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Anno 120 - n. 16
20 aprile 1984
L. 500
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a : casella postale - 10066 Torre Pellice.
Via Caduti Liberta o
10066 TCRHS FELLICE
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGEUCHE VALDESI E METODISTE
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Camera e Senato hanno definitivamente approvato la decisione governativa suU’instaUazione dei missili nucleari a Comiso. A dimostrazione della serietà e della sofl'erta decisione
della maggioranza, le votazioni
hanno dovuto essere rinviate perché non c’era il ninnerò legale.
Nel contempo, in occasione
della votazione alla Camera, il
ministro della Difesa Spadolini,
nella sua replica susseguente al
dibattito, assicurava che il governo avrebbe debitamente valutato la proposta del referendum
consultivo sui missili.
Successivamente, una decisa
marcia indietro. La risposta governativa era che la consultazione richiesta non è prevista dalla Costituzione e perciò non poteva « collocarsi in una sfera di
liceità costituzionale » in quanto i costituenti « espressamente
esclusero la previsione di referendum diversi da quello abrogativo ». Con questa risposta il
governo si è reso responsabile
di due giravi carenze. La prima,
nei confronti dell’opposizione
comunista, in quanto ha «ignorato » che la richiesta era di un
referendum puramente « consultivo » allo scopo di avere il par
rere del popolo italiano. La seconda, nei confronti dei cittadini, che avrebbero pure il sacrosanto diritto di potersi esprimere su una questione di vita o
di morte per tutta la comunità
nazionale. Ma forse, il vero motivo del « no » al referendum è
da ricercarsi nel fatto che diversi sondaggi di opinione che sono
stati effettuati in Italia hanno
senza dubbio confermato che la
stragrande maggioranza non
vuole i Cruise. Ricorderò qui per
tutti il sondaggio condotto per
conto del settimanale « Panorama », secondo cui soltanto 11 143
per cento degli italiani si è detto favorevole aU’instaUazione,
UNA PREDICAZIONE DI ERMANNO ROSTAN
Dio ci attende sul limite estremo
della nostra esistenza
Nel lungo itinerario attraverso le testimonianze bibliche appare, alla fine, con estrema
chiarezza, la vittoria di Dio sulla morte delTuomo: espressa nella risurrezione di Gesù Cristo
Con commozione pubblichiamo — e certo molti lettori leggeranno — questa chiara testimonianza del pastore Ermanno Rostan
recentemente scomparso. Questa predicazione sulla risurrezione dei
morti fondata sulla vittoria di Cristo sulla morte risale al tempo
del suo ministero a Ivrea.
« Ma qualcuno dirà : Come risuscitano i morti? E con qual
corpo tornano essi?»
(1 Cor. 15: 35)
Come?
Se chiediamo ad un cristiano,
protestante o cattolico, uomo di
cultura o no, che cosa egli pensa sulla sorte individuale dell'uomo dopo la morte, molte volte avremo la risposta dell’immortalità delFanima. Che cosa
sia veramente questa « immortalità » è difficile dirlo in termini precisi; ad ogni modo si tratta di una credenza più consona
alla filosofia greca che non al
messaggio del Nuovo Testamento. Esiste una differenza sostanziale fra la concezione greca dell'immortalità deH'anima — secondo cui il corpo è come una
prigione per l’anima, un rivestimento esteriore destinato al disfacimento in attesa della morte liberatrice — e il messaggio
della risurrezione dei corpi, non
di spiriti disincarnati, sulla scia
di colui che l’Apocalisse chiama
il « primogenito dai morti » f
grazie al quale l’era finale è già
instaurata anche se non ancora
totalmente compiuta: « Ma ora
Cristo è risuscitato dai morti,
primizia di quelli che dormono.
Infatti, poiché per mezzo di un
uomo è venuta la morte, così anche per mezzo di un uomo è venuta la risurrezione dei morti ».
Tutto il pensiero di Paolo è
saldamente ancorato alla fede
nella risurrezione ed è una fede
che ha Cristo al suo centro. Secondo Paolo la morte non è l’amica deH’uomo, ma il suo iiemico: è conseguenza di un mondo in rivolta contro Dio, perciò
è anche nemica di Dio. L’uomo
non possiede da solo la vita e
l’immortalità: anzi, « il salario
del peccato è la morte » in tutta
la sua realtà, in tutta la sua angoscia, in tutto il suo ^ orrore,
mentre « il dono di Dio è la vita
eterna in Cristo Gesù ». La resurrezione, nel senso cristiano di
questo termine, non è dunque
una pura e semplice sopravvivenza spirituale; è invece un atto creatore di Dio, un intervento definitivo e vittorioso sulla
potenza che atterra ogni uomo.
Questa vittoria è anche la nostra speranza cristiana: oltre i
sepolcri, al di là dei vuoti che
nessuno ha mai più cqlniati e
delle fragili spoglie in cui si riassume ogni esistenza terrena, la
nostra speranza non è l’immortalità della nostra anima vagante
in Gualche sfera dell’universQ,
ma piuttosto la presenza creatrice e misericordiosa di Dio, la
A questo punto si pone un interrogativo, dato che U governo
ha respinto la proposta del referendum in quanto incostituzionale. Governo e maggioranza sono certi di essere nella Costituzione nell’aver accettato i missili? Molti giuristi, uomini di
cultura, politici e semplici cittadini affermano che questi ordigni sono del tutto contrari alia
Costituzione. Si tratta infatti di
strumenti di genocidio stranieri
in mano straniera che possono
solo avere una funzione distruttrice contro città e popolazioni
civili, non solo verso l’URSS e
paesi satelliti, ma anche verso il
nord Africa e il Medio Oriente.
Invece, l’art. 11 della Costituzione afferma che Tltalla ripudia
la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione
delle controversie internazionali.
Ma già fin dal suo primo articolo la Costituzione afferma che
la sovranità appartiene al popolo. Bella sovranità davvero,
quando gli viene impedito di
pronunciarsi su una questione
che non solo interessa, cittadino
per cittadino, tutta la nazione,
ma anche milioni di esseri umani. Intanto, l’escalation continua
fatalmente: è proprio di questi
giorni la notizia, di fonte jugo' slava e albanese, che la Bulgaria si starebbe preparando a dislocare missQi SS 23 per fronteggiare 1 Cruise di Comiso.
Roberto Peyrot
UN APPELLO DEI CRISTIANI DEL NICARAGUA
La speranza dei miseri
La rivista «Cale Report» (Clergy and Laity Concerned) ha
pubblicato nel numero di marzo un appello di diverse organizzazioni ecclesiastiche del Nicaragua per una campagna di solidarietà
e di resistenza contro l’intervento statunitense in America Centrale. Ne riproduciamo la parte essenziale. «Cale», che ha sede a
New York, è un’organizzazione sorta nel ’65 per mobilitare l’opinione pubblica contro l’intervento USA nell’Asia sud-orientale;
oggi si batte per promuovere un cambiamento della politica oppressiva del governo USA ovunque essa si manifesti.
L'Eterno sarà un alto ricetto
all’oppresso, un alto ricetto in
tempi di distretta. Colui che domanda ragione del sangue si ricorda dei miseri, e non ne dimentica il grido. Il povero non
sarà dimenticato per sempre, né
la speranza dei miseri perirà in
perpetuo (Sai. 9: 9, 12, 18).
Rivolgiamo un urgente appello alle Chiese cristiane all’estero
richiedendo la loro solidarietà
mentre ci troviamo di fronte ad
un crescente processo di aggressione da parte dell’attuale governo degli Stati Uniti. Recenti
avvenimenti in questa zona indicano che siamo alle soglie di
un’invasione diretta in America
centrale da parte delle forze militari statunitensi.
La politica
dei terrore
Come cristiani sperimentiamo
ogni giorno la sofferenza della
nostra gente causata dalla guerra aperta che l’attuale Amministrazione USA dirige contro il
nostro paese. Ogni giorno vediamo crescere il numero degli orfani che non conosceranno l’affetto e la protezione di un padre.
C’è un numero crescente di vedove e di madri che piangono i
figli stroncati nel fiore degli anni da bande armate con moderno equipaggiamento « made in
USA» procurato dalla CIA con
l’esplicita approvazione dell’attuale Amministrazione. Il tribu
to di vite umane risultante dalla
politica del terrore promossa
dai « campioni della libertà », come il presidente Reagan li ha
chiamati recentemente, ammonta
a più di 1000 vittime tra civili e
membri della nostra forza popolare di difesa.
Il blocco economico, politico e
militare sta portando il paese
alla fame aumentando le privazipni della, gente. Il Governo
USA sta tentando di metterci in
ginocchio per fame, dal momento che non è stato capace di farlo con mezzi politici e militari.
C'è mancanza di medicine nei nostri ospedali e le nostre poche e
semplici industrie sono costrette
a chiudere per mancanza di materie prime che non siamo stati
in grado di importare dall’estero. Mentre il Governo USA continua a bloccare prestiti e crediti nelle organizzazioni finanziarie
internazionali, la Esso rifiuta di
noleggiarci i mezzi per trasportare il petrolio dal Messico al
Nicaragua.
Le nostre riserve di carburafi
attesa del Signore Gesù il quale
« trasformerà il corpo della nostra umiliazione rendendolo conforme al corpo della sua gloria ».
Questo è il pensiero dell’apostolo Paolo; un pensiero ed un
annunzio che non si discostano
dalle dichiarazioni contenute negli Evangeli, raccolte dalla bocca del Cristo: pensate alle parole di Gesù nel discorso sul « pane della vita »: « Questa è la volontà di Colui che mi ha mandato: ch'io non perda nulla di
tutto quello che Egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell'ultimo giorno » (Giov. 6: 39) e ricordate anche l’affermazione di
Marta nel suo incontro con Gesù davanti al sepolcro di Lazzaro: « Lo so che risusciterà, nella
risurrezione, nell’ultimo giorno », un’affermazione che Gesù
completa e precisa con queste
parole uniche al mondo: « Io sono la risurrezione e la vita; chi
crede in me, anche se muoia vivrà; e chiunque vive e crede in
me, non morrà mai. Credi tu
questo? ». « Perché l’ora viene »,
e anche queste sono parole del
Cristo, « in cui tutti quelli che
sono nei sepolcri udranno la sua
voce e ne verranno fuori: quelli
che hanno operato bene, in risurrezione di vita; e quelli che
hanno operato male, in risurrezione di giudizio » (Giov. 5: 28-29).
Quando?
(continua a pag. 12)
Ma quando avverranno queste
cose? e come risusciteranno i
Emuuino Rostan
(continua a pag. 6)
2
Ori-'v^
2 fede e cultura
20 aprile 1984
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DIBATTITO SU « MOGLI DI PASTORE SI INTERROGANO
»
La ricerca in casa nostra
Tre anni fa era stata fatta in
Italia una riflessione-inchiesta nel
quadro dello studio del CEC
« comunità delle donne e degli
uomini nella chiesa » simile a
quella delle mogli di pastore svizzere (Eco, 30 marzo '84); i problemi sollevati allora sono rimasti tuttora immutati, per cui è
forse bene rilevare alcune differenze con la situazione svizzera
per vedere se ci sarebbe uno
sbocco a situazioni ambigue.
P Non avevamo limitato l'inchiesta alle sole mogli di pastore,
ma questa interessava altre donne impegnate, soprattutto in istituti.
, 2) Avevamo constatato che le
mogli dei pastori che hanno un
lavoro personale hanno autonomia e « identità sociale», ma
spesso sono gravate da un triplice lavoro (famiglia, professione, comunità) a seconda della
zona in cui abitano. Si tratterehbe. di non aspettare da loro
più_ di quanto possono fare, ma
un impegno pari a quello di qualsiasi altra persona della comunità che offre il proprio tempo libero secando i propri doni.
3) Sembra che per le svizzere
non ci sia posto per il volontariato. Invece le nostre chiese vivono
e' devono vivere di volontariato.
Con l'inchiesta italiana si voleva sottolineare la differenza tra
un volontariato limitato — come
lo dimostra la nuova Associazione per il volontariato che richiede dai giovani solo im impegno di alcuni anni — e la situazione che avevamo chiamato
di _ « volontariato permanente »
difficilmente sostenibile oggi. Alcune intervistate si erano impegnate in gioventù in un lavoro
volontario di alcuni anni nel
quale avevano la loro identità e
considerano queU'esperienza come im periodo bello della loro
vita. L'inchiesta era stata limitata a mogli di pastori o di responsabili d’istituti in situazione precaria di volontariato permanente, che avevano rinunciato a un
lavoro personale per scelta vocazionale ( « L’ho sentito come una
missione; ora però mi sento talvolta prigioniera di un'istituzione
precisa ». « Per fare cose che
hanno im senso che va al di là
del semplice guadagnarsi lo stipendio »), ma per le quali ormai
questa situazione non è più chiara. (Alcune dicevano: «mi sento
un essere senza un ruolo preciso », mentre Rovani affermavano « oggi i dilettanti a tempo
pieno non interessano »). Alcune
di loro avevano cercato in gioventù un impegno totale nella
chiesa come risposta a ima personale vocazione per una testimonianza concreta, ma non esistevano strutture nelle quali impegnarsi (solo di recente sono
accettate le donne-pastore e ancora più recentemente è stato
istituito il « ruolo diaconale »).
Ma allora le vocazioni ci sono e
come chiesa non sappiamo utilizzarle? (« Non sono utilizzata
secondo i miei doni ». « In generale, viene chiesto di essere più
Marta che Maria »).
4) Perciò dopo aver scelto la
strada dei discepoli che Gesù faceva uscire dai propri quadri
sociali per seguirlo, han finito
col perdere la loro autonomia, e
si chiedono se la loro testimonianza è ancora positiva, o ormai
negativa. Difatti il punto di partenza dell’inchiesta era « come
testimoniare meglio » nella nostra situazione storica ( « Ho il
sentimento che la mia situazione di "casalinga-moglie” rappresenti per il mondo esterno alla
comunità — cioè proprio quello
in cui dobbiamo andare ad evangelizzare — una contraddizione
rispetto alla liberazione che desi
dero portare nel mondo nel nome di Cristo »).
5) Ma per noi credenti come
collègue questa necessità di autonomia con l'altra necessità di
una vita comunitaria? La coppia
pastorale ricalca il modello di famiglia nucleare della nostra società; come fare per incoraggiare le nostre comunità a creare
delle équipes o gruppi comunitari al suo posto per una testimomanza più attuale, più autentica
e meglio recepita daH’esterno?
6) Altro punto diverso dal rapporto svizzero: quello della retribuzione; certo chi lavora per la
chiesa a tempo pieno o parziale
non può non essere retribuito se
non ha altro sostentamento personne. Ma non tutto deve essere
retribuito, come appare dalla riflessione delle, svizzere. Non solo
perché l’Italia è in una situazione di povertà ben diversa da
quella svizzera, ma perché è una
proposta che nasce daU’evangelo.
Delle famiglie pastorali si sono
abituate ad accontentarsi di poco, senza sentirlo come una rinuncia. NeUa ricerca svizzera
c’era un paragrafo che non è
stato riportato suU’Eco ma può
illuminarci: l’ipotesi di. 2 vedove
ancora giovani di 2 pastori della
stessa comunità, una che aveva
un’attività professionale con assicurazioni sociali, r altra che
« rispondeva a tutte le attese
della sua comunità senza essere
retribuita »; quella che serviva
gratuitamente avrà una rendita
di vedova, dovuta non al suo proprio lavoro, ma a quello del marito, e perderà probabilmente la
sua attività; l’altra proseguirà la
sua attività professionale con la
previdenza sociale. « Tale disuguaglianza è difendibile? ». L’indagine italiana aveva un punto
fermo intorno al quale tutto ruotava: « Povertà sì, dipendenza
no ». Difatti tutti questi problemi non si pongono per il marito
di una donna-pastore che ha ov
Conclusioni
Borsa di studio FCEi
In considerazione dell’importanza che ì mezzi di comunicazione di massa hanno assunto negli ultimi anni e dell’opportunità che
anche le chiese evangeliche in Italia siano messe in grado di potersene servire in modo adeguato, il Servizio stampa radio e televisione della Federazione delle chiese evangeliche in Italia ha avviato un’azione promozionale che si concretizza, fra l’altro, nell’offerta di una borsa di studio messa a disposizione di una giovane
o di un giovane di estrazione evangelica che desideri acquisire
esperienze nel campo delle comunicazioni di massa.
La borsa di studio si propone come primo obiettivo di allargare la cerchia degli evangelici attivi che abbiano conoscenze e capacità nell’ambito dei mezzi di comunicazione di massa (stampa,
agenzie, radio, televisione ecc.).
Le prime due borse di studio sono state assegnate ed utilizzate
nel 1982 e 1983.
La terza borsa di studio prevede un soggiorno di sei mesi a
Roma (dal 1” settembre '84 al 28 febbraio ’85). In questo periodo
il servizio fornirà strumenti per una formazione teorica e organizzerà uno o più stages pratici, in imo o più settori dei mass media, nel quadro delle attività di formazione che già si svolgono
presso Ila sua sede.
Chi fosse interessato a questa possibilità di formazione, avendo le conoscenze culturali di base, è pregato di scrivere al Servizio
stampa radio e televisione della FCEI, via Firenze 38, 00184 Roma,
entro il 31 maggio 1984, accludendo il proprio curricolo personale
e indicando l’eventuale conoscenza di lingue straniere.
A 50 metri dalla spiaggia — ambiente familiare
servizi e il trattamento.
ottimi i
ERMANNO ROSTAN
E’ possibile vivere — come moglie di pastore — la propria vocazione
senza essere frustrate o sfruttate, senza perdere la propria identità?
Caro Direttore,
viamente un lavoro personale,
perciò uno statuto chiaro e autonomo.
7) Quali le conclusioni?
a) Le svizzere propongono 4
possibilità.
b) L’inchiesta italiana spostava il problema, non considerando soltanto la situazione di
mogli di pastori o di responsabili d’istituti, ma puntando sulla
creazione di nuovi ministeri per
qualsiasi persona e secondo le
necessità del luogo (e per le mogli di pastori o di responsabili
d’istituti impegnate, il diritto di
far parte almeno dell’assemblea
di circuito, come riconoscimento
in quanto animatore o operatore
diaconale. La retribuzione non
dovrebbe cambiare ma essere riferita alle due persone oppure
essere distinta tra base percepita dal marito e assegno familiare
versato alla moglie, per lei e per
i figli).
c) E oggi?
1) Insistiamo su nuovi ministeri da sviluppare ormai nel
quadro del ruolo diaconale, a
tempo pieno o parziale secondo
i periodi della vita, e per tutti,
con qualifica e compiti precisi.
2) Prevedere anche nuovi ministeri « fuori ruolo diaconale »,
cioè anche volontari in certi casi, ma almeno con il diritto ad
una certa formazione o aggiornamento e con la nossibilità di partecipazione a vari livelli decisionali.
Tutto questo solo per dare facoltà ad ognuno di noi di svolgere la propria vocazione secondo i propri doni, senza frustrazioni o sfruttamento e con la
propria identità, aU’intemo di
strutture ecclesiastiche che sono
di sostegno per una testimonianza coerente e non di intralcio.
Marie-France Maurin Coïsson
La notizia della sua scomparsa ci
è giunta attraverso La Luce (n, 11 del
16.3.84) e poiché Ettore Serafino ha ricordato soprattutto un breve periodo
della sua vita e della sua attività di
cappellano degli alpini In tempo di
guerra, lasciando ad altri di rivivere
« analoghi ricordi » del suo ministero
pastorale, mi sia consentito richiamare
alla memoria alcune poche cose, a
testimonianza della cara e bella personalità di Ermanno Rostan.
Lo incontrai la prima volta all'inizio
dei miei studi di teologia a Roma, quando lui frequentava II 3° anno ed era il
praeses degli studenti. Era forte ed
esuberante di vita. Lo ricordo quale anlmatore della gioventù valdese, come
pastore ed efficace predicatore. Ebbi il
privilegio di essere con lui per alcuni
anni quale membro della Tavola Valdese di cui egli era Moderatore, In momenti difficili per la nostra Chiesa. Ne
portava il peso con enorme senso di
responsabilità e con profonda umiltà.
Ermanno Rostan va ricordato come
scrittore e pubblicista e i lettori de
La Luce ne sono a conoscenza.
Non mancherà ad altri aggiungere testimonianza a testimonianza.
Vorrei soltanto ricordare i lunghi anni di malattia cosi pazientemente e serenamente sopportati con l’aiuto e l'assistenza della sua diletta compagna di
vita e di ministero cristiano.
« Il tempo della prova » edito dalla
Claudiana, porta una eco delle sue sofferenze, ma anche della pace e della
consolazione che egli aveva trovato
nella fede che non era stata solo predicata da lui. ma anche vissuta.
Credo che sia giusto applicare anche a lui la bella espressione apostolica: « abbiate stima di uomini cosiffatti » (Pii. 2: 29).
