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Anno V
numero 3
del 24 gennaio 1997
l. 2000
5pe«iizlon« in a. p. comma 26
art. 2 legge 549/65 nr. 3/97 • To
In caso di mancato recapito
si prega restituire al mittente
presso l'Ufficio PT Torino CMP I
L'Editore si impegna i
corrispondere il diritt
Bibbia e attualità
LA BUONA NOTIZIA
«E quelli se ne andarono a predicare
dappertutto e il Signore operava con
loro confennando la Parola con i segni
che Paccompagnavano»
(Marco 10, 20)
IKTEL Centro di Ecumene si è svolto
1V dal 7 al 15 gennaio un seminario
organizzato dall’Istituto per l'evangelizzazione del Consiglio mondiale metodista e dairOpera per le chiese metodiste in Italia sul tema: «Annunciare
l'Evangelo nei paesi a maggioranza
cattolica». La delegazione italiana era
formata da metodisti, hatñsti, valdesi.
Più interventi hanno rilevato come in
diversi paesi europei sia difficile identificarsi con una cultura che affonda
ancora le sue radici nella tradizione
cattolica, in particolare nella Controriforma. Abbiamo però ringraziato il
Signore per gli evidenti, crescenti, fecondi mutamenti generati dal processo
ecumenico in corso. Come evangelizzare in un paese a maggioranza cattolica? Davvero l'evangelizzazione è la
vita, delle nostre chiese? Ne parliamo
molto e siamo convinti di averla fatta.
L’evangelizzazione è spesso recepita
come un termine della connotazione
negativa: proselitismo, hnposizione di
un’etichetta denominnzionale. Evangelizzare è invece diffondere oggi la
buona notizia che Gesù è il nostro unico Signore e Salvatore. E questo vale in
una società a maggioranza cattolica
come in qualsiasi altra società.
\ ANGELIZZARE: non è vincere
! j delle resistenze, o cercare di imporre la nostra, visione dell'etica, non è
attirare qualcuno in. una chiesa, non è
esercitare un certo terrorismo spirituale dipingendo con tinte fosche la prossima fine del mondo. È annunciare
con parole, con opere e con segni una
buona notizia, una persona, Gesù Cristo. Per far questo non è necessaria
una particolare abilità oratoria, o una
certa genialità nel campo della comunicazione. È necessaria una fede che ci
faccia annunciare l’Evangelo in termini «autobiografici», senza separazione
fra Vannuncio e la mia vita personale
V privala. La mia predicazione è autorei» ’ic e credibile nella misura in cui è
in -/.'timo luogo la mia esperienza, è
carile della mia carne. Annunciare
l’Evangelo è molto diverso che enunciare una dottrina, un principio filosofico, uno morale. Nei discepoli non
ci può essere separazione fra pubblico
e privato. Abbiamo osato dire che anche la nostra vita di ogni giorno è l’incarnazione della Parola di Dio, nel
senso che è l’Evangelo che vive lì, nella
comunità, nella società, nella famiglia, lì dove c’è la gente.
TKJELLE nostre chiese c’è spesso ca1V renza di visione evangelistica, accompagnata talvolta da poca flessibilità liturgica, oltre che da una certa
mentalità conservatrice. Vi è urgente
bisogno di rinnovamento spirituale, di
ripensare seriamente il nostro essere
chiesa oggi. Questo è un tempo che offre grandi opportunità per evangelizzare nei nostri paesi che stanno vivendo a ogni livello le conseguenze negative della secolarizzazione. L’attuale diffusa mediocrità spirituale è incompatibile con la responsabilità deli'annuncio dell’Evangelo e con il saper interpretare il nostro tempo: qual è la
buona notizia per il disoccupato? per
l’ammalato di Aids? per lo straniero
che è fra noi? Fra l’altro la predicazione dell’Evangelo non è stata un idea
nostra, ma di Gesù Cristo. È lui che ci
chiama a questo compito, aumentando la nostra responsabilità, ma anche
trasmettendoci tanta speranza. Perché
la notizia che siamo chiamati ad annunciare è una «buona notizia» fra le
mille tristi e angoscianti che ogni giorno ci raggiungono.
Valdo Benecchi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE BATTESTE, METODISTE, VALDESI
Esplode in Lombardia la protesta degli allevatori italiani delle mucche da latte
Latte italiano sì, ma non «assistito»
La normativa europea vuole contenere l'eccesso di produzione nel settore lattiero-caseario
che, tra sussidi e multe, negli ultimi anni è costato ai contribuenti italiani migliaia di miliardi
PAOLO FABBRI
PER capire le ragioni della contestazione messa in atto dagli
allevatori di vacche da latte, bisogna riferirsi al processo in atto della
globalizzazione dei mercati. L'economia si muove su scala planetaria
e i capitali si spostano dove la convenienza li attira. Tra l’altro va rimarcato che i capitali, nella civiltà
multimediale, si muovono con
straordinaria rapidità, non paragonabile a quella delle persone. Subito dopo i capitali, quanto a rapidità, si muovono le merci. Ne deriva che le merci si producono dove
conviene di più. L’Unione europea
che è nata, nella sua versione più
recente, per fronteggiare il processo della globalizzazione, non poteva che adeguarsi a questi meccanismi. Nel delicatissimo settore
dell’agricoltura lo ha fatto con gradualità e con cautela. È così che sono nate le quote di produzione
massima assegnate a ciascun paese,
per contenere la quantità di latte
prodotto a costi antieconomici col
sostegno dei governi locali. Il criterio che sta alla base di questa scelta
è che i cittadini europei devono poter acquistare il latte a prezzi più
bassi consentiti dalla concorrenza,
salvaguardando però la redditività
delle imprese agricole.
Questo criterio i governanti italiani lo hanno sempre compietamente trascurato trasferendo sulla
collettività i maggiori costi dell’
agricoltura nazionale, ivi incluse le
multe per gli sfondamenti effettuati fino al 1990 per il non trascurabile importo di 3.600 miliardi che,
in forma di prelievi fiscali, sono
stati pagati da tutti. Circa 5-6 anni
fa si era verificata una situazione
analoga. All’Italia era stata comminata una multa di circa 5.000 miliardi; un importo enorme per lo
stato italiano che, per ottenere uno
sconto a cui non aveva diritto, dovette fare concessioni su altre trattative, facendo una delle tante
brutte figure che hanno costruito
la nostra scarsa credibilità. Per
comprendere bene il problema, va
precisato che l’eccesso di produzione nel settore lattiero-caseario
non è un problema solo italiano. Il
latte nell’intera Unione europea è
stimato intorno al 15%. Per smaltire questo esubero i cittadini europei pagano ogni anno, in forma di
sussidi per la produzione e per lo
smaltimento del surplus, circa
7.500 miliardi.
Gli italiani pagano in più le multe. Tali multe, per gli eccessi del
1995-96, dopo tutte le verifiche del
caso, ammontano a 370 miliardi di
lire, che lo stato non può più accollarsi perché il processo di unificazione è ormai a uno stadio troppo avanzato e le autorità europee
non consentono interventi che falsino i meccanismi del mercato che
sono ancora, come risulta dalla situazione generale di sovrapproduzione, lontani dal livello ottimale.
Quindi le multe devono essere
pagate dagli allevatori, su questo
Bruxelles è intransigente e ha tutti
i titoli per esserlo. D’altra parte
l’Italia, proprio nell’anno base per
la valutazione dei parametri economici per essere ammessi a far
parte dell’Unione monetaria di
Maastricht, non è certo nelle condizioni di chiedere altre eccezioni,
tanto più a pochi giorni di distanza dalla bocciatura in Parlamento
del piano per la Stet che costituisce un grave stop agli obblighi assunti verso l’Unione sempre in tema di adeguamento a una situazione di libero mercato, sia pure
in campo industriale. Gli agricoltori chiedono di non pagare le
multe e questo non è possibile;
chiedono anche di verificare i conteggi del latte prodotto che si basano su criteri troppo complicati e
questo è del tutto legittimo.
Traendo le conclusioni da quanto fin qui esposto risultano chiari
due punti: 1) il problema viene da
lontano, si trascina da parecchi
anni; 2) il problema nasce dalla solita politica «dei furbi» che l’Italia
si ostina a perseguire, a cui si asso
cia la scarsa chiarezza nei confronti degli interessati. Il governo
Prodi ha ereditato la situazione attuale ma non ha cambiato la linea
dei governi precedenti. La linea
corretta da seguire sarebbe stata
quella di chiarire subito che le
multe devono pagarle gli allevatori, predisponendo in anticipo gli
strumenti di sostegno per ammorbidire il passaggio. Perché lo stato
non può evitare la responsabilità
degli errori fin qui commessi e ha
il dovere di appoggiare i produttori di latte in questo delicato momento. Il problema è quello di trovare una soluzione che rispetti gli
obblighi verso Bruxelles pur aiutando gli agricoltori. Mentre scriviamo, il braccio di ferro fra produttori di latte e il governo è ancora in corso, la nostra speranza è
che ci sia da una parte intelligenza
politica e dall’altra ragionevolezza
e anche che simili interventi si facciano in anticipo evitando il deteriorarsi delle situazioni.
Incontro metodista
Evangelizzare nei paesi
a maggioranza cattolica
Si è svolto dal 7 al 15
gennaio, presso il Centro
metodista di Ecumene,
un seminario internazionale sul tema «Proclamare il Vangelo in paesi
a maggioranza cattolica», promosso dall’Istituto mondiale metodista
per l’evangelizzazione,
in collaborazione con
l’Opera per le chiese
evangeliche metodiste in
Italia (Opeemi), a cui
hanno partecipato una
novantina di persone
provenienti da 14 paesi di tutti i continenti. L’
incontro si è articolato
in una serie di lezioni,
gruppi di approfondimento e visite di lavoro a
Roma. Fra gli oratori il
presidente delTOpcemi,
pastore Valdo Benecchi,
il professor Paolo Ricca,
della Facoltà valdese di
teologia, e il cardinale
Edward Cassidy, presidente del Pontificio Consiglio per l’unità. Nel documento finale i partecipanti individuano quattro sfide per l’impegno
evangelistico dei metodisti: la crescente secolarizzazione, la possibilità di celebrare il nuovo
millennio insieme agli
altri cristiani, la presenza di numerosi immigrati e infine la crescente
apertura della Chiesa
cattolica. (nev)
Abbonatevi a Riforma
Perché le pagine de
L'eco delle valli valdesi
Diversi abbonati di
Riforma ci chiedono di
non ricevere le pagine
de L’eco delle valli vaidesi perché non sono interessati oppure perché
«non sono delle Valli».
Purtroppo non siamo in
grado di rispondere a
questo desiderio perché
sarebbe molto costoso
estrarre manualmente
queste pagine per coloro che non le desiderano (tutta la produzione
del giornale è infatti automatizzata).
E nemmeno sarebbe
possibile eliminare completamente queste pagine da tutti gli abbonati
di Riforma perché molti
sono originari delle Valli, e quindi sono interessati anche alla sua cronaca civile; le valli vaidesi costituiscono l’unica parte d’Italia in cui il
protestantesimo ha una
qualche incidenza nella
vita quotidiana del nostro paese, e quindi può
essere interessante conoscerne i problemi:
nelle Valli si trova numericamente circa la
metà di coloro che compongono le attuali chiese battiste, metodiste e
valdesi italiane. Crediamo che non gioverebbe
a nessuno non rendere
(e non rendersi) conto
di questa realtà.
L'INTERRUZIONE VOLONTARIA DI
GRAVIDANZA. Tra l'impostazione
cattolica che vede nell'aborto un attentato alla sacralità della vita e l'impostazione laicista che spesso scade
nell'individualismo, il documento del
«Gruppo di lavoro» nominato dalla
Tavola valdese ricorda che ogni scelta si compie in un contesto di relazioni umane. (pag.3)
SCUOLA E VALORI NELLA RIFORMA
BERLINGUER. Era ora che un governo facesse una proposta organica di
riforma della scuola e che si impegnasse a realizzarla in tempi relativamente brevi. Molti i lati positivi
del progetto presentato nei giorni
scorsi, anche se preoccupa la priorità
data alla formazione del cosiddetto
homo oeconomicus. (pag.10)
I LAVORATORI NON SONO MACCHINE. Gli scioperi e manifestazioni in
corso in Corea contro una nuova
legge del governo che elimina anche i residui vincoli sull'uso indiscriminato della manodopera fa comprendere che nello sfruttamento di
chi lavora c'è un limite oltre il quale
non si può andare. (pag.10)
2
PAG. 2 RIFORMA
.All’A:
Della Parola
venerdì 24 GENNAIO 1997
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m
«Ma quando
Cefa venne ad
Antiochia, gli
resistei in faccia
perché era da
condannare.
Infatti, prima
che fossero venuti
alcuni da parte
di Giacomo, egli
mangiava con
persone non
giudaiche;
ma quando quelli
furono arrivati,
cominciò a ritirarsi
e a separarsi
per timore dei
circoncisi. E anche
gli altri Giudei si
misero a simulare
con lui; a tal punto
che perfino
Barnaba fu
trascinato dalla
loro ipocrisia. Ma
quando vidi che
non camminavano
rettamente
secondo la verità
del vangelo, dissi a
Cefa in presenza di
tutti: “Se tu, che sei
giudeo, vivi alla
maniera degli
stranieri e non dei
Giudei, come mai
costringi gli
stranieri a vivere
come i Giudei?”.
Noi Giudei di
nascita, non
stranieri peccatori,
sappiamo che
l’uomo non è
giustificato per le
opere della legge
ma soltanto per
mezzo della fede
in Cristo Gesù,
e abbiamo anche
noi creduto in
Cristo Gesù per
essere giustificati
dalla fede in Cristo
e non dalle opere
della legge; perché
dalle opere della
legge nessuno sarà
giustificato. Ma se
nel cercare di
essere giustificati
in Cristo, siamo
anche noi trovati
peccatori, vuol dire
che Cristo è un
servitore del
peccato? No di
certo! Infatti se
riedifico quello che
ho demolito, mi
dimostro
trasgressore.
Quanto a me, per
mezzo della legge,
sono morto alla
legge affinché io
viva per Dio. Sono
stato crocifisso con
Cristo; non sono
più io che vivo, ma
Cristo vive in me!
La vita che vivo
ora nella carne,
la vivo nella fede
nel Figlio di Dio il
quale mi ha amato
e ha dato se stesso
per me. Io non
annullo la grazia
di Dio; perché
se la giustizia
si ottenesse per
mezzo della legge.
Cristo sarebbe
dunque morto
inutilmente»
(Galati 2,11-21)
:|MÌlÌ
PAOLO E LA LEGGE
Paolo è alla ricerca della verità, come qualunque ebreo sinceramente credente
Non ha abiurato l'ebraismo né fondato il cristianesimo, come molti pensano
PASQUALE CASTELLUCCIO
SE consideriamo anche la
Legge come espressione dell’amore di Dio, per forza di cose
dobbiamo ricondurla al patto fra
Dio e Israele. Letta così, non troviamo in essa alcuna logica condizionante e tantomeno una
strada per la salvezza. Torah
quindi, come dono della grazia
di Dio; la fede Invece, rimane come la nostra libera scelta. Chiaramente, la fedeltà alla Legge è
responsabilità dell’individuo.
comandamento (Romani 7, 12);
il problema dell’uomo è rappresentato esclusivamente dal peccato (7, 13). Questo conduce 1’
uomo alla morte, non è la legge
a complicargli le cose!... Queste
rimangono le argomentazioni
più difficili e poco chiare nella
teologia di Paolo, di cui già la II
Pietro 3, 16 si lamenta... «nelle
quali epistole sono alcune cose
difficili a capirei».
La salvezza per grazia
Promessa, Patto, Fede
Quando Paolo afferma che
nessuno può costruire la
propria salvezza attraverso le
opere della Legge, per un ebreo
non dice niente di rivoluzionarlo, né di nuovo. È soltanto la
grazia di Dio che produce salvezza. «Sola gratia» è un concetto da sempre vivo nell’ebraismo... Sostenuto da affermazioni
come: «E farò grazia a chi vorrò
far grazia, e avrò pietà di chi
vorrò aver pietà...» (Es. 33, 19),
che riprenderà in Rom. 9,15.
Che questa espressione dell’amore di Dio e le indicazioni
che Dio ci dà per questa vita,
vengano soppresse dal termine
«legge», «nomos», sembra essere
una di quelle contraddizioni che
il cristianesimo non riesce ancora a correggere. La Torah contiene più promesse, discorsi di edificazione per la salvezza, etica,
ecc... che pure leggi: queste condurrebbero a un gretto e cieco
fortnalismo, offuscando quella
ché è la buona novella dell’Antico Testamento; amore di Dio e
libertà per i suoi figli. Certamente, Paolo è attento al fatto che,
sé questa legge non venisse liberamente accettata, produrrebbe
anarchia e irresponsabilità. La
Legge rimane santa e giusto il
PER Paolo, e per ogni buon
credente, la legge è data soltanto ad Israele. Una missione
fra i pagani per condurli alla
legge è inutile! Paolo è qui terribilmente fariseo: la legge è data
dove ci sono già una promessa e
un patto. Questo patto di amore, da parte di Dio col suo popolo diventa lo spazio in cui si
muove una legge valida per
l’eternità. Per un pagano cristiano, l’aggancio al popolo d’Israele rimane esclusivamente la fede di Gesù; i pagani non possono né capire, né sopportare
l’obbedienza alla legge, mentre
per ebrei e proseliti la Torah rimane sempre valida (Galati 5,
3.) Questa posizione di Paolo
non può essere contestata.
2) Come Halacha, «casistica
rabbinica»; Paolo la rifiuta come
«legge del peccato», la vede come muro di divisione fra ebrei e
pagani.
3) A volte è un riferimento biblico senza giudizi di sorta.
4) Torah, cioè il Pentateuco,
legge del Sinai che Gesù, stando
alla cristologia di Paolo, compie
per i pagani.
A questo punto, comprendere
Gesù come compimento delle
promesse dell’Antico Testamento, significa che nessun
ebreo timorato di Dio è escluso
dal patto e la «sola gratia» non è
affatto rivolta contro gli ebrei...
Senza questa Torah non possiamo parlare di Messia... Paolo
stesso fa un voto a Cencrea (Atti
18,18); circoncide Timoteo (Atti
16, 3.); si dichiara fariseo, figlio
di farisei (23, 6).
La dottrina
della giustificazione
I significati di «nomos»
Purtroppo Paolo usa il termine e le espressioni circa
la Legge ben 119 volte nel Nuovo Testamento, ma non sempre
il concetto è lo stesso; a volte è
«santa», a volte è «radice del
male», altrove è semplicemente
un «termine tecnico». Per i rabbini, la parola «nomos» ha vari
significati:
1) Legge morale, divina, per
cui è santa, giusta, buona (Romani 7,12).
Preghiamo
Signore e Padre nostro, grazie, perché la tua Parola genera in me il desiderio dell’ascolto e della comunione
con te. Fa’ di me un messaggero della tua volontà e usa
la mia vita come strumento per l’annuncio della tua Grazia. Che la tua Parola illumini ogni mia scelta, ogni mio
pensiero e ogni mio gesto nel tempo, nel luogo e nella
circostanza in cui mi chiami ad operare. Amen.
CON la sua polemica nella
lettera ai Galati, con la sua
dottrina sulla giustificazione.
Paolo non attacca il giudaismo,
ma attacca i giudaizzanti, quei
pagano-cristiani che predicano
un altro evangelo che non esiste
(Galati 1, 6ss..)... forse già al tempo di Paolo esistevano tentativi
di introdurre altre cristologie, altri tipi di evangelo!
Paolo è alla ricerca della verità,
come qualunque ebreo sinceramente credente; è difficile definirlo cristiano. È un ebreo che
ha fede nel Messia, un mistico
che vuole coltivare la sua fede e
salvaguardare il suo essere ebreo
anche missionando i pagani. Tale è rimasto quest’uomo, dall’episodio di Damasco fino ai
suoi ultimi giorni a Roma. Si è
convertito? No. (Più di qualcuno
lo faceva rilevare già vent’anni
fa, non soltanto K. Stendhal).
Paolo segue una visione, così come i profeti di Israele che lo hanno preceduto... (Paolo non usa
mai la parola «conversione», se
non una volta in Atti 15, 3, in cui
racconta della conversione dei
pagani al Dio d’Israele). Paolo
non crea nessun nuovo principio di fede, né elimina alcuno
dall’antica legge. Non ha abiurato né l’ebraismo (come molti cristiani pensano), né ha fondato il
cristianesimo (come molti intellettuali ebrei sostengono). L’epi
sodio di Damasco è il «kairòs»
dell’epoca della salvezza che inizia e prosegue da Abramo in poi.
In Israele Paolo vede la possibilità di un coinvolgimento di ogni
credente, questa è la sua visione.
Paolo vede, dall’evento di Damasco in poi, la presenza del Messia
già reale in Israele, cosa che i
rabbini del suo tempo non vedevano. Questa sua fede nella fede
è la sua forza ed anche la sua debolezza nello stesso tempo. Da
qui la chiesa prende la cristologia e la dottrina della salvezza.
Ed è proprio questo accanimento su tale tema di predicazione
che ha causato a molti ebrei, in
ambiente cristiano, il pagamento
di un altissimo prezzo.
Come postilla conclusiva forse
possiamo liberamente aggiungere che, desiderosi di capire
meglio le differenze tra Gesù e
Paolo, oggi siamo in grado di
trarre qualche conclusione socialreligiosa, tutt’altro che nuova, guardando ai secoli passati.
Dal Sinai al Golgota
OGGI abbiamo uno stato
d’Israele e una diaspora
giudaica, così come era ai tempi
di Paolo. In quel contesto Gesù
tentava di approfondire il significato della Legge, la difendeva,
radicalizzava l’osservanza dei
comandamenti. Gesù era un
rabbi con un discreto seguito di
discepoli animati da attese messianiche. Paolo invece era un
rabbi riformatore della diaspora
e, proprio come uno di quelli
che abitano a New York o Londra, discuteva essenzialmente
suH’etica dei profeti d’Israele,
così come fanno i rabbini riformatori oggi, seguiti dalle rispettive scuole.
Entrambi i gruppi non derubavano nulla alla fede d’Israele;
il loro era un mero, eterno dibattito. Tutto ciò non appiattisce affatto la figura di Gesù.
Questo è un grande ebreo, anche se rimane discutibile il suo
essere Messia! Le strade per
giungere a Dio sono varie, ebraismo e cristianesimo sono soltanto due; ognuna ha ricevuto la
sua rivelazione: la prima sul Sinai, la seconda sul Golgota, ma
senza Sinai non c’è Golgota,
senza Antico Testamento è impensabile il Nuovo Testamento.
Note
omiletiche
Nella discussione sul tema «Legge ed Evangelo»,
va ben messa in evidenza
quella che è la fedeltà di
Gesù alla legge, il continuo orientarsi, da buon
ebreo, alla centralità di
questa nella vita quotidiana. Il rapporto dell'individuo con la parola data a
Mosè per il popolo e l'elezione di Israele ad essere
custode di questa parola,
presentano il dono, di cui
l'uomo dispone per essere
coerente alla volontà di
Dio. Ma anche la legge è
frutto di una Grazia che
muove Dio stesso ad operare verso i suoi figli. La
lealtà di Gesù verso la legge non è legalismo, ma
conferma di una vita vissuta nella certezza della Grazia che salva.
Alla base di ogni discorso e di ogni riflessione sul
rapporto Dio uomo, va
menzionato il Patto. Esso
rappresenta lo spazio nel
quale ogni attività di comunicazione e di decisione si realizza. L'amore di
Dio non ha bisogno di essere sostituito da concetti
legati all'Antico Testamento o al Nuovo Testamento, ma esso è il risultato di una sua azione
verso l'uomo, ben definita, e che si rivela in modi e
forme diversi nel corso
della storia. La liberazione
dell'uomo da ogni forma
di irresponsabilità diventa
così la strada per la santità
che Dio chiede al suo popolo. La fede di Gesù in
questa parola del Padre è
l'indicazione per un corretto rapporto con colui
che ci chiama e ci manda.
La comunità credente, come l'espressione della
continuità con il popolo di
Israele, si fa carico dell'annuncio della Grazia, non
dimentica la Legge, ma vive nella dimensione del
compimento.
È importante mettere in
evidenza il legame fra la
fede cristiana e l'ebraìsmo.
La ricerca teologica e storica degli ultimi anni ha
aperto nuovi orizzonti in
questo settore. Si parla di
radici comuni fra ebrei e
cristiani e i temi che si sviluppano sono: un solo Dio,
la sacra Scrittura, il popolo
dì Dio, il culto, giustizia e
amore, storia e compimento. Innanzitutto va considerata la comune testimonianza che va data alle
Scritture, all'unico Dio creatore e l'impegno comune
per giustizia e amore. Anche l'attesa per nuovi cieli
e una nuova terra unisce
ebrei e cristiani. Le dichiarazioni di comunità ecclesiali che attestano questa
unità di radici sono da
considerarsi come decisive
per il futuro del dialogo e
devono superare antiche
differenze e ostilità. L'ebraìcità di Gesù va riproposta e sottolineata: inoltre non va dimenticato che
la nostra salvezza non può
essere separata dall'elezione di Israele ed è alla base
dell'insegnamento e della
vita della comunità credente. Siamo soltanto
all'inizio di tale dialogo e
la nostra responsabilità è
determinante.
Per
approfondire
- Christen und Juden II.
Zur theologischen Neuorientierung im Verhaeltnis zum Judentum. Ekd, Eine Studie der Evangelischen Kirche in Deutschland, 1991.
- Peter von der OstenSccken, Grundzuege einer
Theologie im christlichJuedischen Gespraech.
Chr. Kaiser Verlag, München 1982.
- Kippenberg-Wewers,
Testi giudaici per Io studio
del Nuovo Testamento.
Paideia, Brescia, 1987.
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Nella foto: Gerusalemme,
scultura moderna nel pressi
(2 - fine) del «Santuario del Libro»
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PAG. 3 RIFORMA
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ps‘ ■ Un laico interviene sul documento sull'interruzione volontaria della gravidanza da noi pubblicato a settembre
La vita umana non è solo biologia ma anche biografia
Tra l'impostazione cattolica (sacralità della vita) e quella laicista (individualismo), è giusto ricordare che ogni scelta
si compie non in astratto e neppure in una gerarchia di diritti, ma in un contesto di relazioni. La riflessione va approfondita
PAOLO VINEIS*
MI è stato chiesto di commentare, come laico, il
documento sull’interruzione
volontaria della gravidanza
espresso dal «Gruppo di lavoro sui problemi etici posti
dalla scienza» nominato dalla
Tavola valdese (il documento
è stato pubblicato lo scorso
settembre). Il contenuto del
testo conferma un’opinione
che già da tempo mi ero formato e cioè che la chiesa protestante, almeno in Italia, può
svolgere un ruolo molto importante (insieme con altri
gruppi e istituzioni) come terzo polo di attrazione rispetto
all’integralismo cattolico e
aU’«estremismo laico».
Non solo suH’aborto ma su
molte questioni di bioetica il
pensiero laico italiano si contraddistingue per due aspetti
negativi; il primo è che, spesso, la sua ragion d’essere
sembra la pura e semplice
contrapposizione all’etica
cattolica, come se non fosse
urgente invece cercare nuovi
percorsi di pensiero di fronte
ai rapidi mutamenti indotti
dalla scienza e dalla tecnica. Il
secondo è un certo ottimismo
sulle capacità di scienza e tecnica di trovare al loro interno
disposte ai nuovi quesiti etici
che il loro sviluppo pone; talora, come nel caso della riproduzione e dell'aborto, le
iargomentazioni laiche sono
»decisamente di stampo scienitistico, nel senso che cercano
[nelle conoscenze «di fatto» un
' supporto alle scelte morali.
Maurizio Mori, per esempio, da anni argomenta a favore delle tecniche di riproduzione assistita e dell’aborto
facendo riferimento al grado
di sviluppo del sistema nervo
i
SCHEDA
Il testo
del «Gruppo
di lavoro»
Il documento del Gruppo
di lavoro sui problemi etici
posti dalla scienza dedicato
alT«lnterruzione volontaria
della gravidanza» fa seguito
al testo redatto dallo stesso
gruppo sui problemi più generali della bioetica. Chiarita
la necessità, per i credenti, di
rispettare e proteggere la vita, il testo fornisce dei dati
relativi all'aborto che mostrarlo come il ricorso ad esso sia
m diminuzione, e ribadisce
che il medesimo non deve essere considerato mezzo di limitazione delle nascite. Successivamente si affronta la
«Definizione biologica e biografica di "vita"», sviluppando in particolare il rapporto
che si stabilisce tra la madre e
Il feto. «La vita umana, - dice
il testo - non può avere esclusivamente o prevalentemente
una connotazione biologica;
la sua specificità è anche biografica ed è questa globalità
e interdipendenza che va salvaguardata». Non si tratta
perciò solo di tutela della vita
in astratto, ma di farsi carico
della volontà procreativa e
dell'accettazione del generato: un «prendersi cura della
vita» che compete in quanto
corresponsabilità non solo alla donna ma a tutti.
Se «il singolo atto di Ivg
resta un atto negativo», tuttavia non si ritiene accettabile un giudizio unico e onnicomprensivo sulle situazioni
di ricorso a esso. Il testo rifiuta l'imposizione coercitiva
della gravidanza e la penalizzazione dell'aborto, riconoscendo alla madre il diritto
all'ultima parola.
so a diverse settimane di vita
dell’embrione. Analogamente, Peter Singer, in un libro a
tratti agghiacciante (Rethinking Life and Death), sostiene
che il sistema nervoso di molti vertebrati e la loro capacità
di sentire sono superiori a
quelli dei neonati, e che pertanto la pratica dell’infanticidio ha una sua legittimità. Vi
sono migliori motivi, secondo
Singer, per essere vegetariani
che per opporsi all’aborto;
questa è una posizione importante e non minoritaria
che emerge dal mondo laico,
e che prescinde compietamente dagli aspetti relazionali
e interattivi sottolineati dal
documento della Chiesa valdese. Singer usa un’argomentazione che si regge su conoscenze scientifiche (lo sviluppo del sistema nervoso) e solo
in modo rigido e meccanico
su aspetti relazionali (la capacità di sentire dolore e la consapevolezza dell’essere al
mondo). In più, a dimostrazione della subalternità del
pensiero laico a una «cattiva
versione» delle religioni cristiane, Singer pretende goffamente di riformare i comandamenti su base laica. In realtà il suo tentativo non fa che
riproporre una contraddizione del pensiero laico già messa in luce, tra gli altri, da Simone Weil, Peter Winch e Zygmunt Bauman, e cioè il contrasto tra la pretesa di universalità (la dichiarazione dei diritti «universali» dell’uomo) e
l’insistenza sull’individualità
e l’autonomia del soggetto.
