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Anno V
numero 5
del 7 febbraio 1997
SpeciìziQn« m a. t». comma
art. 2 legge S49/9S nr.
In caso di mancato reca
SI prega restituire al mi
presso l'Ufficio PT Tori
L'Editore si impegna a
corrispondere il diritto
Bibbia e attualità
IL DILUVIO
E L'ARCA
«Or la terra era corrotta davanti a
Dio: la terra era piena di violenza»
(Genesi 6,11)
Lanciare sassi dai cavalcavia con
il proposito di colpire gli ignari automobilisti; lanciare sassi ai treni. C’è
chi definisce coloro che praticano questo gioco assassino dei cinici, delle teste
vuote. Uccide la madre per poche lire:
voleva giocare al video-poker; bambini
da torturare offerti su internet; un
bimbo falciato, due le auto omicide;
stuprata dai compagni di scuola; violentata dal padre, si uccide. Questi sono solo alcuni dei tragici eventi di cui
ci hanno parlato i giornali negli ultimi
giorni. Se poi ci affacciamo oltre i nostri confini abbiamo notizia di genocidi in corso, di veri e propri massacri.
L’aggressività e il cinismo sembrano
inarrestabili. Come reagite? Ne siete
schifati? Avete ragione. Invocate provvedimenti esemplari? Avete ragione.
Non se ne può più. Siete rassegnati, vi
sentite impotenti di fronte a questo dilagante clima di violenza? Avete ragione. Anzi, non lo so. ! predicatori, i politici, i sociologi, gli psicologi parlano di
mancanza di valori, dicono che manca
una morale religiosa, .statale, familiare. Il papa ha usato un'espressione che
deve essere molto importante visto che
è stata ripresa dai giornali: «Raggelante scaso di vuoto».
Ci ìNLESSO che con il mio pensiero
sono riandato a Genesi 6: anche
oggi un diluvio potrebbe essere l’unico
provvedimento che ci possa permettere
di ricominciare da capo. In fondo
quando Giacomo, Giovanni e il Maestro non furono ricevuti in Samaria, i
due discepoli chiesero: «Signore, vuoi
che diciamo che un fuoco scenda dal
cielo e li consumi?» (Luca 9, 54). Tentato dalla rassegnazione mi chiedo:
perché non riusciamo a redimere questa nostra umanità? Il diluvio. Come
capisco la reazione del Creatore di
fronte a quella progressiva degenerazione deH’umanità. Condivido la sua
collera mista a dolore e amarezza di
fronie ull’iiso sbagliato che le sue creature ÌHiiiiio fatto della loro vita, della
loro li’oertà, del loro ambiente naturale. Il uTinvio. Bravo Creatore! Ci voleva
proprio una sentenza esemplare. Ma
ecco che subito dopo ordina a Noè di
costruite l’arca. Segno di pentimento?
Di cedimento? Di debolezza? Penso
che nel racconto ci venga offerta una
preziosa indicazione di come orientare
la nostra testimonianza in questo tempo impermeabile anche al più accorato appello di ravvedimento.
AJEL racconto del diluvio si colgono
1\ due espressioni profondamente
intrecciate del modo di essere di Dio.
Intanto non lascia l’umanità a se stessa. Dio se ne occupa intervenendo per
tentare di arginare quella dilagante
corruzione. Fermatevi in questa disumana escalation! Non andate oltre!
Deve essere stata una decisione molto
sofferta. Nello stesso tempo Dio ordina
la costruzione dell’arca. Il diluvio e
l’arca sono due aspetti complementari
del modo in cui Dio interviene nelle vicende della nostra umanità, nel suo
mondo. Il diluvio è il severo giudizio,
lo stop alla nostra umanità, l’arca è la
sua grazia, la sua promessa che l’umanità potrà continuare a vivere malgrado abbia rovinato tutto. Diluvio e arca, giudizio e grazia sono per noi il binomio che ci apre a nuovi orizzonti di
speranza. La croce di Cristo ne sarà la
sanzione più eloquente. In tutta la
Bibbia giudizio e grazia si alternano a
ritmi incalzanti negli interventi di
Dio. Ecco dove possiamo attingere delle risposte nuove ai drammatici interrogativi dei nostri giorni.
Valdo Benecchi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE BATTISTE, METODISTE, VALDESI
L'attuale «società conoscitiva» richiede una struttura scolastica moderna e flessibile
La scuola di cui abbiamo bisogno
La prospettiva europea può aiutare a rimuovere il «blocco ideologico», che ha paralizzato ogni
rinnovamento in Italia, puntando sull'istruzione, sulla formazione e sulla ricerca scientifica
GIANFRANCO HOFER
CHE l’istruzione sia la scommessa per il futuro, nessuno sembra metterlo in dubbio. Per Tinterscambio immediato delle informazioni e delle nuove acquisizioni,
quella attuale si configura come
una «società conoscitiva», con la
«mondializzazione degli scambi, la
globalizzazione delle tecnologie,
l’avvento della società dell’informazione», secondo il Libro bianco,
presentato il 6 maggio scorso alla
sessione Istruzione del Consiglio
deirUnione europea a cura della
commissione competente. Un problema che interessa l’Europa nel
suo ambito nei vari paesi, ma con
un occhio alla sfida ormai mondiale, per cui nel 1998 vi sarà un nuovo punto della situazione riguardo i
progressi che saranno realizzati a
livello comunitario e nazionale nel
settore istruzione e formazione.
Nonostante le sollecitazioni comunitarie e le stesse esigenze ormai
molto sentite all’interno del nostro
paese, per cui è finalmente emerso
di prepotenza il problema scuola
anche nell’ultima campagna elettorale, la scommessa sull’istruzione
diventa molto meno audace quando si scende alla posta da pagare e
all’attuazione concreta. A quasi un
anno daU’awio della legislatura ancora tutto è da fare, anche se per la
verità molto è stato annunciato, fatto inquietante per chi ricorda proposte di legge alla soglia dell’approvazione e poi decadute.
Che i problemi siano molti e
complessi non vi è dubbio. In tutta
Europa il settore dell’istruzione e
della formazione è in movimento;
nell’ultimo trentennio un po’ dovunque si è verificato come in Italia, anche se talora in modo più
morbido per la minor immobilità
del sistema, il salto all’istruzione di
massa, scuola e università. Ora da
noi sembrano in dirittura d’arrivo
l’autonomia, la riforma degli esami
di maturità, il riordino dei cicli con
l’innalzamento di due anni dell’obbligo, la formazione universitaria di
tutti i docenti; più in là da venire in
vece il riassetto generale del sistema, università compresa, delle funzioni degli enti di ricerca educativa
e didattica, degli organi collegiali,
del rapporto stmtturale con il ministero, le regioni, gli enti locali.
Vi è una scuola che va cancellata,
da non esportare in Europa. Quella
della difesa di piccoli privilegi piuttosto che dell’attenzione alle grandi
esigenze scientifiche e didattiche,
di una politica sindacale che non
ascolta più la base ma segue logiche autonome, della riforma di enti
costosi senza sufficiente ricaduta
quali gli Irrsae, della persistenza di
istituti quali i comandi che creano
instabilità e dispendio nella scuola,
dell’intervento pasticciato e dispendioso delle Regioni nel settore
dell’istruzione professionale e
dell’orientamento, dell’organizzazione burocratica sempre in cresci
ta, favorita da una dirigenza medioalta che viene da altre amministrazioni, della «tarizzazione» della
scuola con i rituali ricorsi amministrativi per bocciature, alla sempre
maggior divaricazione fra scuola e
università anche nell’ormai abbozzata formazione universitaria dei
docenti, del collegamento faticoso
e inefficace con gli enti locali.
Poi c’è la scuola del futuro, che
nasce con travaglio. La prospettiva
europea può aiutare a rimuovere il
«blocco ideologico», che ha paralizzato ogni rinnovamento in Italia,
puntando sull’istmzione e sulla formazione per la valenza etica della
ricerca e del conoscere in quanto
tali, fondamento del pluralismo e
della collaborazione, non su una
concorrenza di saperi confessionali
o di parte, o su una competitività
economico-effìcientistica, prospet
tive non assenti nella preminenza
data da alcune forze politiche sulla
parità-concorrenza fra pubblico e
privato. La promozione culturale
ampia di risorse umane per la collettività, garantita da uno stato e
ora da una futura unione di stati al
servizio del cittadino, è in linea con
la tradizione scolastica centroeuropea, che ha le sue origini nel ’700 e
si collega alla Riforma.
Gli interventi per la scuola del futuro cominciano però con forti investimenti che non si vedono, curando la professionalità dei docenti, ora acquisita sul campo per iniziativa personale e senza la circolarità di comunicazione di ricerche e
sperimentazioni didattiche anche
apprezzabili, e garantendo la loro
dignità sociale; attivando un aggiornamento attento alle novità
scientifiche, ma anche alle esperienze maturate all’interno di una
scuola «senza memoria», con strutture adeguate. Si impone una maggior flessibilità della struttura scolastica, in rapporto ai mutamenti
della società e al suo interno; l’autonomia, che non è anarchia, nell’ambito di un disegno generale e
di linee direttive snelle, di efficace
supporto, evitando doppioni e intralci tra ministero. Regione, Provincia e ora Europa. Si tratta di rendere attivi e protagonisti di istruzione e formazione, non più solo
esecutori di circolari gli istituti, dove si fa didattica e formazione.
La formazione interculturale
parte dalla conoscenza delle lingue, delle culmre con i loro valori,
di contenuti scientifici e della didattica, che portino alla collaborazione, al lavoro comune, in un
mercato del lavoro e della ricerca
aperto e in espansione; la nostra
scuola è ancora nella fase delle iniziative occasionali. E per finire:
una scuola viva richiede una continua verifica delle prospettive e dei
risultati ottenuti da istituti, docenti
e dirigenti, responsabili delle loro
scelte, elaborando un indispensabile sistema di valutazione. Ma
questo, da noi più che altrove, è un
problema tutto da affrontare.
Petizione sul clima
Conclusa anche in Italia
la raccolta di firme
Si è conclusa a fine
gennaio la raccolta di
firme per la «Petizione
sul clima» lanciata, a livello internazionale, dal
Consiglio ecumenico
delle chiese (Cec) e, in
Italia, dalla Federazione
delle chiese evangeliche
(Fcei), Caritas italiana,
Adi, Legambiente, Wwf
e altre organizzazioni
religiose e ambientaliste. La petizione chiede
ai governi dei paesi industrializzati di ridurre
almeno del 20% le emissioni di gas inquinanti
responsabili dei cambiamenti climatici, come
previsto dalla Conferenza Gnu su ambiente e
sviluppo sostenibile,
svoltasi a Rio de Janeiro
nel 1992. Mentre stanno
affluendo a Roma le firme raccolte, hanno dato
la loro adesione all’iniziativa una cinquantina
di parlamentari. La consegna delle firme al governo italiano è prevista
per la seconda metà di
febbraio; a livello internazionale, i risultati della raccolta nei vari paesi
saranno resi noti il 2
marzo a Bonn (Germania), in occasione di un
incontro dell’Onu sui
cambiamenti climatici,
dove sarà presente anche una rappresentanza
della Fcei. (nev)
Vicepresidente evangelica
Il Comitato per l'Anno
contro il razzismo
Il 24 gennaio il ministro per gli Affari sociali,
Livia Turco, ha insediato
a Roma il Comitato nazionale per l’Anno europeo contro il razzismo. Il
Comitato avrà il compito
di programmare e coordinare lo svolgimento in
Italia dell’Anno contro il
razzismo, un’iniziativa
della Commissione europea per il 1997. A presiedere il Comitato è stato chiamato Guido Bolaffi, direttore del ministero degli Affari sociali,
mentre alla vicepresidenza è stata nonimata
Anne Marie Dupré, coordinatrice del Servizio rifugiati e migranti (Srm)
della Federazione delle
chiese evangeliche in
Italia (Fcei). «È interessante e indicativo - ha
detto Anne Marie Dupré
nel corso della riunione
inaugurale del Comitato
- che mentre la Commissione europea indice per
il 1997 l’Anno contro il
razzismo altre due istituzioni abbiano indetto
iniziative simili; Amnesty
International l’Anno del
rifugiato e il Consiglio
ecumenico delle chiese
l’Anno degli sradicati.
Credo che questo permetterà interessanti collaborazioni e potrà arricchire i programmi e le
iniziative». (nev)
RUANDA, LA CHIESA PROVA VERGOGNA PER IL GENOCIDIO. Il Sinodo
generale della Chiesa presbiteriana in
Ruanda ha approvato un messaggio,
trasmesso dalla radio nazionale, in cui
si afferma che «la chiesa prova vergogna nei confronti del genocidio che ha
distrutto esseri umani creati ad immagine di Dio nel nostro paese. Durante
la preparazione e l'esecuzione di questo genocidio, la chiesa ha dimostrato
una grande debolezza e non ha saputo né prevenire né denunciare questi
crimini contro l'umanità». (pag. 4)
DROGHE (LEGGERE) BEN CONTROLLATE. Il Pontificio Consiglio della Famiglia ha elaborato una dichiarazione
sulle proposte in corso di legalizzazione delle droghe dal tono autoritario,
rigoroso e inappellabile che contraddistingue spesso gli interventi più o meno magisterial! di quella chiesa. Ma i
problemi non si risolvono quasi mai in
questo modo. Le proposte di «riduzione del danno» meritano maggior attenzione e approfondimento, senza
che questo significhi rinunciare ai principi e abbassare la guardia, (pag. 10)t
2
PAG. 2 RIFORMA
All’A:
VENERDÌ 7 FEBBRAIO 199? VEF
«Consapevoli
dunque del timore
che si deve avere del
Signore, cerchiamo
di convincere gli
uomini; (...) Non ci
raccomandiamo di
nuovo a voi, ma vi
diamo l’occasione
di essere fieri di noi,
affinché abbiate
di che rispondere
a quelli che si
vantano di ciò che è
apparenza e non di
ciò che è nel cuore.
Perché se siamo fuor
di senno, è per voi;
infatti l’amore di
Cristo ci costringe,
perché siamo giunti
a questa
conclusione: che
uno solo morì per
tutti, quindi tutti
morirono; e ch’egli
morì per tutti,
affinché quelli che
vivono non vivano
più per se stessi,
ma per colui che
è morto e risuscitato
per loro. Quindi, da
ora in poi, noi non
conosciamo piu
nessuno da un
punto di vista
umano; e se anche
abbiamo conosciuto
Cristo da un punto
di vista umano,
ora però non
10 conosciamo
più così. Se dunque
uno è in Cristo,
egli è una nuova
creatura; le cose
vecchie sono
passate: ecco, sono
diventate nuove.
E tutto questo viene
da Dio che ci ha
riconciliati con sé
per mezzo di Cristo
e ci ha affidato
11 ministero della
riconciliazione.
Infatti Dio era
in Cristo nel
riconciliare
con sé il mondo,
non imputando
agli uomini le loro
colpe, e ha messo in
noi la parola della
riconciliazione. Noi
dunque facciamo
da ambasciatori
per Cristo, come
se Dio esortasse
per mezzo nostro;
vi supplichiamo nel
nome di Cristo: siate
riconciliati con Dio»
(2 Corinzi 5,11-20)
^ - :
CONFLinO E RICONCILIAZIONE
La riconciliazione presuppone una relazione il cui specifico è il richiamo
al conflitto. Occorre sapere nominare il conflitto per poterlo superare
LIDIA MAGGI
I
L termine «riconciliazione»
sta sempre più diffondendosi
nelle nostre chiese. Il cammino
che ci prepara all’incontro di
Graz vede molti tra noi impegnati nel cercare di «tradurre»,
capire questa categoria biblica.
Il termine, usato teologicamente, è quasi esclusivamente di
Paolo. Esso compare in realtà in
pochi testi. La genialità dell’
apostolo consiste nell’usare una
categoria giuridica o commerciale per parlare del rapporto tra
Dio e gli umani, tra Dio e il
mondo: Dio ci ha riconciliati,
Dio ha tolto il passivo dal nostro
conto corrente (Barbaglio).
Difficile perciò scindere questa categoria da quella più vasta
e da noi meglio conosciuta, la
giustificazione per grazia. Infatti il verbo «riconciliare», se riferito all’azione di Dio, compare
nella forma attiva, quando invece è riferito agli umani, compare al passivo. Questo per sottolineare che è Dio che riconcilia e
noi ci lasciamo riconciliare. Il
soggetto è Dio. L’elaborazione
che Paolo fa, se nuova, poco
sviluppata nel resto del Nuovo
Testamento, è pienamente in linea con l’annuncio della chiesa
dove altre categorie per definire
la gratuità dell’amore di Dio
compaiono. Inutile perciò cer
care di motivare l’importanza di
tale categoria su basi linguistiche. Essa è un modo per esprimere l’evangelo, uno dei tanti,
uno dei più efficaci: Dio ci ama
di un amore gratuito, totale in
Gesù Cristo. La riconciliazione
non è una categoria teologica
asettica, astratta. Non è tantomeno un concetto. Essa come
l’amore presuppone una relazione. Così come non si può
amare senza definire chi ama
chi, non è possibile in astratto
parlare di riconciliazione senza
prima avere chiari chi sono i
soggetti della riconciliazione.
L'altra faccia
della riconciliazione
Lo specifico di questa relazio1
Preghiamo
La terra soffre ed è in attesa:
ha sete di bontà.
Nelle lotte della vita,
che procurano tanti traumi,
Dio vuole soccorrere,
Dio vuole lenire,
Dio vuole guarire.
La terra soffre ed è in attesa:
ha sete di misericordia.
Fra gli uomini
dove l’odio bmcia e le guerre devastano,
Dio vuole perdonare,
Dio vuole riconciliare,
Dio vuole salvare.
La terra soffre ed è in attesa:
ha sete di speranza.
Su questa terra
corrosa da tanta angoscia e disperazione,
Dio vuole portare la pace,
Dio vuole vincere la morte,
Dio vuole aprire I cieli.
Daniel Lusangu, Congo
(tratto da In attesa del mattino della Cevaa, p. 59)
I ne è il richiamo al conflitto,
proprio quello che spesso si evita di menzionare o di vedere
quando questa categoria compare. Tutti i testi biblici, sia quelli paolini (Rom. 5, 10; I Cor. 7,11;
II Cor. 5, 18; Ef. 2, 16; Col. 1, 20)
sia quelli degli evangeli (Mt. 5,
24), fino ad arrivare al Primo Testamento (Giob. 22, 21; Prov. 16,
7) hanno come entroterra situazioni di conflitto. Il conflitto è
l’altra faccia delia riconciliazione. Esso non può rimanere silente, va nominato, affrontato e
sciolto per poter far fluire la riconciliazione. Dietro ogni parola
di riconciliazione c’è un conflitto
da sciogliere. La prima affermazione teologica sulla riconciliazione è pertanto che essa è sempre radicata in una relazione, in
un polo dialettico preciso, toccabile, da capire e affrontare. Non
si può costruire una teologia della riconciliazione senza menzionare nel concreto i motivi che
hanno portato a tirarla in causa.
Chi ha bisogno di riconciliazione
e perché? Tradotto in un linguaggio evangelico significa che
bisogna imparare a «guardare
negli occhi il nemico, per poterlo
amare» (Moltmann).
Il grosso ostacolo alla riconciliazione è spesso la nostra incapacità di riconoscere il conflitto.
La tentazione è la fuga, vorremmo credere di non avere nemici,
di vivere in pace con tutti. Vorremmo pensare che nelle nostre
comunità non esistono i nemici.
Preferiamo fingere un mondo
senza tensioni. Pensiamo che essere cristiani significhi essere
gentili con tutti e, negando il
conflitto facciamo della riconci
liazione una categoria effimera,
«zuccherosa», più vicina al romanzo rosa che alla Bibbia. Invece dietro ogni storia di riconciliazione si nasconde una lacerazione da risanare. Tutti i testi biblici sulla riconciliazione hanno
dietro un conflitto. Questo può
avere sia una dimensione verticale, tra Dio e gli umani (molti
dei testi paolini) sia orizzontale,
tra membri della stessa comunità (Mt. 5, 22). Spesso però il
conflitto si intreccia e non è possibile separare l’ambito teologico da quello sociologico.
È proprio il caso presentato
nel testo più famoso sulla riconciliazione: II Cor. 5, 11-21. Dal
contesto del brano apprendiamo (cap. 2-7) che il «noi» non è
riferito a tutta la comunità, ma a
persone concrete, a Paolo e i
suoi collaboratori Sila e Timoteo. Paolo si autoraccomanda
alla comunità: le sue argomentazioni sono passionali e apologetiche. Egli si difende come
servitore della nuova alleanza,
dello spirito, della riconciliazione. Il conflitto è con la sua comunità che mette in discussione
la sua autorità di apostolo (tanto
per cambiare). La causa del conflitto: falsi apostoli che con lettere di raccomandazione tentano
di soppiantarlo. Paolo è convinto di essere lui il vero apostolo e
non coloro con le lettere di raccomandazione. Egli perciò implora la chiesa di Corinto di ritornare ad essere fedele a Cristo
e non a Satana, e dunque fedele
all’apostolo.
ha delle conseguenze ecclesiologiche: ogni conflitto teologico
genera un conflitto sociologico
e viceversa, nel parlare di riconciliazione dobbiamo avere ben
chiare le implicazioni della tensione in ogni ambito sia spirituale che sociale.
Diventare
«una nuova creatura»
Il conflitto tra Paolo
e la chiesa di Corinto
E evidente perciò che il nodo
:
I socio-teologico del conflitto
deve essere sciolto sia orizzontalmente che verticalmente.
Paolo ha chiaro che il problema
è sia la riconciliazione con Dio
che quella tra lui e la sua comunità. L’azione salvifica di Cristo
viene da Dio, il «riconcillante» e
la polemica tra Paolo e la sua
comunità (capp. 10-13) va inserita in un contesto più ampio,
quello della riconciliazione con
Dio: è riconciliandosi con lui
apostolo che la comunità si riconcilia a Dio. Il tema che Paolo sviluppa è sì quello della riconciliazione teologica, ma sullo sfondo c’è il conflitto tra la
chiesa e Paolo, i due ambiti non
possono essere separati. Questo
iT grande teologo che un grande evangelista: egli sa leggere e
affrontare una situazione e tradurla in linguaggio teologico: gli
umani rompono con Dio, ma
ecco che egli li riconcilia, questa
riconciliazione consiste nel non
mettere in conto i loro peccati.
L’azione riconciiiatrice di Dio
crea una «nuova creatura». Questa iniziativa però, oltre che
dell’azione di Cristo ha anche
bisogno della disponibilità umana. La parola kerigmatica diventa perciò esortativa: «Lasciatevi
riconciliare con Dio», apritevi a
questa iniziativa, non rendete
inefficace l’evento di grazia che
Dio ha creato. La teologia di
Paolo è radicata nella comunità,
nel quotidiano potremmo dire...
non sappiamo che esito ha avuto tale predicazione sulla chiesa
di Corinto.
La riconciliazione è un dono
di Dio. Essa è però più vicina alla speranza che al possesso. Non
appartiene alla chiesa non solo
per i suoi fallimenti e perché la
realtà visibile sembra suggerirci
ciò, bensì perché la stessa parola
di Dio ci rende attenti e attente
al fatto che ogni parola di riconciliazione è pronunciata in un
contesto che ha bisogno di riconciliazione, come tra Paolo e
la comunità di Corinto. La dimensione reale e quella ideale
sembrano spesso scontrarsi e risultare inconciliabili.
La riconciliazione è esperienza quando in una relazione si riconosce che il conflitto è sciolto,
superato. È invece desiderio
quando la realtà la invoca, desiderio radicato nella fiducia in
Dio: siccome so che Dio mi ha
riconciliato... Infine la riconciliazione è voce profetica che deve scuotere, convertire, portare
al cambiamento, farci diventare
«una nuova creatura»: vi supplico, siate riconciliati con Dio.
(Ultima di due meditazioni
sul tema della riconciliazione)
Note
omiletiche
Il passo II Cor. 5, 11-2i
inizia con la conclusiva
«Dunque». Si entra subito
nei vivo del conflitto dato
nel testo per scontato etì
esplicitato più avanti nell'epistola ai capp. 11-13,
Paolo non vuole autoraccomandarsi, ma chiede alla comunità di Corinto dj
farlo (v. 13). Colpisce la
passione dell'apostolo, la
sua sofferenza per la lace
razione che vive con la co.
munità. Egli a volte serr.
bra addirittura «scorrettoi
nelle argomentazioni
sembra fare dei «ricatti al
tettivi» per convincere la
comunità a riconciliarsi con lui (v. 13). Le argomentazioni teologiche sollevano il tono del discorso,
10 radicano nell'esperienza
cristologica. Paolo pastoralmente suggerisce alla
comunità di superare il
conflitto tra lui e i «falsi apostoli» ponendo io sguardo in Dio che ci ha riconciliato per mezzo della morte di Cristo. Se questo è
vero, bisogna vivere alla
luce di questa riconciliazione, essere davvero capace di riconoscersi nuovi
creature in Cristo e superare le «cose vecchie». Mettere in evidenza questa
struttura nel testo permette di cogliere più a fondo
come l'intreccio teologici
e sociologico sia forte e
permette di affrontare il
tema della riconciliazione
senza scindere il percorso
etico da quello teologico.
In uno studio biblico è
importante far vedere come Paolo, oltre ai conflitti
con la comunità di Corinto, ci presenti un quadro
della chiesa primitiva estremamente dialettico:
forti sono le tensioni tra
due linee ecclesiologiche,,
quella della chiesa di Gerusalemme rappresentata da
Giacomo e quella di Paolo.
11 conflitto è legato alla diversa comprensione dell'
annuncio evangelico Per
la chiesa giudeo-cristiana
tale annuncio si colloca n>
contesto del giudaesimc,
per cui non si considera abolita tutta la tradizione.
Per Paolo che vive la sua
missione nel mondo «pagano» e che si trova a diffondere l'Evangelo soprattutto tra gente esterna al
mondo giudaico, l'Evangelo di Cristo è completa-:
mente svincolato dalla tra-:
dizione religiosa giudaica.
La linea di Paolo è risultata poi vincente, ma tale
dibattito «teologico» ha
generato non poche fratture sociologiche. Da subito la tentazione della chiesa è stata quella di «rimuovere» il passato, di negare il conflitto, di sminuire la dialettica spesso fera
ce tra le comunità primiti
ve. Lo stesso Luca, che scrive qualche decennio dopo
l'apostolo, rilegge il passato con nostalgia, spesso
stravolgendolo, ironizzando anche le situazioni più
conflittuali. Egli tende a
negare le tensioni. Ci presenta il rapporto tra le
chiese centrali (Gerusalemme) e la diaspora come sereno nel complesso.
Nel libro degli Atti le frati
ture testimoniate da Paolo vengono annacquate ei
presentate come incidenti'
di percorso: qualche screzio tra le chiese c'è stato
ma tutto si è risolto col
concilio di Gerusalemme..
Questa tentazione nostalgica è spesso un grosso
ostacolo alla riconciliazione. Anche con il passato
bisogna fare i conti.
La
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todii
nata
teoli
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sant
Tesi:
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Pi
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Per
approfondire
G. Barbaglio, Le Ietterei
di Paolo, ed. Boria, voi. t
1990, sec. ed.
Dal Dizionario del Movimento ecumenico, edEdb, articolo sulla riconciliazione di W. Jennings.
Dalla rivista «Rocca» riso, 1983, «Il cristiano nei
conflitti», di J. Moltmann.
3
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Fede e Spiritualità
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gf"'' Il centro della teologia di John Wesley, padre del metodismo
La santificazione è un dono di Dio
La salvezza non riguarda solo il nostro futuro ma anche il nostro presente; con la
santificazione Dio cambia profondamente anche la nostra esistenza terrena
MARIO CONETTI
La santificazione è l’idea
forte della teologia di
John Wesley, il padre del metodismo. Ma non resta confinata all’ambito del pensiero
teologico, agli aspetti «intellettualistici» della fede. La
santificazione coinvolge tutta
l’esistenza, perché con questa
idea forte Wesley ha cercato
di elaborare una risposta al
problema del senso della vita.
Wesley descrive più volte,
nel corso della sua vasta opera, l’esistenza umana come
caratterizzata da limiti profondissimi. Prima di tutto, la
morte il limite più terribile
della nostra esistenza, perché
inevitabile e definitivo. Comprendere nel profondo che la
nostra vita è limitata, avere
coscienza di dover morire, è
terrificante. Tutte le altre debolezze, gli altri limiti, partecipano della natura di questo
limite fondamentale, gli somigliano, in qualche modo
ne derivano. Le nostre imperfezioni, i limiti delle nostre capacità intellettuali e fisiche. Il male fisico, il dolore,
la malattia. Soprattutto le nostre debolezze morali. Dalla
condizione umana, dal confronto con questi limiti angoscianti, nasce una domanda:
«Che senso ha?». Non possiamo rassegnarci al fatto che la
nostra vita sia priva di un significato vero e profondo. l a
-’risposta di Wesley a questo
interrogativo, è la sua dottriina della santificazione.
Prima di tutto va sottolineato come la santificazione
e la salvezza riguardino il no
stro presente, la «salvezza» si
situa qui, adesso, nella nostra esistenza. Si veda ad
esempio un testo fondamentale del pensiero wesleyano,
il sermone The Scripture Way
ofSalvation (La via della salvezza secondo la Scrittura)
dove al paragrafo I si dice:
«La salvezza di cui si parla
[nel testo del sermone. Efesini 2, 8] non è ciò che viene
comunemente inteso con
questo termine, l’eterna felicità, l’andare in cielo. Non si
parla qui dell’anima che va
in paradiso, non si tratta di
una benedizione situata nel
mondo a venire, dall’altro lato della morte. Le stesse parole del testo biblico lo chiariscono al di là di ogni possibile dubbio “Voi siete salvati”. Non è qualcosa di distante, è un fatto attuale, una benedizione che possediamo in
questo momento, per la libera grazia di Dio».
La santificazione cambia
John Wesley
La chiesa metodista di Roma via XX settembre
Fuori collana, in coedizione con il
«Servizio istruzione e educazione» della Federazione
delle Chiese evangeliche in Italia, è uscito
Protestantesimo
nei secoii
Fonti e documenti
Volume II; Settecento
a cura di Emidio Campi e Massimo Rubboli
pp 480, 24 tavole di iil.ni fuori testo, lire 56.000
Proseguendo il primo volume (Cinquecento e Seicento) questo presenta un’ampia scelta di testi essenziali, opportunamente introdotti, per ripercorrere il lungo cammino del protestantesimo europeo
e nordamericano in dialogo con la
cultura filosofica e scientifica del
tempo. Un utilissimo strumento
per integrare la storia dei pensiero
occidentale nel secolo dei Lumi.
nei secoli
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profondamente la nostra esistenza. Sempre dal sermone
citato dice: «Nello stesso istante in cui siamo giustificati inizia la santificazione. Si
verifica un cambiamento reale, effettivo». E spiega: «L’amore perfetto riempie la nostra vita, escludendo il peccato, riempie il nostro cuore, vivificando tutte le potenzialità
dell’anima». Wesley parla di
un’esistenza che è ormai orientata verso ciò che dà davvero significato: una vita libera dall’angoscia, non più paralizzata dal terrore che deriva dal confronto con i limitì,
primo fra tutti la morte. Ormai le zone d’ombra sono
state accettate, la loro negatività può essere superata. Perché resistenza è posta sotto il
segno di quella forza così
strana, indefinibile, che è
l’agape, l’amore cristiano.