P. V. Panasela, Palermo
LE NOSTRE PREDICHE
Caro direttore,
molti, penso, la domenica mattina, a
conclusione della trasmissione « Culto
evangelico », si domandano: che ci servirà, oggi, la rubrica • Un fatto, un
commento »? La rubrica in sé mi pare
azzeccata; si potrebbe anche domandarsi se non è questa la formula più adatta di predicazione alla radio. Quanto
al contenuto... beh, si è sottoposti a una vera doccia scozzese; si passa da
domeniche in cui si riceve una rapida,
incisiva predicazione, a volte in cui,
sinceramente, ci si vergogna. Riferisco,
con questo mio parere, quello di varie
persone, membri e no di nostre chiese. Stamattina è stata una delle volte
nere, e così mi decido a scrivere. Il
commento è personale, lo so, però la
rubrica ci coinvolge.
Predicare è difficile, difficile 11 riferimento evangelico all'attualità. Abbiamo sempre criticato e magari deriso le
« prediche » papali pontificanti su tutto
e tutti; non facciamo anche noi, spesso, lo stesso, magari con superficialità
anche peggiore? La « vergogna » di cui
parlavo (che non di rado si tinge d'indignazione) viene dal fatto che a volte le questioni sono affrontate con un
pressapochismo, una superficialità, una
unilateralità che fanno pensare alle mosche cocchiere, che in due parole Insegnano a tutti come si governa, co(me
si regolano le immense questioni della
giustizia, della guerra e della pace, della convivenza personale e collettiva...
A volte poi, come oggi, c'è soprattutto quello che mi pare un abuso dell'Evangelo. Il commentatore, riferendosi all’Invito di Gesù a « porgere l'altra
guancia », pur avendo notato che non
è facile passare dal personale aH'universale, ha sostenuto che, in questo
caso, il disarmo unilaterale — inteso
come disponibilità a offrire l'altra guancia — può essere anche un sagace atto politico, capace di disarmare l'aggressività deH'awersario. Sul piano politico, la cosa si può discutere, anche
se mi pare di un utopismo del tutto
Irreale, quindi nefasto (non c'è di peggio che considerare gli uomini, noi e
gli altri, diversi da quelli che purtroppo sono). Ma soprattutto mi pare grave,
inaccettabile presentare l’Evangelo —
della croce! — come una norma di sostanziale buonsenso; come se Gesù
avesse detto: provate, provate, offrite
l'altra guancia, vedrete come tutti i vostri avversari e nemici si ammansisconol Ha invece detto; vi mando come
pecore fra i lupi, vi perseguiteranno,
avrete tribolazione... Non parlo del problema, mai risolto da nessun gruppo
cristiano In questi due millenni: quanto sia possibile far passare le indicazioni evangeliche dal personale al collettivo, o meglio dalla comunità cristiana alla comunità civile. Non è su
questo che voglio fermarmi oggi, bensì proprio sul fatto ohe non è lecito togliere all’Evangelo il suo carattere
« scandaloso » — la croce — e farne
un’indicazione ragionevole e sensata
di efficace buona condotta.
E, se permetti, colgo l’occasione per
esprimere, nell'uniforme coro benpensante dei disarmisti unilaterali che anche su queste colonne risuona, una opinione dissonante e malpensante (so
che non è affatto isolata, anche se pochi la dicono chiara,' poiché, come ebbi a dire in sinodo, si rischia forte
una pesante criminalizzazione morale),
Dire che sono soddisfatto della compiuta installazione dei primi missili a
Comiso, è eccessivo: sarei forse « soddisfatto » della costruzione di un riformatorio, di un carcere, pur modello?
Sono cose tristi, atroci. Così è di Comiso. Tuttavia, poiché ritengo che fosse una dura necessità, e che la « lotta
per la pace » vada combattuta non in
queste retrovie, ma affrontando le questioni per la testa e non per la coda,
sono contento che 11 governo liberamente espresso da un parlamento liberamente eletto abbia mantenuto il
suo impegno internazionale, e verso
gli elettori.
Mi pare infatti falso (salvo che per
i ragazzi al di sotto dell’età per votare) dire che la decisione è stata presa al di sopra delle teste delia gente.
La questione dei missili a Comiso è
stata posta con tutta chiarezza nella
campagna elettorale di meno di un
anno fa; e il voto della maggioranza si
è espresso, credo, anche su questo.
Perciò non ritengo giustificato nel contenuto il referendum autogestito in corso, anche in nostre chiese (a scanso
dì equivoci, sono stato d’accordo che la
questione fosse presentata alla nostra
comunità. Il che è avvenuto); quanto
alla forma, non vedo perché non si dovrebbero osservare le chiare, e sufficienti, norme costituzionali circa i referendum.
Con un pensiero ai missili che continuano a fungheggiare oltrecortina, ti
saluto cordialmente augurandoti che i
benpensanti non t'intasino la buca delle lettere.
Gino Conte, Genova
CAPOVOLGIMENTO
Ho letto l'articolo a firma E. S. sulle manifestazioni a La Spezia organizzate per sensibilizzare la cittadinanza
sul problema della pace.
In esso è detto, citando Isaia 32: 17,
che “ il frutto della pace sarà la giustizia ». Ma Isaia dice esattamente il
contrario e cioè che « il frutto della
giustizia sarà la pace ». Se potrà esserci pace (nel senso di assenza di
guerra) senza giustizia, nella sua visione profetica Isaia ci dice che un'autentica giustizia non potrà non avere come
conseguenza la pace. Ben venga un’educazione alla pace, più che necessaria
ed urgente in questo mondo di violenza e di sopraffazioni, ma questa educazione non potrà che essere la conseguenza di una riflessione in vista di
un'educazione alla giustizia.
Delia Bert, Torre Pelllce
DIFFUSIONE
Egregio direttore,
« La Luce » del 16.3.84 ha in prima
pagina: Cercasi titolo per parabola, io
aggiungerei: Cercasi traduttore per ex
5“ elementare e 3“ media.
Non ho l’autorità e la competenza di
giudicare il contenuto della breve meditazione ma ho il diritto di ricordare
allo scrittore che, grazie a Dio, esistono ancora i non diplomati e non laureati,
E che dire poi delle frasi o poesie
scritte In francese e non tradotte in
italiano?
Altro che campagna di diffusione!!!
Suo fratello in Cristo
Peppino Attoma, Bari
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20 aprile 1984
fede e cultura 3
DALLA PARTE DEI SOFFERENTI
COMISO
Il diritto di essere addoiorati
Un compito difficile ma non impossibile quello di ascoltare e condividere il dolore altrui senza
perdere la speranza in Colui che ha vinto la morte e ha preso su di sé la sofferenza dell’umanità
Leggendo sui numeri deH'EcoLuce nella rubrica « All’ascolto
della Parola » i commenti di Gino
Conte al libro di Giobbe mi è
tornato in mente il titolo di un
articolo pubblicato anni addietro
sulla « Vie Protestante »; era
questo: « Tu as le droit d’avoir
du chagrin » (Hai il diritto di essere addolorato). Il titolo non
ha niente a che fare con il libro
di Giobbe, né il suo contenuto
con l’analisi, profondamente biblica ed al tempo stesso drammaticamente umana, che Gino
Conte fa di questo libro. Però mi
induce a fare qualche riflessione
sul modo in cui noi possiamo
porci di fronte alla sofferenza
altrui.
Nell’articolo era brevemente
raccontata la vicenda di un uomo
sulla cinquantina il quale, dopo
essere rimasto improvvisamente vedovo, aveva cominciato ad
avere diversi disturbi, specialmente allo stomaco; così dopo
aver tentato invano alcune cure
era stato ricoverato in ospedale
per analisi. Le ore passavano lentamente, le analisi si ripetevano
senza risultato finché un giorno un
medico si sedette amichevolmente sul letto del paziente per parlare un po’ più a lungo con lui;
incoraggiato da quel gesto di
simpatia l’ammalato apriva finalmente il suo cuore, parlava della
morte della moglie e della sua
solitudine come non si era mai
sentito di fare con nessuno di
coloro che lo avevano avvicinato
o curato fino a quel momento.
Il medico lo lasciò parlare a lungo ascoltandolo con simpatia,
non gli disse che ormai la cosa
era passata, che doveva farsi animo e riprendere la sua vita; lo
ascoltò semplicemente e poi tornò altre volte e gli diede anche
delle medicine. Strano a dirsi da
quel giorno il male cominciò a
diminuire fino a scomparire del
tutto.
Nessun commento all’articolo,
esso è implicito: quando la prova, sotto svariate forme, piomba
su un uomo non è che le cose
vadano subito lisce, anche se
quest’uomo è credente, ed egli
ha innanzitutto il diritto di essere addolorato nella sua prova.
Ricordare
Quando ci avviciniamo al nostro prossimo sofferente dovrem
mo ricordarci sempre di questo
suo diritto con più comprensione. Succede spesso invece che,
siccome la sofferenza, sia essa
fisica o morale, è sempre una
realtà scomoda per noi anche se
la vediamo riflessa nel nostro
prossimo, il nostro primo pensiero è istintivamente quello di allontanare al più presto questa
sofferenza, oppure di minimizzarla e nel migliore dei casi di
consolare o calmare. Qualche
volta, e questa è la cosa peggiore, affiorano nelle nostre parole
di consolazione considerazioni
che sfiorano quasi un giudizio
sulla sofferenza o sul suo carattere pedagogico formativo. Si
cercano nella Bibbia, se il fratello è credente, versetti come
questo: « Beato l’uomo che Dio
castiga » (Giobbe 5: 17).
Io non mi sono mai sentita di
dire questo ad un fratello che è
nella prova come non canto mai
volentieri le ultime parole délTinno 100 nel nostro Innario che
dicono « Per i diletti del Signor
la prova è segno del suo amor ».
A parte il fatto che il versetto
(Giobbe 5: 17) non è il Signore
che lo pronunzia ma il primo
consolatore molesto di Giobbe e
che le parole del cantico ne sono
forse un commento, preferisco
pensare all’amore di Dio in un’altra dimensione.
So bene che la morte è il salario del peccato e che, in qualche
modo (noi non sappiamo quale)
anche la sofferenza è legata a questo peccato, però so pure che
non è la mia sofferenza ma quella di Cristo e soprattutto il suo
amore che ci libera da questo
peccato ed infine ci libererà anche dalla sofferenza.
Ascoltare
Perciò di fronte alle prove del
nostro prossimo invece di pronunciare tante parole dovremmo
innanzitutto essere disponibili
ad ascoltare il dolore altrui,
ascoltarlo con pazienza, comprensione, partecipazione. Chiedere a Dio di saper ascoltare e
poi essere disposti a portare
questa sofferenza con il nostro
fratello.
Più difficile portare che consolare ma questo è forse quello
che il nostro prossimo ci chiede
inconsciamente. Ci vuole più
TRA LE RIVISTE
Protestantesimo
I
Qual è il centro, il punto focale dell’Antico Testamento?
Quali sono le grandi domande
che la cultura rivolge alla teologia veterotestamentaria? In un
documentato saggio, scrìtto al
rientro da un lungo soggiorno
di studio presso l’Università di
Gerusalemme, il professore J.
Alberto Soggin avvince il lettore
in una ajjpassionata analisi della teologia dell’Antico Testamento (dopo von Rad) e fornisce interessanti risposte.
Nello stesso numero della rivista segnaliamo un contributo
di R. Bottazzi su 'Autorità della
Bibbia e esistenza cristiana’. Nella sezione degli studi critici incontriamo, alla luce di una recente pubblicazione della Claudiana, un rapporto su protestantesimo e capitalismo. Segue un
piccante articolo su ’Lutero e il
Papa’ di V. Subilia che rimette
a posto alcune cose dopo i tra
tempo, più perseveranza, più fatica, più umiltà. E’ xm lavoro nascosto, non se ne vede il risultato, è nelle mani di Dio che, con
il suo aiuto, ci può far veramente portatori e perciò alleviatori
della sofferenza altrui. Il carico
portato da più spalle pesa meno!
« Ñon siamo però chiamati a
caricarci della sofferenza del
mondo intero », dice Bonhoeffer.
« Volerla condividere con le nostre proprie forze porta inevitabilmente,. al crollo o alla rassegnazione! Noi siamo solo chiamati a guardare pieni di gioia a
colui che veramente portò la sofferenza umana e diventò il Salvatore ».
Guardare a Lui dunque e poi
fare un tratto di cammino con il
nostrq fratello. Talora egli si accorgerà di questo nostro camminargli accanto (come me ne
sto accorgendo io in questo periodo): talora non se ne accorgerà, ma se lo vedremo riprendere con più coraggio la sua strada ne saremo lieti. Talora, anche
spesso, ci sembrerà di aver fallito del tutto e di non essere riusciti ad alleviare il fratello che
continua ad andare solo per la
sua strada, forse anche ostile a
noi ed al nostro Dio. Ma questo
non ci deve impedire di ricominciare sempre tutto daccapo, non
ci deve scoraggiare soprattutto
se rimettiamo con fiducia nelle
mani del Signore quello che noi
non siamo riusciti a fare. Se noi
sbagliamo c’è Qualcuno che non
sbaglia mai e sa i perché di ogni
cosa. Nella sua fedeltà e nel suo
amore per ogni uomo siamo al
riparo tutti i giorni della nostra
vita.
Elsa Rostan
Solidarietà
L’inizio del processo a dodici
donne che TU marzo 1983 hanno dato vita ad un'azione diretta non violenta, bloccando con
i loro corpi la strada di accesso
aH’aeroporto Magliocco di Comìso per ostacolare i lavori preparatori per l’installazione dei
missili Cruise, è previsto per il
13 aprile a Ragusa.
Le donne accusate provengono da diversi paesi: Germania, Danimarca Irlanda, Gran
Bretagna, Qlanda e Italia.
E' la prima volta che in Italia
un gruppo di donne viene arrestato e processato per aver dato vita ad un’azione di lotta non
violenta. Il movimento di solidarietà creatosi attorno a questo
processo ha raggiunto un primo
risultato: il Tribunale di Ragusa
ha riconosciuto il valore morale
della manifestazione ed ha condannato a pene miti le responsabili (20 giorni con la condizionale) per il solo reato di violenza
privata contro gli operai che lavoravano alla base di Comiso,
avendone impedito Tingresso.
A. R
COLLETTIVO TEOLOGICO LIGURE
L’uso
nelle
del denaro
nostre chiese
scorsi entusiasmi ecumenici dell’anno celebrativo luterano. Tra
le numerose recensioni merita
non lasciarsi sfuggire quella riguardante una pubblicazione tedesca circa la trasformazione
avvenuta in seno al protestantesimo riguardo al problema del
papato.
Ancora una volta la rivista ha
assolto il suo compito di formare e informare i lettori sugli sviluppi recenti della teologia. Si
tratta sempre di una lettura impegnativa, arricchente. Una rivista da sottolineare e conservare
in biblioteca.
G. P.
Protestantesimo, Rivista trimestrale
della Facoltà Valdese, Via Pietro
Cossa 42, 00193 Roma - Abb. 1984
ordinario 15.000 sul. c.c.p. 14013007
intestato a Libreria di cultura religiosa, Piazza Cavour 32 - Roma,
un numero L. 4.000.
Il periodico collettivo teologico della Federazione delle Chiese Evangeliche della Liguria aveva questa volta un tema insolito: « L’uso del denaro nelle nostre chiese ». Una cinquantina di
evangelici liguri, provenienti da
otto diverse chiese valdesi, battiste e metodiste della regione,
si sono dati convegno in La Spezia per dibattere Tinteressante
argomento. Tre introduzioni hanno fornito gli spunti per una appassionata, apnrofondita e lunga discussione che ha coinvolto
praticamente tutti gli intervenuti.
Il fratello Baldi, della commissione finanziaria della Chiesa Valdese, ha presentato i principi fondamentali cui ci si attiene nella
amministrazione ecclesiastica ed
ha cercato di mettere in luce gli
strumenti oratici di cui si avvale una chiesa per conseguire i
fini di culto e di evangelizzazione che si propone. Il fratello P.
Bensì, presidente dell’Unione
delle Chiese Evangeliche Battiate italiane, dopo avere richiamato una base biblica fondamen.
tale per la riflessione, ha evidenziato i limiti oggettivi di una amministrazione ecclesiastica invocando una maggior collaborazione degli esecutivi per cercare insieme attraverso ufBci centralizzati la soluzione di alcuni problemi che sono identici per tutte
le chiese in materia patrimoniale,
contabile e tributaria, con evidente risparmio. Infine il fratello B. Colombu, cassiere della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, ha precisato innanzitutto le differenze istituzionali fra le chiese, che hanno fini
di culto, e la Federazione, che
produce ed offre servizi alle chiese stesse: tali differenze inevitabilmente comportano anche diversificazione di tipo amministrativo. Infine ha presentato una decisione presa reoentissimamente
dal Consiglio, che ha intenzione
di porre allo studio la possibilità di offrire alle chiese membro
e non, proprio quel servizio richiesto dal fratello Bensì nella
sua relazione.
Il vivace e lungo dibattito ha
cercato di entrare nel cuore delle decisioni degli esecutivi centrali: il modo in cui viene ricer
cato ed ottenuto il denaro occorrente ai bisogni della vita della chiesa; i criteri con cui vengono amministrate le finanze
(privilegio della 'rendita immobiliare su quella mobiliare, ad esempio); la necessità di responsabilizzare su questa tematica
sempre di più le chiese locali.
Mentre si è notata la piena libertà con cui ora ci si avvicina
al tema del denaro, una volta
considerato argomento anche se
non proprio diabolico almeno
troppo poco spirituale, se ne è
messo in luce il carattere unicamente strumentale rispetto ai
fini che la chiesa si propone. Sono ovviamente affiorati certi vecchi luoghi comuni ma si è concluso che, se anche riaffermiamo
che non ci proponiamo fini speculativi e se anche siamo convinti che il sostentamento delle
opere debba essere primariamente attuato dai credenti, è però
necessario che il patrimonio che
ci è affidato sia reso il più possibile fruttifero, s&aza, falsi pudori e senza crearsi ostacoli ideologici, che in realtà non sussistono. Su tutto è emersa in prima
istanza la responsabilità dei singoli credenti nel non far mancare alla chiesa quanto le necessita e nel non metterla in condizioni di dover andare a chiedere
altrove quanto non riesce a trovare a casa nostra: un rinnovato impegno a mantenere attraverso le nostre tasche le strutture minime di cui siamo dotati è
la condizione primaria per il miglioramento delle nostre amministrazioni. A chiusura dell’incontro, i partecipanti hanno discusso ed approvato all’unanimità
un documento che verrà inviato
agli esecutivi delle Chiese BMV
ed alla Federazione.
Franco Scaramuccia
Più responsabilità,
più razionaiità
7 partecipanti al Collettivo Teologico or guizzato dalla Federazione delle Chiese Evangeliche in Liguria (FCEL) a La Spezia il 17
e 18 marzo 1984 sul tema: « L’uso del denaro nelle nostre chiese »
prendono atto con soddisfazione del fatto che non è più un
tabù nelle nostre chiese il tema del denaro, del quale a motivo della
cultura cattolica assorbita in parte nostro malgrado non sempre
si è stati in grado di parlare liberamente, ma anzi si può esaminare con franchezza e senza scandalo di nessuno;
si t’allegrano del fatto che le chiese locali cominciano ad_ essere coscienti e responsabili del modo in cui il denaro viene impiegaio dagli organi esecutivi periferici (distretti, concistori e consigli di chiesa) e centrali;
richiamano i credenti alla necessità di una loro maggior responsabilità nei confronti dei bisogni e della gestione economica
della chiesa;
invitano le chiese locali ad impegnarsi perché gli organi esecutivi centrali utilizzino le risorse economiche nel modo più raponaie possibile ed altresì gestiscano il patrimonio nella maniera
più redditizia;
si compiacciono néll’apprendere che la Federazione delle
Chiese Evangeliche in Italia (FCEI) ha deciso di dar vita ad una
commissione di studio per l’istituzione di servizi èentralizzqti delle
chiese membro, per quanto riguarda le materie amministrativa,
edile, fiscale e legale (delibera n. 170 del Consiglio FCEI);
auspicano che le chiese membro della FCEI cotlaborino attivamente per la realizzazione di tale iniziativa;
propongono al Consiglio della FCEL di affrontare nuovamente, non appena possibile, l'argomento in un altro incontro nel quale
mettere a fuoco gli aspetti pratici dell’unificazione della gestione.
La Spezia, 18 marzo 1984.
4
‘Si I’
4 vita delle chiese
20 aprile 1984
CORALI VALDESI
Iniziativa a Verceiii Canti nataiizi
sta arrivando per le Corali
Valdesi, il tempo di ultimare la
preparazione in vista degli impegni che, in questi mesi primaverili, le vedono particolarmente
attive. Alcune Corali hanno in
programma visite a comunità
evangeliche in Italia e all’estero;
altre preparano, o hanno già
preparato, concerti per le loro
comunità.