Ciò che manca tanto all’etica cattolica, rigidamente ispirata alla sacralità della vita,
quanto aH’«estremismo laico» ispirato unicamente a
un’individualistica qualità
della vita, è quell’aspetto di
biografia che giustamente il
documento del «Gruppo di
lavoro» sottolinea. La biologia è una condizione neces
Raffigurazione grafica di una catena di Dna
saria, ma non sufficiente per
la biografia, che include aspetti decisivi di interdipendenza: «Il conflitto [sorge]
non tra una gerarchia di diritti, ma all’interno di una rete
di relazioni (...); l’etica della
responsabilità mette l’accento sull’interdipendenza reciproca dei rapporti umani»
(documento del «Gruppo di
lavoro»). Singer cerca di costituire una gerarchia di diritti (per di più universali), per
cui un cane o un maiale godono di maggiore rispetto di
un feto. Il documento del
«Gruppo di lavoro», invece,
rifiuta la doppia connotazione che è stata a lungo abituale per l’etica, la gerarchia e
l’universalità: ciò che è lecito
fare dipende dal contesto,
dalla rete di corresponsabilità
in cui la donna è inserita; «Se
la donna non è oggetto di cu
ra da parte della comunità in
cui vive e la rete di relazioni al
cui interno si gioca la relazione madre-figlio/a si spezza,
allora una delle conseguenze
di questa frattura potrebbe
essere la Ivg». Benché il singolo atto di interruzione volontaria della gravidanza resti
un atto negativo «la discussione etica - secondo il documento - nasce dalla consapevolezza della sua realtà e dalla volontà di modificarne positivamente le circostanze».
Non sono un esperto di etiche «eterodirette», derivanti
da principi assoluti di natura
religiosa, e pertanto non tento
neppure un confronto con
l’etica cattolica (sono consapevole, ovviamente, della
molteplicità di posizioni in
ambito cattolico e dell’esistenza di posizioni analoghe a
quella di cui si discute). Il do
cumento del «Gruppo di lavoro», invece, è un punto di partenza importante per un dialogo con le etiche laiche. Non
vedo un orizzonte, al momento attuale, diverso da quello
della «cura», dell’interdipendenza e della responsabilizzazione. Tuttavia la ricerca non
può arrestarsi qui; talora la risposta ai problemi etici si
configura come un ricorso a
parole chiave, anziché come
un’elaborazione originale e
profonda. Ricondurre le scelte
al contesto relazionale in cui
si pongono è importante ma
non sufficiente: in fondo, potrebbe non essere diverso
dall’etica propria di «clan» o
di gruppi tribali, con un’alta
coesione e corresponsabilizzazione interna ma con una
scarsa capacità di elaborazione e un elevato potenziale di
persecuzione del diverso.
La strada dell’etica della responsabilità e dell’interdipendenza, insomma, mi sembra quella giusta ma al tempo
stesso mi pare non sia ancora
sufficientemente a fuoco. Nel
caso dell’interruzione volontaria di gravidanza, considerato che ci troviamo in una
situazione obiettivamente
conflittuale, porre la relazione al centro della decisione
etica significa considerare da
un lato la percezione che la
donna ha della propria gravidanza, dall’altro il grado di
«corresponsabilità» che la comunità ha intenzione di assumersi. Esiste un continuum di possibilità nei modi
in cui queste due componenti possono bilanciarsi; la
drammaticità della scelta etica sta proprio nel dover introdurre una cesura in quel
continuum, nel dover stabilire quando l’Ivg è giustificata
perché la gravidanza è troppo indesiderata per la donna
rispetto al contesto di supporto e di corresponsabilità.
Giustamente, il documento
sottolinea che l’Ivg è un evento comunque negativo e
che, in questa negatività, bisogna tuttavia modificare positivamente le circostanze e
lasciare alla donne l’ultima
parola. Tuttavia, come tutti
conosciamo situazioni di ingiustificata e brutale imposizione della gravidanza (per
esempio in famiglie o gruppi
sociali integralisti), siamo anche tutti a conoscenza di situazioni di «corrività», di circostanze cioè in cui vi erano
scarse giustificazioni materiali e psicologiche per l’Ivg,
che però è stata ugualmente
effettuata. Stabilire il limite di
accettabilità dell’Ivg è estremamente difficile, e non lo si
può fare né sulla base di regole astratte e universali, come vorrebbero gli estremisti
laici e cattolici, né sulla sola
base della sensibilità e propensione individuale.
Temo, ad esempio, che ridurre la discussione etica in
biomedicina interamente a
una questione di scelta individuale (lasciando alla singola donna e al singolo uomo
l’intera responsabilità di decidere) porti nella direzione di
un’etica «consumistica», che
trae vantaggio in modo acritico dagli avanzamenti tecnologici. Questa preoccupazione può essere poco rilevante
nel caso dell’aborto, ma lo
può divenire se ci riferiamo
alla riproduzione assistita, o
alla medicina clinica. Non
vorrei che anche avere un figlio, come cambiarsi il naso o
rifarsi le coronarie, diventasse uno dei tanti «optionals»
consentiti dalla tecnologia e
da un certo «stile di vita». Discutere dei modi in cui la comunità circostante ha il diritto-dovere di interferire con le
scelte del soggetto è uno degli
aspetti critici delle riflessioni
che stiamo svolgendo.
* Epidemiólogo all’ospedale
San Giovanni di Torino
Si è svolto a Ecumene, dal 29 novembre al 1° dicembre, l'annuale incontro dei giuristi evangelici
strumenti etici e legislativi per regolamentare la procreazione
ANTONELLA SCIUMBATA
A Ecumene (Velletri) dal 29
novembre al 1° dicembre
1996 si è tenuto il 5° incontro
dei giuristi evangelici, sul tema «I problemi etici della
procreazione e della genitorialità». La relazione di apertura è stata della dott. Baldelli
(magistrato presso il Tribunale per i minorenni di Torino),
che ha fornito una panoramica lineare sia sull’inseminazione che sulla fecondazione.
La prima in realtà non dà
grossi problemi; infatti sia
l’ovulo che il seme appartengono ai «futuri» genitori; la
scienza in questo caso ha dato un aiuto alla natura. I problemi veri e propri si hanno
invece con quella che viene
definita fecondazione. Le situazioni che possono aversi
attraverso essa sono: 1) donazione del seme; 2) donazione
dell’ovulo; 3) affitto dell’utero; 4) affitto dell’utero e donazione del seme e dell’ovulo.
Nel primo caso c’è un donatore: il nascituro avrà così
sia un padre biologico sia un
padre sociale. Nei confronti
di questo bambino chiunque
può esercitare un’azione di
disconoscimento e questa
azione è imprescrittibile. Non
solo, nel caso di mancato riconoscimento del bambino
da parte del padre sociale, la
madre potrebbe citarlo in
giudizio, e nel caso in cui le
fosse respinta la domanda
potrebbe agire nei confronti
del padre biologico, il quale si
troverebbe a doversi assumere delle responsabilità che come semplice donatore non
pensava di avere. Alla fine,
nel caso nessuno voglia più
riconoscerlo, chi verrebbe a
trovarsi senza tutela è solo il
bambino. Il secondo caso
prevede che la donna riceva
l’embrione, frutto della donazione dell’ovulo fecondato di
una donatrice: chi sarebbe la
madre, quella gestazionale o
quella genetica?
Terzo caso: l’ovulo della
donna insieme al seme maschile vengono fecondati
nell’utero di un’altra donna.
Siamo in presenza della situazione precedente, e quindi
con le stesse conclusioni viste
prima. Ultimo caso è quello
dell’affitto dell’utero insieme
alla donazione dell’ovulo o
del seme. Siamo qui in presenza del caos più assoluto.
Con la fecondazione il bambino che nasce viene a trovarsi in una situazione tale da
poter avere addirittura, nei
casi limite, cinque genitori,
tre madri (e cioè la genetica,
la gestazionale e la sociale) e
due padri (genetico e sociale).
Si è così delineata la serie di
problemi che una futura legge
deve affrontare, una legge che
purtroppo quando arriverà
sarà già superata da un fenomeno che ormai è in completa evoluzione. Su questo argomento si è soffermato il
prof. Sergio Stemmati, ordinario di Diritto pubblico alla
facoltà di Economia dell’Università di Napoli. Fino a questo momento sono state sviluppate 9 proposte di legge su
questa materia. Le proposte
legislative possono raggrupparsi in tre gruppi: a) proposte di tipo restrittivo che
guardano alla dignità e agli
interessi del nascituro; b) proposte di tipo alternativo che
prevedono i tre istituti; fecondazione omologa, eterologa e
inseminazione di una donna
nubile. Qui si guarda alla pluralità dei modelli di coppia
che stanno sorgendo; c) proposte intermedie. Giorgio
Peyrot ha sottolineato come il
problema della fecondazione
riguardi in primo luogo una
corretta reiscrizione dell’art.
29 della Costituzione («La Repubblica riconosce i diritti
della famiglia come società
naturale fondata sul matrimonio»). Non si può parlare
più di una famiglia fondata
sul matrimonio ma fondata
«sugli atti di per sé idonei»
che oggi si sono moltiplicati.
Il convegno è proseguito
con gli interventi di Sergio
Rostagno, docente di Teologia sistematica alla Facoltà
valdese, e di Francesco Compagnoni, docente di Bioetica
alla Pontificia Università di
Roma. Il primo ha trattato del
ruolo del credente nel diritto.
È cambiato oggi il ruolo della
chiesa, non più luogo dove
trovare delle soluzioni già
confezionate ma luogo di stimolo alla riflessione, all’ informazione e insieme collaboratrice nella soluzione delle problematiche che la vita
ci presenta.
Compito del credente è di
cercare di realizzare una convivenza civile al meglio possibile. Parlando poi della bioetica religiosa e laica, Rostagno ha affermato che la vera
posizione laica è quella di
trovare un terreno di intesa al
di fuori delle religioni: creare
dei principi che vadano bene
a tutti, religiosi e non. E questo potrebbe essere il nuovo
ruolo del cristianesimo: non
più creatore di un modello alternativo al mondo ma ideatore di un modello che non
solo è interno al mondo ma
che possa andare bene a tutti, quindi un modello «laico
ma cristiano».
Proseguendo su questa linea, Compagnoni ha individuato quattro livelli interni
alla bioetica: il primo è quello
fenomenico-fenomenologico:
descrizione di quello che ci
sta succedendo. Certo è difficile distinguere ciò che è descrittivo da ciò che è valutativo, però ci si può arrivare. Il
secondo livello è quello dove
si discute di questi fatti; è
pubblico e tutti possono intervenire. Il passo da livello a
quello successivo è breve: qui
ognuno di noi che ha una sua
formazione culturale e le pro
prie convinzioni, cerca di essere coerente con se stesso.
Quindi, mentre nel livello 2 la
persona ascolta tutto e «accetta» tutto, al livello 3 può
diventare intollerante. Il
quarto livello è quello legislativo-istituzionale.
Gli ultimi due interventi sono stati quelli di Anna Marta
Rollier, docente di Genetica
alla facoltà di Medicina dell’Università statale di Milano,
e Daniele Garrone, docente di
Antico Testamento alla Facoltà valdese. La relatrice ha
posto due punti: a) rapporto
tra tecniche di produzione
assistita e diritto; b) rapporto
tra tecniche di produzione
assistita e genetica. Nel primo
caso la legge 1) deve essere
forte; 2) non deve sancire la
legittimità del concetto di famiglia e quindi deve allargare
tale concetta comprendendole tutte; 3) deve essere elastica. Nel secondo caso la prof.
Rollier ha usato un’espressione emblematica: «Giocare alla divinità».
È questo forse che si tende
a fare con la scoperta di questi nuovi fenomeni? Si può
arrivare a una selezione totale degli embrioni «migliori» e
far sì che si dia vita a una razza pura? È giusto quello che
ha detto Garrone quando ha
parlato del limite dal punto
di vista biblico. Siamo nati
senza limiti (Genesi 2 e 3) e
poi, con il peccato, nasce
questo senso del limite.
4
PAG. 4 RIFORMA
VENERDÌ 24 GENNAIO 1997 VEN
Il futuro segretario generale dell'organizzazione è stato eletto l'11 gennaio
Un pastore battista a capo della Kek
Keith Winston Clements, autore di vari libri, è membro della Commissione «Fede
e costituzione» del Cec. Subentrerà a Jean Fischer nel prossimo settembre
L’il gennaio scorso, durante una sessione straordinaria
del Comitato centrale della
Conferenza delle chiese europee (Kek), Keith Winston Clements, pastore dell’Unione
battista della Gran Bretagna,
attualmente coordinatore per
gli affari internazionali del
Consiglio delle chiese di Gran
Bretagna e d’Irlanda, è stato
eletto nuovo segretario generale della Kek. «Ho la sensazione che il lavoro della Kek
sia uno degli elementi più positivi del movimento ecumenico oggi», ha dichiarato il futuro segretario generale della
Kek nel corso di una conferenza stampa svoltasi il 13
gennaio a Ginevra. «In alcuni
ambienti, si parla di un “inverno ecumenico’’... di una
mancanza di impegno e di interesse per l’ecumenismo».
Ora, ha detto Keith Clements,
«io non la vedo così. Per me, è
l’inizio di una primavera ecumenica (...) nella Kek, vedo i
segni precursori di una primavera ecumenica».
John Arnold, decano della
cattedrale di Durham e presidente della Kek, ha precisato che Keith Clements è stato
eletto con una forte maggioranza. Keith Clements, figlio
di genitori missionari, è nato
nel 1943 a Gulin, Sichuan, in
Cina. Prima della sua nomina al Consiglio delle chiese
di Gran Bretagna e d’Irlanda,
ha seguito una carriera universitaria ed è autore di diversi libri. Ecumenista impegnato, è fra l’altro membro
della Commissione «Fede e
costituzione» del Consiglio
ecumenico delle chiese.
La Kek, che conta oggi 123
chiese membro (ortodosse,
protestanti, anglicane e vecchio-cattoliche) di tutta Europa, ha avviato numerosi
programmi per promuovere
la cooperazione tra le sue
chiese membro e altre organizzazioni europee e religiose, in particolare con la Chiesa cattolica romana. All’agenzia Eni, che gli chiedeva che
cosa pensasse dei nuovi conflitti tra le chiese in Europa
orientale dopo il crollo del
comunismo, Keith Clements
ha risposto che non è giusto
dire che ci sono problemi
nelle chiese dell’Europa orientale; ad Est, ha precisato,
le questioni riguardano il
rapporto tra cristianesimo e
identità nazionale, mentre ad
Ovest esse riguardano il rapporto tra cristianesimo e persone che vivono in una società in cui domina l’economia di mercato.
Interrogato sul processo di
integrazione della Kek e della
«Commissione ecumenica
europea per chiesa e società»
(Eeccs), che dovrebbe implicare una nuova struttura con
uffici a Bruxelles, Strasburgo
e Ginevra, Keith Clements ha
riconosciuto che vi sono
buoni motivi per prevedere
l’apertura di un ufficio «in
un’altra parte dell’Europa»,
alludendo all’Europa orientale, dove si trovano molte
chiese membro della Kek: «È
importante che tutte le chiese della Kek si sentano responsabili per la Kek. La Kek
non deve essere soltanto per
le chiese occidentali», ha detto aggiungendo che occorrerà valutare bene il ruolo di
un tale ufficio prima di prendere una decisione. Keith
Clements assumerà le sue
nuove funzioni nel prossimo
settembre, poco dopo la seconda Assemblea ecumenica
europea e l’Assemblea generale della Kek, che avrà luogo
anch’essa a Graz.
L’attuale segretario generale della Kek, Jean Fischer, ha
La Conferenza delle chiese europee (Kek) ha la sua sede presso il Centro ecumenico di Ginevra
dichiarato che la Kek ha risolto i suoi problemi finanziari; «La situazione finanziaria della Kek è oggi in buona
salute - ha affermato -. Questo può sembrare strano, ma
è un dato di fatto». Fischer
ha precisato che i conti del
1996 dovrebbero registrare
un lieve attivo. È chiaro, ha
detto, che le principali difficoltà finanziarie della Kek si
sono verificate nel 1994. Le
riduzioni dei salari del personale di circa il 7% e altri
provvedimenti presi nel 1995
hanno consentito di risolvere
questi problemi. Le spese di
organizzazione della seconda Assemblea ecumenica europea dovrebbero essere coperte, così come quelle dell’Assembla della Kek.
Keith Clements, Jean Fischer e John Arnold hanno
assicurato che la lunga cooperazione con la Chiesa cattolica romana andrà avanti.
Secondo il decano John Arnold, circa la metà dei cristiani europei è membro della
Chiesa cattolica romana, e
circa l’altra metà è membro
della Kek. Jean Fischer ha annunciato che il Comitato
centrale della Kek ha approvato la richiesta di adesione
della Chiesa vecchio-cattolica della Repubblica ceca.
«Tutte le chiese vecchio-cattoliche d’Europa sono oggi
membro della Kek», ha aggiunto. Inoltre, la sezione europea della Federazione universale delle associazioni cristiani studenti (Fuace) è stata
ammessa come organizzazione associata. (eni)
Notevole presenza di chiese ortodosse ed evangeliche
In Polonia non ci sono solo cattolici romani
PAWEL GAJEWSKI
Nel panorama confessionale europeo la Polonia,
come l’Italia, viene classificata come paese cattolico. Questa semplificazione, statisticamente corretta, porta però
a trascurare le altre dimensioni e forme del cristianesimo, mancanza che può rendere molto incompleta la visione della storia e della cultura di questo paese. La presenza di cristiani non appartenenti alla chiesa cattolica
romana è uno dei fili essenziali del tessuto nazionale
polacco. Il ruolo di ponte tra
l’Oriente e l’Occidente si è
manifestato e continua a manifestarsi nella convivenza
fraterna, anche se non priva
di vari diverbi con la chiesa
ortodossa. Nei secoli XVI e
XVII gli ortodossi costituivano addirittura più di un terzo
della popolazione; tuttora
rappresentano la più grande
minoranza confessionale che
raggruppa su tutto il territorio nazionale quasi mezzo
milione di fedeli con rispettiva struttura episcopale e piena autonomia.
La riforma di Lutero e del
suo seguito ha trovato in Polonia sin dall’inizio un terreno molto fertile soprattutto
tra la nobiltà. La monarchia
polacca, essendo costruita su
principi democratici, garantiva a tutte le religioni e confessioni la piena libertà e la
protezione del sovrano. La
regola «cuius regio eius religio» non è stata mai applicata
in Polonia, costituendo pertanto uno dei principali motivi per cui molti ebrei perseguitati altrove hanno trovato
rifugio ed ospitalità nelle terra della Repubblica polacca.
Non è un errore: il sistema
politico polacco già dal XIV
secolo, con l’incoronazione
del re Casimiro il Grande,
aveva saputo trovare una formula che coniugasse monarchia e democrazia, una democrazia ovviamente elitaria
e non popolare. Per questo
motivo il nome ufficiale dello
stato è sempre stato Rzeczpospolita, dal latino «res publica». Nella situazione attuale
la presenza delle minoranze
evangeliche diventa sempre
più rilevante. Le piccole chiese di diaspora hanno saputo
superare con grande coraggio e coerenza i tentativi di
strumentalizzazione da parte
del regime comunista. La solidarietà degli evangelici
sparsi in tutto il mondo era
uno dei fattori determinanti.
La chiesa luterana e quella
riformata, due chiese storiche presenti sul territorio
dall’inizio della Riforma, collaborano strettamente soprattutto nel campo dell’educazione biblica insieme alle chiese metodista e battista, le quali hanno sviluppato l’attività missionaria solo
dopo la prima guerra mondiale. La libreria della Società
britannica e forestiera a Varsavia è diventata punto di riferimento per tutti coloro
che vogliono approfondire la
conoscenza della parola di
Dio, a prescindere dalla provenienza e dall’appartenenza
confessionale.
Il regime comunista ha
cancellato le facoltà di teologia da tutte le università statali. Così il corpo docente
della Facoltà di teologia
evangelica dell’università di
Varsavia, molto attiva negli
anni Trenta, ha dato inizio
all’Accademia della teologia
cristiana, istituita nei primi
anni Cinquanta. È una scuola
teologica legalmente riconosciuta che può conferire tutti
i gradi accademici ed è composta da tre Facoltà: ortodos
sa, evangelica e veterocattolica. Nel quadro confessionale
della Polonia non può mancare il movimento veterocattolico. L’espressione più significativa di questa corrente
è la Chiesa cattolica nazionale, nata negli Stati Uniti d’America all’inizio del secolo
che tra la patria e l’emigrazione abbraccia poco meno
di 200.000 fedeli. Sulla stessa
linea si devono collocare due
chiese mariavite, sorte da un
movimento popolare di risveglio devozionale.
Il movimento, sviluppatosi
negli anni Venti, soprattutto
negli ambienti rurali, è stato
bandito dal Vaticano principalmente per due motivi: la
lotta per l’abolizione del celibato e l’ammissione delle
donne ai ministeri ecclesiastici. La «corrente polacca» è
una delle componenti più
forti dell’Unione di Utrecht.
Il movimento di risveglio spirituale ha trovato in Polonia
la sua espressione nelle chiese pentecostali di tipo congregazionalista sorte negli
anni Cinquanta e Sessanta.
Attualmente esse si presentano sotto il nome di Chiesa
evangelica unita.
Un fenomeno notevole è la
missione e lo sviluppo della
Chiesa awentista del settimo
giorno. L’evangelizzazione
iniziata alla fine degli anni
Settanta ha dato vita a una
chiesa probabilmente più dinamica, il cui numero di fedeli è cresciuto nell’arco di
vent’anni da poche centinaia
a decine di migliaia tra professanti e simpatizzanti. Tutte
le chiese cristiane (tranne la
chiesa cattolica romana) fanno parte del Consiglio ecumenico polacco che riprende
a livello nazionale il modo di
operare e collaborare proposto e sperimentato dal Consiglio ecumenico delle chiese.
Note sull'ecumene
Evangelici e evangelici
Paolo Ricca
Il mondo evangelico italiano che si colloca nell’area
pentecostale, neopentecostale e carismatica è molto complesso e variegato, molto di più di quel che in genere si
pensa nelle chiese protestanti «storiche» che conoscono
poco e male sia i pentecostali «classici» (quelli raccolti
nelle Assemblee di Dio) si i pentecostali «liberi» o «indipendenti», che qualcuno chiama neopentecostali o carismatici. Ci si conosce poco e male perché non ci si cerca,
non ci si frequenta, si vivono esistenze personali e collettive parallele, non ci si parla, forse perché ciascuno pensa
che tocchi all’altro fare il primo passo, forse perché nessuno sente il bisogno di fare alcun passo. Portiamo tutti,
non a caso e non a torto, lo stesso nome di «evangelici»
ma siamo dei vari «fratelli separati» malati, si direbbe, di
incomunicabilità. In fondo, ci ignoriamo tranquillamente, ma l’ignoranza genera mostri in tutti i campi, anche in
quello dei rapporti tra le chiese. Se ci conoscessimo meglio, ci libereremmo da una serie di clichés tanto diffusi
nei nostri ambienti quanto erronei.
Un cliché è che tutto il mondo pentecostale sia fondamentalista. Non è così: è vero che i pentecostali, come
noi, affermano Tautorità assoluta della Bibbia. È vero anche che il loro rapporto con la Scrittura è di tipo biblicista
e che essi, in generale, non praticano il metodo storicocritico nella lettura della Bibbia. Ma biblicismo non significa fondamentalismo.
Un altro cliché è che i pentecostali siano allergici all’eco menismo organizzato. Anche questo è vero solo in parte, le
posizioni sono differenziate: è vero che la passione dominante di queste chiese è l’evangelizzazione e che l’ecumenismo non è una priorità; è vero anche che ampi settori
dell’evangelismo pentecostale preferiscono mantenere
una distanza critica nei confronti del movimento ecurrsenico piuttosto che osare una partecipazione critica ma ci
sono aree pentecostali percorse da un vivo interesse ecumenico, che manifestano già oggi una disponibilità sincera all’incontro e alla collaborazione. Per quanto concense i
rapporti con le altre chiese, come leggiamo nel «Manifesto
di Manila» del 1989, che è un po’ la magna charta del movimento a livello mondiale, «tutti gli evangelici sono consapevoli che fra di noi rimangono serie differenze teologiche». Queste differenze non sono però vissute come ostacolo insormontabile a forme di collaborazione e comunione: ci può essere unità (almeno parziale) anche là dove
non c’è unanimità. L’unità cristiana è un’unità di diversi,
non di uguali: lo dimentichiamo sempre di nuovo, e «diversità riconciliata» non significa diversità cancellata.
Nello stesso paragrafo del «Manifesto», poco più avanti,
leggiamo: «Confessiamo la nostra parte di responsabilità
nella frammentazione del corpo di Cristo, che è un ostacolo di grande rilievo all’evangelizzazione del mondo».
Questa ammissione è importante sia perché rivela una
notevole capacità di autocritica su un punto delicato e
controverso come l’unità (e la divisione) della chiesa, sia
perché segnala, giustamente, il nesso profondo tr.-t evangelizzazione e impegno ecumenico.
L’assemblea di 3.000 delegati da circa 170 paesi, raccciSta nella capitale filippina intorno al tema «Chiauiare l’intera chiesa a portare l’intero evangelo al mondo iniei ;;»,
ha prodotto il «Manifesto di Manila», che si apre co» 'zì
affermazioni programmatiche che costituiscono la base
teologica di ampi settori evangelici pentecostali. Non c è
qui spazio per un esame delle singole affermazioni; pos
siamo però, per parte nostra, sottoscriverle senza riserve
sostanziali; anche là dove le formulazioni avrebbero poto
to essere diverse, l’intenzione di fondo può essere condivisa. Condividiamo, in particolare, l’insistenza sulla centralità di Gesù Cristo, unica via di salvezza, e sul nesso tra
proclamazione dei Regno e denuncia di ogni ingiustizia e
oppressione, anche strutturale. Vi sono certo questioni da
approfondire, punti da chiarire e forse rettificare, aspetti
rimasti in ombra da lumeggiare, ma il documento nel suo
insieme costituisce una buona piattaforma di dialogo e
incontro. Perché non cominciare?
Dal Mondo Cristiano
Germania: un sondaggio
rivela un declino della fede religiosa
FRANCOFORTE — La riunificazione della Germania nel
1990 avrebbe provocato fra i tedeschi un nettissimo declino
della fede religiosa. Per la prima volta, il numero degli atei e
degli agnostici supererebbe quello dei credenti. È quanto rivelano i risultati di un’inchiesta effettuata per conto del settimanale Der Spiegel. Il sociologo berlinese Klaus-Peter Jorns ha osservato che l’ateismo potrebbe essere considerato come una
delle «rare caratteristiche sopravvissute» della vita dell’ex Germania Est, e costituisce ancora un «elemento importante
dell’identità» di questa parte del paese. 11 portavoce della Chiesa evangelica di Germania (Ekd), Thomas Kruger, contesta
questa visione e ritiene che la maggioranza dei tedeschi
dell’Est è «non credente per negligenza» e non deiiberatamente atea. «Due generazioni di tedeschi dell’Est sono cresciute
lontane dalla fede e dalTEvangelo, e così la riunificazione ha
provocato un afflusso di non credenti - ha sottolineato-. D’altra parte, c’è stata la tendenza a riprendere i sistemi occidentali di amministrazione della chiesa, di imposizione e di educazione, in un periodo in cui tutto ciò che viene dall’Ovest viene
considerato con sospetto». Con rispettivamente 28 milioni di
membri, la Chiesa evangelica e la Chiesa cattolica romana rappresentano oggi ciascuna circa il 35% degli 81,5 milioni di tedeschi. Le due chiese attribuiscono il declino delia fede religiosa al ritorno dell’ex Germania orientale, considerata oggi come
la regione più laicizzata d’Europa. (eni)
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97 \ÆNERDÎ 24 GENNAIO 1997
PAG. 5 RIFORMA
Un'opera lirica contemporanea sulle vicende religiose del secolo XVI
Divara e gli anabattisti di Münster
Il problema della tolleranza si intreccia sulla scena con quello del ruolo
delle donne e fornisce stimoli alla riflessione anche per il mondo di oggi
SALVATORE RAPISABDA
Tl ^ A io disperatamente
chiedo: come può
Dio permettere il massacro
degli uomini che avviene fin
dalla creazione? Perché esistono odi religiosi, vendette
di popoli, e l’interminabile
dolore del mondo, cui non
basta la morte naturale?«. Sono queste le ultime parole
che Divara, moglie del re degli anabattisti di Münster,
pronuncia poco prima di essere giustiziata dal boia del
vescovo cattolico Waldeck,
subito dopo che questi ha riconquistato la città dalla
quale era stato cacciato. Le
parole riportate sono tratte
dal libretto dell’opera Divara
del compositore contemporaneo Azio Gorghi, che viene
rappresentata a gennaio al
teatro «Vincenzo Bellini» di
Catania.
Quest’opera, ambientata
nella Münster del 1531-35,
quando un gruppo di deliranti visionari anabattisti
tentano di attuarvi la Nuova
Gerusalemme', presenta notevoli elementi di attualità.
Come spettatori si viene colpiti dall’intensità della musica (strumentale e elettronica), dalla sobrietà dei costumi (senza richiami aH’abbi^iamento del XVI secolo); si
viene anche «avvolti» dallo
spettacolo, quasi a diventarne protagonisti e a temere gli
effetti del dramma (le voci
liecitate e il canto provengo
Ipl
no da più punti, anche con
l’ausilio di altoparlanti, e gli
artisti si muovono liberamente tra il pubblico della
sala e dei palchi).
Al di là dello specifico musicale e dell’impostazione
scenica, accenniamo appena
alla leggera confusione che il
libretto fa, parlando indifferentemente di anabattisti e di
battisti (ma sul palco ciò è
stato corretto grazie all’intervento di chi di questo ha cognizione); esprimiamo pure
un po’ di sorpresa per il fatto
che il pensiero anabattista
venga riprodotto con una
aspersione di tipo pedobattista. Nonostante ciò ci piace
notare due aspetti che rendono l’opera estremamente attuale in vista dell’appuntamento di Graz e della riflessione sulla riconciliazione.
