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ECO
DELLE WU VALDESI
biblioteca valdese
looec TORRE PEILICE
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 111 - Num. 44
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Torre Pellice, 8 novembre 1974
Amm.: Via Cavour, 1 bis - 10066 Torre Pellice - c.c.p. 2/33094
LIBERTA' A PESO
Nella seconda metà di ottobre, in
concomitanza con i viaggi di sommi responsabili statunitensi nell’Unione Sovietica, è stato raggiunto un accordo
cui si lavorava da anni, dalle due parti: in cambio dell’impegno, da parte
deirURSS, di concedere ogni anno il
permesso di espatrio a sessantamila
ebrei, gli USA concedono al partner la
clausola di "nazione più favorita”, che
comprende sostanziosi privilegi economici, facilitazioni commerciali, specialmente per la fornitura di grano di cui
rURSS ha terribilmente bisogno, prestiti a basso tasso d’interesse etc. Questa clausola, a lungo osteggiata da un
largo settore del Congresso di Washington, è stata infine accettata in seguito al citato impegno sovietico.
UN MERCATO
Pubblichiamo a pag. 8 due lucidi
commenti a questo singolare contratto; aggiungiamo qui questo, conclusione di un editoriale su « L'Espresso »
(27.10.’74): « L’accordo per gli ebrei è
stato salutato come una grande vittoria dell’Occidente sulla concezione staliniana del comunismo. E che sia una
vittoria non c’è alcun dubbio. Mai nei
cinquant’anni della sua storia il potere
sovietico si era dovuto piegare a una
umiliazione così cocente, a confessare
pubblicamente la fragilità e l’impotenza del suo sistema economico. Ma di
quale vittoria si tratta? È una vittoria,
l’esodo, più o meno volontario, di centinaia di migliaia di persone che sono
costrette ad abbandonare il paese in
cui sono nate senza avere poi la possibilità di ritornarvi come è concesso a
ogni cittadino di ogni paese civile? Andrei Sacharov, il difensore delle libertà civili in Russia, ha giustamente
espresso molte riserve sulla natura di
un contratto per tanti aspetti vergognoso: "Certo — egli ha detto — la libertà di emigrare e di ritornare non è
che una parte di una questione più vasta. Ciò che occorre è abolire l’isolamento del nostro paese. Si tratta della
libertà di uscire da questo paese, della libertà di ritornarvi, di rifiutare o
conservare la nazionalità sovietica”.
Questo è infatti il vero problema. Altrimenti la tentazione di disfarsi (i polacchi hanno già condotta a termine
anni fa questa operazione) di tre milioni di cittadini scomodi in cambio di
grano e di macchinette potrebbe diventare irresistibile ».
Pare dunque assodato il carattere
tristemente utilitaristico del mercato,
da entrambe le parti. Da non perdere
di vista, anche se — certo — non può
dispiacere che un mercato d’interesse
abbia come conseguenza anche la "libertà” per tante persone di emigrare,
quale male minore.
CHIESE DISATTENTE
In questa sede mi paiono però opportune altre considerazioni. Le chiese, così spesso sollecitate a impegnarsi
per gli oppressi e gli emarginati, e in
certi loro settori effettivamente pronte
a tale impegno, in una serie di casi,
che cosa hanno fatto per gli oppressi
nell'est europeo? Parecchi minimizzeranno forse la situazione, nessuno certo la negherà. E allora? Detto crudamente, le chiese nel loro insieme non
hanno fatto nulla. Con tutto il suo peso economico e politico, che certo ha
influito sulle resistenze prima, sull’accettazione poi della clausola pro-sovietica da parte del Congresso, la lobby
ebraica statunitense è riuscita a fare
qualcosa, sia pure a prezzo di un mercato, a favore di una parte almeno degli ebrei nell’URSS. Naturalmente le
chiese cristiane non sono e non devono
essere un gruppo di pressione economico-politico, e tanto meno devono agire in nome di una settaria solidarietà
a carattere razzista-religioso. Dovremmo avere imparato che la libertà è indivisibile, non solo perché toccare una
Nelle pagine interne
2 - la Dogmatica di Barth in
francese
3 - i Decreti delegati per la de
mocratizzazione della scuola
italiana
4 - la Chiesa nel mondo
5 - la Medaglia Nansen al ve
scovo luterano cileno
6 - i nostri Istituti d'istruzione
secondaria
7 - vita delle nostre chiese e
opere
8 - ebrei neH'URSS
libertà significa toccarle tutte, ma perché in tutte le sue manifestazioni la libertà, anche di sbagliare, è per noi cristiani teologicamente fondata sulla croce: sul fatto fondamentale che Dio
stesso ha accettato — e fino a che punto! — di essere discusso e contraddetto.
Dunque, che hanno fatto, finora, le
chiese cristiane per coloro — non pochi — le cui libertà sono state e sono
conculcate all’est? Si, ogni tanto qualche fatto fuor del comune (ma nella linea del sistema) agita un po’ le acque,
gli animi, le voci: l’invasione della Cecoslovacchia, i processi aH’intellighentsia dissenziente, Soljenitsin. Ma non si
va molto in là. Difficile citare il voto di
un’assemblea ecclesiastica, un messaggio, una raccolta di fondi, delle pubblicazioni. Tabù. La nostra cattiva coscienza di occidentali che abusano della "libertà” — più o meno svincolata
dalla "giustizia” — si manifesta in un
palese disinteresse, nella tendenza a
minimizzare, o nell’effusione di simpatia a buon mercato, per di più ideologicamente ambigua, quando non si arriva al peggio: la pura e semplice strumentalizzazione ( « vedete come vanno
le cose là »).
Posso certo mancare di memoria, ma
in tutti questi anni ricordo di aver visto documentate — in campo protestante — soltanto alcune isolate prese
di posizione di chiese riformate olandesi o presbiteriane britanniche (il nonconformismo è radicato), e le riserve
critiche di settori delle chiese svizzere
nei confronti di quella che è stata chiamata « l’indignazione selettiva » del
CEC, cioè rivolta solo ad alcuni e non
ad altri. In questi anni, poi, si sono
concretati in azione effettiva soltanto
due gruppi, in probabile rapporto fra
loro, ma diversi: 1) l’organizzazione internazionale che fa capo a R. Wurmbrand e 2) il movimento « Fede nel Secondo mondo ».
UN’ATTENZIONE AMBIGUA
Abbiamo, in passato, parlato più volte dell’organizzazione Wurmbrand. A
mio modesto avviso combatte male una
battaglia giusta. Documenta — attraverso le sue pubblicazioni — fatti ed
episodi di persecuzione religiosa nei
paesi "socialisti”: e, in coscienza, non
credo che la discutibilità della persona
e l’ambiguità del movimento infirmino
questa documentazione nel suo complesso (che del resto nessuno ha mai
documentatamente contestato). Il limite — grave — sta nell’anticomunismo dichiarato deH'organizzazione; qui,
in questa visione in bianco e nero, una
orgogliosa e ipocrita radice di menzogna. Per non parlare del settarismo
della solidarietà, volta ai cristiani privati di libertà religiosa, non a uomini
privati di libertà.
Il movimento « Fede nel Secondo
mondo » è nato più recentemente, in
Svizzera e si è notevolmente sviluppato, costituendo anche un Istituto: esso
cura la diffusione in Occidente di notizie "clandestine” (anche in questo caso limitate al problema della libertà
religiosa) e cerca di diffondere “clandestinamente” all’Est pubblicazioni e
soprattutto Bibbie. Da questo centro
di documentazione, che evidentemente
è riuscito a entrare in contatto con
fonti oltrecortina e con il samizdat cristiano, ci giungono, attraverso il servizio stampa riformato della Svizzera
tedesca, le notizie che periodicamente
pubblichiamo. A proposito di queste,
un amico mi ha detto recentemente
che il dar loro spazio e un certo rilievo
squalificava il nostro periodico, gli dava un tono politico anticomunista, di
parte. Correndo il rischio, del resto
controbilanciato da altri toni, ritengo
invece che questa documentazione sia
un dovere elementare. Che « Fede nel
Secondo mondo » sia finanziato — se
è vero — da grossi interessi di destra,
può dispiacermi, e deve renderci circospetti (per questo citiamo sempre la
fonte). Ma il problema è: le notizie sono vere o false? Ed è anche questo:
perché, se davvero ci sono questi finanziamenti, le chiese hanno lasciato
che quest’impegno di solidarietà fosse
creato e sostenuto da ambigui e discutibili interessi politici di parte, e non
l’hanno invece assunto in proprio? E
ancora: perché adontarsi dell’eventuale utilizzazione "politica” di destra,
quando non ci adonta affatto delle
aperte e continue utilizzazioni "politiche” di sinistra?
INDIGNAZIONE SELETTIVA
A livello più ampio, anche se il Consiglio ecumenico delle Chiese ha ripetutamente sostenuto di avere più volte
agito, dietro le quinte, in favore di momenti di libertà di coscienza all’Est, di
fatto — anche perché frenato dalla
partecipazione delle Chiese dell’Est i
cui rappresentanti sono selezionati o
imbrigliati — non è mai intervenuto
con la decisione mostrata giustamente
in altri e diversi casi. Proprio un anno
fa. il vicesegretario generale del CEC,
Alan Brash, aveva dichiarato in un discorso a Amsterdam: « Il tempo della
gentilezza eccessiva nei confronti delle
Chiese dell’est è finito ». Non si tratta
tanto delle Chiese quanto dei regimi
dell’est, comunque non ci è stato dato
di accorgerci di tempi nuovi e sembra
permanere giustificata la citata obiezione di « indignazione selettiva ».
Situazione analoga nella Conferenza
delle Chiese eufopee. che dovrebbe essere appunto un ponte e un luogo di
confronto critico bilaterale al di sopra
delle cortine. In realtà anche lì si parla di certi mali e di certi peccati, non
di altri. E a Engelberg l'Assemblea
della KEK ha esaltato la Conferenza
per la sicurezza e la pace in Europa,
che è stato un demagogico fallimento
e in cui comunque l’URSS e i satelliti
hanno detto chiaro che non si doveva
parlare («Questioni interne») di una
più libera circolazione di uomini e di
idee in tutta l’Europa.
Tale situazione è ancora accentuata
nell’ambito della Conferenza cristiana
per la pace.
E la nostra piccola Chiesa Valdese?
Negli ultimi anni essa ha preso posizione, a livello locale o sinodale, sul
Sudafrica, sul Vietnam, sul problema
palestinese, sul Cile, sul Mozambico.
Non che le sia costato molto, ma l’ha
fatto. Non ha preso però posizione in
altre direzioni. Ai promotori — coloro
che fra noi più ritengono sia dovere
della chiesa "prendere posizione” in
questo modo — quelle altre direzioni
non interessavano, manifestamente.
Ora, sebbene pieno di riserve nei confronti di tanto petulante chiacchiericcio ecclesiastico, penso che una presa
di posizione faccia parte, in certi casi,
del ministero profetico della chiesa.
Ma se parla in quanto chiesa, se cioè
pretende dire, o meglio si sa investita
del mandato di dire una parola in cui
si rifletta Qualcosa dell’autorità di Dio,
dell’Evangelo, allora bisogna che questa parola sia diversa dalle altre (e lo
è di rado, malgrado qualche sforzo indubbio), e biso<ma che la dica sempr'e,
guardandosi tutt’intorno senza paraocchi, senza salti di comodo, senza disattenzioni.
Invece, mentre da un lato vediamo
molti colpevoli silenzi totali (che nascondono anch’essi molte disattenzioni, molto comodo disinteresse, molta
pigrizia e viltà, molto egoismo), ammantati dalla scusa che la chiesa non
deve far politica, dall’altra ne vediamo
parecchi, di questi sguardi da paraocchi, di queste disattenzioni, di queste
indignazioni selettive; il fatto, poi, che
si affrontino indignazioni selettive di
senso opposto, non è una giustificazione per nessuno.
IL SAMARITANO
E vien da pensare tristemente che
oggi, nel mondo, il ministero di solidarietà verso il prossimo, tutto il prossimo, la cui libertà è conculcata, non è
la chiesa a tentarlo, ma è un’organizzazione umanitaria, di matrice illuministica e liberale, quale « Amnesty International». Parlando del suo attuale
rilancio — si è appena svolta a Roma
la "settimana del prigioniero di coscienza” — M. Maradei ricorda su
« L’Espresso » (n. 43) che la sezione
italiana di A. I. « aveva preso l’avvio
dagli ambienti valdesi di Torre Pellice »; Gustavo Comba ne aveva a suo
tempo ripetutamente scritto anche su
queste colonne.’Com’è noto, ogni gruppo di A. I. è investito di tre casi per
volta, uno nei paesi "capitalistici”, uno
nei paesi “socialisti”, uno nei paesi del
Terzo mondo. In questo momento, in
molti paesi del mondo, A. I. sta lottando per la libertà di 3.450 persone, "prigionieri di coscienza”. Prima e dopo
queste, altre, e altre ancora. Identità:
uomo. Noi cristiani, invece, sembriamo spesso non vederli, questi uomini,
oppure ne consideriamo alcuni più uomini di altri. Rileggere la parabola del
samaritano... Gino Conte
ESAMINATI DALLA CONFERENZA DEL V DISTRETTO
I Decreti DeleeeD sulla scuole
e rinsegnamento religioso
Il 1° novembre ha avuto luogo a Torre Pellice la Conferenza Distrettuale
straordinaria, con la partecipazioiie
dei delegati della conferenza ordinaria
di giugno, e la stessa presidenza (past.
B. Bellion presid., V. Fornerone vicepresid., Ivana Gardiol e Mario Sibille
segr.).
L’argomento principale era costituito dall’esame dei recenti « decreti delegati » sulla scuola e dal problema,
non ancora risolto, dell’insegnamento
religioso nella scuola.
La relazione introduttiva sul primo
punto è stata fatta daH’insegnante
Faolo Gardiol. Come è noto, col 13 novembre dovrebbe diventare operante
la nuova legge sulla scuola, chiamata
col nome di decreti delegati (in quanto il Parlamento aveva a suo tempo
delegato il Governo ad emanarli). Con
tale legge la scuola italiana dovrebbe
avere una svolta democratica, e diventare oggetto dell’attività diretta dei genitori, delle forze politiche, sindacali
ed operative, oltreché degli insegnanti
e degli studenti: è prevista infatti la
partecipazione alla vita della scuola di
tutti questi elementi, sia nella scuola
elementare che nella scuola seconda
I genitori in particolare saranno
chiamati ad eleggere,! loro rappresentanti in seno ai vari organismi di istituto, di circolo e di distretto scolastico, non appena saranno emanate le
norme applicative della legge.^
Come è stato rilevato da più parti,
gli inconvenienti della nuova legge sono rappresentati dall'assenteismo possibile dei genitori e dal pericolo di politicizzazione della Scuola, o meglio
della sua subordinazione ad interessi
di partito.
È comunque necessario che la popolazione delle Valli sia informata di
quanto sta avvenendo, e che le comunità si interessino di un grosso problema, la cui soluzione ad un certo momento può passare sopra le nostre teste e presentarsi risolto in un modo
che non risponde alla sensibilità del
mondo evangelico.
La Conferenza ha discusso precisamente la necessità della presenza dei
genitori valdesi, a livello di elettori e
di eletti, insistendo perché in questo
campo non si eserciti la delega, come
avviene tante volte. In particolare, è
stato esaminato il problema del distretto scolastico, l’ente che in una de
(continua a pag. 3)
DOPO IL DISCORSO DI PAOLO VI AL TERMINE DEL SINODO DEI VESCOVI
Due domande ai frateK cattolici
Il discorso con cui il pontefice romano ha chiuso i lavori del 4° Sinodo dei
vescovi cattolici (ne abbiamo presentato i motivi salienti sul numero scorso di questo giornale) è spiaciuto a
non pochi « padri sinodali ». Anche se
pubblicamente nessuno ha contraddetto Paolo VI, in privato molti si sono
lamentati. Un vescovo, di passaggio a
Ginevra sulla via del ritorno nella sua
diocesi, ha detto a un esponente qualificato del Consiglio ecumenico : « Non
abbiamo ancora imparato a resistere
al papa», sottintendendo che prima o
poi questa difficile lezione dovrà essere imparata anche in seno all’episcopato cattolico. È chiaro d’altra parte
che tutto un settore dell’assemblea sinodale — quello più conservatore e vicino alle posizioni della curia romana — ha apprezzato e lodato il discorso pontificio che quindi, in conclusione, anziché unire gli animi li ha piuttosto divisi.
Riflettendo sull’episodio, significativo anche se non nuovo, vorremmo porre ai fratelli cattolici, o meglio ancora
vorremmo porre con loro, due domande sul ruolo e la funzione del papato.
La prima è questa. Il pontefice romano pretende di essere (in base alle
affermazioni inequivocabili del Vaticano I, riprese dal Vaticano n) «perpetuo e visibile principio e fondamento deU’unità » della chiesa. Storicamente, com’è noto, le cose sono andate in modo diverso. Nell’XI secolo, il
cosiddetto « scisma d’Oriente », cioè la
separazione tra la cristianità occidentale e quella orientale, è stata determinata in una certa misura proprio dalla pretesa del pontefice romano di
esercitare il primato su tutta la chiesa: i cristiani d’Oriente vi si opposero
e vi si oppongono oggi ancora. Nel
XVI secolo, la divisione tra cattolicesimo e protestantesimo nell’ambito
della cristianità occidentale non solo
non ha potuto essere scongiurata gra
zie al papato ma quest’ultimo è stato
uno dei fattori che han fatto precipitare la situazione nel senso della rottura. Oggi, nella seconda metà del XX
secolo si sta verificando un fatto nuovo; il papato, oltre a non essere un
fattore di unità — e a essere anzi un
motivo di divisione — tra i cristiani
delle diverse confessioni, non sembra
più essere un fattore di unità tra i cattolici stessi, o sembra esserlo sempre
di meno. Il papa dunque, che già non
svolgeva un ruolo unitario nei confronti di protestanti e ortodossi, ora
ha sempre crescenti difficoltà a svolgerlo nei confronti dei cattolici stessi.
Ecco allora la prima domanda: è proprio il papa che unisce i cattolici? Non
li sta piuttosto dividendo? I cattolici
sono uniti tra loro a motivo del papa
oppure malgrado il papa? Il suo ruolo
di « ministro dell’unità » cristiana non
sta forse diventando sempre più problematico non solo al di fuori della
chiesa cattolica ma ora anche al suo
interno? Non è giunto il momento di
prendere atto del fallimento del papato come struttura di unità della chiesa? Questo non dovrebbe indurci a ripensare tutta la questione, cominciando a chiedersi se esisteva nella chiesa
apostolica e se debba esistere nella
chiesa cristiana quel « ministero dell’unità» che il papa pretende di svolgere? Una cosa è certa; il papato non
ha evitato la divisione della cristianità, anzi in parte l’ha provocata e, oggi, contribuisce a mantenerla. Non solo, ma nell’ambito stesso del cattolicesimo post-conciliare la fimzione imiflcante del papato è sempre più dubbia.
Oppure ci sbagliamo? I cattolici si sentono effettivamente uniti nel papa e
dal papa? Per cui dal loro punto di vista il papa è, realmente, il perpetuo e
visibile principio e fondamento della
unità della chiesa — almeno della loro?
La seconda domanda si connette direttamente alla prima. Il concilio Vaticano II, nel decreto sull’ecumenismo,
dichiarò tra l’altro che « esiste un ordine o ’gerarchia’ nelle verità delia
dottrina cattolica, essendo diverso il
loro nesso col fondamento della fede
cristiana». Il prof. Cullmann, osservatore al Concilio e attento interprete
dei suoi documenti, annovera questa
affermazione tra le più importanti di
tutto il Vaticano II sul piano ecumenico. In effetti si tratta di un punto
di vista che potrebbe portare molto
lontano. Proprio per questo, forse, è
rimasto sin qui, per quanto sappiamo,
lettera morta, almeno sul piano dei
rapporti ufficiali. Esiste una gerarchia
tra le verità cattoliche, ma non si sa
ancora qual’è. Ecco allora la nostra seconda domanda: nell’ordine o gerarchia esistente tra le verità cattoliche,
come ha dichiarato il Vaticano II, a
quale punto si situa la dottrina del
papa? Si situa nelle prime posizioni o
nelle ultime? Il papa continua a essere considerato dai cattolici essenziale
al progetto ecumenico della chiesa —
parte integrante della chiesa universale — oppure no? Un regime conciliare
di chiesa non parrebbe loro, tutto
sommato, preferibile al regime papale, proprio ai fini dell’unità della chiesa? n concilio non è forse una struttura più imiflcante del papato? Non
sarebbe possibile ai cattolici ravvisare
non più nel papa ma, ad esempio, in
Cristo il fondamento e in un concilio
veramente universale il segno dell’unità della chiesa? Se cost fosse, si comnirebbe un passo decisivo in avanti
nel cammino verso l’unità cristiana.
Per parte nostra siamo convinti che il
panato non è lo strumento idoneo a
realizzare o anche solo propiziare l’unità cristiana; come non l’ha realizzata nel passato e non la realizza nel
presente, così, non la realizzerà nel futuro. Per giungere all’unità cristiana
occorre a nostro avviso superare il papato.
Paolo Ricca
2
pag. 2
N. 44 — 8 novembre 1974
T
La Dogmatica di Barth in francese
Il Bnistev«» d*ls
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Terminata dopo 22 anni la fatica di Fernand Ryser - Una traduzione fedele e at
La speranza d'Israele e della Chiesa
tendibile - Leggere Barth oggi
(Romani 11: 11-36)
La traduzione francese della Dogmatica di Karl Barth è terminata. L’ultimo volume, che tratta la terza parte
deU’ecclesiologia e la speranza (Lo Spirito Santo e la missione della comunità cristiana. Lo Spirito Santo e la speranza cristiana), è in libreria da alcune
settimane, e c’è da augurarsi che venga acquistato e letto, perché tocca i
problemi più scottanti della discussione attuale nelle chiese. Questa lettura
potrebbe aiutarci a risalire dalle deformazioni e irrigidimenti polemici, in
cui i nostri dibattiti di solito si arenano, agli orientamenti di fondo, sui
quali si è persa l’abitudine di riflettere. La parola di Barth non giunge qui
come la voce indiscussa e indiscutibile
dell’autorità, ma come un contributo
meditato e penetrante, con il quale è
indispensabile confrontarci.
Il volume sul battesimo, che chiude
questa Dogmatica rimasta incompiuta,
è stato tradotto, come si sa, nel 1969.
L’opera è quindi ora interamente disponibile in francese, e non si può non
salutare con riconoscenza il compimento di questa gigantesca impresa di
traduzione; 11.000 pagine, 22 anni di
lavoro, da parte di un solo traduttore,
Fernand Ryser, pastore ginevrino.
« L’opera è monumentale, impressionante per mole e ampiezza e già si è
detto che Barth, col passare degli anni,
può essere paragonato ad un fiume il
cui delta fecondatore si estende e si allarga aH’infìnito: talvolta il lettore è
sconcertato, scoraggiato dalla complessa prolissità, dall’immensità talora
oscura, dalla struttura del periodare
tedesco. La traduzione di un’opera simile è quasi impossibile: occorre conoscerla nella sua lingua per scoprirne tutte le ricchezze, per penetrare negli angoli più reconditi di questa cattedrale teologica» (G. Casalis, Karl
Barth, ed. Claudiana, p. 95). Questo
giudizio di Casalis è un po’ esagerato.