Uno dei momenti più significativi sarà, come ogni anno, la
Festa di Canto, che vedrà tutte
le Corali riunite il 20 maggio
prossimo. La località prescelta
è, quest’anno, Vercelli: il programma dettagliato della manifestazione verrà messo a punto
nei prossimi giorni e la Commissione Esecutiva della Assemblea delle Corali darà i ragguagli necessari appena possibile.
In linea di massima, comunque,
possiamo anticipare che le Corali potranno partecipare al mattino ai culti in alcune località
della provincia, mentre nel pomeriggio avrà luogo una manifestazione in una piazza della
città.
Domenica 8 aprile è finito a
Villar Porosa, con la quarta le
zione, il Corso di aggiornamento per direttori, tenuto dal M.o
Prestia (tecnica di direzione, musicologia) e dalla sua consorte
(vocalità). La partecipazione da
parte dei direttori non è stata
tuttavia particolarmente assidua:
la qualità delle lezioni e lo sforzo organizzativo avrebbero meritato una frequenza media superiore.
Terminiamo queste brevi note
annunciando che con il mese di
marzo ha preso vita una nuova
Corale per le comunità di Bobbio - Villar Pellice, sotto la direzione di Franco Taglierò. L’attività di questo gruppo, che è
composto da circa 25 elementi,
si prefigura particolarmente legata alla vita della chiesa. La
preesistente Corale di VillarBobbio, che rimane membro della Assemblea delle Corali, potenziata da nuovi coristi provenienti anche da altre comunità,
ha assunto, sotto la competente
direzione di Dino Ciesch, un indirizzo di studio e perfezionar
ipento del canto corale protestante e non mancherà di produrre i frutti del suo impegno in
un prossimo futuro. F. T.
La Corale di Pomaretto propone, in questo periodo, una registrazione su cassette di canti
natalizi.
Da alcuni anni a questa parte
la Corale è solita offrire un con-,
certo di Natale nel tempio. Sono
serate dedicate al canto, e che
vogliono diffondere il più possibile la musica e testimoniare
per mezzo di essa l’amore a Dio.
Proprio in queste occasioni ci
siamo sentiti rivolgere la domanda: « Perché non incidete i
vostri canti su nastri e li diffondete? ».
Quest’anno, a Natale, un gruppo di coralisti ha cominciato
valutare seriamente la cosa e ha
pensato al realizzo pratico. Il
Natale è forse il periodo dell’anno più vicino alla sensibilità
del credente: la nascita del Messia è una cosa meravigliosa e ha
ispirato moltissimi compositori.
E questo patrimonio messo insieme, anno dopo anno, non vorremmo andasse perso. L’abbiamo qmndi affidato ai nastri di
cassette, che, ci auguriamo, ent^o in molte case. Il nostro desiderio è che raggiunga anche le
persone più isolate, più lontane,
# Hanno collaborato a questo
numero; Antonio Adamo, Carla
Bortuzzo, Dino Gardiol, Vera
Long, Alberta Revel, Paola Revel Ribet, Roberto Romussi, Katharina Rostagno, Franco Taglierò, Erika Tomassone.
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Unioni Femminili
PINEROLO — L’8 ed il 22 marzo abbicun > avuto due visite gradite all’Unione Femminile.
Il giovedì 8 Franca Recchia,
direttrice dell’« Uliveto », è venuta in mezzo a noi durante una
seduta allargata anche ad altri
membri della comunità e ci ha
parlato di che cosa è l’Uliveto,
e poi, con sensibilità e partecipazione profonda, del lavoro che
vi si compie attualmente con gli
handicappati gravi. Era presente il gruppo di Pinerolo (in gran
parte unioniste ma anche altre
che non fanno parte dell’Unione) che va ogni settimana all’Uliveto, ad occuparsi dei ragazzi per poter dare la possibilità agli assistenti di seguire corsi di aggiornamento ed anche
per compiere altri piccoli lavori
pratici.
Il giovedì 22 la signora Bruna
Terracini di Pinerolo, ebrea giovane e colta, è venuta a parlarci
della donna ebrea. Dopo un rapido ma significativo accenno a
qualche donna della loro Bibbia (Èva, Sara, Rebecca) ci ha
parlato della donna ebrea nella
tradizione dei secoli passati e
poi della donna o meglio delle
donne ebree del presente attraverso una gamma interessantissima di situazioni multiformi.
Abbiamo imparato molte cose
e ci siamo ripromesse altri incontri aperti a tutta la comunità (anche a quella maschile!)
con la presenza forse, e perché
no, di Primo Levi.
• I culti della settimana santa
avranno luogo martedì presso la
casa di riposo Jacopo Bernardi,
giovedì e venerdì alle ore 20.30
nel tempio e domenica alle ore
10 con la partecipazione della Corale. •'
• Sono stati eletti quali delegati alla conferenza distrettuale;
Giancarlo Griot, Nora Ricca e
Paolo Ribet, supplente Paolo Bor
e quali deputati al Sinodo Marcella Gay e Costante Costantino,
supplente Gianni Pons.
ve che ritraevano momenti di
vita contadina delle donne della
valle e intrecciato conversazioni e canti intorno alla tradizionale tazza di thè. A ricordo di
questo pomeriggio le xmioniste
di Angrogna hanno offerto all’Unione di San Secondo una serie di oggetti in legno lavorati
artigianalmente. L’augurio è di
ritrovarci ad Angrogna in im
prossimo futuro.
• L’assemblea di chiesa dell’8
aprile ha eletto quali deputati
alla conferenza distrettuale i
fratelli Claudio Rìvoira e Silvano Fomerone; per il Sinodo: i
fratelli Daniele Ghigo e Massimo Rivoiro.
• La domenica delle Palme
hanno confessato la loro fede:
Frida Benech, Beniamino Bouchard, Tiziana Coisson, Nadia
Cogno, Patrizia Fomerone, Roberto Gardiol, Ivo Gaudin, Paola Gay, Antonella Pons, Ivo Ricca. A loro siamo vicini nella preghiera affinché questo loro gesto
sia un cammino di ricerca di fedeltà al Signore.
• La Scuola domenicale riprende domenica 29 aprile con
un pomeriggio a partire dalle
ore 14,30. Fino alle ore 17 faremo del lavoro biblico, giochi,
canti e la merenda.
• Ricordiamo la riunione
straordinaria per il quartiere di
Miradolo Paglierine venerdì 27
aprile alle ore 21 (a casa di Gino Paschetto).
Anna Casini, Chiarina Coisson,
Doriano Coisson, Ezio Cougn,
Walter De Laurenti, Alder Gaydou, Claudio Gaydou, Doretta
Geymet, Giuliana Geinnet, Marco Gisola, Andrea Marauda, Luisa Pontet, Monica Puy, Gilberto
Re, Anna e Lidia Ricca, Walter
Roland, Loris Soulier, Ester Tomassini, Lorenza Toum, Marco
Visconti.
• In ima simpatica atmosfera
giovanile si è svolta ai Coppieri
ima serata di canti offerta dai
Coretti dei piccoli di Lusema
S. Giovanni e Torre Pellice, con
l’intervento del gruppo dei più
grandi. La colletta raccolta dai
giovani è stata dedicata all’opera di San Salvo.
• Il Gruppo giovanile del Centro, formatosi da poco, ha preso
l’iniziativa di organizzare una
giornata comunitaria alla Sea il
1” maggio, riprendendo una tradizione interrotta da alcuni anni. L’incontro inizierà alle 11
con il culto e proseguirà con
giochi e conversazioni. Tutti sono invitati a partecipare.
• E’ deceduto ai Chabriol inf.
il fratello Giovanni Geymonat.
La comunità esprime la sua solidarietà fraterna alla famiglia.
Sua grazia questi giovani e li
aiuti a camminare nella via della fede e del servizio cristiano.
Gruppo Pace
Giovani forze
Visita nei
dopo-terremoto
ANGROGNA — La sera del
giorno di Pasqua la corale della
nostra comunità parte per una
visita nelle zone terremotate dove lavora la Federazione delle
Chiese : Ponticelli, Avellino, Monteforte Irpino, Ruvo del Monte.
Un ponte di solidarietà tra le
Valli e il mondo del ’terremoto’
di cui ci si è dimenticati.
SAN SECONDO — L’Unione
Femminile ha trascorso il pomeriggio dell’8 aprile con le sorelle di Angrogna che con la loro vivace partecipazione hanno
dato un’impronta veramente fraterna all’incontro.
Abbiamo rifiettuto sul problema della pace, uno degli argomenti proposti dalla FDEI; seguito la proiezione di diapositi
Confermazioni
TORRE PELLICE — La comunità si è stretta intorno ai catecumeni che, domenica 15, sono stati ammessi in chiesa. Ecco
l’elenco nominativo ; Renzo Ardasi, Cristiana Armand Hugon,
Laura Bellion, Vima Benech,
Mario Berton, Giorgia Boaglio,
LUSERNA SAN GIOVANNI
— Tempio insolitamente gremito
domenica scorsa al culto, in occasione del battesimo o della
confermazione di: Daniela Boldrin, Ivan Bonnet, Franco Bouchard, Alberto Caffarel, Rosella
Comba, Loris Copetti, Igor D’Alessandro, Silvano Fenouìl, Viviana Geymet, Marco Giordan,
André Lapisa, Sandro Lapisa,
Bruna Malan, Cinzia Malan, Roberta Malan, Barbara Malanot,
Monica Martina, Elisabetta Melli, Roberta Miegge, Daniela Miegge, Marinella Mourglia, Paolo
Mourglia, Luciano Paschetto,
Laura Pellegrin, Luciano Pons,
Paola Reggente, Ivan Roman,_
Cristina Rostan, Donatella'
Tourn, Marco Travers.
Al culto, presieduto dal pastore Sergio Ribet che ha seguito i catecumeni durante i loro
anni di studio biblico, ha dato
il suo valido contributo la Corale con il canto dell’inno francese « Dieu très saint... ».
Dopo il culto la comunità ha
salutato con gioia queste giovani forze che sono entrate a far
parte più viva della chiesa, attorno ai tavoli di un simpatico
pranzo comunitario nei locali
della Sala Albarin.
Il Signore accompagni con la
PRAROSTINO — Prose^endo nel resoconto delle attività
dei mesi scorsi ricordiamo:
• Gruppo pace. Il gruppo formato da alcuni giovani di Prarostino e della vicina comunità di
San Secondo ha preparato un incontro con i catecumeni delle due
comunità a San Secondo, sabato
31 marzo, con lo scopo della informazione e della educazione
alla pace. Tale incontro si terrà
per tutti nelle due comunità.
• Relazione al Sinodo. I nostri
deputati al Sinodo Rino Cardon
e Paola Robert hanno tenuto le
riunioni quartierali facendo una
ampia relazione sui lavori del
Sinodo 1983.
• Gruppo Flauti. Il 1” gruppo
Flauti ha tenuto due incontri con
la comunità nei quartieri dei
Cardonatti e del Roc con un interessante programma di musica, studio biblico, proiezioni luminose, rinfresco e colletta per
la missione antilebbra.
• Lutti. E’ deceduto il nostro
fratello Giovanni Fomerone di
San Bartolomeo, al Rifugio Carlo Alberto. I funerali si sono
svolti nel tempio di San Bartolomeo il 5 marzo con grande
concorso di parenti ed amici. Alla famiglia in lutto esprimiamo
la nostra simpatia cristiana.
Domenica 1” aprile, nella sua
abitazione al Poli, è deceduta la
nostra sorella Olimpia Gay in Godine, dopo lunghe sofferenze,
sopportate con fede. I funerali
si sono svolti lunedì 2 aprile nel
Temnio di San Bartolomeo. Una
folla numerosa vi ha partecipato
dimostrando così l’affetto per la
famiglia in lutto. La Parola della vita è stata annunziata nella
triste circostanza: « La mia grazia ti basta! ».
Decesso
MASSELLO — Per la terza volta in poco più di un mese, la
comunità di Massello si è raccolta per salutare un suo fratello
ohe ci ha lasciati. Paolo Meytre
di Salza è infatti morto all’età
di 70 anni. Un gran numero di
persone si sono raccolte commosse il giorno del funerale, come testimonianza di simpatia.
Alla famiglia vogliamo far
giungere il nostro pensiero solidale.
gli anziani, che non possono più
frequentare la comunità.
La cassetta si intitola « Sotto
splendido stellato... », parole che
riportano alla memoria i natali
della nostra infanzia. Alcuni canti sono tipici di un repertorio
ormai passato e spesso dimenticato; altri canti sono compietamente inediti, e tra questi segnaliamo « Oggi è nato il Salvatore » del maestro Ferruccio Rivoir.
La copertina reca al centro
una bella foto del Tempio Valdese di Pomaretto, opera di Renato Coisson; la direzione dei cori
è affidata a Renato Ribet e le registrazioni sono state effettuate
dal vivo, con un registratore a
cassette Sony TC-D5 M, Stereo,
Dolby-System, e microfono stereofonico Sony ECM-990F, curate da Luciano Ribet. P.R.R.
In questa rubrica pubblichiamo le
scadenze che interessano più chiese
valdesi delle valli. Gli avvisi vanno fatti
pervenire entro le ore 9 del lunedì
precedente la data di pubblicazione
del giornale
Giovedì 19 apri le
□ PASQUA ECUMENICA
PINEROLO — Alle ore 20.30 presso
il centro sociale di San Lazzaro (via
dei iRochis 3) si terrà ia celebrazione
della Pasqua in comune tra Fgei-valli
e Comunità di base dì Pineroio.
Il culto e la discussione successiva
avranno come tema la condizione carceraria.
Sabato 21 aprile
n TELEPINEROLO
CANALE 56-36
Alle ore 19 va in onda la trasmissione « Confrontiamoci con l'Evangelo »
(a cura di Marco Ayassot, Attilio Farnerone e Paolo Ribet).
Domenica 22 aprile
□ RADIO KOALA
FM 96.700 - 90300 - 93700
Alle ore 12.30 (circa): Culto Evangelico a cura delle Chiese Valdesi del II
Circuito.
Mercoledì 25 aprile
□ RISTRUTTURAZIONE
ASILO DI S. GERMANO
SAN GERMANO — Alle 14,30 si terrà
presso la Sala Valdese l'annuale Bazar
della comunità. Nella stessa Sala alle
16.30 si terrà un’importante assemblea
— aperta a tutti — deH'Associazione
“ Amici deH'Asilo » per illustrare il progetto di ristrutturazione dell'Istituto.
Sarà presente l'architetto Mesturino.
Cantiamo su una larga partecipazione data l'urgenza del problema.
Giovedì 26 aprile
□ RIUNIONE
COLLABORATORI
ECO DELLE VALLI
La riunione dei collaboratori avrà
luogo a casa Gay via Cittadella 8 Pinerolo, con inizio alle ore 20.30.
Domenica 6 maggio
n INCONTRO CON IL
CONSIGLIO
NAZIONALE F.F.E.V.M.
PINEROLO — Il Consiglio Nazionale
della Federazione Femminile Evangelica Valdo-Metodista si incontrerà a Pinerolo con le Unioni Femminili del Distretto (al Tempio Valdese, Via dei
Mille 1).
Il programma della giornata prevede:
ore 10: Partecipazione al culto, presieduto dal Consiglio Nazionale, con la
comunità di Pinerolo:
ore 11.30: Presentazione delle Unioni;
ore 12.30: Pranzo al sacco (un piatto
caldo verrà offerto dalla comunità di
Pinerolo);
ore 14.15; Ripresa dei lavori con una
introduzione della Presidente:
ore 16.30: Intervallo con thè;
ore 17.30: Chiusura dell’Incontro.
Verranno organizzati servizi di pullman per le due Valli.
Per informazioni e iscrizioni (da effettuarsi entro e non oltre il 30 aprile 1984) rivolgersi a:
— per la Val Pellice: Jole Tomasini Tel. 91059;
— per le Valli Germanasca e Chisone:
Katharina Rostagno, Tel. 51372.
Essendo questa un'occasione di incontro e di scambio di opinioni con il
Consiglio — anche in vista del prossimo congresso — ci auguriamo che
ogni Unione Femminile sia rappresentata.
Il Consiglio
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20 aprile 1984
vita delle chiese 5
29 APRILE: DOMENICA DELLA FACOLTA’ VALDESE DI TEOLOGIA
RIO MARINA • CASA VALDESE
Un tuffo nel lavoro
Il Sinodo ha recentemente approvato un progetto che consente
agli studenti in teologia di fare un’esperienza di lavoro pastorale durante il corso degli studi. Silvia Rutigliano — di cui pubblichiamo
questa testimonianza dal vivo — ha trascorso un periodo a Milano,
Daniela di Carlo sta facendo lo stesso attualmente a Torino. Ricordiamo ancora che la Domenica della Facoltà di Teologia è fissata
per domenica 291^-. se qualcuno non fosse in chiesa quel giorno può
far pervenire la propria offerta al cassiere della chiesa locale oppure
inviarla direttamente alla Facoltà Valdese, via Pietro Cossa 42 00193 c.c.p. 24717001.
Quando sono arrivata alla comune del centro Lombardini di
Cinisello, certo ero un po’ spaesata: avrei passato cinque mesi
in quella casa, insieme a una
ventina di persone dai due ai
quarantacinque anni, maschi e
femmine, evangelici, cattolici e
atei, operai, insegnanti, impiegati e studenti, singoli, coppie e famiglie. Eppure tutta questa massa di persone mi ha accolta molto bene, e mi sono presto sentita
a mio agio. Mi sono inserita nei
turni dei lavori domestici, e ho
— per così dire — ficcato il naso in tutte le attività del Centro:
i dibattiti del Circolo, gli studi
biblici, il gruppo donne, e un po’
anche la scuola serale.
Il mio vero lavoro, però era
nella chiesa valdese di Milano, e
anche qui l’accoglienza è stata
migliore di ogni aspettativa: il
giorno dopo il mio arrivo, già mi
trovavo sul soppalco della Claudiana con i tre pastori e il presidente del concistoro a spiegare
i motivi della mia richiesta di
sostituire con un semestre di attività pratica un semestre di frequenza ai corsi della Facoltà, e
anche a ricevere indicazioni sulle attività ecclesiastiche che avrei potuto conoscere, seguire,
ed eventualmente condurre.
Così ho spiegato loro che sentivo proprio il bisogno di una
verifica sul campo, volevo vedere sostanzialmente due cose:
1) se la teologia che avevo appreso fino a quel momento nei
miei studi era impostata bene,
cioè se avrebbe retto un confronto con le situazioni reali, se io
ero in grado di analizzare i fatti e reagire adeguatamente;
2) se oltre la passione per la
teologia c’era l’attitudine al lavoro pastorale. Quindi si trattava
innanzitutto di verificare se l’idea che io avevo di questo lavoro corrispondeva alla realtà, e
poi di valutare se io sarei stata
in grado di svolgerlo, valutando
eventualmente gli ambiti in cui
emergessero doni o incapacità.
Da parte loro ho ricevuto molte indicazioni, moltissime, direi:
mi hanno consigliato di conoscere circa otto gruppi di zona (sono delle specie di riunioni di
quartiere in città, che si fanno
a turno a casa dei partecipanti;
gli argomenti possono essere biblici, etici, riflessioni di fede,
coordinamento dell’attività di
evangelizzazione, e tutto quanto
può interessare al gruppo), dunque, otto da conoscere tra i quali
sceglierne poi quattro o cinque
da seguire assiduamente. Questa
è stata l’occasione più importante per prendere contatto con i
membri della chiesa: ne incontri
circa dieci ogni volta, ed è più
facile fare conoscenza, a volte
anche amicizia. E poi le persone
partecipano davvero: frequentano con assiduità e sono coinvolte attivamente nelle discussioni;
spesso c’è anche spazio per una
cura d’anime reciproca; e alla
fine dell’incontro ci si saluta allegramente con bevande e cibarie spesso di produzione propria.
Oltre ai gruppi di zona ho seguito uno dei gruppi di catechismo, affiancando i monitori, ho
fatto alcune visite a casa delle
persone, a volte insieme ai pastori, a volte da sola, ho predicato alcune volte, partecipato agli incontri del Centro culturale
protestante, del concistoro, di
tutti i gruppi giovanili. Ho inoltre accettato di collaborare all’animazione di im gruppo di
catechismo della chiesa metodista. In tutte le occasioni sono stata incoraggiata dai responsabili
delle varie attività, e molto ben
accolta dai partecipanti. Essi mi
hanno giustamente richiesto di
mettere a loro disposizione i frutti del mio studio, ma al tempo
stesso non hanno preteso da me
la risposta ad ogni problema: atteggiamento molto corretto, mi
pare, e non solo perché io sono
ancora studentessa, ma perché
la vita della comunità cristiana
si regge e va avanti sullo scambio tra credenti, sul mettersi a
disposizione gli uni degli altri,
sul valorizzare i doni di tutti. E’
ovvio che chi ha studiato può e
deve dare agli altri qualcosa del
suo sapere, ma non deve — e del
resto non potrebbe — dare agli
altri le sue risposte.
Io spero vivamente di aver
contribuito almeno un po’ alla
formazione delle persone con cui
ho avuto questo tipo di rapporto, e al tempo stesso voglio dire che queste hanno certamente
contribuito molto alla formazio:
Una ristrutturazione
improrogabile
ne mia.