L’opera è una denuncia
dell’intolleranza. In tema di
intolleranza le chiese, con le
loro dottrine e teologie, la
sanno lunga e hanno da fare
un ben lungo cammino per
scrollarsi di dosso la macchia
delle guerre di religione, delle
inquisizioni, delle torture,
delle scomuniche. In un’intervista a «Panorama», José
Saramago dice; «Continueremo a essere intolleranti finché non capiremo che essere
solo tolleranti non basta: fino
a quando, cioè, non riconosceremo la profonda eguaglianza di tutti gli esseri umani»L Lo scrittore è autore tra
l’altro del dramma In nomine
Monografia di «Linea d'ombra»
La supertrama dell'attuale
letteratura israeliana
La rivista Linea d'ombra*
diretta da Goffredo Fofi ha
pubblicato nel mese di dicembre un numero monografico dedicato alla letteratura israeliana contemporanea, che ben riassume le tendenze e le linee portanti di
una narraliva nazionale al
momento ira le più fertili a
livello mondiale. La letteratura comprende oggi un accostamento ira due generaàoni: quella degii autori nati
negli anni ’30, che hanno vissuto (magari dopo essere
scampati alla Shoà) la visione sionista della nuova pa
l>a porta che divide i quartieri
ebraico e arabo a Gerusalemme
(foto E. Correnti)
Wa e successivamente le varie guerre che hanno contraddistinto la storia del neonato stato, e quella successit'a, che con la precedente si
pone in dialettica, riconsiderando il sionismo, la diaspora, il confronto con le diverse
''etnie» del popolo ebraico.
I nomi di Aharon Appelfeld
ili mio nome è Katharina,
ieltrinelli), Yoram Kaniuk
(Adamo risorto, Theoria),
laakov Shabtai (Inventario,
Theoria), Yehoshua Kenaz
{L'invenzione della solitudine, Anabasi) e soprattutto
Abraham B. Yehoshua (L'amante, Il signor Mani, Cinque stagioni. Un divorzio tardivo, tutti pubblicati da Einaudi; Il poeta continua a tacere, Giuntina) sono ormai
familiari ai lettori italiani e
portano con sé, oltre ai valori
propriamente letterari (in alcuni casi, come quello di
Yehoshua, elevatissimi), alcune caratteristiche ben descritte da Yigal Schwarz in
un bell’articolo introduttivo.
In particolare è rinvenibile
una sorta di «supertrama», di
motivo conduttore che è «la
tensione irrisolta tra l’io di
uno specifico individuo e
l’esistenza di una sovrastruttura rappresentata dalla società e dalla nazione ebraica». I protagonisti di questi
romanzi, scrive Schwarz,
«...da un lato rimangono fedeli ai valori della generazione dei padri (...); d’altra parte, sanno che ciò mette in
pericolo la loro esistenza come individui». Non è, a ben
vedere, un conflitto radicalmente nuovo e originale. È
in buona sostanza quello
dell’uomo del Novecento,
che altri autori (soprattutto
l’ebreo Kafka) fecero esplodere davanti a tutti: in questo caso esso si incarna in
una società ben specifica,
che vive un’attualità assai
puntuale, fatta di governi e
di elezioni, di diplomazia e
di guerre, in una temperie
culturale ben delimitata, che
le conferisce un valore tutto
particolare.
(*) Linea d’ombra, n. 120 (dicembre 1996), £ 10.000.
Deo, al quale si rifa il libretto
di Divara. Dunque l’opera,
nata nel 1993 per le celebrazioni della città di Münster,
con un felice incontro tra
uno scrittore portoghese, un
musicista italiano e un direttore tedesco (Will Humburg),
stigmatizza l’intolleranza, la
durezza dello scontro tra
anabattisti, cattolici e luterani. Guarda alla storia per scoprirne e riproporne gli elementi di attualità, in questo
caso di scontro e di intolleranza. Fa riflettere il fatto che
nel XVI secolo le chiese si siano divise cosi violentemente
su temi quali la cena del Signore e il battesimo. E dire
che questi sono i gesti di chi
vuole esprimere comunione
e nuova nascita!
Certo oggi l’intolleranza e il
processo opposto, la riconciliazione, non si focalizzano
soltanto su pochi gesti liturgici (sacramenti), ma le chiese darebbero un bel contributo alla riconciliazione e al
superamento delle divisioni
del passato se riuscissero a
dare segni concreti di comunione alla mensa del Signore
e nella celebrazione del battesimo. Chi scrive sa che lavorare su queste questioni è
come lavorare al cuore del
problema delle divisioni tra
le chiese. Il dibattito sul Documento di Lima del 1982
(Bern) è ancora aperto e attende risposte precise.
L’altro elemento di attualità
di Divara sta nella valorizza
zione del ruolo e della sensibilità femminile di cui la protagonista, e con lei altre donne protagonista. Bilie e Else,
danno ampia prova. Già il nome Divara, per un’opera che
in tedesco viene chiamata
Wasser un Blut (acqua e sangue), ci richiama alla centralità della donna e delle donne
di Münster. Sulla scena esse
rappresentano una resistenza
nonviolenta e un’opposizione
al limite del martirio contro
gli eccessi e le brutalità del fanatismo religioso e della brama di potere esercitata dagli
uomini, indipendentemente
dalla loro collocazione confessionale. Silvia Del Pozzo
scrive: «Le donne rappresentano le ragioni del cuore e
dello spirito, la fede nutrita
dall’amore, contro l’intolleranza degli uomini, trasformati in mostri dall’ortodossia
teologica, gli intrighi politici e
la sete di potere»". Certo nemmeno Divara è senza responsabilità: infatti le sue ultime
parole, prima che un soldato
cattolico la decapiti, sono
«Abiuro l’intolleranza, il male
che ho praticato, il male che
ho permesso, i miei errori ma
non abiurerò la mia fede, perché senza una fede l’essere
ymano è nulla».
(1) U. Gastaldi: Storia degli
anabattisti, Claudiana, voi. I, p.
515SS.
(2) 14.4.1995, cit. da S. Dal
Pozzo, Libretto su Divara, Edizioni Teatro Bellini.
(3) , ibid.
Un libro di Elio Rinaldi
L'arte e il trascendente
FERRUCCIO CORSARI
CON le parole «Il visibile
parlare», prese in prestito
da Dante Alighieri (Purgatorio X, 95), l’autore intitola
questo bel libro* che è insieme opera di storico dell’arte e
testimonianza di un cristiano
credente. Ho conosciuto personalmente il prof. Rinaldi
nel 1986, nella veste di dotto e
appassionato «cicerone» degli
scavi ercolanensi, durante un
viaggio turistico-evangelistico
della corale valdese di Torre
Pellice a Napoli e Avellino:
venne in luce la sua grande
competenza di studioso e di
insegnante d’arte, e su questa
base poggia l’aspetto più propriamente storico del volumetto, che illustra le manifestazioni di arte figurativa e architettonica del primo millennio dopo Cristo.
Dalle convinzioni religiose,
o meglio dalla fede dell’autore, deriva invece l’idea che 1’
arte può essere testimonianza, messaggio capace di trasmettere valori spirituali, con
la rappresentazione visiva del
trascendente. Qui si urta naturalmente con l’antico (e
tuttora valido) divieto di raffigurare gli esseri oggetto di
culto: tale problematica, e
tutti gli altri aspetti etici messi in evidenza dallo studio e
dall’interpretazione dell’arte
paleocristiana e medievale,
sono messi a confronto dall’autore con il messaggio della Bibbia; e non altro metodo
poteva seguire uno studioso
evangelico.
Per lui è infatti la Bibbia
l'unico parametro valido e decisivo per poter capire i rapporti fra arte e fede; le simbologie emergenti dai più vari
soggetti possono configurarsi
come testimonianza, preghiera, allusioni teologiche o dogmatiche attinenti alla menta
ELIO RINATJ)!
IL VISIBILE PARLARE
lità delle varie epoche in esame. L’artista, nella sua libertà
espressiva, quale interprete e
non solo ripetitore dei messaggi ricevuti dal passato, può
permettersi di evadere da una
tematica tradizionale e quindi
conservatrice.
L’autore fornisce una ricca
esemplificazione dei concetti
base, attraverso i vari capitoli, ricchi di note e citazioni,
disposti cronologicamente;
fra tutti cito; l’iconografia cristiana, l’architettura dei primi secoli, l’arte a Ravenna,
l’arte dell’alto medioevo. Interessanti le trattazioni sui
battisteri, sulle raffigurazioni
plastiche e miniaturistiche
dei terrori dell’anno Mille,
l’itinerario attraverso le catacombe romane.
È da considerarsi utilissima
l’aggiunta di un glossario che
spiega con chiarezza oltre
cento termini di arte e archeologia nonché i riferimenti religiosi. Altrettanto ricca e
razionalmente articolata la
nota bibliografica. Chiude
l’opera un certo numero di illustrazioni in bianco e nero,
che la stampa in offset ha opportunamente saputo riprodurre in modo assai nitido.
(*) Elio Rinaldi: Il visibile parlare. Arte nell’Italia del primo
millennio tra fede e religione. Firenze, ed. Fedeltà, 1995, £ 20.000.
Münster e le sue fortificazioni nel secolo XVI
Riflessione a quattro nnani
L'ingiustizia della morte
e la ricerca di Dio
RENZO TURINETTO
T A riflessione sulla mor\\Lé te è riflessione sulla libertà». È notevole che l’impegnativa affermazione venga
da Montaigne, che prima di
diventare un moralista fu un
magistrato. È riportata a pag.
57 di questo svelto libretto*
che si aggiunge a quanti trattano l’ineludibile tema e due
classici modi di pensarvi: immortalità e resurrezione.
Il testo si articola in due
parti. Nella trentina di pagine
della prima Rossana Rossanda dice di aver scritto la favola di Amar per un grande medico suo amico. In una delle
loro conversazioni un interrogativo era sceso: «Non è vero che peggio della morte c’è
solo l’immortalità?». Tuttavia
il medico sapeva che gli restava poco da vivere e rispose: «La morte non è mai accettata».
Amar è pure lui un medico
che a 35 anni vede morire un
figlio e poi la figlia. Gli vengono parole di maledizione e
non serve che il suo maestro
gli ricordi che proprio come
medico ha visto morire tanti:
perché ora tocca alla sua casa
non dice a se stesso le parole
che disse a altri quando toccò
a loro? Amar non intende ragioni: Dio non si cura degli
umani, se fosse davvero Dio
metterebbe fine alla morte.
Dio non reagisce. Chiede:
che vuoi? Sottrarsi all’«ingiustizia» della morte è la ribellione di Amar: voglio non
morire, risponde. Non invecchia, ma dopo aver traversato
alcuni secoli sente di vivere
sempre meno, anche se per
sempre: «essere eternamente
doveva somigliare al non essere»; ritiene di avere sbagliato e lo dice a Dio. La favola si
chiude con Amar che si sveglia (aveva sognato). Prende
la mano della moglie: «Resta
con me. Aiutami. Troverò il
modo di morire».
Nella seconda parte Filippo
Gentiioni accosta più da vicino il tema in due sezioncine
e una dozzina di capitoletti (i
modi di morire nelle varie civiltà e culture, la vecchiaia
come anticamera, le malattie
cosiddette terminali, l’ospedalizzazione). Ecco poi la
morte come dramma esclusivamente «individualista» che
rientra nel «concetto di proprietà», da cui la «proiezione
verso l’immortalità» (pp 4952). Più dentro al tema. Gentiioni si chiede se la morte è
una fine o un inizio. Non occulta la difficoltà di accoglierla, consente alla liceità del rifiuto: «La morte mantiene
tutto il dolore e l'orrore che
ciascun uomo, credente o
non, è costretto a constatarvi»
(p. 80), «Anche il seme della
fede muore nella terra del
dubbio e dell'interrogazione»
(p. 77). È pur vero che «resurrezione non è immortalità»,
tuttavia (concetto mutuato
da Bonhoeffer) «la fede nella
resurrezione non è la “soluzione" del problema della
morte (...). Il credente non ha
in tasca la soluzione degli
enigmi esistenziali» (p. 80),
quindi «un discorso cristiano
sulla resurrezione non può
muoversi che nello spazio (...)
della fede come interrogazione» (pp 88-91).
Dalla Bibbia nessuna luce,
dunque? «La Bibbia non è un
manuale né dogmatico né etico, e non è neppure una agenzia di informazioni sull'al di
là anche se è vero, purtroppo,
che una lettura facile ha voluto spesso ridurre le Scritture
ebraico-cristiane proprio a
manuale o agenzia di informazioni» (p. 82). «Le cose occulte sono del Signore nostro
Dio», scrive Gentiioni con le
parole di Mosè che «spiega»
l’esilio al popolo (p. 87). Ci
troviamo come «Abramo,
chiamato a “uscire", il grande
verbo biblico, senza sapere dove andare (...); rimane ben poco di una fede di tipo rassicurante, garantista, soprattutto
consolatorio (...) ma è anche
vero che al credente in una fede oscura e povera rimane
molto: una ricchezza, nella
sua povertà, che il linguaggio
moderno rende meglio con
“speranza" che con “fede"» (p.
89). «È forse meglio, dunque,
parlare di speranza piuttosto
che di fede nella resurrezione
anche se i due termini si richiamano e si completano»
(p. 90). «Lo stretto sentiero in
salita fra illusoria consolazione e chiusa disperazione è segnato da due delle parole definitive che i testi evangelici
mettono in bocca a Gesù morente. La prima: “Dio mio, Dio
mio, perché mi hai abbandonato?”; la seconda: “Padre, affido il mio spirito nelle tue
mani”» (pp 93-94).
I due autori hanno preso le
mosse da un seminario svolto con altri per l’associazione
«Itinerari e incontri» tenuto
dai Padri camaldolesi presso
Fano nel 1992; hanno poi
esteso i loro interventi «anche perché intorno a noi [introducono] la “vita breve”,
per non dire la “morte lunga",
incalzava avvicinandoci i
suoi interrogativi». Che sono
di tutti, non limitati alla nota
giornalista e saggista né all’ex
professore di storia e filosofia
interessato all’intreccio fra
religioni, politica e culture.
(*) F. Gf.ntii.oni-R. Rossanda:
La vita breve. Morte, resurrezione, immortalità. Parma, Pratiche, 1996, pp 98, £ 12.000.
6
PAG. 6 RIFORMA
»
)PIRITUALITA
VENERDÌ 24 GENNAIO 199?
i Così, per mancanza di cure, si muore in ospedale nel periodo natalizio
Il presepe non può mancare, il medico sì
Quello che è successo in uno dei più prestigiosi ospedali del Sud non è solo un
drammatico episodio di malasanità, ma anche di una radicata falsa religiosità
ANNA MAFFEI
Dal dicembre al 9 gennaio un andirivieni incessante, discreto, affettuoso, poi preoccupato, allarmato, addolorato attraversa fino
a tarda notte i corridoi dell’
ospedale della Fondazione
Pascale di Napoli. Sono familiari e fratelli e sorelle di chiesa di una paziente: il suo nome è Clara Barilà, la sua chiesa è quella battista di Napoli,
via Foria. L’ospedale è addobbato di ogni possibile segno visibile di festa: alberi di
Natale, festoni, presepi... «Ti
piace ’o presepe?» una frase
di «Natale in casa Cupiello»,
celebre commedia di De Filippo, esprime la ritualità popolare che non può essere sospesa, mai, neanche in presenza di una crisi, neanche in
un ospedale che cura tumori.
Ti piace o non ti piace, il
presepe c’è e il bambiniello
deve essere posto nella mangiatoia la notte di Natale a
mezzanotte. Ci sono le vacanze, non c’è rimasto quasi
nessuno in ospedale, il reparto di otorinolaringoiatria è
stato sgomberato di quasi
tutti gli ammalati, sono rimasti in due o tre, i più gravi. E
allora: «Per favore signorina,
può mettere il bambino nel
presepe a mezzanotte?». Non
fa nulla se la signorina che
assiste sua madre, operata da
qualche settimana, è evangelica, non fa niente se a parte i
pastori di terracotta e le case
di cartapesta qui in ospedale
non c’è nessuno. Ma Clara
sta male: non si è mai del tut
to ripresa dall’operazione di
asportazione parziale della
laringe e dei linfonodi che ha
avuto all’inizio del mese di
dicembre. Era un’operazione
difficile e Clara l’aveva affrontata con molto timore e
ritrosia; sapeva da anni di
avere una allergia agli anestetici e a gran parte degli antibiotici e aveva sempre rimandato l’operazione.
Di rischi il professore non
aveva parlato, così Clara si
era convinta ma nella fase
postoperatoria non era mai
riuscita a respirare bene e
aveva avuto problemi di gonfiore e dolore alle gambe e
non solo. «Signora, non si
preoccupi, è tutto normale.
L’operazione è riuscita perfettamente», le aveva ripetuto
il professore fino al 23 dicembre, giorno in cui l’aveva salutata ed era andato in ferie.
Ma il 25 una telefonata interrompe un progetto che un
gruppo della chiesa aveva
lanciato, tenere un piccolo
culto nei corridoi semideserti
dell’ospedale: «Non si può,
mamma sta male, ha la febbre alta». Un febbre strana,
una febbre maligna che mentre sale oltre i 40, scende repentinamente a 36. E così
giorno dopo giorno Clara,
sottoalimentata e senza cure
appropriate, si indebolisce
sempre più. Non ci sono medici, solo quelli di guardia
che quando sollecitati salgono in reparto, dicono qualcosa, ma i loro «suggerimenti»
non vengono attuati dagli
scettici infermieri.
Mentre la gente fuori affol
la le strade e i negozi per preparare un degno cenone, Clara continua a star peggio. Del
professore o di un suo sostituto neanche l’ombra. Fino al
29: «Tutto normale, signora,
non si preoccupi» «E la febbre?» «Non si sa». Ma Clara,
che non ha mai potuto parlare dopo l’operazione, muove
le labbra e qualcuno comprende: «Flanno sbagliato!».
Clara si indebolisce, dorme
sempre: il giorno 3 i medici
della terapia intensiva, interpellati per altri motivi, decidono di trasferirla nel proprio reparto. Isolamento,
prelievi continui e ogni genere di analisi e trattamenti,
bollettini medici sempre più
allarmanti. «No, non è possibile visitarla, si può comunicare due volte al giorno attraverso uno schermo televisivo
e un piccolo telefono».
Clara a tratti lucida non
può parlare, attraverso lo
schermo manda solo dei baci. Ci sta salutando, qualche
ora dopo non lo potrà fare
più. Domenica mattina la situazione precipita, un ictus
rende il quadro ancor più
grave, ormai non ci sono speranze. «Portatela a casa, se
volete, ma dovete mettere
una firma». «Altrimenti?».
«Altrimenti dovremo attaccarla a un respiratore». «Ma
c’è qualche possibilità?».
«No, la prognosi è infausta».
«E allora perché straziarla ancora?». «Così è la legge, siamo
obbligati». Così ancora alcuni
lunghissimi giorni di agonia,
mentre la famiglia quasi impazzisce per il paradosso del
Ogni fatto umano è sotto lo sguardo di Dio
«Il Signore ti proteggerà ora e sempre»
«Alzo gli occhi verso i monti...
Da dove mi verrà l'aiuto?
Il mio aiuto vien dal Signore,
che ha fatto il cielo e la terra»
(Salmo 121,1)
Gli occhi dell’uomo significano ricerca e giudizio; lo
sguardo fisso sui monti implica il desiderio di Sion e del
cielo, suppone la confessione
implicita dell’impotenza della
terra e dell’uomo a vincere i
nostri timori, a soddisfare i
nostri desideri, a risolvere i
nostri problemi. Ma l’orante
sarà invitato dal salmo a passare dai «monti», un segno di
per sé ambiguo perché segno
anche dei santuari cananei
delle alture (1 Re 11, 7; 14,
23...), al «monte» per eccellenza che è Sion e Yahweh
stesso, «rupe» (Salmo 18, 2) e
«monte» (come lo invocava il
poeta spagnolo mistico fray
Luis de León). 11 cammino
dello sguardo va, allora, dal
creato all’infinito, trascende il
simbolo per fissarsi sul creatore del cielo e della terra.
«Il Signore ti proteggerà
quando esci e quando entri,
ora e sempre»
(Salmo 121,8)
La protezione divina si
estende sull’essere stesso dell’uomo colto nella sua totalità, espressa attraverso le due
coppie spazio-temporali «entrare-uscire», «da ora e in eterno».I due verbi js’ e bw', sono una sintesi dei due poli essenziali del movimento umano e dell’intera esistenza. 11
Crisostomo commentava:
«Tutta la nostra vita si compone di ingressi e di uscite».
La nascita è un «uscire» dal
grembo materno per conquistare lo spazio nuovo del
mondo; le emigrazioni sono
uno strappo dalla propria ter
Centri vacanza
e foresterie
dell’Esercito della Salvezza
/ Forio d’Ischia
(Napoli)
via Casa di Majo, 32
80075 Forio d’Ischia
telefono e fax
081-997324
/ Bobbio Penice (To)
1066 Bobbio Pellice
tei. e fax 0121-957728
/ Atena Lucana
(Salerno)
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/ Firenze
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/ Roma
via degli Apulli, 41
00185 Roma
tei. 06-4462614
fax 06-490078
ra per entrare in altri orizzonti geografici e culturali, la vocazione è un «abbandonare le
reti» (Marco 1, 18), cioè «case,
fratelli, sorelle, campi, padri,
madri, figli» (Matteo 19, 29)
per entrare nel Regno, la liberazione è un esodo dalla
schiavitù per l’avventura della libertà nella terra promessa, la conversione è un uscire
dalla strada del peccato per
incamminarsi sulla via del ritorno al Padre (Luca 15). Anche ogni nostra giornata è
un’uscita la mattina verso
esperienze diverse di lavoro e
di incontri per entrare la sera
nella casa lasciata. In tutta
questa trama di «uscite ed entrate» si stende lo sguardo benevolo del Signore. [...]
11 secondo polarismo segna
quasi «l’accordo finale» del
salmo. La formula «da ora in
eterno» ha un sapore liturgico (Salmo 115, 18). Sotto T
ombra di Dio non è solo lo
spazio che percorriamo ma
anche il tempo che così fortemente inerisce l’uomo. Ogni
istante è sotto lo sguardo di
Dio che vigila non solo sul
breve segmento della nostra
cronologia umana, ma che
può abbracciare anche l’eternità a cui ci avvia. Naturalmente il tema dell’eternità è
solo implicito, il poeta vuole
solo affidare la totalità del
tempo, il presente, il futuro, a
Dio e al suo amore. «La visione di Dio abbraccia nel salmo
la creazione, la storia, e
l’eternità e a questa visione si
connette l’incrollabile fiducia
che emana dal salmo stesso»
(Weiser)
(Brani citati da: Gianfranco
Ravasi. Il libro dei Salmi,
Commento e attualizzazione.
Voi. Ili, Edizioni Dehoniane,
Bologna, 1985, pp 525, 530,531)
la totale mancanza di cure in
quei cruciali giorni fra Natale
e Capodanno e gli interventi
ai limiti dell’accanimento terapeutico quando è ormai
troppo tardi.
Mentre la famiglia e la comunità piangono oggi la
morte di Clara, creatura di
rara sensibilità e di fede profonda e appassionata, rabbia
e dolore si alternano senza
potersi mescolare. Assenza e
presenza, ritualità e fede, abbandono e solidarietà, solitudine e tenero amore sono solo alcune delle polarità vissute in questa drammatica esperienza umana satura di
inquietanti, forse insolubili,
interrogativi. Non è solo l’ennesimo tragico episodio di
malasanità in uno dei più
prestigiosi ospedali pubblici
del Sud, è molto di più: è la
manifestazione di una religiosità falsa, di una profonda
radicata idolatria, per la quale il bambino nel presepe
non può mancare, il medico
nel reparto sì.
Un salmo, il salmo 121, ha
accompagnato particolarmente la vita di Clara ed è risuonato per lei fin nell’isolamento della terapia intensiva:
«Io alzo gli occhi ai monti...
Donde mi verrà l’aiuto? Il mio
aiuto vien dall’Eterno, che ha
fatto il cielo e la terra». Ecco,
Clara ha saputo guardare al di
là dei giganteschi poteri di
questo mondo, al di là delle
possenti montagne dell’idolatria, di una delle quali forse è
rimasta vittima, ha guardato
all’Iddio vero, nelle sue mani
si è affidata fino alla fine.
Preghiera
Dedicata a Claretta
Dal profondo della mia miseria
invoco il tuo nome.
La mia malattia rende vano
ogni sforzo umano
e perfino la scienza brancola nel buio.
Senza di te, senza di te.
Signore, sono perduta.
Il mio sguardo sispegne,
la mia mente si annebbia,
soccorrimi Signore,
perché sento che presto
mi mancheranno anche le parole
per la preghiera.
Senza di te, senza di te
sono perduta.
Mi giungono da lontano le voci
di persone care.
Mi mancano i loro volti,
le loro carezze.
Senza dì te, senza di te
Signore, sono perduta.
Dal profondo dell’anima
come da un pozzo prosciugato
sento salire un sussurro;
«Quando anche camminassi
nella valle dell’ombra della morte,
non temere
perché io, il Signore, sono con te».
Solo con té, solo con te,
trova riposo l’anima mia.
Massimo Aprile
Riflessione suH'episodio della resurrezione di Lazzaro
La morte è stata sommersa nella vittoria
«Appena Maria fu giunta
dov’era Gesù e l’ebbe visto, gli
si gettò ai piedi dicendogli:
"Signore, se tu fossi stato qui,
mio fratello non sarebbe morto". Quando Gesù la vide
piangere, e vide piangere anche i giudei che erano venuti
con lei, fremette nello spirito,
si turbò e disse: 'Dove l’avete
deposto?” Essi gli dissero: “Signore, vieni a vedere!” Gesù
pianse. Perciò i giudei dicevano: “Guarda come l’amava!”»
(Giovanni 11, 32-36)
Gesù amava Maria, Marta e
amava Lazzaro. Solo di questi
tre si dice esplicitamente negli Evangeli che Gesù li amasse. Un’amicizia tenera, profonda, sincera li legava. Ma
l’amore di Gesù non aveva
potuto preservare Lazzaro
dalla malattia e non aveva impedito alla morte di prendere
il sopravvento. Quando c’era
stato bisogno di lui, quando
forse si poteva fare ancora
qualche cosa per salvarlo, infatti, Gesù non c’era. Era ora
arrivato, ma ormai era troppo
tardi. «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto»: il non troppo velato rimprovero raggiunge Gesù
al suo arrivo. Prima Marta,
poi Maria, la stessa garbata
accusa. La presenza di Gesù,
l’amico, è intempestiva. Maria in particolare è delusa.
Non c’è spazio per le grandi confessioni di fede. 11 suo
pianto sconsolato è un messaggio amaro: «Che sei venuto a fare, ora - dice senza parole a Gesù - non c’è più nulla da fare». E Gesù? Gesù non
cerca di rispondere, di imbastire qualche scusa, di difendersi. Davanti al dolore di
Maria la sua messianica consapevolezza sembra rimane
re sullo sfondo, la sua consueta padronanza della situazione appare per un momento vacillare. C’è solo un desiderio, anche se forse fuori
tempo, vedere, capire, essere
lì. «Dove l’avete deposto» «Signore vieni a vedere.»
E Gesù piange. Non è una
commedia, (tanto Gesù lo sa
che sta per fare il miracolo!),
non è neppure l’espressione
di un sentimento di umana
pietà che poi lo spinge ad
agire (non l’aveva infatti già
deciso prima?). E allora che
cos’è quel pianto? Quel pianto è semplicemente la conseguenza dell’amore. È Gesù
sopraffatto dal dolore di
un’umanità ferita, di una
umanità che a suo modo e
con tanti limiti sa tuttavia
amare e dunque soffre. 11 dolore di Maria che ha perso
suo fratello, il dolore che ti
sommerge quando un legame fondamentale è troncato
senza motivo, senza potersene fare una ragione, diventa
anche il dolore di Gesù che
ama teneramente, il dolore
del Figlio di Dio, il dolore
umano di Dio.
La storia certo prosegue.
Lazzaro ricevette in doiso la
vita. Fu nella sostanza una
proroga, e per noi umani, già
questo non è poco, ma divenne segno di qualcosa di
molto più profondo e duraturo. La nuova vita ricevuta in
dono da Lazzaro, che costò
nella pratica la morte stessa
dell’amico Gesù (w. 47-53),
ebbe il potere di cambiare il
pianto di Maria in riso, il dolore lancinante in gioia prorompente. Quella risurrezione fu pegno e impegno di
Dio. Qui sulla terra l’amore
porta indissolubilmente con
sé l’ipoteca del dolore. Ma il
pianto non sarà definitivo.
«La morte è stata sommersa
nella vittoria».
La Cooperativa sociale
«La Riforma»
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Spedizione in a.p. comma 26
art. 2 iegge 549/95 - nr. 3/97 - Torino
In caso di mancato recapito si prega restituire
al mittente presso l’Ufficio PT Torino CMP Nord.
L’Editore si impegna a corrispondere ii diritto di resa.
Fondato nel 1848
Sono 5.241 le firme raccolte dal Coordinamento pendolari della linea Torino-Torre Pellice per la petizione, indirizzata alla Regione Piemonte, in cui si chiede di inserire nel
redigendo piano dei trasporti anche un investimento eomplessivo sulla linea. Si tratterebbe del raddoppio del binario, in tempi brevi (1-2 anni) fino a Candido e in tempi medi (3-5 anni) fino a Sangone; del rinnovo del materiale rotabile, con nuovi treni più adatti alle brevi distanze; del passante ferroviario, in modo da rendere più appetibile tutta
l’area industriale del Pinerolese. Il Coordinamento ha ribadito la priorità dei trasporti su rotaia nell’ambito di uno sviluppo ecocompatibile della zona e ha chiesto al sindaco di
Pinerolo di organizzare in tempi brevi una conferenza per
definire i termini tecnici del progetto. L’investimento previ
sto si aggira sui 15 miliardi, a confronto dei 131 miliardi
calcolati per gli 11 km dell’autostrada None-Pinerolo.