In effetti Ryser ha rinunciato a riprodurre la lingua deH’originale in tutte le
sue sinuosità, ma così facendo ci ha
dato una traduzione vera, utilizzabile e
degna di fiducia. Molti altri traduttori
se la cavano più facilmente; i titoli più
prestigiosi della teologia tedesca appaiono in questi anni in traduzione
francese o italiana; ma spesso si tratta
di una traduzione apparente: leggendo, ci si trova di fronte a frasi contorte, a parole composte, che riproducono tal quale la struttura tedesca, per
fretta, incompetenza o soggezione. Ryser si è invece preoccupato di scrivere in francese. Jacques de Senarclens
il teologo ginevrino che ha organizzato e lanciato l’impresa editoriale e ha
seguito il lavoro di traduzione fino alla sua morte, avvenuta nel 1971, consigliava a Ryser di leggere molto Voltaire, per dare scorrevolezza al proprio
francese. « Un linguaggio ateo per la
Dogmatica! », commentava Barth divertito.
Non giungeremmo a dire, come ha
detto qualcuno, che l’opera guadagna
in senso assoluto a essere letta in
francese. Il tedesco di Barth non è
oscuro, è lo strumento duttile e mobilissimo di un pensiero antiscolastico
per eccellenza! E ammirevole la quantità di soluzioni felici che Ryser riesce
a trovare per rendere il sapore dell’originale, ma è inevitabile che talvolta lo
smalto risulti appannato.
Di più, se Ryser è lui stesso un teologo, e se questo è una garanzia per la
serietà e fedeltà della traduzione, talvolta si ha l’impressione tuttavia che
l’interprete prenda la mano al traduttore. Sono sfumature, ma si percepisce a tratti la minore apertura del discepolo: l’oggettivismo si fa più rigido,
l’orizzonte ecclesiastico si fa più marcato, anche se il titolo « Dogmatica ecclesiastica » è semplificato in « Dogmatique », senza aggettivo. È insomma
una traduzione « barthiana », che restringe senza volerlo la portata di certe affermazioni; ma come poteva essere altrimenti? E un non barthiano sarebbe riuscito meglio?
Questa considerazione potrà significare che, nel dibattito sui punti decisivi, è indispensabile il ricorso all’originale, ma non toglie nulla all’utilità e alla fecondità di una lettura di
questa traduzione.
È incontestabile: quest’ultimo volume giunge in un momento in cui l’interesse per il pensiero barthiano è molto minore di quando Ryser iniziava la
sua fatica. Allora il « barthismo » era
al suo apice, e non per nulla ci si poteva lanciare in questa impresa che,
con la traduzione inglese, consacrava
la fama mondiale del teologo di Basi
Alla redazione di questo numero hanno
collaborato Augusto Armand Hugon,
Umberto Bert, Giovanni Conte, Franco
Davite, Ermanno Genre, Sergio Nisbet,
Roberto Peyrot, Guido Ribet, Elsa e Speranza Tron.
<iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!iimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii)
Doni pro Eco-Luce
Eco Giorgi, Pisa L. 2.000; Marzitelli, Canada 6.300; Emma Rivoira, Roma 500; Mariuccia Rivoira, Pinerolo 500; Graziella
Jalla, Torre Pellice 1.000; Èva Frache, Torre Pellice 1.000; Paolo Gay, Chiavari 1.000;
Gilda Marconi, Aosta 1.000; Alessandro Vetta, Torino 5.000; Lalla Conte, Torino 20.000;
Gino Conte, Torino 5.000; Aldo Rostain
in mem. del Cappellano militare Alfredo Rostain 100.000.
lea. Qggi si moltiplicano le pubblicazioni teologiche che non degnano più
nemmeno di un cenno l’opera barthiana, che riannodano il discorso con quel
« liberalismo » che Barth ha accanitamente combattuto, oppure tentano di
aprire nuove vie in cui la tradizione
teologica è deliberatamente accantonata.
Ma proprio questa situazione, che
apparentemente è così sfavorevole alla
lettura di Barth, può invece permetterci di cogliere in modo rinnovato le
sue preoccupazioni fondamentali, e
quindi di raccogliere il suo appello. Diversamente da quanto la mole della
sua opera e la struttura architettonica
della Dogmatica potrebbero far pensare, Barth non è un teorico che si lancia in ardite costruzioni intellettuali
fine a se stesse, ma è un uomo che ha
partecipato intimamente al travaglio
del nostro tempo e, di fronte alla debolezza della teologia e della predicazionne cristiana, ha pensato che il compito più urgente fosse di ridare un
fondamento solido a questa predicazione. Egli ha visto lucidamente il tramonto della società occidentale ed ha
preso coscienza, di fronte al nazismo,
di quale fosse il grado di violenza che
questa società era capace di scatenare
nella sua agonia (e noi oggi ci rendiamo conto, di fronte al Brasile, al Vietnam, al Cile, che quello non era che il
primo atto). Ha compreso d'altra parte, insieme con altri teologi della sua
generazione, la novità effettiva della
concezione della vita e della società
che si faceva strada nelle lotte del movimento operaio. Ma, e qui sta la forza
polemica del suo pensiero e la carica
critica che non ha finito di interpellarci, ha pensato che, nello scontro tra
società capitalistica al tramonto e società socialista in ascesa, la chiesa
avesse da dirè una parola originale.
Non una « terza via » in senso politico, chè Barth, con la sua militanza
in un partito della classe operaia, ha
di fatto negato questa possibilità, ma
il riferimento a una novità radicale
che non si confonde con i tentativi
umani, neanche con i migliori, con i
più coerenti e rivoluzionari fra questi.
Questa novità è quella che ha sempre
costituito la ragion d’essere della chiesa, cioè l’Evangelo. Ma l’Evangelo non
si confonde neanche con Tinsegnamento della chiesa, per quanto questo insegnamento vada ascoltato, perché
esprime lo sforzo di comprensione dell’Evangelo fatto dalle passate generazioni cristiane; ma esso non ci esime
dall’intraprendere anche noi uno sforzo
analogo, perché l’Evangelo è la realtà
di Dio che sta sempre davanti a noi
e non può mai essere imprigionata in
schemi o formule fisse. Non è la realtà di una determinata filosofia, o di una
determinata civiltà, è la realtà di una
persona che ci incontra nella suà assoluta libertà; Gesù Cristo. La chiesa
può dire una parola originale, perché
può parlare di Gesù Cristo, e ne può
parlare, perché egli stesso le si manifesta attraverso tutte le testimonianze
dell’Antico e del Nuovo Testamento.
Occorre però un lavoro vigile e continuo per evitare che nella nostra presentazione di Gesù Cristo si insinuino
le nostre aspirazioni e i nostri interessi, le nostre concezioni filosofiche e i
nostri principi morali. Questo lavoro
è, secondo Barth, il compito della teologia: rendere conto, nel modo più
esplicito possibile,' della novità che è
portata dalla persona e dall’opera di
Gesù Cristo, e che apre all’uomo un futuro di vita e non di distruzione.
Per questo il contributo di Barth resta uno dei più vivi del nostro secolo;
ma per poterlo utilizzare veramente, e
non ridurre le sue affermazioni a facili
formulette, bisogna già trovarsi nella
situazione di chi tenta di predicare, con
tutti i problemi che questa comporta
oggi per chi prende sul serio l’esigenza di trasformazione della società.
Bruno Rostagno
Siamo giunti al termine del nostro
studio biblico e ci troviamo ora di
fronte ad una delle più belle pagine
della Bibbia, là dove l’apostolo fissa lo
sguardo verso l’avvenire d’Israele e attesta che « i doni e la vocazione di Dio
sono senza pentimento ».
L’idea di un’eterna condanna di
Israele a motivo del suo induramento
non corrisponde alla speranza di Paolo. Secondo l’apostolo, la grazia divina
è presente anche nei giudizi di Dio. La
sovranità di Dio su Israele è tale
da poter volgere al bene del suo popolo e dell’umanità anche i giudizi più severi. Paolo si domanda: « Hanno essi
(gli Israeliti), così inciampato da cadere? » Indubbiamente essi sono caduti,
ma Dio non cessa di essere Dio quando il suo popolo diventa spiritualmente sordo e cieco. Così, per « la loro
caduta, la salvezza è giunta ai Gentili
per provocar loro a gelosia ».
Storicamente è avvenuto questo fatto: l’induramento degli Israeliti e la
loro opposizione alla predicazione missionaria di Paolo, hanno reso possibile
l’annunzio di Cristo ai Gentili, cioè ai
pagani. Paolo ha più volte conosciuto
Ì’ostilità dei Giudei ma non esita a dire: « Se la loro caduta è la ricchezza
del mondo e la loro diminuzione la ricchezza dei Gentili, quanto più lo sarà
la loro pienezza », vale a dire la loro
conversione al Signore!
La storia umana è fatta di avvenimenti che passano, la storia della salvezza appartiene a Dio e si svolge secondo i piani di Dio, che continuano
ad essere piano di salvezza, anche se
non riusciamo sempre a comprenderli
con la nostra imperfetta visione degli
eventi. L’estensione della salvezza alle
nazioni dei Gentili ridonderà alla fine
su Israele stesso e susciterà in quel popolo eletto un senso di gelosia. Si potrebbe dire con K. Barth che « Dio
aveva bisogno dei Giudei per compiere
la sua opera in favore dei pagani. Ragione per cui, nell’ induramento dei
800 anni con la Bibbia: spiegazione deila Scrittura e vita dei Valdesi
2 - Chi mi riGonoscerà dannD' agli aomini...
Al tempo della Riforma vivevano ancora soltanto i Valdesi dei paesi latini: in Provenza, Delfinato, Piemonte e
Mezzogiorno d’Italia, cioè in Calabria
e in Puglia. Nell’anno 1530 il sinodo di
Mérindol (Provenza) inviò due predicatori dai Riformatori svizzeri e di
Strasburgo. Uno dei due si chiamava
Giorgio Morel. Era colto, aveva letto
Lutero e fors’anche Erasmo. Di fronte
alla dottrina dei Riformatori egli aveva giustamente l’impressione che l’interpretazione data dai Valdesi alla S.
Scrittura fosse superficiale. Scrisse al
Riformatore Ecolampadio di Basilea:
« Per nostra colpa, a causa della nostra negligenza, noi non abbiamo inteso la Scrittura bene quanto voi. Perciò
siamo venuti a te, per essere da te guidati, istruiti ed edificati ».
(Matteo 10, 32!
se diviene una Chiesa riformata. La
continuità fra i due è data dal riconoscimento dell’ autorità assoluta della
Bibbia come regola di fede e di vita.
predicando
alla luce del sole
riformarsi per vivere
Morel fece molte domande a Ecolampadio e poi a Bucero, per sapere se la
pietà, la disciplina e dottrina della confraternita valdese erano conformi alla
Scrittura. In particolare egli voleva sapere come si potevano fondare biblicamente alcuni tipici insegnamenti della
Riforma, quali la predestinazione, il
servo arbitrio e la giustificazione per
grazia mediante la fede sola, poiché
molti passi biblici, proprio sulla giustificazione, la fede e le opere, erano
contradditori
Quanto Morel prendesse sul serio la
Scrittura, lo provano le sue numerose
citazioni bibliche a favore e contro la
giustificazione, che egli desiderava avere delucidate dal Riformatore. Bucero
parlò della fede viva, che lo Spirito
Santo suscita nell’uomo, e delle opere
buone che sono frutto della fede. Era
un modo di concepire la giustificazione, senza meriti umani, che i Valdesi
potevano facilmente comprendere e
accettare.
Al sinodo di Chanforan del 1532 i
Valdesi aderirono alla Riforma svizzera. La Dichiarazione di questo sinodo
mostra che i Valdesi avevano riconosciuto valida l’esegesi dei Riformatori.
Difficilmente essi avrebbero mutato la
loro pietà, disciplina e dottrina, se non
fossero stati convinti della fedeltà dell’interpretazione della Bibbia data dalla Riforma.
La Dichiarazione di Chanforan non è
né una discussione né un’esposizione
dell’insegnamento della Riforma, ma
semplicemente una radicale revisione
della pietà, disciplina e dottrina valdese medievale in base a una migliore
comprensione della S. Scrittura. Non è
per es. esposto sistematicamente l’insegnamento sulla libertà del cristiano,
ma tutta la vita privata e pubblica del
cristiano viene esaminata da questo
punto di vista.
Ciò che delle dottrine, forme di pietà e dei costumi medievali non si può
motivare biblicamente, è respinto,
mentre ogni nuovo insegnamento viene fondato sulla Scrittura. Con l’adesione alla Riforma il movimento valde
Durante il Medio Evo i Valdesi dovettero spesso, a causa delle persecuzioni, dissimulare la loro fede partecipando alla messa ,e ad altri riti della
Chiesa romana. Ecolampadio e Bucero
riprovarono questo atteggiamento nicodemitico con la parola del Signore:
« Chiunque mi rinnegherà davanti agli
uomini, anch’io rinnegherò lui davanti
al Padre mio... » (Matteo 10: 33). Però
Bucero aveva compassione dei Valdesi
a causa della loro difficile situazione:
« Siete in Babilonia », diceva. « Vi liberi Iddio »^^. Ma essi ormai dovevano
mostrarsi in pubblico, uscendo alla luce del sole.
Dopo il sinodo di Chanforan i Valdesi costruirono le prime chiese di pietra
e presero a predicare apertamente nelle valli alpine e nella pianura piemontese contribuendo all’espansione del
movimento riformato. Fecero tradurre
la Bibbia in francese da Roberto Olivetano, cugino di Calvino. La lingua
italiana e quella francese sostituirono
gradualmente il valdese provenzale nel
culto, e i predicatori non furono più
preparati nelle antiche scuole bibliche,
ma nelle accademie svizzere durante
tre secoli. Così i Valdesi patevano sentirsi uniti al protestantesimo europeo
(come anche la loro diaspora medievale era stata europea!), del quale dovevano rimanere un avamposto in un
paese cattolico dell’Europa meridionale.
La Riforma riconobbe l’autorità secolare come un ordinamento divino.
Così fecero anche i Valdesi e da quel
momento cessarono di essere una società segreta. Ma doveva comunque rimanere valida per loro la parola: « Bisogna obbedire a Dio, anziché agli uomini ». Nel XVII secolo ciò poteva significare persecuzione e martirio per
un’esigua minoranza evangelica in terra cattolica.
Nei duri tempi delTintolleranza religiosa i Valdesi non avevano alcuna
possibilità di predicare il Vangelo fuori del loro ghetto nelle alte valli delle
Alpi Cozie. Allora la loro intenzione
poteva essere soltanto di rimanere fedeli alla parola di Dio e di sopravvivere ai tempi malvagi. Verso la fine del
secolo XVII alcune migliaia di loro dovettero abbandonare la patria per cagion della fede e cercare rifugio nel
Württemberg, neH’Assia-Darmstadt e
nell’Assia Elettorale-Waldeck. In quel
tempo l’esilio per la fede non era un
fatto singolare. Per rimanere fedeli al
Vangelo ricevuto, anche gli ugonotti,
come i Valdesi e spesso con loro, andarono cercando una patria in terra straniera.
Valdo Vinay
Quellen und Forschungen zur Reformationsgeschichte. voi. 19, p. 503 SS. e MS 259
del Trinity College di Dublino.
Zeitschrift /. hist. Theologie, 1866, p.
319.
(Illllllllllllinillllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllll|l¡lllllllllll
libri
Valdo Benecchi - Epoca post-ecumenica? Ed.
Lanterna, Genova 1974, p. 112, L. 1.500.
in comunione di fede
europea
La loro situazione era estremamente
pericolosa, ma non erano più soli. Nel
XV secolo avevano trovato un appoggio spirituale fraterno nell’hussitismo,
ma i Valdesi latini erano troppo lontani dalla Boemia e Moravia. I riformati
invece vivevano in Francia, nella Svizzera romanda e, verso la metà del secolo, erano numerosissimi anche in
Piemonte.
Interpretazione della Scrittura, confessione di fede e costituzione ecclesiastica avevano i Valdesi ormai in comune con le grandi Chiese riformate d’Europa. Essi parteciparono a tutte le correnti spirituali e teologiche, all’ortodossia, al pietismo, aH'illuminismo e infine al Risveglio. Come tutto il protestantesimo furono fedeli e infedeli alla parola di Dio nella loro esegesi, obbedienti e disobbedienti ad essa nella
loro vita.
Nella sua « piccola collana di cultura religiosa » l’Editrice Lanterna, delle Chiese di
Cristo, ha pubblicato un vivace volumetto a
più voci : l’opera vera e propria, di V. Benecchi, è introdotta da A. Berlendis (Chiesa
di Cristo) e integrata, in appendice, dal testo
di una trasmissione della rubrica tv « Protestantesimo » (A. Comba, B. Corsani, V. Beneechi, P. Ricca e M. Sinigaglia dibattevano
il tema « che cos’è l’ecumenismo? ») e da una
nota di R. Passini (dissenso cattolico), « La
grande tentazione ». La ricerca di V. Benecchi è articolata in questi capitoli : Dialogo con
il mondo - Unità nel Vaticano II - L’ecumenismo del Vaticano II - L’evangelismo italiano - Unità e ecumenismo nel Nuovo Testamento - Scelta ecumenica ; scelta politica Progressismo e restaurazione - Il cammino da
percorrere.
L’autore è fra coloro che sottolineano le solidarietà ecumeniche ’’trasversali” e forse sopravvalutano la portata evangelico del ’’dissenso” cattolico. Il suo lavoro è comunque
un’utile raccolta di dati e di spunti e condensa con chiarezza la linea che pare gradatamente affermarsi, al riguardo, nell’evangelismo italiano, almeno ’’federato”.
G. C.
Giudei c’è un riflesso dell’amore di Dio
il quale non ha risparmiato il proprio
Figliuolo, ma lo ha dato per tutti noi,
per tutti gli uomini », creando una solidarietà nel peccato e nella grazia, fra
i Gentili ed i Giudei^ uniti nella speranza del Regno di Dio.
DUE POPOLI UNITI IN CRISTO
C’è qui una splendida immagine, che
non ha bisogno di spegazione, ma di
riflessione. Per la grazia di Dio, i pagani, convertiti a Cristo, sono innestati
contro natura sul vecchio tronco
d’Israele, ma ciò non deve indurre i
nuovi cristiani al disprezzo degli Ebrei.
Non siate dunque superbi di fronte ad
Israele, non giudicateli come se voi,
cristiani, foste sempre giusti, perché
voi vivete di ciò che fu dato in primo
luogo agli Israeliti. Meditate piuttosto
sulla severità e sulla benignità di Dio,
tanto più che Dio è libero di recidere
anche voi, se non perseverate nella sua
benignità.
All'inizio di questi studi biblici dicevamo che si può parlare di un « mistero d’Israele ». Non sappiamo se gli
israeliani di oggi siano in grado di conoscere la loro identità o se, nella massa più o meno indifferente, la speranza
del Regno di Dio sia presente nel « residuo » fedele alla elezione da parte di
Dio. Ad ogni modo, Paolo ci viene in
aiuto con questa promessa: « Fratelli,
non voglio che ignoriate questo mistero, affinché non siate presuntuosi; che,
cioè, un induramento parziale s'è prodotto in Israele, finché sia entrata la
pienezza dei Gentili; e così tutto Israele sarà salvato ». La persecuzione e
l’antisemitismo sono un peccato contro la grazia di Dio il quale, mediante
il sacrifizio di Cristo, « dei due popoli
ne ha fatto uno solo... affin di riconciliarli ambedue in un corpo unico con
Dio... e con la sua venuta ha annunziato la buona novella della pace a voi che
eravate lontani ed a quelli che erano
vicini ». (Efesini 2: 13-18).
La salvezza non è una amnistia generale. Non è detto che tutti crederanno
in Gesù Cristo; è tuttavia chiaro che,
« per quanto concerne l’Evangelo, essi
sono nemici, ma per quanto concerne
l’elezione, sono amati per via dei loro
nadri; perché i doni e la vocazione di
Dio sono senza pentimento ».
La croce di Cristo, segno del giudizio
di Dio ma soprattutto della sua compassione, è stata innalzata anche per
gli Ebrei di ieri e di oggi.
Così l’acerbo dolore dell’apostolo che
diceva: « Vorrei essere anatema per
amore dei miei fratelli » si placa nella
prospettiva della misericordia e della
speranza di Dio. Le sue parole sono
un inno di adorazione e di riconoscenza: « O profondità della ricchezza e
della sapienza e della conoscenza di
Dio! Quanto inscrutabili sono i suoi
giudizi, e incomprensibili le sue vie!
Poiché chi ha conosciuto il pensiero
del Signore? O chi è stato il suo consigliere? O chi gli ha dato per il primo,
e gli sarà contraccambiato? Poiché da
lui, per mezzo di lui e per lui sono tutte le cose. A lui sia la gloria in eterno.
Amen!
Ermanno Rostan
L’INNESTO SUL VECCHIO TRONCO
L’avvenire di Israele non corrisponde alla creazione di uno stato israeliano in Palestina. Questa non è stata la
vocazione d’Israele, quando Dio disse
ad Abramo: « Io farò di te una grande
nazione, ti benedirò; e in te saranno
benedette tutte le famiglie della terra ».
Non è possibile annullare questa promessa di Dio al capostipite del popolo
eletto, dimenticando che, in anni assai
recenti, nazioni che si dicevano cristiane hanno compiuto il tentativo infame
di eliminare totalmente gli Ebrei dalla faccia della terra. Ma i cristiani sono essi in grado di pregare come pregava l’apostolo; « La mia preghiera a
Dio è che siano salvati? Il miglior augurio che possiamo rivolgere ad Israele è di divenire sempre più consapevolmente l’Israele della fede e della speranza, così come auguriamo alla Chiesa di essere sempre più la Chiesa di
Gesù Cristo, la comunità che ode ed
ascolta l’Evangelo.
La Chiesa cristiana pensa a queste
cose alla luce della Parola di Dio, non
per giudicare, ma per credere alle promesse divine. « Se la radice è santa »,
scrive l’apostolo, « anche i rami sono
santi »; e « se pure alcuni dei rami sono stati troncati, e tu, che sei olivastro,
sei stato innestato in luogo loro e sei
divenuto partecipe della radice e della
grassezza dell’ulivo, non t’insuperbire
contro ai rami; ma se t’insuperbisci,
sappi che non sei tu che porti la radice, ma la radice che porta te. Allora
tu dirai. Sono stati troncati dei rami
perché io fossi innestato. Bene, sono
stati troncati per la loro incredulità, e
tu sussisti per la fede; non t'insuperbire ma temi. Perché se Dio non ha risparmiato i rami naturali, non risparmierà neppure te. Vedi dunque la benignità e la severità di Dio; la severità
verso quelli che sono caduti; ma verso
te la benignità di Dio, se pur tu perseveri nella sua benignità; altrimenti, ,mche tu sarai reciso. Ed anche quelli, se
non perseverano nella loro incredulità,
saranno innestati; perché Dio è potente da innestarli di nuovo. Poiché se tu
sei stato tagliato dall'ulivo per sua natura selvatico, e sei stato contro natura irinestato nell’ulivo domestico, quanto più essi, che sono dei rami naturali,
saranno innestati nel loro proprio
ulivo? ».