All’ultima riunione del concistoro ho presentato una breve
relazione del lavoro svolto, con
alcune osservazioni: non potevo
valutare un lavoro che stavo ancora svolgendo, ma già sentivo
la positività della mia esperienza. Tuttavia in quella sede ho
espresso ancora delle incertezze
sulle decisioni che avrei preso
per il mio futuro: in quei cinque
mesi, infatti, pure fra tanta gioia,
entusiasmo e soddisfazione, ho
attravemato una crisi non indifferente. E anche per il superamento di quel difficile momento
ho ricevuto cura da diverse persone, alle quali sono tuttora grata. Penso che la fede, in qualsiasi modo si trovi ad essere vissuta, sia una cosa che va coltivata, curata tutti i giorni: non
si accetta Cristo una volta per
tutte, non si diventa cristiani in
un giorno solo della propria vita, ma si ridecide ogni volta che
ci si trova in una nuova situazione, si ridecide per ogni problema nuovo che si incontra, si
ridecide forse ogni giorno. Dunque neppure il tuffo nel lavoro
concreto ti può dare una rispo^
sta per la vita, e se io all’inizio
cercavo questo, sbagliavo. Eppure anche una conclusione come
questa deve essere vissuta per
essere raggiunta, ed anche p«r
questo trovo molto positivo l’inserimento di un periodo pratico
nel corso degli studi teologici.
Ma non soltanto per questo: il
tuo lavoro, con pregi e difetti, le
tue attitudini, le tue qualità, le
tue incapacità vengono conosciuti e valutati da chi si trova in
contatto con te, e questa è una
verifica importante, per te, ma
soprattutto per la chiesa, dei
doni che Dio ha elargito a Chi
si accinge a lavorare in essa a
pieno tempo. Silvia Rutigliano
Quest’anno le ferie sono toccate alla « Casa » anziché agli
ospiti: questa infatti aveva bisogno di riposo restaurativo e
rimarrà così chiusa per tutto
l’anno in corso.
Si prevede l’apertura nell’SS,
sostanzialmente con la stessa
struttura di servizio, ma rimessa a nuovo ed in modo funzionale, per il compito importante
che deve svolgere. Gli ospiti ricordano come da alcuni anni se
ne parlava; non si tratta di abbellimenti ma di problemi sostanziali come il rifacimento del
tetto e dei soffitti pericolanti,
e il dotare la casa delle sicurezze e di quanto previsto dalle
vigenti norme igienico-sanitarie.
Secondo il progetto che sta per
essere presentato, la capacità
della casa rirnarrà pressoché invariata; al piano terra vi saranno sale comuni e servizi tecnologici, le stanze complete di servizi igienici saranno disposte al
primo e secondo piano. Il giardino avrà una zona garage, per il
furgone della casa, un campo
giochi per ragazzi, uno spazio
per i più piccoli, una zona verde
e una di incontro con mini-anfiteatro per i momenti di studio
e raccoglimento.
L’impianto di termosifoni consentirà l’accoglienza per tutto
l’anno, ma si prevede il funzionamento della casa da marzo a
novembre.
Le spese edilizie e tecnologiche
saranno coperte sostanzialmente
da doni ricevuti, ma in parte anche dalla Tavola.
Restano ancora del tutto scoperte le spese per letti, armadi,
matera.ssi. Ciascun ospite sa come erano gli arredi quando li
ha lasciati e quindi non dubita
sulla necessaria sostituzione.
In questo senso il comitato
rivolge a tutti gli amici e a quelli che lo diverranno, un appello
affinché vogliano contribuire per
questo scopo specifico.
La casa di Rio Marina, piccolo esempio fra le molte opere
evangeliche in Italia, è anch’essa fondata sulla roccia dell’ascolto e della testimonianza
(Mtt. 7: 24-25).
Impegno per la pace
Incontro ecumenico
CREMONA — Continua l’impegno della nostra comimità sul
problema della pace.
Il pastore ha partecipato a numerosi dibattiti, conferenze e assemblee sul tema della pace in
città e in provincia.
La nostra presenza intende essere una testimonianza all’unico
Signore della Pace: Gesù Cristo.
Nel nostro tempo siamo chiamati sempre di più a rendere
conto « della speranza che è in
noi ».
Nella nostra rubrica radiofonica, « Alternativa Evangelica », abbiamo trattato ultimamente due
argomenti di grande attualità:
1) Il 50” anniversario del Sinodo
di Barmen; 2) Il rapporto tra le
Chiese valdesi e metodiste e lo
stato, spiegando dettagliatamente il testo delle Intese.
Di fronte ad oltre un migliaio
di persone il pastore Adamo ha
annunciato l’Evangelo della Resurrezione in occasione del funerale dell’ingegnere Carlo Grippa,
noto dirigente industriale e militante di sinistra.
L’ingegner Grippa non era evangelico, anzi da molti anni non
aveva contatti con alcuna chiesa,
eppure il suo rapporto di soli
darietà con il prossimo ed il suo
amore per la giustizia erano
espressione di una radicale fraternità.
Egli è morto in seguito ad un
incidente stradale all’età di 45
anni.
Alla famiglia rinnoviamo i nostri sentimenti di cristiana simpatia.
Domenica 18 marzo abbiamp
avuto la gioia di accogliere un
numeroso gruppo di sorelle e di
fratelli della Chiesa di Bobbio
Penice con il pastore Claudio
Pasouet. Per la nostra piccola
Chiesa è stata una esperienza
molto bella; speriamo che presto
altre Chiese seguano l’esempio
dei fratelli di Bobbio Pellìce...
saranno sempre i benvenuti.
Il XVII febbraio è stato ricordato dalla nostra Chiesa, domenica 19 febbraio, con una conferenza pubblica del pastore Adamo sul tema: « I Valdesi e il
XVII febbraio 1848: la lotta degli Evangelici per la conquista
della libertà religiosa in Italia».
amici della Facoltà ha organizzato per domenica 29 aprile la
presenza a Torino di cinque studenti e im professore che terranno dei culti nelle diverse sale della città.
Il programma della giornata
è il seguente:
— ore 9,15: culto inglese tenuto da Gregorio Plescan (I armo);
— ore 10; chiesa battista di
via Passalacqua, Daniela Di Carlo (III anno) e Manfredo Pavoni (I armo);
Domenica della
Facoltà
TORINO — Il gruppo degli
— ore 10,30: chiesa valdese di
C.SO Vittorio prof. Sergio Rostagno; chiesa valdese di C.so
Oddone Silvia Rutigliano (IV
armo); chiesa valdese di Via Nomaglio Dario Saccomani (II anno); chiesa valdese al Lingotto
John Hobbins (IH anno);
— ore 13 : agape in via Pio V,
15 (chi si vuole iscrivere deve
telefonare presso la segreteria
al numero telefonico 682838 entro il 27 aprile);
— ore 14,45: relazione del decano della Facoltà, prof. Sergio
Rostagno, sul tema; «Le varie
discipline teologiche e il loro
rapporto con la vita delle comunità ».
17 Février
CORRISPONDENZE
PISA — Domenica, 25 marzo,
nella chiesa valdese si è svolto
un incontro ecumenico regionale, organizzato dal S.A.E. toscano. Erano presenti le varie confessioni : valdese, metodista, apostolica, della Chiesa di Cristo e
cattolica.
Il culto ha avuto il suo momento centrale nella profonda
meditazione su Giovanni 17; 2026, svolta dal pastore Briante
e da don Filippini. Lo scambio
di esperienze dei gruppi locali
del S.A.E. ha offerto una panoramica della attività ecumenica
svolta prèsso le province di Firenze, Siena e Livorno. Dì Pisa
è stata messa in evidenza la sollecitazione ecumenica, che fa capo alla Chiesa Valdese, dove,
quindicinalmente, avvengono incontri di discussione sul tema
del B.E.M. e più specificamente
sul Ministero.
Nella relazione del pomeriggio su «Limiti e prospettive della
situazione ecumenica in Italia»,
Maria Vingiani, presidente del
S.A.E., ha posto in evidenza le
difficoltà e la lentezza del cammino ecumenico in Italia, ma
ha indicato in vari eventi, i segni di un risveglio di interesse
ecumenico.
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Alcuni uomini, circa 120 anni
fa, avendo udito la Parola di Dio,
la mettono in pràtica fornendo
la possibilità di un servizio essenziale: l’istruzione. La casa sorge infatti come « Scuola elementare ».
Altri credenti, dopo la seconda guerra mondiale, stimolati
dalla stessa Parola, colgono la
nuova necessità deU’incontro,
del rendere un servizio gli uni
agli altri, del vivere assieme al
di fuori dei piccoli egoismi, del
gioire di un periodo di riposo
nel confronto e nell’ascoltp della Parola di Dio.
Nasce così il nuovo servizio
della casa, fondato sulla stessa
« Roccia ». La ristrutturazione
non altererà queste finalità; _ là
dove il mondo continua a dividere, la « Casa » continuerà ad
essere strumento di unione degli elbani, degli evangelici italiani ed esteri, e questo nella serenità, nell’aiuto reciproco, nel
riposo che rigenera il corpo, e
nel confronto con la Parola di
Dìo che rigenera la vita.
R. M.
PARIS
La célébration du « 17 février »
s’est placée durant une période
de vacances d’hiver, malgré tout
les plus anciens et les moins jeunes se sont retrouvés au Cours
Bernard Palissy si accueillant
aux Vaudois.
Nous avons reçu Monsieur le
Professeur Alberto Cabella et
Madame actuellement à Paris
qui auront pu apprécier la vitalité de notre petit groupe.
Nous avons honoré la mémoire
de nos disparus en particulier
celle de notre doyenne Madeleine qui fera Tobjet d’une communication ultérieure par un texte
du Professeur Henry Appia.
Celui-ci et Félix Vigne nous ont
cette année entretenu Tun de la
vie quotidienne des Vaudois à
travers les «Actes des Synodes»,
l’autre des Vaudois de la Révocation de l’Edit de Nantes dont
se sera l’année prochaine le troisième centenaire, aux conséquences incalculables pour le royaume de France.
Notre vieil ami Henri Friedel
à travers les textes bibliques
nous a entretenu des anges, non
de leur sexe mais de la capacité
pour chacun d’entre nous de l’être, ne serait-ce qu’un bref instant pour son prochain.
Mademoiselle Durrleman nous
informait du prochain voyage
organisé par « La Cause » dans
les Vallées. Ces voyageurs arriveront le 3 mai et repartiront le 7
mai au soir. Ils seront reçus à
la Foresteria. Le caractère particulier de celui-ci: des Aveugles
et leurs accompagnateurs, nous
oblige à les recommander à toute la population Vaudoise et non
Vaudoise afin que tout leur soit
facilité et leur laisse un bon souvenir. H. V.-R.
6
6 pro^ttive bìbliche
20 aprile 1984
Sul limite estremo della nostra esistenza
(segue da pag. 1)
rnorti? A queste domande non
si può rispondere con argomenti
offerti dalla sapienza umana, ma
nel l’ascolto non sempre facile
della Parola di Dio.
Intanto ricordiamoci che qui
si parla di risurrezione dei corpi, non di risurrezione della carne. La « carne » nel linguaggio
biblico è potenza di peccato, penetrata neU'uomO' intero come
potenza di morte con il peccato
di Adamo. Proprio in questo capitolo della lettera ai Corinzi,
Paolo scrive che; « carne e sangue non possono ereditare il regno di Dio; né la corruzione può
ereditare l’incorruttibilità ». Perciò Paolo, parlando di risurrezione, non spera in un ritorno
alla vita della nostra esistenza
fisica, di questo nostro « uomo
esterno » che si disfa sotto il peso degli anni, deUa debolezza e
delle infermità; egli spera e crede nella trasformazione del nostro corpo carnale in corpo spirituale; xma trasformazione che
ha inizio in questa nostra esistenza per opera dello Spirito Santo,
ogni qualvolta lo Spiritò opera
efficacemente in noi, ma che avverrà in modo totale alla fine dei
tempi. La speranza cristiana è
protesa verso « nuovi cieli e nuova terra », come scrive l’apostolo Pietro; e la risiurezione dei
corpi appartiene appunto a quel
tempo ed a quel rinnovamento
della creazione.
_ E’ chiaro che U nostro linguaggio è inadeguato alla descrizione di quell’evento finale. Paolo
stesso si serve di un’immagine,
l’immagine del seme che deve
decomporsi nel terreno prima
di dar vita ad una nuova pianta,
diversa dal seme stesso eppure
in stretto rapporto con lui. C'è
una varietà di corpi; ed a chi
volesse sostenere che la risurre
zione è soltanto un prolungamento dell’esistenza terrena. Pao
lo rivolge questo ammonimento:
« Insensato, quel che tu semini
non è vivificato, se prima non
muore; e quanto a quel che tu
semini, non semini il corpo che
ha da nascere, ma un granello
ignudo... e Dio gli dà un corpo
secondo che l'ha stabilito; ad
ogni seme, il proprio corpo... Il
corpo è seminato corruttibile e
risuscita incorruttibile; è seminato ignobile e risuscita glorioso; è seminato debole e nsuscita potente; è seminato corpo naturale e risuscita corpo spirituale ».
D’altra parte, se il nostro linguaggio umano è inadeguato a
descrivere il modo della risurrezione, esso è tanto più inadeguato a stabilirne il tempo o i
tempi. Il frequente riferimento
alla risurrezione « nell’ultimo
giorno », con il ritorno di Cristo,
annunzia certamente un evento
finale che Dio solo conosce. Soltanto allora la morte sarà definitivamente distrutta, soltanto
allora si potrà gridare; « O morte, ov’è la tua vittoria », mentre
oggi ancora, pur nella realtà della nostra fede cristiana, la morte passa su tutte le case e regna
sovrana, in tutti i cimiteri.
Secondo il pensiero di Paolo
nella I lettera ai Corinzi, c’è un
ordine progressivo nella risurrezione: in primo luogo, la risurrezione di Cristo, Vi primizia di
quelli che dormono », poi la risurrezione dei credenti che risusciteranno al momento della venuta del Signore; poi « verrà la
fine » quand’egli avrà rimesso
il regno nelle mani di Dio.
Non abbiamo
bisogno di aitro
Ora qui si pone un grave e inquietante problema: se la resurrezione dei corpi è un evento
che avrà luogo alla fine dei tempi, qual è lo stato di quelli che
sono morti e muoiono in Cristo?
Qual è la nostra speranza al riguardo? Nessuno di noi sa con
esattezza quel che accadrà quando chiuderà gli occhi alla luce
di questa vita terrena. Le dichiarazioni del N. T. non sono tutte
uniformi e Paolo stesso, nel corso del suo ministero, ha avuto
modo di formulare la sua fede
con una diversa visione degli avvenimenti. Certamente coloro i
quali muoiono in Cristo non
scompaiono nel nulla, non se ne
vanno semplicemente nei sepolcri in attesa che il corpo si riduca in polvere. Non basta dire
che essi dormono ed attendono
la risurrezione, non basta consolarci con la certezza che per
essi il ritmo del tempo è diverso
da quello dei viventi. Se i credenti sono con Cristo in questa
vita, certo lo saranno anche do
po la loro morte, in attesa degli eventi finali. « Essere con Cristo » è quanto sperava l’apostolo Paolo nel carcere romano:
« Io sono stretto da due lati: ho
il desiderio di partire e d’essere
con Cristo, perché è cosa di gran
lunga migliore; ma il mio rimanere nella carne è più necessario per voi ».
Se tutto ciò è vero, se « essere
con Cristo », « presso di Lui »
non è formula vuota di significato, se possiamo dire che andiamo « con il Signore », e dirlo
senza falsa pietà, allora non abbiamo bisogno di sapere altro;
ci bastano le promesse del Signore: « Beati i morti che da
ora innanzi muoiono nel Signore »! « Il vostro cuore non sia
turbato; abbiate fede in Dio e
abbiate fede in me ». O tutto ciò
ha un senso per noi o si tratta
di una misera e falsa consolazione. Ma se ciò è vero, allora
non abbiamo bisogno di altro,
se non di fermezza e di fiducia
in Cristo.
Nel suo studio sul tempo finale, il teologo Karl Barth scrive alcune pagine di grande efficacia. « Sul limite estremo della
nostra esistenza », egli scrive,
« Dio stesso ci attende, non soltanto la morte... Che cos’è dunque la morte di fronte a Dio?
Se essa è il nostro ultimo nemico, non per questo è in grado
di dominare totalmente su di
noi... Dio le ha dato la sua funzione, ma può anche toglierle il
suo potere... Nell’ora della nostra morte, il Signore sarà presente come Signore della mor
te... Noi cadremo certamente
nelle sue braccia, non in quelle
di un’altra divinità o di un’altra
potenza... Anche neirinfemo saremmo ancora e completamente
nelle Sue mani, perché l’Iddio
che ci attende nella morte come
Signore della morte, è l’Iddio
della grazia, l’Iddio che è per
noi, anche se, mediante la morte, Egli ci sottomette al Suo giudizio... Dio rimane il nostro soccorso e la nostra speranza ».
In questa fiducia suprema, alla luce della testimonianza apostolica, Dio ci aiuti a vivere ed
a rnorire. L’annunzio della risurrezione ha sempre suscitato reazioni negative (vedi Paolo ad
Atene) e tuttora incontra ostilità
in un mondo tutto preso dai problemi del suo tempo e della società in cui vive. La fede cristiana ha una dimensione più ampia di ogni problema contingente e terreno; anzi, può accadere
che da un momento all’altro
ognuno di noi scompaia dalla
storia umana per essere posto
di fronte ad un’altra realtà, quella della sua morte e del suo incontro con il Signore.
Paolo non rifiutava di porsi il
problema della morte in tutta
la sua concretezza: non in termini filosofici, ma nella fede in
Gesù Cristo risorto dai morti.
« O morte, dov’è la tua vittoria? ». A questo grido, che esprimeva anche il suo tormento.
Paolo rispondeva; « Ringraziato
sia Dio che ci dà la vittoria per
mezzo del Signor nostro Gesù
Cristo ».
Ermanno Rostan
GIOBBE - 7
LIETO FINE?
Una cosa è importante notare, e ovviamente tutti i commentatori la sottolineano: Giobbe si ravvede, cambia mentalità e atteggiamento prima del cosiddetto « lieto fine »: prima di avere riavuto
da Dio figli, salute, benessere, considerazione fra gli uomini. Prima, quando è
ancora hello sfacelo familiare, sociale,
morale, fisico; quando è ancora « sulla
polvere e sulla cenere », nel letamaio, ai
margini della vita.
Prima: quando non ha, comunque, ancora riavuto nulla. Ma ha riavuto qualcosa che, evidentemente, dalla sua reazione, era ed è tutto per lui: ha riavuto
Dio o più precisamente, il rapporto vivo con Dio. Dio ha rotto il suo silenzio,
anche se Iffia rotto in un modo sconcertante e quasi terribile; si è rivolto a lui.
E Giobbe ha ritrovato Dio, il suo Dio;
« santo », di ima « alterità » tremenda,
ma pure prossimo, presente, « Emmanuele ». Non « Dio c’è », come ci capita
a volte di leggere, testimonianza commovente ma di un’ingenuità ambigua (quale
Dio?), correndo per le strade — ma Dio
con me, Dio per me, con noi e per noi.
resse, a chi lo serve in modo gratuito e
non calcolato. L’interpretazione è suggestiva ed esprime una verità teologica profonda '; ma rende conto fino in fondo della tensione del libro biblico?
a cura di Gino Conte
Il dislivello
Anche Giobbe, un « pentito »? Sì e no, l’abbiamo visto. Non certo nel senso corrente, perché non cede di un pollice quanto all’argomentazione religioso-morale dei
suoi amici, aUa loro ideologia religiosa, alla loro pretesa di spiegare — loro, sia
pure con qualche versetto bibbco alla mano — la vita, la sofferenza, la morte, di giudicare —loro — che cosa e chi è giusto e chi non lo è. Ma davanti a Dio, a lui solo, e a Dio che gli parla e, pur « dal seno della tempèsta » e in tutta la sua gloria, si
rivolge personalmente a lui e benché sia un verme lo « degna » dì una risposta a tu
per tu, di fronte a questo Dio che in questo modo paradossale lo ama, Giobbe si pente: ricono^e U proprio pec^to d’orgoglio, la sottile, indomabile — fino ad allora —
volontà di « giustificare » lui la sua vita. Invece la sua, la nostra vita trova giustificazione — perdono, accettazione, ma anche senso e consistenza — soltanto in Dio, nel
suo amore creativo, per il quale bisogna avere occhi, mente, cuore.