La santificazione è un dono
di Dio. Insistendo molto su
questo punto, Wesley vuole
esprimere un’idea cruciale.
La nostra vita è troppo segnata dalle debolezze, condizionata in profondità dai limiti,
per poter avere senso di per
sé. Se nel processo di cercare
la risposta alla domanda sul
senso della vita io rimango
chiuso nell’ambito della mia
individualità, la ricerca si infrange contro i limiti dell’esistenza, e resto quindi prigioniero dell’angoscia. Perché la
mia esistenza abbia senso, io
devo guardare oltre me stesso. Orientare la vita al principio che la trascende (l’amore
di Dio): «[il cristiano] ha sempre il sentimento della propria dipendenza dall’autore
del bene, poiché il suo essere
dipende da lui... egli rinuncia
senza difficoltà a se stesso e a
tutto ciò che ha, per dipendere solo dalle sue disposizioni»
(da: A Plain Account of Genuine Christianity, «Lina
semplice descrizione del vero
cristianesimo» parag. 3). Affermo me stesso quando vedo tutte concentrate in me le
possibilità per la mia vita e il
mio mondo di trovare senso.
Ma devo divenire consapevole che la mia vita non riesce a
trovare senso di per sé, e che
al contrario può trovarlo solo
in ciò che è al di là, che la trascende, e ne costituisce il
fondamento, la mia fragilità e
transitorietà riposano su ciò
che è assoluto.
Rinunciare ad affermare
me stesso, accettare nel
profondo della mia vita la
mia assoluta dipendenza da
ciò che è assoluto e trascendente, mi porta a aprirmi
all’altro, mi rende disponibile all’incontro e alla condivisione. Prosegue Wesley, nello
stesso testo: «Ricordando che
Dio è amore, [il cristiano] è
pieno di amore per il prossimo..., [amore] che supera i
confini limitati, abbraccia chi
è vicino e chi è lontano, amici e nemici. L’amore socievole (“social love”) è assolutamente ed essenzialmente diverso dall’amore di sé; pure,
se giustamente contemperati, ciascuno rafforzerà l’altro». Nell’incontro con l’altro
posso vivere esperienze ricche di significato che non
annullano, al contrario arricchiscono la mia esistenza, la
mia individualità.
Culto metodista tenuto da una prédicatrice iaica
Il senso (dell'esistenza in Wesley
La santificazione
Il sermone The Scripture
IMay of Salvation descrive
che cosa vuol dire fare l’esperienza della santificazione.
Lo fa parlando dei «frutti della fede», che vengono distinti
(secondo l’impostazione comune alla teologia morale
dell’epoca) in «opere di pietà
» e «opere di misericordia».
Questi frutti sono delle concrete esperienze di vita, ricche di significato. La santificazione viene vissuta in situazioni concrete, che possono riguardare solo la dimensione personale, o che implicano dei rapporti tra persone, esistenze diverse; «Opere
di pietà» sono la preghiera, la
partecipazione al culto, ai sacramenti, la riflessione sulla
Bibbia. Sono le situazioni che
mi rimandano a ciò che è assoluto, che mi indirizzano
verso l’esperienza del trascendente.
È in queste situazioni che
posso vivere, e fare mio in
profondità, il sentimento di
dipendenza da ciò che è assoluto. «Le opere di misericordia possono riguardare
l’anima o il corpo dell’uomo,
come dar da mangiare agli
affamati, visitare i malati e i
carcerati, o istruire gli incolti,
risvegliare i peccatori ottusi,
ravvivare i tiepidi, rafforzare i
timidi, soccorrere chi è nella
tentazione, contribuire in
ogni modo a salvare le anime
dalla morte». La mia esistenza potrà trovare pienamente
senso, quando saprò vivere il
social love: aprirmi a condividere con altri esseri umani i
problemi fondamentali. Che
possono essere problemi
molto concreti e materiali.
Ma soprattutto il problema
del senso della vita, le domande più profonde e angoscianti, che possono venir affrontate insieme, perché ci
coinvolgono tutti.
In questo modo, la dimensione sociale e la dimensione
individuale si compietano reciprocamente. Un’esistenza
liberata dall’angoscia è libera
di aprirsi agli altri, di condividere esperienze di vita con altre individualità. Allo stesso
tempo, in questo aprirsi agli
altri, in questa condivisione,
l’esistenza umana compie
esperienze ricche di significato, che rispondono (e sono le
risposte più vere, pur se magari indirette) alle domande
più profonde e inquietanti.
[Cuori areJenti», un libro (di preghiere (della famiglia Wesley
Ogni giorno in comunione personale con Dio
Airunico Dio saggio
Se mi fosse concesso
scegliere una condizione
di vita,
o chiederti addirittura
qualsiasi cosa al mondo,
sceglierei umilmente,
e pregherei di essere posta
in una condizione
nella quale potessi avere
il pane quotidiano
con uno sforzo moderato.
Senza tanta fretta
e distrazioni
e di avere più tempo
a disposizione
per ritirarmi dal mondo
senza nuocere
a chi dipende da me.
Così penso oggi.
Tuttavia, non so
se una condizione
come questa
sarebbe davvero
preferibile per me.
Né sono certa che,
se avessi più tempo
a disposizione,
sarei devota con più zelo
a Te, mio Dio,
e ti servirei meglio di adesso.
Forse ci sono
altrettante tentazioni
in una vita tranquilla
e ritirata
che in questa mia.
Il giorno del Signore
Oggi è il giorno
che il Signore ha fatto:
di questo mi rallegrerò
e sarò lieta.
Gloria a Te, eterno Padre
delle anime,
per aver concesso con tanta
bontà e misericordia
un giorno su sette
alle anime che Tu hai creato.
Nel quale è per loro una gioia
non meno che un dovere
ritirarsi dagli affanni
Sono di Susanna Wesley, madre dei più celebri John e
Charles Wesley, le riflessioni e preghiere che riportiamo
qui di seguito. Sono alcuni esempi di testi tradotti e pubblicati recentemente dalla Claudiana nel volume «Cuori
ardenti» (curato da Michael McMullen e l’edizione italiana da Lidia Conetti, Torino, 1996). Susanna, nata nel
gennaio del 1669, figlia del protestante non anglicano, il
dissenter Samuel Annesley, sposò il pastore anglicano
non allineato, Samuel Wesley dal quale ebbe ben diciannove Agli. Susanna non ebbe vita facile non solo perché
ebbe da provvedere, spesso da sola, al benessere dei suoi
Agli, in quanto il marito era incapace di gestire le finanze della famiglia e spesso finiva in carcere per debiti, ma
dovette affrontare molte traversie come la morte di ben
nove figli e lunghi periodi di cattiva salute. Nonostante
questo, e forse in parte proprio per questo, le sue preghiere e le sue riflessioni, molte delle quali contenute nel suo
«Diario spirituale» sono state e sono ancora oggi fonte di
grande arricchimento per tutti coloro che vi si accostano.
«Fin da giovanissima - dice il curatore del volume citato, Michael McMullen - Susanna aveva deciso di passare
parte di ogni giorno in comunione personale con Dio.
Ciò consisteva per lo più in un’ora di devozioni al mattino e alla sera. Dal suo Diario scopriamo che mantenne
fedelmente il suo proprosito, aggiungendo perfino il
mezzogiorno al tempo che passava sola con Dio».
e dalla fretta di un mondo
confuso e tumultuoso,
e poter godere
di una dedizione più diretta
e ininterrotta
alla Maestà divina.
Oh, dono benedetto!
Oh, giorno felicissimo!
Signore non adorerò mai
abbastanza il tuo Infinito
Amore e la tua Bontà
per esserti appropriato
di questa settima parte
del mio tempo.
Che questi momenti
sacri possano essere sempre
impiegati al tuo servizio.
Che nessun pensiero inutile
o vano possa mai privarti
dell’onore e della lode
che ti sono dovuti
in questo giorno;
o privare la mia anima
dei benefici e delle
benedizioni
che si possono ottenere,
con l’adempimento
coscienzioso dei doveri
di questo giorno.
Abbiamo bisogno
della forza di Dio
ODio,
Tu sai che la Luce senza
forza non è abbastanza
per me,
dal momento che
mi metterebbe
nel novero di quei servi
inettiche conoscevano
la volontà del padrone
ma non la fecero.
Concedimi, per amore
del Signore Gesù,
la forza e un’inclinazione
del cuore
per obbedire ai dettami
del tuo santo Spirito.
Amen.
Dio è il mio riposo
O Signore,
adesso capisco
che conoscerti solo
da filosofo,
speculare nel modo
più sublime e consapevole
sulla tua essenza, i tuoi
attributi, la tua provvidenza,
riuscire a dimostrare
la tua esistenza da tutte,
0 da una qualsiasi
delle opere della natura,
e disquisire
con la massima eleganza
e proprietà di parola
della tua esistenza
o delle tue opere,
non ci gioverà a nulla
se nello stesso tempo
non ti conosciamo
sperimentalmente,
se il cuore non ti percepisce
e ti riconosce come suo
Bene supremo,
la sua sola Felicità.
E inoltre,
salvo che l’anima non senta
e non riconosca
di poter trovare riposo,
pace, gioia,
solo amandoti
ed essendo prediletta da Te,
so che si riposa
in Te come nel centro
del suo essere,
la fonte del suo piacere
l’origine di ogni virtù
e bontà, la sua luce,
la sua vita, la sua forza,
il suo tutto,
ogni cosa che lei vuol
o desidera in questo
mondo e per sempre,
in una parola,
il Signore, il suo Dio!
4
PAG. 4 RIFORMA
VENERDÌ 7 FEBBRAIO 1997
^■1
Messaggio del Sinodo generale della Chiesa presbiteriana in Ruanda
«La chiesa prova vergogna per il genocidio»
Il testo del messaggio, destinato a tutti i ruandesi, è stato scritto in lingua
kinyarwanda e illustrato alla popolazione attraverso la radio nazionale
«Il Sinodo generale della
Chiesa presbiteriana in Ruanda (Epr), riunito a Kigali
per la sua 35“ sessione ordinaria, ha la gioia di salutarvi
in nome del nostro Signore
Gesù Cristo.
Questo Sinodo si è riunito
dal 10 a 15 dicembre 1996 a
Kigali, nei locali della Lega
per la lettura della Bibbia, sul
tema “Sbrighiamoci e mettiamoci a costruire!” (Neemia 2,
18). Attraverso gli studi biblici e le meditazioni abbiamo
capito che non possiamo
pretendere di amare Dio che
non vediamo se rimaniamo
incapaci di amare il nostro
prossimo con il quale condividiamo la vita e la morte.
Siamo convinti che lo stretto rispetto di questo principio
evangelico ci aiuterà a riconciliare i cuori e a ricostruire
tutto ciò che è stato distrutto.
Il Sinodo ha, tra l’altro, esaminato le seguenti questioni:
a) rivalutare il lavoro di evangelizzazione che deve mirare
alla costruzione del regno di
Dio ponendo concretamente
i suoi segni che sono “Giustizia, pace e gioia nello Spirito
Santo” (Romani 14, 17); b) rivalutare il lavoro e le sfide riguardanti l’educazione, la salute, i giovani', il ministerio
presso le ragazze e le donne,
nonché l’assistenza ai bisognosi; c) esaminare più aspetti della crescita della chiesa in
modo globale.
Donne e uomini ruandesi,
e voi tutti che credete in Dio,
era tempo per noi di fare un’
autocritica e di renderci conto che la chiesa prova vergogna nei confronti del genoci
Un campo di profughi ruandesi sopravvissuti al genocidio del 1994
dio che ha distrutto esseri
umani creati a immagine di
Dio nel nostro paese. Durante la preparazione e l’esecuzione di questo genocidio, la
chiesa ha dimostrato una
grande debolezza e non ha
saputo né prevenire né denunciare questi crimini contro l’umanità.
Così come Neemia, il servitore di Dio (Neemia 1,5-11), a
nome di tutti i cristiani della
chiesa presbiteriana in Ruanda, il Sinodo generale chiede
perdono a Dio e a tutti i ruandesi, a causa di questa debolezza e di questa mancanza di testimonianza nel momento in cui era più che necessaria.
Il Sinodo generale delI’Epr
chiede a tutti i cristiani del
Ruanda e a tutti i membri
della chiesa universale di
combattere senza riserva il
crimine, qualunque esso sia,
e ogni altro male che disprezza la Parola vivente di Dio.
Il Sinodo (...) approfitta
dell’occasione per chiedere
M Rete europea «Chiesa in libertà»
Per una chiesa sempre più
vicina alPuomo e alla donna
Una chiesa rinnovata, una
chiesa sempre più vicina all’uomo: è stato il motivo centrale della VII Conferenza annuale della rete europea
«Chiesa in libertà» e della Vili
Conferenza europea «Diritti
umani nella chiesa» che hanno visto riuniti a Botticino
(Brescia) dal 2 al 6 gennaio gli
esponenti di 15 nazioni europee e degli Stati Uniti d’America. L’incontro di quest’anno
delle due reti, nate indipendentemente ma che si riuniscono da alcuni anni in un
solo convegno, è stato particolarmente segnato dalla presenza dei rappresentanti del
movimento «Noi siamo chiesa» che, sorto in Austria nel
luglio 1995, si è trasformato
in un movimento mondiale
nel novembre scorso a Roma
sotto il nome «Noi siamo
chiesa internazionale».
Nella scaletta degli incontri
due argomenti specifici hanno assunto una particolare
importanza: il ruolo della
donna nella chiesa e i principi fondamentali della «Costituzione della chiesa». I lavori
hanno evidenziato che il problema della donna non può
essere limitato solo alla possibilità di ammissione al diaconato e presbiteriato e che
l’ostilità del Vaticano nei confronti di queste richieste non
trova né ragioni teologiche né
giuridiche ma è dovuta a un
paradigma antiriformatoremedievale della Chiesa cattolica in cui la donna viene collocata in una dimensione di
completa sottomissione all’
uomo. In questo contesto il
discorso della «Costituzione
della chiesa» diventa una base di riflessiorie veramente
fondamentale. È stato sottolineato che questa riflessione
deve tradursi nella reale partecipazione di tutti i credenti
a tutte le decisioni e pronunciamenti della chiesa. Un apporto importante per i lavori hanno dato i due relatori
esterni, Jacques Gaillot, vescovo a cui fu «affidata» la
diocesi inesistente di «Partenia» e Giovanni Franzoni della comunità di base «San Paolo». Significative anche la presenza di Jan van Eycken e di
Kathleen Toner, rispettivamente dei movimenti «diritti
umani nella chiesa» e «Catholics for a free choice».
Sono stati momenti significativi del convegno anche la
celebrazione della Parola e
del pane. Nella quiete della
sera tutti i presenti si sono ritrovati nella piena comunione, condividendo fraternamente i brani biblici, i testi
della grande preghiera eucaristica in tutte le lingue, il
pane e il vino. La conclusione dei lavori è stata proiettata verso due appuntamenti: Graz 1997 e il prossimo
convegno europeo in Zwanenhof (Olanda) nel 1998. Simon Bryden-Brook, inglese
del movimento «Catholics for
a changing church», confermato dall’assemblea come
segretario della rete di collegamento ha sottolineato la
necessità di una stretta collaborazione fra coloro che soffrendo delle gravi ingustizie
da parte della chiesa cattolica
non hanno la possibilità di
far sentire la propria voce.
ai cristiani e a tutti i ruandesi
di denunciare e di sradicare i
peccati presenti nella nostra
società vale a dire, tra l’altro:
1) l’etnismo, il regionalismo nonché gli antagonismi
religiosi. Questi fattori di divisione sono fonti di guai che
alienano gli esseri umani, che
pure sono stati creati da Dio
per vivere nella pace e nella
libertà. La Bibbia ci insegna
che là dove Dio viene rispettato, non c’è più né giudeo,
né greco; non c’è più né uomo né donna, non ci dovrebbe essere più né hutu, né tutsi, né twa perché siamo tutti
uno nel Cristo.
2) vediamo segni che ci
mostrano che la corruzione
non è ancora del tutto scomparsa nella nostra società.
Pertanto, in quanto cristiani,
abbiamo preso l’impegno di
non lasciarci mai corrompere
e di non corrompere gli altri.
Ci impegnarne a denunciare
la corruzione di cui veniamo
a conoscenza affinché essa
venga sradicata in quanto si
tratta di una malattia capace
di distruggere un paese.
3) siamo altresì decisi a
combattere e a denunciare il
terrore, qualunque esso sia e
da qualsiasi parte venga.
Il Sinodo... rende grazie a
Dio che suscita nel nostro
paese sempre più uomini e
donne impegnati nella ricostruzione della pace, nell’assistenza ai superstiti del genocidio e nell’accoglienza dei
rifugiati.
Il Sinodo (...) chiede a tutti i
ruandesi e a tutti gli amici del
Ruanda di raddoppiare gli
sforzi per costruire alloggi per
coloro che non ne hanno; in
questo campo i cristiani devono servire di esempio, come ha fatto la nostra chiesa di
Ruyumba. Dobbiamo altresì
rimanere vigilanti in vista di
prevenire tutto quello che potrebbe dividire e opporre
nuovamente i ruandesi.
Il Sinodo... chiede che il lavoro della giustizia e dei tribunali possa iniziare a funzionare senza ritardo affinché i colpevoli siano puniti e
gli innocenti siano ristabiliti
nel loro diritto.
Inoltre il Sinodo (...) chiede
a tutti i ruandesi di mobilitarsi in modo speciale per aiutare gli emarginati, le vedove e
gli orfani, e ogni altra vittima
della nostra recente tragedia
che ci riguarda tutti.
per il Sinodo generale
dell’ Epr
rev. dr. André Karamaga
presidente e
rappresentante legale
Kigali, 14 dicembre 1996»
(bip)
La Kek scrive alle chiese di Belgrado
Intensificare gli sforzi comuni
in vista della riconciliazione
Pubblichiamo il testo della
lettera che il Comitato centrale della Conferenza delle
chiese europee (Kek) ha mandato, il 14 gennaio scorso, alle chiese membro della Kek
nella Repubblica federale di
Jugoslavia.
«Cari fratelli e sorelle in
Cristo,
il Comitato centrale della
Conferenza delle chiese europee (Kek), riunito a Ginevra
l’il e 12 gennaio, ha esaminato con profondo interesse
la continua agitazione politica che si sta manifestando
all’interno della Repubblica
federale di Jugoslavia.
L’annullamento di molti risultati elettorali ha provocato
proteste popolari notevoli
per la loro pazienza e disciplina. Tuttavia, l’uso della
violenza da parte di alcuni
agenti governativi ha creato
pericoli reali che potranno
essere allontanati solo con il
pieno rispetto dei principi
democratici, con la tutela
scrupolosa dei diritti umani,
e con il riconoscimento dei
risultati delle elezioni del 17
novembre, che sono state
ampiamente convalidati dalla missione dell’Osce guidata
da Felipe Gonzales.
Il Comitato centrale ha letto con attenzione il comunicato della Santa Assemblea
dei vescovi della Chiesa ortodossa serba, reso noto il 2
gennaio 1997, e ha apprezzato l’insistenza della chiesa
sulla dimensione etica dell’
attuale crisi, sulla necessità
per tutte le parti di evitare la
violenza, e sulla necessità di
rispettare i risultati elettorali.
Il Comitato centrale della
Kek si unisce alle preghiere
della Santa Assemblea dei
vescovi della chiesa ortodossa serba affinché i popoli
della Repubblica federale di
Jugoslavia e tutti i loro vicini
possano conoscere i doni
“della pace, dell’unità e dell’amore”.
Il Comitato centrale si augura che in questo momento
cruciale nella vita dei popoli
della Repubblica federale di
Jugoslavia, le chiese membro
della Kek intensifichino i loro
sforzi comuni in vista della
pace, della giustizia e della riconciliazione.
Inoltre, ci auguriamo che
nuove opportunità di contatto tra la Chiesa ortodossa serba, la Chiesa cattolica romana, le chiese protestanti e altre religioni presenti nella
Repubblica federale di Jugoslavia, in Croazia e in BosniaErzegovina possano portare a
un rapido rinnovamento del
dialogo e della cooperazione
ecumenica e interreligiosa.
Tali esperienze potranno essere rafforzate attraverso la
preparazione ecumenica e la
celebrazione del tema “Riconciliazione, dono di Dio e
fonte di vita nuova” prima,
durante e dopo la seconda
Assemblea ecumenica europea a Graz nel giugno 1997.
Con i migliori auguri, vostri
in Cristo
John Arnold, presidente
Jean Fischer, segretario
generale
Cronache del Millennio
Il nastro
del tempo illimitato
Giorgio Girardet
Lo diremo chiaramente: il fatto irritante, per alcuni,
non è che la Chiesa cattolica voglia solennizzare il giubileo del 2000, ma è il rumore che ne hanno fatto i media,
quasi per chiudere una riflessione e un approfondimento che invece devono essere lasciati aperti, e che noi intendiamo fare. Per questo continuiamo il nostro discorso. Anche perché (non so se ce ne rendiamo conto) lo
stesso giubileo cattolico o quanto meno il modo con cui
viene presentato, è figlio del nostro tempo e frutto di
quella incertezza di fondo, esistenziale, che domina la
nostra epoca: che senso ha il nostro tempo davanti ai
tempi illimitati della storia e del cosmo? Allora cerchiamo un rifugio in una visione della storia in cui il nastro
illimitato del tempo (almeno del tempo «vicino» di 2.000
o di 10.000 anni) sia tenuto sotto controllo dallo scandire
dei secoli e delle ricorrenze: come pietre miliari, che
danno senso al presente e proteggono la nostra identità... magari con il sostegno di istituzioni antiche e solide (eterne?) come la Chiesa cattolica.
Qui dobbiamo riflettere sul tempo, sul suo trascorrere
e sui senso delle sue marcature: che si tratti del tempo
breve di una vita personale, o del tempo illimitato della
storia e del cosmo. Pensiamo al tempo come un nastro
infinito, che si perde nelle nebbie di un passato sconosciuto e di un futuro imprevedibile, senza un suo centro
o asse, che gli dia senso? O lo viviamo come una serie di
tempi chiusi, come un succedersi di epoche definite e caratterizzate da una propria legge, che ne stabilisca il carattere e le regole e le attese, le autorità a cui obbedire, i
motivi per agire e le speranze che danno senso alla vita?
E ancora, sono epoche «teologiche», dove si parla del
tempo della promessa, dello Spirito e del compimento fi
naie; o sono epoche «storiche» come il Mesozoico, il Neo
lìtico, il Rinascimento, il secolo dei Lumi, il moderno e i’
post-moderno? Le domande si accavallano (spero che
sarà possibile svilupparle in seguito): occorre formularh'
e tentare di rispondervi.
1) La Bibbia non conosce il nostro tempo infinito: tutt )
il tempo è tempo di Dio, chiuso fra un principio assolui ;,
la creazione, e una fine assoluta, la rivelazione finale: ìn
mezzo la rivelazione nel presente, che è il luogo della Ata
umana. I periodi storici, quando vi sono, sono interni a
questo tempo chiuso, come il tempo della promessa, o il
tempo dello Spirito. Per la Bibbia, un centenario nel
senso di una celebrazione di un evento del passato dop^
un numero tondo di anni, non avrebbe alcun senso. E
ancora: l’evento di Cristo non è il momento centrale di
una storia illimitata, fra il Big Bang e il Collasso Ultimo,
ma è piuttosto un centro simbolico, è il tempo «maturo>
(come matura un frutto) che manifesta la presenza di
Dio nell’universo. Ha senso allora, e quale, occuparsi d ’
tempo, dei periodi, dei centenari, dei millenni?
2) La nostra concezione del tempo illimitato nasce nt 1
secolo dei Lumi, da quando cioè non fu più possibile
contare gli anni dalla creazione del mondo (secondo '1
computo biblico): il conteggio all’indietro (il singolare
«prima di Cristo», «prima dell’era volgare») sì rivelò allib ra un espediente molto opportuno, dal momento che il
tempo non poteva essere conteggiato partendo da un
principio assoluto. Si scelse quel punto mediano, l’ei a
cristiana, che era già in uso, così che paradossalmente i!
«prima di Cristo» entrò nell’uso corrente a seguito della
secolarizzazione della società occidentale. Ma se il tempo è illimitato ha senso, e che senso ha rivendicare le
«nostre» scadenze, e «segnare» il tempo illimitato con i
nostri contrassegni, come facciamo con i nostri centena
ri (Lutero, e Valdo, e il Rimpatrio, e il XVII Febbraio) e co
me ci accingiamo a fare per i 2.000 anni dell’era cristia
na? È a queste domande di fondo che dobbiamo rispon
dere quando parliamo del Giubileo: per celebrarlo, o per
dissociarsi da quelli che lo celebrano.
Dal Mondo Cristiano
Bulgaria: drammatico irrigidimento
della politica verso le minoranze religiose
Ginevra, 14 gennaio 1997»
SOFIA — Il «Comitato bulgaro di Helsinki» è molto preoccupato per l’improvviso irrigidimento della politica del governo
bulgaro contro diverse minoranze religiose verificatosi negli ultimi mesi. Il 12 dicembre 1996 un pastore dell’organizzazione
protestante svedese «Parola di vita» si è visto negare l’accesso
in territorio bulgaro. All’aeroporto gli è stato comunicato che
non gli sarebbe stato consentito di entrare nel paese fino al
2001. Il 6 dicembre 1996, terroristi non identificati hanno fatto
saltare in aria la moschea della cittadina di Kasanlak. Il 5 settembre 1996, le autorità comunali di Plovdiv hanno interrotto
la costruzione del nuovo luogo di culto protestante della Chiesa di Emmanuele. Un grave incidente con conseguenti lesioni
fisiche è avvenuto il 27 novembre scorso a Sofia dove Ralph
Armbruster, cittadino tedesco, e un suo compagno, ambedue
Testimoni di Geova, sono stati attaccati selvaggiamente da diversi poliziotti al comando del capitano Rakovski mentre andavano di porta in porta a Sofia. Poi sono stati arrestati e detenuti
con l’accusa di resistenza a rappresentanti del ministero degli
Interni. I due predicatori sono stati presi a pugni e a calci: gli
aggressori li hanno colpiti con una barra di ferro alla testa e ai
genitali; infine sono stati ammanetati, caricati su un’auto senza
nessuna spiegazione e portati al comando di polizia. Due anni
fa il regime neocomunista ha revocato il riconoscimento di una
quarantina di gruppi religiosi, fra cui i Testimoni di Geova, che
non sono più autorizzati a operare. I Testimoni di Geova hanno
denunciato lo stato bulgaro alla Corte europea di Strasburgo.
(«Diritti umani senza frontiere», Bruxelles)
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Nel 1997 si celebra il bicentenario della nascita di Jeremias Gotthelf
Il crìtico della «nuova borghesìa»
Poeta e pastore protestante^ si fece interprete dei disagi causati dal trapasso
da un'epoca all'altra della società svizzera e li tradusse in avvincenti romanzi
PAOLO TOGNINA
Nel 1836 Albert Bitzius
diede alle stampe la sua
prima opera, Der Bauernspiegel, oder die Lebensgeschichte
des Jeremias Gotthelf (Lo
specchio dei contadini, ovvero la vita di Jeremias Gotthelf). Il libro narra la storia di
un orfano, Jeremias Gotthelf,
giovane servo laborioso il
quale, seppure circondato da
cattivi esempi, non si lascia
sviare dalla propria strada. Jeremias si innamora, ricambiato, di una ragazza di estrazione molto umile; ma la ragazza improvvisamente muore. Disperato, Jeremias si
arruola nelle truppe francesi. Incoraggiato da superiori
comprensivi, sotto le armi
migliora la propria istruzione.
Lo scioglimento del reggimento svizzero, dopo la rivoluzione di luglio, riporta il
giovane a casa. Nessuno ha
fiducia nel giovane servo e
veterano dei reggimenti francesi; se non fosse per la sua
forte fede Jeremias non potrebbe evitare di condurre
una vita da sbandato. Reso
maturo dalle prove subite e
spiritualmente rinfrancato, il
giovane Gotthelf cerca di aiutare chi è nel bisogno.
Questa prima opera, nella
quale sono contenuti quasi
tutti i grandi temi che Gotthelf via via svilupperà negli
scritti successivi, diede a Albert Bitzius una certa notorietà. Il pubblico apprezzò in
particolar modo il realismo
etm il quale l’autore descrive
levita dei contadini e fu colpito daH’cstrema povertà,
evidenzia';' ;’,el racconto, delle popolazioni di campagna.
Tra le grandi opere di
Gotthelf sono da citare ancora Geld und Geist (Denaro e
spirito) e i due famosi romanzi imperniati sulla figura
di Uell; Ueli der Knecht (Ueli
Il 1997 è Vanno delle grandi celebrazioni in onore di Jeremias Gotthelf, scrittore, poeta e pastore protestante svizzero
nato a Morat nel 1797. Conferenze, letture pubbliche, allestimenti teatrali, concerti, esposizioni, trasmissioni televisive e radiofoniche e varie iniziative editoriali sono previste
in molte località della Svizzera. Le celebrazioni dovrebbero
richiamare l’attenzione del pubblico sull’opera del romanziere bernese creatore del celebre personaggio di Veli (servo
e mezzadro), interpretato sugli schermi cinematografici, negli anni '50, dall’attore elvetico Hannes Schmidhauser.
Jeremias Gotthelf, nato in un’epoca polìticamente tormentata, un anno prima del crollo della vecchia Confederazione visse, da testimone attento e critico, le profonde trasformazioni della società svizzera della prima metà dell’Ottocento, tra rivolte contadine, avvio delVera industriale e
nascita della nuova Confederazione elvetica.
il servo) e Ueli der Pächter
(Ueli il mezzadro). Nel secondo la psicologia dei personaggi è delineata in modo
più nitido rispetto al primo,
la prosa è scarna ed essenziale, la tendenza moraleggiante
meno invadente.
Ueli è un servo, povero e
giovane. Egli lavora di malavoglia e sperpera il magro
guadagno. Il suo padrone riesce però a fare di lui un buon
contadino al quale poter affidare, entro qualche anno, la
conduzione di un’intera fattoria. Ueli è assunto, in qualità di responsabile della servitù, in una grande fattoria, e
riesce, nel giro di poco tempo, a riportare l’ordine tra i
servi svogliati e a far funzionare la fattoria. Nella fattoria
vive anche Vreneli, un’orfana
cresciuta dal padrone, una ragazza povera che ora lavora in
casa come serva. Tra Vreneli
e Ueli nasce un sentimento
d’amore. I figli del padrone
non intendono occuparsi della fattoria e perciò il padrone, Glunggenbauer, affida l’azienda a Ueli: egli diviene
mezzadro. Al povero servo è
ora offerta la possibilità di
realizzare il sogno di divenire
un contadino indipendente.