3
pag. 3
8 novembre 1974 — N. 44
Decreti delegati - elezioni nella scuola
Ovunque, ormai, si parla di decreti
delegati. Se ne è parlato anche sul nostro settimanale. Tutti sanno quindi
che fra qualche mese i genitori saranno chiamati ad eleggere i propri rappresentanti, così come gli insegnanti e
gli amministratori. Le elezioni si faranno in tutta Italia e interesseranno
20 milioni di cittadini. In qupta occasione un impegno comune di genitori,
docenti ed amministratori potrà servire a migliorare la scuola. E dato che
non si può parlare in astratto o per
slogans soltanto del miglioramento
della scuola bisogna scendere sul terreno concreto e cercare di tracciare
alcune linee. Lo scopo di questo .articolo è proprio in questo senso.
La commissione-scuola di Monterenzio, un comune della provincia di Bologna dopo una serie di dibattiti aperti a tutti i cittadini, ha elaborato un
interessante documento di cui propongo i momenti centrali, che ritengo, possono rappresentare spunti di riflessione per tutti noi che seriamente ci poniamo rinterrogativo; che tipo di scuola vogliamo?
E Una scuola che realizzi l’impegno
antifascista attraverso un’azione
quotidiana di educazione democratica.
Essere antifascisti non significa solo
parlare, una o più volte all’anno, della
Resistenza. Una scuola antifascista è
quella che lavora per formare dei giovani liberi e capaci di vivere insieme
collaborando, e quindi:
RIFIUTA I VOTI
perché dividono i ragazzi in « bravi
e somari » e rendono egoisti gli alunni
svelti, mentre avviliscono i più lenti,
creando un clima di concorrenza
perché abituano a scrivere, leggere,
contare, dipingere ecc. non perché è
bello e utile, ma per prendere il voto.
Così da adulti, senza la paura del voto, pochi conservano il gusto per lo
studio,
perché fanno del maestro e del professore un giudice e non una guida e
un collaboratore,
perché vengono usati come arma di
ricatto per imporre la disciplina, mentre sarebbe più giusto impegnare i ragazzi con lavori interessanti,
USA NUOVE FORME
DI VALUTAZIONE
cioè sostituisce al voto un giudizio
che indichi i progressi fatti, gli errori,
le difficoltà non ancora superate e suggerisca i modi per migliorare.
RIFIUTA LE BOCCIATURE
NELLA SCUOLA DELL’OBBLIGO
perché il ripetente subisce una umiliazione che non lo aiuta a uscire dalle
sue difficoltà. È invece il lavoro paziente e faticoso degli isegnanti con il sostegno cosciente delle famiglie, che aiuta i ragazzi lenti e insicuri;
perché la bocciatura fa pagare al ragazzo colpe non sue. Le sue insufficienze sono il risultato di una serie di cause di cui il bambino non è responsabile: impreparazione o immaturità dei
genitori, miseria o disagi della famiglia, disorganizzazione della scuola ecc.
NON SI LIMITA PERÙ
A RIFIUTARE I VOTI
E LE BOCCIATURE
infatti per risolvere i problemi dei
ragazzi « che fanno fatica » una promozione regalata non è ancora un gran risultato: è necessario che tutti gli alunni raggiungano un livello di sufficiente
preparazione. È necessario che gli insegnanti siano messi in condizione di
impegnarsi seriamente in classi con un
numero di alunni limitato, che consenta la cura di tutti.
NON ACCETTA L’ISTITUZIONE
DEI CAPIGRUPPO (fra gli insegnanti)
E DEI CAPICLASSE
perché se ci sono servizi necessari
alla organizzazione della scuola o della classe, è bene che siano svolti a turno in modo che tutti imparino ad essere responsabili nella gestione della
comunità in cui lavorano.
È importante evitare che ci sia ancora chi è messo nella condizione di giudicare i colleghi o i compagni. Creare
i « cecchini », i capiscuola, i fiduciari
è un modo per dividere i sottoposti, con
una tecnica sfruttata dai regimi totalitari.
CHIEDE FORME DI DISCIPLINA
NON AUTORITARIA
cioè si vuole una scuola organizzata,
non la confusione; dei ragazzi rispettosi verso i compagni e gji adulti, che
portino anche fuori della scuola l’abitudine a vivere con civiltà,
perciò non serve una scuola che avvi! alla vita di caserma: i saluti scattanti, le file, le divise non necessarie
al lavoro (grembiuli, nastri, colletti),
l'immobilità e il silenzio forzati non
sono strumenti educativi.
FAVORISCE UNA CONVIVENZA
SERENA FRA MASCHI E FEMMINE
quindi non accetta classi o file separate, regole diverse, educazione fisica
e tecnica differenti, che non aiutano
maschi e femmine a crescere insieme
rispettandosi. Cotribuiscono _ invece a
rafforzare l’idea della superiorità maschile e del destino casalingo della
donna. Cosi si verifica che le ragazze,
pur avendo in media risultati migliori
nella scuola d’obbligo, abbandonano
gli studi prima dei maschi.
UNA SCUOLA RISPETTOSA
del pluralismo politico, ideale e
culturale; che educhi al confronto e alla tolleranza.
Vogliamo una scuola che abbia come scopo la formazione di persone capaci di pensare con la propria testa,
che sappiano capire, confrontare, giudicare, scegliere con indipendenza e
che abbiano il coraggio di vivere in
modo coerente con le proprie idee.
Questo è possibile solo in una scuola
che abitui al confronto delle opinioni
e rispetti la « diversità » delle persone
(diversa provenienza geografica o sociale, diverso modo di esprimersi, diverso atteggiamento nei confronti della religione ecc.).
Una libera scelta è possibile solo dove entrano idee e notizie diverse: non
quindi un unico testo « da imparare »
ma molti libri, giornali, schede ecc.
Per abituare i ragazzi a discutere con
franchezza e ad avere il coraggio delle
proprie odee, è necessario che i genit(>
ri e gli insegnanti siano franchi nel dire quel che pensano e non abbiano a
scuola un atteggiamento finto e servile, lamentandosi poi di fuori dove la
critica diventa un pettegolezzo.
Una diversa SPESA PER LA
SCUOLA perché sia effettivo il
diritto di tutti all’istruzione.
La Costituzione garantisce il diritto
allo studio (artt. 34-35), per questo è
necessario che lo Stato assicuri i mezzi finanziari per:
— costruire edifici, ambienti, attrezzature adatti a uno studio qualificato;
— fornire libri o materiali, borse di
studio e presalari ecc.;
— organizzare una rete di trasporti e
mense per gli studenti;
— assicurare un costante aggiornamento del personale della scuola.
Fino ad oggi queste spese hanno gravato sui bilanci dei Comuni e degli altri enti locali, che non hanno mezzi
sufficienti per far fronte alle esigenze
delle comunità.
Una SCUOLA RINNOVATA, che
favorisca il confronto con la
realtà.
Molte cose che si continuano a studiare a scuola non servono più; o almeno servono a poco, mentre problemi attualissimi vengono trascurati. Così si può uscire dalla scuola sapendo
tutto sulle « mascherine di carnevale »,
senza conoscere il significato di termini come « cassa integrazione », « petroldollaro » ecc.
Noi vogliamo sì dei giovani che sappiano leggere e scrivere in modo corretto, che sappiano far uso della matematica, che conservino la passione per
lo studio, ma ci interessa che la loro
cultura li aiuti a comprendere come è
fatta la realtà in cui vivono, per poterla cambiare a vantaggio di chi lavora
e di chi ha più bisogno: i vecchi, i
bambini, i malati.
Una scuola che dà a ognuno l’aiuto
di cui ha bisogno, senza cominciare a
segnare i destini degli individui con
voti e bocciature, evita anche di confermare e favorire la divisione fra chi
è destinato a pensare e a dirigere, e
chi dovrà solo lavorare e servire.
Lo Stato deve fare in modo che non
si « perdano per la strada » dei ragazzi
solo perché sono in condizioni di svantaggio (per es. i ragazzi che raggiungolo la scuola dopo un viaggio faticoso,
sono sfavoriti).
Tutti devono arrivare al termine della scuola d’obbligo senza perdere anni
ne con una sufficiente preparazione, altrimenti si ripeterà il fenomeno del lavoro minorile e la scuola servirà a
sfornare manodopera dequalificata e
maggiormente sfruttata.
Le elezioni nella Scuola impegnano i
genitori, insegnanti, amministratori e
cittadini a lavorare insieme con idee
chiare, senza ricercare lo scontro, ma
anche senza ipocrisie.
Si tratta di dare ai nostri figli una
infanzia e una gioventù ricche di cultura diversa, in preparazione a una vita
dignitosa per 'TUTTI.
Valdo Benecchi
Sguola comunità aperta :
i nuovi oroani coiieoiaii
— Avete sentito parlare di Decreti Delegati, ma non sapete esattamente
— Vorreste^ s^apeme di più, ma vi scoraggia il linguaggio astruso delle
— vflliiedete se e a che cosa serviranno le elezioni a cui sarete chiamati
nelle scuole come genitori, dopo il 13 novembre?
Per approfondire la conoscenza di questi meccanismi senza cadere m
im linguaggio troppo difficile, la Claudiana offre uno ° j
Pretto di poche pagine e di prezzo modesto mtitolato « Scuola
aperta»!, che risponde a chi si chiede perche sono stati creata t
organi collegiali, quale sarà la loro funzione, corne mai la Claudiana se
ne occupa, in che misura riguardano le scuole gestite dalla chiesa valdese.
Si sentiva e si sente spesso dire che la scuola prepara alla vita, che
è un periodo di transizione in cui chi la frequenta deve vivere in un ambiente sereno e ordinato e ricevere un’istruzione che si vorrebbe al di sopra di ogni sospetto e di ogni contaminazione con le lotte della vita, sar
vo poi insegnare a lottare per essere i primi, a non aiutare il prossimo
in difficoltà, come dire che se è in difficoltà è colpa sua, non è stato attento, si arrangi. , , „
Ma la frequenza della scuola è stata estesa ad un numero sempre
maggiore di persone, dagli anni 60 in poi, e la scuola ha cessato di
il luogo dove i più bravi progrediscono sempre più, per il semplice tatto
che è diventata di tutti. . . . .
È diventata di tutti ( almeno in teoria ) proprio negli anni in cui lo
sviluppo industriale del paese richiedeva dei lavoratori dirozzati, capaci
di leggere e scrivere e forniti di qualche nozione tecnica.
Cosi è successo che la vecchia scuola è stata travolta dalla massa che
aveva diritto di entrarci, anche perché lo dice la Costituzione, ma nello
stesso tempo sono rimasti in piedi i programmi e i metodi della scuoia
di una volta, con qualche inevitabile aggiustamento.
Come mai nei Decreti Delegati il Governo dà tanto spazio alle iamiglie, coinvolgendo i genitori degli alunni? È per cambiare qualcosa, oppure per fare una riforma all’italiana, cioè « cambiare tutto perche nulla
cambi»? ì t-t t.
Per comodità del lettore riportiamo in nota gli argomenti trattati
nell’opuscolo, lasciando alla lettura di esso la risposta ai problemi accennati in questa breve presentazione.
Oriana Beri
sene
! E. Nitti, Scuola comunità aperta: i nuovi organi collegiali.
Attualità Protestante, Torino Claudiana, 1974.
Sommario: Premessa. La scuola si apre alla società. La famiglia nella
scuola. I diritti degli studenti. Il sindacato e la scuola. La scuola non statale. Altri organi collegiali. Elezioni nella scuola. Le premesse per la riforma della scuola. Organi collegiali.
Conferenza del Prime Distreno ; Decreti Delegati - insegnamente reiigieso
(segue da pag. 1)
terminata zona avrà certi poteri decisionali e la possibilità di impostare la
« politica » scolastica della zona stessa.
Per quanto riguarda le Valli Valdesi,
esse sono state comprese (in un progetto preliminare ad opera della Regione) nel distretto di Pinerolo, comprendente le valli Pellice, Germanasca
e Chisone, nonché una vasta zona pedemontana; tale progetto ha suscitato
vivace discussione, poiché da molti esso è stato visto come un condizionamento inevitabile, per non dire di più,
delle necessità della montagna e delle
valli, e nel caso nostro delle specifiche
condizioni culturali e sociali delle Valli Valdesi.
Utile in questo senso l’intervento del
presidente della Comunità Montana
della Val Pellice, arch. Longo (cui la
conferenza ha deliberato di dare la parola), che ha appunto lamentato come
la visione del distretto scolastico di Pinerolo rischi di annullare o vanificare
gli sforzi che le comunità montane
stanno facendo per ridare alle vallate
le loro autonomie caratteristiche: il
processo di centralizzazione dovrà essere combattuto, e si farà tutto lo
sforzo possibile perché i distretti scolastici coincidano geograficamente con
le comunità montane singole o unite
secondo la loro omogeneità.
Al termine della discussione, cui hanno partecipato molti dei delegati, è
stato approvato all'unanimità l’ordine
del giorno che viene pubblicato a
parte.
* * *
Il secondo tema della giornata è stato introdotto da una relazione del prof.
Claudio Tron, e riguardava l’annoso
nroblema deil’insegnamento religioso
nelle scuole delle Valli. Una tabella
statistica distribuita ai presenti rileva
la moltenlicità di soluzioni adottate
nelle varie parrocchie delle Valli, a livello di scuola elementare, per quanto
riguarda sia i programmi che gli orari,
sia gli insegnanti che i locali.
La discussione ha rivelato quanto
espresso da C. Tron: accordo generale
sulla necessità di un’opera di insegnamento nella trasmissione del Vangelo
e dei valori religiosi, diversità di vedute per la relativa soluzione. Parte
dei presenti hanno dichiarato il loro
scetticismo su una lotta al Concordato polarizzata sul solo rifiuto dell’insegnamento religioso nella scuola, destinato a danneggiare solo noi, parte invece hanno dimostrato o la loro perplessità di fronte al grosso problema
o la decisa scelta di una via diversa,
che lasci alla scuola il solo compito di
istruire e riservi alla chiesa quello di
catechizzare.
Bisogna aggiungere che alcune prese
di posizione sono determinate da situazioni e da esigenze ambientali, non
facili da risolvere; e che si è comunque sottolineata la preoccupazione che
l’alunno valdese delle scuole pubbliche, quando chiede la dispensa dall’ora di religione, non si senta menomato o indicato a dito come essere
speciale.
È stato anche rilevato che l’insegnamento di « religione » assume un significato diverso nella mentalità cattolica, dove è intesa come pura e semplice dottrina (vedi Concordato), e nella mentalità protestante, dove può essere un discorso sul modo di vivere o
di sentire secondo l’Evangelo, secondo
la tradizione civile valdese ecc.
L’ordine del giorno relativo al problema ha evidenziato nella votazione
(29 favorevoli, due contrari e 14 astenuti) l’incertezza dell’assemblea, disposta a seguire una via diversa, ma non
molto convinta di ir»iboccare quella
giusta.
L’ultima parte della conferenza è stata dedicata alla noinina di altri due
membri della Commissione Distrettuale (Valdo Fomerone e Claudio Tron).
che ne avrà così cinque e potrà affrontare meglio i molti compiti che la
attendono.
A. H.
Un commento agli O.d.G.
Come era nelle previsioni il problema dei decreti delegati ha occupato
circa i due terzi dei lavori della conferenza, mentre la discussione sull’insegnamento religioso nella scuola è rimasto ai margini. I tre ordini del giorno approvati sono rivolti l’uno alle comunità e alla stampa evangelica perché si approfondisca l’argomento (molti interventi in conferenza hanno evidenziato la scarsa conoscenza dei decreti delegati), il secondo di appoggio
agli enti locali (Comunità Montane,
comuni, ecc.) e alle forze politiche del
pinerolese perché sia possibile avere
dei distretti scolastici coincidenti con
le Comimità Montane; il terzo infine
propone un orientamento alle comunità suU’insegnamento religioso. Analizziamo brevemente questi tre o.d.g.
■ La Conferenza, considerando che gli
organi coliegiaii di gestione democratica deiia scuola rappresentano una
possibilità di intervento da usare in
tutte le sue implicazioni.
sollecita le comunità e la stampa
evangelica a riflettere tale problematica,
invita le famiglie e le forze sociali
ad intervenire in detti organi per stimolare la scelta di contenuti che portino ad una effettiva democratizzazione
della scuola e ad una formazione critica delle nuove generazioni.
Chiede che nel quadro delle attività integrative e collaterali di competenza dei consigli di circolo, di istituto
e di distretto si dia spazio, piuttosto
che ad un’educazione a passatempi consumistici, a discipline essenziali aUa
crescita della personalità ora assenti
dai quadro ecclesiastico, quali la formazione di una coscienza sanitaria, di
una mentalità scientifica in fatto di
analisi psicologiche e sociali : questo a!
fine di fare i ragazzi e le loro famiglie
non solo oggetto di provvedimenti sanitari e sociali, ma soggetti di ricerca
di problemi e di soluzioni.
Invita quanti saranno chiamati a
dare il loro contributo negli organi
collegiali a farsi interpreti altresì delle esigenze di cultura locale, intesa in
senso ampio, nelle deliberazioni dei
consigli.
Il primo o.d.g. invita innanzitutto le
comunità ad informarsi sui decreti delegati: sarà quindi opportuno parlarne nelle riunioni quartierali, nelle assemblee di chiesa in modo da discutere insieme che cosa occorrerà sostenere nelle riùnioni degli organi collegiali (Consiglio di interclasse, consiglio di classe, ecc.). Ma dal momento
che vi saranno certamente dei dibattiti e degli incontri anche a livello cittadino occorrerà essere presenti anche e soprattutto in questo contesto,
perché sarà insieme a tutti gli altri
genitori che si dovrà dare delle indicazioni e procedere alle nomine dei
rappresentanti. In vista di questo studio la Claudiana ci viene ancora una
volta prontamente in aiuto con un opuscolo preparato da Kmilio Nitti : « La
sfida dei decreti delegati»; occorrerà
fare uno sforzo in ogni comxmità per
la diffusione di questo opuscolo che
offre un chiaro punto di riferimento
per la discussione.
Accanto a questo opuscolo informativo la nostra stampa dovrà fare uno
sforzo per informare dettagliatamente
le famiglie circa questi decreti delegati ; alcuni articoli sono già stati
scritti, sia sull’Eco-Luce, sia su ComNuovi Tempi, altri seguiranno. Il problema di fondo quindi non è tanto
quello di non avere a disposizione l’informazione; questa c’è. Si tratta invece di far capire ad ogni famiglia l’importanza di questi decreti delegati, la
importanza della presenza dei genitori
nella scuola, della loro partecipazione
attiva in vista di una gestione « democratica» della scuola. Sapranno i genitori interessarsi ai contenuti dell’insegnamento scolastico? Sapranno intervenire con i loro suggerimenti, con
le loro proposte?
L’o.d.g. è anche polemico verso un
certo tipo di contenuti che la scuola
ha prodotto in questi ultimi anni : contenuti che hanno trovato di solito il
generale accordo delle famiglie salvo
il lamentarsi per le spese che determinate attività scolastiche facevano gravare come sempre sul bilancio familiare. Ciò che si sostiene nell’o.d.g. non
è in senso alternativo ad altre attività
che già sono in vigore nella scuola ; si
sottolinea però il valore primario e
quindi il diritto di precedenza rispetto
ad altre attività che sono state decise
senza interpellare le famiglie. Una di
queste discipline essenziali è il problema della salute; occorre che la scuola
prepari i ragazzi ad avere una coscienza sanitaria che servirà loro per tutta
la vita. Questa ed altre esigenze dovranno essere fatte presenti dai genitori all’interno della scuola.
■ La Conferenza distrettuale del T
Distretto, rappresentante delle comunità valdesi della Val Pellice e della
Val Chisone-Germanasca, appoggia la
iniziativa degli enti locali e delle forze
politiche e sociali del pinerolese verso
la Regione per la costituzione dì distretti scolastici che coincidano con le
rispettive Comunità Montane in base
alle realtà culturali, ambientali, politi
che e religiose proprie di ogni comunità montana;
dà mandato alla Commissione Distrettuale dì portare avanti questa istanza tenendone informate le comunità tramite la nostra stampa.
Il 2“ o.d.g. riguarda il distretto scolastico che dovrebbe comprendere le
comunità delle valli e la città di Pinerolo. Tutti sanno che la concentrazione scolastica in iPinerolo presenta, insieme ad alcuni vantaggi, molti svantaggi. Di fatto oggi a Pinerolo mancano le scuole e tutti gli altri servizi collegati alla scuola. La situazione scolastica è insostenibile ed inglobare ancora le valli in questa situazione non
farebbe che aumentare ancora il caos.
La richiesta dell’o.d.g. è quindi a favore della decentralizzazione e quindi della formazione di distretti scolastici nel
quadro delle Comunità Montane.
■ La Conferenza, ritenendo insostenibile l’attuale diversità di soluzioni
ora presenti alle valli sul problema
del’insegnamento religioso e inaccettabili i condizionamenti giuridici e di
fatto esercitati su tali soluzioni dalla
situazione concordataria dell’insegnamento cattolico,
invita i consigli di circolo e dì istituto da crearsi nell’ambito dei decreti
delegati a garantire a tutti gli alunni
il pieno orario scolastico mediante la
istituzione di attività integrative da
condurre in alternativa all’insegnamento religioso cattolico per coloro
che sono esonerati da tale insegnamento ;
chiede alle comunità di usare per
la trasmissione dell’evangelo alle nuove generazioni orari e sedi proprie
possibilmente non coincidenti con quelli della scuola pubblica.
Il 3” o.d.g. ha l’intenzione di proporre un po’ d’ordine nell’ingarbugliata situazione dell’insegnamento religioso
nella scuola. I due ciclostilati che i delegati alla conferenza hanno ricevuto
a cura della Commissione Distrettuale dimostrano la molteplicità di soluzioni in contraddizione fra loro adottate nelle comunità. Alcune soluzioni
sono praticamente suggerite da reali
difficoltà pratiche, altre invece perché
si è rimmeiato ad altra soluzione. In
questa situazione piuttosto caotica
(non sempre la molteplicità di indirizzi implica il caos; a questo proposito
sembra di si) la conferenza ha voluto
comunque indicare una linea per i
prossimi anni, linea già seguita da alcune comunità.
Innanzitutto si tratta di costringere
la scuola ad occuparsi di tutti i ragazzi non cattolici perché tutti abbiano
diritto alle 25 ore settimanali che gli
insegnanti sono tenuti a rispettare.
Che cosa fare nell’ora di religione cattolica saranno i genitori a proporlo
nell’ambito della scuola, suggerendo le
diverse possibilità di attività integrative.