Amare Dio
(Questo è dimque, Giobbe, questo rappresenta, nella sua figura, l'anonimo autore di questo grandioso poema della
fede, o di Dio; un uomo che ama Dio
con tutto il suo cuore, con tutta la sua
anima, con tutta la sua mente, con tutte
le sue forze. Ha amato certo la moglie,
i figli, il rigoglio delle messi, le vive onde degli armenti, e le case edificate, l’opera di tutta una vita; ha amato il lavoro, compiuto, offerto ad altri, coinvolgendoli nella sua opera; ha amato l’amicizia, gli amici, il calore dei rapporti, il
piacere del dibattito sottile e accalorato, e il vivere fra il rispetto e la considerazione dei conoscenti; ha amato il
suo corpo sano, la gioia di sentirsi vivere vigoroso e attivo, con senso profondo
di partecipazione alle meraviglie del
creato... Ha amato tutto questo e la sofferenza di averlo perso, tutto, è stata e
resta atroce. Eppure — questa sua reazione finale lo dice, in poche e davvero
« sentite » parole — ha veramente amató Dio con tutto se stesso, e al di sopra
di tutto il resto.
Il_ grande comandamento antico, che
Gesù rimette in piena evidenza elevandolo sulla selva di norme religiose e morali (Marco 12: 28 ss. e paralleli) — e
dal quale consegue, correlato, il secondo, « simile ad esso » come l’uomo è « ad
immagine di Dio » — trova forse nella
vicenda, nella fede combattuta di Giobbe una delle esemplificazioni e illustrazioni più parlanti. Le parole di Giobbe
non sono mai quelle di un asceta spregiatore dei mille splendori della vita, anzi; ma vi affiora continuamente una passione per la prossimità di Dio, un desiderio insaziabile del rapporto con lui,
con il suo amore, con' la sua potenza,
con la sua giustizia. Intendiamoci, questo significa shalom, pace, cioè pienezza
e armonia di vita: ma in quanto segno
del forte, vivificante rapporto con Dio;
ama la vita, e la vuole, ma perché gliela
dà Dio e nella misura in cui gliela dà
lui. La vita è splendida, ma non è essa
« dio »; piuttosto, dove, quando Dio è
con noi. quella è vera vita: anche, paradossalmente, « nella polvere e nella cenere ». Anche sulle galere del cristianissimo Ee Sole, anche nei lunghi anni tetri
e ’’morti” delle murate vive nella Torre
di Costanza che pur incidono sul muro
« Résister », anche nella cella di condannato a morte di Bonhoeffer e di innumerevoli altri meno noti o ignoti (non a
Dio); anche in un letto di malattia dal
quale non ci si rialzerà.
Una stonatura, o peggio?
Passando da questa temperie alla seconda parte del cap. 42 (dal vers. 7 in
poi) si ha l’impressione di un improvviso e brutale vuoto d’aria, di un brutto
scivolone. Il « lieto fine » stride maledettamente con il poema e soprattutto con
le risposte dell’Eterno, con l’ultima, scarna risposta di Giobbe. Sì, ricordiamo
quanto dicemmo aH’inizio di queste riflessioni sul libro biblico: rientriamo qui nella « cornice », nel racconto ricco di folklore, nella parabola edificante del cre
dente paziente; e Dio sembra infine avallare anche lui la « norma universale » del
compenso. Ecco, Giobbe: finalmente Dio ti
rimerita. Ma come far collimare questo
con quella che è stata la lotta di Giobbe, la passione del poema?
E per cominciare: si può veramente
parlare di ’’lieto fine”? Un padre che ha
perso dieci figli è forse « compensato »
ricevendone altri dieci? Le distruzioni e
la desolazione si dimenticano forse, anche dopo la ricostruzione? e la messa al
bando, dopo la riabilitazione? La sofferenza della carne passa forse senza lasciare traccia nelle nostre vite? E’ un lieto fine da favola, appunto; e le favole o
sono tristi, o sono disumane.
In ogni caso, il dislivello fra il ’’corpo”
del poema e questa conclusione è pesante; e i commentatori si dividono.
Alcuni, come il De Pury, sembrano leggere il libro cosi com’è, senza porsi particolari problemi critici, sorvolando su
questo ’’dislivello”. In pagine per altro
belle. De Pury, prolungando la sua interpretazione tutta imperniata sul servizio e
suH’amore « per nulla » da parte di Giobbe, scrive, sì: « questa fine fa un po’ pensare a un deus ex machìna e non ci piace
tanto il colpo di bacchetta magica che risolve i guai di Giobbe »; riafferma però
« l’assoluto diritto di Dio, ' a prova superata e una volta dimostrata in pieno la
gratuità del servizio di Giobbe, di colmare
colui che ama di tutto quanto stimerà
bene dargli... il diritto e il potere di Dio
di ricompensare coloro che lo servono
gratuitamente » (Giubbe, p. 58 s.). Insomma, potremmo dire che il ’’lieto fine” vuol
sancire che ha avuto ragione Giobbe, almeno contro gli amici: è quel « soprappiù » che, come ha detto Gesù (Matteo 6;
33), Dio dà quando e come vuole a chi
cerca lui prima e al di sopra di tutto, a
chi lo ama « per niente » e non per inte
Altri, come S. Terrien, ritengono invece
(a ragione, mi pare) di dover mantenere
in tutta chiarezza la gravità di questa
tensione fra il quadro narrativo e il poema, e dunque fra le teologie assai diverse che rappresentano, anche tenendo conto di un certo sforzo di rielaborazione da
parte del redattore finale. In realtà, fermo
restando il pieno diritto di Dio alla sua
gratuita « ricompensa » \ la conclusione
svuota in larga misura il messaggio centrale del libro, ne offusca la limpidezza.
Perché il poema dice che Giobbe ha avuto ragione contro i suoi amici, ma non
contro Dio; e infatti non « accetta », ma
« si pente », si ravvede, in profonda umiliazione. Non c’è un senso di accordo e
di unisono fra lui e l’Eterno, ma il senso
del peccato. Su questo, varrà la pena di
riflettere ancora.
Gino Conte
‘ Nel suo comimento a Giobbe (nella sua raccolta di saggi Valeur de l’Ancien Testament, Genève,
s.d.) W. Vischer scrive: « Questa conclusione —
che data dalla prima redazione del libro — può
apparire singolare, dopo la spiritualizzazione del
problema di Giobbe attraverso i discorsi. Bernard
Duhm pensa che il poeta ha lasciato sussistere
questa conclusione, tratta dall'ingenuo racconto
primitivo, "per lo stesso riguardo verso i lettori che talvolta ha ispirato Shakespeare, quando
include nei suoi drammi certi estratti delle sue
fonti, che però non sempre concordano con il resto del testo". C'è del vero, in quest'osservazione: questa conclusione ci ricorda infatti il modo
di procedere di Shakespeare. Ma ci ricorda più
ancora l'autentico "modo" israelo-biblico e il fatto che l'Evangelo si conclude con il racconto della tomba vuota del Crocifisso. La fine terra-terra
del libro di Giobbe dimiostra con forza che (a
vera decisione — se cioè Dio è davvero il nostro
Dio — riguarda questa vita. La fede vive dell'adempiersi della comunione con Dio nella realtà
delia vita presente. O Dio è qui e ora il mio Dio,
il vincitore dei peccato e deila morte; o non è
affatto il mio Dio» (p. 67).
^ Un tema biblico difficile, che andrebbe certo
studiato e chiarito, è questo della « ricompensa ».
In ogni caso, A, Weiser (Giobbe, Brescia 1975, p.
403) scrive qui: « Se il dolore di Giobbe non si
doveva spiegare come punizione di Dio, non è
vero neppure che la sua giustificazione e la sua
nuova felicità debbano essere considerate un premio a cui egli abbia diritto. Qui II sola gratia consiste nel fatto che Dio dichiara giusto il peccatore
Giobbe e per di più lo mette al servizio della sua
grazia che perdona, e questa si estende anche
agli amici ».
é.
7
20 aprile 1984
otíeltivo s^erto 7
UNA RIFLESSIONE PER IL TEMPO DI PASOUA
LE SETTE PAROLE DELLA CROCE
Sette parole in cui si riflettono tutti i nostri
dubbi e le nostre speranze. Sette parole rivolte al
Padre ma anche alla comunità dei credenti che si
raccoglie sotto la croce e che si interroga sul
proprio futuro. Sette frasi lapidarie, indimenticabili, raccolte per l’oggi e per il nostro domani
dalla testimonianza dei quattro evangelisti. Ma
queste sette parole pronunciate dall’alto della
croce, sul Golgota, non sono le ultime parole
di Cristo.
Queste sette parole, è vero, rappresentano la
conclusione di un’era. Un’era che doveva finire
perché, fuori dalle mura di Gerusalemme, ne nascesse un’altra. Al di là dei confini di un popolo,
ma dentro i confini di tutti i popoli della terra
— dopo queste sette parole — nasce la possibilità
nuova che Cristo, risorto da quell’inferno di violenza e di morte in cui era stato costretto, rivela
all’umanità. La possibilità di credere che la nostra vita possa essere salvata dalla misericordia
di Dio. Dunque è possibile diventare fin d’ora
strumenti non più di scopi egoistici o violenti ma
strumenti di quel Regno dove la solidarietà e
l’amore tra gli uomini e gli uoimini con Dio è
realtà palpabile, quotidiana. Cristo risorge. E ci
indica la strada per raggiungere questo Regno
che non ci appartiene. Su quella strada, in mezzo
alle difficoltà, alle incomprensioni, agli inevitabili insuccessi Cristo stesso ci precede: c’è oggi
speranza più grande di questa?
Ho sete
Ho sete (Giov. 19: 28). Nell’estrema rìc’niesta del Cristo sulla croce del Golgota,
l’angoscia lontana del salmista che dice:
« mi hanno dato del fiele per cibo e, nella
mia sete, m'han dato a bere dell’aceto »
(Salmo 69: 21) diventa, improvvisamente,
realtà. Ma c’è una realtà ancor più vicina,
quella in cui il grido di Cristo si confonde con le grida di trenta milioni di africani che languono e muoiono nella siccità
della fascia subsahariana del Sahel. Quale prospettiva di vita ha questo popolo
assetato, ricacciato ai confini del mondo
dalla fame, dall’inedia, dalla sete? Può la
sete terribile dell’Africa che muore, diventare la nostra sete di giustizia, di collaborazione non interessata, ma tesa a dare
una prospettiva di vita? Le gocce calcolate dei nostri aiuti possono diventare
fiume di solidarietà, di aiuto disinteressato. prima che sia troppo tardi? Il grido di Cristo: «ho sete » è rivolto a noi
che beviamo, che mangiamo tre volte al
giorno, che possediamo la ricchezza del
mondo. Possiamo reagire attivamente al
rimor.so che in noi crea la realtà di intere
popolazioni condannate alla morte dalla
fame, dalla sete?
’ %
Ecco tuo figli
Oggi sarai con
me in paradiso
Io ti dico in verità che oggi tu sarai con
me in paradiso (Luca 23: 43). Un delinquente comune conosce, nella sofferenza,
Gesii. Per l’antico ebreo il paradiso è il
luogo dove i giusti, dopo morti, attendono fiduciosi la risurrezione dell’ultimo
giorno. Gesù dice a questo compagno di
sventura: ci sarai anche tu. Anche tu sarai contato tra i giusti. E’ l’impossibile
possibilità. E’ la Grazia gratuita, giustificante di Dio che irrompe nella vita di
un criminale. Quest’uomo ha creduto. Ha
confessato la sua fede in Colui « che non
ha fatto nulla di male ». Ed è stato ascoltato, capito, amato. La salvezza è più vicina a noi di quel che pensiamo. E’ già
accanto a noi. Cristo è solidale con la nostra umanità. Da questa vicinanza scaturisce la nuova, unica, possibilità di ripresa della nostra vita, malgrado l’enormità
delle nostre mancanze. Certo bisogna
guardarsi intorno, non ripiegarsi su se
stessi, né confidare soltanto nelle proprie
forze. Cercando gli altri, uscendo da noi
stessi è sempre possibile l’incontro con
Dio. E quando questo incontro succede
realmente, ci sentiamo liberati da un passato di errori e pronti ad affrontare il
futuro.
Donna, ecco tuo figlio! Poi disse ^ discepolo: Ecco tua madre! (Giovanni 19:
26-27). In queste parole riecheggia un
insegnamento chiave del ministero di Gestì. E’ il nuovo comandamento capace di
riassumere tutto il senso della Scrittura
e che è stato rivelato ai discepoli: « amatevi gli uni gli altri ». Nella nuova famiglia
di Dio non ci sono più confini economici,_
etnici, culturali che vessano impedire di
sentirsi fratelli e sorelle, collegati da urM
stessa vocazione, ugualmente responsabili
verso gli altri. L’amore di Dio che in
Cristo si è espresso compiutamente allarga i confini e l’orizzonte del mondo. Non
ci si può illudere di rinchiudere la vocazione al discepolato nel ristretto spazio
di una famiglia, di un clan, di urta chiesa.
Questa vocazione la si può crocifìggere, è
vero! E quante volte è successo e succede.
Ma da questa apparente sconfitta rinasce,
con maggior determinazione di prima,
l’attesa e l’impegno per un mondo privo
di violenza, d’ipocrisia in cui fraternità e
solidarietà non si fermano allo stadio di
pie frasi religiose ma diventano realtà
sociale, politica ed economica.
Non sanno
quei che fanno
Perchè mi hai abbandonato?
Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? (Matteo 27: 46). E’ nell’improvvisa
oscurità che interrompe il giorno, e che i profeti avevano previsto come segno dell’indignazione di Dio verso l’umanità, che risuona il grido di Gesù. Un grido disperato? Una professione di ateismo? Una dichiarazione di fallimento? Con le stesse
parole del salmo 22 il Figlio rimprovera il Padre di consegnarlo nelle braccia dell’ultimo nemico: la morte. La violenza e la morte non sono accettabili dal Cristo né
prima né dopo, né nel Getsemani, né sul Golgota. Tutta la sua vita è stata anche
una lotta contro la sofferenza e la malattia, contro la violenza e la morte. Una lotta
quotidiana, vissuta sulla propria pelle, perciò Cristo è presente là dove sino all’ultimo respiro si lotta contro la violenza sulla persona umana e contro la morte. Ma
Cristo è anche là dove, in mezzo agli incomprensibili drammi dell’esistenza, si ha il
coraggio di contestare Dio e porgli i veri interrogativi della fede.
Padre, perdona loro, perché non sanno
quello che fanno (Luca 23: 34). Il pentitismo dei terroristi ha messo a nudo,
sovente, l’incapacità profonda di capire
realmente cosa significhi uccidere una
persona. Forse lo si afferra dopo, quando è troppo tardi. Ma quanti «non sanno
quello che fanno »! E non penso solo all’incoscienza di una mano armata da una
spinta ideologica totalizzante, ma anche
alla mano che usa la siringa per « un
lungo volo oltre la realtà » o alla mano
che percuote un neonato sino alla mano
di un bimbo che gioca alla guerra.
Quanti « non sanno quello che fanno »
quando in un minuto distruggono tutta
una vita d’amore, d’affetti, di progetti, oppure si lasciano interamente « sequestrare » e diventano strumenti di cause votate alla morte, al dominio sugli altri.
Ma la misericordia di Dio è lì soprattutto per loro, per quelli che « non sanno
quello che fanno ». Chi ha già capito tutto, chi s’è messo la verità in tasca, chi
prevede, chi programma, chi si illude di,
pilotare sino in fondo la propria esistenza non ha più bisogno del perdono di Dio.
Non lo cerca neppure.
Neiie tue mani
E’ compiuto
Padre, nelle tue mani rimetto lo spirito mio (Luca 23: 46). Sulle labbra di Gesù
tornano le parole del salmo 31. E’ una confessione di fede, è un’antica preghiera collettiva quella in cui Gesù si riconosce. Ma è anche un invito, diretto alla comunità
che nasce sotto la croce, a mettere nelle mani di Dio il proprio destino, la propria
vita. E’ urgente fare questo passo. Non bisogna aspettare il tramonto dell’esistenza
o l'ora in cui non basterà più avere fiducia in noi stessi, negli altri o nelle cose che
■abbiamo costruito. Nelle mani di Dio possiamo mettere non solo la nostra sofferenza, la nostra morte ma anche gli anni migliori, le stagioni più ricche, l’energia,
la passione di vivere che è dentro di noi. Solo così la morte non potrà più impadronirsi della ricchezza che abbiamo già messo nelle mani di Dio. Solo così la fiducia
■in Dio non sarà un rapido bagliore finale, ma la luce che illumina tutta la nostra vita.
E’ compiuto (Giovanni 19: 30). Anche nei particolari questa morte era già stata
descritta dalle antiche profezie messianiche. Con quest’ultimo grido un’era è compiuta. Da queste due ultime parole emerge la vittoria di Cristo ma allo stesso tempo
anche la nostra sconfitta. L’obbedienza di Gesù arriva sino al Golgota dove la persecuzione, la violenza, l’incoscienza trovano nella morte il limite estremo. Quanti
altri Golgota punteggiano la nostra storia: da Martin Luther King a Oscar Remerò!
Ma il martirio degli uomini giusti non va confuso con quello di Cristo perché da
questa morte Cristo risorge. Perciò non è la sua ultima parola. Altre parole vive si
aggiungeranno a quelle della croce. Parole nuove per un’umanità nuova che segue
Cristo risorto sul cammino del Regno in cui non saranno più innalzate croci, dove
dolore e morte non avranno più spazio. Croce e risurrezione: ecco il messa^io di
Dio per noi. Non c’è luna, senza l’altra. Pagina a cura di G. Pfetone
8
8 ecumenismo
20 aprile 1984
IMPORTANTE CONVEGNO INTERNAZIONALE
«Chiamati ad essere testimoni
dell’Evangelo oggi»
ÌÌ
Dal 26 al 30 marzo si è svolto
a Ginevra, presso il Centro Riformato Internazionale John
Knox, un Convegno al quale
hanno partecipato circa trenta
persone, donne e uomini, di diversa età, tra professori e studenti in teologia, laici impegnati
in vari settori e pastori di Chiese appartenenti all’Alleanza Riformata Mondiale (A.R.M.), provenienti da diverse nazioni, come Stati Uniti, Gran Bretagna,
Germania, Svìzzera, Svezia, Ungheria, Cecoslovacchia, Jugoslavia, Italia, Ghana e Malawi.
Argomento di studio è stato il
documento che l’Assemblea dell’A.R.M., riunita ad Ottawa nell’agosto 1982, ha mandato a tutte
le Chiese - membro perché lo
prendano in esame e facciano
pervenire le loro reazioni e risposte al Segretariato di Ginevra
entro il 31 dicembre 1984. Questo documento è stato pubblicato recentemente dalla Claudiana, natoralmente in italiano, col
titolo: « Chiamati ad essere testimoni dell’Evangelo òggi », in
un volumetto di un’ottantina di
pagine (L. 2.900) che dovrà essere studiato anche dalle nostre
comunità.
gno della presenza di Cristo nel
mondo »: in particolare nei rapporti interecclesiastici ed ecumenici in cui trasmettere all’umanità un messaggio ed una realtà
vissuta di riconciliazione, nella
lotta contro il razzismo già all’interno delle Chiese e fuori, nei
rapporti tra donne e uomini nella comunità cristiana, nel matrimonio e nella famiglia. La quarta ed ultima parte considera i
problemi della testimonianza cristiana, nella diversità delle culture, in un mondo come il nostro minacciato e travagliato
dalle guerre, dalla fame, dalle
ingiustizie, dagli abusi di potere
e dalle oppressioni, nonché dalla continua violazione dei diritti umani.
■ Í
Tale documento presenta una
vasta problematica, molto viva
ed attuale, con cui le Chiese non
possono non confrontarsi per
rendere una testimonianza significativa e fedele aU’Evangelo di
Gesù Cristo nel mondo d’oggi.
La prima parte di esso, brevissima, pone la domanda fondamentale sul come esprimiamo noi
oggi il messaggio evangelico che
aimimcia in Cristo la salvezza degli uomini. La seconda parte invita ad una nuova riflessione e ad
una nuova espressione della nostra « eredità riformata », in particolare sui punti che la caratterizzano come la dottrina della signoria di Cristo, il « sola Scriptura », il culto riformato, il rapporto fra libertà e obbedienza nel
discepolato cristiano, l’organizzazione ecclesiastica ed il ministero consacrato. La terza parte
presenta « la comimione » che ci
è stata data e che siamo chiamati a vivere « in Cristo, come se
Naturalmente il Convegno non
ha potuto affrontare tutti questi
problemi, ma si è limitato a toccarne alcuni, con speciale attenzione a quelli del culto riformato, che « la predicazione tende a
dominare », in quanto « gli elementi della lode, della meditazione, del silenzio e della celebrazione, per quanto non assenti,
non sono tuttavia molto sviluppati ». Così « il culto delle Chiese
riformate è spesso vissuto come
una spiegazione di passi biblici
o -di verità cristiane generali; e
può diventare troppo intellettualistico e non coinvolgere sufficientemente la persona intera »
(pag. 43).
Il programma di quelle quattro giornate si è articolato variamente in discorsi introduttivi
fatti da esperti in diversi campi,
seguiti da discussioni fra tutti i
partecipanti e i relatori e dal lavoro di gruppi, fra i brevi culti
mattutini e serali condotti a
turno da grappi di tre dei vari
partecipanti al Convegno stesso.
