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Anno 119 - n. 47
2 dicembre 1983
L. 500
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Elio
Sig.
Via caduti Liberta
10066 TORBE BELLICS
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGEUCHE VALDESI E METODISTE
RIFLESSIONI SULLA CRISI DELLA TALCO E GRAFITE
« Noi non moriremo quando
entreremo in guerra. Stiamo già
morendo di riarmo. Muoiono di
riarmo la nostra democrazia e
la nostra libertà, perché corpi
militari a rigida organizzazione
e complessi industriali militarizzati circondati da una rete di segreti e protetti da servizi segreti
sono corpi estranei in una democrazia... » (H. GoUwitzer, 1979).
Curioso che per difenderci dall’ipotetico invasore rosso il nostro governo scelga di sperimentare, qua e là, alcune ricette tipiche deU’ordinamento interno
che tanto si rimprovera al terribile nemico d’oltre cortina, come la limitazione delle libertà
democratiche e Tintimidazione
nei confronti di chiunque pretenda ancora di servirsene per capire la politica militare italiana o
addirittura di opporvisi. Eppure
succede.
Succede che mille cittadini del
tutto inoffensivi e alcuni parlamentari vengano brutalmente pestati, magari senza preavviso,
davanti .ad una costruenda base
per missili nucleari che fanno a
pugni con la costituzione e che
in una di queste occasioni un’intera provincia venga messa in
stato d’assedio, causando le proteste delio stesso sindacato di polizia (Comiso, 8 agosto e 26 settembre; Roma, P.za Montecitorio, 14 novembre); succede —
latto ancor più grave — che lo
stesso Parlamento sia tenuto all’oscuro sui programmi dell’installazione dei Cruise in Sicilia,
concordati tra l’amministrazione Reagan e il governo Craxi;
succede infine che indagare alla
luce del sole su quello che i Russi già sanno, ma gli Italiani non
devono sapere, finisca per comportare automaticamente la terribile e anacronistica (neU’era
dei satelliti) accusa di spionaggio, con tutti i rischi del caso.
L’arresto dei tre giovani « dell’area dell’autonomia» compiuto
alcuni giorni fa dalla Digos ca^ tañese è una montatura delle più ‘
' classiche. Nelle case degli arrestati sono state trovate « armi e
munizioni » (un flobert ad aria
compressa con i suoi piombini)
« documenti concernenti la sicurezza dello Stato » (alcuni schizzi e alcune istantanee deUa base
Nato di Sigonella scattate dall’esterno, che riproducono cioè
quello che è sotto gli occhi di
tutti) e « mezzi di spionaggio »
(macchine fotografiche con «potenti obiettivi»). Roba da ridere, specie se si viene a sapere
che era stata « la Repubblica »,
dopo l’arresto del fotoreporter
incaricato, a chiedere a uno dei
tre una fotografia di SìgoneUa.
A Comiso stessa più di un giornalista ha di recente subito lo
stepo trattamento. Come evangelici impegnati per la pace —
dall’esatta versione dei fatti dell’8 agosto aUa quotidiana attività
del Centro di documentazione e
di iniziative per la pace di Catania — abbiamo sempre cercato
di ricercare e di dire la verità
sulla politica militare del governo italiano. Ci stiamo comportando secondo l’Evangelo o dobbiamo accettare i limiti impostici
dall’esecutivo di Stato?
Bruno Gabrielli
Crisi, iavoro, modelio di sviluppo
Di fronte al disimpegno industriale e alla scarsa considerazione per il futuro di centinaia di
famiglie è necessario porre il lavoro al centro della costruzione di una nuova ipotesi di sviluppo
La vicenda della crisi occupazionale della Talco e Grafite,
che il nostro giornale ha documentato nelle pagine di « cronaca delle valli », non ha ancora
avuto un’eco nazionale sulla
stampa nonostante l’intervento
di numerosi parlamentari, forze
politiche sindacali e religiose. Di
questi tempi la minaccia di 65
licenziamenti non « fa notizia ».
Eppure la storia che stiamo
vivendo nel pinerolese è in qualche modo emblematica della fine di un periodo. Da una parte
abbiamo una famiglia di imprenditori minerari che da circa 70
anni conduce con metodi paternalistici l’azienda e che si è resa conto dell’inadeguatezza di
tali metodi e perciò passa la mano al manager di famiglia con
esperienza di finanza ed entrature politiche, che subito si dà
da fare per far « rendere » l’azienda. Risultato di tutto questo: un progressivo disimpegno
industriale nei « rami ■ secchi »
con una prima chiusura di stabilimenti a Pinerolo (gli « Elettrodi ») e poi una riduzione 'dolce' di personale con tutte le misure possibili (prepensionamenti, cassa integrazione) che colpiscono l'occupazione in tutto il
gruppo, dalle miniere in Sardegna, allo stabilimento di Livorno. a quello Isolantite di Pinerolo, del Malanaggio, di San Sebastiano e alle miniere della Val
Germanasca. Una gestione manageriale che esaurite tutte le
misure dolci passa ora alle mi
sure forti e decide di licenziare
e chiudere alcune produzioni
che definisce « fuori mercato »
per concentrarsi sul « cuore sano » dell’azienda, le miniere di
talco purissimo della Val Germanasca, che andranno rese più
produttive con un piano di ristrutturazione che aumenti la
produttività del lavoro umano.
Dall’altra, un gruppo di lavoratori che per affrontare i problemi della nuova gestione aziendale deve compiere un salto culturale. Il vecchio modo di affrontare le relazioni col padrone non funziona più: ora tutto
è più complicato, non basta più
la compattezza e la solidarietà
interna tra i lavoratori, « dare
qualche palata in più » per risolvere un momento di crisi,
ma bisogna intervenire nel merito della politica industriale, ricercare nuove alleanze, discutere i problemi anche sui tavoli
del gover,po regionale e nazionale, ed ’inoltre non si può niù
ragionare all'interno della sola
problematica dell’azienda se si
vuol sperare in un lavoro anch,^e
per i propri figli. La miniera coi
nuovi metodi di estrazione non
darà più lavoro ai figli.
Di fronte al concreto pericolo
che i capitali raccolti dalla famiglia attraverso il sudore deH’uomo se ne vadano verso più redditizi lidi, non basta più indignarsi e ripetere come i minatori di Emile Zola « che canaglie, in gente per bene », ma è
necessario avere piani altemati
Le miniere della Gianna di
continuerà ad estrarre il
vi, saper essere e diventare classe dirigente collettiva.
Attorno vi è una classe politica incapace di affrontare i problemi posti dalla ristrutturazione industriale, che si limita a
registrare colpo dopo colpo gli
effetti della deindustrializzazione delle valli: i sindaci, la comunità montana non vanno al
di là di espressioni di solidarietà coi lavoratori colpiti dai licenziamenti, non studiano proposte alternative, rinunciano nei
fatti ad una funzione programmatoria. Ancorati ad una cultura economica che lega lo sviluppo economico delle vallate alla
AVVENTO - 1
Saper attendere i sogni
« Giuseppe, non devi avere paura di sposare Maria » (Matteo 1: 20)
Giuseppe nei racconti di Matteo sull'origine del Messia ha un
ruolo di primo piano.
Umile tra i poveri d’Israele viveva la sua esistenza cercando
cose semplici e giuste come la
fedeltà a Dio, il lavoro, la famiglia. Ma ecco che un incidente
impensato viene a turbarlo, a
sconvolgerlo, così che Giuseppe
si riscopre in una perplessità
che fa paura.
Chi sta per congiungersi in
matrimonio ha la mente tutta
piena di emozioni e di attese. Il
pensiero che la propria individualità non sarà più solitaria,
ma sarà intimamente accolta dall'affetto di un’altra persona, accende di gioia il lungo e breve
tempo dell'attesa delle nozze.
Ma per Giuseppe, per quanto
potesse sembrargli irragionevole
e completamente fuori del reale,
quella luce improvvisamente si
eclissò. Eppure negli occhi quel
suo amore gli brillava ancora.
Che fare? Tra le varie possibilità, tra i vari atteggiamenti
dettati dalla delusione, dalla sofferenza e forse dall’ira continua
mente repressa, molti dovette
scartarne subito perché illogici
ed inadeguati. Soltanto due dovette considerarne possibili.
Il primo, verso il quale sentiva di “dovere” propendere maggiormente, era quello dì constatare la fine della sua gioiosa attesa, ma senza nevrastenie, senza vendette, senza scandali.
Il secondo, di cui l’evangelo
non parla esplicitamente, ma che
si può dedurre dal tipo di sogno
fatto nella notte che seguì la
confessione di Maria, era di non
lasciarsi coinvolgere dalla mentalità comune, ma di farsi guidare
soltanto dal proprio sentimento
influenzato certamente dalla serenità di lei: poteva pur sempre sposare Maria, accogliendo
come sua la creatura che viveva
nel suo grembo.
Questo fu il suo sgomento, la
sua indecisione, quando il sonno
lo colse dopo quella giornata di
ansie indicibili.
Il sogno che seguì gli fece però
comprendere qualcosa di più importante.
Il sonno è la condizione del
sogno e il sogno appartiene alle
più personali esperienze dell’uomo. Spesso esso è una conversazione che si svolge o continua
nell’inconscio. Qualche volta altro non è che il riflesso della
giornata in cui .sono predominati momenti sgradevoli o irritanti. Anche la Scrittura afferma
che «con la moltitudine delle occupazioni vengono i sogni » (Eccl.
5:3).
In Giuseppe però, così come
accadde al suo grande omonimo
biblico, possiamo dire che il sogno non fu solo l’avvenimento
normale per tutti. Cioè non fu
solo sogno, ma anche segno nel
quale egli imparò a leggere la
volontà di Dio. Matteo ci riferisce che Giuseppe comprese questa volontà nei suoi sogni ben
quattro volte e questa lo spinse
a decisioni sempre importanti.
Non è nostro compito giudicare col metro della conoscenza
attuale Tattivìtà onirica di Giuseppe. Possiamo solo rilevare che
il .sogno fu sognato e che veniva
da Dio. Sì! Da Dio. Perché nel
Odoardo Lupi
(continua a pag. 6)
Prali. Per quanto tempo ancora si
talco? E poi, cosa sarà della valle?
impresa e allo sviluppo tecnologico sembrano per il momento
incapaci di affrontare i termini
del nuovo modello di sviluppo.
Di fronte ad un tentativo di
ripristino di un capitalismo
privo di poteri bilanciati, quale
è attuato dalla dirigenza della
Talco e Grafite, è innanzitutto
necessario che i lavoratori, le
forze politiche e le istituzioni
democratiche si impegnino per
la difesa del lavoro. E’ questo,
il diritto delLuomo ad un lavoro. il primo vincolo che i lavoratori devono concepire collettivamente per riconoscersi capaci di un intervento sul modello
di sviluppo delle vallate e del
ninerolese. La difesa del lavoro
fa sorsero molti altri obiettivi
di qualità: ad esempio la questione delle risorse, delle materie prime. Che senso ha consumare in breve tempo tutto il
talco clje c’è se poi si dovrà tro' vare lavoro altrove? Il che porta a ragionare sul territorio nel
quale i lavoratori vivono e alla
ricerca di un nuovo equilibrio
tra economia, lavoro, vita associata, a cercare di costruire un
nuovo modello di sviluppo coerente agli obiettivi di salvaguardare Toccupazione e con le finalità sociali del lavoro. In Questa prospettiva U lavoro deH’u(>
mo acquisterebbe un nuovo significato culturale. Una risposta
positiva alla crisi richiede una
trasformazione dei modi di vivere e produrre.
In particolare, è a Questa richiesta di nuovo modello di svilupno che devono rispondere i
partiti e le istituzioni democratiche. Sviluppo economico non
può niù essere uno sviluppo
quantitativo della produzione
come dicono i molti programmi fin Qui scritti, ma va inteso
come utilizzazione equilibrata e
integrata delle risorse del territorio in relazione alla struttura
sociale e alle aspettative che vi
sono. Patrimonio culturale, paesaggio, possono essere risorse
da utilizzare appieno per un possìbile sviluppo delle vallate. Sono
tutte ipotesi da verificare.
Gioito Gardiol
(continua a pag. 2)
2
2 fede e cultura
2 dicembre 1983
STORIA VALDESE A PORTO S. GIORGIO
Radici e responsabiiità
Il 4 novembre il dott. Mario
Cignoni, membro della Chiesa
Valdese di via IV Novembre a
Roma, ha tenuto a Porto S. Giorgio (AP) ima conferenza dal titolo: « Gli evangelici valdesi; storia di una protesta. Tracce di
valdesi a Porto S. Giorgio nella
seconda metà dell’BOO ». Tale manifestazione era stata voluta e
organizzata dalla Società Operaia di Mutuo Soccorso, il centro
culturale del luogo, che l’aveva
pubblicizzata con grossi manifesti affissi lungo le vie cittadine.
Nel pubblico si notavano, oltre
ai membri del nascente gruppo
valdese-metodista di Porto S.
Giorgio, anche i Sindaci di Fermo e Porto S. Giorgio ed alcuni
esponenti dell’aristocrazia locale
tra i quali le contesse SalvadoriPaleotti.
La prima parte del discorso è
consistita in una precisa, colorita ed appassionatissima presentazione della storia valdese dalle
origini ad oggi: Valdo ed i suoi
’’poveri”; il rifiuto del giuramento, visto non come semplice obbedienza letterale alla parola evangelica, ma piuttosto come
contestazione radicale delle forme di convivenza sociale; Chanforan; Guardia Piemontese; il
« Glorioso rimpatrio »; il ghetto
alpino; ”Le Lettere Patenti”, ecc.
Le sapienti pennellate che Cignoni dà a questo meraviglioso quadro di sofferta testimonianza di
un ’’popolo-chiesa” entusiasmano
il pubblico, circa una quarantina
di persone.
Nella seconda parte il relatore
ha dimostrato con documenti reperiti sonrattutto nell’Archivio
della Tavola Valdese a Torre Pellice, come una significativa fetta
dell’aristocrazia sociale, economica e culturale di Porto S. Giorgio nella seconda metà dell’800
appartenesse alla chiesa evangelica valdese. Tutto ebbe inizio
con la venuta (1833) in quel rernoto angolo degli Stati Pontifici
di xm gentiluomo inglese protestante di origine normaima:
Adlard Welby. Le sue figlie sposarono elementi della nobiltà locale e seppero portare nelle loro
famiglie la fede evangelica. I discendenti di queste famiglie (dei
quali lo stesso Cignoni è uno),
sposandosi spesso tra cugini, formarono un vasto clan che intorno al 1878 aderì alla chiesa valdese. Da questo clan uscirono
grandi personalità quali Luigi
Salvadori (m. 1910) Sindaco di
Porto S. Giorgio, che bonificò tutto il litorale della zona, e Tommaso Salvadori (m. 1920), ornitologo di fama mondiale. Al
giorno d’oggi appartengono a
questa famiglia liberi pensatori
come gli storici Max e Massimo
Luigi Saivadori e la scrittrice
Joyce Lussu.
Porto S. Giorgio era visitata
regolarmente dai pastori valdesi
residenti ad Ancona (Bivoir, Pelici). Essi trovavano ospitalità
nelle ville dei conti Salvadori do
com
nuovi tempi
quindicinale di
fede, politica, vita quotidiana
Un quindicinale autogestito di
controinformazione all’interno delle esperienze di base e
delle lotte di liberazione.
Abbonamento annuo L. 30.000,
semestrale L. 15.000 - Estero:
Europa L. 40.000, altri paesi L.
50.000 . Sostenitore L. 60.000
. Una copia L. 1.500 - versamenti da effettuare sul c.c.p.
61288007 intestato a Com-Nuovi Tempi, via Firenze, 38 00184 Roma.
ve si riunivano, oltre alla famiglia, alcuni simpatizzanti, la servitù, i contadini. In tutto circa
40-45 presenti. Nel 1893 fu invitato a tenere del culti ed ospitato
a Villa Marina il pastore Matteo
Prochet, Presidente del Comitato di Evangelizzazione, e nel 1898
il prof. Emilio Comba, docente
alla Facoltà Valdese di Teologia.
Al termine della dotta esposizione sono seguiti alcuni interventi e domande di chiarimento
che hanno arricchito il già vasto
panorama offertoci dal relatore.
Considerando il momento delle italiche conunemorazioni in
cui ci trovavamo (Defimti, la
Vittoria) mi chiedevo: cosa possono fare i fratelli e le sorelle di
Porto S. Giorgio per evitare di
trasformare questa bella e stimolante oocasioné di dare uno
sguardo alle loro radici in uno
stucchevole e retorico ricordo del
« caro scomparso »? La società
italiana, ho creduto di rispondere, è colpita da numerosi e gravi
mali ma essi resteranno tali fino
a che i nostri concittadini non
avranno affrontato il problema
della riforma sociale e del ravvedimento evangelico. Questo allora dobbiamo fare: vivere la
’’protesta valdese” credendo che
per lo Spirito Santo essa può diventare attuale. Nel 1848, alla vigilia della grande avventura che
comportava per i valdesi l’abbandono del ghetto per inserirsi
nel campo aperto della realtà italiana, Beekwith ebbe a dire ai
fratelli della Tavola Valdese: « O
sarete dei missionari, o non sarete nulla ».
Meravigliosa e tremenda parola che non deve leisciarci indifferenti.
Alla conclusione, in modo semplice ma significativo, il Presidente della S.O.M.S. ha offerto al
Dr. Mario Cignoni (che ringraziamo fraternamente per il servizio che ci ha reso) ima targa
in ricordo dell’avvenimento.
Enos Maimelli
GEMELLAGGIO TORRE-GUARDIA
Dietro la facciata
Tutto è bene quel che finisce
bene! Questo vecchio proverbio
m’è tornato in mente nel leggere
i resoconti giornalistici o neli’ascoltare la trasmissione televisiva del 17 ottobre, gli uni e l’altra improntati ad una visione ottimistica dei fatti come si conviene a gente non ignara dei .guai
del passato. Certo, i mass media hanno privilegiato gli aspetti folcloristici (cortei, fanfara,
bandiere al vento, cena pantagruelica all’aperto, discorsi commemorativi, canti, balli, fuochi
d’artificio, e persino il comico di
turno!), lasciando un po’ da parte quel che fu detto nella « tavola rotonda » tenuta in occasione
dell’inaugurazione del Centro Giovan Luigi Pascale.
Ormai un punto è acquisito:
quel Centro è parte integrante
della Città, e deve servire innanzitutto ai Guardioli. Ma è un
Centro tipicamente « valdese »,
meglio « riformato » e « protestante » dove a tutti è concessa
l’opportunità di confrontarsi con
l’altro senza ostracismi ecclesiastici o politici. Tutti sono d’accordo su questa consapevole
« apertura », da Vicentini a Ricciardi e a Tourn, che hanno fatto
un po’ la parte del leone in guanto « autorità » regolarmente costituite. Ma, diciamolo in tutta libertà, che cosa è rimasto dietro
la facciata strapaese del gemellaggio? Chi ha avuto la ventura
di ascoltare i discorsi di occasione dei due sindaci si sarà lietamente sorpreso di constatare che,
in breve, il sindaco di Guardia si
è scoperto più « valdese » del suo
collega di Torre. Ora, che cos’è
un gemellaggio? Non si basa forse sulla riscoperta, non solo di
un idioma o di una foggia del
vestire affini, ma anche e soprattutto di comuni radici? Queste
radici, i più avvertiti dei Guardioli — dal semplice contadino o
operaio aH’impiegato o professionista, non esclusa la simpatica
guardia municinale in gonnella
studiosa di storia locale —- le
hanno intese bene nel loro significato, insieme culturale e spirituale, di una minoranza che, malgrado tentennamenti e debolezze. ha combattuto in tempi difficilissimi per la propria libertà di
coscienza, che allora significava
nient’altfo che libertà di nredicare e di attuare il Vangelo per
essere fedeli solo a Cristo.
Questo mi pareva giusto puntualizzare, nell’attesa che vengano pubblicate le due relazioni Dal
Pino e Gönnet, che da visuali di
verse hanno cercato di chiarire
le origini e il significato di questa inquietante presenza valdese
nel grande Sud italiano. Indubbiamente, non tutto è ancora
chiaro, spuntano certe « aporie »
(incertezze) storiografiche, come
quando — in un breve excursus
pubblicato in questo giornale (v.
« La Luce » del 21-10-’83: In me-moria di una tremenda « giustizia ») — il pastore Salvatore Ricciardi scivola suo malgrado in
una certa riduzione « ad unum »,
confondendo le due situazioni diverse degli insediamenti valdesi
rispettivamente in Calabria e Puglia: quei « signori angioini », che
avrebbero voluto in Calabria « Un
contingente di sudditi di lingua
provenzale... per sentirsi niù forti
contro la minaccia saracena »,
vanno ridimensionati nel senso
che il primo Carlo d’Angiò mandò effettivamente dei soldati, presto seguiti dalle famiglie, non in
Calabria ma in Puglia, e ciò allo
scopo di meglio fronteggiare,
non una generica « minaccia saracena », ma contingenti di saraceni fatti affluire dagli ultimi
Svevi per difendere sulle alture
della Daunia i confini del Regno
meridionale minacciati dall’avanzata angioina. E tra quei soldati,
seguiti poi da coloni, c’erano non
soltanto dei provenzali, ma anche dei franco-provenzali, prova
il fatto che oggi a Celle e a Faeto in Daunia gli abitanti parlano
ancora oggi non un dialetto occitanico, come a Guardia, ma appunto una parlata tipicamente
franco-provenzale. Ma la questione è un’altra: tra quei soldati
o coloni provenienti dal sud-est
francese, c’erano o no dei valdesi? A chi s’interessa della cosa rimando ad un mio scritto del
1980, Cerano Valdesi in Puglia
nel tardo medioevo?, pubblicato
nel primo « Quaderno » dell’Istituto di Scienze Storico-Politiche
della Facoltà di Magistero delTUniversità di Bari. Comunque
stiano le cose, i dati più sicuri
(non ancora definitivi) ci dicono
che i valdesi, vuoi del Piemonte
vuoi del Delfinato e della Provenza, emigrarono nel sud italiano
per motivi essenzialmente economico-demografici, e che in
quelle regioni (Daunia e Calabria
citeriore) si mantennero fedeli
al loro credo senza farne esplicita testimonianza fino al giorno
in cui, uscendo allo scoperto per
professare apertamente la loro
fede, furono barbaramente perseguitati e trucidati.