Questa impostazione invita quindi le
famiglie e le comunità ad occuparsi
direttamente della trasmissione delTevangelo ai loro figli e di non delegarlo alla scuola. Questo significa anche invitare le famiglie a partecipare
E. G.
(continua a pag. 6)
4
pag. 4
IL MOZAMBICO
sta scuotendosi di dosso
il suo pesante panato
N. 44 — 8 novembre 1974
La situazione evolve rapidamente in
Mozambico, da quando il governo dittatonale del Portogallo è stato rovesciato, il 25 aprile. I giornali danno costantemente notizia degli avvenimenti
cne segnano il cammino di quel paese
africano verso la completa autonomia.
sappiamo anche che questo cammino non e privo di grandi difficoltà e conosciarno l’opera di ostruzionismo, anche violento, di alcuni « nostalgici »
del passato. Quello che è specialmente
rallegrante è il modo coraggioso e pieno di slancio con cui la Chiesa presbiteriana del Mozambico (IPM) prosegue la sua missione nella nuova situazione in cui si è venuto a trovare il popolo in mezzo al quale opera. Abbiamo
pensato tare cosa utile per i nostri lettori traducendo parte di una lettera
inviata dal missionario agronomo Louis
tranfots Monnier, all'opera ad Antioca, villaggio della campagna Mozambilettera inviata da Sinai
Azael Mundlovu, membro di Chiesa
, cornunità dello stesso villaggio,
al Dipartimento missionario svizzero
Questi due scritti, tratti dal Bollettino
del Dipartimento missionario svizzero
romando, possono aiutarci nello stesso
tempo a realizzare meglio quanto siamo chiarnati a portare in preghiera la
ricerca di fedeltà evangelica dei nostri
fratelli mozambicani e a conoscere meglio la realtà nella quale essi si muovono attualmente.
UN PESANTE PASSATQ
Il missionario Monnier, dopo aver
parlato del suo lavoro specifico di formazione di giovani agricoltori e dopo
essersi rallegrato per i risultati che cominciano a farsi sentire, scrive: « Ciò
che constatiamo è che la trasformazione avviene in modo lento, per gli agricoltori, si sta a vedere... si desidera essere ben sicuri prima di fare... vi sono
anche i legami tutt’altro che deboli con
le usanze di sempre e con la negligenza dei più. Tuttavia la Chiesa appoggia
e desidera sviluppare la sua opera agricola scorgendo in questa attività il
mezzo per preparare il futuro del paese (...).
Se le trasformazioni avvengono lentamente tra gli agricoltori, dal 25 aprile l evoluzione politica è piuttosto rapida!
La prima trasformazione consiste nel
fatto che non abbiamo più paura di
"parlare di politica", di parlarne o di
scriverne. Il colpo di stato di Lisbona
ha infatti provocato immediatamente
una trasformazione qui in Mozambico.
Le prigioni politiche hanno aperto le
loro porte. La libertà di stampa e di
espressione è assicurata. Risultato: in
città, delle decine di partiti politici presentano i loro programmi e i loro punti di vista per l'avvenire.
Il popolo africano, quanto a lui, si
stupisce, si rallegra, mette un certo
tempo a realizzare che la situazione è
cambiata e cambierà ancora. Ci sono
degli scioperi e delle rivendicazioni. Vi
è soprattutto la certezza che il paese va
verso l’indipendenza.
Oggi, proprio a causa di questa libertà di espressione possiamo sentire alcuni parlare del passato! *
Quanto è stato pesante questo passato, e pesa ancora sul cuore: i lavori
forzati, la prigione, le umiliazioni, le
scuole della Chiesa chiuse, le ingiustizie nei confronti di questa massa "indigena’ .
Quanto è falso il colonialismo, profondamente falso.
Quando si visita il paese, oggi, si possono vedere alcune delle realizzazioni
di questa colonizzazione: strade, ponti,
ferrovie, ecc. Certi domandano agli
abitanti di mostrarsi riconoscenti per
quei miglioramenti effettuati?... Una
donna ci ha raccontato, questo senza
alcun desiderio di vendetta, che giovane, con molti altri, portava sulla testa
la terra che doveva servire a formare
la massicciata per la ferrovia; il paniere era pesante, la frusta schioccava!...
Era stata requisita per quel lavoro forzato e non retribuito.
Col passar degli anni, il governo della colonia si sforzò di addolcire un po’
questo atteggiamento inumano; i lavori forzati furono ufficialmente aboliti;
tuttavia, rimaneva sempre quella minoranza bianca e quel popolo colonizzato, il tutto ben consolidato da una
polizia forte in mano dei colonizzatori...
In fondo, ciò che è falso e ingiusto,
non sono tanto gli uomini, ma quando
il paese si trova sottoposto ad un regime colonialista la maggior parte degli
abitanti agisce e vive in modo falso.
Sotto un tale regime non posso sapere
quel che l’altro pensa e desidera.
Nel colonialismo, certi "buoni colonizzatori" hanno forse fatto molto per
ma non hanno fatto nulla con la gente
del posto.
In un paese indipendente immaginiamo un libero dialogo in cui gli uni
e gli altri si esprimano, si parlino, si
conoscano e lavorino. Senza conoscenza reciproca non v’è amore possibile.
Naturalmente comprendiamo che la
indipendenza non può realizzarsi senza
certi disordini. L’insicurezza regna in
certi punti del paese: scioperi paralizzano certi settori dell’economia, in
particolare il porto di Lourengo-Marques. Alcune derrate non sono disponibili sul mercato. L’aumento dei salari
provoca la disoccupazione; l’aumento
del costo della vita porta a delle rivendicazioni salariali. Gli operai della
Chiesa hanno accettato di attendere,
ormai da quattro mesi, che questa trovi modo di aumentare i salari.
Ma, al di sopra di tutto questo, sentiamo questo popolo pieno di speranza
per l’avvenire. Per il Mozambico, questa speranza è nel FRELIMQ (Fronte
Lib. Moz.). Questo FRELIMQ mostra
una linea di azione per il popolo e attraverso il popolo, sulla base dell’agricoltura.
In questo avvenire assai vicino, in
questa costruzione di un nuovo paese,
Dio è presente, la Chiesa ha il suo posto ed il suo compito. Questa Chiesa
che ha sofferto in passato è li per proclamare l’Evangelo di gioia, libertà ed
amore. Questa Chiesa vi domanda di
essere con lei, come per il passato, perché possa rendere sempre meglio la
sua testimonianza ».
« Hosi ayi katikise Afrika! ».
« Con questa lettera — scrive il fratello Mundlovu — desidero ringraziare
/'équipe del Dipartimento missionario
e le Chiese Svizzere! Nel corso degli
ultimi anni, ci avete provato il vostro
amore; molti qui hanno compreso che
il vostro amore non è simulato, ma che
ci amate in Cristo, con tutto il cuore.
Da quando la nostra Chiesa è stata
perseguitata dal governo portoghese,
da quando i suoi pastori sono stati imprigionati, non vi siete tenuti a distanza. Vi siete immersi nella nostra sofferenza. Abbiamo visto il vostro dolore
in occasione del decesso del pastore
Manganhela {morto come si ricorda in
prigione l’il dicembre ’73); avete sofferto con noi! Grazie alle vostre preghiere ed alle vostre lacrime la cortina
del tempio che ci separava si è lacerata il 25 aprile 1974.
La polizia segreta aveva l'intenzione
di imprigionarci a Machava il 1 maggio 1974: i nostri nomi figuravano sulla
lista dei futuri prigionieri!
Termino salutandovi di tutto cuore.
Continuate ad aiutarci! Che il Signore
benedica l’Africa! (Hosi ayi katikise
Afrika!) ».
SiNAi Azael Mundlovu
Volete servire nel quadro della CEvAA?
Questi i posti in cui c’è bisogno di voi
CAMERUN
1 pastore per l’animazione al centro
di Edea
1 professore di computisteria per
Douala
1 professore di sartoria, taglio e mode per Bangangté
1 chirurgo per Bangwa
1 medico per Bonaberi-Douala
1 direttore per il Dipartimento teologico del centro di letteratura evangelica a Yaoundé.
GABON
1 responsabile per la gioventù (preferibilmente un pastore)
1 contabile con esperienza per Libreville
1 costruttore
1 consigliere pedagogico
1 libraio.
LESOTHO
1 pastore per la formazione permanente pastorale
1 costruttore per il dipartimento di
costruzioni della Chiesa.
MADAGASCAR
1 infermiera per il lebbrosario di Manankalavaly (urgente)
1 agronomo per il centro di formazione agricola sulla costa Est
1 coppia di insegnanti per Ambositra
(Matematica, fìsica - francese) dal
febbraio 1975
1 coppia di insegnanti per Ambatomanga (matematica - fìsica, francese, eventualmente inglese). Dal febbraio 1975
1 coppia di insegnanti per Andapa. Dal
febbraio 1975
1 infermiera per Fihaonana. Estate '75
1 infermiera per Mandritsara
NUOVA CALEDONIA
1 insegnante di economia domestica
1 professore bilingue (francese-inglese) per il collegio di Suva
1 consigliere pedagogico.
TAHITI
1 pastore per l’insegnamento alla scuola pastorale
1 professore di matematica (classe
terminale C)
1 professore di matematica (II ciclo)
1 professore di fìsica e chimica.
TOGO
1 pastore per il lavoro di evangelizzazione in gruppo nella regione Kabré.
1 professore di tecnica per la scuola
artigiana di Piya.
ZAMBIA
4 pastori per Senanga, Mongo, Mbereshi, Maamba Mine
1 infermiera per Masuku
1 animatrice femminile per Livingstone
1 costruttore per Sefula
1 professore tecnico per la scuola di
bambini ciechi a Sefula
1 direttore per la fattoria-scuola di
Chipembi.
Nota. - Tutto il personale richiesto
deve conoscere bene la lingua francese tranne che per il Lesotho e la Zambia dove è richiesto l’inglese.
Opera di assistenza ai carcerati
O II Comitato esecutivo della Conferenza
cristiana per la pace si è riunito per la
prima volta alle soglie delTAfriea, a Tananarive, su proposta del past. Andriamanjato,
segretario generale della Chiesa di Gesù Cristo nel Madagascar. Negli ultimi anni è cresciuto l’apporto dei cristiani del Terzo mondo
alla CCP; una conferenza asiatica del movimento si terrà al principio di gennaio; si prevede la partecipazione di un centinaio di rappresentanti di venti paesi asiatici.
Dalla relazione annua stralciamo
quanto segue:
Come già sapete, il lavoro si svolge
per lo più per mezzo della corrispondenza, dell’invio di buone letture, di
pacchi, di aiuti finanziari. In occasione di Natale è stato inviato a tutti il
Calendario « Buon Seme », sempre
molto richiesto ed apprezzato; qualcuno ne ha richiesta una seconda copia
da inviare alla famiglia o da dare ad
un compagno. Purtroppo non tutti
Thanno ricevuto, causa il disservizio
postale. Ringrazio il « Messaggero Cristiano » per questo prezioso dono.
Il numero dei miei corrispondenti
regolari si aggira tra i 20 e i 30, più
alcuni che scrivono ogni tanto, in occasione di Natale o Pasqua. Ci sono
pure diversi ex-carcerati che continuano a scrivere regolarmente, e non tutti per chiedere aiuto.
Ringrazio le persone che avendomi
chiesto dei nominativi, continuano ad
occuparsene attivamente, alleggerendo
così il mio compito.
Dalle lettere che ricevo risulta che
non tutti scrivono a scopo interessato
per ottenere aiuti, ma che molti sono
sensibili ad una semplice parola ami•ca. Eccone alcuni esempi:
S. T. - Turi di Bari: « Forse voi non
ne avete un’idea cosa vuol dire per
uno che si trova in questi nosti di sofferenza, ricevere l'espressione di un
pensiero da una persona che ci ricorda ». (Si tratta di un uomo malato,
paralizzato da anni. Prima riceveva
qualche volta la visita di una cognata; ora non gli scrive nemmeno più).
T. A. - Porto Azzurro: « Sono in questi luoghi di dolore da più di 16 anni...
11 mio cuore si apre alla speranza vedendo che a questo mondo ci sono ancora delle persone che si ricordano
di chi soffre. Cara sorella, io non so
trovare il modo di ringraziarla, ma la
cosa che posso fare è pregare per lei ».
B. A. - Camerino: « La ringrazio di
vero cuore di essersi ricordata di me;
spesso vale più un pensiero che altre
cose... Il suo interessamento ridà fiducia a molti di noi, che purtroppo abbiamo sbagliato e dobbiamo pagare i
nostri torti e si cerca una via per
scordare il passato, ci si rivolge a persone che ci possono comprendere ed
aiutare, specialmente moralmente ».
Dallo stesso: « Il suo gesto mi dà la
forza di superare questi momenti brutti della vita e di credere che veramente c’è chi di lassù ci guida ».
Questi due ultimi sono dei nuovi
corrispondenti, che hanno avuto il mio
indirizzo dai loro compagni.
Come vi dicevo l’anno passato, prego di non inviarmi più indumenti né
raccolte di riviste o altre cose voluminose, non sapendo dove tenerli.
Le offerte in denaro, piccole o grandi, saranno sempre ricevute con molta
riconoscenza e mi permetteranno di
procurare volta per volta gli oggetti
che mi sono richiesti. Anzi, posso dire
con profonda riconoscenza, che quest’anno i doni sono ancora aumentati,
rispetto all’anno scorso, e questo è
stato per me di grande incoraggiamento; tanto più che spesso erano accomgnati da parole di simpatia e di augurio. Tengo a precisare che rispondo
sempre a volta di corriere a chi mi
manda dei doni; chi non ricevesse questo segno di ricevuta è pregato di notificarlo subito.
Da queste colonne desidero ringraziare in modo particolare quei fedeli
donatori che si nascondono sotto il
velo dell’anonimato, e cioè: A.L.T.,
L. 20.000; E. G.. Sanremo, 5.000; N.N.,
Bologna, 100.000.
Grazie ancora a tutti voi, cari amici,
ner il vostro aiuto materiale e morale. su cui spero di poter contare anche per l’avvenire. E così andiamo
avanti con fiducia, con l’aiuto del Signore. Un fraterno saluto a tutti.
Selma Longo
10066 Torre Pellice (Torino)
Cristiani niii'ORSS
Amnesty International interviene
a favore di un battista russo
Fra i tre « prigionieri del mese », indicati da Amnesty International per
ottobre, si trova una delle personalità
di primo piano dei Battisti nell’Unione
Sovietica, il 46enne Georghij Petrovich
Vins. Secondo i dati forniti dalTorganizzazione internazionale di aiuto ai
prigionieri politici e di coscienza, il
'Vins è già stato condannato due volte
al carcere per la sua attività ecclesiastica e nel 1970 è stato incriminato, in
sua assenza, di « parassitismo » davanti a un tribunale di Kiev. Quest’autunno egli è stato nuovamente arrestato e
incarcerato a Kiev, senza che finora
gli sia stata contestata alcuna colpa.
La moglie, madre di quattro bambini,
è stata anch’essa incarcerata dal 1971
alla fine del 1973. Essa teme ora che il
marito, malato, non resista alla detenzione carceraria.
Nikodim
rappresenta di nuovo
il patriarcato di Mosca
nell’Europa occidentale
Il metropolita ortodosso russo di Leningrado e Novgorod è stato nominato
nuovo esarca del patriarcato di Mosca
per l’Europa occidentale. Egli svolgerà
questa funzione accanto ai suoi altri
incarichi. Nikodim è, fra l’altro, presidente della Commissione sinodale ortodossa per le questioni ecumeniche,
presidente della Conferenza cristiana
per la pace e rappresentante del patriarcato di Mosca nel Comitato centrale del Consiglio ecumenico delle
Chiese. È considerato il più aperto
ecumenista del patriarcato.
Il metropolita Antony Blum, finora
esarca del patriarcato moscovita per
l’Europa occidentale, aveva dato recentemente le dimissioni dall’incarico,
adducendo motivi di salute. In precedenza era intervenuto apertamente a
favore dello scrittore sovietico in esilio Alexander Soljenitsin.
Carenza di posti di studio
teologico
I centri di formazione teologica della Chiesa ortodossa russa dispongono
attualmente di circa 750 posti. Secondo una comunicazione del rettore delle scuole ecclesiastiche moscovite (l’Accademia e il Seminario) a Zagorsk, l’arcivescovo Vladimir di Dmitrov, nell’ultimo anno di studio per il solo Seminario sono state presentate 200 domande di nuove ammissioni, e solo 50
han potuto essere accettate. Accanto a
quello di Zagorsk, vi sono altri istituti
teologici a Leningrado e a Odessa. Sono sostenuti esclusivamente da offerte
volontarie dei credenti.
Propaganda ateista
Nella stampa sovietica si continua a
richiedere un rafforzamento della propaganda ateista. È vero che le associazioni religiose hanno un atteggiamento leale nei confronti dello Stato
sovietico e che sono a grande maggioranza costituite da persone « liete di
lavorare ». Ma la religione in sé non è
mutata: « Seducendo i credenti, inserendoli in un mondo di immagini ingannevoli e spingendoli a confidare in
una ricompensa in cielo, la religione
riduce l’attività creativa dell’uomo ».
Secondo la stampa 1’« influsso negativo » della religione è confermato dalle indagini sociologiche. Ad esempio,
rilevazioni svolte nel Distretto di Pensa hanno rivelato che solo il 2,9% dei
credenti che lavorano nella produzione industriale sono interessati a elevare il loro livello di formazione generale e che solo il 4,8% si impegna nella
vita pubblica e sociale. Ciò dimostrerebbe che tuttora la religione « non è
innocua ».
Alla televisione di Mosca si rimprovera di non avere una rubrica fissa di
trasmissioni ateistiche; essa presenta
invece film nei quali « il passato è idealizzato e vi si mostrano pure sfarzosi
riti religiosi ». In tal modo si esercita
un’influenza sconveniente sulla coscienza della gente, in particolare dei giovani.
Un film religioso
sugli schermi di Mosca
Nella scorsa primavera in 53 sale cinematografiche della capitale sovietica
è stato proiettato il film « Kalina krasnaja », di forte intonazione religiosa —
ha riferito di recente la rivista russa
« Russkaja Mysl » pubblicata a Parigi.
11 protagonista del film è l’ex-criminale
Jegor Produkin, che in un villaggio solitario cerca di rifarsi una vita. Malgrado l’amicizia e l’aiuto di una ragazza, Ljuba, non riesce, e affonda. Ma
dopo la sua morte appare alla giovane
e la conforta assicurandole che un
giorno si rivedranno. Il film è ricco di
simbolismo religioso. Appaiono frequentemente riflessi di chiese abbattute, a simboleggiare la vita di Jegor e il
suo vano tentativo di trovare la pace
interiore, che raggiunge solo dopo la
morte. Il film sarebbe stato diffuso
con l’esplicita garanzia di un membro
eminente del politburo. « Russkaja
Mysl » definisce sensazionale il film e
i' fatto che sia stato proiettato, poiché
non corrisponde né alla teoria del realismo socialista né all’ateismo ufficialmente vigente nel paese. (N.d.r.: fra
questa religiosità e la fede cristiana,
tuttavia, c’è di mezzo un oceano!).
La libertà di coscienza
è un diritto umano
_ Certo, oggi non si fucilano preti, nell’URSS, ma si è determinata una situazione « oscura e ambigua » nella
quale la stessa gerarchia ecclesiastica,
« almeno esteriormente », opprime « la
predicazione della fede e il tentativo di
lottare per le anime ». Questa la convinzione del matematico sovietico Shafarevic espressa in una lettera — ora
resa di pubblica ragione — all’arcivescovo ortodosso russo di Bruxelles e
del Belgio, Vassilij, dipendente dal
patriarcato di Mosca. Pope che resistono alle restrizioni legali alla libertà
religiosa o che tentano di difendere la
coscienza dei membri delle loro chiese
di fronte alla propaganda ateista, sono privati del loro ufficio o trasferiti
in altre chiese.
In un programma di riforma, sottoposto al Comitato per la difesa dei diritti dell’uomo, animato dal fisico Sakharov, Shafarevic chiede per le associazioni religiose il diritto di possedere, di svolgere lavoro diaconale, di tenere pubblicamente la catechesi e la
predicazione. Per le scuole medie e gli
istituti d’istruzione superiore egli chiede la libertà di esenzione dall’istruzione^ ateista obbligatoria, e all’università corsi alternativi di religione e di
ateismo. Le migliaia di chiese, monasteri e scuole, ingiustificatamente chiuse, devono essere restituite ai credenti.
Infine la direzione del Consiglio di Stato per gli affari religiosi, che esercita
una funzione di sorveglianza, dev’essere costituita da credenti.
La chiesa evangelica
S. Paolo, a Odessa,
sarà abbattuta?
Le autorità di Odessa, in Crimea,
hanno intenzione di abbattere la chiesa evangelica S. Paolo. Il tempio, situato nel centro della città, fino agli
anni ’20 è stata il centro della forte
chiesa evangelica, costituita essenzialmente da tedeschi e da svizzeri. Dopo
la distruzione della comunità (N.d.r.:
alla recente assemblea del Reformierter Bund, a Norimberga, ha partecipato un pastore riformato tedesco che,
appena iniziato il suo ministero proprio in questa chiesa, a quell’epoca,
era stato arrestato e deportato nel
Kazakhstan, dal quale solo nei mesi
scorsi ha potuto rientrare in patria, in
Germania), il tempio ha servito ai battisti "cristiani dell’Evangelo”, che però
dopo alcuni anni han dovuto trasferirsi. Il campanile divenne la torre di
un’antenna televisiva. L’edificio è cadente; nell’interno vi è sempre una
Bibbia aperta, sul tavolo della santa
cena. La distruzione della chiesa non
sarebbe soltanto una perdita per il
’’quadro cittadino”, ma anche un dolore per i cristiani di ogni confessione,
che in Odessa soffrono di una grave
carenza di locali, in seguito alla confisca di numerosi templi.
Chiese evangeliche
incendiate in Lettonia
L’Istituto baltico di Königstein (Germania occidentale) dà notizia di nuovi
e più duri metodi di lotta contro le
chiese nei paesi baltici. Secondo informazioni giunte dalla Lettonia, quattro
chiese evangeliche vi sono state incendiate e tentativi di ricostruirle sono
stati impediti dalle autorità, sebbene
per ognuna di esse fosse stipulata l’assicurazione anticendio legalmente obbligatoria.
POLONIA
Giurare fedeltà
alla nazione e allo Stato
(bip/snop) Si parla spesso del giuramento di fedeltà che gli ’ecclesiastici’ — coloro cioè che hanno un mandato ecclesiastico specifico — devono
pronunciare assumendo la loro funzione nei paesi socialisti.
Ecco in quali termini i vescovi e i
preti polacchi, come pure coloro che
assumono il ministero pastorale nelle
altre Chiese della Polonia, prestano
giuramento :
« Formulo l’impegno solenne di serbare fedeltà aUa Repubblica Popolare
Polacca, di rispettare il suo ordinamento giuridico e di non intraprendere nulla che possa danneggiare il benessere della Repubblica Popolare Polacca ».