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VENERDÌ 24 GENNAIO 1997 ANNO 133 - N. 3 LIRE 2000
I trattori e le mucche che invadono il centro di Torino
o bloccano l’aeroporto di Milano sono un emblema dell’ultimo fine settimana; la vicenda delle multe per sovraproduzione di latte sta arrivando al dunque e una parte
degli agricoltori italiani protesta platealmente. Credo
però sia necessario proporre
qualche considerazione «fuori dal coro».
La vicenda delle quote latte
ha origini lontane, addirittura
nel 1984 quando si delineò il
meccanismo che oggi pone su
molte aziende pesanti ipoteche; all’Italia venne concesso
di produrre una quantità di
latte di 9,9 milioni di tonnellate: il calcolo era basato sulle
produzioni dei vari paesi eu
FARE CHIAREZZA
QUOTE LATTE
PIERVALDO ROSTAN
ropei in quel periodo e non sui
reali consumi. Se scelta sbagliata vi fu, essa avvenne allora e l’Italia non fu in grado di
contrastarla; da quel momento
in avanti ci sono state varie
occasioni di confronto, ma
senza grandi successi. Dunque
quanto accade oggi avrebbe
dovuto essere largamente previsto dagli agricoltori. Eppure
in questi anni ci sono state
aziende che hanno addirittura
aumentato la produzione di
latte e sono proprio quelle a
dover pagare multe, a volte di
centinaia di milioni. Lombardia, Piemonte, Veneto e l’Emilia Romagna sono le regioni da cui provengono i massimi quantitativi di latte ed è
qui che si alza la protesta.
Si è fatto abbastanza negli
anni nel tentativo di cambiare
la situazione? Oppure molti,
compresi alcuni sindacati di
categoria, hanno puntato tutto
su improbabili sanatorie salvo
poi chiedere oggi che sia il
governo a pagare le multe?
L’Europa è anche questo; rigore, puntualità, norme che
devono valere per tutti allo
stesso modo; in questo senso
si può dire che l’agricoltura
l’Unione europea la sta sperimentando da tempo...
E infine importante chiudere con un elemento di chiarezza: le zone montane si trovano, per precisa scelta, fuori
da questi meccanismi; i problemi del settore lattiero, a
cominciare dal Pinerolese,
sono altri. Nelle aziende di
pianura le multe sono arrivate, e anche salate; nelle vallate altri nodi, ma anche altre
prospettive, sono davanti.
Assemblea Aido
,1 problemi
!dei trapiai
t’di organi
Presso la >ede di Luserna
San Giovaìmi si è tenuta domenica SCO!sa l’assemblea
dei soci Aido (Associazione
italiana donatori organi) della
vai Pellice; è stata l’occasione per evidenziare i problemi
organizzativi ed economici
del gruppo locale, situazione
peraltro comune alle altre sezioni: il tesseramento gratuito
non permette di fare fronte
alle spese di gestione; sono
pochi coloro che contribuiscono con delle offerte e partccipano attivamente (dei 500
e j.MÌ! della vai Pellice,
solo i. i! ’ . Ciitina erano presenti dc/ì".cii!ca).
L’Aidr' ii:ieride potenziare
le attività dell’anno precedente, mettendo al primo posto il sostegno alle famiglie
dei trapiantati e l'informazione nelle scuole e durante le
manifestazioni pubbliche. E
ad una corretta conoscenza
deU’argomento che punta
l’associazione; non per forza
bisogna essere d’accordo riguardo il prelievo di organi,
ma bisogna conoscere a fondo la questione, rispettando
l’opinione altrui. La legge
644, che regolamenta il trapianto, risale al 1975 e, salvo
piccole modifiche recenti,
non è ancora stata sostituita
con una normativa adeguata e
moderna. La sensibilizzazione dell'opinione pubblica nei
confronti di questa situazione
è uno degli aspetti fondamentali per far .sì che, in Parlamento, vengano finalmente
discusse le molte proposte di
legge presentate nel corso
delle ultime legislature.
Il problema della donazione di organi è una questione
di grande attualità, che tocca
tutti, e l’Aido è la via migliore per un’azione concreta di
solidarietà, non fatta soltanto,
come spesso succede, di tante
belle parole cariche di effetto
e luoghi comuni, ma di aiuto
reale e senso civile.
Monsignor Pietro Ciachetti raccomanda pubblicamente l'insegnamento religioso cattolico nella scuola
Inaccettabile pressione del vescovo di Pinerolo
MARCO ROSTAN
Sarebbe del tutto comprensibile che il vescovo di Pinerolo, nell’imminenza della
chiusura delle iscrizioni scolastiche, scrivesse una lettera
alle famiglie cattoliche della
sua diocesi per raccomandare
la frequenza dell’insegnamento religioso cattolico (Ire).
Meno accettabile è il fatto che
tale lettera appaia in prima
pagina su L’eco del Chisone
(tra l’altro nella settimana di
preghiera per l’unità dei cristiani) e contenga indebite
pressioni sulla scuola pubblica e sulle coscienze. Se infatti
è vero che la scelta tra «avvalersi e non avvalersi» deve
comportare una riflessione in
famiglia, come scrive Giachetti, è molto discutibile collegare il momento di disorientamento che attraversiamo e
la ricerca di valori e di etica
pubblica e privata con la necessità di «conoscere la religione e quella cattolica in
particolare».
Il vescovo ribadisce l’equivoco sorto fin dall’istituzione
deU’Irc, dopo la revisione
concordataria: un’ora che, per
Le scuole mauriziane a Torre Pellice
legge, si configura come insegnamento confessionale e
perciò facoltativo e «gestito
dalla Chiesa cattolica» ma,
peraltro, viene presentato come «momento di riflessione
etica generale» e perciò utile
a tutti. Si tratta di una posizione assolutamente inaccettabile, come lo sono le parole del
vescovo: «Scegliere a favore
dell’insegnamento della religione cattolica ci sembra un
gesto quasi naturale». Perché,
chi non intende seguire Tire
avrebbe forse un comportamento innaturale? Gravissimo
poi è il fatto che Giachetti tiri
fuori l’impegno scolastico.
Scrive: «La possibilità di di
minuire l’impegno scolastieo
uscendo da scuola o restando
abbandonati a se stessi sembra allettare un numero sempre maggiore di studenti delle
scuole superiori». E prosegue:
«Incoraggiare o anche solo
tollerare questa tendenza non
appare giustificabile per un’
istituzione come quella scolastica, che ha precise responsabilità educative». Come dire,
cari presidi, datevi da fare per
scoraggiare chi non si vuole
avvalere dell’Irc, se no non
svolgete bene il vostro compito educativo.
Infine Giachetti non dice
tutta la verità quando auspica
che anche «le altre espressioni della comunità civile guardino con fiducia a questo insegnamento» perché «esso
non è proprietà della Chiesa
cattolica». Come mai, allora,
chiediamo, gli insegnanti di
Ire entrano nella scuola pubblica in modo diverso da tutti
i loro colleghi delle altre materie e devono avere il nulla
osta del vescovo? Se questa
non è proprietà...
Di fronte a queste intollerabili pressioni, ricordiamo alle
famiglie, agli alunni e alle di
Durante la prima guerra mondiale il
pastore della chiesa di lingua tedesca di Roma aveva dovuto lasciare l’Italia, come molti suoi connazionali. La
Chiesa valdese di Roma, racconta Giovanni Rostagno ne Le mie memorie, si
prese cura sia degli evangelici di altre nazioni che erano soliti frequentare la chiesa tedesca, sia di quei «tedeschi e austroungarici che non avevano potuto tornare
nei luoghi d’origine».
Tra costoro vi era «una signorina tedeassai delicata di salute», la quale era
asi completamente sprovvista di
mezzi». «Me la vedo una sera capitare in
casa sconvolta e piangente - scrive Rostagno -; aveva ricevuto l’ordine di partire nel breve spazio di tre giorni per
Avellino e le sue supplichevoli preghiere
al Commissariato non erano valse a farlo
revocare». Pressato dal desiderio di intervenire a favore di questa signorina
straniera, Rostagno suggerì di indirizzare
«una supplica a Sua Maestà», e per farla
IL FILO DEI GIORNI
LA REVOCA
BRUNO BELLION
sca
«qu
pervenire rapidamente «nelle auguste
mani», pensò di affidarla a una «cameriera valdese del Quirinale, l’ottima Susanna Mondon di Bobbio Pellice, che
non mancava mai al culto del mattino in
via Nazionale». Non aveva però tenuto
conto, che era «assolutamente proibito al
personale di servizio di accettare e trasmettere suppliche alle Loro Maestà».
Tuttavia la cameriera accettò e consegnò il plico «alla principessina Giovanna
della quale particolarmente mi occupo,
chiedendole di consegnarlo alla Regina».
Così avvenne e l’ordine venne revocato.
La cameriera raccontò: «Sua Maestà non
potendo approvare la mia condotta e
d’altra parte volendo risparmiarmi un
meritato rimprovero, serbò il più assoluto silenzio; e cosi pure lo serbò Sua Altezza la Principessina che mi guardai bene d’interrogare in proposito».
Da una cronaca dell’Avvisatore Alpino, il giornale del Pinerolese, apprendiamo che molti anni più tardi, nel 1934, il
Comune di Luserna San Giovanni «ha
nuovamente avuto l’onore di un’ambita
visita di S. M. la Regina d’Italia, venuta
espressamente a portare i suoi auguri alla
sig.ra Suscita Ponte! che per oltre un
ventennio trascorso a Corte ha avuto la
soddisfazione di vedere apprezzati nel
loro giusto merito i suoi diligenti servigi». E lo stesso giornale, nel 1936, darà
notizia della morte della signora Mondon
Ponte! ricordando che «la generosa e pia
Sovrana si degnò più volte di accorrere
al capezzale dell’inferma, interessandosi
della sua fedele e buona Suscita, che tanti anni aveva trascorsi a Corte».
rezioni scolastiche ciò che è
sancito per legge e ribadito da
numerose sentenze della Corte costituzionale, cioè che
l’insegnamento religioso cattolico è assolutamente facoltativo, che la scelta se avvalersene o meno va fatta ogni
anno, che solo successivamente chi non intende avvalersi può decidere tra le varie
opzioni (alternativa, studio
individuale, uscita), che si
può uscire da scuola in qualsiasi ora (per i minori è sufficiente una dichiarazione dei
genitori che esenta la scuola
dalla responsabilità della vigilanza). Su questi punti occorre ancora spesso battagliare, e sarebbe opportuno che
anche i pastori facessero la
loro parte almeno nei confronti delle famiglie valdesi.
Detto questo, è chiaro che
non si potrà andare avanti così. La nostra scuola entra in
Europa ed è in discussione un
grosso progetto di riforma
che, ci auguriamo, abbia al
centro la qualità e il livello
culturale. Non si può tollerare
che nei docenti e quindi negli
alunni di questa scuola permanga l’attuale ignoranza sui
fatti religiosi, sulla storia delle religioni, sulle profonde
connessioni tra religioni e storia, politica, cultura, sia nel
passato che oggi. Gli alunni
della scuola italiana saranno
cittadini di un’Europa sempre
più multiculturale, multietnica, multireligiosa. Dovranno
esser stati adeguatamente
informati, tutti e obbligatoriamente, con una materia apposita e con dei programmi che
tengano conto di questa realtà. In attesa di leggi, sarebbe
un segno di speranza se le
.scuole del Pinerolese, terreno
tradizionalmente multiconfessionale, fin da ora sperimentassero nelle materie storiche
dei progetti che rendano conto
della molteplicità di espressioni religiose e anche della
varietà interna alla storia e alla realtà del cristianesimo, di
cui il cattolicesimo è solo una
delle possibili varianti.
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PAG. Il
E Eco Delle ^lli ^ldesi
VENERDÌ 24 GENNAIO 199? V
La piazza di San Lorenzo a Angrogna
C:
DANIELA MAGRA LASCIA IL CONSIGLIO — Candidata nel 1995 a sindaco per la lista di centro-destra Rinnovamento Lusema, Daniela Magra, unica consigliera eletta
in quella lista, ha presentato le proprie dimissioni per ragioni di lavoro. Le subentra Martino Capitani, noto soprattutto per la sua attività di macellaio e per il suo passato di
calciatore nella formazione locale.
NASCE IL LIONS CLUB VAL PELLICE — Verrà costituito ufficialmente martedì 28 gennaio, alle 20,30, presso
il Flipot di Torre Pellice, il Lions club di Torre Pellice e
Lusema San Giovanni. Parteciperà all’avvenimento il governatore nazionale Giacomo Minuto; i soci fondatori sono 22, presidente sarà il sig. Umberto Inversi.
VINTI A PEÑEROLO 2 MILIARDI AL TOTOGOL — È la
più alta vincita realizzata a Pinerolo quella ottenuta da uno
scommettitore del totogol che grazie ai risultati di calcio di
domenica scorsa riceverà la bella somma di 2 miliardi e 345
milioni. Ignoto, ovviamente il fortunato vincitore; la ricevitoria «Totocenter» dei portici di corso Torino, lunedì risultava chiusa con sulla porta un cartello indicante la cifra vinta.
QUALE FUTURO PER L’UFFICIO POSTALE DI PINEROLO? — Ben 10 anni fa sono cominciati i lavori per la
costruzione del nuovo ufficio postale di Pinerolo: le pratiche per la gara d’appalto nel 1986 e l’apertura dei cantieri
dopo lunghe vicende burocratiche nel 1991, per realizzare
un fabbricato a due piani di 1.095 metri quadri più altri
1.800 tra cortile e parcheggio; nel 1992 la Fer Generale
costmzioni, la ditta che si era aggiudicata la gara, interrompe i lavori per crisi di liquidità e ancora oggi, dopo varie vicissitudini, si attende il completamento dei lavori. Di
fronte alla mancata modernizzazione del sistema postale
pinerolese. Fon. Giorgio Merlo ha fatto un interrogazione
parlamentare al ministro delle Poste per conoscere le iniziative che si intende intraprendere per porre fine a questa
inutile e dannosa situazione di stallo.
GLI ALPEGGI DI MASSELLO — L’interessante raccolta di
documenti pubblici e privati, illustrata con fotografie e cartine, già esposta durante la scorsa estate a Campolasalza, è
ora visitabile nell’atrio del Centro culturale valdese a Torre
Pellice, in orario di ufficio, fino al 27 febbraio. La storia degli alpeggi di Massello si intreccia con le origini del feudalesimo nel Pinerolese, la Riforma e le persecuzioni contro i
valdesi, le guerre e il periodo napoleonico.
cercate l’eco delle valli valdesi?
ecco gli esercizi commerciali che lo venilono
Bobbio Pellice: edicola Charbonnier. via Maestra - Bricherasio: edicola Albina, via del Bedale 2 - Luserna S. C5iovanni: edicola Rebuffo.
(Luserna-Torre), zona Valentino; edicola Mevnet. piazza Partigiani;
edicola Boriaiattino. Bellonatti - Perosa: cartoleria Fantasv. via
Cavour 1 - Pinerolo: edicola Ardusso. via Dei Mille; edicola Chiavazzg, c.so Torino 22; edicola Conterio, c.so Torino 276; edicola FranceBchi. p.za Barbieri 1; libreria Gianoalio. via Duomo 11; edicola Rolando. via Fenestreile 17; libreria Volare, c.so Torino 44. Pomaretto:
cartoleria Bert. via Carlo Alberto 46 - San Secondo: edicola Boraarello. via Rol ò - Torre Pellice: edicola Albano, via Bert 7; cartoleria Calamaio, p.za Municipio; libreria Claudiana, piazza Libertà; edicola Giordana, p.za Libertà 7; cartoleria Pallard. via Arnaud; edicola
Tourn, via Matteotti 3 - Villar Pellice: edicola Palmas, piazza Jervis - Villar Perosa: edicola Poet. via Nazionale 33.
...e naturalmente a Riforma:
via San Pio V, 15 -10125 Torino - tei. 011-65527S, fax 011-657542
A colloquio col colonnello Vaccino, comandante della «Berardi)
500 alpini da Pinerolo a Sarajevo
PIERVALDO ROSTAN
ANGROGNA: RIUNIONI IN BIBLIOTECA — A partire
da gennaio e fino alla metà di maggio ogni terzo venerdì
del mese il Comune di Angrogna organizza delle serate in
biblioteca per trascorrere insieme «La vijà dar venre a noech» (veglia del venerdì sera), ovvero una serie di incontri,
conferenze, letture, musica, diapositive. In programma: il
21 febbraio una conferenza del dottor Giovanni Peyrot sulle meraviglie dell’universo, il 21 marzo conferenza e diapositive con Giovanni Mattana su «Il tempo: orologi solari
e meridiane»; ad aprile, venerdì 18, «La guerra di Bastian»,
presentazione del libro a cura dell’autore Pierfrancesco Gili, infine il 16 maggio «In fondo al mar», diapositive sul
fondo marino a cura di Osvaldo Ghirardi.
DIMISSIONI A SAN SECONDO — Dimissioni in Consiglio comunale a San Secondo dove la consigliera di maggioranza Paola Re si è dimessa per impegni personali; al
suo posto subentrerà Claudio Druetta. Il Consiglio prenderà atto delle dimissioni e della surroga durante una seduta convocata per martedì 28 gennaio.
Per la prima volta gli alpini si recheranno in Bosnia, impegnati in una missione di pace; era già accaduto
in Mozambico e allora come
questa volta, gli alpini partono da Pinerolo, e più precisamente dalla caserma Berardi.
La preparazione dei volontari
è stata realizzata minuziosamente nel corso dei mesi come conferma il comandante
della caserma, colonnello
Vaccino: «Abbiamo lavorato
molto in questi mesi, basti
vedere il gran movimento di
mezzi e di personale anche
fuori dalla caserma in queste
settimane; ci troveremo di
fronte a un compito difficile e
delicato: cercheremo di ristabilire un diritto che è stato
violato. Speriamo di poter far
capire a quel popolo che è
possibile vivere rispettando
gli altri, senza prevaricare gli
uni sugli altri; il rispetto degli
uomini, della natura e delle
cose sono i tre principi fondamentali nella condotta di
ognuno».
La missione è inquadrata
nelle forze della Nato e vedrà
gli alpini in una zona particolarmente delicata come la
città di Sarajevo: «Partiranno
da Pinerolo circa 500 uomini
- spiega il colonnello Vaccino - per una missione che durerà quattro o cinque mesi».
Pochi piemontesi fanno parte
di questo gruppo, molti soldati vengono da altre parti d’Italia; dunque anche il corpo degli alpini cambia gradualmente caratteristiche... In questo
momento ci sentiamo di rappresentare l’Italia più di ogni
altro corpo: il mio reggimento è composto da militari che
vengono da tutte le parti del
nostro paese, tanti dalla Sardegna e dalla Sicilia, tanti dal
Sud, dal Friuli, dal Piemonte:
tutti sono capaci, bravi e ben
addestrati a sopportare il
freddo e la neve».
Il reggimento di Pinerolo
(in tutto circa 600 uomini)
partecipa regolarmente a
esercitazioni in Norvegia, in
Danimarca, recentemente in
Belgio; i militari che stanno
partendo, in diversi scaglioni,
per la Bosnia, sono tutti volontari. Con quale spirito partono questi soldati? «Posso
dire - aggiunge il colonnello
Vaccino - che ho qualche
problema di volontari in più
rispetto al numero di persone
che partiranno per la missione e ho grosse difficoltà a
convincere qualcuno a restare
qui, perché la caserma deve
continuare a vivere, a organizzare le sue attività, a custodire gli impianti. Si fermerà a Pinerolo un piccolo
gruppo di volontari oltre ai
militari di leva che non possono partecipare a questo tipo
Associazione lavoratori pi nerolesi
Per un sindacato
alternativo
MAURO MEYTRE
L? Associazione lavoratori pinerolesi (Alp) al
suo secondo congresso, che
si è svolto il 18 gennaio a Pinerolo, ha presentato il bilancio sul suo attuale ruolo nel
Pinerolese e in particolare
un’attenta valutazione del
contributo alla costruzione di
un «sindacato alternativo, di
classe, autorganizzato». L’
assemblea congressuale è
stata per i numerosi partecipanti la verifica dell’attività
svolta, della sua incisività sul
piano cultural-politico, il riconoscimento dell’associazione quale riferimento per
politiche sindacali costruite a
partire dalla base: ben 35 sono le aziende rappresentate,
molti i giovani; oggi l’arcipelago degli iscritti raggiunge
non solo le realtà industriali
ma anche i servizi, il terziario e la scuola.
Nella relazione introduttiva, Enrico Lanza ha richiamato la difficoltà di intervenire in una situazione in cui
le condizioni sociali e del
mondo del lavoro non sono
migliorate. «I problemi sono
gli stessi di un anno fa - commenta Lanza - anche se affrontati da un governo “amico”: pensioni e salari da difendere, lavoro che non cresce anzi si riduce. La mondializzazione dell’economia, la
conferma di una crescita lentissima rendono sempre più
difficile capire lo scontro in
atto»; Lanza inoltre si sofferma sull’analisi di un «sindacato sempre più invischiato
nei palazzi». Il dibattito è stato vivace, il tema sindacale è
stato un argomento ripreso in
tutti gli interventi, che concordano sul fatto che sia
«sempre più indispensabile
nel nostro paese un nuovo
soggetto sindacale di massa,
che non subisca la competitività la cerchi con le lotte democratiche e la dialettica sociale condizioni e qualità di
vita migliori».
Gli atteggiamenti di rigidità
sia da parte delle aziende che
dei sindacati confederali, con
l’eccezione di timidi cambiamenti da parte della Cgil, limitano la partecipazione attiva dei lavoratori alla vita sindacale nei posti di lavoro. Lo
scoglio principale è il sistema
di elezione delle rappresentanze sindacali unite nei posti
di lavoro, un meccanismo voluto dai sindacati confederali
per contenere lo sviluppo dei
sindacati autonomi e a suo
tempo fortemente contestato
dagli stessi lavoratori. La
qualità della vita sui posti di
lavoro, le inadeguatezze sul
piano della sicurezza, il governo degli orari sono nuovi e
vecchi problemi in un mondo
produttivo in trasformazione;
Alp intende proseguire «la
battaglia per una legge sulla
democrazia e diritti nei luoghi di lavoro».
Anche per l’anno in corso
verrà dato spazio ad attività
culturali nel territorio, e una
particolare attenzione per
l’emergenza occupazione impegnerà gli iscritti. Nel presente l’associazione è impegnata a sostenere la lotta per
la difesa del posto di lavoro
della Cascami Seta di Pomaretto, ritiene necessario sostenere l’indicazione dei lavoratori per la cassa integrazione
straordinaria, esprime la sua
solidarietà tangibile impegnando il suo fondo di solidarietà come forma di mutuo
soccorso e si adopera per forme di lotta che coinvolgano
tutta la valle.
di interventi».
Nei giorni precedenti la
partenza il vescovo di Pinerolo ha consegnato ad ogni alpino una copia del Vangelo; che
cosa significa per lei questo
gesto? «E un modo molto bello per augurarci una buona
missione e forse per ricordarci
che qui in Italia c’è qualcuno
che prega per noi durante
questi mesi - commenta il colonnello Vaccino -; il nostro
augurio è di poter rientrare fra
cinque mesi avendo fatto bene
il nostro lavoro ma anche del
bene a quelle popolazioni».
In questi giorni, nel nostro
paese, si discute molto delle
prospettive dell’esercito, della sua trasformazione in esercito di volontari; qual è il suo
pensiero al riguardo? «Anche
se questo esula un po’ dal
mio ruolo di comandante di
reggimento credo che effettivamente un esercito di volontari sia la scelta del futuro: in
queste missioni, che sono delicate e complesse, è molto
più facile operare con soldati
che hanno maggiore esperienza piuttosto che pochi mesi di
preparazione». Che cosa pensa delle richieste delle donne
di avere un loro ruolo nell’esercito? «E una domanda
complessa, allo studio dei
vertici politici credo comunque che ci possa essere un
ruolo nell’esercito anche per
le donne».
Val Pellice
Ritorna
il treno
storico
In attesa di possibili novità
nell’esercito, i ragazzi di oggi
stanno partendo per Sarajevo:
«Sono consapevoli di avere
su di loro gli occhi di molti,
in qualche modo di rappresentare l’Italia in una situazione difficile. Abbiamo messo in conto le difficoltà possibili sulla base delle esperienze passate, ci siamo sforzati
di immaginare tutti gli scenari possibili, considerando il
problema delle molte mine
disseminate, dei gruppi che
ancora credono di poter risolvere con la violenza i problemi di convivenza; partiamo
comunque sereni e preparati:
dovremo sforzarci di trovare
gli approcci giusti con la popolazione».
Nell’ambito delle iniziative
collaterali ai Mondiali di sci
al Sestriere la Comunità montana vai Pellice, in collaborazione con la cooperativa Guide d’Oc di Mountagno vivo e'
del Centro culturale valdese,
organizza la manifestazione,
«Dai Mondiali alle valli vai-,
desi» con l’intento di promuovere l’immagine della vai Pel-!
lice. E prevista una traversata'
sci alpinistica da Sestriere ai
Bobbio Pellice nei giorni 14,
15 e 16 febbraio con l’assi-i
stenza delle guide alpine,
L’itinerario ripercorre le ultime tappe del «Glorioso Rim-’
patrio» del 1689. Un secondo
importante momento si avrà
con un viaggio in treno d’epoca a vapore da Torino a Tone
Pellice il 16 febbraio. I partecipanti potranno scegliere fra
alcune visite guidate dalla sto-,
ria valdese all’architettura tipica, dai luoghi della Resi- •
stenza alla fauna locale. I ristoranti proporranno per Toc-'
casione menu tipici della tradizione locale. Nel ponierig-'
gio Torre, Villar e Bobbio
Pellice vedranno altri momen-1
ti di festa: concerto del gruppo Lou Magnani, con musica !
occitana rivisitata; «Il mistero j
delle incisioni rupestri», mo-1
stra di incisioni e arte rupestre; «Mille colori per una
valle», proiezione di diaposifl- i
ve, mini stage di danze eccitane; mostra di cartoline e dépliant d’epoca; mostra sul
progetto di recupero dello stabilimento Crumière, mostra
sulla rete dei sentieri di valle,
concerto del gruppo «Mare tera», mostra sullo stambec 'o.
La sera naturalmente vi sarà
la consueta accensione dei
falò. È inoltre organizzai',- lui
concorso fotografico sul tema:
«Aspetti caratteristici della
vai Pellice». Per iriformazioni
telefonare ai numeri 0i2l953131 (Corn."nii3 montana
vai Pellice), 0 ì ' i 9.54 i 26
(Agenzia viaggi 1.3 dei
venti) e 0121-930197 j inide
d’Oc di Mountagno v»
Alla Caffarel di Luserna San Giovanni
Sciopero riuscito
«Siamo molto soddisfatti»
- è il primo commento di Fedele Mandarano della Cgilalimentaristi all’indomani
dello sciopero alla Caffarel di
Lusema San Giovanni, organizzato dalle Rsu lo scorso
mercoledì 15 gennaio: mezz’
ora alla fine di ognuno dei
turni per sottolineare alcune
questioni. Che cosa ha portato il sindacato allo sciopero?
«Una delle ragioni che hanno
portato all’astensione dal lavoro - spiega il rappresentante sindacale - riguarda una
vicenda che ha dell’incredibile: una lavoratrice, Daniela
Bertalot, iscritta al terzo anno
di un corso universitario, ha
chiesto nei tempi dovuti un
permesso per dare un esame.
La ragazza, assunta al sesto
livello, lavorava con le mansioni di cuoca per i titolari; la
reazione alla richiesta è stata
l’assegnazione a mansioni decisamente poco gratificanti
come la pulizia, dopo aver
cercato di farla dimettere dalla fabbrica. Il fatto è stato vissuto come una vera e propria,
ingiustificata, punizione. Così
si spiega l’adesione massiccia
allo sciopero: i lavoratori si
sono sentiti toccati nella loro
dignità personale. L’azienda
deve cambiare mentalità; vicende come questa sono decisamente incomprensibili». La
lavoratricè-studente, dopo
una settimana di malattia, è
tornata a lavorare; la speranza
di poter diventare giornalista
si fonda sui nove esami già
superati in due anni ed anche
questo le dà la forza sufficiente per superare l’amarezza provata.
«Ci sono anche altri problemi: - precisa Fedele Mandarano - l’azienda, con i suoi
475 dipendenti, viaggia sui 13
miliardi di utile l’anno, eppure non vuole sentir parlare, fino al 1999, di servizio mensa;
così i dipendenti continuano a
portarsi il baracchino mentre
aziende ben più piccole questo servizio l’hanno già avviato. C’è poi la questione di un
premio “Una tantum” elargito
dalla direzione a fine ’96: I’
assegnazione è avvenuta senza minimamente dare comunicazione alla rappresentanza
sindacale e in modo chiaramente discriminate, dividendo
i lavoratori. Riteniamo neces;
sario che l’azienda cambi
mentalità nel rapporto coi
propri dipendenti».
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Pinerolo e Valli
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Ho letto su L’eco del Chisone e su L’eco delle
valli valdesi del progetto del
senatore Elvio Passone per
Pinerolo e la Valli. Bisogna
guardare oltre il 2000 e fare
Scune osservazioni. La prima
è che non bisogna confondere
due realtà, Pinerolo e Pinerolese da una parte e dall’altra
le valli valdesi, che non si abbia timore di chiamare con il
loro nome. Pinerolo non è per
noi capofila o egemone né
sembra dovere essere una appendice ai piè dei monti, piemontese, di una montagna
originate, questa montagna in
cui si può realizzare un renversement de tendence, come
ebbe ad affermare proprio a
Torre Pellice una ventina
d’anni fa in un’intervista alla
Rai un grande geografo, Pierre George.
Qui non c’è un problema di
chiese o di strategie ecumeniche; Pinerolo, da cui ricordiamo partì il Piemonte e che ha
conservato una forte impronta
francese, è il nostro vicino a
est, con cui possiamo fare tante cose, è legata alla lunga civiltà italiana con una sua collocazione, Qui invece siamo
neirOccitania alpina con un
tesoro di riferimenti e collegamenti universali, ben oltre
l’Europa stessa (si pensi alle
Americhe) in cui l’eredità vai
•dese in senso stretto è solo
una componente, per o,uanto
molto importante. Se sappiamo distinguere le due realtà
possiamo unire le forze senza
omogeneizzare. Diciamolo
francamefiie; nelle Valli ci
possono essere degli ottimi
cattolici e a Pinerolo e dintorni degli ottimi cittadini valdesi, 0 persone di altre credenze.