Giovanni Gönnet
REGGIO CALABRIA — Il Circolo Culturale « Rhegium Julii »,
accogliendo favorevolmente una
proposta del « gruppo ecumenico » reggino, ha promosso una
conferenza per ricordare Lutero
nell’anniversario del suo 500“ anno della nascita. Giovedì 10 novembre, infatti, nel Salone dell’Amministrazione Provinciale
della Città, il prof. Giovanni Gönnet — davanti ad un numeroso
e qualificato pubblico — ha parlato sul tema « Lutero e l’Ecumenismo ». La manifestazione era già stata annunziata mediante manifesti murali e biglietti
d’invito ad autorità cittadine e
a persone del mondo della cultura locale.
Il prof. Gormet è stato presentato al pubblico presente dal
prof. G. Malvaso del « Rhegium
Julii », mentre ad introdurre l’argomento della conferenza è stato chiamato il sottoscritto. Il
Gonnet, quindi, svolge il suo assunto con quella competenza storica (ma anche teologica) che
egli ha su Lutero e la Riforma,
tenendo per più di un’ora il pubblico in un ascolto attento e silenzioso. Alla fine n’è seguito un
dibattito abbastanza interessante, nel quale varie sono state le
voci, ora di assenso, ora di dissenso, ora per chiedere aU’oratore il suo parere su alcuni punti
controversi del pensiero e dell’azione di Lutero, specie su l’insurrezìone dei contadini di Müntzer
(vista da due onorevoli marxisti
presenti in sala, in netta contraddizione con lo spirito di libertà
proclamato da Lutero).
A tutti il Gonnet ha risposto
in maniera assai pacata e convincente, riuscendo, cosi, a dimostrare la sua personale obiettività di studioso non di parte, sottolineando le luci e le ombre che
ci sono nel pensiero e nella prassi di Lutero, ma anche avvalorando tutto ciò con pezze di appoggio storiche e critico-storiche.
Accolto con estrema soddisfa
REGGiO CALABRIA, LA SPEZIA
i SU Lutero
zione, da parte di molti dei presenti, è stato l’intervento di un
sacerdote, che, dopo aver ringraziato l’oratore per tutto quello
che aveva detto, ha espresso la
sua soddisfazione per l’iniziqtiva
del Rhegium Julii di aver promosso una così interessante manifestazione, sul piano culturale
ed ecumenico-religioso, per ricordare Lutero e la Riforma. Certo
non è mancata, alla fine, la voce
discorde di un giovanissimo, di
dubbia estrazione culturale, che
ha voluto contestare alcuni punti
della conferenza Gonnet: ma è
stato messo a tacere dalle puntuali confutazioni dello stesso
Gonnet.
Si chiude cosi il lungo dibattito, condotto egregiamente dalla
prof. Stilo, della presidenza del
Rhegium Julii.
E. P.
LA SPEZIA — Venerdì 11 novembre nella Chiesa Metodista
di via Da Passano (g.c.) il Centro Evangelico di La Spezia ha
concluso le manifestazioni previste per il cinquecentenario della nascita di Lutero con una conferenza del pastore Gino Conte
dal titolo « La libertà del cristiano ». L’oratore ha messo in
luce come con Lutero la libertà
diventi per la prima volta mo
mento programmatico di rifonda,
zione della Chiesa: la Chiesa, imprigionatasi da sola in Babilonia, deve ritrovare la sua libertà. Una libertà che poi il credente deve vivere come giustifi
cazione per grazia, come una liberazione gratuita dal debito.
L’efficace trattazione del tema
ha creato molto interesse nel folto uditorio, fra cui un sacerdote
cattolico e numerosi estranei alle Chiese evangeliche della città,
e dato vita ad un vivace dibattito, che ha messo a fuoco l’importanza del pensiero di Lutero nell’attuale momento ecumenico.
F. S.
Crisi, lavoro
(segue da pag. 1)
Come pure è da verificare —
da parte delle istituzioni se si
pongono in una ipotesi di sviluppo alternativo — l’idea più
volte espressa dai lavoratori che
il padrone della Talco e Grafite
« non sappia fare il suo mestiere » e per insipienza o egoismo
non voglia sfruttare tutte le capacità produttive del gruppo. Il
lavoro umano è indispensabile
per la vita associata, non la produzione di alcune merci, un piano alternativo deve garantire il
lavoro di ognuno, non una determinata produzione.
Per rispondere alla sfida che
ci viene dalla crisi della Talco
e Grafite non è necessario accettare come determinante il problema del mercato dei prodotti
quanto piuttosto la mancanza di
lavoro per gli uomini ed allora
si potrà forse scoprire che nell'attuale economia esistono altre
aree di lavoro possibile che finora sono state trascurate perché non davano sufficienti profitti.
Si potrebbe pensare per esempio ad un piano per il lavoro
che affronti i problemi dell’ecologia, dei bisogni di servizi sociali insoddisfatti, dell'energia,
nel quale investire risorse materiali ed umane per un futuro
più o meno lungo.
Il peggio sarebbe che da questa crisi si esca con misure di
sostegno che risolvano solo momentaneamente il problema del
mercato dei prodotti della Talco e Grafite.
Giorgio Gardioi
gioventù
evangelica
anno XXXIII - n. 82/83 - ottobre 1983
editoriale: Contro gli idoli di morte,
di Paolo Naso
studio biblico: Pace: quello che le
chiese possono fare subito, di Salvatore Rapisarda
PACE E DISARMO: Due anni di movimento per la pace: riflessioni per un
dibattito, di Aldo Ferrerò
ETICA: Omosessualità e fede cristiana, di Ermanno Genre — Il cosiddetto
male: appunti spensierati suH'omosessualità, di Rita Cialfi Gay — U.S.A.:
vivere l'omosessualità nella chiesa, intervista a cura di Marco Davite
MATERIAU: Lutero, Riforma protestante e società moderne, di Sergio
Ronchi — La storia del dissenso cattolico in Italia, di Eugenio Bernardini —
Il razzismo in Europa, di Letizia Totnassone — Evangelizzazione: che dire, che
fare?, di Stefano Meloni — Diritti e
vecchi merletti, di Giuliano Naria —
Il documento della VI Assemblea del
CEC su pace e giustizia.
gioventù evangelica, via Luigi Porro
Lambertenghi 28 — 20159 Milano —
sottoscrizione per il 1984: annuale L.
12.000 - estero L. 15.000 - sostenitore
L. 20.000 - versamenti sul ccp 35917004
3
2 dicembre 1983
fede e cultura 3
RECENTI INIZIATIVE EDITORIALI
"Con me
II
Centralità di Piero Jahier nella cultura italiana del Novecento
Dopo anni di silenzio la personalità di Piero Jahier (1884-1966),
uno degli intellettuali più interessanti della fiorentina « Voce »
e autore di quel noto Con me e
con gli alpini (1919), che tanto ha
fatto riflettere critici e lettori,
torna a far parlare di sé grazie a
due iniziative editoriali di ottimo livello.
La prima, datata ormai 1981, è
la raccolta Poesie in versi e in
prosa (Torino, Einaudi, pp. 255,
L. 12.000) curata da Paolo Briganti, che con molta intelligenza ha
offerto integralmente sia il testo
delle liriche di Jahier apparse su
diverse riviste letterarie («La
Voce », « Lacerba », « La Riviera
ligure ») fra il 1912 e il 1917, sia
quelle della raccolta del ’64, in
cui il poeta ha rielaborato anche
in profondità il materiale di cinquant’anni prima. Il dato più significativo che emerge dal confronto dei testi quale ci è consentito (anche attraverso schede
sulle singole poesiet dall'edizione
di Briganti appare, comunque, a
nostro parere, quello della centralità, sia sul piano storico-politico che su quello stilistico-letterario, di Jahier intellettuale
vociano, mentre si conferma meno legato a ragioni politiche e
più connesso invece ad una sorta
di blocco creativo di silenzio successivo alla fine del primo conflitto mondiale: Jahier, insomma, tacque non solo perché antifascista, ma anche perché la
stagione ricca e feconda per lui
era stata solo quella vociana,
quella bellica, quella ancora legata cioè ad una vena antindustriale di nostalgie populisticocontadine.
La seconda iniziativa editoriale, questa molto recente, è costituita da Con me (a cura di Ottavio Cecchi e Enrico Ghidetti, Roma, Editori Riuniti, pp. 346, L.
14.500) raccolta di scritti sparsi
su giornali e riviste che Jahier
aveva ordinato e preparato per
la stampa poco prima della morte.
Il libro costituisce per molti
aspetti una sorpresa: dai brani
noti pubblicati negli anni di più
intensa attività su « La Voce » e
« La Riviera ligure » ad interes
santi Stralci di diario, dalle giustamente famose Contromemorie
vociane ospitate nel '54 da « Paragone » alle prefazioni a Molière, Stevenson, Conrad. Jahier
cercò di dare una certa organicità ad un materiale diverso e
divise il libro in tre parti (Con
me, Paesi, Letteratura) che tracciano grosso modo una mappa
della sua storia interiore, della
geografìa che fa da scenario attivo allo svolgimento di questa
storia, della sua cultura di scrittore passato dairimpegno vociano alla significativa scoperta di
Pavese.
« Non si tratta quindi — scrive Enrico Ghidetti nella lucida
postfazione — di un’antologia,
di pagine « minori » e di bricciche letterarie raccolte per vanità
senile, ma di una organica serie
di parerga e paralipomena, destinata ad integrare il corpus delle
opere maggiori, e quindi viatico
insostituibile per chi desideri valutare "la sostanza, la massa e il
peso” di questo classico del Novecento ».
Centralità di Jahier
BRESCIA — Dopo « Lutero e il canto
della Riforma » (Corale Villar Bobbio
Pellice) e « Verso una lettura ecumenica di Lutero » [prof.Bruno Corsani], proseguono gli incontri promossi dall'assessorato alla cultura, dal Centro valdese di cultura e Cooperativa Cattolica
Democratica di Cultura:
— Venerdì 2 dicembre, salone Bevilacqua alle « Pace », ore 20.30 recitazione dì brani dell'Antico e Nuovo Testamento: Franco Giacobini e la sua
compagnia teatrale.
— Venerdì 16 dicembre, aula magna
del Liceo Arnaido, ore 20.45, il prof.
Mario Mìegge parlerà su ■■ Lutero e la
cultura moderna ».
BORGIO VEREZZI — Il Collettivo teologico iigure si riunisce sabato 3, ore
16.30 e domenica 4 dicembre (conclusione col pranzo e culto con Santa
Cena). Tema dell'incontro: « Le sette:
folklore o sfida? ». Relatore, Massimo
Rocchi.
MILANO — Presso la Chiesa metodista di via Porro Lambertenghi 28 ha
luogo uno spettacolo liberamente tratto
dal « Lutero » di Osborne e da « Tommaso Müntzer e Martin Lutero » di Dieter Forte. Lo spettàcolo è allestito dalla Cooperativa Prometeo Dervisa per la
regìa di Luciano Pavan. Ore 20.45 lunedì e martedì 5 e 6 dicembre.
L’affermazione di Ghidetti non
corre il rischio di essere smentita: la scrittura come necessità
ed impegno morale, il miraggio
di una guerra che coinvolga il
popolo agricoltore, l’entusiasmo
per quella vena antindustriale .già
indicata, la ricerca di nuovi ideali dopo la seconda guerra mondiale (è significativo ad esempio
il fatto che, dovendo parlare di
« Letteratura della Resistenza »
al Centro Culturale Olivetti di
Ivrea, Jahier nel '55 scelga due
testi come I miei sette figli di Alcide Cervi e I giorni della nostra
vita di Marina Sereni che a suo
avviso « costituiscono finora rapporto più vitale e rappresentativo della letteratura della Resistenza e che sono per le loro qualità di stile, non soltanto per
quelle di contenuto, i più nuovi
e i più belli fra i libri che lo
spirito della Resistenza ha ispirato ») non fanno che ribadire la
centralità di Jahier nella cultura
italiana del Novecento così come
è stata colta in una bellissima
pagina introduttiva di Ottavio
Cecchi: « Quando diceva: "Io,
questa casa, me la sono fatta con
la mia fatica di Adamo”, cambiavo discorso, perché, in quelle parole sentivo letteratura e compiaciuta oratoria. La diversità
generazionale (il crocevia, il dissenso) era nascosta lì. Io sentivo echi e risonanze di fascismo
in ogni parola detta in più. Anche i vociani si erano divisi sul
fascismo. Ma, mi chiedevo, quanto fascismo c'era anche negli antifascisti?
Dentro, la casa di Jahier
non era stata contaminata dagli
stili venuti con gli anni venti e
trenta. Vi trovavo un’Italia esistita prima della mia nascita, e mi
pareva di ottenere qualche risposta alle tante domande su come
fosse quell’Italia che aveva ceduto al fascismo. Già allora cominciava a farsi avanti il discorso sulla complicità nelTinstaurazione dei regimi di tirannia. Cedimento o, piuttosto, contributo?
E quante colpe avevano i letterati, qui da noi e altrove? Così mi avvicinavo anche aU’ambiguo tema che attraversa la grande letteratura europea: la redenzione ».
Ed è proprio partendo da questo ambiguo tema che occorre
oggi misurare l’incidenza della
scrittura di Jahier nella letteratura del nostro Novecento.
Franco Giacone
JAHIER VALUTA IL LIBRO DI A. CERVI
Eco dei profeti
Il libro di papà Cervi « I
miei sette figli », non è un libro scritto; è un libro parlato. La mano di un contadino
ottantenne, assuefatta a stringere stegole di aratri e manichi di zappe, non sarebbe mai
riuscita a stringersi a lungo
su una cannuccia di penna.
E a Renato Nicolai va il merito di avèrci trascritto, fedelmente, dalla viva voce... Ne è
venuto fuori un libro di uno
stile inconfondibile e inirnitabile, uno stile maschio, diretto e stringato come il colpo
d’ascia del boscaiolo provetto, o il solco del perfetto aratore.
Un libro autenticamente primitivo, rarissimo campione
linguistico di quel « volgare »
nato dal mondo severo della
necessità, dal mondo del lavorò, dal quale è nata a sua
volta e rinasce la lingua più
autentica, la nostra, e quella
di ogni letteratura.
La letteratura italiana aveva conosciuto prima di questo
libro i dialoghi di Bertoldo
Bertoldino e Cacasenno — i
contadini beffatori e beffati
della farsa popolare, e i dialoghi dei pescatori siciliani
di Verga, i lavoratori vinti dal
mare, I Malavoglia. Erano dialoghi di vinti; i dialoghi di
Cervi sono dialoghi di lavoratori vittoriosi, su una terra
soggiogata. Qui abbiamo non
dialoghi artisticamente elaborati, ma gli originali di quegli altri e ogni tanto questi
possono anche farci apparire
artefatti quelli degli scrittori
professionali.
Ma se il libro di Cervi è un
libro parlato, non è però un
libro improvvisato, come potrebbe qualcuno supporre. E’
invece im libro a lungo meditato e portato nelle viscere,
frutto di scelta e di dialogo
interiore, perseguito quando
il sonno si fa scarso al vegliardo orbato dei sette figli:
« Quando il sonno mi lascia e
anche la memoria si prepara
a lasciarmi in libertà ».
Il libro ha lo stile dei primitivi, diremo uno stile « omerico », se non sapessimo che
papà Cervi è stato sempre un
attento lettore dell’Antico Testamento e anche del Nuovo
che leggeva tutti i giorni come
il giornale, in quella Università degli studi che per lui e famiglia è stata la stalla dei bovini nella morta stagione invernale, e non risentissimo
l’eco del formidabile linguaggio dei profeti dell’Antico Testamento, nella sua terribile
invettiva profetica dal carcere sulla catastrofe prossima
del fascismo. Non è tuttavia
un libro artisticamente costruito, e questa è un'altra
prova della sua spontaneità
ed autenticità.
(Da « Letteratura della Resistenza », conversazione tenuta al Centro Culturale Qlivetti di Ivrea, 24.11.1955, in
Piero Jahier, Con me, raccolta di scritti curata da
Cecchi e Ghidetti, Editori
Riuniti, pp. 346, L. 14.500.
ECUMENE 26.12-2.1
Campo
invernale
CRISI DEUW democrazia
E CULTURE DELLA GUERRA
Nel mondo contemporaneo si
assiste ad un sempre più evidente deperimento dei modelli di
organizzazione democratica della
società e dello stato che hanno
dominato negli ultimi decenni.
La stessa crisi dello stato sociale denuncia la crisi di un intero
sistema di rappresentanza politica, e rende sempre più problemàtico il rapporto fra democrazia e decisione.
In molti paesi, sia all’est sia
all’ovest, si vanno restringendo i
tramiti di rappresentanza tra società e stato, e il potere appare
sempre più chiuso e bloccato all’interno o di gruppi politici o di
specialisti e tecnocrati in grado
di controllare i grandi processi
di modernizzazione della rivoluzione tecnologica. La crisi mondiale della democrazia è sicuramente legata a questi processi.
Ma si ha anche l’impressione che
a questa crisi corrisponda un
crescere ed un infittirsi di quelle
che potremmo chiamare « culture della guerra », e nel senso
che aumenta il potere di gruppi
ristretti in cui prevalgono tendenze militariste, e nel senso
che l’intero conflitto che si sviluppa nel mondo è sempre meno
influenzato dai grandi movimenti di opinione che combattono
per la pace.
Quale relazione esiste tra la
crisi della democrazia e l’aumento del pericolo di guerra?
Contributo di rimborso spese
L. 85.000. Per ulteriori informazioni e iscrizioni, rivolgersi a:
Qrnella Sbaffi, Via Firenze 38,
00184 Roma, tei. (06) 4743695.
PIEMONTE: UNA VASTA RICERCA SUI CAMPI DI STERMINIO
Il dovere di testimoniare
Una ricerca promossa dall’Associazione Nazionale Ex-Deportati, con la collaborazione di alcuni Istituti storici della Resistenza piemontesi ed il patrocinio delle autorità regionali, provinciali e comunali, sta realizzando una raccolta di testimonianze sulla esperienza della deportazione di tutti gli ex-internati
nei campi di sterminio residenti in Piemonte.
Il lavoro procede da più di
un anno con la raccolta delle
memorie, trasmesse oralmente
tramite interviste, dei sopravvissuti a quella tragica vicenda
con lo scopo di creare un archivio permanente.
E’ la prima volta che si attua
in Italia una ricerca di tale ampiezza in questo settore.
Per l’approfondimento del tema della deportazione è stato
indetto a fine ottobre un convegno internazionale. Il dovere di
testimoniare (Torino, 28-29 ottobre ’83) a cui hanno partecipato ex-deportati e studiosi di varie nazionalità.
Il sistema repressivo nazista
era un’industria di morte in cui
perirono più di 11 milioni di
persone per ragioni diverse, razziali, politiche, religiose. Tra
queste oltre 37.000 nostri connazionali. Il senso della volontà
di ricostruzione storica di questo fenomeno e del convegno si
possono concisamente esprimere riprendendo un pensiero dalla prolusione d’apertura del Presidente della Regione Piemonte,
Benzi: «Il messaggio che ci lasciano i martiri dei lager... è
quello di non dimenticare affinché non accada di nuovo».
Non è però compito facile rac
cogliere la « memoria deU’offesa ». Il ricordo, come ha rilevato, in quella sede. Primo Levi,
tende a cancellarsi, a modificarsi anche sensibilmente. Le ra^
gioni di questa distorsione mnemonica sono molte ed in questa
operazione si ritrovano in una
singolare comunanza sia le vittime che i carnefici per il loro
bisogno di rifugio e difesa di
fronte all’orrore della tortura,
inflitta o subita, della degradazione portata dalla vita nel campo di concentramento e della
camera a gas.
La falsificazione del passato,
prodotta dai persecutori, è solo
raramente frutto di una scelta
consapevole, è, viceversa, più
spesso, come per le vittime, la
costruzione di una verità consolatoria e di comodo. La menzogna diventa autoinganno.
I carnefici deresponsabilizzano
il proprio comportamento criminoso facendolo derivare dalla
incapacità e impossibilità di decidere su scelte imposte all’individuo dal regime autoritario e
dall’organizzazione militare. Nelle vittime la costruzione della
menzogna assume connotati dolorosi come il tentativo di negare la morte di amici e congiunti
sulla base di ricostruzioni fantasiose di avvenimenti realmente
accaduti, o come la selezione dei
ricordi che espelle dalla memoria gli aspetti tragici della vita
nei lager.
Come esempio di verità consolatòria è forse da annoverare
l’intervento al convegno del vescovo Carlo Manziana sulla propria esperienza di internato a
Dachau.