5
8 novembre 1974 — N. 44
pag. 5
AL PALAZZO DELLE NAZIONI, A GINEVRA
Il vescono liitiirano cllmio (nnz ta rieeinto
b iiiiiiniéi NaiscD per l'abn prestalo ai ritaDbii pausi
Fridtjof Nansen, l’esploratore norvegese fondatore del riconoscimento onorifico che porta il suo nome, « penetrò al cuore dell’Evangelo quando disse che ’Tamore del prossimo
è una politica realista” », ha dichiarato il past. Philip Potter, segretario generale del CEC,
nell’incontro con l’ospite cileno al Centro ecumenico ginevrino
Il vescovo Frenz, fra Egli Nansen, nipote di Fridtjof Nansen e rappre^ntante del Governo norvegese nel Comitato incaricato del confermento della Medaglia Nansen (a sinistra, sta parlando) e Sadruddin Aga Khan Alto Commissario delVONU per i rifugiati e presidente del Comitato. (foto Iwf)
Ginevra (Iwi/soepi) - Il 14 ottobre,
nel Palazzo delle Nazioni a Ginevra, il
Comitato incanicato di attribuire la
Medaglia Nansen istituita dall’Alto
Commissariato delle Nazioni Unite per
i rifugiati (HCR) ha consegnato l’onorificenza al vescovo luterano del Cile,
Helmut Frenz, nella sua qualità di presidente del Comitato nazionale interecclesiastico cileno di aiuto ai rifugiati,
che daini settembre 1973 ha assistito
oltre cinquemila rifugiati politici, per
lo più provenienti da altri paesi latinoamericani e riparati in Cile aH’epoca
del governo allendista di Unidad Popular. Il vescovo luterano quarantunenne
ha ricevuto la medaglia in rappresentanza di tutti i suoi collaboratori in
quest’opera spesso diffidile e non di
rado rischiosa.
La consegna della medaglia è avvenuta in occasione di una sessione straordinaria del Comitato esecutivo dell’Alto Commissariato, che quest’anno
celebra i 25 anni di attività. Winspeare
Guicciardi, direttore dell’Ufficio delle
N. U. a Ginevra, che presiedeva la cerimonia, alla presenza di rappresentanti di oltre cento governi, ha letto un
messaggio di Kurt Waldheim, segretario generale dell’ONU, esprimente « vi
vìssima riconoscenza » al vescovo Frenz
per la consacrazione e gli sforzi instancabili a favore di migliaia di rifugiati
nel Cile. Il principe Sadruddin Aga
Khan, Alto Commissario delle N. U.
per i rifugiati e presidente del Comitato incaricato dell’assegnazione della
medaglia Nansen, ha elogiato il lavoro
svolto dal vescovo Frenz, che ha creato centri per i rifugiati, con la collaborazione delle autorità governative, nei
quali circa 45.000 rifugiati stranieri furono registrati e ospitati in attesa di
poter partire per un paese che offrisse
loro asilo: «Il vescovo Frenz è fra coloro che non solo sono animati da genuino idealismo, ma che hanno anche
il coraggio e la capacità di tradurre in
azione pratica i principi, per il bene
dei compagni d’umanità che si trovano
in angosciosa e disperata necessità ».
La giornata era iniziata a Ginevra
con un culto nella cappella del Centro
ecumenico, durante il quale il vescovo
ha pregato sia per i dirigenti del suo
paese sia per tutti coloro che hanno
perso il lavoro e la sicurezza a causa
delle loro opinioni politiche. La colletta è stata fatta pensando ai tanti che
nel Cile sono sempre nel bisogno.
A sera, ancora nel Centro ecumeni
co, è stato dato un ricevimento, organizzato congiuntamente dalla Commissione internazionale cattolica per le
migrazioni e dal Consiglio ecumenico
delle Chiese. In un breve discorso, il
past. Philip Potter ha ricordato che il
fondatore della Medaglia Nansen, lo
esploratore norvegese Fridtjof Nansen, «penetrò al cuore dell’Evangelo
quando disse che ’’l’amore del prossimo
è una politica realista". La politica è
la vita degli esseri umani. Esige che
amiamo il prossimo dal più profondo
della convinzione umana ». Rivolgendosi a H. *Frenz, Ph. Potter ha dichiarato:
« Desideriamo assicurare al popolo cileno e ai popoli di altri paesi che siamo al Suo fianco nell’interessamento
che dimostra verso gli esseri umani.
Lei è il simbolo di ciò che tutti gli uomini e le donne di buona volontà dovrebbero fare nel mondo ».
Dopo la cerimonia nel Palazzo delle
Nazioni, nel corso di una conferenza
stampa il vescovo Frenz ha detto che
il governo cileno ha reagito molto positivamente al conferimento della Medaglia Nansen, sentendosi ricompreso
in quest’omaggio. Attualmente in Cile
è in atto una campagna per costringere alle dimissioni il vescovo della Chie
sa evangelica luterana in quel paese,
chiedendo al governo di Santiago la
sua espulsione. Inizialmente egli era
stato criticato e calimniato a causa
della sua attiva partecipazione all’aiuto ai rifugiati, più recentemente lo si è
accusato di denigrare aU’estero il governo cileno. La campagna avversa e
denigratoria è stata forte pure all’interno della Chiesa luterana cilena, ma
il suo recente Sinodo ha confermato la
fiducia al vescovo. Rispondendo a una
domanda, H. Frenz ha confermato di
avere ricevuto, insieme a sua moglie,
ripetute minacce di morte, ma ritiene
che « non vi è un vero pericolo ». A chi
gli chiedeva quanti sono i prigionieri
politici nel Cile, ha risposto che devono oscillare fra i due e i cinquemila, detenuti per motivi politici in modo permanente o per periodi limitati. Alla richiesta di un giornalista, se egli pensava di ritornare nel Cile, Frenz ha risposto: « Naturalmente. Sono vescovo
in Cile, non in Europa. Là, in Cile, ho
le mie chiese e il mio mandato. Non c’è
assolutamente nessuna ragiorie per cui
io non debba ritornare nel Cile ».
HELMUT FRENZ: «Questo è un omaggio a
tutti coioro che sono pronti a soffrire con
quelii che soffrono»
DIBATTITO
Demitizzare Barmen?
È stato fatto osservare molto giustamente che il quarantennio di Barmen
non ha fatto versare molto inchiostro:
da noi neppure una goccia. C’è di che
stupirsi, e a ragione. Nessuno infatti
dimentica che le tesi di Barmen sono
state un punto di riferimento teolo^co orientatore anche per la generazione protestante italiana di quegli anni.
Naturalmente Barmen vuol dire essenzialmente Karl Barth e la sua chiarezza teologica di cui abbondante documentazione si legge nella rivista « Gioventù Cristiana » degli anni 40, a cura
di Giovanni Miegge direttore della rivista e di un gruppo di validi collaboratori. Perché dunque, sino ad oggi
neppure una voce, nemmeno su « Protestantesimo »?
Neppure in Germania, a dire il vero,
pare ci sia stato molto impegno nel ricordare questo momento così determinante e al tempo stesso così delicato
per resistenza del protestantesimo tedesco. Molto probabilmente questo parziale disinteresse ha delle motivazioni
teologiche e politiche ben precise e che
vanno ricercate nel tessuto stesso della società e delle chiese tedesche di
oggi. Il severo giudizio espresso da
Georges Casalis nel n. 14-15 di IDOC
nell’articolo: « La Germania di Schmid!
sarà il Brasile d’Europa? » potrebbe
bene essere il punto di partenza per
un’indagine in questo senso. E più
utile dimenticare Barmen invece che
riparlarne.
In questo articolo mi interessa_ riprendere il discorso aperto e lasciato
aperto da Gino Conte la settimana
scorsa e tentare un altro tipo di analisi sul significato di Barmen.
Dico subito la mia tesi: occorre demitizzare Barmen. Non è possibile considerare il fatto di Barmen, il suo significato storico, teologico e politico,
semplicemente in base alle dichiarazioni che costituiscono la confessione
di fede della chiesa confessante. E già
dire chiesa confessante porta con sè la
domanda: quale chiesa confessante?
Se in un primo tempo sembra facile
identificare subito una chiesa unita ed
una nella sua confessione di fede, in un
secondo tempo, in seguito ad un’analisi critica degli avvenimenti precedenti
e seguenti il Sinodo di Barmen Gemarcke del 1934, si intravedono tendenze
teologiche così contrastanti (si pensi
soprattutto alla forte trasione esistente fra Barth ed i neoriformatori, allo
scontro confessionale fra riformati e
luterani, al timore dei luterani di yedere sconfessato Lutero e la Confessione Augustana) da far dubitare fortemente sulla formulazione teologicamente così perfetta tanto più che, come sottolinea Conte, « si tratta di un
testo rigorosamente teologico, senza
alcun accenno alla realtà politica ».
Quale retroscena sta dietro alte parole della confessione di fede cosi biblicamente e chiaramente formulata?
Perché non vi è alcun accenno alla realtà politica dal momento che è la realtà politica che ha costretto a questa
nuova confessione di fede? Nella relazione introduttiva di Barth al Sinodo
di Barmen del 3-4 giugno 1934 (te tesi
del 31 maggio sono già praticamente
qui formulate) c’è questa frase estremamente significativa: « Saremmo dei
cani muti se noi redigessimo una confessione riformata senza dire una parola sullo Stato totalitario. Lo Stato
non può sequestrare tutto l’uomo, né
può voler determinare la forma ed il
messaggio della chiesa. Se questo è il
nostro discernimento, allora deve esprimerlo anche la nostra confessione».
A mio modo di vedere queste parole di
Barth (e non sono te uniche) esprimono una coscienza politica che può sembrare latente nelle tesi ma che è invece
fortemente presente. Non altrettanto
invece per la maggior parte dei confessanti trovatisi d’accordo su questa
formulazione; evidentemente l’assenza
di accenni alla situazione politica concreta evitava dei dissensi sul piano politico pur lasciando aperte valutazioni
estremamente diverse. Azzeccato mi pare il giudizio di Sergio Bologna quan
confessante era ormai cosa fatta. Di
fronte alla riscossa dei vescovi luterani, gli oppositori sono caduti uno dopo l’altro (« come mete mature dall’albero » disse Barth). E di fronte a questo cedimento, per alcuni vero e proprio tradimento, a Barth non restava
che dimettersi dal Bruderrat insieme
a pochi altri.
A 22 anni da Barmen, in occasione
del 70° compleanno di Barth, l’amico
Hromadka gli ricordava in uiia lette
Mi è assai difficile rispondere
in termini appropriati a quest’omaggio che mi si rende — pare — per l’esempio meritorio costituito dal fatto di dare protezione, aiuto e asilo e numerosi rifugiati nel Cile.
Consegnando la Medaglia Fridtjof Nansen si cita ad esempio
l’atteggiamento che noi, uomini di
buona volontà, abbiamo assunto
in questo momento storico di crisi. per la dignità e per i diritti dell’uomo.
Quel che il Comitato nazionale
di aiuto ai rifugiati ha fatto nel
Cile dopo gli avvenimenti dell’11
settembre 1973, in stretta collaborazione con l’Alto Commissario,
con il governo cileno, con altri governi e con organizzazioni inter
do scrive: « Le tesi di Barmen, lascian- ,-a l’importanza determinante della lot- nazionali, non dovrebbe esser
do intatto il regime, colpivano però te delia chiesa confessante per Finte- _________. d fvnitn
do intatto il regime, colpivano però
radici storiche del nazismo. L’inesistenza di una « opposizione » della chiesa confessante al nazismo ed al tempo
stesso il suo profondo antinazismo
stanno tutti qui » (La chiesa confessante sotto il nazismo, p. 154).
Ma se il problema di ordine politico
poteva dirsi superato (nel senso di non
chiaramente affrontato) nella formulazione delle tesi (non impediva la « lealtà » di fatto verso lo stato), ben presto
i luterani hanno fatto retromarcia sul
piano teologico, avvertendo il fatto di
essersi spinti oltre i confini concessi
dalla loro confessione di fede. E poi,
com’era possibile essere d’accordo su
una confessione di fede che saltava
pié pari la Riforma e Lutero? Non era
questo un lasciarsi ridimensionare senza saper reagire?
Il teologo Ernst Wolf ha così riassunto i tentativi luterani per ridimensionare la confessione di Barmen:
« L’errore principale nell’atteggiamento, in parte distanziantesi in parte polemico, dei luterani verso Barmen consistette nel tentativo di storicizzare la
dichiarazione teologica di Barmen,
considerando valide te sue tesi per la
situazione difensiva dell’anno 1934, ma
trascurando d’inserire Barmen nel
complesso contesto storico-ecclesiastico e storico-teologico ».
Ma sarebbe sufficiente leggersi le relazioni dei giuristi al sinodo di Barmen del 1934 per accorgersi subito su
quale abbaglio politico fossero fondate te loro argomentazioni: dopo aver
dichiarato contrarie alte confessioni
della Riforma ed aver dichiarato illegittime le leggi emanate dal vescovo
del Reich, il giurista Fior giunge ad
affermare: « Il nuovo stato tedesco è
uno stato di diritto »! Insomma, se poca era la chiarezza teologica, nulla era
quella politica.
Sempre più quindi, man mano che
si procede ad una analisi critica di
« Barmen », si è costretti ad ammettere che se Barth non era l’unico ad
avere te idee chiare, non era certamente confortato da molti. Era dunque solo anticonformismo la lotta al
nazismo? (questo è, tra l’altro, il giudizio che il Viallet dà di molti antifascisti protestanti italiani!).
Parlare di « Barmen » nel senso di
un riferimento storico che ha avuto
un peso storico determinante per la
lotta contro il nazismo è quindi lecito;
non altrettanto, mi sembra, citare
« Barmen » e la sua confessione di fede come un’esperienza unitaria, teologicamente chiara e priva di equivoci,
esperienza che avrebbe posto le basi
per un cammino teologico portato
avanti coerentemente. Per questo ritengo una trappola partire dalle parole della confessione di Barmen ed isolarle dalle contraddizioni, dalle lotte
confessionali e politiche (aperte e nascoste) che hanno dato vita e morte
alla chiesa confessante tedesca. E non
è certamente un caso se poco dopo
Barmen, alla chiusura del Smodo di
Dahlem, la spaccatura del movimento
ta della chiesa confessante per
ra storia della chiesa europea, ma aggiungeva anche un forte dubbio, cioè
se i ’confessanti’, nonostante la loro
opposizione a Hitler, fossero davvero
cresciuti politicamente. « Come la teologia di tanti ’confessanti’ è diventata
sterile, staticamente o confessionalmente, così anche la loro prospettiva
politica — nonostante l’insistenza sulla responsabilità politica del cristiano
— è, guardando retrospettiyamente,
priva di una vera responsabilità ».
messo in evidenza, poiché si tratta
semplicemente dell’adempimento
di un dovere volontariamente sottoscritto dagli Stati membri delV Organizzazione delle Nazioni
Unite.
Purtroppo nell’applicare norme
internazionali relative ai diritti
dell’uomo e al trattamento dei rifugiati c’è contraddizione fra la
A 40 anni dalle dichiarazioni di Bar- pratica. Il semplice fatto di ren
. : „.4 omaggio a persone e organiz
zazioni che svolgono un’opera
umanitaria, è di per sé un’accusa.
Quest’omaggio significa essenzialmente che le manifestazioni
d’amore per il nostro prossimo e
men sono molti oggi ad avere paura
del coraggio dimostrato in quegli anni.
L’involuzione teologica e politica di
molte personalità ecclesiastiche allora
su posizioni di avanguardia ed oggi su
fronti decisamente conservatori e reazionari ( si pensi al movimento « Kein
anderes Evangelium ») è magra constatazione. L’invito di Wilhelm Niemoller (fratello del più noto Martin Niemoller) a ricominciare da capo _e rimettere in discussione j liberi sinodi
confessanti di Barmen è stimolante
(si veda Junge Kirche 4/1974 e 6/1974).
E questo invito vate anche per il protestantesimo italiano: un riesame delle posizioni antifasciste motivate teologicamente, soprattutto su « Gioventù Cristiana », meriterebbe maggiore
attenzione di Quanta ne sia stata data
sino ad oggi. Forse aiuterebbe anche
noi a capire il perché di certe inversioni di pensiero nel nostro piccolo
mondo protestante italiano.
E per concludere: che cosa insegna
Barmen? Molte cose, certo. Ne vorrei
ricordare una soltanto, forse discussa
e discutibile più di altre: l’unità formate della confessione di fede che
esclude la chiarezza politica, la difesa
ad oltranza di confessioni di fede formulate in altri tempi come se fossero
idoli, porta inevitabilmente alla disgregazione. Questo fa anche parte del
messaggio di Barmen.
Ermanno Genrf,
qui tutti coloro ai quali si rivolge
il nostro appoggio e il nostro servizio, intendo i rifugiati, coloro
che sono stati cacciati dalla loro
patria, coloro che sono stati disprezzati nella loro dignità di esseri umani.
Può forse dimenticare i suoi
fratelli, chi condivide la sorte dei
deboli? Colui che asciuga le lagrime delle vedove, che avverte la
disperazione di coloro che si nascondono, che è sconvolto vedendo maltrattare i corpi e soffre con
coloro che sono spezzati dalla tortura? Quest’uomo può forse dimenticare i suoi fratelli?
Tento d’identificarmi con coloro che soffrono nel mondo, perché è servendoli che incontro Cristo, il Signore. Ripongo la mia
speranza in queste parole di Cristo ai suoi discepoli: « Beati quelli che soffrono, perché saranno
consolati; beati i mansueti, perché crederanno la terra; beati gli
affamati e assetati della giustizia,
perché saranno saziati; beati i
perseguitati per la giustizia, perché il regno dei cieli è loro! ».
La consegna della Medaglia
Fridtjof Nansen è un omaggio a
coloro che sono pronti a soffrire
con quelli che soffrono; ci dà un
senso di vergogna ed è al tempo
stesso un atto di accusa contro
numerosi governi nel mondo.
La consegna di quest’onorificenza, come la sua accettazione, dev’essere il segno della nostra soli
per il nostro fratello sono unec- darietà con i deboli e i sofferenti.
cezione. La disumanità e la misantropia sembrano più frequenti,
più ’’normali” dell’umanità e della filantropia. Siamo così profondamente abituati alle violazioni
dei diritti umani, dalle quali risulta l’esistenza dei rifugiati, che
qualsiasi impegno in loro favore
attira l’attenzione.
E se oggi si onora un vescovo
cristiano consegnandogli la Meda
Affermo la mia solidarietà con loro. Essa esige da parte nostra che
siamo pronti a soffrire.
Le sofferenze dei rifugiati e dei
perseguitati sono la conseguenza
dell’abuso di potere; la nostra disponibilità a soffrire è la risposta
a. questo potere. La violenza è la
debolezza dei potenti; la nostra
disponibilità a soffrire è la forza
dei deboli. L’abuso del potere
fiblGnsen, l accusa è conduce alla violenza e alToppres
duplice, perché ciò che noi cristiani facciamo nel Cile a favore
dei rifugiati non è soltanto il nostro dovere, ma anche e soprattutto la nostra vocazione. Penso
che non sia giusto accettare la
Medaglia Nansen soltanto a nome
di tutti noi che adempiamo al nostro dovere e alla nostra vocazione. Sono in obbligo di aggiungere
IL nOSTRO PORDO Di SOLIDARIBTR'
Dopo il recente invio al Consiglio
ecumenico delle Chiese, tramite la Tavola valdese, di due milioni e 130 mila
lire, la nostra sottoscrizione prosegue
con gli obiettivi già segnalati in precedenza, e che qui ricordiamo ancora
una volta.
Un’iniziativa riguarda il Programma
di lotta al razzismo del C.E.C. ed ha
carattere permanente. La seconda e la
terza riguardano anch’esse due programmi del Consiglio ecumenico e sono: il programma di aiuti ai profughi
ed ai perseguitati ciieni, e quello relativo alla siccità nel Sahel e in altre zone dell’Africa. Infine, la quarta iniziativa riguarda i prigionieri politici del
Sud Vietnam e gli aiuti che per essi fa
pervenire l’apposito comitato internazionale. Qui da noi, è nota a tutti l’instancabile attività del pastore Tullio
Vinay, ed è a lui che faremo pervenire un’ulteriore somma di danaro, non
appena essa avrà raggiunto una certa
consistenza.
Mentre attendiamo dai lettori nuove
adesioni, e nel ricordare la fedele partecipazione di tanti altri, pubblichiamo un nuovo elenco di offerte. Ricordiamo che esse vanno inviate al conto
corr. postale n 2./3987S intestato a Roberto Peyrot, corso Moncalieri 70, Torino, indicando possibilmente la causale del versamento.
Colonia valdese di Borgio V. L. 10.000; C.
Gilento (due vers.) 10.000; G. Grillo (id)
10.000; O. Bufalo 10.000; P. Corbo 3.000; Illeggibile, Roma 450; Ebenezer 5.000; E.
Giorgiolé 10.000; A. Longo 20.000; G.
Laelsch 5.000; V.V. Viti 3.000; Federaz.
Chiese ev. Puglia e Lueania 60.950; M. e L.
Campese 10.000; B. Carro 26.000; E. Serafino 10.000; G. Pepe 5.000; S. Albertini
1.000. Totale L. 199.400; prec. L. 450.335;
il! cassa L. 649.735.
sione; il potere che è al servizio e
solidale, alla liberazione.
Le cause dell’oppressione nel
mondo sono chiare: il potere si è
dissociato dal servizio, mentre
V uno e l’altro costituiscono
un’unica realtà. Il primo non può
esistere al di fuori del secondo.
Senza la disponibilità al servizio
il potere diventa arbitrio, oppressione, dittatura.
Vi sono rifugiati nelle regioni
latino-americane nelle quali il potere, usato abusivamente, tende a
soddisfare interessi particolari.
Se vogliamo finirla con il problema dei rifugiati, dobbiamo fare
in modo che il potere si metta al
servizio degli oppressi. Condividere le loro sofferenze è la nostra
arma più potente.
La ringrazio molto calorosamente, Signor Alto Commissario,
per r odierna consegna di quest’onorificenza, non solo a nome
mio e di coloro con i quali ho lavorato nel Cile, ma anche a nome
di coloro dei quali abbiamo condiviso e continueremo a condividere le sofferenze.
Helmut Frenz
6
pag. 6
N. 44 — 8 novembre 1974
[ J}osh^s][fuH d’isfruzione secondaria nel loro contesfo europeo
Incontro di insegnanti
di scuole evangeliche
Un gruppo di professor! di scuole evangeliche tedesche in visita alle Valli Utili contatti con i professori del Collegio di Torre e della Scuola Latina
Dal 28 al 31 ottobre u.s. abbiamo
avuto il piacere di avere il mezzo a noi
un bel gruppo di professori provenienti da scuole evangeliche di Mannheim,
Karlsruhe, Gaienhofen (lago di Costanza). I professori dei nostri istituti
avevano organizzato questo incontro
coi loro colleghi germanici per avere
l’opportunità di confrontare il lavoro
svolto in quelle scuole evangeliche col
nostro e per iniziare una serie di contatti che non potranno che essere utili
e fruttuosi se, come speriamo, potranno svilupparsi sempre maggiormente.
I nostri ospiti erano sistemati alla
Foresteria di Torre iPellice, punto di
riferimento per tante attività come
questa, dimostratasi ancora una volta
assai efficente. Nel corso del loro soggiorno gli amici tedeschi hanno avuto
l’occasione di visitare tanto il Collegio
quanto la Scuola Latina, assistendo anche ad alcune lezioni a seconda dei loro interessi. Essi hanno inoltre effettuato una visita in Val d’Angrogna, al
Museo Valdese, a Pinerolo, a Prali.