Come scriveva Eric Rollier
più di cinquant’anni fa, un napoletano può diventare valdese per il generoso sforzo dei
padri, partiti da queste valli
nel Risorgimento, restando
napoletano. L’epoca delle reciproche paure dovrebbe essere passata, superata dai tempi
della Resistenza anche se talvolta rialTif^ra. Non si tratta di
ghetti 0 di razzismo, ma di
quello d'e può essere per tutti
un arricc-iiincnto, non un
soffocane;aio Vediamo tre
fasce: una occitana, e uso
questa parola come quando si
dice paesi latini anche se il latino non si parla più, mentre i
patois sono ancora vivi; una
che media con la pianura e la
città di Torino, di cui Pinerolo
èfors’anche la bella periferia;
e poi la grande, non grandissima città, fra Genova con la
Liguria e Milano padana, che
per noi è, sono, lasciatecelo
dire, anche più importanti di
Pinerolo. Il discorso è delicato anche forse perché troppo
rinviato, allontanato anche per
Una sorta di understatement.
Anche per questo, anche
per quello, allora anche per
non andare a caccia di farfalle
Vediamo qualche punto più
preciso. 11 lavoro, si dice,
quello che nobilita l’uomo. Ci
sono i posti del lavoro e quelli della residenza. Non sem
RADIO
BECKWITH
EVANGELICA
FM 96.500
FM 91.200
tèi, 0121-954194
pre debbono coincidere. Da
tempo lontano le montagne
non sono economicamente
autosufficienti (si veda la
Svizzera); si lavora e guadagna lontano e si spende qui.
C’è un pendolarismo quotidiano, stagionale, di una
vita. Perciò siamo il paese
degli anziani, indigeni o no
(si guardi nelle banche) e la
montagna è nel contempo
pourvoyeuse d’hommes. Ora
poi non sarà più tanto così:
internet, fax e quant’altre diavolerie, ormai da qualche
tempo telefoni ed elicottero,
la prosperità che fa rifiutare
posti di lavoro permettono di
non muoversi o di più, magari di farlo piuttosto per scopi
conoscitivi, turistici. La maggiore facilità di comunicare, e
volendo evitare di spostarsi,
non fa necessariamente di tutto una marmellata, come si
vede nel paese della mobilità,
gli Stati Uniti, dove le elezioni e altre votazioni locali sono molto più partecipate che
quelle federali, dove Vermont, Nuovo Messico e California sono assai diversi e il
Texas sente ancora il diritto
di andarsene per conto suo
(secessione). E si veda la vivacità dei Comuni in Italia,
Francia, dappertutto.
La cultura. Non possiamo
che rallegrarci che ci sia
un’importante biblioteca a Pinerolo, e altre più grandi a
Torino. Vorremmo le nostre
anche più ricche. Pinerolo ha
istituito dei corsi universitari
di diploma di un certo tipo, su
da noi si possono coltivare
studi diciamo per intenderci
più umanistici, ma non solo,
linguistici, dell’ambiente fisico della montagna. È ipotizzabile il quadro di una pluricentrica Università delle Alpi
occidentali che riempia il
vuoto (occitano e francoprovenzale sempre come riferimento) tra le Università di
Torino, Milano, Ginevra,
Grenoble, Lione, Nizza, Genova e qualcos’altro. Parlo di
quell’oltre 2000 verso cui andiamo. Magari a piccoli passi
ma guardando bene avanti.
E si arriva alle istituzioni,
politiche. Le Comunità montane così come sono, sono limitate, e la Regione così
com’è rischia di fare un doppione con lo Stato. Non c’è
da prendersela con il federalismo. Le Regioni furono create nel secolo scorso non per
l’autonomia ma per la più efficiente amministrazione dal
centro. E una storia di piramide rovesciata. Il federalismo
deve venire dal basso e l’attuale taglio regionale ha
dell’assurdo. Che c’entriamo
con Novara? E stata ipotizzata una Regione alpina occidentale e per cominciare una
Provincia autonoma occitana,
che estendendosi al di là del
confine, della (vecchia) frontiera può diventare uno statoregione in Europa, prendendo il territorio della Sardegna, che ha problemi simili ai
nostri. E guardo alla Valle
d’Ao.sta.
Posso aggiungere che l’autostrada ci riguarda poco, se
non per facilitare il successivo
passaggio con la Francia, per
noi il Queyras, ma anche oltre. Purché non prosegua verso di noi come un’opera faraonica. Qui basta una buona
strada con circonvallazioni.
E per adesso basta. Aspetto
le proteste più degli amici
valdesi «italiani», esteri, che
dei pinerolesi. E mando a loro, ai pinerolesi e a voi il mio
saluto.
Perosa Argentina: incontro presso la Comunità montana
Giovani e mercato del lavoro
SERGIO N. TURTULICI
Come si incontrano oggi,
come si incontreranno
domani nei nuovi scenari
mondiali offerta e domanda
di lavoro? Che cosa deve sapere, come deve prepararsi un
giovane che si affaccia al
mercato del lavoro? C’è questa novità, la globalizzazione
delle economie mondiali, dei
mercati. Dovremo misurarci
con essa ma non mi pare che
famiglie, scuole, quanti fanno
mestiere di orientare la pubblica opinione, forze politiche
e sociali e, diciamolo, le chiese ne abbiano sufficiente percezione. Oggi è sotto i nostri
occhi. Popoli che ancora ieri
sembravano prigionieri del
loro destino terzomondiale di
miseria e sottosviluppo stanno emergendo nel ciclo della
produzione, del consumo,
della democrazia economica,
certo scontando le durezze, le
contraddizioni che hanno segnato l’industrializzazione in
Occidente. Usi come sono le
nazioni del privilegio a gettare agli indigenti del mondo le
briciole della tavola di epulone, è giocoforza per noi misurarci ora con queste nazioni
emergenti che cominciano a
trattare affari da pari a pari.
Che cosa sta succedendo?
Perché senza la giusta consapevolezza di quello che succede non è possibile affrontare seriamente nessun discorso, nessuna politica di nuova
occupazione, di lavoro giovanile? Lo ha spiegato Ezio
Gentilcore, amministratore
delegato della Gor di Buriasco, a un pubblico attento di
insegnanti e genitori in una
conferenza organizzata dalla
Comunità montana valli Chisone e Germanasca e dal Cilo
sul tema «Quale scuola, quale
lavoro». Succede che è crollato il blocco dei sistemi politici che imbracavano le reazioni internazionali, che le
frontiere aperte, l’accettazione diffusa del liberalismo
economico, della concorrenza, le nuove tecnologie dell’
informazione, dei trasporti
hanno dato respiro mondiale
alla teoria, alla pratica che già
i vecchi testi di economica
chiamavano dei costi comparati. Allentati i protezionismi,
i capitali finanziari, le produzioni, i commerci, il lavoro, i
servizi vanno laddove c’è più
vantaggio differenziale, convenienza di costi, lo stato è
meno vincolista, l’amministrazione pubblica più efficiente.
Allora la Fiat produce auto
in Sud America e programma
di produrne in Cina, le imprese tedesche si accingono a
creare non meno di 300.000
posti di lavoro all’estero, prevalentemente nell’Est europeo, i produttori italiani del
mitico Nord-Est passano il
confine soffocati da uno stato
italiano borbonico e inefficiente, la Swissair delocalizza
in Cina la contabilità aziendale. E in corso, Gentilcore lo ha
mostrato aiutandosi con grafici e numeri statistici, una rivoluzione planetaria. Ancora nel
1995 i grandi paesi industrializzati avevano il Pii più alto,
vale a dire il miglior incremento percentuale su base annua della ricchezza nazionale.
Nel 2020, indicano le proiezioni, entreranno nel circolo
dei paesi con più alto Pii Cina, Indonesia, India, Thailandia, Sud Corea, Taiwan, Messico Brasile, Russia. Come risponderanno alle sfide i sistemi-paese, i sistemi-impresa? I
numeri sono significativi. Alle
soglie di questo 1997, contro
un tasso di disoccupazione
della Gran Bretagna del 6,7%,
la Germania ha il 10,1%,
l’Italia il 10,8%. È la Liguria
nel Nord Italia con la sua industria in gran parte meno
pubblica che sconta la più alta
disoccupazione, quasi PI 1% e
le tiene dietro il Piemonte.
Dove il mercato del lavoro è
stato più protetto, rigido e
chiuso, là c’è oggi più sofferenza delle imprese, più disoccupazione. Se scopo ultimo di ogni sistema economico è dare un lavoro a quanti
più possibile, è il circolo virtuoso più Pii più produttività
più occupazione che va attivato. La giusta risposta del sistema-paese è la risultante di
più risposte. Giusto equilibrio
di agricoltura, industria e servizi: un settore economico
non dà più lavoro se non è bilanciato con gli altri due. Migliore utilizzo dei capitali, dei
fattori produttivi, quindi meno vincoli alla flessibilità, alla competitività nel mercato
del lavoro. Più efficienza della macchina-stato, della pubblica amministrazione: siamo
quelli che pagano più penali
per il mancato rispetto delle
direttive del mercato comune
europeo, quelli che meno riescono a spendere, per i freni e
le inefficienze della burocrazia, i fondi stanziati dalla Cee
per ogni singolo paese. La risposta del sistema-impresa
sta tutta in una parola: adattabilità. Nella capacità di ridurre i costi, di innovare, di penetrare in nuovi mercati, di
restare produttivi in scenari
politici ed economici in continua mutazione.
Quello che un giovane che
va a scuola o che domanda lavoro deve sapere, ha concluso
Gentilcore, è che gli verrà richiesto un livello più elevato
di professionalità, di conoscenza (cultura generale, lingue, sensibilità per quello che
succede intorno a lui), disponibilità al cambiamento di occupazione, consapevolezza
che gli toccherà accettare la
competizione; che forse suo
padre ha avuto a suo tempo
un posto di lavoro a poco costo, talora per censo o favore,
ma che per lui sarà difficile.
Le iniziative culturali nelle valli Chisone e Germanasca
Sestriere '97: non solo Mondiali
MILENA MARTINAT
'l^ron solo Mondiali».
>>1^ Questo è il titolo del
calendario di manifestazioni
culturali organizzate dalla
Comunità montana valli Chisone e Germanasca per il periodo dei campionati mondiali di sci alpino. Migliaia di
persone saranno a Sestriere
nella prima quindicina di febbraio. Atleti, allenatori, giornalisti, spettatori, curiosi
ospitati non solo al Colle ma
anche in vai Chisone e in vai
Susa. Grandi emozioni per le
gare, dalla discesa libera maschile che partirà dalla cima
del Motta alle specialità fra i
pali stretti con la battaglia fra
lo squadrone austriaco. Tomba e gli sloveni e fra Perniila
Wiberg, la svedese che ha dominato in questa disciplina
quest’anno, e le altre ragazze
del Circo bianco.
Non solo Mondiali, anche
cultura e tradizioni con le animazioni sui lavori antichi a
Usseaux, con gli spettacoli
teatrali nel forte di Fenestrelle con Assemblea teatro, che
presenta «Prigionieri per una
notte», con concerti d’organo
e musica classica a Perosa e
Fenestrelle e musica nel palatenda a Sestriere con il gmppo «Lou Magnaut», con i cori
«Eiminal», «Eric Boucie» e
molte altre iniziative organizzate sempre in collaborazione
con le Pro Loco e i Comuni.
Durante la serata di presentazione delle iniziative per i
mondiali che si è tenuta a Pinerolo sabato 18 gennaio, la
signora Nasi, presidente della
Sestriere Spa, ha dichiarato:
«I Mondiali sono di tutti, non
solo di Sestriere, anche se mi
rendo conto che la vostra valle non ha avuto quanto sia
aspettava».
Non solo Mondiali, pensavano molti in vai Chisone.
Molti credevano che questa
sarebbe stata l’occasione per
ottenere alcuni benefici attesi
da molto tempo. «Sono stati
svolti grandi lavori di ampliamento sia all’ospedale di
Pinerolo che in quello di Pomaretto - spiega Erminio Ribet a nome di tutti gli amministratori del Pinerolese - sono stati creati 400 nuovi posti
letto che hanno offerto 40-50
posti di lavoro. Rimane il
grande problema della viabilità: l’autostrada da Airasca a
Pinerolo rimane una speranza, così come la circonvallazione di Porte. Speravamo di
mettere in sicurezza la parte
alta della statale 23, purtroppo i lavori sono iniziati da
poco sulla Coupure e il materiale è nei prati di Usseaux
sotto la neve».
Non solo Mondiali. Sabato
18 è stato inaugurato a Fenestrelle rimpianto di illuminazione del Forte. Un po’ poco.
in vai Chisone ci si aspettava
qualcosa di più. Si spera che
questa possa essere l’occasione per avere una vetrina illuminata, per richiamare turismo in futuro. C’è una forte
riscoperta del turismo sulle
Alpi come spazio di libertà e
di culture da scoprire. Non solo Mondiali si spera, ma anche rilancio economico.
Torre Pellice
Il sabato
in biblioteca
Da gennaio, per rispondere
alle esigenze di chi, a causa
degli impegni lavorativi, lamentava difficoltà di accesso,
la biblioteca del Centro culturale valdese sarà aperta anche
al sabato, dalle ore 9 alle 12 e
dalle 14 alle 18. Prosegue il
programma di informatizzazione del catalogo con il programma Erasmo; migliora
l’utenza che a fine ottobre
aveva già superato le 1.500
presenze del 1995, prosegue
la collaborazione con il Collegio nell’ambito dell’insegnamento della storia locale
impartito dalla prof. Amalia
Geymet Panerò. La biblioteca
sarà chiusa il lunedì.
SETTIMANA DI PREGHIERA PER L’UNITÀ —
Le chiese valdesi del 1° circuito, insieme alla diocesi di Pinerolo, organizzano un incontro sul tema «Riconciliazione,
dono di Dio e sorgente di vita
nuova», in preparazione dell’
Assemblea ecumenica di Graz.
L’incontro avrà luogo nel tempio valdese di Torre Pellice alle 20,45 di venerdì 24 gennaio;
interverranno Luigi Bettazzi,
vescovo di Ivrea e Giuseppe
Platone, vicepresidente della
Fcei: rincontro sarà moderato
da Gianni Genre, pastore di
Villar Pellice. Giovedì 23, alle
20,30, a Pinerolo, incontro di
preghiera nella chiesa di San
Domenico, organizzato dalla
Chiesa valdese e dalle parrocchie della diocesi.
INCONTRI TEOLOGICI
«MIEGGE» — Domenica 2
febbraio, alle ore 17, nei locali della chiesa di Pomaretto,
incontro del collettivo «G.
Miegge» sul libro «Credere di
credere» di Gianni Vattimo.
SCOUT — Il 25 e il 26
gennaio i tre gruppi di attività
scoutistiche del I distretto si
incontrano per un fine settimana sulla neve presso la foresteria «La Rocciaglia» (Pradeltomo) ad Angrogna. L’appuntamento è per le 16,30 di sabato, il costo dell’incontro è di
lire 30.000. Durante l’incontro
verrà raccolta la quota annuale
di lire 50.000.
ANGROGNA — Riunione
quartierale martedì 29 gennaio
alle 20,30 al Martel.
BOBBIO PELLICE —
Riunione quartierale martedì
28 gennaio alle 20 all’Inverso.
LUSERNA SAN GIOVANNI — Mercoledì 29 gennaio al presbiterio, alle 20,45,
studio biblico su «Apocalisse:
la gioia futura» con il pastore
Claudio Pasque!; l’incontro
sarà sui capitoli 4 e 5 sul tema
«Nulla deve essere nascosto».
Riunioni quartierali: lunedì 27
gennaio a Bricherasio, martedì
28 gennaio alle Vigne, giovedì
30 al Fondo San Giovanni, tutte alle 20,30.
POMARETTO — Venerdì
31 gennaio meditazione al
Centro anziani. Giovedì 23,
per rUnitrè, corso di cultura
religiosa alle 15 presso la sala
consiliare della Comunità
montana. Riunioni quartierali;
venerdì 24 alle 20,30 a Perosa
Argentina, mercoledì 29 alle
20.30 a Maurin.
PRALI — Riunione quartierale venerdì 24 alle 19,30 a
Villa.
PRAROSTINO — Domenica 26 gennaio alle 9 culto alla Cappella del Roc, alle 10,30
culto a Roccapiatta. Alle ore
14.30 nella sala del teatro assemblea di chiesa, all’odg il
futuro degli stabili.
RORÀ — Studio biblico
giovedì 23 gennaio alle 20,30
nella sala Morel. Giovedì 30
gennaio riunione alle Fucine.
SAN SECONDO — Venerdì 24 gennaio alle 20,30,
nella sala valdese, incontro sul
documento sui matrimoni interconfessionali; introdurranno il tema il parroco don Mainerò e il pastore Vito Gardiol.
Riunioni quartierali: giovedì
23 gennaio alle 20,30 ai Brusiti, giovedì 30 gennaio alle
20.30 a Cavoretto. Domenica
26 gennaio alle 10 culto con
assemblea di chiesa, all’odg:
bilancio consuntivo 1996 e
preventivo 1997, viaggio in
Calabria.
TORRE PELLICE — Riunioni quartierali: martedì 28
gennaio ai Simound, venerdì
31 agli Appiotti. Venerdì 31
gennaio culto serale alle 18 alla Casa unionista.
VILLAR PELLICE — Ri
unione quartierale martedì 28
gennaio alle 20,30 all’Inverso.
VILLASECCA — Domenica 26 gennaio assemblea di
chiesa sulle finanze.
10
PAG. IV
E Eco Delle Vao.t moEsi
venerdì 24 GENNAIO 1997
VE
m
SLALOM IN NOTTURNA — Sabato 25 gennaio alle 21 in
località Passe!, Angrogna, lo Sport Club Angrogna organizza
una gara di slalom gigante in notturna; le iscrizioni dovranno
pervenire entro le 22,30 di venerdì 24 (costo lire 10.000). Le
categorie ammesse, sia maschili che femminili, sono le seguenti: baby, cuccioli, ragazzi, allievi, giovani, seniores (amatori e
veterani solo maschili) e maestri e punteggiati Fisi. E prevista
anche la categoria snow board, sia maschile che femminile. Per
informazioni tei. 0121-944133.
CORSA CAMPESTRE — Al parco della Pellerina a Torino
si è svolta domenica una gara di cross provinciale; da segnalare
alcuni risultati ottenuti dai giovani del gruppo sportivo Pomaretto: Francesca Ferrerò è giunta 3“ fra le Esordienti, davanti a
Monica Ghigo; Sabina Chiurato 8“ fra le Ragazze, David Ghigo
4° fra i Ragazzi, Ivana Roberto 4“ fra le Allieve e Luca Alcalino 4° fra gli Allievi. Domenica 26 gennaio si svolgerà a Trofarello il XX trofeo Carlo Zurletti di cross regionale aperto alle
categorie amatori, giovanili, maestri e assoluti; si tratta della
seconda prova di campionato provinciale di società amatori.
Master Fidai. Le iscrizioni dovranno pervenire entro le 22 di
venerdì 24 gennaio. Per informazioni telefonare nelle ore serali
al numero 011 -546581.
PALLAMANO — Nel campionato di serie C maschile la
formazione del Rivalta non è passata ad Imperia. A causa di
infortuni e malattie i ragazzi di lannuzzi si sono presentati in 7,
con l’esordiente Rossi. L’Exes Rivalta ha sostenuto il ritmo e
rincalzare degli avversari, restando sempre a una o due reti di
distanza. Buona prestazione del collettivo, in evidenza Conidi,
Goss e Canale. Il prossimo incontro si svolgerà il 25 gennaio
alle 19 tra TExes Rivalta e Città Giardino Torino presso il nuovo palazzetto di Rinasca.
Sconfitte in casa le ragazze di Andrea Comoglio per il campionato di serie B femminile. Una serie di errori ha compromesso il risultato: le ragazze del 3S, che nella prima parte del
secondo tempo superavano addirittura le avversarie del Rescaldina, si sono fermate a 10 punti, superate alla fine per 10 a 15.
Il prossimo incontro si svolgerà a Pavia domenica 26 gennaio
contro la formazione locale di San Martino Pavia.
PALLAVOLO — Brutta batosta casalinga per il Magic Traco in B1 femminile; la squadra di Pinerolo, in vantaggio di 2
set a 0, si è fatta rimontare dal Cantù ed ha perso al rie break la
partita. Ottiene invece il secondo successo dell’anno il Body
Cisco maschile in B2 e toma a sperare nella salvezza. In B2
perde anche il Gold Gallery 1-3 in casa del Cassano.
Nel Girone A Ragazzi va al 3S Nova Siria il derby con il
Body Cisco, superato dai ragazzi di Gardiol al tie Break con il
punteggio di 2 a 3. A livello femminile lieta conferma del 3S
nella categoria Juniores che ha superato per 3-0 la Libertas
Moncalieri. Tra gli Allievi, Girone A, continua la marcia a pieni
punti della formazione 3S, che ha battuto per 3 a 0 in soli 38
minuti il Gsp Chivasso. Prima sconfitta di stagione invece per i
coetanei del Girone B nell’incontro con il Barella di Torino.
Sconfitte per quanto riguarda la categoria Ragazze, Girone D,
nell’incontro con il Pap San Maurizio perso per 3-0, e tra le Allieve, che hanno perso Rincontro con il Villar Perosa per 2 a I.
GRANDE GIORNATA PER IL TENNIS TAVOLO —
Strepitosa giornata per le squadre della polisportiva Valpellice
di tennis tavolo capaci di ottenere tre vittorie. Soprattutto la C1
nazionale ha ottenuto il suo primo successo superando a Torino
il Cus B per 5-4 grazie ai punti di Rosso (2), Malano (2) e Ros
Protestanti
veri e presunti
Domenica 19 gennaio sera,
al Tg3 delle 19, la simpatica
conduttrice ha serenamente
definito «protestanti» i produttori di latte che manifestavano all’aeroporto di Linate.
Nulla da eccepire: stavano
protestando e, come noto, i
participi presenti si offrono a
chiunque voglia usarli senza
pretendere mai la dignità di
nome proprio.
Erano, invece, protestanti
veri quelli che si sono ritrovati nel Duomo di Pinerolo durante la celebrazione di una
messa con i loro fratelli cattolici. Il pastore che ha parlato
nell’omelia ha dichiarato che
si sarebbe astenuto dal momento eucaristico, senza tuttavia riuscire a togliere l’impressione che l’episodio fosse
più vicino alla confusione che
al dialogo. La colpa è anche
della televisione che, come
mezzo, si presta male a un
confronto sulla storia che ha
provocato la divisione nel
mondo cristiano e sugli sviluppi di dottrina e di prassi
che ne sono derivati ma, a
mio parere, il messaggio trasmesso è stato che, finalmente, i motivi del contendere
erano caduti e che, come i
«protestanti» di Linate, anche
i valdesi, dopo l’inevitabile
accordo, stavano tornando a
casa. Se non è così, forse, è
opportuno ripensare le forme
per continuare a parlarci, curare il luogo, considerare chi
può soltanto ascoltare e osservare. Ci vorrà più tempo,
ma i risultati saranno più veri.
Ettore Micol
Villar Perosa
A Rosanella
te ne sei andata e grande è
il vuoto che hai lasciato in
noi, insopportabile il silenzio
che ci circonda.
La tua vitalità prorompente,
la tua autoironia ci mancano.
L’entusiasmo e la totale disponibilità con cui ti preparavi ad impostare il non facile
lavoro di apertura del tuo reparto, la felicità personale ritrovata, i tuoi progetti per il
futuro che ti veniva incontro
sereno e luminoso sono stati
bruscamente interrotti in una
luminosa giornata di gennaio. Tutto si è fermato, il
tuo cuore co.sì grande e generoso ti ha tradito e noi sgomenti ci chiediamo inutilmente perché.
Aiutaci a portare a termine
i tuoi progetti di lavoro perché il nuovo reparto sarà il
tuo reparto.
Sarai sempre con noi.
/ tuoi colleghi
setti, autore del punto decisivo, sempre concentrati e precisi. In
DI il successo è stato netto (5-0) ma non facile; Giuliano e Sergio Ghiri, autori di due punti ciascuno, e Belloni, hanno firmato
la vittoria sul Csain Cedas Fiat. Con la stessa squadra di Torino
è arrivata anche la vittoria per 5-1 in D2, grazie ai due punti di
Franco Picchi e Gabriele Maurino e al punto di Alberto Picchi.
Al comando della CI nazionale si è portato con 16 punti il Crdc
Torino che grazie ai tre punti di Davide Gay ha battuto il Cus
per 5-3; la Valpellice è ultima a 10 punti. Domenica 19 la Valpellice ha partecipato con tre giocatori al Gran prix giovanile di
Incisa Scapaccino, piazzando Maurino nei quarti. Picchi e Cesano negli ottavi. I prossimi appuntamenti vedranno le formazioni
di CI e DI impegnate a Torre Pellice sabato 25 dalle 15,30.
HOCKEY GHIACCIO: QUARTO DERBY AL TORINO
— Sette giorni dopo il successo di Zanica la Valpe ci riprova;
per il derby col Torino i biancorossi recuperano quasi tutti gli
infortunati, eccetto Malan, e partono in attacco. E dopo pochi
minuti va in rete Ronzino, peso piuma tutta grinta della formazione valligiana; è però un fuoco di paglia: qualche errore e un
Torino in crescita cambiano il volto alla partita. Il Torino non
può perdere per mantenere il secondo posto in classifica e chiude il primo tempo sul 3-1 grazie alle marcature di Ermacora (2)
e Doglio. Il secondo tempo vede la Valpe esercitare una maggiore pressione ma la porta torinese rimane inviolata e così è
anche nella prima metà del terzo tempo. Il 3-2 siglato da Bottecchia con bella azione personale lascia intravedere un finale caldo con possibilità di rimonta, ma a un minuto dalla fine è il Torino, con Bassoli, a trovare la rete della sicurezza. Per la Valpe,
sabato 25, trasferta alla sua portata ad Aosta con l’ultima in
classifica. Intanto è cominciata anche la serie C e la seconda
formazione del Valpellice ha battuto THuskie Como per 8-2.
VINCE IL PINEROLO CALCIO — Doppietta di Ceddia e
il Pinerolo espugna il campo della Sestrese; il primo gol in
apertura di ripresa e, dopo una ventina di minuti di attacchi vani della squadra ligure, è arrivato il raddoppio. Buona giornata
anche per la Fossanese uscita vittoriosa per 2-0 dal campo di
Asti; proprio questa formazione sarà ospite del Pinerolo domenica prossima.
Il Cuneo si conferma capolista in Eccellenza battendo su rigore r Albese; sei partite sono state rinviate per neve.
SONO APERTE LE ISCRIZIONI AI CORSI PER MAESTRI DI SCI — Ai sensi dell’art. 5 della legge regionale
23/11/92 n. 50, avranno luogo nell’anno formativo ’97-98 i
corsi di formazione professionale per maestri di sci di discipline alpine e di fondo, la cui realizzazione è demandata dalla Regione Piemonte al Formont. Per accedere, oltre a superare le
apposite prove attitudinali pratiche, gli interessati devono avere
compiuto i diciotto anni e frequentato la scuola delTobbligo.
Per la partecipazione alle prove si deve versare una tassa
d’iscrizione di 100.000 lire su c/c postale n. 17580101 intestato
al Formont. La scadenza per la presentazione delle domande è
fissata per il 14 febbraio 1997 per lo sci di fondo e il 21 febbraio per le discipline alpine. Per ritirare la scheda di presentazione per la domanda rivolgersi all’Apt del pinerolese in via
Giolitti 7/9 a Pinerolo (tei. 0121-795589, fax 0121-794932).
Mostra al Centro culturale valdese
90 anni dì arte
pinerolese: 1906-1996
FRANCO CALVETTI
Accuratamente pubblicizzata, è stata inaugurata
alla Sala Paschetto del Centro
culturale valdese a Torre Pellice la mostra «Novant’anni
d’arte pinerolese», curata dal
prof. Marchiando Pacchiola. I
35 artisti presentati, sposando
la realtà del luogo dove hanno vissuto, hanno reso visibile la loro identità con l’espressione dei loro messaggi
non solo estetici ma culturali
e civili. Ed è l’espressione di
questa identità che possiamo
decifrare soffermandoci davanti alle 50 opere (di cui 9
appartenenti alla Collezione
civica d’arte di Pinerolo) di
artisti operanti nel Pinerolese
in questi ultimi 90 anni.
Ricordiamo i quadri di maniera paesistica di Alfredo
Beisone che .portano le date
del 1919 e del 1936, di Giuseppe Gavuzzi (1939-1943) e
di Umberto Colli (1951), che
sono fra i pittori più «anziani»
presenti all’esposizione. Restiamo ammirati davanti
aH’es.senzialità delle nature
morte di Maria Magnetti
(1948), di Giuseppe Quaranta
(1950) e più tardi di Osvaldo
Malvizzati (1963). Avvertiamo che il gusto grafico cambia con la «Magna valdese
che fila» (1930-1935?) di
Paolo Paschetto, ma soprattutto con le due opere di Filippo
Scroppo, una del 1965 e una
del 1974, dove la genialità
dell’artista e dell’uomo di cultura d,’avanguardia è ben evidente. In questo ventaglio di
percezione grafica nuova non
possiamo dimenticare Mario
Borgna con il suo «Disordine
ordinato» del 1973. E che cosa dire delle opere esposte di
Michele Buretta quale «Figlio
della Resistenza» (1965) e
«Autoritratto con modella»
(1977)7 E nell’ultimo giro di
visita ci fermiamo davanti
all’immagine carica di umanità di Giovanni Carena,
all’opera di Tere Grindatto
«Donna con figli» (1987), che
ci fa percepire la tensione sociale di quegli anni.
Mi piace chiudere questa
carrellata con i due artisti più
promettenti per il futuro che
la Sala Paschetto ha già presentato in occasione di una
collettiva del dicembre 1995:
il pinaschese Daniele Galliano con uno dei suoi intriganti
personaggi presi dal mondo
giovanile, e il lusernese Andrea Nisbet con la «situazione sospesa» di un crocevia in
cui sfrecciano quattro veicoli.