Molto si è già detto e polemiz
zato sulla difficile posizione, di
compromesso e talvolta di silenzio, rispetto ai regimi nazista
e fascista ed alle loro conseguenze da parte della Chiesa di Roma.
Viceversa non è apparso neppure un cenno a questo problema nella relazione di Manziana,
quanto, piuttosto, il ricordo dell’appoggio della chiesa protestante tedesca a Hitler. Fatto salvo però l’ecumenismo esistente
tra sacerdoti ortodossi, sacerdoti cattolici e pastori protestanti
internati, l’esperienza di Niemòller, Lackmann, Bonhoeffer e della Chiesa Corifessante.
Occorre, quindi, fare ancora
molto nella direzione di una
comprensione del fenomeno priva di demonizzazioni e omissioni. Non possiamo, infatti, dimenticare che capire le ragioni
e l’origine della dittatura nazista e della violenza organizzata
che ad essa s’accompagna è un
modo per affrontare la questione delle motivazioni deiramre
umano e del pericolo di barbarie in esse sempre celato. La nostra attuale esistenza in pace e
libertà è un’eccezione in un mondo tormentato dalla guerra e
eovernato da sinistre dittature.
H genocidio e la tortura sono
ancora oggi realtà ben concrete
per molta parte dell’umanità.
Non basta. Quindi, raccogliere e
conservare l’eredità di valori e
di vita che l’esnerienza degli exinternati può lasciarci, occorre
pure farla fruttare ponendo le
condizioni perché simili esnerienze non possano più verificarsi non solo per noi ma anche per tutti i popoli della terra.
Elio Pizzo
I)
4
4 vita delle chiese
2 dicembre 1983
PRIMO DISTRETTO
PINEROLO
Un corso sperimentale di catechismo
Domenica 27 si è svolto a Pinerolo il preannimciato convegno
sul catechismo organizzato dalla CED del primo distretto.
I partecipanti, non numerosissimi, hanno verificato, ancora
ima volta, come in questo campo i passi da compiere siano
ancora molti e si compiano
molto lentamente. Ma in questi
dati, apparentemente scoraggianti, sono contenuti alcuni elementi positivi; sulla catechesi si discute solo se si è veramente interessati; questo non è argomento alla moda, da attirare pubblico per il prestigio o la novità del
tema. La lentezza del cammino,
inoltre, è attualmente determinata dal carattere concreto-sperimentale del lavoro intrapreso;
si è passati cioè dai discorsi generali su «cos’è e a cosa serve il
nostro catechismo? » al più incisivo «cosa facciamo concretamente, e in che direzione, per riformarlo? ».
Riassumendo brevemente lo
stato della situazione e le decisioni prese:
a) ci troviamo di fronte a
due proposte di testi per il catechismo, una preparata da Bruno
Rostagno e l’altra curata da
Claudio Tron.
b) La prima si presenta sotto
forma discorsiva; quasi, è stato
detto, il verbale riassuntivo della lezione svolta. La seconda di
Claudio Tron contiene al suo interno uno schema di lavoro preciso su cui il catechista può già
impostare il lavoro settimanale.
c) Sarebbe auspicabile arrivare alla pubblicazione di un catechismo, che i catechisti potrebbero utilizzare così come è pubblicato o che potrebbe servire
loro da « canovaccio » su cui impostare il loro lavoro.
d) L’entità dei temi e delle
problematiche contenute nelle
due serie di schede è tale da rendere difficile lo svolgimento di
esse nel corso di un solo anno
ecclesiastico (corrispondente al
III anno di catechismo). L’ipotesi proposta, che andrà verificata,
è quella di destinare i due ultimi anni del catechismo, nella loro interezza, allo svolgimento del
ciclo di schede.
e) Esistono alcuni catechisti
del 1° distretto che già quest’anno utilizzano in via sperimentale uno dei due cicli di catechismo, preparati da C. Tron o da
B. Rostagno. Si è chiesto a questi catechisti di notare problemi,
commenti, critiche al testo da
loro scelto, notazioni che saranno utilissime al momento della
riformulazione delle varie schede
per la pubblicazione definitiva.
In particolare per il dolo di
schede curato da Rostagno sarebbe importante disporre delle
scalette di lezione su cui ogni catechista ha impostato il lavoro,
in riferimento alle diverse schede. In questo modo la serie di
Rostagno risulterebbe, alla fine
dell’anno, corredata del necessario impianto metodologico di applicazione.
f) Si è chiesto infine ad ogni
catechista, in particolare ma non
esclusivamente del 1° distretto, di
raccogliere tutto il materiale di
sostegno utilizzato nel suo corso
(grafici, foto, tabelle, testi ecc.)
L’insieme del materiale dovrebbe essere inviato alla CED
del 1" distretto che per il momento funge da punto di riferimento per questo lavoro.
g) Ci si è lasciati con la scadenza di un prossimo incontro
da tenere alla fine della primavera prossima. In esso, sulla base del materiale e delle notazioni raccolte, si dovrebbe decidere
la possibilità di integrazione delle due serie in una sola da pubblicare; oppure la scelta più oculata da fare tra le due.
Il percorso ci sembra tracciato
con chiarezza, e questo è incoraggiante. Si tratta ora di andare
avanti, è stato detto, e, in tempi
non troppo lunghi, di riuscire
a stringere.
Francesca Spano
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
La cronaca locale sul nostro giornale
L’Eco-Luce è stato al centro del
dibattito dell’incontro pastorale
a Torre Pellice. Il direttore Giampiccoli ha introdotto la discussione, lamentando le difficoltà
che la redazione incontra nel
mettere in piedi una rete regolare di collaboratori che forniscano il materiale per riempire
le quattro pagine della Cronaca
delle Valli. La ricerca di nuovi
volontari che si impegnino in
questo settore, deve essere imo
degli sforzi più presenti perché
il nostro settimanale possa raggiungere e coprire tutti gli spazi
che ancora sono aperti.
Gran parte del tempo è stato
dedicato all’esame di queste pagine e in particolare della cronaca delle Chiese. Non si è trattato, sia chiaro, di una discussione provinciale e settoriale, perché dal modo in cui si impostano queste pagine dipende il « taglio» del giornale. Da anni, ormai, quando si discute in Sinodo o nelle varie assemblee del
giornale, la presenza di queste
pagine è oggetto di forte dibattito — dibattito che spesso sorge
da incomprensioni. Tutti i pastori hanno in genere riconosciuto
che se il giornale deve mantenere il suo carattere nazionale, non
si deve d’altro canto dimenticare
che metà dei lettori vive alle Valli ed alla gente interessa in modo particolare leggere quelle notizie che li concernono in modo
particolare. In questo senso è
stato richiesto, ad esempio, che
gli annunci delle nascite alTinterno delle comunità abbiano di
nuovo diritto di presenza sulle
nostre pagine. Piccinerie non interessanti per chi vive fuori delle Valli? Non credo — e questa
è stata l’impressione del corpo
pastorale delle Valli. Anche se
l'Eco non deve sostituire i bollettini parrocchiali, la vita «familiare » delle nostre comunità
non può essere estranea agli interessi del giornale. Certo, questa piccola vita quotidiana non
può diventare il centro del giornale, sarebbe davvero renderlo
provinciale! Partendo dal quotidiano, però, è stato proposto di
esaminare alcuni aspetti della
vita alle Valli. Spesso, infatti, la
gente si accorge che, poco a poco, la vita — anche la vita di
chiesa — è cambiata, ma non si
rende conto del perché e del come tutto quanto sia cambiato.
Non sarebbe il caso di fare un
po’ il punto della situazione, di
fare degli articoli che esaminino
il lavoro, la chiesa, il battesimo,
ecc., per vedere chi e che cosa
siamo, rispetto a quello che eravamo, ad esempio, trent’anni fa?
Queste ed altre proposte sono
nate dalla discussione, vivace e
partecipata. Tutto bene, drmque,
tranne la triste constatazione che
anche le migliori idee hanno bisogno delle gambe degli uomini
per camminare. E sono gli uomini che mancano.
Animazione biblica
LUSERNA SAN GIOVANNI —
Alla riunione quartierale dei Peyrot abbiamo ascoltato con interesse assai vivo l’esposizione del
pastore Gérard Cadier, informatore regionale della Chiesa Riformata di Francia, il quale ci
ha introdotti nel mondo della Palestina di oggi richiamando la responsabilità di testimoniare di
Cristo in ogni luogo, anche là dove Gesù è vissuto ed ha operato.
Lo ringraziamo e gli diciamo «arrivederci! ».
• Domenica 27 novembre xm
buon gruppo di sorelle delle Unioni Femminili delle Valli Vaidesi ha trascorso presso di noi
l’intera giornata, partecipando al
culto con la comimità e svolgendo poi il suo programma nel pomeriggio. La giornata concludeva il ciclo autunnale di animazione biblico-teologica organizzato
dalla Federazione Femminile Evangelica Valdese e Metodista.
Speriamo che tutte le chiese possano profittare di questo impegno di animazione.
• Appuntamenti; Sabato 3 dicembre, alle ore 14.30, nei locali
della Ex-Scuola Materna, « Minibazar » natalizio organizzato dalla società di cucito. Visto che
nessuno resiste alla tentazione di
fare o di farsi dei regali per Natale, visitate il nostro Bazar; in
tal modo contribuirete anche a
sostenere le attività della chiesa
e darete un segno di solidarietà
alle molte sorelle che si sono impegnate in questo campo.
Sempre il 3 dicembre, la sera,
alle ore 20.30, serata comunitaria
animata dal gruppo cadetti e dal
coretto con una rifiessione-spetta.
colo sulla pace. Non mancate a
questo momento significativo!
Ripresa EGEI
ANGROGNA — Le prossime
riunioni quartierali sono, sem
pre alle ore 20, lunedì 5 al Baussan, il 6 ai Jourdan e il 7 a Buonanotte.
• Il gruppo PGEI ha ripreso
le sue attività il martedì sera.
JResponsabile del gruppo è Albino Bertin. Per il momento si
studierà il problema della disoccupazione e della cooperazione
in Valle. Intanto Claudia Bertramino è stata delegata al prossimo Congresso FGEI insieme al
pastore.
• Molti dei partecipanti al
viaggio (marzo ’83) in Israele
hanno partecipato, insieme alla
gente del Serre, alla serata quartierale con Gérard Cadier che
ha proiettato e commentato le
sue immagini sulla Palestina.
L’incontro ha suscitato interesse perché Cadier sa parlare e
conosce profondamente il problema Israele. Dopo la riunione
c’è stato un breve rinfresco e
da lì è nata l’idea di un prossimo viaggio per il 1985 impegnativo e biblico. L’idea è di ripercorrere alcune tracce dell’apostolo Paolo attraverso la Turchia di oggi...
Obiettivo Palestina
SAN GERMANO — Il culto
di domenica 20 novembre è stato presieduto, in francese, dal
pastore Gérard Cadier, in occasione della sua venuta alle Valli.
Gli siamo riconoscenti per il
suo vigoroso richiamo alla necessità di una sempre maggiore
fedeltà alla Parola di Dio, se
vogliamo essere quegli ambasciatori del Signore che siamo
chiamati ad essere. Come è noto, il pastore Cadier organizza
un secondo viaggio in Palestina
per il marzo prossimo. Quattro
membri della comunità di San
Germano vi parteciperanno. Se
appena vi è possibile non mancate questa occasione!
• Domenica 4 dicembre, il culto sarà presieduto da uno dei
predicatori locali disponibili,
dato che si tratta della domenica del predicatore locale.
• Nel pomeriggio, alle ore 15,
nel tempio, assemblea di chiesa
alla quale siete tutti caldamente
Invitati ad intervenire, sul tema
della formazione religiosa e spirituale dei nostri figli. Per i ragazzi, ed alla stessa ora, verrà
proiettato nella sala un lungometraggio e sono previsti anche
dei giochi. Non mancate di approfittare di questa occasione di
comunione fraterna.
Dipartenza
POMARETTO — E’ deceduta
nella sua abitazione, dopo lunghe sofferenze la nostra sorella
Elena Canal Valetti all’età di 82
anni. I funerali hanno avuto luogo domenica 27. Ai familiari e
parenti tutti la simpatia cristiana della comunità.
Benvenuti
FRALI — Nelle nostre piccole
comunità le nascite sono sempre
meno frequenti; non possiamo
quindi far altro che esprimere la
nostra gioia per i due bambini
nati in queste ultime settimane;
Ramona Peyrot di Pierino e Manuela Pascal, e Sìmone Rostan di
Corrado e Silvana Richard.
Ai bambini va il nostro benvenuta ed ai genitori il nostro augurio affinché sappiano dar loro
una sana educazione evangelica.
• Domenica 4 dicembre avremo in mezzo a noi il pastore Thomas Elser.
• Un altro lutto ha colpito alcune famiglie della nostra comunità. All’età di 85 anni ci ha infatti lasciati la sorella Giovanna
Grill ved. Pascal. Ai parenti va il
nostro sincero sentimento di affetto e solidarietà.
Bazar
TORRE PELLICE — Domenica 4 dicembre alle ore 15 presso la Foresteria Valdese avrà
luogo il Bazar delle Missioni.
Tutta la comunità è invitata ad
intervenire a questo tradizionale
incontro il cui ricavato è destinato all’opera della CEvAA.
• La comunità si è stretta intorno alla famiglia della piccola
Giulia Pinardi per esprimerle
tutta la sua simpatia fraterna.
Incontro catecumeni
Nel quadro del programma di
incontri e convegni organizzati
dal I Circuito si è svolto domenica 20 a Torre Pellice quello
dei catecumeni di I anno. I giovani delle chiese della Val Pellice hanno partecipato in numero discreto alla giornata, che era
iniziata con il culto, animato dai
catecumeni di Torre Pellice con
drammatizzazioni e canti centrati sulla figura di Lutero.
Un questionario distribuito ai
partecipanti al culto, riguardante il riformatore, è stato lo spunto per la rifiessione che i giovani hanno poi fatto nel proseguimento delTincontro.
Collettivo
Ecumenico
Proseguono con un discreto numero
di presenze gl’incontri mensili del Collettivo Biblico di Pinerolo, frequentato
anche da alcuni del Collettivo di Torre Pellice.
Dopo aver studiato « il battesimo nella Chiesa Valdese» (13 ottobre), abbiamo fatto un balzo indietro e abbiamo
cercato di capire « la posizione della
Riforma del sec. XVI » limitatamente a
Lutero (era ia sera del 10 novembre,
giorno del 500° anniversario della nascita del riformatore). Attraverso la
iettura di alcuni testi (il sermone sul
santo e venerabile sacramento del battesimo, De captivitate, ii grande catechismo, ii piccoio catechismo, ecc.) il
pastore L. Deodato ha guidato il gruppo alia ricerca del pensiero e della posizione pratica deila Riforma.
Abbiamo visto com'è difficile interpretare i testi del sec. XVI per noi che
viviamo ormai in un'aitra cultura e siamo abituati a porre i problemi in termini diversi; è sempre incombente la
tentazione di far dire ai testi antichi
quello ohe vogliamo noi, anziché lasciarii parlare.
il Coliettivo tenterà di affrontare
neH'incontro di giovedì r dicembre
la problematica ugualmente interessante del « battesimo neila Chiesa Cattolica » limitatamente allo sviluppo liturgico, fino alla riforma liturgica ultima
del 1970 e 1979.
La domenica 22 gennaio '84 nel pomeriggio, presso il Convento dei PP.
Cappuccini, cercheremo di fare un primo bilancio; poi affronteremo nei mesi
successivi la posizione ortodossa, battista e pentecostale.
Tutti sono invitati giovedì r dicembre alle ore 20.45 presso la Chiesa
Valdese (Via dei Mille 1 - Pinerolo).
Tema; « il battesimo nella Chiesa Cattolica »; introduce Padre Oreste Fabbrone.
domenica 4 dicembre
□ INCONTRO MONITORI
DEL II E MI CIRCUITO
PINEROLO — Con inizio alle 14.30,
si terrà l'incontro dei monitori del il e
Ili Circuito per preparare la sezione
« Gesù viene » della Scuola Domenicale.
Il programma avrà il seguente svolgimento; 1) I « Vangeli dell’infanzia » e
la loro importanza; 2) Esperienze di
animazione; 3) Alcuni canti.
L’incontro terminerà alle ore 19.
n RIUNIONE
COLLABORATORI
ECO DELLE VALLI
SAN SECONDO — Alle ore 16 inizia
la riunione dei collaboratori dell’Eco
delle Valli.
Programma: ore 16; Programmi e impegni per il 1984; ore 19.30; Cena (offerta dall’Amministrazione dell’Eco).
domenica 11 dicembre
□ POMERIGGIO
COMUNITARIO
CHIOTTI — Le corali di Prali, Perrero, Pomaretto, San Germano offrono un
pomeriggio comunitario nel locali della
chiesa valdese con Inizio alle ore 14.30.
Servizio buffet a cura deM'Unione Femminile.
PARTECIPAZIONI
PERSONALI
Apprendiamo ora che il pastore emerito Alfonso Peyronel
della Chiesa Riformata di Francia, nativo di Pramollo, è deceduto all’età di 72 anni nella Drôme dove, da tempo, risiedeva.
Come redattori e tipografi delT« Eco-Luce » esprimiamo ai familiari ed in particolare al nostro fratello e collega Jean.Tacques Peyronel la solidarietà
e la speranza del Cristo che è
risorto.
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2 dicembre 1983
vita delle chiese 5
PARMA • DOPO IL TERREMOTO
Prima le famiglie
Nonostante i gravi danni subiti al tempio la comunità ribadisce l’impegno prioritario verso le famiglie colpite dal sisma di novembre
Il terremoto del 9 novembre
scorso, che ha colpito principalmente la provincia di Parma interessando anche quelle limitrofe, ha notevolmente danneggiato
il tempio della Comunità metodista di Parma. La scossa tellurica ha provocato il crollo dell’intera volta del soffttto, con conseguente distruzione dei banchi ed
altri arredi per il culto. Fortunatamente la cupola posta all’estremità del locale ha retto per cui
si è potuto salvare il grande e
prezioso organo situato proprio
sotto quest’ultima. Lesioni sono
state riscontrate anche nella confinante casa pastorale, con formazione di crepe sui muri e distacco di tratti d’intonaco, specie nella parte più elevata dello
stabile.
A dire il vero non ci si è stupiti oltre misura del crollo, in
quanto lo stesso tempio era stato lesionato notevolmente dall’ultimo forte terremoto del 23 dicembre 1980, esattamente un mese dopo quello disastroso dell’Irpinia, tanto da esser dichiarato
completamente inagibile. Purtroppo le solite lungaggini burocratiche hanno impedito che la
richiesta di contributi statali per
il consolidamento della volta danneggiata potesse aver esito positivo prima del terremoto successivo. Probabilmente i danni causati erano tali che in quest’ultima occasione sarebbe bastata una scossa di minore intensità per
causare il crollo completo che si
è verificato. E’ stato un peccato
che le panche in legno fossero
rimaste al loro posto, esattamente com’erano in occasione dell’ultimo culto, e non riunite sotto i
muri, perché, forse, si sarebbero
potute risparmiare dalla distruzione.
Il tempio di Borgo Tommasini
a Parma ha una storia antichissima, ed è questa la ragione per
cui la pratica per il contributo
alla ricostruzione è stata avocata
dalla Sovrintendenza al Beni Artistici e Storici. Si ha notizia, infatti, dell’esistenza della Chiesa
di San Salvatore fin dal 1145,
quale chiesa parrocchiale. Successivamente fu assegnata con
decreto della curia romana alle
Canonichesse regolari, ma dopo
la soppressione dell’Ordine ad
opera di Napoleone Bonaparte
la Chiesa fu chiusa al culto. Cosi rimase fino al 1908, quando fu
acquistata dalla Missione Metodista Wesleyana, che la riaprì al
culto evangelico. Vennero eliminate le numerose alterazioni barocche allo stile originario, installando anche un pulpito in legno ed una Mensa di marmo per
la celebrazione della Santa Cena.
Alla fine degli anni ’20 venne inoltre posto un grande organo, lo
stesso che ha sempre funzionato
fino ai giorni nostri ed è miracolosamente scampato all’ultimo
sisma.
Assemblea
In seguito a questo evento la
comunità si è riunita per un’assemblea straordinaria la domenica mattina successiva al terremoto in una sala attigua alla
casa pastorale, dove da tre anni
viene di necessità svolto il culto domenicale. Il pastore Di Muro, a nome del Consiglio di Chiesa, ha informato i membri della
comunità dei danni subiti e del
l’immediato controllo effettuato
dai tecnici del Comune. Ha anche informato dei numerosi messaggi di solidarietà pervenuti sia
da parte del mondo evangelico
italiano, come il moderatore della Tavola, il presidente dell’OPCEMI, della FCEI, del Distretto,
della Comunità battista di Pozzuoli, vittima del bradisismo, sia
da parte del locale Vescovado
della Chiesa Cattolica. E’ seguita
una discussione che è servita a
fare il punto della situazione, cercando di capire quali potranno
essere gli sviluppi futuri dei lavori per poter di nuovo riaprire
il tempio al culto.
A seguito anche di quanto era
emerso nel corso della discussio- '
ne il pastore, a nome della comunità, ha inviato al Sindaco della città una lettera in cui si esprime solidarietà con i tanti cittadini che sono stati danneggiati
dal sisma e auspicando che, pur
sapendo dell’esistenza di fondi
distinti per la ricostruzione sia
di opere demaniali o artistiche
che di abitazioni private, venga
data la precedenza all’organizzazione per risolvere i bisogni del’e famiglie rimaste senza tetto
per l’inagibilità dell’abitazione.
