marinare la sua alternativa, anche
se non la si sceglie. Così genitori
e ragazzi avevano ricevuto diffide, denunce alla magistratura.
Dalla loro parte costoro avevano le circolari del ministro della Pubblica Istruzione che, in
qualche modo, prevedendo tutte
le alternative possibili all’Irc
(materia alternativa, studio individuale, nulla), non consentivano l’uscita o l’entrata posticipata in scuola.
Anche se erano circolari chiaramente anticostituzionali non
importa, bisognava andare avanti lo stesso — e, si sa, per alcuni funzionari le circolari sono
più importanti di tutto — in attesa di una soluzione politica
al problema, la legge promessa
dal ministro Mattarella.
Le circolari del ministro (la
188 e la 189 del 1989) erano già
state impugnate davanti al TAR
del Lazio dai rappresentanti delle Chiese valdesi e metodiste, delle Chiese awentiste e delle Assemblee di Dio, dell’Unione delle comunità ebraiche in Italia,
con l’appoggio della Commissione delle chiese evangeliche per
i rapporti con lo stato.
Sostenevano le chiese nel lo
ro ricorso che le circolari violavano non solo le intese da esse
stipulate con lo stato, ma anche
i diritti fondamentali garantiti
dalla Costituzione.
Diritti che erano stati confermati dalla Corte costituzionale,
che con la sentenza 203/89 aveva osservato che non esiste alcun « obbligo » per coloro che
non si avvalgono dell’Irc.
Il 27 febbraio scorso il TAR del
Lazio ha pronunciato la sua sentenza in merito al ricorso delle
chiese protestanti e delle comunità israelitiche. Non conosciamo ancora il testo della sentenza,
ma il presidente della terza sezione del TAR ha dichiarato che
« in base alla nostra sentenza chi
ha più di 18 anni o chi ha genitori che acconsentono potrà ritenersi libero dì uscire daUa scuola
se non avrà scelto di seguire
l’insegnamento della religione
cattolica e nemmeno la materia
alternativa ».
Per il TAR non si tratterebbe
di un annullamento delle circolari, ma semplicemente di « un
chiarimento » circa la condizione
degli studenti che non si avvalgono dell’Irc.
Soddisfazione circa la sentenza
hanno espresso Franco Giampiccoli (« da quattro anni affermiamo che il diritto degli uni non
può diventare obbligo per altri »)
e Giorgio Bouchard (« la sentenza conferma una tendenza della
magistratura che garantisce i legittimi spazi di libertà, al di là
delle talora meschine convergenze di interessi tattici che si sono
verificate in altre sedi»).
Il ministro Sergio Mattarella,
vedendosi bocciato il proprio disegno di legge che voleva regolare la materia, presentato recentemente alle Camere, d’accordo
con il presidente del Consiglio
Andreotti, ha subito annunciato
ricorso al Consiglio di Stato con
tro la sentenza del TAR.
Anche la Conferenza episcopale italiana è scesa subito in campo con una nota: « Chiediamo
una sicura e rapida definizione
legislativa dell’intera materia dell’insegnamento della religione
cattolica. La decisione del TAR
di far uscire da scuola gli studenti è altamente diseducativa, è un
primo passo verso la pratica
emarginazione dell’Irc ».
Sul piano politico commenti
favorevoli alla sentenza sono venuti da più forze parlamentari di
opposizione (PCI, verdi, verdi
arcobaleno, DP, radicali) ma anche di maggioranza. Il presidente dei deputati repubblicani Del
Pennino ha affermato che « la decisione del TAR è l’unica veramente coerente con le affermazioni di principio a suo tempo espresse dalla Corte costituzionale. Mi auguro che il governo non
insista su una strada che si sta
rivelando un vicolo cieco ».
Tra i socialisti i pareri sono divisi; c’è chi, come il sottosegretario Fincato, critica la sentenza
perché non lascia lavorare il
verno, e chi, come Valdo Spini,
afferma: «Sono convinto che una
convivenza religiosa ordinata, rispettosa e pluralistica, debba
fondarsi sul fatto che i cattolici
possano avvalersi della loro
istruzione religiosa, ma che non
per questo i non cattolici debbano essere assoggettati a determinati comportamenti».
Per il socialdemocratico Filippo Caria il governo « dovrebbe
ricondurre l’insegnamento confessionale nel contesto di una
reale facoltatività ». Il fronte governativo sembra si stia sfaldando e persino 1’« Avvenire » modera i toni, chiedendo una « collaborazione » tra le forze interessate per risolvere il problema.
Giorgio Gardiol
COMUNITÀ’ DI BASE
Continuano i guasti
del Concordato
Le ambiguità di uno « strumento antidemocratico » - L’Intesa per la
religione a scuola - Una « sottrazione di tasse » alla collettività
La Segreteria nazionale delle
Comunità cristiane di base, in occasione deH’anniversario del Concordato, ha diffuso un comunicato intitolato « A sei anni dal
nuovo Concordato i guasti continuano ». Questo il testo integrale:
<' Le Comunità cristiane di base italiane, in occasione del sesto anniversario della firma del
nuovo Concordato, nel ribadire
la loro posizione anticoncordataria, evidenziano la confusione,
il disorientamento, i guasti, le
ambiguità che questo strumento
antidemocratico continua a provocare nel panorama politico italiano.
E’ certamente intollerabile per
uno Stato democratico e laico
che un ministro della Repubblica, quale quello della Pubblica
Istruzione, con i disegni di legge presentati, trasformi la facoltatività in obbligatorietà sfuggendo così alla sentenza della
Corte Costituzionale sul "non obbligo" dell’insegnamento della
religione cattolica nella scuola
pubblica. La stessa revisione dell’Intesa Falcucci-Poletti viene ridotta ad un aggiustamento tec
nico-formale che, nella sostanza,
lascia irrisolti i gravi problemi
ad essa sottesi.
Le Comunità di base auspicano che le forze politiche che si
sono opposte alla firma immediata affrontino finalmente la
completa revisione dell’Intesa in
maniera chiara ed inequivocabile.
Né tanto meno la normativa,
voluta dal nuovo Concordato, di
poter devolvere — a partire da
quest’anno — l’8 per mille delVimponibile IRPEF all’Istituto
per il sostentamento del clero
è segno, da un lato, della rinuncia dello Stato a ’’sovvenzionare" la Chiesa cattolica, dall’altro,
di autofinanziamento della chiesa stessa. Si tratta, invece, di
sottrazione alla coilettività di
tasse già dovute, oltre al rischio
di una schedatura di tutti gli
italiani discriminando, in base
alle loro scelte, i cattolici ubbidienti e non.
Una chiesa che, per la trasmissione del messaggio evangelico e per le giuste esigenze finanziarie necessarie all’esplicitazione della sua missione, continua a fidarsi di poteri e di privilegi, di intese e patteggiamen
□ ORA DI RELIGIONE:
COMUNICATO UCIIM
La presidenza nazionale dell’Uciim, presa visione dei provvedimenti approvati dal Consiglio dei Ministri in materia di norme sullo
stato giuridico degli insegnanti di religione e dell’esercizio del diritto
di scegliere se avvalersi o non avvalersi deH’insegnamento della religione cattolica, valuta positivamente l’iniziativa presa dal Ministero
della P.I., in ottemperanza alle risoluzioni parlamentari che si sono susseguite a partire dal gennaio 1986, ed auspica che, su questa
base, sia possibile sviluppare un’azione per ricondurre entro specifici termini educativi gli interventi a favore degli alunni che non si avvalgono dell’insegnamento di religione cattolica. Inoltre la stabilità
del servizio e l’equiparazione agli altri docenti, attraverso importanti istituzioni dello stato giuridico, assicurate agli insegnanti di religione, dovrebbero meglio qualificare sul piano professionale la loro
presenza all’interno della scuola. La presidenza nazionale dell’Uciim
auspica che i due provvedimenti possano in tempi brevi produrre
il superamento di uno stato di conflittualità nocivo all’ordinato
svolgimento delle lezioni, mentre la scuola tutta esige che ci si concentri nella soluzione dei molti altri gravi problemi che attendono
soluzione.
□ ORA DI RELIGIONE:
COMUNICATO AIMC
A giudizio della presidenza nazionale dell’Aimc l’iniziativa del
Governo per colmare, con apposito disegno di legge, il vuoto che si
determina nell’ordinamento scolastico in conseguenza della situazione di « non obbligo » derivante per gli alunni dall’applicazione dell’ordinamento concordatario risponde ad un’esigenza educativa cui
la scuola non può sottrarsi: quella cioè di assicurare, a quanti non
intendono avvalersi dell’insegnamento di religione cattolica, im insegnamento o delle attività o almeno delle condizioni che siano coerenti con le finalità generali della scuola. A questo lo Stato, nella sua
autonoma sovranità, ha il dovere di provvedere con apposita norma
legislativa, né ciò può essere considerato contrastante con la decisione della Corte costituzionale, come autorevolmente è stato chiarito.
Ugualmente si rivelava necessario e urgente dare un più de^to riconoscimento giuridico alla condizione degli insegnanti di religione che
ne garantisse la professionalità coerentemente con il particolare
ordinamento che, sulla base del Concordato, regola la loro assxmzione e la permanenza nell’incarico, oltre che la loro partecipazione
ai momenti istituzionali della scuola con pari dignità e riconoscimento di professionalità. L’Associazione italiana maestri cattolici
(Aimc) auspica la sollecita approvazione dei due disegni di legge
per contribuire a dare sicurezza normativa in un ambito di questioni
che esigono comunque di essere valutate secondo l’interesse preminente dell’alunno, qualunque sia la sua scelta in ordine alla proposta
dell’insegnamento di religione cattolica.
Il nuovo Concordato è stato firmato dal governo Craxi.
ti con sconfinamenti gravissimi
nella stessa organizzazione dello
Stato, è una chiesa senza profezia e senza carismi ».
Ricerca di personale
L'API (Associazione protestante per Tinterscambio culturale e religioso) informa che, con la riapertura della Casa valdese di Roma, assume personale qualificato con preparazione e pratica nei seguenti lavori ;
— addetto/a alla segreteria, ricevimento cassa e corrispondenza, con perfetta conoscenza del tedesco parlato-scritto
e di almeno una seconda lingua oltre all'italiano. (Quinto
livello )
— addetto/a alla segreteria con funzioni di rilevazione ed
elaborazione dati di magazzino e contabilità, corrispondenza e archivio, conoscenza di seconda lingua. (Quinto
livello)
— cuoco/a unieo/a in grado di assicurare decorosamente il
servizio secondo schemi semplici e ripetitivi. (Quinto livello)
— cameriere/a in grado di seguire il servizio di ristorazione con decoro e semplicità di modelli organizzativi.
(Quinto livello)
— addetto/a al guardaroba con funzione di lavanderia, rammendo, cucito e stiro. (Sesto livello)
L'inquadramento offerto è quello previsto dal CCNI. per
esercizi alberghieri ad una stella, nei livelli indicati, con possibilità di orario a tempo pieno (40 ore settimanali) o parziale
(minimo 30 ore settimanali) secondo turni di servizio distribuiti nell'arco della giornata e della settimana lavorativa di 6
giorni.
Per particolari esigenze di servizio è disponibile un limitato numero di alloggi individuali.
Le assunzioni sono previste a decorrere dal mese di
aprile.
Ulteriori informazioni telefonando al ; 06/321 53 62, ore
ufficio.
Le domande di assunzione, dettagliate e corredate dai
rispettivi requisiti professionali, vanno indirizzate a :
Direzione API - Casa valdese
via Alessandro Farnese, 18 - 00192 ROMA
5
m
9 marzo 1990
vita delle chiese
FIRENZE, 31 MARZO-r APRILE: CONVEGNO FCEI
Per un evangelismo
aperto e pluralista
Le possibilità di comunione fra gli evangelici italiani negli anni
’90 - Un incontro non orientato al passato ma proiettato sul domani
Il 31 marzo-lo aiprile si svolgerà a Firenze, presso il Centro
giovanile protestante (Istituto
Gould) in via dei Serragli 49, un
convegno sul tema: « Comunione
e fedeltà. L’evangelismo italiano
alla prova degli anni '90 ». Il Congresso del 1965 e la nascita della
Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) nel 1967 si
proponevano una maggiore comunione tra gli evangelici italiani. Il progetto è stato solo parzialmente realizzato (oggi fanno
parte della FCEI valdesi, metodisti, battisti, luterani. Esercito della Salvezza, Chiese libere) e nel
frattempo il paese è cambiato,
l’evangelismo è cresciuto e si è
ulteriormente articolato. Abbiamo chiesto al past. Giorgio Bouchard, presidente della FCEI,
quale significato dà a questo convegno, ai suoi obiettivi, alle prospettive future.
— Come si è arrivati alla convocazione di questo convegno,
che costituirà un momento di incontro tra tutte le componenti
dell’evangelismo italiano?
— Il Consiglio della FCEI ha
indetto questo convegno in obbedienza a un mandato della Vili
assemblea della FCEI. che ha avuto luogo a Firenze nel novemb'-e 1988, e che invitava il Consiglio a « organizzare un convegno
di studio sull’idea federativa nelle sue ragioni bibliche, storiche,
ecumeniche, in vista di una più
piena unità delle chiese evangeliche nel nostro paese ». Si potevano dare due letture di questo
mandato: la prima di un convegno di riflessione sulla Federazione, la seconda di un convegno sulle prospettive comuni di tutto l’evangelismo italiano, indipendentemente dagli strumenti organizzativi che possano esistere. Il Consiglio ha scartato la prima interpretazione perché ha ritenuto che
la sede adeguata per una riflessione sulla FCEI sia la sua assemblea ordinaria, o se si vuole
straordinaria. Il convegno avrà
dunque come tema la realtà e le
possibilità di comunione tra gli
evangelici negli anni ’90. Avremo
studi biblici, un culto in comune
e tre relazioni seguite da un ampio dibattito. La prima sarà una
relazione storica (Domenico Maselli), la seconda una relazione
problematica (Giorgio Girardet),
la terza una relazione informativa e valutativa (Luigi Santini);
poi discuteremo in libertà.
— Da quali premesse si svilupperà il convegno e quali saranno
i suoi obiettivi?
— Personalmente mi auguro
che il convegno non sia troppo
dominato dal passato ma sia nettamente orientato verso l’avvenire. Il passato, che pure mi sembra abbastanza chiaro, ha dato
dei risultati che non ci devono
paralizzare. Ogni tentativo di promuovere l’unità dell’evangelismo
italiano ha dato come risultato
una maggiore compenetrazione
delle denominazioni tradizionali, con la sola grande eccezione delle Assemblee dei fratelli, che proseguono con
efficacia la loro strada originale.
Ma mentre questo processo di
compenetrazione si svolgeva, fioriva un vasto evangelismo italiano formato o da grandi chiese o
da una pleiade di gruppi indipendenti, ma comunque non riconducibili a una idea federativa. I mo
rnenti di unità non sono mancati, ma sono momenti di unità operativa: l’unanime difesa della libertà nella scuola, il sostegno reciproco sulla difficile via delle
« intese », la cooperazione in alcuni progetti sociali evangelici (ad
esempio, la collaborazione tra
fratelli, valdesi, metodisti e battisti nel Centro giovanile protestante che ospiterà il convegno).
Un’esperienza molto bella in questi anni è stata quella della Commissione delle chiese evangeliche
per i rapporti con lo Stato, di cui
fanno parte praticamente tutte le
Una professione sociale
Il Centro giovanile protestante - Gould di Firenze, in collaborazione
con la Commissione di studio per la diaconia della Chiesa evangelica
valdese, PROPONE anche quest'anno, ai giovani evangelici che abbiano
terminato la scuola media superiore, la possibilità di prepararsi per una
professione sociale quale: educatori, assistenti sociali, infermieri.
La formazione, da conseguirsi presso scuole riconosciute e qualificate,
richiede un periodo di almeno tre anni scolastici, con residenza a Firenze e frequenza obbligatoria dei corsi, ed apre la possibilità di un impiego sia nel settore pubblico che nella diaconia e nelle opere delle Chiese evangeliche.
La proposta comprende l’offerta di vitto e alloggio, tasse e materiale di studio mediante una formula equilibrata comprendente: 1) retta;
2) borsa di studio; 3) prestito da rimborsarsi ratealmente dopo l’inserimento lavorativo o riassorbibile qualora il lavoro sia svolto all’interno
di una struttura diaconale evangelica convenzionata.
Ai candidati non viene richiesto alcun impegno per il proprio futuro, ma è ipotizzata la possibilità di un loro servizio nella diaconia delle
Chiese evangeliche. Con tale prospettiva, durante il periodo di formazione professionale, viene loro offerta la possibilità di condividere la vita
comunitaria del Centro giovanile protestante-GouId e viene richiesta la
loro partecipazione ad alcune attività di studio e di formazione in programma nell ambito delle Chiese evangeliche. Tale partecipazione, il cui
costo è incluso nel programma offerto, viene impostata e quindi concordata individualmente ogni anno. Per i candidati al primo anno di
corso, considerato sperimentale, è previsto un colloquio introduttivo ed
orientativo, seguito da un incontro di valutazione e di puntualizzazione per
il proseguimento del programma, I posti a disposizione sono limitati e
l’accettazione dei/delle candidati/e è, fra l’altro, subordinata al possesso dei requisiti richiesti per l’iscrizione ai corsi prescelti. Le preiscrizioni sono aperte fino a tutto il mese di giugno.
Per più dettagliate informazioni gli interessati possono rivolgersi a:
Gianluca Barbanotti, direttore del C.G.P. Gould, via Serragli, 49 - 50124
FIRENZE, telef. 055 • 21.25.76 — oppure a:
Marco Jourdan. via Al, Farnese, 18 - 0192 ROMA, telef.: 06 - 32.15.362.
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Un nuovo risveglio?
chiese evangeliche che operano in
Italia. Abbiamo sentito come una
vera e propria benedizione il fatto di poter esprimere sempre una
posizione unanime su problemi
talvolta brucianti. Nel condurre
insieme questa lunga battaglia
comune abbiamo sentito crescere la nostra fraternità. Il convegno è aperto a tutte le chiese e
gruppi evangelici, tra i quali si
desidera favorire il processo di
conoscenza, e, perché no, di riconoscimento reciproco. Si tratta di
facilitare l’informazione, la comunicazione e la solidarietà.
— Rispetto al Congresso del
1965 e alla nascita della FCEI nel
1967, qual è il cammino verso una
forma unitaria che possa rappresentare la realtà complessa dell’evangelismo italiano?
— In un dibattito a Torre Pellice, quest’estate, il prof. Paolo
Ricca ha usato una simpatica battuta; « Quelli che si amano si
danno degli appuntamenti ». Personalmente spero che dal convegno di Firenze emerga la proposta di un periodico incontro fra
tutti gli evangelici italiani, non
per decidere nulla, ma per avere
comunione insieme. La FCEI sta
crescendo, e penso che crescerà
ancora, tuttavia il convegno non
ha lo scopo di proporre l’attuale
formula federale alle altre chiese. Il mondo evangelico italiano
è molto più ampio e molto più
articolato di quanto noi comunemente pensiamo. Bisogna anzitutto imparare a vivere questa
complessità come una ricchezza.
Bisogna imparare anche a stimarci e a sostenerci a vicenda. I programmi verranno dopo, ma saranno sicuramente qualcosa di
« nuovo ». Insomma, la FCEI non
conduce una politica egemonica.
L’evangelismo italiano oggi è
cresciuto su due livelli: con lo
sfondamento pentecostale l’evangelismo tocca oggi molte più anime, trasforma più vite che cinquant’anni fa; la presenza evangelica italiana, per la prima volta,
è sentita a livello di massa come
una componente del paese. Il
punto è questo: come vivere tra
di noi questa crescita e questa
presenza pubblica nella società
italiana. Sono queste le domande
alle quali dobbiamo cercare di
risipondere nei prossimi anni. Noi
oggi viviamo in una società aperta e pluralista. Il problema, come
evangelici, è come essere in Italia un evangelismo aperto e pluralista, ma caratterizzato da una
profonda solidarietà nella testimonianza e nell’azione.
(nev)
Un falò
per il XVII
PACHINO — La festa del XVII
febbraio è stata ricordata insieme alla comunità metodista di
Scicli. Per questa occasione, oltre al culto presieduto da Paola Benecchi, ha avuto luogo una
conferenza sul metodismo del
periodo della rivoluzione industriale tenuta da John Hobbins.
Subito dopo si è andati tutti insieme a cantare e festeggiare intorno ad un falò, per poi finire
la serata con una cena a cui
ha partecipato più di un centinaio di persone. Infatti, oltre ai rappresentanti della comunità di Scicli, era presente un
folto gruppo di persone di un
quartiere povero di Pachino, che
da qualche mese e questa parte viene seguito dalla nostra comunità
SAN SECONDO — L’assemblea di chiesa, dopo aver approvato la relazione finanziaria del
1989, ha deciso che da quest’anno
siano distribuite quattro buste
all’anno per le offerte.
Si è parlato a lungo del problema dei membri di chiesa che
paiono totalmente disinteressati
alla vita della chiesa; si dovrebbero applicare alla lettera i regolamenti organici? Si potrebbe fare una lista di membri a parte?
Dopo attenta discussione si è deciso di impegnarsi tutti nella
preghiera per questi fratelli affinché il Signore risvegli in loro
la fede ; passi ulteriori saranno il
contattarli personalmente e portare la discussione a livello di
Conferenza distrettuale, essendo
il problema comune anche alle altre chiese. Infine l’assemblea ha
proposto che la prossima seduta
sia presieduta da Claudio Rivoira.
• Ringraziamo Peggy Bertolino, Paolo Cardon e Rosanna Paschetto che hanno presieduto il
culto di domenica 18 febbraio.