Su questo emblematico tema
si chiude il nostro percorso
artistico e ci auguriamo che il
crocevia Pinerolo e Valli veda anche nel futuro la presenza significativa di movimenti
artistici e culturali quali quelli del recente passato.
23 gennaio, giovedì —
TORRE PELLICE: Alle
15,30 presso la Casa valdese,
per rUnitrè, conferenza del
professor Piero Ferrerò sul tema «Il pubblico e il teatro».
24 gennaio, venerdì —
PEROSA ARGENTINA:
Alle 16,45, presso la sede
della Comunità montana, il
pastore Giorgio Tourn parlerà
sul tema «La presenza valdese nel Medioevo, aspetti storici e peculiarità della cultura
valdese».
INFORMAGIOVANI
VAL PELLICE
Via Roma 45
Luserna S. Giovanni
0121 -900245
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Dal lunedì al venerdì
dalle ore 14 alle 17
24 gennaio, venerdì —
TORINO: Alle 20,45 al teatro Alfieri va in scena «Testimoni» con A. Gassman e G.
Tognazzi. Ingresso lire 35
mila, prenotazioni presso
l’Ufficio Cultura del Comune
di Luserna San Giovanni, tei.
0121-954431.
24 gennaio, venerdì —
PEROSA ARGENTINA:
Alle 21, al Centro anziani,
per la rassegna di cinefomm a
cura dell’associazione culturale Alidada, verrà proiettato
«La vita sessuale dei belgi»
di Jan Bucquoy. Ingresso lire
10.000 (prezzo della tessera
sociale Alidada).
25 gennaio, sabato — BIBIANA: Per la I rassegna di
teatro dialettale alle 21,15, al
teatro parrocchiale, la compagnia Villarettese di Bagnolo
Piemonte mette in scena «Tuti
a la veulo... gnun a la pija»,
commedia brillante in tre atti
di Carlo Gallo, regia di F. Boglione. Ingresso £ 10.000.
29 gennaio, mercoledì —
SALUZZO: Nell’ambito della stagione teatrale al Politeama andrà in scena «Il giudizio
universale» di Vittorio Alfieri.
29 gennaio, mercoledì —
PINEROLO: Per il Cinefórum, alle 20,45, al cinema
Ritz, proiezione di «Vesna va
veloce» di Mazzacurati.
30 gennaio, giovedì —
TORRE PELLICE: Alle
15,30, per TUnitrè, alla Casa
valdese, concerto di Antonio
D’Attelis, clarinetto, e Andrea Musso, pianoforte: musiche di Mozart, Schumann e
Mendelssohn.
31 gennaio, venerdì —
TORRE PELLICE: Alle
15,15, a Villa Elisa, per l’organizzazione di Ywca e Ucdg,
Mirella Bein presenta: «Viaggio in Israele: emozioni e riflessioni».
31 gennaio, venerdì —
LUSERNA SAN GIOVANNI: Presso la sala mostre alle
21 incontro con il presidente
della Commissione Esteri al
Senato, Migone, sul tema
«Quale politica estera deve
fare una sinistra di governo?».
31 gennaio, venerdì —
PEROSA ARGENTINA:
Presso il Centro anziani, per
la rassegna di cineforum, a
cura dell’associazione culturale Alidada, alle 21,15 verrà
proiettato film «Il buio nella
mente» di Claude Chabrol.
Ingresso lire 10.000.
VALU
CHISONE - GERMANASCA
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale di Pomaretto, tei. 81154
Guardia farmaceutica:
DOMENICA 26 GENNAIO
Perosa Argentina: Farmacia
Bagliani - Piazza Marconi 6,
tAmbulanze:
Croce Verde, Perosa: tei. 81000
Croce Verde, Porte : tei. 201454
VAL PELLICE
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
telefono 932433
Guardia farmaceutica:
DOMENICA 26 GENNAIO
Villar Pellice: Farmacia Gay
Piazza Jervis, tei. 930705.
Ambulanze:
CRI - Torre Pellice, tei. 953355
Croce V. - Bricherasio, tei. 598790
PINEROLO
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale civile, tei. 2331
Ambulanza:
Croce Verde, tei. 322664
SERVIZIO INFERMIERISTICO
dalle ore 8 alle 17, presso le
sedi dei distretti.
Cinema
TORRE PELLICE — I!
cinema Trento ha in programma, giovedì 23 e venerdì 74,
ore 21,15, La felicità è dietro
l’angolo; sabato 25 da definire; domenica 26, ore 16, 18.
20 e 22,10, e lunedì 27, ore
21,15, Fantozzi, il ritorno.
BARGE — Il cinema Comunale ha in programma, venerdì 24, ore 21, Albergo
Roma, sabato 25, ore 21, U
momento di uccidere; da do
menica 26 (15, 17, 19, 21) a
giovedì 30, Fantozzi, il ritorno; feriali ore 21.
PINEROLO — La multisala Italia propone alla saia
«5cento», fino al 29 gennai<Ransom, il riscatto con Mei
Gibson; feriali 20 e 22,20,
prefestivi 20 e 22,30, festivi
14,30 con spettacoli continuati. Alla sala «2cento», fino al
29 gennaio, è in visione II ciclone; feriali 20 e 22,20, prefestivi 20 e 22,30, fest. 14,30,
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tei. 0121-933290; fax 932409
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venerdì 24 GENNAIO 1997
Vita
PAG. 7 RIFORMA
Prosegue la riflessione sul servizio a chi è nel bisogno
La «diaconia leggera» nella società che cambia
ALBERTO TACCIA
A NDATE in pace, ricor(vX datevi dei poveri e degli
afflitti...»-, è una delle formule
tradizionali (di tono un po’
antiquato) con cui terminano
i nostri culti. Essa è simile
air«ite missa est» dell’antica
liturgia latina, che vuol dire:
«Andate è l’invio», cioè: è il
momento in cui siete mandati. Queste formule non concludono il culto, ma lo aprono sulla realtà esterna a cui i
credenti sono mandati. Si intende cosi legare strettamente il momento del culto con la
vocazione di testimonianza e
di servizio in cui il culto trova
la sua continuazione e il suo
radicamento. Nel culto il Signore ci convoca, ci rivolge la
sua Parola e poi ci manda:
Andate... ricordatevi! Coloro
che hanno udito e ricevuto,
devono a toro volta parlare e
dare! Questo parlare e questo
dare è la «diaconia», il servizio del credente nel mondo.
Ora esiste una «diaconia
leggera» di cui poco si parla.
Si chiama così perché non è
legata a strutture istituzionali
spesso molto pesanti per entità e per impegno amministrativo e gestionale. Una
diaconia alla portata di tutti
che si manifesta in atti personali e occasionali, ricchi di
autenticità e di amore, che
solo ii Signore conosce, «e il
Signore che vede nel segreto,
te ne darà la ricompensa»
(Matteo 6, 4). Ma vi è anche
una «diaconia leggera» con
carattere di maggior visibilità
e continuità.
La nostra società sta producendo gravi e continue situazione di bisogno, sia con
processi di vera e propria
emarginazione (nuove povertà, la solitudine degli anziani, gli immigrati, gli ammalati di Aids, gli omosessuali ecc.) sia con severi giudizi di devianza (ex carcerati,
tossicodipendenti, alcolisti
ecc.). È vero che molte di
queste situazioni non possono essere affrontate in modo
dilettantesco: servizi sociali,
sanitari, assistenziali sono
predisposti per affrontare i
problemi più gravi. Senza
esprimere alcun giudizio sulla maggior o minor efficienza
di questi interventi, è anche
vero che a sostegno di tali
servizi sorgono numerose associazioni di volontariato che
compiono un importante lavoro di informazione, prevenzione, sensibilizzazione.
Associazioni dove c’è posto
per tutti e in cui ognuno dà il
proprio contributo di impegno e umana sensibilità.
Molti membri delle nostre
comunità sono inseriti in
queste espressioni di solidarietà, ma spesso le loro scelte
sono ignorate dalle nostre
chiese e, il più delle volte, essi non si sentono sostenuti e
incoraggiati. Sarebbe necessario ricercare questi nostri
fratelli e sorelle, se è possibile collegarli (senza creare
l’ennesima associazione!),
far loro sentire la nostra partecipazione al loro impegno,
farli parlare nella comunità
per suscitare interesse e indicare spazi in cui, anche fuori
della chiesa, è dato di esplicare un’autentica diaconia,
come possibile risposta alTinvito del Signore: Andate...
ricordatevi! Questo può contribuire a eliminare quella
forma di isolamento che
sembra caratterizzare parecchie nostre comunità nei
confronto di nuove e urgenti
esigenze di intervento verso
un disagio umano che non
può essere ignorato e che ci
riguarda tutti.
Qualcuno potrebbe affermare che, per quanto si faccia, il problema non sarà mai
risolto. Si aiuta una persona
ma l’entità del disagio induce
allo scoraggiamento. Si potrebbe ricordare la storia di
quel ragazzo che si preoccupa di ributtare in mare le
stelle marine che a migliaia
sono gettate dalla risacca sulla spiaggia, destinandole a
morire. Qualcuno osserva
l’inutilità di un lavoro non risolutivo «che non cambia
niente». Il ragazzo osserva la
stella marina che tiene in
mano e, buttandola in mare,
dice: «Per questa, a ogni modo, cambia tutto!».
Incontro interreligioso a Cuneo
Incontrarsi per potersi
conoscere nel rispetto
EMANUELE LOCCI
IL 15 dicembre, al monastero di San Biagio di
Mondovì, ha avuto luogo il
primo incontro interreligioso
della provincia di Cuneo,
«Incontrarsi per conoscersi»,
al quale hanno partecipato
rappresentanti delle varie
realtà religiose della provincia, tra cui sorelle e fratelli
delle chiese evangeliche del
Cuneese. 11 clima è stato di
rispetto reciproco e di desiderio di conoscere e di conoscersi. Ad ogni confessione è
stato lasciato uno spazio per
presentarsi: a ciò è seguito
un momento di comune riflessione silenziosa. Subito
dopo rincontro sono state
raccolte delle impressioni fra
i presenti, eccone alcune.
«È risultato un ambiente
quasi mistico, molto spirituale: è stato un primo esperimento, ma sarebbe utile che
ce ne fossero dei successivi»
(così una famiglia della comunità Babai). «Mi è piaciuto
quest’incontro perché sento
grande esigenza di unità tra
di noi, di trovare le cose che ci
legano e non quelle che ci dividono» (Stella, cattolica). «È
stato un incontro positivo,
senz’altro se ne possono fare
altri» (John, mormone). «L’
incontro è stato bello e molto
partecipato. Ciascun gruppo
si è espresso liberamente, con
sincerità, in un ambiente di
fraternità. Mi auguro che si
continui su questa strada»
(un membro della comunità
battista). «Spero che questa
riunione sia foriera di altri
incontri che permettano di
realizzare un’amicizia e di
approfondire il fatto che tutte
le religioni si basano su principi fondamentali» (un rappresentante ebreo). «È stato
bello conoscere, perché conoscere vuol dire amare. C’era
un clima sereno e disteso nella presentazione dele varie religioni e non c’era l’ombra di
proselitismo» (Don Marco,
cattolico). «Dobbiamo renderci conto che non siamo degli esseri isolati, ma siamo interdipendenti l’uno dall’altro;
se noi facciamo un danno a
un altro essere, prima o poi
questo danno ci ritorna. Bisogna far crescere la coscienza
che siamo tutti collegati »
(Maria Rosa, buddismo tibetano). «Un momento molto
spontaneo, vero, che riflette
un’esigenza sentita da molti»
(Lucio, buddismo zen).
La riunione si è chiusa col
proposito di organizzare altri
incontri per meglio conoscersi e creare insieme un’
eventuale collaborazione con
il comune intento di operare
per la pace e migliorare
l’umanità alla soglia del terzo
millennio dell’era cristiana.
Un grazie particolare a suor
Clelia per l’ospitalità e il
confortante rinfresco. Che il
Signore benedica ogni bene
che si compie.
Valdesi e metodisti dell'area genovese
Il corpo è una merce oppure un valore?
SIMONA tJELARDINELLI
ADRIANO BERTOLINI
IL corpo, merce o valore? A
partire da questa domanda
la Chiesa metodista di Sestri
Ponente e quella valdese di
! Sampierdarena hanno rifletjtuto in un’assemblea congiunta all’inizio del mese di
dicembre ’96. Un gruppo ha
' guidato la riflessione delle
comunità presentando la posizione di alcuni testi e autori
laici, protestanti e cattolici
su! tema prescelto. È seguito
un vivaci isinio dibattito incentrato : u aictine domande
traccia: s ' Iìì appartiene il
mio corpt :i base a che cosa
ne dispongo? l’ino a che punto può essere ritenuta lecita o
moralmente accettabile la
vendita di corpi o di parti di
essi destinati a uso scientifico (ad esempio ricerca), industriale o trapiantistico?
Quanto le leggi di mercato
influiscono sui principi? E
può il corpo restarne fuori?
Nella discussione abbiamo
constatato quanto fosse difficile individuare delle risposte semplici a questi concetti
e come invece facilmente si
..associassero alle prime nuijmerose altre domande. La
^ partecipazione al dibattito è
stata davvero viva, pur con
diverse sottolineature: qualcuno ha insistito sull’importanza di legislazioni chiare o
restrittive: altri hanno ricordato il rapporto problematico tra la mia proprietà del
^io corpo e l’uso concreto
secondo le esigenze del prossimo. Alcuni hanno esposto
la loro preoccupazione per
l’aziendalizzazione della sanità pubblica; altri ancora
hanno messo in evidenza il
Commercio internazionale
fiegli organi come un aspetto
fii una schiavitù planetaria
per noi inaccettabile.
Una prima prospettiva concreta di intervento nella nostra città ci è parsa quella del
contatto con i comitati etici.
I ragazzi di Frali visitano le persone più anziane
Cantiamo in giro per le borgate
ERIC NOFFKE
al fine di poter portare un nostro contributo all’inquadramento e la rielaborazione di
queste tematiche e evitare
che persista un monopolio
confessionale da parte cattolica. Ci si è lasciati con la percezione di trovarci di fronte a
una serie di problemi angoscianti e sfide etiche, scientifiche ed economiche quasi
inimmaginabili ma altresì
con la convinzione di una ricchezza: la nostra capacità di
riflettere tutti insieme, in rapporto con la Parola.
La vigilia di Natale abbiamo inaugurato a Frali
quella ebe speriamo diventi
una bella tradizione. Il coretto si è ritrovato nel primo pomeriggio nella piazza principale di Gbigo per un evento
nuovo: visto che molti anziani passano il Natale da soli
senza poterlo festeggiare con
la loro comunità, perché non
portare almeno un pezzetto
di festa nelle loro case?
Siamo così partiti per un
lungo, faticoso ma simpatico
e rinfrancante giro delle borgate, nelle quali ci siamo fermati una mezz’oretta per
cantare inni di Natale e distribuire ai più anziani sacchetti
con biscotti che avevamo
preparato il giorno prima con
tutti i bambini e le bambine
del coretto (un grazie speciale
alla panetteria ebe ci ha prestato i suoi forni). Siamo stati
Il coretto di fronte alla scuola Beckwith della borgata Villa
accolti dovunque con gioia e
pensiamo che questo gesto
sia stato apprezzato.
Certo, il nostro obiettivo all’inizio era forse un po’ troppo ambizioso: cantare nelle
case di tutte le persone più
anziane. Ma alla fine, soprattutto a Ghigo, abbiamo dovuto accontentarci di cantare
nelle strade davanti a alcune
case. L’anno prossimo cer
Un mese ricco di iniziative per la chiesa battista di Matera
Musica, canti e recite per esprimere le lodi al Signore
IMPERIA CASELLA
IL mese di dicembre è stato
per la chiesa battista di
Matera ricco di incontri e di
emozioni spirituali. John
Weesh, professore e musicista scozzese, ha animato le
nostre serate con canti di giubilo al Signore. Durante la
sua brevissima visita John ha
saputo farsi apprezzare, non
solo per la sua abilità nell’insegnare a tutta la comunità
delle lodi in latino, ma anche
e soprattutto per la sua simpatia.
Nel corso del mese sono
stati presentati al Signore tre
bambini: Karen De Oliveira
Andrade, Angelo Tataranni e
Angelo Montemurro. Molto
sentito è stato poi il messag
gio tenuto dal ministro designato dalla comunità, Elizabeth Green, che invitava tutti
a pregare per questi piccoli in
maniera speciale, come se
fossero i nostri, di ognuno.
Dal libro dei Proverbi è giunto un monito ai genitori per la
responsabilità che si ha nel
trasmettere la fede e un invito
a ricercare la saggezza che è
giustizia, equità e rettitudine.
Il 26 dicembre i ragazzi
della scuola domenicale piccoli, medi e grandi, hanno
proposto delle recite. I piccoli, la cui età va dai 3 ai 6 anni,
preparati da Angela Coretti e
Rosaria Nicoletti, hanno offerto ai presenti una mimica
sulla nascita di Gesù e un
canto. La semplicità e la
spontaneità di questi piccoli
ci ha riportati a un detto di
Gesù che noi tutti conosciamo: «Lasciate che i piccoli
vengano a me» (Marco IO,
14). I grandi e i medi hanno
recitato «Tutti aspettavano
Gesù». È stata una recita in
grande stile teatrale con un
palco allestito nei particolari
curati da Angelo Schiuma,
Marco Coretti, Mariangela
Lopedota e Michele Sergio
che per la loro simpatia, bravura e buona volontà sono
riusciti a coinvolgere i ragazzi che hanno dato il meglio
di se stessi per la buona riuscita della serata. È stata
questa un’occasione in cui la
chiesa ha potuto constatare
la ricchezza dei doni spirituali presenti tra i ragazzi. Di
questo ringraziamo il Signo
re. La serata, ben riuscita, si è
conclusa con un rinfresco ai
presenti per la gioia dei ragazzi e dei monitori.
I bambini della «scuola domenicale piccoli» dopo la lezione «Il cantico di Maria» in
Luca 1, 39-53, hanno espresso dei pensieri che, riuniti,
formano questa preghiera.
«Nel mondo in cui vivo, Gesù, ho bisogno di te/ ho nel
cuore le paure che porto a te:
Gesù non far morire/ mia
madre. Io canto a Gesù perché gli voglio bene e perché/
lui mi vuole bene e lui ama
tutti i bambini. Amen». I
bambini sono Andrea Molino, Anna Mola, Doriana Camerlingo. Pasquale Tataranni, Donato Guidotti, Francesco Montemurro.
eberemo di organizzare meglio il nostro tempo. Ci scusiamo quindi con quelli ebe
non siamo riusciti a raggiungere e che, sappiamo, ci aspettavano. Ci è molto dispiaciuto, ma si sa che agli
inizi si deve sempre prendere
la misura delle cose. Un grazie veramente speciale al coretto ma anche a Simona, Silvia e Fabrizio per l’aiuto.
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,
12
PAG. 8 RIFORMA
i Vita Delle Chiese
venerdì 24 GENNAIO 1997
VE^
Un libretto curato dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia
I percorsi della riconciliazione
In occasione del 17 febbraio e della «Settimana della libertà» viene pubblicata
la prima organica riflessione dei protestanti italiani sulla riconciliazione
GIUSEPPE PLATONE
I contributi raccolti nel libretto Percorsi teologici e
culturali della riconciliazione, uscito a cura della Fcei in
questi giorni in occasione
della «Settimana della libertà», che coincide con il
149° anniversario del 17 febbraio 1848, costituiscono la
prima organica riflessione
fatta in casa protestante, in
Italia, sulla riconciliazione.
Ci sono già stati, lo sappiamo, molti incontri ecumenici
o di tipo internazionale: per
tutti valga quello, partecipatissimo, «a latere» del Sinodo
valdese nell’agosto 1996, con
il segretario della Conferenza
delle chiese europee (Kek)
Jean Fischer, l’arcivescovo
mons. Giuseppe Chiaretti
della commissione ecumenica della Cei, il teologo valdese Paolo Ricca e don Aldo
Giordano, segretario del
Consiglio delle conferenze
episcopali europee (Ccee).
Altri incontri sul tema della
riconciliazione si terranno
prossimamente. Più se ne
parla, meglio è. Anche noi
partecipiamo al dibattito generale con questo nostro primo contributo che non ha,
ovviamente, un carattere
conclusivo. Esso vuole piuttosto stimolarne altri, convinti come siamo che il successo di Graz è legato al numero di persone e di varie
realtà che si lasceranno coinvolgere da questa vasta ricerca ecumenica sul tema della
riconciliazione. Ognuno potrà trovare, nelle varie angolazioni che compongono
questa pubblicazione, stimoli e interrogativi per continuare il proprio viaggio personale e comunitario verso la
riconciliazione a cui Dio
stesso ci chiama.
Questo itinerario ecumenico, così corale, così peculiare
e sorprendente, è iniziato a
Basilea nel 1989. L’ecumenismo in realtà è cominciato
Chiesa valdese di Prarostino
Cronaca del periodo natalizio
PAOLA MONTALBANO
IL periodo di Natale, con le
molte attività in calendario, è trascorso veloce e come
sempre succede per gli avvenimenti felici, cerchiamo di
ricordarne ogni giorno. Subito ci rendiamo conto che
tanta parte della gioia e del
calore del Natale ci viene
ogni anno dal lavoro di fratelli e sorelle impegnati in diversi campi.
La festa di Natale è stata
perciò la festa dell’Unione
femminile, che prima ha confezionato dolci da portare agli
anziani della comunità e poi
ha condiviso un pomeriggio
con l’Unione femminile di
Pramollo. Una festa anche la
visita agli ospiti della casa Turina di San Secondo, dove il
pastore ha celebrato il culto
con Santa Cena e al quale
hanno partecipato con il canto numerosi membri di chiesa. È stata una bella festa di
Natale quella dei ragazzi della
scuola domenicale e del precatechismo, che con monitrici e monitori hanno preparato un buon programma di re
cite e canti, molto applaudito.
Riandando alle varie attività,
dobbiamo però riconoscere
che il canto della corale ha
contribuito in ogni occasione
a rendere più completa l’espressione della gioia e della
riconoscenza a Dio. Ricordiamo il concerto di Natale,
l’esecuzione degli inni al culto del 25 e del 1° gennaio
presso l’istituto Prealpi di
San Bartolomeo, il concerto
alla Casa delle diaconesse,
l’incontro lo stesso giorno
con l’Esercito della Salvezza a
Torre Pellice per partecipare
alla loro festa di canto.
Gli ammalati che non potevano recarsi ai culti hanno
molto gradito la visita del pastore con la corale che ha
cantato alcuni inni nei loro
coitili: in particolare al quartiere del Roc erano presenti
tre donne, di cui due sorelle,
tutte ultranovantenni! Siamo
veramente riconoscenti al
maestro Silvano Calzi che,
pur abitando a Torino, segue
con tanto impegno la nostra
corale, e naturalmente vogliamo ringraziare anche i
bravi e volenterosi coralisti.
GENNAIO 1997
Il muro e il ponte
Le religioni tra integralismo
e vocazione alla riconciliazione
Convegno promosso in collaborazione
con la rivista QOL e con l’adesione
della Federazione delle chiese evangeliche in Italia
Roma, 14-16 febbraio 1997
Aula Magna della Facoltà valdese di teologia
Via Pietro Cossa 40
Apertura: venerdì 14 febbraio, ore 17
Interventi di Giorgio Bouchard, Giovanni Franzoni,
Daniele Garrone, Filippo Gentiioni, Giacoma
Limentani, Pietro Lombardini, Amos Luzzato, Paolo
Ricca, Mahmoud Salem E1 Sheikh, Luca Zevi
Confronti-, una copia lire 8.000; abbonamento annuo lire 65.000;
(sostenitore lire 120.000 con libro in omaggio). Versamento sul ccp 61288007
intestato a coop. Com Nuovi Tempi, via Firenze 38, 00184 Roma.
Chiedete una copia omaggio telefonando allo 06-4820503, fax 4827901,
(indirizzo Internet: Http://helIa.stm.it/market/scb'home.htm)
percorsi teologici e culturali
deila
MrraiMM «KMistktilx m mtix
prima, molto prima. Ma questo tipo di ecumenismo, creativo, legato a parole chiave
dense di storia, di attualità e
di spiritualità, capace di
smuovere migliaia di coscienze, è un’invenzione cristiana
di questa fine millennio. Non
sappiamo dove questo processo ci condurrà. Intanto ci
ha già portato lontano da vecchie convinzioni, pregiudizi,
paure. Abbiamo capito una
volta di più che la verità di
Dio non è proprietà di una
chiesa ma va ricercata insieme. Abbiamo capito che dobbiamo rischiare qualcosa se
vogliamo andare avanti e soprattutto compiere delle esperienze concrete di reciproca conoscenza, dialogo,
senza per questo svendere le
nostre convinzioni, sempre
pronti a rendere «ragione della speranza che è in noi» (I
Pietro 3,15).
Ritengo che ognuno di noi
abbia la sua storia personale
di riconciliazione da raccontare. Ogni chiesa può diventare luogo di riconciliazione;
le chiese possono accettare la
sfida della riconciliazione in
questo cammino, iniziato ma
non ancora concluso. La meta infatti non è Graz, che è
soltanto una tappa di un più
lungo itinerario. Certamente
si tratta di una tappa importante, che riuscirà nella misura in cui ci crederemo e lavoreremo per modellarla,
plasmarla, orientarla verso la
volontà di Dio che ci precede.
La bussola di questo viaggio,
in cui procediamo ancora a
ranghi sparsi, è la parola di
Dio. L’ago è puntato su Cristo che non annulla le nostre
differenze ma le collega, le
organizza, le raduna, le attrae
verso la meta che ci attende:
il regno di Dio. Le divisioni
non ci devono paralizzare e
le differenze non devono diventare alibi per chiusure,
esclusioni o, peggio, per alimentare pregiudizi.
Lasciamoci guidare, con
grande libertà personale e
collettiva, dallo Spirito di Dio
che in Cristo ci fa scoprire,
anche nelle situazioni più
complesse, la vita nuova, riconciliata con Dio e con il
mondo. E tutto questo può
succedere qui. Non c’è bisogno di aspettare ancora. Le
occasioni sono a portata di
mano, sfuggirle significherebbe tradire la nostra responsabilità, trasformare la
fede in Cristo in una fuga
dalla realtà.
La riconciliazione parte da
chi mi sta accanto. Per questa ragione sul manifesto della Settimana della libertà abbiamo scelto la parola di Gesù «Va’ prima a riconciliarti
con tuo fratello...» (Matteo 5,
24) perché, ancora una volta,
in Cristo le distanze si accorciano e la fede diventa concretezza. Insomma, parliamone pure senza mai dimenticare che la riconciliazione è
esperienza concreta. È una
relazione vincente con il nostro prossimo. Dio ci doni di
conoscere la riconciliazione e
la forza di viverla. Anche là
dove nei fatti è negata.
C:
SAN GERMANO — Gli incontri del periodo natalizio si sono
susseguiti secondo il calendario previsto e hanno lasciato
certamente in coloro che vi hanno partecipato un luminoso ricordo. Come si potrà infatti dimenticare il messaggio
dato dalla scuola domenicale e dal precatechismo durante
il culto di domenica 22 dicembre o quelli così pregnanti
dati dalle sorelle dell’Unione femminile sia il 18 dicembre
(con l’Unione di Pinerolo) sia il 20 all’Asilo? Chi è stato presente, poi, alla festa nel nostro istituto ha apprezzato la
scenetta presentata da alcuni ospiti che, guidati dall’infaticabile Marianna Ribet, hanno voluto illustrare le parole di
Gesù che si leggono in Matteo 25, 42-43.
• Purtroppo il tempo inclemente non ha favorito la partecipazione al culto liturgico del 31 dicembre, durante il quale
l’alternarsi di letture bibliche, preghiere e canti è stato seguito dalla celebrazione della cena del Signore: a lui la riconoscenza per l’aiuto datoci con abbondanza.
• La vigilia di Natale la sorella Melania Collet ved. Baret è
stata colpita dal male che ne ha causato la morte dopo soli
pochi giorni di degenza in ospedale. Era ospite del nostro
Asilo dove si è fatta apprezzare per la sua dolcezza e cordialità. Ancora nel periodo festivo abbiamo dovuto separarci
da altri due fratelli: Valdo Ribet, di 69 anni, deceduto
all’ospedale di Pomaretto dopo lunghi mesi di sofferenza, e
Davide Jahier, di 85 anni, originario di Pramollo ma residente a San Germano da ormai parecchio tempo. Li ricordiamo e pensiamo alle famiglie in lutto con affetto fraterno.
gioventù evangelica
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Comunità battista di Arzano
Un esempio di amore
con l'aiuto di Dio
MARTA D’AURIA
UNA giornata davvero
speciale è stata quella di
domenica 22 dicembre per
tutta la comunità battista di
Arzano, in provincia di Napoli. Il predicatore locale Pasquale Corrado ha dato inizio
al culto annunciando che
quella sera vi sarebbero stati
diversi motivi per gioire ed
essere riconoscenti a Dio.
Primo fra tutti la presentazione al Signore del piccolo
Emmanuel da parte dei genitori, Hilaire Gbouable della
Costa D’Avorio e Virginia Verace. Gli oltre cinquanta partecipanti. tra italiani e africani, hanno vissuto questo
evento come un’altra importante tappa nell’intrapreso
cammino di essere chiesa insieme. Tra i presenti vi era
un’ospite speciale, l’evangelista Martin Taiwo, pastore
della chiesa africana «All Christian fellowship» (comunanza di tutti i cristiani) di
Iniziativa culturale a Siracusa
I canti dei neri d'America
per testimoniare la fede
GIUSEPPE NAPOLITANO
La sera dell’8 gennaio,
presso la Chiesa battista
di Siracusa, il Centro culturale «Martin L. King» in collaborazione con il Teatro massimo «Vincenzo Bellini» di
Catania, ha organizzato un
concerto vocale del gruppo
«Freedom sounds», che riunisce otto valenti artisti fra
cui Lina Rapisarda e ha presentato un vasto repertorio di
spiritual e canti tradizionali
africani. La manifestazione è
stata annunciata alla cittadinanza con inviti e volantinaggio; essa rientra nel programma del Centro culturale,
che si propone di dare una
voce alla cultura protestante
in una città molto cattolica,
con iniziative di carattere religioso, sociologico e politico,
mostre e manifestazioni musicali.