Si tratta di una richiesta veramente insolita, ma che per
un ambiente cristiano dovrebbe
esser la regola, in una situazione
in cui si è sempre registrata una
generale corsa all’accaparramento della maggior quantità possibile di finanziamenti, eventualmente anche per speculazioni
private, senza pensare innanzitutto a chi veramente ha necessità di aiuti.
DOMENICA DEI PREDICATORI LOCALI
Al servizio di una
Paroia
Ancora una volta la prima domenica di dicembre è la domenica del predicatore locale. L’esistenza di questo ministero
« laico » è di grande importanza
nelle nostre chiese, non solo per
la possibilità di utilizzarlo in
sostituzione di quello pastorale
(questo, anzi, è un aspetto piuttosto secondario), quanto per la
realtà di cui è in qualche modo
il simbolo: nel protestantesimo
non esiste un « clero » che abbia il monopolio della predicazione e della presidenza delle
liturgie ecclesiastiche, ma tutti
i fratelli sono chiamati a partecipare a questo compito della chiesa.
L’esistenza dell’U.P.L. come
struttura dà una possibilità di
collegamento tra coloro che si
dedicano al servizio della predi
Davide Csermely
cazione.
Tuttavia vorremmo che la
CORRISPONDENZE
Anno Santo e indulgenze
I membri delle chiese metodiste di Verbania, Domodossola,
Omegna e Luino hanno preso atto delle dichiarazioni di Giov.
Paolo II sulla persona e l’opera
di Lutero. In una dichiarazione
che hanno emesso a commento
di questo fatto hanno tuttavia
auspicato che « le parole di apprezzamento siano accompagnate da atti concreti che mostrino
in quale misura il forte richiamo
all’autorità della Parola di Dio,
che è nella Bibbia, fatto da Lutero, incide effettivamente anche
nella vita della Chiesa romana,
sia pure a distanza di secoli, dato che proprio nell’anno in cui
si sta ricordando la protesta di
quel riformatore lo stesso Pontefice ha voluto ribadire con 1’« anno santo» la dottrina e la pratica
di quelle « indulgenze » che Lutero ha decisamente contestato
in nome dell’Evangelo.
Auspichiamo inoltre — prosegue la dichiarazione — che gli
incontri ecumenici non si limitino a quelli sensazionali e formali
dei vertici ecclesiastici, sia pure
per comuni celebrazioni liturgiche (come quella alla quale il
Papa parteciperà nella chiesa luterana di Roma), ma che avvengano con sempre maggiore frequenza e profondità ad ogni livello, specialmente fra i membri
del Popolo di Dio e fra le chiese
locali, nella sincera e piena disponibilità di tutti a lasciarci veramente rinnovare e riformare
daH’Evangelo, non soltanto come
singoli credenti, ma anche come
chiese ed istituzioni. Questo, secondo noi, potrà portare alla ma
nifestazione di quell’unità della
Chiesa tanto auspicata ed invocata, sotto la guida dei suo unico vivente Pastore, Salvatore e
Signore Gesù Cristo ».
Ristrutturazione
Iniziative
metodiste
MILANO — Programmando la
sua attività per il prossimo anno
ecclesiastico la Comunità Metodista, oltre ad eleggere il nuovo
Consiglio di Chiesa (presidente
Giunto Censi), ha deciso:
— di costituire una commissione per lo studio dei problemi
relativi a « Pace, disarmo e giustizia »;
— costituirne una seconda per
studiare, assieme ai fratelli vaidesi, il documento di Lima su
« Battesimo, Eucarestia e Ministeri »:
— avviare una inchiesta sul come i libri di testo scolastici affrontano il tema della Riforma
e del Protestantesimo;
invitare Gianna Sciclone ad
illustrare a Milano il problema
del Mezzogiorno in ottica protestante;
VALLBCROSIA — Il 23 ottobre è « ufficialmente » terminata l’attività per il 1983 della Casa di Vallecrosia. Attività che
ha rispecchiato, sotto il profilo
dell’impegno, la costante degli
ultimi anni. Basti pensare che
sono State abbondantemente superate le 24.000 giornate di presenza.
La chiusura non significa tut
tavia unicamente un più o meno
meritato riposo. E’ tempo di pensare anche alle pulizie, ristrutturazioni, insomma tutte quelle
attività che possono essere fatte unicamente a casa vuota. Nel
corso del mese di novembre è
quindi in corso il completamento della ristrutturazione della
cucina che comporterà anche un
non indifferente impegno finanziario che si aggirerà sugli undici milioni di lire. Questa realizzazione si è resa possibile grazie
al prezioso aiuto di un nutrito
gruppo di giovani e meno giovani «volontari» il cui prezioso
e tangibile contributo non può
esserci che di stimolo ed incoraggiamento.
relazioni programmatiche delle
chiese. Tra le decisioni dell’Assemblea, un convegno che si terrà in primavera per la verifica
delle manifestazioni luterane
svolte dalle singole comunità; tre
seminari per i predicatori locali
del circuito che saranno organizzati dal Consiglio; il coordinamento delle attività delle chiese
locali con i comitati per la pace
e il disarmo. L’Assemblea al termine dei suoi lavori ha eletto il
Consiglio di circuito nelle persone di Danilo Venturi sovrintendente; Armando Palazzino, Antonio Adamo, Ada D’Ari e Adriana Fiorini membri.
Catena umana
a Catania
La Commissione Pace della
Federazione delle Chiese Evangeliche di Sicilia e Calabria invita tutti gli evangelici siciliani
a partecipare alla catena umana che si svolgerà domenica 4 dicembre a collegare simbolicamente la città di Catania con la
base militare di Sigonella dove
entro la fine del mese di novembre dovrebbero essere installati temporaneamente i missili Cruise destinati a Comiso.
Per informazioni telefonare al
095/44.68.85, Catania.
U.P.L., anche se il senso della
sigla — unione dei predicatori
locali — attira piuttosto l’attenzione, appunto, sulla struttura,
fosse innanzitutto considerata
come un progetto. Non una meta già conquistata, non un dato
di fatto, ma tm lavoro da costruire, un disegno da realizzare. E questo in due sensi: uno
quantitativo, che è quello più
scontata. I predicatori iscritti
sono circa 140. Molti, tuttavia,
per età, malattia, scelte personali, abbandoni, prestano im
servizio molto saltuario e limitato. Vero è che esiste un buon
numero di predicatori di fatto,
anche se non sono iscritti alru.P.L. Ma pensiamo che anche contando questi il numero
dei predicatori sia sempre insufficiente all’estensione del campo di lavoro che ci sta dinanzi.
Ma l’altro senso in cui la
U.P.L. va intesa come progetto
dà realizzare con impegno e fatica negli anni che vengono è
quello di natura teologica. Non
basta che una struttura sia protestante da un punto di vista organizzativo, perché lo sia anche
nel messaggio che porta. I predicatori locali che hanno partecipato alle ultime assemblee
hanno vissuto con intensità questo problema nelle rifiessionl
sulla predicazione condotte con
l’aiuto di Paolo Ricca. In queste occasioni si è vissuta profondamente la gioia del servizio
che viene reso nelle chiese, ma
si è altresì sperimentata la miseria con cui si va avanti. Una
miseria nella nredicazione è inevitabile — e la si riscontra anche nella predicazione pastorale — perché la Parola che si predica è sempre irriducibile in parole nostre. Ma c’è anche una
miseria che può in qualche modo essere colmata con la preghiera, con lo studio, con rincontro fraterno, la riflessione
comunitaria. Per questo U.P.L.
significa progetto. Per questo
protestantesimo, anche, significa sempre progetto, tensione,
impegno, affinché il « sola scriptura » non diventi un dogma
inerte, ma sia uno stile di vita,
una mentalità, un modo nuovo
e diverso di incontrare il prossimo ed il Signore.
Claudio Trou
— proseguire le attività già
svolte lo scorso anno, Invitando
Aurelio Penna a tenere ogni seconda domenica del mese ima lezione sulla storia del protestantesimo italiano, e dedicando un
tempo, dopo il culto di ogni terza domenica, ad informazioni
sulla presenza dei protestanti
nella stampa italiana.
S** Circuito
Nuovi recapiti
PARMA — Si è svolta il 6 novembre l’Assemblea dell’8'’ circuito (Emilia Romagna). Dopo un
culto presieduto dal past. Paolo
Sbaffi i lavori si sono svolti sulla base della relazione del Consiglio di circuito letta dal sovrintendente Danilo Venturi e delle
Il pastore Gianni Bogo comunica il suo nuovo indirizzo: via
Tommaso Grossi 17, 22100 Como, tei. 031/273440.
Protestantesimo
in TV
Il pastore Enos Mannelli, via
Trieste 21 64025 PINETO (TE)
comunica il suo numero telefonico 9390041.
Lunedi 12 dicembre seconda
trasmissione di Protestanti a Milano : « Testimoniare nella metropoli», l’oggi degli evangelici
milanesi a partire dalle loro scelte di situazioni di testimonianza.
, I
6
6 prospettive bibliche
2 dicembre 1983
Saper attendere i sogni
La Bibbia nel mondo
(segue da pag. 1)
suo letto di ansie, questo dovette essere il suo ultimo pensiero
cosciente, la sua ultima ricerca,
il suo ultimo rifugio prima di
addormentarsi con tutte le cose
pesanti che aveva nell'animo.
Dire però che su quel sogno
potè influire, plasmandolo, il fatto che Giuseppe prima di addormentarsi si sia potuto rifugiare
nella preghiera, non significa affatto smentire che l'origine di
quel sogno fu Dio stesso. Nessuno può farlo.
Così Giuseppe comprese che il
suo sogno era l'elezione e davanti alVatteggiamento di Dio non
si poteva dir nulla. Era la sua
volontà che veniva affermata e
lui non poteva far altro che obbedire.
Del resto affermare che il sogno può venire da Dio non è una
cosa assurda giacché nella Scrittura se ne {tossono trovare molti
esempi. Bisogna essere però molto cauti in questo campo per
non finire con l'essere designati
come dei sognatori o come degli uomini che oppongono le
proprie esaltazioni alla Parola
di Dio.
La Parola di Dio è l'unica affermazione che può permetterci
il confronto tra vero e falso, tra
giusto e sbagliato, tra convinzione dell'uomo e volontà di Dio.
In questo senso già il profeta
Geremia (2Ì: 25-38), indicava il
metro di lettura tra il sogno che
viene dall'uomo e il sogno che
viene da Dio. Nessun sogno che
l'uomo pensa venire da Dio può
essere in contrasto con la sua
Parola. Tra sogno umano e Parola di Dio c'è la stessa differenza- che esiste tra « la paglia e il
frumento ».
Quel che Giuseppe comprese
fu che il bambino, quel bambino
era veramente da Dio. Il nuovo
Patto, l'invio del Messia, concepito dalla Grazia, predicato dai
profeti, atteso dai poveri, passava non accanto, ma si inseriva,
quasi si intrometteva, improvviso e sconcertante nella sua esistenza, coinvolgendolo personalmente nella trama della storia
alla quale Dio vuol portare la
redenzione.
E' certamente Matteo che ha
commentato col. testo di Isaia
(7; 14), l'origine divina del sogno
di Giuseppe, ma non stupisce
che l'abbia fatto a questo punto,
come se avesse voluto confermare che non s'era trattato di
una scappatoia umana.
Così Giuseppe comprese che
si trattava di Maria che stava
per sposare. Era lei la giovane
donna incinta che doveva partorire il figlio che avrebbe portato la riconciliazione tra la generazione sorda ed infedele e
l'Iddio meraviglioso e giusto di
Abramo, d'Isacco e di Giacobbe.
Ma era lui stesso però che, da
quel momento, doveva assumersi la responsabilità di vivere una
vita non più piana e senza scossoni, ma ben delineata nel ruolo responsabile che Dio gli affidava: « Giuseppe, non devi aver
paura di sposare Maria ».
Ci sono ancora dei segni di
Dio. Essi sono spesso inattesi e
difficili da accettare. Ma al di là
dello stupore, del disagio o della paura che suscitano, chiamano ad un impegno responsabile,
ad una vocazione particolare.
Essi obbligano ad uscire da
Un comodo anonimato per fare
assumere l’incarico che il Signore affida personalmente a ciascuno che chiama al suo servizio.
Quali saranno questi segni e
chi li mostrerà?
Saperli attendere, riconoscere
e seguire significa non solo conoscere la storia della fede, ma
prendere parte ad essa. E prendere parte a questa storia significa essere inseriti nella famiglia
di Dio senz.a fuggire per paura.
Grazie al lavoro dei monaci
benedettini dell’Abbazia di Maredsous (Belgio), la Bibbia non
esisterà più solo come libro ma
anche sotto forma di una « banca di dati ». Secondo Topinione
della Federazione mondiale cattolica per l’apostolato biblico
questo progetto, che è ancora allo studio, permetterà di « rispondere alle aspirazioni di milioni
di persone che non hanno accesso alle Scritture, in particolare
i poveri e gli analfabeti ». Codificato elettronicamente, il messaggio può essere rilevato e trasmesso in molteplici forme, per telefono, sullo schermo di un televisore, per telex.
Trascrivere la Bibbia in una
« banca di dati » esigerà delTimmaginazione, del coraggio, la cooperazione tra le confessioni e
degli investimenti considerevoli,
è stato sottolineato alTAbbazia
di Maredsous.
americano, John Heymann, che
vuole portare sullo schermo la
Bibbia nella sua totalità. L’impresa è cominciata nel 1976 e dovrebbe terminare all’inizio del
prossimo decennio.
Attualmente esistono già otto
ore di proiezione sotto forma di
fllms da 8 o 16 mm e di videocassette. Non si tratta di un adattamento della Bibbia ma di
una ricostruzione sul testo biblico. Le immagini commentano il
testo letto integralmente. Gli eroi
che compaiono sullo schermo
parlano le lingue originali del
tempo: ebraico, aramaico, greco.
Molte chiese americane sostengono questo progetto e anche un
distributore francese si è interessato alla cosa.
In Svizzera
Adattamenti
cinematografici
Odoardo Lupi
Quattordici anni di lavoro, 20
mila comparse, decine di archeologi e di biblisti alla riscossa, investimenti per milioni di dollari:
ecco la scommessa di un cineasta
Le edizioni tedesca e francese
della Bibbia in lingua corrente
edite in Svizzera si sono rapidamente esaurite e si è proceduto
a ristampe. Le copie in tedesco
sono andate soprattutto ai responsabili dell’istruzione religiosa e alle librerie cattoliche; quel,
■le in francese cominciano a penetrare in ambienti finora scettici di fronte alla traduzione del
N.T. in francese corrente.
LA PACE: DONO DI DIO
E IMPEGNO
DEI CREDENTI - 3
lottare per la realizzazione di questa utopia, per la fine dell’istituto giuridico della
guerra fondato sulla sopraffazione, lo
sfruttamento, la violenza.
Oggi la situazione non solo del mondo,
ma della chiesa, è totalmente altra: noi
siamo cittadini di una « polis » umana, a
pieno diritto, oltre che « cittadini del cielo », per usare la bella espressione tradizionale.
A meno di voler assumere con piena
consapevolezza la struttura di una setta
(in senso sociologico di comunità autosuffìciente) e compiere così un taglio nettissimo tra la comunità e il mondo (qui la
pace — là la guerra), non resta per noi
altra strada percorribile che quella della
ricerca difacile, conflittuale, contraddittoria che stiamo percorrendo!
a cura di Gino Conte
Che fare?
Concludiamo la pubblicazione della relazione di Giorgio Tourn su questo tema
(1982), ;^bbUcata negli Atti della XX assemblea del SAE, LDC 1983. Nel numero
scorso si era visto come U credente dell’età apostolica non aveva di fatto alcuna responsabilità civile, politica: pace e guerra non erano problemi siii quali avesse alcuna
possibilità d’intervento; poteva solo predicare la pace di Cristo, la riconciliazione in
Cristo; e pregare per la pace: aflinché gli fosse data l’opportunità migliore di annunciare il messaggio della grazia. Oggi, invece...
Attendiamo ancora?
glia nemmeno dopo Costantino, quando
il cristianesimo assumeva il potere.
La schiavitù è arrivata Ano a noi; è durata in America Ano alT800; si è dissolta
nel momento in cui i cristiani, nel XVIIIXIX secolo, si sono impegnati come chiesa.
L’atmosfera teologica che anima la nostra generazione non è più quella della generazione apostolica, non è quella delTimminente ritorno del Signore. Le Chiese
cristiane odierne non hanno una dimensione escatologica, e non possono averla
a meno di trasformarsi in setta — non
solo in senso sociologico, ma anche ideologico — diventando Avventisti o, peggio.
Testimoni di leovah.
Certo, anche noi polarizziamo la nostra
riflessione in una direzione escatologica,
nel senso che concentriamo tutto il messaggio cristiano nell’attesa di una manifestazione del Signore e del suo Evangelo,
ma è chiaro che per noi si tratta di qualcosa di altro e di più della semplice presenza di Cristo, si tratta della manifestazione del Regno suo a tutti i livelli dell’esistenza.
Noi viviamo nell’attesa del Signore nel
senso che attendiamo e invochiamo un
suo farsi presente, un realizzarsi, un esplicitarsi della pace di cui è stato portatore:
ma non in forma di catastrofismo storico.
Si tratta dunque per noi di interpretare,
^ non di ripetere l’attesa escatologica della
comunità primitiva. Per noi significa vivere la nostra azione come una testimonianza del fatto che attendiamo la pace
di Dio, realtà assoluta della vita.
Certo, la comunità cristiana è sempre
stata contraria alla schiavitù; non perché
la schiavitù fosse la struttura portante
del peccato e l’abolizione della schiavitù
rappresentasse l’avvento della pace, ma
perché avvertiva la contraddizione di fatto fra l’istituzione politica della schiavitù
e l’Evangelo che si predicava. Ma l’istituzione è caduta quando la comunità cristiana ha osato credere alla possibilità di
mutare questa struttura portante delTumanità storica.
Significa forse che il rapporto fra gli
uomini nel campo del lavoro è diventato
meno violento, rapace, brutale di quanto
fosse nel sistema schiavista? Certo no —
ma la istituzionalizzazione della dipendenza di uri uomo dall’altro è stata abolita. Non potrebbe accadere lo stesso con
l’istituto della guerra?
re non possono che rimandare la sua
scelta di esistenza a una valutazione di
coscienza, o al cappellano. Quale sarà la
prima Chiesa che pronuncerà una esplicita condanna contro le strutture di organizzazione della guerra e negherà i sacramenti a chi porta le armi? Né mi sentirei
di invitare i responsabili delle Chiese a
scomunicare i credenti che sono militari.
Con questi interrogativi paradossali sto
portando prove a favore della mia tesi:
che, cioè, sciogliere il nodo del militarismo, deUa guerra, è enormemente più diffìcile che sciogliere quello della schiavitù.
Infatti la nostra qualifica di cittadini ci
rende corresponsabili di una situazione,
che per altro verso siamo nella impossibilità di controllare. Le nostre tasse preparano la guerra e i nostri figli sono integrati in un esercito, laddove per i cristiani primitivi non esiste alcun legame
fra la propria scelta di vita e le legioni
romane. L’Impero, la Bestia ha le sue legioni, ma i credenti non hanno nulla a che
fare con i suoi progetti di violenza.
Che possiamo fare per questo? Anzitutto lo dobbiamo dichiarare, affermare, farlo capire, iniziando dai nostri ragazzi nella catechesi. Dobbiamo dire che la guerra
non è normale, non è cosa che va da sé,
non è scritta nel destino della nostra società. Dobbiamo poter dire che la guerra
non è una decisione presa da noi, ma non
è nemmeno una fatalità cui non ci si possa sottrarre; dobbiamo convincerci che
come uomini, come cittadini, possiamo fare che la guerra non ci sia.’
Naturalmente non basterà convincere la
recluta, la quale deve rispondere alla « car.
tolina »: occorrerà fare opera di persuasione più in alto, nella gerarchia dei poteri militari, ove deve diventare chiaro
che l’intervento armato rappresenta quella forza di espansione della violenza che
non può conciliarsi col Cristo morto e risorto.
E a questo riguardo sarà inevitabile
che i credenti dissocino la propria responsabilità dalle scelte della nazione in cui
vivono. Il recente conflitto anglo-argentino
ha dimostrato quanto poco sensibili siano
le Chiese ad assumere una profezia evangelica.
Questi segni di cambiamento avrebbero
potuto già manifestarsi nella cristianità
di oggi, ma ancora non ci sono.
La ripulsa della guerra
Battaglia importante
ma penultima
Un’altra dimensione
Cristiani e schiavitù
Vorrei porre come paradigma del nostro ragionamento un esempio storico: la
lotta contro la schiavitù e la sua scomparsa.
Il cristianesimo non si è battuto contro
la schiavitù, non lo ha fatto la comunità
apostolica, né quella sub-apostolica. Ha
fatto raccolte di denaro per liberare i fratelli in schiavitù, ma non c’è stata mobilitazione di forze, d’impegno contro il fenomeno storico della schiavitù. Le forze
erano molto limitate e la battaglia non
avrebbe avuto la minima probabilità di
riuscita. Forse — ma non c’è stata batta
Va subito detto che la situazione si presenta molto diversa per un fatto: nel caso della schiavitù si trattava di un rapporto di tipo personale: il credente schiavo e il credente padrone sono sullo stesso piano, la scelta di fede poteva perciò
essere realizzata p>erché si situava a un
livello diverso. L’indicazione evangelica, muovendosi a livello di scelta personale, poteva realizzarsi; ma la guerra si
colloca su un piano diverso, non è riducibile a una dimensione interpersonale.