• Il Signore ha richiamato a sé
il fratello Enrico Pons; ai familiari in lutto esprimiamo la cristiana simpatia della comunità.
Assemblea di chiesa
VILLASECCA — Siamo grati
al past. Emmanuele Paschetto
per le preziose e puntuali informazioni sulla Chiesa battista, sia
in occasione della predicazione
del culto del XVII, sia durante
l’àgape che ne è seguita.
• La recita del 24 febbraio, replicata il giorno successivo, ha riscosso un notevole successo. Gli
apprezzamenti spontaneamente
espressi da parte di molti partecipanti attraverso i ripetuti applausi ne hanno evidenziato la
sincerità.
Alla nostra Filodrammatica ed
alla Banda musicale di Pomaretto esprimiamo la gratitudine dì
tutta la comunità e quella di
quanti hanno partecipato alle
due rappresentazioni ; analogamente ringraziamo anche il gruppo di servizio che ha preparato
il menu ed ha servito alle mense
nella giornata del XVII.
• Domenica 11 marzo, ore 10,
assemblea di chiesa. Ordine del
giorno: esame della relazione finanziaria 1989; elezione di due
deputati alla Conferenza distrettuale e di un deputato al Sinodo ;
varie eventuali.
• Il concistoro è convocato per
venerdì 16 marzo, ore 20, nella
saletta.
Serata musicale
SAN GERMANO CHISONE —
Sabato 24 febbraio, nell’accogliente salone dell’Asilo, si sono alternati al pianoforte numerosi
giovani e giovanissimi allievi del
professor Mauro Mossotti, i quali hanno magistralmente eseguito pezzi di autori vari e che al
termine del concerto sono stati
molto applauditi. La manifestazione è stata organizzata dall’Asilo con il contributo della
« Commissione cultura e tempo
libero », che ringraziamo vivamente. Ci auguriamo altresì che
pomeriggi e serate del genere
diventino una piacevole consuetudine sia per l’Asilo, sia per la
popolazione di tutta la vallata.
• I coniugi Mara e Moris Griot
hanno promesso davanti alla comunità di voler, con l’aiuto di
Dio, educare alla fede in Cristo
Gesù il loro piccolo Gabriele. Il
Signore che ha ascoltato le promesse di quei genitori li sostenga.
• Il nostro più vivo ringraziamento al pastore Paolo Spanu
che ha volentieri accettato di
rivolgerci <i,« messaggio sia
durante il culto sia dopo il pranzo comunitario del 17 febbraio.
culto e pranzo al quale ha partecipato il gruppo canto della
EGEI torinese, i cui membri con
gioia ci hanno rallegrato con i
loro significativi cori ed ai quali diciamo un sincero grazie.
Riunioni quartierali
ANGROGNA — Le riunioni
quartierali di marzo sono dedicate al Servizio cristiano di Riesi (con diapositive); storia e prospettive di un’opera complessa
all’inizio degli anni ’90; gli incontri si svolgeranno, alle ore
20, al capoluogo (lunedì 12); al
Martel (il 13); al Prassuit-Vemè
(il 14); agli Odins-Bertot (il 15).
• Sabato 10 alle ore 20,30 si
incontra il Concistoro a] presbiterio.
Lutti
POMARETTO — Ci hanno lasciati due sorelle; Giovanna Augustina Talmon, di 85 anni, e Letizia Bonino ved. Morello di 81
anni; la comunità è vicina, con
la sua simpatia cristiana, alle
famiglie in lutto.
Sabato 10 marzo
□ SERATA STORICA
POMARETTO — Alle ere 20.30', presso la sala Lombardini, organizzata dal
III circuito in collaborazione col centro culturale, si svolge una serata storica sul tema: « Riprende la vita in vai
Germanasca dopo il Glorioso Rimpatrio »; parla Daniele Tron.
Domenica 11 marzo
□ VILLA OLANDA
TORRE PELLICE — Alle ore 15, nella
sala della Foresteria, i credenti componenti le Chiese valdesi della Val Pellice e di quelle altre che vi si vorranno aggiungere, si raduneranno nel
nome del Signore per riesaminare la
situazione dell’istituto » Villa Olanda » in vista del suo futuro.
□ COPPIE
INTERCONFESSIONALI
PINEROLO — Il terzo appuntamento
dell’anno è previsto per le ore 15,
presso la parrocchia di S. Lazzaro; il
tema dell’incontro è: « Come presentare ai figli della coppia mista le differenze tra cattolici e protestanti. Per
una catechesi ecumenica familiare ».
□ INCONTRO GIOVANILE
PINEROLO — Alle ore 15 presso i
locali della Chiesa valdese (via dei
Mille 1) si tiene un incontro di animazione dei giovani del 1” distretto. Organizzano gli animatori giovanili Franco Taglierò e Dario Tron.
Lunedì 12 marzo
□ INCONTRO PASTORALE
1° DISTRETTO
LUSERNA SAN GIOVANNI — Presso i locali della chiesa valdese, alle
ore 9.30, i pastori delle valli si ritrovano per discutere sul rapporto economia-teologia (introduzione di S, Ribet).
Lo studio biblico è curato da S. Labsch.
Sabato 17 marzo
_____Domenica 18 marzo
□ CONVEGNO
FGEI VALLI
PINEROLO — Sul tema della responsabilità dei credenti di fronte ai
cambiamenti dell’Est europeo si tiene un convegno giovanile. Intervengono
il past. Albert Bandstetter (Agape) e
Giorgio GardioI (L’eco delle valli). Il
convegno ha inizio alle ore 16 del
sabato e proseguirà fino alle 18 di
domenica. Possibilità di pernottare a
Pinerolo. Per informazioni e iscrizioni telefonare a Doriano Co’isson, 0121/
6
6 vita delle chiese
9 marzo 1990
CORRISPONDENZE
ESPERIENZE A TORINO
Ruggero Marchetti, pastore a Forano, qui al Sinodo con la famiglia.
L’Intifada:
riflessione del XVII
Il rapporto tra cristiani ed ebrei nel contesto dell’attualità: una
lezione di « metodo » - Un giorno di festa con le chiese del circuito
FORANO — Domenica 18 febbraio la chiesa di Forano ha
vissuto, come ogni anno nel ricordo del XVII febbraio, la sua
« Festa della libertà ».
Quest’anno in particolare abbiamo avuto la gioia di avere
in mezzo a noi il prof. Daniele
Garrone e sua moglie, il pastore
Maria Bonafede, che hanno anche portato a Forano un gruppo
di vicari (giovani pastori) delle
chiese della Renania.
Il pastore Bonafede ha tenuto il mattino, durante il culto,
una apprezzatissima predicazione su 2 Corinzi 4: 7 e ci ha ricordato che vivere nella libertà
cristiana significa per noi e per
le nostre chiese anche vincere
la paura che sovente abbiamo
di non essere all’altezza del compito che il Signore ci ha affidato; siamo dei vasi di terra, ma
questo non ci deve mai far dimenticare il tesoro che Dio nella
sua misericordia ci ha voluto
consegnare nelle mani. Insomma, « se il Signore ha fiducia in
noi, anche noi dobbiamo aver
fiducia in noi stessi, ha detto tra
l’altro Maria Bonafede, e non
possiamo permetterci il lusso di
scoraggiarci troppo facilmente ».
Nel pomerig^o, dopo la consueta agape nei locali della chiesa, il prof. Garrone, in una conferenza pubblica nell’aula consiliare del municipio di Forano
messa a nostra disposizione dall’amministrazione comunale (e,
come è ormai « tradizione », il
sindaco di Forano ha voluto esser presente e essere parte attiva nel dibattito che ha seguito
l’intervento di Garrone), ha trattato il non facile tema del nostro rapporto di europei occidentali cristiani con Israele, alla luce della storia e dell’attualità, che significa soprattutto il
dramma dell’occupazione israeliana della Palestina e della conseguente « Intifada ».
Si è trattato di ima riflessione
profonda e articolata ma sempre
estremamente chiara, il cui fine — pensiamo pienamente raggiunto — è stato quello di aiutarci ad evitare di prendere posizioni troppo « facili » e troppo
« in bianco e nero » a favore
degli uni e contro gli altri. Come
in fondo quasi sempre negli avvenimenti storici, la realtà è
molto più complessa di quanto
si possa pensare a prima vista,
ed è sempre difficile capire dove
sono (e se ci sono) i «buoni»
e i « cattivi ». E allora anche le
nostre prese di posizione dinanzi agli eventi che la storia del
mondo ci mette davanti debbono evitare la tentazione della
semplificazione e delle « scorciatoie », ma debbono essere il frutto di una profonda riflessione e
— quando sia possibile — dell’ascolto di tutte le parti in causa.
In questo senso, al di là dell’essere o meno d’accordo con
le tesi esposte dal prof. Garrone (e nel dibattito non sono infatti mancati degli interventi
critici), la sua conferenza è stata una bella lezione « di metodo», il cui valore va al di là del
tema specifico che egli ha affrontato e sta invece proprio nell’ammonimento ad evitare ogni
« manicheismo » nel nostro porci di fronte alla storia e alla
attualità.
La giornata si è poi chiusa con
la lettura del Salmo 124 ed il
canto del « Giuro di Sibaud » attorno al tradizionale falò acceso dinanzi al tempio di Forano.
Una nota molto bella di questa nostra « Festa della libertà
1990 » è stata la presenza a Forano dei pastori Arcangelo Pino, Franco Sommani e Giovanni Conte con alcuni fratelli e so
Con gli stranieri
Che cosa possiamo fare per venire incontro ai
bisogni dei molti immigrati dal terzo mondo?
relle delle loro comunità di Terni e di Roma.
In questo modo la nostra festa si è ampliata dal livello locale a momento dì comunione fraterna tra le chiese dell’XI Circuito.
L’Assemblea di
Basilea
TARANTO — Quest’anno la tradizionale agape del XVII febbraio è stata preceduta dalla
proiezione del video di Fabrizio
Truini sull'Assemblea ecumenica di Basilea. Un pubblico composito, formato da cattolici del
SAE locale, battisti, valdesi e
simpatizzanti, ha commentato
positivamente sia la qualità delle immagini, sia il contenuto.
• « Per grazia voi siete stati
salvati, mediante la fede; e ciò
non viene da voi; è il dono di
Dio » (Ef. 2: 8). Con questo versetto ci siamo raccolti martedì 6
febbraio intorno alle spoglie
mortali di Riccardo Trento Ferretti per l’annunzio della parola
evangelica della resurrezione.
Riccardo, conosciuto nelle due
comunità di Taranto e Grottaglie, è morto dopo alcuni mesi di
acuta sofferenza. La giustificazione per fede è stata l’esperienza fondamentale della sua vita:
convertitosi nella nostra chiesa,
aveva aderito per convinzione al
luteranesimo, mantenendo contatti con le chiese del napoletano. Appassionato cultore della
Riforma, aveva tradotto dal francese alcuni testi di Lutero e
Calvino. Il suo essere luterano
convinto non gli ha impedito di
tes,sere fecondi rapporti con il
presbitero e la comunità russoortodossa e con il locale gruppo
SAE. Alla moglie e ai figli le
sentite condoglianze comunitarie unite al ricordo vivo e affettuoso del fratello Riccardo, uomo di fede e di apertura ecumenica.
• « La torre sul pollaio », il
noto testo di Vittorio Calvino, è
stato rivisitato da bambini e
grandi della comunità di Taranto in occasione della festa di Natale. Al termine della lieta serata comunitaria è stata raccolta tra grandi e piccoli una offerta per la Chiesa presbiteriana del
Mozambico.
Ammissione in
chiesa
TRAPANI — Domenica importante, il 18 febbraio, per tutta
la comunità. Durante il culto
della « giornata della libertà »,
in una chiesa gremita oltre che
dai trapanesi anche dai membri
di Marsala, in un’atmosfera di
festa gioiosa ha fatto la confessione di fede e l’ammissione in
chiesa mediante il battesimo
Fabio Mario Pace, un giovane di
ventisei anni il cui normo paterno è stato uno dei primi
membri della Chiesa valdese di
Trapani. Al nostro fratello vogliamo rinnovare l’augurio che
l’annuncio della grazia lo renda
sempre più consapevole della
sua vocazione di credente al servizio del Signore Gesù Cristo.
Intensa attività
MESSINA — Il periodo natalizio ha visto la comunità attiva
e partecipe alle opere di beneficenza, che anche quest’anno sono state molto ben sostenute
dalla generosità di tutti i fratelli nel bazar del 16 dicembre,
organizzato con la consueta alacrità ed esperienza daH’Unione
femminile. L’incasso è stato cospicuo ed è stato devoluto alle
opere evangeliche che operano
nel Meridione.
• Domenica 17 dicembre i fratelli luterani si sono riuniti nel
nostro tempio per il culto in lingua tedesca, tenuto dal pastore
H. Diekmann.
• Il culto di Natale ha visto
la chiesa piena per celebrare la
nascita di Gesù nell’ascolto della Parola, predicata dal past.
Lento, attorno all’albero illuminato.
• Il r gennaio si è tenuto il
culto di Capodanno per invocare
la benedizione del Signore sul
nuovo anno.
• La settimana di preghiera
per l’unità dei cristiani ci ha
visti impegnati e presenti. Mercoledì 24 gennaio nel nostro
tempio si è svolto un incontro
di preghiera.
• Il ringraziamento della comunità va anche al fratello Daniele Macris, che ha tenuto il
culto il 17 dicembre e il 14 gennaio.
• Con grande gioia abbiamo
rivisto, dopo qualche mese, la
sorella Maria Cristina Lento, che
per ora insegna in Gran Bretagna, e abbiamo potuto godere
della sua presenza e compagnia.
• Purtroppo dobbiamo lamentare due lutti; il 4 dicembre si
è addormentato nel Signore il
fratello Enrico Ruegg, 94 anni,
noto gioielliere, di antica famiglia protestante svizzera.
Il 2 febbraio è passata alla
casa del Padre la professoressa
Carni Gamie, 42 anni, madre di
due figli, docente presso la Facoltà di scienze politiche del nostro Ateneo. In ambedue le circostanze l’Evangelo della risurrezione e della vita è stato vigorosamente annunziato alla numerosa cittadinanza intervenuta.
Quale delle nostre comunità
non ha ricevuto richieste di aiuto da parte di stranieri di ogni
provenienza? Credo nessuna, visto il numero crescente dei richiedenti asilo o semplicemente lavoro o possibilità di studio. Ogni città, ogni paese, anche i più piccoli villaggi delle
valli hanno fatto l’esperienza di
incontri con fratelli o sorelle
del Terzo Mondo alla ricerca di
una vita più umana, di un rispetto maggiore dei diritti umani spesso violati nei loro paesi
di origine.
Come la società che ci circonda, anche le nostre chiese sono
molto sovente divise sulle decisioni da prendere per una effettiva solidarietà e, al nostro interno, come fuori o nei documenti ufficiali, è sintomatico il
ricorrere a termini ogni volta
diversi per nominare gli stranieri, a dimostrazione della non
approfondita conoscenza delle
situazioni che determinano le migrazioni. Disinformazione, fastidio, paura di essere coinvolti o
di dover rinunciare a qualcosa
per altri, incapacità di accettare culture diverse dalla nostra
fanno sì che gli stranieri vengano definiti nei modi più diversi; eccovene un esempio: problema, aspetto, realtà, flusso, migrazioni, lavoratori extracomunitari, clandestini, vu’ cumprà,
spacciatori, fenomeno. Così ogni
aspetto umano viene cancellato
e le capacità di accoglienza non
sono sollecitate.
Quelli che bussano
alle nostre porte
Qui a Torino, presso la nostra
comunità, non sono pochi coloro che bussano alla nostra porta e mentre qualche anno fa vi
era richiesta di aiuto per lo studio (borse di studio o pagamento di tasse universitarie), ora ci
viene chiesta soprattutto la soluzione del problema abitativo,
poi il lavoro o un aiuto a provvedere alle pratiche burocratiche
per la regolarizzazione. Ma come dare risposte complete? Se
possiamo aiutare per i documenti e qualche volta nella ricerca
di un lavoro, siamo totalmente
impreparati a dare un alloggio
anche provvisorio decente e a
volte sono i locali della nostra
segreteria che danno una precaria ospitalità per una notte. L’angoscia di questi uomini è quella di andare a dormire sulle panchine, alla stazione o su qualche
treno in sosta, vuoi per il freddo
di questa stagione, vuoi per i
furti delle loro misere cose cui
sono soggetti. Nonostante le richieste che come gruppo di coordinamento cittadino di volontariato (insieme a dormitori di
parrocchie) abbiamo rivolto alla città, la casa resta un problema irrisolto.
Ma chi sono questi fratelli che
riceviamo? Sono quasi tutti giovani, in parte minore studenti,
altrimenti lavoratori; vengono
in maggioranza dal nord Africa,
ma parecchi anche dal centro di
quel continente, poi dalla Palestina, dal Libano, dall’Iran. Non
sono protestanti, salvo in rarissimi casi, ma sanno che là dove
si trova una chiesa è molto più
probabile ottenere ascolto, informazione, aiuto. Metto l’ascolto
in prima linea perché molti di
loro non hanno ancora amici, si
trovano immersi in una città di
frettolosi che non hanno mai
tempo per un gesto, o per una
parola fraterna. Spesso vi è il
problema della lingua che li estranea e rende loro più difiìcile il disbrigo delle pratiche o
la ricerca delle cose essenziali.
Sono coloro che negli uffici pubblici « fanno perdere tempo »
proprio per l’incapacità di parlare italiano e non in tutti gli
uffici sono stati previsti interpreti, anzi là dove se ne trovano sono quasi sempre volontari.
Il ricordo
della loro terra
Proprio in occasione del maggior lavoro procurato dall’entrata in vigore della legge 416 del
dicembre scorso ho fatto una
esperienza che mi ha permesso
di conoscere ancora più da vicino queste persone. Ho dato alcune mezze giornate, come tanti
altri volontari, aH’Ufficio stranieri del Comune per aiutare quanti volevano ottenere il permesso di soggiorno. Si trattava di
compilare con loro i moduli previsti, quindi di chiedere i dati
essenziali, leggere i loro passaporti; ecco allora emergere in
loro il ricordo vivo della loro
terra, della loro cultura ogni volta che per noi era difficile interpretare i dati o leggere i nomi
delle loro città e ancora di più
i loro nomi e cognomi — questi ultimi inesistenti, secondo il
nostro criterio, perché ai loro nomi si associa quello del padre
e del nonno. E’ la storia di una
famiglia che non viene cancellata, anzi ogni individuo ne è accompagnato e si coglie il senso
della compattezza della comunità, purtroppo infranta dalla migrazione dovuta a cause economiche o persecuzioni. Questi fratelli e sorelle sono in molti casi
dei laureati, dei professori, quindi non gente incapace, ma impossibilitata ne! .paese di origine a sopravvivere e a mantenere una famiglia per mancanza
di lavoro o salari irrisori. Certo
qui non potranno inserirsi nel
mondo della scuola, ma sono
pronti a fare qualunque lavoro.
Le donne provengono in maggioranza da Africa e Asia, in parte sono qui in cerca di lavoro, altre per riunirsi ai propri mariti.
Per loro non pare esserci molto
altro che il lavoro domestico, che
richiede loro un salto di tradizioni, di regole casalinghe, di lingua. Il lavoro « fisso » presso famiglie, se da un lato risolve il
problema casa, produce però segregazione e difficoltà di contatto con le connazionali.
Il triste mondo
della prostituzione
Purtroppo, accanto al lavoro
così inteso, vi sono donne che
sono giunte, o meglio portate,
che vediamo numerose nella zona della nostra chiesa e che chiaramente sono avviate alla prostituzione. Sono molto spesso senza alcuna conoscenza dell’italiano e non frequentano né centri
di a.ccoglienza né chiese. Difficile è il contatto con loro, anche
perché « protette ».
Per finire mi chiedo: possiamo sederci a tavolino e vederci
passare dinanzi la fila, registrare le richieste, produrre analisi
o articoli sulle migrazioni odierne? Bastano i pastori o le i^rsone che qui da noi a Torino
si occupano della segreteria c di
ricevere c informare? E’ possibile che non nasca un gruppo
di volontari che segua il problema e collabori nella ricerca di
soluzioni? Non possiamo essere
indifferenti e dobbiamo cercare
di essere una mano di aiuto, una
voce di informazione e conforto, una casa accogliente. Le nostre comunità hanno davanti a
loro un momento forte per la
diaconia in questo settore e non
possiamo negare i doni che i'
Signore ci dà per una redistribuzione verso chi oggi è più disagiato di altri.
Elena Vigliano
7
9 marzo 1990
vita delle chiese
CRONACA DI UNA GIORNATA
Un XVII febbraio napoletano
Nella complessa realtà partenopea convivono i fermenti intellettuali e la disperazione: gli studi filosofici e la
quotidiana « invenzione » di nuovi mestieri: la presenza protestante esprime la sua vocazione con la fede e il servizio
Un falò dalle fiamme altissime si innalza gioioso in un prato
di periferia, sullo sfondo della parete oscura punteggiata di luci di
un enorme condominio: tutti,
grandi e piccini, per mano si allacciano in un festoso girotondo
che calpesta l’erba umida, primaverile. Siamo a Ponticelli, ed è un
intero 17 febbraio napoletano:
una cosa insolita per chi ha in
mente soltanto le immagini di un
protestantesimo legato agli speroni alpini. L’aria non è quella
fredda e secca di montagna: è
gonfia, pesante, piena di salsedine, fa arricciare i capelli. Il vino
dell’agape fraterna è bianco, con
la forte gradazione del sud, e sulla tavolata vengono deposti grandi vassoi di pizza: che festa sarebbe, sennò, a Napoli?