Ma Ueli si circonda di indivi
dui loschi e di trafficanti; egli
stesso cerca di diventare ricco
in breve tempo dandosi a
commerci illeciti di bestiame.
Un terribile e devastante temporale distrugge il raccolto
dei campi: Ueli riconosce in
questo scatenarsi delle forze
della natura una punizione
divina per il suo comportamento disonesto.
Il temporale e la distruzione del raccolto fanno rinsavire Ueli. Improvvisamente il
padrone muore: la fattoria
sarà venduta e Ueli perderà il
suo lavoro. Ueli è messo alla
prova; ma proprio questa
prova determina una sorta di
purificazione del suo animo.
Il nuovo proprietario, Hagelhans, decide di non cacciare Ueli, ma di riconfermarlo mezzadro. Il racconto termina con una sorpresa; Hagelhans confessa di essere il
padre naturale di Vreneli.
I romanzi di Ueli hanno
esteso la fama dello scrittore
Jeremias Gotthelf ben oltre i
confini nazionali. E dopo la
pubblicazione di Ueli il mezzadro giornali e riviste, svizzeri e stranieri, richiedono la
sua collaborazione. In questo periodo nascono numerosi racconti brevi nei quali
Gotthelf rivela un insospetta
Un importante libro sulla «Holy Communion» anglicana
Un testo liturgico nel cuore della storia
ÌAUSELLA
IL prof. Michele Cassese,
docente di Storia moderna
presso la facoltà di Scienze
della formazione dell’Università di Trieste e di Storia delle
chiese cristiane presso l’Istituto ecumenico «San Bernardino» di Verona, ha pubblicato recentemente Holy Communion. La santa cena anglicana (1662)*. Uno dei pregi
del volume è il fatto di fornire
un esempio di storia di critica
della formazione di un testo
liturgico in una scrittura molto semplice che si fa recepire
anche da chi non sia addetto
ai lavori.
L’autore ricostruisce la forUiazione del testo definendolo «un testo liturgico nel cuote della storia inglese» partendo dal presupposto che
«si può affermare che ad ogni
I periodo del regno corrispontle un libro di preghiera pub
blica e una liturgia eucaristica, proprio perché la vita religiosa inglese, a partire dalla
Riforma, fu strettamente legata alle vicissitudini politiche e ai vari regnanti che si
susseguirono sul trono d’Inghilterra».
Riconoscendo che la causa
della Riforma in Inghilterra
va ricercata nell’eterno conflitto tra stato e chiesa, si
analizza la formazione del testo della Santa Cena come si
venne formando dall’Ordine
della comunione del 1548,
dalla prima forma del Boote of
Common Prayer approvato
nel gennaio 1549, dall’edizione del 1552 dello stesso, fino
alla redazione, attualmente
ancora in vigore, del 1662.
Per Cassese il testo della
Holy Communion «ha valorizzato quanto la tradizione
antica aveva offerto e poteva
essere accettato dalla Riforma». Nella stesura del testo
cercate Riforma?
ecco ^li esercizi commerciaii che Io vendono
Librerie CLAUDIANA
•“Milano: vìa Francesco Sforza, 12/A; Torino: via Principe Tommaso. 1;
Torre Pellice: piazza della Libertà, 7; Roma: Libreria di cultura relipiazza Cavour, 32;
'•‘® naturalmente a Riforma:
.j? San Pio V, 15 -10125 Torino - tei. 011-65527&, fax 011-657542
liturgico si trova chiaramente
l’influsso dei riformati del
Cinquecento nell’utilizzo
della lingua volgare e dell’influsso di Cranmer, ravvisabile
in una forma linguistica che
si presenta solenne e enfatica, al contrario del linguaggio
sobrio presente nell’A/remative Service Boote del 1980 riportato in appendice.
Il rito della comunione della Chiesa anglicana intende
essere un rito formativo, in
quanto l’utilizzo della lingua
volgare mirava a rendere la
partecipazione del popolo
più attiva. L’autore evidenzia
l’influsso di Calvino nella
concezione anglicana della
Santa Cena come memoria:
«Il pensiero del riformatore
ginevrino lo ritroviamo riflesso anche nella concezione
della “presenza reale" espressa dalla liturgia anglicana.
Non si tratta di transustanziazione come la intendono i
cattolici, ma di una presenza
reale spirituale (...). Quella
presenza reale spirituale di
Cristo nel pane e nel vino
nella liturgia delia Santa Cena è dovuta alla potenza segreta dello Spirito Santo». In
appendice l’autore analizza
l’evoluzione liturgica in seno
alla Chiesa anglicana, che ha
portato alla redazione dell’
Alternative Service Boote.
(•) Michele Cassese: Holy
Communion. La santa cena anglicana (1662). Genova, Marietti,
1996, pp 192, £22.000.
to humour e una notevole
vena creativa.
Il bicentenario non costituisce solamente l’occasione
di ripercorrere l’opera di Gotthelf nei suoi episodi più conosciuti. Esso può essere anche l’occasione per scoprire
pagine della sua opera rimaste finora pressoché sconosciute. Così, accanto a quella
del cantore delle luci e delle
ombre dell’Ottocento rurale
svizzero, emerge anche l’immagine di un Gotthelf critico
nei confronti della nuova
borghesia elvetica. C’è un romanzo, tra le opere di Gotthelf, che l’autore stesso non
ha mai interamente pubblicato e la cui prima e unica edizione integrale risale
al 1922. Si tratta di Der Herr
Esau (Il signor Esau). È una
satira, in chiave conservatrice, della nuova classe emergente che a metà dell’Ottocento scalzò definitivamente
dal potere l’aristocrazia.
Il signor Esau, un liberale, rappresentante di questa
classe emergente, vi è descritto come un uomo che ha
eletto il denaro a metro universale di misura. Il romanzo
è ambientato nella Berna del
1848, alla vigilia del varo della
prima costituzione federale.
Sullo sfondo del clima turbolento di quei giorni i liberali
sono descritti da Gotthelf come gente che parla molto del
bene comune, ma che in realtà pensa e agisce unicamente in funzione dei propri
interessi. Gli estratti di Der
Herr Esau, pubblicati da Gotthelf, spinsero il governo bernese a considerare l’eventualità di allontanarlo dalla comunità di Lutzelfluh. Non se
ne fece nulla ma il romanzo
rimase, e Io è tuttora, ignorato da una classe dirigente
non disposta ad ascoltare
una critica tanto graffiante
della propria ascesa.
Veduta di Berna
La vera identità dello scrittore
Vita di Albert Bitzius
Albert Bitzius, che assunse
più tardi lo pseudonimo di
Jeremias Gotthelf riprendendo il nome del personaggio
principale del suo primo romanzo, nacque a Morat il 4
ottobre 1797. Figlio di un pastore protestante, divenne a
sua volta pastore dopo avere
compiuto gli studi di teologia
a Berna e Gottingen e aver
svolto un periodo di prova
nelle comunità di Utzensdorf
e Herzogenbuchsee.
Cresciuto nel villaggio di
Utzensdorf, immerso nell’
ambiente rurale bernese, imparò a conoscere il mondo
contadino e le sue tradizioni,
il carattere degli abitanti delle campagne e il loro stile di
vita. Nel 1831 fu nominato
pastore a Lutzelfluh, un villaggio nell’Emmental bernese, dove rimase fino alla
morte, sopraggiunta nel
1854. Gotthelf si occupò, oltre che della comunità riformata di Lutzelfluh, di cui era
pastore, anche di problemi
legati all’educazione della
gioventù e dell’aiuto ai bisognosi e ai poveri. L’attività
nel settore pedagogico e in
quello dell’aiuto ai poveri
permise a Gotthelf di conoscere direttamente i problemi e i bisogni della popolazione rurale bernese. Si radicò e rafforzò così in lui un
forte desiderio di aiutare la
sua gente.
A Milano uno spettacolo che prende le mosse da Pasolini
L'ansia di libertà e il Sermone sul monte
PAOLO FABBRI
. T A verità non sta in un
\\ sogno, la verità sta in
molti sogni». Con questa citazione inizia lo spettacolo di
teatro proposto al Crt Salone
di Milano da Pippo Delbono
e dall’argentino Pepe Robledo. Il lavoro è dedicato a Pasolini senza essere uno spettacolo su Pasolini e in effetti
del mondo pasoliniano recepisce l’atmosfera, mentre testi e immagini in qualche
modo legate alla sua vita ricorrono di continuo. Anche
la scenografia contribuisce a
richiamare la memoria del
grande poeta scomparso: un
palcoscenico vuoto, cosparso di segatura su cui incidono le proprie tracce gli eventi, con i pochi elementi di
supporto (una sedia, una
bottiglia...) che vengono spostati di volta in volta da Delbono che recita o da Robledo
che sta alle tastiere, mentre
un attore talvolta accompagna con la chitarra.
Partendo dalla citazione
iniziale, lo spettacolo si sviluppa in una serie di quadri
scenici, in cui tutto il meccanismo del teatro si muove
con totale trasparenza e con
semplicità; Delbono raccoglie gli abiti gettati a terra e li
porta fuori scena, Robledo
dirige le luci a vista, tutto è
calato nella vita quotidiana,
miscelando con naturalezza
una recitazione quasi senza
parole con la danza e con le
altre attività. Sorreggono le
scene testi di Pasolini, Chaplin, Rimbaud, Genet detti da
Pippo Delbono cui si accompagnano Piero Corso e Gustavo Giacosa.
All’inizio una poesia che
canta l’amore all’universo e
due giovani che si collocano
fermi in atteggiamento amoroso poi, subito dopo, un’ingenua, dolcissima preghiera
di un pastore siciliano. Con
l’intermezzo di un tango argentino pieno di passione,
mimato con notevole efficacia, si passa a una parafrasi
mimica del Chaplin-Charlot
grande dittatore. Un omaggio alla bellezza, unica cosa
rimasta del mondo antico,
presentata in forma di sposa,
che le vicende umane fanno
scomparire; poi una danza
fra due giovani che si amano
e lottano, a rappresentare i
tormenti dell’amore in un
mondo dolce e intimistico,
che stride fortemente con la
potente tragica denuncia di
Pasolini sulle stragi di piazza
Fontana, di Brescia, («io so i
nomi...»).
Si evocano gli arresti, le
percosse di quel periodo per
contenere il movimento,
mentre un ballerino travestito, a rappresentare l’indifferenza della gente, canta e
balla una canzone argentina.
L’ansia di libertà espressa
nella scena successiva culmina nelle beatitudini del
Sermone sul monte. Il finale
riprende l’atmosfera dolce e
intimistica con il ballo di due
giovani in riva al mare, che
vengono circondati e accompagnati da angeli festanti. Il filo conduttore dei vari
quadri, come per le immagini di una poesia postmoderna, è lasciato allo spettatore
e è da individuare più nell’amore che nella rabbia. Un
amore che più che un sentimento viene proposto come
una entità che cerca la propria espressione e trova, nei
suoi tentativi, ostacoli esistenziali 0 di più vasta portata sociale.
In questa ricerca il quadro
scenico si fa evento e l’evento
metafora dell’amore e delle
sue difficoltà. La rappresentazione riesce e coinvolge fin
che si muove su un piano esistenziale, ma cade quando
passa ai problemi sociali e
all’ansia di libertà, perché il
registro resta sempre lo stesso. Di fronte agli ostacoli l’amore non fa esplodere la rabbia, ma si risolve piuttosto
nell’alta invocazione del Sermone sul monte. La rabbia
resta relegata al tono di voce
di Pippo Delbono e ciò non
basta a giustificare il titolo,
che finisce con l’essere fuorviarne, mentre più significativa resta la scena finale a
rappresentare un segno di
speranza in un mondo in
cui l’amore non troverà più
ostacoli di nessun tipo.
6
PAG. 6 RIFORMA
VENERDÌ 7 FEBBRAIO 199]
Prossima una legge per «armonizzare i tempi di lavoro, di cura e della famiglia»
Donne: lavorate meno, state più a casa, fate più figli
La riduzione dell'orario di lavoro per tutti è la via maestra per alleggerire di stress la vita di tutti; la
proposta del ministero per la Solidarietà sociale, invece, rischia nuovamente di creare discriminazione
DORIANA GIUDICI
Dovrebbe essere presentata al Parlamento la
prossima primavera la proposta per un disegno di legge
in 12 articoli ideata dal ministero per la Solidarietà sociale. In questa proposta, il cui
titolo dovrebbe essere «Nor
me per armonizzare i tempi
di lavoro, di cura e della famiglia», risalta, innanzitutto,
una preoccupante disarticolazione con un disegno di
legge del governo, già formalizzato e pubblicato, relativo
agli strumenti destinati alla
promozione dell’occupazione, nel quale si affronta il tema della flessibilizzazione
degli orari. La riduzione dell’orario, per tutti, rappresenta una tradizionale battaglia
dei lavoratori e lavoratrici di
ogni settore produttivo o dei
servizi, che punta, non solo a
alleggerire lo stress e la fatica,
per tutti, ma mira anche ad
accompagnare, in modo intelligente, l’introduzione delle nuove tecnologie che «tagliano» posti di lavoro.
È una proposta che nasce
dalla concreta, quotidiana
constatazione, sui posti di lavoro, delle trasformazioni in
atto. 11 ministero per la Solidarietà sociale, invece, fa ricadere sulle spalle delle lavoratrici le scelte aziendali. Le
lavoratrici dovrebbero prendere congedi o lunghe pause
(ovviamente non retribuite)
nei periodi di stagionalità
della produzione. La stessa
proposta ipotizza «un patto»
tra dipendente e datore di lavoro (e quale funzione svolge il sindacato?) per cui, se
le imprese si impegnano a
mantenere il posto di lavoro,
possono poi usare con grande libertà dei propri dipendenti (orari serali, domenicali, concentrazione in alcuni
periodi, ecc.). Insomma, facciamo ricadere sui singoli lavoratori o lavoratrici dipendenti, le modalità di uso della
manodopera!
11 disegno di legge del governo, invece, ipotizza incentivi da assegnare alle imprese
per la riduzione e la rimodulazione degli orari di lavoro,
per tutti, accogliendo in tal
modo una rivendicazione dei
primi anni Ottanta, quando il
sindacato italiano cominciò a
porsi, in modo nuovo e originale, il tema del mercato del
lavoro e della disoccupazione. Ma, d’altro lato, il ministero della Solidarietà sociale
parla di un «Fondo nazionale
per la flessibilità», per il quale ci sarebbero già trecento
miliardi per i prossimi tre anni, destinato soprattutto alle
mamme. Stiamo assistendo a
una diversificazione di trattamenti nella legislazione del
lavoro fra donne e uomini
dopo anni di battaglie per le
pari opportunità? Lfn vero
passo indietro rispetto alla
elaborazione e alle proposte
degli anni scorsi quando,
partendo dalle richieste delle
donne, si ipotizzava una migliore qualità della vita e del
lavoro, per tutti.
Davvero siamo cosi sicure
che «non si fanno più figli»
perché il lavoro ce lo impedisce? Eppure le donne hanno
sempre detto che è «la carenza» dei servizi sociali, è una
cultura «obsoleta» della vita
familiare è una mancanza di
fiducia nella società che rendono problematico il mettere
al mondo dei figli. Quando
per di più si ipotizza, nella
stessa proposta ministeriale
la possibilità «paritaria» fra
uomo e donna di lasciare il
lavoro per accudire ai figli e
agli anziani, siamo veramen
te «fuori dalla realtà»! Non
possiamo infatti dimenticare
che le buste paga degli uomini (mariti o padri) sono sempre più «ricche e abbondanti» di quelle delle donne. Persone di normale buon senso
decideranno, sempre, che chi
dovrà stare a casa è la donna.
La differenza di genere tornerà a indebolire il percorso
professionale delle donne o,
peggio ancora, renderà sempre più difficile il loro accesso al lavoro. Quale impresa
fra un giovane e una giovane,
anche a parità di preparazione, sceglierà di assumere la
donna, sapendo che, in caso
di maternità, potrà stare a casa fino a tre anni?
Ben diverse sono le soluzioni adottate negli altri paesi
europei: si tratta, da un lato,
di strategie articolate, di tipo
fiscale, che avvantaggiano
economicamente chi ha un
figlio; dall’altro di una intensificazione e qualificazione di
servizi (assistenza prenatale,
cura gratuita della gravidanza, assistenza domiciliare alla
puerpera e al neonato, prevenzione delle malattie e cura gratuita o semigratuita per
i minori, assistenza domiciliare gratuita o semigratuita
per invalidi e anziani, ecc.).
In Francia, ad esempio, le aliquote Irpef sono modulate
sul reddito prò capite della
famiglia; in Germania l’imponibile fiscale viene ridotto in
base alla presenza dei figli.
Davvero lo «slogan» che potremmo trarre dalla proposta
del ministero per la Solidarietà sociale - «lavora meno,
stai più a casa, fai più figli» è più vicina alla cultura di
una società agricolo-medievale che alla nuova civiltà del
Duemila fatta di computer,
telelavoro, fax, internet, glo
balizzazione, mobilità. Perché, invece, non si pensa a
una migliore formazione e
qualificazione delle nuove
generazioni di uomini e donne e a una incentivazione
dell’uso di nuove tecnologie,
per avere più tempo libero,
tutti? Pensare, nell’attuale fase economico-produttiva, di
tornare alla vecchia logica
della «protezione della madre
e del bambino» puntando su
una strumentazione di tutela
della famiglia di tipo ottocentesco, vuol solo dire permettere l’espulsione delle donne
dai posti di lavoro.
Pensare di ampliare il ricorso al part-time per le donne, significa rinchiuderle in
aree di lavoro meno qualificate; istituire congedi parentali per accudire i bambini fino a sei anni d’età, si traduce
in una espulsione delle donne dal mondo del lavoro perché troppo «costose» e «inaffidabili». Non dimentichiamo, infatti, che il congedo parentale è un istituto già esistente, ma per nulla utilizzato; persino l’ipotesi che si
prevede nel disegno di legge
del ministero, di «una interruzione di carriera» che può
durare fino a sei anni, senza
stipendio, si può trasformare
in un decisivo deterrente perché le donne stesse non scelgano la maternità, che può
essere vissuta, alla luce di
questa norma, come una «punizione». Infatti la «valorizzazione» professionale di una
donna viene bloccata e segnata negativamente. La debolezza della proposta del
ministero per la Solidarietà
sociale risiede nel fatto che si
vuole, partendo dalla famiglia
tradizionale, «armonizzare» i
tempi attuali del mondo del
lavoro. Se alla famiglia va riconosciuto un ruolo, anche
nell’attuale società postindustriale, non lo si può fare «caricando» da un lato il mondo
del lavoro di impegni che
spettano piuttosto alla società
nel suo insieme e, dall’altro,
«fingendo» di ignorare che la
famiglia è cambiata.
Il ministero, con la sua
proposta, ci ridisegna una famiglia come luogo del soddisfacimento dei bisogni primari e non come primo nucleo di una società democratica di individui con pari dignità e pari responsabilità sia
all’interno della famiglia, sia
verso l’esterno, nella società
e nel mondo del lavoro. La
proposta ministeriale intende «subire» l’attuale organizzazione sociale e produttiva
e obbligare la famiglia a «rientrare nei ranghi», rinnegando nuovi valori; valori per
i quali tante generazioni di
donne hanno lottato, passando attraverso le battaglie
di emancipazione, quindi di
«liberazione», quindi di pari
opportunità, fino alla richiesta di valorizzazione della
differenza di genere.
Tutto ciò viene sacrificato
sull’altare di vecchie ideologie: la necessità di «ripopolamento italiano» e la famiglia
in cui esistono ruoli stabili
per uomo e donna. Dobbiamo, a questo punto, ricordare che una famiglia basata
sulla disuguaglianza di compiti e di responsabilità, può
essere il fondamento solo di
una società non egualitaria.
Susetta Bonnet
Premio per
Passistenza
agli spastici
La storica Accademia dell(
Scienze di Torino, fondati
nel 1747 da alcuni studiosi)
successivamente riconoscili
ta come istituzione pubblici
da Vittorio Amedeo III ne
1783, che riunisce ricercato
ri di fama nei due settoi
(scienze fisiche, matemati
che, naturali da una parti
scienze morali, storiche e f
lologiche dall’altra) tribut
ogni anno una serie di pren
a personalità che si siano di
stinte in vari campi degli sto
di e dell’attività sociale.
In questo quadro il premii
«Martinetto» è andato a So
setta Giordano Bonnet, fon
datrice dell’Associazione ita
liana assistenza spastici. Li
premiazione è avvenuta né
corso della solenne seduti
del 23 gennaio. Il presidente
Roberto Malaroda ha messi
in evidenza l’impegno pii
che trentennale seguito al
istituzione e alla direzioiit
dell’Associazione e di «
Centro per la riabilitazione di
bambini affetti da tetrapares
spastica. «Un impegno - hi
detto Malaroda - tanto pii
meritevole di apprezzaraen
to, quanto più ha urtato contro la diffusa indifferenza,
contro antichi pregiudizi e
anche contro prassi di comodo tendenti all’occultamento. Bambini considerati irrecuperabili e sono stati (. .) recuperati in ambienti altamente specializzati». La motivazione del premio ;ia fatto
riferimento anche alia positi
va battaglia condotta da Su- Î
•1. ‘
setta Bonnet «per l'inserimento dei bambini spastic
nelle strutture scolastiche i
quindi per il rispetto di un lo
ro diritto civile, sancito dalli
Costituzione italiana».
La testimonianza di un ragazzo che vent'anni fa aveva cominciato così «un
«Ero solo, guardavo le automobili che correvano, cominciai
gioco»
a tirare sassi»
ANNA MAFFEI
. UESTA esperienza risale a circa 20 anni fa.
Ero un ragazzino di 8-9 anni.
Andavo in una zona della
città, dove abitava un mio
amico con il quale studiavo.
Dalla strada si accedeva a
una zona dove c’era una
grande chiesa e dietro c’era
un terreno dove si andava a
giocare. Io amavo esplorare
questo terreno e una volta ho
scoperto che sbucava a ridosso di un tunnel. Sotto di me
c’erano macchine che passavano e poi sparivano imboccando il tunnel. Seduto all’imbocco del tunnel, guardavo giù. Ero solo, guardavo le
automobili che correvano,
avevo pietre tutto intorno a
me e cominciai a gettare una
pietruzza, poi un’altra. Sentivo il rumore che facevano
sulle macchine. Così iniziò
un gioco. Per me nelle auto
non c’erano delle persone,
erano solo degli oggetti che
passavano e io li dovevo colpire. A un certo punto vidi
avvicinarsi un Tir e la cosa
più spontanea che pensai di
fare fu di prendere una pietra
grande perché il camion era
molto più grande. Così calcolai i tempi e buttai giù questo
masso che centrò in pieno il
parabrezza del camion proprio mentre questo imboccava il tunnel. Fu un attimo e
sentii il rumore di una serie
innumerevole di frenate, di
sterzate. Capii che il camion
aveva avuto delle difficoltà e
senza saper nulla di come
fosse andata a finire per la
paura me ne andai. Il giorno
dopo ritornai sul posto, forse
senza rendermene conto a
vrei ripreso a fare lo stesso
gioco. Arrivato sul tunnel vidi
che si fermavano ai bordi
della tangenziale delle macchine della polizia che evidentemente stavano cercando qualcosa, o qualcuno. Fu
a quel punto che capii che
era successo qualcosa e che
questo “qualcosa” aveva relazioni con il camion e con me,
con il mio comportamento
del giorno prima. Ebbi paura,
corsi via e non mi fermai se
non a casa, dopo una corsa di
quasi tre chilometri».
Ho raccolto questa testimonianza da un giovane di cui
per ovvie ragioni non svelo
l’identità, né la provenienza,
tranne la circostanza che egli,
da circa tre anni, è divenuto
membro di una delle nostre
chiese. Il racconto di questo
episodio che ha segnato per
molti aspetti la sua vita ha
fornito un’occasione unica per
riflettere sui fatti di Tortona.
«Io che ho fatto quest’
esperienza sono convinto
che per questi di Tortona è
stato un gioco come lo era
per me. Ho sentito in una intervista che loro assegnavano
dei punti per ogni macchina
colpita... Secondo me è un
altissimo grado di incoscienza quello che fa fare queste
cose. Se assegnavano 100
punti o 500 punti a un camion o a una macchina vuol
dire che non pensavano che
potesse davvero succedere
qualcosa a qualcuno. Un ragazzo di 20 anni spesso non
conosce la morte, non ne ha
esperienza tranne in qualche
caso. L’unica esperienza che
ha è il gioco».
- Eppure c’era un uomo di
40 anni. Quanta influenza ha
il gruppo e il leader del gruppo su questi comportamenti?
«Il gruppo amplifica le emozioni che si provano in
quel momento. Una persona,
da sola, può avere degli stimoli e delle paure. Un’azione
se si presenta emozionante,
ma pericolosa, tu puoi farla o
non farla. Il gruppo invece ti
eccita, ti mette in competizione. Devi dimostrare che
sei più bravo, che fai le cose
più pericolose, che rischi di
più la vita. E quindi il limite
delle tue azioni viene spostato ben oltre il normale perché in quel momento quello
che conta è essere accettato
dal gruppo. Per un ragazzo
non essere accettato dal proprio gruppo è gravissimo, è la
morte. O peggio ancora essere additato come vigliacco,
incapace. Un ragazzo farebbe
di tutto per dimostrare il contrario. Viviamo in una società
in cui i ragazzi crescono con
la convinzione che la paura è
un difetto, è un difetto essere
buoni, è un difetto accettare
l’altro. Devi sempre essere
più forte dell’altro. Con questa cultura di base è facile per
un ragazzo fare delle cose
che altrimenti non farebbe
mai. Io ci credo che i ragazzi
che hanno arrestato in questi
giorni siano dei bravi ragazzi,
presi singolarmente però;
mettili insieme, in competizione fra loro, con la voglia di
fare qualcosa di trasgressivo,
e finisce che tirano sassi dal
cavalcavia. Il confine si assottiglia fra il razionale e l’irrazionale perché si è inseriti in
una dinamica di gruppo in
cui ognuno vuole apparire
diverso da quello che è in
realtà. Così ci vuol poco per
ché un bravo ragazzo diventi
un assassino. Ma nella mente
di chi lo fa la morte possibile
di un altro non è proprio contemplata. Ci sono tante altre
cose che i giovani fanno per
gli stessi motivi e con un’analoga pericolosità».
- Come stare sui binari fino
ad un attimo prima che il treno ti travolga...
«E la stessa dinamica che
porta i ragazzi a fumare uno
spinello e poi magari roba
più pesante e poi a provare
l’eroina, sempre per dimostrare che si è come gli altri o
magari si è più forti, si ha più
coraggio».
- Nella sua spiegazione dei
comportamenti dei giovani in
gruppo, c’è quasi un ’ineluttabilità. Ci si chiede se si possa
davvero fare qualcosa per fermare questi comportamenti
irresponsabili, se possa fare
qualcosa la chiesa...
«Si può fare qualcosa, creare dei punti di incontro con i
giovani, dei centri di ascolto
dove trovare delle persone di
cui ci si può fidare, con cui
sia possibile aprirsi».
- E così certi miti possono
anche cadere?
«Certo, anch’io prima pensavo proprio nella stessa maniera di questi ragazzi. Poi
ascoltando altre persone che
si mettevano in discussione,
che si permettevano di aver
paura, di accettare le proprie
incapacità, di vivere senza
cercare false immagini di sé,
ho cominciato ad accettare i
miei limiti reali, ho capito che
anch’io avevo paura e quindi
era inutile ostentare il coraggio quando non c’era. 11 confronto con altre persone libero e accogliente mi ha fatto
cambiare modo di vivere. Io
credo che questo lavoro si
possa fare nelle scuole, nelle
famiglie, in tutti i contesti soj
ciali. Creare dei gruppi dove
si parla, si discute di tutto;
proprio per contrastare quella
filosofia di vita che è au lodistruttiva e che è molto forte».
-Anche in famiglia?
«Nelle famiglie si insegna
spesso a difendersi dagli altri
con ogni mezzo. A volte i nostri padri sono state le vittime
che ci hanno preceduti e
quindi istigano noi ad essere
carnefici. Sono meccanismi
perversi che si possono inter»
rompere quando ci si fermai
si incomincia a parlare di
quali sono le nostre reali diffl-;
coltà e anche le nostre reali
capacità. Quando ci si perde
di vista, si perde di vista il positivo e il negativo di sé».
- Come la vede questa cosi
che ha fatto tanto tempo p
anche alla luce dell’esperien
za di fede che ha fatto dopo?
«Quando sento per televisione che i ragazzi fanno que l
ste cose o che qualcuno di lo-j
ro va in prigione per questo|
mi sento colpevole anche
io. Sento un’angoscia, lo ero>
bambino e non mi rendevo]
conto, ma tante volte mf
chiedo cosa è avvenuto ah
l’autista del camion e se ci so'
no state auto coinvolte, hj
non lo so, e non so se daweri
vorrei saperlo. Quelle imma
gini mi coinvolgono e mi fanno male... Razionalmen«
l’età, la situazione, rappro
sentano delle attenuanti, m<
rimane il fatto colposo, quell*!
non te lo togli da dosso, tu h^j
creato un incidente, e chiss]|
come è andato a finire. Non
una cosa di cui ti liberi».
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' Spedizione Ili a.p. comma 26
art. 2 legge 549/95 - nr. 5/97 - Torino
In caso di mancato recapito si prega restituire
al mittente presso l’Ufficio PT Torino CMP Nord.
L'Editore si impegna a corrispondere II diritto di resa.
Fondato nel 1848
Ben riuscita la manifestazione a Perosa contro i licenziamenti alla Cascami (ex Filseta). «Siamo vicini alle 150 ore
di sciopero, quasi un mese di stipendio per difendere i posti
di lavoro in valle», dicono i lavoratori. Sabato 1° febbraio
erano presenti in tanti con loro in piazza; i lavoratori delle
altre industrie, artigiani e commercianti, i politici locali e
Fon. Giorgio Gardiol, una delegazione di studenti delle
scuole medie con gli insegnanti, 1 rappresentanti locali delle
chiese valdesi e della Chiesa cattolica. La mobilitazione
continua: intanto si spera nella trattativa aperta a livello regionale. Dalla questione della Cascami, azienda che a
tutt’oggi continua a trarre profitti, si evidenziano due grossi
temi di politica economica; la mondializzazione dell’economia e la necessità di una produzione ecocompatibile, aspetto
quest’ultimo importante per il sostegno del tessile italiano.