Il concerto è stato preceduto da una breve nota introduttiva per spiegare ai circa
80 presenti (di cui più della
metà esterni alla chiesa) la
matrice protestante degli spiritual che, come è noto, sono
le composizioni con cui i neri
d’America hanno espresso la
propria fede cristiana basata
sulla Bibbia. I 16 brani, eseguiti con maestria e sensibilità, hanno coinvolto con i loro ritmi ora lenti e melanco
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Padova, in visita alle comunità battiate di Arzano e Casavatore durante il fine settimana che, per l’occasione, ha
condotto la meditazione. La
benedizione invocata è stata
che l’intera comunità possa
essere un esempio di testimonianza e di amore non solo per il piccolo Emmanuel
ma anche per la tanto problematica città di Napoli.
La serata infine è stata resa
speciale anche da un’altra
presenza: quella della corale
della chiesa, guidata dal m.o
Carlo Leila. Per la prima volta
il coro, composto da 12 persone che con amore e spirito
di servizio hanno intrapreso
questo lavoro di testimonianza, ha eseguito alcuni canti
della tradizione natalizia. Il
ricordo di questo incontro rimane custodito nei cuori dei
presenti che ritornano a casa
riconoscenti a Dio per gli innumerevoli doni che, nella
semplicità del quotidiano,
continua ad offrirci.
nici, poi improvvisamente
frenetici tutti i presenii, suscitando emozioni imea.sc e
strappando alla fine di ogni
esecuzione prolungai» applausi, fino alla richiesta finale di bis.
L’eco deH’avvenimento
non si è fatto attendere: il
giorno dopo ne dava notizia
sulla pagina siracusana «La
Sicilia», giornale a forte tiratura nella Sicilia orientale,
con un articolo dal titolo: «Il
gruppo Freedom sounds in
concerto affascina i siracusani. Echi spirituals da insolita
pelle bianca nella chiesa
evangelista [I] di via Agatocle». A molti (lei presenti alcuni brani erano noti perché
uditi in altre sedi, anche cattoliche, dove però mai era
stato fatto cenno sulla matrice protestante degli spiritual.
Stessa «distrazione» nell’articolo di cui sopra, in cui l’autore si è limitato a dare risalto
(meritatisslmo) alla bravura
del complesso vocale.
Un plauso quindi (oltre a
un incoraggiamento a proseguire l’attività) al Centro culturale «M. L. King», per l’iniziativa con cui ha voluto e saputo colmare questa lacuna.
La manifestazione, ottava
dall’inaugurazione del Centro, si è conclusa con l’agape
fraterna condivisa con il
gruppo dei coristi.
-C
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13
7 venerdì 24 GENNAIO 1997
Vita Delle Chiese
PAG. 9 RIFORMA
«Iglesia hispano-americana» di Genova
Fare teologìa insieme
Una realtà interdenominazionale e ecumenica che
si avvia alla convenzione con la Tavola valdese
TEODORO FANLO Y CORTES
CI troviamo in un momento di particolare importanza per il futuro della nostra chiesa. Attendiamo con
fiducia l’approvazione, da
parte del prossimo Sinodo,
della Convenzione tra la Tavola valdese, il Concistoro
della Chiesa valdese di Genova e il «Consejo della iglesia
hispano-americana», che ratificherà ufficialmente quella
prassi che si viene realizzando a partire dalla nascita di
questa nuova chiesa. Il pastore titolare valdese è anche il
pastore della «iglesia»; il tempio e i locali sono ad esclusiva disposizione della chiesa
ispano-americana nel pomeriggio di ogni domenica e
giovedì. A sua volta la «iglesia» contribuirà, nella misura
delle sue possibilità, alla manutenzione dei locali e al fondo della cassa centrale.
La motivazione di questa
convenzione è quella di garantire una stabilità e una
continuità a questa comunità composta esclusivamente di stranieri e che, pertanto,
ha un carattere fluttuante
per quanto riguarda la composizione dei suoi membri.
Attraverso la Chiesa valdese
dceverà sostegno e aiuto e,
allo stesso tempo, entrerà in
ccftpuuione con l’évangélisé ligure e anche nazionaIftOgni chiesa locale ha una
^a autonomia senza perde
re di vista il fatto di far pai te
^lla chiesa universale. Questa comunità vuole essere
uno spazio aperto ai credenti
di lingua spagnola che risiedono a Gem) /a e nei dintorni, affinché possano vivere la
loto fede evangelica, predicando TEvangelo di Gesù
Cristo e impegnandosi nel
lavoro sociale a favore degli
immigrati, sostenuta in questo settore anche dalla Federazione delle chiese evangeliche a livello regionale e na
II pastore Fanlo Y Cortés con alcuni membri della «iglesia» in occasione del loro battesimo
zinnale. La «iglesia» ha dei
connotati particolari: è interdenominazionale, perché
raccoglie tutti i fratelli e le
sorelle a qualunque denominazione appartengano e, come dice il comma 4 dell’art. 3
dello statuto, «il fatto di essere membri della chiesa non
implica necessariamente la
rinuncia al diritto di essere
membri della propria confessione d’origine, ma esprime
un impegno di vita liberamente scelto». È anche una
comunità ecumenica in
quanto presuppone un dialogo e una comunione fra il
mondo riformato e quello
evangelicale. Nessuno può
pretendere di trovare una fotocopia della chiesa d’origine, ma contiamo di «fare teologia» e di confrontarci insieme con TEvangelo per riscoprire quindi l’elemento essenziale e irrinunciabile del
contenuto della fede che deve trasparire nel momento
del culto e della vita della
chiesa. Il comma 4 delTart. 4
del nostro statuto dice che «il
Consiglio esercita il ministe
ro pastorale, tenendo conto
delle pratiche in uso nelle
chiese d’origine dei membri
della chiesa». La nostra confessione di fede è il Simbolo
apostolico, che nella sua essenzialità può essere accolto
da tutti i fratelli e le sorelle,
qualunque sia la loro provenienza, ben sapendo che il
testo della confessione di fede non è parola di Dio. Pur
nella sua indipendenza, la
«iglesia» intende mantenere
un rapporto molto aperto
con le altre chiese e in modo
particolare con la Chiesa valdese ospitante, con la quale
non soltanto organizza di
tanto in tanto culti bilingue,
ma lo studio biblico del giovedì che è aperto anche agli
italiani. Si è rivelata particolarmente positiva e incoraggiante l’esperienza comune
per quanto riguarda la scuola
domenicale e il catechismo
che facciamo assieme, riscoprendo la gioia con la quale i
nostri bambini e i nostri adolescenti convivono, senza alcun problema di lingua, colore e cultura.
M Santa Severa
Riflessioni
sul senso
della diaconia
STEFANIA CONSOLI
. lACONIA come qual
siasi forma di servizio
verso l’umanità o come appannaggio esclusivo del credente?». Questo è l’interrogativo emerso nel corso del consueto campo invernale, tenuto al «Villaggio della gioventù»
di Santa Severa.
Quest’anno si è trattato di
un campo teologico. Il pastore Dario Saccomani e il gruppo ci hanno stimolato alla ricostruzione e aU’analisi di alcuni passi biblici attraverso il
confronto con il testo in lingua originale. Il tema affrontato ci ha invitato a discutere
il problema della diaconia e il
senso della nostra vocazione
al servizio. Partendo dall’assunto che «diacono» è colui
che è «al servizio di..., al servizio verso» è emersa un doppia possibilità di lettura del
testo: in senso laico è diacono o diacona colui o colei che
si pone al servizio degli altri,
che opera a favore dell’umanità: in senso ecclesiastico la
«diaconia» è stata individuata
in un rendersi servo o serva
del prossimo nella consapevolezza di servire Dio e di
glorificare il suo nome.
Il confronto con i testi biblici ma anche l’incontro con
alcuni rappresentanti della
«Lila» (Lega italiana lotta
Aids), ci ha sicuramente stimolati a riflettere sulla nostra
personale vocazione al servizio, sul senso del nostro impegno aU’interno delle comunità ma anche in ambito
sociale e politico. In particolare l’approccio con una realtà di volontariato come
quella della Lila ci ha interrogati sul senso della diaconia
dei laici e dei non credenti e
ha portato alcuni di noi ad
evidenziare come, nella prospettiva del credente, tutti
coloro che si pongono al servizio del prossimo, seppure
inconsapevolmente, servono
Dio e partecipano alla sua
glorificazione.
Esperienze ecumeniche fra cattolici e battisti a La Spezia
Aprirsi al dialogo oltre i muri confessionali
MASS.ÍM9 'ORBACCA
QUEST’ANNO a La Spezia
si sta vivendo un’esperienza molto intensa e
profondamente coinvolgente. Dopo molti anni di approcci già riscontrabili dai
primi anni ’80 in significative
riunioni ecumeniche di giovani condotte dal pastore
metodista Manocchio e da
don Puatto, allora giovane
sacerdote, vivo sostenitore
del dialogo interconfessionale, si è giunti ad un passo che.
Bella nostra dimensione di
piccola realtà provinciale,
rappresenta una pietra miliare per i rapporti ecumenici.
Gli sforzi compiuti a favore
dell’ecumenismo, nel nostro
ambito evangelico, dal pastore Dario Saccomani prima e
ora dal pastore Umberto Delle Donne, oltreché da chi
scrive, hanno visto una continua evoluzione sfociata già
Tanno scorso nell’approvazione, da parte della comunità battista spezzina, di un
atto assembleare in cui si è
riconosciuta la necessità di
un dialogo di base, un rap
in vendita nelle librerie e nelle edicole
Lanciamo un appello alle librerie, cartolibrele e edicole che accetterai in deposito di 2 copie del settimanale. Come ringraziamento del servizio reso, oltre allo sconto del 20% sul prezzo del giornale, ci impegniamo a pubblicare ogni mese la lista dei ne9ozi ed edicole che hanno accettato il nostro invito.
Amici lettori e amiche lettrici, se quest’idea vi piace diventatene i
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Nome dell’esercente:..............
indirizzo completo:...............
porto concreto tra comunità
articolato in momenti comuni di studio e di conoscenza
per comprendere meglio l’altro e superare incomprensioni e pregiudizi che ostacolano il dialogo fra i credenti e la
vita comunitaria.
Con l’apporto di don Puatto, che si è proposto subito
come nostro ospite, si è tentato sin dall’inizio di coinvolgere le varie comunità evangeliche spezzine, ma le diverse situazioni contingenti e
teologiche hanno impedito
per ora la concretizzazione di
questi approcci.
Dallo scorso anno la chiesa
battista della Spezia e la locale parrocchia di Santa Rita
hanno iniziato un crescente
interscambio, con la reciproca predicazione della Parola
alle celebrazioni di Pasqua e
Natale, la frequenza ai momenti cultuali, incontri di
studio e di conoscenza. In
particolare nel periodo dell’Avvento abbiamo avuto
quattro incontri di studio sui
capitoli 9, 15, 35 e 40 di Isaia,
oltre a momenti di preghiera
comune.
Gli incontri di studio hanno visto la frequenza di una
trentina di fratelli cattolici e
di alcuni membri della comunità battista. Durante le
discussioni, introdotte da
studi chiari ed esaurienti del
past. Delle Donne, non si so
no avuti solo interessanti dibattiti e riflessioni ma si è potuta palpare un’atmosfera di
cordiale fraternità, a riprova
del fatto che la parola del Signore, in un ambiente scevro
da pregiudizi e false presunzioni, rappresenti elemento
di unione, confronto e crescita fraterna. Al «noi» evangelici e «loro» cattolici è subentrata la consapevolezza del
«nostro» essere cristiani.
Ciò significa che gli incontri ecumenici ufficiali hanno
un valore reale solo se si fondano su incontri spontanei,
rispettosi e corretti che le singole comunità possono vivere sul loro territorio nel dialogo concreto sulle problematiche che le accomunano.
Certamente il dialogo ecumenico rappresenta un rischio che non tutti vogliono
correre, perché necessita di
una preventiva e reale autocritica, spinge al confronto e
richiede la disponibilità ad
accettare la discutibilità delle proprie scelte. Se divinizziamo la nostra tradizione
evangelica o ci basiamo su
una religiosità fanatica e intollerante, possiamo correre
il rischio di incontrare chi ci
fa riflettere richiamandoci,
pur con altre esperienze e
linguaggio, a fondare la nostra certezza sulla sola promessa di Dio e non sulle nostre ecclesiologie.
Agenda
TORINO — Alle ore 17, nel tempio di corso
Vittorio Emanuele II23, l’organista Massimo
De Grandis tiene un «concerto spirituale»
con musiche di Bach; segue una breve riflessione del pastore Giuseppe Platone. Per
informazioni tei. 011-6692838.
CATANIA — «Riconciliazione, dono di Dio e sorgente di
vita nuova» è il titolo del convegno che si tiene presso la
chiesa battista in via Capuana 14 dalle ore 10 alle 17 in
preparazione della II Assemblea ecumenica europea di
Graz. All’incontro, organizzato dal Consiglio del 16° circuito delle chiese valdesi e metodiste e dal coordinamento
dell’Associazione delle chiese battiste della Calabria e della Sicilia, interverranno i pastori Gianna Sciclone e Martin
Ibarra y Perez. Per informazioni tei. 095-414490.
MESTRE — Il 7° circuito e la Federazione delle chiese
evangeliche del nord-est organizzano una giornata di formazione per monitori, catechisti e predicatori locali sul
tema «L’animazione teologica». Guiderà l’incontro, che si
tiene presso la chiesa valdese in via Cavallotti 8, la pastora
Francesca Cozzi; la giornata avrà inizio alle ore 10 con il
culto e terminerà intorno alle 17. Tel. 041-5202285.
SANTA MARGHERITA LIGURE — In occasione del ciclo di incontri «Protestanti perché?», organizzato dalla Federazione delle
chiese evangeliche in Liguria e Piemonte
meridionale con il patrocinio del Comune di
Santa Margherita, alle ore 17 presso la Biblioteca civica «Amalia Vago», in via Corvetti Vignolo 25, la
prof. Ninfa Raggi Quartino conduce un incontro di lettura
biblica sulla lettera di Paolo ai Galati.
BERGAMO — In occasione di due incontri
sul tema «Muoversi nella prospettiva dell’Assemblea ecumenica di Graz (giugno 1997)» il
Centro culturale protestante propone, ore
18, un incontro con il past. Salvatore Ricciardi che parlerà su «Da Basilea a Graz: l’utopia.
la pratica, la speranza». Informazioni al 035-238410.
SONDRIO — Il Centro evangelico di cultura
propone la conferenza «Graz 1997, seconda
Assemblea ecumenica europea. Verso la riconciliazione, terra promessa, terra sconosciuta», che Paolo Ricca terrà presso la sede
del Centro in via Malta 16 alle ore 21. Per ul
teriori informazioni tei. 081-8465207.
TRIESTE — «L’assurdo del morire e il significato della
morte di Gesù - A proposito del libro di Gehard Barth» è il
titolo della conferenza a cura del pastore Bruno Rostagno,
proposta dal Centro culturale elvetico valdese «Albert
Schweitzer», che si terrà alle ore 17 nella basilica di San Silvestro. Per ulteriori informazioni tei. 040-632770.
MILANO — «Tra testo e gesto. Tra la Sacra
Scrittura e il gesto magico» è il titolo del convegno circuitale sul ruolo del pastore nella
chiesa oggi, che si terrà presso la chiesa metodista di via Porro Lambertenghi 28; il pastore Jurg Kleeman condurrà la discussione.
Per ulteriori informazioni telefonare allo 02-6886612.
BERGAMO — In occasione del secondo incontro sul tema «Muoversi nella prospettiva
dell’Assemblea ecumenica di Graz (giugno
1997)» il Centro culturale protestante propone alle ore 18 un incontro con don Giacomo
Facchinetti, docente di Sacra Scrittura al Seminario vescovile di Bergamo, che parlerà su «La Riconciliazione: interventi di Dio nella storia degli uomini». Per ul
teriori informazioni telefonare allo 035-238410.
GENOVA — «Il senso dell’esodo nella letteratura ebraica contemporanea» è il titolo
della conferenza che Liana Millu, scrittrice,
ex deportata a Auschwitz, tiene alle ore 17,30
a Palazzo ducale. L’incontro fa parte del ciclo di incontri interreligiosi di cultura e formazione al dialogo proposto dal Sae, gruppo di Genova.
Per ulteriori informazioni telefonare allo 010-566694.
ROMA — In occasione del ciclo su «Gesù,
fondamento e meta del cammino ecumenico», alle ore 16, presso le Suore francescane
missionarie di Maria in via Giusti 12, il gruppo Sae di Roma promuove un incontro sul
tema; «Unità e diversità nell’unica chiesa di
Cristo». Intervengono: Carlo Molari, Paolo Ricca, Traian
Valdman. Per informazioni tei. 06-5374164.
SANTA MARGHERITA LIGURE — Per il ciclo
di incontri «Protestanti perché?», alle ore 17
presso la Biblioteca civica «Amalia Vago», in
via Corvetti Vignolo 25, Franco Scaramuccia,
ex presidente dell’Unione battista, tiene una
conferenza su «La Riforma in Italia».
TRIESTE — Alle ore 18,30, in via Tigor 24, si tiene una lezione di Timotheos Elefthiriou sul tema «Riconciliazione
tra le chiese cristiane: ostacoli e difficoltà» nell’ambito del
ciclo di incontri verso Graz ’97 proposto dal Gruppo ecu
menico. Per informazioni tei. 040-303715.
CULTO EVANGELICO: ogni domenica mattina alle 7,27 sul primo programma radiofonico della Rai, predicazione e notizie dal
mondo evangelico italiano ed estero, appuntamenti e commenti di attualità.
PROTESTANTESIMO: rubrica televisiva di
Raidue a cura della Federazione delle chiese
evangeliche, trasmessa a domeniche alterne
alle 23,40 circa e, in replica, il lunedì della settimana seguente alle ore 8,15 circa. Domenica
26 gennaio (replica 3 febbraio) andrà in onda:
«Ecumenismo a Verona» e «Protestantesimo in Polinesia».
AVVERTENZA: i programmi relativi a questa rubrica vanno
inoltrati 15 giorni prima del venerdì di uscita del settimanale.
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PAG. 10 RIFORMA
VENERDÌ 24 GENNAIO 199j
Kiforma
Scuola e valori
nella riforma Berlinguer
Maurizio Girolami
La nuova scuola ideata dal ministro Berlinguer è ormai
nota: 10 anni di istruzione obbligatoria, anziché gli attuali 8; si comincia a 5 anni con un emno di socializzazione
alla scolarità; si prosegue con 3 cicli biennali per un totale di 6 anni; segue la formazione secondaria, divisa in un
triennio di orientamento, al termine del quale si è compiuto l’obbligo, e un triennio di indirizzo (tecnico, classico ecc.). Esami al termine del ciclo primario, della scuola
dell’obbligo e degli studi secondari. Che osa c’è dentro
queste «scatole»? Nel primo anno c’è l’intenzione di limitare le disuguaglianze di partenza. Nella scuola primaria
c’è, accanto al leggere, scrivere e far di conto, l’alfabetizzazione informatica, la prima lingua straniera, lo sviluppo della curiosità e degli interessi, della capacità di apprendere e di cooperare. Nel primo triennio della secondaria ci sono materie fondamentali e gruppi di materie
fra i quali gli studenti dovranno, già nel secondo anno,
effettuare scelte (modificabili) saggiando le loro inclinazioni. Le materie opzionali saranno studiate in corsi brevi
(1-3 mesi) organizzati anche in collaborazione con enti di
formazione esterni alla scuola. Gli ultimi 2 anni dell’obbligo potranno essere spesi anche in corsi professionali
organizzati in convenzione con enti qualiflcati. Nel secondo triennio della secondaria (indirizzi da 7 a 11) si
avrà la possibilità di esplorare anche con esperienze dirette di lavoro le scelte «vocazionali» compiute, di conoscere il sistema universitario e le realtà culturali, formative e produttive del territorio.
Forte enfasi viene posta sulla formazione professionale
(ancora carente a livello post-diploma) a cui è affidato il
compito di produrre diplomati di secondo livello secondo
le richieste del mercato del lavoro e sulla specializzazione
a livello universitario di tutti gli insegnanti. Era ora che un
governo facesse una sua proposta, organica, di riforma
della scuola, che la desse a discutere agli operatori e
all’opinione pubblica prima di trasformarla di progetto di
legge, che si impegnasse a realizzarla in tempi politici e
non storici. È apprezzabile l’aver collegato la proposta alle
trasformazioni dei sistemi formativi realizzate, negli anni
Ottanta, dai paesi industrializzati per sostenere la crescita
e la competizione economica. Questo è un parlar chiaro.
Come non condividere il prolungamento dell’obbligo,
lo studio dell’informatica e delle lingue straniere nella
scuola primaria, il concetto di una formazione che potenzi le capacità di apprendere, di decifrare i dati piuttosto che riempirsene la testa? che insegni a diventare capaci di fare i contì con il cambiamento? o la costituzione
di un sistema di valutazione nazionale dei risultati raggiunti dalle scuole? Pongo ora 4 domande al ministro
confidando in una risposta: 1) quando si dice che la valorizzazione delle risorse umane serve a sostenere la crescita e la competizione economica, non si pone come
scopo precipuo della formazione l’«homo oeconomicus»? 2) Si parla di competizione ma non di compatibilità
dello sviluppo con l’ecosistema o con 1 popoli strangolati
dai debiti. Se i valori non abitano nella scuola, dove altro? 3) Si parla di etica dei lavoro, inculcata dalla scuola,
che ha permesso a popoli come la Corea o il Giappone di
raggiungere una superiore «qualità» nell’industria. In
questi paesi sono in atto aspre lotte contro il tentativo di
rendere ancora più disumano lo sfimttamento e la precarietà della vita operaia. Quale etica del lavoro vogliamo?
quella che ispira le loro lotte in difesa della dignità umana, o quella che serve solo a costruire automobili migliori
con salari più bassi? 4) Si confida sui docenti e sull’università per realizzare la riforma. Come si conciliano altri
tagli alla spesa sociale con una riqualificazione del sistema formativo che richiede maggiori spese e rispetto per i
valori di solidarietà insiti nel «welfare state»?
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Riforma è il nuovo titolo della testata La Luce registrata dal Tribunale di Pinerolo con
il n. 176 del t® gennaio t95t. Le modifiche sono state registrate il 5 marzo 1993.
Il numero 2 del 17 gennaio 1997 è stato consegnato per l'inoltro postale all'Ufficio
CMP Nord, via Reiss Romoli 44/11 di Torino mercoledì 15 gennaio 1997.
Scioperi e manifestazioni scuotono la Corea del sud
I lavoratori non sono macchine
Si protesta contro una nuova legge del governo che elimina
ogni vincolo sull'uso indiscriminato della manodopera
DORIANA GIUDICI
E Stato un amaro risveglio
in questi primi giorni del
1997 per moltissimi economisti, statisti e governanti. Un
«mito» è entrato in crisi: la
Corea del Sud è sconvolta
dalla tensione sociale. Una
delle famose quattro tigri
dell’Asia, la Corea del Sud
(che insieme a Taiwan, Singapore e Hong Kong era oggetto
di studi e esempio da imitare)
sta mostrando che nessuna
cultura, nessun regime, nessuna ideologia può «pacificamente» trasformare degli esseri umani in macchine.
L’Occidente è perplesso,
giornali e televisioni ci rinviano un’immagine della Corea
del Sud che nessuno, fino a
qualche mese fa, avrebbe mai
pensato di vedere: migliaia di
persone che chiedono tutele
e democrazia per chi lavora.
Incredibile per tanti (troppi) che, anche in Italia, tentano di portare a modello quel
sistema socio-produttivo.
Certo la Corea del Sud (come
le altre tre aree geografiche
citate) è rimasta in condizioni
di sottosviluppo per oltre
metà di questo secolo, ma da
ormai 20 anni circa è diventata una terribile concorrente,
sul mercato mondiale, per le
economie occidentali. Produce tanto e i suoi prodotti costano poco.
Notevoli sono i flussi finanziari da Usa, Europa e Giappone, che sono stati investiti
in quell’area; un’area in cui il
profitto ha assunto il senso
ultimo dell’esistenza e la vita
umana è solo una fonte di
energia per produrre. Così
questo «Eldorado» attira sempre più capitali, soprattutto
da paesi in cui la democrazia,
dettando regole certe e trasparenti per una civile convivenza, pone anche dei limiti
all’uso della forza lavoro.
Una prima lezione che possiamo tratte, tutti noi, economisti, sindacalisti, imprenditori, politici, è che c’è comunque un limite oltre il quale
non si può andare; è saggio
deciderlo insieme e sceglierlo
insieme, come la nostra storia
europea ci insegna, attraverso
un’azione combinata di legislazione e contrattazione fra
le parti. Il governo coreano ha
pensato che la pazienza e la
sopportazione dei lavoratori
coreani fosse infinita: già vigono, sui posti di lavoro, re
Una veduta di Seoul
(Foto Luciano Deodato)
gole rigidissime, orari lunghissimi e il salario è molto
basso. Ma non basta. Altre
imprese bussano alle porte;
altri capitali possono entrare,
occorre passare a un’ulteriore
«liberalizzazione»; si può licenziare come si vuole, quando si vuole e soprattutto vanno abolite le organizzazioni
sindacali che «fomentano» lo
scontento.
Ecco allora una nuova legge
sul lavoro; non c’è più alcun
vincolo né alcun intoppo per
un uso «indiscriminato» della
manodopera. Il 26 dicembre
il governo la fa approvare dal
Parlamento, con l’assenza dei
deputati dell’opposizione.
Una furbizia di poca durata:
immediatamente migliaia di
persone scendono in piazza a
protestare e le aziende si fermano. Non solo, ma questa
maldestra manovra di chi
vuole «sempre di più» ha ottenuto un altro effetto: il sindacato ufficiale (sinora abbastanza silenzioso) si è unito ai
dimostranti e ha aperto un
dialogo con le altre organizzazioni sindacali non riconosciute dal governo, perché
troppo critiche del modello di
sviluppo coreano. Così l’Organizzazione mondiale dei lavoratori, la Cisl, è obbligata a
inviare una propria delegazione con uno specifico compito: sostenere le richieste dei
lavoratori.
In Europa, a Bruxelles, i
sindacati europei, la Ces,
hanno organizzato una manifestazione di protesta. A Ginevra l’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil) dichiara, in una conferenza
stampa, che la nuova legge
coreana «è contraria ai diritti
umani e sindacali». Tutto il
fronte delle organizzazioni
internazionali del lavoro sostiene la lotta contro il nuovo
giro di vite coreano.
Ci troviamo quindi di fronte a una prima importante
prova di forza all’interno di
quella nuova sfida che è la
globalizzazione delTeconomia. Si vive a Seoul un importantissimo momento di scontro fra le varie tendenze socio-economiche che si attrezzano per governare l’economia mondiale nel 2000, e
questo scontro riguarda anche noi e il nostro futuro. È
appena uscito, infatti, il rapporto annuale dell’americana
Herìtage Foundation che,
classificando i 150 paesi del
mondo «più aggressivi» economicamente, mette al primo posto Hong Kong (seguita
da Singapore, Taiwan e Corea
del Sud) e spiega che ciò dipende «dal più basso intervento statale in economia»:
questo sarebbe infatti il segreto dello sviluppo coreano:
il «libero mercato» fa volare
l’economia.
Il rapporto, dal titolo Index
of economie Freedom, è usato
da finanzieri e imprenditori
di tutto il mondo per scegliere
in quale paese investire con
più profitto. L’Index sostiene
anche che molti paesi una
volta poveri, diventando ricchi, fanno Terrore di aumentare interventi pubblici e programmi di protezione sociale:
così la loro crescita economica rallenta e, soprattutto, essi
diventano aree «meno interessanti» per un investimento
redditizio. Che il governo di
Seoul abbia letto VIndex e stia
impegnandosi per conquistare il primato mondiale di paese ultraliberista?
fMMim
Arrestati a Tortona i presunti killer del cavalcavia
Il cattivo gusto dell'informazione televisiva
ALBERTO CORSAMI
"nERCHÉ tutto sia com
« ± l
piato, perché mi senta
meno solo, non mi restava
che augurarmi che il giorno
della mia esecuzione ci fossero molti spettatori e che mi
accogliessero con grida di
odio». Così, al termine del libro di Albert Camus, Meursault, protagonista dello Straniero (1957) concludeva il resoconto di quei fatti assurdi:
la sua indifferenza alla morte
della madre, l’uccisione assurda di un arabo nelTAlgeria
occupata dai francesi, il processo e la condanna a morte.
Sono parole pesanti, che
tornano alla mente dopo le
scene sconcertanti che i vari
Tg ci hanno mostrato da Tortona. Il protagonista del romanzo chiede un po’ di sincerità a tutto il resto della società: chiede che l’odio che
circola trasversalmente fra le
classi sociali e le appartenenze identitarie, per favore, si
manifesti apertamente: perché tenerlo nascosto? Perché
coprire con un pietoso velo il
desiderio di sangue che stava
dietro (e in molti paesi sta
tuttora dietro) alla consuetudine di rendere pubbliche le
esecuzioni capitali?
La folla di Tortona non ha
avuto bisogno di questa raccomandazione: tanti bravi
cittadini hanno bestemmiato
la democratica consuetudine
dello scendere in piazza,
hanno presidiato il palazzo di
giustizia, chi per togliersi la
curiosità chi per unirsi al coro che «reclama giustizia» e
in realtà chiede e alimenta
violenza. E chi li aveva visti
prima, questi signori? Non
dico che dovessero loro farsi
carico di tutti i problemi caratteriali e sociali che i «perdonisti», ma quanti di loro
avranno davvero la coscienza
interamente a posto, in modo tale da essere assolutamente credibili quando parlano di giustizia? Qualcuno di
loro avrà pensato che piuttosto che invocare soluzioni
sommarie contro i «colpevoli», in questo contesto poteva
essere utile esprimere solidarietà alla famiglia della vittima del cavalcavia? Questo lo
si poteva fare da subito, anche in assenza di indiziati...
In questo contesto i media
hanno fatto la loro parte,
«pompando» l’evento e riuscendo a estorcere a una
madre sconvolta un’intervista fatta di sola voce, di là da
una porta. Sbaglia chi accusa, dai banchi della minoranza, la Rai di essere faziosa
e di parte: questo prodotto,
questo tipo di informazione
è solo brutta, fatta di cattivo
gusto adatta per assecondare i peggiori istinti di questa
nostra società.
rOoità
Etiche non religiose
I
Un pensatore cattolico!