Protestanti e napoletani, sembrerebbe un controsenso: per chi
non riesce a staccarsi da stereotipi infausti. E invece qui c’è tutta
la gioiosità, l’inventiva, il calore
e Io humour, il « saper vivere »
di un grande popolo — un popolo
ohe affonda le sue radici cultimali nella Magna Grecia — e al tempo stesso il rigore e l’impegno civile e intellettuale della tradizione di Calvino e di Lutero. Basta
andare, come si farà al culto pomeridiano della domenica sedente, nella piccola comunità di
Galvano, un centro a una quindicina di chilometri dalla metropoli, nella popolosa e sterminata
cintura. Qui il tempio valdese,
quello che era forse nient’altro
che un magazzino o un garage, al1 interno di un’aia di case ammassate con il tipico degrado, variopinto disordine e abbandono del
sud, ora riluce come un gioiello
bianchissimo dentro e fuori, ordinato e spazzato fino al minimo
granello di polvere da severi turni autoge.stiti della comunità.
Nella chiesa di
via dei Cimbri
Così è per la chiesa valdese di
via dei Cimbri, uno spazio silenzioso di banchi austeri inizio secolo che ritaglia fuori per un momento di concentrazione e di preghiera il traffico a tutto gas e a
tutto clacson dell'impazzita circolazione urbana, e nel profumo
allegro dei garofani gialli fa dimenticare persino le montagne di
rifiuti in sacchetti di plastica buttati lì ai quattro angoli di ogni
caseggiato (ma è proprio così difhcile convincere il comune del1 utilità dei cassoni portarifiuti?
Una battaglia minima ma fondamentale per la vivibilità, amici
verdi!). Rifiuti peraltro tra cui ti
può capitare la sera di veder raspare — a mani nude — giovani
che lavorano (sì, quanto lavorano
i napoletani, questa città del lavoro sommerso, che si palpa visibilmente ovunque, in una quantità incredibile di piccole operazioni inventate dalla necessità
della sopravvivenza: la vecchina
che vende il pane fresco per le
strade la domenica, ad esempio!),
e lavorano con un carrettino a Iato ad una specie di raccolta differenziata del pattume, organizzata secondo principi di individualismo artigianale che qui sembrano ancora governare le sotterranee reti deH’economia.
Siamo a due passi non solo dalla popolare Spaccanapoli, ma dal
palazzo di Benedetto Croce: verso la collina c’è una casa di Antonio Ranieri, dove visse gli ultimi
suoi anni, ospitato. Leopardi, e
dove immaginò quello che .sarebbe stato il testo conclusivo del
suo pensiero, il superamento del
pessimismo cosmico in una visione di solidarietà umana, « La ginestra ».
Napoli ha una grandissima tradizione culturale che continua a
vivere e a palpitare nelle sue viscere creative: penso anche solo
all’eccezionale attività, di valore
internazionale, dell’« Istituto di
studi filosofici », ma gode di cattiva stampa, e compare sui giornali soltanto per fatti di droga e
di camorra. Quasi come la sorella Torino, che viene vissuta solo
attraverso i ritmi della fabbrica:
come se non fosse la città di
Gramsci, di Gobetti, di Pavese,
anche.
E il 17 febbraio a Napoli ha voluto rispecchiare i due aspetti:
l’impegno culturale, l’analisi storica e politica (ah, la grande scuola storica napoletana!), nel tempio stracolmo di via dei Cimbri,
con una conferenza di Giorgio Girardet, appena tornato da un
viaggio nella Germania dell’est,
sul tema « Protestanti e libertà
nell’Europa orientale di oggi »; e
in una testimonianza di solidarietà e di impegno civile (oltre
che di festa) con il falò di Ponticelli.
Affermare la
libertà religiosa
Tutta quanta la giornata, poi,
ha voluto avere il segno — secondo il discorso introduttivo di
Giorgio Bouchard — deH’affermazione della libertà religiosa, nel
suo legame inestricabile con la
libertà civile e politica: a partire dall’oggi, certamente, ma anche come conclusione ideale di
un anno che ha visto il protestantesimo italiano, e non solo il valdismo, impegnato nelie celebrazioni di quello che forse è meglio
— ha detto Bouchard — chiamare semplicemente « il ritorno »
dei valdesi: «In Italia, e non in
un angolo del Piemonte. Il tricentenario è stato un grande successo non paragonabile a quello del
1974 su Valdo; siamo riusciti a
parlare sia alla nostra base che
all’esterno della chiesa, secondo
due linee culturali di interpretazione del ’’ritorno": quella storica di Giorgio Spini come storia
della libertà, e quella teologica di
Giorgio Tourn, nell’affermazione
di una ortodossia calvinista in una
società aperta. Abbiamo avuto
perciò un’eco interna molto marcata, comunicando a livello di
massa il simbolo del ritorno come percorso, viaggio del rapporto con Dio; e un’eco esterna immensa, sia nella cultura e nei
mass media italiani che all'estero, in particolar modo in Francia,
Svizzera e negli Stati Uniti ».
Ricordando le battaglie che ci
stanno davanti, come quella sull’ora di religione o Timpegno sul
problema dei migranti, e « nella
consapevolezza che dobbiamo
avere sempre come chiesa di non
vivere della nostra storia, ma delta grazia di Dio — ha concluso
Bouchard — possiamo comunque
affermare che questo non è stato
un anno di chiusura tribale, ma
un momento di apertura, che non
a caso ha avuto come suo simbolo il ponte, che collega idealmente l’Europa e l’Italia ».
Est: una realtà
in trasformazione
Ed eccoci all’oggi, con l’ampio
apporto di analisi di Giorgio Girardet, ohe ha voluto puntualizzare una realtà — quella dell’Europa orientale — in continua dinamica trasformazione, e che è
stata colta invece in modo molto
parziale, e spesso deformato, dalla stampa italiana. L’esempio più
lampante è quello della Polonia,
assunto come paradigma e modello di lettura degli avvenimenti
degli altri stati dell’est — ha detto Girardet — « perché c’è un modo diverso in cui le chiese cattoliche, ortodosse e protestanti sono state nelle singole realtà politiche ».
Si può infatti distinguere tra
chiese « di popolo », la cui origine
è legata alla nazione (come in
Germania, e in Ungheria i luterani) e chiese « di professanti », nate dall’opera di evangelizzazione
(come ad esempio in Unione Sovietica le chiese battiste e pentecostali). Se sulla Romania ci arrivano scarsissime informazioni,
sulla Cecoslovacchia una delle
sorprese maggiori è che il vice
primo ministro è il moderatore
delle chiese dei Fratelli Boemi; una tradizione che ha fra gli antesignani Tomas Masarik, il fondatore della Cecoslovacchia moderna, nato cattolico ma diventato protestante, studioso di teologia, fautore della separazione tra
chiesa e stato.
La DDR, poi, è la terra di Lutero, del rinnovamento pietista, è
pur sempre la Prussia rifugio degli ugonotti: i protestanti, che
prima della guerra erano T82%
della popolazione, oggi, nonostante la pesante opera di scristianizzazione promossa dai governi, rimangono pur sempre il 57%, e
per decenni sono stati un « popolo in trincea ». Mentre i cattolici,
che sono il 7-8%, sono stati, ha
detto Girardet, « chiesa del silenzio ».
La linea attuale delle chiese
evangeliche è pur sempre (oltre
all’influenza fortissima di Bonhoeffer) quella di Barth, secondo
cui la Chiesa deve essere ancora
« forestiera e pellegrina », ad est
come ad ovest. E, ironia della
storia, iHonecker ormai fuggitivo
è stato ospitato nella casa di un
pastore.
La differenza con Noriega?
chiede qualcuno nel successivo
vivace dibattito. « Non solo sta
nel fatto che lì si trattava di un
narcotrafficante, ma essenzial
Ponticelli, centro «Emilio Nitti»: un luogo di incontro e di forma
zione anche per i più giovani.
mente la differenza passa nel rapporto con lo stato, in quella sorta
di "eresia” rappresentata da una
Nunziaturaì ». La linea attuale
delle chiese evangeliche è la riconciliazione, il recupero di un
« socialismo dal volto umano », il
rifiuto di privilegi e di omologazioni con Tesperienza dell’ovest;
molto si deve alla loro azione se
in DDR c’è stata una rivoluzione
totalmente pacifica: di qui l’invito, che Girardet lancia alla Federazione delle chiese evangeliche
italiane, a proporre le chiese tedesche al Nobel per la pace.
La periferia
napoletana
Ed è la volta, come dicevo in
apertura, dell’oggi e del qui della periferia napoletana: ci si sposta fino al centro culturale « Emilio Nitti » di Ponticelli, un casamento basso costruito dopo il
terremoto e dipinto degli allegri
giochi dei murales; al centro del
prato troneggia l’immenso falò
costruito dai ragazzini del quartiere: sulle prime stupitissimi,
mi dicono gli animatori, che si
ripetesse, a solo un mese di distanza, l’altra tradizione, napoletana questa, del falò a S. Antonio, che popola le strade a gennaio.
Ponticelli è un vero e proprio
quartiere-dormitorio di 50.000 abitanti, che raddoppieranno nei
prossimi anni, continuamente agli onori della stampa di quell’altra Napoli, quella della cronaca nera e dei morti ammazzati, nella regione sconvolta dalla
lotta dei circa 60 clan camorristici in guerra tra di loro. Non
più tardi di novembre qui è avvenuta l’uccisione di ben sei persone, quella che è stata chiamata « la strage di San Martino ».
La situazione è davvero drammatica: ne parlo con Mena Gioia,
assistente sociale e direttrice.
Salvatore Cortini e Luciano Cirica, del comitato di gestione de]
centro. « La gente sta ancora negli alberghi e nei container,
mancano i servizi primari — mi
dicono — o perché non sono stati fatti, o perché le costruzioni
sono inutilizzate, in continuo stato di manutenzione, in una continua fase di emergenza: un fiume di denaro è stato speso, ma
a dieci anni dall terremoto ci troviamo ancora con i senzatetto.
Qui c’è un record impressionante di degrado: il 30-40% dei bambini abbandona la scuola delTobbligo, abbiamo il più alto tasso
di mortalità di Napoli e d’Europa. Le scuole ci sono, ma non
sono utilizzabili, e così qui ci
sono ancora i doppi, tripli turni.
Noi, come Federazione delle
chiese evangeliche, abbiamo costruito il centro e donato 60 abitazioni ai terremotati. In questo lavoro non siamo soli: qui
c’è anche TQspedale evangelico
e il centro « Casa Mia », ma siamo in ima situazione di frontiera, e dal dicembre del ’90 i
finanziamenti previsti a seguito
del terremoto finiranno, e noi
dovremo indirizzarci verso forme di autogestione: ce la faremo? ».
La gente qui è stata colpita
dal fatto che questi giovani —
in larga parte metodisti — lavoravano e non volevano nulla in
cambio, cercando di venire incontro alle esigenze dell’utenza.
E infatti funziona un doposcuola, frequentato da 150-200 ragazzi, che fanno anche animazione,
attività sportiva. C’è un consultorio, dove medici volontari prestano la loro opera, un servizio
di assistenza sociale, corsi di taglio e cucito, corsi biblici, spettacoli e conferenze.
Penso a quanta fede e a quanto amore c’è dietro ognuno di
questi ragazzi e bambini del
quartiere che fanno il girotondo intorno al fuoco di quell’immenso falò di uno strano « S.
Antonio » di febbraio che poi
gli hanno spiegato cos’è. Qualche finestra del condominio si
apre a vedere questa insolita cosa, e forse ad ascoltare le note
del « Giuro di Sibaud » con cui
anche quest’anno terminano i
canti.
Piera Egidi
Ponticelli:
l’ospeaate
« Villa Betania ».
per la stampa di
biglietti da visita, carta e buste intestate,
locandine e manifesti, libri, giornali, riviste,
dépliants pubblicitari, pieghevoli, ecc.
coop. tipografica subalpina
VIA ARNAUD, 23 - © 0121/91334 - 10066 TORRE PELLICE
8
8
ecumenismo
9 marzo 1990
SOCIETÀ’ BIBLICHE
La Bibbia
in 1928 lingue
1.928 è il numero delle lingue
nelle quali è stato tradotto almeno un libro della Bibbia. Questo
il dato più aggiornato, che si riferisce alla fine dello scorso anno.
Nel 1989 almeno un libro della
Bibbia è stato tradotto in ventuno lingue per la prima volta.
Si stima che nel mondo si parlino tra 3.000 e 6.000 lingue e
dialetti.
I traduttori lavorando, spesso
in condizioni molto diffìcili con le
società bibliche ed altre organizzazioni hanno prodotto testi biblici in una grande varietà di
nuove lingue. I traduttori stanno
attualmente lavorando con le società bìbliche a progetti di traduzione della Bibbia per la prima
volta in 424 lingue.
Decine di migliaia di persone
in Papua-Nuova Guinea si sono
rallegrate di avere finalmente la
Bibbia completa nella loro maggiore lingua locale, il Tok Pisin.
Bibbie integrali sono state prodotte in Bawm (Bangladesh), in
Lahu (Thailandia del Nord e Birmania) e in Trukese (Micronesia).
Le società bibliche hanno anche prodotto 4 delle 5 traduzioni del Nuovo Testamento in
lingue di cui si ha per la prima
voita documentazione scritta. E
precisamente in Saame, una lingua lappone parlata in URSS e
in Scandinavia; in Romani, la
lingua dei gitani della Jugoslavia; in Gumatj, una lingua abo
rigena dell’Australia; in Ojibwe
degli indiani nordamericani.
In teoria più deH’80% della popolazione mondiale ha accesso alla Bibbia o almeno ad una sua
porzione in una lingua parlata o
compresa. Ma questa stima è
fuorviante, tenendo presenti i
fattori di disponibilità (come la
grande insufficienza di Bibbie
nell’Est europeo), di isolamento
geografico, di analfabetismo, i
problemi politici e sociali e la difficoltà di capire il senso di una
lingua che non è quella materna.
Il lavoro delle società bibliche
e di altre organizzazioni per la
traduzione dei testi sacri, dunque, è indispensabile anche per
contrastare un impoverimento
della cultura ed in definitiva di
ciascuno di noi.
Si allega una lista — divisa per
aree geografiche e tipo di pubblicazione — del numero di differenti lingue e dialetti nei quali
è stato pubblicato per la prima
volta almeno un libro della Bibbia (« porzioni »). Si avverte che
alcune delle lingue sono antiche
ed altre, usate in un primo tempo per scopi missionari, sono cadute in disuso a causa delle mutate condizioni etnografiche. Tre
lingue elaborate hanno porzioni
di testi biblici; ci sono lingue,
come l’Esperanto, che non sono
mai state parlate largamente. La
lista include anche traduzioni od
edizioni di un gran numero di
agenzie, non soltanto dell’Alleanza biblica universale.
Marco Gannito
Traduzioni deila Bibbia
nelle varie lingue
Continente/Regione Porzioni Testamenti Bibbie Tot.
Africa 228 206 119 553
Asia 225 158 96 479
Australia - Nuova Ze- landa - Isole Pacifico 152 125 26 303
Europa 105 24 58 187
America del Nord 43 19 7 69
America Centrale e del Sud - Messico - Caraibi 144 183 7 334
Lingue costruite 2 0 1 3
TOTALI 899 715 314 1.928
ROMA
Il futuro
del Sud Africa
La situazione del Sud Africa
e le prospettive future, dopo la
fine del bando dell’African National Congress (ANC) e delle
altre organizzazioni di opposizione e la liberazione di Nelson
Mandela, sono state illustrate a
Roma il 15 febbraio, nel corso
di un incontro che ha avuto luogo nella chiesa battista di via
del Teatro Valle, dal pastore sudafricano John Dañes, della Chiesa battista (nera) del Sud Africa, e da Benny Nato, rappresentante in Italia dell'ANC.
Gli oratori hanno ricordato che
la situazione resta grave, lo stato di emergenza non è stato annullato, 40.000 soldati sudafricani occupano ancora le township
nere e vi sono ancora numerosi
detenuti politici in prigione o in
attesa deH’esecuzione capitale. La
meta del completo sradicamento
del sistema dell’apartheid è ancora lontana — ha detto Benny
Nato — ma oggi l’ANC può agire allo scoperto nella lotta per
una società in cui tutti abbiano
diritto di voto e la maggioranza
SEOUL: APERTA LA CONVOCAZIONE MONDIALE « JPIC »
Il mondo che Dio ama
{segue da pag. 1)
anno viene distrutta una porzione
di foresta tropicale pari a 514 della superficie della Corea (quest’anno — si dice da noi — ci siamo giocati l’Austria). E infine c’è
già la grande preoccupazione dell’effetto serra, il progressivo aumento della temperatura atmosferica, con le prevedibili conseguenze catastrofiche.
Questi ed altri dati del genere
sono ormai noti. Seoul non vuole essere solo un altro momento
di scambio di informazioni, ma il
luogo in cui prende inizio un cambiamento. Per questo Seoul punta
tutto sulla questione dell’alleanza.
« Il cuore dell’alleanza sta in
questa parola, promessa e sfida ad
un tempo: ’’Sarò il vostro Dio,
e voi sarete il mio popolo” ». Essa
contiene un principio teologico
critico e costruttivo: da un lato
denuncia gl’idoli {’’non avere altri dei al mio cospetto”) e dall’altro comporta la promessa e la possibilità di costituire un popolo, di
formare con « l’unico Dio » e sotto il suo regno « una comunità autentica ».
Per questo un momento importante dell’Assemblea sarà dato dalla confessione di peccato. La chiesa, le chiese confesseranno il proprio peccato in ordine alla giustizia, alla pace, al creato. E’ un passo importante, fondamentale. Il
documento preparatorio contiene
una serie di spunti che andranno
Z ■ -> ''V i?'•Cv?'-':
Basilea. Il voto sul documento finale: uno stretto legame unisce questa assemblea a quella di Seoul.
approfonditi nei prossimi giorni.
Ma il fatto che il documento sia
già il risultato di un’ampia consultazione tra tutte le chiese fa ben
sperare sull’impostazione generale.
Difficile dunque che i gruppi di
lavoro apportino modifiche in senso conservatore. L’altro punto
importante è dato dagli « impegni »; verranno presi nell’ultimo
giorno, al termine dei lavori.
Poi la parola passerà alle chiese
locali e nazionali, e lì si vedrà come portare avanti le iniziative. Sarà la fase più difficile, data la sua
frammentazione; ma potrà anche
essere la fase più costruttiva e
creatrice.
Seoul rimarrà indubbiamente
una tappa importante, sia pure la
:ù importante, nel cammino per
la giustizia, la pace, la salvaguardia del creato. Ma è chiaro che
la soluzione di questi tre grandi
nodi dipenderà dalle chiese locali
e dai singoli. Seoul darà delle
idee, dei suggerimenti; ma poi toccherà ad ogni singolo credente
fornirgli mani per agire, piedi per
camminare, bocca per parlare, testa per capire e volere e cuore per
far vivere questo grande sogno e
questa speranza.
Luciano Deodato
NICARAGUA
Ha vinto la prepotenza
Sulle elezioni, avvenute nel rispetto delle regole democratiche, ha
pesato soprattutto la stretta economica imposta dagli Stati Uniti
nera possa essere rappresentata
nel Parlamento, per promuovere
leggi valide per tutto il Sud Africa.
John Daries ha affermato che
le chiese cristiane hanno una
grande responsabilità educativa
per sradicare dalle coscienze l’influenza del regime di apartheid,
da cui è necessario guarire come
da una malattia. « Siamo appena
agli inizi — ha detto Daries —,
tuttavia abbiamo speranza perché crediamo che Dio è dalla parte della giustizia ». Il pastore
Saverio Guaina ha ricordato la
campagna lanciata lo scorso anno nelle chiese battiste italiane
per sostenere la Convenzione battista (nera) del Sud Africa, che
si è staccata dall’Unione battista del Sud Africa per potersi
impegnare .sui vari fronti della
lotta contro l’apartheid, superando la concezione dell’estraneità alla politica vigente nell’Unione battista (che è rimasta formata da una maggioranza bianca). La campagna proseguirà anche quest’anno.
Ho chiesto oggi ad alcuni amici latinoamericani che lavorano al Consiglio ecumenico delle
chiese (CEC) le loro reazioni alle elezioni in Nicaragua. Reazioni personali, naturalmente. Non
si tratta di posizioni ufficiali: i
principali dirigenti del CEC sono a Seoul per la Conferenza
su giustizia, pace e integrità del
creato, e del resto nulla impone
loro di reagire ufficialmente ad
ogni avvenimento politico.
« Sono più triste che arrabbia
to », dice il primo intervistato,
e rispecchia in fondo il sentire
di tutti.
» Il popolo ha votato e bisogna rispettare la sua volontà »
è un altro commento generale.
« Il popolo ha votato con lo
stomaco; dopo dieci anni di
strangolamento economico da
parte degli Stati Uniti la gente
ha fame; non poteva fare altrimenti ».
« Con il 42% il Movimento
sandinista è il partito di maggioranza relativa: i vincitori sono un insieme eterogeneo che
va dai comunisti puri e duri ai
fascistoidi; quanto tempo staranno insieme? ».
« Adesso tocca ai sandinisti fa
re un vero lavoro politico di cosci enti zzazione e persuasione ».
Dopo queste reazioni quasi tipo slogan vengono le riflessioni
più ponderate e articolate.
« Se Ortega sopprimeva ”La
Prensa” (giornale antisandinista),
tutti gridavano alla violazione
delle libertà democratiche, ma il
Nicaragua era in stato di guerra; te lo immagini tu Churchill
che tra il 1939 e il ’45 avesse permesso di stampare in Inghilterra. un giornale filonazista? ».