Chi di noi può influire in qualche modo
sulle decisioni militari del proprio paese?
E’ certo legittimo e possibile esprimere
dissenso, protestare, scrivere al Ministro
della Difesa, ma che può fare lo stesso
Ministro della Difesa se non organizzare
la guerra, che possono fare i generali se
non esercitare il proprio incarico?
Che atteggiamento prendevano le chiese cristiane di fronte a questa realtà? Che
atteggiamento possono prendere?
Di fronte a un credente che sceglie la
carriera militare, un parroco o un pasto
Detto questo, resta però il fatto che il
fenomeno della guerra sta dinanzi a noi
con il suo carattere di inaccettabilità, di
ripulsa interiore, come la schiavitù per le
coscienze più lucide della generazione dei
nostri nonni. La coscienza cristiana ha
scoperto lentamente l’inaccettabilità della
schiavitù, e a noi è chiesto di dare dei segni della nostra presa di coscienza sul carattere inaccettabile della guerra.
Il nostro cammino sarà certo lungo,
perché non si giungerà atl’abolizione di
ogni conflitto senza una profonda revisione della nostra cultura; ma è assurdo pensare al 2000 come a un tempo in cui non
si combatte più militarmente?
Questo non significa certo che Gesù
sia allora presente più di quanto lo è ora,
che tutto sia risolto e il suo Regno instaurato. Gesù sarà presente sempre e soltanto laddove è presente lo Spirito. Il silenzio dei cannoni non significa che la sua
voce risuoni!
Ma come i nostri nonni, pur non ipotizzando una società senza schiavi, hanno
finito per realizzarla, nello stesso modo
anche noi, pur essendo incapaci di ipotizzare una società senza guerra, dobbiamo
Pur così agendo, impegnati a sconfiggere l’istituto della guerra, dobbiamo essere in chiaro sul fatto che questa battaglia,
che come credenti dobbiamo combattere
in termini di sensibilizzazione, deve essere
sempre vista come una battaglia penultima; e cioè: non dobbiamo identificare
la nostra fede con essa. Si tratta di una
ricerca, di im servizio significativo, di una
testimonianza, ma non è l’Evangelo.
L’Evangelo di cui viviamo, la pace di
cui viviamo è una realtà altra, è la realtà di un Regno che non è « di questo mondo », come ebbe a dire Gesù a Pilato.
Ne consegue che la nostra battaglia per
la pace va combattuta seriamente, ma
senza passionalità. I credenti debbono
essere uomini convinti, non hanno da essere dei passionali. Si tratta di un impegno da assumere con serietà, certo, ricordando però che Tunica passione ’ dei
cristiani deve essere l’Evangelo. La passione delTEvangelo deve impegnare qui
la serietà della nostra fede.
Queste non sono che riflessioni personali, ipotesi, frammenti di una ricerca su
un tema che resta tuttora per me assai
difficile e oscuro.
(fine) Giorgio Toum
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2 dicembre 1983
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IL VI SINODO MONDIALE DEI VESCOVI CATTOLICI
A che prezzo è possibile un rinnovamento?
Ogni proposta di rinnovamento, tentativo di affermare nuovi valori deve prima passare sotto il giogo delle condanne
e del martirio e magari riesce ad affermarsi presso il governo della chiesa dopo che ha perso il suo genuino valore
Sul Sinodo mondiale dei vescovi cattolici,
centrato soprattutto sul sacramento della
penitenza, abbiamo chiesto a Cesare Milaneschi, storico e giornalista, un’analisi e
una valutazione compiessiva.
Neila foto: la confessione, parte di una
paia d’altare di Lucas Cranach il vecchio,
1547. Ricordiamo che la confessione rimase
neiia teologia di Lutero accanto a Battesimo e Santa Cena ma non come sacramento
vero e proprio. Fu invece respinta dalla riforma zwingliana e calvinista.
Il tema del Sinodo era « Riconciliazione e penitenza nella missione della chiesa ». Il dibattito
si è concentrato per oltre un mese (dalla fine di settembre ai
primi di novembre) sui due versanti già enunciati nel titolo: la
missione riconciliatrice della
chiesa e la confessione dei peccati.
Missione riconciiiatrice
Questo tema ha avuto presto
uno sbocco positivo nell’« Appello alla riconciliazione rivolto a
tutta la chiesa e al mondo intero ». In esso i vescovi si sono
fatti portavoce di alcune istanze
pacifiste e per il disarmo che si
stanno affermando in vari paesi
nel contesto della partecipazione
dei cattolici al movimento per
la pace.
L’appello si apre con la condanna dei « mali che in questo
mondo negano all'uomo la possibilità di una vera liberazione e di
una vita pienamente umana »,
esplicitamente enumerati.
Ma nonostante queste tristi
realtà, continuano i vescovi, « la
speranza non può mai spegnersi ». E in forza di tale speranza
intendono « partecipare al compito affidatoci da Cristo: creare la
civiltà dell’amore sanando, riconciliando ed unificando il mondo
spaccato e diviso. In quanto cristiani chiediamo perdono dei nostri peccati e delle nostre deficienze, causa di tante scissioni ».
« Tutto il mondo — concludono
i vescovi — deve diventare sempre più una comunità riconciliata di popoli. La chiesa, in quanto
sacramento di riconciliazione per
il mondo stesso, deve essere segno valido ed efficace della misericordia di Dio ».
Il messaggio dei vescovi ha
avuto una prima risonanza nel
discorso del papa alla Pontificia
Accademia delle scienze, riunita
a Roma per la sessione plenaria
sul tema « La scienza al servizio
della pace », il 12 novembre u.s.
Il papa ha esortato gli scienziati a rifiutarsi di operare in
queji campi della ricerca che sono « inevitabilmente destinati... a
scopi di morte», i>er impegnarsi invece « in una comune volontà di disarmare la scienza e di
formare una provvidenziale forza
di pace ».
Giovanni Paolo II, al contrario
di una lunga tradizione cattolica
che voleva la gerarchia schierata a difesa delle autorità costituite e deU’ordine esistente, ha
avuto parole di elogio per i
« profeti della pace »: « Essi sono
stati oggetto di irrisione in tutti
i tempi, specialmente da parte
degli accorti politici della potenza, ma non deve forse oggi la
nostra civiltà riconoscere che di
essi romanità ha bisogno? Non
dovrebbero forse essi soli trovare ascolto nell’umanità della comunità scientifica mondiale, affinché siano disertati i laboratori e le officine della morte per i
laboratori della vita? ».
Naturalmente, si tratta ancora
di vedere nel concreto come gli
scienziati della Pontificia Accademia sapranno concretizzare queste indicazioni, e soprattutto come la Chiesa Cattolica le saprà
attuare insieme all’appello dei vescovi. Per esempio, come non vedere la contraddizione fra queste
parole e la legittimazione morale del possesso delle armi atomiche, espressa nel messaggio del
papa alla Sessione straordinaria
delle Nazioni Unite sul disarmo
dell’82, e ripetuta anche di recente da alcune conferenze episcopali? E come non vedere una contraddizione già in atto di queste
parole nell’imposizione di un ridimensionamento e di un « abbassamento di tiro» alla lettera
pastorale dei vescovi degli Stati
Uniti da parte del Vaticano e di
alcune conferenze episcopali europee?
Confessione dei peccati
Su questo tema sono emerse
due posizioni principali: la ricerca di nuove legittimazioni per la
prassi tradizionale, e la ricerca
di vie nuove, attraverso un incremento della confessione comunitaria e l’aggancio delle chiese locali alla cultura delle popolazioni in cui operano.
Per la prima posizione può essere assunto come emblematico
l’intervento in aula sinodale del
card. Joseph Ratzinger, prefetto
della Congregazione della Dottrina della fede. Partendo dal Concilio di Trento (cfr. Denzinger,
Enchiridion symholorum, 899,
917), Ratzinger ha definito « di diritto divino » la confessione al
sacerdote « di ogni singolo peccato mortale ». Perciò la sola forma di confessione e di annuncio
del perdono della Chiesa cattolica è stata per secoli la confessione individuale, con la sola eccezione del pericolo di morte o
di impossibilità fisiche o morali.
Solo l’esperienza di gravi difficoltà per la confessione individuale
nel contesto della seconda guerra mondiale persuase la Sacra
Penitenzieria Apostolica ad emanare nel 1944 delle norme particolari per l’assoluzione generale
Ratzinger giustifica la sua posizione con i seguenti criteri: la
definizione del Concilio di Trento; il fatto che « ogni sacramento
deve essere ricevuto personalmente »; il « carattere di giudizio e terapeutico » dell'assoluzione.
Perciò « solo la confessione
personale è azione veramente sociale », e nei casi di confessione
generale « viene solo anticipato
un elemento (l’assoluzione) ma
tutti gli atti (accusa compresa)
devono essere posti a tempo debito ».
Dinamica deiie chiese iocaii
in casi particolari (cioè: assoluzione impartita a più persone in
gruppo, senza previa confessione individuale dei peccati).
Anche il nuovo Codice di Diritto Canonico, entrato in vigore
con la prima domenica di Avvento, precisa che non è motivo
di liceità per l’assoluzione generale il « grande concorso di penitenti » (Can. 961, § 1-2).
In conclusione, il card. Ratzinger ha ribadito la necessità della
confessione personale come prassi ordinaria, limitando la possibilità di impartire l’assoluzione generale dei peccati ai criteri seguiti dalla Penitenzieria Apostolica nel 1944. I vescovi hanno la
facoltà di determinare quali siano le condizioni di necessità che
permettano il ricorso a questa
normativa, tuttavia resta sempre,
secondo le disposizioni della S.
Congregazione per la Dottrina
della fede del 1972, l’obbligo di
confessare successivamente, al
più presto, i peccati mortali.
Quest’obbligo è da porre in relazione anche al tradizionale
« precetto » di confessarsi almeno una volta l’anno, che per Ratzinger non si pone in discussione.
Dallai periferia del cattolicesimo sono venute interessanti indicazioni per un rinnovamento e
per una ricerca che rifondi la
prassi penitenziale cattolica. Le
proposte sono partite da una considerazione accettata da tutti in
assemblea sinodale: la crisi del
senso del peccato e la forte diminuzione della pratica della
confessione individuale negli ultimi decenni.
In alcuni paesi, soprattutto del
Terzo Mondo, si registra poi ima
grave carenza di sacerdoti, per
cui è impossibile anche fisicamente ascoltare le confessioni
individuali dei membri delle comunità.
Per questo ad esempio il vescovo Francis Kofi Anani Lodonu
di Keta-Ho (Ghana), a nome di
tutti i vescovi del Ghana ha chiesto al Sinodo « una precisazione
sulla validità delTassoluzione generale, specialmente per quanto
riguarda l’obbligo di confessare
i peccati gravi dopo l’assoluzione ». Infatti in questo paese si
verificano « casi in cui l’assoluzione generale è stata ricevuta
più volte consecutive, e la confessione singola dei peccati gravi è pressoché impossibile, data
la mancanza di sacerdoti, special,
mente quando un solo sacerdote
deve raggiungere molti villaggi ».
Su questo problema, i delegati
degli Stati Uniti (card. J.L. Bernardin, e i vescovi J. R. Roach,
P. F. Flores, e A. B. Vaughan)
hanno posto il quesito: « Come
si può dimostrare che l’obbligo
della confessione dei peccati
mortali dopo il perdono mediante assoluzione generale sia basato sulle esigenze e sui diritti della natura umana e sulla struttura del sacramento? ».
L’arcivescovo di Khartum (Sudan) Gabriel Zuheir Wako ha
evidenziato le contraddizioni della disciplina canonica a questo
riguardo: « Nel 1962 papa Giovanni XXIII ci ha permesso in
Sudan di usare il rito della confessione generale con assoluzione generale senza l’obbligo di
confessare i peccati mortali in
una successiva confessione individuale. Nel 1972 il permesso è
stato ritirato ed abbiamo dovuto
seguire la legge generale della
chiesa in questo campo ». Ma ciò
ha creato notevoli difficoltà, sia
per l’impossibilità della confessione individuale in casi in cui i
fedeli vedono il sacerdote solo
una o due volte l’anno, sia perché non riescono a capire la necessità di confessare « i peccati
che sono già stati perdonati ».
Perciò ha chiesto: « che sia migliorato il rito della confessione
e dell’assoluzione generale; che
venga tolto l’obbligo di confessare successivamente i peccati »;
che le conferenze episcopali possano «estendere l’uso della confessione e assoluzione generale
secondo le necessità pastorali
delle loro regioni».
Non sono mancate poi le critiche alla pratica della confessione dei peccati e alle sue premes
se teologiche. Il vescovo Hermann Josef Spltal di Trier (Germania Federale) ha osservato:
« Se un cristiano si preoccupa
più di fare un’accusa completa
che di pentirsi, viene privilegiato
l’aspetto giuridico (...). Una concezione troppo oggettivistica dei
peccati gravi e veniali... è senza
dubbio una delle cause fondamentali del declino della pratica
della Penitenza in genere ».
Il Padre Femand Barraqé, confessore nel santuario di Lourdes,
ha raccomandato (ed è significativo che questa raccomandazione venga da chi ha una limga
esperienza di confessore) « la discrezione » ai confessori: « forse
molte allergie alla pratica del
sacramento derivano da abusi di
potere e da domande inutili ».
Interessante dal punto di vista
teologico la proposta del coinvolgimento dei laici nel ministero di riconciliazione della chiesa.
Mons. Adolfo Suarez Rivera di
Tlalnepantia (Messico) osserva
che « la missione riconciliatrice
della chiesa non spetta soltanto
alla gerarchia, ma anche ai laici,
perché Cristo affidò la missione
di attuare la riconciliazione e la
penitenza a tutto il popolo di
Dio ».
Mons. Friedrich B. Madersha
cher di Ciquitos (Bolivia), facendo riferimento alla « tradizione
apostolica della confessione senza sacerdote... che è durata fino
al Concilio di Trento », ha proposto di delineare « il compito importantissimo del laico come ministro della penitenza non sacramentale ». E Mons. Ivo Lorscheither, vescovo di Santa Maria
(Brasile) ha proposto « l’istituzione di un ministero laico della
riconciliazione, che non sia tuttavia in opposizione al ministero
sacerdotale nella celebrazione del
sacramento ».
Osservazioni conclusive
Quale sarà il futuro orientamento della Chiesa cattolica circa la confessione dei peccati e
l’annuncio del perdono?
Le posizioni espresse dal card.
J. Ratzinger, prefetto della Congregazione per la Dottrina della
fede, e le indicazioni più volte
date dallo stesso Giovanni Paolo II non danno adito a dubbi:
si riproporrà nuovamente la dottrina e la prassi tradizionale, la
quale del resto ha il suo fondamento in precisi canoni del Concilio di Trento. D’altra parte il
Sinodo è un organismo a carattere solo consultivo, che non prende decisioni da solo, ma semplicemente rimette le sue proposte
nelle mani del papa. Ora, l’esperienza ha già dimostrato che
Giovanni Paolo II non lascia largo spazio alle posizioni più coraggiose e innovative. Infatti, come sono rappresentate nella « Familiaris consortio » le posizioni
più problematiche emerse durante il V Sinodo dei vescovi nell’autunno del 1980?
Perciò non è azzardato presupporre che in un prossimo documento pontificio sulla confessione dei peccati e la penitenza,
non troveranno spazio le proposte di incremento della confessione comunitaria e dell’assoluzione generale. E tanto meno si
darà spazio a nuove possibilità
di un« ministero laico della riconciliazione ».
D’altra parte, è lecito chiedersi cosa avverrà alla periferia della Chiesa cattolica, dove la real
tà e i comportamenti sono sempre più dinamici che al suo centro. Riuscirà il Vaticano a normalizzare le chiese locali o si
accentuerà quella divaricazione
fra centro e periferia che gli osservatori sembrano cogliere già
al presente?
Le possibilità sembrano due:
o la periferia si conquisterà in
tempi non lunghi una certa autonomia, accentuando con ciò la
sua divergenza dal centro — e
in questo caso si aprirebbero necessariamente dei conflitti — oppure la S. Sede adotterà quella
tattica ormai sperimentata di
concessioni anche numerose su
aspetti secondari, riuscendo a
controllare le linee globali della
pastorale di tutte le diocesi. L’esperienza insegna che questa seconda ipotesi è molto più possibile della prima, come del resto conferma il caso dell’etica
familiare.
Ma allora quali possibilità ci
sono di rinnovamento della pastorale e della teologia nella Chiesa cattolica? Anche in questo
l’esperienza può essere maestra:
ogni proposta di rinnovamento e
ogni tentativo di affermare nuovi valori, nell’ambito cattolico deve prima passare sotto il giogo
delle condanne e del martirio, e
magari riesce ad affermarsi presso il governo centrale della chiesa dopo che, o per esaurimento
interno o per cambiamento di
circostanze, ha perso il suo genuino valore.
Cesare Milaneschi
8
8 ecumenismo
1
2 dicembre 1983
DIALOGO INTERCONFESSIONALE
tero movimento ecumenico possa trarne benefìcio.
Esistono oggi tra le confessio
Viaggio neli’Ortodossia
L’incontro annuale dei responsabili delle ’’comunioni cristiane mondiali” si è svolto quest’anno in Bulgaria - Studiato il tema della pace
Alla fine di ottobre abbiamo
passato una decina di giorni in
Bulgaria. Motivo: la conferenza
annuale dei Segretari delle Famiglie Confessionali Mondiali.
C’erano dunque i rappresentanti dell’Alleanza Riformata mondiale, della Federazione Luterana, dei corrispondenti organi
battisti, metodisti, avventisti, anglicani, quaccheri, il Segretariato Vaticano per l’unità dei Cristiani, le chiese ortodosse, l’Esercito della Salvezza, ed altri
ancora. L’invito era stato fatto
dalla Chiesa Ortodossa di Bulgaria, che ha ospitato la conferenza e ha organizzato un programma di visite per i partecipanti.
Monasteri, centri di
Identità nazionale
ASSISI
Eucarestia
condivisione
solidarietà
te reso un po’ difficile
tatto con gli studenti.
il con
Gli evangelici
Abbiamo così, potuto visitare
il celebre monastero ortodosso
di Rila, passare un giorno e
mezzo in quello di Backovo e
visitare brevemente un antico
convento femminile. In pari
tempo abbiamo anche potuto incontrare alcune comimità evangeliche e partecipare ai loro
culti.
L’ortodossia, e in particolare
i monasteri, hanno avuto una
parte estremamente importante
nella storia della Bulgaria, perché sono stati il centro culturale che ha permesso ai bulgari
di conservare la loro identità
durante i 500 anni di dominio
musulmano. In Bulgaria, quando si parla di «guerra di liberazione » si intende quella del 1877,
in cui i russi sconfìssero i turchi restituendo ai bulgari la loro indipendenza. I monasteri,
pur con un numero di monaci
estremamente ridotto, sono ancor oggi centri di vita religiosa
e mète di pellegrinaggio; alcuni
possiedono delle terre i cui proventi permettono la sussistenza
economica della chiesa. A Sofìa
abbiamo partecipato ad una funzione nella cattedrale ortodossa
e ad una tavola rotonda nell’Accademia di teologia, situata in
pieno centro della città. Problemi di lingua hanno naturalmen
I dirigenti della chiesa ortodossa bulgara, per quanto abbiamo potuto vedere, sono orientati in senso molto ecumenico e
fanno positivi sforzi per entrare
in contatto con le altre chiese
cristiane in Europa e nel mondo. Il nostro stesso viaggio ne
è una testimonianza.
Le chiese evangeliche sono
piccole minoranze la cui fondazione rìsale alla seconda metà
del secolo scorso : i metodisti
nel Nord, i congregazionalisti
nel Sud del paese. La missione
era rischiosa allora: uno dei
rnissionari morì nel 1862 vittima
dei briganti.
Su una popolazione di quasi
9 milioni di abitanti i congregazionalisti sono circa 8.000, i metodisti alquanti di meno. Queste comunità hanno tutte le caratteristiche delle chiese di minoranza, che conosciamo anche
in Italia. Anch’esse sono state
considerate per molto tempo come gruppi stranieri, estranei allo spirito nazionale. L’orientamento ecumenico della chiesa
ortodossa ha già prodotto qualche miglioramento nei rapporti
tra le confessioni, ma molti passi rimangono ancora da fare.
Ciò di cui queste chiese soffrono particolarmente è un certo isolamento, anche teologico,
e la difficoltà di preparare adeguatamente i loro pastori: non
esiste facoltà di teologia protestante in Bulgaria.
I culti a cui abbiamo partecipato, per due sabati e due domeniche, erano ben frequentati,
con un canto robusto e un’atmosfera fraterna.
Ricordare e conoscere
Comunioni Cristiane
Mondiali
Il Comitato Permanente « Oscar Romero» per la solidarietà con i popoli del Centro America, a seguito del IV Incontro
Internazionale dei Comitati cristiani di solidarietà, svoltosi a
Torino dal 5 all’8 maggio 1983,
ha verificato l’opportunità di
organizzare, in collaborazione
con la Pro Civitate Christiana
di Assisi, un momento di riflessione biblica e teologica sulla
Teologia deUa Solidarietà: tale
incontro, a cui aderiscono l’Associazione Internazionale contro
la Tortura di Milano e numerosi altri gruppi e comunità coinvolte da tali problematiche, avrà
carattere seminariale e si terrà
ad Assisi, presso La Cittadella,
dal 16 (sera) al 18 dicembre ’83.
persone muoiono di fame, la militarizzazione della politica, la
accettazione della guerra come
mezzo per risolvere i conflitti,
è peggio che follia: è politica,
fatta dagli uomini. Le chiese non
sono più disposte a accettarla
umilmente... ».