Una giornata è stata dedicata
alla visita ai luoghi più interessanti come il monumento alla
Riforma, l’Auditoir di Calvino, la
Cattedrale riformata di S. Pietro e la sede del Consiglio Ecumenico delle Chiese (C.E.C.), dove fra l’altro è stato proiettato
un documentario a colori che riprendeva diversi momenti del
l’Assemblea del C.E.C. a Vancouver, ed è stato illustrato il lavoro svolto dal Consiglio Ecumenico sul piano mondiale.
Nei vari discorsi che sono stati fatti durante il Convegno il dr.
E. Perret, segretario generale
dell’A.R.M. ha parlato su attività
e problemi affrontati da questa
Alleanza; il dr. L. Vischer, teologo del Dipartimento Fede e Costituzione e deirUfficio Ecumenico della Federazione delle Chiese
Protestanti Svizzere, ha fatto ima
introduzione allo studio del documento in questione, e in altro
momento ha parlato sui problemi del culto, della predicazione e
della celebrcizione della S. Cena
nelle Chiese riformate; il dr. C.S.
Song, coordinatore di questo studio per l’A.R.M., ha presentato
« imo sguardo metodologico alla
nostra fede e alla nostra vita »
con particolare riferimento ai
contesti culturali in cui le Chiese si trovano; il past. W. A.
McComish, presidente del comitato organizzatore deU’incontro,
ha parlato sul « culto come parte della spiritualità riformata »;
il past. valdese A. Comba, in missione presso rA.R.M., a Ginevra,
ha illustrato alcuni problemi posti dal documento per stimolare
le reazioni dei presenti; il professore emerito di una facoltà
teologica irlandese, dr. J.M. Barkley, ha rivolto « uno sguardo
retrospettivo alla storia della
Chiesa», con particolare riguardo al culto. Infine c’è stata anche
la visita del presidente dell’A.R.M., il pastore sudafricano
dr. Allan Boesak, che sì è intrattenuto coi presenti riuniti in un
interessante colloquio sui diversi
problemi della vita e della testimonianza delle Chiese nella situazione attuale.
Il Convegno è stato molto bello, proficuo e positivo sotto ogni
aspetto ed ha raggiunto bene il
suo scopo principale, che era
quello di stringere i legami di
fraternità aU’interno della « famiglia riformata » sia fra i vari
partecipanti all’incontro che fra
le Chiese da essi rappresentate.
Agostino Garufi
Le donne pastore
giapponesi ricordano
(SPR) — Nella gioia e nella
riconoscenza si sono recentemente incontrate 70 donne-pastore della Kiodan (la Chiesa Uruta di Cristo) per ricordare il
5(F anniversario della prima
consacrazione dì una donna al
* pastorato in Giappone. La signora Takahashi Risano venne
infatti consacrata pastore nel
1933 esercitando poi il ministero pastorale fino al 1941 quando entrò in emeritazione e mori nel 1944 all’età di 73 anni.
Echi dal mondo
cristiano
a cura di Renato Cofsson
Organizzata da 10 donne pastore questa celebrazione è stata l’occasione non soltanto di
: guardare indietro verso le « radici» del pastorato femminile,
• ma soprattutto di esaminare insieme la situazione attuale delle
donne-pastore nella Kiodan. Esse sono oggi 473 su un totale di
2706 pastori, cioè il 17%. 175 di
loro ricoprono incarichi specia' lizzati nel campo dell’evangeliz, zazione e dell’insegnamento.
co delle Chiese, che ha raggiunto nell’82-83 un bilancio di ben
46.789.536 dollari. E’ questo di
gran lunga il bilancio più grosso del CEC. A confronto il bilancio del programma di lotta
contro il razzismo, sovente oggetto di critica e di contestazione, fa la figura del piccolo nano
con i suoi 1.743.500 dollari di bilahcio. La parte del leone è stata attribuita ai progetti di sviluppo con 25,8 milioni di dollari
(Medio Oriente 2, Africa 8,6, America Latina 7, Asia 2,7, Europa 2,7).
Aiuti ai rifugiati
(Soepi) — E’ stato pubblicato
v: il rapporto del CESEAR (Com
> missione di aiuto e di servizio
^ ' alle chiese e di assistenza ai ri
Per i rifugiati il CEC ha destinato 7,7 milioni, la maggior
parte dei quali è andata in Africa (2,4), Medio Oriente (1,8) e
resto del mondo 2,7. Nel capitolo che riguarda gli appelli di
urgenza oggetto di particolari
sollecitazioni alle chiese si registrano 11,7 milioni di dollari
(Medio Oriente 4,1, Asia 3, America Latina 2,5, Africa 1,5, Europa 0,9, Pacifico 0,26).
>
fugiati) del Consiglio Ecumeni
Nel suo rapporto il responsabile del CESEAR Nicholas Ma
POLONIA
La guerra
dei crocifissi
La rimozione dei crocifissi dalle pubbliche scuole in Polonia,
ritengo sia stata un errore politico, una provocazione, un atto
di intolleranza religiosa.
D’altra parte la reazione che
ne è seguita, il parlare di persecuzione religiosa, l’affermare che
« la croce svolge il p|iù importante ruolo nell’educazione... » sono
delle esagerazioni che svuotano
di significato... la crociata Iniziata.
I cattolici polacchi dovrebbero comprendere che i tempi sono cambiati e che la laicizzazione dello stato, l’abolizione dell’insegnamento religioso che ne
consegue, portano ovviamente
alla cancellazione di ciò che alla
religione fa riferimento nella
scuola.
le loro chiese, per adibirle al culto cattolico. Non sì può pretendere dì usufruire della libertà di
coscienza e di culto a senso unico.
L’altra buona occasione è quella di una catechesi atta ad elevare la religiosità del popolo da
forme esteriori, alla spiritualità
deH’Evangelo che è spirito e
vita.
Persino in Italia la Chiesa romana con il nuovo Concordato,
ha dovuto rinunziare alla prerogativa che il Cattolicesimo continuasse ad essere la religione dello Stato e ad altri privilegi.
La rimozione decisa dalle autorità scolastiche, dei simboli religiosi, non più rispondenti alla
mutata situazione politica polacca, avrebbe potuto suggerire al
clero una duplice occasione di
riflessione e di meditazione.
Innanzitutto cominciare ad educare il popolo ad una concezione laica dello stato, nel rispètto della pluralità delle fedi e dèlie confessioni religiose. In Polonia i nostri fratelli protestanti
hanno dovuto subire non pochi
atti di intolleranza da parte dei
cattolici che li hanno privati del
Che senso ha infatti il crocifisso, con la sua materialità, nelle scuole e nei pubblici uffici —
come del resto avviene anche in
Italia — quando si tratta di un
Cristo che è morto anche nel
cuore e nella vita degli uomini?
Certo per chi crede, il Cristo
crocifisso ricorda la grandezza
del suo amore e del suo sacrificio per l’umana redenzione.
Ma la visione di im Redentore,
perennemente fiaccato dalla morte, disgiunta in effetti da una
visione del vivente Signore della
vita, non contribuisce a collocarlo definitivamente nel mondo dei
trapassati che non possono più
nulla?
Il tema centrale della predicazione cristiana è, in ogni tempo,,
quello del Cristo crocifìsso che
Paolo (Galati 3: 1) aveva, come
egli dice, « ritratto al vivo » dinanzi agli occhi dei suoi uditori.
Ma si tratta di una predicazione che deve incidere nel profondo del cuore. Nessuno potrebbe
dire che, per chi non crede, un
crocifisso appeso alla parete
possa essere di qualche utilità.
Pietro Valdo Panasela
Alleanza tra
trono e altare
ro (Tanzania) scrive: «Il tempo che abbiamo dovuto consacrare alla preparazione dell’Assemblea di Vancouver non ci ha
impedito di renderci conto che
il mondo continuava a girare.
Sono proprio i problemi mondiali che emergono dal servizio
del CESEAR che stimolano il
CEC e di riflesso le chiese membro a scendere nel concreto. Le
situazioni d’urgenza, siano esse
dovute a calamità naturali o
create dall’uomo, non sono mai
state così numerose. L’afflusso
dei prigionieri non accenna a diminuire. I paesi industrializzati
rendono più difficile l’installazione dei rifugiati, alcuni hanno
anche preso concrete misure per
incoraggiare ì lavoratori migranti a ritornare nei loro paesi di
origine. La testimonianza ed il
servizio delle chiese nel mondo
appare chiaramente dal rapporto del CESEAR. Nessuna parola è però in grado di riprodurre
il grido di un bambino che muore, 0 l’impatto distruttore di un
terremoto o il fischio sinistro di
un missile che porta la morte ».
(nev) — L’attuale rapporto che
esiste in Polonia fra lo stato e
la chiesa cattolica è « una specie
di alleanza fra trono e altare ».
Lo ha. dichiarato il vescovo luterano Narzynski, presidente del
Consiglio ecumenico polacco, il
quale ha anche osservato che la
chiesa cattolica ha tratto in questi anni il massimo profitto dalla crisi polacca ed è riuscita ad
accrescere il suo potere, non solo sul piano morale e politico,
ma anche su quello materiale.
Mai nella sua storia la chiesa
cattolica ha goduto di tanti privilegi come oggi, ha detto Narzynski. Egli ha anche espresso
l’opinione che la chiesa cattolica,
in Polonia, «non andrà mai all’opposizione ». Dal canto suo, ha
continuato il vescovo luterano,
lo stato sa benissimo che può vivere soltanto in simbiosi con la
chiesa cattolica; anche se a volte si viene a momenti di frizione
Rimpatriano
gii ugandesi
rifugiati
(Soepi) — Fra 300.000 e 400.000
ugandesi rifugiati in Sudan e
Zaire sono ritornati nel loro
paese nel corso degli ultimi tre
anni. Questi rifugiati erano originari della provincia del Nilo
occidentale, regione del nord
dell’Uganda. Erano scappati negli anni 1979 e 1980 a causa delle guerre che avevano fatto seguito alla caduta di Amin Dada.
Rimangono però ancora circa
25.000 rifugiati nel Sudan e 60.000
nello Zaire.
e contrasto, si tratta pur sempre
di cose che avvengono in seno
« alla stessa famiglia ».
Il vescovo Narzynski ha anche
respinto l’accusa, mossa da parte cattolica ai protestanti polacchi, di essersi messi dalla parte
dello stato; si tratta, ha detto,
di insinuazioni che si propongono di mettere in cattiva luce i
circa 600.000 cristiani che appartengono alle chiese non cattoliche (soprattutto protestanti e
ortodossi); queste chiese invece
e il Consiglio ecumenico delle
chiese polacche che le rappresenta, sostengono la necessità
della separazione della chiesa
dallo stato; esse non vogliono
vivere all’ombra della chiesa
cattolica, come questa sembra
proporre, e neppure all’ombra
dello stato: vogliono semplicemente seguire la loro strada indipendente e originale.
Il vescovo luterano ha sostenuto, in questo contesto, la collaborazione del Consiglio ecumenico delle chiese polacche con il
« Movimento patriottico per il
rinnovamento nazionale »: sono
uomini di buona volontà, ha detto, che si propongono di risolvere i più gravi problemi del paese.
Critiche sono state anche le
osservazioni di Narzynski sui
rapporti fra protestanti e cattolici, mettendo in guardia contro
la pretesa della chiesa cattolica
di rappresentare tutti i cristiani.
Nei rapporti fra le due chiese,
ha detto, si sono fatti progressi,
ma restano questioni aperte. Il
Consiglio ecumenico delle chiese
è disposto perciò a partecipare
a una commissione mista con la
chiesa cattolica soltanto dopo
che sia stata chiarita la questione, ancora aperta, delle chiese
luterane che sono state occupate di forza dai cattolici.
in
9
20 aprile 1984
cronaca delle Valli 9
I
CONVEGNO EGEI VALLI A PINEROLO
Cosa succede dietro le sbarre?
Vivere
rintesa
«Adesso che il moderatore ha
firmato^ anche voi pastori sarete
pagati dallo stato ». Chi dice questo è un ragazzino valdese, la firma di cui parla è quella dell'Intesa tra Chiese Valdesi e Metodiste e Stato Italiano. Un po’ sbigottito gli chiedo dove abbia
sentito questa affermazione; lui
risponde di averne sentito parlare da certi amici dei suoi genitori, anch’essi valdesi. Rispiego pazientemente tutto: no, noi
non siamo e non saremo pagati
datlo_ stato, rifiutiamo ogni privilegio, pensiamo che una chiesa debba vivere coi suoi mezzi,
per questo ci sono le contribuzioni ecc...
Il mio sbalordimento è ancor
più grande se penso che nelle
nostre 6 riunioni quartierali avevamo appena finito di esaminare, poco prima della firma della
Intesa, le differenze tra que.st’ulthna e il Concordato e se penso
anche che di questo argomento
avevamo scritto nella circolare
di chiesa. Le riunioni quartierali
raggiungono solo 1/5 dei membri della comunità, ma la circolare arriva a tutti. E allora perché questa grossolana mistifica^
zione del significato dell’Intesa?
Quest'idtima è stata spiegata in
modo poco chiaro? Il ragazzino
ha travisato le parole degli adulti? Spero che una di queste due
interpretazioni sia corretta, ma
ritengo che sotto vi sia qualcosa
di ben più preoccupante.
Innanzitutto la distanza tra
ciò che una chiesa dice, fa e predica e molti dei suoi membri.
Distanza che è dovuta a disinteresse, incomprensione e molte
al ire cose, ma che fa sì che di
tutto ciò che abbiamo detto sulla
Intesa rimanga in mente solo
una lontana identificazione del
tipo Intesa = Concordato = pastori pagati dallo Stato.
Poi anche un terribile pressapochismo per cui per parlare di
una cosa non è necessario essersene informati, basta averne
sentito vagamente parlare ed essersene fatta un’idea in testa,
giusta o sbagliata che sia.
Infine, _ forse, ha vinto il più
forte! Cioè la firma dell’Intesa
poco dopo il Concordato ha fatto passare un’immagine appiattita delle differenze enormi che
vi sono. Noi certo abbiamo fatto
il possibile per spiegare l’originalità dell'Intesa, ma questo è
chiaro solo ad una minoranza
di Italiani, quelli appunto che
sentono il bisogno di essere informati di ima cosa prima di
farsene un concetto; per gli altri
è bastata La concomitanza delle
date e titoli di giornali come
«Concordato anche per i Valdesi ». Riprova ne è il fatto che
anche dei Valdesi capiscono questo non come è stato concepito
dalla loro chiesa, ma come altri
volevano che le Intese fossero
comprese.
Data la nostra esiguità numerica non possiamo pretendere
che i gesti significativi che noi
compiamo siano subito compresi da tutti. Abbiamo però in mano un’arma che ci viene dalla
fede: sappiamo che l’enunciazione di un principio non è nulla
Se poi non viene vissuto. Con
l’Intesa abbiamo enunciato un
principio nuovo nei rapporti
chiesa stato; qualcuno anche all’interno delle nostre comunità
non l’ha capito. Spiace certo, ma
non siamo che all’inizio di un
cammino, ora l’Intesa possiamo
viverla, comprenderla come una
nuova possibilità di testimoniare l’Evangelo. Se sapremo fare
questo ho fiducia che motti, tutti, capiranno. Claudio Pasquet
« Che cosa c’è dietro le sbarre? » ossia; carcere, mondo sconosciuto.
Il convegno su questo tema,
organizzato dalla FX3rEI Valli e
Torino, pur non avendo la presunzione di rispondere in modo
esauriente alla domanda del tema, ha soddisfatto due tipi di
esigenze: Tinformazione e la esplicitazione di dubbi e problemi.
Tre persone con tre esperienze
diverse rispetto al carcere hanno introdotto il dibattito del convegno: un avvocato, Pier Claudio
Costanzo, che è chiamato dal suo
mestiere ad assicurare la difesa
dei diritti delTimputato recluso;
Teresa Ferrerò, assistente volontaria presso il carcere di Pinerolo, che assicura con la sua opera una forma di contatto tra
carcere e mondo esterno; il giudice Elvio Passone, che in prima
persona rilevava la contraddizione della sua presenza: produttore di carcere e nello stesso tempo deploratore dello stesso.
L’avv. Costanzo, nella serata
pubblica di sabato 14, dopo la visione della videoregistrazione di
un programma della RAI 3 sul
carcere speciale femminile di Voghera, ha illustrato la situazione
negli istituti penitenziari italiani
oggi.
Ha messo in guardia dal concentrare l’attenzione esclusivamente sul carcere speciale, dimenticando altresì la realtà delle prigioni « normali ».
Di fronte ad un carcere «modello » in cui tutto è regolato
dall’elettronica e nel quale il trattamento del detenuto è personalizzato non in funzione di im
suo reinserimento sociale ma finalizzato, per esigenze di sicurezza, alla distruzione dell’elemento umano, ci troviamo davanti a stabilimenti penitenzia
ri fatiscenti e quasi medioevali,
in cui il rispetto dell’umanità
non è certo garantito.
Quale contraddizione con il disposto della Costituzione: « Le
p>ene non possono consistere in
trattamenti contrari al senso di
umanità e devono tendere alla
rieducazione del condannato »
(art. 27, 3“ comma)!
H legislatore ha posto le basi
per il mutamento della situazione, con la legge di riforma del
1975. Non è una legge perfetta,
ma contiene elementi di grossa
novità: il rispetto assoluto dell’umanità del carcerato, la priorità del fine del reinseriraento
sulle esigenze di sicurezza, il lavoro come strumento per riacquisire una dimensione sociale
da parte di chi è stato o si è
emarginato dalla società civile.
Si è parlato molto dell’art. 30
della l^ge del ’75, per rilevare
come esso sia nato per fronteggiare situazioni di emergenza
fornendo la possibilità di sospendere « per un periodo determinato strettamente necessario»
le regole di trattaniento previste
dalla legge « per esigenze di ordine e di sicurezza » (rivolte, calamità naturali).
I fatti di terrorismo degli anni successivi all’uscita della legge hanno fornito il presupposto per una applicazione elastica e perfino distorta del disposto normativo, il cui risultato
più evidente sono le carceri speciali.
Ma il carcere, ci si è chiesti, è
una struttura necessaria della
nostra società?
II giudice Passone ha ben rilevato come il carcere sia una risposta storica, al bisogno di punizione della devianza che si esorime in ogni tipo di collettività.
Risoosta storica però, che ha
LUSERNA SAN GIOVANNI
Claudio Badariotti
nuovo sindaco
Da sabato 14 aprile il comune
di Luserna ha im nuovo sindaco.
E’ il democristiano ing. Claudio
Badariotti, già assessore anziano nella giunta presieduta da
Benito Martina. Alla sua elezione hanno concorso i gruppi di
maggioranza: DC, PSDI e l’indipendente liberale Creste. Contrari con diverse motivazioni il
gruppo socialista e comunista e
il repubblicano Sergio Gay, che,
assente dal consiglio, aveva inviato una lettera.
Si chiude così, la crisi del comune che era stata originata da
una campagna di stampa del settimanale « Il Penice » contro l’ex
sindaco Martina. L’ex sindaco
era stato accusato di poca correttezza amministrativa avendo
inviato cartoncini di invito alla
inaugurazione di una iniziativa
commerciale, di cui è uno dei
proprietari, su carta intestata
del comune.
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(di fronte Caserma Alpini « Berardi »)
mutato la sua funzione nel corso
dei secoli: nato come strumento
processuale (per custodire l’imputato fino alla celebrazione del
processo che non si concludeva
rimandando in carcere la persona, ma, semplificando molto, o
rimettendola in libertà o mandandola sul patibolo) il carcere
si è trasformato in strumento di
espiazione di pena.
Fino a pochi decenni fa la prigione è stata considerata strumento nelle mani delle classi
detentrici del potere (economico, politico, sociale a seconda
dell’epoca storica); questo ha
portato negli anni ’70 ad una
presa di coscienza da parte di
chi era in carcere della propria
condizione, appoggiato daH’esterno da un movimento di opinione
che aveva come slogan « il carcere si abbatte e non si cambia ».
Ma il carcere si può ancora abbattere quando a finirci dentro
non è più solo il proletario emarginato, ma Tindustriale inquinatore, esportatore di capitali, il
politico corrotto tradizionale detentore del potere, il terrorista
omicida, il mafioso?
H movimento è entrato in crisi. Il carcere si rivela struttura
necessaria. Ma comunque sia,
così com’è non può rimanere,
perché non risponde alle esigenze di reinserimento sociale previsto dalla Costituzione in primis, ma al contrario si rivela
scuola di delinquenza.
Il movimento si è trasformato
(e si è indebolito): l’obiettivo è
divenuto la battaglia per il rispetto della legalità alTinterno
del carcere obiettivo difficile di
fronte all’aggravamento della situazione politica ed al restringimento degli spazi di libertà come diretta conseguenza del clima degli anni di piombo.