« Nei riguardi dei 3 milioni di
nicaraguesi gli Stati Uniti, che
sono quasi cento volte più gros.si, hanno esercitato tutta l’arroganza del potere: hanno creato
un blocco economico, hanno armato dei mercenari antigovernativi (la ’’contra”), hanno minato
i porti. Ti ricordi il putiferio per
l’abbattimento del jet coreano,
e ti immagini che cosa sarebbe
successo se l’Unione Sovietica avesse osato minare, putacaso, i
porti della Corea del Sud? ».
« I governi nordamericani verso il Nicaragua hanno commesso tutte le più sfacciate violazioni del diritto internazionale
senza mai badare alle decisioni
delTONU o di qualsiasi altro organismo internazionale, e nessuno degli Stati che si gargarizzano con discorsi di democrazia ha
mai osato dire niente ».
E per il futuro?
« Certo ci sarà adesso un periodo di benessere relativo, toglieranno il blocco e si troverà
di nuovo un po’ più da mangiare. Ma glielo regalano? Saranno prestiti, e a un certo punto
li dovranno pagare ».
« Già — dice un argentino —,
come da noi all’inizio del governo militare: c’era un’abbondanza
artificiate e i borghesi venivano
a fare le vacanze a Miami o
in Europa, ma adesso la stessa
borghesia deve pagare il conto
di quella prosperità fittizia e
piange e muore di fame; cosi
anche in Nicaragua avranno
qualche iniezione di dollari e
poi... dovranno pagare il conto
duro e salato. Uno scenario che
si ripete spesso in America latina ».
Ecco dunque alcune delle reazioni « a caldo ». Ci vorranno naturalmente delle analisi più sottili e occorrerà vedere come si
svolgeranno gli avvenimenti nei
prossimi anni. Ma chi ne saprà
niente? Finché c’era un’opposizione USA-sandinisti tutti i giornali ne parlavano; ma un Nicaragua « democratico », cioè omogeneizzato alle esigenze di Washington, esposto a un ulteriore progressivo impoverimento a
causa dei prestiti che gli saranno fatti, e sottoposto a qualche
nuova forma di imposizione poliziesca per obbligarlo a pagare
i debiti... di un simile Nicaragua e delle sofferenze della popolazione, chi parlerà? A chi
ne importerà niente?
« Rimarremo tutti con l’impressione che ha vinto la democrazia, senza renderci conto che
ha vinto la prepotenza del capitale ».
Aldo Comba
Per i vostri acquisti
ie Claudiana
TORRE PELLICE - Piazza della Libertà, 7
Tel. (0121 ) 91422
TORINO - Via Principe Tommaso, 1
Tel. (Oli) 6692458
MILANO - Via Francesco Sforza, 12,/A
Tel. (02) 79.15.18
9
9 marzo 1990
obiettivo aperto 9
ROMANIA: A DUE MESI DALLA « RIVOLUZIONE »
La transizione difficile
La Situazione sociale, politica ed economica rischia di esplodere Già 47 partiti per le prossime elezioni - L’impegno delle chiese
A poco più di due mesi dalla
« rivoluzione » la situazione sociale, politica ed economica della Romania sta esplodendo. Manifestazioni di piazza contro il
Fronte di salvezza nazionale, alirnentate dalla mancata realizzazione delle promesse fatte nelle
prime ore della rivoluzione, processi spettacolari quanto sommari contro gli uomini della Securitate, « suicidio » in circostanze
non chiarite del generale Geórgica Papa, il giudice che aveva
condannato a morte Ceausescu,
divisioni e malcontento nell’esercito e nella polizia, esplosione
delle richieste nazionali di indipendenza: sono gli ingredienti di
una transizione verso la democrazia che si fa sempre più difficile.
Sono già quarantasette i nuovi
partiti ufficialmente registrati
per partecipare alle prossime elezioni, che si dovranno tenere
il 20 maggio prossimo, e per garantire che queste si svolgano
regolarmente il governo romeno
si è rivolto alle Nazioni Unite
T«r un loro impegno di supervisione per la campagna elettorale e gli scrutini. E sembra che
Xavier Perez de Cuellar, segretario generale dell’ONU, abbia
promesso che l’ONU ci sarà.
La domanda che ci si pone
riguarda la natura stessa della
rivoluzione rumena. E’ stata una
rivoluzione anti-Ceausescu o una
rivoluzione anticomunista? Al
governo siedono oggi molti uomini della dissidenza comunista,
legati alla riflessione della perestrojka sovietica. Ed è appunto
contro costoro che si dirigono
le mobilitazioni della piazza. Anche la Chiesa ortodossa prende
le distanze dai nuovi governanti. Uno dei preti ortodossi più
famosi in Romania, Gheorghe
Caichi Dwnatreasa, 21 anni nelle prigioni di Ceausescu, non fa
mistero del suo disaccordo completo con il governo attuale,
chiede che George Bush condizioni gli aiuti alla Romania al
fatto che « venga garantita la
democratizzazione completa della vita politica K e chiede alla
Chiesa ortodos.sa, « con i suoi
diecimila preti e diciassette milioni di fedeli, di giocare un ruolo di primo piano nella costruzione di uno stato democratico ».
Intanto il governo è stato costretto ad emanare norme — per
la prima volta — repressive: saranno condannati fino a tre an
ni di prigione tutti coloro che
manifestando si introdurranno
« in edifìci pubblici o nelle sedi
dei partiti »; la pena potrà essere aumentata fino a sette anni se nel corso di queste manifestazioni si commetteranno delle violenze.
Nefl’opposizione sociale queste
misure hanno destato una certa
apprensione perché si teme che
vogliano significare una limitazione delle possibilità di esprimere il dissenso.
Lo stesso lon Iliescu, presidente del Consiglio provvisorio
dell’unione nazionale, riconosce
le difficoltà della situazione: « Il
passaggio dalla dittatura alla democrazia non è facile. Credo però che delle elezioni in tempi
brevi elimineranno quell’atmosfera di sospetto e spingeranno
i romeni a partecipare attivamente alla vita politica » — ha
dichiarato a Le Monde il 22
febbraio scorso — « anche se è
ancora diffuso un sentimento di
ostilità nei confronti dei partiti
polìtici ».
« Il marxismo — continua
Iliescu — non basta più. Esso è
stato un elemento storico dello
sviluppo del pensiero politico,
ma non può più essere considerato un dogma, esso rimane uno
strumento di analisi sociale. La
società è attraversata da una esplosione tecnologica e scientifica che mette in discussione le
vecchie certezze ideologiche. Per
affrontare questa realtà occorrono nuovi strumenti ».
E le chiese protestanti? Poche
hanno le carte in regola per nartecipare al nuovo processo sociale. Sono accusate di non aver
preso sufficientemente le distanze dal regime di Ceausescu. I
vecchi dirigenti si giustificano invocando lo stato di necessità ed
i giovani teologi che hanno sofferto remarginazione sotto Ceausescu li accusano di aver sviluppato una teologia ecclesiocentrica, tutta basata sulla vita spirituale della chiesa, e non cristocentrica. Cioè, dicono, il peccato
della chiesa è stato quello di
non aver annunciato profeticamente l’Evangelo.
Solo la Chiesa riformata di
lingua ungherese sembra poter
giocare un ruolo attivo nel processo di democratizzazione. Il
suo attuale leader, il past. Laszlo
Tòkès, tornato a Temisvar (Tiniisoara) intrattiene rapporti con
il governo (è membro del Con
IL VESCOVO FUGGITO IN FRANCIA
Papp contro Tokès
Tutto il mondo era senza sue
notizie dall’inizio del gennaio
scorso, ma il settimanale protestante francese « Christianisme
au XXème siede » lo ha rintracciato e intervistato. Il vescovo
rifoi'mato Laszlo Papp, di Gradea
e superiore gerarchico di Laszlo
Tòkès, il pastore che è stato all’origine della « rivoluzione romena », si era infatti rifugiato
presso suo figlio, pastore nella
Mosella.
NeH’inteivista il vescovo Papp
spiegava le ragioni delle sue dimissioni e della sua fuga in Francia (« la mia vita era minacciata, per questo ho deciso di dare
le dimissioni »), ma anche le sue
posizioni nei confronti del past.
Laszlo Tòkès, che veniva definito « un megalomane » c che, nonostante fosse stato aiutato dal
vescovo stesso, era stato sempre
« uno spirito contestatario ».
In seguito a quest’intervista
il settimanale protestante fran
cese « Réforme », « sapendo che
Laszlo Tòkès preferisce il silenzio alla replica », ha pubblicato
due testimonianze. Una del past.
Roland Revei, pastore riformato
francese e collaboratore dell’Alleanza riformata mondiale
(ARM), l’altra del past. Jill
Schaeffer, segretario esecutivo
del Dipartimento di coopcrazione e testimonianza dell’ARM.
Per il past. Revet è indubbio
« che il vescovo Papp, coscientemente o per garantirsi la posizione in Romania, ha elfettivamente dato un sostegno incondizionato al regime di Nicolae
Ceausescu ».
■lill Schaeffer constata che « il
vescovo cerca di gettare discredito su uno tra i pochi pastori
romeni conosciuti nel mondo intero come coloro che hanno avuto il coraggio di battersi per
l’Evangelo ».
G. G.
sigilo di unione nazionale), siede nel nuovo Parlamento provvisorio e probabilmente sarà un
candidato dell’Unione democratica alle prossime elezioni.
Gli Stati Uniti sembrano averlo scelto come interlocutore privilegiato per gli aiuti: il segretario di Stato, Baker, nell’unica
conferenza stampa che ha tenuto durante il suo viaggio in Romania lo ha voluto al suo fianco.
Considerato il difensore dei diritti dei più deboli, è spinto a
giocare un molo politico. Nei
pressimi giorni andrà negli USA
e nel Canada per una missione
tra il politico e l’ecclesiastico.
Ma — mi dicono alcuni amici
ungheresi di Budapest — la sua
intenzione è quella di fare il pastore. Non frequenta assiduamente il Parlamento e preferisce predicare anche tre volte al giorno
nella sua chiesa, sempre piena,
di Temisvar. C’è una missione
da compiere, che è quella della
chiesa di Cristo da sempre: dare
una speranza alla gente, fare opera di riconciliazione tra un popolo che va sempre più dividendosi e che odia coloro che considera avversari. Per questo Tòkès ha fatto del ministero della
riconciliazione il suo impegno
principale.
Lo ha fatto anche dalla televisione, che per la prima volta
ha trasmesso un culto. Tòkès ha
predicato in ungherese, ma ha
voluto che il culto fosse tradotto in romeno.
Potrà questa piccola chiesa
sviluppare il suo impegno? Tutto dipenderà anche dal nostro
aiuto e dalla nostra preghiera.
Giorgio Gardiol
IL CRISTIANESIMO HA RADICI LONTANE
Le chiese in Romania
Su 23 milioni di abitanti della
Romania l’80% sono cristiani: 16
milioni circa sono ortodossi, un
milione cattolici romani, poco
più di un milione i protestanti
(riformati, luterani, battisti, avventisti, pentecostali); a questi
va aggiunta la Chiesa uniate, entrata in clandestinità nel 1948 con
il suo forzato ingresso nella Chiesa ortodossa (contava un milione
e mezzo di membri), la cui nuova
legalizzazione è stata recentemente decisa dal Consiglio del
Fronte di salvezza nazionale. Esistono infine una Chiesa serba e
una Chiesa armena che servono
queste minoranze. Accanto ai
cristiani vi sono una comunità
musulmana e una comunità ebraica tra le più antiche d’Europa.
Presenti un po’ dovunque in
Romania, i protestanti ungheresi e tedeschi sono concentrati soprattutto in Transilvania e nella
regione di Siebenbuergen. Essi
appartengono a tre chiese storiche: la Chiesa evangelica della
Confessione augustana (110.000
membri, 140 pastori, 174 comunità); la Chiesa evangelica sinodale presbiterale della Confessione augustana (29.000 membri); la
Chiesa riformata della Romania
(700.000 membri, 700 pastori e
687 comunità).
Attualmente tutta la dirigenza
delle chiese protestanti romene è
vacante. Si sono infatti dimessi
dai loro incarichi i vescovi Laszlo
Papp (Gradea) e Guyla Nagy
(Cluj Napoca) della Chiesa riformata perché accusati di connivenza con il vecchio regime di
Ceausescu: il vescovo Albert
Klein (Sibiu) è invece deceduto
aH’inizio di febbraio e la Chiesa
evangelica di Confessione augustana ha convocato il proprio sinodo per reiezione del nuovo vescovo; ugualmente dimissionario
è il past. Paul Szadressy della
Chiesa evangelica sinodale presbiterale.
E’ nella Chiesa riformata della Romania, la chiesa della minoranza ungherese, che si è strutturato il movimento per la difesa
della storia della Transilvania e
dei diritti umani. Il pastore
Laszlo Tòkès di Timisoara era
diventato uno dei portavoce di
questo movimento; egli però non
aveva trovato l’appoggio delle
autorità della sua chiesa, che ne
avevano deciso il trasferimento.
L’arresto del pastore Tòkès ha
scatenato auelle manifestazioni
che sono state la scintilla che ha
fatto esplodere la rivolta del po
polo romeno e hanno portato alla caduta di Ceausescu.
Le comunità riformate e luterane hanno una storia molto antica. Hanno avuto infatti stretti
rapporti con il movimento hussita in Boemia e la loro confessione di fede si ispira a quelle di
Wìttemberg, di Ginevra e di Heidelberg. La Chiesa riformata fu
organizzata tra il 1564 dal teologo Melus Jukas Peter. Dal 1565
il Catechismo di Heidelberg venne insegnato nelle scuole e nel
1567 il Sinodo riformato adottò
la seconda Confessione di fede
elvetica. La chiesa riformata conobbe periodi di gravi difficoltà
nel XVIII secolo, quando si impegnò in un’opera di democratizzazione della società, di approfondimento delle conoscenze bibliche, di educazione in generale,
e in particolare presso i contadini, per i quali chiese l’abolizione
del servaggio (divenuta realtà solo dopo la rivoluzione del 1848).
Questi tentativi di liberazione
per la giustizia furono spesso
schiacciati dalle autorità al patere, ma le chiese riformate in
Romania hanno acquisito una
lunga tradizione di impegno per
la giustizia, impegno al quale sono rimaste fedeli sotto tutti i regimi e per il quale hanno pagato
un alto prezzo.
Anche la storia delle chiese luterane è molto antica. Il primo
a organizzarle, dopo l’arrivo dei
primi scritti di Lutero, fu Johannes Honterus. Nella facoltà teologica di Sibiu viene offerto un
insegnamento ricco e diversificato, oltre a una scuola di musica.
L’industrializzazione, la concentrazione della popolazione nelle
città, l’esodo di quelli che poterono emigrare in Germania hanno posto gravi problemi alle
chiese luterane che si sono sforzate di affrontare la nuova situazione, con la presenza presso la
gente delle campagne in via di
spopolamento e accompagnando
pastoralmente coloro che si spostavano in città.
Sarebbe stato l’apostolo Andrea a portare l’evangelo in Romania. AH’origine della Chiesa
ortodossa vi sarebbero stati i
primi missionari apostolici: ne
danno testimonianza le vestigia
che risalgono al IV secolo, dalla
Transilvania al Mar Nero.
Un vescovo ortodosso romeno
era presente, nel 431, al secondo
sinodo ecumenico di Efeso. La
Chiesa ortodossa è divenuta patriarcato autonomo nel 1885. Il
18 gennaio il patriarca Theoctis,
che ha 75 anni, si è ritirato dalla
sua carica «per ragioni di salute e di età ». Un consiglio di tre
metropoliti e di vescovi condividerà le responsabilità della direzione interinale e dell’elezione
del nuovo patriarca, che avrà
luogo presumibilmente in marzo.
Il ritiro del patriarca Theoctis,
visto nel quadro delle reazioni
alle posizioni della Chiesa ortodossa nel passato, giudicate troppo acquiescenti al regime di
Ceausescu, nonostante lo stesso
patriarca e il suo assistente, il vescovo Nifon di Ploiesti, avessero
preso la parola alla televisione
romena liberata per esprimere la
benedizione della chiesa e il suo
sostegno alla lotta per la libertà
e la dignità umana e la difesa
dei valori religiosi. Il io germaio
la chiesa ortodossa aveva emesso
una dichiarazione in cui esprimeva pentimento per la sua mancanza di coraggio nel passato.
Una dichiarazione di pentimento per non aver sufficientemente
denunciato l’ingiustizia e gli abusi del potere del passato regime
era stata già fatta il 22 dicembre
dal vescovo luterano Albert
Klein di Sibiu in un suo messaggio pastorale.
Il vescovo luterano di Bucarest, Gtienther Ambrosie aveva
espresso alla televisione il 29 dicembre la sua soddisfazione per
la caduta della dittatura e l’impegno della chiesa a contribuire al
ritorno della Romania nella famiglia dei popoli europei.
Tra le principali difficoltà che
le chiese protestanti devono
fronteggiare in questa congiuntura storica vi sono la mancanza di pastori e lo scarso livello della preparazione teologica. Il regime di Ceausescu aveva infatti imposto il numero
chiuso nelle facoltà di teologia
ed anche l’acquisto all’estero di
libri di teologia e di storia era
molto limitato. Mancano anche
le Bibbie, nonostante gli sforzi
fatti in questo senso dalle società bibliche dopo la caduta di
Ceausescu.
In Romania esistono tre istituti universitari per la formazione
dei pastori. Ecco i loro indirizzi: a Clu,j (Riformati di lingua
ungherese) Institut teologie protestant, Piazzia Victors! 13, 3400
Cluj; a Sibiu: (Luterani tedeschi) Evangelisch Sektio des Vereinigten Prote.stantischen, Strada Gen. Marcheru 4, 2004 Sibiu;
a Bucarest: (Battisti) Seminami
teologie baptist. Strada Berzei 29,
70159 Bucarest.
10
storia religiosa
9 marzo 1990
PAGINE DI UN PASSATO DA RISCOPRIRE
La Riforma protestante a Busca
Una zona di passaggio, aperta al transito di gente diversa, che vide fra I altro I infiltrazione di eretici e riformati - La vicenda di Giovan Pietro Bruschetto - Gioffredo Varaglia; dalla disputa con un frate alla condanna
Busca, allo sbocco della
vai Maira, è una cittadina di
origine molto antica. I primi
insediamenti risalgono al
neolitico e vi si stabilì una
tribù ligure o celtica. Il nome
con la finale -sca è tipico della zona celto-ligure, come anche Fiasco, Venasca, Brossasco delle vicina valle Varaita. Per la sua posizione su
una importante via di comunicazione fra il nord dell’Italia e il sud della Francia, Busca è stata un centro commerciale fin dall’antichità,
frequentata da greci, cartaginesi, etruschi. Questi, quasi certamente, avevano qui
un emporio; sulla collina è
stata ritrovata una stele con
la scritta in lingua etnisca;
MI SUTHI MARTIAL MUTHICUS.
Dopo la conquista romana
Cesare Augusto aveva diviso
l’Italia in 11 regioni (legiones). Busca apparteneva alla
IX legio, che comprendeva
l’attuale Liguria e il Piemonte a sud del Po, escluse le
valli alpine che invece facevano parte della prefettura
della Gallia come provincia
delle Alpi marittime; il confine fra l’Italia e la Gallia
passava poco ad ovest di Busca, prima di Rossana, delimitato dal corso del torrente
Lemma.
Capoluogo del
marchesato
Nel Medioevo era compresa nelle terre di Bonifacio
del Vasto, marchese di Monferrato. Alla morte di questi
(1135) toccò a uno dei suoi
sette figli, Guglielmo, e divenne capoluogo di un marchesato i cui confini si estendevano fino a Dronero, Polonghera, Scarnafigi, ed ebbe
una propria zecca. Resistè
all’espansione di Saluzzo, fece parte dei territori angioini
per passare poi agli Acaia e,
nel 1418, ai Savoia.
Per questa particolare posizione geografica, con un
continuo passaggio di gente
diversa che andava e veniva
da altri stati, ha certamente
avuto una infiltrazione di eretici e poi di riformati.
Si hanno notizie di eretici
in Piemonte fin dal XIII secolo. Contro questi, all’inizio del Trecento, l’inquisitore
Francesco di Pocapaglia inizia la sua missione e tra il
1307 e il 1314 inquisisce nel
cuneese e condanna sette persone, di cui una a morte.
Nel 1332 predica nel saluzzese e dintorni Martino Pastre, da 20 anni « barba »
nelle Valli valdesi, e viene
catturato dall’Inquisizione.
La Riforma prende piede
nel cuneese e nel saluzzese
specialmente con l’occupazione francese del marchesato e il momento di maggior
espansione sarà verso il 1559,
anno in cui abbiamo detta
gliate notizie nell’importante
documento « Lettera da Busca », scritta dal medico Alosianus di Busca ed indirizzata « Agli Illustrissimi Signori
Principi di Germania e ai Ministri delle Chiese fedeli »,
che in quell’anno partecipavano alla Dieta di Augusta:
« Io Jeronimo Raffaele Alosiano medico, che descrivo
queste cose per mandato di
tutte le Chiese ».
In questa lettera è descritta dettagliatamente la situazione sia delle chiese valdesi
delle valli di Angrogna, Luserna, S. Martino, Perosa,
Fragolaio, sia quella delle
chiese del Piemonte e anche
di quelle « città nelle quali i
fedeli non osano ancora riunirsi pubblicamente per pregare, benché spesso parlino
di religione nei crocchi di
uomini... ». Per Busca leggiamo nella lettera: « Nella
Chiesa di Busca, quasi tutti i
principali del luogo sono per
l'Evangelo di Cristo, fra i
quali sono gli stessi consoli e
il pretore, che è detto vicario
secondo l’uso comune di qui
et è quello che amministra la
giustizia del borgo, pronunzia le sentenze e dà a ciascuno il suo. Egli è altresì governatore della città e comandante del presidio ».