A
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Lj.
venerdì 7 FEBBRAIO 1997
ANNO 133 - N. 5
LIRE 2000
Dal 23 al 25 gennaio si è
tenuto al Centro congressi del Lingotto di Torino
un convegno sulla medicina
in montagna. Purtroppo, come spesso accade, gli organizzatori, in questo caso il
Soccorso alpino, l’Ausl 10 e
la cattedra di Anestesia e Rianimazione dell’Università di
Torino, sembrano essersi occupati più del plauso che riceveranno dall’ambiente accademico e politico che non
dalla necessità di coinvolgere
i medici che in montagna
quotidianamente lavorano.
Nei nostri studi delle valli pinerolesi non è arrivato né
l’invito né tanto meno il programma di questo interessante simposio internazionale.
Evidentemente i medici che
CONVEGNO SULLA MEDICINA DI MONTAGNA
SENZA DOTTORI
MARIO SOLIGO*
ancora mettono rozzi e ineleganti scarponi per far il loro
lavoro non sono operatori significativi della medicina di
montagna.
Gli organizzatori si sono disinteressati anche di molti altri operatori sanitari che lavorano nelle nostre valli. Né gli
infermieri professionali del
territorio né i medici e gli infermieri dell’Igiene pubblica
sono stati informati del con
vegno. Da più di 10 anni questi professionisti hanno accumulato una rilevante esperienza di lavoro e molti dati sulle
condizioni sanitarie e sociali
della nostra gente di montagna. Purtroppo non è stata data loro la possibilità di confrontarsi con realtà analoghe e
di aggiornarsi sulle eventuali
novità tecnico-organizzative
presentate al convegno. Lascia molto perplessi, tra Tal
Azienda Usi 10
I servizi
ai Mondiali
di Sestriere
La ì';c>enza dell’Ausi 10 ai
campionati mondiali di sci
sarà garantita dalla centrale
operativa 118, che è stata collocata al primo piano del vecchio municipio di Sestriere,
nei locali appena ristrutturati,
e che gestirà tutte le emergenze del comprensorio facente
capo al prefisso 0122, comprese le due postazioni di elicottero attivate per l’occasione e dislocate a Susa e a Sestriere. L’Ausl ha fornito alla
centrale operativa una postazione di primo soccorso, due
mc//l ai soccorso avanzato
(su ima deile due ambulanze
sarà p;e-..,’nie un medico degli
ospcfl dì \ aldesi) e due di
SOCCO! a di base con volontari. InoUiv saranno attivate 24
ore SU 24 due guardie mediche tra Pragelalo e Sestriere.
Che cosa rimarrà a Sestriere
dopo il 16 febbraio?
Fra le strutture che continueranno ad essere a disposizione del territorio c’è innanzitutto l’ambulatorio, che sarà
utilizzato dai medici e dal
personale di base; inoltre sarà
anche assicurata un’assistenza infermieristica domiciliare,
nell’ambito di un progetto a
lunga scadenza dell’Ausl che
vuole incentivare l’assistenza
domiciliare. «Mi pare fondamentale che il servizio sanitario offerto per i Mondiali sia
poi stabile e serva alla popolazione - ha commentato il
sindaco di Pinerolo, Alberto
Barbero -. Il problema del
l’AusI 10 è di dover coprire
un territorio molto ampio e
quindi gli investimenti per i
servizi vanno calibrati sulle
esigenze di frequenti, e costosi, spostamenti».
Dopo i campionati si prevede anche l’installazione a Sestriere di uno sportello informativo sui servizi dell’Ausl,
con orario da definire, che da
marzo in poi svolgerà anche
l’importante funzione di inoltro delle pratiche.
Fanno discutere i recenti provvedimenti del governo in temi di difesa e di leva
Donne: ^uguaglianza arriva con la divisa?
FEDERICA TOURN
Apertura delle Forze Armate alle donne; possibilità di scelta fra servizio militare e civile per tutti, possibilità di prestare servizio civile
volontario anche per gli extracomunitari: queste, in termini
grossolani, le novità più salienti del disegno di legge sulla leva militare di recente approvato dal governo. Il principio di fondo che ha animato i
lavori è stato quello di dare
nei fatti pari dignità costituzionale tra il servizio civile e
quello militare, sulla scorta
dell’encomiabile argomentazione che si serve la patria anche nella tutela dell’ambiente
e della salute, nella salvaguardia del patrimonio artistico e
storico e non solo con le esercitazioni militari.
Peccato che si possa scegliere il servizio civile purché
la Difesa abbia completato il
contingente di leva previsto
(100.000 all’anno): in caso
contrario, lo stato potrà dirottare il numero necessario di
ragazzi verso il disertato servizio militare. E anche la decisione di fissare a 13 mesi il
servizio civile (3 mesi in più
rispetto al militare, giustificati
con la necessità di uno specifico addestramento) potrebbe
Militari durante un’esercitazione di tiro
di fatto orientare la scelta dei
ragazzi verso la temuta (ma
più breve) naia. Un dato positivo è che d’ora in poi sarà
un’agenzia della presidenza
del Consiglio e non il ministero della Difesa a gestire il servizio civile.
Ma torniamo alla leva militare femminile: salutata con
giubilo non solo dalle 300 socie dell’Anados (Associazione nazionale aspiranti donne soldato) ma anche dal ministro delle Pari opportunità, Anna Finocchiaro, che 1’
ha definita «una rivoluzione,
un evento storico per il paese», lascia invece perplesse
molte donne, non ultime le
pacifiste, che vedono nel
provvedimento un passo indietro e non certo una vittoria
del femminismo e della pari
opportunità. Rivoluzione
egualitaria? Atto dovuto ai
paesi fratelli della Comunità
europea? Stratagemma per
rimpinguare le Forze Armate?
Sentiamo che cosa ne pensano
alle Valli le dirette interessate, le ragazze tra i 18 e i 26
anni che potrebbero fare domanda per il famigerato servi
II generale Charles Beckwith, noto per
il sostegno determinante dato alla
Chiesa valdese in tante circostanze, come ad esempio nella costruzione di diverse chiese e opere, era dotato di una
profonda sensibilità umana che lo rendeva attento alla situazione di grande difficoltà e sofferenza in cui si trovava, nel
secolo scorso, la maggior parte delle famiglie della vai Pellice. E il suo aiuto,
generoso e discreto, era rivolto sia ai cattolici che ai valdesi, senza distinzione.
Si racconta che un giorno incontrò un
uomo, cattolico, che si guadagnava il pane compiendo un trasporto giornaliero di
legna e carbone dalla montagna ai villaggi di fondo valle. Per questo lavoro si
serviva di un asino. Beckwith notò quel
giorno un’espressione di profondo scoramento dipinta sul volto del «giornalie
IL FILO DEI GIORNI
L'ASINO
____________ALBERTO TACCIA____________
ro»; ne chiese il motivo e apprese che
l’asino era stato posto sotto sequestro da
un suo creditore, e non avrebbe potuto
servirsene prima di aver pagato tutto il
suo debito. Questa situazione metteva in
crisi la sopravvivenza stessa dell’uomo e
della sua famiglia che dal lavoro dell’asino traevano la loro unica fonte di esistenza. Beckwith si informò dell’entità della
somma e, con grande stupore del suo interlocutore, gli propose di acquistare lui
stesso l’asino pagando un prezzo corrispondente al debito. Il pover’uomo accettò. «Va bene - disse Beckwith - domani mattina portate l’asino a casa mia a
Santa Margherita e io vi darò il denaro».
Così avvenne. Ma al momento di concludere l’affare, Beckwith dice all’uomo:
«Poiché per il momento non saprei dove
sistemarlo, affido a voi il mio asino, servitevene pure come avete fatto finora finché non ve lo richiederò. Ma sia ben
chiaro! Quest’asino è mio e non permetterò a nessuno di sequestrarvelo sotto
qualsiasi pretesto!». Solidarietà discreta,
rispettosa, ecumenica, non umiliante e
con un pizzico di humour...il che non
guasta. Tuttavia chi ci guadagnò più di
tutti fu l’asino, chiamato «l’asu d’I boutalun», perché da quel giorno fu promosso al rango di «l’asu d’I coulunel»!
tro, che tra gli organizzatori di
questo convegno vi siano gli
stessi responsabili che a livello di Ausi 10 dovrebbero coordinare il lavoro degli operatori sanitari del territorio.
Questi episodi dimostrano
che con l’accorpamento delle
Usi delle valli pinerolesi non
si è verificata l’opportunità di
alzare il livello globale di qualità dei servizi territoriali. Si
sta verificando al contrario un
appiattimento verso il basso,
caratterizzato da continua carenza di informazioni dal centro verso la periferia, alla quale si aggiungono progressivi
tagli di personale e servizi con
il conseguente impoverimento
dell’assistenza sanitaria territoriale delle nostre valli.
*medico di medicina
zio militare (o civile); «È giusto dare la possibilità di fare il
servizio militare alle ragazze
che lo desiderano - dice Nataly, 20 anni, e con lei Luisa
di 19 e Annalisa di 21 - ma io
non lo farei perché sono pacifista». E per quanto riguarda
il servizio civile? «Se fossi
obbligata a scegliere tra il servizio militare e quello civile
scegliere il civile - spiega Miriam, 20 anni - ma volontaria
non parto». Poi aggiunge:
«Inoltre non credo nemmeno
che questa legge sia un passo
avanti verso un’effettiva parità dei sessi». Ma non tutte
sono diffidenti: «A me questa
riforma piace - dice Stefania,
24 anni -. Se avessi 18 anni
farei domanda in Aeronautica. Adesso purtroppo no, perché ho un lavoro e non posso
permettermi di perderlo per il
servizio militare». Per lo stesso motivo Loredana, 25 anni,
rifiuta il servizio civile: «Se
dessi 13 mesi allo stato perderei il lavoro. Però è giusto
che anche le ragazze possano
prestare servizio civile.
Quanto al servizio militare
neanche a parlarne, sono contraria sia per le donne che per
gli uomini». Sì al servizio civile, quindi, anche se più lungo di 3 mesi. In attesa di una
leva militare di volontari.
ÌN Questo
Numero
Torre Pellice
È un provvedimento sicuramente doloroso quello
che riguarda la scuola dei
Bouissa: dal 1° settembre
prossimo la scuola frazionale chiuderà i battenti di
fronte all’onere troppo rilevante delle spese necessarie all’adeguamento alle
nuove norme. I costi per i
lavori si sono sommati alla
necessità, da parte del
Provveditorato àgli Studi,
di chiudere ben 17 plessi
scolastici nella provincia
di Torino.
Pagina II
Castanicoltura
Sono tante le zone boscose, tra i 500 e 1 1.000
metri, popolate di castagni.
Per venire incontro a una
attività che coinvolge molte persone in vai Pellice
sta per avviarsi l’esperienza di un vero e proprio
consorzio di produttori per
promuovere la diffusione
della castagna.
Pagina II
Interrec
Sta per prendere il via il
progetto «Interreg II» di
cooperazione transfrontaliera fra stati. Un seminario svoltosi a Torino è stato la sede in cui è stato fatto un bilancio di «Interreg
I» e si sono cominciate a
prospettare le linee per
questa seconda esperienza.
Il progetto verterà sul miglioramento della rete di
trasporti e sulla valorizzazione del comune patrimonio culturale e economico.
Pagina III
Bobbio Pellice
Bobbio Pellice si inserisce a pieno titolo nella
«Alleanza nelle Alpi», rete
europea di Comuni per favorire Io scambio di informazioni e progetti.
Pagina III
8
PAG. Il
E Eco Delle yaìlì "\àldesi
VENERDÌ 7 FEBBRAIO 1997 vENI
APERTI I MONDIALI DEL SESTRIERE — Con una breve cerimonia che ha visto la partecipazione anche del primo ministro Romano Prodi, si sono aperti domenica sera i
campionati del mondo di sci alpino al Sestriere. Pochi problemi alla circolazione: i parcheggi predisposti alle barriere delle valli Susa e Chisone si sono rivelati sufficienti,
qualche problema invece per il ritorno a casa per quanti
domenica sera hanno abbandonato il Colle. Lunedì, nella
prima gara, il super G, si è imposto il norvegese Skaardal;
gli italiani, pur ben piazzati, non sono saliti sul podio. Intanto è attivato il servizio di cappellania curato dalle chiese valdesi del I distretto; è previsto un culto evangelico,
presso la chiesa di Sant’Edoardo (nella foto) domenica 9
febbraio, alle 10. Nel medesimo luogo, tutti gli altri giorni,
alle 19,30, vi sarà una riflessione biblica. È inoltre attivo il
numero telefonico 0338-7552671.
LINEA VERDE APPRODA IN VAL PELLICE — La pun
tata di «Linea verde» il popolare programma televisivo di
Raiuno in onda ogni domenica alle 12,20, il 16 febbraio andrà in onda dalla vai Pellice. A portare la troupe televisiva
in valle sono stati sia i Mondiali di sci al Sestriere che la ricorrenza del 17 febbraio; nel prossimo fíne settimana verranno effettuate varie registrazioni sia in quota che a fondo
valle. La collina del forte di Torre Pellice ospiterà il tradizionale pranzo che viene presentato in ogni programma.
TRUFFA DELLA CARNE A PINEROLO — Una truffa miliardaria ai danni dello stato è stata scoperta dalla Guardia
di Finanza di Pinerolo che ha condotto una lunga indagine
su strani spostamenti di bovini dalla Francia; in apparenza
gli animali erano destinati al semplice transito in Italia (sono coinvolte diverse aziende del Pinerolese) per poi finire
in altri paesi esteri quindi senza pagamento di Iva; le aziende che acquistavano i bovini in questo modo in realtà li indirizzavano sul mercato modenese con relative fatture. In
questo modo le aziende truffatrici incassavano denaro per
un’Iva che a loro volta non avevano versato.
OMICIDIO A LUSERNA — Nellla notte di domenica scorsa
una donna di Lusema San Giovanni, Mirella Di Palma, 47
anni, è stata strangolata dal marito Eugenio Anderlini, di 51
anni, senza lavoro. L’uxoricida si è poi costituito nella mattinata di lunedì ai carabinieri di Pinerolo; dalle prime ricostruzioni del delitto sembrerebbe che la donna, sofferente di
mente, abbia chiesto essa stessa al marito di essere uccisa.
IL MINISTRO COSTA CONFERMA L’IMPEGNO PER
L’AUTOSTRADA — Una delegazione di amministratori
del Pinerolese, guidata dal consigliere regionale Marco Bellion, ha incontrato la scorsa settimana il presidente della
giunta regionale, Enzo Ghigo, e quello del Consiglio, Picchioni, per avere garanzie sul mantenimento degli accordi
presi a suo tempo col ministro dei Lavori pubblici Di Pietro
a proposito della viabilità nel Pinerolese: il completamento
dell’autostrada, un nuovo tratto della statale 23 e la messa
in sicurezza della statale 589. La delegazione ha poi incontrato il nuovo ministro. Paolo Costa, che ha confermato gli
impegni presi e la volontà di avviare al più presto i lavori.
QUOTE LATTE: MERLO CHIEDE UN INTERVENTO
DELLO STATO — In merito alle vicenda «quote latte»
Fon. Giorgio Merlo con una proposta di legge ha chiesto un
impegno dello stato, limitatamente al ’95-96, per una compartecipazione ai pagamenti delle multe che gravano sugli
allevatori. «Un impegno del 40% dell’importo dovuto, elevato al 70% per i produttori al di sotto dei 40 anni, renderebbe più sopportabile il pagamento del prelievo supplementare
- dice Merlo -; chiedo inoltre una rateizzazione dei pagamenti in quattro rate semestrali a partire dal 1° luglio ’97».
MINISTERO DEL LAVORO
E DELLA PREVIDENZA SOCIALE
UFFICIO PROVINCIALE DEL LAVORO E
DELLA MASSIMA OCCUPAZIONE DI TORINO
sezione circoscrizionale per l’impiego di Pinerolo
Si porta a conoscenza dell’utenza che la Commissione
circoscrizionale per l’impiego ha approvato la graduatoria di cui all’art. 16 legge n. 56/87.
Si precisa che il punteggio potrà subire variazioni all’atto deH’avviamento a selezione, se vi fossero modifiche
reddituali.
Detta graduatoria è a disposizione degli interessati per la
consultazione, a partire dal 29 gennaio 1997 nei locali
della circoscrizione, siti in corso Torino 324, piano terra.
Eventuali ricorsi vanno indirizzati alla commissione provinciale per l’impiego di Torino per il tramite di questa
circoscrizione, in carta legale.
Il termine di dieci giorni per ricorrere, ai sensi dell’art.
20 legge n. 56/87, decorre dal 29 gennaio 1997.
Pinerolo, 29 gennaio 1997
il responsabile della sezione
(G. Sapei Poliotti)
Sofferta decisione a Torre Pellice
Chiude la scuola
dei Bouissa
Dal 1° settembre la scuola
frazionale dei Bouissa di Torre Pellice chiuderà i battenti;
10 ha deciso martedì 28 gennaio la giunta comunale al
termine di un lungo dibattito
che ha visto confrontarsi, le
scorse settimane, genitori, insegnanti, amministratori. La
scuola dei Bouissa, ospitata
in un edificio di proprietà della locale Chiesa valdese, ha
visto col tempo diminuire il
numero degli allievi; attualmente infatti frequentano la
prima classe tre bambini e altrettanti erano stati iscritti per
11 prossimo anno scolastico.
Nel contempo nella scuola
del capoluogo sono stati
iscritti alla futura prima classe 16 bambini.
«Perché l’edificio potesse
continuare ad essere adibito a
scuola - precisa il sindaco di
Torre, Marco Armand Hugon
- sarebbero stati necessari diversi interventi: revisione, alla luce del di 626/94, dell’intera struttura e in particolare
dell’impianto elettrico, abbattimento delle barriere architettoniche, sostituzione delle
persiane, revisione dei pavimenti sconnessi. In tutto si
può stimare una spesa di alcune decine di milioni. Se a
ciò aggiungiamo i circa 20
milioni di spese di gestione
annuali, si capisce come 1’
amministrazione potrebbe
spendere in modo migliore i
pochi soldi a disposizione».
La scuola dei Bouissa non
ha né servizio mensa né palestra, per cui accade che i
bambini vengano trasportati
al capoluogo sul pulmino comunale per le attività moto
Ricordo di
«dando Ester»
L’estremo saluto, Ester
Menusan, te l’abbiamo dato
in un sereno, caldo pomeriggio di gennaio: sei parsa meno triste, con il sole, la mesta
cerimonia a cui abbiamo partecipato. Gli ultimi tuoi anni
di vita, la tua solitudine, la
mente non più lucida destano
rimpianto in chi, come me, ti
vuole ricordare diversamente.
Minuta di statura, volto grazioso, sorridente e disponibile
verso gli altri, carattere forte e
volitivo che ti ha permesso di
superare le non poche difficoltà di una vita non certo facile. Ne parlavi nelle lunghe
sere d’inverno a casa nostra:
scorrevano gli episodi del tuo
passato, risaltava determinante il peso della fede per la forza d’animo a cui facevi costantemente appello per affrontare le vicissitudini. Nella
bella stagione lavoravi i campi e raccoglievi la legna; ti ricordo arrivare in mezzo ai
prati con la tua gerla e in mano un mazzo di rododendri
oppure di viole che in casa tua
non mancavano mai. Riservata ma affabile: la tua porta,
così come il tuo animo, aperta
a conoscenti e ai turisti di Indiritti. Eri la «nonnina» del
posto, inconfondibile per la fi
rie, vengono riportati ai Bouissa per la lezione e riportati, nella stessa giornata, al capoluogo per la mensa, salvo
poi essere riportati alla frazione per le lezioni pomeridiane; l’impegno dell’operaio
autista grava alla fine in modo esagerato sul Comune per
una scuola che dista meno di
900 metri dal capoluogo.
A un certo punto del confronto con i genitori, sembrava che a decidere venisse
chiamato il consiglio comunale, poi c’è stata una improvvisa accelerazione: «Il
Provveditorato si è trovato di
fronte a disposizioni che imporranno la chiusura di 17
plessi scolastici in provincia
di Torino - continua il sindaco -; la nostra scelta è stata
pertanto quella di andare incontro alle richieste del Provveditore, nel contempo sottolineando l’importanza del
mantenimento delle classi a
tempo pieno e dello sdoppiamento delle due classi che
con l’accorpamento di Bouissa a capoluogo supererebbero
le 25 unità. Abbiamo concrete motivazioni che ci fanno
supporre un’attenzione favorevole del Provveditorato».
L’amministrazione ha voluto sottolineare anche l’impegno già intrapreso a favore
dei ragazzi, dalla creazione
della galleria d’arte in cui si
svolgono corsi per gli alunni,
alla biblioteca di prossima
apertura e, promette il sindaco, «altre eventuali proposte
che dovessero essere avanzate dalla scuola saranno prese
in considerazione con attenzione daH’amministrazione».
gura, per il modo di accogliere e di conversare: chi ti ha
conosciuta non ha potuto che
volerti bene. Il tuo ricordo,
«dando» Ester, è legato a un
periodo determinato della mia
vita di adolescente prima e di
donna poi: ricordo che significa affetto e che si traduce nel
sincero ringraziamento per
quello che mi hai insegnato.
Tiziana Menusan - Prali
Agricoltori
e quote latte
L’articolo di Paolo Fabbri
sul n. 3 di Riforma e quello
di Piervaldo Rostan su L'eco
delle valli relativi al problema delle quote latte per la loro serietà di analisi non hanno certo bisogno di commenti: inviterei i lettori che non li
avessero letti a farlo, perché
si capisce meglio il problema
che guardando i vari telegiornali e sentendo parlare i Bossi o i Fini.
Vorrei dire il mio parere,
quello di uno che ha vissuto
all'intemo di un’associazione
di produttori questo problema. Dopo aver organizzato
con le altre organizzazioni
delle proteste al governo per
aver accettato senza discutere
le imposizioni degli altri pae
Vietate bombole spray e petardi
Come ricorda l’ordinanza del sindaco del 27 ottobre ’94, a
Pinerolo anche in occasione del Carnevale è vietato l’utilizzo di bombolette schiumogene, l’esplosione di mortaretti,
petardi, razzi, castagnole, scacciacani e congegni simili, ritenuti fastidiosi e pericolosi per l’incolumità fisica e il danno
materiale agli abiti. In caso di inosservanza della disposizione si procederà a norma di legge.
Val Pellice: una svolta nel settore
Nasce il consorzio
dei castanicoltori
Potrebbe sembrare strano,
di primo acchito, trovarsi di
fronte ad una serata sulla castanicoltura in pieno inverno;
eppure venerdì 7 febbraio, in
vai Pellice, si cercherà di dare
una svolta ad un settore che
per la valle rappresenta un’indubbia, storica, ricchezza: la
produzione di castagne da
frutto. La castanicoltura riveste ancora, malgrado l’abbandono della montagna, un ruolo di primaria importanza in
quella fascia vegetazionale
compresa fra i 500-1.000 metri di altitudine detta appunto
«castanetum». Gli addetti
spesso non sono più agricoltori ma pensionati che integrano
il loro reddito con la vendita
delle castagne, talvolta si tratta di persone che lavorano in
fabbrica o in un ufficio.
Censiti negli anni scorsi circa 10.000 esemplari di alberi,
per lo più secolari, avviati nel
tempo progetti di rinnovo delle colture attraverso nuovi impianti e potature per arrestare
l’avanzata del cancro del castagno, ogni produttore si trova, si potrebbe dire da sempre, di fronte ai problemi della commercializzazione. Come uscire da un giro vizioso
in cui il produttore deve di
fatto assoggettarsi totalmente
a quelle che sono le indicazioni di prezzo dei pochi grossisti che si recano in valle a raccogliere la produzione?
Su iniziativa della Comunità montana vai Pellice potrebbe prendere in via un vero
e proprio consorzio di produttori di castagne in vai Pellice,
che nelle intenzioni godrà di
uno statuto onnicomprensivo
si sulle quote, a livello regionale abbiamo cercato di dire
agli allevatori che questa legge, anche se non ci piaceva,
andava rispettata. Risultato,
abbiamo perso degli associati: sono passati ad altre associazioni che permettevano loro di fare quello che volevano
perché questa è la libertà nel
paese dei furbi: non rispettare
le leggi. Difatti, uomini che si
propongono a governare l’Italia (o la Padania) come Fini o
Bossi invitano a non pagare:
paghi il governo. Questi sono
i «nuovi» che dicono esattamente le stesse cose che dicevano quelli che governavano
13 anni fa, allora Craxi, Andreotti e Pandolfi. In un paese
normale, dopo 13 anni sarebbe una vergogna non aver ancora pagato le quote, in Italia
sembra un merito.
in previsione di future espansioni verso altri prodotti sinora considerati «minori» e che
invece potrebbero ricoprire
un ruolo importante nei programmi di rilancio agricoloterritoriale della valle. Così,
dopo aver sostenuto programmi di innesto di nuove piante,
cure colturali e potature, la
Comunità montana si propone come fulcro di una iniziativa di commercializzazione.
La castagna ha un suo valore
nutritivo, un suo sapore gradevole e si presta a numerose
creazioni culinarie; l’albero
con il suo portamento rappresenta una bellezza paesistica
assolutamente naturale, così
come le metodologie di coltivazione esenti da forzature
chimiche o da uso di antiparassitari rappresentano una sicurezza per il consumatore.
Inoltre la castanicoltura potrebbe essere inserita anche
nei futuri programmi europei
Interreg. In sostanza la valorizzazione della produzione
di castagne, attraverso la creazione di nuovi sbocchi di
commercializzazione, vuole
essere un’occasione di rilancio delle produzioni agricole
della vai Pellice. Con una
ipotesi in più: la produzione
sperimentale di nocciole ohe
potrebbero essere in gran parte assorbite dalle industrie
dolciarie della zona.
L’incontro pubblico del 7
febbraio, ore 21, nella sala
consiliare della Coinunità
montana, dovrà costituire un
primo passo concreto verso la
nascita di un consorzio per la
produzione e la vendita di
questi prodotti agricoli.
Nessuno ha sbagliato o tutti
hanno sbagliato in questo pasticcio all’italiana? Certo non
solo i politici di Roma hanno
sbagliato, ma anche i funzionari deirUnalat e quelli dcll’Aima (a proposito: che cosa
hanno fatto sia Bossi che Fini
quando erano al governo per
sburocratizzare questi enti?);
hanno sbagliato le Regioni a
concedere agli allevatori mutui per costruire stalle, hanno
sbagliato le organizzazioni
che non hanno saputo far crescere gli allevatori, così questi sono stati trattati da imbecilli dagli Andreotti e Pandolfi e adesso continuano ad esserlo dai «nuovi» Fini e Bossi. Sinceramente, come facente parte della categoria mi dispiace: si fatica ad abituarsi.
Mauro Gardiol - Pinerolo
È con grande riconoscenza e affetto che le numerose «nidiate
di pulcini» ricordano la loro prima maestra dell’Asilo valdese
di Torre Pellice, la signorina Dora Revel, che ha raggiunto il 20
dicembre 1996 la «casa del Padre», ritrovando oltre ai propri
cari anche molti dei suoi ex «pulcini» che ci hanno preceduti e
che ricordiamo nel nostro cuore. Al marito, signor Picot, e alle
famiglie Revel il nostro fraterno pensiero. La fotografia acclusa
è dell’anno 1942, scattata presso la Casa unionista.
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Da quando sono riuscita a
sintonizzarmi bene su
Radio Beckwith ho un appuntamento importante a cui cerco di non mancare. È quello
di mezzogiorno, quando va in
ondala lettura della Bibbia, la
semplice e pura lettura che il
lettore Max chiama «quel libro», senza commento, intervallata soltanto da qualche
stacco musicale. Essendo ormai libera da problemi di orari, posso nella mia giornata
dare la precedenza alle cose
che ritengo importanti; quindi
durante il pranzo ho scelto la
compagnia di Radio Beckwith, migliore delle tante notizie allarmanti, che già non
mancano dalla radio e tv.
Questa lettura della Bibbia,
iniziata con la Genesi e proseguita con gli altri libri, senza
alcuna propaganda e parole
aggiuntive, è per me veramente corroborante, perché
credo nella potenza della parola del Signore. È un seme
gettato; sta a noi preparare il
terreno perché possa crescere.
In questi giorni Radio Beckwith sta concludendo il libro
dei Proverbi, quel libro di sapienza antica che ancora oggi
ci può far rillettere, e mi ha
colpito in particolare uno di
questi antichi detti: «Chi ha
fretta prende la via sbagliata»
oppure, secondo altra traduzione, «Chi cammina in fretta,
sbaglia».
Viviamo purtroppo nel tempo della fretta, che non dà
$azi a nessuna tregua e che.
in fondo, non ci porta in nessun luogo sicuro ma è solo
fonte di stress e affanno,
«blon ho tempo, vado di fretta», e CO' ! !!on mi accorgo di
tante cose liiiportanti che
avrebbero ìjisogno di un momento di sosia, di tante persone, il mio prossimo, a cui passo accanto senza preoccuparmi di lui o di lei! E una morsa
diabolica a cui sembra di non
poter sfuggire, salvo poi accorgersene quando è troppo
tardi. Una morsa che ci fa
pensare anche al recente
dramma della velocità dei treni, con le vittime di Piacenza.
Troppa fretta! Ma è proprio
necessaria tutta questa fretta,
per guadagnare il tempo che
ci sfugge e restando spesso
stanchi e inconcludenti? E per
giungere dove?.
Gesù non ha avuto fretta
nella sua vita terrena e pure è
venuto a compiere l’opera più
umana che si potesse fare: la
salvezza di noi tutti. Non ha
avuto fretta con i bambini che
anche noi, come i discepoli,
spesso ci vorremmo togliere
di tomo; si è fermato con loro, ha dato loro retta. Non ha
avuto fretta nei suoi incontri,
con chi gli chiedeva ascolto,
consiglio, guarigione. Non ha
avuto fretta con chi accusava
la donna adultera, si è messo
a scrivere con il dito per terra
fino a quando tutti gli accusatori se ne sono andati e così
ha potuto dire alla donna
«Dove sono i tuoi accusatori?
Nessuno ti ha condannata?
Neppure io ti condanno: va’ e
non peccare più».
Gesù era stanco ma non ha
avuto fretta neppure con la
donna samaritana che lo assediava con le sue domande: le
ha dato ascolto perché aveva
una grande notizia da comunicarle. Non ha avuto fretta
quando, sapendo che dopo i
suoi miracoli molta gente si
radunava per udirlo ed essere
guarita, si ritirava nei luoghi
deserti per pregare. Si potrebbero citare altri esempi. Mi
viene in mente una domanda
per questo nostro tempo della
fretta: se provassimo talora a
rompere questa catena che ci
porta sulla via sbagliata, come
dice l’antico libro dei Proverbi, riflettendo sull’inutilità e
la pericolosità del nostro eterno correre di qua e di là? Forse potremmo imboccare una
via migliore.