L’obiettivo si è articolato sostanzialmente nella lotta per il
rispetto dei diritti del carcerato
(il che non significa condivisione
dei motivi che hanno condotto
una persona in galera), nel tentativo di rompere l’impenetrabilità della struttura carceraria (il
carcere opera su delega della società la quale deve mantenere la
possibilità di controllare l’operato di esso), nella « creatività » di
forme alternative di espiazione
della pena, diverse dalla reclusione, per certi tipi di reato.
La condarma espressa dai tribunali in nome della società
non deve tradursi in abbrutimento del reo, ma deve tendere al
reinserimento di quest’ultimo
nella realtà civile. H reinserimento passa attraverso la garanzia
del mantenimento della personalità anche alTinterno del carcere, e il diritto al lavoro, come
veicolo di riacquisizione della
propria dimensione sociale.
Di fronte a queste esigenze si
è rivelata preziosa l’esperienza
testimoniata da Teresa Perrero,
che, con la propria attività cerca
di aprire i canali di comunicazióne tra carcere e mondo esterno,
facendo opera di informazione,
sostegno, sensibilizzazione per
le esigenze dei reclusi, in maniera che questi non si sentano messi definitivamente da parte. Teresa Perrero ha lasciato intravedere una nuova linea di impegno per la trasformazione della società, impegno volto a far
sì che chi è fuori, libero e che
forse non incontrerà mai direttamente il carcere, consideri il
carcerato ancora e sempre membro della società come lui e non
altro da sé.
Paolo Gay
Marco Pasquet
Personalia
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i migliori au^ri per la nascita
di Luca di Giulia e Claudio Pasquet, pastore a Bobbio.
Auguri anche per il past. Resini
diventato nonno grazie al piccolo
Christian.
Una campagna che aveva fatto molto discutere in valle e che
aveva coinvolto anche gli esponenti socialdemocratici del comune accusati dai socialisti di
aver usato per fini privati l’auto
del comune. Come è naturale
questa polemica è stata ripresa
nel consiglio di sabato senza però che si arrivasse ad una chiarificazione sui fatti.
Dopo 19 anni, il sindaco Martina lascia dunque il suo incarico, ma ha assicurato al nuovo
sindaco che continuerà a dare la
sua consulenza. Come dire che
qualcosa è cambiato perché rimanga tutto come prima, almeno fino alle elezioni.
Elezioni amministrative cui
tiene molto il partito liberale
che ha riaperto recentemente la
sede di Luserna e che conta su
un buon successo, essendo l’artefice della campagna di « moralizzazione ». G. G.
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10
10 cronaca delleYalli
i
Il museo di Proli
, f'.
inizia il secondo ciclo di presentazione degli opuscoli dedicati ai musei delle Valli Valdesi Oltre al Museo di Frali, il cui opuscolo è stato curato da Franco
Dante, verranno presentati i Musei di Rodoretto e della Balf pubblicate sull’Eco.
(AÌMseo valdese di Torre)-, n. 48
del 9 dicembre 1983 {Museo valdese di Rorà): n. 50 del 22 dicembre 1983 {Museo degli Odin-Bertot).
nico di Agape (1947-51), voluta
da Tullio Vinay e dalla gioventù valdese come simbolo di riconciliazione e strumento di incontro e di confronto.
La miniera
Un solo tempio non venne distrutto durante le guerre di religione del ’600, quello di Frali.
Costruito nel 1556 proprio nel
centro del vecchio paese, trasformato in chiesa cattolica dal
1686 al 1689, riaccolse i Valdesi
superstiti che proprio qui celebrarono il loro primo culto dopo
il Glorioso Rimpatrio. Fu restaurato nel 1814 e utilizzato come tempio valdese fino all’inaugurazione del nuovo edificio
(1962), sito sulla piazza principale. L’« inoperosità » del vecchio
tempio fu però di breve durata.
Chiesa Valdese locale, con
l’aiuto di molti amici, colse l’occasione della Pesta della Montagna organizzata a Frali nel
1965 per allestirvi un museo.
Successivi doni ed acquisizioni
hanno poi reso più completa la
raccolta museale, il cui nucleo
più notevole è costituito dai verbali ed allegati del Consiglio
delle « Magnifiche Comunità della valle di S. Martino», che coprono un arco di tempo che va
dalla fine del ’500 alla metà dell’800.
« Una storia vista dal basso »:
ecco il filo conduttore che guida
il visitatore, lo spirito che anima
il Museo. I documenti esposti,
anche quelli ufficiali, sono di estrazione e cultura popolare; i
grandi avvenimenti non sono
considerati secondo l’ottica dei
prot^onisti, ma secondo il punto di vista dei minimi, «che la
storia l’hanno subita, o meglio
vi hanno reagito, talora con successo, spesso con sconfitte, ma
sempre con vissuta sofferenza».
« E’ la parte generalmente sconosciuta della storia che qui viene rappresentata: non il resoconto delle battaglie, ma la nota delle spese per riparare i danni causati dal conflitto. Non le argomentazioni dei diplomatici, ma
la non facile scelta di chi doveva
andare a Torino con un salvacondotto malsicuro per ottenerne la ’’grazia" del principe e che
come relazione scritta della sua
missione, presenterà solo una
nota di spese; pane e vino per
sé e un po’ di fieno per il cavallo ».
_ Nonostante sede ed origine faccino supporre il contrario, il
Museo di Frali non presenta solo reperti e testimonianze di
parte valdese: è la valle in generale ad essere presa in considerazione, ricostruendo condizioni
di vita e avvenimenti della sua
«stona minima» attraverso i
secoli.
Visita al museo
Scarse, ma non inesistenti, sono le testimonianze preistoriche:
rupestri ed altri
indicano che l’uomo era
premute in vai Germanasca dalla fine dell ultima grande giada
zione (10.000 a. C.) ^ ^
no?secoli si passa
poi^ Medioevo: un documento
niR mminii
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Abbigliamento
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illustra i pedaggi e le gabelle
che i contadini dovevano pagare anche sugli animali cacciati
(orsi, cinghiali, cervi, ecc.).
Il Valdismo si estese abbastan.
za presto anche in vai Germanasca. Un processo per eresia viene intentato contro i Regis, due
fratelli che abitano in valle. Saranno bruciati a Finerolo nel
1451: una bacheca mostra la foto di un foglio dei verbali del
processo.
L’adesione alla Riforma Protestante, sancita dai Valdesi nel
Sinodo di Chanforan (1532), viene ribadita in modo definitivo
l’anno seguente dalla riunione di
Frali: la tradizione afferma che
questa abbia avuto luc^o al «Fra
d’Aval», nel Bosco Nero sc^ra
Ghigo. Poco più di vent’anni dopo viene costruito il tempio.
Le persecuzioni contro i Vaidesi non risparmiano neppure
questa zona. La vai San Martino
(cioè la vai Germanasca) viene
citata nella prima pagina del
trattato di Cavour (5.6.1561), che
pone momentaneo termine’ alle
guerre. Ma il periodo più doloroso e atroce resta il ’600. Le
Pasque piemontesi del 1655 segnano il massacro nei villaggi
valdesi; solo la resistenza di
Giosuè Gianavello impedirà l’annientamento totale. Ma nel 1686
il miracolo non si ripete: attaccati contemporaneamente dagli
eserciti del piemontese Parella e
del francese Catinat, i valdesi
soccombono. Al ritorno dall’esilio le condizioni di sopravvivenza sono agghiaccianti. Lo testirnonia im rapporto dei funzionari delle imposte; case bruciate,
alberi da frutto tagliati, muretti
abbattuti. E pochi anni dopo,
per colmare la misura, sopraggiunge anche un’invasione di luPi.
La solidarietà dell’Europa protestante si esprime in questo periodo ed ancora nell’800. Ma non
è a senso unico. Quando nel 1825
una tempesta danneggia le dighe
in Olanda, i pralini mandano denaro in favore degli abitanti colpiti dal disastro.
Anche gli anni daH’Emancipazione (1848) ai nostri giorni trovano testimonianza nelle bacheche del museo, con l’emigrazione in America a fine ’800, la 1"
e 2' Guerra Mondiale. Infine la
costruzione del centro ecume
Se documenti scritti e reperti di storia valdese sono senza
dubbio rilevanti (ivi compresi
costumi e cuffie, il pulpito del
vecchio tempio, la ricostruzione di una cucina), il museo vale
tuttavia una visita per la storia
del talco e del lavoro in miniera. Un ambiente, ricostruito con
materiale originale dai mina^
tori di Frali, riproduce una galleria di estrazione del minerale all’inizio di questo secolo;
percorsa la galleria, illuminata
da una lampada a carburo, si
possono osservare foto ed attrezzi da lavoro che documentano la preparazione a mano dei
fori da mina, l’incastro delle
travi per l’armatura delle gallerie, il riempimento dei vagoncini. « Il materiale era caricato
con la pala e spinto fuori della
galleria a forza d’uomo; cosa
che, unita alla scarsità d’ossigeno in gallerie poco ventilate,
favoriva gradatamente la silicosi
che, per decenni, ha colpito i
minatori con elevata mortalità ».
Un erbario, una raccolta di
minerali, due album sulla fauna
locale completano i reperti del
museo unitamente ad una sezione che illustra alcuni cicli di
lavoro tipico di queste zone alpine; coltivazione della patata,
lavorazione del latte e della lana.
Uscendo dal museo
Merita anzitutto uno sguardo
il nucleo di case vecchie attorno al tempio, il nuovo Tempio
(1962) e la Chiesa cattolica
(1969). Ma sono le borgate (Indiritti, Malzat, Cugno, Orgiere,
Giordano, Fomieri, La Ribba) ad
aver conservato quasi intatte le
vecchie costruzioni e la patina
del tempo, sul filo delle valanghe d’inverno e attorniate da
fazzoletti di terreno coltivato
d’estate.
Da ultimo il già ricordato villaggio di Agape, sulla strada che
da Ghigo porta ad Indiritti:
nella sua costruzione, negli ideali di fraternità che ha sempre
perseguito, si sono identificate
due generazioni di giovani provenienti da tutte le parti del
mondo.
Roberto Giacone
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20 aprile 1984
GUIDA Al MUSEI < 4
DIBATTITO
Perchè l’autonomia
Non è detto, che un regalo di prestigio
debba sempre essere costoso.
La Ditta
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Occorre innanzitutto sgombrare il terreno — è il caso di usare questa espressione — da un
equivoco. A Chivasso il 19 dicembre 1943 si incontrarono rappresentanti valdostani e quattro delle Valli Valdesi, non in
quanto valdesi, se la parola valdese significa seguace di Valdo
o Valdes (ciò che può ancora
essere oggetto di controversia).
Uno di questi, Gustavo Malan,
valdese non era e non è in uno
stretto senso religioso. L’articolo di Giorgio Rochat su « Quale
autonomia? », pubblicato sull’£co delle Valli del 30 marzo ci dà
l’occasione per ripetere questa e
qualche altra precisazione che
non ci stanchiamo di fare.
L’autonomia che si rivendicava e si rivendica per le popolazioni alpine e per i loro territori è laica, politica, per cittadini
valdesi, cattolici e altri. Se si
studiasse la lunga storia delle
Valli (dette così per antonomasia, corne i Valdostani dicono
La Vallèe) non soltanto con l’ottica religiosa, si vedrebbe che
ci sono degli antecedenti. Di fatto in particolare i Valdesi han
sempre vissuto una loro autonomia. hanno sovente avuto un
piccolo esercito, con forze che
potevano venire da di là delle
frontiere ufficiali, una politica
estera, un’economia di cui facevan parte i finanziamenti dei
confratelli stranieri, un’anagrafe, strutture assistenziali, sanitarie ed educative, perfino una
giustizia parallela con aspetti
comuni ad altre popolazioni alpine. E’ una riprova di questa
autonornia come hanno applicato il cuius regio eius religio, magari a fil di spada, nella riconquista delle loro valli. Hanno
per lo più evitato, quando era
possibile, di far capo a Finerolo
(che non fa parte delle Valli)
per collegarsi direttamente con
Torino, poi a Firenze e Roma,
a Berna, Ginevra e Londra. Non
un ghetto o un’autarchia economica, ma un Paese aperto verso
la pianura e il Piemonte, come
il Canton Ticino a Como e Milano o (jinevra al Genevois e
alla Savoia, e aperto verso orizzonti molto più lontani. Oggi la rivendicazione delTautonomia per
le Valli rientra in quella più ampia delle Alpi eccitane e delle
Alpi occidentali, una ritrovata,
anche se modesta, vocazione di
tramite, ma anche di originalità
che va oltre la collocazione geografica.
(Comprendiamo l’allarme della
Chiesa Valdese e di molti valdesi, prevalentemente di condizione borghese e abitanti in Italia,
per il timore di essere considerati stranieri, ma lo troviamo
sbagliato e rimandiamo alla lettera, di Eric Rollier del 1945,
pubblicata sul Novel Temp del
gennaio 1980. Il Risorgimento
italiano è stato una bella cosa
del XIX secolo. Cultura e storia
valdese ci sono sempre care, e
crediamo che tacciano parte del
patrimonio delle Valli, ma non
sono monopolio di nessuno. Molti han trovato la loro Patria
ideale nelle Valli, come altri venendo da tutto il mondo l’han
trovata a Roma, Firenze o Venezia. Ben vengano, benvengu. In
questo senso non siamo neanche
contrari alle doppie o triple cittadinanze. Ma ci pare che in
questo avvicinarsi del XXI seco
lo le autonomie territoriali abbiano ancora un senso.
In realtà il merito dell’autonomia valdostana è di esserci. Se
i Valdostani non l’avessero ottenuta con e dopo la guerra oggi
le si muoverebbero altrettante
obiezioni che a quella delle Valli. Una disgrazia per le Valli furono i tagli dei collegi elettorali
ed è il taglio delle tre Comunità
Montane che si ignorano reciprocamente. L’istituzione dei Distretti Alpini almeno per le Valli
Decitane non è stata presa in
considerazione.
Ancora due precisazioni. La
lingua di fondo delle Valli è l’occitano. Una sua variante, la lingua valdese, era la lingua franca
religiosa. Se i Valdesi si fecero
tradurre la Bibbia da Olivetano
c’è da pensare che laicamente i
Valdesi conoscessero abbastanza bene il francese, in un’epoca
in cui pare che la maggior parte
dei Francesi lo conoscesse male.
Molti cattolici delle Valli conoscono il francese, tranne forse
gli ultimi arrivati. Si ricordi che
l’Alta Val Chisone fino al XVIII
secolo fece parte della République des Escartons, del Delfinato. del Regno di Francia. Il francese è anche discretamente diffuso nelle altre valli occitane.
Analogamente la lingua popolare della Val d’Aosta non è il
francese, ma notre dzent patoué,
un franco-provenzale.
Infine: qual è il partito che
combatteva le autonomie locali
in cui Mario Rollier, uno dei
quattro, militò nel dopoguerra?
Se è il PRI, anche se se ne è
lontani, si può ricordare che nei
suoi principi si ispira anche a
Cattaneo. E’ vero che fra il dire
e il fare...
Gustavo Malan
Osvaldo Coisson
Notizie da
Viliasecca
VILLASECCA — Nel mese di aprile
salvo gravi imprevisti dovrebbe iniziare il secondo lotto per unire la strada
già esistente da Chiotti a Villasecca In.
feriore, con il proseguimento fino a
Villasecca Superiore, con notevole risparmio di tempo per quelle borgate
che attualmente usufruiscono del tratto San Wlartino-Perrero. Già con il tronco Villasecca Inf.re-Chiotti un notevole
risparmio di disagio (dato che la borgata è prevalentemente abitata da gente anziana) si nota, sia per le visite
mediche, che per le spese, inoltre le
persone anziane che per motivi di salute erano prima impossibilitate a muoversi, possono ora più facilmente recarsi al culto domenicale e vivere di
nuovo la vita in comunità.
La seconda notizia è rosa: finalmente
è arrivata a casa per la gioia dei neo
genitori Annusca e Roberto Rostaing,
la piccola Ilenia, che essendo nata prematuramente (non ancora sette mesi)
ha fatto non poco soffrire e trepidare
mamima e papà e i neo nonni.
Dopo oltre 40 giorni in Incubatrice
eccola finalmente a casa.
La piccola Ilenia ha gli auguri di
tutta la comunità, che il Signore la segua nel suo cammino, e tanti auguri anche a « magno Idà » la più anziana
abitante di Villasecca Inf. e ora bisnonna della piccola Ilenia. B. C.
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20 aprile 1984
cronaca delleYalli 11
SOCIETÀ’ Dl STUDI VALDESI
Ricerche storiche
Una ricca serie di progetti ed
iniziative per il futuro da un
lato, e un composito panorama
di nuovi spunti di ricerca dall’altro hanno caratterizzato la seduta della Società di Studi Valdesi
svoltasi domenica 8 a Torre Pelli ce.
La relazione del Seggio, esposta dal presidente G. Toum, ha
illustrato lo stato attuale della
Società: un numero di soci in
confortante aumento garantisce
un fondo di consenso necessario
al momento di intraprendere
nuove idee di presenza all’interno delle nostre chiese e in un
più vasto ambito culturale con
il quale non possiamo non fare i
conti. Se infatti gli obiettori di
coscienza attualmente in servizio
presso la Società possono garantire mansioni quali l’accompagnamento al Museo delle scuole
è dei turisti in visita, o la compilazione degli indici di autori e
nomi presenti negli oltre 150 numeri del Bollettino finora pubblicati, sono previsti per i prossimi
anni (in cui dal 1985 al 1990 si
annuncia una serie di ricorrenze:
1685, revoca dell’editto di Nantes; 1686, inizio dell’esilio; 1689,
Glorioso Rimpatrio) una serie di
interventi di aggiornamento dei
metodi di diffusione del nostro
i^atrimonio storico-culturale: sarà
necessaria una più adeguata sistemazione del materiale del Museo, contenendo Tumidità dei sotterranei, e fornendolo di un impianto di proiezione per un futu;o audiovisivo, che, in base alla
sensibilità dell’attuale pubblico
« non esperto » sintetizzi e chiarisca l’essenziale della storia e
deU’identità valdese agevolando
così l'opera delTaccompagnatore,
destinato ad eventuali richieste
eli approfondimento.
Parallelamente, per venire alla
>econda parte della seduta, essendo stata riscontrata la necessita di ampliare il raggio dei collaboratori e dei terreni di ricerca
storica, una commissione di re
cente nomina aveva provveduto
ad interpellare i quattro giovani
relatori {primi, speriamo, di una
futma serie) che hanno esposto
alcimi loro lavori. Renato Bertot
ha illustrato la prima redazione
in diapositive di un audiovisivo
di futura realizzazione per opera
del Centro di Documentazione del
comtme sulTArchfieiiHra rurale
di Angrogna. Lucilla Pellenco ha
affrontato La storiografia valdese
medievale basandosi sugli studi
comparsi nel Bulletin de la Société d’Histoire Vaudoise dal n.
1 (1884) alla prima guerra mondiale, oggetto di una tesi di laurea. Marco Pasque! ha riportato
lo studio svolto presso la Facoltà di Giurisprudenza a proposito
della Legislazione ginevrina del
XVII-XVIII sec., mettendo in rilievo le sue connessioni con il
pensiero etico-civile di Calvino.
Infine Maria Grazia _ Caffaro ha
esposto i dati maggiormente rilevanti del lavoro di ricerca da
lei condotto su registri comunali
matrimoniali, e finalizzati ad ima
tesi sulT/simzione valdese in Val
Pellice nel XIX secolo.
Si è trattato dunque di una serie dì approcci alle questioni affrontate, così distanti fra loro,
che ha avuto il pregio di mostrare ai non addetti anche come
funzioni la ricerca storiografica
stessa in questi ambiti meno consueti.
Alberto Corsanl
CREDENTI DI
SERIE « A » E
CC
B
»
Siamo una chiesa presbiteriana, una
chiesa cioè in cui il “ potere » non è
affidato a qualche « capo carismatico »,
ma è una prerogativa di tutti i credenti che si esprimono nelle assemblee.
Questa è una caratteristica storica ed
è tuttora un connotato fondamentale del
nostro modo di essere chiesa.
Nessuno vi vuole rinunciare. C'è da
chiedersi però se il culto deirassemblearismo parolaio non ha fatto troppi
progressi in mezzo a noi.
Nessuno vuole rinunciare all'assemblea si diceva: ma è un fatto che le
assemblee hanno un tasso di partecipazione che arriva talora quasi al 100
per 100 quando si tratta di eleggere
il pastore; rimangono a buoni livelli
quando si eleggono anziani, deputati
al sinodo, delegati a conferenze, ma
le presenze calano di molto quando si
tratta di discutere i temi assegnati dai
sinodo, dalla conferenza o dal circuito all'esame delle singole chiese. E
c'è da aggiungere che l’interesse tende a scendere a livelli molto bassi
quando si discute per la 3* o 4* volta
DANILO BEUX
Successore Fenoglio
9 Ferramenta - Utensileria
9 Materiale elettrico
9 Tutto per la cantina e il giardinaggio
9 Fabbricazione chiavi
VIA REPUBBLICA, 8
TORRE PELLICE
di certi argomenti (tanto per fare un
esempiOii documenti di Lima sul BEM).