Ancora ima volta il Coretto del Collegio è stato impegnato, offrendo una
serata di canti il 29, alla Foresteria.
Il pomeriggio e la sera del 30 sono
invece stati più propriamente dedicati
ad un incontro-dibattito tra gli insegnanti sul significato specifico del lavoro svolto dalle scuole evangeliche,
nonché ai saluti ufficiali rivolti ai nostri ospiti dal Comitato del Collegio.
Nel pomeriggio, dopo una breve introduzione del pastore Giovanni Conte, tendente essenzialmente a mettere
in luce in quale atmosfera le nostre
scuole siano chiamate a svolgere il loro compito in Italia, uno degli insegnanti tedeschi ha ricordato che le
scuole evangeliche tedesche desiderano
.contribuire a lottare contro quello che,
in Germania (ma potrebbe essere detto anche in Italia), è chiamato lo « stato d’emergenza dell’istruzione». Tutta
la struttura scolastica tende a dare una
formazione intellettuale che non è in
grado di formare « tutto l’uomo ». Si
tratta, per le scuole evangeliche, di integrare l’insegnamento in modo tale
che gli alunni ricevano una formazione
umana e di fede ben più completa. Da
notare, afferma l’ospite, che la percentuale di ragazzi provenienti da famiglie disgregate o comunque da situazioni diffìcili è risultata assai elevata,
nelle varie scuole. Tale fatto implica
che le scuole evangeliche svolgano una
opera diaconale nei confronti di questi ragazzi. Esse hanno inoltre il compito di educare gli studenti ad una
critica costruttiva delle ideologie, ad
avere una maggiore « coscienza della
storia », che si va perdendo nelle scuole dello stato. Per tutto questo è essenziale la presenza di insegnanti credenti
e di una vita cultuale all’interno delle
scuole evangeUche.
Alcuni presenti hanno poi fatto un
breve rapporto sul lavoro e sulle caratteristiche generali delle varie scuole
dalle quali provenivano. Uno dei nostri
professori ha messo l’accento in modo
particolare sulle attività para o extra
scolastiche.
Il prof. Augusto Armand Hugon ha
cercato di mettere in chiaro il concetto
di pedagogia evangelica. Egli ha ricordato che vi può essere una pedagogia
confessionale (cattolica o protestante),
diretta alla formazione di un credente
in vista di una data chiesa precisa. Tutta l’educazione del Medio Evo è stata
impostata in modo confessionale ed in
vista del cattolicesimo. Oggi molte
scuole confessionali cattoliche utilizzano questo tipo di pedagogia.
Vi può poi essere una pedagogia laica. Tale pedagogia è nata col Rinascimento e si è sviluppata con la Rivoluzione francese. Il cittadino deve essere
formato in vista dello Stato. Tale pedagogia è agnostica in materia di fede
e può essere ideologicamente impostata (quale che sia poi questa ideologia
di base).
Il professor Hugon ha quindi affermato che vi è una pedagogia né confessionale né l<aica ma evangelica o cristiana, Tale pedagogia non ha di mira
la formazione dei ragazzi in vista di
una confessione. Essa cerca di formare
il senso di responsabilità individuale
nella visione della libertà del cristiano.
Avere senso di responsabilità significa
avere: a) senso critico fondato sullEvangelo di fronte a tutto ciò che ci circonda, b) tolleranza e comprensione
per tutto quello che gli altri credono e
fanno. Sempre però ponendosi in posizione critica di fronte alle varie possibili posizioni.
Per realizzare quésto programma è
necessario che esista tra profes.sore e
professore e tra professore ed alunni
un rapporto basato sull’amore del
prossimo, in modo tale da evitare un
certo pericolo di « amorevole paternalismo ».
Ancora una volta questo implica il
rispetto della personalità del prossimo. Inutile dire che perché questo lavoro possa avvenire in realtà, gli insegnanti devono avere un senso vocazionale del loro lavoro.
Gli ospiti si sono dichiarati d’accordo con quanto espresso dal prof. Armand Hugon. È ovvio che, al di là delle definizioni, si tratta di vivere questa
realtà ogni giorno nelle nostre scuole
(così, come deve cercare di farlo ogni
insegnante evangelico nelle scuole dello Stato) ed è quanto si studieranno
certamente di fare sempre più intensamente tutti coloro che erano presenti
a questo incontro. Ora i vari professori hanno ritrovato i ragazzi che sono
loro affidati e pensiamo con riconoscenza a quanti, in Germania come in
Italia come altrove, dedicano il loro
tempo per formare così i nostri ragazzi.
Giovanni Conte
Sento e contenuto
dell’integnamento religioso
Giovedì 31 ottobre si è svolto al Collegio Valdese un incontro tra il Pastore Giorgio Tourn, presidente della
Commissione distrettuale, e gli insegnanti di religione della Scuola Media
del Collegio, per confrontare varie ipotesi di lavoro e coordinarne l’attuazione.
Chiarito innanzitutto che l’insegnamento della religione deve coinvolgere
professori e studenti in egual misura
e consapevolizzare entrambi che la base di noi evangelici deve risieder sempre nel messaggio del Cristo, si è deciso, in base alla elaborazione delle risposte a vari questionari, che sono stati presentati ai ragazzi, di studiare nelle prime e seconde classi la Storia Valdese.
Questo studio, poiché è già in parte
stato affrontato dai ragazzi alla Scuola domenicale o al pre-catechismo, sarà condotto mediante ricerche monografiche di gruppo che verranno rela
Oiornata
della Scuola Latina
Domenica 17 novembre, avrà luogo
a Pomaretto la tradizionale Giornata
della Scuola Latina.
Per informazioni e adesioni al pranzo, rivolgersi a: Prof. Elsa Salma, tei.
(0121)83.26; M.a Germana Costantin,
tei. (0121)81.188; Scuola Latina, tei.
(0121)81.498.
Associazione Amici Scuola Latina 10080 Pomaretto - c.c.p. 2/20928.
Un’ora con la regina d'Olanda
È noto che nel 1735 si formò tra- alcune chiese valloni di Olanda il Comitato Vallone, laggiù chiamato « Comité
Vaudois », con lo scopo di sovvenire
alle necessità delle Valli Valdesi, in
particolare delle scuole e degli istituti
di istruzione.
I Valloni, rifugiati per motivi religiosi dal Belgio e dalla Francia nella libera Olanda, hanno conservato e conservano tuttora l’uso della lingua francese, e costituiscono ancora oggi 17
comunità sparse un po’ in tutto il paese: la comunanza confessionale e la
fraternità protestante hanno sempre
reso queste chiese sensibili alle necessità dei confratelli in condizioni più
diffìcili. Ragione per cui i rapporti tra
le Valli ed i Paesi Bassi sono stati
sempre fraterni: ricorderemo soltanto
l’attiva opera del Comitato Vallone a
favore della Scuola Latina e dell’insegnamento del francese nelle Valli, e
l’appoggio dato nel ’700 ed ’800 agli
COLLEGIO VALDESE E SCUOLA LATINA
Ecco quel che cerchiamo
di fare: volete aiutarci?
L’attività degli Istituti di Istruzione
Secondaria delle Valli è ripresa regolarmente con il mese di ottobre. Sia
a Pomaretto che a Torre Pellice le classi delle Scuole medie sono al completo, mentre il Ginnasio Liceo ha avuto
un ulteriore incremento del 9-10%. Il
Corpo Insegnante è a pieno organico
e a questo riguardo siamo lieti di constatare che operano nelle nostre scuole anche giovani insegnanti che si sono
formati in queste stesse aule.
In totale sono presenti nelle Scuole
Valdesi 330 studenti cosi suddivisi:
Scuola media della Scuola Latina 90;
Scuola media del Collegio Valdese 166 ;
Ginnasio-Liceo 84.
Accanto al lavoro strettamente scolastico sono riprese pure le attività
organizzate e dirette da insegnanti e
studenti.
Sotto la guida del sig. Carlo Arnoulet il Coretto del Collegio si è preparato alla tournée che è stata effettuata i giorni 2-4 novembre a Berna su
invito del Comitato Svizzero. Si ha ragione di pensare che questa trasferta
è stata un’ottima occasione per una
presa diretta di contatto con gli Amici e Sostenitori della Svizzera.
Dal 28 al 30 ottobre gli Insegnanti
dei nostri Istituti hanno ricevuto la visita di un gruppo di coUeghl tedeschi,
allo scopo di valutare il problema essenziale della pedagogia evangelica. È
stato previsto inoltre per questi Amici, provenienti da diversi Istituti del
Baden, un programma che possa dar
loro una visione complessiva delle Valli Valdesi e della loro storia.
Su queste manifestazioni verrà riferito a parte: si tratta di notizie e di
informazioni che debbono venire a conoscenza della popolazione delle Valli,
e non solo della parte valdese.
Pensiamo che in nessuna altra Scuola in Italia si abbia l’occasione di essere partecipi di fenomeni culturali
del genere. Essi fanno parte tuttavia.
anche con nuove forme, di una lunga
tradizione, che ha lasciato profonde
tracce nel contesto socio-culturale della zona. Sotto questo profilo, pertanto, le Scuole Valdesi debbono essere
considerate come una forma di autonomia locale, che è errato voler sottovalutare, e che deve anzi essere difesa
e potenziata.
A questo proposito viene rivolto un
fervido appello a tutti gli amici e sostenitori delle nostre Scuole perché
diano il loro concreto appoggio, tenendo conto che la situazione generale,
narticolarmente difficile, del nostro
Paese ha una incedenza anche per la
nostra Amministrazione.
Durante questo nuovo anno scolastico il Comitato del Collegio Valdese e
della Scuola Latina dovrà sostenere
un rilevante aumento delle spese di gestione per l’incremento programmato
degli emolumenti ai professori e al
personale dipendente, pur rimanendo
ancora lontani dalla meta che si vorrebbe raggiungere.
In sostanza questo appello è rivolto
alle chiese perché trasmettano i loro
doni, possibilmente rateizzandoli, in
modo analogo a quanto viene fatto per
la Cassa Centrale, tenendo conto dell’invito sinodale, spesso disatteso, di
contribuire alla vita degli Istituti scolastici delle Valli, agli amici, agli exstudenti e, in generale, a tutti coloro
che apprezzano l’opera fin qui svolta.
Per comodità riportiamo i numeri
dei c/c intestati al Comitato del Collegio Valdese, sui quali possono essere effettuati i versamenti:
c/c postale 2/32709.
c/c N. 4606 - Istituto Bancario S. Paolo, filiale di Pinerolo.
c/c N. 56760 - Istituto Bancario Italiano, filiale di Torre Pellice.
II Comitato
del Collegio Valdese
emigrati valdesi in Olanda per ragioni
religiose e di lavoro.
Nell’archivio della Tavola Valdese
esiste una ricca documentazione di
tutta questa attività, come alla Biblioteca Vallone (ora ad Amsterdam) si
trova una bella serie di volumi contenenti la corrispondenza partita dalle
Valli.
Presiede attualmente il Comitato
Vallone il pastore André Richardot, di
Amsterdam, grande ainico dei Valdesi :
ed è per sua iniziativa che sono stato
invitato recentemente ad un giro di
conferenze nelle principali chiese Valloni d’Olanda. Ho avuto cosi il privilegio di avere una mezza dozzina di incontri con varie comunità, e di presentare, secondo il desiderio dei presenti,
la storia dei rapporti tra l’Olanda e le
Valli o la situazione attuale dell’opera
valdese in Italia o l’opera d’istruzione
nelle Valli.
Per quanto lontani da noi, i fratelli
dei Paesi Bassi conoscono la nostra
storia e si interessano vivamente e
quanto succede nell’opera di testimonianza evangelica in Italia.
La mia breve « tournée » ha assunto
un particolare significato in occasione
dell’udienza che la regina Giuliana
d’Olanda ha riservato al pastore Richardot e al sottoscritto, nel suo palazzo di Soestdijk, presso Amsterdam. Il
coloquio, improntato ad una estrema
democraticità, è durato quasi un’ora,
e la regina ha desiderato vi assistesse
una sua amica d’infanz-Ia, di origine
valdese, la sig.ra Michelin-Moreau. Ho
avuto l’opportunità di leggere alla regina un breve messaggio, in cui accennavo alle secolari relazioni tra la gente
dei Paesi Bassi e i montanari delle
Valli, nonché di offrirle in omaggio i
due primi volumi della recente storia
dei Valdesi: l’una e l’altra cosa sono
state apprezzate, e la regina si è vivamente interessata aH’ooera attuale della Chiesa Valdese, ed in particolare
all’uso del francese nelle Valli e all’istruzione operata attraverso i nostri
istituti.
La monarchia, in Olanda come in altri paesi del Nord Europa, è considerata ancora oggi come un’istituzione
intoccabile, e da quasi tutta la popolazione viene espresso nei riguardi dei
regnanti il massimo rispetto: non si
dimentichi peraltro che in seno alle
famiglie reali esiste un vivissimo senso della democrazia e una costante
partecipazione alla vita del paese.
Anche in questo senso la Riforma
ha operato in profondità, ed in particolare la casa d’Orange, cui appartiene
Giuliana d’Olanda, ha sempre dimostrato un vivo attaccamento al Calvinismo, al di là degli interessi politici o
militari.
Tali le idee che mi venivano in mente allorché la regina, in modo del tutto
familiare, esprimeva le sue impressioni sui problemi deH’ecumenismo e sulla Roma vaticana...
Augusto Armand Hugon
Il riGhiamo delle valli avite
Nel lontano 1893, Jean Ferdinand Ribet,
figlio di Paul, nato nel 1865, si sposava nel
tempio di Pomaretto con Marguerite Baret,
figlia di Pierre (Piarin Gianet), nata nel 1868.
Forse subito dopo, i giovani sposi emigravano in America e si stabilivano a Valdese,
nel NordUarolina.
Alla loro figlia, nata a Valdese, veniva dato il nome di Césarine.
Nessun discendente di Jean Ferdinand e
Marguerite era mai tornato alle valli. Tuttavia, nei loro cuori, non si spegneva « una
brama invincibile ardente di tornare sul suolo natal ».
Ecco dunque che venerdì 18 ottobre, accompagnata da una coetanea pure americana,
arriva a Pomaretto Césarine A. Hudson (porta il nome della nonna Césarine Ribet), giovane ventenne, residente a Hickory (a pochi
Km. da Valdese) ed attualmente a Parigi per
ragioni di studio.
Nel presbiterio, con la collaborazione del
Pastore e di Renato Ribet, trova gli atti di
battesimo e di matrimonio dei bisnonni Jean
Ferdinand e Marguerite. Preziose informazioni avute da Federico Baret, decano dei Baret
della zona, da Remo Ribet e da Irma RibetCalvetti, le permettono di individuare oltre al
suo parente più prossimo Levy Ribet, figlio di
1 lettori ci scrivono
Ancora sul Distretto
scolastico deiie Vaiii
Torre Pellice, 5 novembre 1974
Signor direttore,
ho seguito i lavori della recente conferenza distrettuale sulla presenza evangelica nella
scuola ed i vari interventi sulla nostra stampa
locale circa la prossima ristrutturazione della
scuola stessa ed il distretto scolastico in particolare. Senza entrare nel merito dell’incidenza che i nuovi organismi potranno avere
agli effetti di un reale rinnovamento, argomento ancora tutto da discutere, almeno qui
da noi, vorrei fare alcune osservazioni sulle
posizioni fin qui emerse.
Mi sembra che in molte di esse non si sia
tenuta in sufficiente conto la questione principale cioè su che tipo di scuola vogliamo
confrontarci. In altre parole è più importante, ad esempio, accordarsi su liste « valdesi »
o precisare il programma che vogliamo proporre e tentare di realizzare? Direi che il di
battito e la riflessione si devono muovere sui
contenuti ed i metodi dell’insegnamento, sul
problema della selezione, sul diritto allo studio (anche per gli adulti), su come vediamo
il rapporto tra la Scuola e la società ecc.
Circa il problema specifico della delimitazione del distretto scolastico a me pare che se
esso fosse troppo angusto ed omogeneo presenterebbe almeno due gravi pericoli : 1) essere tagliati fuori da forze vitali e da movimenti di più ampio respiro; 2) rischiare che
il confronto sulle idee e le iniziative che verranno portate avanti, decada a livello di personalismi o peggio di meschine rivalità.
Concludendo mi sembra chiaro che — come cristiani — non dobbiamo tanto partire
da esigenze di difesa e di eonservazione
(« tutte queste cose vi saranno sopraggiunte »)
quanto di una presenza attiva e consapevole,
in questo come in tutti gli altri campi, dove esistono possibilità di adoperarsi nella direzione della « giustizia ».
La ringrazio vivamente per l’ospitalità.
M. Reto Abcentiehi
zionate e discusse al fine d’ottenere
una visione d’insieme sufficientemente
critica e continuativa.
In particolare dalTSOO fino ai primi
decenni del '900 verranno sottoposti
agli studenti vari documenti che, essendo di ormai più facile lettura, daranno ai ragazzi la misura più esemplificativa della presenza valdese, sul
piano dell’evangelizzazione.
Dall’epoca giolittiana si apriranno
le pagine di storia contemporanea; qui
lo studio non potrà prescindere dalla
analisi della nostra realtà sociale ^ i
ragazzi potranno basarsi non solo su
documenti, ma anche su testimonianze, ottenute mediante interviste.
Nelle terze i ragazzi hanno manifestato l’intenzione di attuare un aggancio interdisciplinare tra il programma
di geografia, che concerne lo studio
dei paesi extraeuropei, e l’ora di religione, per la quale hanno proposto di
analizzare i principi che stanno alla
base delle credenze religiose dei popoli di questi paesi.
Con lo studio delle religioni si potrà giungere alla comprensione di molti problemi; di come, ad esempio, se
sono relativamente pochi i popoli che
possono restare culturalmente isolati,
a causa dell’attuale struttura di potere del mondo, questo è dovuto in gran
parte alle loro ideologie religiose, e come molti grandi avvenimenti storici
possono essere capiti attraverso lo studio della religione vista non solo come sovrastruttura, ma anche come
struttura della società.
Inoltre questo studio dovrà abituare
i ragazzi al confronto e di conseguenza ad una maggiore comprensione delle strutture religiose degli altri popoli
e delle proprie.
Questa ipotesi di programmazione
potrà subire modifiche a seconda della partecipazione che si otterrà dai ragazzi e delle risultanze che scaturiranno dai prossimi incontri, che si è deciso di ripetere per tutto il presente
anno scolastico.
Gli insegnanti di religione
della Scuola Media
del Collegio Valdese
Personalia
Ad Angrogna il presbiterio ha un nuovoabitante : Pier Davide. Dandogli il benvenuto,
cl rallegriamo fraternamente con tutta la famiglia del pastore Renato Coisson.
A Torino i nostri fratelli Evelina e VinceU'
zo Taccia hanno festeggiato le loro nozze
d’oro. È un lungo tempo che il Signore ha
concesso loro insieme : gliene siamo grati
con loro e auguriamo loro affettuosamente
che cosi possa ancora essere a lungo.
una sorella della bisnonna, anche le case dei
bisnonni nei villaggi Buciard e Cerisieri :
queste case sono rimaste quasi nelle stesse
condizioni in cui si trovavano nel lontano
1893.
La pur breve permanenza alle valli (3 giorni) consente anche a Césarine di visitare alcuni templi, musei, scuole ed opere della
chiesa valdese in Val Germanasca ed a Torre Pellice.
Oggi, negli alpestri Villaggi Aymar. Cerisieri, Buciard, Faure, le case sono chiuse c
deserte; le famiglie rimaste si possono contare
sulle dita di una mano; 1 Ribet, i Baret. i
Bernard che non sono emigrati, sono scesi
a valle in cerca di un’esistenza meno dura. Il
commovente attaccamento a queste valli delle
generazioni di emigrati sia loro di esempio
ad amare questa terra « dove il cuor sofferse,
pianse, amò ».
A Césarine, abbiamo detto « arrivederci »
perché ci ha promesso di ritornare presto con
la sua famiglia.
Guido Baret
Cinefórum Val Pellice
Giovedì 7 novembre p. v. il Cinefórum Val Pellice inizia la stagione ’74-75
con la proiezione del film « Roma » al
cinema Allemandi. Verranno successivamente proiettati ogni giovedì sera i
seguenti films:
7/11 - Roma, (Fellini)
14/11 - El Topo (Jodorowsky)
21/11 - Götterdämmerung (Visconti)
28/11 - Pane e cioccolata (Brusati)
5/12 - Ciao Gulliver (Tuzii)
12/12 - La colonna infame (Risi)
19/12 - Fat City (Huston)
Commento agli O.d.G. della
Conferenza Distrettuale
(segue da pag. 3)
attivamente al lavoro della scuola domenicale e del catechismo e di non delegare anche qui monitori e pastori
disinteressandosi poi completamente.
È anche chiaro che seguire questa linea di lavoro non significa affatto non
apprezzare il lavoro che gli insegnanti
hanno svolto nella scuola, ma anche
per gli insegnanti è aperta e bene accolta la possibilità della loro collaborazione nell’ambito della scuola domenicale, del precatechismo, del catechismo.
7
8 novembre 1974 — N. 44
Vita, problemi, prospettive delle chiese valdesi
pag. 7
A Firenze il Ferretti e il Gouid riprendono
la loro attività
Prospettive - speranze - problemi
Con la riapertura delle scuole gli
Istituti Ferretti e Gouid di Firenze
hanno ripreso in pieno la loro attività.
Come si presenta l’anno iniziato per
i due Istituti? Possiamo dire anzitutto che nell’uno e nell’altro l’équipe pedagogica si presenta promettente ed
efficace : abbiamo buone prospettive
che i ragazzi possano essere ben seguiti ed aiutati nei loro svariati problemi.
I due Istituti si presentano con caratteristiche assai diverse. H Ferretti
è impostato come una « Casa famiglia », le bambine sono in numero ridotto (per noi anzi, troppo ridotto, ina
quest’anno non si sono avute richieste di ammissione). I Direttori, marito e moglie, assumono una figura di
genitori anche se, per tutte le bambine che hanno una famiglia, cerchiamo
di rendere questo aspetto molto superficiale mantenendo un legame stretto con i parenti delle bambine e mandandole alle loro case ogni qualvolta
sia possibile.
Al Gouid, invece, i ragazzi sono 28
suddivisi in due gruppi a seconda dell’età. Ogni gruppo è affidato alla responsabilità di alcuni educatori. Qui
il Direttore ha la funzione di coordinatore e di guida degli educatori, pur
mantenendo anche un continuo contatto coi ragazzi mediante riunioni con
letture varie o di riflessione biblica.
Inoltre il Gouid ha sviluppato quest’anno un servizio reso agli studenti
universitari, dando loro alloggio e
eventualmente vitto. Questi giovani
provengono per lo più dalla diaspora
evangelica. Quest’anno ve ne sono una
trentina, questo fatto pone molti nuovi problemi che speriamo di risolvere
nel modo migliore nel corso dell’anno.