Verso la metà del secolo
(1548-1549) vi predicò parzialmente e cautamente la Riforma il prete Giovan Pietro
Bruschetto di Chieri, che aveva intimi rapporti con Busca
o per vincoli di famiglia o
per l’investitura di qualche
beneficio ecclesiastico. Egli
aveva abbracciato da giovane
la carriera ecclesiastica e nei
suoi viaggi di studio all’estero era entrato in contatto
con i riformatori protestanti,
subendone l’influenza. Cercò
di conciliare le esigenze della sua coscienza con l’esercizio della professione sacerdotale, osò attuare alcune riforme nella celebrazione della messa e predicò il Vangelo
in lingua volgare con ampie
spiegazioni al popolo.
Il Bruschetto potè continuare così fino al 1557, quando, sia che fosse stato perseguitato dall’Inquisizione, sia
che volesse poter professare
apertamente la sua fede, riparò a Ginevra, dove lo troviamo fra i primi iscritti all’Accademia fondata da Calvino.
Sono diversi, in quegli anni, i riformati piemontesi che
trovano rifugio nella città di
Calvino. Nel registro dei borghesi di Ginevra leggiamo,
fra gli altri, i nomi di; Giovan Luigi Ramando di Busca,
con moglie (1554), Tommaso
Margaria di Busca (1555), e,
presso la Chiesa italiana di
questa città, Giacomo Geremia di Busca.
Nel 1575 il capitano e alfiere Malerba di Busca, rifu
Gioffredo Varaglia, riformato condannato al rogo.
messer Giuseppe De’ Roggeri, dove rimase 24 giorni,
controbattendo tutte le accuse che gli erano rivolte e spiegando l’Evangelo. Di là venne condotto a Pinerolo e, dopo nuovi interrogatori, a Torino, dove fu a lungo interrogato. La vigilia di Natale
(1557) si iniziò il regolare
processo, che durò sei giorni.
La qualità di ex frate esigeva
che il Varaglia, prima di esser condannato, fosse rimesso per un altro interrogatorio all’arcivescovo di Torino.
Ricominciarono gli interrogatori alla presenza dell’Arcivescovo, dell’inquisitore e di
parecchi frati, i quali insistevano perché egli ripudiasse
le sue erronee dottrine, ora
ricorrendo alle lusinghe, ora
alle minacce per la terribile
sorte che lo attendeva. Ma il
ministro sostenne imperterrito l’assalto dei suoi inquisitori, senza mostrare nessuna titubanza.
giato a Torre Pellice perché
protestante e protetto dai Signori di Luserna, vien fatto
assassinare dalTallora governatore di Torre Pellice.
Uno dei personaggi più noti della storia della Riforma
in Piemonte è certamente
Gioffredo Varaglia, nato a
Busca nel 1507. Era figlio di
uno dei capitani che comandavano le milizie di Carlo I
nella persecuzione contro i
valdesi del 1484. Entrato a
13 anni nei frati minori, vi rimase per 20 anni, per passare poi al servizio del Legato
pontificio alla corte di Fran
cia.
Il massacro dei
valdesi di Provenza
Uno storico valdese del
principio di questo secolo
suppone (pur non potendo riferirsi a documenti che lo
provano) che egli abbia assistito al famoso processo, iniziato a Parigi nel 1551, contro i responsabili del massacro dei valdesi di Provenza
del 1545, processo conclusosi
con l’assoluzione piena dei
maggiori responsabili e in
particolare del feroce Maynier d’Oppède, reintegrato
nelle sue funzioni al parlamento di Aix-en-Provence.
Questa ingiusta sentenza
lo avrebbe indotto a simpatizzare con le dottrine riformate e a lasciare l’incarico
per dirigersi a Ginevra dove,
abbandonato l’abito monacale, fu consacrato ministro nella primavera del 1557 e mandato come predicatore in Piemonte, nella valle d’Angrogna, dove si reclamava con
urgenza il ministero di un
predicatore che, esperto in
lingua italiana, potesse edificare i numerosi fedeli che accorrevano nella valle da ogni
parte del Piemonte. Qui pre
dicò per cinque mesi tre o
quattro volte la settimana.
Intanto a Busca e a Dronero, dove ormai la Riforma
contava numerosi proseliti era stato mandato a predicare
la dottrina cattolica un frate
zoccolante. Angelo Malerba,
che aveva suscitato un
certo scalpore tra la popolazione, disputando intorno
agli articoli della giustificazione per fede e intorno alle
indulgenze. Non essendoci allora in Busca un ministro
che potesse ribattere in una
pubblica disputa le affermazioni del frate, i riformati
della vai Maira pensarono
di ricorrere all’eloquenza del
loro conterraneo Varaglia. Il
19 novembre di quello stesso
anno. Bernardino Guarino di
Dronero, il maggior esponente della Riforma in quella
valle, invitò il Varaglia a venire a Busca per affrontare
in pubblica disputa il frate
zoccolante. Il ministro, senza
badare al pericolo a cui si
esponeva, accettò con entusiasmo l’invito rivoltogli, che
gli dava occasione di rivedere la sua terra natia.
Non è sicuro se la disputa
avvenne a Busca o nel palazzo dei Signori di Montemale
e Monterosso che aderivano,
sia pure con qualche cautela,
alla Riforma. Alla disputa accorse gran gente ed ebbe una
grande eco nel marchesato,
tanto da intimorire il clero e
da mettere in movimento gli
agenti dell’Inquisizione.
Se ne tornava Varaglia verso la vai Pellice, evangelizzando e predicando come
nell’andata, quando a Barge
fu fermato dal nipote dell’arcidiacono di Saluzzo, luogotenente dell’arciprete e del
priore di Staffarla. Qui subì
un primo interrogatorio e
noi per maggior sicurezza,
fu trasferito nella casa di
La condanna
e l’esecuzione
Il 4 febbraio il Varaglia fu
giudicato reo di morte come
scismatico ostinato, condannato alla degradazione e rimesso al Parlamento francese per l’esecuzione della sentenza. Invano il presidente
Di San Giuliano, che il Varaglia aveva conosciuto a Parigi alla corte del re, e altri
autorevoli personaggi fecero
un ultimo tentativo per indurlo all’abiura e salvargli la
vita. Vista la sua ostinazione
egli fu condotto, il 7 marzo
1558, per esser degradato,
nello stesso duomo dove
trent’anni prima era stato ordinato a dir messa.
Il 29 marzo (altri dicono il
25 o il 30) il frate apostata,
irresistibilmente fermo nella
testimonianza della sua fede,
veniva condotto con solenne
apparato in Piazza Castello e
fatto salire sul rogo. Testimoni oculari affermano che
subì il martirio con animo
forte e sereno, proclamando
pubblicamente la sua fede e
perdonando ai suoi carnefici.
Con la cessazione della occupazione francese e il passaggio del marchesato sotto
il dominio sabaudo, la repressione si fa sempre più
dura e gradatamente il movimento di riforma vien fatto
scomparire, prima nei centri
di pianura, poi nelle valli alpine, con confische, arresti,
roghi. Gli ultimi martiri sono
Pietro Marchisio e Maurizio
Mongia, di Dronero, impiccati il 21 ottobre 1619.
Ancora per alcuni anni rimarranno i valdesi in vai
Po, ma anche loro saranno
poi costretti a rifugiarsi nelle
Valli valdesi, dove, in quel
« ghetto alpino », i protestanti italiani rimarranno confinati fino al 1848.
Osvaldo Co'isson
11
r
9 marzo 1990
documenti 11
DOCUMENTO DI STUDIO PER LE CHIESE: RELAZIONE EX ATTO 19/SI/’89
Il servizio diaconaie
neii’ordinamento deiia Chiesa vaidese
Il problema dell'Inquadramento del servizio diaconale nei ruoli della Tavola valdese risale al 1916: il progetto
elaborato nel 1982 e la prosecuzione del dibattito - Nessun ministero può essere riconosciuto più « sacro » di altri
« Il Sinodo, dopo aver preso
visione della relazione della Commissione ad referendum sui ministeri della chiesa (13/SI/88),
prende atto de! fatto che al suo
interno esistono doni e specializzazioni diversi e che vi sono
persone che consacrano la loro
vita al servizio nella chiesa (art.
37 RO 3), ritiene che a tali persone vada riconosciuto un ministero particolare e chiede alla
Commissione diaconia di raccogliere i pareri delle chiese e riferire al prossimo Sinodo ».
1) La Commissione di studio
per la diaconia, in ottemperanza all'atto sinodale soprascritto,
trasmette alle chiese l’informazione necessaria per consentire
un orientamento concreto nella
formulazione del « parere » richiesto dal Sinodo.
Un po’ di storia
2) L'ordinamento della Chiesa valdese conosce già da tempo
una articolazione delle funzioni
delle persone iscritte nel ruolo
tenuto dalla Tavola.
Nel rapporto della Tavola al
Sinodo del 1916 compare per la
prima volta tale articolazione:
a) ministri, b) professori Istituti secondari, c) anziani evangelisti, d) insegnanti e altri operai (il termine « ministro » sarà poi sostituito da quello di
« pastore »).
In seguito, quando nelle nostre scuole secondarie vennero
as.SLinti insegnanti che non rientravano tra quelli alle dirette dipendenze della Tavola, questi ultimi furono denominati « optanti ».
Tale denominazione (recepita
nei R O) compare nella relazione della Tavola fino al 1982 e
viene pure applicata ai diaconi,
ma in due elenchi distinti.
Nel 1983 la Tavola pubblica
nella sua relazione un solo elenco, denominato « servizio diaconale », comprensivo sia dei professori cosiddetti « optanti » che
dei diaconi.
Tuttavia, per quanto riguarda
la partecipazione al Sinodo, i
professori dispongono ancora di
una rappresentanza propria secondo RgRz IC/d.
Il problema particolare delTinquadramento di un « servizio
diaconale » nei ruoli della Tavola fu posto p>er la prima volta
dal Sinodo del 1966 («Il Sinodo
approva l'istituzione del ruolo
diaconale istituito provvisoriamente dalla Tavola valdese e demanda alla Commissione regolamenti il suo inserimento, ove
opportuno, nei Regolamenti organici della chiesa »). Il ruolo
(denominazione provvisoria) iscrive quell'anno quattro nominativi.
La denominazione provvisoria
rimane tale per quindici anni e
finalmente il Sinodo del 1980 (atto 29/SI/80) rinvia allo studio
delle chiese un progetto, presentato dalla Tavola, per un organico inserimento de] .servizio diaconale nella struttura organizzativa della chiesa.
Un’animata discussione si accende nelle chiese e sulla nostra
stampa con pareri diversificati c
finalmente il Sinodo del 1982 approva con atto I3/SI/82 il seguente progetto predisposto dalla Tavola, tenuto conto delle indicazioni, obiezioni, osservazioni, suggerimenti pervenuti.
I! progetto 1982
« La Tavola propone quanto segue:
A) Nel ruolo unico tenuto dal
la Tavola valdese, gli iscritti a
"servizio diaconale” saranno denominati diaconi e suddivisi nelle seguenti categorie, a seconda
delle corrispondenti esigenze di
servizio:
1) Formazione e istruzione;
2) Informazione e pubblicistica:
3) Assistenza;
4) Servizi tecnici e amministrativi.
B) Le condizioni di iscrizione
saranno;
1) La presentazione del Concistoro o del Consiglio di chiesa
di provenienza.
2) Il possesso di titoli di studio professionali adeguati o la
dimostrazione di capacità effettive in vista del compimento del
servizio a cui il diacono sarà
destinato.
3) La disponibilità a seguire
un corso per una formazione biblica o teologica (presso la CPS
o la Facoltà di teologia) finalizzata e proporzionata alle necessità delTincarico da assumere.
4) Il compimento, con esito
positivo, di un anno di prova.
La valutazione di detto anno verrà compiuta dall'organismo presso cui il candidato ha operato
e comxmicata alla Tavola per la
regolare iscrizione a ruolo.
5) La presentazione del nuovo diacono in un culto pubblico, nella sede ritenuta più opportuna in relazione al servizio
da compiere (comunità locale.
Assemblea di Circuito, Conferenza distrettuale).
C) La rap>presentanza negli
organismi assemblear! sarà così
regolata:
1) La rappresentanza alle Assemblee di Circuito non sarà
automatica, ma dipenderà (a giudizio del Consiglio di Circuito)
dalla rilevanza che in tale ambito assume il servizio del diacono.
2) La rappresentanza nelle
Conferenze distrettuali è già regolata dalTart. 8 2/D del RO 5
(voce consultiva).
3) La rappresentanza in Sinodo può avvenire per turni (in
analogia a 1/C/d RgRz - voce
consultiva). Il turno può essere
regolato in modo automatico:
due diaconi scelti ogni anno in
due settori diversi per ordine di
anzianità; ovvero la rappresentanza di due delegati può essere
eletta ogni anno dai diaconi stessi riuniti in assemblea.
La Tavola preferisce la prima
soluzione e propone l’aggiunta
di un articolo 1/C/n al RgRz,
così formulato: "Due rappresentanti degli iscritti a .servizio diaconale, scelti a turno in settori
diversi e per ordine di anzianità” ».
Nello stesso Sinodo si approva una modifica sostitutiva relativa alla rappresentanza sinodale dei diaconi, da apportare al
Regolamento sinodale: RgRz art.
1/C/o (componenti con voce consultiva): « due rappresentanti degli iscritti al servizio diaconale,
designati dagli stessi ».
La Commissione dei regolamenti, che non aveva adempiuto alla richiesta del Sinodo 1966
per il motivo giustificato che
nella chiesa non vi era ancora
chiarezza sul problema generale
dei ministeri, dimenticò, nella edizione dei Regolamenti del 1983,
sia la modifica al RgRz, sia Tinserimento del progetto globale.
Il dibattito
continua
3) Intanto la Tavola procedeva all'assunzione di nuovi diaconi, secondo le diverse esigenze
della chiesa e in coerenza al
principio ormai acquisito della
possibilità di affidare compiti
non strettamente pastorali a fratelli e sorelle di chiesa ritenuti
idonei e disponibili a stabilire
con la chiesa stessa il particolare rapporto di lavoro previsto
per i pastori e definito dall’art.
37 del RO 3: « Tra gli iscritti a
ruolo e Tamministrazione ecclesiastica non intercorre un rapporto di impiego, ma per l’esercizio della loro missione i primi
consacrano la propria vita al servizio nella chiesa, e la seconda
assume l’impegno di sostenerli
nelle necessità della loro vita.
L’assunzione in servizio avviene
con il 1» ottobre a seguito di un
anno di prova favorevolmente
compiuto. L’anzianità di servizio
viene retrodatata di dodici mesi per ricomprendere il periodo
di prova ».
Nel 1982 i diaconi erano nove
e oggi sono ventotto, più nove
in emeritazione (includendo i
professori «optanti » del Collegio).
4) Nel 1987 i diaconi, riuniti
a Casa Cares, formularono un
odg (pubblicato a suo tempo sulTEco/Luce) in cui si chiedeva,
di fatto, Taipplicazione del progetto 1982.
L’anno seguente il Sinodo chiedeva la nomina di una Commissione che riproponesse alle comunità l’intero problema dei ministeri nella chiesa in vista di
un chiarimento di fondo della
natura del servìzio diaconale (mi
nistero, attività settoriale, categoria di persone?) rapportato a
quello pastorale e agli altri ministeri nella chiesa. \
La relazione richiesta, ampia
c approfondita, fu presentata a!
Un importante. settore di servizio è quello rivolto ai minori.
Diaconia: assistenza agli anziani (San Germano Chisone).
Sinodo 1989 con alcune alternative da dibattere, ma il Sinodo,
dopo breve discussione, credette opportuno rinviare ancora una volta il problema alle chiese
con l’ordine del giorno riportato
in capo alla presente relazione.
Un ministero
particolare
5) L’ordine del giorno del Sinodo prende atto:
a) dell’esistenza di fatto di
doni e specializzazioni diverse
nell’ambito della chiesa;
b) che vi sono persone che
consacrano la vita nel compimento del loro servizio nella
chiesa (RO 3/37);
c) che a loro vada riconosciuto un ministero particolare.
6) 11 dibattito non può proseguire prescindendo dalla relazione della Commissione sinodale ad referendum (pag. 83, « Relazione al Sinodo 1989 », I fascicolo) a cui facciamo rinvio.
Un’affermazione di fondo che
dobbiamo sottolineare ad evitare qualsiasi errata interpretazione clericalizzante è che « sul battesimo si fonda il ministero di
ogni credente » (punto 12 della
relazione sinodale) e che « occorre mantenere la distinzione
tra il piano del Regno di Dio e
quello delle cose umane, anche
se c’è un legittimo interesse al
loro rapporto. Tale rapporto si
esprime mediante la predicazione e gli atti battesimo e cena.
Non vi sono altri atti che possano esprimere la stessa cosa.
Tutte le altre azioni liturgiche e
istituzionali della chiesa hanno
carattere di strutture umane e
rientrano nella sfera della intercessione degli uni per gli altri »
(punto 20 della relazione sinodale).
Potremmo aggiungere che nella nostra chiesa vi è un unico
ministero (diaconia) che è quello della Parola, da cui tutti gli
altri dipendono.
I doni dello Spirito sono pre>senti in tutta la chiesa, hanno
tutti pari dignità e tutti concorrono alTutile comune (I Corinzi
12: 4-7) c tutti tendono all’annuncio della Parola.
Nessun ministero nella chiesa
è più sacro di un altro e nessun
atto di riconoscimento ecclesiastieo può mai nella nostra chiesa sacralizzare, conferire poteri
spirituali esclusivi, costituire una casta particolare, separare i
fratelli in « clero » e « laicato ».
II superamento di questa distinzione, punto cardine della Riforma protestante, non può in
nessun caso essere alterato.
La relazione sinodale precisa
ancora al punto 17; « La necessità per la chiesa di oggi di dotarsi di un adeguato impianto
diaconale va considerata legittima per due ragioni; storiche e
teologiche. Da una parte infatti
il mondo continua ad essere "bisognoso” delTamore di Cristo, al
di là delle sue moderne conquiste, e tale amore non può essere
testimoniato se non in modo adeguato. Dall’altra lo stesso spirito delTevangelo, teologicamente parlando, colloca la dimensione diaconale tra le vere "necessità” della chiesa. La chiesa cioè
fa della diaconia per una ragione fondamentale, insita nel cuore dello stesso messaggio evangelico. I quattro vangeli non si
comprenderebbero se la persona
di Gesù Cristo non si esponesse continuamente nel servizio,
tanto che in lui vengono ad identificarsi le due dimensioni dell’annuncio e della diaconia, che
anche la chiesa sente come fondamentali, pur non potendole unificare nello stesso modo ».
Modalità diverse di
una vocazione comune
7) Ma la relazione sinodale osserva anche che il riconoscimento specifico dei diaconi può « offendere chi tale ministero compie spontaneamente e silenziosamente... svuotando di significato
la vocazione di tutti i credenti »
(punto 32).
Tale rischio, a parer nostro,
non sussiste in quanto il rapporto « amministrativo » con la chiesa, sia per i pastori che per i
diaconi o altri « ministri », non
costituisce espressione esclusiva
della vocazione cristiana di predicazione e di servizio, né tende
a creare una ca.sta separata o
un clero.
Mantenendo chiara la distinzione tra il piano del Regno di
Dio, in cui si muove la libera
azione dello Spirito (non inquadrabile in nessuna struttura ecclesiastica) c il piano delle cose
umane, in cui si inseriscono tutte le azioni della chiesa, il riconoscimento specifico di alcuni
ministeri (pastori, anziani, diaconi in ruolo c diaconi locali,
monitori, predicatori locali, ecc.)
in forme liturgiche differenziate costituisce semplicemente
l’affidamento « di incarichi ecclesiastici, con tutta la dovuta solennità, ma nient’altro... e Taffidamento pubblico di un incarico accompagnato dall’intcrcessione » (punto 21).
Per questo motivo la relazio(continua a pag. 12)
12
12 documenti
9 marzo 1990
(segue da pag. 11)
ne accompagnatoria del progetto 1982 diceva: « Nel quadro generale del servizio evangelico di
testimonianza che ogni membro
di chiesa è tenuto a compiere
nella sua professione e in ogni
ambito dell’esistenza, secondo il
principio del sacerdozio universale (che non esclude la specificità dei ministeri e che deve
essere inteso non solo come possibilità di un rapporto diretto
con Dio senza mediazione istituzionale, ma anche come capacità di adempiere una "vocazione" che in qualunque ambito
— ecclesiastico o laico — sia risposta personale a una chiamata
e una testimonianza a Cristo ndr), questi fratelli esercitano il
loro servizio in modo particolare. L’iscrizione nei ruoli della
Tavola non riguarda la costituzione di una categoria che, in
forma esclusiva e privilegiata,
compie un particolare tipo di
ministero, ma sottolinea soltanto la particolare modalità con
cui tale ministero viene esercitato, senza alcun giudizio di merito né sulla qualità né sulla
evangelicità del servizio, rispetto ad altri fratelli ».
Il servizio diaconale non sarà
dunque l’unica forma di « assunzione » ecclesiastica per non pastori, sarà solo un modo particolare di servizio, scelto ed accettato in piena libertà, senza
precostituire discriminazioni.
Non si tratta perciò di « clericalizzare dei laici » (allora i pastori sarebbero clero!), ma di riconoscere la particolare « modalità » di un servizio diaconale
a cui tutti i credenti, fuori e dentro la chiesa, negli istituti ecclesiastici o nella loro professione,
sono chiamati.