Si tratta di fatti ben noti e di cui i
« teologi » 0 gli ,» impegnati » si sono
sempre sbarazzati con una sommaria
condanna di quegli incolti che in
chiesa ci vanno solo per il culto tradizionale e il proliferare di assemblee
sui temi più diversi sembra qualche
volta aver proprio lo scopo di punire
quelli che le assemblee non le amano
troppo. Ma c'è forse da chiedersi se
in questo atteggiamento non ci sia qualche aspetto vagamente discriminatorio
nei confronti dei « minimi » che non
capiscono. È se non ci sia una pericolosa tendenza a voler fondare una prevalenza di sapienti » che sono sempre in grado di dir la loro su qualsiasi
argomento e di farsi ascoltare dagli altri con attonita ammirazione (o con
malcelata sopportazione).
E' positivo ohe il dialogo nei culti
non sia unilaterale, non discenda cioè
solo dal predicatore agli ascoltatori.
Ma quando la Riforma affermò li ruolo
del predicatore, voleva fare di questi il
« dottore » che spiega la Scrittura agli
altri. E’ un ruolo indispensabile che
non necessariamente è da attribuire
solo al pastore. Ma quando al sermone
che è e deve essere spiegazione si
sostituisce un dialogo tra poche persone ohe parlano un linguaggio scarsamente comprensibile agli altri membri
dell’assemblea, il rimedio rischia di essere peggiore del male.
Non più messaggio unilaterale, ma
comprensibile a tutti, bensì dialogo tra
pochi eletti ohe taglia fuori i più.
Eppure esistono nelle nostre chiese
sedi per trattare certi argomenti in
modo più specialistico (comm. teologiche, studi biblici, concistori).
Il voler ad ogni costo dibattere ogni
argomento in assemblea rischia solo di
accentuare le differenze fra chi è in
grado di seguire e chi no e fatalmente
porta a distinguere fra credenti di
serie A e serie B.
Vera Long, Pinerolo
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RINGRAZIAMENTO
All’età di anni 87 è mancato ^’affetto dei suoi cari
Carlo Sappé
Cavaliere «R Vittono 'Veneto
La moglie, i figli e familiari tutti,
sentitamente ringraziano tutti coloro
che in qualsiasi modo si sono affettuosamente uniti nella triste circostanza.
Pramollo, 15 aprile 1984.
RINGRAZIAMENTO
« Io rimetto il mio spirito nelle
tue mani » (Salmo 31 : S)
I familiari del compianto
Ermano Long
profondamente commossi e idconoscenti per la grande dimostrazione di affetto e stima tributata al loro caro,
nelTimpossibilità di farlo singolarmente ringraziano tutte le gentìR persone
ohe con presenza, scritti, fiori ed opere di bene hanno voluto partecipare al
loro grande dolore.
Un ringraziamento particolare al
Doti. Bertolino, ai Past. Giovanni Conte, ai vicini di casa, all’ANPI di San
Germano Ohisone, alla Ditta Fratelli
Depetris e dipendenti, agli amici di
Aldo e al gruppo Anziani RIV-SKF
di Villar Perosa.
S. Germano Chisone, 15 aprile 1984
RINGRAZIAMENTO
« Beati i puri di cuore, perché
vedranno Dio »
(Matteo 5: 8)
AlbeKo Rivoira
anni 81
I familiari ringraziano sentitonente tutti coloro che hanno condiviso il
loro dolore, in particolare la direzione
e il personale dell’Asilo Valdese di Luserna San Giovanni.
Luserna S. Giovanni, 7 aprile 1984
RINGRAZIAMENTO
« Venite a me, voi tutti che
siete travagliati e aggravati ed
io vi darò riposo »
(Matteo 2: 20)
I familiari di
Remigio Roccione
dr anni 74
commossi e riconoscenti, sentitamente ringraziano tutti coloro che, con
scritti, parole di conforto e presenza,
si sono uniti al loro dolore. Un ringraziamento particolare al doti. Diego
Sappé, alla famiglia Galldan Edvi, al
past. Conte e alla farmacia Tron.
San Germano Chisone, 7 aprile 1984
USSL 42 - VALLI
CHISONE - GERMANASCA
Guardia Medica :
Notturna, prefestiva, festiva: telefono 81000 (Croce Verde).
Guardia Farmaceutica :
DOMENICA 22 APRILE 1984
Villar Perosa; FARMACIA DE PAOLI
Via Nazionale, 22 - Tei. 840707
LUNEDI’ 23 APRILE 1984
Perosa Argentina: FARMACIA CASOLATI - Via Umberto I - Tel. 81205.
MERCOLEDÌ' 25 APRIUE 1984
Ferrerò; FARMACIA VALLETTI , Via
Monte Nero, 27 - Tel. 848827.
San Germano Chisone: FARMACIA
TRON - Telef. 58766.
Ambulanza :
Croce Verde Perosa: tei. 81.000
Croce Verde Porte: tei. 201454
USSL 44 - PINEROLESE
( Distretto di Pinerolo )
Guardia Medica :
Notturna, prefestiva, festiva: telefono 74464 (Ospedale Civile).
Ambulanza :
Croce Verde Pinerolo: 22664.
USSL 43 - VAL PELLICE
Guardia Medica :
Notturna: tei. 932433 (Ospedale Valdese).
Prefestiva-festiva: tei. 90884 (Ospedale Mauriziano).
Guardia Farmaceutica :
DOMENICA 22 APRILE 1984
Torre Pellice; FARMACIA INTERNAZIONALE - Via Arnaud, 8 - Telefono
91.374.
LUNEDI’ 23 £ MERC. 25 APRILE
Bricherasio; FARMACIA FERRARIS Via Vittorio Emanuele 83/4 - Tel.
59774.
Villar Pellice: FARMACIA GAY
Piazza Jervis - Tel. 930705.
Ambulanza :
Croce Rossa Torre Pellice: telefono 91.996.
12
Í2 llamo 6 socktà
20 aprile 1984:
_______________________________RAGGIUNTO IL PUNTO DI NON-RITORNO? Lq Sp©^9nZ3i
Sud Africa: lotta politica o lotta armata? dei miseri
Le varie legislazioni del mondo mirano — con alterne fortune___
a promuovere Uguaglianza razziale, almeno sulla carta. Il sistema
4/nca, al contrario, impone e perpetua la discriminazione razziale mediante apposite leggi. Il potere bianco sudafricreare drammatiche situazioni negando lavoro e
aignita alle popolazioni nere, ammucchiandole in spazi che rappresentano il 14% della superfìcie totale del paese: si tratta delfe
/amzgeraie townships, dei bantustans, dei campi di squatters che
sorgono alla periferia delle zone bianche alle quali è vietato l'ac
CQSSOt
. L>i fronte a questa situazione che tende a perpetuarsi l’opposizione sembra trovare nuovo vigore. Si è costituito un Fronte democratico unito che raggruppa neri, meticci e indiani decisi a portare avanti la loro battaglia sul terreno politico e culturale. D’altra parte la lotta armata viene sempre più attizzata dalla feroce intransigenza dei bianchi al potere.
^^^sile Le Monde Diplomatique dedica uri servizio a questo
riportai ^ ^ nostra volta ne desumiamo le notizie qui sotto
r. p.
Le lotte politiche e le rivendicazioni sindacali portate avanti
negli ultimi anni hanno aperto
una -crisi in seno alla classe dirigente ed hanno già costretto
il_ governo ad alcune concessioni (come ad esempio il riconoscimento di sindacati neri) però non arrivano a costituire una
reale minaccia nei confronti della classe al potere. Incapace di
guadagnarsi l’adesione di uno
strato importante di « non bianchi », la minoranza afrikaner
(n.d.r.: così si chiamano i sudafricani discendenti da olandesi)
tende a ricorrere vieppiù alla
repressione militare, sia all’intemo che aH’estemo delle frontiere. A loro volta, neri, meticci
ed indiani facenti parte del Congresso nazionale africano (A.N.C.)
dopo vent’ anni di iniziative
più che altro simboliche, hanno
iniziato azioni di guerriglia che
portano loro nuovi simpatizzanti e nuove reclute.
La situazione — sotto questo
aspetto — sta diventando sempre più critica, tant’è che il vescovo Desmond Tutu, presidente del Consiglio sudafricano delle Chiese, che aveva sempre condannato il ricorso alla violenza
per combattere l’apartheid (e
cioè il sistema segregazionista)
ritiene ora che il rovesciamento
del regime colla violenza sia inevitabile. Secondo una sua recente dichiarazione ¡1 Sud Africa ha
« L’Eco delle Valli Valdesi ■
Tribunale di Pinerolo N. 175.
Reg.
Comitato di Redazione: Valdo Benecchi, Mario F. Berutti, Franco Carri,
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FRANCO GIAMPICCOLI
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raggiunto «il punto di non-ritomo ».
Malgrado la proibizione delle
autorità, nello scorso giugno migliaia di dimostranti hanno
ascoltato gli oratori che hanno
commemorato i tre militanti dell’A.N.C. giustiziati qualche giorno prima per aver preso parte
ad azioni armate. I parenti degli assassinati sono venuti a
portare il messaggio dei loro figli, che confida nella « vittoria
finale ». I rappresentanti di decine di organizzazioni hanno ripetuto all’unisono il loro appello alla trattativa, da intavolare
però mediante i loro rappresentanti e capi riconosciuti che sono in prigione o in esilio. Per
tutti, è stato ricordato Nelson
Mandela condannato al carcere
a vita, unitamente all’attuale dirigente delTA.N.C. Oliver Tambo.
Sul terreno politico, la lotta
dei neri ha l’appoggio di vasti
settori delle comunità meticce
e indiane nonché di una minoranza di bianchi che si oppongono alla riforma costituzionale
approvata lo scorso novembre
da una infima minoranza della
popolazione: meno del 5% in
quanto solo i bianchi erano stati chiamati a pronunciarsi in
merito.
Su questa riforma, che concede al nuovo Parlamento una limitata partecipazione dei meticci e degli indiani, i neri (ivi compresi certi « capi » di bantustans) hanno manifestato la propria ostilità. Anche la stessa opposizione bianca, unitamente alla maggior parte delle organizzazioni meticce e indiane si è dimostrata contraria.
Tutta questa opposizione si è
raggruppata attorno all’iniziativa del pastore Allan Boesak, della Chiesa riformata neerlandese
e presidente dell’Alleanza mondiale delle Chiese riformate,
fondatore del Fronte democratico unito (F.D.U.) che ha visto
nello scorso agosto riunirsi i delegati di 578 organizzazioni. Meticci, neri, indiani e bianchi, sindacalisti, uomini di Chiesa, studenti, associazioni civiche delle
quattro provincie (n.d.r.: Capo,
Natal, Transvaal, Orange) hanno
sfidato apertamente il governo
rifiutando in blocco tutte le riforme ed affermando la loro volontà di operare con mezzi politici a favore di un Sud Africa
unito e non razzista.
Per ora la reazione governativa
è stata assai prudente: proibizione delle riunioni, intimidazioni nei riguardi dei dirigenti,
sequestro di volantini, ma nessuna messa al bando, come venne fatto in occasione delle dimostrazioni del 1960 e, ancor più,
del 1977.
II movimento contrapposto
all’A.N.C., che si è raggruppato
nel National Forum Committee
(N.F.C.), pur esso ostile alle riforme, a sua volta accoglie la
corrente del capo G. Buthelezi
(Inkhata), più radicale e violenta: alla fine dello scorso anno
questo movimento ha compiuto
una scorreria nell’Università dello Zululand facendo cinque vittime fra gli studenti.
Questi movimenti, fidando nella lotta politica, ma anche nella
lotta armata, vogliono costringere il regime a rinunciare alla
sua politica di sfruttamento e
di repressione. Una politica che
ha portato alla frammentazione
della popolazione africana in una
decina di « nazioni », nonché alla sua esclusione dalla Repubblica sudafricana: il che ha trasformato 21 milioni di persone
native di quei luoghi in altrettanti stranieri nella loro terra.
FRANCIA
Pluralismo contro il razzismo
_ Gli organi di informazione confessionali francesi hanno pubblicato questa «Dichiarazione dei rappresentanti delle comunità
cristiane, ebrea e musulmana sul razzismo ed il pluralismo nella
società » cne ci sembra importante e utile per la rappresentatività
dei firmatari.
In Francia, la società sta
cambiando volto. Le popolazioni
di origini diverse e finora estranee le une alle altre, si trovano
ormai legate in un destino comune. Culture, appartenenze religiose e modi di vita differenti
segnano il campo culturale francese.
Ora, l’attuale stato di crisi e
di preoccupazioni ha già generato vive tensioni e opposizioni
razziali. Un clima di paura e di
intolleranza si sta sviluppando
attualmente in Francia.
Tale situazione riguarda ognuno di quelli che vivono in questo paese.
Da parte nostra, invitiamo
tutti i credenti sinceri a rimanere fedeli alla loro propria vocazione spirituale: la nostra fede in Dio esige il rispetto dell’altro e la padronanza di sé.
Come in ogni periodo di difficoltà, alcuni assolutizzano certe ideologie. Altri si lasciano
prendere dalla paura e rifiutano i mutamenti in corso. Siamo
meravigliati e stupiti dall’ampiezza nuova di tali reazioni.
Di fronte al rischio di comportamenti ingiusti e estremistici, chiediamo ai membri delle
nostre comunità di:
1) Desolidarizzarsi da immagini sprezzanti, da discorsi semplicisti e da atteggiamenti di discriminazione, qualunque ne sia
la forma. Devono invece cercare di capire meglio i diversi gruppi umani con la loro cultura, le
loro convinzioni ed i loro problemi.
2) Incontrare fraternamente
gli altri uomini, senza distinzione di origine, onde partecipare
assieme alla costruzione di una
società per il nostro tempo. Durante questo sforzo, devono ricordarsi dei meno abbienti.
3) Ricercare insieme soluzioni che permettano di garantire
una coesistenza felice dei diversi
gruppi umani e di fare rispettare i diritti e la dignità di ognuno.
4) Accogliere anche gli arrie
Doni Eco-Luce
DONI DI L. 1.000
San Secondo: Pons Enrico, GardioI
Fiorenzo, Cavallotto Valentina, Griglio
Nadia — Angrogna: Coì'sson Leo, Odin
Fanny — Piossasco: Godine Margherita — Luserna S. Giovanni: Favout Revel Elena, Fraterrigo Violette, Peyronel
Alberto, Gay Enrico — Moretta: Malan
Renata' — Inverso Rinasca: Bertetto
Irene, Coucourde Arturo, Chambón
Leontina, Lageard Lili, Coucourde Mario, Coucourde Luigi, Coucourde Teofilo, Long Attilio, Travers Ettore — Perrero: Pascal Carlo — Pomaretto: Pons
Marcella, Ribet Marisa — Livorno: Giorgiolé Giuseppe — Regina Margherita:
Crespi Daniele — Porte: Toniolo Maria
ved. Vinçon — Bergamo: Maffeis Romano — S. Antonino di Susa: Blandino
Ivo — Coazze: Mattone Elvidio, Ruffino
Bianca — Venezia: Zecchin Irma, Nordio Giannina — Vicenza: Pavinato Angela — S. Giacomo degii Schiavoni:
Di Toro Esterina — Pinerolo: Jannin
Paolo, Codino Guido, Covacich Guido
— Milano: Malan Liliana — Torre Pellice: Sappè Aldo, Benedetto Olga —
Torino: Coucourde Lucia, Martina Antonio, Benedetto Germano — Villar Perosa: Bertin Claudio, Bertalmio Emilio
— Torre del Greco: MucciardI Antonio
— Villar Pellice: Fontana Blanc Nella.
chimenti reciproci che i rapporti
quotidiani vissuti nella stima
reciproca possono portare.
5) Essere attenti, in tutte le
azioni portate avanti in favore
della giustizia e di un clima più
fraterno, al compimento dei propri doveri nella società e al rispetto dovuto alle disposizioni
legali.
Queste prospettive sono esigenti. Ricordiamo che ogni credente è chiamato da Dio, secondo la propria fede, a confrontarsi con il male che risiede in
se stesso o nei gruppi ai quali
egli appartiene. Ma è a tutti che
pensiamo di dover rivolgere questo messaggio di pace e di giustizia. Numerose realizzazioni sono già state compiute per « vivere meglio » insieme. Esse vengono troppo spesso ignorate,
mentre sono il segno di possibilità che non abbiamo ancora
misurato.
In quanto rappresentanti delle grandi confessioni religiose in
Francia, noi pensiamo che l’affermazione delle nostre differenze non deve dividerci. Anzi,
il rispetto che abbiamo gli uni
per gli altri e la condivisione
delle nostre preoccupazioni di
credenti possono contribuire al
dinamismo di una società alla
ricerca di vie nuove.
M. Cheikh ADBAS, Rettore delle Grande Moschea di Parigi
M. René Samuel SIRAT, Gran Rabbino
di Francia
Mgr. Jean VILNET, Presidente della Conferenza Episcopale di Francia
Past. Jacques MAURY, Presidente della
Federazione Protestante di Francia
Mgr. MELETIOS, Presidente del Comitato Interepiscopale Ortodosso.
AUGURI
a tutti i nostri lettori di
una Pasqua illuminata
dalla luce del Risorto.
(segue da pag. 1)
te sono state sabotate; ponti importanti in regioni agricole sono
stati distrutti e due tralicci di
alta tensione sono stati danneggiati. Atti terroristici di questo
genere hanno causato perdite per
oltre 70 milioni di dollari durante gli ultimi mesi, per non parlare del criminale sabotaggio di
Corinto il 10 ottobre che distrusse un milione e 600 mila galloni
di carburante e mise in pericolo
la vita di oltre 23.000 abitanti del
porto che dovettero essere evacuati. I nostri mari sono stati invasi da navi della marina USA e
aerei spia continuano a violare
il nostro spazio aereo. I nostri
aeroporti e punti di dogana sono stati bombardati.
La nostra povera gente, minacciata e colpita da quattro lati, si
chiede: qual è il crimine imperdonabile che abbiamo commesso per il quale siamo diventati
l’oggetto di tale crudeltà da parte del governo più potente del
mondo? Perché il più grande e
moderno esercito del pianeta deve dimostrare il suo « coraggio »
e la sua « forza » su un piccolo
paese che appena tre anni fa ha
sfondato la barriera dell’analfabetismo, un paese interessato
più a risolvere i problemi della
fame e della scarsità di pane e
medicine risultanti dalle sanzioni dell’Amministrazione Reagan
che ai conflitti Est-Ovest?
Facciamo appello per una
« Campagna di solidarietà per
la pace e contro l’intervento
in America centrale » che parta
il più presto possibile. In particolare chiediamo le seguenti cose:
1. Che si facciano pressioni
sul governo USA con dimostrazioni di massa, lettere ai membri
del Congresso, veglie, messe e
culti, dichiarazioni da parte di
organizzazioni ecclesiastiche e
altre forme di pressione politica,
in modo che il governo USA adotti nei fatti una politica diretta
a, raggiungere una soluzione politica per i conflitti centro-americani e assicuri una pace durevole fondata sulla giustizia sociale, la vera democrazia e il
rispetto per l’autodeterminazione dei popoli. Concretamente
questo significa:
— fine delTattuale politica di
aggressione verso il Nicaragua e
specialmente interruzione degli
aiuti ai gruppi contro-rivoluzionari e di ogni forma di terrorismo nascosto da parte della CIA
tendente a destabilizzare e rovesciare il Governo nicaraguense
con la forza;
— cessazione immediata di
manovre militari in Honduras e
ritiro delle truppe USA, consiglieri e navi dislocati in Honduras e in America centrale.
2. Che venga lanciata attraverso i mass media una campagna
pubblicitaria, soprattutto negli
USA, contro l’intervento statunitense neH’America centrale, e che
vengano prodotti manifesti, cartoline, magliette, ecc. in funzione della pace.
3. Che vengano inviati in Nicaragua medicine, latte in polvere, cibi in scatola, coperte e scarpe. Questi aiuti possono essere
inviati a qualunque delle istituzioni sottoscritte affinché vengano canalizzati e distribuiti attraverso il Comitato nazionale d’emergenza.
« No all’intervento in America
centrale! ».
Firmato da: CONFER (Conferenza degli uomini e donne religiosi in Nicaragua) - Commissione giustizia e pace
della Convenzione battista del Nicaragua - Ordine domenicano in Nicaragua
- CEPAD (Comitato evangelico di aiuto
e sviluppo) - CAV (Centro ecumenico
Antonio Valdivieso) - HCA (Istituto
storico centroamericano) . EJe Ecumenico - CERA (Centro di promozione e
educazione agricola) - CEPRES (Commissione protestante per la promozione
della responsabilità sociale) - Associazione per lo sviluppo dei popoli . ANPEN (Associazione nazionale dei pastori protestanti in Nicaragua).