Sia i ragazzi del Gouid che le bambine del Ferretti frequentano le scuole
pubbliche che sono o a pieno tempo
o col dopo scuola. Il lavoro educativo
e formativo da parte degli Istituti si
svolge cosi, soprattutto nel tardo pomeriggio, nelle serate e nei giorni di
vacanza. Al Ferretti, dato il quadro
familiare ivi esistente, questo compito
si svolge in modo assai informale; è
dalla situazione contingente, p. es. una
cosa vista alla televisione, un’osservazione di una bambina ecc., che nasce
l’occasione per trattare un problema,
per chiarificare delle situazioni fra le
bambine o aspetti della vita nell’Istituto e fuori, cosi come avviene in ogni
famiglia.
Al Gouid, dato il numero maggiore
di ragazzi, si opera con attività complementari (musica, disegno, fotografia, teatro, ceramica). Alcune di queste attività, come il teatro, sono di per
se stesse formative; ma l’avere i ragazzi suddivisi in piccoli gruppi di interesse permette agli educatori di stabilire con ciascuno un rapporto molto
personale e di poter giungere a colloqui spontanei su problemi essenziali
dei ragazzi.
Come si vede, rimane fondamentale
la preoccupazione che questi ragazzi
non abbiano soltanto un tetto, un letto e il vitto, ma che ricevano qualche
cosa di essenziale per la loro educazione e la loro formazione. Infine, al centro delle nostre preoccupazioni, rimane il problema dell’annuncio dell’Evangelo alle giovani generazioni. Non ci
piace parlare di « educazione evangelica » perché riteniamo questo termine molto ambiguo ed anche pericoloso. Certo, soprattutto coi ragazzi più
piccoli, non riuscirebbe difficile impostare un’« educazione religiosa » basata su preghiere a tempi stabiliti e più
o meno formali, frequenza obbligatoria ai culti e cose del genere. Ma in
tutto questo c’è una vera testimonianza al Cristo che li ama, li libera e li
salva? La preghiera non deve nascere
da una fede autentica e l’adorazione
comune del Signore dalla certezza comune di appartenergli? Cos’i il problema della preghiera, del culto ecc. va
ricondotto alle situazioni particolari di
ogni ragazzo. Altrimenti rischiamo di
portare i ragazzi a quelle forme di
ipocrisia religiosa da cui poi nell’età
adulta si liberano con violenza non volendo più avere a che fare con l'Evanvangelo.
L’Evangelo stesso ci indica chiaramente che la testimonianza della parola si accompagna sempre con la testimonianza degli atti (Gesù guarisce,
Gesù si intrattiene coi diseredati e gli
emarginati, Gesù chiama a sé gli indegni). Per una comunità di ragazzi
le azioni sono certamente il linguaggio più comprensibile. Abbiamo perciò pensato che la testimonianza
all’Evangelo dovesse partire soprattutto dall’azione. Abbiamo pensato che
dovremmo spingere i ragazzi e le bambine dei nostri Istituti ad essere comunità non chiuse in se stesse, ma
aperte verso l’ambiente circostante. Ai
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMinimiiiiiiiiimmiiimmni
PRO ULIVETO
Doni in memoria del Dr. Arnaldo
Eynard:
Odette Balmas L. 10.000; Juliette Balmas
5,000; Elena Pascal 10.000; Angela Cavigliene Pagliano 10.000; Margherita Jalla 5.000;
N. N. 100.000; Un gruppo di amici del compianto Dr. Eynard di Pinerolo 50.000.
A tutti un vivo ringraziamento.
ragazzi del Gouid, p. es., che si trovano in un quartiere popolare, S. Frediano, abbiamo indicato la realtà circostante; molti bambini del quartiere non hanno im bel giardino come i
gouldini, non hanno la possibilità di
vedere dei films istruttivi e interessanti come i gouldini, non hanno la
possibilità di occuparsi di fotografia o
di ceramica o altro come i gouldini;
perché non invitare i bambini del
quartiere nel limite del possibile a
compartecipare a tutto questo? E poi
ci sono nel quartiere molti bambini
spastici e handicappati che hanno bisogno di molta amicizia. I ragazzi più
grandi saranno interessati ad altri
problemi; le case malsane di S. Frediano, la mancanza di luoghi adatti
dove i giovani del quartiere possano
ritrovarsi, la mancanza di asili per
bambini, i problemi degli artigiani,
numerosi nel quartiere ecc. Da questi
fatti concreti e percepibili il discorso
si allarga e riconduce all’Evangelo, all’amore di Dio per ogni creatura in
Cristo e al nostro impegno per gli altri, se crediamo a questo amore. Certo è un cammino difficile che ci impegna tutti i giorni; talvolta noi stes
si non vediamo chiaro dinnanzi a noi,
forse anche sbagliamo, tuttavia siamo
convinti di cercare di compiere in questo modo la nostra vocazione di Istituti che si chiamano « evangelici ». Rimaniamo perciò sconcertati quando da
parte di fratelli e sorelle nella fede ci
viene detto che nei nostri Istituti non
c’è una impostazione evangelica, solo
perché non ci sono certe forme tradizionali; e siamo ancora più stupiti ed
anche profondamente amareggiati
quando personalità del mondo evangelico, impegnate nel campo della istruzione e della cultura parlano dei nostri Istituti come se fossero del tutto
« secolarizzati ». Pensiamo che troppo
spesso si parla senza conoscere le cose, ma per sentito dire; oppure si deve concludere che c’è poca comprensione sia per il mondo in cui viviamo
e particolarmente per la sensibilità caratteristica che hanno le giovani generazioni che in questo mondo vivono.
Ci rallegriamo perciò che si sia deciso di dedicare uno spazio particolare del prossimo Sinodo per trattare il
problema dei minori in generale e quello degli Istituti in particolare. Siamo
certi che molti malintesi potranno essere eliminati, che molto potremmo
acquistare da una franca discussione
e dal comparare l’esperienza degli uni
e degli altri. Nel frattempo poniamo
i nostri Istituti all’attenzione e alla intercessione fraterna perché il nostro
compito è arduo e delicato.
Le Giunte del Ferretti
e del Gouid
TRIESTE
radiografia di una chiesa
La Casa Ualdese
vi ospita anche
di Vaiiecrosia
d’inverno
Or sono due anni la Casa di Vaiiecrosia ha esteso la propria attività anche al periodo invernale, nel convincimento di venire in tal modo incontro
alle esigenze di un sempre maggior numero di persone desiderose di trascorrere un periodo invernale di riposo,
vacanza o convalescenza in un clima
marino assai mite qual è il nostro, in
questa bella zona della Riviera dei fiori. Nei passati due inverni il nostro
impegno si era svolto principalmente
nell’accogliere gruppi organizzati di
persone anziane provenienti prevalentemente dalla Val Pellice. È nostro
desiderio dare quest’anno maggiore impulso alla nostra attività offrendo a
singoli, coniugi e famiglie evangeliche
analoga possibilità di soggiorno.
Segnaliamo che se verrà raggiunto
un minimo di 20 richieste, inizieremo
l’attività a partire da martedì 7 gennaio 1975.
La quota giornaliera di soggiorno è
fissata in L. 3.500 complessive; per soggiorni di 15 giorni la quota complessiva è fissata in L. 50.000. Tali quote
comprendono vitto, alloggio, riscaldamento ed acqua corrente calda e fredda nelle stanze.
Teniamo a far presente gli aspetti
particolari di vita comunitaria della
Casa, i suoi stretti rapporti con la Comunità valdese locale, la possibilità di
frequentare i culti domenicali, studi
biblici e tutte le normali attività di
Chiesa.
Per ulteriori informazioni e delucidazioni scrivere o telefonare a; Casa
Valdese per la gioventù - Via Col. Aprosio, 255 - 18019 Vaiiecrosia (IM) - Tel.
0184/21.283.
iiiiiiiiiiinnmiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!iiiiiiiiiiiiiiiliiiiiii:iiiiiiriiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiitìiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
NOTIZIE DA PACHINO
Chiedere, bussare, cercare. Abbiamo
chiesto a Dio di esaudire le nostre preghiere, abbiamo bussato alla sua porta divina perché aprisse alle comprensioni i nostri cuori, abbiamo cercato
con intenso ardore la pace, l’amore reciproco, il trionfo della chiesa di Pachino che per anni ha subito un vero
martirio. Dio, nella sua infinita misericordia ha esaudito le nostre fervide
preghiere. Lodiamo Dio e continuiamo
ad amarlo, servirlo, temerlo.
Domenica 20 ottobre è stato per noi
una vera gioia cristiana e segneremo
nei nostri cuori a lettere d’oro questa
data. Il pastore Paschiù ha insediato
il nuovo pastore Bonnes nella chiesa
di Pachino. Il testo del Sermone sulla
« Conciliazione » è stato di una chiarezza meravigliosa.
Il linguaggio sereno, fiorito è stato
come un continuo profumato cogliere
dei fiori profumanti. Ogni cuore era
commosso, attratto dai meravigliosi
consigli. Il pastore Bonnes dopo aver
giurato fedeltà alla promessa, ha continuato sulla conciliazione e ha pregato per il pastore Sergio Ribet affinché
lavori con gioia nella sua nuova chiesa di Torino e ha pregato per il pastore Giambarresi che è ancora in cura ma che sta molto meglio. Chiediamo a Dio di mantenere le nostre promesse.
La chiesa di Pachino ha salutato il
pastore Ribet con una serata trascorsa con i fratelli metodisti di Scicli
che benché fosse una serata di pioggia, vento imperterriti sono venuti.
Una serata meravigliosa, un’agape fraterna. Le bambine della Scuola Domenicale hanno voluto salutare il pastore Ribet con una gioiosa festicciola.
Bozzetti, canto « Le farfalle », versetti e promesse. Infine una danza classica con la musica di « Mazurca di periferia ».
Al caro pastore Ribet, duramente
provato da incomprensioni, auguriamo buon lavoro a Torino e tutte le
benedizioni e le soddisfazioni pastorali che qui a Pachino non ebbe.
Inviamo particolari auguri di pronta guarigione al pastore Giambarresi
perché torni presto al suo lavoro con
il vigore e la infaticabile voglia di lavorare per Cristo.
Da Pachino, la nostra cara Pachino
a tutti i pastori che hanno lavorato
in questa chiesa buon lavoro e buon
riposo ai pastori emeriti. Pastore Bertin, suona ancora il suo violino? Venga qualche volta e suoni per noi di
Pachino.
Un lutto grave ha colpito la comunità. È morto per una caduta dal tetto, mentre lavorava, un caro catecumeno della chiesa di Pachino: Barone
Giovanni, marito di Maria Natalino.
I Natalino sono molti e tutti membri
della nostra chiesa. Il funerale è stato
sentito dagli amici di lui e dalle amiche
di lei. Il sermone del pastore Bonnes
è stato un inno alla vita eterna tratto
dal miracolo di Gesù « Risurrezione
del giovane di Nain ». Parole dolci da
far piangere e fare riflettere i credenti e non ferventi. Alla famiglia Barone
e ai Natalino il nostro affetto cristiano.
Ester Trobia
San Germano
Chisone
* Il culto di domenica 3 novembre è
stato presieduto da un gruppo di giovani della chiesa dei Chiotti. Siamo assai riconoscenti di pensare che questi
amici hanno così potuto portare il loro apprezzato contributo anche nel
quadro della comunità di San Germano. Pensiamo con riconoscenza a loro,
al pastore Cipriano Tourn che li ha
avviati a questo servizio ed alla Sig.a
Tourn che li ha accompagnati in questa « trasferta ».
Nel corso del culto la Corale ha contribuito validamente a lanciare un inno poco conosciuto del nostro innario,
cosa che farà regolarmente ogni prima
domenica del mese. Il pastore Conte
era assente, avendo accompagnnato
con un gruppo di professori e del Comitato del Collegio il Coretto, che ha
dato una serata vivamente apprezzata
nella « casa di Calvino », centro di attività di una comunità evangelica bernese. Ma di questo il nostro giornale
parlerà più diffusamente in altra occasione. Abbiamo rivisto con piacere l’amico pastore Blaser e due infermiere
che hanno lavorato nel nostro ospedale di Torre Pellice.
* Alle famiglie Vinçon e Bouchard,
duramente provate dalla scomparsa
della nostra sorella Gemina Vinçon,
nata Bouchard ed alla famiglia Jahier,
che ha dovuto separarsi dalla sorella
Anna Jahier, ospite della nostra Casa
di Riposo, ricordiamo la nostra fedele
intercessione e la nostra comune fede
nel Signore nel quale « non abbiamo
creduto per questa vita soltanto ». Quest’ultimo funerale è stato presieduto
dal pastore Teofilo Pons.
Giovanni Conte
Abbiamo posto sette domande ai
membri di chiesa. Si è trattato di domande di estrema semplicità. I,,e abbiamo considerate come un mézzo per
avere un tempo di riflessione e ricevere dei suggerimenti dalla base. Le risposte sono state 38.
Il questionario era libero ed anonimo. Tentiamo ora di fare la sintesi del
materiale in nostro possesso.
DATI PERSONALI
Hanno risposto 11 uomini e 27 donne. C’è stata dunque una netta predominanza dell’elemento femminile. Alcuni non hanno precisato la loro età.
Risulta comunque, dai dati in nostro
possesso che l’età media, tanto degli
uomini quanto delle donne, si aggira
sui 60 anni. Una Comunità che, nella
sua parte impegnata si avvia rapidamente verso la vecchiaia. Infatti 13 persone hanno 70 e più anni e la decana
ne conta ben 92.
IL CULTO
25 dichiarano di frequentare il culto e
11 no. Sono adotte ragioni di famiglia,
non meglio precisate, invalidità, malattia, vecchiaia. La nostra decana (92 anni) dichiara di non poter più condurre
« una vita normale ». Altri sono sportivi,
hanno delle difficoltà perchè la comparte non è evangelica (matrimoni misti),
altri abitano lontano ed un uomo di 74
anni rivela la sua « pigrizia » perché dovrebbe fare 213 scalini ed 11 chilometri
di strada!
VITA COMUNITARIA
Abbiamo istituito, un anno fa, il « dopoculto ». Si tratta di trascorrere insieme un’ora con un programma o senza
programma prestabilito intorno ad una
tazza di caffè. È quello il momento nel
quale entriamo in contatto gli uni con
gli altri e la nostra Comunità, composta
per lo più da individui isolati, incomincia a creare dei vincoli di amicizia, di
fraternità fra i frequentatori del culto.
I nostri membri di chiesa provengono
da estrazioni sociali diverse, ed abbiamo quindi un bel programma da realizzare che è stato compreso ed evidenziato con 34 voti positivi.
I concerti hanno avuto un’eco fortemente positiva ed anche se richiedono
un certo impegno, permettono di allargare la cerchia delle nostre amicizie con
gli evangelici delle altre chiese ed i simpatizzanti che sostengono, con la loro
presenza, questa nostra attività.
CHIESA E SOCIETÀ’
Per quanto riguarda l’impegno politico della chiesa le risposte sono nettamente contrarie: 23 no e 10 si. È interessante notare che anche coloro che sono favorevoli che la chiesa si occupi di
politica ne hanno precisato la portata
nel modo seguente: partecipare a tutti
i problemi del nostro tempo come singoli individui e non come chiesa. Questa
partecipazione deve sempre essere orientata dalla parola di Dio. Oppure
si afferma che la chiesa può occuparsi
di problemi politici, ma non deve mai
formulare una risposta su di essi in
termini politici, ovvero si può fare della politica ma non partitica. La funzi(>
ne della chiesa è quella dì una sentinella che ha una missione precisa e
che indica agli uomini di un dato tempo la via che conduce al regno di Dio.
ECUMENISMO
I contatti con le altre chiese evangeliche datano da molti anni, appartengano o meno alla federazione delle
chiese. Le risposte ci incoraggiano a
proseguire la nostra attività anche in
questo senso. Siamo anche esortati a
stabilire dei rapporti con il cattolicesimo ed a evangelizzare.
CONTRIBUZIONI
Soltanto due persone non hanno dato una risposta mentre 36 dichiarano
di contribuire per la chiesa. Ci si rende conto che la chiesa, per essere libera, deve vivere unicamente per mezzo
delle offerte dei credenti.
FORMAZIONE EVANGELICA
29 fratelli dichiarano di leggere la
Bibbia. Uno dichiara che la legge due
volte al giorno, un altro confessa dì
leggerla poco, 4 dichiarano di non leggerla mai e 5 non hanno risposto. Alcuni dichiarano di servirsi del Cenacolo con meditazioni quotidiane. 18 sono
abbonati ad un giornale evangelico e
gli altri no. Ci sembra che la formazione evangelica, anche nella parte della
Comunità che ci sembra più impegnata, lasci a desiderare.
LA FUNZIONE DELLA CHIESA
E SUGGERIMENTI VARI
Non sono formulate delle critiche
all’attività della chiesa ed alle sue
strutture. Una risposta dice: Ritengo
che, come vanno le cose, vada già bene. Un’altra: mi sembra che si faccia
tutto nel migliore dei modi. Alcuni però ci esortano a preoccuparci dell’evangelizzazione cioè della testimonianza
che i credenti devono rendere al mondo. Alcuni rivolgono un appello speciale ai giovani: bisogna chiedere il perché a quelli che si sono allontanati. Invogliare i giovani con gite e trattenimenti. Richiedere a tutti i giovani una
maggiore collaborazione ed un _ maggiore impegno, anche nelle piccole
cose.
C’è anche chi suggerisce maggiori
contatti con le famiglie dei bambini
della scuola domenicale e dei catecumeni.
Viene suggerito di organizzare gite
e trattenimenti, gare sportive, conferenze varie e corsi biblici. Si tratta per
lo più di singoli che vorrebbero veder
rifiorire la nostra Comunità. La conclusione più valida a cui possiamo
giimgere, dopo Io spoglio di queste 38
schede che contengono i vari pareri
sull’opera che viene svolta, ci è suggerita da una donna dell’età di 72 anni.
Alla richiesta di suggerimenti perché
l’opera della chiesa sia più efficace risponde con umiltà: « Non lo so proprio. Non resta che pregare il Signore
affinché mandi il suo Spirito sulla ter
si sta ora svolgendo, il mercoledì sera, una serie di riunioni su « la prima
Riforma », per quel che riguarda il movimento valdese medioevale: dal 23 ottobre al 4 dicembre si percorrono le
tappe della sua storia; e parallelamente si cura la diffusione della « Storia
dei Valdesi » pubblicata dalla Claudiana.
La sala di lettura, al pianterreno dei
nostri locali, è in ordine, arredata con
gusto; la biblioteca circolante fa i primi passi, mentre il deposito librario
(5laudiana è curato da Ingrid Signore.
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Villar Perosa
Nozze. - Il 19 ottobre abbiamo unito
in matrimonio due giovani della nostra comunità: Marcello Pons e Loretta Giordan, figli di due membri del nostro Concistoro, originari entrambi di
Angrogna, ma residenti a Villar Perosa. Uno dei fratelli dello sposo ha fatto il suo esordio all’organo.
A questi cari giovtmi rinnoviamo
l’augurio di una vita serena nella benedizione del Signore.
Dipartenza. - Il 29 ottobre la nostra
decana Rachel Costantino ved. Justet
ci ha lasciati nel suo 87“ anno.
Essa aveva avuto una numerosa famiglia che aveva allevato nella sua alpestre casetta alla Novarea nei duri
anni della guerra. Era una credente e
leggeva ancora quotidianamente la sua
Bibbia.
Il servizio funebre ha avuto inizio
all’ospedale di Pomaretto ed ha proseguito nel nostro tempio dinanzi ad
una numerosa assemblea.
Il pastore ha espresso la simpatia
del pastore Enrico Tron, impossibilitato a venire di persona per motivi di
salute, che era sempre stato particolarmente vicino a questa sua isolata
parrocchiana nei momenti difficili della sua vita.
L’ultima parte delle esequie ha avuto luogo alle Chenevières.
Esprimiamo la nostra cristiana simpatia ai figli: Igino, che compiva 65
anni nella stessa ora in cui sua madre
spirava. Luigi, Tenero, col quale conviveva, e Erica presso la quale ha trascorso gli ultimi mesi.
Commoventi le cure e l’affetto coi
quali essi hanno circondato la loro cara, vegliando a turno giorno e notte
per settimane al suo capezzale.
Enrico Geymet
LAURA JERVIS
Ad un anno di distanza dalla morte
della nostra amica Laura Jervis, « nostra » in quanto lo era di tutti noi che
l’abbiamo conosciuta, vorrei richiamarne la personalità usando le stesse parole con cui un lettore a firma G. M.
la ricordava nelTEco-Luce del 23 novembre 1973.
« Laura Jervis è partita da noi con
molta discrezione, come con molta discrezione è vissuta. Serena, sorridente,
efficiente, sia quando cantava a un
Quindici Agosto, o saliva sulla montagna durante un rastrellamento per salvare la vita di un partigiano, o girava
in bicicletta per visitare i suoi malati,
o stava vicino ad un'amica che aveva
bisogno di aiuto.
Con la stessa discrezione la vogliamo
ricordare ».
Null’altro vi è da aggiungere perché
G. M. ha saputo cogliere e indicare le
qualità essenziali della nostra amica
che ricordiamo con tanta simpatia e
nostalgia. Liliana Ribet
« Io so in Chi ho creduto »
(2 Timoteo 1; 12).
Il Signore ha richiamato a sé il 30
ottobre scorso, all’età di 90 anni, la
nostra cara
Alice Peter nata Romano
Addolorati ne danno l’annuncio la
figlia Elisabetta col marito Ferruccio
Avondetto e le figlie Elena e Laura con
John e Ricky.
La famiglia ringrazia commossa i signori Medici, la Direzione ed il Personale dell’Ospedale Valdese di Torre
Pellice, che si sono prodigati nell’assistere la sua congiunta durante la degenza, ringrazia pure in modo particolare tutte le persone che l’hanno circondata di cure e di affetto in questi
ultimi suoi anni, e tutti coloro che
hanno voluto renderle l’estremo saluto.
Torre Pellice, 2 novembre 1974.
8
r
pag. 8
I NOSTRI GIORNI
N. 44 — 8 novembre 1974
UN ARTICOLO DE « IL MANIFESTO »
Gli ebrei in URSS
Con alate parole, il senatore Jackson
hs annunciato il ritiro del suo emendamento sul Trade Bill, come una vittoria della crociata in favore degli
ebrei in Urss: « Abbiamo ottenuto la
benedizione della libertà per questa
brava gente che non chiede altro che
di vivere in pace in un nuovo paese».
La stampa condivide in genere questo entusiasmo: finalmente una breccia è aperta nel sistema sovietico, se
Breznev ha ceduto oggi sugli ebrei, domani dovrà cedere su maggiori libertà
per tutti i cittadini sovietici. Obiettivo
non solo « democratico »: chiunque
abbia a cuore la riattivazione di una
dialettica politica nella società sovietira sa che essa è bloccata anche dalla
difficolta di movimento interno ed
estero, e dagli aspetti acuti e degenerativi assunti dalla questione delle nazionalità.