8) A tale riconoscimento sono legate, nel progetto 1982, alcune condizioni che tutt’oggi sono oggetto di discussione; esse
sono:
A - La preparazione
TI progetto ’82 prevedeva a carico della chiesa, per i futuri
diaconi, una preparazione biblico-teologica particolare che poteva essere compiuta nell’ambito delle strutture di formazione
esistenti per altri ministeri: la
Facoltà di teologia o la Commissione permanente studi.
Rilevata la difficoltà di utilizzare tali strumenti, un recente
orientamento elaborato dalla
Commissione per la diaconia e
approvato dalla Tavola in linea
di massima prevede la costituzione di un vero e proprio « Centro di formazione diaconale » con
sede a Firenze, dove è possibile
accedere a scuole di formazione professionale per attività socio-sanitarie di particolare interesse per la nostra diaconia (educatori, infermiere, assistenti
sociali, ecc.). Il Centro di formazione diaconale sarà aperto:
— a quanti, in vista della loro attività professionale o per
Un interesse personale di maturazione spirituale, desiderano affiancare alla loro formazione tecnica una riflessione vocazionale;
— a quanti, con le stesse esigenze, desiderano operare alTinterno dei nostri istituti con un
contratto di lavoro normale.
Coloro che avranno seguito tale preparazione « potranno »,
senza alcun impegno preventivo,
essere scelti dalla Tavola per occupare un posto come diacono
nel ruolo della chiesa.
Non si vuole stabilire il principio di uno sbocco diretto tra
il Centro di formazione e il servizio diaconale per non creare
alla Tavola un impegno di assunzione che non potrà che essere legato non alla disponibilità di soggetti, ma all’esigenza
della chiesa, e per non suscitare
nel candidato una aspettativa
che non potrà essere soddisfatta per gli stessi motivi.
Un progetto dettagliato di
« formazione diaconale » è stato già predisposto dalla Commissione.
Si viene cosi ad integrare una
delle condizioni essenziali per il
riconoscimento di un ministero,
cioè la « adeguata preparazione »
(D.V. art. 15 e RO 3 art. 4).
B - Il riconoscimento
Mantenendo ferma la premessa della « vocazione riconosciuta
dalla chiesa, come requisito indispensabile per l’esercizio di un
ministero » (art. 15 D.V.) e tenendo conto di quanto detto al
punto 6 della presente relazione,
non riteniamo indispensabile
che i diaconi (come suggerisce
una delle conclusioni della Commissione ad referendum al punto 40) siano « consacrati » come
i pastori al culto di apertura del
Sinodo.
Considerando l’esigenza di rispettare la diversità dei ministeri e il fatto che espressioni quali « consacrazione », « ordinazione », « riconoscimento » sono oggi in discussione in sede di corpo pastorale proprio in relazione ai pastori, non si ritiene necessario un appiattimento sul
modello pastorale.
Così come gli anziani, i diaconi locali, i predicatori locali, i
monitori hanno diverse espressioni di forme liturgiche di riconoscimento e intercessione, anche per i diaconi a ruolo si possono trovare forme di intercessione e riconoscimento ispirate
alla sobrietà e alla concretezza.
In alternativa alla proposta
del progetto '82 (B-5), la Conferenza distrettuale potrebbe essere individuata come la sede in
cui il ministero diaconale può
ricevere adeguato riconoscimento. Infatti, tale Assemblea ha
competenze proprio sull’attività
diaconale e potrebbe quindi costituire l’opportuno momento comunitario della presentazione,
della verifica della preparazione
del diacono, nonché de! riconoscimento del suo ministero e
dell’intercessione.
C - La partecipazione
negli organismi
ecclesiastici
Il progetto ’82 indica i modi
di presenza dei diaconi nei Distretti e nei Circuiti, già previsti in senso generale dai nostri
regolamenti. In sede di revisione
o di adeguamento regolamentare si potranno compiere ancora
alcune precisazioni come, ad esempio, stabilire la partecipazione ai Concistori o Consigli di
chiesa di diaconi impiegati presso le comunità locali.
Per quanto riguarda la parte
cipazione al Sinodo ci sembra
di dover escludere una rotazione
di tutti i diaconi numericamente collegati ai pastori.
Infatti, secondo le nostre discipline, il Sinodo è costituito:
« dai deputati delle chiese e da
un numero non superiore di
membri del corpo pastorale »
(RgRz art. lA).
Dal che si deduce che i pastori sono presenti in Sinodo non
in quanto ministri dipendenti
dalla Tavola, ma in quanto
« membri del corpo pastorale »,
cioè in funzione del loro ministero specifico.
Si potrebbe osservare che anche i diaconi potrebbero essere
presenti in Sinodo in funzione
del loro specifico ministero, ma
obiettivamente ci sembra di do
ver escludere l’applicazione, anche ai diaconi, dei criteri adottati per la partecipazione dei pastori, cioè una rotazione di tutti
i diaconi sommati ai pastori.
La proposta che vorremmo
formulare, a questo riguardo, è
la seguente: i diaconi partecipano in Sinodo con voce deliberativa, per ordine alfabetico, uno
ogni sette o frazione di sette.
Questo significa che, considerando l’attuale situazione di 28 diaconi iscritti, i rappresentanti in
Sinodo sarebbero quattro.
La rappresentanza dei diaconi,
così configurata, dovrebbe assorbire anche l’attuale rappresentanza degli « optanti » professori del Collegio, che non avrebbe
più ragione di sussistere in forma autonoma.
Ministri
riconosciuti
9) Un punto di non trascurabile rilievo ci sembra quello relativo alla necessità di superare
la contraddizione tra il riconoscimento del diacono come « ministro » iscritto a ruolo, e quindi
compreso nel particolare tipo di
rapporto configurato nel già citato art. 37 del RO 3, e il modo
e la forma della sua assunzione,
legata alla normativa del rapporto di lavoro dipendente che implica il riferimento all’Ufficio di
collocamento, i minimi sindacali di retribuzione, il trattamento
di fine rapporto, ecc.
Il mancato inserimento del
diacono nella categoria dei ministri di culto per la legge dello
Stato comporta una situazione
di confusione tra i due livelli
di non facile gestione.
La nostra proposta è di considerare i diaconi per quello che
la chiesa li riconosce, cioè dei
ministri, ricompresi quindi tra i
ministri di cuìto anche per la
normativa statale.
Si tenga inoltre presente che
non compete allo Stato la definizione dei requisiti in base ai
quali chi esercita un ministero
nella chiesa è ministro di culto
oppure no. Tale definizione è
competenza dell’ordinamento ecclesiastico che lo Stato è tenuto
a riconoscere. Per maggior chiarezza e per eliminare ogni impressione di « finzione » si potrebbe richiedere una modifica
del testo di legge istitutivo del
fondo speciale INPS per i ministri di culto, aggiungendo l’espressione: « e altri ministri riconosciuti dalla chiesa ».
Modifiche al
progetto 1982
10) Il progetto ’82, dopo otto
anni di « non applicazione », dovrebbe essere aggiornato in vista di una sua possibile vigenza
che il Sinodo potrebbe confermare.
Alcune proposte di modifica
giungono dalla stessa assemblea
dei diaconi.
A - 3): nella categoria « assistenza » potrebbero rientrare i
diaconi assegnati a Concistori o
Consigli di chiesa che, in qualche modo, assumono l’incarico
di « assistenti di chiesa », pre
Le diaconesse: una forma tradizionale di diaconia.
Nell'amhito del servizio diaconale cresce il bisogno di assistenza per
gli anziani.
sente, ad esempio, nel ruolo della Tavola sudamericana.
Si potrebbe poi aggiungere una nuova categoria: « ospitalità » o « accoglienza », per includere i diaconi impegnati nelle
foresterie o nelle case per vacanza.
B - 1 ): inserire la « chiamata » (o vocazione) da parte della Tavola, come dato di partenza non superabile (art. 25 RO 3).
B - 3): sostituire il comma
con il riferimento (non esclusivo) al Centro di formazione diaconale.
B-5): aggiungere l’atto dell’intercessione e integrare il testo secondo la proposta del punto « Riconoscimento ».
C - 1): il giudizio non dovrebbe essere attribuito al Circuito,
ma all’Assemblea di Circuito.
C - 3): la rappresentanza in
Sinodo deve essere riformulata
in base a quanto detto al punto
« Partecipazione » della presente
relazione.
Dovrebbe inoltre essere prevista la rappresentanza nei Consi
gli di chiesa/Concistori, quando
è il caso.
Conclusione
A) Il Sinodo, con il suo atto,
sembra risolvere l’alternativa posta dalla Commissione ad refe
rendum riconoscendo ai diaconi
un ministero particolare (punto
34 - A). ■
B) La definizione del « diacono », ormai consolidata, dovrebbe essere confermata ad esclusione del termine « optante »,
non adeguato, in quanto assume
la « condizione pastorale » come
modello che altri sceglie o a cui
si adegua.
C) La prassi verso la qualela Tavola valdese sembra orientarsi è di affidare ai diaconi funzioni specifiche, di natura direttiva in riferimento agli Istituti.
Questo metodo consente la previsione con un certo anticipo dei
« posti » suscett:b li ad essere occupati da diaconi, ad esclusione
di altre soluzioni legate alla improvvisazione, aH’emergenza o a
situazioni personali.
D) La soluzione perseguita
dalla Chiesa valdese si difleren
zia da quella di altre chiese con
la eliminazione di ogni concetto
di gerarchia o subordinazione
dei diaconi rispetto ai pastori,
ma con l’identificazione di servizi non specificatamente pastorali allo stesso livello di dignità
e trattamento, sviluppando la dimensione della collaborazione c
della cooperazione.
E) La non esclusività di qualsiasi ministero nella chiesa, lega
to al dono dello Spirito e non
all’inquadramento ecclesiastico,
è incentivo e spinta alla promozione di altri ministeri di servizio nella comunità, tendendo
sempre di più alla valorizzazione di quello che Kramei chiamava il « credito congelato » delle comunità, cioè le potenzialità
non vaiorizzate dei doni dello
Spirito che non devono essere
mortificate dal riconoscimento
specifico di alcune funzioni, ma
sviluppate pier la crescita e la
maturazione dell’unica diaconia
della chiesa, che è l’annuncio dell’Evangelo con le parole e con
le opere.
F) La presente relazione in
tende fornire gli elementi informativi e i suggerimenti necessari per la definizione di un progetto che inquadri definitivamente i diaconi nel nostro ordinamento in modo adeguato al riconoscimento del loro ministero.
Essa non tocca il problema generale del rapporto e dell’equilibrio dei ministeri tra loro, in
particolare per quel che riguarda la posizione del pastore, che
una tradizione consolidata e mai
messa in discussione colloca in
posizione preminente, per alcuni in modo eccessivo, rispetto alla concezione evangelica della
parità dei ministeri. Se è vero
che il pastore esprime il « ministero fondamentale della Parola » da cui tutti gli altri dipendono, è anche vero che l’ambito
del suo esercizio tende a travalicare le sue funzioni proprie e
ad occupare tutti gli spazi. La
forma specialissima del suo riconoscimento, la sua presenza
incombente e preponderante in
quasi tutti gli organismi eccles'astici, rischiano di configurare
il pastore come un vero e proprio « clero ». Forse il problema su cui dovremo ancora molto lavorare per l’avvenire non
sarà quello, da alcuni oggi temuto, di «-clericalizzare i laici »,
ma quello di « declericalizzare i
pastori ».
La Commissione di studio
per la diaconia
Marco .lourdan, coordinatore
Giovanni Anziani
Gianni Genre
Giovanni Lento
Alberto Taccia
Anita Tron
GLOSSARIO DELLE SIGLE
ADOPERATE NELLA RELAZIONE
R.O = Regolamento organico;
R.O 3 = Regolamento sui ministeri;
R O 5 = Regolamento dei circuiti e dei
distretti;
RgRz = Regolamento sinodale zona italiana;
D.V. = Discipline valdesi;
CPS = Commissione permanente studi;
n.d.r. = Nota della redazione..
Adempimenti
per le chiese
1 pareri delle chiese su questa relazione dovranno pervenire al coordinatore della Commissione, Marco jourdan, presso; Casa valdese, via Alessandro Farnese, 18 - 00192 Roma, entro e non oltre il 15 aprile 1990.
I membri della Commissione
sono a disposizione delle chiese per introdurre e discutere la
presente relazione nelle sedi
idonee.
13
9 marzo 1990
valli valdesi 13
INIZIATIVA DEL NOSTRO FONDO DI SOLIDARIETÀ’
Insieme per ricostruire
Le cifre che si riferiscono ai danni aumentano a ritmo vertiginoso - Sapremo costruire una catena di solidarietà che sia partecipazione vera?
A Prarostino, dopo la giornata
di terrore di tre settimane fa
che ha segnato e segnerà indelebilmente il ricordo di tutti con
le fiamme incontenibili che divoravano ogni cosa, si stanno facendo i conti. Sui tavoli degli
uffici comunali le pratiche, intestate praticamente a tutti i cittadini, si ammucchiano, si moltiplicano, si diramano. Le impiegate del comune e i responsabili deirufficio tecnico si fanno
in quattro per smistarle. E ci
riescono.
Nessuno riesce però a frenare l’afìlusso delle cifre, quelle
vere, quelle che esprimono con
aridi numeri la profondità delle ferite. Che il dramma di Prarostino fosse particolarmente serio si è saputo da subito. Ma
sono tanti, troppi, i milioni che
si incolonnano su un sottile foglio di carta. Sono troppi per
Un paese che si estende su 1.059
ettari di collina, circa mille abitanti distribuiti in sedici borgate collegate fra loro con oltre
cinquanta chilometri di strade e
nelle centinaia di case che punteggiano boschi e vigneti. Circa
400 nuclei familiari, aH’80% occupati nell’agricoltura: viticoltura innanzitutto, e poi frutteti,
orti, qualche campo seminato a
patate, qualche allevamento di
bestiame.
Secondo i dati in possesso del
la Coldiretti sono presenti nel
territorio (dati 1988) 85 aziende
agricole, per un totale di circa
duecento addetti. Le imprese artigiane sono 35, legate perlopiù
alle attività edile e derivate; un
minimo di negozi alimentari, un
ristorante (la specialità locale,
la « prustinenga », ha da tempo
sconfinato oltre il territorio comunale); e il lavoro, per gli altri, in fabbrica o in ufficio, altrove.
Le esigenze prioritarie, al momento, sono ovviamente quelle
di ricostruire le case abbattute.
Poi vengono le strutture agricole e artigianali, infine le attrezzature e i macchinari da sostituire. Il problema pratico è, per
il comune, di affrontare le emergenze in modo chiaro e proporzionale, in modo che tutti quanti possano contare su un aiuto
a breve scadenza.
Allo scopo è stata istituita una
commissione formata da 4 consiglieri comunali e tre rappresentanti della popolazione che
ha già a tutt’oggi distribuito, e
continuerà a farlo in percentuale man mano che giungono gli
aiuti, un centinaio di milioni,
frutto in buona parte di offerte di privati; le maggiori banche hanno annunciato l’invio di
trenta milioni, quindici la Provincia di Torino, il ministero
l’astronomica cifra di 25 milio
Prarostino. Le strutture in legno sono bruciate, i muri ormai insta
bili. Nell'aia invasa dalle macerie (in alto) i polli superstiti sono
rinchiusi: si intossicherebbero razzolando fra la cenere.
ni di lire. Sottoscrizioni si sono
aperte presso molte industrie pinerolesi, l’ANPI ha lanciato una
sottoscrizione (e offre manodopera volontaria), sottolineando
che gran parte « di ciò che è
andato distrutto servì, durante
la guerra di liberazione, come base e rifugio per i partigiani »
e che proprio nelle borgate di
Prarostino « iniziò la lotta per
la conquista della libertà e della democrazia ».
Ma tentiamo, con l’aiuto del
tecnico comunale, geom. Ugo
Tron, di dare un volto, tratteggiandolo attraverso le cifre, a
questo dramma (e i dati non
sono ancora completi in quanto, come detto prima, sono per
ora accantonati gli interventi di
entità minore).
Case di abitazione e strutture edili fisse (magazzini, fienili,
tettoie, capannoni, ecc.):
Gli interventi sono 250. Per
quindici di essi, a preventivo controllato e confermato dai tecnici, sono necessari 728 milioni di
lire. Sono da esaminare ancora
attentamente gli altri, la cifra
stimata dovrebbe raggiungere il
miliardo e mezzo.
Danni alle cose (arredamento
domestico, attrezzature, camion,
trattori, irroratrici, bitumatrici,
spargiletame, ecc.):
La valutazione è più difficile,
anche perché ci vuol tempo per
capire se una macchina è recuperabile o è da sostituire. Due
artigiani, i più colpiti, hanno avuto danni intorno ai 100 milioni. La previsione totale sta raggiungendo quota 500 milioni ed
è legittimo presumere che vengano superati.
Danni al bosco:
Su un’area di 600 ettari di bosco ne sono completamente distrutti circa 81 (810.000 metri
quadrati). Per la valutazione degli altri bisognerà attendere la
ripresa vegetativa. Non si possono fare valutazioni economiche, se non quella che ci vorranno mesi e mesi di lavoro solo
per rimuovere i tronchi bruciati.
Danni a vigneti e frutteti:
Sono distrutti 4 ettari di frutteto e circa sette di vigneto. Si
presume che i circa duemila
quintali di uva prodotta nell’89
si riducano di un terzo e non
sono possibili previsioni a medio termine.
Aiutiamo Prarostino
Anche jl nostro Fondo
lancia una sottoscrizione
per aiutare a riparare i gravissimi danni subiti dalle
abitazioni, dai borghi, dai
vigneti, dal bestiame della
zona di Prarostino. I lettori
avranno certo letto le drammatiche notizie della calamità che ha trasformato
questo angolo delle Valli in
un braciere in cui diverse
abitazioni — di cui otto di
residenza — sono andate
completamente distrutte ed
altre decine danneggiate.
Il nostro Fondo non dispone di una cifra accantonata da poter inviare subito
per l’emergenza, di conseguenza l’intervento che proponiamo è orientato verso
un aiuto mirante piuttosto
alla ricostruzione ed alla ripresa della zona.
Riteniamo che (a prescindere dalle iniziative più a
carattere locale) il nostro
Fondo possa dare il modo a
tante comunità, gruppi, a
singole persone residenti
fuori dalle Valli di inviare
una tangibile prova di solidarietà e di sostegno tramite appunto la nostra iniziativa. Mentre il nostro settimanale non mancherà certamente di seguire la situa
zione e di dare aggiornate
notizie, attendiamo che l’appoggio fraterno dei lettori
si manifesti generosamente
e sollecitamente attraverso
i versamenti al
c. c. postale n. 11234101
intestato a La Luce, Fondo di solidarietà, via Pio
V, n. 15, - 10125 Torino.
Con l’occasione, ricordiamo che abbiamo in corso
due altre iniziative. La prima (che va volgendo al termine) è a favore della Chiesa presbiteriana in Mozambico e della sua opera per i
profughi e per le vittime della guerriglia e delle devastazioni. La seconda è il progetto salute dell’Unione
delle Chiese evangeliche del
.Madagascar per la diffusione di una rete di farmacie
attrezzate, la cui carenza è
fonte di gravi disagi e sofferenze per la popolazione
non residente nei grandi
centri urbani.
Invitiamo i lettori ad indicare nelle loro offerte la
causale del versamento (Mozambico, Madagascar, Prarostino): in caso contrario
provvederemo noi stessi a
ripartire le relative cifre.
R. P.
L’esporto: forse il vigneto può sopravvivere
Al professor Italo Eynard, ordinario di viticoltura alla Facoltà di agraria dell’Università di
Torino, ricercatore e sperimentatore del Centro di miglioramento genetico della medesima,
abbiamo chiesto un parere tecnico in merito al futuro dei vigneti di Prarostino, in buona
parte devastati dalle fiamme.
— Prof. Eynard, cosa si può
prevedere davanti a questo mare
di ceneri? C’è ancora un futuro per il « vin d’ Priistin »?
— Non è possibile fare in questo momento una valutazione
tecnicamente valida; intanto devo sottolineare come possano
essersi realizzate due forme di
danneggiamento, parziale o totale. Questo non deve essere interpretato come una percentuale,
nel senso di danni più o meno
gravi; si tratta di forme diverse
di lesioni. Se il danneggiamento
è parziale è necessario un certo tipo di intervento, se è totale
non c’è alcun intervento utile.
— Se non c’è più intervento
vuol dire che il vigneto è irrecuperabile e che è necessario fare
un reimpianto delle viti?
— Lo sapremo solamente (e
siamo ormai in primavera, quindi si tratta di un processo a breve termine) con la ripresa dell’attività vegetativa. Se la vite
non darà alcun segno di ripresa non si tratterà solo di sostituire la pianta, perché sarà la
dimostrazione della morte biologica dell’apparato radicale, del
substrato batterico, invaso ormai da parassiti. In quel caso
è necessario espiantare il vitigno, rimuovere tutto il terreno,
reintegrarne i requisiti anche, al
caso, con colture alternative. Solo dopo questo processo, che
richiede uno-due anni, si potranno reimpiantare nuove barbatelle (piantine di vite, n.d.r.).
— Un esame accurato, magari di laboratorio, non può stabilire qual è il tipo di danno subito proponendo, se non una cura immediata, una linea di azione da seguire?
— La vite è nello stesso tempo
un vegetale delicato e robusto.
Se da una parte necessita di cure costanti, dall’altra ha una
grande vitalità. Se da una vite
apparentemente usta nascerà un
anche piccolo germoglio, il medesimo sarà segno di vita; si
gnifica che l’apparato radicale è
intatto e che i parassiti non hanno invaso il substrato di nutrimento della pianta. In questo caso, con una sapiente potatura e
con interventi adeguati e mirati alla ricomposizione organica,
alla terza rifioritura la vite sarà
tornata allo stato iniziale.