(Vittorio Possenti) e un filo.j
sofo laico (Salvatore Veca|'
dialogano con Giuseppe Cani
tarano (24 dicembre) sul fati
to che l’etica può costituirei
migliore terreno di confronto
per credenti e laici (secondo'
una discriminazione chei
protestanti difficilmente possono accettare). Alla condizione, secondo Possenti, clij
«l’etica cristiana non devo
percepire come relativisticatl
utilitaristica ogni etica noti
religiosa; mentre l’etica laici
deve cercare di porre rimedio alla modestia della sui
cultura religiosa». Infatti «so*
si intende per etica laicail^
tentativo di comprendereivalori e l’attività moralet
umana senza partire da Dio
quale legislatore del cosmo
etico, non emergono motivi
per cui un’etica laica noni
possa cogliere valori cooj
portata universale». j
Al dialogo, non sterilmente
ecumenico ma conflittuale,
crede anche Veca secondoì
cui «i criteri di fondazione!,
dell’etica laica possono esse-;
re altrettanto universali di'
quella religiosa». E più avan-l
ti; «Per condividere le ragioni)
di un agire etico non c’è bisogno che io le fondi sulla Rivelazione delle Scritture». Lo
stesso filosofo si era detto
convinto che la riflessione!
etica nella politica possa na-1
scere da queste domande:
«Qual è la distribuzione giusta, qual è la condizione del
la giustizia, qual è Torganiz!
zazione più giusta dei rapporti sociali. Se invece si
pensa che la politica debb^
realizzare valori ultimi e as-|
soluti come la salvezza, allo^
ra il suo rapporto con Teticai
sarà fuorviante e improduttivo». In ogni caso, conclu-l
de Veca, «Spogliarsi della
propria identità, nel nostro
caso quella etica, religiosa o
laica che sia, per raggiungere
un generico accordo, è solo
un trucco che non serve a
nessuno. Soprattutto oggi,
quando una delle sfide globali è quella di mettersi alla
prova con gli altri».
Ec
seppt
peri
-cih
dome
liturg
ci esi
ti...»cemt
leniti
San I
la pre
torità
litico
che f
tuent
De di
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cardi!
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SIJ^S
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zane!
pila I
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minoi
zionii
Piplic
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Vie deirecumenismo
In una pagina dedicata suj
numero delT8 gennaio ai
nuovi difficili rapporti tra
cattolicesimo e ortodossia in
Russia, un’intervista di Francesco Antonioli a Alberto
Abiondi, vescovo di Livorno e
vicepresidente della Confe
renza episcopale italiana, faij
punto sui rapporti ecumeni
cattolico-ortodossi e cattolico-protestanti. Argomento
dirimente, fra gli altri, è quello della comunione. Alla domanda se possa un cattolico
accostarsi alla comunione
durante un rito ortodosso.
Abiondi, sulla scorta del Direttorio ecumenico (n. 122)
chiarisce di sì, «se si trovasse
nell’impossibilità di partecipare alla celebrazione cattolica. Ma - dice sempre il Direttorio - viene ammonito a osservare per quanto possibile
le tradizioni e le raccomandazioni della sua chiesa». Pe¡
quanto riguarda i protestano
«i cattolici accettano il protestante a determinate condizioni, ma si proibisce al cattolico la partecipazione alh
loro Cena. I protestanti, invece - prosegue Tintei-vista
sciano normalmente libero
partecipazione ai riti cattolW
e altrettanto liberamente 1'
accolgono. Per entrambi^
un’astensione sofferta eh«
spinge ad accelerare il cammino verso l’unità ».
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RIFORMA
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i nandc,
giudei
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dut,clu-!
el\a|
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gere
solo
ve a
'ggii
glo
alla
i Dossetti
l'obbedienza
per amore
E così Dossetti - don Giuseppe per gli amici, il «padre»
per i confratelli di Monte Sole
_GÌha lasciato, in quella terza
domenica d’Avvento nella cui
liturgia eucaristica San Paolo
ci esorta: «State sempre lieti.,.». Tre giorni dopo, il 18 dicembre, si sono svolte le solenni esequie nella basilica di
San Petronio a Bologna, con
la presenza di tantissime autorità: omaggio sincero al politico e aH'uomo. Tutti sanno
che fu membro della Costituente e vicesegretario della
De di De Gasperi. A Bologna
nel 1956, per desiderio del
Cardinal Lercaro, fu candidato alle elezioni amministrative vinte poi dal sindaco Dozza. Si ritirò dalla politica,
fondò un ordine religioso con
caratteristiche di grande povertà e semplicità, con sede
per lungo tempo nell’Abbazia
di Monteveglio. Poi la scelta
di trasferirsi a Monte Sole
(nel Comune di Marzabotto]
per essere, con i suoi confratelli, testimone di fede e di
preghiera in quel luogo dove
fu sparso tanto sangue dai
mitra nazisti. Ora don Giuseppe riposa in quel piccolo
cimitero in disuso.
Monsignor Bettazzi, vescovo di Ivrea, ha recentemente scritto che di Dossetti ha
sempre ammirato «la sua dirittura di coscienza, la sua
coerenza, mai piegata alle
si^ssature, quindi pronta
sépre a sentirsi contestata
oli minoranza... in minoranza nel partito, spesso anche
n^a chiesa...». «In minoranza'in politica...»: certo, fu in
minoranza, ma le sue intuizioni furono poi in gran parte
applicate in campo amminisAtivo a Bologna. E non si
ptmeerto negare che l’attuale fcaggioranza politica dell’ifivo si ispiri anche al suo
pensiero, a dimostrazione del
fatto che una persona può fisicamente non essere presente e anche morire ma sopravvivere nelle idee?
Monsignor Bettazzi non
può certo essere smentito
quando afferma che Dossetti
«fu spesso in minoranza anche nella chiesa» e allora sorge spontaneo l’interrogarsi circa il futuro di alcune
profonde intuizioni di don
Giuseppe circa appunto la
chiesa, quali: 1) l’esigenza
dell’approfondimento del
dialogo e dell’incontro tra le
grandi religioni; 2) l’importanza di un ecumenismo
sempre più concretamente
«vissuto», per cercare di superare lo scandalo delle divisioni nella cristianità; 3) in
campo ecclesiale, il rifiuto di
ogni trionfalismo, la supremazia dell’interiorità rispetto
al potere, cioè in sintesi l’intuizione dell’esigenza di una
chiesa radicalmente povera e
semplice.
L’interrogativo allora è il
seguente: in analogia al fatto
che in campo politico certe
intuizioni di Dossetti hanno
prevalso o quanto meno sono
state e sono lievito per una
società più giusta e forse più
«cristiana» la stessa cosa potrà avvenire, almeno nel terzo
millennio, anche in ambito
ecclesiale? Al riguardo confesso il mio ottimismo! Come
profetiche infatti furono nel
’56 le sue parole «Mai più
Dozza contro Dossetti», così
l’affermazione-battuta di suo
padre (quando don Giuseppe
gli comunica nel ’52 di voler
abbandonare la politica e farsi monaco): «Ho capito: ti sei
stancato di far la rivoluzione
nello stato e adesso vuoi farla
nella chiesa», fu in un certo
senso profezia di come don
Giuseppe visse (e mostrò agli
altri come poter vivere) il suo
«essere chiesa». E cioè: fedeltà totale ai contenuti di fede che la chiesa propone,
senza nulla togliere alle quotidiane responsabilità personali nella vita concreta di essa; fedeltà totale che comporta anche l’accettazione di incomprensioni e sofferenze
derivanti dalla stessa chiesa;
fedeltà totale che impone
l’obbedienza per amore, ma
che obbliga anche a servire la
chiesa nella continua ricerca
del modo migliore di viverne
la proposta evangelica; fedeltà totale (e in don Giuseppe fu veramente tale) che, sia
in politica che in ogni altro
ambito, comporta il rifiuto
del «potere»; di tutte quelle
forme di potere che molto
spesso si tenta di acquisire
proprio in nome di un annuncio, di una fede che invece, mi sembra, il potere sostanzialmente rifiuta.
Domenico Manaresi
Bologna
La Lega Nord
e il Giubileo
Caro direttore.
Marco Rostan nel suo articolo
circa l'approvazione delle Camere del decreto legge del 23
ottobre 1996 che concerne il
«Grande Giubileo del 2000»,
(n. 1 del 10 gennaio 1997, pagina 6) chiede qual è stato
l’atteggiamento dei deputati
evangelici e dei deputati eletti
anche con i voti «valdesi» nei
collegi uninominali che comprendono le Valli.
Eccolo accontentato. Dal
resoconto stenografico della
seduta della Camera del 20
dicembre risulta il seguente
comportamento di voto finale: Lino De Benetti e Giorgio
Gardiol, pur presenti, non
hanno partecipato alla votazione; Domenico Maselli, Rosario Olivo e Valdo Spini hanno invece votato favorevolmente. Voto favorevole anche
dell’on. Giorgio Merlo, deputato del Collegio che comprende le valli valdesi. Per
quanto riguarda il sen. Elvio
Passone non ho potuto esaminare lo stenografico del
Senato, ma osservo che sul
provvedimento il governo ha
posto il voto di fiducia, dando
un altro significato al voto.
Marco Rostan nel suo articolo esprime una valutazione
positiva all’atteggiamento
della Lega Nord per l’indipendenza della Padania. Se
Rostan avesse assistito alle
sedute della Camera sull’argomento si sarebbe reso conto dell’atteggiamento stru
La Fcei e la pena di morte
Un nobile documento
Caro direttore,
vorrei amichevolmente tranquillizzare Giulia D’Ursi che nella sua lettera («Riforma»
del 17 gennaio ’97) lamenta il fatto che la
Giunta della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei) abbia protestato solo
contro la condanna del condannato O’Dell
e non per tutti gli altri condannati. Preciso
che in numerose altre occasioni la Fcei si è
chiaramente espressa contro la pena di
morte.
A mia memoria ricordo il testo della lettera inviata al governo degli Lisa e al Nccc
(National Council of Christian Churches)
protestando contro la condanna a morte di
lesse D lacobs e sull’uso politico (teso a
raccogliere voti) di questa dramma umano.
Nel ’92 ci fu da parte Fcei una dura presa di
posizione contro il govèrno sudafricano per
salvare tre condannati a morte. L’elenco è
lungo, comprese le varie prese di posizione
riportate dal Nev (agenzia di stampa Fcei) di
organismi protestanti internazionali ed ecumenici contro la pena di morte.
Per non dire delle tante volte che nel culto radio, curato dalla Fcei, i commenti del
pastore Bensi contro la pena di morte sono
stati frequentissimi. Nel caso recente di
O’Dell abbiamo ritenuto di far sentire la
nostra voce partecipando al vasto dibattito
nel paese ma significativamente nel nostro
comunicato non abbiamo fatto il nome di
O’Dell perché avevamo in mente tutti i
condannati a morte. Abbiamo colto questa
occasione per rilanciare una riflessione biblica sulla drammatica questione della pena di morte. In particolare in quel nostro
testo si notava, tra le altre cose, come:
«Benché vi siano testi biblici che non escludono la pena capitale, la radicalizzazione
del comandamento “non uccidere” operata
da Gesù dovrebbe costituire, per i cristiani,
un dato ineliminabile».
Concludo citando il quotidiano «Il Manifesto», che in data 12 gennaio ’97, in un articolo intitolato: «Pena di morte: bandita
entro il 2000, appello degli evangelici italiani» così commentava: «Le condanne a morte si vanno moltiplicando, dagli Usa alla Cina, passando per gli stati arabi. La mobilitazione per salvare la vita di O’Dell è stata
momentanea, provvisoria, assolutamente
insufficiente. Anche da parte delle autorità
ecclesiastiche. Va sottolineata un’eccezione: un nobile documento emanato dalla
Giunta del Consiglio della Federazione delle chiese evangeliche in Italia. Vale la pena
di leggerlo e meditarlo». Forse anche da
quelli di casa nostra, (vedi «Riforma» del 27
dicembre scorso).
Giuseppe Platone
vice presidente Fcei
mentale della Lega. L’ostruzionismo (che ha strumentalizzato anche i valdesi in un
intervento dell’on. Borghezio) non era finalizzato alla
bocciatura del provvedimento, obbligando il Parlamento
a non approvarlo nei tempi
previsti dalla legge cioè entro
il 22 dicembre. La questione è
stata molto più venale. La Lega ha fatto ostruzionismo fino al 19 dicembre e poi, ottenuto ciò che voleva più di
ogni altra cosa e cioè l’immissione all’ordine del giorno e
l’approvazione della legge sul
finanziamento dei partiti politici (che per il ’97 consegna
oltre 8 miliardi alla Lega), ha
cambiato atteggiamento. Dopo l’approvazione di questa
legge, pur dicendosi contraria, la Lega ha smesso gli atteggiamenti ostruzionistici,
non ha più chiesto nemmeno
la votazione col sistema elettronico che comporta tempi
più lunghi e soprattutto la verifica costante dell’esistenza
del numero legale, e ha rinunciato a chiedere la parola.
Sicché la discussione del 20
dicembre sul provvedimento
è durata appena un’ora.
Commentando il ripensamento della Lega, fon. Tommaso Poti ha affermato: «In
tempo di Giubileo c’è statò
anche il miracolo: cioè che
oggi si possa licenziare il
provvedimento perché prima
i colleghi della Lega hanno
avuto garantita l’approvazione del finanziamento pubblico per i partiti (...). Mi sembra
che l’atteggiamento della Lega in questo momento sia
quello di Woody Alien: prendi
i soldi e scappa».
Purtroppo la politica è anche questo e le idealità di certi partiti hanno contenuti fortemente «venali».
Giorgio Gardiol - Roma
Nuovo numero
telefonico
Il candidato al ministero
pastorale Marco Cisoia, in
servizio a Carrara, comunica
che il suo numero telefonico
è: 0585-788429.
■ Il culto protestante in televisione: una precisazione della redazione di «Protestantesimo»
Anche trasmesso in televisione il culto è testimonianza e non spettacolo
RINGRAZIAMENTO
«Dio è amore»
I Giovanni 4, 8
I familiari di
Emilio Roman
nell’annunciare la sua dipartita
desiderano ringraziare futi coloro
che hanno preso parte al loro dolore e, in modo particolare, il passtore Pasquet e il direttore e personale tutto deH’Asilo valdese.
Luserna San Giovanni
7 gennaio 1997
GIANNA URIZIO*
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Caro direttore, leggo la lettera di critica al culto di
Natale trasmes.so dal Belgio a
Raidue il 26 dicembre scorso
älla quale rispondo volentieri
perché mi offre l’occasione di
fornire alcune informazioni
forse utili ad inquadrare le
critiche in un più giusto contesto. Anzitutto debbo dire
che sulle critiche specifiche
fotte dal fratello Calvi sono
sostanzialmente d’accordo, e
con me la redazione. Il culto
ita avuto uno regia tutto somorato sciatta, poco pensata
P^r un culto protestante (coñudo l’idea che le telecamere
OOn devono vagare su decoratili ecc. e, se lo fanno, deve
Ösere per un motivo e non
Ifer «far passare il tempo»); la
Ptedicazione non è stata troppo efficace anche se il messalo centrale che l’annunt dell’Evangelo coglie tutti
0*113 loro condizione, anche
Wella di peccato, e chiama al
'*i(vedimento, al cambiamento Ìadicale della propria vita,
OOfi è poi banale detta in un
Poose, come il Belgio, che
^est’anno è stato travagliato
0® eventi che hanno lasciato
pi abitanti ammutoliti. Infine
Ocorale non era brillante e le
Preghiere, anche se lette, pos^0 essere dette meglio (la
^ra può essere meno mecánica, del resto tanti nostri
Wori leggono le preghiere
^ante i culti, e nessuno troridire). Ci sono poi molti
dettagli che sorvolo. Allo
ra perché trasmettere a Natale
un culto dal Belgio? È in proposito che vorrei fornire alcune informazioni.
Da ormai quattro anni la
nostra rubrica è stata incaricata dalla rete di realizzare dei
culti protestanti in alcune occasioni particolari. La proposta verteva su quattro culti e
noi scegliemmo la Pasqua, la
Pentecoste, la domenica della
Riforma e Natale. Questo perché, a parte la domenica della
Riforma per la quale potremmo parlare di un problema di
identità, volevamo entrare
nelle case degli italiani nei
giorni festivi della tradizione
cristiana (quanti in Italia, purtroppo, si stupiscono ancora
che i protestanti siano cristiani?). Per la nostra redazione
questo è stato un fatto di
grosso rilievo: il culto protestante, come negli altri paesi
europei (a parte la Spagna e il
Portogallo) assume la dignità
di trasmissione al di là della
nostra rubrica. È obiettivamente una tappa verso un allargamento del pluralismo religioso nel nostro paese.
Tutto questo fu reso possibile proprio grazie a un culto
trasmesso da Montpellier nel
1992 a Natale e che noi ottenemmo di trasmettere «eccezionalmente» e che piacque al
direttore di rete che ci propose di rendere l’esperienza
continuativa. Questo culto era
il primo risultato di una nuova collaborazione con le rubriche televisive protestanti di
Francia, Belgio, Svizzera. Da
allora questa collaborazione
si è sviluppata allargandosi
anche a progetti di trasmissioni realizzate insieme. Per i
culti comprende un accordo,
che coinvolge la Rai, di due
culti l’anno prodotti in Italia e
offerti gratuitamente in Europa in cambio di due culti che
riceviamo gratuitamente.
A livello di redazioni abbiamo degli incontri in cui programmiamo le varie date e
cerchiamo di affinare un lavoro comune che comprende
anche le osservazioni critiche
sia estetiche (noi ad esempio
veniamo criticati per le camere in campo, noi criticheremo
le inquadrature «cattoliche»
del culto realizzato a Bruxelles) che di contenuto.
Nel merito del culto di Natale di quest’anno la presentazione (sulla carta) era molto
allettante: una chiesa bella e
famosa: la cappella reale;
buoni organista e corale (che
poi non ha cantato, la corale
era troppo striminzita per essere quella che fa normalmente i concerti); buon predicatore. 11 risultato non è stato
al livello delle promesse. Spero con questo di aver risposto
alla critica «con tutte le chiese
evangeliche che ci sono in Italia, non abbiamo trovato di
meglio che collegarsi con la
chiesa protestante di Bruxelles» come dice il nostro fratello Calvi. Ma al di la di queste
informazioni vorrei aggiungere con l’occasione altre due
cose. I culti sono sempre, in
generale un successo di ascol
to e quindi per la nostra rubrica un grosso boom di ascolti e
di credibilità. Molto più di
quanto prevedessimo, sono
stati accolti con curiosità e interesse sia dal pubblico (in
media i culti hanno degli indici di ascolto ben maggiori della rubrica, con punti talvolta
di quasi un milione e una media sopra i cinquecentomila
telespettatori) che dai dirigenti in Rai che sono rimasti
positivamente colpiti dalla
differenza tra il culto e la messa cattolica.
Contemporaneamente i
culti realizzati in Italia sono
un forte stimolo per le comunità coinvolte a vedere con
occhi nuovi le liturgie usate
nei nostri culti e i linguaggi
della predicazione: quasi tutte
le chiese italiane con le quali
abbiamo preparato un culto
televisivo, hanno iniziato, a
partire da questa esperienza,
una riflessione positiva sulla
struttura dei nostri culti, sul
rapporto tra liturgia, canti e
preghiere e la predicazione,
sul modo di partecipare al
culto della comunità, sul ruolo del pastore, ecc... Ugualmente anche per noi di Protestantesimo l’esperienza è stata
positiva: ci ha fatto crescere,
abbiamo via via affinato un
linguaggio televisivo per i culti che ci ha fatto riflettere sul
ruolo delle parole, dei gesti,
delle inquadrature da utilizzare. In particolare poi, nel lavoro comune, molto abbiamo
ricevuto dai fratelli delle comunità con i quali abbiamo
lavorato grazie a osservazioni,
intuizioni talvolta anche attraverso animate discussioni,
e quindi credo che l’aiuto sia
stato davvero reciproco, senza contare l’amicizia e stima
che ne è nata.
Insomma trovo che tutta
l’esperienza, lungi dall’iscriversi semplicemente in una
ripresa meccanica di un nostro culto protestante così
com’è si è trasformata in un
momento di rinnovamento e
di ricerca di testimonianza
nella nostra società. Ugualmente ci ha «sprovincializzato», ci ha reso meno introversi
e con meno complessi rispetto al protestantesimo europeo: molto abbiamo imparato
ma abbiamo anche scoperto,
ad esempio, che talvolta sappiamo fare le cose meglio. In
base a quanto detto mi permetto di dare una valutazione
positiva su tutta l’esperienza
dei culti, anche quelli che
vengono dall’estero e anche
quando non ci piacciono: rimane comunque la sfida di
imparare dagli errori, propri e
altrui e di cercare di fare meglio la volta prossima!
caporedattrice della rubrica
RINGRAZIAMENTO
«lo ho pazientemente
aspettato l’Eterno, ed egli
si è inclinato a me
ed ha ascoltato il mio grido»
Salmo 40, 1
I familiari della cara
Ester Menusan ved. Raima
riconoscenti per la dimostrazione
di affetto, ringraziano tutti coloro
che con fiori e presenza hanno
partecipato al loro dolore.
Un grazie particolare ai medici
e agli infermieri dell'Ospedale valdese di Pomaretto, al pastore Eric
Noffke, alla signora Tamarin e a
tutti gli anziani ospiti de «La dua
Valaddo» di Inverso Rinasca, a
Luisa e a Giuliana.
Prati, 15 gennaio 1997
RINGRAZIAMENTO
I familiari della cara
Elda Rostan ved. Vinçon
riconoscenti, ringraziano sentitamente tutti coloro che, in vario
modo, sono stati loro vicini in
questa triste circostanza.
Un ringraziamento particolare
al medico curante dott. Luca Aimetti, ai pastori Peyrot e Ribet,
all’amministrazione comunale di
Rinasca, ai vicini di casa e alle
Onoranze funebri Gardenia.
Elisa, Renzo e Nadina esprimono un grazie di cuore a Renata per le amorevoli cure prodigate
alla loro mamma.
Casteinuovo di Rinasca
18 gennaio 1997
Le donne convocano le donne
Riconciliazione fra i generi
Roma - sala valdese di via M. Dionigi
sabato 8 febbraio 1997, ore 9,30
Invitiamo le donne evangeliche che si stanno preparando a
partecipare alla 2= Assemblea ecumenica europea di Graz ad una
giornata di riflessione sui temi della riconciliazione della chiesa
con le donne, del lavoro, del rapporto migranti-native, delle violenze ordinarie.
16
PAG. 12 RIFORMA
VENERDÌ 24 GENNAIO 1997
Alcune riflessioni sul convegno tenutosi a Muelheim nel settembre 1996
Il futuro del lavoro in Europa tra disoccupazione
di massa, evoluzione tecnologica ed etica protestante
SERGIO BROFFERIO
I
L 18 ottobre 1996 è apparile
so su questo giornale un
articolo di Antonella Visintin
che riferiva dell’incontro tenuto dal 20 al 23 settembre
presso l’Accademia evangelica a Muelheim, nella Ruhr
(Repubblica federale tedesca)
dal coordinamento europeo
su lavoro ed economia delle
chiese europee (Wen: Work
Economy Network in the European Churches) sul tema
«Implicazioni per il pensiero
e la pratica sociali cristiani
del lavoro in Europa».
Disoccupazione
e etica del lavoro
La consultazione, a due anni da quella introduttiva svoltasi in Polonia, ha approfondito l’analisi della disoccupazione in Europa e la riflessione teologica sull’etica del lavoro: alcuni contributi hanno
anche avanzato proposte di
atti\ità per le chiese. Alla riunione hanno partecipato 21
fra esperti e rappresentanti di
9 paesi europei (di cui due
italiani), dalla Gran Bretagna
alla Romania e i contributi
hanno toccato uno o più dei
seguenti argomenti: situazione nei singoli paesi europei e
scenari a breve periodo, riflessioni teologiche e proposte per il futuro. Desidero qui
riprendere ed approfondire
alcuni dei temi già trattati per
l’importanza che rivestono
nell’inquadrare le problematiche economiche, sociali ed
etiche del prossimo futuro.
L’analisi svolta da numerosi relatori ha evidenziato di
Operaio metalmeccanico in una fabbrica automobilistica tedesca
verse cause della profonda
mutazione della struttura
economica alla cui base sta
l’evoluzione tecnologica che
ha permesso un enorme aumento di produttività e recentemente la dislocazione
delle produzioni di massa
nelle aree a basso costo del
lavoro. L’autonomia della finanza nei confronti dell’economia e della politica e da ultimo le migrazioni dai paesi
più poveri sono ulteriori concause dei mutamenti globali.
Tutti questi fattori, latenti fino al crollo del regime sovietico, hanno iniziato a fare
sentire effetti che richiederanno, già a breve termine,
significativi interventi politici
ed economici per contenere
conflitti anche sociali.
I contributi hanno messo
in evidenza situazioni fortemente differenziate in Europa; nelle nazioni occidentali,
già negli anni Ottanta, si è
cercato di contenere la disoccupazione con investimenti pubblici aumentando
il debito pubblico oppure facendo ricorso agli strumenti
di previdenza sociale: la situazione attuale non sembra
più sostenibile dal punto di
vista finanziario se non riducendo gli interventi dello stato sociale.
Processo irreversibile
I paesi dell'Est
Nei paesi dell’Europa dell’
Est, la caduta dei regimi del
socialismo reale ha determinato la fine della piena occupazione e delle previdenze
sociali; si è quindi generata
anarchia economica, instabilità sociale e fortissima disoccupazione, ma anche notevoli interventi industriali per le
favorevoli condizioni del costo del lavoro e non sono
mancati atteggiamenti speculativi di investitori stranieri.
Tutte le analisi sono state
concordi nel ritenere irreversibile il processo di riduzione
dell’offerta di lavoro salariato
dovuto agli aumenti di produttività anche in una situazione di equilibrio di costo
del lavoro fra le diverse regioni. D’altra parte alcuni servizi
e in particolare l’assistenza
sociale e l’educazione scolastica, non potendo aumentare sostanzialmente la propria
produttività, diverranno percentualmente più costosi rispetto ai beni industriali: ciò
potrà avere negative conseguenze sociali. Altre analisi
hanno evidenziato l’Inadeguatezza degli attuali parametri macroeconomici (come
il Prodotto interno lordo. Pii)
a rappresentare il livello di
sviluppo e benessere di un
paese tecnologicamente avanzato dove, per esempio,
non esiste più proporzionalità fra beni prodotti e occupazione. Altri contributi hanno messo in evidenza che
una larga percentuale del
prodotto nazionale è generata dal lavoro domestico, dal
volontariato o dall’associazionismo, cioè al di fuori dei
classici circuiti produttivi. La
conclusione delle analisi è
stata la necessità di intervenire sui meccanismi di creazione e ridistribuzione dei beni e
dei servizi. All’analisi sono seguite le riflessioni teologiche
ed etiche che saranno riprese
nella prossima riunione annuale prevista dal 28 novembre al 1“ dicembre prossimi,
ancora a Muehlheim.
L'accordo firmato in Guatemala
Quando i cristiani preparano
la via del dialogo e della pace
(1 -continua)
Gli sforzi di mediazione
ecumenici compiuti fra le
quinte per ristabilire la pace
in Guatemala non sono stati
vani: il 29 dicembre scorso,
la guerriglia e il governo guatemalteco hanno firmato un
accordo di pace che pone fine a una guerra civile durata
36 anni. Per Paul Wee, rappresentante della Federazione luterana mondiale (Firn),
quest’accordo rappresenta
l’epilogo di sei anni di difficili negoziati.
Paul Wee era venuto per la
prima volta in Guatemala
nel 1981 come membro di
una delegazione ecumenica.
«Era l’epoca in cui le autorità
praticavano la politica della
terra bruciata - ha dichiarato
lo stesso Wee all’agenzia Eni
-. Intere zone del paese erano devastate, migliaia di persone venivano uccise e quelle che riuscivano a fuggire ci
hanno raccontato la loro storia. Non ho mai sentito nulla
di così terrificante in tutta la
mia vita». Cinque anni dopo
Wee fu nominato segretario
generale aggiunto della Firn,
incaricato degli affari internazionali e dei diritti della
persona. Potè così incontrare sia dei dirigenti dell’esercito guatemalteco sia dei
leader dell’Unione rivoluzionaria nazionale guatemalteca (Urng), e sondare le due
parti sulla possibilità di avviare colloqui.
In quel periodo, Pau Wee
contattò rappresentanti del
Vaticano, membri della Conferenza episcopale del Guatemala e delle chiese evangeliche del Guatemala. Nel
marzo 1990 riuscì a convin
cere alcuni dirigenti dell’
esercito e della guerriglia di
recarsi a Oslo. Paul Wee li
portò in uno chalet per quattro giorni di colloqui privati,
lontano dai giornalisti. Nei
mesi successivi, Paul Wee
aiutò ad organizzare altri
quattro incontri in diverse
capitali. A questo punto, le
parti chiesero l’intervento
dell’Onu. «Non spettava alla
chiesa far da mediatrice nei
negoziati ufficiali» ha detto
Paul Wee. In seguito, tre altri
grandi organismi ecumenici
(Consiglio ecumenico delle
chiese. Consiglio delle chiese
dell’America Latina e Consiglio nazionale delle chiese
degli Stati Uniti) si aggiunsero alla Firn per portare avanti
il dialogo in vista della pace.
Il 29 dicembre scorso, in|
un discorso rivolto ai 1.200:
invitati, il comandante Moran, uno del leader dell'
Urng, ha menzionato il ruolo
giocato dagli organismi cristiani internazionali nel processo di pace. Paul Wee, che
dal 1994 è pastore a Washington, si dice ora preoccupato da alcuni aspetti dell’accordo: «Non sono sicure
che le autorità civili sapran
no esercitare sulle forze mili
tari il fermo controllo previ
sto dall’accordo». Anche
l’amnistia generale non lo
convince; «Non penso che
sarà bene per la pacificazione del paese vedere gente
che ha commesso gravi vio
lazioni dei diritti sfuggire
ogni forma di azione legale,
non si può rimanere indiffe
renti quando interi villaggi
sono stati annientati e gente
è stata torturata». (eni)
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“La chiesa è sempre in riforma”
(Martin Lutero)
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