Tuttavia, quando si vada a vedere
da vicino, ci si accorge che la vittoria
del senatore Jackson non ha niente in
comune con un trionfo della libertà. È
niente di più che un mercato, nel quale
una quota di ebrei rappresenta la merce di scambio, e che non risolverà né i
problemi reali degli ebrei in Urss né
quelli di una nuova mobilità della società sovietica.
Lasciamo da parte, in questa sede
la stona degli ebrei in Russia, il grande momento dell’integrazione della élite intellettuale e politica nell’ottobre,
la lotta condotta dalla giovane rivoluzione contro la vecchia piaga dell’antisemitismo, il riflusso della fase staliniana poco prima e durante la guerra
la deliberata sollecitazione dell’antisemitismo durante la guerra fredda. Basti dire, che, oggi come oggi, verso gli
ebrei lo stato sovietico si conduce in
modo non solo discriminatorio, ma incoerente. Essi costituiscono circa Tl,l
per cento della popolazione (in totale
2 milioni e mezzo, fortemente concentrati nelle grandi città, 600 mila solo a
Mosca e quasi 400 mila a Leningrado).
Il 25% di loro dichiara lo yiddish come
lingua materna. In linea di principio
sono dunque una minoranza nazionale
come le altre ma, ^ diversamente dalle
altre, non hanno diritto ad avere né
scuole nella propria lingua, né libri, né
giornali, né teatro. Come se il regime
mirasse ad assimilarli, separandoli
dalla tradizione culturale. Ma no. Li
obbliga a dichiararsi di «nazionalità
ebrea » su tutti i documenti. Non solo,
ma più di altri li discrimina in una serie di direzioni; precluse agli ebrei sono gran parte delle carriere di stato, e
sono assolutamente sottorappresentati
nella sfera politica.
La contemporanea impossibilità di
esistere come nazionalità o di integrarsi davvero ha portato dunque la comunità ebrea a un disagio intollerabile.
Parte di esso si è tradotto in ripiego
nella religione, nella coltivazione della
sola possibile speranza, partire, ritrovare la terra promessa. Ma non tutto:
una parte rilevante d^li ebrei, memore della propria tradizione politica in
Russia, ha provato con gH inizi della
destalinizzazione, a cambiare la propria
condizione attraverso una nuova politicizzazione dell’intera società sovietica.
Sono stati sovente la forza portante di
quel movimento o speranza, per quanto limitato e incerto, di « opposizione
democratica » che finora è espresso
dalla intellighenzia per la buona ragione che è la sola a cui è possibile, a proprio rischio, in qualche modo, farsi
sentire. In essa gli ebrei, quasi assenti
dal corpo dello stato, sono invece presenti in forza: sono di origine ebrea il
15% dei medici, il 10,4% degli avvocati,
l’8% degli scienziati, degli scrittori,
della gente d’arte o di teatro. Alcuni,
pochi eletti, sono coccolati dal regime;
la maggior parte da Siniavski a Pavel
Litvinov si schiera in quel persistente
e ineliminabile dibattito che dà al regime il più grande fastidio.
Tanto che, a partire dal settembre
1968, un mese dopo l’invasione della
Cecoslovacchia, alcuni dei più noti di
loro sono stati convocati dalle autorità e si sono sentiti dire che, se avessero richiesto il visto, sarebbe stato loro
concesso. La cosa parve sorprendente,
in Urss e fuori; era un anno dalla rot
Un film
deWUnesco
nelVAnno
mondiale
della popolazione
« Abolire il caso »?
Nel 1650 c’erano circa 550 milioni di abitanti nel mondo. Attualmente sono oltre 3
miliardi e mezzo. E alla fine del secolo si prevede che la popolazione sarà raddoppiata. A
questo problema e in particolare alla crisi demografica nel sud-est asiatico è dedicato un
film televisivo a colori « Abolire il caso »,
prodotto dairUNESCO in occasione dell’Anno mondiale della popolazione.
tura delle relazioni diplomatiche con
Israele. Eppure una ragione c’era. Pochi mesi prima, il governo polacco,
preoccupato per il risorgere di un fermento nella sua propria società —
specie fra studenti e professori — aveva benevolmente spedito i più intelligenti e irrequieti alTestero. Il sistema
aveva funzionato.
Ora rUrss provava la stessa tecnica,
ma con molteplici obiettivi: liberalizzare parzialmente l’emigrazione ebrea,
dividendo la comunità ebraica e privandola di coloro che potevano dirigerne le aspirazioni; riaccendere l’anti-semitismo attraverso la concessione a
una parte minima della popolazione di
privilegi negati ad altre minoranze;
Armi e affari
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 - 8/7/1960
I È in corso da mesi una gara a fondo,
nell’ambito dei paesi della NATO, fra i
costruttori statunitensi dell’YF 17 Cobra e i
costruttori francesi del Mirage FI M53 Dassault-Bréguet, per la sostituzione dei vecchi
caccia Lockheed F104 Starfighter. È in gioco
nella conquista delle forniture, un giro di affari di almeno 2.700 miliardi di lire subito
e di 20.000 miliardi di lire entro il 1990,
tenendo conto dei ricambi, della manutenzione etc. Per la Francia, dopo il fallimento del
Concorde, può essere in gioco la sopravvivenza stessa dell’industria aeronautica nazionale.
Stroncare in partenza le rivendicazioni
degli ebrei che decidono di restare ma
con un recupero della propria cultura
e una integrazione sociale effettiva. Cerne tutte le scelte che in qualche modo
riflettono una visione razzista, questa
in favore di una quota di ebrei è una
scelta che divide la popolazione, la sollecita a un dibattito a basso livello, la
storna dai problemi reali e ne ritarda
la politicizzazione autentica.
Iri questo, Breznev trova la sua convenienza come il senatore Jackson. Né
l’uno né l’altro sono intenti a raddrizzare un’ingiustizia. Jackson mira a una
eventuale candidatura alla presidenza
nel 1976, e ha scelto di appoggiarsi alla potente comunità ebraica americana, che dal 1968 in poi fa della questione dell’emigrazione ebraica il suo
cavallo di battaglia preferito. Sotto la
sua pressione il governo dell’Urss aveva già dovuto rinunciare alle tasse che
aveva imposto (come rimborso della
spesa sostenuta dallo stato per la loro
formazione) su ogni emigrato.
Da parte sovietica, grazie a queste
liste di emigrati, selezionati dalla Kgb,
si ottengono due piccioni con una fava, la clausola della nazione più favorita e la riduzione di un polo di irrequietezza sociale.
Insomma l’ambizione elettorale di
Jackson, gli interessi bilaterali del
commercio americano e sovietico in
vista del prossimo « Ford round » del
Gatt a Tokio, le vecchie tecniche di divisione e di « ordine » interno nell’Urss:
ONU; un progeno cootro lo guerra meteorologica
L’Ambasciatore sovietico all’ONU,
Jacob Malik, ha presentato un progetto di convenzione per bandire la guerra meteorologica. Egli ha detto che
l’uso di questa arma, che influisce sui
fattori ambientali, potrebbe, se condotta all’eccesso, provocare alte maree
artificiali, far sciogliere i ghiacci del
Polo Nord e provocare-danni irreparabili nell’ozonosfera.
Malik ha detto che le Nazioni Unite
dovrebbero inviare questa convenzione
alla Commissione di Ginevra per il disarmo perché venga elaborata nella
sua forma definitiva.
La risoluzione era stata patrocinata
da URSS, Polonia, Germania Orientale,
Cecoslovacchia, Bulgaria, Mongolia!
Kenya, Siria, Irak, Afganistan e Barbados.
Gli Stati Uniti non si erano imiti nel
patrocinio, ma il delegato americano,
il senatore Stuart Symigton, democra
tico del Missouri, aveva definito l’intervento di Malik « una magnifica dichiarazione ».
La Convenzione proposta impegnerebbe i Governi aderenti a « non usare
mezzi metorologici, geofìsici e ogni altro mezzo scientifico o tecnologico che
possa influenzare l'ambiente, inclusi la
meteorologia e il clima, per fini militari ».
Il progetto prevede la proibizione assoluta della pioggia artificiale ad uso
militare.
Malik, nella sua esposizione, ha citato dati del Pentagono da cui si ricava
che la pioggia artificialmente ottenuta
nel Vietnam dagli americani ha provocato un aumento del 30% nelle precipitazioni registrate in alcune regioni di
quel Paese, con conseguenze catastrofiche per l’ambiente: allagamenti, frane,
smottamenti, distruzioni di strade e
proprietà, dighe e ponti.
Quel che non c’insegnano sulla ’’grande guerra”
Il voÉ arrimie della geerra
questi sono i fattori che hanno giocato
nella recente decisione. La libertà, per
non parlare del socialismo, non c’entra per niente, anzi.
K. S. Karol
{da “Il Manifesto", 20.10.’74)
nor(d - sud - est - ovest
■ La Commissione politica deU’Assemblea
generale dell’ONU ha approvato una convenzione sulla registrazione degli oggetti lanciati nello spazio extra-atmosferico. Il nuovo
accordo prevede la registrazione degli oggetti
spaziali presso la segreteria generale dell’ONU,
per facilitare l’identificazione e il controllo di
satelliti, navi spaziali e stazioni orbitanti, approfondendo le norme di diritto internazionale
già convenute per regolare la nuova materia.
sali di corruzione e di essere un peso economico per il popolo.
I In Argentina, con l’uccisione del capo
della polizia A. Villar, da parte dei Montoneros (guerriglieri di sinistra), salgono a
oltre 130 gli uccisi per motivi politici da
quando Isabelita Perón ha assunto la presidenza. Gli assassini sono stati compiuti da
forze di destra e di sinistra, rispondendosi ferocemente a vicenda.
H II nuovo governo militare etiopico sta
cercando di rafforzare la sua politica
estera di buon vicinato con i paesi confinanti
e con quelli arabi di orientamento in qualche modo socialista : delegazioni di ’’buona
volontà” si sono recate in Egitto, nel Sudan,
nel Kenya e nella Somalia. La giunta militare etiopica finora è stata riconosciuta solo
da Londra e da Mosca; il gen. Andom, che
presiede, ha dichiarato : « Per ora non sollecitiamo alcun riconoscimento in quanto il paese è sotto controllo militare »; sicché le delegazioni sembrano indicare la ricerca di una
più stretta collaborazione con i paesi arabi
’’socialisti”. Una delegazione libica è stata ad
Addis Abeba due volte, nell’ultimo mese; la
seconda volta ha donato un milione di dollari a favore delle vittime etiopiche della siccità.
■ In Uruguay è stato scarcerato e posto in
libertà vigilata il gen. L. Seregni, candidato democratico del Frente Amplio alle elezioni del 1971, agli arresti dal luglio ’73.
■ Nelle Filippine settentrionali il tifone
« Eiaine » ha devastato vaste zone : danni ingenti, morti e almeno seicetomila senzatetto, questi i primi^dati, destinati a salire.
Subito dopo un altro tifone ha colpito la parte meridionale dell’isola Luzon : nella regione a nord di Manila il 70% delle abitazioni
sarebbe distrutto.
■ Nel giro di due giorni la polizia thailandese ha sequestrato a due carovane carichi
di quasi due tonnellate e mezzo di oppio, lungo
la clandestina « via dell’oppio ».
■ La giunta militare etiopica ha sciolto e
abolito i consigli municipali di Addis Abeba e delle quattordici capitali provinciali, motivando la misura con l’illegalità dell’elezione
degli organi amministrativi municipali aecu
■ L’Istituto sismologico svedese a Uppsala
ha registrato un’esplosione nucleare sotterranea di media potenza (grado 6,7 della
scala Richter) avvenuto nel poligono nucleare sovietico della Novaja Zemlja, sul Mar
Bianco.
L’aspetto forse più angoscioso ed
amaro della nostra « grande guerra »
fu probabilmente la ferrea e disumana durezza con la quale, almeno sino a
Caporetto, il comando represse ogni
modesto tentativo di indisciplina tra
le truppe, sistema che doveva trovare
una attenuazione, se non proprio la fine, dopo che Cadorna e i generali che
la pensavano come lui furono allontanati dalle loro cariche e sostituiti da
ufficiali che meglio si rendevano conto dello spaventoso logorio fisico e
mentale al quale era stato assoggettato l’esercito, tenuto costantemente
sotto la pressione delle fucilazioni e
delle decimazioni. Nessuno di noi oggi
accetterebbe le estreme conseguenze
di quella disumana disciplina che troppo spesso condusse gli innocenti davanti ai plotoni di esecuzione.
Questa è pagina difficile da riaprire,
poiché nessun documento ufficiale è
stato mai pubblicato. Sono note soltanto le tre lettere, e relativi allegati,
che Cadorna inviò al governo l’8 giugno, il 13 giugno, e il 18 agosto 1917,
nelle quali dava sommariamente conto del « morale » dell’esercito, sottolineando il fatto che si erano dovute
operare gravi repressioni tra i militari rientranti dalle licenze. Nel mese
di maggio del 1917, comunicava Cadorna, si erano dovuti fucilare 111 tra
soldati e ufficiali, senza contare le esecuzioni immediate. Il 16 luglio, in seguito ad una sedizione presso alcune
brigate in procinto di essere inviate al
fronte si erano fucilati sommariamente 28 soldati e altri 123 erano stati denunciati al tribunale di guerra le cui
sentenze non erano affatto diverse da
quelle sommarie in linea. Ma poiché
con il tempo, questi « esempi » perdevano la loro efficacia, si era estesa la
pena della fucilazione anche alle truppe delle retrovie, benché non fossero
in presenza del nemico.
La situazione era tale che il deputa
UNA
LIBERALIZZAZIONE SOLO
APPARENTE
« La Francia è il
Echi della settimana
it Da « L’Espresso » del 27.10.’74 riportiamo la prima
parte dell’articolo di testa (siglato G.
C.) intitolato: « La libertà: quanti chili
di grano vale? ».
« “Se potessimo nutrire tutti a sazietà, vestire tutti a buon mercato, alloggiare tutti come si deve, non ce ne
importerebbe nulla dei quadri astratti; potremmo anche appenderli nelle
piazze. Purtroppo non siamo in grado
di fare né luna cosa né l’altra”. Così
si esprimeva Agiubei, il genero di Kruscev, discutendo col corrispondente
delVUnità" a Mosca, Giuseppe Boffa,
dei fermenti e delle inquietudini che
cominciavano a percorrere l'URSS. Era
il 1963. Sono trascorsi più di dieci anni
da quell'avvenimento e l’equazione “un
po’ di pane in cambio di una porzione
di liberalizzazione" sembra ancora il
metodo di governo che ispira la seconda superpotenza del mondo ».
Incidentalmente vogliamo ricordare
che fu proprio Kruscev ad adirarsi, a
quel tempo, contro una mostra di quadri astratti. Ed ecco che, poche settimane fa, il fatto singolare s’è ripetuto a Mosca: l’intolleranza delle autorità costituite, nei confronti d’una mostra di quadri astratti! Siamo convinti che una tale ripetizione non è affatto casuale, ma risponde ad una profonda motivazione di coscienza.
L’articolo così continua:
« Alcuni giorni fa i capi del Cremlino hanno perfezionato l’affare più
singolare che sia mai stato messo in
cantiere nella storia della diplomazia
mondiale. Breznev s’impegna a concedere ogni anno il permesso d’esvatrio
a sessantamila suoi sudditi ebrei e Gerald Ford, da parte sua, regala con
gesto grazioso all’URSS la tanto a lungo sospirata clausola della nazione più
favorita (facilitazioni commerciali,
crediti a basso tasso d’interesse della
Eximbank, ecc.). Che significa questo?
a cura di Tullio Viola
come in quella di Kruscev, è l’economia che determina la condotta della
politica internazionale, influenza i rapporti tra i vari gruppi di potere, condiziona la libertà d’azione dei massimi dirigenti del partito. Se Ford o Harold Wilson possono sopravvivere alle
crisi congiunturali o alle crisi monetarie, nell’URSS avviene quasi sempre il
contrario. A decidere la sorte di Kruscev non furono solo gli errori commessi durante la crisi dei missili a Cuba o la rottura con la Cina di Mao, ma
soprattutto la crisi di sfiducia per gli
insuccessi economici: il rallentamento
del tasso di sviluppo, il disordine nell’agricoltura, l’inflazione, il malcontento degli operai, la delusione per la
mancata promessa di poter un giorno
avvicinare il tenore di vita del cittadino di Mosca agli standard occidentali.
La morale che si ricava da questa
storia è che solo i rapporti di forza tra
i potenti della terra in materia di affari, possono allargare le maglie dell’autoritarismo sovietico in materia di libertà umane. La concessione di un visto d’espatrio non è il risultato di una
lenta “liberalizzazione” del regime, ma
piuttosto la logica conseguenza di una
pressione esterna. Sessantamila ebrei
in cambio di milioni di tonnellate di
grano, di brevetti industriali, di prestiti ».
Il senso di questo discorso evidentemente corre a livello di semplice conprettura: ma è una congettura convincente, che gioverà tener presente nel
seguire lo svolgersi della politica sovietica negli anni a venire.
paese che attualmente esporta il
maggior numero di
armi nel Terzo
mondo e il salone
di Parigi non fa che
ufficializzare un’immagine già nota a tutti i “mercanti
della morte". Quali sono i paesi più
attenti a questo tipo di commercio? In
primo luogo la Libia e la Cina comunista, interessata oltre che ai nuovi Mirage e carri armati, anche all’addestramento che i francesi forniscono gratuitamente agli acquirenti e che si svolge a Casaux, a Salón - de - Provence e
a Tarbes. Subito dopo vengono l’Iraq,
11 Pakistan, lo Zaire e addirittura piccoli sceiccati come Abu Dhabi. I prezzi (un sommergibile Minerva costa sei
miliardi e mezzo di lire, un carro armato da 120 a 400 milioni, un Mirage
III quasi due miliardi) sono, secondo
i paesi che si accingono a partecipare
al salone di Parigi, concorrenziali sul
mercato internazionale delle armi ».
La nota associazione cattolica SERMIG ( = « Servizio Missionario Giovani »), sezione di Torino (Via Magenta
12 bis, tei. 53.14.41), ha organizzato nei
giorni scorsi una pubblica protesta
contro questo « Salone », sulla piazza
Carlo Felice (di fronte alla stazione di
Porta Nuova). Alla protesta hanno aderito alcune maestranze di fabbriche di
armi del Piemonte. Le scritte mettevano in rilievo che il denaro speso per
quelle armi, sarebbe sufficiente a salvare le popolazioni (che stanno morendo di fame) dell’India, del Sahel e del
Bangla-D°=b. Ma intanto « la Francia
toglie l’embargo e organizza il “Salo
Coop. Tip. Subalpina ■ Torre Pellice (Torino) Significa che, nell’URSS di Breznev
SALONE DELLE ARMI
A PARIGI
È Stato aperto il 22.10 u. s.:
fiera unica al mondo », esclama
spresso » del 20.10.
« una
« L’E
Notate, fra le altre, le due citazioni seguenti:
1 ) « Non più una preghiera, ma un
ordine dev’esser quello che sale dai
popoli verso i governanti, l’ordine di
scegliere definitivamente tra l’inferno
e la ragione » (A. Camus).
2) «Essi (i popoli) delle loro spade fabbricheranno vomeri d’aratro... »
(Isaia 2: 4).
!o Leonida Bissolati, osservatore del
governo presso il comando supremo,
dovette annotare nel suo diario: Parlo
col capo delle decimazioni, persuadendolo che si possa e si debba arrivare
soltanto alla punizione degli indiziati.
Pareva di aver guadagnato già qualcosa limitando le fucilazioni, non ai colpevoli, ma ai « sospetti ».
Ricordo sempre il racconto di un ex
alpino angrognino che fu testimone
oculare di una decimazione. Una notte
del 1916 nel suo reparto qualcuno sparò contro un sottotenente, ferendolo
gravemente. Non c’era il minimo indizio che permettesse di identificare il
colpevole; allora il comando diede corso alla barbara pena della decimazione. Dieci soldati scelti a caso vennero
fatti fucilare da un plotone di carabinieri, in presenza di tutto il reparto.
Nella memoria visiva di questo ex alpino era rimasta tragicamente impressa la figura di uno dei 10. fucilati, un
ragazzo di 19 anni giunto da poco al
fronte, che piangeva e urlava.
Lo stato maggiore cercava di giustificare l’atrocità di queste pene che
mettevano a morte gli innocenti, adducendo a pretesto il grande numero
di diserzioni. Ma resta da vedere se le
diserzioni non fossero un effetto della
bestiale severità e dei metodi di combattimento, piuttosto che l’inverso. II
141° fanteria per esempio, in tre mesi
aveva perso 4.100 uomini; nel luglio
1917 si ammutinò.
La ribellione era frutto di un martirio incessante, senza alcuna speranza o interruzione. Fu osservato che i
fatti più gravi si verificarono quasi
sempre in quei reparti che avevano
cattivi ufficiali. Primeggia tra tutti il
generale Luigi Capello. A quei tempi
egli pareva a tutti il cervello dell’esercito italiano. Ma Capello era probabilmente diverso da quel che sembrava.
I suoi proclami alle truppe erano un
impasto di volgari ingiurie e di spaventevoli minacce, se i suoi soldati non
avessero conquistato per l’ora tale, le
tali posizioni egli prometteva fucilazioni e pene tremende. Quando la brigata granatieri del IV Corpo gli fece
chiedere di non essere obbligata a scavare le trincee sul terreno dove erano
tumulate a migliaia le vittime della
stessa brigata, il Capello scoprì quasi
nella richiesta, una mascheratura al
desiderio dei soldati di andarsene da
quella posizione molto esposta. Finì
che la disgraziata brigata fu costretta
a scavare le trincee esattamente lì, rivoltando le povere ossa, e vivendovi in
mezzo per più di tre mesi. Il colonnello Boccacci, ufficiale del comando di
Capello, organizzava appostamenti polle retrovie per il taglio dei capoUl obbligatorio. Precluse l’abitato di U^noretto ai soldati in riposo «ì nette a
sollecitare sempre maggiori durezze,
finché fu assalito più volte a fnrilate,
e ricevette dozzine di minacce di morte scritte.
Questa è solo una parte infinitesimale delle tante atrocità e durezze che
al di là di ogni retorica patriottica,
contraddistinsero il volto della Guerra
1915-18; un volto orribile, come quello
di tutte le guerre. Adeichì Ricca
NOTE ECOLOGICHE
B La recente catastrofe di Castellammare
del Golfo ha riproposto in modo drammatico il problema della selvicoltura italiana :
disboscamento, incendi di boschi (non dì rado dolosi, spesso per colpevole disattenzione),
con conseguente degradazione del suolo, da
un lato, e necessità di importazione di legname per un miliardo di lire al giorno, dall’altro. Purtroppo il problema riaffiora essenzialmente in occasione di fatti tragici, poi ricade nella disattenzione generale.
H In un convegno tenuto a Strasburgo dalTorganizzazione sullo studio della situazione idrica in Europa è stata proposta la
creazione di un ente europeo che in comune
gestisca, protegga e risani le risorse di acque
dolci; il bilancio dell’azione internazionale è
ora, al riguardo, negativo.
H In Canada è stato costruito il reattore
nucleare « Candu » : sarebbe il migliore
del mondo, funzionando con una quantità
minima di uranio, senza liberare scorie radioattive.