Viaggio
turistico
storico
sulle tracce dei valdesi del Nord-Ovest
degli Stati Uniti d’America
dal 5 al 27 settembre 1997
La Società di studi valdesi, unitamente al Centro
culturale, organizza un secondo viaggio nel Nord
America. Si tratta, come il precedente, di un viaggio che unisce il carattere turistico allo storico per
visitare un paese che nel secolo scorso ha accolto
emigranti valdesi. Ci sarà l’opportunità, durante
questo itinerario, di avere degli incontri con dei loro
discendenti e inoltre conoscere realtà diverse come
quelle dei mormoni. Il viaggio toccherà i seguenti
Stati: CJtah, Wyoming, (parco nazionale dello Yellowstone) Idaho (e Montagne Rocciose) quindi California (San Francisco, Los Angeles, San Diego)
con breve sconfinamento in Messico, e infine New
York. Se siete interessati vogliate contattare telefonicamente con urgenza, dato il numero limitato di
posti, il numero telefonico 0121-932566 oppure
0121-932179. 11 responsabile sarà a vostra disposizione il mercoledì e il giovedì dalle ore 10 alle 12 e
dalle 15 alle 17,30 per fornire tutte le informazioni.
Il Comune inserito nella rete europea «Alleanza nelle Alpi»
Polìtica ambientale a Bobbio
PIERVALDO ROSTAN
Il Comune di Bobbio Pellice ha compiuto un altro
passo all’interno del progetto
di rete di comuni «Alleanza
nelle Alpi»; giovedì scorso il
Consiglio comunale ha esaminato e approvato gli obiettivi
stabiliti dalla Convenzione
delle Alpi, documento programmatico che quasi nessuno dei sette paesi che aderiscono alla Cipra (Commissione intemazionale per la protezione delle Alpi) ha ancora
approvato. Bobbio è uno dei
pochi paesi sul versante italiano delle Alpi ad aver aderito
alla proposta di rete dei Comuni. Finora sono 27 le città
più o meno piccole ad avere
riconosciuto negli obiettivi
della Convenzione delle Alpi
i propri scopi, intensificando
le comunicazioni tra i Comuni
alpini per favorire lo scambio
di informazioni e di progetti.
Il metodo di lavoro previsto
prevedeva la costituzione di
un gruppo di persone che localmente studiassero problemi
ed interessi locali. Ogni gruppo doveva scegliere due settori di intervento valutando, caso per caso punti forti e debolezze del singolo Comune e
quindi delineare le linee guida
della politica ambientale dei
rispettivi paesi. I sindaci dei
Comuni interessati si sono già
ritrovati ad Igls-Innsbruck
nell’ottobre scorso e si ritroveranno in Svizzera in marzo.
A partire dal prossimo autunno, terminata la fase sperimentale, potranno aderire alla
rete anche altri Comuni ed enti montani. Il gruppo di lavoro
locale di Bobbio ha redatto in
questi mesi il documento per
la politica ambientale del Comune di Bobbio Pellice. In esso vengono affermati i principi della massima partecipazione dei cittadini, la volontà
di scambio di informazione
con gli altri Comuni, il mante
Progeito di rete di comuni
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nimento dell’agricoltura montana compatibile con il territorio, la conservazione delle foreste; interesse viene espresso, tra l’altro, verso la possibilità di istituire aree protette,
la difesa del trasporto collettivo e in particolare di quello
ferroviario, l’uso di risorse
energetiche rinnovabili e a
basso impatto ambientale.
Il Consiglio comunale si è
anche occupato di alcune questioni di carattere più marcatamente locale: è stata ad esempio approvata la convenzione
fra Comunità montana vai
Pellice e Lega nazionale per la
difesa del cane per la gestione
dei servizi di cattura, ricovero
e custodia dei cani randagi,
servizio che costerà al Comune circa 500 lire per abitante.
Un lungo dibattito ha fatto da
prologo alla determinazione
delle aliquote per Pici; la legge finanziaria ha lasciato ai
Comuni alcuni margini di decisione in più rispetto al passato, consentendo tra l’altro
l’aumento fino al 7%o con facoltà di detrazione per la prima casa fino a 500.000 lire.
La proposta della maggioranza, appoggiata dalla minoranza, ha portato alla suddivisione di aliquote fra i residenti, i
proprietari di case sfitte e di
quanti proprietari affittano a
residenti, alzando l’aliquota al
7%c a chi non affitta l’alloggio
e portandola al 5,5%o per
quanti affittano a residenti.
«Negli ultimi anni - ha detto
il sindaco, Charbonnier - una
trentina di giovani coppie ha
dovuto andare ad abitare fuori
Bobbio per mancanza di un
alloggio; è giusto dare un segnale “politico” nei confronti
di quanti tengono gli alloggi
vuoti. Personalmente sono un
convinto assertore del metodo
delle “chambre à louer”: bisogna cioè offrire a un turismo
non particolarmente ricco ma
amante della natura la possibilità di fermarsi anche solo
una settimana in un alloggio
arredato». La detrazione per
la prima casa è stata fissata a
450.000 lire.
Due ordini del giorno hanno impegnato infine il Consiglio comunale; uno, proposto
dal Movimento federalista europeo a sostegno di un’assemblea europea Costituente; al
voto favorevole di tutti si è affiancato r intervento della minoranza che, con Pasetto, ha
ribadito «l’importanza di
un’Europa unita non solo per
le banche ma anche per i cittadini fondandosi sulla democrazia, sulla solidarietà e sulla
giustizia sociale». Unanime
anche il consenso all’approvazione della Carta europea
dei diritti del pedone.
Un recente convegno a Torino
Interreg II al vìa
MASSIMO GNONE
Non è forse un caso che il
seminario su Interreg sia
stato organizzato nella sala
Eurostar di Porta Nuova: quale sede migliore di una stazione, centro di scambio e comunicazione, per un incontro
sulla cooperazione tra stati? Il
progetto Interreg, infatti, come recita il vademecum informativo, è «una iniziativa comunitaria a favore della cooperazione transfrontaliera
nell’interesse delle popolazioni locali».
I numerosi interventi del seminario del 24 gennaio scorso, promosso dal Centro di
iniziativa per l’Europa del
Piemonte con il gruppo parlamentare del Partito socialista
europeo e il gruppo consiliare
regionale del Pds avevano
l’obiettivo di delineare, attraverso più punti di vista, un
primo bilancio del progetto
Interreg I, insieme con una
analisi delle prospettive per il
futuro rappresentate da Interreg II, frutto del lavoro di elaborazione di Francia, Italia e
Commissione europea e approvato da quest’ultima il 3
aprile scorso. Il nuovo progetto, che dispone di un finanziamento comunitario previsto di
oltre 300 miliardi di lire, ha
come obiettivi lo sviluppo e il
miglioramento dei trasporti e
delle reti di servizi italo-fran
cesi, la valorizzazione del patrimonio comune sia culturale
che economico dei territori di
frontiera, la limitazione degli
aspetti negativi del mercato
unico. Da segnalare l’assenza
del sottosegretario agli esteri
Piero Fassino, il cui intervento avrebbe dovuto concludere
la giornata di dibattito.
La formulazione delle domande di contributo pubblico
al finanziamento dei progetti
impegnerà imprese e amministrazioni nei prossimi mesi e,
come ha sottolineato Franco
Cairus della Comunità montana vai Pellice, «è necessaria
innanzitutto una reale collaborazione tra gli enti diversi con
l’eliminazione della competività esistente». Cairus ha poi
illustrato gli interventi e i risultati raggiunti con Interreg I
nella nostra zona, nel campo
scientifico-naturalistico ma
anche sotto il profilo turistico
e culturale; tra tutti la reintroduzione dello stambecco e il
completamento del giardino
botanico del Barant da un lato
e, dall’altro, la produzione del
video sulle risorse della vai
Pellice, l’attivazione dei corsi
di formazione per direttori didattici («Università estiva») e
gli scambi scolastici tra i due
paesi. Il tutto presentato con il
Parco regionale del Queyras,
con la consapevolezza di appartenere a un territorio alpino
con storia e cultura comuni.
Pinerolo
Entro febbraio
il bilancio '97
Entro febbraio il Consiglio
comunale di Pinerolo dovrà
approvare il bilancio programmatico per l’anno in corso. L’amministrazione ha predisposto un documento sul
quale si terrà un assemblea
pubblica il 20 febbraio all’auditorium di corso Piave.
La linea seguita per la stesura del documento di bilancio è stata quella di quantificare le risorse disponibili (85
miliardi circa) per la gestione
dell’ente e quindi di individuare dei piani esecutivi di
gestione, i Peg. Attraverso i
Peg si sono individuati degli
scopi da raggiungere, delle figure responsabili, dei mezzi,
vi sarà un monitoraggio di un
responsabile delle finanze e
ogni mese la giunta potrà seguire l’andamento di ogni settore, garantendo così un miglior controllo. Sul versante
delle opere pubbliche l’intenzione è quella di portare a termine i progetti già avviati pur
non mancando possibilità di
avviare nuovi studi (dalla
riorganizzazione del centro
studi, agli studi possibili sui
grossi contenitori urbani).
L’Ici dovrebbe rimanere al
5,60 per la prima casa, e riguardo all’eventuale emissione di Boc per ora la giunta si
è dichiarata pronta ma non è
ancora stata individuata l’opera per cui emettere tali titoli.
FGEI VALLI — Sabato 8 e
domenica 9 febbraio incontro dei giovani della Fgei
Valli che si ritroveranno a
Pomaretto sul tema politico: Italia sì... Italia no.
CORETTO E CORALI —
Sabato 15 febbraio a Villar
Pellice, alle 20,45, le corali
di Angrogna, Rorà, BobbioVillar e il coretto si esibiranno in un concerto a favore
della chiesa di Dipignano.
SCOUT — Il prossimo incontro del gruppo Val Pellice avverrà sabato 8 febbraio alle 16,30 alla Casa
unionista di Torre Pellice.
Contemporaneamente il
gruppo di Pomaretto si ritrova all'Eicolo grando.
ANGROGNA — Riunioni
quartierali: martedì 11 febbraio alle 20,30 ai Jourdan.
BOBBIO PELLICE — Domenica 9 febbraio culto in
francese.
LUSERNA SAN GIOVANNI — Riunioni quartierali:
venerdì 7 febbraio alle
20.30 agli Airali. Studio biblico a cura del pastore
Claudio Pasquet mercoledì
12 febbraio, alle 20,45 al
presbiterio, sul tema «Ci saranno dei guai», capitoli 8 e
9 dell'Apocalisse.
MASSELLO — Riunione
quartierale mercoledì 19
febbraio alle 15 al Roberso.
PERRERO-MANIGLIA —
Sabato 8, alle 20,45 nei locali della chiesa di Perrero,
la V ginnasio-ll liceo europeo di Torre Pellice mette in
scena «Il fantasma di Canterville». Riunione quartierale giovedì 13 alle Grangette alle 15.
POMARETTO — I giovani
del gruppo teatro del 3° circuito si ritrovano domenica
9 febbraio alle 20,30 nella
saletta del teatro per scegliere i testi per un prossimo spettacolo. L'Unione
femminile si incontra mercoledì 12 febbraio alle ore
14,30. Appuntamento del
gruppo incontro donne alle
20.30 di lunedì 10 febbraio
presso la sala Lombardini.
Riunioni quartierali; mercoledì 12 febbraio alla Lausa
alle 20,30, giovedì 13 all'Inverso Paiola alle 15, venerdì
14 alle 15 all'Inverso Clot.
PRALI — Riunioni quartierali: venerdì 7 alle 19,30 a
Orgiere, mercoledì 12 alle
19.30 ai Pomieri-Giordano,
giovedì 13 alle 20 a Ghigo,
venerdì 14 alle 19,30 a Villa.
PRAMOLLO — L'assemblea di chiesa è fissata per
domenica 16 febbraio, con
all'odg l'esame della relazione finanziaria.
RORÀ — Giovedì 13 febbraio riunione quartierale
alle Fucine.
SAN SECONDO — Riunione quartierale mercoledì
12, alle 20,30 a Combe.
TORRE PELLICE — Domenica 9 febbraio alle 15
assemblea di chiesa alla Casa unionista per l'elezione
dei deputati alla Conferenza distrettuale e al Sinodo,
Assemblea di Graz, rendiconto finanziario e approvazione del preventivo per
il 1997, elezione dei revisori
dei conti. Studio biblico: lunedì 10 febbraio alle 20,45
al presbiterio con Davide
Ollearo su Matteo 24, 15-31
«Le tribolazioni». Riunioni
quartierali: venerdì 7 febbraio alla Ravadera, martedì 11 febbraio ai Simound, mercoledì 12 febbraio
agli Chabriois, venerdì 14
febbraio agli Appiotti.
VILLAR PELLICE — Riunioni quartierali: martedì
11 febbraio alle 20,30 borgata Garin, venerdì 14 febbraio sempre alle 20,30 a
Ciarmis.
VILLASECCA — Riunioni
quartierali: martedì 11, alle
14.30 ai Trossieri, alle 20 a
Villasecca, mercoledì 12 alle
20 a Trussan, giovedì 13 alle
20 a Serre Giors. L'Unione
femminile si riunisce giovedì
13 alle 14,30.
10
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E Eco Delle LI ìàidesi
VENERDÌ 7 FEBBRAIO 1997 . ^
HOCKEY GHIACCIO: LA VALPE
ILLUDE — L’HC Valpellice a Chiavenna si illude per due tempi di poter imitare
il Torino della settimana precedente; l’inizio è tranquillo, con azioni sui due fronti
e i portieri in ottima forma. Il primo «drittel» si chiude così sullo 0-0. Nella seconda frazione la Valpe prende coraggio e va
in rete due volte, grazie ad Agli e a Malan, subendo però una rete dai lombardi
ad opera di Risciotti, bomber del campionato. Chiuso in vantaggio di 2-1 il secondo tempo, la Valpellice deve fare i conti
in apertura di terzo tempo con un brutto
intervento di Malan che gli costa la penalità di partita; i cinque minuti di inferiorità numerica favoriscono il Chiavenna
che va a rete con i suoi uomini di esperienza, Pandini, Del Curto e ancora Risciotti oltre a Sciaini. Per la Valpe è buio
anche se arriva la terza rete con Ronzino,
un peso piuma di grande temperamento;
Luca Giordan si fa buttare fuori con penalità di partita e salterà così il prossimo turno. In settimana le ultime due partite:
mercoledì col Varese e domenica 9 febbraio, ore 20,30, a Torre Pellice con lo
Zanica. Sabato 8, ore 18, sempre a Torre,
nuovo impegno per la squadra di serie C,
questa volta con la Civetta Milano.
po anche il gol della squadra di casa. Inutile ogni tentativo di rimonta; il Pinerolo è
tornato a casa con una sconfitta evitabile
dopo i tre successi consecutivi che lo avevano fatto risalire fino ai 30 punti in classifica. Domenica prossima al Barbieri arriverà rimperia che nell’ultimo turno ha
battuto per 1-0 la Fossanese relegandola
all’ultimo posto. In Prima categoria il Luserna perde 2-3 dal Rivalta, il Sansecondo
pareggia 1-1 con la Nonesenone e il Porosa perde 1 -2 a Beinasco.
versarle sia tecnicamente che agonisticamente. Grande prestazione tecnica di Federica Bertin, coadiuvata da Ropolo, Mulinaro e Vigliarolo, con una sicura Obbialero in porta. Questa la formazione che ha
vinto per 24 a 3: Obbialero, Pavanello (3),
Mulinare (3), Bertin (6), Ropolo (1), Merlo (2), Ladelia (3), D’Ambrosio e Vigliarolo (4). Prossimo appuntamento a Aosta
alle 9,30 di domenica 9 febbraio.
BROOMBALL: AL VIA IL TORNEO — Primo turno, domenica scorsa,
per il torneo di broomball, al palaghiaccio
di Torre Pellice. Il Martinez ha superato i
Falchi della notte per 2-0 e il Montenero
ha battuto il Chiosco per 2-1.
TENNIS TAVOLO: GHIRI SUL PODIO — Fermi i campionati. Giuliano Ghiri, della polisportiva Valpellice, ha conquistato due terzi posti il primo in un torneo individuale a Moncalieri e il secondo
in coppia con Franco Picchi a Biella.
GAGGIO: PINEROLO KO A MÌONGALIERI — Il Pinerolo sperava di aver
ripreso la strada della vittoria nel campionato di calcio Dilettanti ma la trasferta
con il malconcio Moncalieri si è risolta
con una sconfitta. Dopo aver mancato alcune buone occasioni con i propri attaccanti, i biancoblù hanno dovuto incassare
prima l’espulsione di Muratori e poco do
PALLAMANO: BENE IL 3S PINEROLO — Finalmente una partita divertente e giocata in scioltezza dalle ragazze
del 3S Pinerolo in serie B femminile di
pallamano. Contro un avversario non eccezionale, ma comunque veloce e determinato come il Vigevano, il 3S Pinerolo
ha ben figurato con una buona prestazione
corale di tutta la squadra. Tutte le atlete
sono scese in campo, grazie a un risultato
quasi subito definito a vantaggio delle pinerolesi. In rete sono andate Moscato ( 1 ),
Salaris (3), Bianchi (3), Cavallaro (3),
Garrettino (1), Gaia (3), Rinaldi (2) e
Deambrogio (2). Il prossimo impegno
sarà a Pinerolo sabato 8 febbraio alle
18,30 con il Coccaglio.
Il Gsm Exes Rivalta maschile è in piena
crisi: a Rinasca infatti Rincontro con il
Biella si è risolto a favore di questi ultimi
con il punteggio di 10 a 13. A parte alcuni
infortunati il problema principale del calato rendimento della squadra sembra essere
il ridotto impegno negli allenamenti, spesso disertati dagli atleti. L’incontro con la
squadra di Biella è cominciato con sei uomini, per poi diventare 7 e infine 8 e
nell’organico era presente anche un allievo, Alex Pavanello (1980), che ha fatto
comunque la sua parte. Non sono bastati
comunque gli exploit personali di Enrico
Comoglio, aggressivo in difesa e bravo in
attacco, di Goss e Canale, grintosi in campo, del giovane Bounous e di Moscato,
purtroppo sono mancati il gioco corale, gli
schemi e la precisione nei passaggi. Facile
successo invece per le Allieve del 3S Pinerolo sull’Alessandria. Le ragazze guidate da Sara Bianchi, con la supervisione di
Cosimo lannuzzi, hanno sovrastato le av
PALLAVOLO — Doppia sconfitta per
le squadre di Pinerolo impegnate in B1 e
B2: le ragazze del Magic Traco in B1 sono state sconfitte al tie break dal Santa
Croce, i ragazzi del Body Cisco in B2
hanno impegnato fino al quarto set il Busca al palazzetto cuneese. Bene invece il
Gold Gallery che in B2 femminile ha battuto in trasferta il Sumirago per 3-1.
Settimana altalenante di risultati per le
giovanili del 3S Pinerolo e Luserna con
vari esperimenti da parte degli allenatori in
vista dei play-off. Tra gli Allievi, girone di
eccellenza, la squadra di Ferrerò e Jourdan
è ancora in testa al campionato, dopo aver
sconfitto il Valli di Lanzo per 3 a 0. Nel
girone B passo falso della formazione di
Ciccione fermato a Carmagnola dal Con
Voi Volley per 2 a 1. Nel girone A Ragazzi partita facile per il 3S Nova Siria contro
la Sa. Fa. di Torino, sconfitta per 0 a 3.
Battuti dal Valsusa invece i Ragazzi del
Girone C per 3 a 0. Tra le Allieve San Secondo batte 3S Nova Siria per 3 a 0 e
sconfitta anche per le Ragazze sconfitte
dalla Piscinese Volley per 3 a 2. L’impianto sportivo Alpi Cozie di Luserna San Giovanni ha ospitato la giornata conclusiva
del torneo amatoriale femminile di pallavolo «Baudrino», giunto all’ottava edizione. L’assenza all’ultimo momento della
Vbc di Pinerolo ha creato alcuni problemi
organizzativi. La semifinale è stata vinta
dal Morgan Pizzeria Borgo Antico per 2 a
1 contro il Vecchio Forno Bricherasio. In
finale si sono così incontrate il Morgan e
la Polisportiva Piscinese, con la vittoria
della formazione di Antonella Bruno per 3
a 1. Il torneo amatoriale maschile «Storello» di pallavolo vede al comando Morgan
«Il punto e» con 22 punti, seguito dal volley di Villafranca con 14 punti.
Valli Chisone e Cermanasca
Un video per
il turismo culturale
Quattro giorni di spettacoli e musica
La Comunità montana valli
Chisone e Germanasca presenta, in occasione dei campionati mondiali di sci di Sestriere, un interessante video
sul proprio territorio: «Cluzoun». Il titolo, che riporta la
dizione della valle nella parlata occitana locale, suggerisce appunto l’idea di un viaggio sentimentale e ragionato
attraverso i volti, i mestieri, i
paesi e la natura di queste
due valli.
Il lavoro si rivolge a un turismo culturale, interessato
non solo agli aspetti sportivi e
ricreativi ma anche alla gente
che vive e lavora su queste
montagne, alla sua cultura,
alla sua lingua e a tutti gli
aspetti dell’abitare umano,
dall’architettura alla cucina,
dai momenti comunitari alle
attività tradizionali. Il video,
della durata di 17 minuti, è
stato realizzato dall’associazione culturale «Ousitanio vivo», attiva da molti anni nella
difesa del patrimonio culturale delle valli occitane. Gli autori sono Diego Anghilante e
Predo Valla, che stanno presentando in questi mesi il
film documentario «Valades
Ousitanes», dedicato appunto
alla comunità linguistica degli occitani d’Italia.
Di «Cluzoun» vanno ricordate le struggenti melodie
cantate dalle corali valdesi
della vai Germanasca, la
sciata appassionata ed «eroica» del fondista Fabrizio Jaime lungo la vai Troncea, le
riflessioni del pastore valdese
Claudio Tron, la testimonianza di un giovane agricoltore
di Usseaux e le fasi salienti
di un momento comunitario
tipico di queste valli: la macellazione del maiale e la
preparazione dei salumi. «Il
motivo conduttore del video
- spiegano i due autori - sono senz’altro le riprese aeree
dell’Albergian, della vai
Troncea e del Forte di Fenestrelle. In queste valli abbiamo scoperto comunità vive e
profondamente legate alla
propria storia. Visi, lavori,
gesti che esprimono una spiritualità autentica e schietta».
Il video, tutto giocato sulle
musiche di Purcell e Bach, si
avvale della fotografia di Luciano Federici e di Ezio
Gamba e del montaggio di
Filippo Mauceri.
Maschere in piazza al
Carnevale di Pinerolo
E
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Si inaugura il 6 febbraio il
«Carnevale pinerolese», con
Tarrivo alle ore 16,30 alla stazione di Gianduia, Giacometta
e delle due Giacomettine, che
percorreranno le vie di Pinerolo fino al municipio per ricevere simbolicamente le
chiavi della città. Accompagnano le note maschere una
comitiva di figuranti, «I folli»
e gli attori di «Bandamania»,
che terranno un breve spettacolo. Alle 21, serata di apertura del Carnevale con danze latinoamericane al Macumba e,
al Teatro-incontro di via Caprini 31, la «Paolo Alfero Tarab Flamenco Ensemble» presenta «Atto Flamenco», spettacolo di danza flamenca.
Venerdì 7 febbraio, alle ore
21 al Teatro-incontro, «The
Pulcinella Project» e il «Teatro del Vicolo» con Antonio
Fava presentano «Vita, morte
e resurrezione di Pulcinella»;
il biglietto intero costa
12.000 lire, sconti per i soci
della Pro Pinerolo e i ragazzi
sotto i 18 anni. Sabato 8 febbraio, alle ore 15 storico carnevale per le vie di Pinerolo;
dalle ore 15,30 la compagnia
«Fratelli di taglia» presenta
«Distinta Compagnia Colombazzi, ovvero-nevvero saltimbanchi, acrobati, giocolieri, fachiri e mangiafuochi dal
1887 anzichenò»; il gruppo
scout «Pinerolo 2» presenta
invece «Giochi in città» per
tutti i bambini, con vari punti
gioco disseminati per le vie.
Domenica 9 febbraio alle ore
14,30, in piazza Vittorio Veneto, «Festa dell’Hilaria, ov
vero il falò della metamorfosi
e della rinascita»: i bambini
delle scuole elementari di Pinerolo comporranno un corteo con Gianduia, Giacometta, le maschere italiane e
Bandamania» e porteranno
in piazza i «totem» che han
no fabbricato durante l’inverno per poterli bruciare.
Questo rito si riferisce a
un’antica festa di epoca romana, gli «Hilaria» appunto,
in cui si celebrava il rituale
scontro tra forze positive e
negative, quest’ultime rappresentate nei totem costruiti dai
bambini: gli stati d’animo negativi così raffigurati verranno «bruciati» e trasformati in
percezioni positive, rese visibili da travestimenti simboleggianti la metamorfosi avvenuta. Dopo il falò, distribuzione di bugie e vin brulé e
partenza di Gianduia e Giacometta in mongolfiera. Alle
ore 17,30 all’Auditorium comunale di corso Piave il
gruppo teatrale «I sottopalco»
presenta «Il re dei giocattoli»,
spettacolo per bambini; ingresso lire 6.000. Per lunedì
10 febbraio alle ore 16,
all’Hotel Cavalieri, è previsto
un pomeriggio danzante per
anziani e martedì 11, alle
15,30, un ulteriore pomeriggio di festa per bambini al ristorante Macumba.
SOS ALCOLISMO
Poliambulatorio
VillarPerosa: tei. 51045-51379
Ospedale Pomaretto
Tel: 82352-249-day ospitai
7 febbraio, venerdì — TORRE PELLICE: Alle 21, nella
sala consiliare della Comunità
montana, incontro su «Prospettive di produzione e commercializzazione di castagne e nocciole
in vai Pellice».
7 febbraio, venerdì — PRAGELATO: Alle 21,15, nella palestra comunale, concerto di musica tradizionale del gruppo Baraban.
7 febbraio, venerdì — PINEROLO: Alle 20,45, al teatro
oratorio San Domenico in via
Savorgnan d’Osoppo 1, assemblea dibattito sul progetto di
riforma della scuola presentato
dal ministro Berlinguer, organizzato da un gruppo di insegnanti
del Pinerolese.
7 febbraio, venerdì — PINEROLO: «Riforma della leva e
servizio sociale» è il titolo del
convegno, organizzato dall’on.
Giorgio Merlo, che si svolgerà
alle ore 20,45 presso l’Hotel Cavalieri, stradale Orbassano 11.
Interverranno l’on. Gianni Rivera, sottosegretario alla Difesa, e
il senatore Elvio Passone.
8 febbraio, sabato — BIBIA
NA: Per la 1“ rassegna «Teatro
dialettale», alle 21,15, al teatro
parrocchiale, l’associazione culturale «Il nostro teatro» di Sinio
d’Alba presenta «Viva la sposa»,
commedia brillante in due atti,
testo e regia di Oscar Barile.
8 febbraio, sabato — SESTRIERE: Alle 19, al Palatenda, concerto corale del gruppo
Badia corale vai Chisone.
8 febbraio, sabato — TORRE PELLICE: Dalle 8 alle 17
mercatino biologico nell’area pedonale.
8-9 febbraio — PINEROLO:
L’Accademia italiana «Shiatsu.
do» propone un corso di introduzione allo shiatsu. Per informazioni rivolgersi al Nuovo Centro
della salute «Main de lumière»
presso la palestra «Dojo karaté
judo», via Maffei di Boglio.
9 febbraio, domenica — PINEROLO: Alle 14,30, alla parrocchia di San Lazzaro, riprendono gli incontri delle coppie interconfessionali; aH’ordine del
giorno due relazioni dal titolo
«L’iniziativa cristiana in ambito
cattolico» e «La preparazione e
l’ammissione dei catecumeni in
ambito valdese».
9 febbraio, domenica — SESTRIERE: Al palatenda, alle
15, danze tradizionali con il
gruppo «La teto aut».
9 febbraio, domenica — POMARETTO: Tradizionale appuntamento con il cameval.
9 febbraio, domenica —
PRAGELATO: Per le vie del
paese carnevale dei bambini, con
sfilata sui carri.
10 febbraio, lunedì — SESTRIERE: Al Palatenda, alle
19, spettacolo teatrale musicale
«Costruire cantando».
11 febbraio, martedì —
TORRE PELLICE: Alle 21
presso la Bottega del possibile,
viale Trento 7, «La nuova stagione del Guatemala», proiezione di
diapositive a cura di Marcello
Gaietti e di Monique Jourdan;
seguirà un dibattito con il Comitato Guatemala.
12 febbraio, mercoledì — PINEROLO: Presso la scuola media «Silvio Pellico», succursale
zona Serena, via Giovanni XXIII,
alle 17, corso di aggiornamento
per insegnanti su «Le contraddizioni della modernità», introduce
Francesca Spano, relazione di
Claudio Canal su «Globalizzazione, piccole patrie, solitudine».
12 febbraio, mercoledì —
SESTRIERE: Alle 19 concerto
delle corali valdesi al Palatenda.
12 febbraio, mercoledì — PINEROLO: Al cinema Ritz, per
la rassegna Cineforum verrà proposto, alle 20,45, «L’età acerba»,
di A. Techiné.
14 febbraio, venerdì —
TORRE PELLICE: Nella sala
consiliare della Comunità montana, alle 20,45, per il gruppo di
studi Val Lucerna, rorientalista
Antonella Comba parlerà su «Introduzione alla meditazione di
consapevolezza».
15 febbraio, sabato — PINEROLO: Presso la libreria Volare, in corso Torino, presentazione della rivista «La beidana».
Servizi
VALU
CHISONE - GERMANASCA
Guardia medica;
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale di Pomaretto, tei. 81154
Guardia farmaceutica;
DOMENiCA 9 FEBBRAiO
Perosa Argentina: Farmacia
Termini - via Umb. tei. 81205.
Ambulanze:
Croce Verde, Perosa: tei. 81000
Croce Verde, Porte : tei. 201454
VAL PELLICE
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
telefono 932433
Guardia farmaceutica:
DOMENICA 9 FEBBRAIO
San Secondo: Farmacia Mollano - via Rol 16, tei. 500112..
Ambulanze:
CRI - Torre Pellice, tei. 953355
Croce V. - Bricherasio, tei. 598790
PINEROLO
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale civile, tei. 2331
Ambulanza:
Croce Verde, tei. 322664
SERVIZIO INFERMIERISTICC
dalle ore 8 alle 17, presso le
sedi dei distretti.
SERVIZIO ELIAMBULANZA
telefono 118
TORRE PELLICE — Il
cinema Trento ha in programma, giovedì 6 e venerdì
7, ore 21,15, Jude, di M.
Winterbotton; sabato 8, ore
20 e 22,10, domenica 9, ore
16 e 18, 20 e 22,10, lunedì
10, ore 21,15, Ransom, il riscatto; martedì 11 e mercoledì 12, ore 21,15, Microcosmos, il popolo dell’erba.
BARGE — Il cinema Comunale ha in programma,
giovedì 6, ore 21, Spiriti nàie tenebre; venerdì 7, ore 21,
Festival; sabato 8, ore 21,
Delitti inquietanti; da domenica 9 (15, 17, 19, 21) a giovedì 13, Sono pazzo di ìris
Blond; feriali spettacoli ore |
21, mercoledì chiuso.