I dialoghi teologici
bilaterali
ni cristiane una quantità di « dialoghi teologici » bilaterali ; la sola Alleanza Riformata è impegnata in simili conversazioni con
i cattolici, gli anglicani, gli ortodossi, i luterani, i battisti; e ciascuno degli altri è impegnato in
una simile serie di dialoghi teologici. Un enorme investimento
di tempo e di energie (e anche
di denaro) i cui risultati devono essere fatti circolare. La critica che si può fare è che tutti
questi dialoghi, come pure il
« forum » previsto, rimangono di
solito a livello di esperti e le
chiese ricevono a cose fatte un
rapporto finale. Occorrerebbe
che il dibattito teologico avvenisse davanti al popolo, con la
partecipazione della base fin dall’inizio del dialogo. Ma questi
concetti non sono molto popolari... nemmeno tra le chiese riformate.
« Assemblea orante ». Altri, viceversa, riferendosi soprattutto
all’organizzazione, ha detto che
La conferenza ha anche fatto
un giro d’orizzonte sulla situazione delle varie organizzazioni
confessionali presenti; ha ascoltato una relazione sulla vita della chiesa ortodossa bulgara ed
ha espresso il desiderio che si
realizzasse nuovamente un « forum » — un incontro — tra tutti coloro che sono impegnati in
dialoghi teologici bilaterali a livello mondiale, in modo che l’in
Chi parla per
i protestanti?
La conferenza ha anche dedicato un certo tempo a valutare
l’Assemblea di Vancouver. I giudizi sono stati in genere favorevoli, specialmente sui culti : qualcuno ha detto che Vancouver sarebbe stata ricordata come la
questo tipo di assemblea è ormai superato e che per il futuro
le chiese dovranno trovare altri
modi per riflettere e decidere insieme.
Durante le discussioni su queste tematiche è emersa più volte,
da parte degli ortodossi presenti, la richiesta di sapere « chi
parla per i protestanti ». Nel cattolicesimo c’è il magistero papale, nell’ortodossia c’è il magistero di una fortissima tradizione: essi vorrebbero trovare nel
protestantesimo qualche cosa di
analogo. Il sorgere di nuove teologie li rende perplessi. Vorrebbero trattare con il protestantesimo come se fosse un’entità uni
taria e gerarchica e non un mon
do in effervescenza. Una delle
prossime riunioni dei Segretari
delle Comunioni Cristiane Mon
diali dovrà appunto affrontare
questo tema, cercando di mostrare come avviene nel protestantesimo la creazione di un
consenso teologico e la coscienza di una identità comune, non
per riferimento a una autorità
formale, ma per una dialettica
tra la libertà e la Scrittura.
Le prossime edizioni di questa Conferenza si svolgeranno a
Ginevra nell’84 e a Windsor nell’85.
Aldo Comba
ECUMENISMO IN FRANCIA
Dopo la passione, la stima?
Il lungo fiidanzamento tra cattolici e protestanti è andato in crisi: cosa
è successo? Ne parliamo con G. Cadier pastore riformato francese
Questi brevi appunti non pretendono analizzare la situazione
delle chiese in Bulgaria, ma semplicemente attirare l’attenzione
su di esse, rendere cioè presente al nostro spirito una realtà
cristiana che spesso ignoriamo.
Sia il complesso mondo ortodosso, con una spiritualità tanto diversa dalla nostra ma ricca e
autentica, sia le chiese evangeliche minoritarie meriterebbero
di essere meglio conosciute affinché possano stabilirsi dei vincoli di fratellanza e solidarietà
che sarebbero benefìci per tutti,
per loro e per noi, e permetterebbero di lavorare più intensamente insieme per la pace.
« I vescovi fanno arrabbiare i
protéétahti >r cosi" titolava 11 qutè
tìdiano parigino di sinistra ’Libération’ all’indomani della presa di posizione dell’episcopato
francese sul tema della pace dove, in buona sostanza, si legittimava l’installazione dei missili come riequilibrio e difesa.
Questa dichiarazione, molto contestata anche in ambito cattolico, ha avuto riflessi negativi
sul piano delle relazioni ecumeniche. Purtroppo non è la sola.
Anche la nota sulla «ospitalità
eucaristica ai fedeli della chiesa
della Riforma », ormai vecchia
di otto mesi, ribadisce le tradizionali posizioni cattoliche che
rifiutano l’ospitalità eucaristica
« salvo in casi eccezionali ». E
su questi «casi eccezionali», dopo un primo grosso dibattito
ecumenico, è tornato rapidamente il silenzio allorché si è capito
che a decidere sui diversi casi è
e rimane il vescovo. « Quando finalmente la chiesa cattolica capirà una volta per tutte — dice
il pastore Albert Nicolas — che
non è la proprietaria dell’eucarestia ma ne è tutt’al più la testimone? ». Mentre la base preme, soprattutto i matrimoni interconfessionali, perché tuttiju
cristiani siano ammessi aITéi>
carestia^tcosi come la là chiesa
Per informazioni e iscrizioni
tei. 075/812234 - 812410.
Il tema della pace è stato al
centro dei lavori della Conferenza dei Segretari delle « famiglie confessionali », come si chiamavano un tempo, o « comunioni cristiane mondiali » come suona l’attuale nome ufficiale. (Si
tratta delle organizzazioni mondiali luterana, riformata, metodista, battista ecc.). Il tema della pace è stato introdotto da
uno studio di Olle Dahlen, diplomatico riformato svedese,
che ha analizzato le dichiarazioni e le azioni compiute dalle chiese cristiane negli ultimi tre o
quattro anni riguardo alla pace.
Egli ha creduto di individuare
una tendenza secondo cui « le
chiese stanno sfidando i potenti
di questó mondo. Non intendono più accettare passivamente
la ’solita politica’. Le minacce
all’umanità, alla sua stessa esistenza, lo sperpero di miliardi
in armamenti mentre milioni di
anglicani il vertice continua a
riPorctafe ai suoi fedeli che partecipare alla comunione implica
condividere la « stessa fede ecclesiale », essere inseriti, insomma, in seno alla chiesa di Roma.
In altre parole si tratta di condividere non solo l’Evangelo ma
tutta la tradizione romana che
vuole che siano soltanto coloro
che hanno ricevuto il sacraménto dell’ordine ad avere il potere
di dare l’eucarestia ai fedeli.
gno di ecumenismo — che venti
anni fa conobbe il massimo del
successo e della partecipazione
— ma il bisogno del religioso.
Prosperano le sette Moon e affim al punto che, pare, TT mimstrò^Defferre (un protestàUtSTT
àBtfer~da tenlpó pronto nel cas^
setto un provvedimento per
mettere fuori legge le sette in
soprannumero. Ma prospera anche il movimento carismatico in
seno allè~chiese storiche'. Insomma a segnare il passo (e basta guardare i magri risultati
dell’ultima esangue settimana di
preghiera per l’unità dei cristiani) è l’ecumenismo. Sullo sfondo dell’attuale crisi ecumenica
c’è soprattutto un divario d’interpretazioni sul significato stesso della parola: ecumenico. Cosa vuol dire in realtà?
Per il cattolico medio francese nessuno è più ecumenico dell’attuale papa che, da solo, dialoga con tutti mentre per il protestante medio francese (uno dei
2 milioni e 300 mila che ha risposto sì alla domanda di un sondag^o nazionale che chiedeva
se ti sentivi «vicino al protestantesimo ») ecumenismo è il dialogo di tutti i cristiani intorno
, alla Parola biblica. Il cattolico
vede soprattutto continuità e
centralità mentre il protestante
provvisorietà e imprevisto. La
stessa differenza che corre tra
la basilica romana di San Pie■ tro e la tenda dei culti a 'Van
couver.
Ritorno
all’Integrismo
Lima rilancia
l’ecumenismo?
Forse l’imminente dibattito
che sta attraversando le chiese
sul ^cumento di Lima circa il
battesimo; l’éùcàrèstia'^ i ministeri potrebbe ridare fiato ad un
dialogo sempre più asfittico. Ma
c’è chi ne dubita. Sicuro è solo
il fatto che nella società francese aumenta non tanto il biso
« C’è oggi in Francia — avverte Gérard Cadier, direttore del
periodico protestante regionale
’Réveil’ in questi giorni in visita
alle comunità delle 'Valli Valdesi — ùno spiccato ritorno all’integrismo. I protestanti e i cattolici — questi ultimi incoraggiati dall’attuale pontificato —
sembrano voler tornare su posizioni arcaiche, sostanzialmente antiecumeniche ».
Il protestantesimo francese
sta allargando la sua unità formale — oggi si convive senza
problemi tra gli eredi dei ’camisards’ e gruppi di matrice pen
tecostale — mentre per i cattolici accanto alla TOB — la famosa traduzione ecumenica francese della Bibbia, terreno privilegiato dell’incontro interconfessionale — le decisioni del papa sembrano avere lo stesso peso. « Ma così, non dev’essere —
ricorda il prof. Visser’t Hooft,
presidente onorario del Consiglio Ecumenico di Ginevra — la
Bibbia, e lei soltanto, è il punto di partenza e di arrivo del
dialogo ecumenico: abbandoniamo ciò che non appartiene alla
tradizione evangelica. E non esitiamo ad abbandonare anche la
nostra stessa identità se così bisogna per fedeltà all’Evangelo ».
Ma l’energico richiamo non
sembra essere molto ascoltato.
« Dunque — si chiede Gérard
Cadier — il lungo fidanzamento
tra protestanti e cattolici finirà? ». E’ stato solo un ’flirt’ intenso, passionale, ma destinato
a lasciar posto soltanto alla ragione o alla stima reciproca?
Nulla di più? Ma anche se a tutti, fin dall’inizio, è parso un matrimonio impossibile la stagione
ecumenica ha finito, in questi
vent’anni, con l’arricchire gli
uni e gli altri. Ma allora come
rilanciare l’ecumenismo in crisi? « Forse — è ancora Cadier
a parlare — se i nostri fratelli
cattolici rinunciassero al loro
complesso di essere massa e se
noi c^sasslittó ' dT considerarci
ostaggi in mano del nemico, allora l’ecumenismo esprimerebbe
un nuovo volto ».
Sarà dunque il documento di
Lima, soprattutto sul punto riguardante i ministeri, a rilanciare il dibattito ecumenico? Esso comunque dovrà chiarire se
a costruire questa chiesa a tre
facciate : la protestaiilS, la òSX-’
tolica e l'OTtbflòssaT' si sarà liisiemè" oppure se, a causa della
crisi ecumenica, il cantiere resterà deserto. Il rischio sussiste.
Dopo una breve parentesi popolare l’ecumenismo rischia di
diventare, in Francia, questione
soltanto per specialisti. Forse la
gente si è stancata di vedere che
le divisioni non si trasformano
rabidamente in comunione. Ma
evidentemente è difficile cancellare in vent’anni, secoli di storia.
Giuseppe Platone
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V
2 dicembre 1983
cronaca delleValli 9
RIAPRE IL FOYER DEL SERRE DI ANGROGNA ■ Oggi e domani
ARe vali ÂÂ. oggi Vivere insieme
Consumo
o cultura?
è la migliore medicina
Gli anziani dispongono di una struttura che permette loro di superare
l’isolamento e la solitudine - Novità: un piccolo laboratorio artigiano
Ogni tanto compare sul mercato del Pinerolese una cassetta
con musiche popolari: canti e
danze delle generazioni che ci
hanno preceduto e rimasti in voga fino a questi ultimi decenni.
Ci sono registrazioni dal vivo,
preoccupate dell’autenticità del
documento; e rielaborazioni di
gruppi dì ricerca, preoccupate
anche di una certa qualità tecnica e musicale. Sappiamo che c’è
anche una certa polemica tra
chi parteggia per l'una o per l’altra soluzione.
Quello che mi ha colpito di più
in queste cassette è, però, il fatto
che tra i te.stimoni di cui è stata
registrata la voce o l’esecuzione
strumentale, ci sono un buon numero di valdesi e, non di rado,
si tratta di persone di un discreto impegno ecclesiastico. E’ noto che, almeno negli anni fra le
due guerre mondiali, la predicazione e ¡'insegnamento pastorale
non sono stati teneri alle Valli
nei confrollìi del ballo e, in certi
casi, anche nei confronti della
canzone profana. Un giovanotto
dì Massello, sorpreso dall’anziano evanpclista Davide Gaydou a
fischiettare una canzone all’inizio
degli anni ’20, fu da questi richiamato a cantare dei cantici,
piuttosto che a dedicarsi a tali
frivolezze. Eppure, se si vuole
oggi averne una documentazione,
è necessario ricorrere proprio
alla categoria di persone che allora erano piuttosto represse in
questo campo.
Mi sembra che la ragione di
questo stia nel fatto che la memoria storica, anche frivola, necessita di una coscienza che è
maturata più facilmente in ambiente ecclesiastico che non nel
disimpegno di chi ha vissuto il
folklore come bene dì consumo,
come occasione di divertimento
e basta. In altre parole, quando
la conoscenza del folklore ha avuto una dimensione culturale, ha
potuto essere conservata. Negli
■alu;i casi, sotto la pressione della concorrenza di occasioni di divertimento o di beni di consumo
più sofisticati, è andata gradualmente perdendosi e fa parte di
.una civiltà destinata al tramonto senza ritorno.
Gioreio Tourn ha messo recentemente in guardia contro le
contaminazioni che possono avvenire tra realtà diverse di questa cultura: ad esempio tra costume valdese (realtà tipicamente ecclesiastica) e ballo della
« courenta » (realtà tipicamente
profana). Questa messa in guardia è opportuna, proprio per
mantenere il carattere culturale
di queste realtà. Un loro miscuglio casuale è un’operazione culturale grossolana, come potrebbe
essere la confusione tra l’Eneide
e il diritto romano: due realtà
contemporanee, forse in una certa misura anche collegate e interdipendenti, ma non confuse né
confondibili. In ogni caso penso
che nella ricostruzione storica
del folklore valligiano, sarà necessario anche indagare in una
nuova direzione: quella cioè di
una « teologia sommersa » o di
una visione della vita che può
essere stata alla base della conoscenza e del ricordo del canto
profano — spesso assai poco edificante o piuttosto volgare —.
Ma, su questo le (mie) idee sono
.ancora un po’ confuse.
Claudio Tron
Se ne parla da dodici anni ma
funziona soltanto da cinque.
Quest’anno poi ha "fatto il^ pieno”. E quindi non ci sono più posti disponibili. Puntualmente, in
novembre, il Foyer per anziani al
Serre d’Angrogna ha riaperto i
battenti.
« Adesso che siamo in dodici
c’è più lavoro — commenta la
"decana” del Foyer, Margherita
Besson Monastier classe 1898 —
ma anche più vita e più allegria.
In cinque anni le cose sono cambiate, appena il Foyer aprì a
stento si riuscì a trovare cinque
ospiti ».
Ormai è una struttura collaudata sorta in mezzo a difficoltà
e, a volte, diffidenze. Quest’anno
c’è anche una novità in più; il
laboratorio artigiano, ricavato
dallo scantinato dello stabile (ma
provvisto di servizi, asciutto e
luminoso) che permette all’anziano ospite di proseguire attività
manuali (cestini, intagli, ecc.) occupando, per chi vuole, con profitto il tempo libero. Un mese
fa, ad inaugurare il nuovo laboratorio, è venuto Eugenio^ Maccari, presidente della Provincia di
Torino (accompagnato dall’ assessore all’artigianato Luciano
Rossi) il quale nel ricordare le
attuali difficoltà economiche in
cui versa il settore pubblico dell’assistenza ha aggiunto che:
« quando c’è la volontà e l’impegno si possono realizzare cose
significative per la gente ». E’ vero, le difficoltà economiche sono grosse tant’è che, quest’anno,
la retta degli ospiti è stata sensibilmente aumentata. « Purtroppo non si poteva fare diversamente — osserva Franca Coìsson,
presidente della Comunità Montana Val Penice — è un provvedimento che non si poteva evitare. Tuttavia il fatto che gli anziani, malgrado il ’’ritocco” economico siano venuti lo stesso di
mostra che il Foyer è ormai una
struttura realmente necessaria ».
Ma questa necessità è presente
soltanto in Val d’Angrogna?
« No, io mi auguro — continua
Franca Coìsson — che anche in
altri comuni, dove molti anziani
soffrono l’isolamento e la solitudine, si possano avviare iniziative simili a quella realizzata in
Angrogna ».
Tra i vantaggi che presenta
questa struttura è da notare che
essa evita, spesso, ai suoi ospiti, lunghi periodi di degenza in
ospedale o ricoveri in Istituti per
vecchi. Ciò rappresenta un notevole risparmio, in termini economici, per tutta la collettività. Il
Foyer ’’apre” dai primi di novembre sino a fine aprile. E’ un
intervento stagionale proteso ad
evitare — ci ricorda un documento della Comunità Montana
— il fatto che « la non autosufficienza dell’inverno determini per
gli anziani l’istituzionalizzazione
definitiva con Tabbandopo del
proprio domicilio ».
Nato dalla collaborazione pratica tra Comunità Montana, Comune di Angrogna e Concistoro
Valdese il Foyer ospita ora, come
abbiamo detto, da pochi giorni
un attrezzato laboratorio.
« Giocano almeno due fattori
importanti in questo nuovo laboratorio — segnala il maestro
J.L. Sappè che settimanalmente
accompagna i suoi scolari al
Foyer — intanto si tratta di conservare e tramandare la cultura
manuale delle nostre Valli, perciò è importante che i ragazzini
vedano e apprendano il lavoro
degli anziani artigiani, e poi è
importante non rinchiudere l’anziano in un ghetto dorato ma
renderlo partecipe di un dialogo
e uno scambio col mondo circostante ».
Hélène Rivoira e Claudia Bertramino organizzano la vita del
INCONTRO A TORRE RELUCE
Pace e coscienza
cristiana
TORRE PELLICE — Sabato 26
novembre nella Casa Unionista
si è svolto l’incontro di studio
sulla Pace organizzato dalla Commissione Pace della nostra comunità, con una folta partecipazione di giovani i quali con la
loro presenza ci hanno consentito di bene sperare per l’avvenire, il che è molto importante soprattutto in questi tempi piuttosto cupi.
Hanno svolto la relazione introduttiva Alberta Revel di Pinerolo, la quale ha parlato degli
aspetti organizzativi e delle prossime iniziative del movimento
pacifista, con un’esauriente panoramica di tutta l’attività svolta, ed in seguito il pastore Luciano Deodato, che si è soffermato in narticolare sul significato
della parola Pace, in ebraico
« Shalom ».
Per quanto concerne la relazione fra Pace e Giustizia, egli ha
detto che alcuni dei profeti dell’antico Testamento erano più
profeti di sventura che di pace,
la quale potrà essere acquisita
la casa: im lavoro impegnativo
e di grande pazienza che svolgono con entusiasmo.
E cosa dice Mariena Gaietti, responsabile dei Servizi Sociali della Comimità Montana e ideatrice
del Foyer? « Gli interventi per
la salute non si basano solo su
certezze ma su ipotesi di lavoro
che, per quanto verosimili, vanno sempre e comunque verificate
alla luce del confronto tra obiettivi posti, incidenza dei rischi, risultati ottenuti ».
All’inizio del quinto anno si
può dire che l’anziano, pur costretto dalle necessità a chiedere
ospitalità al Foyer, ritrova nel
suo ambiente naturale la gioia
dello stare insieme agli altri. Per
la salute,, a volte, è più importante questa dimensione comunitaria che non tante medicine.
Giuseppe Platone
Comitati per la pace
PINEROLO — Il Comitato pinerolese
per la pace e II disarmo si riunirà venerdì 2 dicembre, alle ore 21, presso
fa Camera del Lavoro (via Demo, 8) per
discutere e definire le prossime iniziative da organizzare a livello pinerolese. DI esse non è stato possibile discutere nella riunione precedente per
mancanza di tempo.
# Lunedì 5 dicembre, alle 21, presso
l’Auditorium comunale di corso Piave,
nella serie di lezioni-dibattito per la
Cultura della pace, si svolgerà un dibattito su! problemi Nord-Sud {rapporto
tra paesi sviluppati e sottosviluppati)
con una relazione introduttiva del prof.
Gianni Balcet.
Dibattiti
PINEROLO — La commissione diocesana per la pastorale del mondo del
lavoro organizza per venerdì 2 dlcmnbre alle ore 21 presso l'auditorium di
Corso Piave un dibattito sul tema: « La
comunità cristiana si interroga sulla crisi occupazionale nel pinerolese ».
TORRE PELLICE — Mercoledì 7 dicembre alle ore 20.30 presso il salone
comunale di Viale della Rimembranza,
organizzata dall'YWCA-UCDG, si terrà
la seconda conversazione del pastore
Ernesto Ayassot sul tema: « Le eresie
- Gnosticismo ».
Precisazione su Amnesty
In merito all'Incontro di Amnesty International, che ha avuto luogo il 19
novembre a Torre Pelfice, desideriamo
integrare l'articolo pubblicato sul n. 46
dell’Eco-Luce (p. 11) con alcune precisazioni.
Alla riunione, cui ha partecipato un
folto pubblico, sono intervenuti il Presidente della Sezione italiana, Cesare
Fogliano, e due responsabili della circoscrizione Piemonte e Valle d’Aosta.