— Un processa quindi decisa
mente lungo. Se abbiamo capito bene, ci vogliono due anni per
il ricupero di danni « parziali »
e sei sette anni per il caso di un
re impianto. Questo secondo caso
rischia di essere fatale per una
agricoltura che già si dibatte
fra mille problemi economici.
— A questo non posso rispondere, coinvolge i tempi tecnici
di lavorazione e la redditività.
Non credo comunque che il problema si ponga perché, ripeto,
la vigna o è viva o è morta. Se
soccomberanno solo alcune piante, forse più deboli, si potranno
sostituire anche subito in quanto il substrato sarà vitale.
—_ Lei lancia quindi un segnale di ottimismo, o comunque lascia la porta aperta a una possibilità di ricupero. Ce la faranno a Prarostino?
— Non voglio certo fare dell’ottimismo gratuito. Il danno
subito da gran parte dei vigneti è visibile a tutti e i tempi del
ricupero non possono essere
brevi. La mia esperienza però mi
dice, e mi auguro (e auguro agli
amici di Prarostino) di non sbagliarmi, che è maggiore l’impressione del danno che l’entità
del danno stesso; anche perché, a differenza dei boschi, il
vigneto è pulito e probabilmente le fiamme hanno lambito le
viti passando oltre senza trovare sufficiente materiale infiammabile per danneggiarle in modo
irrimediabile.
pagina a cura di
Stelio Armand-Hugon
14
14 valli valdesi
9 marzo 1990
LUSERNA SAN GIOVANNI
Una nuova scuola media
Utilizzando un finanziamento già concesso, si potrebbero iniziare i
lavori entro in 1990 - E’ prossimo il riordino della scuola elementare?
La Rocciaglia senza tetto
Una nuova scuola media per
Lusema San Giovanni; questo è
quanto emerso nel corso dell’ultimo consiglio comunale dello
scorso 28 febbraio.
Come e perché si è arrivati a
questa decisione?
Quali saranno i tempi di realizzazione dell’opera?
Va detto, in apertura, che a
Lusema esiste un problema scuola che ha numerose e svariate
sfaccettature: dall'istituto tecnico
per ragionieri e geometri, che
avrebbe dovuto essere ultimato
già entro la fine dello scorso anno, ad un servizio di asilo nido
che è stato chiuso e poi ripreso
in parte, in condominio con Tor
re Penice, senza tuttavia dare totale risposta alle esigenze del comune, alle scuole elementari e
materne insufficienti anche sul
piano degli spazi a disposizione,
tant'è che fin qui l’utilizzo degli
istituti dell’ordine Mauriziano è
stato reso di fatto obbligatorio,
alle scuole medie.
Viste le esigenze, fin dal 1986
era stato richiesto un finanziamento per ristrutturare radicalmente la scuola media; detto
mutuo è stato concesso verso la
fine del 1989 ed è di poco inferiore ai 2 miliardi di lire. Oggi
però l’amministrazione propone,
essendo nel frattempo sorta la
disponibilità di un’area lungo
viale De Amicis, di costmire un
nuovo edificio, abbandonando il
progetto di ristrutturazione.
« Con una certa facilità — ci
ha detto il consigliere delegato
all’istruzione. Canale — si dovrebbe poter destinare il mutuo
al nuovó edifìcio, visto che il
settore di intervento rimane comunque invariato ».
Quali i vantaggi?
« L'area di circa 10.000 mq
consentirà di costruire un edificio razionale — prosegue Canale — con una palestra, i locali
mensa e lo spazio per 1 laboratori; ci saranno le aule per
ospitare le 4 sezioni delle medie oltre ad alcuni altri locali
utilizzabili per attività integrative. Inoltre all’esterno ci sarà una
disponibilità di area verde per
i ragazzi, cosa che sarebbe invece venuta a mancare nel precedente progetto ».
USSL 42 - VALLI
CHISONE - GERMANASCA
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: presso Ospedale Valdese di Pomaretto - Tel. 81154.
Guardia farmaceutica ;
DOMENICA 11 MARZO 1990
San Germano Chisone: FARMACIA
TRON - Telef. 58766.
Ferrerò: FARMACIA VALLETTI - Via
Monte Nero, 27 - Tel. 848827.
Ambulanza :
Croce Verde Perosa: Tel. 81.000.
Croce Verde Porte: Tel. 201454.
USSL 44 - PINEROLESE
(Distretto di Pinerolo)
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: Telefono 2331 (Ospedale Civile).
Ambulanza :
Croce Verde Pinerolo: Tel. 22664
USSL 43 - VAL PELLICE
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: Telefono 932433 (Ospedale Valdese).
Guardia farmaceutica :
DOMENICA 11 MARZO 1990
Briclierasio: FARMACIA FERRARIS Via Vittorio Emanuele 83/4 - Tel.
59774.
Villar Penice: FARMACIA GAY Piazza Jervis - Tel. 930705.
Ambulanza :
CRI Torre Pellice: Telefono 91.996.
Croce Verde Brlcherasio: tei. 598790
Sui tempi di realizzazione della scuola non ci sono elementi
certi (bisogna ancora infatti predisporre il progetto della struttura ed in consiglio si sono sentite voci più ottimistiche che
parlavano di iniziare i lavori alla fine dell'estate, ed altre più
problematiche), quello che invece ha convinto un po’ tutti è
stata la bontà dell’operazione
nel suo complesso.
Per quanto riguarda l’istituto
tecnico, stante il ritardo nella ultimazione dei lavori, si valuta di
poter iniziare il prossimo anno
scolastico con tutte le sezioni,
sia dei ragionieri che dei geometri (in tutto oltre 300 studenti) nei nuovi locali. La attuale
Scuola media, con lavori di ristrutturazione che, a detta del
consigliere delegato, non dovrebbero essere troppo onerosi, potrebbe ospitare le scuole elementari, anche in prospettiva di un
progressivo disimpegno dell’ordine Mauriziano.
Il consiglio comunale è stato
per altro impegnato anche su
molti altri argomenti: dall’approvazione del bilancio 1990 ad alcuni primi interventi agli impianti sportivi danneggiati dal
vento dello scorso febbraio. Anche a Lusema, così come era accaduto pochi giorni prima a Torre Pellice, si è preso atto della
cessione, da parte del consorzio
pc- lo smaltimento rifiuti solidi
urbani, sorto vari anni or sono
senza produrre nulla di positivo, del contratto per i lavori di
realizzazione dell’impianto di
smaltimento rifiuti all’ACEA.
Infine un certo spazio è stato
dedicato al problema industriale, con particolare attenzione ad
alcune industrie che hanno richiesto autorizzazioni per specifiche e nuove lavorazioni. Qualche preoccupazione è stata espressa riguardo alla Corcos, ed
in particolare sulla sicurezza in
caso di incidenti, e perciò il consiglio ha deciso di chiedere all’USSL particolare sorveglianza.
Piervaldo Rostan
PERRERO
In autunno
la scuola materna?
Il consiglio comunale di Perrero ha approvato il 28 febbraio
scorso il piano per la ristrutturazione della scuola materna situata nel capoluogo, ricorrendo
a un mutuo di 40 milioni.
E’ stata molto negativa dal
punto di vista finanziario l’intermzione dell’attività che si è avuta con il passaggio dall’asilo privato retto da religiose alla scuola materna statale: infatti la
maggior parte della somma sarà impiegata per adeguare i locali alle norme di sicurezza.
Questi lavori, indispensabili
per ottenere l’approvazione da
parte dell’USSL, devono ora es
sere eseguiti in un colpo solo,
mentre su strutture già funzionanti ci sarebbe stata una maggiore elasticità nelle norme.
L’istituto per il sostentamento
del clero, che amministra i beni immobili della parrocchia di
Perrero, ha chiesto j>er l’affitto
2(K).0()0 lire mensili. Sarà anche
possibile ottenere un contributo
regionale, ma soltanto quando la
scuola sarà aperta.
Con questa delibera del consiglio, si può ben sperare che
ciò avverrà il prossimo autunno,
con un servizio che soddisfa le
esigenze di numerose famiglie.
L. V.
Nei giorni scorsi il vento ha « strappato » il tetto della « dépendance »
della Foresteria valdese « La Rocciaglia », a Pradeltorno, disperdendo
per centinaia di metri intorno pezzi della copertura. Dopo il disastro, con un lavoro continuativo di due giorni, il tetto è stato completamente rifatto grazie alla perizia di Piero e Valdo Peyronel e
di alcuni altri volontari coordinati da Eldina Long, presidente del
Gomitate della « Rocciaglia » (Foto di Giampiero Bertalot).
PEROSA ARGENTINA
Un
di 2 miliardi
Con il bilancio di previsione, la comunità montana esamina anche le prossime iniziative
La scadenza elettorale si avvicina e anche il consiglio della
Comunità Montana Chisone e
Germanasca approva le ultime
delibere. Nella seduta del 2 marzo sono stati presi in esame il
programma stralcio del piano dì
sviluppo 1984/89, prorogato a tutto il 1990, e i piani settoriali che
ne costituiscono l’ampliamento.
Non vi sono grosse novità ed è
difficile ipotizzare anche in futuro iniziative di rilievo: l’agricoltura, come è prevedibile, è in
regresso e così pure vi sono state
difficoltà nel turismo invernale a
causa della scarsità di neve. Gli
interventi sono quindi più che altro promozionali, adeguati alle
possibilità della Comunità montana.
Nel campo dello smaltimento
dei rifiuti solidi, ci si propone di
PRAROSTINO
Incendi: l’allarme non è cessato
TORRE PELLICE — L’allarme per il pericolo incendi è continuato per tutta la settimana; il rischio che qualche ceppala rimasta,
come si suol dire, a covare sotto la cenere, venisse riattizzata dal
vento di nord-est si è dimostrato concreto in particolare sulle pendici del Castelluzzo; la condizione di degrado del sottobosco avrebbe infatti fornito facile esca ad una semplice ripresa di intensità del
vento. Cosi si sono formate varie squadre di volontari, successivamente affiancate anche da militari, per portare acqua sul posto, solo così bloccando ogni altro focolaio.
i|t
Un altro incendio di una certa gravità ha interessato nella giornata di domenica i boschi di Inverso Pinasca; anche in questo caso
si è reso necessaria l’intervento dei volontari e vigili del fuoco del
pinerolese.
Regione: interrogazione sui fondi CEE
TORINO — Nello scorso febbraio un’interrogazione urgente dei
consilieri regionali Bresso e Montefalchesi ha riguardato il problema delTuso dei finanziamenti della CEE per Tagricoitura ed in
realtà utilizzati, secondo i progetti, « prevalentemente per la viabilità, mentre gli interventi di forestazione risultano estremamente
esigui ».
Più in dettaglio al centro dell’attenzione sono diverse piste
agro-silvo-pastorali, molte delle quali costruite nelle vallate pinerolesi. Particolarmente ampio il capitolo riguardante l’ormai famosa
pista del Pra rispetto alla quale gli interroganti si dichiarano convinti che, « costituendo il più comodo percorso fra il fondo valle e
la conca, ed essendo noti i progetti di sviluppo turistico in passato prospettati per questo splendido posto, sia soltanto im primo
passo per la loro riproposizione che, a pista realizzata, sarebbe
ovviamente facilitata ».
Grazie
di cuore!
Egregio signor Direttore,
tramite ii settimanale, io e ia mia
famiglia desideriamo rivolgere un vivo
ringraziamento al sindaco e aii'amministrazione comunaie di Prarostino, a
tutti i vigiii del fuoco, all'ACEA, al
corpo forestale, ai carabinieri e alia
polizia, aii'esercito italiano, alia protezione civiie, ai vigili urbani di Prarostino, S. Secondo e Pineroio, aile
ditte e ai privati con autobotti, ai vicini di casa e volontari tutti che si
sono così generosamente prodigati durante ì incendio che ha distrutto ia
mia casa ii 15 febbraio.
Durante questi giorni sono stato
circondato da una grande soiidarietà
e quindi è doveroso rivolgere un grazie
di cuore a chi ci sta aiutando con
ogni mezzo offrendoci indumenti e
generi alimentari; alle famiglie che
hanno custodito il mio bestiame; aila
chiesa vaidese di Prarostino, a Specchio dei tempi, a tutti gli amici vicini
e lontani che ci hanno fatto pervenire
aiuti in denaro.
E infine ancora grazie a coloro che
hanno duramente lavorato per rimuovere ie macerie e a chi ci sta aiutando neila ricostruzione.
Sergio Gay, Prarostino
estendere la raccolta differenziata, già iniziata lo scorso anno,
con la sistemazione di cassoni
per i rifiuti ingombranti.
Per la parte culturale, si inten
de continuare nell’organizzazione
di spettacoli teatrali e musicali
(Cantavalli), di contribuire alle
spese di un nuovo scavo archeologico in vai Chisone e anche
della 5“ edizione del « Rescontre
ousitan », che si terrà a luglio
nel comune di Salza.
Relativamente alla parte finanziaria, è stato approvato il bilancio di previsione per l’esercizio
1990, che pareggia su poco più
di due miliardi.
Liliana Viglielmo
I VIGNETI
DI POMARETTO
Destinati
a sparire?
La storia del territorio e del
paesaggio agrario è uno degli
innumerevoli filoni delle ricerche
nate dagli stimoli della scuola
francese delle « Annales ». In vai
Germanasca è Guido Baret che
sta iniziando in modo sistematico questo lavoro. Mercoledì sera a Perrero ne ha presentato
un saggio parlando dei vigneti e
della vinificazione a Pomaretto,
nelle diverse zone di questo territorio: i Pons, la zona dietro
l’ospedale, i « Ramìe », la Lau,sa. Storia di fatica, ma anche di
gratificazioni, di vita sociale, di
incontri. E storia interessante
anche dal punto di vista alimentare. per le caratteristiche di un
vino « che lasciava libera la testa, ma tagliava le gambe ». La
crisi dell’invasione della filossera, negli anni ’20 e ’30 del no
stro secolo, è stata grave, ma
da quella le nuove tecniche di
coltivazione, basate sull’innesto
delle barbatelle selvatiche, hanno permesso un’uscita. La nuova crisi dell’agricoltura degli ultimi due decenni, invece, sta distruggendo senza pietà questa
eredità caratteristica, lasciata
dai montanari che scendevano a
coltivare la vite a Pomaretto.
15
9 marzo 1990
valli valdesi 15
UNA LEGGE REGIONALE PER IL REINSERIMENTO DEL DETENUTO
La galera e Tofficina
I prigionieri impegnati in attività socialmente utili: un’occasione per dare un contenuto
« attivo » all espiazione della pena - Occorre superare la distanza tra le varie istituzioni
Qualcosa si muove sul fronte
delle carceri. Il 2 gennaio la Corte Costituzionale ha « liberato »
dallo stop governativo la legge
della Regione Piemonte che promuove il lavoro esterno di detenuti in opere di forestazione
e manutenzione ambientale a favore delle Comunità montane.
L’idea parte anni fa da Pinerolo. Principale ispiratore Elvio
Passone, magistrato, che insieme ad altri operatori fra cui Teresa Ferrerò e Giorgio d'Alco,
rispettivamente assistente volontaria e maestro nel carcere cittadino, avanza la proposta di utilizzare detenuti, nelle condizioni di ottenere la, semilibertà, per
lavori socialmente utili finanziati dalla Regione. « Il nostro progetto era più ambizioso della
semplice offerta al detenuto di
un lavoro », afferma Teresa Ferrerò. « Si voleva coinvolgerlo
nella realtà sociale circostante,
dargli l’opportunità, creando una rete collaterale di operatori,
di gestire il proprio tempo libero favorendo così un suo effettivo reinserimento a fine pena ».
Nel settembre '87 il progetto diventa disegno di legge, nel febbraio '89 legge effettiva, ma si
perde ancora un anno perché
il commissario governativo la
rinvia, obietttmdo la sua interferenza neH’ordinamento penitenziario; niente di tutto questo, risponde la Corte Costituzionale,
la legge è a posto, non obbliga
Tamministrazione carceraria, offre solo delle possibilità.
La legge è solo
un primo passo
Comprensibile la soddisfazione
di Passone, peraltro consapevole che « la legge è solo un primo passo. Ci sono ancora infiniti ostacoli: il Comune deve di
concerto con la Comunità montana allestire un progetto, poi
farlo approvare dalla Regione,
infine concordare con il magistrato di sorveglianza la scelta
dei detenuti; e, data l’esiguità
dello stanziamento, 200 milioni
di cui 50 per Pinerolo, questi non
saranno più di 5 ». E fra inghippi burocratici e stasi preelettorale ravvio concreto sarà per
l’autunno, sempre che la Regione dedichi subito una voce specifica a bilancio. « L’importante
è dimostrare che la formula vale », continua Passone, « che si
può giocare una partita in termini economici non passiva perché c’è il vantaggio del riassetto ambientale, e in termini culturali realmente rieducativa perché dà un contenuto attivo all’espiazione della pena. Oggi invece assistiamo a lavori fatti in
.semilibertà spesso interstiziali,
apparenti e senza alcuna valenza operativa e risocializzante:
buoni forse per detenuti "intellettuali”, impiegati in lavori di
facciata in questa o quell’altra
associazione ».
Non solo con il verde ci si
riabilita. Barbara Graglia è una
ex detenuta dell’area omogenea
delle Nuove: « Nell’86 sono uscita in semilibertà, lavoravo in una cooperativa che si occupava
di disagio mentale, "Il sogno di
una. cosa". Poi la Cisl mi offre
una borsa di studio per seguire
il progetto di una cooperativa
di lavoro interno ». E’ l’Età Beta, formata all’inizio da 15 detenuti politici per creare un servizio di documentazione sull’emarginazione e la pena, utilizzando strumenti informatici con
l’obiettivo di realizzare ricerca,
scambio di informazioni ed espe
rienze con altre realtà. « Aveva
il pregio di essere una voce che
partiva da dentro, e si rivolgeva
a quanti agivano sul territorio,
assistenti, volontari, operatori so
ciali. Si è scontrata con una realtà sorda e indifferente: nessuno
ci ha detto di no, ma nessuno
ha sganciato una lira. Ha così
seguito l’iter di altre iniziative
che partono con le stigmate dell’emarginazione, non hanno consistenza economica, non reggono
sul mercato e finiscono per vivere di assistenza ».
Nonostante l’impegno profuso
la cooperativa non ha decollato,
ed oggi riguarda solo più tre
persone. « Dopo questa esperienza », continua Graglia, « mi sono
occupata assieme al responsabile Inas-Cisl di aprire il servizio
di patronato in carcere per quanto riguarda le pratiche di tipo
assistenziale e previdenziale. Per
mesi ho iscritto detenuti al collocamento, ma beneficiare di questa opportunità non è semplice:
la legge prevede almeno 6 mesi
di anzianità per partecipare ai
cantieri lavoro, e più del 90%
dei detenuti non era in regola
quando sono partiti. Ci si è mossi allora su numeri piccoli, costruendo esperienze ripetibili ».
Con i fondi dell’ex cassa vittirne, accantonati dai Comuni e
liberati dalla Gozzini, si offre il
pagamento dei contributi alle
imprese che accettano di assumere detenuti. « Avviato il progetto », dice Graglia, « ne abbiamo perso il controllo: l’intervento dell’ente pubblico è stato limitato, molte aziende si sono ritirate per i controlli ripetuti di
polizia e finanza, il sindacato
non è riuscito a trovare altri interlocutori ». Così il magistrato
di sorveglianza. Fornaci, prende
in mano la situazione e trova
un’azienda, la Sandor, in cui vengono inseriti 10 detenuti. Condizioni di lavoro pesanti, ipersfruttamento, ricatti del tipo « o qui,
o in galera ». Fino all’episodio
più grave di un detenuto che dopo 4 infortuni regolarmente denunciati viene licenziato e toma
in carcere; dopo l’intervento del
sindacato viene riassunto, ma intanto passano quattro mesi prima che riabbia la semilibertà.
« L’esito è stato però disastroso
solo per una parte dell’esperimento: altri detenuti sono finiti
in piccole aziende artigiane dove continuano tuttora a lavorare. Per questo il sindacato ha di
recente proposto un ulteriore esperimento, per 15 detenuti, in
stretto rapporto con i corsi di
formazione professionale interni
agli istituti di pena », conclude
Barbara Graglia.
La formazione
professionale
La formazione professionale,
infatti, si configura come « unica testa di ponte dell’ente locale all’interno del carcere perché
demandata dallo Stato alle Regioni », afferma Dino Tessa, coordinatore dei corsi di formazione in carcere per il Piemonte.
« Ma alto stato attuale i corsi,
oltre ad essere complicati dalla
mobilità dei detenuti, per cui
inizi in 100 e termini in 20, hanno un’ottica tutta interna, volta
a gestire e rendere meno pesante la vita fra le quattro mura.
Bisogna invece farli uscire all’esterno, finalizzandoli ad un
processo di risocializzazione che
a questo punto riguarda più soggetti: il carcere, il detenuto, gli
enti locali, gli imprenditori, i
servizi sociali, il sindacato. Significa avere chiaro anche che
l’equazione inserimento lavorativo-inserimento sociale è inesatta
e insufficiente, perché hai a che
fare con soggetti che spesso non
hanno mai fatto un lavoro subordinato e che ne hanno una
concezione punitiva, come l’hanno della scuola, dalla quale mol
Va superato l’aspetto solo punitivo della pena.
ti sono stati espulsi ». La legge
infatti parla di un complesso di
aspetti che fanno parte del processo di risocializzazione, dei legami familiari e affettivi, dello
studio.