PINEROLO — La multisala Italia propone alla sala
«2cento», fino al 12 febbraio,
Dragon Heart; feriali 20,20
e 22,20, prefestivi 20,20 c
22,30, festivi 14,30, spettacoli continuati. Alla sala «5cento», fino al 12 febbraio, è in
visione II ciclone; feriali 20 e
22,20, prefestivi 20 e 22,30,
festivi 14,30, 16,30, 18,30,
20,20 e 22,20.
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Dal 18 al 25 gennaio si è svolta in tutta Italia l'annuale Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani
Nel nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio
L'ormai tradizionale «Settimana per l'unità» è stata quest'anno particolarmente ricca di iniziative in tutta Italia, ma la spesso
scarsa partecipazione della base delle chiese protestanti mostra che ci sono ancora molte riserve sulla pratica ecumenica
Genova: buon clima
con la spinta del Sae
TEODORO FANLO Y CORTES
La realtà ecumenica a Genova è quella costituita
dal Gruppo Sae, non molto
numeroso, ma vero animatore di una serie di conferenze
che da anni creano un momento culturale ed ecumenico molto sentito a livello cittadino. Non meno importante è l’attività che riguarda la
lettura ecumenica della Bibbia con scadenza mensile.
La settimana di preghiera
ha visto tre momenti qualificanti: uno di carattere culturale, a carico del past. Renzo
Bertalot, sul tema «Gesù Cristo, fondamento e meta delrecumenisrno». Gli altri due
dedicati all’ascolto della Parola e alla preghiera. Il primo
incontro si è avuto nella chiesa dell’Albergo dei poveri,
luogo significativo della città
dove risiedono molti anziani.
La riflessione biblica è stata
tenuta dal vescovo ausiliare e
dai pastori luterano e battista. L’altro incontro, quello
principale, è stato nella chiesa anglicana dove hanno pre
dicato il responsabile della
Chiesa ortodossa, il pastore
valdese di Genova centro e
l’arcivescovo della città.
Buona la partecipazione,
ma scarsa la presenza protestante. Le ragioni possono
essere diverse. Già alle attività ecumeniche durante
l’anno pochi fratelli e sorelle
partecipano. La chiusura e la
prevenzione delle nostre
chiese contro la Settimana di
preghiera si potrebbe spiegare con l’impressione che si
tratti di ecumenismo di parata e di circostanza, occasionale e ambiguo. Ci può
essere del vero in questo giudizio. Ma c’è alternativa?
Malgrado le indicazioni sinodali le nostre chiese rimangono nel «ghetto». Abbiamo bisogno di pregare,
discutere e insieme riscoprire l’ecumenismo come segno dei tempi e occasione
unica di testimonianza. Per
accettare questa sfida è necessario tornare alla Bibbia
con la passione di un tempo,
fiduciosi che lo Spirito ci guiderà «in tutta la verità».
Roma: cattolicesimo
e protestantesimo cambiano
LILIANO FRATTINI
L) ANNUALE Settimana di
I preg*ìlera ci ha messo di
fronte alia constatazione di
come sono cambiati un certo
cattolicesimo e un certo protestantesimo. L’incontro del
24 gennaio nel tempio valdese di piazza Cavour è stato,
teologicamente e liturgicamente, un’occasione di alto
profilo per prendere coscienza dell’ineluttabilità del percorso intrapreso. La decennale collaborazione fra la
parrocchia cattolica di Cristo
Re e la chiesa valdese di piazza Cavo!ir è stata la motrice
di un’iniziativa che ha riempito l’austero tempio, dal cui
pulpito soifcano i volti di Lutero e (iaìvino.
L’infaticabile pastora valdese Mari.i Bonafede ha guidato l’incontro di fraternità e
preghiera e i pastori Valdo
Benecchi, metodista, e Italo
Benedetti, battista, hanno segnato i momenti liturgici della confessione di peccato e
dell’annuncio del perdono. I
canti sono stati eseguiti dalle
corali di piazza Cavour e di
Cristo Re. Sono seguite testimonianze cattoliche ed evangeliche sulle tappe salienti del
cammino della riconciliazione. Sul testo di 2 Corinzi 5 ha
predicato il vescovo Cesare
Nosiglia, vice gerente del vicariato di Roma, una presenza che attesta la sensibilità e
l’attenzione del card. Camillo Ruini verso l’istanza ecumenica. Padre Juvenalie loannou, prete ortodosso, ha
quindi invitato tutti a ripetere
ad alta voce il Credo nicenocostantinopolitano, confessione di fede comune a cattolici, evangelici e ortodossi.
l
FEBBRAIO 1997
Il muro e il ponte
Le religioni tra integralismo
e riconciliazione
Convegno - Roma 14-16 febbraio
Chiese
Verso un nuovo Concilio?
Società
I bambini che crescono nel carcere
Politica
Dove vanno i Verdi? Intervista a Luigi Monconi
Confronti-, una copia lire 8.000; abbonamento annuo lire 65.000;
(sostenitore lire 120.000 con libro in omaggio). Versamento sul ccp 61288007
intestato a coop. Com Nuovi Tempi, via Firenze 38, 00184 Roma.
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(indirizzo Internet: Http7/hella.8tm.it/market/sct/home.htm)
A Torino e provincia la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani ha seguito un calendario fitto di incontri di vario genere, che si sono svolti in oltre una ventina di parrocchie cattoliche e chiese evangeliche e ortodosse. Come è ormai consuetudine la Settimana si è aperta con una celebrazione in duomo e
si è conclusa presso il tempio valdese di corso Vittorio Emanuele.
Nella foto (da sinistra a destra) il pastore valdese Giuseppe Platone, l’arcivescovo cardinale Giovanni
Saldarini, e padre Giorgio Vasilescu della Chiesa ortodossa romena, durante la serata conclusiva
Firenze: sì alla teologia, dubbi sul culto
PASQUALE JACOBINO
Tre gli appuntamenti di
rilievo della settimana:
un incontro di preghiera presieduto dal pastore Mario Affuso e dal prof. Luciano Martini, una tavola rotonda sul
tema «Verso Graz», con il pastore Piero Bensì e il teologo
cattolico Enrico Chiavacci,
l’incontro in battistero, presieduto dal card. Silvano Piovanello, con interventi del
pastore Raffaele Volpe e di
padre Petre Coman, della
Chiesa ortodossa romena.
Scarsa, come sempre, la
partecipazione evangelica, a
fronte di un cattolicesimo vivace e ricco di fermenti, con
il suo associazionismo, i circoli biblici, i gruppi di intellettuali raccolti intorno alla
esperienza della Badia Fiesolana, della rivista Testimonianze, delle edizioni Cultura
per la pace. Il suo volto istituzionale è rappresentato dal
card. Silvano Piovanello, figura aperta, raffinata, antitesi del vecchio conservatori
Catania: buona
partecipazione
ITALO PONS
UNA buona partecipazione ha reso possibile, giovedì 23 gennaio, il tradizionale appuntamento di preghiera per l’unità dei cristiani. Dedicato al tema della riconciliazione possiamo ben
dire che si tratti dell’inizio di
una riflessione che avrà nell’appuntamento di Graz il
suo momento culminante.
Nel tempio valdese la liturgia
della Parola è stata animata
da molti fratelli e sorelle appartenenti a diverse comunità cattoliche e chiese evangeliche. Il vicario generale
della diocesi di Catania, monsignor Salvatore Pappalardo,
e il pastore awentista Enzo
Caputo hanno tenuto il commento dell’Evangelo.
Sul medesimo tema della
riconciliazione si è tenuto
domenica 26 gennaio, presso
la locale chiesa battista, un
convegno di studio organizzato dall’Associazione delle
chiese battiste della Sicilia e
della Calabria, in collaborazione col 16“ circuito valdese.
Particolarmente interessante
la relazione del pastore Martin Ibarra, della chiesa battista di Bari.
Padre Ernesto Balducci, fondatore di «Testimonianze» delle Edizioni
cultura della pace
smo clericale. Gli evangelici
passano dal fermo «no grazie!» delle chiese dell’area
evangelicale alla sofferta, ma
chiara posizione valdese: disponibilità al confronto teologico, ma rifiuto di adesione
a momenti cultuali. Hanno
aderito alla Settimana apostolici italiani, episcopali
americani, riformati svizzeri,
battisti, metodisti, luterani,
anglicani.
A Firenze le iniziative ecumeniche si proiettano prima
e oltre la Settimana di preghiera, con un appuntamento mensile consolidato nella
continuità più che nella partecipazione della base evangelica. Dove sta andando l’evangelismo florentino più attento alle ragioni dell’ecumenismo? Verso un modello
di pratica ecumenica essenzialmente liturgico, che ritrova nella preghiera e nell’adorazione le parole per l’incontro tra fratelli e sorelle di
confessioni diverse, o verso
un modello più dialettico in
cui rincontro ecumenico diventa l’occasione per misurarsi con la diversità teologica ed ecclesiologica e le questioni ad essa legate?
A Napoli
scarso
coinvolgimento
TEODORA TOSATTI
Padre Vasilescu nel tempio valdese di Torino
(foto A. Brunero)
La Settimana di preghiera,
almeno a Napoli, è stata
purtroppo caratterizzata da
una partecipazione protestante sempre più esigua. Ecco, secondo me, le probabili
cause: 1) si diffonde una certa sfiducia in queste celebrazioni, sempre più formali e limitate alla preghiera. 2) a Napoli sono emerse quest’anno
diverse carenze del gruppo
ecumenico locale, sempre
più un’emanazione della curia vescovile, a cui noi partecipiamo spesso a titolo personale e in modo discontinuo. A ciò si devono anche
alcune scorrettezze occasionali e croniche. I cattolici ci
rimproverano comunque, a
buon diritto, scarso interesse
e partecipazione su vari piani
(tra cui quello economico).
Si sente dunque il bisogno:
a) di approfondire la conoscenza reciproca (i «grandi
colloqui» saranno pure conclusi a livello di teologi, ma
nelle comunità c’è molto da
lavorare su questo fronte): b)
di affrontare insieme le questioni primarie (etica...); c) di
organizzare un’efficace pastorale comune, sia per i matrimoni misti, sia per l’evangelizzazione e la diaconia; d)
di dare a tutto ciò un carattere di continuità, senza limitarsi alla «Settimana».
A Bologna
un cammino
comune
GIOVANNI ANZIANI
Due le celebrazioni ecumeniche più significative. Il 20 gennaio a Bologna,
nella chiesa metodista, con la
predicazione del gesuita Giuseppe Cascino e la presenza
di una rappresentanza della
comunità ortodossa della
città. Due corali cattoliche
hanno guidato i momenti di
preghiera. Il 26 gennaio nel
duomo di Modena con la
conduzione del nuovo arcivescovo Benito Cocchi e la
predicazione del pastore metodista di Bologna. Significativa la presenza ortodossa
con momenti di preghiera e
lettura del Vangelo «cantato».
A Bologna in due occasioni
distinte la riflessione è stata
portata sulla prossima assemblea di Graz. La prima
l’incontro nella chiesa metodista di Bologna con il pastore Luca Negro, coordinatore
del «gruppo di lavoro» Fcei
per Graz e la seconda, il confronto organizzato dal Sae, in
una parrocchia cattolica cittadina.
In tutta la «Settimana» il tema della riconciliazione è
stato presentato come un
lungo cammino che già quest’anno i cristiani di diverse
tradizioni desiderano intraprendere insieme.
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PAG. 8 RIFORMA
Vita Delle Chiese
VENERDÌ 7 FEBBRAIO 1997
:VENE
La Settimana per l'unità dei cristiani a Mottola
Il canto strumento dì preghiera
/4 più riprese e in più sedi la partecipazione corale
delle assemblee ha incrementato il senso di fratellanza
DOMENICO D’ELIA
NCHE quest’anno la co
ANLHE qi
munità battista di Motto
la è stata particolarmente attiva nella Settimana di preghiera per Tunità dei cristiani.
Il 18 gennaio, presso la chiesa
cattolica, un primo incontro
ha visto la presenza di oltre
400 tra evangelici e cattolici.
La liturgia prevedeva tre momenti: nel primo giovani di
entrambi le confessioni hanno simbolicamente dimostrato l’unità nella fede con l’esibizione di tre simboli «forti»,
la Bibbia, la croce e la luce
(una candela), il tutto accompagnato dalla lettura responsoriale e dal canto dell’alleluia; nel secondo alla lettura
di Giovanni 3, 16-21 ha fatto
seguito una breve meditazione da parte di don Antonio
Schena, parroco e attualmente vicario di Mortola; nel terzo
tutta la comunità è stata invitata a professare la nostra fede nella lettura comune del
Credo apostolico e del Padre
Nostro. I momenti sono stati
intervallati da canti di gioia e
di lode sull’unità in Cristo.
Il giorno 24 circa 40 fratelli
e sorelle della nostra comunità hanno raggiunto a Martina Franca i membri della
locale chiesa battista per un
incontro ecumenico nella
parrocchia di Cristo Re, sede
del convento del Frati minori
francescani. Qui la liturgia è
stata impostata in modo più
tradizionale con gli interventi
a seguire dei rappresentanti
della Chiesa valdese (Roberto
Salerno, anziano della comunità di Taranto), battista (Virginia Mariani di Mottola, segretaria regionale Fgei), della
Chiesa ortodossa romena (un
giovane che studia all’Istituto
San Nicola di Bari), del patriarcato di Mosca (un pope,
italiano che è anche medico,
che cura una vasta diaspora
pugliese) e della Chiesa cattolica nella persona di un frate. Gli interventi sono stati alternati a letture di passi biblici e di brani di teologi protestanti e ortodossi, nonché da
canti animati e ritmati. Particolarmente apprezzati i due
proposti da parte evangelica
con il coinvolgimento corale
di tutti i presenti. È stato un
momento importante per la
città di Martina Franca, spesso arroccata su posizioni tradizionaliste, ostile fino a poco tempo fa all’incontro con
gli evangelici.
Il 25 gennaio la settimana
si è conclusa con un incontro
presso la Chiesa madre di
Mottola, di stile romanico pugliese. La liturgia, anche qui
in tre momenti, ha visto il
coinvolgimento di giovani di
entrambe le confessioni. Do
po la lettura di Isaia 58,2-6 e
del Salmo 22, è stata divisa
simbolicamente la tunica di
Cristo (disegnata su polisitirolo), poi i presenti sono stati
invitati a fare confessione di
peccato con un responsoriale
intervallato dal canto del Kyrie Eleison e in seguito, dopo
la lettura di II Corinzi 5,16-21
e un canto proposto dai giovani evangelici. Virginia Mariani ha rivolto a tutti un’incisiva meditazione sul tema
della riconciliazione come
dono di Dio e sorgente di vita
nuova, ricordando la prossima Assemblea di Graz; infine, dopo la recita comune del
Credo e del Padre Nostro, c’è
stato lo scambio del segno di
pace e la tunica divisa è stata
ricomposta. Anche questo incontro conclusivo ha registrato l’attiva e gioiosa partecipazione di tutti nei canti,
animati e ritmati, che si rivelano sempre strumenti indispensabili di comunicazione.
Durante i due appuntamenti mottolesi sono state
raccolte le offerte a favore
della Società biblica in Italia
per la diffusione della Scrittura ovunque vi sia necessità.
La stampa e la televisione locale hanno dato spazio alla
cronaca degli incontri ecumenici rimarcando l’importanza dell’apertura e conoscenza reciproca.
Molte le iniziative che hanno avuto luogo in Puglia
Ecumenismo attraverso la partecipazione
MARTIN IBARRA Y PÉREZ
Nel 1941 la commissione
«Fede e costituzione»
suggerì di spostare la data
deU’«ottavario» di preghiera
per l’unità dei cristiani, che
alcune chiese protestanti osservavano dal lontano 1913,
alle date scelte dalla Chiesa
cattolica nel 1909, dal 18 al
25 gennaio. Questo gesto ha
avuto delle conseguenze
ecumeniche importanti. La
prima è che i protestanti che
per motivi di coscienza non
partecipano agli incontri di
preghiera congiunti possono
almeno pregare per l’unità
vicini nel tempo a tutti gli altri cristiani.
La seconda è stata sancire
l’importanza della preghiera
per l’unità, perché essa dà
un’anima al movimento ecumenico. Senza la preghiera
comune il movimento ecumenico potrebbe apparire
inutile se non dannoso. L’u-nità è in primo luogo il risultato dell’opera divina, un dono della grazia realizzato in
Cristo per l’azione dello Spirito. Nella preghiera viene celebrata questa unità spirituale e si prende coscienza del
problema della disunità visibile delle chiese, per giungere
a forme visibili di riconoscimento delle altre chiese e per
essere chiese insieme.
In Puglia, come ogni anno,
le attività ecumeniche per
rottavario sono state preparate, nei luoghi dove c’è una
presenza evangelica, e con
poche eccezioni, insieme da
Le chiese di Roma lanciano una serie di iniziative di orientamento
I giovani di fronte alla realtà lavorativa del domani
Sviluppo del programma anno 1997
ALBERTO CORSARI
Aiutare ì giovani a orientarsi nel pelago delle
situazioni lavorative è lo scopo di un’ininziativa nata fra
le chiese battiste, metodiste
e valdesi di Roma sotto il titolo «Il lavoro che cambia». Il
progetto muove dalla riflessione sulle profonde trasformazioni che a livello internazionale stanno coinvolgendo a ritmi sempre più sostenuti il mondo della produzione, della domanda e
offerta di servizi, dei nuovi
saperi, delle nuove modalità comunicative, ed è stato
messo a punto da Stefano
Pietra, Bruno Ricca, Maria
Bonafede, Lucia e Cristian
Giambarresi.
Di giorno in giorno ci si
confronta sulle possibili ricadute di tali mutamenti e si
spazia dal dibattito sulla riduzione dell’orario di lavoro
a quello sulle nuove tecnologie, da Maastricht alle nuove
forme di disoccupazione
dalla compatibilità ambientale al debito estero e alla
globalizzazione; per i più recenti lavori critici in materia
si tratta forse, soprattutto, di
capire in che modo il venir
meno (o il radicale cambiamento) di conflitti e concetti
consolidati (città-campagna,
lotta di classe, rivendicazione e tanti altri) provocano
mutamenti nell’agire individuale e sociale; in che forme
si può prevedere che si organizzeranno le collettività;
che cosa potrà unire degli
individui in uno scopo comune (si vedano in proposito le considerazioni di Aldo
Bonomi, Il trionfo della moltitudine. Forme e conflitti
della società che viene, Bollati Boringhieri, 1996).
Il progetto romano nasce
nell’ambito delle chiese evangeliche ma è aperto a tutti e, mirando a offrire una
miglior comprensione dell’
ambiente esterno, un raffor
zamento delle capacità individuali, degli strumenti per
raggiungere obiettivi pratici
si articola in una fase iniziale
di studio basata su due incontri. Nel primo, «Nel mercato globale navigando verso
la terra promessa» (Facoltà
valdese di teologia, 28 febbraio), Paolo Naso, direttore
di «Confronti», intervisterà
alcune persone cbe a vario
titolo potranno offrire spunti
di riflessione su fenomeni
come la tendenza alla scomparsa del lavoro da molte
aree europee e il loro trasferimento all’Est o in Asia; le
nuove tecnologie e la telematica; la qualità della vita
(ambiente, salute, ma anche
valorizzazione delle risorse
culturali); l’etica in rapporto
alla politica. Saranno pre
senti Tana De Zulueta, giornalista nel settore economico; Michele Liberato, esperto
di applicazione delle tecnologie nelle attività quotidiane; Ermete Realacci, presidente di Legambiente; Domenico Maselli, pastore e
deputato.
L’incontro successivo (11
aprile) servirà a concretizzare delle possibili risposte alle
sfide che si saranno studiate
nel primo. Avrà per titolo
«Costruiamo sulla roccia» e
affronterà temi come la libertà del credente, la responsabilità del cristiano, i comportamenti etici. Si affronteranno anche concetti come
l’individuazione degli obiettivi, la sinergia, la «proattività» (volontà di prendere
iniziative piccole o grandi
senza soggiacere ai condizionamenti esterni). Ospiti
saranno i proff. Paolo Ricca e
Daniele Garrone.
Seguirà una serie di incontri tematici che riguarderanno aspetti pratici (compilazione di testi attitudinali,
preparazione di curriculum,
domande di assunzione,
ecc.) o di approfondimenti
sugli argomenti degli incontri introduttivi. Per chi ancora dovesse scegliere un percorso scolastico saranno
previsti incontri specifici. In
seguito verrà mantenuto stabilmente un rapporto diretto
con alcuni «tutors», figure di
esperti in vari campi professionali a cui i giovani interessati potranno continuare
a rivolgersi a seconda dei
campi di interesse.
Il
La pastora Maria Adelaide Rinaldi
gruppi misti di cattolici e
evangelici. È importante per
noi non partecipare come invitati ma come soggetti corresponsabili dell’organizzazione, la preparazione e lo svolgimento di ogni attività ecumenica. Abbiamo programmato tre tipi di incontri: incontri di celebrazione e preghiera, incontri di dibattito e
discussione (tavole rotonde,
conferenze) sul tema di Graz
(past. Ibarra) e sul recente
documento sui matrimoni interconfessionali tra cattolici e
valdesi (e metodisti) nella
diocesi di Pinerolo (prof. Paolo Ricca), incontri di dibattito
teologico nel Seminario regionale di Molfetta.
Gli incontri di celebrazione
e preghiera più importanti si
sono svolti nella cattedrale di
San Savino a Bari e nella cattedrale di Trani. Importanti
perché c’è stata una partecipazione di massa, i templi
erano gremiti di fedeli di tutte le confessioni cristiane e
perché complessivamente
hanno partecipato sedici ministri e responsabili di diverse chiese: anglicani, battisti,
luterani, metodisti, ortodossi
(romeni, serbi e greci) e vaidesi, presieduti a Bari dall’arcivescovo mons. Magrassi e a
Trani dall’arcivescovo mons.
Cassati.
Agli incontri di dibattito
teologico ha partecipato il
presidente della Fcei pastore
Tomasetto, mentre le pastore
battista Elisabeth Green, Maria Adelaide Rinaldi, valdese,
e Kaartinen, luterana svedese, hanno discusso il tema
«Ministero, donne e riconciliazione». Quest’anno è stato
sottolineato in diversi modi il
tema della riconciliazione e
la preparazione a Graz. Sono
stati privilegiati alcuni segni
visibili di riconciliazione tra
le chiese e di esse con il popolo ebraico. Sono stati ricordati gli episodi di persecuzione e intolleranza subiti dagli
ebrei in Puglia, e a Trani si è
svolto un incontro che voleva
essere in qualche modo riparatore. Il prof. Elia Kopciowski, già rabbino capo di Milano, ha tenuto a Bari una con ferenza in cui ha tracciato un
bilancio e indicato le prospettive a 30 anni dal documento del Concilio Vaticano
II «Nostra Aetate».
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CARBONIA — Giovedì 23 gennàio, tra le 17,30 e le 19, nei locali
adiacenti alla chiesa cattolica di via Liguria, per la prima
volta si è svolto un incontro ecumenico di preghiera sui tema «Vi supplichiamo da parte di Cristo: lasciatevi riconciliare da Dio» (II Corinzi 5, 20). All’incontro hanno partecipato circa 300 persone provenienti dalle chiese battista, avventista e cattolica. L’incontro di preghiera è stato caratterizzato da letture bibliche e canti.
SAN SECONDO — In quest’ultimo periodo la comunità si è
raccolta intorno ai famigliari di Ermellino Codino per annunciare l’Evangelo della Resurrezione.
• La comunità si rallegra con Silvana e Luciano Codino per
la nascita di Debora e con Sara e Gianni Comba per la nascita di Fabio.
7- Convegno delle opere
Firenze 15-16 marzo 1997
«Diaconia e stato sociale
un rapporto complesso»
Programma:
Sabato 15 marzo
ore 9:
ore 9,30:
ore I I
ore 1 ì
ore 1 2
15:
ore 1 2,30:
ore 15 :
studio biblico a cura del post. Eugenio Bernardini
«La strategia del governo italiano rispetto allo stato sociale e il significato delle Onius» a cura dell’on. Valdo Spini
pausa
ripresa relazione precedente, domande di chiarimento
«L'esperienza francese» a cura di un inviato della Entraide Protestante
pausa per il pranzo
«La nostra posizione di fronte alle scelte governative:
Onius si, Onius no - i prò e i contro». Introduzione al
dibattito a cura del dott. Andrea Ribet
gruppi di discussione per settore di attività
pausa
ripresa lavori con sintesi lavoro gruppi e dibattito generale
presentazione del progetto di riordino della diaconia
pausa per la cena. Serata libera
Domenica 16 marzo
ore 9: dibattito sul progetto di riordino
0,45: pausa
1 : culto conclusivo a cura del past. Franco Becchino
ore 15,30
ore 16,30
ore 16,45
18,30:
19,30:
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Vita Delle Chiese
Concerto e letture in un padiglione del carcere di Poggioreale
Riconciliazione anche oltre il muro
Il coro «Ipharadisi» ha accompagnato lo svolgimento di un'azione simbolica
sul crollo delle barriere. Le impressioni dei partecipanti all'iniziativa
PAG. 9 RIFORMA
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Quest’anno a Napoli, oltre
alle consuete celebrazioni
della Settimana di preghiera
per l’unità dei cristiani in varie chiese cattoliche della
città, ci sono stati due singolari incontri all’interno del
carcere di Poggioreale. Il primo si è svolto sabato 18 gennaio ed è stato un concerto
liturgico del coro «Ipharadisl», guidato dal maestro Carlo Leila e costituito da membri delle chiese battista di
Napoli via Foria e Pozzuoli,
da una componente della
chiesa battista di Arzano e
due della chiesa valdese di
via dei Cimbri. Il coro, con
canti e letture sul tema della
riconciliazione, ha coinvolto
una platea formata da circa
200 detenuti del padiglione
«Roma», in gran parte reclusi
per reati conne.ssi alla tossicodipendenza.
Ci sono stati dei momenti
particolarmente esaltanti come quello della costruzione
di un muro e soprattutto del
suo crollo sulle note del negro spiritual «Josliua fit thè
battle of Jerico» (Giosuè
combattè la battaglia di Gerico) quando i detenuti hanno
accolto con una vera e propria ovazione la caduta del
muro, muro che certo evocatala coiuJizione di detenzione ma anche simbolicamente le mille barriere che ci dividono e impediscono una
igile comunicazione e ricnn 'clazione. Alcuni fra i coi .;-l
eie coriste hanno coucììvììo
cosi le loro impressioni:
Il maestro Carlo Leila
Giuseppe: «La prima sensazione è stata quella di entrare in un altro mondo, e in
effetti il carcere lo è: i controlli, le registrazioni, tanti
cancelli che si aprivano davanti a noi e altrettanti che si
chiudevano alle nostre spalle, e poi il dover camminare
per i corridoi in fila indiana.
Abbiamo impiegato più di
un’ora prima di arrivare nella cappella, ma una volta
giunti lì ci è sembrato di non
essere affatto all’interno di
un penitenziario».
Deborah: «Al momento iniziale di preparazione eravamo abbastanza tranquilli,
forse perché non ci eravamo
resi ben conto di dove eravamo. Ma poi quando gli agenti
di custodia hanno accompagnato i detenuti in cappella
mi sono spaventata. La mia
paura non nasceva dalla pre
senza di quei ragazzi ma dal
fatto che sentivo di avere una
forte responsabilità di ciò
che stavamo per comunicare
loro. Mi batteva forte il cuore, il concerto era cominciato
e io stavo aspettando il mio
turno, quando mi sono accorta che uno dei due poco
lontani da me, un nigeriano,
aveva riconosciuto un canto
della sua terra e commosso
aveva cominciato a cantarlo.
Il mio cuore si è riempito di
gioia e con questo sentimento ho cominciato a cantare».
Nunzia: «È stata forse l’esperienza più forte che in
quest’ultimo periodo ho vissuto con il coro. Mi sono sentita onorata, lusingata di avere avuto l’occasione di incontrare e cantare per quei
ragazzi in difficoltà. Tutta la
serata è stata per me motivo
di edificazione».
Carlo: «Siamo andati in carcere per dare testimonianza,
ed è lì che anche noi l’abbiamo ricevuta. Alla fine del
concerto un detenuto nigeriano mi si è avvicinato e mi
ha stretto la mano. Allora gli
ho chiesto cosa pensava del
nostro modo di cantare i
canti della sua terra, con il
battito delle mani e l’uso della danza e lui mi ha risposto;
“La cosa più importante è sapere che tutto accade perché
lo Spirito di Dio scenda su di
noi”. In quel momento non
importava più dove eravamo, ciò che contava erano le
parole di questo fratello in
comunione con noi».
Massimo: «Penso che attraverso il concerto l’idea che il
coro ha comunicato ai presenti è che dinanzi a loro
c’era una comunità aperta,
disposta ad entrare in comunicazione e questo, credo, lo
hanno percepito dai canti,
dalla gioia, da alcune immagini che abbiamo scelto e
che sono state per loro molto
evocative.
Noi sì abbiamo avuto la
percezione che quello è un
“altro” mondo, ma che anche in quel mondo accadono
delle cose importanti di cui
noi siamo del tutto inconsapevoli da un punto di vista
della ricerca di fede e del
senso della vita». Sempre
nella chiesa situata all’interno al carcere, durante le due
messe domenicale celebrate
domenica 26 gennaio, i pastori Massimo Aprile e Anna
Maffei hanno ripreso il tema
della riconciliazione. I due
cappellani del carcere e il direttore hanno offerto ai pastori la possibilità di essere
presenti e di predicare ad oltre 300 detenuti l’Evangelo
del Regno.
Nel corso della liturgia sono stati distribuiti a ciascun
detenuto dei semi di senape
dopo la lettura e il commento della parabola corrispondente, piccoli segni della
promessa di nuova vita e di
possibile ritrovata speranza.
Già alcuni dei detenuti presenti ai due incontri hanno
fatto richiesta di essere visitati dai pastori.
>a Roma e Civitavecchia la testimonianza di due battisti
Là lezione di un fratello e di una sorella in Cristo
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IL 23 settembre 1996 ha
terminato il suo pellegri¡naggio terreno la sorella LUia
àselli Mattel. Aveva 92 anto. Pochi giorni prima, men[tre ero presso di lei, mi suggerì la lettura del Salmo 90,
Versetto !?■ Insegnaci dunque a coSi contare i nostri
giorni, du: ccqujstiamo un
cuore sa- : ■ ' .iurante rincontro dì iil presenti di
cantare aU cu) inni con lei
(ne cito uni- •(.>!>.andò il terrestre mio ' acip'io compito,
giunto sarò :id ■ nggiorno del
Re, nella visione deH’amore
infinito, qual ineffabile gioia
per me».