Dopo aver illustrato i fini e la struttura
dell’organizzazione internazionale, Cesare Fogliano ha sottolineato la particolare importanza della formazione di un
« gruppo Amnesty » nella Val Pellice,
dove è vissuto Gustavo Comba, che ha
dedicato tanta parte della sua vita all'attività di Amnesty ed è stato fi primo Presidente della Sezione italiana.
Dopo gli incoraggiamenti e le precisazioni degli oratori, cui è seguito un
interessante dibattito, si è prospettata
la possibilità di formare un « gruppo
Amnesty », nonostante questo comporti un grosso impegno: l'adozione di un
prigioniero per motivi di opinione.
Alcuni presenti hanno deciso di ritrovarsi ancora per discutere ulteriormente sulla formazione di un « gruppo ».
Anna Marullo ed Elena Pontet,
Torre Pellice
solo dopo aver raggiunto la giustizia, impresa non semplice,
perché ciò sarà possibile in modo
pieno con l’avvento del Regno
di Cristo.
>Dopo la cena al sacco ci sono
state le relazioni di Aldo Ferrerò
sulla disobbedienza civile in rapporto alla propria etica; di Alba
Ivovacs sull’annuncio di Pace nel
messaggio del Nuovo Testamento; di Attilio Sibille sulle motivazioni evangeliche all’obiezione
fiscale; di Rochat sulle prospettive del movimento internazionale
per ia pace.
Dopo una vivace discussione
con molti interventi, ha concluso Luciano Deodato, citando il
brano di un libro: «Il vero futuro e la vera Salvezza dell’uomo
non ci sono ancora, anche se noi
riusciamo a realizzare la pace
mondiale: d’altra parte, anche
se il successo finale dovesse mancare, non per questo il vero futuro e la vera salvezza dell’uomo
andrebbero perduti ».
L. P.
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10
10 cronaca delleVallí
1
2 dicembre 1983
Circa due anni fa, nel corso di una riunione tenutasi a Palazzo Cisterna, sede della Provincia di
Torino, nacque l idea di una serie di pubblicazioni
che meglio illustrassero e valorizzassero i Musei
di montagna esistenti nella provincia di Torino.
Per quanto concerne le Valli Valdesi sono così
venute alla luce sei pubblicazioni che, curate dalla
Società di Studi Valdesi, intendono presentare il
complesso museale esistente nelle nostre Valli, modesto certo, ma significativo soprattutto perché localizzato in alcune strutture che hanno fatto parte
della storia valdese, culturale o spirituale.
Questi opuscoli illustrativi, cui saranno dedicati due brevi cicli di presentazione, sono dedicati
rispettivamente a: 1) Museo Storico Valdese di Torre Pellice; 2) Museo di Rorà; 3) Museo Scuola Beckwith degli Odin-Bertot; 4) Museo di Prali e Val Germanasca; 5) Museo di Rodoretto; 6) Museo Storico
della Balsiglia.
I sei volumetti (vanno da un minimo di 16 a
un massimo di 32 pagine) contengono alcune brevi parti in comune: una rapida presentazione della
L’idea di un museo a Torre
Pellice nacque in vista delle celebrazioni del bicentenario del
Glorioso Rimpatrio. L’« Echo
des Vallées » del 28 settembre
1888 lanciava infatti una richiesta di oggetti di valore storico
da offrire o semplicemente da
prestare, per assicurare una degna esposizione durante le manifestazioni centenarie. Il Museo venne inaugurato il 2 settembre 1889, al secondo e ultimo piano della Casa Valdese,
costruita anch’essa per celebrare il centenario, nelle sale che
sono oggi sede deH’Archivio della Tavola Valdese. Gli oggetti
esposti non erano numerosissimi, se il primo catalogo della
raccolta elenca 149 numeri di inventario.
Direttori del museo, affidato
fin d’allora alla Société d’Histoire Vaudoise, sono all’epoca il
past. J. D. Armand-Hugon, poi
il prof. Giovanni Jalla, quindi il
prof. Teofilo Pons. Nel 1939, in
occasione del 250° anniversario
del Rimpatrio, il museo viene
trasferito nella sede attuale, con
ingresso però da via d’Azeglio :
il prof. Paolo Paschetto è incaricato di sistemare la parte artistica. Le sale di esposizione aumentano da una a quattro, ognuna con un contenuto ed una caratterizzazione propria: 1) presentazione delle Valli Valdesi;
2) ricostruzione del tempio di
Villasecca; 3) documentazione
del periodo delle persecuzioni e
delle guerre di religione; 4) documentazione del periodo dal
1848 al 1939. Il materiale nel frattempo cresceva, grazie a nuovi
doni e ricerche, per cui la Società di Studi Valdesi si rendeva conto della necessità di una
nuova ristrutturazione: soprattutto per ade^are la disposizione dei reperti a criteri museografici più moderni. Perciò dopo due anni di lavori, il 7 luglio
1974, nell’ambito delle manifestazioni dell’8° centenario del
movimento valdese, il rinnovato
museo apriva i battenti al pubblico. L’ingresso veniva spostato al giardino dello stesso edificio, essendo state create due
sezioni distinte : quella storica
a pianterreno, quella etnografica nello scantinato. Quest’ultima raccoglieva finalmente un
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ricco materiale, per buona parte sparso in varie sedi e difficilmente accessibile al visitatore.
Guida al Museo
Le cinque sale del pianterreno presentano cronologicamen
te la vicenda del popolo valdese
dal XII secolo ai giorni nostri.
Nella prima sala (Medio Evo)
la documentazione è unicamente costituita da riproduzioni fotografiche (fatta eccezione per
la Bibbia tradotta da Olivetano
nel 1535), che ricostruiscono la
storia del movimento valdese
dalla protesta di Valdo alla adesione alla Riforma Protestante
(sinodo Chanforan 1532). Si entra quindi nella seconda sala,
dove sono presentati i momenti
centrali della vicenda e delle vicissitudini valdesi fino alla Rivoluzione Francese : « secoli di
guerre di religione, di massacri,
di esili ».
Accanto alle Bibbie e ad oggetti del culto riformato troviamo così, numerose armi, quali le
« beidane » ( roncole trasformate
in armi dai contadini valdesi) o
l’archibugio di Gianavello, il mitico condottiero-contadino di Rorà: ma nell’impari lotta delle
« Pasque Piemontesi » a migliaia
i valdesi furono massacrati. Il
periodo che segue di pochi anni
(l’esilio degli anni 1686-89 ed il
rimpatrio di 900 uomini guidati
da Arnaud) è documentato da
varie testimonianze e da carte
topografiche. Il 18° secolo segna
un periodo di relativa pace per
il popolo valdese, isolato nel suo
« ghetto alpino », ma aiutato dalle nazioni protestanti, specie Inghilterra e Olanda.
La terza sala documenta il 19°
secolo: campeggia la figura del
generale Beckwith, infaticabile
edificatore di templi, ma soprattutto del sistema scolastico valdese. E dopo l’emancipazione del
17 febbraio 1848, l’attenzione si
sposta sull’evangelizzazione nella penisola, susseguente all’unità d’Italia, e sull’emigrazione
verso l’Europa e le Americhe.
La sezione sul ’900 (quarta sala), collocata nell’atrio del precedente museo, presenta la difiìcile situazione tra le due guerre,
con particolare riferimento alla vita delle chiese. L’ultima sala
è rimasta intatta dalla precedente disposizione, con la ricostruzione del vecchio tempio di Villasecca.
La sezione etnografica del seminterrato presenta in cinque
ambienti « il quotidiano » del
mondo valdese. Accanto ad una
cucina ed una camera da letto
complete di arredo, è stata riambientata una scuoletta del
secolo scorso: una delle tante
« scuole Beckwith », cosi denominate a ricordo dell’ideatore e
realizzatore di questo capillare
sistema di istruzione, che riuscì
nell’intento di bandire precocemente l’analfabetismo dalle Val
Al l’esterno
del Museo
Uscendo dal Museo è possibile osservare un interessante
complesso architettonico, sorto
principalmente attorno agli anni dell’Emancipazione. L’edificio
stesso del Museo risale al 1880
circa, antico « Pensionnat » per
le ragazze della valle e quindi
« Scuola Normale » addetta alla
preparazione di insegnanti. Al
primo piano ospita la sede della Società di Studi Valdesi, con
annessa Biblioteca e Archivio
Storico. Accanto al Museo la Foresteria Valdese, sorta negli anni ’50, con successivi accorpamenti di edifici. Imboccando via
Beckwith, di fronte al monumento di Arnaud, pastore ed organizzatore del Glorioso Rimpatrio del 1689, il Collègio Valdese, fondato nel 1831: il progetto iniziale dei fondatori (il
Rev. Gilly ed il Gen. Beckwith)
prevedeva anche l’apertura di
un corso di studi universitari,
mai realizzato. Ospita attualmente una Scuola Media Pareggiata, un Liceo Classico Pareggiato ed un Liceo Linguistico.
A fianco sorgono il Convitto
Valdese, attivo fino al 1975, eretto in memoria dei Caduti della
r Guerra Mondiale (è oggi sede di servizi diaconali) e la Casa Unionista, inaugurata nel
1908 come sede delle Unioni Cristiane dei Giovani, in anni recenti Scuola Materna e ora centro culturale e pedagogico della
Chiesa.
Di fronte a quest’ultimo edificio le « case nuove » o dei professori del Collegio, interessante esempio di architettura inglese. Ridiscendendo via Beckwith
troviamo il tempio, edificato ancora per opera dell’infaticabile
gen. Beckwith ed inaugurato il
13 giugno 1852. Accanto il presbiterio o abitazione del pastore,
costruito nel 1859-61, ed infine
la Casa Valdese, inaugurata nel
1889. Ospita a pianterreno la sala delle riunioni sinodali e la
Biblioteca Valdese, ricca di oltre
65.(K)0 volumi; al primo piano
gli uffici della Tavola Valdese
ed al secondo l’Archivio Valdese nella sala del primitivo museo.
All’opuscolo sul Museo Valdese di 'Torre Pellice hanno collaborato Luigi Barbiani, Osvaldo
Coìsson, Giorgio Tourn, Daniele Tron, Renato Bertot.
GUIDA Al MUSEI VALDESI - 1
Il Museo valdese di Torre
Società, di Studi Valdesi (campi di ricerca, attività
e finalità); una succinta storia dei Valdesi e delle
Valli, attraverso le tappe fondamentali della loro
esistenza e sopravvivenza dal XII al XX secolo;
una bibliografia generale (affiancata poi da una
specifica per ogni volume) per eventuali approfondimenti. In tal modo anche un visitatore affrettato o del tutto digiuno di storia valdese, mettendo piede nei vari musei, riuscirà ad inquadrare oggetti, reperti e didascalie nel loro contesto storico,
almeno in linea di massima.
Per il resto, il contenuto delle varie guide è diverso, anche se segue una impostazione comune:
inizia con la Storia del Museo; prosegue con la
Guida al Museo vera e propria (descrizione delle
sale e degli oggetti esposti); infine offre Uscendo
dal Museo, qualche suggerimento (all'occorrenza
corredato di cartina topografica) di visita a luoghi,
edifici, monumenti significativi per una miglior
comprensione della storia o semplicemente della
vita delle Valli. Un discreto numero di fotografìe,
stampe, riproduzioni di disegni originali completa
e arricchisce il testo.
MATRIMONI INTERCONFESSIONALI
li. Una quarta sala è dedicata
all’esposizione di attrezzi da lavoro agricolo ; mentre nell’ultimo locale sono esposti vestiti
maschili e femminili (tra cui
molti pezzi del costume valdese), una notevole raccolta di
Bibbie ed una serie di vecchie
cartoline con vedute delle località delle Valli.
L’educazione alla
fede dei figli
PEROSA ARGENTINA — La
educazione alla fede dei figli, il
loro inserimento in una comunità di credenti: è stato questo
il tema dominante dell’incontro
delle coppie interconfessionali,
che si è svolto a Perosa Argentina il 25 novembre.
Non molto numerosi i presenti,
una trentina in tutto, ma vivamente interessati all’esperienza
di due coppie, una di fresca costituzione e l’altra con molti anni di convivenza alle spalle, che
hanno introdotto la discussione,
dopo una presentazione del canonico don Mercol di Pinerolo.
Gli interventi hanno ripercorso
i temi che costituiscono l’itinerario d’obbligo in queste situazioni: i colloqui con parroci e pastori, la scelta del tipo di matrimonio, la dispensa, la dichiarazione d’intenti, il battesimo
dei figli, la scelta per loro di una
educazione in una chiesa o nell’altra.
La cosa più importante — è
stato detto — dovrebbe essere
un atteggiamento di tolleranza e
di comprensione reciproca, per
non trasformare una famiglia in
un campo di scontri accaniti.
Onestà anche nella scelta della
confessione in cui educare i figli
e libertà dai condizionamenti della famiglia di origine e dell’ambiente.
di giudizio, devono essere lasciati
liberi di decidere che strade
prendere; c’è il rischio che, fra
stornati da tm discorso a doppio
binario, preferiscano non impegnarsi né in un senso né nell'altro, ma è un rischio che corrono
anche i ragazzi ben inseriti in
una sola chiesa.
Ma i figli stessi, giunti all’età
in cui si raggiunge l’autonomia
Alle spalle dei coniugi di con
fessione diversa stanno le comunità, in parte interessate, in parte diffidenti, che affrontano in
modo contrastante i problemi
dei rapporti ecumenici. Anche le
comunità possono rendere la vita difficile alle coppie interconfessionali; oppure possono manifestare fraternità e comprensione, senza chiusure o preconcetti.
Non è tuttavia sensato drammatizzare eccessivamente la situazione di queste coppie, come
se i problemi e le difficoltà fossero soltanto di loro proprietà
esclusiva. Esse comunque lanciano un messaggio alle chiese,
perché le questioni relative alla
fede vengano affrontate con la
dovuta responsabilità.
E’ quindi auspicabile che rincontro di Perosa non sia l’ultimo
e che la partecipazione sia maggiore: infatti, per continuare sul
tema della pastorale comune,, sarebbe importante ascoltare l’opinione dei parroci, che a questo
primo appuntamento non erano
presenti.
L. V.
Per gli allevatori di Luserna, Lusernetta, Rorà
Lunedi 5 dicembre 1983, alle ore 21, si terrà, presso la Sala Comunale di Luserna San Giovanni — Via Roma n. 31 — una riunione
nel corso della quale verrà trattato in particolare il tema: « Mortalità_ neonatale nell'allevamento bovino e ovi-caprino » a cura del Veterinario Doti. Stefano Gatto, incaricato dalla Comunità Montana
Val Pellice dell’attuazione del Piano di Assistenza Zootecnica in
Valle.
Partigiani, ex Internati, deportati
Il Parlamento, I’8 agosto 1980, ha approvato una legge, la n. 434,
che riconosce, a titolo onorifico, i gradi partigiani equiparandoli a
quelli dell’esercito.
Inoltre, con legge del 16 marzo 1983, n. 75, a tutti i Partigiani,
Internati, Deportati, appartenenti al Corpo di Liberazione Italiano,
viene concesso un diploma d’onore con la qualifica di combattente
per la Libertà d’Italia 1943-1945.
Quanto sopra vale anche per i familiari dei caduti e dei deceduti dopo la liberazione.
Roberto Giacone
(foto di Franco Ferraresi)
Tutti coloro che sono nelle condizioni previste dalle succitate
leggi, possono ottenere informazioni e assistenza per la compilazione delle domande presso la sede dell’ANPI di Pinerolo, C.so Torino
n. 18, ogni giovedì alle ore 21.
11
2 dicembre 1983
cronaca delle Valli 11
1, •
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LEGGENDO I « DISCORSI A TAVOLA » DEL RIFORMATORE
Lutero e i Valdesi
Martin Lutero, il giovane monaco agostiniano poco sapeva
dei valdesi chiusi nelle loro Valli
mentre invece per J. Huss ebbe
espressioni sconcertanti (come
ci ricorda Giov. Miegge nel suo
« Lutero giovane ») considerando
il movimento hussita « scismatico ». Ma non molto tempo dopo
Lutero cambiò idea avendo letto
le opere del grande boemo che
gli erano state recapitate, e dopo averle ben ponderate scriveva
a Spalatino: « senza saperlo ho
creduto ed insegnato finora tutto
di Huss..., io sono fuori di me
per lo .stupore vedendo questi
terribili giudizi di Dio sugli uomini; la verità evangelica evidentissima è stata bruciata pubblicamente più di cento anni fa..., ed
è condannata e non è permesso
confessarla! ».
Ma altre sorprese, mentre lottava da gigante, colpirono Lutero poiché per via della loro provvidenziale enorme disseminazione, onp ressi, impoveriti nei loro
beni materiali, migranti in tante
contrade i valdesi travalicando
le Alpi, in immane calvario ma
dominati dalla loro certezza che
Dio era con loro, finirono in una
immensa diaspora, portando ovunque il seme della Parola, così
in Austria, come in Boemia, Pomerania. Germania, Polonia
frammischiandosi con gli bussiti
ed altri « eretici » in ogni parte
d’Europa, « dispersés à tous
vents » come ha copiosamente
scritto Eugen Bellon.
Or dunque la testimonianza che
ci è lieta ricordare a quei nostri
lettori non sempre edotti su certe pagine di storia ci impegna a
riportare alcuni brani che trovansi nei «Discorsi conviviali»
di Martin Lutero, che evidenziano il latto che Lutero crasi reso
edotto della vicenda valdese attraverso l’attiva diaspora boema. A. Molnàr nella sua « Storia
dei valdesi » osserva che gli inquisitori papisti « scoprirono dei
rapporti fra valdesi tedeschi e
bussiti boemi...; a questa connivenza fu attribuita la causa della
miseranda fine della seconda
’’crociata” anti-hussita (1421)
spingendo lo zelo repressivo inquisitoriale al suo acme ». E’ bene aggiungere come due latti nuovi si inseriscono in quel torno
di tempo: i valdesi europei danno segni manifesti di una ripresa della loro attività missionaria; essa in certo modo fiancheggia l’azione di riscossa del capo
taborita Procopio che aveva organizzato una forte armata con
l’intento di scacciare via i « crociati ».
PINEROLO 4 GENNAIO 1942
I soldati, la guerra,
la panchina rotta
Leggo suU’Eco-LHce del 18 novembre un accenno di M.G. alla
deva.stazione dei giardini pubblici di Pinerolo compiuta nel 1942
dagli alpini in partenza per la
Jugoslavia. Nelle mie ricerche
neirarchivio di stato di Torino
ho trovato il rapporto dei carabinieri su questo episodio, che
mi sembra valga la pena di riprodurre come documento poco
noto della guerra nelle Valli.
Scrive il maggiore O. Cavaliere,
comandante del gruppo esterno
dei carabinieri di Torino, in forma riservata per il prefetto ed il
questore di Torino, in data 9
gennaio 1942; si tenga presente
che il Terzo alpini reclutava nelle
valli pinerolesi ed era la destinazione della maggior parte dei
valdesi.
Nelle notti sul 4 e 5 corrente,
diverse centinaia di alpini del
Terzo reggimento, richiamati dalla licenza in seguito all’ordine di
partenza della divisione Taurinense per destinazione oltremare,
e la quasi totalità degli altri rimasti in sede (in tutto circa tre
mila uomini) hanno percorso le
vie di Pinerolo in istato di ebbrezza alcolica, schiamazzando
— qualcuno emettendo grida
scomposte interpretate di protesta contro la guerra ■— commettendo ogni sorta di vandalismo
€ dando prova di massima indisciplina.
Sono state da loro divelle e deteriorate nei viali della periferia
una quindicina di targhe e cartelli indicatori, deteriorate tre
della giustificazione non l’hanno
puro. Essi confessano bensì che
l’uomo è salvato dalla grazia e
per la fede, ma intendono che la
fede è nel cuore una qualitas,
una cosa che governa; intendono
la fede e la grazia diversamente
da noi, e attribuiscono la giustizia che vale davanti a Dio parimenti ed insieme alla fede ed
alle opere. Infatti dicono: « la
fede senza le O'pere è morta», e
ciò è giusto quando questa parola è intesa soltanto della predicazione della legge e della condotta esterna, secondo i dieci comandamenti ».
Lutero ebbe modo di rendersi
più informato sui valdesi e lodò
i valdesi... « perché conducevano
una vita ben regolata e onesta e
reprimevano i cattivi desideri e
de concupiscenze per quanto potevano... essi non sono orgogliosi, né arroganti..., ammettono che
anche altri siano pii, non pretendono di essere soltanto loro, condannano la Messa, il Purgatorio,
la invócazione dei santi, ecc....
permettono ai loro preti di ammogliarsi quando lo vogliono...,
non condannano il matrimonio...
Essi non sono pigri, non crapulano, mantengono una buona disciplina esterna, ma l’articolo
Dice inoltre: « i valdesi parlano
meglio e più puramente della fede che i papisti..., sono più intelligenti e pii di tutti i papisti ». Altrove aggiunge: «i valdesi erano
serie, severe persone, dall’aspetto arcigno, si tormentavano soltanto con la legge e le opere, ma
non esponevano puramente la
promessa dell’evangelo, non avevano una lieta coscienza (n.r.: come dire la certezza della salvezza). Sebbene disprezzassero le
opere papistiche erano però zelatori delle opere e non avevano
una serena e tranquilla coscienza ».
Ecco come Lutero vedeva i vai.
desi del suo tempo, lui che stava saldamente ancorato al concetto della certezza della salvezza per via della grazia divina.