« Devi avere il tempo per le
tue relazioni sociali, per capire
chi sei, dove vuoi andare. Ma
nelle pene alternative il lavoro
ha una dimensione onnivora »,
afferma Susanna Ronconi, che
da qualche tempo lavora come
archivista presso l’Aspe, l’agenzia di stampa al Grappo Abele.
« Per me, che beneficio delVart.
21, la vita oscilla tra le 10 ore
e mezzo passate qua dentro e il
carcere, e non c’è altro; nella
Semilibertà o nell’affidamento in
prova lo spazio "personale” è
più dilatato, ma non assistito:
il lavoro resta il perno del processo di risocializzazione, ed è
un lavoro inteso con una forte
accezione disciplinare, dove viene privilegiato l’aspetto del controllo a scapilo del momento
formativo, considerato più aperto e perciò rischioso ».
L’iscrizione al
collocamento
La storia si ripete. A supporto della Gozzini la legge 56 sul
collocamento offre ai detenuti
l’esercizio di uno stato di diritto, l’iscrizione al collocamento,
che dovrebbe ridare opportunità
e dignità a chi vuole uscire dalla condizione permanente di delinquente, ma, non essendoci la
regionalizzazione della pena, aspetto fondamentale della riforma penitenziaria, questo diritto
rimane sulla carta. Mancanza di
interazione tra i soggetti istituzionali interessati fa sì che una
delle normative più avanzate resti sostanzialmente inapplicata.
E mentre gli insuccessi frustrano gli operatori del settore, un
vento di restaurazione cerca di
spazzare via anche le possibilità
scritte sulla carta.
Da più parti infatti, sull’onda
dell’allarmismo creato in conseguenza di alcuni mancati rientri da permessi, peraltro estremamente contenuti (su 10.000
permessi non sono rientrati 160
detenuti), si pubblicizza lo scandalo accusando la Gozzini di lassismo. Lo stesso Fassone non è
tenero nei confronti della legge,
e nel dibattito in corso si schiera tra i sostenitori della « pena
certa ». « Oggi si sta verificando
un prevedibile moto di reazione
pendolare contro una legge di
altissima idealità, ma di scarso
senso del reale. Non riuscendo
a intervenire alla radice, ponendo mano alla riforma del sistema penale — tanti reati del codice fascista devono essere ri
Incontri
LUSERNA SAN GIOVANNI — Si conclude venerdì 9 marzo il ciclo di incontri dal titolo « Pensare al femminile »; alle ore 20.45, presso la sala consiliare. l'ultima serata avrà come tema: < Parliamo d'amore » {la sessualità e i sentimenti) con la partecipazione di una psicoioga e di una ginecologa.
PINEROLO — Venerdì 9 marzo, presso il centro sociale di via C. Lequio,
Marco Revelli presenterà il suo libro: « Lavorare in Fiat ».
PINEROLO — Lunedì 12 marzO', alle
ore 17, presso il seminario vescovile
in piazza Marconi, il prof. Paolo Debenedetti, esperto italiano in ebraismo e
dialogo ebrei-cristiani, parlerà sul tema: « Gli sviluppi del dialogo ebraico-cristiano dal Concilio ad oggi *.
Cinema
TORRE PELLICE — Venerdì 9 marzo,
nell'ambito della rassegna cinematografica del cinema Trento, alle ore
21.15 viene posto in visione il film
« Che ora è », di Ettore Scola; sabato
10 e domenica 11 è prevista invece la
proiezione di « Tesoro, mi si sono ristretti i ragazzi ».
Cantavalli
POMARETTO — Sabato 10 marzo, alle ore 21, presso il cinema Edelweiss,
inizia il Cantavalli '90, con la partecipazione del gruppo « Cantovivo ».
Programmi di Radio Beckwith
91.200 FM
Segnaliamo la puntata di Rendez-vous
di mercoledì 14, alle ore 11.30, dedicata ad una riflessione sulle celebrazioni per la « scoperta » dell'America: la
trasmissione « Classicamente » di lunedì 12 marzo, alle ore 17.30, presenterà un ricordo del maestro Elio Rampa, attraverso alcune delle sue più
belle composizioni.
Il culto di domenica 11, ore 11.30,
sarà curato dai giovani.
A causa di lavori alle postazioni di
trasmissione, i programmi di sabato e
domenica scorsa hanno subito interruzionf e variazioni; ce ne scusiamo
con gli ascoltatori, nel contempo segnalando che analoghi problemi potrebbero verificarsi anche nel prossimo fine settimana.
Amnesty International
mossi o attenuati, mentre le norme antinquinamento o per reati
contro la pubblica amministrazione devono essere potenziate
— si è preferito agire sugli effetti, promuovendo sconti di pena
generalizzati, come i 45 giorni
a semestre. Questo significa che
se in una sentenza scrivi quattro, il condannato sa che significa al massimo tre, e questo
non va bene perché toglie fiducia nella giustizia, al pari dei
mancati rientri che saranno pochi, ma riguardano chi ha ancora molti anni da scontare ».
Toglie fiducia, o toglie potere?
Susanna Ronconi: « Perni certa
oggi significa solo più carcere,
e carcere chiuso, mentre il problema è un abbassamento generale dei tetti di pena che in Italia sono, assieme alla Spagna, i
più elevati d’Europa; ma l’attività del Parlamento è tutta rivolta ad un inasprimento — vedi la legge sulla droga. Non è
poi vero che, con la Gozzini, ci
sia stata una riduzione generalizzata del tempo di carcere perché si è innescato un meccanismo per cui da una parte, nelle
sentenze, c’è una tendenza ad elevare le pene, dall’altra, per esempio, vengono dati più arresti
domiciliari ma a chi prima magari veniva mandato in libertà
provvisoria ».
Diegio Marangon
(Da Primopiano del 28.2.’90)
TORRE PELLICE — Giovedì 8 marzo,
ore 16.45, avrà luogo al Centro d'incontro una riunione con il seguente
.o.d.g.: a) «Azione 8 marzo 1990 »: appello per Suzanne Lecaille (Camerún),
arrestata perché sospettata di aver
partecipato ad un tentativo di colpo di
stato nel 1984; b) Azione urgente per
Il Ghana: appelli per 5 uomini: 3 ufficiali d'aviazione accusati di cospirazione per rovesciare il governo, con la
complicità di due civili; c) Campagna
Corea del Sud; d) Investigazione sul
caso del russo Valéry Avdeyev, detenuto in ospedale psichiatrico, nella
regione di Volgograd; e) Varie.
RINGRAZIAIMENTO
« Quand’anche camminassi nella valle dell’ombra della morte,
io non temerei male alcuno perche tu, o Eterno, sei con me »
(Salmo 23: 4)
I familiari della compianta
Severina Meynier ved. Bertìn
commossi e riconoscenti per la dimostrazione di affetto tributata alla loro
cara, ringraziano di cuore quanti con
scritti, parole di conforto e presenza
sono stati loro vicini nella triste circostanza.
Un grazie particolare al pastore Bellion, alla signora Bianca Malan, ai soci
e dipendenti della « Nuova Crumière »
Luserna S. Giovanni 26 febbraio 1990
RINGRAZIAMENTO
« Il Signore è il mio aiuto, non
temerò... »
(Ebrei 13: 6)
I familiari di
Augustina Talmon ved. Barai
commossi per la dimostrazione di stima e affetto tributata alla loro cara,
neirimpossibilità di farlo singolarmente, ringraziano tutti coloro che con la
presenza, fiori e scritti hanno voluto
prendere parte al loro dolore.
Un grazie particolare al medico curante dr. Meli, ai pastori Coisson e
Hans Eugen Bitzer e alla cara Giuliana Pascal.
Pomaretto, 4 marzo 1990.
RINGRAZIAMENTO
I familiari del caro
Riccardo Cesan
ringraziano tutti coloro che con presenza, scritti e parole di conforto hanno preso parte al loro dolore.
Un ringraziamento particolare alrUSSL 43, al dott. Peyrot, alla dottoressa Paola Grand ed al pastore Bruno
Rostagno.
Torre Pellice, 9 marzo 1990.
RINGRAZIAMENTO
« Io ho combattuto il buon
combattimento, ho finito la corsa, ho serbato la fede »
(II Timoteo 4: 7)
La moglie, i figli e parenti tutti di
Enrico Pons
di anni 90
ringraziano tutte le persone che con
scritti, fiori e parole di conforto hanno
preso parte al loro dolore. Un grazie
particolare al pastore Klaus Langeneck,
alla signora Ilda Ribet in Paschetto, al
dott. Graziano Madoglio e alla signora
Marita Alliaudi.
S. Secondo, 9 marzo 1990.
AVVISI ECONOMICI
PRIVATO acquista mobili vecchi e antichi, oggetti vari. Tel. Pineroilo
40181 (dopo le ore 18).
mi
I
I LUSERNA S. GIOVANNI I
I
Collina di San Giovanni, posizione |
panoramica casetta composta da ; p.
I terra soggiorno, tinello, cucinotta, |
bagno/lavanderia ; p. 1° 7 camere,
I bagno, terrazzo. Sottotetto, giardino, I
cortile. L. 108,5 m ®
I
VALPELLICE IMMOBILIARE
I
Luserna S. Giovanni |
Viale De Amicit 3/1
Tel. (0121)901.SS4
Ìl
16
16 fatti e problemi
9 marzo 1990
UNA VOCE LATINOAMERICANA
AMNESTY INTERNATIONAL
"Quella parte di noi
che chiamiamo Europa
II
Nella prospettiva deH’integrazione europea non possiamo dimenticare lo stretto rapporto che ci lega alla storia di altri continenti
Di fronte alla prospettiva dell’integrazione economica europea, di fronte al ’92-’93, ai progetti di programmi televisivi diffusi via satellite sul continente,
di fronte ad una osmosi tra attività economiche, di fronte alla prospettiva della libera circolazione interna, si aprono tuttavia per l’Europa del prossimo
futuro alcuni interrogativi inquietanti. Si apre, con il processo
di disfacimento del patto di Varsavia e con la democratizzazione dei paesi del « socialismo reale », una stagione che vedrà sempre più marcata la richiesta di
collaborazione da parte dell’Est.
Ma non solo. Deve aprirsi anche
una nuova stagione di confronto con quei « pezzi d’Europa »,
con 1’« altra faccia del vecchio
continente », che è retaggio e
conseguenza di secoli di colonizzazione e di dominio.
In tanti hanno già lanciato grida allarmate sul fatto che l’Atto
unico europeo e la possibilità
di aprire mercati impensabili solo pochi mesi fa ad Est stanno
facendo perdere di vista le conseguenze che questi secoli di dominazione hanno prodotto sui
paesi africani, su parte dell’Asia,
sull’America latina.
E giustamente, proprio da parte di questi paesi, si fanno pressanti le richieste di non essere
dimenticati. Giungono segnali
contrastanti. Dall’Italia è inquietante il ridimensionamento degli aiuti alla cooperazione internazionale, che sta colpendo soprattutto le organizzazioni non
governative. E mentre a Seoul
è appena iniziata l’assemblea
mondiale su « Giustizia, pace e
salvaguardia del creato » non
possiamo dimenticare il grido
d’allarme lanciato aH’assemblea
europea di Basilea nello scorso
maggio. In quella occasione fu
data la parola anche ad esponenti del terzo mondo, e l’indiana Aruna Gnanadason si fece
portavoce di questa disperazione.
Una rivista
« europea »
Nell’autunno scorso è sorta
un’iniziativa (che segnalammo
sul nostro giornale) importante:
il bimestrale « Liber », supplemento all’« Indice dei libri del
mese », è una rivista di letteratura, politica e cultura realizzata da una redazione europea, ed
è quindi un tentativo di avvicinare tramite la cultura i paesi
europei, di andare al di là dell’asjjetto economico.
Ora, una caratteristica che può
essere ritenuta molto qualificante per una « rivista culturale europea » è, nel quadro accennato
sopra, proprio la capacità di saper guardare... oltre l’Europa
stessa, a quegli altri pezzi di
mondo che reclamano una doverosa attenzione da parte nostra.
Lo fa, sul numero dello scorso dicembre, un ampio saggio a
firma dello scrittore latinoamericano Carlos Fuentes, intitolato
proprio Europa, un altro volto.
Il saggio parte con la constatazione di ciò che è cambiato in
Europa dai primi anni del dopoguerra, quando Fuentes la visitò per la prima volta, ad oggi.
Allora « l'Europa sembrava avere l'età della morte. Città devastate della Germania. Impressionante povertà dell'Italia. A Genova, persone che raccattavano
cicche di sigarette per strada.
Tra Firenze e Pisa, treni di terza classe affollati da una borghesia impoverita, che viaggiava a
piedi, con valige tenute insieme
da uno spago. (...) A Londra perduravano i disagi della guerra,
il razionamento, le macerie del
blitz. Mauthausen, Bergen-Belsen, Treblinka erano i nomi di
un orrore vivo, baluginante, che
la coscienza ferita della vecchia
Europa razionalista non riusciva
a riconoscere ». Era il 1950.
Il più alto
tenore di vita
E oggi? « In questa atmosfera di attesa — osserva Fuentes
— l’Europa celebra, e noi con
lei, non solo il più alto tenore
di vita della sua storia ma (...)
la qualità della vita più alta che
il continente abbia mai conosciuto. Ci colpiscono non solo le cifre della produzione comunitaria, superiori a quelle degli USA
e dell’Unione Sovietica, ma anche la superiorità nello stile, nella cultura, nell’alimentazione (...).
Il continente che io conobbi nel
1950 era stato vittima di un sacrificio. Ma progettava di riedificarsi mediante il sacrifìcio. (...)
Tuttavia oggi (...) non rischia
forse l’Europa — quella parte di
noi, che in America latina chiamiamo Europa —• di cadere nello stesso tranello che, ripetutamente, l’ha portata al disastro?
Non spazza via, l’Europa, sotto
il sontuoso tappeto della sua
nuova prosperità, troppe cose
che non vuole vedere? ».
Rispetto agli USA, osserva lo
scrittore, dove la povertà è sotto gli occhi di tutti (basta girare per le strade delle metropoli), l’Europa «sa camuffare
meglio i suoi poveri, rimanda i
propri indesiderabili ai loro luoghi d’origine, genera una xenofobia sempre più militante ». Certo, Oggi, prepotentemente, l’Ovest
si apre all’Est, si riscopre una
identità del centro del vecchio
continente. Ma « il vero altro
dell’Europa si chiama Iberoamérica, il progetto monco dell’Utopia rinascimentale, l’Europa che
ha anche colori indiani e afri
VISUS
di Luca Regoli & C. sn.c.
OTTICA ■ Via Arnaud, 5
10066 TORRE PELLICE (To)
Il posto degli occhiali
L’OTTICO DI LUSERNA
di Federico Regoli & C. s.nc.
Via Roma, 42
10062 LUSERNA S. GIOVANNI (To)
cani: il continente indo-afroàbero-americano. (...) Un continente
che dice all’Europa: "Sono l’altro tuo volto, il volto che non
riflette neppure la totalità metafisica o la modernità razionalistica in cui tu stessa hai cessato di credere, ma piuttosto
l’eterogeneità, (...) il dialogo al
quale devi cominciare a partecipare” ».
Che cosa sarebbe
senza di noi?
La conseguenza che Fuentes
trae da queste considerazioni è
importante politicamente e metodologicamente. Ora che l’Europa vive forse l’ultima fase del
« crollo delle ideologie », che sta
scomparendo ogni residua fiducia nel progresso (e per noi credenti, a questo proposito è opportuno leggere il volume Claudiana, scritto a più mani, su « Dio
e la storia »), non è possibile tuttavia far finta di niente nei confronti di questi nostri « concittadini » ai quali ci siamo sempre presentati come più avanzati, come più progrediti, come
quelli che portavano la civiltà,
il progresso, e in alcuni casi la
Parola di Dio. Anche se questo
avveniva con la spada ad opera di Pizarro e dei suoi, anche
se questo avrebbe portato all’apartheid. Dice Fuentes: « Non
concepisco, perciò, l’Europa senza di noi (...). Non può esserci
un’Europa indipendente se non
c’è un’Iberoamérica indipendente ». Il continente latinoamericano, colonizzato a suo tempo da
Spagna e Portogallo, è in buona
parte economicamente dipendente dagli Stati Uniti, e deve invece poter cercare una strada
di affrancamento e di sviluppo
autonomo.
Potenziare le
differenze
« L’America india, negra e iberica— conclude Carlos Fuentes
—- è ancora un insieme di società sacrificali, su cui puntano
e si contendono le chiavi dell’avvenire sia gli stati nazionali,
sia i- capitalismo selvaggio, la
tradizione e la modernità, le società civili e forme ancora inedite di comunità e di autogestione. Non abbiamo ancora detto
l’ultima parola; speriamo di dire le nostre future parole, come dicemmo quelle iniziali, insieme a voi europei, in un mondo che attivi e potenzi le proprie feconde differenze e non
.soccomba a un'uniformità desolante come quella delle rovine
che vidi nel 1950 ».
Sapremo raccogliere questa
sfida, che, oltretutto, rappresenta un atto doveroso nei confronti di questi popoli? Non possiamo dimenticare che per molti
di loro la presenza europea ha
coinciso, secoli fa, con la distruzione di intere civiltà. Sapremo
farci un esame di coscienza? O
andremo invece alla celebrazione fastosa, trionfalistica e per
questo insultante del cinquecentenario della scoperta dell’America? Integrazione europea e celebrazioni colombiane coincideranno nel 1992: sapremo riflettere sui costi umani che altre
parti de) mondo stanno pagando? Sapremo cooperare senza
violenza?
Alberto Corsani
Le donne
senza diritti
La repressione spesso è con loro più brutale Si sono costituiti specifici gruppi ó\ studio
La Sezione italiana di Amnesty
International ogni anno, in occasione della Giornata internazionale della donna, emette un
comunicato stampa con il quale
vuole richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica sulle migliaia
di donne vittime di violazioni di
diritti umani nel mondo.
« Se è una donna — sostiene
Amnesty — a guidare un movimento di opposizione, oppure a
protestare contro gli abusi di potere o a chiedere giustizia per sé
e per i propri familiari, la repressione spesso diventa più dura,
violenta e arbitraria ». Infatti,
quando è una donna ad essere
arrestata ed incarcerata, la tortura sia fisica che psicologica diviene più raffinata e spietata :
le scariche elettriche vengono
praticate nelle parti più delicate
del corpo femminile e la violenza
sessuale durante gli interrogatori, anche in presenza del marito
o del compagno, diventa usuale
e sistematica, mentre le torture
inflitte ai figli, pure ai più piccoli, alle quali la madre è costretta ad assistere, costituiscono per
essa il supplizio più terribile.
Tutto questo ha lo scopo di fiaccare la sua resistenza per estorcerle confessioni.
La Sezione italiana di A.I. cita
nel comunicato alcuni casi emblematici di donne, prigioniere
di coscienza, vittime di gravi abusi: donne detenute per anni senza accusa né processo, come in
Siria, perché mogli e madri di dirigenti del Partito d’azione comunista, considerato illegale; donne
del continuo minacciate di morte, come in Guatemala, per la loro azione in difesa dei diritti
umani o per le denunce contro
gli squadroni della morte; donne
violentate e seviziate dai soldati
o torturate nei posti di polizia,
come in Perù. E altre donne considerate da Amnesty prigioniere
di coscienza vengono ricordate
in questo 8 marzo: come la cittadina del Camerún accusata ingiustamente di coinvolgimento
nel colpo di stato dell’84 e la studentessa di lingue straniere presso l’università di Seoul, nella Corea del Sud, accusata di essersi
recata illegalmente nella Corea
del Nord per il Festival della
gioventù, e ancora le due ragazze jugoslave, di origine albanese,
arrestate per aver partecipato ad
una marcia pacifica di protesta
per la chiusura di alcune classi
di lingua albanese nelle scuole
superiori della Repubblica della
Macedonia. Nel Malawi viene segnalata una donna detenuta perché appartenente ad un gruppo
etnico in lotta con il gruppo del
presidente del paese. L’ultimo
caso presentato è quello della
cittadina birmana, segretaria del
principale movimento di opposizione, arrestata con l’accusa di
« aver messo in pericolo la sicurezza della nazione » per aver organizzato manifestazioni, a ca
ratiere non violento, di protesta
contro la legge marziale.
Amnesty International è molto
attenta alle violazioni dei diritti
umani di cui sono vittime in modo specifico le donne. Il primo
incontro internazionale sull’argomento « Donne e diritti umani » si è svolto durante lo scorso
Consiglio internazionale di Amnesty International.
In diverse sezioni europee ed
extraeuropee si sono costituiti
dei gruppi di dorme, molto interessate ad un lavoro specifico
su questo argomento. E’ emersa
la necessità, sia su piano nazionale che internazionale, di lavorare allo sviluppo di una struttura e di un piano operativo, preceduto da una ricerca seria ed approfondita, per la protezione e
la salvaguardia delle donne, soprattutto di quelle partecipanti
ad attività politiche e sindacali.
Anna Marnilo Reedtz
LA SOLIDARIETÀ
è la tenerezza dei popoli
è una risposta alle attese di giustizia,
di pace e di liberazione di uomini e
donne del Sud e del Nord del mondo
UNA RIVISTA trimestrale, promossa da tre organismi di volontariato
internazionale. 40 pagine di riflessioni e testimonianze sui temi dei rapporti
Nord-Sud, della giustizia e della pace, della cooperazione e del volontariato.
TRE COLLANE DI QUADERNI che ti parlano di educazione alla
mondialità, di medicina e salute, di Paesi del Terzo Mondo e di programmi di
sviluppo.
UNA PROPOSTA CONCRETA per gruppi, famiglie, associazioni, per
l'animazione e l'approfondimento.
Redazione: CISV - c.so Chieri 121/6 -10132 TORINO - tei. 011/894307