Lilia Roseli! è morta, confortata da molte sorelle e fratelli nell’ospedale San Paolo
di Civitavecchia. Aveva sposato, in giovane età, un fratello della Chiesa battista di Civitavecchia, Dante Mattel,
parente di mio suocero Biagio Mattel, colportore dell’Unione battista. Nell’ambite di queste e altre famiglie fu
’andata la Chiesa battista
^’inizio del secolo per opera
dello Spirito. C’è da presumere che negli Anni '30 Lilia
a Dante cominciassero a freguentare le chiese evangeliche di Roma per uno spirito
, di relazione e di conoscenza,
[molto acuto nei coniugi Matitei; non di meno conto sarà
stata la necessità di trovare
mi lavoro sia per Lilia che per
"ente. In quel periodo furoassunti come custodi
Stesso la Facoltà valdese di
teologia. Mi raccontava con
"ttusiasmo dei culti e degli
^di biblici, tenuti dal pastom Paolo Bosio nella chiesa di
mazza Cavour. Rammentava
malti nomi dei giovani che si
"teparavano al pastorato.
Dopo l’esperienza di quel
lavoro si trasferirono in via
San Martino ai Monti, vicino
alla stazione Termini, dove
assunsero la gestione di una
latteria. Ma la vita di Lilia ebbe una svolta quando venne
chiamata a un impiego presso il Comune, all’Ufficio anagrafico. Dal loro matrimonio
Lilia e Dante non ebbero figli, ma la loro casa romana
era sempre piena di fratelli e
amici che venivano da Civitavecchia, ospitati con gioia.
Il testo che abbiamo citato
dice: «Insegnaci dunque a
contare i giorni nostri»; questo contare si presentò per
Dante sotto forma di un male cruento che lo stroncò in
poco tempo all’inizio degli
Anni ’50. Lilia reagì bene al
dolore per la perdita del
compagno, continuò a riempire il suo tempo con la re
altà delle persone con cui veniva in contatto, non solo
nell’ambito della chiesa ma
anche in tante altre situazioni. Una volta mi disse: «Lo
faccio anche per Dante». Lo
ha fatto in ubbidienza al Signore che le ha dato di spendere con sapienza il tempo
che le è stato concesso.
Il 15 gennaio di quest’anno invece ho ricevuto una
telefonata dalla sorella Gabriella Simonetti della Chiesa cristiana evangelica battista di via Antelao a Roma; mi
comunicava che il fratello
Sergio Colafranceschi era
morto. Nulla faceva presagire un evento simile. Le nostre parole non possono che
trasformarsi in preghiera
presso il Padre celeste affinché operi nei cuori e conforti
la comunità. Una parola di
consolazione fraterna va alle
famiglie Colafranceschi e Di
Pietrantonio.
Quando sono giunto come
pastore a Villa Betania, dove
è situata la chiesa, nel giugno
del 1976, trovai una comunità compatta, direi anche in
un senso fisico, perché l’ambiente si presta alle attività
comunitarie, come le agapi e
pur vivendo in una città dispersiva come Roma, i fratelli
di via Antelao amavano stare
insieme. In questi momenti
la figura del fratello Sergio si
metteva in evidenza per la
gioia, l’allegrezza e la fraternità che sapeva comunicare a
tutti. Ringrazio il Signore per
tutto il calore umano, fraterno e amichevole che per tanti
anni vissuti nell’ambito della
chiesa, Sergio Colafranceschi
ha saputo dare.
Messina: seminario organizzato dal 15° circuito
La Genesi e i miti della creazione
FRIEDEGARD BICKER
IL 18-19 gennaio si è svolto
a Messina il secondo di
una serie di seminari catechetici promossa dal Consiglio del 15° circuito. Più di 20
giovani delle chiese di Catanzaro, Dipignano, Reggio
Calabria e Messina si sono
riuniti per passare un weekend insieme riflettendo, leggendo, discutendo e divertendosi.
Il tema dell’incontro proposto dai catechisti e accolto
con interesse dai partecipanti
era la creazione. Partendo da
una fase introduttiva nella
quale ognuno si poneva la
domanda su come, secondo
lui, fosse nato il mondo, si è
passati a un lavoro di gruppo
in cui si è confrontato il mito
babilonese «Enumah Elish»
con il racconto biblico sia di
Gen. 1-2, 4 che di Gen. 2, 4-3
elaborando il messaggio che
il narratore biblico, il particolare il sacerdotale, vuole dare alla gente del suo tempo:
il mondo è creato da Dio (e
non è prodotto di una lotta
fra divinità); pure gli astri sono creati da lui (e non sono
divinità); e l’uomo è creato
all’immagine di Dio per governare la Terra (e non per
essere destinato alla schiavitù). È evidente che il racconto biblico della creazione
non solo non ci può dare una
spiegazione scientifica di come è nato il mondo, ma si
trova anche in contrasto con
le nostre conoscenze scientifiche. 11 messaggio che ci può
dare, invece, è un altro. La
non conflittualità fra fede e
scienza, nonché la necessità
dell’inserimento storico del
testo sono risultati importanti nei lavori del seminario.
L’incontro è stato molto positivo: da parte dei partecipanti si è chiesto però più
tempo a disposizione sia per i
lavori che per lo svago. Sarebbe auspicabile organizzare gli incontri per tre anziché
per due giorni. Il prossimo
seminario avrà luogo a Dlpignano l’8 e il 9 marzo.
Agenda
ROMA — In occasione del ciclo su «Gesù,
fondamento e meta del cammino ecumenico», alle ore 16, presso le Suore francescane
missionarie di Maria in via Giusti 12, il gruppo Sae di Roma promuove un incontro sul
tema; «Unità e diversità nell’unica chiesa di
Cristo». Intervengono: Carlo Molari, Paolo Ricca, Traian
Valdman. Per ulteriori informazioni tei. 06-5374164.
SANTA MARGHERITA LIGURE — In occasione del ciclo di incontri «Protestanti perché?», organizzato dalla Federazione delle
chiese evangeliche in Liguria e Piemonte
meridionale con il patrocinio del Comune di
Santa Margherita, alle ore 17 presso la Biblioteca civica «Amalia Vago», in via Cervetti Vignolo 25,
Franco Scaramuccia, ex presidente dell’Unione battista,
tiene una conferenza su «La Riforma in Italia».
TRIESTE — Alle ore 18,30, in via Tigor 24, si tiene una lezione di Timotheos Elefthiriou sul tema «Riconciliazione
tra le chiese cristiane: ostacoli e difficoltà» nell’ambito del
ciclo di incontri verso Graz ’97 proposto dal Gruppo ecumenico. Per ulteriori informazioni tei. 040-303715.
SIENA — «Il protestantesimo nel mondo
contemporaneo» è il titolo del convegno internazionale, proposto dall’Università per
stranieri di Siena, che si tiene al Palazzo Patrizi in vìa di Città 75, dalle ore 10 alle 18,15.
Intervengono tra gli altri Giorgio Spini, Paolo
Ricca, Emidio Campi, Milan Opocenskij, Eric Fuchs. Per
informazioni: Pasquale lacobino, tei. 055-291645.
FIRENZE — «La riconciliazione tra le nazioni e la promozione di forme non violente di
risoluzione dei conflitti» è il tema della conferenza che Fon. Valdo Spini tiene alle ore
18 nella sala Est-Ovest in via dei Ginori 12.
L’incontro è promosso dalle chiese evangeliche fiorentine membri della Fcei in occasione della «Settimana della libertà». Per informazioni tei. 055-2477800.
NAPOLI — Si chiude, nella chiesa luterana
(via Carlo Poerio 5), la mostra sul tema: «Avventura matrimonio. Migranti nuziali di ieri
e oggi», dedicata a donne che hanno lasciato
il loro paese per sposare un uomo di un altro
paese. Per informazioni tei. 081-663207.
BARI — Al Palaflorio si svolge un seminario
internazionale di lode, musica e adorazione
e un concerto di musica cristiana contemporanea di Don Moen, direttore creativo di In
tegrity Music (Usa), accompagnato dal coro
e dall’orchestra del Servizio nazionale della
musica e del canto. Per informazioni e iscrizioni. Casa Shalom, via Lecce 29, Mola di Bari, tei e fax 080-4742101.
GENOVA — Alle ore 17,30, presso la sala
Quadrivium, per il ciclo di incontri organizzato dal Sae sull’Esodo, il pastore Teodoro
Fanlo y Cortés parla sul tema: «L’Esodo nella
cultura afroamericana: gli Spiritual». Per ulteriori informazioni tei. 010-566694.
BARI — Al Palatour si svolge un convegno
internazionale di lode e adorazione, a partire
dalle ore 9,30 di sabato fino alle 12,30 di domenica; alle ore 19, concerto di Don Moen,
vicepresidente esecutivo di Integrity Music
(Usa). Per informazioni e iscrizioni Casa
Shalom, via Lecce 29, Mola di Bari, tei. e fax 080-4742101.
OMEGNA — Con inizio alle 10 (culto) e conclusioni dalle 17, si tiene nellla chiesa metodista una lezione di formazione: relatore Sergio Manna sul tema: «Comunione fraterna e
impegno sociale». Previsti momenti di approfondimento con tecniche di animazione.
TRIESTE — «La Riconciliazione di Dio e
dell’uomo nella tradizione islamica» è il titolo
della lezione che Paolo Drizzi tiene, alle
18,30, in via Tigor 24. L’incontro fa parte di
un ciclo di riflessioni sulla riconciliazione in
vista dell’Assemblea di Graz organizzato dal
Gruppo ecumenico di Trieste. Informazioni al 040-303715.
BERGAMO — Per il ciclo di incontri sul tema
«La figura dell’altro nelle religioni non cristiane» proposto dal Centro culturale protestante, alle ore 18 presso il Centro La Porta
in viale Papa Giovanni XXIII, 30 Giampiero
Comolli parlerà su «Il buddismo (e introduzione generale al tema)». Per informazioni tei. 035-238410.
TORINO — A cura del gruppo «Davide &
Gionata», alle ore 17 in via Giolltti 21a, si tiene il secondo incontro sul tema «Identità,
differenza, riconciliazione». Interviene la
psicoioga e sessuologa Jole Baldaro Verde.
Per informazioni tei. 011 -889811.
CULTO EVANGELICO: ogni domenica mattina alle 7,27 sul primo programma radiofonico della Rai, predicazione e notizie dal
mondo evangelico italiano ed estero, appuntamenti e commenti di attualità.
PROTESTANTESIMO: rubrica televisiva di
Raidue a cura della Federazione delle chiese
evangeliche in Italia, trasmessa a domeniche
alterne alle 23,40 circa e, in replica, il lunedì
della settimana seguente alle ore 8,15 circa.
AVVERTENZA: chi desidera usufruire di questa rubrica
deve inviare i programmi, per lettera o fax, quindici giorni
prima del venerdì di uscita del settimanale.
14
PAG. 10 RIFORMA
Commenti
VENERDÌ 7 FEBBRAIO 19t VEN
Riforma
Droghe ben controllate
Alberto Taccia
Il dibattito relativo alla legalizzazione o meno delie
droghe leggere continua su tutti i fronti con un confronto
sempre più teso e appassionato. Il problema riguarda
tutti per la sua natura essenzialmente umana, sociale,
etica ed è giusto che anche le comunità cristiane entrino
nella discussione portando il contributo della loro sensibilità umana e della loro sollecitudine nei confronti di
una situazione, come quella della diffusione della droga,
che pare inarrestabile e che assume connotati sempre
più distruttivi. Anche la Chiesa cattolica si è espressa in
modo autorevole attraverso una elaborata dichiarazione
da parte del Pontificio Consiglio della famiglia. Ancora
una volta abbiamo notato il tono autoritario, rigoroso e
inappellabile che contraddistingue spesso gli interventi
più o meno magisteriali di quella chiesa. Essi tuttavia rivelano una impostazione ideologica basata su principi
assoluti, spesso astratti, splendidi nella loro verità, e che
devono essere tenuti presenti come obiettivi finali per
una società perfetta ma che spesso, proprio per la loro indiscutibilità, rischiano di non aiutare nella ricerca faticosa e sofferta in un indirizzo non facile da identificare, in
una battagiia sempre più dura, in una situazione che fin
qui ha segnato troppe sconfitte e scarse vittorie.
Siamo tutti d’accordo nella necessità di impegniarci in
una lotta senza quartiere contro la diffusione della droga.
Siamo tutti a favore della promozione consapevole e capillare di un’azione educativa, formativa, preventiva, sociale che parte dalla famiglia, dalla scuola, dalle chiese,
da ogni gruppo umano sociale e politico. Concordiamo
tutti sulla necessità di restituire umanità, e senso della vita, costruire valori nuovi e stabili, indicare obiettivi convincenti e validi. Da anno ormai queste cose vengono
dette e ripetute da ogni pulpito laico e religioso e sono
anche moltissimi coloro che si impegnano in questa direzione con coraggio e dedizione ammirevole, senza arrendersi alla scarsità dei risultati.
Ecco allora un’idea che tenta di farsi strada e che merita almeno attenzione e approfondimento prima di condanna e scomunica: se il danno è così grande ed esteso,
senza possibilità di sradicarlo radicalmente, possiamo almeno tentare di contenerlo o ridurlo per quanto è possibile? Per esempio, è proprio vero che non c’è alcuna différera tra droghe leggere e droghe pesanti? O la continuità dall’una all’altra non è anche la conseguenza di un
giudizio che non fa distinzione alcuna? Legalizzare le
droghe leggere non vuole dire liberalizzarle rendendole
acquistabili... dal droghiere, ma implica comunque un
controllo più agevole da realizzare rispetto a oggi, quando gli scambi avvengono in piena clandestinità.
Non si toglierebbe almeno una larga parte di introiti iileciti alle organizzazioni criminali che, paradossalmente
allineate con i più rigorosi moralisti, sono contrarie a ogni
proposta che tenda a modificare anche di poco la redditizia situazione attuale? Non si eviterebbe, sia pure solo in
parte, di trasformare 1 nostri giovani in ladri, prostitute,
rapinatori allo scopo di procurarsi il maledetto denaro
per arricchire gli spacciatori? Separando i consumatori di
droghe leggere da quelli di droghe pesanti, evitando di inglobarli in un comune giudizio criminalizzante, non potrebbe favorire un approccio con i primi meno traumatico, senza obbligarli a nascondersi, in un dialogo più sereno per una ricerca delle cause e della loro rimozione e con
l’inizio di un graduale processo di liberazione?
Questo non significa abbassare la guardia, cedere
sconfitti davanti allo strapotere della diffusione della
droga, né rinunciare a saldi principi etici e a tutta l’azione e l’impegno concreto per renderli operanti, ma potrebbe essere un tentativo di penetrare nelle file del nemico, inserire un elemento di disturbo, strappare dal suo
controllo diretto almeno una parte delle sue vittime.
Droghe libere = giovani schiavi, titola r«Awenire» del 22
gennaio, riferendo i risultati del Pontificio Consiglio; noi
potremmo ipotizzare un titolo più propositivo: giovani
liberi = droghe (leggere) ben controllate.
E-Mail: Riforma § Alpcom.it
Uri; http://www.aipcom.it/riforma
Via S. Pio V, 15 -10125 Torino - tei. 011/655278 - fax 011/657542
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Via dei Mille, 1 -10064 Pinerolo - tei. 0121/323422 - fax 0121/323831
DIRETTORE: Eugenio Bernardini. VICEDIRETTORE PER IL CENTRO-SUD: Anna Maffei. IN REDAZIONE: Alberto Coreani, Marta D'Auria, Emmanuele Paschetto, Jean-Jacques Peyronel, Pien/aido Rostan (coordinatore de L'eco deiie vaiii)
Federica Tourn. COLLABORANO: Luca Benecchi, Aiberto Bragagiia, Avernino
Di Croce, Paoio Fabbri, Fulvio Ferrarlo, Giuseppe Ficara, Giorgio GardioI, Maurizio Girolami, Pasquale lacobino, Milena Martinat, Carmelina Maurizio, Luca Negro, Luisa Nini, Nicola Pantaleo, Gian Paolo Ricco, Fulvio Rocco, Marco Rostan,
Mirella Scorsonelli, Florence Vinti, Raffaele Volpe.
DIRETTORA RESPONSABILE Al SENSI DI LEGGE: Piera Egidi.
REVISIONE EDITORIALE:Stelio Armand-Hugon; GRAFICA: Pietro Romeo
AMMINISTRAZIONE: Ester Castangia; ABBONAMENTI: Daniela Actis.
STAMPA: La Ghisleriana s.n.c. Mondovi - tei. 0174-42590.
EDITORE: Edizioni Protestanti s.r.l. - via S. Pio V, 15 bis -10125 Torino.
PaOHeatìam sMImmato mttarta con L'Eco deUo raf/f valdesi:
mm può «Men »n«àfte sepwvttfnento
Tariffe inserzioni pubblicitarie: a modulo (42,5x40 mm) £ 30.000. Partecipazioni: millimetro/colonna £ 1.800. Economici: a parola £ 1.000.
Riforma è il nuovo titolo della testata La Luce registrata dal Tribunale di Pinerolo con
il n. 176 del 1® gennaio 1951. Le modifiche sono state registrate il 5 marzo 1993.
Il numero 4 del 31 gennaio 1997 è stato consegnato per l'inoltro postale all'Ufficio
CMP Nord, via Reiss Romoli 44/11 di Torino mercoledì 29 gennaio 1997.
Otto per mille e finanziamento alla cultura
Dalla parte del torto
Le attività culturali hanno finalità diverse da quelle diaconali
per questo non dovrebbero essere finanziate con l'8%o
MARCO TULLIO FLORIO
HO letto gli articoli su cultura e 8%o di Ermanno
Genre e Giorgio Bouchard sui
numeri 43 e 48 di «Riforma».
Avendo sostenuto in Sinodo
la tesi opposta, mi sono sentito chiamato in causa, anche
se so perfettamente che il Sinodo del 1991 (contraddicendo a mio avviso una linea ben
chiara dei Sinodi precedenti)
aveva esplicitamente accolto
la tesi oggi sostenuta dai due
autori citati. Forse giova al
dibattito prendere atto della
tesi contraria a quella dei più,
anche se essa, per quanto
detto, non ha diritto di cittadinanza.
Il mio punto di vista si basa
sulla seguente argomentazione: le attività culturali della
nostra chiesa hanno le finalità
di elaborare la nostra linea
teologica e di dibatterla in varie sedi, in Italia e nel mondo,
di mantenere viva la memoria
della nostra storia e di approfondirne i fatti e le motivazioni ideali, di far conoscere ai nostri concittadini, e anche ad altri, quello che è il nostro modo di pensare, la nostra cultura, appunto, le sue
origini e le conseguenze che
essa deve avere e ha in una
certa misura nella nostra vita.
Sono cose a cui tengo non
meno di Ermanno Genre e
Giorgio Bouchard. Ma sono
cose che riguardano noi, che
vanno a nostro vantaggio.
Quindi, secondo la linea che
era stata elaborata, e da tutti
noi era accettata, non rientrano nelle finalità che ci sentiamo di finanziare con l’8%o.
Mi si risponderà che la nostra cultura può portare be
neficio al nostro popolo, che
proprio di questo avrebbe bisogno per educarsi alla democrazia e alla correttezza
nei rapporti con lo stato e
con la comunità. Ma il nostro
popolo allora non ha forse bisogno dell’annuncio dell’
Evangelo? Possiamo affermare senza timore di essere
smentiti che con la predicazione diamo qualcosa non
soltanto a noi stessi, alle nostre chiese, ma a tutta la nostra società: perché non finanziare allora il culto con il
provento dell’8%o?
Vero è che Ermanno Genre
sembra oggi aprire uno spiraglio all’idea che dovremmo
accettare anche il finanziamento del culto, e in questo
dimostra coerenza. Rotto un
primo argine, l’8%o tenderebbe allora a dilagare! Eppure proprio Genre richiama
la «decisione che ci trovò
unanimi» nel rifiutare l’utilizzo dell’8%o per fini «definiti di culto». I fini culturali, riguardo a questa questione
dell’8%o, sono più "vicini, più
assimilabili al culto che alla
diaconia.
È ben vero che alla base
della nostra diaconia c’è la
nostra concezione di essa, e
quindi la nostra cultura protestante e valdese. Ma in ogni
cosa che facciamo deve esserci questo principio informatore, e alla base di tutto
c’è il messaggio evangelico,
quindi U culto, la predicazione... La diaconia noi la facciamo così, e non potremmo
farla altrimenti, ma per la nostra società, e per lo stato, è
aiuto ai sofferenti, come lo
fanno anche i cattolici e i non
credenti. In molti casi è fatto
meglio, e ne abbiamo ogni
tanto dei riconoscimenti. È
fatto meglio proprio perché
si basa sull’Evangelo, ma è
comunque qualcosa che è
ben separato dall’attività di
culto, e si rivolge a un’utenza
globale, che ne ha un vantaggio sul piano umano, non
soltanto materiale, ma non
condizionato a un’adesione
al nostro modo di credere e
di vivere l’Evangelo.
Giorgio Bouchard, quando
parla della Rai e dei finanziamenti che ne derivano, mostra egli stesso un certo imbarazzo, e fa alla fine del suo
scritto un discorso, che condivido, sulla vigilanza, al fine
di non cadere in tentazione.
Parla di «tracciare una linea
molto netta tra ciò che è lecito e ciò che non è lecito». Appunto. «Nelle varie deliberazioni sinodali [il corsivo è
mio] che ci hanno condotti
all’accettazione dell’8%o», mi
pare ci siano, dice Bouchard,
«tutte le premesse per una
soluzione seria e convincente». A me sembra che di tutte
le varie deliberazioni sinodali quella che vale per lui è
soltanto l’ultima, quella del
1991.
Sono in torto, quindi, come spesso mi accade, ma
non sono convinto. Sono
sempre stato contrario all’8%o: ho dovuto accettarlo,
come altri, perché la politica
dei governi di questi ultimi
anni, di abbandonare sempre più il settore dell’assistenza, ci costringe sempre
di più a farcene carico, e senza finanziamenti non potremmo farcela in nessun
modo. Ma la cultura non entra in questo discorso.
....problemi dei produttori e il rispetto della legge
È solo una questione di quote latte?
PIERO ROSTAGNO —i-----j_i .
Quando sì paria dei regime delle quote latte si dice giustamente che è stato
istituito per far fronte alle eccedenze. Forse sarà più chiaro per tutti se sappiamo che
le eccedenze prodotte dagli
allevatori venivano essiccate,
immagazzinate e, quando i
magazzini erano colmi, cedute ai fabbricanti di mangimi a
prezzi «politici»; lo stesso si è
verificato per il burro. Il regime delle quote ha voluto interrompere il circolo vizioso
che in molti casi faceva tornare alla vacca, a prezzi di
gran lunga inferiori all’effettivo costo, il latte, o il burro,
che la stessa aveva prodotto e
che nessuno voleva consumare. Tutto questo con oneri
per la Comunità europea di
migliaia di miliardi.
È ben vero che l’Italia produce meno del fabbisogno,
ma bisognerà pure che ci abituiamo a ragionare in termini
di Comunità sempre, e non
solo quando ci conviene. Dire che l’Italia deve poter produrre il latte che consuma
equivale a dire, per esempio,
che la Toscana deve poter
produrre il latte che consuma
e che non deve entrare a Firenze il latte prodotto a Cremona. A questo punto non
resta che tornare ai dazi.
Molti dicono che si deve
lasciare libertà di produrre e
che il mercato (il Mercato!)
sarà l’unico giudice. Qui il discorso si fa pericoloso e, a
parte considerazioni di tipo
economico, stupisce veramente dover notare come ci
si dimentichi facilmente e
velocemente del ruolo che il
tessuto agricolo svolge, in
positivo e in negativo, per la
salvaguardia dell’ambiente.
Una produzione non controllata né assistita porterebbe alla sparizione di tante
piccole e medie aziende;
non solo, la necessità di far
fronte alla concorrenza di
regioni più vocate indurrebbe molti produttori a pratiche di sfruttamento intensivo del terreno e degli stessi
animali. Non voglio tediare
nessuno con discorsi specialistici, ma la somatotropina
bovina, ormone che consente aumenti della produzione
di latte anche del 40% (una
vacca che produce 30 litri ne
potrebbe produrre oltre 40) è
considerata dal mondo
scientifico del tutto innocua
per il consumatore. Il suo
impiego nella Comunità europea è vietato. Per ora.
Se non vogliamo passare la
nostra vita a organizzare
convegni sul dissesto idrogeologico (ovviamente solo
dopo l’ennesima tragedia) o
sull’inquinamento, dobbiamo renderci conto che l’agricoltore deve essere assistito.
L’agricoltore e non la produzione, perché nell’attuale assetto socio-politico garantire
la produzione vorrebbe dire
sfruttamento delle risorse da
un lato e distruzione di alimenti dall’altro.
Una parola sui blocchi.
Davvero ci scandalizziamo
perché gli agricoltori hanno
capito che il loro potere contrattuale aumenta portando i
trattori fuori dalle stalle piuttosto che rinnovando la tessera di un’organizzazione
sindacale? Non più tardi
dell’ottobre scorso alcuni allevatori mi chiedevano: «Ma
le quote, le metteranno davvero?». Se facevo loro notare
che il regime delle quote era
in vigore da circa quindici
anni e che avrebbero fatto
bene a verificare la loro situazione, mi guardavano come si guarda un povero ingenuo. Prima della «rivolta dei
trattori» qualcuno mi diceva:
«Speriamo che cada il governo, così non paghiamo le
multe». Possiamo accontentarci di dire che uno ha i rappresentanti che si merita?
Possiamo accettare che l’agricoltura sia sempre e solo
serbatoio di voti?
Degli allevatori un anno fa
mi chiedevano consigli per
produrre un latte più grasso perché meglio pagato; oggi vorrebbero l’opposto. Perché? La quota aziendale è
rapportata alla percentuale
di grasso nel latte, quindi diminuendo questa aumenta
la quantità che si può produrre e si evita, o si riduce, lo
splafonamento e la relativa
multa la cui entità supera il
premio che l’industria paga
per il titolo in grasso. Ma la
norma è sempre la stessa. Le
informazioni (o il modo in
cui si danno) cambiano.
Attenzione, però; davanti a
me ho già l’etichetta di un
alimento per vacche, dalla
composizione non chiarissima, che può essere importato dall’Inghilterra e che promette un latte con più proteine e meno grassi. Ecco che
cosa voglio intendere quando
dico che i problemi vanno affrontati in modo globale.
to fri
stori
giovi
zo, I
circi
coni
dele,
blich
Pro e contro
William Ward e Vittoi oinl
Messori scambiano colpi ce in
penna sulla Church of E eunt
gland in due pagine dii culto
dossier dedicato a Londri vero
all’Inghilterra sul numero ij senz;
tato 9 gennaio. I titoli soi ma c
già tutto un programma Non
queste dispute improntati dai n
quanto pare alla par condii suo c
delle righe: «Qui a Canterbii e di s
c’è il progressismo illumin sto fi
to» (occhiello: l’antipapisi to de
di contro a «Ma su, come si neoe
a prenderli sul serio?» (l’a sciuti
tianglicano). «Dai moti poi allaC
luterani - scrive Ward -| nazz;
Chiesa anglicana] prese aderì
spirito puritano, l’attenzioi» Livoi
per le sacre scritture e Tini ni de
vidualismo liberale, meni
della Chiesa di Roma ave
copiato la rigida gerarci
episcopale, l’attenzione ai
tuali, ma soprattutto la si
cessione apostolica. Euri
Vili d’Inghilterra non si
mitò alla semplice scissio
ma si autocandidò alla soi ----
ma guida alla “vera” chies freq
Una specie di Chiesa cartolici Fmù
“light”». Segue la spiegazioni anch
del meccanismo della succes- dove
sione ereditaria alla guidi P[ofdella Chiesa, una cariellatiWVc
sulle definizioni riservatei gl'n .
papa e ai suoi seguaci, l’aa ospi
missione delle discriminazii dota
ni cui sono stati soggetti i ca ‘
telici fino a qualche decem^nei
fa. La replica di Messori cali ®nch
la mano sulla coministiot par
fra potere politico e refigioì
(«è il sovrano che nomini Ini,
vescovi...»), definendola «<
tuazione grottesca, esasperi
zione caricaturale del conce/
to, peraltro comune a protestanti e ortodossi, di “chiesi
di stato”» e sugli atti di san Solfi
gue perpetrati dagli anglicai fraù
(non taciuti dall’altro artico insii
lo), arrivando, bontà sua, rapp
comprendere i «sudditi bi
tannici costretti a varcar ®e
l’oceano per poter vivere* ^nril
confessare la loro fede, proli 8'‘nn
stante sì ma non nel seniinel
voluto dai potenti di Londra Qnal
Gran finale con l’esodo di al'-nm
glicani nella Chiesa cattolii^o c
in seguito all’impossibilità
«“comprendere” (...) fiordi»
zione di donne a dignità al
che episcopali».
niu
no 1
Menire
Attualità di Lutero
Un’intera pagina (numei
del 22 gennaio) è declicata i
la figura di Lutero. Intervista
schede riferiscono dell’evols
zione dell’atteggiamento
mano nei confronti del rifi
matore. Il teologo Wicks (Ui
versità gregoriana) afferi
che «con la visita di Giovai
Paolo II in Germania nel 1
è stata messa in rilievo la
cessità di rivedere le muti
condanne da parte del Cori
lio di Trento contro alcui
dottrine attribuite ai luteri
e da parte di alcuni libri ni
mativi dei luterani contro
dottrina cattolica». E più
tre: «Molte ricerche hanl|
messo a fuoco aspetti à |
pensiero di Lutero sorprei
denti (...). Però il dialogol
oggi non è con Lutero e le si' :
opere, ma con le Chiese lull
rane». Completano la pag>j|
un articolo di Elio Guerriel'
sulla spiritualità protestan#
un’intervista allo storico Gij '
seppe Alberigo e una schei
cronologica in cui, ahimè.’
cita il reverendo Ignatii*
Spencer, «un protestante cd
vertito al cristianesimo», c"
nel 1840 lanciò l’idea
un’Unione di preghiera p#'
l’unità dei cristiani.
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RAIO I9i venerdì 7 FEBBRAIO 1997
PAG. 1 1 RIFORMA
TA
ntro
1 e Vittoi
ano colpi
urch of E
agine di i
I a Londri
numero il
■ Evangelici
in Toscana
Incontrai Abele Biginelli,
anziano della comunità evangelica di Arezzo, nel luglio
1941. Facevo parte delle truppe richiamate pochi mesi dopo il servizio di leva; in attesa
di essere trasferiti nei Balcani
0 in Francia, restammo invece in città per quasi due anni,
e una domenica partecipai al
culto. 11 predicatore era un
vero «uomo di Dio», parlava
senza l’arma della dialettica
I titoli SOI ma con semplicità cristiana,
ìgramma Non tardai ad essere attratto
Tiprontati dai modi umili di Biginelli dal
par condii suo cuore pieno di fraternità
i Canterbii e di sincera ospitalità, e que10 illumin sto fu per me consolidamenantipapist to delle mie aspirazioni di
u, comesi neoevangelico. Avevo conoerio?» (l’a scinto l’Evangelo anni prima
i moti poi alla Chiesa battista di via Verì Ward -|, nazza a Genova, poi avevo
la] prese aderito alla Chiesa valdese a
l’attenzia* Livorno, dove appresi nozio:ure e Fini ni del cristianesimo riformaale, meni to frequentando il dotto paloma ave store Alberto Ribet, allora
giovanissimo.