Domenico Abate
PICCOLE STORIE
Matrimonio misto
fontanelle pubbliche, abbattute
diverse piante ornamentali in
giardini pubblici e una diecina
di panchine di legno e di pietra;
in una strada della periferia,
inoltre, sono state rotte tutte le
lampadine della pubblica illuminazione. Sempre alla periferia
della città è stato esploso anche
qualche colpo d’arma da fuoco,
senza conseguenze.
Numerose pattuglie dell’arma
[dei carabinieri] e ronde della
Scuola di applicazione di cavalleria, comandate da auel comando di presidio, non hanno potuto dominare la massa degli ubriachi, i quali, forti del loro numero
e protetti dall’oscurità, hanno potuto con facilità compiere gli atti di vandalismo anzi citati ».
Nei giorni seguenti, termina il
documento, gli alpini sono partiti senza ulteriori proteste, mentre i pochi rimasti provvedono a
riparare i danni. E’ evidente l’intenzione delle autorità di minimizzare dimensioni e significato
della protesta: basti l’accenno
pudico alle « grida scomposte interpretate di protesta contro la
guerra » e la rinuncia a individuare e punire i responsabili. Noi
dobbiamo ricordare che solo in
questi momenti e in questo modo poteva esplodere il malcontento, l’estraneità, il dissenso delle masse che si celavano sotto il
consenso entusiastico imposto
dal regime fascista con la forza
del suo apparato poliziesco e propagandistico.
Giorgio Rochat
L’intervistata è una vispa nom
netta: data la delicatezza degli
argomenti trattati, preferisce
non dire dove abita. E’ cattolica.
— Come proseguirono le cose?
— Lei vuole parlarmi dei matrimoni misti, di come venivano
vissute un ternpo le unioni interconfessionali nelle piccole
comunità contadine...
— Sì: credo che anche adesso
quello dei matrimoni misti sia
un problema risolto solo a parole, quasi sempre quando due
giovani di religione diversa decidono di sposarsi nascono polemiche, bisticci tra parenti, intolleranze... Ma una volta era
ben peggio, queste unioni scatenavano quasi delle tragedie.
— Beh, la vita di mia madre,
' come quella di tutte le madri
nubili, non era facile: la sua
condizione le veniva rinfacciata
continuamente, era considerata
doppiamente colpevole perché
aveva frequentato un uomo di
un’altra religione, un nemico. Se
ne andò presto: trovò un lavoro
lontano e tornò a prendermi appena fui un po’ cresciuta. La mia
non è stata un’infanzia felice:
mi sentivo diversa, avrei desiderato una famiglia come quella
delle mie coetanee, a volte provavo rancore per quel padre che
non avevo conosciuto.
— Cerano altri casi di unioni
miste? Sempre così burrascose?
— I suoi genitori appartenevano a chiese differenti?
— Mio padre era valdese, mia
madre cattolica: si vollero bene
nonostante questa diversità e per
lunghi mesi si frequentarono di
nascosto; allora era quasi impensabile fidanzarsi senza il consenso delle famiglie, spesso erano addirittura i parenti a combinare i matrimoni per ragioni
d’interesse, ecc. Poi mia madre
si accorse di aspettare un bambino: questo non placò certo gli
animi, le famiglie si opposero
alle nozze da ambo le parti. La
mia nonna paterna (riposi in pace) dichiarò che avrebbe tollerato sotto il suo tetto una nuora cattolica solo se la creatura
die doveva nascere fosse stata
un maschio: arrivò una bimba,
io, e di matrimonio non si parlò mai più.
— A volte 1 giovani avevano la
forza di sposarsi in barba alle
famiglie, ma le difficoltà non
mancavano: c’era la discussione
sul battesimo da impartire ai
futuri bebé, in certi casi si decideva che i maschi appartenessero alla chiesa del padre, le bambine a quella della madre, oppure uno dei due coniugi veniva
costretto a « convertirsi ».
Massimino e .C
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P.za Roma, 23 - Tel. 0121/22.886
10064 PINEROLO
Il presidente, i colleghi della Commissióne Direttiva, i componenti del
Collègio dei Revisori ed il personale
tutto deU’Ospedaie Evangelico Valdese
di Torino prendono parte al dolore della famiglia per la scomparsa del dott.
Emilio Peyrot
Torino, 28 novembre 1983
La C.I.O.V. partecipa al dolore della
famiglia per l’improvvisa ed immatura
perdita del dott.
Emilio Peyrot
fedele e prezioso ConsigRere Effettivo.
Torre Pellice, 28 novembre 1983
RINGRAZIAMENTO
« L’Eterno ha dato, l’Eterno ha
tolto. Sia benedetto il nome dell’Eterno ».
(Giobbe 1: 21)
Giulia
ci ha lasciato il 19 novembre.
Danielle e Daniele Pinardi, ed i familiari, ringraziano tutti gli amici e
conoscenti che sono stati loro vicini
con calde dimostrazioni di solidarietà
ed affetto.
Torre Pellice, 25 novembre 1983
RINGRAZIAMENTO
I nipoti ed i parenti tutti della
compianta
Fanny Durand vedova Bulzoni
nell’inipossibilità di farlo singolarmeii“
te, ringraziano tutti coloro che si sono
imiti a loro nella triste circostanza. Un
ringraziamento particolare alla direzione ed a tutto il personale del Rifugio Re Carlo Alberto.
Luserna S. Giovanni, 28 jìòv. 1983
o: Abbiamo una casa non fatta
da mòno d’uomo, eterna, nei
cieli y> (2 Cor. 5: 1)
Il 25 novembre è mancata all’affetto
dei suoi cari
Elena Tron ued. Caldera
di anni 80
Lo annunciano il frateRo, le cognate, i nipoti, la famiglia Conti.
Torino 28 novembre 1983.
— Cosa pensa oggi di quei
fatti?
— Erano frutto delTignoranza, dei pregiudizi, forse anche
della povertà. Maturando comunque ho smesso di odiare mio padre, ormai provo solo una specie di pietà: certo mancò di coraggio. ma anche la sua situazione non doveva essere facile,
in quel tempo si era molto più
condizionati di adesso dall’opinione dei familiari, della gente
del villaggio...
— Cosa consiglierebbe a una
coppia mista moderna?
— Di dialogare molto e dì
non dar spago ai ficcanaso: secondo me, sono necessari maturità e coraggio per un buon rapporto a due.
Edi Merini
• Hanno collaborato a questo
numero: Bruno Bellion, Giovanni Conte, Vera Long, Luigi Marchetti, Luciano Panerò, Ernesto
Puzzanghera, Paolo Ribet, Franco Scaramuccia, Franco Taglierò,
Dario Tron.
USL 42-VALLI
CHI80NE-CERMANASCA
Guardia Medica:
Notturna, prefestiva, festiva: telefono 81000 (Croce Verde)
Guardia Farmaceutica:
DOMENICA 4 DICEMCRE 1983
Pìnasca: FARMACIA BERTORELLO
- Via Nazionale, 29 - Tel. 51017.
Ambulanza:
Croce Verde Perosa: tei. 81.000
Croce Verde Porte: tei. 2014S4
USL 44 - PINEROLESE
(Distretto di Pinerolo)
Guardia Medicar
Notturna, prefestiva, festiva: telefono 74464 (Ospedale Civile).
Ambulanza:
Croce Verde Pinerolo: 22664.
USL 43-VAL PELLICE
Guardia Medica:
Notturna: tei. 932433 (Ospedale Valdese] . .
Prefestiva-festiva: tei. 90884 (Ospedale Mauriziano). '
Guardia Farmaceutica:
DOMENICA 4 DICEMBRE 1983
Bibiana; FARMACIA GARELLA - Via
Pinerolo, 21 - Telef. 55733
Bobbio Pellice: FARMACIA MEYNET - Via Maestra 44 - Tel. 92744
Ambulanza:
Croce Rossa Torre Pellice: telefono 91.996.
iflk» ■
t-
12
12 uomo e società
2 dicembre 1983
ISRAELE - L’EREDITA’ DI BEGIN - 3
Le scelte dei religiosi
Il Signore ha protetto con la sua mano i nostri aerei” - ”La politica
di forza dei nazionalisti si basa su una caricatura della Bibbia”
Nelle ultime righe del precedente articolo era stata individuata nel movimento Gush Emunim la punta avanzata del nazionalismo religioso in Israele. Il
Gush Emunim è stato il più
chiassoso artefice della colonizzazione selvaggia portata avanti
in questi ultimi anni in Cisgiordania, ma questa colonizzazione
era già stata iniziata nel decennio precedente dai governi laburisti. E’ quindi venuto il momento di dare qualche spiegazione
in proposito.
Delle conquiste effettuate nel
’68 dagli Israeliani quella della
Cisgiordania è l’unica che essi
non avevano previsto: avevano
attaccato l’Egitto a Sud per prevenire l’aggressione che Nasser
andava preparando ed annunciando e per reagire al blocco
dello stretto di Tiran imposto da
quest’ultimo; avevano attaccato
la Siria per assicurarsi il possesso dell’altipiano del Golan
donde i Siriani cannoneggiavano
da diversi anni i contadini ebrei
della Galilea settentrionale, causando gravi perdite umane e materiali, ma non intendevano attaccare Hussein e di ciò quest’ultimo era stato avvertito, anche
attraverso i canali diplomatici.
Ma malgrado l’avvertimento quest’ultimo lanciò i suoi uomini
contro lo stato ebraico. E in due
giorni perse tutto il suo territorio ad ovest del Giordano, cioè
qudl’embrione di stato palestinese, al quale egli non aveva mai
permesso di vedere la luce.
Una grande euforia invase gli
israeliani. Gerusalemme era finalmente riunificata, l’accesso al
muro del Tempio era libero, la
Giudea e là Samaria, le terre della Bibbia, erano nuovamente in
mano ebraica.
Ma i Laburisti non s’inebriarono dinanzi a questo successo. Si
accontentarono di tmificare amministrativamente Gerusalemme,
senza decretarne ufficialmente
l’annessione. E tennero la Cisgiordania, ma solo come pegno
da scambiare contro una pace
definitiva.
L’intransigenza dell’OLP, che
nel ’68 si dava a Khartum una
« L’Eco delle Valli Valdesi »: Reg.
Tribunale di Pineroio N. 175.
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costituzione che prevedeva la riunificazione di tutta la Palestina,
previa scomparsa dello Stato
ebraico e che manifestava la sua
aggressività quasi unicamente attraverso atti di terrorismo contro civili, ebrei e non, in ogni
parte del mondo, faceva sì che
l’organizzazione palestinese non
potesse venire considerata come
un interlocutore possibile. La soluzione del problema veniva prospettata come la restituzione della maggior parte delle terre conquistate alla Giordania, cui erano state tolte. Le grandi linee di
questo progetto politico erano le
seguenti: 1) Non annettere territori con forte popolazione araba
per evitare di assumere un ruolo
coloniale; 2) Evitare però, vista
la configurazione geografica della
zona, che la Cisgiordania diventasse per Israele un cavallo di
Troia; prevedere quindi l’installazione di colonie agricolomilitari in punti strategici importanti, in particolare nella
valle del Giordano, le quali
avrebbero dovuto essere mantenute anche dopo la restituzione
dei territori; 3) Prevedere la smilitarizzazione di questi territori
dopo la restituzione alla Giordania; 4) Ostacolare le mire dei
gruppi religiosi ebraici che pretendevano « riprendere possesso
della terra che il Signore ha assegnato al suo popolo ».
Questo piano ebbe il difetto di
non avere nessuna attuazione
per quanto riguarda la parte
principale: la restituzione dei
territori. E questo per mancanza
di interlocutori. Hussein non se
la sentiva di trattare senza i Palestinesi e senza il consenso del
mondo arabo, come invece ha
fatto Sadat. Aspettava (e probabilmente aspetta tuttora) che la
Cisgiordania gli cada di nuovo
fra le braccia come una pera matura. Tra OLP e governo israeliano persisteva l’esclusione reciproca.
Un pugno di fanatici
In questa situazione di stallo
si è inserito il Gush Emunim:
una manciata di fanatici che, dopo la vittoria di Begin, sono diventati il più pericoloso strumento di una miope politica nazionalista che, se trionfasse, rischierebbe di alterare il volto del
paese, tradendone gli ideali originari. Gli uomini del Gush sono
a modo loro dei puri, degli integralisti convinti di compiere la
volontà di Dio. Essi citano i versetti di Giosuè e dei Profeti che
annunciano il ritorno degli ebrei
nella loro terra dopo l’esilio, studiano in apposite « yeshivot »
(Istituti di studi religiosi ebraici)
che permettono loro di compiere
contemporaneamente il servizio
militare e, oltre ad abitare nei
nuovi centri urbani della Cisgiordania,si installano nei luoghi biblici più carichi di ricordi, ad
esempio ad Hebron, dove furono
sepolti Abramo, Sara, Isacco, Rebecca e Giacobbe, e non li preoccupa affatto di essere solo in venti famiglie in mezzo a un mare di
70.000 palestinesi.
«Bisognerebbe che gli ebrei imparassero finalmente ad ascoltare il Signore, a leggere ta Parola
del Signore. Egli ha protetto con
la sua mano gli aerei di Israele,
se no come si spiega che i piccoli sarti dei modesti villaggetti
della Polonia e della Russia, gli
eruditi rabbini, le pecore intellettuali di Auschwitz siano diventati i migliori soldati del
mondo? E' Dio che ci conduce »
ha dichiarato a J.F. Held (op.
cit.) Miriam Levinger una delle
pasionarie del Gush Emunim.
Chi pensasse però di potersi
basare sulle semplificazioni di un
gruppetto di agitati per ricavare un’immagine esauriente delle
tendenze delTebraismo israeliano
sbaglierebbe di grosso. Il panorama è oltremodo variopinto.
Rimanendo in tema di fondamentalismo non si può tacere
resistenza della comunità dei
Naturei Karta, i discendenti del
Hassidismo europeo, che vivono
a Mea Shearim, noto quartiere di
Gerusalemme: essi rifiutano di
riconoscere sia lo Stato d’Israele,
sia il Rabbinato ufficiale, in
quanto la loro lettura della Bibbia prevede che solo la venuta
del Messia restaurerà il regno di
Israele. Essi ritengono di essere
un ghetto di fedeli in mezzo ad
un mondo che si è allontanato
dal Signore e sono obiettori di
coscienza. In mezzo ad una popolazione « sacrilega », secondo
loro ebrea soltanto di nome, vivendo nell’attesa del Messia essi
vogliono ricordare e preannunciare quel popolo di sacerdoti di
cui parla la Scrittura. Vivono come se si trovassero ancora nei
loro ghetti della Polonia, circondati da una popolazione ostile:
gli uomini indossano capneili
tondi di pelliccia, anche in niena
estate, ed abiti neri di foggia ottocentesca, le donne per modestia hanno il cranio rasato coperto da una parrucca, le loro
braccia sono sempre coperte e
camminano a rispettosa distanza
dai rispettivi mariti, loro signori
e padroni.
A parte questi marginàli
l’ebraismo ufficiale è guidato da
due rabbinati ognuno dei quali
ha alla sua testa un Rabbino Capo, uno Sefardita ed uno Ashkenazita, ma la separazione riflette
soltanto alcune differenze del rituale e particolari usanze dovute
alle specifiche esperienze storiche. Circa le scelte politiche di
questi religiosi, che rappresentano la grande maggioranza, è impossibile dare una risposta univoca: vi sono tra loro dei falchi
e vi sono delle colombe e spesso
sono i rabbini sefarditi ad essere molto più prudenti dei loro
colleghi europei circa l’appoggio
che bisogna dare al governo in
carica.
Quest’anno, alla presenza di un
foltissimo numero di aderenti, è
stato fondato il movimento dei
religiosi pacifisti, « I sentieri della pace ». Durante la riunione
inaugurale i numerosi oratori
hanno respinto l’accusa di rappresentare una corrente marginale e si sono presentati come
la via tradizionale del sionismo
religioso, un sionismo per il quale l’etica ebraica è prioritaria,
mentre secondo loro i Gush Emunim puntano sull’integrità della
terra a scapito dei principi morali fondamentali.
Laicità deila politica
Abbiamo detto della prudenza
di parecchi rabbini sefarditi. Secondo il Rabbino Capo di Tel
Aviv Halevy, ad esempio, la sua
opinione vale quanto quella di
qualsiasi altro credente. Egli ritiene che, leggendo la Bibbia, il
credente può « trovare delle indicazioni e degli esempi per sorreggere il proprio* giudizio », ma
sostiene che nulla lo autorizza a
contrabbandare questo suo giudizio per una verità assoluta:
« Il popolo è libero di cercare e
di trovare la sua via, capitalista
o socialista, su questo non vi sono indicazioni. I rabbini, che non
sono dei sacerdoti, non possono
dare nessuna risposta che non
sia una risposta di carattere etico... Nessun imperativo religioso
ci impedisce di concedere, se la
vita degli ebrei dipende da ciò.
una parte della terra d'Israele.
Nulla ci obbliga a tenere la Giudea e la Samaria, a possederle
immediatamente. E' una questione di opportunità politica...
L’ideale sarebbe di tenere tutto
col consenso dei nostri vicini, ma
ci sarebbero delle guerre, e ancora delle guerre » (Held, op. cit.).
Ma c’è anche chi parla in modo ancora più deciso. Ad esempio il prof. Uriel Simon, direttore del Dipartimento di studi biblici dell’Università ebraica di
Gerusalemme. Ascoltiamolo: « La
politica di questo governo si fonda su presupposti errati: anche
religiosamente, nella misura in
cui i nazionalisti ricorrono ad
una caricatura della Bibbia per
giustificare la politica di forza,
il diritto totale ed immediato sulla Terra Promessa. L’elezione di
Israele, il patto fra Dio e gli
ebrei non significa affatto che
solo gli ebrei abbiano dei diritti.
Dio non ha creato l’ebreo, ma
l’uomo, la vita di tutti gli uomini è santa, non solo quella degli
ebrei... L’elezione implica l’obbligo di essere un faro per il mondo... L’ebraismo non annette, accetta la presenza degli altri monoteismi. Se gli ebrei sono stati
prescelti non è per imporsi all’umanità nel suo insieme, è per
servirla » (Held, op. cit.).
Naturalmente ci sono anche ¡
religiosi ed i rabbini ultra, e sono quelli che attualmente è piti
facile ascoltare alla radio ed alla
televisione governative e nelle
cerimonie ufficiali. Ma le loro
prese di posizione impegnano solo coloro che le enunciano. Il problema di distinguere in modo
obiettivo i veri dai falsi profeti
non è maggiormente risolto oggi
di quanto lo fosse ai tempi d’
Geremia: solo il tempo permette
di discernere con sicurezza, fino
a quel momento ognuno è solo
davanti al Signore ed alla sua
coscienza con l’obbligo di no:,
cedere dinanzi alle lusinghe dì
quelle che vengono presentai,
come « strade obbligate ».
Elia Boceara
Arriva Natale:
pensato ai regali?
Certo se Natale è solo abbuffate e regali — magari dispendiosi ed esagerati perché
sostitutivi di affetto o procacciatori di prestigio e di
affari — meglio non parlarne
neppure.
Ma se la nostra fede si traduce anche, in questa occasione, in un bisogno di riflettere con sobri doni qualcosa
del grande dono che abbiamo ricevuto e di dare una
piccola testimonianza, allora
tra le altre possibilità c’è anche quella che ti proponiamo : un abbonamento-dono
all’Eco-Luce a un parente, un
amico, un conoscente.
In caso di dubbio, se il destinatario sia già abbonato
o meno, un breve colpo di
telefono in ore serali alla segreteria telefonica (n. 011/
655.278) con la richiesta se il
Sig. X, via, città, è già abbonato (lasciando il proprio numero di telefono) permetterà di ricevere rapidamente la
risposta.
In caso di ritardi del giornale (per dar corso all’abbonamento col numero di Natale è necessario che noi riceviamo il tagliando entro sabato 17.12) si può anche chiedere l’invio per telefono (sempre in ore serali per rispar
miare). E’ indispensabile comunque l’invio del tagliando
dell’ordine.
Se riceveremo ordini oltre
il 17.12 provvederemo comunque ad iniziare l’invio del
giornale con il numero di Natale, l’ultimo del 1983.
Pensa bene a chi potresti
fare un dono utile e significativo e collabora in questo
modo aUa diffusione del nostro giornale!
L’accluso modulo di c.c.p.
può servire sia per un abbonamento-dono sia per il tuo
rinnovo, se non hai già provveduto, e anche per le due
cose insieme, purché chiaramente indicate ; abbonamento-dono intestato a... ; rinnovo abbonamento intestato a...
Raccomandiamo vivamente
di servirsi esclusivamente del
c.c.p. n. 327106 (quello del
Fondo di solidarietà è altra
cosa), e di fare il versamento di rinnovo con lo stesso
nominativo deH’intestatario
dell’abbonamento 1983, salvo
espresse modifiche richieste.
Ricordiamo infine che tutte le operazioni di pagamento
possono essere effettuate tramite l’incaricato della locale
Chiesa valdese o metodista
il cui nome può essere richiesto al pastore.
Abbonamento annuo
semestrale
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sostenitore
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L.
L.
L.
L.
L.
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Sottoscrivo un abbonamento-dono
semestrale
annuale
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Vi prego di dar corso immediatamente all’invio e di inviare comunque il numero di Natale accompagnandolo con la vostra lettera che an
menzlonando
il mio nome come donatore.
nuncia l'abbonamento-dono
non menzionando
Per l'importo di L.
LI accludo assegno
□ verso con vaglia
□ verso sul ccp 327106
n verso sullo stesso ccp con
mandato internazionale
(firma)
(nome cognome di chi spedisce)
CAP