Essendo militare ad Arezzo, Dio si era servito di quella
circostanza facendomi incontrare un suo servitore fedele, radicato sulle verità bile alla SOI Miche. In quell’estate, in cui
era” chies frequentavo la Chiesa dei
esa cattolii> Fratelli, incontrai Aldo Pons,
spiegazioi» anch’egli militare a Arezzo,
Iella succes- dove a volte veniva il padre,
alla guidi prof Silvio di Firenze, conoba carrellauW Valdo e Ario Zilli e la famiriservate F glia Angeleri, di eccezionale
guaci. Fan ospitalità. I loro figli erano
icriniinazii dotati di rara saggezza e nuDggetti i calciti di immensa cultura. Frele decenmgoentava quella famiglia
[essori caliduche il vegliardo Federico
inmistiot Clarke, al domicilio coatto
) e religioi prché di origine inglese; da
e nomini archivio storico vivente,
lendola «> api|!:endevamo molte nozioniumane e cristiane.
Durante i culti e in tutti
quegli incontri si realizzavano le raccomandazioni evangeliche: «È dolce e bello che
»li anglicai fratelli si trovino a dimorare
litro artico insieme». Le nostre riunioni
ontà sua, rappresentavano la chiesa visudditi bii vente del Cristo, proprio coi a varean tne raccomanda la Sacra
er vivere* Scrittura; ciò era la gioia più
fede, prò» grande che possedevamo, in
1 nel senàitiel triste clima di guerra,
di Londri QttMcosa come «la pace in un
■sodo di jeampo di battaglia». In quesa cartoli®*® quadro non potrò mai diossibilitàltf^riflcare le esemplari effu...) Lordili cristiaiu; del fratello Bidignità ai
a gerarci
azione ai
utto la si
lica. Enri
a non si
:e scissio,
a, esasperi
del conce/
ne a prote, di “chiesi
atti di sai!
ginelli, che molto hanno influito sull’andamento della
mia esistenza. Ora egli godrà
sicuramente la beatitudine
tra gli eletti del Signore.
Elio Giacomelli
’Venturina (Li)
Ecumenici
una volta
l'anno?
Oggi 25 gennaio termina la
Settimana di preghiera per
l’unità dei cristiani. Io personalmente ho partecipato a
due incontri e ho curato una
riflessione durante un incontro di preghiera per i giovani.
Leggendo la preghiera che
conclude il lezionario dell’ottavo giorno (p. 37 della Guida
pubblicata dalla Società biblica in Italia) mi soffermo
sulla frase seguente; «Finché
saremo preoccupati più delle
varie forme di espressione
della fede che del suo vero
contenuto avremo bisogno di
essere riconciliati con te».
Io mi chiedo allora perché
Gesù stesso ha insegnato ad
adorare il Padre in Spirito e
verità e spesso ha accusato i
farisei, i sadducei e gli scribi
di essere degli ipocriti, dei sepolcri imbiancati. Gesù si era
inimicato i religiosi del suo
tempo tanto da farsi condannare a morte da loro stessi. È
possibile adorare Dio in Spirito e verità e al tempo stesso
offrire alla vergine Maria un
culto di iperdulia? È possibile
credere che Dio fa grazia, ma
che poi per appropriarsene
debitamente sono necessari i
sacramenti e tutte le opere
religiose? Per una settimana
all’anno siamo ecumenici,
ma poi notiamo che la stessa
Chiesa romana conserva gelosamente l’insegnamento
della religione cattolica nelle
scuole statali e in più cerca
sempre di coinvolgere le scolaresche delle stesse in messe
e benedizioni.
Sarei allo stesso tempo desideroso di conoscere gli atteggiamenti delle chiese ortodosse, della Chiesa anglicana e delle chiese evangeliche
luterane e riformate nei paesi
dove esse costituiscono ancora oggi la cosiddetta «chiesa ufficiale». Per quanto riguarda l’Italia noto che nonostante le settimane per
l’unità dei cristiani e i vari incontri ecumenici, la Chiesa
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Intervisti
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215.000: Erminia Maiorana.
300.000: Aido Visco Gilardi.
500.000: Lidia Casonato; Ugo OLivero; Michelle Bouvier
Campagnolo; Daniele Rosso.
960.000: gruppo servizio Chiesa di Venezia.
1.000. 000: Sauro Gottardi; Iolanda Schenk; comunità
evangelica di Trieste; Annamaria Paoli.
1.099.000: past. Erich Meier.
2.000. 000: acconto sottoscrizione chiesa di Venezia.
Prestiti
250.000: famiglia Co'isson, Trieste.
l-OOO.OOO: Evelina Bogo Cacciari.
Anticipi per future prenotazioni
500.000: Emanuele Bogo e Mari Baldin; Laura Zunino.
1-000.000: Giorgio Castelli.
Un documento contro l'estensione alle donne del servizio militare
La parità non consiste nel «fare come gli uomini»
È di nuovo tornata alla ribalta la proposta del servizio militare femminile,
che il governo dell’Ulivo vorrebbe far
intendere come un passo avanti verso le
pari opportunità fra i due sessi. Esattamente la stessa proposta era stata avanzata nel governo Berlusconi, per bocca
del ministro Previti. A noi questa proposta ripugna, indipendentemente da chi
la sostiene. Ci ripugna come donne, come pacifiste, come cittadine. Siamo
convinte che essere pacifisti sia uno
«specifico» umano, intersessuale. Pensiamo anche, però, che le donne abbiano il diritto-dovere di essere particolarmente refrattarie alla guerra. Per la loro
storia, per il fatto che, volenti o nolenti,
questa storia se la portano dentro.
Nelle guerre le donne, storicamente,
sono state sempre vittime di violenze
inaudite. Nelle guerre le donne, storicamente, hanno scoperto che «per crescere un figlio ci vogliono vent’anni, per
ammazzarlo basta un minuto». Nella
nostra storia non abbiamo generalesse
d’armata, condottiere, strateghe. Abbiamo donne violentate, donne prese in
ostaggio e fucilate, donne deportate,
donne morte di fame e di stenti. Abbiamo anche mamme morte di crepacuore
per i figli che non tornavano più.
Questa storia non la può negare nessuno. E in questa storia anche la madre
di famiglia più prevenuta verso il femminismo si identifica. Ovviamente si
può dire che finora è stato così, ma che
tutto può cambiare. Che ci saranno in
futuro generalesse d’armata, condottiere, strateghe. Certo può cambiare. A noi
non farebbe piacere. Aspiriamo a un
mondo di giustizia, senza oppressi e
senza oppressori. Ma fino a quando
questo mondo non c’è, abbiamo il vizio
di pensare che sia meglio essere oppressi che oppressori, vittime che carnefici.
La parità non è «fare come gli uomini». Il movimento femminista non ha
mai pensato né detto qualcosa dei genere. «Fare come gli uomini» è per una
donna una pesantissima forma di asservimento. È farsi succube dell’uomo,
ritenere che solo il maschio faccia cose
giuste e importanti e che quindi bisogna imitarlo. In questo secolo le donne
si sono battute per una parità diversa,
intesa come possibilità di sviluppare
liberamente il proprio potenziale
umano, senza essere vincolati a ruoli
rigidi, predeterminati fina dalla nascita. Ma ci sembra che imparare ad ammazzare delle persone non faccia parte del potenziale umano né maschile
né femminile.
La nostra Costituzione presenta
l’esercito come strumento per la difesa
della patria. Riteniamo davvero che la
difesa della patria sia sacro dovere dei
cittadini. Basta essere chiari su cosa si
intende per «patria». Difendere la patria, per noi, significa garantire alla
gente che vive in Italia un’esistenza decente. Un’esistenza protetta da disoc
cupazione, droga, incidenti stradali,
cancro, stupri, analfabetismo di ritorno, violenza, ingiustizia. Non ci pare
che l’esercito ci protegga da questi mali. E non ci pare che sarebbe in grado di
farlo nemmeno con armamenti migliori. Neanche se fosse un esercito di professionisti superpagati. Neanche con
dentro delle ragazze che imparano a
guidare i Tornado. Anzi, tutti questi
cambiamenti sarebbero vie per renderlo più adatto soltanto a fare quello che,
per il momento, è e resta suo unico
«specifico»: usare le armi per sparare. E
questo specifico con la nostra Costituzione c’entra ben poco.
Alla gente che cammina per strada la
proposta piace. Piace perché sembra
moderna. Piace perché sembra «femminista». E piace perché sembra aprire
una nuova prospettiva occupazionale:
ragazze disoccupate che diventano
donne-soldato e donne-ufficiali, retribuite dalle Forze Armate italiane. In
realtà le spese necessarie a aprire
l’esercito alle donne, impiegate nel settore civile, creerebbero più posti di lavoro. La stessa quantità di denaro riversato, per esempio, nel settore previdenziale, consentirebbe di non aumentare
l’età pensionabile e di migliorare le
prospettive occupazionali per i giovani
e i cassaintegrati.
Le donne del Comitato
Oscar Romero - Torino
romana continua sempre a
ergersi quale vera chiesa di
Gesù Cristo dotata di tutti gli
strumenti della grazia, tra i
quali il sommo pontefice al
quale è stata affidata l’intera
umanità e che dal 1870 è, fatto straordinario, infallibile.
Infine, se non si deve più
adorare in Spirito e verità, allora facciamola finita con
questo protestantesimo che
ha lacerato la cristianità occidentale. Seguiamo l’esempio di Taizé, oppure andiamo tutti dai vescovi cattolici competenti per territorio e
recitiamo un mea culpa e poi
chiediamo l’integrazione nella Santa Chiesa cattolica apostolica romana.
Angelo Costa - Genova
Europa
provìncia
del mondo
Scrivo in riferimento a una
recente trasmissione di «Protestantesimo»: homo o uomo europeo? Io mi sento cittadino del mondo e credo
che questo mi venga dalla
tradizione delle mie Valli.
L’Europa è solo una provincia del mondo. Temo il nazionalismo europeo, ci pensarono Hitler e Mussolini.
Un siciliano, uno svedese, un
polacco sono ognuno più vicini a un americano che fra
di loro. Esistono caratteristiche comuni agli europei,
non tali da tagliarci fuori e
contrapporci al resto del
mondo. In molte cose l’Occidente è più avanzato, ma
non in tutto, e ha molto insegnato agli altri. Può anche
imparare. Il federalismo,
senza farsi un feticcio né delle parole né delle varie proposte, flessibile, diverso come sono diverse le due federazioni già note, la svizzera e
la statunitense, è l’organizzazione politica, la risposta
che può meglio esprimere la
volontà degli individui re
sponsabili laicamente (da
Idos), partendo da aggregazioni limitate, come i comuni, fino all’Umanità, all’Universo. Senza mai dimenticare che la mia patria più importante è il mondo intero
(compreso quello che voleva
essere il Nuovo Mondo, altro
che solo l’«Uomo europeo»!).
Il percorso è difficile, come
ben sanno quelli che volevano costruire l’uomo sovietico
(non russo). Ma è la strada
del nostro prossimo avvenire. Non è finita la storia.
Gustavo Malan
Torre Pellice
Superare
l'artìcolo sette
L’articolo di Marco Rostan
su L’eco delle valli valdesi del
24 gennaio, prendendo le
mosse dall’atteggiamento del
vescovo di Pinerolo, non fa
che riproporre l’annoso problema dell’istruzione religiosa nella scuola. Per questo argomento sono stati spesi fiumi di inchiostro e di parole
non di rado nelle sedi non
utili. Pare infatti che si tenda
a non ricordare che il tutto
discende dal peccato originale che risale alla Costituzione
italiana che qualche bello
spirito ha avuto pure il coraggio di difendere.
L’articolo 7 recita: «Lo Stato e la Chiesa cattolica sono,
ciascuno nel proprio ordine,
indipendenti e sovrani. I loro
rapporti sono regolati dai
Patti Lateranensi [quelli di
Mussolini del ’29]. Le modificazioni dei Patti, accettate
dalle due parti, non richiedono procedimenti di revisione
costituzionale». Le modificazioni furono, come sappiamo, trattate da Craxi. Vale infine la pena di ricordare che
l’articolo 7, vero obbrobrio
costituzionale in quanto in
contrasto con l’articolo 3 che
proclama l’eguaglianza dei
cittadini, in barba ai valori
della Resistenza, passò con i
voti comunisti, primo atto di
consociativismo della giovane Repubblica. Chissà se ora,
in fase di revisione costituzionale, qualche onorevole
coraggioso proporrà l’eliminazione dell’articolo 7?
Walter Sellari
Torre Pellice
No alla base
atomica
Il gruppo pordenonese di
«Beati i costruttori di pace»
sta organizzando una «Via
crucis per la pace» che si terrà il prossimo 16 marzo, ultima domenica di quaresima,
da Pordenone fino ai cancelli
militari della base Usaf di
Aviano, su un percorso di circa 8 km. Stiamo cercando di
dare a questo appuntamento
un carattere quanto più vasto
possibile, per far assumere al
problema «Aviano 2000» una
dimensione nazioriale. Aviano è destinata a diventare la
più grande base area e atomica americana in Europa.
Tutto questo avviene nel
silenzio pressoché completo
dei media e basta uscire dai
confini della nostra provincia
per accorgersi che la questione è completamente ignorata
da tutti, mentre qui in loco il
dibattito non riesce a andare
oltre la polemica tra le «lob
bies» dei sostenitori del progetto (commercianti e dipendenti della base) e i cittadini
esasperati dal rumore e dai
disagi provocati dagli aerei e
dalla popolazione americana,
che recentemente è diventata
maggioranza relativa nel Comune di Aviano.
I tentativi di spostare il discorso su temi più ampi non
sono mai riusciti a smuovere
la popolazione, rassegnata a
dover coabitare con una base
che probabilmente non vuole. Su Aviano si è divisa anche
la chiesa locale: da un Iato alcuni gruppi di base sono attivamente impegnati nel contestare il progetto «Aviano
2000» di ulteriore sviluppo,
dall’altro il sindacato Cisl
(l’unico ammesso alla base)
non perde occasione per accusare i pacifisti di tutte le
nefandezze possibili e per affermare che non c’è nessun
problema morale nel lavorare
in una base atomica e rivendicare il suo ruolo di «buon
cristiano» e di «costruttore di
pace», benedetto dai vescovo
che prima di Natale ha visitato la base americana. Chi volesse saperne di più, può
contattarmi tramite e-mail
(tissino@box.vol.it) oppure
per telefono allo 0434-520555
(ufficio) 0 0434-366729 (casa).
Tiziano Tissino
Beati i costruttori di pace
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PAG. 12 RIFORMA
VENERDÌ 7 FEBBRAIO 1997
.......................................................................................................................:
L'autore ha visitato il Giappone in occasione di un viaggio di studio
Capire la religiosità del paese del Sol levante
Visitare il Giappone vuol dire avvicinarsi a una realtà complessa e problematica
aifascinante e difficile. Ancora più difficile capire la sua particolare spiritualità
WILLIAM BONAPACE
VISITARE il Giappone vuol
dire, per un occidentale,
spogliarsi degli stereotipi che
normalmente sono associati
al paese del Sol levante: tecnologia, iperliberalismo economico, militarismo ecc., e
avvicinarsi a una realtà complessa e problematica, affascinante e difficile, con i suoi
lati interessanti e i suoi aspetti discutibili. Ancora più difficile è forse capire la religiosità di questo paese. In Europa tale questione è spesso ridotta a una serie di immagini
predefinite, associate al «primitivismo» dello scintoismo o
al buddismo zen, così misterioso quanto affascinante,
con le sue cerimonie del tè e
dei fiori. Entrambe sempre
intese in una prospettiva astratta, slegate dal loro contesto storico-culturale.
In questa sede non intendiamo certamente sviluppare
una riflessione di carattere
storico-religioso del Giappone, bensì spendere alcune
parole a partire da una serie
di considerazioni nate da un
viaggio di studio compiuto
nel mese di novembre scorso, senza ambizioni di esaustività o completezza.
Lo scintoismo
La principale comunità religiosa del paese del Sol levante è costituita dallo scintoismo, una religione antichissima, precedente alla formazione della nazione giapponese, che si radica in culti
naturalistici e «sciamanici».
Alla base di questa forma religiosa vi è il «kami», la divinità, che abbraccia tutto il
mondo naturale, le divinità
celesti e, fino al 1945, anche
l’imperatore. A questa comunità aderiscono 118 milioni di
persone. La seconda «fede»
è il buddismo, proveniente
dalla Cina, via Corea, durante
le invasioni del VI sec. d.C., la
cui componente principale è
quella zen, dal cinese Ch’an,
a cui si affiancano altre 12
sette della stessa religione. Al
buddismo aderiscono quasi
90 milioni di persone.
A questi due grandi gruppi
si devono inoltre aggiungere
il milione e mezzo di cristiani
e gli oltre 11 milioni di aderenti a nuove religioni (new
age, sette cristiane orientali,
ecc.). A questo punto nasce
la prima grande perplessità
dell’uomo occidentale: il numero delle persone aderenti
alle diverse religioni supera
di gran lunga il numero degli
abitanti del paese, stimato
intorno ai 120 milioni. Questa situazione è possibile
poiché i giapponesi aderiscono senza alcuna sensazione di contraddittorietà a
diversi culti.
Interessante è notare come
all’età di tre-quattro anni essi
si rechino al tempio scintoista per compiere il rito di ingresso nella comunità, ricevendo la «benedizione» del
sacerdote per poi in età adulta sposarsi, sempre più spesso con rito cristiano (cattolico, considerato più «coreografico»), magari dopo aver
celebrato quello scintoista, e
farsi seppellire, alla fine della
loro vita, in un cimitero buddista. Allo stesso modo non è
raro trovare un tempio scintoista che accoglie all’interno della sua area un tempio
buddista in cui si celebrano
culti e dove i fedeli si recano
con regolarità.
Non bisogna comunque
pensare soltanto a qualche
forma di sincretismo, presente anch’esso attraverso contaminazioni reciproche tra le
Monaci buddisti a Eiheiji, il maggiore centro giapponese del buddismo Soto Zen
due religioni dominanti, o a
un atteggiamento di superficialità religiosa da parte della popolazione giapponese,
bensì a qualcosa di più complesso e, per noi, inconsueto: intima convivenza tra religioni diverse. Ciò è stato
possibile grazie alla particolare visione della divinità
dello scintoismo, per cui gli
dei sono in ogni luogo, quindi anche nelle altre forme di
religiosità; così come alla
lunga storia del Giappone
dove il buddismo, diventato
la religione dominante della
classe dei guerrieri (samurai), e per merito della sua
ricchezza spirituale, si è affermato come religione diffusa, influenzando profondamente lo scintoismo stesso, oltre che restarne positivamente contaminato.
Se questo processo di reciproco rispetto e scambio ha
avuto luogo in modo «quasi
naturale» per le due comunità principali, lo stesso non
può dirsi per ciò che è avvenuto nel confronto tra queste e le altre religioni, come
nel caso dei rapporti intercorsi con il cristianesimo.
Il cristianesimo
Questa religione giunse
nell’arcipelago a seguito dei
navigatori portoghesi nel
1549 (che fondarono la prima loro comunità presso Nagasaki) e fu duramente repressa nei secoli successivi,
fino alla sua emancipazione
nel 1868 grazie all’imperatore Meiji. Le ragioni di questo
conflitto sono da individuarsi nel forte tradizionalismo
nipponico e dal rifiuto di
questo paese ad intrattenere
rapporti con i «barbari dell’occidente».
Sta di fatto comunque che
a seguito della «liberalizzazione» avvenuta negli ultimi
due secoli, il processo di accettazione e di assimilazione
è stato notevole e indolore,
rendendo possibile la situazione attuale. Allo stesso
tempo però, a differenza delle due comunità «originarie»,
le comunità cristiane appartenenti alle chiese «ufficiali»
mantengono una loro indipendenza e autonomia, evitando le contaminazioni
troppo marcate con le religioni tradizionali per cui è
facile incontrare un scintoista che segue un rito cristiano, ma non viceversa.
Per concludere il quadro
bisogna aggiungere un elemento dai toni più profani:
la presenza di cerimonie cristiane nel contesto della vita
della popolazione non aderente a tale fede è da individuarsi anche in una forma di
«occidentalizzazione» che il
paese ha vissuto dalla fine
della seconda guerra mondiale in poi, senza con questo perdere però la propria
identità culturale.
Le «sette»
Un discorso a parte è invece quello delle «sette», molto
forti e numerose, dove quel
processo di reciproca assimilazione e contaminazione tra
religioni tradizionali e non, è
alla base di queste esperienze. Questi gruppi sono attualmente in crescita, specialmente tra i giovani, e coinvolgono oltre il 10% della popolazione giapponese. Un fenomeno quindi da non sottovalutare e tutto da studiare.
(1-continua)
L'azione delle «brigate internazionali per la pace»
Diritti umani e promozione dello sviluppo
Nate dall’idea gandhiana
delle Shanti Shena, le «Peace
Brigades International» (Pbi)
sono una Ong (Organizzazione non governativa) internazionale, riconosciuta dall’
Onu, che opera in paesi in
stato di conflitto attraverso
équipes di volontari reclutati
in tutto il mondo.
La loro esperienza inizia
nel 1983 in Guatemala, per
poi allargarsi a Salvador, Colombia, Sri Lanka, Haiti e anche ai Balcani, dove le Pbi
operano congiuntamente
con altre organizzazioni pacifiste. Il loro tentativo è quello
di aprire spazi di libertà, nei
quali le popolazioni locali
possano lottare per la propria
autodeterminazione.
Entrando ad operare in un
paese solo su richiesta di organizzazioni locali, le Pbi
rappresentano una presenza
internazionale, un tentativo
di dissuasione dalle violazioni dei diritti umani. Concretamente i volontari accompagnano leader di gruppi di difesa dei diritti umani (ad esempio familiari di desaparecidos), sindacalisti, avvocati e
in generale chi riceva minacce per il proprio impegno sociale e politico: visitano le se
di delle organizzazioni minacciate e a volte vi permangono cercando di evitare con
la loro presenza e testimonianza intimidazioni, sequestri, attentati, ecc., il tutto
supportato da un lavoro di
informazione a livello locale
e internazionale, mentre si
cerca di garantire le attività e
la sicurezza dei volontari attraverso una rete di appoggio
in tutto il mondo. I gruppi di
base sparsi in Europa e Nord
America svolgono le funzioni
di ricerca fondi, di ricerca di
nuovi volontari e di appoggio
politico-diplomatico.
Proprio dal Guatemala sono appena tornati dopo circa
un anno di lavoro due volontari italiani. Il 1996 è stato un
anno cruciale per il Guatemala: si insedia un nuovo governo riconosciuto dalla comunità internazionale, in Parlamento per la prima volta dopo più di 40 anni siedono
rappresentanti di un partito
di sinistra, il Fronte democratico nuovo Guatemala, le trattative di pace portate avanti
durante tutto l’anno tra il governo e la guerriglia deU’Urng
approdano a una conclusione
con la firma della pace il 29
dicembre 1996 dopo oltre 35
anni di conflitto. In questo
scenario hanno operato i due
volontari italiani all’interno
dell’équipe, osservando dall’esterno manifestazioni, presenziando a esumazioni di
cimiteri clandestini, viaggiando con leader del movimento popolare, visitando
comunità minacciate per la
rivendicazione della terra,
accompagnando avvocati,
essendo presenti ai processi
più delicati per violazioni dei
diritti umani, ecc.
L’équipe delle Pbi continua ad operare nel paese,
raccogliendo l’appello delle
organizzazioni locali a seguire il processo di pacificazione di cui la firma degli accordi è solo un inizio ed anzi a
rafforzare l’attenzione e la cooperazione perché in Guatemala si consolidino la pace e
la democrazia.
In quest’ottica il Comune
di Torino ha manifestato la
propria disponibilità offrendo la cittadinanza onoraria a
Rigoberta Menchù e promuovendo il gemellaggio
con la città di Quetzaltenango, aprendo una via che si
spera venga percorsa da numerosi enti locali e istituzioni italiane. (Pbi)
Campagna del Consiglio ecumenico
Bisogna continuare la lotta
a favore del popolo Ogoni
Il governo della Nigeria e
le compagnie petrolifere, in
particolare la Shell, dovrebbero subire pressioni da parte della comunità internazionale, in seguito a una campagna di sensibilizzazione
sulle violazioni dei diritti
umani e sui danni ambientali. La campagna, lanciata dalla Unità III («Giustizia, pace
e creazione») del Consiglio
ecumenico delle chiese (Cec),
ha appena pubblicato un
rapporto sull’oppressione e
l’ingiustizia sociale ed economica in Nigeria, intitolato:
«Ogoni-la lotta continua».
Secondo questo rapporto,
nonostante l’abbondanza
delle risorse naturali della
Nigeria, in particolare le immense riserve di petrolio e di
gas naturale, molti dei 93 milioni di abitanti di questo
paese, il più popolato dell’Africa, conoscono la fame e
la povertà. «Il territorio Ogoni è tuttora sotto assedio.
Continuano gli atti di intimidazione, gli stupri, gli arresti,
le torture, le sparatorie e i
saccheggi perpetrati dai soldati», indica il rapporto. Le
violazioni dei diritti della
persona si moltiplicano e la
corruzione è generalizzata.
L’esecuzione, il 10 novembre 1995, da parte delle autorità nigeriane, di nove militanti politici, fra i quali Ken
Saro-Wiwa, ha spinto l’Unità
III a reagire, inviando una
missione d’inchiesta e pubblicando questo rapporto,
onde mobilitare la comunità
internazionale e esercitare
pressioni sul governo del generale Sani Abacha affinché
ristabilisca la democrazia e il
rispetto dei diritti della persona. Il popolo Ogoni costituisce una minoranza distinta di circa 500.000 persone
che vivono sulle sponde del
delta del Niger.
Deborah Robinson, che lavora per il Programma di lotta contro il razzismo del Cec
e ha redatto il rapporto dopo
essersi recata in missione di
inchiesta in Nigeria lo scorso
anno, ha dichiarato all’agenzia Eni che, anche se le esecuzioni avevano provocato
l’indignazione della comunità internazionale e che 26
nazioni avevano richiamato il
loro ambasciatore, alcuni
mesi dopo gli ambasciatori
erano tornati a Lagos. 11 riallacciamento dei rapporti diplomatici con la Nigeria «è
stato provocato dalla ricerca
del profitto», ha spiegato la
Robinson alludendo alle nazioni ricche e industrializzate: «Queste nazioni hanno legami economici forti, soprattutto a causa del petrolio, con
la Nigeria, ragion per cui
hanno fatto marcia indietro».
Le riserve di petrolio della
Nigeria e i grossi investimenti
della compagnia Shell sono
stati al centro delle critiche
delle organizzazioni non governative (Ong), in particolare di Green Peace. Malgrado
la varietà delle sue risorse, la
Nigeria è diventata dipendente dal petrolio, che è di
gran lunga il suo maggiore
prodotto di esportazione. Ma
anche se le riserve petrolifera
della Nigeria sono situate sui
territori delle minoranze, tra
cui gli Ogoni, questi gruppi
ne approfittano poco o nulla.
Secondo il rapporto si ritiene che, durante gli ultimi 30
anni, una quantità di petrolio
(equivalente a 30 miliardi di
dollari) sia stata estratta dal
territorio Ogoni, senza alcun
beneficio per i suoi abitanti.
Il rapporto raccomanda, tra
l’altro, il ripristino dei diritti
della persona da parte del governo nigeriano, la liberazione dei detenuti politici ecl il
ritiro delle truppe governative dal territorio Ogoni. La
Shell viene esortata a fare
pressioni sul governo nigeriano affinché esso garantisca
il rispetto dei diritti della persona nel paese. Chiede infine
alle chiese della Nigeria e rd
Cec di seguire da vicino la situazione, di aiutare la popolazione del territorio Ogoni e
della Nigeria e di mobilitate
le chiese di tutto il mondo.
11 rapporto sarà presentato
al Comitato centrale del Consiglio, ecumenico in occasione della sua prossima sessione nel settembre prossimo a
Ginevra. Copie del rapporto
sono state invitate alla compagnia Shell a Londra e alla
Missione della Nigeria presso
rOnu a Ginevra. (eniì
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e i 'Olii fan
poi SCi
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«rieoi
piane
primi
reali
Appello del patriarca di Mosca
Cecenia, sequestrati da ignoti
altri due preti ortodossi
passi
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nostì
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re, e.
le. M
tutu
avan
uom
Il decano della chiesa ortodossa russa di Grozny, capitale della Cecenia, e un altro
prete russo, sagrestano di
quella chiesa, sono stati sequestrati da uomini armati il
9 gennaio scorso, mentre si
recavano nella città di UrusMartan, nel sud del paese.
Mentre la Cecenia si preparava alle elezioni presidenziali (Jel 27 gennaio, una serie di azioni terroristiche sono state perpetrate nella zona, allo scopo apparente di
destabilizzare la Repubblica.
Nel dicembre 1996, sei collaboratori del Comitato internazionale della Croce Rossa
sono stati assassinati nella
città di Novye Atagui.
Nel gennaio 1996 Anatoli
Chistousov, che era allora
decano della Chiesa ortodossa russa di Grozny, e un
prete di Mosca, responsabile
delle relazioni della chiesa
ortodossa russa con la comunità musulmana, Sergei
Zhigulin, erano stati sequestrati in Cecenia. Il loro rapimento era stato sfruttato politicamente da coloro che vedevano nel conflitto ceceno
una lotta tra il cristianesimo
e l’Islam. Sergei Zhigulin,
che da allora ha pronunciato
i voti monastici e preso il nome di Philip, è stato liberato
dopo 160 giorni di prigionia
durante i quali ha subito colpi e torture, ma finora Anatoli Chistousov non è stato
ritrovato e si teme che sia
morto.
L’il gennaio, a Mosca, il
patriarca Alessio II ha vivamente condannato il sequestro dei due preti: in una dichiarazione ha esortato il
leader ceceno Zelimkhan
Yandarbiyev a fare tutto il
possibile per ottenere la loro
iiberazione. «Questo atto
blasfemo, nonché l’assassinio recente dei rappresentanti del Comitato internazionale della Croce Rossa e
le molte violazioni dei diritti
della persona in Cecenia, mi
costringono ad esprimere la
mia profonda preoccupazione di fronte alla fragilità
dell’ordine pubblico [in Cecenia] e all’impotenza delle
autorità nel controllare totalmente la situazione», ha
concluso il patriarca. (eni)
rinno
nel tu.
che n.1
dare
do, m
passa
stra s
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carica
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societi
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riceve
Dio il